Informazioni della Difesa N° 3/2012

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PERIODICO DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA N. 3/2012 ISSN 2036-9786 Specificità: vantaggio o svantaggio? La nuova agenzia NATO per le comunicazioni e l’informatica Primavera araba: incertezze euro-mediterranee Specificità: vantaggio o svantaggio? La nuova agenzia NATO per le comunicazioni e l’informatica Primavera araba: incertezze euro-mediterranee

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PERIODICO DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA N. 3/2012

ISSN 2036-9786

Specificità: vantaggio o svantaggio?

La nuova agenzia NATO per lecomunicazioni e l’informatica

Primavera araba: incertezzeeuro-mediterranee

Specificità: vantaggio o svantaggio?

La nuova agenzia NATO per lecomunicazioni e l’informatica

Primavera araba: incertezze euro-mediterranee

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il diritto di cambiare titoli e sottotitoli e di dare all’articolo

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Stato Maggiore della Difesa

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Le Forze Armate. Una risorsa per il Paese

La grave crisi economica che attanaglia il nostro Paese induce qualcuno adinterrogarsi sulla necessità, per l’Italia, di mantenere in vita un apparato militareche, di per sé, comporta spese nonindifferenti. Talvolta alcuni giornalititolano: “Spendere in armamenti èinutile e anti-costituzionale”; o,alludendo al bilancio della Difesa:“finalmente si taglia”. Poi, quandol’Italia è colpita da una qualsivogliacalamità naturale o è oggetto diuna qualunque crisi, quale ad esempio, l’inasprirsi delle condizioni all’interno diun Centro di Accoglienza, ecco che tutti fanno a gara nel chiedere “l’interventodell’Esercito”…comprendendo con questa esclamazione tutti gli uomini e ledonne che indossano le stellette, non importa quale sia il “colore” della lorouniforme. La legge 331/2000, prevede che le Forze Armate, tra l’altro,“concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici incircostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità edurgenza”. Una formalità per certificare una situazione che da sempre accade eche ha visto migliaia di militari affrontare tutte le emergenze, dall’alluvione diFirenze al Friuli, dall’Irpinia all’Umbria, dall’Abruzzo alla Liguria ed ora in EmiliaRomagna. Le Forze Armate sono Istituzioni solide, poiché basate sulla cultura deldovere e della responsabilità che vanno ben oltre gli aspetti talvolta negativi cheindeboliscono il nostro Paese. I militari sono professionisti seri, ben preparati edusi ad operare con abnegazione, talvolta fino a giungere all’estremo sacrifico. InItalia e all’estero, ovunque lo Stato li impieghi, essi offrono il loro contributo senzaavere riguardo per le proprie necessità personali. In occasione del terremoto checolpì l’Aquila, ad esempio, gli alpini del 9 reggimento lasciarono le proprie

abitazioni, anch’esse distrutte dal sisma, esi presentarono volontariamente incaserma per compiere il loro dovere alservizio della collettività. Ecco, quindi che,avendo ancora ben in mente quelleimmagini, ci sorge spontanea la rispostaagli interrogativi che talvolta qualcuno sipone: si, le Forze Armate servono!

L’uniforme è ancora il “simbolo” dello Stato ed è giusto che anche per essequesto Stato, ovvero la nostra collettività, impieghi le proprie risorse.

IL TEMPO

Informazioni della Difesa 3/2012

Il Giornale

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Informazioni della Difesa 3/2012

Le RubricheEventi 70Finestra sul mondo 71Osservatorio strategico 73Difesa alla Ribalta 74Difesa Notizie 75Rassegna Stampa Estera 77Recensioni 79

EditorialeLe Forze Armate. Una risorsa per il Paese 1Massimo Fogari

Forze ArmateSpecificità: vantaggio o svantaggio? 4Luigi Francesco De Leverano

Cooperazione InternazionaleLa nuova agenzia NATO per le comunicazionie l’informatica 12Vittorio Emanuele Di Cecco

Panorama InternazionalePrimavera araba e risveglio: incertezzeeuro-mediterranee 20Mario Rino Me

Politica di sicurezza e riforma dell’intelligencecenni sulla dottrina USA 32Leonardo D’Elia

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PERIODICO DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA N. 3/2012

ISSN 2036-9786

Specificità: vantaggio o svantaggio?

La nuova agenzia NATO per lecomunicazioni e l’informatica

Primavera araba: incertezzeeuro-mediterranee

Specificità: vantaggio o svantaggio?

La nuova agenzia NATO per lecomunicazioni e l’informatica

Primavera araba: incertezze euro-mediterranee

CopertinaAbu Dhabi 2011 Eurofighter

Copyright k Tokunaga

n. 3/2012Periodico dello

Stato Maggiore della Difesafondato nel 1981

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RedazioneGen. B. Valter Cassar

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il 19 marzo 1982 (n. 105/982)

La modernizzazione delle Forze Armate Rumene 40Pietro Batacchi

I social media: elemento strategico dellaprimavera araba 48Elena Bigongiari

Forze Armate e SocietàDica 33... una sanità militare moderna 54Vito Dalessandro

StoriaDalla fine del conflitto Iran-Iraq all’invasione del Kuwait 62Alberto Zanetta

SOMMARIO 3

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SPECIFICITÀ:VANTAGGIO O SVANTAGGIO?

LUIGI FRANCESCO DE LEVERANO

Forze Armate

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FORZE ARMATE 5

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6 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 3/2012

Ci eravamo lasciati nel terzo numero diquesto periodico dello scorso anno con unimpegno ovvero con la necessità di declinare

il principio, introdotto dalla legge n. 183 del20101, della specificità, in vista di un possibilecontraccolpo negativo all’intero Comparto Difesae Sicurezza. Siamo stati profeti in Patria, inascoltati,perché è andata a finire proprio così: il principiosi sta tramutando in un nocumento perché intutte le occasioni nelle quali è stato sbandierato(da ultimo il caso del decreto di armonizzazioneprevisto dall’art. 24, comma 18, della legge 22dicembre 2011, n. 214, di conversione del D.L. n.201/2011) non ha portato i risultati sperati.A dispetto della “ratio” della norma, ovvero quelladi tenere debitamente conto nella legislazionefutura e nella definizione degli assetti organizzativie strutturali della peculiarità che attiene alla fun-zione militare e anche al relativo personale, nonè corrisposta una tangibile funzione di tutela e diprotezione. La norma si è dunque appalesatacome un contenitore vuoto, incapace di metterequei paletti per i quali, invece, era stata immaginataed auspicata. La questione del citato decreto diarmonizzazione del trattamento pensionistico delComparto Difesa e Sicurezza ne costituisce l’ultimo– in ordine di tempo – ma più drammaticoesempio. Fuori da logiche faziose, il personalemilitare – già compresso nei propri diritti costitu-zionali dalle conseguenze collegate al propriostatus – sarà l’unica, tra le più diverse categoriedi lavoratori – che vedrà ridefinito il proprio trat-tamento pensionistico non da una fonte primaria,bensì da un provvedimento avente natura rego-lamentare e dunque sottratto, nel corso della suapredisposizione, ad ogni forma dialettica di con-fronto politico, istituzionale e sindacale (o di rap-presentanza militare). In nessuna altra circostanza storica, nonostantela gravissima crisi economica contingente, si èmai assistito ad una cosa del genere. La riflessione dunque deve essere serena e scevrada pregiudizi. A cosa serve avere una norma sulla

specificità? Forse ad indicare un possibile obiettivoda colpire? Ad indicare una “sacca di privilegi”da abbattere? Fino ad oggi è stato così.Tuttavia un’altra verità avevamo affermato inquel contesto, la specificità non si deve consideraresolamente riferita al personale, ma riguarda ancheil Dicastero che è una delle componenti più com-plesse e nel contempo più delicate dell’intera or-ganizzazione statuale.La difesa dello Stato, delle libere istituzioni, dellapace e della legalità istituzionali non sono problemidi poco conto ma pongono questioni di naturaetica e politica prima ancora che costituzionale.Accostarsi al mondo della Difesa, per chi ne haavuto modo, significa, innanzitutto, ripercorrereuna ad una le tappe che hanno portato allanascita dello Stato Italiano ed hanno segnato ilconsolidamento degli Stati moderni, affermandola supremazia della legge e la titolarità di questoall’uso legittimo della forza. Titolarità che esercitaa tutela della propria esistenza ed a salvaguardiadelle libere istituzioni avvalendosi dell’apparatomilitare e di sicurezza. Prova ne sono state le ce-lebrazioni per il 150° anniversario dell’Unitàd’Italia. Agire poi in un contesto internazionalesignifica anche avere ben presente l’estrema com-plessità dello scenario politico che ci circonda esul quale abbiamo solo limitatissimi margini d’in-tervento. Significa inoltre avere una percezionecorretta, non turbata dagli eventi più drammaticima neppure ancorata a pregiudizi e preconcetti,di quelle che sono le intenzioni dei tanti protagonistiche interagiscono sul piano internazionale, sianoessi attori statuali o non statuali.La Difesa ha inoltre una grande rilevanza perl’elevato numero di cittadini che per esse e dentrodi esse operano in uniforme oppure con unostatus civile. Il Dicastero della Difesa è certamenteil principale interlocutore istituzionale dellecentinaia di migliaia di militari italiani, che vivonocon orgoglio la loro particolare condizione mache nondimeno necessitano e si aspettano lagiusta attenzione nei loro riguardi. Le Forze

1 Ora riassettata nel D. Lgs. n. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare).

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Armate, componente essenziale del Dicastero,sulle quali opera, unitamente alle Forze di Polizia,la garanzia del bene della vita a tutela della col-lettività, anche a rischio della propria incolumità,sono poi tra i principali fruitori delle più avanzatetecnologie e dei più sofisticati e costosi equipag-giamenti. La Difesa ha quindi una sua dimensionetecnologica ed industriale di primissimo piano,potente motore propulsore per l’economia nazionalee per le relazioni con l’estero. In particolare, nelcontesto multinazionale costituisce, senz’altro,un “ambasciatore” privilegiato del “made in Italy”nel mondo, attesi i molteplici scenari nei qualioperano e si confrontano le nostre Forze Armate. A riprova del riconoscimento di questa ulteriorespecialità il Governo si è mosso per impedirepossibili scalate ostili alle nostre preziose realtàimprenditoriali che nel settore della difesa hannoconquistato e conquistano sempre di più fette dimercato importantissime. Con il decreto legge sulla c.d. “Golden share”,infatti, l’Esecutivo ha imposto il proprio preventivoassenso a quelle operazioni economiche che

possono nascondere il tentativo di potenze eco-nomiche estere di infiltrarsi nel più delicato ecomplesso mondo industriale italiano. La specificità non è, dunque, solo un aspetto del-l’essere militare, ma corrisponde ad un modello didifesa che dovrebbe essere perseguito con visioneomogenea e costante. In tale quadro, si poneoggi il progetto di riforma dello strumento militareche si prefigge lo scopo di ridisegnare struttura eordinamento del nostro Ministero per tenerlo alpasso con i tempi e con le mutate e mutevoli esi-genze nazionali ed internazionali. La Difesa non si può e non si vuole di certosottrarre al progetto di riforma di cui la Nazionesi è fatta carico, ma deve tenere fermi alcunipunti fondamentali che non solo ne delineano leprincipali caratteristiche, ma che garantiscono aicittadini il bene più prezioso: la sicurezza. La capillare distribuzione sul territorio (conseguenzadella prioritaria esigenza della Difesa Nazionale)e la particolare struttura organizzativa (improntataad una spinta flessibilità di intervento) hanno de-terminato l’instaurarsi di una multidimensionale

In apertura: Roma - 66° anniversario della costituzioone della Repubblica ItalianaSopra: particolare della parata del 2 Giugno 2012

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serie di relazioni con comunità ed Enti locali, chedel territorio sono la più diretta espressione, inuna misura che nessun altra componente dell’or-ganizzazione statale può o è in grado di attuarein modo così sistematico, rappresentando, quindi,nel concreto l’emblema dell’unità nazionale. Dentrola Difesa poi si trovano altre peculiari realtà,quali il sistema giudiziario militare o la sanitàmilitare, che richiedono specifiche attenzioni esensibilità sotto molti aspetti, quindi la Difesaracchiude in sé molte delle caratteristiche tipichedello Stato moderno e perciò è specifica. Eccoperché definire il “perché” ed il “come” delladifesa dello Stato ingloba una definizione delloStato stesso, come declinato nell’accezione con-temporanea.La formulazione e l’esecuzione di una “politicadella difesa” diviene quindi un atto di governodella cosa pubblica di fondamentale importanzasia per la vita della collettività sia per il funziona-mento dello Stato stesso.La peggiore delle soluzioni sarebbe quella di nonaffrontare la “politica della Difesa” in termini

complessivi bensì affidarsi a soluzioni che, casoper caso, e di volta in volta, puntino a risolvere oa dilazionare specifici e settoriali problemi. Alcontrario la Difesa necessita di una vera capacitàdi governance, anche perché essa chiama in causal’essenza dello Stato ed allo stesso tempo lo rap-presenta, in senso metaforico ed emblematico.La formulazione di una chiara e coerente “policy”per la Difesa non può peraltro prescindere daprecisi limiti derivanti sia dal corpo normativoesistente sia da quanto deciso e fatto in passato.Ed è già arduo dare completa ed esatta esecuzionedi quanto previsto dalla legge. Il tutto in un “con-tinuum” che non ha eguali per i suoi possibilicontraccolpi con altri Dicasteri.Più di ogni altro, la Difesa ha quindi bisogno diaffidabilità e di senso delle Istituzioni. Deve esserci,per chi ci cerca, la sicurezza che ci troverà presentiin ogni momento pronti ad affrontare ogni sfida.Una sicurezza, bisogno primario dell’uomo, cheplachi le ansie dei cittadini, che contrasti i disegnidegli avversari, che corrisponda alle attese deglialleati. La sicurezza che il Paese manterrà gli

Afghanistan - Aeroporto di Herat

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impegni che ha assunto, perché li ha presi inquanto sa di poterli mantenere, non solo oggi,ma anche domani. Questa affidabilità ha bisognodi continuità, stabilità e soprattutto di lungimi-ranza.Oltre a queste specificità la Difesa ne possiedealtre, quali:• un proprio diritto amministrativo militare, che

si ispira a quello più generale, ma è proprio;• proprie regole del “gioco”. A titolo di esempio,

giova ricordare il Regolamento di amministrazioneche, pur rifacendosi, ovviamente, ai principidella contabilità generale dello Stato, delineaun proprio e specifico alveo normativo. Inquesto contesto rientrano senza dubbio anchele regole di ingaggio (ROE) che, ancorché, an-corate al principio costituzionale di eserciziodell’uso della forza quale risposta ad unapossibile minaccia, sono altresì improntate allaesigenza di garantire la sicurezza del personalee la salvaguardia delle libere istituzioni;

• forme di contabilità: speciale ed ordinaria chegarantiscono maggiore aderenza e flessibilitàai fini dell’assolvimento dei compiti assegnati;

• forme e modalità di ricorso alla giustizia am-ministrativa tutte proprie ed indisponibilità diun giudice del lavoro al quale rivolgersi;

• forme di rappresentanza peculiari, avulse dallalogica sindacale, che demarchino ulteriormenteil comparto;

• esclusione dal novero delle Pubbliche Ammini-strazioni, disciplinate dal D. Lgs. n. 29/1993 esuccessive modificazioni ed integrazioni.

Tematiche sulle quali questo periodico ed altrihanno più volte posto la loro attenzione.Ciò a prescindere dalla specificità del personalemilitare2 anch’essa lungamente trattata nel terzonumero di questo periodico dello scorso anno.A quei contenuti tuttavia vorrei aggiungerne altriche col tempo sono emersi avendo presente icriteri garantisti e tutelanti del lavoratore con le“stellette”. Avevo infatti omesso di ricordare come

Forze da sbarco

Nave Scuola Amerigo Vespucci

Herat - Aeroporto

Eurofighter 36 Stormo

2 Militare = cittadino che presta servizio armato a difesa della Patria nella posizione di servizio o in congedo.

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l’applicazione di normative specifiche, quali adesempio la L. n. 104/1992, il D. Lgs. n. 151/2001,ecc. sia limitata per il personale militare come loè, per esempio, la normativa sulla sicurezza deiluoghi di lavoro (D. Lgs. n. 81/2008), che prevedeuna speciale deroga per le istallazioni militari.Come siano anche da rilevare alcuni istituti eco-nomici peculiari oltre a quelli già illustrati lavolta passata, quali l’omogeneizzazione stipendialesia parziale che totale, per gli Ufficiali, e l’assegnofunzionale per i Sottufficiali, l’indennità di comando3,la vice dirigenza, ecc..Peraltro facendo una rapida carrellata per questiultimi istituti si scopre che:• l’omogeneizzazione stipendiale, introdotta per

la prima volta nell’ordinamento giuridico na-zionale nel 1981 con la legge n. 181 per i Com-missari ed i Primi Dirigenti di Polizia, serviva acontrobilanciare i disagi e la selettività dellacarriera sganciando, in tal modo, quella econo-mica da quella professionale purché si posse-

dessero determinati requisiti (anzianità diservizio, merito, ecc.). Pantografando queste fi-nalità sulla categoria dei Sottufficiali ecco quil’assegno funzionale;

• l’indennità di comando volta a ristorare l’as-sunzione di responsabilità d’impiego, disciplinarie finanziarie di determinate figure professionalidefinite con decreto ministeriale;

• la vice dirigenza, recentemente introdotta, serveanch’essa a sedare l’elevata selettività dellecarriere specie a seguito dei riordini degli avan-zamenti operati sul personale militare.

Ciò dimostra che da sempre il legislatore hacercato di tutelare il “lavoratore in divisa”, purnei ristretti limiti concessi dal bilancio pubblico.E questo senza che si possa ipotizzare una sagacee lungimirante azione di lobbying posta in esserenei confronti del potere esecutivo o legislativo,atteso che analoghe attenzioni sono riscontrabiliin tutti i Paesi occidentali ed in quelli “in via disviluppo”.

3 Tipica funzione svolta dal personale militare.

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Infatti, nessun dipendente pubblico pone a re-pentaglio la propria incolumità personale scien-temente per assolvere al proprio compito. Bastipensare al Carabiniere conducente del furgonesistemato in Piazza S. Giovanni in Laterano durantegli scontri dello scorso mese di ottobre o del“rallista” o al geniere, che in completa solitudine,spesso in condizioni ambientali ad elevato rischio(dalle strade di montagna chiuse nelle valli afghanee/o agli agglomerati urbani del martoriato territorioiracheno, ecc.) ha il compito di individuare e di-sinnescare possibili ordigni esplosivi, sotto ladiretta minaccia di azioni ostili o a stretto contattodi civili di cui non è in grado di valutarnepienamente le intenzioni. E gli esempi non finisconoqui. Tutto questo ci porta ad affermare che laquestione della specificità del Comparto Difesa –Sicurezza e Soccorso Pubblico, come anzidettorecentemente elevata al rango di norma primaria,riveste un duplice contenuto: da una parte leAmministrazioni del Comparto, che proprio per la

loro ragione d’essere sono peculiari; dall’altro ilpersonale che, in virtù del particolare status edella possibilità di utilizzare la forza per garantirela sicurezza, esprimono a tutto tondo il concettodi specificità. Emerge quindi una sorta di dualismoinscindibile dell’organizzazione e del personale,parafrasando la filosofia cinese, una sorta di yin eyang indissolubile come il giorno e la notte. L’unacomponente ha bisogno dell’altra per estrinsecarsi. Tali condizioni specifiche, seppur non normativa-mente declinate, che gli altri Paesi riconoscono inmaniera inequivocabile5 in Italia potrebbero perun verso risultare un giusto compenso per glioneri connessi con l’esercizio della professionemilitare (minori limiti di età, privazione di alcunidiritti costituzionalmente tutelati, rischio dell’in-columità personale, assoluta integrità fisica emorale, ecc.) e dall’altro essere percepiti dall’opinionepubblica come un ingiustificato privilegio, attesaanche la presente congiuntura economica sfavo-revole.

4 Rallista = fuciliere sistemato sulla torretta di un mezzo blindato/corazzato che assicura all’equipaggio ed al mezzo una adeguatacornice di sicurezza

5 Non soltanto i Paesi amici ed alleati con i quali ci si confronta di solito ma anche quelli che fino a qualche tempo fa erano oltrecortina (Allegato).

Carabinieri della Multinational Specialized Unit (MSU)

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12 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 3/2012

LA NUOVA AGENZIA NATOPER LE COMUNICAZIONI

E L’INFORMATICAVITTORIO EMANUELE DI CECCO

Cooperazione Internazionale

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE 13

Due sono le decisioni di portata storicaassunte dai Capi di Stato e di Governodella NATO, durante il Summit di Lisbona

del 2010: la revisione della struttura dei Comandi(NATO Command Structure - NCS) e la riformadelle Agenzie1.L’esigenza di dotarsi di una struttura compattaed efficiente, maggiormente sostenibile so-prattutto in termini finanziari, ha determinatol’approvazione nel giugno 2011 da parte deiMinistri della Difesa dei paesi membri di unanuova NATO Command Structure2, caratterizzatada una spiccata capacità di immissione inteatro con tempistiche e costi notevolmente(almeno come obiettivo) ridotti. Una riformaepocale, quindi, e non esclusivamente “cosme-tica”, come spesso accaduto nel passato, grazieall’introduzione di tre cambiamenti fondamentali:la riduzione quantitativa del numero dei Comandi,una loro nuova distribuzione geografica (piùpolitica che operativa) ed una profonda revisionedel loro ruolo operativo. Ciò ha influenzato inmaniera non marginale anche il ripensamentodelle Agenzie.

La riforma delle agenzie

Nel giugno 2010, il Segretario Generale creò ilNATO Agency Reform Team (NART), una squadradi esperti composta non solo dai rappresentanti

1 Nella struttura NATO, le Agenzie sono gli organi esecutivied il braccio operativo dell’Alleanza; esse si occupanodell’approvvigionamento dei materiali, della loro manu-tenzione, di standardizzazione, della progettazione e svi-luppo dei sistemi per la difesa aerea e aeromobili, diquelli di comunicazione e di gestione dell’informazione,della gestione degli oleodotti ecc.

2 La NCS si compone di due Comandi Supremi permanentia livello strategico e da una serie di elementi organizza-tivi a livello operativo e “Component” variamente dislo-cati nei territori dei paesi membri. Tutta la funzionalitàoperativa della NATO è concentrata in un unico Co-mando strategico (ACO) con competenza ora su tuttal’area di interesse della NATO, responsabile per la piani-ficazione e l’esecuzione dell’intera gamma missioni dicui l’Alleanza é capace. Al secondo Comando strategico(ACT) é invece devoluta la competenza nel governare iprocessi tesi alla trasformazione dell’Alleanza in unastruttura militare sempre più efficiente attraverso lo stu-dio di nuove strutture, capacità e dottrine.

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provenienti dalle Nazioni, ma anche dagli utentioperativi e dalle Agenzie stesse, con il compitodi ridisegnare il frammentato panorama delleAgenzie NATO. Con il supporto di uno studio affidato a unconsulente esterno (IBM Olanda), il NART haprodotto la proposta per una ristrutturazionecompleta e radicale, nell’ottica dell’ottimizza-zione delle risorse disponibili (sia economichee materiali che in termini di personale). Nonsolo. Scopo centrale della riforma è di migliorarel’efficienza e l’efficacia delle capacità e deiservizi forniti, perseguendo sinergie per evitarela duplicazione di funzioni, in modo da garantireil contenimento delle spese. La soluzione perraggiungere tali obiettivi è stata identificatanell’individuazione di tre aree programmaticheprimarie (Support, Communications & Infor-mation, Procurement), attorno alle quali creare

le nuove Agenzie. Ciò si è concretizzato nel-l’abbandono dell’attuale sistema, costituitodalle 14 Agenzie esistenti3, e nell’adozione ditre nuovi organismi: l’Agenzia per il sostenta-mento (Support), l’Agenzia per le Comunicazionie i Sisitemi Informativi, NCIA (Communications& Information) e l’Agenzia per l’acquisizione(Procurement). I servizi “comuni” alle tre Agenzie, in altreparole quelli identificabili nelle aree delleRisorse Umane, Legale, Finanziario e dell’In-formatica Gestionale, saranno garantiti in ma-niera trasversale e da un “super” ufficio per icosiddetti Shared Services. Tale progetto (treAgenzie e un Ufficio comune) è stato approvatonel giugno 2011 dai Ministri dei paesi membri,i quali concordarono, inoltre, sulla tempisticadi un anno per la transizione verso il nuovo si-stema delle Agenzie4.

In apertura: moderno sistema di comunicazioneSopra: Bala Morghab. Posto di osservazione fisso

3 Cfr. PO(2010)0159 del 15/11/2010 NATO Agency Reform – Report to Lisbon Summit:“Ad oggi vi sono 14 Agenzie NATOdislocate in 7 Nazioni, che impiegano più circa 6.230 persone e gestiscono un volume totale di affari che nel 2010 si èattestato ad oltre 10 miliardi di Euro (di cui 9,4 spesi in contratti con l’industria privata).”

4 Cfr. http://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_66470.htm?selectedLocale=en.

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE 15

Il 1 luglio 2012 prenderanno vita la SupportAgency e la NCIA. Dall’estate del 2011, sononumerosi i progressi raggiunti nella stradaverso la loro istituzione. Sono stati, infatti,attivati due organismi (Provisional Agency Su-pervisory Boards - PASB), uno per ciascunaAgenzia, per consentire alle Nazioni5 di governarela transizione e sono stati, altresì, selezionati idue nuovi General Managers6, che stanno con-tribuendo in maniera fattiva a disegnare lastruttura organizzativa delle loro Agenzie. Adoggi è in corso l’elaborazione e la stesura delle“carte constitutive” (Charters), fase delicatissima,dalla quale deriverà la vera portata del rinno-vamento della struttura delle Agenzie, cartinadi tornasole della reale volontà di cambiamentodei vari paesi membri.

La costituzione della NATO Communications & InformationAgency (NCIA)

Secondo il progetto del NART, la NCIA saràcreata il 1 luglio p.v., integrando le quattrorealtà ad oggi esistenti:• la NATO Consultations, Command and Control

Agency (NC3A), • la NATO CIS Services Agency (NCSA), ad ec-

cezione del Deployable CIS (DCIS)7, • la NATO Air C2 Management Agency (NAC-

MA),• l’Ufficio di Progetto dell’ALTBMD (Active La-

yered Theatre Balistic Missile Defence ProjectOffice – ALTBMD PO).

In particolare, la NC3A è nata il 1 Luglio 1996dall’integrazione tra lo SHAPE Technical Centre(STC) e la NATO Communications and InformationSystems Agency (NACISA). L’Agenzia, che contaun organico di circa 800 persone, per lo piùtecnici e specialisti CIS civili, è responsabile

del ciclo di vita dei progetti, dalla loro nascitasino alla consegna dopo il collaudo, quandoquesti vengono passati sotto la responsabilitàdell’Agenzia cugina, la NCSA. Fra i suoi compitiprincipali, vi sono la definizione dell’architetturacentrale di riferimento per il CIS NATO, l’inge-gneria dei sistemi, nonché la loro integrazione,acquisizione ed il controllo di configurazionedei sistemi CIS.La NCSA, invece, è stata creata nel 2004 dalleceneri della NATO CIS Operating and SupportingAgency (NACOSA). L’Agenzia agisce come Au-torità che fornisce i servizi CIS, operando emantenendo tutti i sistemi a lei assegnati, as-sicurando l’addestramento di operatori e tecnicie acquistando quanto necessario a sostegnodel loro ciclo operativo. La NCSA, che conta sudi un organico effettivo di circa 3.000 personein maggioranza militari, distribuiti in quasitutte le Nazioni NATO, interviene, quindi, dalmomento dell’accettazione del sistema dallaNC3A sino alla sua dismissione. In sintesi, ilsuo ruolo è quello di fornire tutti i servizi CISda terminale a terminale, in modo sicuro econveniente in termini di costo-efficacia (chia-mata affettuosamente dai suoi membri: TELE-COM NATO).La NACMA, con un organico di circa 120 ele-menti, nasce come Agenzia per l’acquisizionenel suo insieme del sistema di Comando eControllo Aereo e per il suo avviamento ope-rativo. È responsabile della pianificazione centrale,dell’architettura del sistema, del controllo diconfigurazione e dell’integrità globale del NATOAir Command and Control System (ACCS).Il programma ALTBDM nasce nel 2005 a seguitodella decisione di dotare la NATO della capacitàdi protezione delle proprie forze, dislocate inarea di operazioni, dalla minaccia rappresentata

5 Il rappresentante italiano al PASB della NCIA è un Vice Capo del VI Reparto di SMD.6 Il General Manager designato (GM(D)) della NCIA è il Major General dell’Esercito olandese (ora civile di grado A7) Ko-

enraad Gijsberg. Maggiori dettagli su NC3A Communicator, rivista di informazione di NC3A. 7 Costituito da un Reggimento su tre Battaglioni e diciassette DCM (Deployable CIS Module) – per un totale di 1300 per-

sone circa - che passerà alle dirette dipendenze dell’Allied Command Operations (ACO).

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dai missili balistici a medio e corto raggio(fino a 300 km di portata). Al summit di Lisbona del Novembre 2010, èstato deciso di estendere il programma aprotezione anche di tutte le Nazioni NATO. Ilsuo Ufficio di Progetto, inserito nella NC3A,è costituito su una geometria variabile, chevede 28 persone di base, rinforzate dagliesperti, che sulla base di un organizzazione“a matrice”, saranno contrattati con l’Agenziamadre.La trasformazione in un’unica entità avverràin tre distinte fasi temporali: consolidamento,razionalizzazione e ottimizzazione. Al 1 lugliola NCIA inizierà la sua vita con la fusione dellequattro entità senza alcun cambiamento strut-turale, secondo la formula “as is, where is”. Inquesta prima fase, che terminerà a fine 2012,si fonderanno la dirigenza ed alcuni servizi co-

muni, quali quelli forniti dagli uffici Personale,Legale e Finanziario. La seconda fase, che durerà per tutto il 2013,si concentrerà sull’amalgama dei processi diacquisizione e sulla ristrutturazione delle singoleorganizzazioni. La terza, che impegnerà tuttoil 2014, vedrà l’attivazione delle opzioni perottenere i risparmi attesi, almeno del 20%8,sui costi di gestione. Dalla sintetica analisi deiprincipali compiti degli organismi che la costi-tuiranno, si evince che la nuova Agenzia NCIAdovrà assicurare in toto le funzioni da loroprecedentemente assolte. In particolare, il suo ruolo coprirà l’intero ciclodi vita dei sistemi, dovendo operare sia comeprincipale fornitore delle capacità C3 che comeprovider dei servizi CIS per il NATO HQ, la NCSe le altre agenzie della NATO, nonché per leCapitali e gli elementi nazionali della NATO

Haiti - predisposizione per i collegamenti

8 Si è convenuto di considerare come base di riferimento i bilanci al 31/10/2010.

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE 17

Force Structure9 (NFS), garantendo la loro con-nessione al “clouding” 10 NATO. In termini di processi, l’Agenzia opererà comeponte tra i responsabili dell’elaborazione deirequisiti NATO (ACO ed ACT) e gli utenti finali11.Missione fondamentale della nuova Agenziasarà di assicurare il continuo sostegno CIS atutte le operazioni in cui l’Alleanza è impegnata.Questa situazione determina una dipendenzafunzionale dell’Agenzia nei confronti del SACEUR

(Supreme Allied Commander Europe), a cuidovrà rispondere per soddisfare i requisiti ope-rativi secondo la corretta priorità. Ciò richiedela definizione di opportune regole di Comandoe Controllo (C2) tra SACEUR e il General Ma-nager, cui le Nazioni stanno lavorando inten-samente12.Ad oggi, Aprile 2012, rimane ancora da affrontarela delicata questione della “carta costitutiva”,su cui le Nazioni stanno lavorando con parti-

Marina Militare -esercitazione in mare

9 La NATO dispone di forze che vengono rese di volta in volta disponibili attraverso un definito meccanismo di assegnazione(Force Generation Process) cui partecipano gli Stati membri. Nel momento in cui il Consiglio Atlantico autorizza un’ope-razione militare, gli assetti sono resi disponibili per essere poi restituiti alle autorita’ militari nazionali al termine delperiodo di impiego. Per NATO Force Structure (NFS) si intende perciò il complesso di assetti nazionali, multinazionali ealleati, inclusi i relativi Comandi, permanentemente o temporaneamente assegnati a disposizione dell’Alleanza secondospecifici criteri di protezza operativa.

10 Con il termine clouding ci si riferisce al concetto di cloud computing che indica un insieme di tecnologie che permettono,tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider al cliente, di memorizzare/archiviare e/o elaborare datigrazie all’utilizzo di risorse hardware/software distribuite e virtualizzate in Rete.

11 Cfr. DPPC, Business Case: Communications and Information Agency, datato 12/07/2011.12 Quello che si va delineando è l’assegnazione al SACEUR dell’Autorità di Coordinamento anche sulla NCIA, oltre che sul

CIS Group, di cui ha già il Comando, per la pianificazione CIS a sostegno delle operazioni militari. Il GM, per parte sua,potrebbe godere della Autorità Tecnica su tutti gli apparati CIS, anche quelli del CIS Group. Cfr. First Report – NCIAdatato 28/3/2012.

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colare attenzione, data la delicatezza dellamateria. Dalla Carta, infatti, dipenderà la reale portatadell’innovazione introdotta con la creazionedell’Agenzia, attraverso l’elaborazione delleregole di Comando e Controllo, all’interno dellequali si svolgeranno, senza ambiguità, i rapportifra l’Agenzia e il resto delle strutture NATO.Altro importante aspetto da definire riguardail regime finanziario che dovrà essere applicatoalla nuova realtà13. Al momento, quindi, inattesa delle decisioni dei vari Paesi membri, sipossono azzardare solo alcune considerazioniiniziali. Il vantaggio principale dell’accorpamento inun’unica agenzia delle capacità di quattro or-ganismi differenti, aldilà dell’ottimizzazione

delle risorse (soprattutto economiche), risultanella possibilità di avere una gestione integratadel ciclo di vita dei sistemi, dal procurementalla dismissione, risolvendo così la soluzione dicontinuità attualmente esistente. Alcune frizioni,infatti, si sono verificate tra le due principaliAgenzie (NC3A e NCSA) per delle criticità veri-ficatesi in sede di accettazione dei sistemi,poiché le competenze dell’una hanno talvoltatravalicato le prerogative dell’altra, ritardandonel’entrata in servizio a causa del disaccordosulla soluzione tecnica adottata. Sostanzialmentesi chiedeva a chi doveva operare sui sistemi diaccettare qualcosa in cui non si credeva. Talesituazione è determinata dal fatto che gli am-ministratori di sistema e i tecnici di sostegnonon intervengono nella fase iniziale del ciclo

Afghanistan - Lagunari in attivita operative

13 La NCIA adotterà il regime del “finanziamento da parte degli utenti” (customer funded). Tale regime, già applicato datempo alla NC3A, completamente nuovo invece per la NCSA, sarà gradualmente introdotto fino alla sua piena imple-mentazione nel Gennaio 2014.

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di vita, cioè il “disegno”, determinando suc-cessivamente una competitività tra le agenzieche si è tradotta, agli occhi degli utenti, inun’inferiore qualità dei servizi forniti. Non vi èdubbio riportando l’intero ciclo di vita sotto laresponsabilità di un unico General Manager sieliminerà tale anomalia, consentendo a chidovrà operare i sistemi di poter intervenireanche nelle fasi iniziali del ciclo (disegno eprogettazione).Una seconda osservazione deriva dalla sempliceconsiderazione che la necessità di accorparequattro distinte entità in una, non può chesottolineare la profonda frammentazione dicui il NATO CIS ha sofferto sinora. Infatti, lostesso “Defence Policy and Planning Commitee”(DPPC) ha riconosciuto che “con il passaredegli anni, la mancanza di una coerente go-vernance della materia C3/CIS, ha determinatola progressiva evoluzione verso un ambienteCIS eterogeneo, dove le capacità C3 e i servizisono forniti da più entità spesso tra loro indi-pendenti. Questo ha comportato lo sviluppo di un settoreCIS sempre più frammentato, più costoso daoperare e mantenere, che ha reso più difficilel’adozione di un reale approccio basato sulprincipio del ciclo di vita globale e delle capacitàC3. Inoltre manca ancora una visione globaleNATO sulla Cyber Defence, esponendo l’Alleanzaal rischio14”. Giudizio severo e crudo, forsetardivo, ma condivisibile.Certamente, il consolidamento delle Agenzieeliminerà le cause della frammentazione edella soluzione di continuità nel ciclo di vitadei progetti, ma non consentirà il salto quali-tativo definitivo, se non sostenuto da ulterioriprovvedimenti.Cruciale, infatti, sarà l’impostazione che le Na-zioni vorranno concordare nella definizione

del livello di responsabilità e del regime didelega al General Manager (GM) nella cartacostitutiva (Charter). Infatti, come questi sostiene, questa riformanon riguarda soltanto la ristrutturazione delleAgenzie, ma potrà cambiare l’ambiente stessoche circonderà l’Agenzia, imponendo agli utentioperativi di ricercare il finanziamento per qual-siasi nuovo requisito, basandosi, magari, su unnuova e diversa valutazione del rischio, e alleNazioni una nuova più moderna forma di au-torizzazione alle spese che consenta la necessariaagilità, flessibilità ed “acqua di manovra”. Sitratta di una rivoluzione che, forse, si spingetroppo oltre, per delle Nazioni tendenzialmenteconservatrici, soprattutto nel campo della fi-nanza. Rimane, infine, ancora poco chiaro qualemodello di GM sarà adottato: gli Stati si orien-teranno verso una figura del tipo “Ammini-stratore Delegato” di una grande società (Tele-com) o si preferirà conservare l’attuale modelloNATO, che consente un controllo quasi capillare(a volte scadente nel “micro management”)delle attività da parte delle Nazioni?Molto altro lavoro richiedono le decisioni sulcome applicare il regime di finanziamento dellanuova Agenzia, sullo status del suo personalemilitare, sulla volontà delle Nazioni nel conti-nuare ad alimentare le circa 2000 posizionimilitari, non più particolarmente appetibiliperché non concorrenti alla determinazionedel “flags to posts”15, sulla capacità di ottenerei risparmi attesi dalle Nazioni, sulla volontàdelle Nazioni di continuare a fornire il sostegnodella Nazione ospite in linea con la nuovapolicy che entrerà in vigore nel 2014. A moltidi questi interrogativi sarà possibile darà unarisposta solo entro la fine di quest’anno. Staremoa vedere.

14 Cfr. DPPC, Implementation plan for NATO Agency Reform.15 Con tale termine si intende quel processo con il quale, tenendo conto di numerosi criteri, si assegnano alle varie Nazioni

le posizioni da Ufficiali Generali (Flag Officers) nell’ambito dell’intera struttura di Comando della Nato. Si tratta di unprocedimento complesso che prevede, tra l’altro, un meccanismo per l’assegnazione del numero di posizioni nei varigradi in funzione del numero e del grado degli Ufficiali Ammiragli che una determinata Nazione si é aggiudicata.

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MARIO RINO ME

Panorama Internazionale

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1 In effetti, non si è assistito al consueto rituale (slogans,bruciatura bandiere) anti USA o Israele.

Nel dicembre 2010, in un remoto paesedella Tunisia scocca infine la scintilla chein meno di un mese raggiungerà la capitale.

La “primavera araba”, reminescenza della”primaveradelle nazioni” del 1848, ha fatto capolino all’insegnadei tumulti, che, con disinvoltura sono definiti in-differentemente rivolte o rivoluzioni; a questoproposito, si fa notare che in base alla definizione,che associa le rivoluzioni a cambiamenti totalidella classe dirigente, i moti rientrano nellacategoria delle rivolte. La cosiddetta “rivolta delGelsomino”, scoppiata nel più avanzato dei paesidella Sponda Sud (la Tunisia) ha confermato ilprofilo dei moti all’occidentale che hanno origine,di norma, nell’ambito di élites borghesi-culturali esono corroborate dall’adesione di energie giovanili.Hanno a fattor comune costituto dalla constatazionedella mancanza di prospettive di un sistema alpoter oramai ingessato, che costituisce un ostacoloalle libertà individuali e al progresso di una societàdinamica. E quando la gente inizia a pensarla di-versamente, occorre prenderne atto e agire diconseguenza, altrimenti non c’è proprio nulla dafare. I moti, nati spontaneamente con connotazionisociali, senza ideologie, hanno assunto successi-vamente un carattere politico-nazionalista1 e, par-tendo dall’epicentro, si sono riverberati nel mondoarabo, superando le linee divisorie di razza e con-fessione, con la promessa di un nuovo ordinebasato sulla giustizia sociale. La juxta causa dellavolontà di riscatto e dignità, veicolata dalla retesociale “moderna” tra non–islamisti, ha contribuitoalla formazione di un genere di identità transna-zionale che, pur nelle diversità tra paese e paese,ha coagulato le aspirazioni di cambiamento. Questaforza ha costituito la condizione necessaria allamobilitazione, avvio e sostentamento dei fenomeni;che non si può, tuttavia, considerarsi sufficiente,giacché alla dichiarazione dello stato di emergenza,occorre fare i conti con chi mantiene il controllodella forza. Nel nostro caso, il punto di svolta èstato raggiunto con la scelta di campo delle Forze

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2 “La Grande Muette a dit non”, Jeune Afrique, 29 Janvier 2011, riferendosi al Decano dei Capi di Stato Maggiore delle ForzeArmate Tunisine.

3 Distribuzione di armi, presenza di combattenti reclutati all’esterno, nonché forze speciali per “consigliare” il coacervo degliinsorti.

4 Questo genere di movimenti costituiscono una novità dal periodo della dominazione ottomana e dalla colonizzazione. 5 Sia dei network che dei mezzi di comunicazione sociale, internet, twitter ecc. Emblematico in Arabia Saudita dove la protesta

ha assicurato alle donne sia il diritto di voto sia la partecipazione a organi consultivi di rilevo, quali il consiglio consultativodella corona in materia politiche sociali.

6 Vedasi articolo autore, Sicurezza e Processi Decisionali: Teoria e Pratica, Rivista Marittima Marzo 2011.

Armate, ago della bilancia dopo l’estrema decisionedi impiegare le armi contro la protesta2. Che cos-tituisce pertanto un momento decisivo e di nonritorno. È questo un aspetto cui non è stato datoil giusto risalto, visto che, da quelle parti, le forzearmate appaiono come detentori della legalitàrispetto alle polizie di regime. In effetti, le cosesarebbero andate diversamente se il generaleRachid Ammar non avesse fatto il “gran rifiuto” alpresidente Ben Ali. Difatti il gesto clamoroso hafatto precipitare la situazione in Tunisia, dove imedia si sono subito liberati della tutela delregime, e ha fatto da traino in Egitto e nellafronda militare in Yemen. Poi, in rapida successione,l’ondata delle proteste in magrebine. A parte ilcaso della Libia, dove la rapida assunzione di unaconnotazione armata, ha dato adito a sospetti diuna plausibile regia esterna3, i sommovimenti po-polari hanno evidenziato caratteristiche di spon-taneità e trasversalità4. Tutto è accaduto nella sorpresa generale, e, inparticolare dei servizi di intelligence; aspetto que-st’ultimo che non deve sorprendere, in quantol’occhio al terrorismo comportava stretti legamicon gli omologhi servizi locali. All’esterno, larapida caduta dei rais, considerati dei baluardi, hamesso i partners di una volta di fronte a realtàdifficili da accettare. A partire dall’assunto dellaprevedibilità, legata a una stabilità, assicurata dairegimi e che alla luce dei fatti si è rivelataapparente. In breve un abbaglio per chi ha credutoall’aut aut “o noi o i terroristi”. Questo spiega itentennamenti occidentali, superati successivamentedalla resipiscenza degli USA, e, in particolare dallenette prese di posizione del presidente Obama, inlinea con le nuove direttrici di politica estera,espresse dalla Casa Bianca nella National Security

Strategy del maggio 2010. In questo documentodi riferimento alla priorità degli interessi nazionali,“il rispetto dei valori universali” sopravanza, rispettoalle passate edizioni, le azioni volte a “un ordineinternazionale a guida US che promuove pace, si-curezza e opportunità..”. Sviluppatisi senza capicarismatici (prima novità, come agli albori dellarivoluzione francese), nell’evidenziare il ruolo deimedia moderni5 nella formazione di identità tra-sversali (per dirla alla Parag Khanna “reti globalidi consimili”), hanno confermato il nesso tra svi-luppo-progresso-democratizzazione e sicurezza,e, come avviene nel continente africano, lacentralità delle metropoli. Inoltre, hanno evidenziato che il binomio sicurez-za-sviluppo funziona a doppio senso se il primofattore viene interpretato nell’accezione modernadi sicurezza umana, che presuppone l’equilibriotra le esigenze dello stato e quelle dei cittadini6. Ilche presuppone un terzo fattore, vale a dire il go-verno (governance) anche perché la modernizzazionesenza democratizzazione non può stare in piedi,dato che il sostegno ai rais era apparente, basatosostanzialmente sulla paura. Dopo la cessazione delle ostilità in Libia la mappadella geografia politica della Sponda Sud apparepiù complessa rispetto al passato per la presenzacontemporanea di sistemi riformati, di governi ditransizione a varie velocità, e di sistemi rimasti alpotere ma soggetti, in varia misura, alle pressioniper il cambiamento. In breve, se, da un lato, il pa-norama della Sponda Sud appare come il cantiereaperto della riscrittura della storia, dall’altro, sullosfondo delle nuove energie sprigionate da quelloche viene definito il “risveglio arabo”, assumonoparticolare rilevanza le forze che plasmeranno ilnuovo corso politico. Nella dinamica dei moti,

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alla prima classificazione di “rivolte”, volte alcambiamento politico-societale di un mondo cheinterpreta la democrazia come giustizia sociale,se ne è aggiunta un’altra di “risveglio”. Essa vieneassociata alla dimensione geopolitica che attienealla collocazione, visione, nonché ruoli della co-munità (ummah) nella regione (Dar-al Islam) enel mondo. Un identità attorno alla religione che rendevaquel lungo contesto mussulmano globalizzatoquasi come oggi come il giurista Ibn Battuta evi-denziò 700 anni fa (poco dopo Marco Polo) nelsuo lungo viaggio da Tangeri alla Cina7. Nell’attualefase, “il “risveglio” riguarda la componente sunnita,anche se, con i fatti del Bahrein, che hanno vistola decisa maggioranza sciita rivendicare maggiorvoce in capitolo nei confronti della classe governantesunnita, si potrebbe meglio definire arabo-mus-sulmana. Tornando alla transizione, si rileva che,per comprenderne meglio il decorso, i fari sonoora puntati sulla dialettica dei vari movimenti re-ligiosi che, anch’essi colti di sorpresa, sono entratiin politica nella fase di definizione degli assettifuturi. Intanto, le società vivono sulla loro pelle lalezione che la fuga dell’uomo forte non implica

l’uscita dal tunnel. Difatti, il percorso dellatransizione si sta rivelando tortuoso, costellato darischi e non sempre prevedibile. E con movimenticomplessi, ancora in corso con dinamiche rapidee repentine, più che previsioni si possono farevaticini. Resta infatti da vedere se l’evoluzionedelle rivolte e successiva transizione potrà dare almondo arabo le risposte alle domande di cambia-mento e alle sue aspirazioni.

Una breve panoramica della transizione

Dall’epicentro tunisino, i moti si sono propagati amò di scosse telluriche a est e a ovest del mondoarabo. Stesse le forze scatenanti, ma con effettidiversi a seconda dei bacini. Pur nella varietàdegli approcci alla ridefinizione del proprio futuro,una prima visione, à vol d’oiseau, sulle dinamichedello spazio arabo-mussulmano mette in risalto iseguenti aspetti salienti: • a differenza dei precedenti colpi di stato in cui,

una volta al potere, i rais si sono preoccupati direstringere le libertà individuali e collettive, neipaesi interessati, ancorché con approcci diversi,

In apertura: Egitto - Immagini della primavera arabaSopra: La primavera islamica

7 Reza Aslan, World Wonderee, Time Magazine .August 1 -2011.

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prevale la linea della ricostruzione del tessutocostituzionale;

• le varie tornate elettorali si sono svolte rego-larmente;

• gli scossoni hanno avvantaggiato l’Islam mo-derato, rappresentato nell’agone politico dauna nuova generazione di soggetti che accettanola laicità dello stato e il verdetto delle urne. Sequesto può apparire una novità altrove (che nelcaso specifico associa questo filone a un “post-islamismo”8), per noi europei non lo è affatto (sipensi, ad esempio, ai movimenti democratici ,divenuti successivamente partiti di ispirazionecristiana);

• con alti e bassi e per il momento, l’andamentodelle varie traiettorie della transizione risponde,per ora, alle domande di cambiamento per unademocrazia partecipativa, solidarietà verso le partipiù deboli, lotta alla corruzione, nepotismo ecc.;

• la componente integralista comparsa all’im-provviso e subito attore in Egitto, è, per ora, as-sente dalla dialettica politica nel Maghreb;

• le trasformazioni della società, indotte anchedalle recenti proteste, non forniscono più alibial ricorso all’arma del terrorismo, visto unavolta come l’unica via di uscita.

Lo sviluppo della gestione della crisi in Siria mettein risalto l’impatto di una nuova realtà geo-stra-tegica, venutasi a formare in esito all’interventooccidentale in Libia9. Le divergenze in materia trai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza,in particolare sul delicato tema della sovranitànazionale, le possibilità di intervento umanitariosono decisamente diminuite.

a. Nel Maghreb Come detto, la Tunisia ha assunto il ruolo diapripista. La tornata elettorale dell’ottobre scorso

8 Anthony Shadid and David D. Kirkpatrick, Activist in the Islamic World Vie For Defining Islamic State International HeraldTribune , 29 sept 2011.

9 Vedasi essay autore, For whom the Arab bells toll, pubblicato su Limes-Hearthland nell’aprile 2011.

Tunisi: i Minareti

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PANORAMA INTERNAZIONALE 25

è stata valutata come modello di riferimento.Qui, i partiti conservatori professano visionepolitica più tollerante e democratica e si collocanosulla scia del Partito per la Giustizia e Sviluppodi Tayyip Erdogan. Tra questi il partito Ennahdadi Rachid Ghannouchi, vincitore delle tornataelettorale di ottobre per la selezione dei membridell’assemblea costituente. L’Algeria del premier Bouteflika ha mantenutoun atteggiamento di basso profilo. Incalzatadall’ondata delle proteste ha convocato unasorta di assemblea degli stati generali. Grazie aiproventi delle preziose risorse energetiche, sonostati concessi aumenti stipendiali e aiuti finanziarialle piccole e medie industrie come stimolo allacreazione di posti di lavoro. In politica estera,sospettosa della notevole componente islamista(sul terreno e dietro le quinte) nonché dell’in-gerenza occidentale in Libia, ha votato controla risoluzione della Lega Araba, che approvaval’intervento della NATO. Il riconoscimento dellalingua berbera da parte del Marocco aumental’elenco delle cose da fare. Le ultime elezionipolitiche del maggio scorso sono state vinte dapartiti legati al governo, che si sono aggiudicatila maggioranza assoluta. Tuttavia, la scarsa af-fluenza alle urne, dell’ordine del 42%, apparericonducibile al boicottaggio dei partiti islamici.Aleggia il ricordo della guerra civile iniziata nel1994, che il presidente si era impegnato alenire con una campagna di riconciliazione na-zionale. Resta poi la sfida della sostituzione delpresidente, malato e alla fine del suo terzomandato. In Marocco, in risposta alle richiestedella piazza, il re Maometto VI ha intrapreso unpercorso di modernizzazione economica e diadattamento istituzionale verso un assetto dimonarchia costituzionale. Le elezioni politichehanno marcato la prevalenza dell’Islam politicomoderato e da inizio anno il paese è governatoda una coalizione. In Mauritania, in rispostaalle ondate di proteste che hanno interessato

notevoli settori come università, scuole, l’industriadella pesca, il governo ha risposto mettendo inopera un piano volto all’abbassamento deiprezzi delle derrate alimentari. Sono state tolterestrizioni alla libertà di stampa e in parlamentosono stati raggiunti accordi di vario genere, tracui diritti delle minoranze e limitazione delruolo dei militari in politica. La Libia sembraridotta a realtà territoriali locali: gli ex ribellihanno formato un governo di transizione, orasoggetto alla grande sfida per ridimensionarele regioni che, con le loro milizie, si comportanoalla stregua delle città-stato. Ragion per cui, almomento, risulta difficile raggiungere un equilibriotra i poteri che esse rappresentano. Il tutto inuna situazione di notevole disponibilità di armi,che facilita il ricorso alla forza per risolvere leproprie controversie. Qui le sfide che il Governo,che non ha il monopolio della forza, è chiamatoa superare oscillano dalla gestione della partitadell’assestamento e dalla non facile impresadella ingegneria costituzionale, visto ché lastruttura paese deve essere costruita ab imis“fundamentis” per l’assenza di meccanismi dirappresentanza popolare10. Infine, la spartizione del potere tra gli esponentidella militanza religiosa che hanno combattutosul terreno, e gli ex dell’ancien regime, ora alpotere, che hanno fatto tante promesse. Se, daun lato, la ricostruzione è scomparsa daglischermi, dall’altro, la caduta del regime haqualche conseguenza nel Sahel. Con il ritorno acasa delle varie milizie Tuareg, che hanno com-battuto a fianco di ambo i contendenti, e che,ripiegando, si sono portate dietro arsenali diarmi, per cessare le ostilità chiedono il ricono-scimento dello stato Azawad, nel Mali, a norddel fiume Niger.

b. Nel MashreqL’Egitto rimane ovviamente al centro della scenaanche per la sua funzione di centro del mondo

10 Nella fase iniziale delle rivolte , il rais aveva promessola riforma dei ”congressi provinciali del popolo”, dove tribù e potentatilocali si sarebbero riuniti, distretto per distretto per discutere e avanzare richieste al leader.

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arabo11. Il percorso è stato già definito. Dopo ilreferendum su una riforma parziale della Co-stituzione, il nuovo parlamento ha assunto lesue funzioni nel marzo 2012. Gode della legit-timazione popolare. Con l’entrata in politicadel movimento salafita, la rappresentanza asfondo religioso è dell’ordine del 70%. Non èancora chiaro quando inizierà il passaggio delleconsegne. Ciò in quanto si devono affrontare e superarele grandi sfide di natura sociale, politico-isti-tuzionale ed economiche, e, non ultimo, dellaspartizione del potere. La ribalta è motivatadalla rilevanza dell’Egitto negli equilibri regionali;inoltre, l’esito della transizione potrebbe in-fluenzare gli altri paesi. I Fratelli Musulmani sisono dichiarati favorevoli a rispettare il verdettopopolare, al rispetto degli altri partiti e deitrattati. Ad esempio, nel caso delle relazionibilaterali con gli USA, il loro leader (MuhammadMorsi) le ha riconosciute come importanti,precisando, però, che devono essere “bilancia-te12”. Dopo un atteggiamento iniziale di av-versione, l’amministrazione USA, nello spiritodel realismo della citata Strategia di SicurezzaNazionale (accettare il mondo così com’è),inizia a guardarli con notevole interesse tantoda intrattenere una sorta di dialogo. Poco,invece, si sa dell’orientamento della Fratellanzain politica estera, a meno del suo allineamentosunnita, non ultimo perché l’attuale focus sulmovimento rimane sulle linee di politica interna.Ma non si può tralasciare la questione delruolo dei militari nella futura vita politica delpaese13, ora divenuti sorvegliati speciali equindi bersaglio di proteste quando devianoda questa funzione. Da qui la forte pressioneUSA attraverso la leva degli aiuti che, nelcampo militare, si aggirano su 1,3 miliardi didollari annuali. Qui si registra un certo ottimismo

sia perché la pratica religiosa non si tinge diestremismo (circa il 50% degli affiliati è co-stituito da donne) e il focus del movimentoruota attorno all’eliminazione della povertà eanalfabetismo. In breve, pur nella varietà delleopinioni e di componenti poco tolleranti, neviene fuori un Islam politico moderato. Maanche pragmatico visto ché segue la notaregola per la quale un paese in transizione siguarda bene dal perseguire politiche estereavventurose (ergo buone relazioni con USA, ri-spetto del trattato con Israele). La lotta per lepresidenziali si è incentrata primariamente at-torno al ruolo della religione nella società ealla minore sicurezza interna14; programmi eobiettivi sembrano passare in secondo piano.In campagna elettorale, si è assistito, per laprima volta, al confronto televisivo dei con-correnti. Il ballottaggio mette ora a confrontodue figure di spicco, emblematiche della continualotta per il potere in Egitto: Ahmed Shafick,rappresentante dell’elite militare laica, e ilsimbolo dell’ex opposizione islamista. Emble-matica l’osservazione del grande escluso Amr.Mussa, secondo cui “l’Egitto non può permettersiesperimenti di democrazia islamica”.

c. Nel Levante e Vicino Oriente, La fase di transizione si sta coniugando con lenuove dinamiche subregionali e aggiunge ulteriorivariabili. La frizione nei rapporti turco-israeliani(Ankara è divenuto il principale megafono dellaprotesta contro il trattamento dei palestinesi,poi la sfida turca sul piano giuridico e operativoal blocco israeliano alla Striscia di Ghaza), la ri-cerca palestinese del riconoscimento delleNazioni Unite (che, peraltro, sta creando divisioniall’interno della comunità occidentale), la violentarepressione in Siria, che sta sprofondando quo-tidianamente nelle rivolte, sono emblematiche

11 Dictionnaire de GEOPOLITIQUE, sous la direction de Yves LaCoste , Flammarion, Paris 1995, pag. 549.12 Roger Cohen, Trust but verify, International Herald Tribune, 17-12-2011.13 La presenza nell’economia del paese (si parla di una fetta dell’ordine del 30% ) si è consolidata nel tempo a partire dall’era nas-

seriana.14 Il discredito delle forze di polizia, legate la vecchio potere, ha creato una sorta di vuoto cui ora si vuole porre rimedio.

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della scala delle sfide e incognite che gravanosul futuro dell’area. La Turchia, tra crisi deldebito sovrano dell’area euro da una parte escossoni della primavera araba dall’altra, in-travvede delle opportunità. Il potenziale boico-taggio turco della presidenza di turno cipriotadella UE (secondo semestre 2012), non potràche ufficializzare lo stallo del processo di avvi-cinamento all’Europa. Peraltro, la contiguitàturca con la Siria, Iraq e Iran, esaltandone ilruolo di interlocutore, inverte il rapporto di re-ciprocità con l’Europa. Ora infatti la Turchia sipresenta all’Europa più necessaria di prima. Nelconsolidamento del suo ruolo di attore nonsolo regionale, fa riferimento, nelle parole delministro Davutoglu, alla “affinità psicologica”turco-araba, e a un’«asse delle democrazie»,che si estende dal Mar Nero alla Valle del Niloin Sudan. Quanto al suo vicinato ottomano,preoccupata dalle conseguenze di una potenzialeguerra civile tra alawiti, sunniti, drusi e cristiani,che potrebbe aggiungere ulteriori tensioni in

una regione di per se volatile, che ha dato asiloa un gruppo di rivoltosi, l’Esercito Libero Siriano,una sorta di milizia composta da disertori. Mal’ambizione dei “zero problems” nel vicinatoinizia a palesare i suoi limiti. In Siria, l’azionedella Comunità Internazionale si è inizialmentelimitata alla diplomazia negativa (sanzioni). LaRussia (che ha interessi materiali nonché geo-politici di vicinanza alle aree calde) nonché laCina, “scottati” dall’esperienza libica, si sonoopposti a un’ulteriore inasprimento sanzionatorio.Il governo sembra mantenere il monopolio dellaforza e ha sinora evitato di concentrare le forze(facile bersaglio in caso di interventi esternitipo Libia) e adotta escamotages vari (es. infil-trando finti disertori) come deterrente ai finidel contenimento delle rivolte. Grazie agli sforzidell’ex Segr. Gen Kofi Annam e alla mediazionedella lega Araba si è pervenuti a una fragiletregua, il cui monitoraggio è devoluto a unamissione di osservatori della missione ONU. Li-mitata consistenza, violazioni e resistenza

Gaza, la tregua dopo gli attacchi di Israle

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ostinata del regime, escalation di atti di terrorismo,verosimili ingerenze esterne gettano ombre sulfuturo. Per ora la situazione sembra circoscritta,ma la posta in gioco richiede concordanza sumodelli di transizione, adottati altrove (Yemen?).L’Iran ha contato molto sulla Siria, consideratacome ponte sul mondo arabo e come alleatonel confronto con Israele. Ma sembra ancheche il perdurare di una rivolta, oramai al 16°mese, inizi a fare vacillare alcune certezze. Daqui l’attenzione al Libano, la cui debolezzaderiva dal trovarsi su una linea di faglia che larende una sorta di magnete delle tensioni re-gionali. In effetti la politica di “dissociazione“del premier Mikati è ora sottoposta alle sfidedello spill over dalla Siria. Non si possono infinetralasciare gli sviluppi del nucleare iranianoche, di solito, si riverberano sulle aree fragili delLevante, come il Libano. Questa saga che durada oltre un lustro ha fatto innalzare i livelli ditensione anche in relazione a un potenziale at-tacco cautelativo israeliano che, in relazioneall’impegno, richiederebbe altri interventi. Perora, la combinazione di sanzioni, diplomazia epressione hanno riportato l’Iran al tavolo deinegoziati dopo oltre un anno di stallo. Che sia“l’inizio della fine” per dirla alla Ashton? L’attesoincontro di Bagdad del 23 maggio non haportato i risultati attesi, stando alle parole deiprotagonisti, per “la difficile atmosfera” che fasì che “rimangano significative differenze”. Nel-l’aggregato, il mutamento di scenario fa in-travvedere un mondo arabo più vocale nei con-fronti di Israele sulla questione palestinese. At-teggiamento che, col protrarsi dello stallo ne-goziale, potrebbe tradursi in un peggioramentodelle relazioni con il mondo occidentale. Lamancata ripresa dei contatti diretti (faccia a

faccia sic!) sembra riconducibile all’intreccio diinteressi di sopravvivenza politica personale e,ancor più, all’inabilità di fare concessioni oprendere decisioni coraggiose, in breve carenzedi leadership. Dopouna fugace apertura ad Ha-mas15, il premier Netanyahu ha cercato dirompere l’isolamento internazionale e di riavvi-cinarsi alla Turchia. L’isolamento crea difattiuna situazione di rischio giacché la sicurezza,incentrata su una sola delle componenti delpotere nazionale, può erodersi di fronte all’entitàe complessità dei rischi. In effetti, la distoniacon le linee di politica di sicurezza USA, denun-ciata da autorevoli personalità16 e il conseguenteimpasse nella risoluzione del dossier “madre”,hanno marginalizzato il Quartetto17 e continuanoa erodere il potere di influenza USA nell’area.Nel frattempo, la costituzione di un governo dicoalizione con l’opposizione potrebbe indicarequalche significativo cambiamento di rotta. Se,da un lato, iniziano a prender corpo proposte disoluzioni israeliane alla formula dei due-stati,dall’altro, non trapelano, per il momento, pre-occupazioni per i cambiamenti nel mondo arabo.

Sul piano geopolitico

L’aggregato delle tendenze appena esposte pre-delinea i contorni di una nuova mappa geopolitica,che rende il Mediterraneo un crocevia di strategiee interessi concorrenti. A partire dalla presenzadelle nuove potenze, ex emergenti, alla ricercadi mercati e risorse. Poi, la decisione dei sei paesimembri del Consiglio di Cooperazione del Golfo(Arabia Saudita, Oman, Kuwait, Bahrein, EmiratiArabi Uniti e Qatar) di estenderne la partecipazioneal Marocco e alla Giordania, prefigura un nuovoassetto politico. Resta da vedere l’eventuale

15 Volta alla liberazione del caporale G.Shalit (tematica di notevole impatto emotivo in Israele) e una tregua in cambio del rilasciodi un migliaio di militanti palestinesi.

16 Tra queste, ma non limitato a, il Gen Petraeus, nel ruolo di Comandante del Central Command, con sede a Tampa, Florida, nelcui ambito operativo rientrano Egitto e Medio Oriente. Egli ha affermato che le politiche israeliane nei territori occupati sonoin contrasto con gli interessi strategici USA.

17 Noto come Quartet on the Middle East, noto anche come “the Quartet” . Annovera l’U.E, gli USA, la Russia e le Nazioni Unite.Costituito nel 2002 a Madrid dal presidente Aznar in esito allo inasprimento del conflitto Iraelo-Palestinese. Attualmente TonyBlair è lo special envoy.

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seguito della richiesta, in quello che è statodefinito come la “adunata delle monarchie18”.Se, da un lato, la richiesta appare quasi naturaleper la Giordania vista la sua contiguità conl’Arabia Saudita, dall’altro, l’ubicazione delMarocco suscita non pochi dubbi. Una primavalutazione porta a considerare una duplice mo-tivazione di carattere strategico e di sicurezza. Ènoto infatti che i paesi arabi del Golfo temono leriverberazioni del programma missilistico enucleare iraniano (nel Bahrein gli sciiti costitui-scono oltre l’80% della popolazione). Poi Maroccoe Giordania hanno forze armate nazionali adde-strate, affidabili e già provate sul terreno nel-l’ambito di operazioni a guida NATO. Esse possonoesercitare un potere di dissuasione nei confrontidella minaccia iraniana. Al momento, la questionepare accantonata anche se resta in piedi il temadella coerenza della mappa di una geografia po-litica, tratteggiata sugli interessi di parte cheruotavano attorno alle spoglie dell’impero otto-mano.

In effetti, il punto cruciale riguarda la visionedel futuro che, in Egitto, ha già fatto registraredivisioni nella compagine della Fratellanza. Ipaesi del Golfo sono i fautori di un maggiorruolo dei sunniti nel cosiddetto Greater MiddleEast con l’obiettivo di arginare l’Iran. Pur dispiaciuti per il mancato sostegno occidentaledei vecchi leaders, interpretata come un tradi-mento, hanno poi sostenuto la transizione al-l’entrata in campo e successiva guida dei movi-menti religiosi a prevalente connotazione sulmodello della Fratellanza musulmana. Nel riallineamento generale, che ha visto siaprofusione di denaro per rafforzare la facciatademocratica sia giri di vite in tema di sicurezzainterna, spicca l’influenza del Qatar che assommail potere finanziario sotteso dalle più grandiriserve naturali di gas naturale del pianeta e unaconsolidata fonte di soft power espressa dallanarrativa BBC - style di Al Jazeera e un attivismodiplomatico. Il tandem con l’Arabia Saudita intanti dossiers, si propone, inter alia, come prota-

Mashreq e Maghreb - programma per i diritti umani delle donne

18 Annunciata il 10 maggio a Riyadh, alla fine del vertice tra i capi di stato.

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gonista nella riconciliazione tra Autorità palestinesee Hamas, nella prospettiva di formare un governocongiunto ponendo così fine al dilemma dellarappresentatività dei palestinesi. Un’impresa benaccetta dai palestinesi, stanchi del protrarsi diquesta situazione, ma non in Israele, che sospettaHamas in quanto non ha ancora fornito rispostealle sue condizioni19.

Prospettive future

I precedenti equilibri hanno registrato delle no-tevoli scosse telluriche. L’Occidente resosi contotardivamente che il vecchio sistema non potevaandare avanti, si è sforzato di mettersi dallaparte giusta della storia. Venuti meno alcuni pilastri sui quali è stata im-postata l’architettura di sicurezza, s’impone oraun nuovo modo di relazionarsi con la SpondaSud nella consapevolezza che: • le “legittime aspirazioni del popolo contano”;• occorre essere consapevoli del fatto che poco si

può fare dall’esterno su ciò che i popoli deside-rano20 e che i primi risultati di quello che siprofila come un lungo percorso possono portare,se non proprio a risultati, a condizioni temporaneenon desiderate per cui sono venute meno lerendite di posizione;

• possono mancare certezze; • per coesistere in queste nove dinamiche occorre

una certa flessibilità. Dopo le sfide non si può fare a meno di fareaccenno alle prospettive sul futuro, partendo dallafunzione strategica della cooperazione. Una primariflessione porta a considerare che l’aggregato deivari programmi di cooperazione (bilaterale, NATOecc.) ha contribuito alla formazione di quadri edirigenti della Sponda Sud a standard Occidentali,fattore che non ha interessato quei paesi pocoinclini al predetto approccio (come la Libia). Daqui l’opportunità di mantenere questi programmiche sostanziano le potenzialità di “attrazione delsoft power. Premesso che le diversità creanovitalità, i nuovi cambiamenti impongono un nuovo

Il Marocco

19 Riconoscimento di Israele, rinuncia alla violenza, accettazione degli accordi sottoscritti dall’Autorità Palestinese.20 Auspicio delle correnti liberali europee durante i primi moti della restaurazione post congresso di Vienna.

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modo di relazionarci con la Sponda Sud. In breveoccorre ri-concettualizzare l’area Mediterranea.Parimenti, ai paesi della sponda Sud, si richiede dimodernizzare il sistema sociopolitico e quelloeconomico. In questa prospettiva occorre innan-zitutto elevare il credito dell’aera trans mediterraneaa una sorta di spazio da condividere, tesi già so-stenuta negli anni 30 dall’ammiraglio Vannutelliin termini di “condominio”. Le sfide della transizione, che, presumo, possanodurare per diverse tornate elettorali, presentanoopportunità da cogliere, per esempio assistendoquesti difficili processi, anche perché le implicazionidei movimenti sul sistema paese (economie pres-soché ferme ecc) rendono problematica la stabilitàinterna. E senza aiuti esterni, la frantumazione su lineedivisorie (religiose, confessionali o di clan) enfa-tizzerebbe la componente caotica e imprevedibile,la permeabilità alla delinquenza organizzata e alterrorismo transnazionale, complicando la gover-nabilità dei processi. Tutto ciò potrebbe comportareconseguenti fenomeni di migrazione incontrollata,integralismo, terrorismo e intrecci in combinazionivarie. Ne abbiamo i prodromi attraverso gli avvisiai naviganti del governo di transizione libico, leturbolenze in Mali, dove si consolida il movimentoAl Qaeda Maghreb Arabo e il conflitto strisciantetra Sudan e Sud Sudan. In breve, dopo l’interventoin Libia, il Mediterraneo diventa lo spazio in cuiNATO e UE devono cooperare nei programmi distate building, dando sostanza alla complementarietà(esigenza cogente). Del resto la contiguità geograficacomporta anche responsabilità. Le varie formuledi “amici per...” valgono in particolare per il post-conflitto, e l’Europa dovrà sforzarsi di dire chi èrealmente, giacché investire sulla sicurezza nelsuo vicinato meridionale significa investire nelsuo futuro. Si è visto infatti che, a forza diparlarne, la scarsa credibilità politica si è riflessa

anche sulla sua moneta. Per facilitare i processi ditransizione occorre dunque far ripartire e adattarel’impianto della cooperazione. Occorre però chela nuova cooperazione sia improntata da unelevato valore, bilanciando il sistema del dare-avere, senza il quale si rischia di perdere lacredibilità. In breve ritorno allo spirito occidentale,che presuppone una riformulazione per l’Unioneper il Mediterraneo. Quindi dialogo con i movimentiislamici senza abbandonare le componenti laiche,ma anche progetti concreti di assistenza (infra-strutture, formazione ecc) e sostenibili, nella con-sapevolezza che gli aiuti finanziari riguardanosolo i paesi che non beneficiano dei proventienergetici. La Commissione Europea, con la nuovaedizione della politica di buon vicinato nota conla formula ”more for more21” (più si fa e più siottiene) ha voluto prendere l’iniziativa. Ma talecondizione non piace a chi vuole essere trattatocon rispetto, approccio questo che può assicurarecambiamenti evolutivi. Manca difatti una politicaanaloga a quella a suo tempo messa in essere perl’allargamento ad Est, per cui occorre anche unariprioritizzazione e ri-orientamento a Sud. Occorrepoi generare sinergie tra le varie iniziative, siaesistenti che nuove, privilegiando, in un quadro dicooperazione additiva i catalizzatori della transizione.Occorre poi promuovere le iniziative volte all’unionesub-regionale, come l’UMA, e coinvolgere eoperare assieme ad attori a vocazione regionale,come la Turchia. Nell’attuale difficile congiuntura che vede gli statialle prese con misure di taglio della spesa pubblicaoccorre anche metter in campo, nel quadro deiprincipi di sussidiarietà,22 le energie della societàcivile, senza perdere di vista il ruolo che il nostropaese potrebbe giocare. Come sosteneva il notoFernand Braudel “l’Italia è l’asse meridiano…è lìche trova le sue ricchezze e il suo destino23”.Parole ancora di attualità.

21 Vedi articolo autore, La Cooperazione Post- Arab Spring, anamnesi e prospettive, Rivista Marittima sett.2011.22 A new response to a changing Neighbourhood, Joint Communication to the European Parliament.23 Principio cardine dell’Unione Europea, volto a limitare l’intervento dello stato in attività che possono essere svolte dalle sue

emanazioni intermedie, (province, regioni) ovvero dalla società civile (organizzazioni, famiglie). 24 Fernand Braudel, La Méditerranée, l’Espaceet l’Hisoire, Flammarion, Paris 1985, pag 178-179.

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POLITICA DI SICUREZZA E RIFORMA DELL’INTELLIGENCE:

CENNI SULLA DOTTRINA USALEONARDO D’ELIA

Panorama Internazionale

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Il realismo politico e la guerra preventiva nella visione politico-strategica globale statunitense

La caduta del muro di Berlino nel novembredell’89 ha segnato in maniera irreversibile ilsecolo scorso sancendone, come sottolineato

in un noto saggio, la sua fine anticipata.Con quell’evento simbolico si è infatti chiusa de-finitivamente la fase dell’equilibrio del terrore chenella assoluta consapevolezza della mutua distru-zione assicurata (Mutual Assured DestructionMAD) ha tenuto in bilico il mondo sull’orlo del-l’olocausto nucleare. La fine del Patto di Varsavia,l’esplosione dell’URSS e il suo frazionamento nelleex repubbliche sovietiche hanno scandito i tempidel superamento del bipolarismo lasciando ilcampo ad un’unica super potenza planetaria.Questa nuova fase delle relazioni internazionali fuaccolta immediatamente con grande euforia emolti studiosi si lanciarono non senza retorica inun’apologia del nuovo ordine che avrebbe portatoad un nuovo e maggiore livello di crescita socialeed economica. In realtà tali affermazioni furonopresto confutate dall’altissimo tasso di entropiache si era venuto a creare, infatti, il vuoto lasciatodalla caduta del gigante russo che contribuiva atenere sotto controllo una parte del globo, si andòpian piano riempiendo di nuovi protagonisti primofra tutti il terrorismo internazionale di matriceislamica. I segni di questo disagio furono sottova-lutati (attacco alle ambasciate USA in Kenya eTanzania, alla USS Cole, al World Trade Center) epresto ci si trovò seduti davanti alle televisioni aguardare il primo evento storico mondiale. Ilmondo si svegliò di colpo dallo stato di euforia nelquale si cullava e si trovò a fare i conti con un at-tacco combinato al cuore del potere politico, eco-nomico, militare di quella che era da tutti ritenutauna fortezza inespugnabile. L’attacco militare con-giunto dell’11 settembre 2001, condotto con mezzie metodologie non convenzionali contro il Penta-

gono, le Twin Towers e la Casa Bianca sconvolsele menti e i cuori degli Americani e del mondo oc-cidentale tanto da legittimare una reazione ar-mata immediata contro l’Afghanistan reo diospitare Bin Laden e Al Quaeda. La caduta del-l’URSS aveva innescato un processo a catena cheaveva portato il mondo a fare i conti con un nuovoordine mondiale, con una nuova fenomenologiadella politica, a riscrivere il ruolo politico della re-ligione, a prendere atto della crisi dell’ONU e deimodelli classici novecenteschi di concettualizza-zione e di legittimazione della politica. Gli USA si sono trovati a dover fare i conti da soli,con nuove minacce in grado di colpire efficace-mente i simboli del suo potere. Nasce così la rea-zione unilaterale (va ricordato doverosamente chegli USA erano gli unici soggetti dotati di una ca-pacità di reazione militare su scala mondiale con-creta ovvero sono ancora l’unica potenza dotatadi un effettivo potere militare credibile che gli per-mette di esercitare lo jus ad bellum) contro lanuova forma di violenza globale: il terrorismo ji-hadista. La guerra da strumento finale di compo-sizione delle controversie tra Stati sovrani diventa,a causa dell’assenza di un nemico fisicamente espazialmente individuabile, strumento di espan-sione della democrazia, dei diritti umani così comeconcepiti nel mondo occidentale da scatenare inconflitti asimmetrici contro i terroristi sparsi per ilglobo. Questa elaborazione teorica prodotta dall’ala idea-listica dei conservatori americani i neo-cons san-cisce l’eticizzazione della guerra e ha come nemici«non solo i terroristi ma i liberal interni, il cui pro-gressismo si sarebbe trasformato in imbelle ecompiaciuto nichilismo relativistico»1. Questa posizione espressa in campo internazionaledall’amministrazione del presidente Bush Jr at-traverso un crescente unilateralismo decisionistaha richiesto a sua volta uno sforzo per legittimarea livello interno tale operato. Questa necessità èstata legittimata attraverso l’accettazione di uno“stato di emergenza perenne”, per fronteggiare il

1 Carlo Galli, Manuale di storia del pensiero politico, il Mulino, ed 2006, pag 615.

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In apertura:Sopra: il Congresso degli Stati Uniti in seduta congiunta.

Sotto: il memorial

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quale sono stati conferiti al Presidente (Comman-der in Chief) ampi poteri creando un squilibrio nelsistema di checks and balances2 previsto dalla Co-stituzione.

Lo stato di emergenza perenne comerequisito per giustificare lo sbilanciamento dei poteri a favore dell’Esecutivo negli Stati Uniti d’ America

Come ampiamente documentato da una recenteinchiesta giornalistica condotta dal WashingtonPost il sistema creato per garantire la sicurezzadegli USA, all’indomani dell’attacco terroristicodell’11 settembre 2001 «è diventato così enormee così top secret che nessuno sa quanto costa,quante persone ci lavorano, e quali sono i lorocompiti e le loro responsabilità»3. Questa crescita smisurata del sistema creato per

garantire la sicurezza nazionale trova i sui fonda-menti normativi in una serie di provvedimenti presidall’Esecutivo e finalizzati al rafforzamento dellafigura del Presidente, quale “Comandante inCapo”, attraverso il conferimento di poteri straor-dinari posti a presupposto del diritto di utilizzaretutta al forza necessaria contro persone, gruppiterroristici e per prevenire azioni che in qualsiasimodo e luogo possano mettere in pericolo la si-curezza dei cittadini statunitensi. Di seguito pro-veremo a tracciare una linea che sottolinei questatendenza, attraverso l’analisi in chiave cronologicadei provvedimenti adottati negli Stati Uniti d’Ame-rica nella guerra al terrorismo di matrice islamicofondamentalista.Il primo provvedimento, in ordine strettamentecronologico, è il: S. J. Resolution 23 – Authoriza-tion for Use of Military Force, poi divenuta P.L. 107– 40, 18 settembre 2001. Si tratta di un mandatomolto ampio che richiama il modello “schmit-

Attentato al World Trade Center

2 G. Cerrina Feroni, T.E. Frosini, A. Torre, Codice delle Costituzioni, Giappichelli Ed., 2009: «i framers statunitensi concepirono così un sistemaistituzionale basato su una serie di checks and bilances impedendo il predominio di una sola sulle altre in cui le diverse componenti po-tessero contrastarsi a vicenda. Si tratta di un sistema di “separated institutions sharing power” (nella efficace formula di Neustadt, 1964)in cui legislativo ed esecutivo sono dotati di legittimazione propria e indipendente, ma si trovano a dover gestire parziali sovrapposizioninell’esercizio delle rispettive funzioni. Così, ad esempio, il Congresso approva le leggi, su cui il Presidente può porre il veto (la versionein negativo del royal assent britannico), superabile a sua volta da una maggioranza di due terzi di entrambe le Camere (art.I, sez. 7); ilPresidente propone le nomine federali di giudici, ambasciatori e alti funzionari che devono però essere confermate dal Senato (l’ Adviceand Consent del’art.II, sez. 2); il Presidente esercita la funzione di indirizzo politico, ma il congresso vota le leggi di finanziamento dellapolitica governativa, potendola in tal modo condizionare, ecc.», pagg 340-341.

3 Dana Priest, William M. Arkin, The Washington Post, “Top Secret America”, su Internazionale 23/26 Luglio 2010 n. 856, pag 14.

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tiano”4 e che traccia il solco a premessa dei suc-cessivi interventi in materia di poteri eccezionalitrasferiti all’Esecutivo. Esso implica la possibilitàper il Presidente degli Stati Uniti di agire nella con-sapevolezza che, laddove il suo operato determiniuna violazione dei diritti civili, ciò sarà consideratocome una fatale conseguenza dettata dallo statodi necessità prodottosi a causa del grave attaccosferrato contro la Nazione.Immediatamente dopo aver rafforzato il verticedell’Esecutivo, viene potenziato il principale stru-mento di cui, in questo senso, l’Esecutivo stessopuò disporre. Con l’Intelligence Reform and Terro-rism Prevention Act del 2004 (IRTPA, P.L. 108 –408, 17 dicembre 2004) l’IC viene riformata inchiave apicale ponendo l’accento sulla necessitàdi un maggiore coordinamento5. Grazie all’istitu-zione della figura del Director of National Coun-

terterrorism Center, agli stessi Servizi (DetaineeTreatment Act 2005 –DTA (Department of DefenseAppropriations Act 2006, P.L. 109 –148, 30 dicem-bre 2005) vengono riconosciuti maggiori poteriper l’uso della violenza nel corso di interrogatori;poteri debolmente controbilanciati da richiami anorme interne e internazionali a favore dei prigio-nieri6. Il vertice dell’Esecutivo tende ad ampliare almassimo i confini della propria discrezionalità, difatto diventando, con il Patriot Improvement andReauthorization Act 2005 (Patriot Act II, P.L. 109 –177, 9 marzo 2006), il vero “custode” della costi-tuzione7. Questa inversione di rotta si rende ne-cessaria perché come ricorda in manieraestremamente lucida il Prof. Sbailò: «Fino all’11settembre negli Stati Uniti il terrorismo è statoconsiderato alla stregua di un qualsiasi altro reatofederale»8.

4 Carl Schmitt sostiene che se lo stato di diritto si identifica con l’ordine giuridico, resta però da vedere chi abbia l’autorità di decidere,quale sia il soggetto della sovranità. Infatti la norma, per poter essere efficace, deve potersi attuare all’interno di un ordine stabilito; maogni ordine stabilito nasce da una decisione che crei le condizioni affinché la norma possa avere efficacia. Ecco allora che la sovranitàrisiede in chi decide quello stato di eccezione che fonda la norma: la norma, dal canto suo, non può essere fondante né originaria: ori-ginario è lo stato di eccezione. La logica conclusione di tutto questo ragionamento è che l’ordine costituito, in effetti, non riposa su diuna norma ma su di una decisione. La decisione, a sua volta, non solo precede logicamente la fondazione della norma, ma la precedeanche storicamente, tanto più che ogni qual volta le tendenze distruttive insite nella società tendono a prevalere, l’ordine costituitoviene messo in pericolo e si richiede, per ristabilirlo, un intervento eccezionale. Il ricorso allo stato di eccezione nel storia politico giuridicastatunitense trova il suo precedente più illustre nella “dottrina Monroe” che rivendicava l’esistenza di uno spazio politico, l’emisfero oc-cidentale, libero ed indipendente da ogni influenza europea e fondava un “grande spazio” impermeabile all’esterno, ma sottoposto al suointerno ad un diritto di intervento esclusivo da parte degli Stati Uniti. Gli strumenti per l’applicazione di questa dottrina furono fornitidall’araldo della talassocrazia Alfred Thayer Mahan che getterà le fondamenta per la valorizzazione delle possibilità offerte dalla potenzanavale americana per l’espansione commerciale degli Stati Uniti ma soprattutto creerà quello spazio fisico di eccezione permanente chericade sotto la sfera di influenza americana e che trova a tutt’oggi nelle portaerei nucleari il simbolo tangibile della supremazia globaleamericana. Risulta, quindi, abbastanza intuitivo vedere in controluce in questi precedenti i presupposti giuridici che giustificano sia iprovvedimenti presi dall’amministrazione Bush (non ancora revocati da quella Obama) per legittimare le detenzioni “speciali” dei non-Americani sospetti terroristi, (v. il Detention, Treatment and Trial of certain Non-Citizens in the War against Terrorism Act, del 13 novembre2001) sia lo Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act of 2001(Patriot Act, H.R. 3162, P.L. 107 –56, 26 ottobre 2001) con il quale viene modificato in senso molto restrittivo l’Immigration and NationalityAct. Particolare rilievo assumono, infine, sia una pronuncia dell’Attorney General, che negli USA è diretta espressione dell’Esecutivo, chestabilisce la possibilità di espellere dagli USA le persone ritenute pericolose, sia un’altra misura dal valore emblematico che dilata le pos-sibilità, da parte degli uffici governativi, di emettere National Security Letters, che consentono di esaminare i dati dei cittadini americanisospettati di attività terroristiche o comunque considerati una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti, senza l’ordine di un tribunalee con un minimo controllo giurisdizionale.

5 L’assenza di un coordinamento efficace tra le varie agenzie di intelligence è stato l’elemento messo all’indice da quasi tutti gli analisti edesperti del settore che hanno sottolineato l’incapacità USA di mettere in rete l’enorme mole di informazioni raccolte da ogni singola agenzia.

6 Cfr Ciro Sbailò in Forum di Quaderni costituzionali, Carl Schmitt alla Casa Bianca.la dottrina Bush-Obama sullo stato di emergenza e inuovi equilibri tra i poteri negli Stati Uniti.

7 E’ significativo il fatto che, al momento della firma, il Presidente abbia tenuto un signing statement, esprimendo le proprie convinzionicirca l’interpretazione delle norme ivi contenute e affermando di non avere intenzione di comunicare al Congresso le modalità interpre-tative dei poteri di polizia più estesi previsti nel documento per l’FBI.

8 Ciro Sbailò, La nuova sintassi del terrore e la crisi dello Stato nazionale, in GNOSIS, n.1 2005: «…Sempre nel 1993, appena dopo la sparatoriadavanti alla CIA, ci fu il primo attentato al World Trade Center. Le autorità americane si concentrarono sugli aspetti giudiziari della fac-cenda: la questione veniva naturaliter collocata nell’ambito di competenza del Dipartimento di Giustizia, il cui scopo è notoriamentequello di punire i colpevoli, non certo di prevenire gli attentati o di smantellare le organizzazioni terroristiche. Alla CIA non fu permessodi accedere agli atti processuali, per evitare inquinamenti delle prove. Dopo quell’attentato, l’FBI cercò di sviluppare una politica anti-terroristica, ma mantenne un atteggiamento di tipo giudiziario, seguendo la logica del caso per caso, concentrandosi sul “fatto compiuto”e pensando all’azione legale piuttosto che alla prevenzione. L’autore dell’attentato fu trattato alla stregua di un criminale comune enessuna pressione venne fatta su di lui affinché rivelasse le sue fonti di finanziamento, poiché questo dato non era essenziale ai fini pro-cessuali».

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Il potere discrezionale dell’Esecutivo viene, poi,riaffermato in un Extreme Order (United StatesExecutive Order: Interpretation of the Geneva Con-ventions Common Article 3 as Applied to a Programof Detention and Interrogation Operated by theCentral Intelligence Agency, 20 luglio 2007) chefissa quali sono le violazione dell’art. 3 della Con-venzione di Ginevra, con riferimento ai programmidi detenzione e interrogatori della CIA. Si tratta diriferimenti generici che non qualificano quali sianole tecniche proibite ovvero quali siano i compor-tamenti eventualmente consentiti; vi si affermaesclusivamente che, in ogni caso, tali tecniche nondebbono comprendere la tortura (sulla base delladefinizione USA di “tortura”, sono esclusi la vio-lenza sessuale, l’omicidio, la mutilazione, lo stu-pro). Il protagonismo del Governo è rafforzatoanche attraverso l’espansione del potere dell’FBInel rilascio delle National Security Letters (NSLS),secondo quanto previsto dal Patriot Act 2001.Questo strumento, stando a quanto riportato da

alcuni analisti, è stato utilizzato pochissimo dallaCIA, mentre il Dipartimento della Difesa ne hafatto largo uso. D’altra parte, mentre è pacifico ildiritto della CIA al ricorso alle NSLS, ci sono molteincertezze circa la legittimità del loro uso da partedegli apparati militari, sulla base del Patriot Act,poiché quest’ultimo non elimina il vincolo del con-trollo giurisdizionale sulle violazioni della privacy,fatta eccezione per attività di intelligence rien-tranti, comunque, sotto il controllo parlamentare.Di fronte a questa crescita smisurata del poterediscrezionale dell’Esecutivo la Corte Suprema, èintervenuta cercando di contemperare le esigenzedella lotta al terrorismo con il rispetto dei dirittifondamentali, richiamando l’Esecutivo e il Legisla-tivo a una più precisa definizione sia del concettodi emergenza sia degli strumenti adottati per af-frontarla, ma, nella sostanza, non ha smentito lalinea adottata dal governo9. Essa ha comunqueposto dei limiti nella definizione dello stato diemergenza. La Corte ha, infatti, ritenuto che lajoint resolution del 2001, che autorizza il Presi-dente a dichiarare guerra, non lo autorizza anchea istituire tribunali speciali senza mandato delCongresso (U.S. Supreme Court, Salim AhmedHamdan c. Donald H. Rumsfeld et al., caso n. 05 –184, 29 giugno 2006). Proseguendo nell’elenco deiprovvedimenti emanati per ampliare i poteri delPresidente troviamo il Military Order che attribui-sce allo stesso il potere di definire terrorista unapersona, bollato dai giudici, incostituzionale, per-ché “vague on its face” e pertanto suscettibile didiverse interpretazioni in diversi casi [U.S. DistrictCourt (Central District of California), HumanitarianLaw Project c. U.S. Treasury, 29 novembre 2006].Ma all’interno di questi limiti estremi stabiliti dallaCorte, il governo ha potuto operare con estremalibertà, ricavando nuovi margini di manovra, sot-tratti al controllo giurisdizionale, attraverso il raf-forzamento della giurisdizione militare e laprogressiva militarizzazione della politica di sicu-rezza interna. Ulteriori polemiche sono scaturite a

Washington - Il Campidoglio, sede delle camere del Parlamentoamericano

9 La Corte Suprema, ha affermato che la detenzione di combattenti nemici, prigionieri di guerra o civili, si può giustificare se c’è pericoloper la Nazione, ferma restando la necessità di un bilanciamento tra la difesa della sicurezza e il rispetto dei diritti della persona (U.S. Su-preme Court, Hamdi c. Rumsfeld, caso n. 03 – 6696, 28 giugno 2004).

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PANORAMA INTERNAZIONALE 39

seguito dell’introduzione di norme restrittive inmateria di immigrazione (Reform and TerrorismPrevention Act of 2004 IRTPA, P.L. 108 – 408, 17dicembre 2004) e dei permessi di soggiorno, po-lemiche rientrate in quanto la pubblica opinioneha accettato gli emendamenti all’Illegal Immigra-tion Reform and Immigration Responsability del1996, nonché la costruzione della recinzione pro-tettiva lungo la frontiera con il Messico (in que-st’ottica il Secretary of Homleand Security haassunto il “controllo operativo” delle frontiere ter-restri e marittime degli USA, ivi compresa la sor-veglianza elettronica10).Il rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo richie-deva, quindi, per poter rendere effettivo il suo po-tere come ricordato in precedenza, una riformadegli strumenti di cui avvalersi nella lotta al ter-rorismo. Da questa esigenza nasce la riforma del-l’intelligence avvenuta con l’approvazionedell’Intelligence Reform and Terrorism PreventionAct (IRTPA) nel 2004 che ha formalizzato la nascitadell’Office of the Director of National Intelligence(ODNI) al fine di coordinare e gestire meglio glisforzi e le attività dell’Intelligence Community (IC).Prima della creazione dell’IRTPA, l’IC era supervi-sionata dal Direttore della Central Intelligence, chepresiedeva anche la Central Intelligence Agency.L’IRTPA ha effettivamente rafforzato l’IC promuo-vendo l’individuazione degli obiettivi, dei costi, estabilendo una serie di centri nazionali deputatiallo sviluppo, in collaborazione tra loro, delle in-formazioni raccolte e la loro analisi su problemispecifici. L’IC è stata strutturata per ottimizzare

l’efficienza della raccolta e divulgazione delle in-formazioni tra i membri delle 17 agenzie federali.Gli sforzi dell’IC sono coordinate dall’Office of theDirector of National Intelligence (ODNI), che è rettodal Director of National Intelligence (DNI).Il DNI organizza e coordina le 16 agenzie federaliche compongono l’IC. Il DNI gestisce anche lo svi-luppo dell’ National Intelligence Program. In oltre,il DNI opera come principale consigliere del Pre-sidente e del National Security Council sui pro-blemi di intelligence connessi alla sicurezzanazionale. Gli altri membri dell’IC sono divisi in tregruppi: 1) Program Managers, che consigliano eassistono l’ODNI nell’individuazione dei bisogni in-formativi, gestione dei costi, gestione finanziariae valutazione dei risultati dell’ IC; 2) Departmen-tals, che sono membri dell’IC che operano nei set-tori del governo diversi da quello del Departmentof Defence; 3) Services, che includono il personaleche lavora nelle Forze Armate e supporta princi-palmente i bisogni informativi della propria ForzaArmata.

Riferimenti normativi:S. J. Resolution 23 – Authorization for Use of Military Force,poi divenuta P.L. 107 – 40, 18 settembre 2001.Intelligence Reform and Terrorism Prevention Act 2004 –IRTPA.Detainee Treatment Act 2005 –DTA (Department of DefenseAppropriations Act 2006, P.L. 109 –148, 30 dicembre 2005.Usa Patriot Improvement and Reauthorization Act 2005 (Pa-triot Act II, P.L. 109 – 177, 9 marzo 2006.United States Executive Order: Interpretation of the GenevaConventions Common Article 3 as Applied to a Program ofDetention and Interrogation Operated by the Central Intel-ligence Agency, 20 luglio 2007.

10 Cfr Ciro Sbailò, in Forum di Quaderni costituzionali, op. cit. “…Tra i segnali più forti nel senso di un rafforzamento del principio di sovranità,abbiamo la sottrazione ai giudici federali della giurisdizione su istanze di habeas corpus provenienti dai prigionieri della base di Guan-tanamo, insieme all’indicazione della Corte distrettuale del District of Columbia (vale a dire della Capitale) quale unica Corte competentein materia, peraltro in veste di mero giudice d’Appello, con una pura funzione nomofilattica nei riguardi del Combatant Status ReviewTribunal e delle sentenze della Military Commission, tribunali che possono discrezionalmente concedere l’appello, nel caso di condannaa meno di dieci anni di reclusione (Detainee Treatment Act 2005 – Department of Defense Appropriation Act 2006, P.L. 100-148, § 1005).La Corte, comunque, sostiene il diritto di tutti i detenuti, a prescindere dalla propria cittadinanza, di ricorrere contro il proprio arrestopresso una Corte federale degli USA (si trattava di cittadini britannici, australiani e kuwaitiani arrestati in Afghanistan e in Pakistan nelcorso di operazioni militari e detenuti di Guantanamo; Supreme Court, Rasul c. Bush e Habib c. Bush, caso n. 03 – 334, 28 giugno 2004;Al Odah c. United States, caso n. 03 – 343, 28 giugno 2004) e giudica sempre illegittima una detenzione indefinita a scopo di interrogatoriocontro l’interpretazione del governo, ribadendo l’applicabilità dell’art. 3 della Convenzione di Ginevra che deve essere sempre applicatoanche a individui catturati in operazioni militari USA antiterrorismo (19/U.S. Supreme Court, Hamdi c. Rumsfeld, caso n. 03 – 6696, 28giugno 2004). D’altra parte, le esigenze della sicurezza pubblica possono legittimare la “sospensione” dell’habeas Corpus (art. 1, sez. IXc. 2 della Costituzione), come dimostra la decisione della corte d’Appello del Distretto della Columbia che ritiene legittima quella partedel Military Commission Act del 2006 (P.L. 109-336, 17 ottobre 2006), dove le corti federali vengono private della giurisdizione sui ricorsiper habeas corpus dei prigionieri della base di Guantanamo (U.S. Court of Appeals District of Columbia Circuit, Boumediene c. Bush e AlOdah c. United States, 20 febbraio 2007)”.

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LA MODERNIZZAZIONE DELLE FORZE ARMATE RUMENE

PIETRO BATACCHI

Panorama Internazionale

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Con l’ingresso nella NATO, avvenuto nel2004, la Romania ha dovuto giocoforzaadeguare gli standard delle proprie Forze

Armate a quelli NATO e modificare parametri eprocedure operative per permettere loro di operarea fianco delle FA degli altri paesi dell’AlleanzaAtlantica. Si è trattato di un processo lungo, difatto avviato dai primi anni Novanta e per certiaspetti tuttora in corso. Un processo, oltretutto,difficile per le caratteristiche stesse delle ForzeArmate rumene così come queste erano andatesviluppandosi durante gli anni della Guerra Fredda.Forze Armate basate, secondo la tradizione delPatto di Varsavia, sulla quantità e sul numeropiuttosto che sulla qualità che, invece, era ed è lacaratteristica distintiva dello standard occidentale.Il processo di modernizzazione ha attraversatotre fasi. La prima fase è stata completata nel2007 ed ha visto la riorganizzazione della strutturadi comando e l’abolizione del servizio di leva conl’implementazione del sistema professionale e ladrastica riduzione degli organici (stabilizzati su75.000 unità per tutte e tre le Forze Armate). Giànel 2003 un emendamento costituzionale avevareso il servizio militare opzionale. Poi, dopo chenel marzo 2004 il Paese è entrato ufficialmente afar parte della NATO, un voto definitivo del Parla-mento nell’ottobre 2005 ha definitivamenteabolito la coscrizione obbligatoria. La secondafase è tuttora in corso e dovrebbe continuarefino al 2015. In questo periodo di tempo le ForzeArmate rumene dovrebbero definitivamente com-pletare l’integrazione operativa nelle struttureNATO ed UE allineando i loro standard proceduralie qualitativi a quelli in vigore nelle due organiz-zazioni. La terza fase, il cui termine ultimo èstato fissato nel 2025, dovrebbe portare a com-pimento tutto il processo con la piena integrazionetecnico-operativa in NATO ed UE.

L’Esercito

L’attuale struttura operativa delle forze terrestrirumene comprende due divisioni: la 1ª Divisione

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di Fanteria e la 2ª Divisione di Fanteria. Questedue unità, attivate ufficialmente nel 2008,avevano in precedenza la struttura di un CorpoTerritoriale, la 1ª Divisione era infatti il 1° CorpoTerritoriale e la 4ª, il 4° Corpo Territoriale, conorganici più numerosi. Per effetto del processodi trasformazione e per favorire la soddisfazionedegli standard NATO, gli organici sono statiridotti fino al livello attuale. Per quanto riguarda lo sforzo di modernizzazionedegli equipaggiamenti, che ha richiesto l’allo-cazione del 35/40% del bilancio della difesa,questo ha interessato tutti i settori, da quellodegli MBT (Main Battle Tank) all’artiglieria. Nelcampo degli MBT, il mezzo principale a disposi-zione dell’Esercito rumeno è il carro TRI-85.Quest’ultima è un’evoluzione, realizzata local-mente, del carro sovietico T-55, la cui produzionedi serie è iniziata a metà anni Ottanta. Del carrone dovrebbero essere in servizio tutt’oggi circa200 esemplari. Una parte di questi carri, secondoalcune fonti una cinquantina, è stata aggiornata

alla versione TRI-85 M1. Rispetto alla versionebase, la versione M1 presenta migliorie in pres-soché ogni settore. La torretta è stata rinforzatacon l’aggiunta di piastre di protezione passivaed è stato adottato un nuovo sistema di condottadel tiro denominato Ciclope M1, che ha preso ilposto dell’originario Ciclope. In considerazionedell’aumento dei pesi, dovuti in particolare al-l’aggiunta delle “piastre” in torretta, è statoadottato un nuovo motore, sempre di provenienzatedesca come per la versione base, in grado digarantire potenze maggiori. La bocca da fuocoè rimasta la stessa, 100 mm, ma è stato introdottomunizionamento con maggiore caratteristichedi penetrazione ed un sistema LWR (LaserWarning Receiver). Per quanto riguarda i blindati per la fanteria, ilcore delle forze è ancora composto dai MLI-84.Il MLI-84 è una versione prodotta su licenza, apartire dalla fine degli anni Settanta, del sovieticoBMP-1. Dei 400 esemplari in servizio, 99 sonostati aggiornati, grazie al supporto dell’industria

In apertura: i Puma sono stati costruiti localmente in oltre 100 esemplari a partire dal 1977. Nella foto una macchina in versioneMEDEVAC (Batacchi)Sopra: una parte dei carri TRI-85, secondo alcune fonti una cinquantina, è stata aggiornata alla versione TRI-85 M1 (Miltaryphotos)

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PANORAMA INTERNAZIONALE 43

israeliana, allo standard MLI-84M (in programmac’è l’aggiornamento di altri 81 veicoli), con unprogramma avviato nella seconda metà deglianni Novanta. La nuova versione è equipaggiatacon una torretta a controllo remoto israelianaOWS-25R, armata con un cannone OerlikonKBA da 25 mm, e due tubi per il lancio di missilianticarro. I tubi possono lanciare sia i missili ju-goslavi 9M14-2T Maljutka-2T sia gli israelianiSpike. A causa dell’incremento di peso dovutoall’installazione della nuova torretta, il vecchiomotore 8V-1240-DT-S da otto cilindri e quattrotempi è stato sostituito con un Perkins CV8T-400 Caterpillar C9 in grado di erogare 396 hp dipotenza. Il veicolo è anche più largo, 3,3 m, epiù alto, 2,942 m. Nel campo dei ruotati, sono in servizio una set-tantina di B33 Zimbru e 31 Piranha IIIC acquistatinel 2007 in base ad un requisito urgente emessoper rafforzare il contingente rumeno in Afgha-nistan. Per il resto ci sono ancora molti TAB-77,la versione locale del vecchio BTR-70. Lo Zimbru,che ha rimpiazzato una parte dei TAB, è essen-zialmente una versione locale del BTR-80, conalcune differenze per soddisfare i requisiti del-l’Esercito rumeno. Rispetto al BTR-80 è statainfatti incrementata la protezione e adottatoun nuovo motore. Dello Zimbru ne è stata svi-luppata anche una nuova versione più evoluta,Zimbru 2000. Quest’ultima offre maggiori volumiinterni ed è proposta con una nuova torretta acontrollo remoto equipaggiata con un cannoneda 25 o 30 mm. Il veicolo non è però statoancora acquistato dall’Esercito rumeno che hapreferito, come abbiamo visto, affidarsi ad unasoluzione “esterna” come quella rappresentatadai Piranha IIIC. Chiudiamo la sezione dedicata all’Esercito conl’artiglieria, anche questa soggetta ad un processodi modernizzazione. I due programmi principalisono il LAROM e l’ATROM. Il primo è un sistemaMLRS, presentato per la prima volta nel 2000 eadottato a partire dal 2002. Il LAROM è un’evo-luzione dell’APRA-40, la versione locale del so-

vietico BM-21 Grad. Sviluppato congiuntamentedalla locale Aerostar e dall’israeliana IMI, ed èattualmente in servizio in 24 esemplari. Secondoi programmi, l’Esercito punterebbe a completarel’aggiornamento di tutto il suo parco di APRA-40. La particolarità del LAROM è che può spararealternativamente sia con i razzi standard da122 mm sia con il razzo israeliano da 160 mmLAR Mk.4. Quest’ultimo ha una gittata fino ai45 km. Il LAROM è basato su un autocarroDAC-25.360 6x6 ed è dotato di una rampa condue lanciatori contenenti 13 o 20 razzi ciascuno,a seconda del calibro prescelto.Restando sempre nel campo dell’artiglieria unaltro progetto importante è l’ATROM, auto can-none da 155 mm, basato su un telaio 6x626.360 DFAEG di produzione locale, prodottodalla Aerostar come variante dell’israelianoATMOS 2000. Il sistema è stato svelato per laprima volta al pubblico nel 2003 durante l’Expomildi Bucharest e testato nell’ottobre dello stessoanno. L’ATROM è un sistema completamenteautomatico e network-centrico grazie all’adozionedel PC tattico ETC 2000. Il cannone, il Soltam, èlo stesso dell’ATMOS 2000 ed è in grado disparare fino ad una distanza di 41 km, con mu-nizionamento razzo-propulso, e fino a 30 kmcon munizionamento standard, ad un rateo ditre colpi ogni 20 secondi.

L’Aeronautica

L’Aeronautica rumena, analogamente a quantoaccaduto all’Esercito, è stato interessata a partiredagli anni Novanta da un esteso processo ditrasformazione per adeguarne l’interoperabilitàagli standard NATO. Il principale passaggio diquesto profondo mutamento è stata la moder-nizzazione dei MiG-21 nell’ambito del programmaLancer. Il programma, condotto in cooperazionetra Aerostar e l’israeliana Elbit, è stato lanciatonella prima metà degli anni Novanta e completatoufficialmente nel 2003, quando contestualmenteè stato ultimato anche il ritiro dei MiG-21 non

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interessati dall’ammodernamento. Alla fine havisto l’aggiornamento di 114 aerei. Il programma ha riguardato principalmente l’ag-giornamento dell’avionica degli aeri meditantel’adozione di un nuovo cockpit, con displaydigitale, di una nuova interfaccia uomo-macchina,di nuovi sistemi di allerta e della capacità dioperare di notte e con avverse condizioni meteo. Del velivolo sono in servizio tre versioni: Lan-cer-A – versione monoposto ottimizzata per leoperazioni di attacco al suolo – Lancer-B – ver-sione biposto da addestramento – e Lancer-C -versione monoposto da superiorità aerea. Alcuniesemplari della versione A sono dotati anche diun pod di acquisizione obbiettivi della Rafael. I MiG-21 Lancer sono in grado di utilizzare siaarmamento occidentale che di produzione eu-ropeo-orientale. Gli aerei possono quindi utilizzaremissili R60, R73 e Python 3 IR e bombe a guidalaser. Attualmente, l’Aeronautica rumena operasei squadroni di Lancer da tre basi. L’inizio del progressivo ritiro dei Lancer è previstonel 2011 ed a tal proposito l’Aeronautica rumenaha lanciato già da tempo un programma per

l’acquisizione di 24 caccia di nuova generazione.Ai primi del 2010, il Governo rumeno ha decisodi acquistare 24 F-16 di seconda mano appar-tenenti alla Guardia Nazionale americana. Inbase, poi, ad un accordo Lockheed Martin e,pare, anche con la Elbit, gli aerei avrebberodovuto subire un esteso processo di ammoder-namento sia nelle componenti strutturali, inconsiderazione del pessimo stato in cui versavanole cellule, sia in quelle elettroniche. Il programma,che alla fine sarebbe venuto a costare oltre unmiliardo dollari, avrebbe dovuto portare i velivoliallo standard Block 52. Il Parlamento ha peròbloccato la decisione del Governo e, al momentoin cui scriviamo, il programma è stato rimessoin discussione provocando il rientro nella com-petizione di altri due candidati come lo svedeseGripen e l’Eurofighter. L’altro grande programma attraverso cui èpassata la modernizzazione delle forze Aereeha riguardato gli elicotteri Puma, costruiti lo-calmente in oltre 100 esemplari, a partire dal1977, dalla IAR SA Ghimbay di Brasov. Ai primianni Novanta l’Aeronautica, infatti, ha deciso di

Negli ultimi anni, i programmi principali della Marina hannoriguardato l’acquisizione di due fregate Type 22 ex-Royal Navy.Nella foto la Regele Ferdinand (Militaryphotos)

L’altro grande programma attraverso cui è passata lamodernizzazione delle forze Aeree ha riguardato gli elicotteriPuma, trasformati in piattaforma multiruolo (Batacchi)

Nel settore trasporto sono in servizio attualmente cinque C-130(Batacchi)

Il LAROM è un’evoluzione dell’APRA-40, la versione locale delsovietico BM-21 Grad (Militaryphotos)

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PANORAMA INTERNAZIONALE 45

ammodernarne 24 trasformandoli, di fatto, inpiattaforme multiruolo per compiti anche di at-tacco. Il programma, denominato SOCAT (SistemulOptoelectronic de Cautare si Lupta Anti-Tanc -Optoelectronic Anti-Tank Seek and Combat Sy-stem) è poi partito ufficialmente nel 1995, dopoche nel 1994 era stata selezionata la Elbit comefornitore, e la prima macchina alla versioneSOCAT è entrata in servizio nel 1999. Il programma ha visto l’introduzione di unsistema per l’acquisizione degli obiettivi e dicontrollo del tiro e di un pod elettro-otticodotato di FLIR e telemetro laser. Gli elicotterisono stati inoltre resi NVG compatibili. Un’altrainnovazione ha riguardato anche l’adozione diun Helmet Mounted Display con sistema dipuntamento per consentire al pilota di “seguire”il missile fino all’impatto sul bersaglio. L’arma-mento comprende un cannone da 20 mm, poddi razziere da 57 mm e quattro tubi di lancioper missile Spike. Un’ultima occhiata al settore trasporto, dove, aicinque C-130 attualmente in servizio, sono statiaffiancati sette C-27J Spartan, prodotti dalla

nostra Alenia Aeronautica. Degli aerei, chiamatia sostituire An-26 e An-30, ne sono già staticonsegnati cinque esemplari.

La Marina

La Marina è sicuramente la Forza Armata cheha sempre goduto della minore attenzione nel-l’ambito della difesa rumena, anche in conside-razione di un ruolo legato esclusivamente alleoperazioni di pattugliamento nel Mar Nero.Negli ultimi anni, i programmi principali hannoriguardato l’acquisizione di due fregate Type 22ex-Royal Navy. La prima unità, ex-HMS Coventry(F98), ridenominata poi Regele Ferdinand, èstata acquistata nel gennaio 2003 e consegnatanell’agosto 2004. Nel frattempo ha avuto variaggiornamenti, tra cui un cannone da 76 mmSR per rimediare alla sua carenza più vistosa, lamancanza di un cannone di medio calibro abordo. Peraltro, l’acquisto della nave è statosoggetto a notevoli critiche a causa di un prezzogiudicato eccessivamente elevato. La Regele èstata seguita poi dalla Regina Maria, consegnata

La prima fase del processo di modernizzazione delle FA rumeneè stata completata nel 2007 ed ha visto la riorganizzazione dellastruttura di comando e l’abolizione del servizio di leva (DoD)

Del Delfinul è in programma l’aggiornamento, ma non è chiarose questo sia stato effettivamente avviato o meno

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nell’aprile 2005. Con un dislocamento di quasi5.000 tonnellate, la nave è lunga 148,1 m elarga 14,8 mm. È stata costruita tra il 1983 e il1984 come parte delle Type 22 del secondolotto (sei navi in tutto). Attualmente i suoi puntidi forza sono il cannone da 76 mm e l’elicotteroPuma di bordo (di cui altri due esemplari sonostati acquisiti allo standard SOCAT “navale”). Accanto a queste due unità è ancora in servizioil Marasesti, impostato nel 1984 e in serviziodal 1985, originariamente considerato come uncacciatorpediniere, ma in realtà una fregata pervia della sua mancanza di sistemi SAM a lungoraggio. La nave ha un dislocamento di 5.000 tonnellatee delle dimensioni 144,6 x 14,8 x 5 m. Sebbenela sua motorizzazione sia solo diesel (4 da 8.440hp), e le consenta di viaggiare ad un massimo di27 nodi piuttosto che 29, (18 di crociera), haun’autonomia a quanto pare piuttosto ridottaed un equipaggio di 240 effettivi. L’armamentocomprende otto missili P-20M in quattro lanciatori

binati, quattro cannoni AK726 da 76 mm in dueimpianti binati anteriori, quattro AK-630 da 30mm CIWS, due lanciasiluri trinati da 533 mm,mine ed è in grado di operare con due elicotteriPuma. Uno dei maggiori problemi della nave è ilpeso, eccessivo, tanto che sebbene fosse inservizio come ammiraglia, l’entrata in servizioeffettiva è avvenuta solo nel 1992, a causa del-l’instabilità causata dalle grosse sovrastrutturee dal pesante armamento. Anche se piuttosto superata, nondimeno si ètrattato di un mezzo molto interessante, l’unicanave del genere del Patto di Varsavia che nonfosse sovietica.Il resto della flotta è completato da quattrocorvette, due della classe Admiral Petre Barbu-neanu, in servizio dal 1983, e due della classeAdmiral Eustatiu Sebastian, in costruzione dal1989. Non è chiaro però il reale status operativodelle unità. La Marina rumena ha difatti in pro-gramma da tempo l’acquisizione di un lotto dinuove corvette.

Entro il 2015, le Forze Armate rumene dovrebbero definitivamente completare l’integrazione operativa nelle strutture NATO ed UEallineando i loro standard procedurali e qualitativi a quelli in vigore nelle due organizzazioni (DoD)

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Una vicenda interessante è quella dell’unicosottomarino della flotta, il Delfinul. Si tratta diun mezzo della classe sovietica Kilo ordinatonel 1984 e costruito nel cantiere 112 di Krasnoye,in servizio dall’agosto 1985, ma fuori uso dal1995. Il battello ha un dislocamento in immersionedi circa 3.000 tonnellate e delle dimensioni di72,9 x 12,8 x 14,5 m.La velocità è di 12/20 nodi e l’equipaggio com-prende 54 membri. L’armamento si basa su seitubi da 533 mm per il lancio dei siluri, e la posadelle mine, più otto missili SA-16 per assicurarglila capacità di autodifesa da elicotteri e pattu-gliatori navali. Del battello è in programmal’aggiornamento, ma non è chiaro se questo siastato effettivamente avviato o meno.

Conclusioni

Per le Forze Armate rumene, gli anni Duemilasono stati anni di trasformazione e mutamento.Il processo di adesione alla NATO ha costretto il

Paese a modificare procedure e standard con-solidati ed a puntare tutto sulla qualità. Delresto, i parametri di adesione all’Alleanza Atlanticanon offrivano spazio ad alternative. Pur tra dif-ficoltà finanziarie e tecniche, tale processo èandato avanti ed oggi la Romania è un Paesepienamente integrato nella NATO, alle cui missionile Forze Armate di Bucharest danno dei contributimolto significativi. Per il successo di questoprocesso, un grande contributo è stato offertodall’industria locale, che può vantare una soli-dissima tradizione in diversi settori, ma nonsono mancati anche gli apporti stranieri, primotra tutti, quello dell’industria israeliana. Graziea questi contributi, le Forze Armate rumenehanno ricevuto degli elementi qualitativi estre-mamente importanti. E’ il caso dei velivoli MiG-21, ma anche degli elicotteri Puma o di programmiterrestri come l’ATROM. Tutti mezzi hanno permesso alle FA rumene dipoter giocare al meglio la loro “partita” nell’in-sicuro mondo di oggi.

I Piranha IIIC sono stati acquistati nel 2007, in base ad unrequisito urgente emesso per rafforzare il contingente rumeno inAfghanistan (Militaryphotos)

Il programma Lancer, condotto in cooperazione tra Aerostar el’israeliana Elbit, è stato lanciato nella prima metà degli anniNovanta e completato ufficialmente nel 2003 (Militaryphotos)

Per quanto riguarda i blindati per la fanteria, il core delle forze èancora composto dai MLI-84, una parte dei quali aggiornata allostandard MLI-84 M (Militaryphotos)

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48 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 3/2012

I SOCIAL MEDIA:ELEMENTO STRATEGICO DELLA PRIMAVERA ARABA

ELENA BIGONGIARI

Panorama Internazionale

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Nonostante una gran parte degli studi,sviluppati principalmente in Gran Bre-tagna e Stati Uniti relativi all’area del

vicino-medio Oriente, si siano soffermati sul-l’immobilismo della Regione mediterranea ga-rantito dal prevalere di varie forme di autori-tarismi, appare evidente come i recenti profondimutamenti proiettino nell’area una nuova luced’interesse.Il carattere tumultuoso degli accadimentirende difficile ipotizzare sia scenari e sviluppifuturi, sia l'analisi della cosiddetta "PrimaveraAraba". L’unico aspetto, chiaramente indivi-duabile, che ha pervaso tale Regione lo si puòrilevare nel kairòs, il momento giusto, lascintilla che l’inconscio collettivo individua,più o meno inconsapevolmente, o comunquesa cogliere. Alla base del deflagrare di queste rivoluzioni visono, infatti, fattori diversi e molteplici chevariano in presenza e percentuale tra Stato eStato, tra cui, ad esempio, il deteriorarsi deiregimi, la crisi finanziaria o al contrario lacrescita economica. Unico step comune di talirivolgimenti è riscontrabile nell’uso dei canalid’informazione ed in particolare dei SocialMedia. Secondo dati statistici1 nella Regione di interesseil 5% della popolazione utilizza facebook, il20% utilizza internet, mentre la televisioneraggiunge l’80% degli abitanti, concentrandosisoprattutto nelle grandi città. In base ad os-servazioni svolte durante l’anno 2011 risulta,inoltre, che in Egitto, Tunisia e Libia, speciedurante il manifestarsi dei rovesciamenti deiregimi, il maggior numero di informazioni edimmagini è stato veicolato attraverso sms edmms.Dall’analisi sui dati anzi riportati si desumeche la tv ed i cellulari sono stati i vettoriprimari per la diffusione delle notizie ma os-servando bene i servizi riportati dei vari tele-giornali, piuttosto che programmi dedicati,

questi strumenti hanno utilizzato materialedei Social Media. La spiegazione c’è ed è il sin-tomo di un cambiamento epocale su quelloche tradizionalmente viene chiamato processorivoluzionario di o in uno Stato. L’emersione di emittenti internazionali comeAl Jazeera, Al Arabiya aveva già cambiato ilpaesaggio dei media del Medio Oriente e NordAfrica dando la possibilità di raggiungere unaconoscenza più ampia del contesto interna-zionale ed interno ma, nel 2011, Al Jazeera, ri-spetto a 8-10 anni fa, sia nei servizi che neicommenti ha adottato un atteggiamento menoremissivo nel riportare eventi, mandando inonda stralci di video girati dai manifestanti opubblicati in internet. Le popolazioni sono state massicciamente con-nesse ad Internet così come al più popolarecanale News International (arabo, francese).Insomma la forza del nuovo modo di fare eveicolare informazioni ha scardinato quellastasi sociale che i regimi militari e non, cullavanoscrupolosamente.Dopo che Mohamed Bouaziz, giovane tunisinovenditore di frutta, si diede fuoco per protestacontro la corruzione politica e della Polizia,morendo il 4 gennaio 2011, la protesta scoppiavanelle vie, per le strade ma anche in rete.Malgrado la censura del governo ed attacchiinformatici, il 14 di gennaio, finiva un potereche perdurava da più di 20 anni. In Egitto unapagina facebook invitava alla giornata diprotesta del 25 gennaio 2011, furono 80.000le sottoscrizioni. La pagina, dal titolo “siamotutti Khaled Said” (trascinato fuori da uninternet cafè e massacrato a morte dalla polizia)ottenne un milione di “mi piace”. E’ la diffusione dei “nuovi” mezzi di comunica-zione ad aver permesso la penetrazione delleinformazioni (in internet l’arabo è la settimalingua in ordine di uso) ma è innegabile che aquesto si affianca la trasmissione “antica” dellenotizie: porta a porta.

1 NATO Review. Intervista del Prof. Philip Seib, Direttore del “Center of Public Diplomacy USC”

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Al Cairo si è assisto ad urla tra i palazzi inquartieri poveri, quindi senza nemmeno tv, cheincitavano ad unirsi alla causa. Si spronava ascendere in piazza sia per il pane ma ancheper la democrazia. La riflessione è che se i mezzi più all’avanguardianon avessero dato la sensazione a queglistrilloni che le cose stavano cambiando forsenon si sarebbero mai spinti a pubblicizzare inquei quartieri la propria causa. La motivazionedi fondo che ha spinto uomini e donne a coin-volgere in tutti i modi coloro che ancora nonerano stati raggiunti dal vento primaverile èstata la sensazione di essere già in tanti alottare per il cambiamento, data proprio dainuovo canali informativi.Esiste una giustificazione psicologica nel grande

uso dei Social Media, questi infatti offrono unambiente, in questo caso, sicuro poiché nonc’è richiesta di chi tu sia per dire la tua e semolti condividono le tue idee non necessaria-mente divieni un trascinatore ma uno dei tantiche formano la massa. Con ciò è da intendere che le Rivoluzioni sto-ricamente definite come tali, di solito hannoun leader, un gruppo di individui che rappresentala causa ma qui, di fronte agli accadimentidella Primavera Araba, si è testimoni di un’altraforma di reazione. È l’”insieme” stesso che trascina dando unaforza propulsiva agli avvenimenti, questo graziela possibilità di aggregazione rapida di unnumero elevatissimo di persone prima sui sitie poi, in un secondo momento, quasi contem-

In apertura: Primavera Araba (foto SocialMediaSurfe)Sopra: Primavera araba - manifestazioni di piazza

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poraneo, in luoghi fisici prefissati proprio at-traverso un nuovo processo mediatico. Per semplificare: il fatto che le notizie sianosubito riportate, attraverso video ed immaginiche raggiungo molteplici canali, senza filtrisenza spesso commenti e la possibilità di or-ganizzarsi e di cambiare i piani istantaneamentefa sì che nella massa d’acqua si formino bollicinenello stesso istante e quindi la pentola inizia abollire, il processo è ormai innescato e la forzacinetica prodotta è inarrestabile.

In tale senso i cambiamenti in Nord Africa ri-portano con evidenza la potenza dei SocialMedia poiché anche se negati mostrano lapropria forza nel fatto che la protesta continui.Se insomma si spegne il fuoco sotto la pentolache bolle l’acqua continua a bollire. Un esempioè stato il Governo egiziano che ha bloccato lereti telefoniche ma tali tentativi trovanoriscontro anche in Cina o in Myanmar con lacensura di siti scomodi e con la chiusura di in-ternet cafè, portando come risultato ad un

Protesta per i diritti delle donne in Yemen

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inasprimento delle mani-festazioni in tutti i paesicitati. In questo particolaremomento di evoluzionedell’Africa del Nord e MedioOriente i media industriali,ossia giornali, tv e cinema(i broadcasting) sono statiscalzati ed hanno dovutochiedere aiuto ai consumergenereted media o SocialMedia per raggiungere au-dience pari, ad esempio,ad un post su un blog. Imezzi industriali non pos-sono trasformarsi, i SocialMedia mutano a ritmi ec-cezionali. In epoca “pre-media sociali” pochi pro-ducevano le informazioniche moltissimi ricevevano,e la comunicazione avve-niva sotto forma di linearetta, aveva un inizio eduna fine ed era caratteriz-zata da un movimento uni-direzionale. Ora i SocialMedia hanno aggiuntol’elemento partecipativo alflusso della comunicazione.La versione internet (SocialMedia) delle reti sociali(social network), ha dato

la possibilità di materializzare le reti stesse su“un tavolo on line” ed organizzarle in unamappa consultabile dando opportunità di crearesul nuovi contenuti ed informazioni. Inoltre,la fortuna di questi nuovi mezzi di aggregazionesociale, è stata sicuramente il basso costo,basta un collegamento e aprire una pagina sufacebook o dire la propria su twitter piuttostoche in un blog, è possibile essere visti edascoltati da molti, da tutti. Ecco perché si deveprestare interesse alla nuova dimensione del-

l’informazione, essa infatti risulta, ad oggi,strumento strategico per eccellenza riportandoil concetto al suo significato primario: stratosagos (colui che agisce). I Social Media si sono quindi creati un posto dipredominanza nella formazione e veicolazionedelle informazioni, nonché nella realizzazionedei contenuti inseriti nelle stesse, caratteriz-zandosi per 6 elementi fondanti: 1 audienceglobale; 2 costo contenuto e accessibilità; 3velocità (intesa come capacità tecnica di reagireistantaneamente ai cambiamenti, cosa che unarticolo su un giornale non può fare); 4 fruibilità(un minimo di competenze per navigare e si èliberi di apprendere infinite informazioni o diesporle); 5 la dicotomia anonimato - visibilità(se si ha la volontà di rimanere anonimi pernon incappare in ritorsioni si può. Mentre se sivuole rendere nota a tutti la propria posizionelo si può realizzare con la stessa semplicità);ed in fine, ma non in ordine di importanza, 6la capacità di generare informazione e contenutoin modo trasversale e democratico (intendendoil concetto aristotelico di democrazia -dèmos/cràtos -, ossia potere gestito dalla massa,che in questo caso gestisce e plasma informa-zione). La Primavera Araba certamente ha dato provadi come i mezzi d’informazione non tradizionaliabbiano un ruolo strategico sia per la determi-nazione di una coscienza collettiva che per larealizzazione della stessa. Su tale dato, al di làdel giudizio politico-istituzionale, si ha il doveredi riflettere cercando di analizzare ancor di piùi Social Media quale elemento chiave di letturadel proprio Paese e delle dinamiche sociali chesi sviluppano al proprio interno.Quindi questa nuova forma di aggregazionesociale risulta, dall’analisi fatta, strumento maanche fonte di quel Kairòs che sottende al mu-tamento in Africa del Nord e del Medio Orientee l’ipotesi che ciò possa riscontrasi anche inaltri paesi del mondo è da considerarsi possibilee già in parte dimostrata.

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DICA 33...UNA SANITÀ MILITARE MODERNA

DICA 33...UNA SANITÀ MILITARE MODERNA

VITO DALESSANDRO

Forze Armate e Società

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Il 28 febbraio 2012 la Regione Lazio e loStato Maggiore della Difesa hanno stipulato,presso la sede della Regione, un accordo

quadro per la cooperazione in tema di sanitàpubblica, alla presenza del Generale BiagioAbrate, Capo di Stato Maggiore della Difesa,tra la Presidente della Regione, Renata Polverini,ed il Tenente Generale Federico Marmo, CapoUfficio Generale della Sanità Militare delloStato Maggiore della Difesa.Lo squilibrio tra le risorse economiche disponibili,i bisogni sanitari e l’obbligo di vincolo deter-minato dal piano di rientro imposto dal Tesoroha determinato l’esigenza di ipotizzare un in-novativo e mi sia consentito “rivoluzionario”modo di interpretare, essere ed organizzarel’assistenza sanitaria nell’attuale contestosociale “globalizzato” in continuo fermento,evoluzione e cambiamento. Quanto sopra conil fine di continuare a perseguire la promozionedello stato di salute secondo i principi delWHO (World Health Organization) anche at-traverso il coinvolgimento attivo, informato eresponsabile dell’utenza (civile-militare).L’accordo quadro appena sancito rappresentail definitivo superamento del rigido modelloaziendalistico con un modello assistenziale diintegrazione tra A.O. – ASL – SM. Appare inperfetta sintonia con la politica sanitaria dellaRegione Lazio e con gli intenti di SMD: “uninnovativo modo di pensare alla sanità a 360°”,raggiungere l’obiettivo salute attraverso lacreazione di reti, integrazione e sinergie tra iservizi sanitari della P.A. con lo scopo di offrireall’utenza civile e/o militare una maggiore ef-ficienza e qualità dei servizi erogati. Consentiràaltresì alle Amministrazioni il miglior impiegodelle tecnologie strumentali e del patrimonioumano disponibile ad isorisorse rispondendoin tal modo alla sempre maggiore richiesta diassistenza sanitaria e ad una più efficace “cli-nical governance”.L’intesa appena siglata tra la Regione Lazio elo SMD rappresenta quindi l’idoneo strumento

attraverso il quale la Sanità Militare potrà/dovràperseguire e realizzare le incredibili potenzialitàche in esso sono presenti.I campi sui quali far convergere le iniziativecomuni sono:• l’integrazione a rete e la cooperazione tra

gli erogatori, valorizzazione della multidi-sciplinarietà, delle professionalità con garanziadi continuità assistenziale;

• la formulazione di specifici programmi voltia garantire attività assistenziali di rilevanteimportanza;

• la creazione di modelli assistenziali di inte-grazione A.O. – ASL ed infine SMD;

• la modulazione dell’offerta: ospedali acuti(civili-militari) – ASL e servizi territoriali in-termedi (civili-militari) e potenzialmentefino alla domiciliarizzazione delle cure (“care-giver”) per la capillarità delle strutture sa-nitarie sul territorio;

• le sinergie e l’integrazione in ambito Prote-zione Civile (emergenze-maxiemergenze-calamità, ecc.);

• il benchmark (valutazione dell’appropriatezza)delle risorse impiegate, delle disponibilità,del trattamento sanitario “in toto”, del ri-sultato conseguito, della percezione consa-pevole del cittadino rispetto al servizio ero-gato.

Ciò peraltro si inquadra in un contesto demo-grafico laziale che presenta alcuni aspettianche critici, quali:• l’aumento demografico di 500.000 unità

dovuto all’immigrazione che, in gran parte,fluisce nella Regione;

• l’innalzamento dell’età anagrafica;• la concentrazione in Roma e Provincia del

73% dell’intera popolazione regionale (casounico in Italia).

In considerazione di ciò è presumibile una ri-chiesta di maggiore ospedalizzazione per ilfuturo.Quindi occorre garantire rapidamente l’accessoalle strutture ospedaliere e alle aree intensive

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disponendo soprattutto di posti letto prontiper acuti. L’accordo, che ha per oggetto unaapparentemente generica collaborazione nelsettore della sanità pubblica, sembra inveceassumere il significato di un primo vero passoverso una sinergia che potrebbe prefigurareuna più spinta integrazione tra sanità civile emilitare.

Una intesa ambiziosa quindi, che va ben oltrele singole convenzioni, dettate da specificheesigenze locali, e guarda alle necessità sanitariedi tutta l’utenza del Lazio, tenendo conto delledistinte potenzialità e delle limitate risorse, daottimizzare per il conseguimento di “standards”qualitativi sempre più elevati anche in ambitomilitare e per una possibile riduzione delle

In apertura: Afghanistan - La Sanita MilitareSopra: il periodico bimestrale “Giornale di Medicina Militare”

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liste d’attesa, quanto meno in alcune aree eper alcune discipline specialistiche. Un accordoche intende altresì consentire il comune utilizzodi strutture, professionalità e mezzi della sanitàcivile e militare al fine di realizzare progetti eattività cliniche che consentano livelli di ec-cellenza per tutta l’utenza civile e militare. Obiettivo questo raggiungibile grazie anchealla presenza nel Lazio di ospedali civili di ri-levanza e di riferimento nazionale e di strutture

sanitarie militari, dotate di strumentazione dielevata tecnologia, di mezzi all’avanguardiaed in grado di fornire servizi impiegabili incaso di pubbliche calamità, come peraltro av-venuto di recente, con personale di elevataprofessionalità, maturata anche in scenariemergenziali all’estero.Una ottica perciò ben più ampia di quellapropria delle tradizionali cooperazioni tra strut-ture sanitarie civili e militari, che mira certa-

Roma - Accordo quadro per la cooperazione sulla sanita pubblica Stato Maggiore Difesa e Regione Lazio

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mente ad un rafforzamento delle stesse maanche e soprattutto ad una implementazionedi nuove, attraverso attività di coordinamentoe programmazione a medio termine che sap-piano rispondere alla duplice esigenza: eco-nomica e di efficienza.L’intesa permetterà il coordinamento, il controlloe la cooperazione tra le strutture sanitariecivili e militari, le cui potenzialità potrannoessere utilizzate ottimizzando l’efficienza diservizi, a volte non impiegati al massimo percarenza di strutture, mezzi e specialisti.L’accordo scaturisce anche dall’attuale contestoeconomico-finanziario nazionale e dall’esigenzadi contenere i costi di gestione, che unisce leesperienze cliniche in Patria con quelle propriedelle missioni militari che svolgono anchecompiti sanitari (prevenzione, ricovero, cura,ecc.) in contesti internazionali.L’intesa, della durata iniziale di cinque anni,prevede la costituzione di una CommissioneParitetica1 per la definizione dei programmi edelle iniziative nei settori della ricerca e dellaformazione ed è preposta alla verifica periodicadello stato di avanzamento dei progetti e degliobiettivi conseguiti.Viene però da chiedersi: “Ma da dove nascequesto storico accordo che potrebbe fungereperaltro da pilota per altre realtà? Perchéproprio ora?” Come in tutte le cose la genesiha origini lontane.C’erano state molte iniziative nel corso delleprecedenti legislature riguardanti la sanitànon andate a buon fine o per la fine anticipatadella legislatura o per lungaggini burocratiche.Ora, data la volitività di alcuni rappresentantidelle due Amministrazioni contraenti, si èpotuti addivenire a questo accordo che, insintesi, prevede:- una generica definizione della forma di col-

laborazione nel settore della sanità pubblica,attraverso sinergie di strutture, di personale,di mezzi e di strumenti della sanità civile edi quella militare;

- l’implementazione ed ampliamento di accordi,previa loro ricognizione2, già esistenti trastrutture sanitarie e civili della RegioneLazio, creando così un “ombrello giuridico”su di questi, lasciando così intravedere comel’accordo possa “sanzionare” e meglio definireconvenzioni e accordi già stipulati ma nonavviati, ad esempio, per problemi di ordinefinanziario;

- il rinvio alla stipula di specifici accordi traarticolazioni della Difesa e della Regione,lasciando intendere che l’accordo quadro inquestione costituisce solo l’inquadramentogiuridico-amministrativo e che gli accordi econvenzioni che saranno redatti in seguitoa cura delle rispettive articolazioni dovrannoessere approvati dalle due Amministrazioni;

- l’individuazione di nuove forme di collabo-razione (es.: progetto di ricerca e/o d’inter-vento, ecc.);

- la sottoposizione dei citati accordi e con-venzioni all’esame della Commissione Pari-tetica che ha anche compiti di coordinamentoe verifica delle attività poste in essere.

In ultimo l’accordo quadro serve anche persuperare quegli ostacoli soprattutto di ordinefinanziario (es.: rimborso delle spese sostenutedalle strutture sanitarie attraverso la fruizionedi beni e servizi da poter offrire) che fino adoggi erano ritenuti insormontabili senza l’in-tervento “sanzionatorio” della Regione. Tral’altro la citata Commissione Paritetica potràaffrontare anche altri problemi sia di ordineeconomico-finanziario (es.: rimborso direttodelle rette di degenza e delle prestazioni, ecc.)sia di carattere giuridico-amministrativo, quali

1 Composta in modo equo da rappresentanti della Regione Lazio e dello Stato Maggiore della Difesa.2 Sono già operanti convenzioni tra il Policlinico “Umberto I°” ed il Policlinico Militare “Celio” in tema di neurochirurgia,

tra ASL 1 (San Giovanni Addolorata) ed il citato Policlinico Militare, nonché tra quest’ultimo e la cardiochirurgiadell’Università “La Sapienza” di Roma, ecc..

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l’accreditamento delle strutture sanitarie, dispecifica competenza della Regione.L’elemento cardine di questo accordo è costituitoappunto dalla Commissione Paritetica chedovrà, tra l’altro: - validare le corresponsioni, purché eque, in

termini di beni e servizi tra le parti;- individuare percorsi che garantiscano al per-

sonale militare ferito/ammalato soprattuttoall’estero, la priorità dovuta per l’accessoalle strutture di eccellenza site nei nosocomiregionali;

- integrare i diversi regimi ai quali è sottopostoil personale medico di ambo le parti.

Ciò cade peraltro in un momento altamentesignificativo della sanità militare interforze inquanto l’accordo quadro in questione potrebbeessere definito come il primo atto della nuovastruttura di Vertice interforze della sanità mi-litare, connotata da una forte direzione e dauna marcata incisività, o come l’ultimo dellavecchia gestione che, al termine del propriociclo di vita, ha fatto dischiudere questa cri-salide.L’intesa, ovviamente, ha dei risvolti positiviper tutte le parti, per:- la popolazione laziale il vantaggio indotto

da questo accordo quadro risiede nell’incre-mento del numero di prestazioni e ricoveriofferti dal SSN3 con conseguente abbatti-mento delle liste d’attesa;

- la sanità militare, soprattutto in termini dirapporto costo/efficacia in quanto i ricavatipotrebbero sostenere economicamente glisforzi sinora compiuti (farmaci, materiale diconsumo, ecc.) visto il clima di ristrettezzenel quale viviamo. In particolare, attesa lasospensione del servizio obbligatorio di levaprevista dalla legge n. 331/20004, i ritornipotrebbero essere notevoli:

• economie di scala per l’acquisto di farmaci

direttamente dalle aziende farmaceutiche;• arricchimento professionale derivante dal-

l’incremento e dalla varietà dell’utenza;• miglioramenti della qualità offerta dai pron-

ti-soccorso dell’organizzazione;• inserimento in un circuito unico di prenota-

zioni di prestazioni, con connessi pagamentidi tickets, DRG, ecc.;

la sanità civile, ove si assisterebbe ad unproficuo scambio di esperienze professionali,visto che i medici militari sarebbero ancheportatori di esperienze maturate all’estero inambienti diversificati che la globalizzazionemondiale ha reso più vicini di quanto si potesseimmaginare prima, nonché costituisce stimoloper quest’ultima.Sotto questo profilo e con tali premesse, la“vision” di un accordo siglato da una Regionecosì importante – sia da un punto di vista sa-nitario che geografico e politico - e dalVertice Militare della Difesa, non può che co-stituire la giusta e valida sprone per unprogetto di sinergia su più ampia scala alivello nazionale.Certo non si può ritenere casuale che la firmadell’accordo sia giunta nel preciso momentodi riorganizzazione sanitaria regionale e diriordino della sanità militare, entrambe figliedi un più generale contesto economico-finan-ziario del Paese che chiede un rinnovamentoin tutti i settori pubblici ma che in quello sa-nitario, elemento cardine di una società mo-derna, obbliga a sinergie che utilizzino e im-pieghino al 100% tutte le risorse disponibili.Ciò non può che comportare anche il supera-mento di barriere normativo-burocratiche chea livello di convenzioni ed accordi locali hannoimpedito un completo utilizzo delle strutturesanitarie militari e delle relative prestazioni(accreditamento) ed il loro ristoro in terminieconomici (tickets, DRG, ecc).

3 Che normativamente è basato sulle Regioni e che, nel caso specifico (Regione Lazio), risulta commissariato come inaltre Regioni amministrative.

4 Ora riassettata nel D.Lgs. n. 66/2010 (“Codice dell’ordinamento militare”).

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Sta ora ai rappresentanti della Regione e delloStato Maggiore della Difesa indirizzare cor-rettamente questo strumento per consentirela concretizzazione della sinergia ipotizzata,attraverso accordi attuativi ed esecutivi tra lesingole strutture sanitarie militari e civili.E’ attraverso la nomina e l’attività della piùvolte citata Commissione Paritetica (art. 2,commi 5 e 6 dell’accordo quadro), che potrannoessere validate, sanzionate, indirizzate e co-ordinate le intese, le convenzioni, i progetti,gli studi e le ricerche che avranno comeoggetto e come finalità primaria sia la fornituraall’utenza di prestazioni professionali sanitariedi elevato standard in tempi più contenuti,attraverso strutture, strumentazioni, mezzi erisorse di personale, non più limitate nell’utilizzoe nell’impiego dai rigidi confini degli ambiticivile e militare.

Si auspica, pertanto, che con la nomina tem-pestiva dei membri della Commissione Pariteticapossa sgorgare un pullulare di idee, proposte,progetti da entrambe le parti che non solorendano operativo l’accordo siglato tra RegioneLazio e lo Stato Maggiore della Difesa, ma co-stituiscano il segno inequivocabile della ne-cessità di ampliare una tale sinergia a livellonazionale, attraverso l’intervento dei Dicastericompetenti e delle Autorità di Vertice.Non abbiamo potuto inserire, al momento, inquesto progetto, la novella Difesa Servizi Spache sulla questione avrebbe potuto avere vocein capitolo qualora nei suoi compiti statutarifosse stato annoverato anche il tema dellasanità militare. Però in futuro bisognerà tenerepresente anche questa nuova realtà che po-trebbe giocare un ruolo non trascurabile nellamateria.

Roma - firma dell’Accordo

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Storia

DALLA FINE DEL CONFLITTOIRAN-IRAQ ALL’INVASIONE

DEL KUWAITALBERTO ZANETTA

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STORIA 63

La firma, da parte di Iran e Iraq della Risoluzione598 dell’ONU, aveva sancito la fine di unalunga e sanguinosa guerra che non aveva ri-

solto alcun problema. Non vi furono, infatti, cam-biamenti territoriali, perché furono ripristinatiesattamente i confini esistenti prima dell’iniziodella guerra e non vi fu alcun trattato di pace. Insostanza, si può affermare che nessuno dei duebelligeranti era riuscito a imporre con le armi lapropria volontà e a modificare a suo vantaggio lasituazione politica e militare nella regione teatrodella guerra. Conseguentemente, alla fine, erastato ristabilito il classico status quo ante, conl’aggravante di aver provocato un milione di morti. L’Iraq aveva perso circa 400.000 vite umane e lasua economia ne era uscita devastata. SaddamHussein aveva dovuto affrontare i tremendi costiper la ricostruzione di un Paese letteralmente di-strutto da un conflitto che egli stesso aveva sca-tenato. Inoltre, l’Iraq aveva speso più di 112 miliardidi dollari per l’acquisto di materiali d’armamento,senza contare i miliardi di dollari d’introiti perdutiper l’interruzione o la riduzione delle esportazionidi petrolio. Per far fronte alla situazione l’Iraq hainnanzitutto fatto ricorso alle riserve all’estero,valutate nel 1980 a 30 miliardi, ma soprattutto aidebiti che alla fine del conflitto raggiungevanocifre astronomiche, complicatissime da calcolare.Soltanto i Paesi del CCG1 avrebbero contribuitoper quasi cento miliardi, ma l’Iraq era indebitatoanche con Paesi in grave crisi economica ecomunque non ricchi come l’India e la Jugoslavia.Le condizioni dei prestiti erano naturalmentediverse, quelle dei paesi arabi del Golfo, moltoagevolati, quelli con i Paesi occidentali e il Giappone,spesso sulla base della refusione con il petrolio.Circa le perdite iraniane, si stima che almeno300.000 soldati dell’Esercito regolare morirono,mentre non si conoscerà mai esattamente ilnumero degli adolescenti pasdaran uccisi durantegli attacchi «a ondate umane» sotto il fuoco delle

1 Consiglio di Cooperazione del Golfo, sorto nel 1981, dopo l’iniziodel conflitto, per fronteggiare la nuova situazione, soprattuttomilitare. Entrarono a farvi parte Arabia Saudita, Oman, EmiratiArabi Uniti, Qatar, Bahrain e Kuwait.

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armi irachene. Il numero complessivo di Iranianimorti potrebbe essere superiore al milione. La re-sponsabilità di tale olocausto fu attribuita albrigadier generale Shirazi, nei riguardi del qualeun odio profondo rimase nel cuore di tutti gliIraniani. In considerazione dell’estrema diffidenzaesistente tra Iran e Iraq, Baghdad riteneva fonda-mentale monitorare attentamente le spese militaridell’avversario e non ridurre le proprie, non solo invista di una possibile ripresa del conflitto, maanche di quella leadership cui aspirava e che ri-chiedeva non poche spese per mantenere l’immaginedel regime. Tipico sotto questo aspetto, l’annuale convegnodi poesia araba che il governo aveva tenacementevoluto mantenere durante le ostilità e che nel-l’autunno dell’88 si trasformò in una celebrazionedella “vittoria”. Il siriano Nizarr Qabbani, uno deimaggiori poeti arabi, recitò in apertura un lungocomponimento che dichiarava Baghdad l’erededelle glorie arabe e terminava con la significativaaffermazione “come abbiamo vinto i persiani, di-struggeremo i figli della Torah”, un’imprudenza

che il regime esaltò e doveva pesare negli annisuccessivi. In questo clima furono eretti costosimonumenti alla vittoria e a Saddam Hussein, de-cretati vistosi stanziamenti per congressi di ognigenere che forse sarebbe stato meglio dirottarealtrove, ma esaltati dalla martellante stampa diregime, assurgevano a simbolo del nuovo Iraq chedoveva riscattare le umiliazioni di tutti gli arabi.Ma la realtà era ben diversa. Nel Nord rimanevainsoluto e militarmente molto oneroso il problemadei curdi, dei quali durante la guerra si erano oc-cupati i turchi e ora incoraggiati da Teheran perl’ala fondamentalista e da Damasco per quellanazionalista mantenevano impegnato l’esercito.A Sud e nelle città sante sciite, agivano i movimentiintegralisti, ispirati dall’Iran dove continuava aoperare il “consiglio della rivoluzione islamica inIraq”2. Curdi e sciiti temevano, non a tortoconsiderati i precedenti, che la vittoria di SaddamHussein, avrebbe rafforzato il Baath nella suadoppia matrice panaraba, anticurda, e “laica”, an-tisciita e antintegralista. Questo spiega le misuredel governo per migliorare la compromessa im-

In apertura: Riunione del Consiglio di Siucurezza dell'ONU - UN Photo - Paulo FilgueirasSopra: Vista panoramica di Kuwait City

2 L’organizzazione di Muhammed Baqir al-Hakim riaprì la sede di damasco nell’ottobre del 1988.

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STORIA 65

magine del regime di fronte al dilagante fonda-mentalismo e al nazionalismo curdo. Nel gennaiodel 1989 fu adottato un programma di sostegnoalla religione. Venne annunciata l’istituzione diun’università islamica e si parlò del restauro deimonumenti sciiti. Nello stesso mese a Baghdad siriuniscono 300 ulema per discutere il tema “L’Islame la pace” con lo scopo di diradare l’immaginedelle parate militari, ma anche di combattere le“deviazioni” di Khomeini. Da tempo, infatti, era inatto, non solo in Iraq, la polemica sull’autenticaidentità dell’Islam e Baghdad alleata di Riyàd nonpoteva mancare.Quanto ai curdi, vennero ripetutamente annunciateamnistie, soprattutto, il governo annunciò concretemisure per la libertà di stampa e il pluralismopolitico. L’iniziativa mirava anche a contrastarel’opposizione all’estero, ma anche a tenere unitoun paese disarticolato dalla guerra. Inoltre, ilregime tendeva a mantenere buoni rapporti conl’Occidente per far dimenticare, specialmente, allaFrancia l’eccidio dei curdi e dimostrare l’incontro-vertibile marcia verso la democrazia e quindi oc-cidentalizzazione. A sua volta le misure bene siinquadravano negli avvenimenti dell’Est e nelvasto processo in corso in alcuni paesi arabi,come l’Algeria, la Giordania e lo Yemen. L’Iraqinoltre aderì all’ArabOrganization of Human Rightcon sede al Cairo, firmando anche gli artt. 22 e 25della Convenzione Internazionale sui diritti civili epolitici. Il governo dopo aver annunciato la priva-tizzazione delle imprese e conseguentemente laliberalizzazione dei prezzi, sembrò facilitarne l’ese-cuzione. Vennero tra l’altro adottate misure perincoraggiare gli investimenti arabi e si parlòpersino di aprire le porte al turismo, una fonte diguadagno a lungo negletta nonostante le bellezzenaturali e la ricchezza archeologica del paese.Ma gli investitori arabi non sembrarono aderireall’appello, specialmente, quelli del Golfo, ai qualiin nome dell’unità araba era rivolto, ma che pre-

ferirono continuare i loro investimenti nei piùsicuri mercati occidentali. Quanto alla liberaliz-zazione dei prezzi, come altrove, essa portò a untale disordine da suscitare vaste polemiche emisure restrittive, ufficialmente contro la corruzione.Ma queste misure, espressione di una genuinavolontà democratica, contrastavano con una realtàeconomica e sociale estremamente difficile. L’in-debitamento con l’estero aveva da tempo superatoil livello di guardia e tanto i paesi arabi del Golfoquanto l’Occidente erano restii a concedere nuoviprestiti. Problemi furono creati anche dalla smo-bilitazione dell’esercito. Nell’autunno del 1988furono smobilitati i 650.000 uomini “dell‘esercitopopolare”. La prima armata fu smobilitata nelgiugno 1989 e all’inizio del 1990 vennero congedatialtri 200.000 soldati, completando un preoccupantequadro di disoccupati e sbandati. Il problema fuaggravato dal folto gruppo di egiziani3 e yemeniti,trasferitisi in Iraq per lavoro, una parte dei quali siarruolò nell’esercito. Minori i danni alle infrastruttureindustriali, troppo deboli, però, per riassorbire ladisoccupazione. Tra l’altro, l’Iraq fu costretto a ri-nunciare a molti progetti che avrebbero potutoattenuare il problema. La sola industria privilegiatafu quella militare, ma essa fu affidata a personalespecializzato e in parte straniero. Ai primi difebbraio, osannato dalla stampa, venne riaperto ilporto di Bassora, alla cui ricostruzione era statochiamato anche l’esercito. L’impresa ebbe grandiripercussioni e l’Arabia Saudita donò una cospicuasomma in dollari4. Più avanti fu aperto il porto diAl-Fao, distrutto all’inizio della guerra e simbolodella vittoria, dopo la riconquista nell’aprile dell’88da parte della “guardia repubblicana”.Ma questi ricordi in un paese dove una famigliasu due aveva avuto un morto o ferito non eranotali da entusiasmare la “maggioranza silenziosa”che espresse il suo disagio nelle elezioni dell’aprile1989 per il Consiglio Nazionale, il parlamento,costituito da 250 membri. Malgrado l’immagine

3 Il numero degli egiziani in Iraq è stato valutato da 500 mila a un milione. Gruppi di egiziani, sudanesi e yemeniti si arruolarono volontarie alcuni furono decorati.

4 Nella risposta di re Fahd alla lettera aperta di Saddam Hussein del gennaio 1991, il sovrano saudita sostenne che l’unico “regalo” fu con-cesso per la ricostruzione di Bassora. Nell’intervista con l’ambasciatrice Glapsie, Saddam Hussein dichiarò che l’Arabia Saudita era l’unicodei paesi del Golfo ad aver cancellato i debiti.

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che il regime cercava dare di sé, soltanto 100furono gli eletti del partito, gli altri 150 eranocandidati indipendenti o rappresentanti di asso-ciazioni professionali. Tra gli esclusi non mancaronopersonalità di rilievo. Probabilmente per questomotivo le misure annunciate sul pluralismo furonoritardate. A questo preoccupante quadro interno,fecero riscontro in politica estera iniziative chevollero proiettare l’Iraq al primo posto tra i paesiarabi. Baghdad, in particolare, aspirava a raggiungerela parità strategica con Israele, come risultò dallasfilata militare (la prima dal 1979) tenuta il 16gennaio 1990, in cui fu tra l’altro esibito unmissile in grado di lanciare in orbita un satellite.Tale aspirazione ha avuto, come conseguenza, ilriarmo di paesi notoriamente contrari a svilupparele forze armate. Fu il caso dell’Arabia Saudita che,di fronte all’ostruzionismo del Senato USA, siorientò verso la Gran Bretagna e la Francia. Conquest’ultima, nel gennaio 1984, Riyàd concluseun accordo per 4,7 miliardi di dollari che prevedevala fornitura di armi antiaeree, il che stimolò l’am-ministrazione Reagan a fornire subito 400 Stinger,missili terra-aria. La minaccia era l’aviazioneiraniana che, sebbene in decadenza dopo averdominato i cieli nelle prime settimane di guerra,era pur sempre un’arma temibile. Più difficile peri paesi arabi del Golfo era creare un’adeguataaviazione. Come è noto essa richiede pilotialtamente specializzati e anni di addestramento.Ciononostante, dopo alterne vicende giunsero inArabia Saudita e nell’Oman un certo numero diTornado e vari armamenti americani.Quanto al Kuwait, il paese più vicino all’Iran, esso,di fronte all’ostruzionismo USA, si armò in UnioneSovietica. Significativo fu in proposito l’accordodel 9 luglio 1988, poco prima che l’Iran accettassedefinitivamente il “cessate il fuoco”. L’accordoprevedeva forniture per 300 milioni di dollari, mail periodo in cui fu concluso fa pensare che ilKuwait pensasse più all’Iraq che all’Iran. Inoltre ilKuwait acquistò autoblindo Fahd di produzioneegiziana e armi iugoslave, ma il grosso delleforniture erano sovietiche e americane.

Impenetrabile rimase l’incognita libica, a parte lacostituzione di una buona aviazione con aerei,francesi e sovietici, mentre dopo i ripetuti viaggidei responsabili di Damasco a Mosca, anchedurante il recente conflitto, l’URSS assicurò allaSiria la fornitura delle armi per raggiungere laparità strategica con Israele, limitatamente allearmi convenzionali.L’Arabia Saudita elaborò il progetto Yamàma, unsistema di sicurezza affidato prevalentementeagli inglesi, ma Riyàd sull’esempio dell’Egitto,dell’Iraq e dell’Iran pensò all’industria militare peremanciparsi dalle forniture con l’estero, dopo ledifficoltà frapposte dal Congresso USA. E’ necessariosottolineare che gli alti e bassi del petroliocostrinsero talvolta i paesi produttori a cercarefonti di guadagno alternative e purtroppo sembrache quello delle armi sia stato un buon affare.L’Iran necessariamente non poteva rimanerepassivo di fronte agli armamenti iracheni. Nelgiugno del 1989 Teheran concluse un accordocon l’URSS per la fornitura di carri T-72 e MIG 29,arrivati nel 1990, ma anche l’Iran già allorapensava alla fabbricazione di missili. Se si ricordache il Medio Oriente possiede oltre la metà delleriserve mondiali di petrolio, questa corsa agli ar-mamenti equivaleva a una polveriera. Quella stra-tegia che nelle intenzioni dei mercanti d’armi erasoltanto un affare e per i politici un mezzo percontrollare gli armamenti, dal momento che ipezzi di ricambio dovevano essere importati dalpaese fornitore, poteva trasformarsi in una cata-strofe. In questa situazione va collocata la vastaeco che ebbe nei media la questione del super-cannone, scoppiata nell’aprile del 1990 e legataal progetto Babylon. L’arma era meno micidiale diquelle che abbiamo ricordato, la lunghezza di benquaranta metri lo rendeva facilmente attaccabile,ma evidentemente fornì l’appiglio per denunciaregli armamenti di Baghdad e se vogliamo prepararel’opinione pubblica a un eventuale attacco.Il supercannone è legato al nome del ricordatoGerard Bull che collaborò anche ai programmimissilistici e spaziali ed era in contatto con im-

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Baghdad: Swords of Victory

portanti enti e industrie militari internazionali. Ilprogetto fu definitivamente approvato nel marzodel 1988 e prevedeva in realtà due tipi di cannone,il Magnùn e il Fao. Da notare che le denominazioniricalcavano quelle di due località perse e poi ri-conquistate durante il conflitto. Altra “colpa” deldittatore iracheno, imputatagli dall’Occidente eda Israele, fu quella di aver rilanciato il processodi unità araba. Con una politica moderata, l’Iraqera riuscito, assieme all’assidua azione di Arafàt,a normalizzare i rapporti tra i paesi arabi e l’Egitto,contro i quali fino all’ultimo lottò soltanto laSiria. Certamente con gli auspici di SaddamHussein, Giordania e Libia avevano riallacciato lerelazioni diplomatiche nell’aprile del 1990. L’Iraqcercò inoltre di assicurarsi l’appoggio dei paesiarabi. Al vertice straordinario di Baghdad convocato,dopo un’intensa azione diplomatica, tra la fine diaprile e i primi di maggio, Saddam Hussein nelcomunicato congiunto riuscì ad ottenere l’appoggiounanime sul diritto dell’Iraq al progresso tecnologico,assieme alla condanna della campagna antirachenapromossa in Occidente5.

Sia nel discorso del 1 aprile che al vertice diBaghdad Saddam Hussein insistette sulla necessitàdella distruzione di tutte le armi di distruzione dimassa dalla regione, comprese quindi anche quelleisraeliane, posizione che fu ripetuta anche dalpresidente egiziano Mubàrak.Questa difesa del patrimonio tecnologico acquisitocomportava una messa a punto delle relazionicon l’Iran. I progressi dei negoziati erano statiestremamente deboli. Alla vigilia della crisi i duepaesi non avevano neppure concordato lo scambiocompleto dei prigionieri. Lo stallo in cui eranogiunti i negoziati minacciava di trasformarsi in unaltro fronte, non tanto perché l’Iran voleva riaprirele ostilità, quanto per l’azione corrosiva dell’op-posizione sciita irachena dell’ayatollah Bàqir al-Hakìm. D’altra parte gli iracheni non erano neppurerientrati nei confini. Tra maggio e giugno si ebbenotizia di aperture irachene verso Teheran. A metàmaggio Saddam Hussein avrebbe inviato unalettera personale a Rafsangiani, proponendo ilprosieguo dei negoziati in uno stato neutrale,evitando così le Nazioni Unite.

5 Il summit fu convocato su iniziativa dell’OLP per studiare il problema della emigrazione degli ebrei dall’URSS. Nel comunicato è statasottolineata la necessità del dialogo con la CEE, sono stati condannati i mezzi di distruzione di massa, ivi compresi quelli israeliani. Danotare che il summit ha fatto propria la risoluzione del Comitato per Gerusalemme dell’Organizzazione della Conferenza islamica, cheriunisce 43 paesi, sull’opportunità di convocare una conferenza tra cristiani e musulmani, onde proteggere i Luoghi Santi, proposta cheha suscitato reazioni negative, sia pure non ufficiali, negli Stati Uniti.

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Non si conoscono le reazioni ufficiali, ma un edi-toriale del Teheran Times ricordò che la posizioneiraniana non era cambiata, cioè i negoziati potevanoproseguire soltanto sulla base degli accordi diAlgeri del 1975, ma fonti ufficiose del Ministerodegli Esteri dichiararono che in caso di guerra conIsraele l’Iran sarebbe stato a fianco dell’Iraq. ARoma il Ministro degli Esteri Tareq ‘Aziz incontròPerez de Cuellar e alla fine di giugno si parlò dellaripresa dei negoziati. Teheran fu però critica sulvertice di Baghdad che nella questione dei confinisi era espresso a favore dell’Iraq. Tuttavia, ai primidi giugno Rafsangiani si dichiarò disponibile a in-contrare Saddam Hussein e l’Iraq inviò soccorsi aiterremotati iraniani.Al relativo avvicinamento con l’Iran, corrispose ilgraduale peggioramento delle relazioni con i paesiarabi del Golfo. Il contenzioso qui era sostanzial-mente i natura economica. Durante la guerra conl’Iran questi paesi avevano dato il contributomaggiore a sostegno dell’economia irachena. L’Iraqa sua volta, dal punto di vista di Baghdad, avevaprovveduto alla loro difesa. Da qui la richiesta diannullare il pesante debito contratto.I debiti erano una spina nell’economia irachenapost-bellica. Al vertice di Amman nel febbraio del

1990, Saddam Hussein chiese a re Husain e aMubàrak di mediare per la loro cancellazione.Sembra che soltanto l’Arabia Saudita fosse inten-zionata a cancellare la sua parte, almeno primadel 2 agosto. Ma nel gennaio del 1991 re Fahd re-spinse la richiesta. Un’economia che si reggevasoprattutto sulle entrate del petrolio, come quellairachena, poteva riaversi soltanto con un adeguatorialzo dei prezzi, in altre parole mantenere bassala produzione e adeguarsi alle quote stabilitenelle riunioni dell’OPEC che il Kuwait e gli EmiratiArabi Uniti avevano a più riprese superato, con-tribuendo a mantenere bassi i prezzi che in certicasi erano scesi a 8 dollari al barile.Il problema era stato sollevato dallo stesso Saddamal vertice di Baghdad, ma fu articolato in tutte lesue dimensioni nella lettera che il Ministro degliEsteri Tàriq ‘Aziz inviò il 15 luglio al Segretariodella Lega Araba Klibi. Nel memorandum i duepaesi erano accusati di sovra-produzione. Neiconfronti del Kuwait l’Iraq richiese la cancellazionedel debito, accusando l’emirato di aver estrattopetrolio dal giacimento di Rumaila, a cavallo tra iconfini dei due paesi. Il Kuwait, perciò, avrebbedovuto restituire all’Iraq 2,4 miliardi di dollari,l’equivalente del petrolio sottratto. ‘Aziz chiese

Tehran (Iran) Azadi Monument (built 1971)

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inoltre un “piano Marshall” dei paesi arabi per ri-sanare l’economia irachena, non sollevò le “riven-dicazioni storiche” sull’emirato, ma si lamentòche i confini tra i due paesi non fossero ancoradefiniti. Inoltre, l’emirato fu accusato di convivenzacon le potenze straniere. Il Kuwait respinse tuttele accuse, ma il fatto che avesse superato laquota di produzione prevista, sembrò confermatodalle accuse anche di altri paesi dell’OPEC. Dellaquestione del pozzo di Rumaila, si sa soltanto chel’80% è in territorio iracheno. Quanto ai prestitiche dovevano essere cancellati, lo stesso ‘Aziz,non diede una cifra esatta.A luglio l’Iraq cominciò ad ammassare truppe allafrontiera con il Kuwait. Era un’ulteriore pressioneche mise in moto la diplomazia araba in particolarel’Egitto e l’Arabia Saudita. Il 24 luglio SaddamHussein incontrò Mubàrak che si adoperò per unamediazione, assieme a re Fahd. Da questi contattiscaturì l’incontro di Gedda.Ma l’incontro forse più importante fu quello conl’ambasciatrice americana April Glaspie, convocatail 25 luglio da Saddam Hussein, incontro che, a

guerra finita, sollevò un dibattitonegli Stati Uniti, poiché l’ambasciatricenon avrebbe opposto la ferma oppo-sizione del suo paese ai disegni ira-cheni. In sostanza il presidente ira-cheno, oltre alle accuse precedenti,rincarate dalla campagna stampa inatto negli Stati Uniti contro l’Iraq,dichiarò che il Kuwait aveva spostatoi pali di confine stabiliti dalla LegaAraba, dopo la crisi del 1961 e dopoaver illustrato le disastrose condizionidell’economia irachena, auspicò chela crisi potesse trovare una soluzionepacifica, grazie alle mediazioni incorso, ma alluse chiaramente che al-trimenti l’Iraq sarebbe stato costrettoa trovare altra soluzione e questa

con le divisioni ammassate al confine non potevache essere militare.L’ambasciatrice invitò il presidente iracheno anon confondere la campagna stampa con ilgoverno americano, auspicando il miglioramentodelle relazioni tra i due paesi, dichiarò inoltre chegli Stati Uniti non avevano alcun idea sul conten-zioso tra Iraq e Kuwait, ma sottolineò che una so-luzione militare era “inaccettabile”6. In definitivagli Stati Uniti si dichiaravano non vincolati daalcun trattato per intervenire nella questione, adifferenza della Gran Bretagna nel 1961.Tra il 31 luglio e il 1 agosto si svolsero gli incontridi Gedda. Ma non fu il vertice previsto perchél’emiro Giàbir si fece rappresentare dal Primo Mi-nistro e Principe Ereditario Sa’d e Saddam Husseinda ‘Izzat Ibràhim, numero due del regime. Dell’in-contro abbiamo varie versioni, talvolta fantasiose.Quello che conta è che la riunione, nonostante labuona volontà di re Fahd, non approdò a nulla e il1°agosto le divisioni irachene si avvicinarono a ri-dosso del confine kuwaitiano. Era l’inizio della“Guerra del Golfo”.

6 Il Washington Post dell’1.10.90 scrive che il governo avrebbe inviato una circolare alle ambasciate USA interessate. Su queste basi laGlapsie avrebbe affrontato Saddam Hussein, né avrebbe ricevuto altre istruzioni. Soltanto dopo l’ incontro, Bush, probabilmente, su suarichiesta avrebbe fornito altre istruzioni, sembra non molto diverse dalle precedenti (Washington Post, 20.10.90), il che sembra avvallareche la moderazione di cui diede prova nell’incontro era suggerita dall’alto.

Mappa topografica dell'Iran - wikipedia

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ventiEMESSAGGIO DEL MINISTRO DELLA DIFESA, GIAMPAOLO DI PAOLA,

IN OCCASIONE DEL 66° ANNIVERSARIO DELLA FESTA NAZIONALE DELLA REPUBBLICA

Roma, 2 giugno 2012

Soldati, Marinai, Avieri, Carabinieri, Personale civile della Difesa,la Celebrazione della Repubblica rappresenta, con il Tricolore, uno dei simboli più alti e nobili del Paese.Una ricorrenza di cui è protagonista il popolo, il nostro popolo che, in questo momento, si riconoscenelle comunità colpite dal sisma in Emilia e altrove. E’ intorno a loro che la Famiglia della Difesa sistringe in un abbraccio forte e caloroso. A loro va quest’oggi la solidarietà dello Stato, valore su cui sifonda una Nazione davvero coesa. Questa tragedia, infatti, non tocca solo una parte di Italiani, ma tutti.A Voi, Donne e Uomini delle Forze Armate impegnati in questi giorni nell’assistenza a questa gente

colpita ma coraggiosa, rivolgo l’apprezzamento delGoverno e mio personale. Il conforto, materiale espirituale, che Voi offrite a chi sta soffrendo la per-dita dei propri cari, delle proprie cose e delle cer-tezze, è la migliore risposta possibile cheun’istituzione come la nostra può dare in momenticosì difficili.Lo spirito che anima l’impegno di quanti, con osenza stellette, stanno operando insieme nellezone devastate per aiutare le popolazioni colpitedal sisma, ci consente di guardare con fiducia, no-nostante tutto, al futuro. Soldati, Marinai, Avieri, Carabinieri, Personale civiledella Difesa,il 2 giugno del 1946, sessantasei anni fa, gli Italianisceglievano la Repubblica. Nasceva un Paesenuovo, democratico, animato da una forte volontàdi cambiamento in ossequio ai valori di libertà,uguaglianza, giustizia sociale e solidarietà, suiquali si sarebbe fondata, un anno e mezzo dopo,la nostra Carta Costituzionale. Valori antichi, eredità di una storia nazionale glo-

riosa e tragica allo stesso tempo, testimonianza della determinazione di un popolo che ha saputo su-perare i momenti più drammatici per affermare la volontà di essere Repubblica, unica ed indivisibile.Una storia della quale le Forze Armate sono state protagoniste, erigendosi a presidio e garanzia del-l’indipendenza e della sicurezza del nostro Paese, spesso al prezzo dell’estremo sacrificio.Valori che Voi mantenete vivi quotidianamente intervenendo, senza riserve e con riconosciuta efficienza,laddove la Vostra presenza è di aiuto, in Patria come nelle missioni per la pace, il mantenimento dellasicurezza e della stabilità internazionale. Sentitevi, quindi, orgogliosi di appartenere alla Difesa, simbolo di unità nazionale a salvaguardia delleIstituzioni repubblicane. L’Italia sa di poter contare sempre sul Vostro incondizionato e generoso im-pegno e per questo Vi apprezza ed è fiera di Voi.Viva le Forze Armate!Viva la Repubblica!Viva l’Italia!

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inestra sul mondoF

Il 15 giugno il Consiglio Supremo delle Forze Armate Egi-ziane (SCAF) ha formalmente dissolto il Parlamento, giu-stificando la decisione con la valutazione dianticostituzionalità della legge con cui era stato eletto loscorso novembre.Il Consiglio di Stato, infatti, aveva segnalato come la leggeelettorale, più volte emendata nel corso dell’anno da partedello SCAF, avesse di fatto fortemente penalizzato la can-didatura degli indipendenti rispetto a quelli delle liste dipartito, chiedendo la revoca del voto dello scorso ottobre.Il 15 giugno, quindi, un imponente schieramento di forzemilitari ha circondato il Parlamento, impedendo ai parla-mentari di accedere all’interno e disperdendo la folla dimanifestanti che nel frattempo si era riversata nellestrade per protestare.Il Segretario della Difesa degli Stati Uniti, Leon Panetta,ha chiamato telefonicamente il Generale Mohamed Hus-sein Tantawi, a capo dello SCAF, esprimendo la preoccu-pazione del governo americano per l’evolvere dellasituazione in Egitto, invitandolo ad individuare una solu-zione per favorire la transizione politica dopo il travagliatocrollo del regime di Hosni Mubarak.Panetta ha invitato le autorità militari egiziane ad orga-nizzare nei tempi più brevi possibili una nuova tornataelettorale per l’elezione della camera basa egiziana, sot-tolineandone l’importanza ai fini del mantenimento dellastabilità politica e sociale. Esigenza riconosciuta da Tan-

tawi, insieme all’impegno per il trasferimento del potereentro il 1 luglio dalle forze militari a quelle civili democra-ticamente elette.Hanno vivamente protestato contro la dissoluzione delParlamento, definendo la manovra senza mezzi terminicome un “golpe bianco”, sia l’organizzazione laica delMovimento 6 aprile - che fu tra i principali artefici dellarivolta di piazza Tahrir – sia quella islamista del partito Li-bertà e Giustizia, direttamente riconducibile alla fratel-lanza musulmana. Entrambe rivendicano la validità delleelezioni che hanno insediato la camera bassa, invitandogli egiziani a riconoscere il diritto dei parlamentari di eser-citare il proprio ruolo.La protesta, tuttavia, è anche stata innescata da alcunialtri emendamenti costituzionali, adottati surrettiziamentedallo SCAF e volti a limitare enormemente i poteri del fu-turo presidente della Repubblica egiziana. Questi emen-damenti, che di fatto reintroducono una sorta di leggemarziale, assegnano allo SCAF il potere legislativo, il con-trollo sulle leggi di bilancio, la difesa, la sicurezza internae il potere di veto sulla nuova costituzione.L’emendamento costituzionale adottato dallo SCAF hacertamente scarse possibilità di essere accettato dall’opi-nione pubblica egiziana, che ha apertamente accusato ilvertice militare nazionale di aver orchestrato la manovranel momento in cui era apparso chiaramente il predomi-nio delle forze islamiste su quelle laiche, nel tentativo in

NICOLA PEDDEEgitto nel caos

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extremis di mantenere un potere che il popolo egizianonon sembra più disposto a voler negoziare con i militari.Se lo SCAF non dovesse dimostrare flessibilità e dispo-nibilità al dialogo sulla questione degli emendamenti co-stituzionali, quindi, non è escluso che la violenza possanuovamente esplodere nelle piazze egiziane, con conse-guenze questa volta imprevedibili ma certamente nefasteper l’interesse generale della nazione.Sabato 16 e domenica 17 giugno si è invece regolar-mente tenuto il ballottaggio per le elezioni presidenziali,in tredicimila seggi nelle 27 province del paese. Affluenzaaltalenante nei due giorni di voto, con picchi superiori alprimo turno nella prima giornata, e crollo nella seconda.Entrambi i candidati hanno a più riprese annunciato lavittoria sul proprio avversario, ma la fase finale dello spo-glio ha alla fine confermato il vantaggio di MohammadMursi, il candidato della Fratellanza Musulmana.Con 13.238.298 contro 12.351.184, Mursi ha vinto conil 52% delle preferenze, dimostrando tuttavia una spac-catura netta e pressoché paritaria dell’elettorato egiziano.Circostanza che impone una seria e precisa riflessioneper i vertici della Fratellanza Musulmana, che dovrannotener conto del dato emerso dalle urne nel momento incui saranno chiamati a guidare il paese, come inevitabil-mente sarà.L’applicazione di una troppo stringente od ortodossa le-gislazione islamica, infatti, non potrà che generare mal-contento e proteste in seno alla non certo trascurabilecomponente laica – o comunque non osservante – ecopta della società egiziana, imponendo l’adozione di unastrategia politica pragmatica e moderata sin dall’inizio.Il risultato elettorale è stato comunicato con ampio ritardo,il 24 giugno, successivamente alla lunga e laboriosa fasedi spoglio. A questa, peraltro, si è aggiunta la verifica deinumerosi casi di brogli segnalati dalla popolazione alleforze di polizia, che la Commissione dovrà valutare sin-golarmente per appurare se, e di quale entità, si possaparlare di un condizionamento del voto degli egiziani.Un processo di verifica volutamente amplificato in terminidi tempo, in modo da favorire il negoziato tra le varieforze in campo, e individuare quindi meccanismi di coe-sistenza, nel prossimo futuro, meno traumatici rispetto aquelli di questa complessa fase di transizione.L’oggetto del contendere è, e resta, quello delle primefasi della rivoluzione. Si tratta di garantire alle forze ar-mate egiziane una transizione che non intacchi il loro im-menso apparato industriale ed economico, né il ruolo chequeste hanno da sempre svolto nel sistema politico lo-cale. Prerogative, tuttavia, ritenute esageratamente one-rose da parte delle forze islamiche e laico-liberali, cheauspicano al contrario un forte e definitivo ridimensiona-mento del ruolo dei militari e del loro pervasivo sistemadi comando.

La Fratellanza Musulmana, pur nell’iniziale incertezza delrisultato elettorale, si è affrettata a comunicare allastampa l’intenzione di comporre un governo – in caso dieffettiva vittoria – rappresentativo dell’intero spettro po-litico e religioso egiziano, includendo rappresentanti dellacomunità copta, dei salafiti e dei gruppi nasseriani emersiprepotentemente alla ribalta in occasione del primo turnodelle elezioni presidenziali.L’occasione degli incontri con la stampa è stata utileanche per inviare segnali ad Israele, che, sebbene non di-rettamente menzionata, è stata di fatto assicurata circale intenzioni dell’Egitto di tener fede agli accordi interna-zionali nell’interesse della sicurezza e della stabilità re-gionale.Un comunicato che non ha convinto pienamente i verticipolitici di Tel Aviv, che al contrario accusano da mesil’Egitto di aver volontariamente diminuito l’efficacia dellasua maglia di sicurezza nel Sinai, favorendo l’ingresso inIsraele di guerriglieri e terroristi provenienti dal nord Africa.In quest’ottica, secondo Tel Aviv, andrebbe letto anche l’ul-timo fatto di sangue lungo il confine, il 18 giugno, quandoun civile israeliano è morto durante un conflitto a fuocoinnescatosi durante un tentativo di infiltrazione dall’Egittodi un individuo, sulla cui sorte non si hanno notizie.Sono invece ulteriormente peggiorate le condizioni di sa-lute dell’ex presidente Hosni Mubarak, che sarebbeadesso alimentato artificialmente e, a detta di alcuni me-dici, ormai clinicamente morto.L’ex rais non sembra aver reagito positivamente alla far-macoterapia somministrata in conseguenza dell’ultimaischemia cerebrale, peggiorando progressivamente finoalla totale perdita di conoscenza poco prima delle elezionipresidenziali.Sono invece scettici sullo stato di salute dell’ex rais moltiesponenti della Fratellanza Musulmana, secondo i qualiMubarak sarebbe in condizioni di saluti non gravi, pres-sochè libero all’interno di un ospedale militare dove sa-rebbe riverito da personale ancor oggi fedele all’expresidente della Repubblica. In modo particolare, denun-ciano gli islamisti, Mubarak sarebbe costantemente as-sistito dalla moglie e visitato quotidianamente dai figli, inattesa di giudizio. Uno status, quindi, del tutto diverso ri-spetto a quello comminato dal tribunale che lo ha con-dannato all’ergastolo, e che garantirebbe all’ex raisampia libertà e discrezionalità nei movimenti e nella ge-stione delle visite.Una situazione generale, quella egiziana, ancora quindialtamente instabile e potenzialmente foriera di muta-menti anche drammatici. L’elemento di maggiore preoc-cupazione è certamente oggi quello dell’emendamentocostituzionale operato dallo SCAF, che rischia di infiam-mare gli animi della tumultuosa piazza egiziana, even-tualmente riportando nel caos l’intero paese.

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sservatorio StrategicoO

E’ trascorso oramai un anno da quando il Sud Africa è entrato nel clubdelle potenze cosiddette “emergenti”. Fu infatti al summit di Sanya,in Cina, che il Paese più australe dell’Africa si affiancò a Brasile, Rus-sia, India e Cina, tanto che oramai è comune l’uso dell’acronimo BRICSper indicare questi 5 stati; anche come evoluzione del preesistenteBRIC, coniato nel 2001 da un funzionario della Goldman Sachs. Il rag-gruppamento dei 4 Paesi, nato nel 2006, a New York a margine del-l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ora allargato al Sud Africa,tiene periodici vertici a livello di Capi di Stato e di Governo nell’intentodi coordinare politiche comuni. I BRICS oggi pesano per il 43% nellademografia del Pianeta, con un PIL complessivo di circa il 19% deltotale mondiale. Peraltro, è certo che tra meno di vent’anni il loro PILtotale potrà raggiungere, e forse superare, il 40% del totale mondiale.Al riguardo, il dibattito scientifico ed accademico si è incentrato sullapossibilità, sui modi e sui tempi con cui il peso economico dei BRICSpossa tradursi in concreta ed organizzata influenza politica e strate-gica. Anche in relazione a quella che oramai pare essere, a detta dellamaggioranza degli studiosi, la progressiva perdita del ruolo di leader-ship della governance mondiale finora detenuta dall’Occidente. E’certo nelle intenzioni di questi 5 nuovi forti attori assumere un ruolomaggiormente proattivo sulla scena mondiale; comunque, il solo fattoche essi tentino di coordinare talune loro politiche non apre automa-ticamente la possibilità di realizzare tra loro una alleanza od anche didotarsi di una struttura stabile e con concreto peso strategico. I datiche caratterizzano i BRICS, in termini di peso economico, demografico,territoriale e, fra non molto, anche militare, ne fanno dei nuovi auto-revoli protagonisti del mondo globalizzato, ma le affinità riscontrate,ed una certa comunanza di interessi, non paiono poter costituire ilnocciolo intorno a cui aggregare tali Paesi, trasformando l’attuale forodi discussione, che prevede incontri a cadenza annuale, in una veraalleanza capace di influire sulle cose del Mondo con il loro peso com-plessivo. E’ parimenti vero che non sono noti precedenti storici di unaalleanza costruita intorno ad una comune capacità economica. Le al-leanze politiche, come quelle militari, si sono sempre architettate in-torno ad interessi comuni, indipendenti dai tassi di crescita o dal solopotenziale economico. Come è vero che, pur in presenza di conver-genze ed interessi comuni, sono poi troppo differenziate le posizionie le caratteristiche dei Paesi coinvolti per poter individuare elementistrategici effettivamente aggreganti. Tutti i 5 Paesi hanno ambizionea diventare potenze regionali e, siccome ben 3 di essi (Cina, Russiaed India) condividono la stessa area del globo, è presumibile che gliobiettivi e gli interessi che li dividono siano maggiori di quelli che liuniscono. Le ambizioni egemoniche di questi 3 giganti rischiano, so-prattutto in futuro, di collidere, rendendo evanescenti eventuali atticoncertati in precedenza. India e Cina, che per il proprio crescentesviluppo necessitano di sempre maggiori risorse naturali, già si con-frontano in quelle aree dove maggiori sono le disponibilità di prodotti

naturali (Africa, soprattutto). Questi due colossi, poi, si confrontano perla supremazia delle linee di comunicazione che attraversano l’OceanoIndiano, rinforzando, a tal fine, i propri apparati militari aeronavali. Alriguardo, pare evidente che l’allargamento al Sud Africa sia propriodovuto alla necessità di sfruttare la leadership che Pretoria ha nell’in-tero continente. Più in generale i Paesi del BRICS paiono altalenantitra tentativi coordinati di scardinare il dominio economico occidentalecon azioni comuni e posizioni politico strategiche reciprocamente con-flittuali. Così, mentre da un lato, seguono una politica di non ingerenzae di apparente assoluto rispetto della sovranità dei Paesi coinvolti incrisi di varia natura per potersi qualificare quali paladini del totale ri-spetto della prassi tradizionale e sfidano le istituzioni finanziarie in-ternazionali minacciando di costituire una struttura parallela alla BancaMondiale per sostenere lo sviluppo dei Paesi meno sviluppati, dall’al-tro, competono tra loro per il dominio di aree e mercati e rimodellanoi loro apparati militari ampliandone la capacità di intervento strategico.Con i ritmi di crescita attuali, i BRICS tentano oramai di fare massacritica per acquisire posizioni di rilievo anche nelle istituzioni interna-zionali od anche offrire soccorso ai disastrati debiti sovrani del vecchiocontinente in cambio di precise e tangibili contropartite politiche. Sitratta di un approccio cooperativo, solitamente caratterizzato da unpragmatismo meno spregiudicato di quello degli occidentali, finaliz-zato ad obiettivi comuni, ma che non elimina le profonde rivalità pre-senti. In linea generale, è da attendersi, in futuro, parallelamente aldeclino strategico dell’Occidente ed all’incremento del peso strategicodegli attori in questione, un ordine mondiale “multi-polare”, con rela-zioni ed alleanze contingenti. All’ultimo summit di New Delhi, i 5 Paesihanno manifestato la loro pressione proprio laddove l’occidente è oggipiù debole: gli aspetti finanziari, non escludendo di realizzare formedi cooperazione finanziaria parallele a quelle che hanno per decenniregolato i flussi monetari mondiali, guidate da leadership euro-atlan-tiche. E’ emersa peraltro, l’idea di predisporre strumenti comuni perevitare che la crisi economico-finanziaria, che pure ha interessato leeconomie di tali colossi, possa ulteriormente frenare i trend di crescitafinora registrati. I paradigmi internazionali conosciuti dalle ultime ge-nerazioni sono in via di cambiamento. Stanno mutando gli equilibridel Mondo. L’assetto multinazionale nato sulle ceneri della secondaguerra mondiale vacilla sotto il peso delle potenze nascenti e dellospostamenti degli assetti economico-finanziari. Inoltre, una stratifica-zione di interessi rende più articolato lo scenario complessivo; nel cri-ticare l’Occidente sul modo con cui è stata affrontata la crisi, i 5 Paesidel BRICS hanno piena coscienza del valore che hanno ancora gli USAquale elemento principale di stimolo delle loro economie. Va pure ag-giunto che le economie crescenti di questi 5 Paesi cominciano anchea presentare asimmetrie destinate ad ampliarsi e che renderannomeno convergenti gli interessi strategici, accentuando, di certo, le ca-ratteristiche multipolari degli scenari dei decenni a venire.

BRICS, SOLO UNA SIGLA O QUALCOSA DI PIÙFRANCESCO LOMBARDI

a cura del

Centro Militare Studi Strategici

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ifesa alla RibaltaD

Primavera digitale è il tema scelto dagli organizzatoriper le 25 “primavere” del Salone Internazionale del Librodi Torino. Come ogni anno, il Lingotto è tornato a conte-nere una innumerevole massa di libri per competere conle richieste sempre più esigenti e competenti del pub-blico. Per la prima volta, due i Paesi ospiti stranieri: laSpagna con numerosi autori e con opere italiane tradottein lingua spagnola e la Romania che a Torino è rappre-sentata da una grossa comunità di cittadini, che ha por-tato le sue opere letterarie, le sue musiche, i suoispettacoli anche in giro per la città. Carta stampata e di-gitale, però, non hanno ancora completato fra loro il pas-saggio di consegne e forse non lo completeranno mai:continuano infatti a convivere senza infastidirsi, anzi,forse si rafforzano a vicenda e non è assolutamente veroche “digitale” è “giovani” e “carta stampata” è “ma-turi”. Nel Salone del Libro i giovani hanno sfogliato libri,hanno partecipato alle loro presentazioni, come i maturihanno tirato fuori dalla borsa il loro tablet su cui hanno

registrato i loro appunti. E non è bastata la crisi che at-tanaglia il Paese a fermare o a diminuire la massa deivisitatori che, peraltro, pare abbiano superato nel nu-mero quelli degli anni passati. Con a loro presenzahanno dimostrato quanto sia ancora importante il con-tatto con la cultura, con gli autori, quante nuove scopertesi possono fare attraversando gli stand. E’ come fare zapping seduti in poltrona tra gli innume-revoli canali del digitale terrestre per poi fermarsi sulcanale che trasmette l’argomento che più ci interessa.Così viene stimolata la sana competizione fra le varieOrganizzazioni e fra i vari Editori per accaparrarsi il mag-gior numero di pubblico. Tra questi, immancabile la Di-

fesa, con il suo stand a trasmettere su carta, o via web,la storia delle sue Forze Armate, i valori che le ispirano,le opportunità per i giovani, le risposte ai dubbi, ai que-siti, alle domande sempre più competenti sulle attivitàoperative. Molte le attività culturali che si sono succedute pressolo stand della Difesa e diversificate rispetto al pubblico:la presentazione di undici volumi, dodici collegamenticon i teatri operativi (Libano, Kosovo, Afghanistan ed unaunità della Marina Militare in navigazione), un evento conatleti militari, una conferenza sulla dematerializzazionedegli archivi della Difesa, una conferenza su “I socialnetwork e il sito della Difesa”, un forum sui diritti umanie la cittadinanza attiva dal titolo “Limesbook, i confiniuniscono”, una presentazione dedicata a “Il rancio dibordo, spunti di riflessione sull’alimentazione in marenella storia”, un evento dedicato al “Progetto disarma-dillo”, finalizzato alla creazione di una macchina da im-piegare per lo sminamento, la conferenza “Cittadinanza

attiva e Difesa europea”, un convegno dedicato alla pub-blicistica militare (in cui sono state presentate le riviste:Informazioni della Difesa cartacea e on line, Bonus MilesChristi, L’Universo, la Rivista Marittima e la Rivista Ae-ronautica) e, infine, le attività dell’ultima giornata in cuiè stata illustrata una scena investigativa da parte del RIS(Reparto Investigazioni Scientifiche) riguardante la ri-cerca di “fonti di prova” e la simulazione di “narcotest”finalizzata ad identificare le diverse sostanze stupefa-centi da parte dei Carabinieri. Sul campo, su carta e suweb, come dimostrano queste pagine su cui scriviamo,per restare al passo coi tempi e per incontrare i nostriinterlocutori dovunque essi siano.

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PRIMAVERA DIGITALEdi Valter Cassar

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RUBRICHE 75

ifesa NotizieD A CURA DI VALTER CASSAR

Il Comandante delle Forze ISAF in visita al RC West

Herat, 2 maggio 2012 - Il Comandante del RC West, Gen. B.Luigi Chiapperini ha ricevuto in visita il Generale Allen,Comandante di ISAF. Nel corso di un briefing gli ha fornito un

aggiornamentosulle principali ope-razioni in corso efuture riguardantiil settore a guidaitaliana. Molti di-stretti della Regio-ne Ovest sono or-mai pronti per la“transizione”, cioè

per il passaggio di responsabilità alle autorità afgane poiché leloro Forze di Sicurezza (Esercito e Polizia) sono in grado di pia-nificare e condurre operazioni autonomamente in molti deidistretti delle quattro province (Herat, Farah, Badghis e Gorh),posti attualmente sotto la responsabilità italiana. Salutando, ilGenerale Allen ha dichiarato che alcune delle soluzioni adottatedal RCW nel campo della Rule of Law (Stato di Diritto), del co-ordinamento con le forze di sicurezza afgane e della vicinanzaalla popolazione locale, sono risultate vincenti e saranno diesempio per gli altri Comandi Regionali di ISAF.

L’Esercito Italiano compie 151 anni

Roma 4 maggio 2012 - Il Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano, accompagnato dal Ministro della Difesa GiampaoloDi Paola, ha partecipato alle celebrazioni del 151° anniversariodella costituzionedell’Esercito Italia-no. Nel suo inter-vento, il Ministro DiPaola ha ringraziatoi soldati italiani, unadelle espressionimigliori del nostroPaese che, in Patriae all’estero, ope-rano quotidianamente a tutela della pace e della stabilità inter-nazionale. Nel corso della cerimonia, a cui erano presenti ilCapo di Stato Maggiore della Difesa Generale Biagio Abrate e ilCapo di Stato Maggiore dell’Esercito Gen. C.A. Claudio Graziano,il Presidente della Repubblica ha conferito l’onorificenza diCavaliere dell’Ordine Militare d’Italia alla Bandiera di Guerradell’Esercito per l’opera svolta a favore della pace e del man-tenimento della stabilità internazionale.

Visita in Kosovo del Ministro della Difesa

Pristina 14 maggio 2012 - Il Ministro della Difesa GiampaoloDi Paola si è recato in Kosovo, in occasione del cambio diComando del Multinational Battle Group West a guida italiana,che opera nell’ambito dell’Operazione NATO KFOR. All’evento

erano presenti an-che l’Ambasciatored’Italia in KosovoMichael L. Giffoni,il Comandante del-la KFOR Gen. D.Erhard Drews e nu-merose Autorità re-ligiose e militari,locali e internazio-

nali. Successivamente, il Ministro Di Paola ha incontrato ilMinistro per la Kosovo Security Force (KSF), Agim Ceku, ilquale ha espresso il suo apprezzamento per l’opera condottadall’Italia in Kosovo a favore del processo di stabilizzazione, delconsolidamento istituzionale e del progresso sociale ed eco-nomico.

Scuola Militare "Nunziatella" patrimonio non solo delleForze Armate

Roma 23 maggio 2012 - L'Assemblea Parlamentare del Me-diterraneo ha conferito alla Scuola Militare “Nunziatella” diNapoli lo status di “Patrimonio storico e culturale degli Stati delMediterraneo”. Que-sto alto riconosci-mento è stato attri-buito per “il ruolosvolto negli ultimitre secoli, nel settoredell’alta formazione,quale motore acca-demico, sociale edeconomico per l’Italia e per i Paesi del Mediterraneo legati allanostra Patria”. La targa commemorativa e la pergamena sonostate consegnate al Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola,dal senatore Francesco Maria Amoruso, vicepresidente dell'APMe segretario della Commissione Affari Esteri del Senato, nelcorso di una cerimonia svoltasi presso il Senato della Repubblica,alla presenza del presidente Renato Schifani. La Nunziatella èuna delle poche Scuole Militari in Europa e nel mondo a potervantare oltre 200 anni di storia. Un istituto di formazione dallestraordinarie tradizioni che è stato scuola per generazioni dicittadini.

Mostra fotografica “I volti dei militari italiani” … i valoridella Patria in un’immagine

Roma 24 maggio 2012 - Il Ministro della Difesa, Giampaolo diPaola, ha inauguratola mostra fotograficasul tema “I volti deimilitari italiani" ... i va-lori della Patria inun’immagine”, al Sa-lone del Sacrario delleBandiere delle Forze

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Armate, presso il Vittoriano a Roma. La mostra resterà apertagratuitamente ai visitatori fino al 16 luglio 2012. Nei voltiraffigurati sono evidenti i sentimenti e i valori che ispirano inostri militari nel loro impegno quotidiano: “un’immagine dicedi più e meglio di tante parole..” come sottolinea il Ministrodella Difesa nella prefazione del volume fotografico. Durante ilpercorso il visitatore potrà notare l’atteggiamento umano checaratterizza i comportamenti delle donne e degli uomini dellenostre Forze Armate impegnati nelle missioni per la pace, ilmantenimento della sicurezza e della stabilità internazionale.

Un Simbolo dello Stato da 198 anni

Roma, 5 giugno 2012 - Alla presenza del Presidente della Re-pubblica, Giorgio Napolitano, si è svolta, all'interno dellaCaserma “Salvo D'Acquisto”, la cerimonia per il 198° anniversariodella Fondazione dell'Arma dei Carabinieri. Durante il suo in-

tervento, il Ministrodella Difesa, Giam-paolo Di Paola haaffermato, rivolgen-dosi ai militari del-l'Arma schierati:"Abbiamo tutti bi-sogno di credere invalori veri, impor-tanti, di solidarietà,

di giustizia, valori che ogni Carabiniere, nella sua orgogliosamilitarità, rappresenta al meglio". Nel corso della cerimonia,cui ha partecipato il Presidente del Consiglio Mario Monti e nu-merosi rappresentanti del Governo e delle Istituzioni, sonostate consegnate le ricompense ai Carabinieri che si sonomaggiormente distinti nelle attività di servizio, e il "PremioAnnuale" a cinque Comandanti di Stazione dell’Emilia Romagna,intervenuti nelle aree colpite dal sisma. Lo storico CaroselloEquestre ha concluso, come da tradizione, le celebrazioni rie-vocando, sulle note del Nabucco di Giuseppe Verdi, la "Caricadi Pastrengo" del 1848.

Chiuso al CASD l’Anno Accademico 2011/2012

Roma 7 giugno 2012 - La consegna dei diplomi ai frequentatoridel 63° Corso dell’Istituto Alti Studi per la Difesa (IASD) e del14° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI), hasegnato la conclusione ufficiale dell’Anno Accademico 2011-2012 del CentroAlti Studi per laDifesa che ha vi-sto la partecipa-zione di 249 fre-quentatori IASDe ISSMI, tra iquali 45 stranieriprovenienti daPaesi amici e al-leati. All’evento, che si è svolto presso lo storico PalazzoSalviati, erano presenti, tra gli altri, il Ministro della Difesa

Giampaolo Di Paola , il Sottosegretario alla Difesa FilippoMilone, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale BiagioAbrate, il Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa, Gen.S.A. Orazio Stefano Panato, rappresentanti delle Forze Armate,il Corpo Docente, i frequentatori italiani e stranieri e Autoritàmilitari, civili, religiose.

La Marina Militare tra tradizione e modernità

Venezia 8 giugno 2012 - Il 151° Anniversario della costituzionedella Marina Militare e i cinquant’anni della Scuola NavaleMilitare “France-sco Morosini”,sono stati celebratinella stupendapiazza San Marco,a Venezia, alla pre-senza del Presi-dente della Repub-blica Giorgio Na-politano. La NaveScuola Amerigo Vespucci, attraccata davanti a piazza SanMarco, è stata il simbolo di questa festa. Il Ministro dellaDifesa, Giampaolo Di Paola ha sottolineato l’importanza delruolo odierno della Marina e, più in generale, delle ForzeArmate che “parlano poco ma ascoltano sempre chi le chiama”.Nel suo intervento, il Ministro ha ricordato i fucilieri di MarinaMassimiliano Latorre e Salvatore Girone, ancora trattenuti inIndia: “quando li ho incontrati in India a Trivandum e quando lisento al telefono – ha detto Di Paola - mi fanno sentireorgoglioso di essere un Ministro della Repubblica, di essereitaliano e di essere un marinaio”. Alla cerimonia erano presenti,tra gli altri, il Presidente della Camera Gianfranco Fini, il vicePresidente del Senato Vannino Chiti, i Sottosegretari di Statoalla Difesa Gianluigi Magri e Filippo Milone, il Capo di StatoMaggiore della Difesa Generale Biagio Abrate, il Sindaco diVenezia Giorgio Orsoni, il Capo di Stato Maggiore della MarinaAmmiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli, il Presidente del-l'ASSOMOROSINI Guido Sesani, Autorità civili, militari e religio-se.

Eurosatory 2012

Parigi, 12 giugno 2012 - Si è tenuta, a Parigi, la mostrabiennale sulla Difesa, "Eurosatory 2012", principale fiera in-

ternazionale chefornisce una pa-noramica sullepiù recenti tec-nologie e sulletendenze futurenel settore dellaDifesa. I visitatorihanno avuto l’op-portunità di assi-

stere a dimostrazioni di robot e droni in continua evoluzione,simulazioni, dibattiti che hanno trattato temi sulla dottrina,

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RUBRICHE 77

assegna stampa esteraR

VERTICE DI CHICAGO – DICHIARAZIONE SULL'AFGHANISTANdei Capi di Stato e di Governo dell'Afghanistan e delle Nazioni che partecipano all’International Security AssistanceForce (ISAF) della NATO

Principi generaliI nostri sforzi fanno parte del più ampio impegno della comunità internazionale, come indicato dalla Conferenza di Kabul delluglio 2010, dal Processo di Istanbul sulla sicurezza e la cooperazione regionale iniziato nel novembre 2011 e dalla Conferenzadi Bonn del dicembre 2011. Richiamiamo i precisi e reciproci impegni assunti nella Conferenza di Bonn del 5 dicembre 2011,che costituiscono la base della nostra partnership a lungo termine. In questo contesto, il Governo della Repubblica islamicadell'Afghanistan conferma la sua volontà di rispettare il suo impegno per una società democratica, basata sullo stato di dirittoe del buon governo, compresi i progressi nella lotta contro la corruzione, dove sono rispettati i diritti umani e le libertà fonda-mentali dei suoi cittadini, compresa l’uguaglianza tra uomini e donne circa la partecipazione attiva nella società afgana. Leprossime elezioni dovranno essere condotte nel pieno rispetto della sovranità e della Costituzione afgana. La loro trasparenzae credibilità sarà di fondamentale importanza. In questo contesto, andando avanti, questi obiettivi incoraggeranno le nazioni

sulle scelte tecnologiche e le lezioni apprese e anche lapossibilità di scoprire le innovazioni tecnologiche sulla medicinaoperativa, sicurezza informatica, videosorveglianza, sui sistemidi visione diurni e notturni, outsourcing high-tech, elettronica eCBRNE. Hanno visitato l’esposizione, che costituisce un eventofondamentale per le aziende che lavorano nell’ambito delladifesa e della sicurezza, il Sottosegretario di Stato alla DifesaFilippo Milone, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, GeneraleBiagio Abrate, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. C.A.Claudio Graziano, il Capo di Stato Maggiore della Marina,Amm. Sq. Luigi Binelli Mantelli, il Vice Segretario Generaledella Difesa e Vice Direttore Generale degli Armamenti, Gen.C.A. Mario Marioli.

Le Forze Armate per l’emergenza sisma

Poggio Renatico 14 giugno 2012 - Il Capo di Stato Maggioredella Difesa, Generale Biagio Abrate, si è recato a PoggioRenatico per una visita alla base dell’Aeronautica Militare per

incontrare i militari delnuovo raggruppamen-to, denominato “UnaAcies”, inviato dall’Eser-cito in aiuto alle popo-lazioni colpite dal si-sma. E’ composto da300 militari, con circa100 mezzi, che saran-

no impiegati negli sgomberi delle macerie, con personale delGenio dotato di macchine movimento terra ed attrezzature divario genere, nei controlli di staticità delle strutture con gli

ingegneri militari e nei controlli del territorio, nelle areesgomberate a seguito dei crolli (zone rosse). Altri 60 militarisono impiegati a Poggio Renatico per esigenze logistiche.Inoltre, per l’esigenza, operano circa 50 militari a Ferrara,Bologna, Mantova, Modena, S. Agostino (FE), Bondeno (FE) eCrevalcore (BO) su richiesta delle Prefetture competenti perterritorio, con 20 mezzi vari, 10 vagoni letto (80 posti), 2 vagonicisterna, 3 shelter bagno/doccia, 2 gruppi elettrogeni, 1 cisternada 10.000 litri, 1 motopompa ed 1 torre di illuminazione.

Il Comando EUROFOR chiude i battenti

Firenze 14 giugno 2012 - A Firenze nella Caserma Predieri,sua sede storica, si è svolta la cerimonia di chiusura delComando EUROFOR, la Forza Operativa Europea di ReazioneRapida composta da unità di Italia, Francia, Spagna e Portogallo.Durante la cerimonia,il Capo di Stato Mag-giore della Difesa, Ge-nerale Biagio Abrate,ha ricevuto la bandieradi EUROFOR. Alla so-lenne manifestazioneerano presenti anche iCapi di Stato Maggioredella Difesa degli altri Paesi membri. Il Comando EUROFOR erastato ufficialmente inaugurato dai Ministri della Difesa deiquattro Paesi il 9 novembre 1996. Oltre a numerose esercitazioniinternazionali, EUROFOR ha partecipato alle missioni in Albania(2000-2001), Macedonia (2003) e Bosnia-Erzegovina (2006-2007).

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IL MISSILE METEOR ALLA PROVA SUL RAFALE

Nell’ambito delle attività previste per l’ integrazione del missile Meteor a bordo del Rafale, è iniziata a Istres la campagna delleprove di volo che, stando al calendario stabilito, dovrebbe condurre ai primi test di separazione in configurazione reale nelprossimo autunno. Le prove di integrazione continueranno comunque fino al 2016, data per la quale è previsto l’ultimo lanciodi prova e durante il quale il missile Meteor sarà verosimilmente guidato dal radar Thales RBE2 con antenna a scansione attiva(AESA) di cui dispone il Rafale. In Francia l’introduzione in servizio del Meteor a bordo del Rafale rimane fissata per il 2018,data per la quale è prevista la consegna dei primi missili di serie. (P.A.)

www.defense.gouv.frLA DIFESA FRANCESE SU YOUTUBEInaugurato dal Ministero della Difesa francese un nuovo canale dedicato su Youtube. Con l’accesso a Youtube, considerato unotre siti più visitati a livello mondiale, il Ministero della Difesa francese, già presente su Dailymotion et sulla Piattaforma video go-vernativa, ha la possibilità di allargare significativamente la propria visibilità a livello mondiale, aprendosi ad un numero semprepiù vasto di internauti francesi ma soprattutto stranieri. (P.A).

facenti parte di ISAF a fornire ulteriormente il loro sostegno fino al 2014 ed oltre. Si sottolineano l'importanza della piena par-tecipazione di tutte le donne afgane nei processi di ricostruzione, politici, di pace e di riconciliazione per l’Afghanistan nonchéla necessità di rispettare gli accordi istituzionali a tutela dei loro diritti. Restiamo impegnati per l'attuazione della risoluzione n.1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) riguardante le donne, la pace e la sicurezza. Riconosciamo. Inoltre.la necessità di proteggere i bambini dagli effetti dannosi dei conflitti armati come rileva dalle relative risoluzioni del Consigliodi Sicurezza delle Nazioni Unite. (PVR)

NAVI PER LA GUARDIA COSTIERA SVEDESELo scorso 8 Marzo presso i cantieri P+S GmbH a Wolgast (Germania), è stata varata la seconda di quattro navi da pattu-gliamento costiero per la Guardia Costiera svedese. Con i suoi circa 52 m di lunghezza e 10 m di larghezza, la nave multiruoloKBV 032 (Kustbevakningen Vessel) sarà utilizzata dalla Guardia Costiera svedese per coprire l'intera gamma dei compiti:monitoraggio del traffico marittimo nella zona costiera, protezione delle frontiere e dogane, servizio antincendio in porto edin mare, ricerca e soccorso (SAR) e tutela della pesca e dell'ambiente. Le KBV della Guardia Costiera sono progettate peruna vita operativa di 30 anni. Le nuove navi saranno in grado di operare tutto l'anno, nel Baltico, nel golfo di Botnia, nelloSkagerrak e Kategatt, così come nei più estesi laghi svedesi Vänern e Mälaren ed in zone costiere europee, anche in con-dizioni invernali con temperature esterne fino a -25 ° C. (M.Po.)

UN A400M PER L’UNIVERSITÀ “HELMUT SCHMIDT”La Helmut Schmidt University (HSU) di Amburgo (Germania), il massimo istituto di formazione per gli Ufficiali dell’Esercitotedesco, ha ricevuto da Airbus Military, per scopi di ricerca, la fusoliera di un velivolo da trasporto A400M non più operativo.Il trasporto dallo stabilimento Airbus di Brema al campus di HSU stata una sfida logistica via acqua, terra ed aria. In primoluogo, la fusoliera ha viaggiato a bordo di un velivolo da trasporto Beluga da Brema ad Amburgo. Poi è stata spedita con unachiatta dallo stabilimento Airbus di Amburgo-Finkenwerder a Bill Brook. Infine, per gli ultimi chilometri è stato utilizzato uncamion per trasposti eccezionali che ha condotto la fusoliera fino alla sua destinazione finale. I 32 metri di lunghezza, 6metri di larghezza e circa 12 tonnellate consentiranno di utilizzare il tronco come piattaforma di ricerca per il Dipartimentodi Meccatronica della HSU, consentendo di continuare la collaborazione in favore del programma A400M. Dell'utilizzo futurobeneficeranno entrambi i partner. Infatti Airbus ha reso disponibile l’infrastruttura, mentre l’HSU sarà responsabile della suagestione, ristrutturazione e manutenzione. Entrambi i partner hanno la possibilità, insieme o con collaborazioni esterne, diutilizzare la struttura per condurre proprie ricerche. (M.Po.)

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ecensioniRMARIO MORI, GIOVANNI FASANELLAAD ALTO RISCHIO La vita e le operazioni dell’uomo che ha arrestato Totò RiinaMondadori, Milano 2011, p. 149, € 17,50

“Ad alto rischio” è la storia di un militare e dei suoi uomini che per quarant’annihanno combattuto terrorismo e mafia. Un libro, scritto “a due mani”, dal gior-nalista Giovanni Fasanella e dallo stesso protagonista, il Gen. Mario Mori. Un testo scorrevole che cattura il lettore sin dalle prime pagine, cercando ditrovare (semmai vi fosse) una risposta all'interrogativo: «Perché in Italia gli in-vestigatori più bravi, quelli che ottengono risultati e mirano al bersaglio piùgrosso, rischiano sempre di fare una brutta fine?». Mario Mori, Generale dei Carabinieri, infatti, ha arrestato Totò Riina, ha messoa punto nuove tecniche di investigazione, ha gestito infiltrati, ha ascoltato pen-titi, ha collaborato con i Servizi Segreti di vari Paesi,…ma i suoi metodi sonostati messi sotto inchiesta e proprio dalle istituzioni che era stato chiamato aproteggere. Servire lo Stato non è mai stato facile, ma forse rimane tuttora unadelle poche azioni che ancora fa onore all’individuo e per cui vale la pena “ri-schiare”. “Ad alto rischio” non è una spy story ma potrebbe sembrarlo, grazieall'abilità di Fasanella che gli dona le vesti della migliore proiezione cinemato-grafica. Il giornalista “maneggia” infatti lo strumento più difficile che un redat-tore può maneggiare: l’intervista. Un eroe contemporaneo? Forse no, ma certamente Mori è stato un innovatore della cultura investigativa,ha seguito ciò che gli ha insegnato il suo maestro, il Gen. Carlo Dalla Chiesa, ene ha fatto dottrina. E se qualcuno s'è posto il quesito relativo all'esistenza diuna trattativa Stato-Mafia, sarà la Storia a giudicare, analizzando dettagliata-mente quella profonda conoscenza del fronte avverso che Mori e i suoi uominihanno avuto. Dagli anni di piombo, all’epoca dei giudici Falcone e Borsellino aPalermo o al ROS (Reparto Speciale dei Carabinieri) o ancora alla direzione delSISDE (Servizio segreto italiano), Mori ha combattuto guerre quotidiane, dellequali certo non si possono sempre raccontare i mezzi con cui si sono combat-tute, tuttavia l'essenziale è averle vinte! Un libro di rilevante interesse, mordace in certi suoi punti anche alla luce del rav-vicinato contatto tra intelligence e investigazione. Indagine o intelligence dunque?Diremmo un’indagine “allargata”, per la quale oggi Mori cerca difesa nei fatti, isoli che possono rendere giustizia contro un fuorviante giudizio preventivo. (AF)

FRANCESCO ZAMPONIL’ACCESSO DEGLI STRANIERI AL PUBBLICOIMPIEGO E L’ARRUOLAMENTO DELLE FORZEARMATE E DI POLIZIA Centro di Studi Strategici (CeMiSS) ed edita dalla Laurus Robuffo,Roma 2012, pp. 190, € 19,00

La Ricerca, elaborata per il Centro di Studi Strategici (CeMiSS) ed edita dallaLaurus Robuffo, nasce con la finalità di analizzare l’attuale quadro normativo,individuando fattibilità (anche mediante modifiche dell’attuale architetturanormativa), limiti e vincoli, per l’accesso di soggetti stranieri nel pubblico im-piego e, in particolare, il loro arruolamento e la loro collocazione nelle ForzeArmate e di Polizia. Il dibattito è destinato a crescere sensibilmente in futuro,quanto meno nell’ambito dell’Unione europea, sia per la sostanziale equipa-razione in sede giuridica di tutti i cittadini comunitari, sia per la continuacompressione del concetto di “impiego pubblico”, operata dalla Corte di Giu-stizia dell’Unione europea. Un motivo non secondario di riflessione consistenel ricorso all’esternalizzazione di servizi da parte della pubblica ammini-strazione, che in un certo senso potrebbe erodere quella graniticità del rap-porto tra impiego pubblico e cittadino, in cui si manifesta il dovere di fedeltà.

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Non mancano precedenti significativi nella storia nazionale, in cui si indivi-duano gli ascari, soldati eritrei, somali ed anche arabi, che entrarono nel no-stro Esercito alla fine del XIX secolo. Più recentemente, si è registrata laproposta di avviare la costituzione di una “Brigata Albanese”, che suscitòreazioni di varia natura, non arrivando ad una concreta proposta di modifica.A completare il quadro, vengono passati in rassegna gli aspetti comparaticon altri Stati, fra cui l’esperienza statutinense, i gurka nepalesi arruolatinell’esercito britannico, la legione straniera francese o il Tercio Extranjerosspagnolo. (PVR)

ANTONELLA COLONNA VILASIMANUALE D’INTELLIGENCECittà del Sole Edizioni, Reggio Calabria 2011, pp.143, € 14,00

Se si digita la parola “intelligence” sul più potente motore di ricerca del web,vengono individuati in 0,21 secondi 402 milioni di risultati. Molti di questi na-turalmente sono fuorvianti, ma se ne eliminiamo 400, ne restano 2 milioni.Questo per dire che “intelligence” è un termine abusato, forse conosciuto datutti ma da quasi tutti snobbato perché rievoca un alone di mistero, ricordaoperazioni oscure non sempre lecite e appannaggio degli agenti segreti quindinon alla portata di tutti e, in definitiva, alla maggior parte della gente non cam-bia certo la vita. Perché alla gente serve e interessa conoscere le cose di uncerto livello, ma occorre che qualcuno le voglia e le sappia raccontare. Forsequesto “Manuale di Intelligence” è quello che fa per noi, per la gente comune,perché ci spiega l’argomento partendo dalla sua storia, dall’analisi del termineinglese, da quale sia il campo di applicazione, quali siano gli attori e come sisviluppino le loro attività. E poi, come specifica l’Autrice, Antonella Colonna Vi-lasi, questo è il primo manuale d’intelligence scritto al femminile. Anche questoè importante perché è scritto da una storica, giurista, internazionalista, crimi-nologa (quindi titolata a farlo) e donna, appunto, sensibile, quindi più che i tra-dizionali agenti segreti 007 del passato, all’analisi del fenomeno e dei possibiliscenari futuri coinvolgendo in modo semplice i non addetti ai lavori. Il testo èricco di spunti di riflessione e, per citarne uno, il paragrafo 2.5.3 titolato “Faredell’intelligence uno strumento di peacekeeping”.(VC)

KATIUSCIA LANERIVIAGGIO DI VITA DI VIDEOREPORTERAlbatros, Roma 2011, pp. 86, € 12,00

Questo libro non è particolarmente inerente al mondo della Difesa, ma è co-munque adattabile a tutti gli ambiti in cui agisce, lavora, opera una qualsiasipersona compresi i militari, perché il personaggio di questo viaggio può, anzideve essere ognuno di noi. Ognuno di noi deve raccogliere con vigore, con en-tusiasmo le cuffie dell’I-pod, lo zaino in cui ci sono sempre gli stessi abiti e latelecamera che è la chitarra per il chitarrista, il trapano per il muratore, le forbiciper il sarto, e prendere quel treno di corsa e percorrere tutto il tragitto per rag-giungere le mete, gli obiettivi, senza mai perdersi d’animo. Nemmeno quandoil treno percorre le lunghe e buie gallerie al di là delle quali esplode poi la luceintensa del sole la cui positività abbaglia le pupille abituate al buio. E’ un libroche per il suo ritmo è adatto a chi possiede una forte personalità e un forte ca-rattere ma è altrettanto vero che può essere di stimolo a chi perde frequente-mente fiducia in se stesso ecco perché lo propongo ad un pubblico giovaneperché come dice Cecilia Coppola nella sua prefazione, Katiuscia e Clara spin-gono i giovani ad “essere ostinati nel percorso che conduce al traguardo delleproprie realizzazioni, accettarne senza sfiduciarsi gli ostacoli e rifiutarne i con-dizionamenti”. Me la immagino Katiuscia Laneri … no, Clara che trova 10 euro per strada edopo pochi metri buca la ruota del motorino e il gommista le costa esattamentela banconota che ha trovato! E’ veramente fortunata. (VC)

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