INFORMACATTEDRE REZZARA -...

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INFORMACATTEDRE REZZARA n. 1 – 6 settembre 2013 1 Quattro cattedre in Italia LʼIstituto culturale di scienze sociali “Nicolò Rezzara” di Vicenza, da 46 anni, riflette sui problemi internazionali organizzando un annuale convegno a Recoaro Terme. Recentemente ha deciso di al- largare la sua riflessione, attraverso vari contatti, con i Paesi limitrofi, istituendo alcune cattedre in convenzione con varie istituzioni culturali situate in luoghi strategici per i rapporti con i Paesi esteri. Esse sono a Bivona - Alessandria della Rocca (Agrigento) per lʼAfrica, a Mola di Bari per i Balcani, a Gorizia per i Paesi dellʼEst europeo. A queste, si unisce quella con la Federazione tra le Univer- sità della terza età dʼItalia per la formazione allʼEuropa e alla mondialità. Cattedra “Colloqui del Mediterraneo” (Bivona - Alessandria della Rocca - AG) Funziona in convenzione con lʼAssociazione cul- turale “Laici nella Chiesa e cristiani nella società” di Alessandria della Rocca, dal giugno 2011. Un seminario a Bivona sulla centralità del Medi- terraneo (2011) ha dato avvio allʼattività che pre- vede convegni ed attività culturali congiunte. Con la collaborazione della Cattedra è stata istituita lʼUniversità degli adulti di Alessandria della Rocca. Attualmente promuove il primo Colloquio del Me- diterraneo (Palermo 18/19 ottobre 2013). Cattedra “Il dialogo fra le due sponde” (Mola di Bari) Funziona in convenzione con la locale Università della terza età dal gennaio 2010. La Cattedra ha lavorato due anni sul tema della cittadi- nanza attiva con una ricerca sociologica e sui processi formativi per docenti; sta ora attivando una rete fra al- cuni centri culturali delle repubbliche dei Balcani per uno studio comune e successivamente per lʼorganiz- zazione di un seminario di confronto sui risultati rag- giunti previsto nellʼautunno del 2014. Cattedra “La formazione dellʼuomo europeo” (Gorizia) Il Rezzara ha aderito allʼIUIES (Istituto univer- sitario internazionale per gli studi europei) che è un Consorzio interuniversitario indipen- dente, fondato nel 2000 tra 9 Università dʼIta- lia ed Università dei Paesi dellʼEst europeo: Università di Trieste (I), Udine (I), Klagenfurt (A), Eötvös Loránd di Budapest (H), Babes- Bolyai di Cluj-Napoca (RO), Comenius di Bra- tislava (SK), Jagiellonian di Cracovia (PL), MGIMO di Mosca (RU), Università di Nova Gorica (SLO) e lʼIstituto di sociologia interna- zionale di Gorizia (ISIG). Il Consorzio ha lo scopo di incoraggiare la cooperazione accademica internazionale e formare professionisti e studenti in alcuni dei campi più significativi della nuova Europa. In questo contesto si inseriscono scambi cultu- rali e convegni transnazionali. numero dedicato a 1° Colloquio del Mediterraneo – Palermo, 18/19 ottobre 2013 Cattedra “Adulti ed Europa” (Federuni). Funziona in convenzione con la Federazione italiana tra le Università della terza età (Federuni) dal febbraio 2011. Scopo della Cattedra è il supporto culturale alle attività delle istituzioni formative della terza età in Italia per la formazione degli adulti in vista di una cittadinanza euro- pea. Lʼattività, che è la più strutturata, prevede ogni anno convegni nazionali ed incontri interregionali per docenti dei corsi per adulti. La cattedra si propone di affrontare i problemi con unʼot- tica diversa, partendo dai risultati scientifici o dalle si- tuazioni della vita per coglierne il significato. Gli appuntamenti sono occasione per elaborare una cultura della vita, non per la professione (cultura del fare o della preparazione al lavoro) quanto del significato (cultura dellʼessere e del ben vivere). Nel 2013/14 sono previste le seguenti attività: • Incontri interregionali per docenti su “Adulti giovani: una relazione da ritrovare” (novembre 2013) • Incontri interregionali per responsabili di attività per adulti su “Viaggio e crescita umana” (primavera 2014) • Conferenza “LʼEuropa dei mercati e lʼunità europea” (Vicenza, gennaio 2014) • Convegno su “Cultura e culture, patrimonio dellʼuma- nità” (Mola di Bari, giugno 2014)

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I N F O R M A C A T T E D R EREZZARA

n. 1 – 6 settembre 2013

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Quattro cattedre in ItaliaLʼIstituto culturale di scienze sociali “Nicolò Rezzara” di Vicenza, da 46 anni, riflette sui problemiinternazionali organizzando un annuale convegno a Recoaro Terme. Recentemente ha deciso di al-largare la sua riflessione, attraverso vari contatti, con i Paesi limitrofi, istituendo alcune cattedre inconvenzione con varie istituzioni culturali situate in luoghi strategici per i rapporti con i Paesi esteri.Esse sono a Bivona - Alessandria della Rocca (Agrigento) per lʼAfrica, a Mola di Bari per i Balcani,a Gorizia per i Paesi dellʼEst europeo. A queste, si unisce quella con la Federazione tra le Univer-sità della terza età dʼItalia per la formazione allʼEuropa e alla mondialità.

❶Cattedra “Colloqui del Mediterraneo” (Bivona- Alessandria della Rocca - AG)

Funziona in convenzione con lʼAssociazione cul-turale “Laici nella Chiesa e cristiani nella società”di Alessandria della Rocca, dal giugno 2011.Un seminario a Bivona sulla centralità del Medi-terraneo (2011) ha dato avvio allʼattività che pre-vede convegni ed attività culturali congiunte. Conla collaborazione della Cattedra è stata istituitalʼUniversità degli adulti di Alessandria della Rocca.Attualmente promuove il primo Colloquio del Me-diterraneo (Palermo 18/19 ottobre 2013).

❷❷ Cattedra “Il dialogo fra le due sponde” (Mola di Bari)

Funziona in convenzione con la locale Università dellaterza età dal gennaio 2010. La Cattedra ha lavorato due anni sul tema della cittadi-nanza attiva con una ricerca sociologica e sui processiformativi per docenti; sta ora attivando una rete fra al-cuni centri culturali delle repubbliche dei Balcani peruno studio comune e successivamente per lʼorganiz-zazione di un seminario di confronto sui risultati rag-giunti previsto nellʼautunno del 2014.

❸❸ Cattedra “La formazione dellʼuomo europeo” (Gorizia)

Il Rezzara ha aderito allʼIUIES (Istituto univer-sitario internazionale per gli studi europei) cheè un Consorzio interuniversitario indipen-dente, fondato nel 2000 tra 9 Università dʼIta-lia ed Università dei Paesi dellʼEst europeo:Università di Trieste (I), Udine (I), Klagenfurt(A), Eötvös Loránd di Budapest (H), Babes-Bolyai di Cluj-Napoca (RO), Comenius di Bra-tislava (SK), Jagiellonian di Cracovia (PL),MGIMO di Mosca (RU), Università di NovaGorica (SLO) e lʼIstituto di sociologia interna-zionale di Gorizia (ISIG).Il Consorzio ha lo scopo di incoraggiare lacooperazione accademica internazionale eformare professionisti e studenti in alcuni deicampi più significativi della nuova Europa. Inquesto contesto si inseriscono scambi cultu-rali e convegni transnazionali.

numero dedicato a1° Colloquio del Mediterraneo – Palermo, 18/19 ottobre 2013

❹❹ Cattedra “Adulti ed Europa” (Federuni).Funziona in convenzione con la Federazione italiana trale Università della terza età (Federuni) dal febbraio 2011. Scopo della Cattedra è il supporto culturale alle attivitàdelle istituzioni formative della terza età in Italia per laformazione degli adulti in vista di una cittadinanza euro-pea. Lʼattività, che è la più strutturata, prevede ogni annoconvegni nazionali ed incontri interregionali per docentidei corsi per adulti.La cattedra si propone di affrontare i problemi con unʼot-tica diversa, partendo dai risultati scientifici o dalle si-tuazioni della vita per coglierne il significato. Gliappuntamenti sono occasione per elaborare una culturadella vita, non per la professione (cultura del fare o dellapreparazione al lavoro) quanto del significato (culturadellʼessere e del ben vivere).Nel 2013/14 sono previste le seguenti attività: • Incontri interregionali per docenti su “Adulti giovani:una relazione da ritrovare” (novembre 2013)• Incontri interregionali per responsabili di attività peradulti su “Viaggio e crescita umana” (primavera 2014)• Conferenza “LʼEuropa dei mercati e lʼunità europea”(Vicenza, gennaio 2014)• Convegno su “Cultura e culture, patrimonio dellʼuma-nità” (Mola di Bari, giugno 2014)

I N F O R M A C A T T E D R E

LʼIstituto Rezzara e la sua attivitàLʼIstituto culturale di scienze sociali “Nicolò Rezzara” porta il nome di un sociologo di origini vicentine - tra-sferitosi in seguito a Bergamo - che si impegnò a fondo nellʼinnovazione della scuola e della stampa ita-liana e fu segretario dellʼOpera dei congressi. Il Rezzara ha iniziato lʼattività informale nel 1961, raccogliendo le richieste di formazione culturale e di at-tenzione alle scienze sociali, che allora non trovavano precise risposte nellʼambito accademico. Dal 13gennaio 1964 è associazione con la denominazione “Centro studi” e dal 12 marzo 1981 ha ottenuta dalCapo dello Stato personalità giuridica come libera associazione a fini culturali (D.P.R. n. 239) con la de-nominazione “Istituto culturale di scienze sociali”. Dal 2009 è incluso nella tabella nazionale degli enti cul-turali del Ministero dei Beni culturali (L. 534/96).Lʼattività da sempre ha guardato alla formazione politica dei giovani, ai problemi della coppia e della fa-miglia, alle comunicazioni sociali, ai fenomeni emergenti, alla preparazione di operatori culturali. Settori par-ticolarmente privilegiati, fin dalla fondazione, sono stati le scienze della partecipazione ed animazionesociale, dellʼopinione pubblica, della famiglia. Divenuto punto di riferimento per numero si docenti univer-sitari, lʼIstituto è unanimemente riconosciuto come sede libera di dibattito e di ricerca sui problemi con-cernenti lʼuomo e la società, alla luce di un umanesimo globale. A questi interessi si sono aggiunti, in epocapiù recente, quelli relativi ai diritti umani, alla vita di relazione, alla cultura veneta, alle culture del mondoe religioni, allʼEuropa, alle scienze della senescenza, alle scienze del terri torio e dellʼambiente.I frequentanti le iniziative di studio provengono per metà dalle varie province del Nord-Est e per metà daVicenza e provincia. In alcuni casi le sue iniziative coinvolgono studiosi delle diverse regioni italiane. Al-cune sue esperienze nazionali ed internazionali di ricerca appaiono oggi di notevole interesse e spessore.Convinti che lʼinterazione tra vita e novità sociali sia indispensabile per capire come vanno letti fatti e fe-nomeni, il Rezzara ha da sempre puntato su ricerche, pubblicazioni, lʼistituzione di scuole e corsi che dianostrumenti per capire il cambiamento.È convinzione del Rezzara che il tema prioritario del domani sia lʼarmonizzazione nella società delle cul-ture e la loro integrazione dal basso. Lʼallargamento dellʼEuropa da una parte e la presenza dellʼimmigra-zione dallʼaltra sembrano sottolineare questa urgenza. LʼIstituto Rezzara allo scopo ha intrapreso undialogo culturale con le associazioni economiche e con gli enti locali per sviluppare con loro iniziative diformazione adeguate ai fenomeni di globalizzazione, evitando che essi indeboliscano le culture e i valoriad esse congiunti, e si adopera contemporaneamente per il recupero delle culture locali e dellʼidentità delpassato aprendole al nuovo. Ritiene che, per meglio rispondere alle esigenze formative, sia necessario av-viare, nei settori di propria competenza, istituzioni in collaborazione con lʼUniversità degli studi, privile-giando le forme “master”. I settori nei quali operare prioritariamente sembrano essere lʼeducazione degliadulti, il giornalismo, lʼintercultura, la cittadinanza attiva, la cultura ecologica. Una particolare attenzionesta sviluppando nei confronti degli universitari a Vicenza in collaborazione con la Fondazione studi uni-versitari di Vicenza.Il Rezzara si propone infine di diventare polo di convergenza e di aggregazione dei giovani laureati del Vi-centino che desiderano dedicarsi allo studio e alla ricerca ed inserirsi nellʼattività universitaria, in modo daricevere da essi idee e proposte e di aiutarli a porre al vertice del proprio impegno “lo sviluppo di tuttolʼuomo e di ogni uomo”, principio da sempre ispiratore dellʼIstituto, nonché proporre in alcuni centri dʼIta-lia ʻcattedreʼ per un ulteriore approfondimento dei temi di competenza e promuove un costante dibattito co-struttivo fra le élite culturali.Lʼorganizzazione culturale delle diverse attività è affidata a Commissioni di lavoro che coordinano lʼelabo-razione culturale attraverso convegni di studio e dibattiti.I progetti attualmente in corso sono:

* Problemi internazionali e futuro dellʼEuropa

* Vita di relazione e rapporti con lʼambiente

* Integrazione nelle società multiculturali

* Comunicazione sociale

* Cultura antropologica, memoria collettiva e civiltà veneta

* Indagini sociologiche conoscitive sulla terza età a confronto con i giovani

* Pedagogia e didattica con gli adulti/anziani

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I N F O R M A C A T T E D R E

Cattedra di studi sul MediterraneoIl primo “Colloquio del Mediterraneo” è programmato a Palermo, presso la sede del Rettorato dellʼUniversitànei giorni 18/19 ottobre 2013. Il tema scelto è “La cultura del Mediterraneo dopo il Trattato di Barcellona 1995”.Lʼiniziativa è patrocinata dallʼUniversità di Palermo e dal Consorzio universitario internazionale IUIES. Ad essacollaborano lʼAzione Cattolica italiana ed il Centro italiano femminile nazionali, la Croce rossa Sicilia, il CentroP. Arrupe di Palermo, la Caritas di Agrigento, le diocesi di Mazara del Vallo e di Agrigento e Banca Nuova. Fi-nalità del Colloquio è individuare i problemi presenti oggi nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, stabi-lire contatti fra i centri culturali interessati a un lavoro di studio comune, promuovere un dibattito costruttivo frale élites culturali. Il Colloquio ha una struttura seminariale. Si desidera che i partecipanti (una sessantina di per-sone) approfondiscano il tema proposto, in modo da offrire poi al Colloquio un proprio contributo.

1° COLLOQUIO DEL MEDITERRANEOLA CULTURA DEL MEDITERRANEO DOPO IL TRATTATO DI BARCELLONA

(Palermo, Palazzo Steri - Sala delle Capriate, 18/19 ottobre 2013)con il patrocinio dellʼUniversità degli Studi di Palermo

e dellʼInternational University Institute for European Studies (IUIES)e la collaborazione dellʼAssociazione culturale “Laici nella Chiesa e cristiani nella società”,

Banca Nuova, Istituto di formazione politica “Pedro Arrupe”, ACI e CIF nazionali, CRI,Caritas di Agrigento, Arcidiocesi di Agrigento e Diocesi di Mazara del Vallo

venerdì 18 ottobre (ore 16-20)Introduzione ai lavori e saluto delle Autorità- lezione dʼapertura: “Importanza ed urgenza del Colloquio del Mediterraneo nel momento presente” (Sua

Ecc.za mons. Ilario Antoniazzi, Arcivescovo di Tunisi)- lezione sul “Mediterraneo e il mondo” (prof. Francesca Corrao, Libera Università internazionale degli studi

sociali “Guido Carli” di Roma)- interventi sullʼattuale situazione problematica del Mediterraneo:

* Rapporti economici fra le due sponde del Mediterraneo (prof. Marino Breganze, presidente di Banca Nuova,Università di Padova)

* Situazione socio-politica nel Nord Africa (prof. Abderrazak Sayadi, Università di Manouba)* Concezioni diverse di partecipazione politica (democrazia) (prof. Giuseppe Dal Ferro, direttore dellʼIstituto

Rezzara)- tavola rotonda: “I problemi emergenti che richiedono studio comparato” (a cura degli enti partecipanti)

sabato 19 ottobre (ore 9-13)- lezione: sul “Trattato di Barcellona (1995)” (prof. Antonio La Spina, Libera Università internazionale degli studi

sociali “Guido Carli” di Roma)- interventi sulla complessità e problematicità delle relazioni:

* Negoziare e argomentare in tema dʼidentità e di valori (prof. Francesco Viola, Università di Palermo)* Relazioni fra Stati con ordinamenti giuridici non omogenei (prof. Isabel Trujillo, Università di Palermo)* Armonizzazione fra economia e modelli di sviluppo (prof. Giuseppe Notarstefano, Università di Palermo)* Pluralismo di culture: conflitto o integrazione? (prof. Franco Miano, presidente nazionale ACI, Università Tor

Vergata di Roma)* Religioni fra integralismo e dialogo (prof. Adnane Mokrani, teologo islamico Pontificia Università Gregoriana)* Relazioni uomo donna in contesti differenziati (prof. Sherazad Houshmand, Pontificia Università Grego-

riana)* Interscambi di formazione universitaria tra Sicilia e Tunisia: percorsi concreti (prof. Patrizia Spallino, Uni-

versità di Palermo)

Allo scopo invitiamo fin d’ora coloro che parteciperanno ad inviare eventuali stimolio contributi, che raccoglieremo in precedenza e consegneremo a tutti, all’e-mail:

[email protected]

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Il Mediterraneo, “mare fra le terre”, è in un certo senso spec-chio sul quale si riflettono i problemi del mondo. Carico di sto-ria, si è evoluto per importanza continuamente nel tempo:erede delle grandi civiltà del passato, negli ultimi decennidopo la “guerra fredda”, è divenuto area periferica del-lʼAtlantismo, via di approccio allʼOriente; successivamente,con lʼestensione dellʼEuropa alle nazioni del Sud, ha riacqui-stato interesse europeo; recentemente è divenuto spazioproblematico a causa della crisi economica e dei fenomenimigratori. Il sociologo Serge Latouche osserva che è un ba-cino irto di frontiere visibili e invisibili, un fossato profondo fraeconomia in concorrenza, fra conflitti religiosi e geopolitici.Esso tuttavia potrebbe rappresentare una “grande cittadi-nanza comune, fondata sul rispetto e sulla complementarietàdelle culture”. Se lʼEuropa ponesse più attenzione allʼAfricadiventerebbe il centro del mondo: “Sarebbe lʼEuropa di unaciviltà più conviviale, più umana, più sociale, più tollerante, piùculturale, fondata sui valori mediterranei derisi o rimossi: lasolidarietà, il senso della famiglia, unʼarte del vivere, una con-cezione del tempo e della morte”, oltre ad essere un poten-ziale mercato di 40 Stati con 700 milioni di consumatori.

INTERESSE PER IL MEDITERRANEO

La passione per il Mediterraneo, nata nel secondo Ottocento,ha fra i protagonisti Fernand Braudel, che vedeva in questomare una unità, una coerenza, un medesimo destino, unagrandezza conseguente allʼanalisi empirica, caratterizzatadal clima temperato e da una certa vegetazione, dalle co-municazioni e dalle relazioni interculturali, da una ricchezzadi storia e di civiltà; Giorgio La Pira negli anni Cinquanta delsecolo scorso parlava di “spazio mediterraneo punto nevral-gico della pace mondiale”, e per quattro volte organizzò a Fi-renze i Colloqui mediterranei (1958, 1960, 1961, 1965). Ilfatto più significativo per il Mediterraneo nellʼultimo periodo èrappresentato dalla Conferenza di Barcellona (1995), dopolʼUnione del Magreb arabo (1989) e il documento italo-spa-gnolo di Palma di Maiorca (1990). In essa 27 Paesi riviera-schi sancirono un Trattato di partenariato di lungo periodocon tre obiettivi specifici: 1) avviare un regolare dialogo e unrapporto di cooperazione per combattere il terrorismo, resi-stere allʼimmigrazione clandestina e alla criminalità, risolvereil conflitto israeliano-palestinese; 2) formare una “zona di li-bero scambio” per una prosperità condivisa, con unʼatten-zione alle popolazioni più povere, con inizio nel 2010; 3)riavvicinare le sponde con reciproca conoscenza e com-prensione delle culture e religioni. A dieci anni di distanza siè ripetuta la Conferenza a Barcellona con esiti deludenti: lʼEu-ropa ha trasformato il partenariato in “politica europea di vi-cinato” e demandato i propositi precedenti a rapporti bilateralifra Stati. Le attenzioni dellʼEuropa si erano spostate nel frat-tempo al suo allargamento verso i Paesi dellʼEst europeo ela politica atlantica si era nuovamente sostituita alla politicaeuropea a causa del terrorismo. È venuta meno così la pro-spettiva, scrive Bruno Amoroso, di unʼEuropa in costruzioneche vedeva nel Mediterraneo il baricentro della propria sto-ria e unʼispirazione “multiversale”, luogo di sperimentazionee dimostrazione della diversità europea, rispetto a un mo-dello di colonizzazione atlantica occidentale. Sono venute a delinearsi così due concezioni di Mediterra-neo, la prima perdente preoccupata della coesione sociale diunʼarea del mondo ricca di tradizioni, di cultura e di civiltà, laseconda protesa allʼaffermazione di identità forti per una mo-dernità da promuovere con ogni mezzo, identificata conlʼestensione dei modelli atlantici di economia, di democrazia,di cultura.

INTERESSE DA RECUPERARE

Il Trattato di Barcellona, carico di idealità e di utopia, indicauna strada da percorrere. La “politica di vicinato” ha fatto pur-troppo riemergere gli interessi particolari ed ha frammentatociò che si voleva unire. In questi anni sono apparsi anche i li-miti di un Trattato che escludeva Paesi mediterranei comela Libia, la Mauritania, ed i Paesi balcanici e che non ha coin-volto lʼEuropa e la Lega araba. La prevalenza dei problemieconomici poi su quelli culturali ha fatto rinascere suprema-zie e condizionamenti, ridotto le relazioni a solidarietà più omeno interessate in casi di emergenze umanitarie. Forse al-lora è indispensabile ricominciare dalla cultura, dalle relazionifra i popoli del Mediterraneo, con un confronto franco e unaricerca di relazioni fra diversi, orientata alla costruzione di unethos comune, di una convivenza basata sul rispetto reci-proco e sulla condivisione di una storia e del futuro.La Cattedra del Rezzara “Studi sul Mediterraneo”, creata dal-lʼIstituto Rezzara di Vicenza unitamente allʼAssociazione“Laici nella Chiesa e cristiani nella società” di Alessandriadella Rocca (Agrigento), si propone con i “Colloqui del Me-diterraneo” di unirsi a quanti si interessano di questo “marefra le terre”, offrendo un proprio contributo per “risostanziare”con la cultura e le relazioni fra i popoli firmatari del Trattato diBarcellona. Suo proposito è incrementare i confronti fra leélites culturali dei Paesi del Mediterraneo, avviare una rete fravari centri culturali, per uno studio ed un confronto su alcunitemi comuni, con unʼattenzione di riguardo ai giovani e alledonne, che esprimono nuove domande di crescita nella co-noscenza e chiedono spazi di elaborazione culturale al di làdelle facili radicalizzazioni e contrapposizioni. Fenomenicome lʼimmigrazione e la primavera araba sembrano indi-care lʼutilità di questo lavoro congiunto, che non riguarda soloproblemi circostanziati di spazio e di tempo ma esprime il fu-turo di un mondo globalizzato.

IL PRIMO COLLOQUIO DEL MEDITERRANEO

Il primo Colloquio del Mediterraneo si svolgerà a Paleremonei giorni 18/19 ottobre 2013, presso Palazzo Steri, sede del-lʼUniversità di Palermo, nella Sala delle Capriate. Esso godedel patrocinio dellʼUniversità di Palermo e del Consorzio in-ternazionale universitario IUIES con sede a Gorizia. Ad essocollaborano attivamente il Centro P. Arrupe di Palermo,lʼAzione Cattolica italiana ed il Centro femminile italiano na-zionali, la Caritas di Agrigento, la Croce Rossa sicula, mons.Domenico Mogavero Vescovo di Mazara del Vallo.Lʼincontro di Palermo del prossimo ottobre, il primo, si pro-pone di far emergere i veri problemi da approfondire suc-cessivamente in modo congiunto con centri culturali italiani emagrebini da collegare in rete. Lʼinteresse potrà successiva-mente estendersi anche ai Paesi del Medio Oriente bagnatidal Mediterraneo. Sono previste nel Colloquio due sezioni dilavoro: la prima diretta ad individuare i problemi prioritari delMediterraneo, sui quali concentrare prossimamente lo stu-dio, la seconda orientata a cogliere la situazione attuale dellerelazioni: movimenti in atto con riferimento allʼeconomia, allapolitica, alle culture e alle relazioni. Nella prima sezione sonoprevisti brevi interventi degli enti partecipanti al Colloquio conriferimento alle schede allegate. Tutti i partecipanti sono in-vitati ad arricchire con il proprio contributo il Colloquio.In tal modo la Cattedra Rezzara intende avviare il proprioprogetto di “Studi del Mediterraneo”, legando in rete nella ri-cerca centri di studio antropologico-sociale di vari Paesi. Suc-cessivamente futuri Colloqui potranno mettere insieme ediffondere i risultati raggiunti.

Riflessione introduttiva

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In questo momento la Tunisia vive un periodo cru-ciale della sua storia politica con lʼultima fase dellaredazione della sua nuova costituzione. Ma cʼé at-tualmente un dibattito nellʼassemblea che minac-cia di far entrare il Paese in una nuova crisi politica.Il dibattito ha come oggetto lʼintroduzione o no nellaCostituzione di una referenza alla valore “univer-sale” dei diritti dellʼuomo. Gli islamisti del partito delgoverno “Ennahdah” non vogliono. Per loro la Tu-nisia fa parte del mondo arabo-musulmano e devedifendere la sua specificità culturale e soprattuttounʼidentità musulmana. Ma per lʼopposizione laicae progressista la Tunisia é un Paese dello spaziomediterraneo, un Paese vicino allʼEuropa e dunquedeve tendere alla sua apertura storica sullo spaziomediterraneo del nord e non solo allo spazio arabodel sud. La Tunisia dovrebbe mantenere la sua po-sizione di ponte tra il nord e il sud del Mediterra-neo tra le due civilizzazioni europea-cristianadellʼEuropa e araba-musulmana dellʼAfrica. Ab-biamo dunque due concezioni che si contrappon-gono sulla questione dellʼidentità tra universalità especificità e dunque due progetti di società. Inquale direzione andrà la nuova Tunisia post-rivolu-zione? Quale sarà la buona scelta? È possibileconciliare universalità e specificità? Qual é lo statodellʼopinione tunisina di fronte a questo dibattito?

Il documento della Conferenza Episcopale ItalianaPer Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiornoriconosce “una nuova centralità geografica del Me-diterraneo”, per dare senso e contenuto a un con-testo vitale che rimane cruciale per il presente e ilfuturo del mondo. In particolare il documento ri-chiama la rete di nuove relazioni stabilite tra le duesponde del mare nostrum da parte di università ecentri di ricerca, imprese ed entità amministrative“in un confronto di modelli culturali, sociali ed eco-nomici tendenti a costruire una sorta di cittadinanza«aperta», che può realizzarsi intorno al comune de-nominatore del Mediterraneo” (n. 7). Lʼoggetto e laqualità del rapporto ipotizzato mirano a dar vita anuove sintesi arricchenti orientate verso lʼideale diuna apertura tendenzialmente capace di vincereparticolarismi e belligeranze dei quali questo mareè, malauguratamente, arena dallʼantichità a oggi.

In questo contesto, è stato molto importante il ruolodelle Chiese che si sono impiantate sulle rive delMediterraneo, Chiese di gloriosa tradizione chehanno dato i natali a figure significative non soloper la storia ecclesiastica e del pensiero cristiano,ma anche per il progresso umano. Lo strumento più significativo che può dare con-cretezza a questa visione è senza dubbio il dialogocon il complesso di atteggiamenti idonei a favorirlocome correttezza, stima, simpatia, bontà, assenzadi condanne aprioristiche, di polemica offensiva eabituale. Uno sbocco del dialogo è quello di impa-rare ad abitare le nuove frontiere della multicultu-ralità, soprattutto trovando nuovi approcci verso ilfenomeno dellʼimmigrazione, sfida decisiva per ilnostro tempo.Un valore aggiunto alla promozione del dialogo in-terculturale è indubbiamente rappresentato dallapresenza cristiana, variamente realizzata, sullʼin-tero bacino del Mediterraneo. Intensificando i rap-porti di dialogo e di scambio, le Chiese cristianepossono offrire, quindi, modelli costruttivi di rela-zioni umane orientate allo sviluppo e alla promo-zione della pace. Il dialogo interculturale,scongiurando scontri di civiltà, culture e fedi, puòfavorire un incontro arricchente e costruttivo pro-prio perché può avvalersi di molteplici diversità, chesono indubbiamente non una problematica criticitàma una grande risorsa. Questo dialogo, cantiereaperto a tutti, deve liberare tutte le energie idoneea offrire una nuova grammatica relazionale, capacedi costruire nella reciprocità, con pazienza e profe-zia, la civiltà dellʼamore, come nuova medicina perguarire tante incomprensioni e conflitti tra i popoli ele religioni. Lʼapporto delle religioni al dialogo interculturale sipuò sinteticamente racchiudere in questa espres-sione: Dallʼorgoglio della verità, al servizio alla ve-rità. “Le religioni possono mettersi insieme perservire il bene comune e contribuire allo sviluppo diogni persona e alla edificazione della società. I cri-stiani del Medio Oriente vivono da secoli il dialogoislamo-cristiano. Per loro, questo è il dialogo dellae nella vita quotidiana” (Ecclesia in Medio Oriente,n. 28).“In mezzo ai tormenti, alle difficoltà della vita, lagente cosa chiede? Chiede modelli, riferimenti […](per) costruire la società del convivere” (SamirFranjiyyeh), nel mare nostrum, culla di un nuovoumanesimo mediterraneo.

Il Mediterraneo pone in primo piano il confronto fracultura occidentale, erede della riflessione culturaleeuropea e cristiana, e la cultura arabo-islamica,

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SCHEDA ③③ISTITUTO DI SCIENZE SOCIALI

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SCHEDA ②②MONS. DOMENICO MOGAVERO,

VESCOVO DI MAZARA DEL VALLO

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SCHEDA ①①PROF. ABDERRAZAK SAYADI,

UNIVERSITÀ DI MANOUBA

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frutto di una lunga esperienza ispirata ai valori co-ranici. Quali possono essere i temi del confronto eancor più i percorsi di avvicinamento delle due cul-ture?

1. Cultura occidentale. Lo sviluppo nei secoli haaccentuato in Occidente il valore dellʼindividuo,della soggettività, fonte di creatività e di re-sponsabilità. Gli sviluppi sociali hanno trovatonello Stato di diritto e nella democrazia rappre-sentativa un modo di organizzarsi socialmente.Le categorie culturali maturate sono i dirittiumani, la tolleranza, la laicità dello Stato. Diffi-coltà provengono dallʼattuale conflittualità, dallelogiche di potere, dalla progressiva soggettiviz-zazione della religione con una sua perdita disignificato nello spazio pubblico, prevalenzadellʼeconomia e finanza.

2. Cultura arabo-islamica. È portatrice di una vi-sione unitaria di religione, cultura e politica, diuna concezione di rappresentanza politica deigruppi sociali e talvolta tende ad esprimersi informe di integralismo. Trova una certa difficoltànellʼaccettare una società pluralista e il con-cetto di laicità. La religione domina lo spaziopubblico. Nei diritti privilegia i diritti collettivi ei valori che non possono essere negoziati de-mocraticamente.

3. Percorsi di confronto. Il confronto richiede unlavoro graduale per lʼOccidente di recupero deivalori collettivi, per la cultura arabo-islamica deivalori individuali.LʼOccidente potrebbe riflettere sui suoi pensa-tori che definiscono lʼuomo come “relazione” esulla maturazione di una laicità positiva chepromuove tutte le religioni nello spazio pub-blico e che elabora una Carta dei “diritti dellenazioni” (meglio dei popoli), che GiovanniPaolo II riteneva mancante nel suo discorsoallʼONU in occasione del quarantennio dei di-ritti umani.La cultura arabo-islamica potrebbe, alla lucedellʼesperienza storica, arrivare a distinguerepolitica e religione accettando nello spaziopubblico il pluralismo delle religioni e delle cul-ture presenti nella società, recuperare i dirittiindividuali ponendo attenzione al movimentocivile del “femminismo islamico”, ripensare ainuovi modelli di convivenza di tipo democra-tico a partire da alcuni valori presenti nella suatradizione quali la consultazione, il consensocomunitario, lʼaccettazione del sistema poli-tico, il bene pubblico, la libera elezione delCapo dello Stato.

4. Obiettivi comuni. Nel confronto le due culturetrovano obiettivi condivisi, quali il rispetto di re-gole comuni di convivenza, la necessità di unavita pubblica sensibile ai valori religiosi e al-lʼetica, il valore della famiglia, la promozione deidiritti umani soprattutto delle fasce svantag-giate, il rispetto dellʼambiente, la pace bene es-senziale dellʼumanità.

1. Introduzione. “Se riusciamo ad andare al di làdel mare, riusciremo a comprendere quello cheè il nostro ruolo: avere la consapevolezza chesi può costruire un ponte tra noi e i nostri fratellitunisini, facendo si che non sia solo a parole madiventi realtà di carne ed ossa”. (Mons. F. Mon-tenegro - Arcivescovo di Agrigento - forumMeET - Amico del Popolo, n. 9 del 03.03.2013).Lʼauspicio autorevole dellʼArcivescovo di Agri-gento della costruzione del “ponte” con la Tuni-sia è evidente che era compreso, in forma piùampia, tra gli obiettivi della Conferenza di Bar-cellona del 1995. La conferenza necessaria-mente allargava lo sguardo a tutta lʼaereaeuro-mediterranea, proponendo forme di dia-logo e di cooperazione, attivando modalità di co-noscenza e dʼinterscambio nel campo sociale,economico, culturale, politico e religioso.In buona misura, le intenzionalità fortemente po-sitive di Barcellona finivano con il collegarsi allaformidabile “Architettura mediterranea” conce-pita da Giorgio La Pira negli anni ʻ50 e portataavanti con i Colloqui del Mediterraneo.Purtroppo, gli eventi succedutesi da allora, nelmondo, in Europa e nei Paesi che si affaccianonel Mediterraneo (primavera araba ed evolu-zione successiva) ci dicono di esiti sinora delu-denti, se non di veri fallimenti e frustrazioni diquei buoni propositi, diretti a realizzare miglioricondizioni di convivenza, di civiltà, di sviluppo,di pace tra i popoli, di edificazione di storienuove per gli uomini e per i popoli del terzo mil-lennio.

2. Attenzione al percorso democratico. - Convintidella validissima e feconda prospettiva lapiriana,nel modesto tentativo di evocare e attivare leprospettive di Barcellona, pare oggi che sia cen-trale porre lʼattenzione sul difficile cammino de-mocratico dei Paesi arabi. È evidente chequesta attenzione non debba essere disgiuntada un riferimento e da un parallelo costante conil percorso democratico dei Paesi dellʼoccidentee dellʼEuropa.- Ci si chiede: se la democrazia è un valore, unagrande conquista di civiltà, pare universalmentericonosciuta da Atene a Roma, allʼetà contem-poranea, perché la via democratica è tanto dif-ficile da percorrere oggi, specie nei Paesi arabi?- Di certo le democrazie occidentali, seppure for-temente consolidate, presentano notevoli limiti econflitti. * Interessante e necessario, pertanto, è già ca-pire ed approfondire il processo di sviluppo delledemocrazie occidentali nella loro essenza e nelloro esercizio (dalla democrazia rappresentativaa quella deliberativa). È, altresì, necessario ca-pire come questi processi possano influire e aiu-tare i Paesi arabi dellʼarea mediterranea.

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SCHEDA ④④ASSOCIAZIONE CULTURALE LAICI

NELLA CHIESA E CRISTIANI NELLA SOCIETÀ

DDEEMMOOCCRRAAZZIIAA DDAA CCOOSSTTRRUUIIRREE

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Ma, in questi Paesi, i problemi dellʼinstaurazione,del consolidamento e dellʼesercizio della demo-crazia sembrano più gravi, differenti e anche dialtra natura. Gli studiosi parlano di “carenza dicultura democratica” nei Paesi arabi.* Bisogna, perciò, approfondire, alla radice,quali visioni culturali della società convivonooggi nei Paesi arabi. Si tratta spesso di visioninon solo diverse, ma addirittura contrapposte.Ma, da visioni culturali diverse e contrapposteoriginano visioni diverse e contrapposte dellademocrazia. È ciò che facilmente si può con-statare, seguendo la cronaca quotidiana delleagitazioni e dei movimenti arabi.* Come è evidente che si originano pure formedi Stato e di Governo diverse e contrapposte.Da una parte emergono spinte fondamentalisteper stati teocratico - religiosi, dallʼaltra forti aspi-razioni e tensioni verso stati laici, democratici,moderni. In questo contesto, non possono na-scere facilmente modelli nuovi di democraziaaraba, idonei a superare oggi quelli esistenti,spesso in conflitto. * Ma, in positivo, non sono già allʼopera nuovee più mature visioni culturali della società,della democrazia, dello Stato? Non sono giàin atto spinte e realtà di superamento delle vi-sioni fondamentaliste, integraliste, religioso-teocratiche?* Come si collocano e quali concretamente sonole forze sociali, culturali, politiche in conflitto?È possibile promuovere tensioni e spinte cul-turali verso democrazie, ovviamente “arabe”,orientate ai valori universali riconosciuti, versoun umanesimo pieno, verso la laicità positiva?

3. I giovani. * Quale il ruolo dei giovani nella pri-mavera araba e nella situazione attuale?- Secondo gli analisti più autorevoli i giovaniarabi hanno giocato il ruolo di attori principalinella “primavera araba”. È evidente che a lorocompete, ancora di più oggi, il ruolo di protago-nisti per lʼevoluzione delle situazioni determina-tesi. E ciò per ragioni molteplici:- Generazione nuova, più colta, più istruita, in-formatizzata, più politicizzata, più socializzata,non ideologica, pragmatica;- Generazione disincantata che nutre profondoscetticismo e sfiducia nello stato religioso-teo-cratico: il modello di stato islamico non è più unpunto di riferimento;- Generazione che vive in modo nuovo la pro-fessione e la pratica religioso-islamica: lʼIslamconosce, in certa misura, la stessa evoluzionedel Cristianesimo dopo il Vaticano II;- Orientamento politico verso sistemi parlamen-tari pluripartitici (privilegiato il modello AKPTurco).* Come allargare, promuovere, sollecitare leconsapevolezze comuni del mondo giovaniledellʼarea euro-mediterranea?- a livello politico: più libertà e più democraziacontro dittature, autoritarismi, involuzioni, limitie ritardi;- a livello sociale: per promuovere e favorire,rendere concretamente praticabile lʼascesa so-ciale;

- a livello economico: superamento degli osta-coli allʼiniziativa economica, a fare impresa, acrescere economicamente;- a livello territoriale: per superare i confini, fa-vorire la libera circolazione, i viaggi.* Quale dialogo, quali forme di cooperazione,quali iniziative e quali progetti possono esserepromossi tra i giovani arabi e i giovani dellʼEu-ropa, per spingere in avanti il processo laico, de-mocratico, di valore, già in atto?

4. Promozione di coscienza culturale euro-medi-terranea. * Lettura della situazione attuale neidue versanti: europeo e mediterraneo.* Potenzialità e possibilità di alimentazione ecrescita dei soggetti: persone singole, famiglie,associazioni, gruppi, movimenti, scuole, enti pri-vati, enti pubblici…* Individuazione di soggetti promotori e inizia-tive per la formazione culturale euro-mediterra-nea.* Individuazione di eventuali soggetti dellʼareamagrebina, per lʼazione di coscientizzazioneculturale euro-mediterranea.* Elaborazione comune, per il prosieguo, di pro-getti mirati, con lʼindividuazione/previsione degliobiettivi e delle ricadute possibili sulle aree euro-mediterranee.

Lʼarea del Mediterraneo ha storicamente dimo-strato una sua valenza geopolitica strategica, so-prattutto come area di incontro e di interazione diculture.Questo processo è riuscito ad avere una sua conti-nuità storica e, pur con contraddizioni e salti logici,si è sviluppato privilegiando le occasioni di incontroe di collaborazione tra civiltà e culture rispetto aquelle di scontro e di chiusura. Questo processo èancor più significativo perché si è dispiegato in unoscenario profondamente eterogeneo.A questi tratti costruttivi del processo in questionequasi sempre non si è riuscita ad accompagnareuna spinta politica e istituzionale degli attori pre-senti sullo scenario e coinvolgibili a questo titolo.Questa dimensione si è mantenuta al di sotto delleproprie possibilità di azione, non solo quando lacomponente nazionalistica era nettamente preva-lente, ma anche quando si sono aggiunti attori so-vranazionali (lʼUnione Europea, lʼUnione Africana,ecc.) che sembravano strutturalmente più adatti asvolgere questo ruolo. I più recenti progetti inter-nazionali di intervento sullʼarea non hanno mante-nuto la promessa politica che era stata loroaffidata.Al tempo stesso, nonostante la fragilità di questecomponenti politiche e istituzionali, il processo di in-

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SCHEDA ⑤⑤CENTRO STUDI SOCIALI

“PEDRO ARRUPE” - PALERMO

IILL PPAATTRRIIMMOONNIIOO SSOOTTTTOOTTRRAACCCCIIAA

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terazione sin qui riscontrato non è un risultato daconsegnare alla sola spiegazione economica ecommerciale.Lʼipotesi di lavoro è quella di provare a tratteggiarelo stato dellʼarte sulle componenti non strettamenteeconomiche e non squisitamente politiche chehanno permesso allʼarea mediterranea, anche incondizioni non ottimali, di dispiegare una potenzia-lità geopolitica a favore di una pacifica e proficuacoesistenza di popoli e culture diverse.Lʼidentificazione più attenta di questi percorsi vir-tuosi (progetti, associazionismo, scambi culturali,cooperazione, insediamenti etnici, ricongiungimentifamiliari, riformulazione della presenza sul territo-rio, volontariato, forme nuove di dialogo), la consi-derazione degli attori sociali che hanno saputomuoversi in un tale scenario e la ripresa di que-stʼinsieme a livello riflessivo possono offrire unabase più robusta, da un lato, ad altri tipi di inter-vento settoriali su questʼarea e, dallʼaltro, a un ri-torno di protagonismo della politica e delleistituzioni a questo specifico livello.

Il Mediterraneo storicamente e geograficamente hasempre messo in comunicazione i Paesi che diret-tamente o indirettamente vi si affacciano, comuni-cazione che è sempre avvenuta su layout differenti:commerciali, culturali, religiosi, artistici. Negli ultimi anni, invece, al contrario di quanto èaccaduto nella storia, il Mediterraneo è divenutonon un “ponte” ma bensì una frontiera, che dividelʼEuropa dallʼAfrica… questa “frontiera” si percepi-sce nettamente quando si affronta lʼargomento im-migrazione. Spesso si sente parlare di “problema dellʼimmigra-zione”, dando quindi implicitamente una accezionenegativa, mentre lʼimmigrazione di per se non è unproblema, bensì un normale e necessario feno-meno (antropologico) di crescita dei popoli. Lʼuomo ha sempre cercato luoghi in cui migliorarele proprie condizioni e il proprio tenore di vita, equindi ha sempre messo in atto il fenomeno mi-gratorio in maniera naturale e spontanea. Negli ultimi anni però lʼimmigrazione ha assuntoconnotati assai diversi rispetto al passato, oggimolte persone sono vittime di tratta e traffico di es-seri umani, fenomeni che portano la nostra memo-ria a situazioni del passato, come la schiavitù. Il crimine organizzato internazionale sfrutta le per-sone che per necessità (socio-politiche, economi-che, religiose, mancanza di libertà di religione o dipensiero…) lasciano i propri Paesi di origine, perusarle come merce. Questi migranti per inseguire la speranza diven-tano così inesorabilmente sempre più vittime,spesso inconsapevoli, prima, durante e dopo il

viaggio. Viaggio che a volte finisce in tragedia: lecondizioni delle imbarcazioni sulle quali vengonotrasportati i migranti sono sempre più precarie, enon importa neppure se il mare sarà in tempe-sta… in fondo non importa se arriveranno o nodallʼaltra parte del Mediterraneo perché hanno giàavuto un valore commerciale, per i trafficanti diuomini i migranti equivalgono a denaro contante…così il Mediterraneo si trasforma da speranza atomba, e troppe volte ciò accade nel silenzio quasitotale dei media. Media che non sempre affrontano il fenomeno mi-gratorio con la consapevolezza che dietro al ter-mine “immigrato” cʼè la vita di un essere umano,ma che al contrario utilizzano immagini e parolecon toni volutamente allarmistici. Altri migranti, quelli che riescono a sbarcare, nonsempre concludono la loro esperienza drammatica,ma diventano ancora una volta vittime, spessonelle mani di altri sfruttatori e di altre forme di sfrut-tamento simili a forme di schiavitù, come per esem-pio lavorare nei campi per 15/18 ore al giorno per30 euro (5 dei quali li devono al caporale per il tra-sporto, 3 euro per avere un panino e 2 euro per unabottiglia dʼacqua… poi cʼè il posto letto, altri 10/15euro), oppure se si tratta di giovani ragazze ven-gono costrette a prostituirsi per anni per ripagare ildebito del viaggio. La Croce Rossa Italiana ritiene quindi fondamen-tale portare allʼattenzione degli attori di questi in-contri le criticità reali legate allʼimmigrazione, e cioèi problemi relativi alla tratta e al traffico di esseriumani, allo sfruttamento, alla salvaguardia dellavita e della salute, ed al rispetto della dignità del-lʼuomo.

1. Il Centro Italiano femminile nel suo statuto in-dica tra le sue finalità:- operare per la realizzazione di una convivenzademocratica;- promuovere i diritti di cittadinanza della donnae la sua partecipazione alla vita delle istituzioni;- collaborare affinché sia superata ogni forma didiscriminazione e sia praticata una politica dellepari opportunità:- operare nelle sedi opportune per la tutela dellafamiglia

2. Le donne del Cif di Sicilia sono immerse nel Me-diterraneo e vorrebbero instaurare rapporti dicollaborazione e solidarietà con tutte le donneche vivono nei Paesi che sul Mediterraneo si af-facciano.Ci piacerebbe instaurare rapporti di collabora-zione, nellʼottica delle competenze femminili, nelcampo delle:

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o SCHEDA ⑥⑥CROCE ROSSA ITALIANA -

COMITATO REGIONALE DELLA SICILIA

IILL PPRROOBBLLEEMMAA IIMMMMIIGGRRAATTII

SCHEDA ⑦⑦

CENTRO ITALIANO FEMMINILE NAZIONALE

II TTEEMMII DDEELLLLAA DDOONNNNAAEE DDEELLLLAA FFAAMMIIGGLLIIAA

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- pari opportunità;- cultura (teatro, cinema, musica, danza, arti fi-gurative)- salvaguardia dellʼambiente- istruzione- tutela dei beni ambientali e culturali- economia.

3. Sono temi che affrontiamo nel nostro lavoro as-sociativo quotidiano e ci piacerebbe condividerei nostri saperi.

Il Mediterraneo è luogo di cultura, storia, civiltà, re-ligioni, crogiuolo di identità e tradizioni differenti.Attraverso questo antico mare numerosi popolihanno imparato a conoscersi, incontrarsi e dialo-gare. Attorno al mare nostrum si sono realizzatieventi di fondamentale e positiva importanza per lastoria dellʼumanità, che possono costituire, ancoraoggi, sprone significativo per fronteggiare i pro-blemi odierni. Nel Colloquio Mediterraneo, pro-mosso da Giorgio La Pira nel 1960, si riconoscevail Mediterraneo come “luogo privilegiato”, “sorgenteinestinguibile di creatività, un focolare vivente e uni-versale dove gli uomini possono ricevere le lucidella conoscenza, la grazia della bellezza e il ca-lore della fraternità”.Da lungo tempo, tuttavia, i Paesi dellʼarea mediter-ranea sono percorsi da crisi e conflitti di diversa na-tura, che ne hanno lacerato il tessuto sociale eindebolito lʼassetto delle istituzioni economiche epolitiche. La natura di tali crisi e conflitti ha spessoorigini peculiari e risalenti nel tempo. Tra i fattori dimaggiore complessità vanno annoverati, innanzi-tutto, la difficile relazione tra potere politico, societàcivile e religione, nonché il sottosviluppo econo-mico, aggravato del rapido innalzamento demo-grafico degli ultimi decenni e dalla difficilecondizione della donna. Occorre in primo luogo constatare che sono statidisattesi gli intenti del trattato di Barcellona, siglatonel 1995 dalla prima conferenza euromediterraneaper “istituire un partenariato globale al fine di tra-sformare il Mediterraneo in uno spazio comune dipace, di stabilità e di prosperità attraverso il raffor-zamento del dialogo politico e sulla sicurezza, unpartenariato economico e finanziario e un partena-riato sociale, culturale e umano”.

Le questioni più scottanti che hanno interessato lesponde meridionali del Sud del Mediterraneo -prima tra tutte la questione israelo-palestinese - in-sieme ad una visione politica rimasta sostanzial-mente eurocentrica hanno infatti impedito - pur trasforzi importanti - il raggiungimento degli obiettiviiniziali. LʼEuropa, tuttavia, non può sottrarsi oltre-modo dallʼaffrontare la sfida del Mediterraneo.Tanto meno può farlo lʼItalia, crocevia privilegiatodi popoli e culture, ponte tra Africa ed Europa. Lasituazione attuale, dunque, chiama gli attori euro-pei a ridefinire il proprio ruolo rispetto al contestomediterraneo, sul piano politico, sociale e istituzio-nale, evitando storici condizionamenti di naturaeconomica. In tale scenario lʼAzione Cattolica continua a colti-vare il sogno di Giorgio La Pira dellʼunità della fa-miglia umana. Insieme con La Pira sentiamo laresponsabilità della costruzione di un Mediterraneoche possa diventare davvero il cuore “dellʼedifica-zione della storia nuova del mondo”Il Presidente dellʼAzione Cattolica, FrancoMiano, in occasione della sua visita Lampedusa,nel sottolineare lʼimportanza di politiche di inte-grazione sociale, politica e istituzionale, e nel ri-chiamare il ruolo dellʼEuropa in questa direzione,ha ribadito che “abbiamo alcuni valori fonda-mentali di riferimento che ci derivando dalla Dot-trina sociale della Chiesa (…) centralità dellapersona, solidarietà e giustizia (…) esperienzevere di integrazione e accoglienza”. Da Lampe-dusa, dunque, lʼAzione Cattolica ha rilanciato ilproprio impegno per ristabilire, nel segno dellacomune responsabilità per la pace e il rispettodella dignità della persona umana, i rapporti trale sponde contrapposte del Mediterraneo, a par-tire dalle questioni legate alle politiche su immi-grazione e integrazione e al rapporto dellecomunità civili ed ecclesiali con presenze mul-tietniche e multiculturali.Un impegno che fa eco alle indicazioni importanticonsegnate dal Santo Padre, Benedetto XVI, al-lʼAssociazione in occasione della XIV AssembleaNazionale: “LʼAzione Cattolica può aiutare lʼIta-lia a rispondere alla sua vocazione peculiare, col-locata nel Mediterraneo, crocevia di culture, diaspirazioni, di tensioni che esigono una grandeforza di comunione, di solidarietà e di generosità.LʼItalia ha sempre offerto ai popoli vicini e lontanila ricchezza della sua cultura e della sua fede,della sua arte e del suo pensiero. Oggi voi laicicristiani siete chiamati ad offrire con convinzionela bellezza della vostra cultura e le ragioni dellavostra fede, oltre che la solidarietà fraterna, af-finché lʼEuropa sia allʼaltezza delle presente sfidaepocale”.La Presidenza nazionale dellʼAzione Cattolica Ita-liana e lʼIstituto di diritto internazionale per la pace“Giuseppe Toniolo”, pertanto, guardano al PrimoColloquio del Mediterraneo, promosso dalla Catte-dra Rezzara su “Studi del Mediterraneo”, come adunʼoccasione preziosa e feconda per lʼimplemen-tazione di un partenariato (Nord-Sud/Sud-Nord),equilibrato, fonte di dialogo e pace tra i popoli delMediterraneo, che ne valorizzi la cultura e consentadi riconoscerne i beni comuni e promuoverne lo svi-luppo integrale.

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SCHEDA ⑧⑧PRESIDENZA NAZIONALE

DELLʼAZIONE CATTOLICA ITALIANAISTITUTO DI DIRITTO INTERNAZIONALE

PER LA PACE “GIUSEPPE TONIOLO”

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Gli scontri fra la polizia e i salafiti a Tunisi e a Kairouan di-mostrano che anche in Tunisia, come in Egitto, l'Islam è di-viso fra due tendenze: un partito dalla Fratellanzamusulmana, Ennahda, e alcuni movimenti radicali fra cuiil maggiore è Ansar Al Sharia (partigiani della legge cora-nica). A prima vista la distinzione è netta. Ennahda si pro-fessa democratico, vuole tranquillizzare i laici, governareil Paese, allargare l'area del proprio consenso, ed è statoprobabilmente influenzato dall'Akp, il partito turco di RecepTayyip Erdogan che molti hanno definito, forse troppo ge-nerosamente, una «democrazia cristiana islamica». I sa-lafiti di Ansar Al Sharia, invece, formano un gruppointegralista che non nasconde le sue simpatie per AlQaeda e predica un Islam totalitario, fondato su una letturamiope e angusta del Corano. Uno dei suoi maggiori espo-nenti è Abou Iyad, oggi alla macchia, ma protagonista diuno scontro con le forze dell'ordine nella moschea di AlFath e sospettato di un attacco all'ambasciata degli StatiUniti, nel settembre 2012, in cui morirono quattro persone.Comunica con video diffusi sulla rete e il 12 maggio halanciato una sorta di dichiarazione di guerra contro En-nahda e il governo di coalizione mentre in quelle stesseore un gruppo del movimento annunciava dalla piccolacittà di Menzel Bourghiba, a sud di Biserta, che avrebbepiantato la bandiera nera della Salafia al posto della ban-diera nazionale sulla facciata del ministero degli Interni.Sono salafiti di Ansar Al Sharia, verosimilmente, i guerri-glieri (una ventina) che l'esercito ha stanato dalle grottedove si erano installati nella zona di Jebel Chambi, lungola frontiera meridionale con l'Algeria.Ho chiesto a Soufiane Ben Fahrat, commentatore della te-levisione e de La Presse, quanti siano i salafiti tunisini. Haazzardato una cifra approssimativa, diecimila, di cui al-meno tremila molto attivi nell'organizzazione e mille vete-rani di tutte le guerre arabe e musulmane combattute negliultimi trent'anni, da quella afghana contro i sovietici aquelle più recenti in Libia, Mali, Siria, Somalia, Nigeria. Lacrisi libica e, più recentemente, quella siriana hanno resola transizione tunisina ancora più drammaticamente com-plicata. Nel Paese vi sono molti esuli libici, compromessicon il regime di Gheddafi, ma anche una parte considere-vole dell'arsenale con cui le potenze occidentali e qualchePaese del Golfo hanno armato gli insorti di Bengasi e i ri-belli di Tripoli. Non è tutto. Oltre a disporre di armi, i salafiti si sono ser-viti di alcune moschee per farne altrettanti uffici di recluta-mento per la guerra siriana. Hanno mandato al fronteparecchi giovani combattenti, ma anche alcune ragazzesui quindici anni nell'ambito di una operazione che è statadefinita «jihad del sesso» o «jihad del matrimonio». Le ra-gazze non combattono, ma forniscono ai guerrieri il con-forto di un sesso benedetto dalla fede. Nel corso di unaconferenza stampa, all'inizio di aprile, il fenomeno è statodenunciato con molta fermezza dalla maggiore autorità diTunisia in materia di diritto coranico. Il Gran Mufti OthmanBattikh ha detto che i salafiti stanno corrompendo la gio-ventù tunisina, che la jihad del sesso è soltanto prostitu-zione e che «chiunque metta fine alla propria vita non puòessere un martire». Gli ho fatto visita in un vicolo della vec-chia Casbah, a pochi passi dalla piazza dove sorge il pa-

lazzo del governo. Sapevo che un imam radicale, qualchegiorno prima, lo aveva duramente criticato per le sue af-fermazioni e non sono stato sorpreso quando, rispon-dendo a una mia domanda, ha anzitutto distinto i salafitiinnocui, devoti e impegnati nella quotidiana lettura dei dettidel Profeta (con i quali è sempre possibile dialogare) daquelli di cui aveva parlato nella sua conferenza stampa.Ma le sue parole degli inizi d'aprile erano già servite nelfrattempo ad allertare le famiglie, oggi forse più attente aevitare che ragazzi e ragazze si lascino tentare dal fascinodella jihad. Un giornalista tunisino, qualche tempo fa, ha vi-sitato Damasco e il regime di Bashar Al Assad gli ha mo-strato un gruppo di giovani connazionali arrestati dopo illoro ingresso clandestino nel Paese e rinchiusi nelle car-ceri siriane. I suoi articoli, dopo il ritorno in patria, hannoavuto lo stesso effetto.Non esistono soltanto i salafiti reclutati per la guerra si-riana. Esistono anche quelli che pretendono di modifi-care i costumi laici delle università tunisine. Un docentedella Università di Manouba mi ha raccontato che ungruppo composto da ragazzi e ragazze ha fatto irruzionenella facoltà di lettere. I ragazzi avevano folte barbe, ve-stivano camicioni sgualciti e calzoni lunghi sino al pol-paccio (per facilitare le abluzioni rituali), mentre leragazze erano coperte dal niqab, un velo integrale che la-scia agli occhi soltanto una sottile feritoia. I loro porta-voce pretendevano che le ragazze fossero autorizzate aportar il velo durante le lezioni e gli esami. Il consiglio ac-cademico ha respinto la richiesta («non si può insegnarea un muro») e le ragazze, assatanate, hanno buttato al-l'aria l'ufficio del preside che è riuscito a spingerle fuoridella stanza, ma a prezzo di una denuncia per aggres-sione con certificati medici scritti da medici compiacentiin cui si leggeva che sulle guance delle giovani donne vierano «tracce di schiaffi». Il pover'uomo ha dovuto at-tendere un anno prima di essere assolto da qualsiasi im-putazione. Lo hanno aiutato gli interventi di moltiprofessori di università europee, soprattutto francesi,mentre il ministro tunisino della Istruzione superiore, chia-mato in causa dall'università di Manouba, si limitava araccomandare il dialogo e la comprensione. Alcuni deilaici incontrati a Tunisi sono convinti che Ennahda indossila maschera della tolleranza quando parla al mondo, maconservi stretti legami di affinità con l'Islam radicale in cuiha le sue vecchie radici.A me sembra piuttosto che il partito provi di fronte a que-sti «ragazzacci» lo stesso imbarazzo dei comunisti italianiquando scoprivano che molti terroristi degli anni Settantaappartenevano al loro «album di famiglia». Ameur Lara-yedh, fratello del primo ministro, e Osama Al Sarigh, de-putato della Costituente eletto dai tunisini residenti in Italia,mi hanno detto che il loro partito non intende tollerare al-cuna forma di violenza e che ogni illegalità sarà affrontatacon il rigore della legge. Ma il nodo dei legami che ancorauniscono il maggiore partito tunisino al suo retroterra isla-mico radicale non è di quelli che si possono sciogliere gar-batamente o con affermazioni di principio. Per esseretotalmente credibile Ennahda dovrà tagliarlo.

Sergio Romano, in «Il Corriere della Sera», 20 maggio 2013

Lʼora della resa dei conti fra le due anime dell'IslamTunisia: il leader di Ansar Al Sharia è Abou Iyad, oggi alla macchia, sospettato di un attacco al-l'ambasciata Usa nel settembre 2012. I moderati di Ennahda contro le bandiere nere dei jihadisti.

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da «Il Corriere della Sera»La Tunisia ha un primato di cui è orgogliosa. È il Paeseche ha acceso la scintilla delle rivolte arabe, si è sba-razzata del suo tiranno in meno di due mesi, ha riscal-dato i cuori di tutti i giovani della regione. Senzal'esempio tunisino non vi sarebbero stati al Cairo i moti dipiazza Tahrir e quasi contemporaneamente le grandi ma-nifestazioni algerine, marocchine, libiche. Quando il gio-vane Mohammed Bouazizi si dette fuoco di fronte almunicipio di Sidi Bouzid il 17 dicembre 2010, il gestosembrò quello di un povero ragazzo che non riusciva atrovare lavoro, vendeva verdura con un carretto ed eracontinuamente tartassato dalla polizia. Sembra che unapoliziotta l'avesse schiaffeggiato e che Mohammed, di-sperato e umiliato, abbia messo in scena la propria mortecome gesto di estrema protesta. Ma quando la notizia,durante la sua lunga agonia, salì lungo il Paese sino allecittà del nord e alla capitale, la protesta divenne civile esociale. I manifestanti di Tunisi non chiedevano soltantogiustizia per Bouazizi e una punizione per i suoi perse-cutori. Chiedevano libertà di parola e di stampa, libereelezioni, una politica sociale conforme alle attese delleultime generazioni e soprattutto la fine del regime cor-rotto e poliziesco di Zine el Abidine Ben Ali, l'uomo cheaveva conquistato il potere con un colpo di Stato «sani-tario» (aveva chiesto ai medici di proclamare l'incapacitàdi Habib Bourghiba, fondatore della Tunisia indipen-dente). Uno dei migliori giornalisti tunisini, Soufienne BenFahrat, commentatore della televisione e editorialista deLa Presse, mi dice che i giorni di gennaio gli ricordavanoi primi moti del Risorgimento italiano. Gli slogan dipintisui muri erano spesso in francese e chiedevano una«Tunisie laïque», una Tunisia laica. La rivoluzione, in-somma, parlava europeo ed era perfettamente in sinto-nia con le tradizioni di un Paese culturalmente meticcio:arabo e musulmano, ma anche, nel corso della sua sto-ria, popolato da fenici, berberi, romani, siciliani, francesi,cristiani, ebrei. I primi mesi furono agitati, ma la rivolu-zione prese rapidamente la strada più saggia: quella cheavrebbe portato alle elezioni del 23 ottobre 2011 per laformazione di una Assemblea Costituente.Accadde tut-tavia quello che stava accadendo contemporaneamentein Egitto. I laici avevano riempito le piazze, fatto la rivo-luzione e cacciato il tiranno, ma erano dispersi fra pic-cole formazioni politiche. Il solo partito organizzato eraEnnahda (rinascita, risorgimento), una costola della Fra-tellanza musulmana, fondato negli anni Ottanta da Ra-chid Ghannouchi, esule a Londra fino al ritorno in patrianel 2011. Quando si aprirono le urne, si scopri che il37,4% degli elettori aveva votato per Ennahda e gliaveva regalato 89 dei 217 seggi di cui si compone l'As-semblea Costituente. Gli altri diciannove partiti avevanoconquistato percentuali che andavano dall'8,71% delCongresso per la Repubblica (29 seggi) allo 0,19% (unseggio) del Partito dell'equità e dell'uguaglianza. En-nahda aveva vinto, ma non forse nelle proporzioni spe-rate. Si dice che Ghannouchi si aspettasse di esserericevuto in patria come l'ayatollah Khomeini quando cen-tinaia di migliaia di iraniani erano corsi all'aeroporto, il 31

gennaio 1979, per accogliere trionfalmente il nemicodello Scià. Il bentornato per Ghannouchi era stato calo-roso ma misurato e i leader del partito decisero pruden-temente di governare la transizione con la collaborazionedi altri due partiti. Ennahda avrebbe tenuto per sé il go-verno, ma avrebbe lasciato la presidenza della Repub-blica a Mancez Marzouki, leader del Congresso dellaRepubblica, e quella dell'Assemblea costituente a Mu-stafà Ben Jaafar capo di Ettakatol, Foro democratico peril lavoro e la libertà. Questa è la troika che sovrintendealla transizione. Il capo del governo, Hamadi Jemali, si èdimesso dopo l'assassinio di un uomo politico di sinistra,ma il suo successore è pur sempre uomo di Ennahda, AliLaarayedh. Ho incontrato suo fratello, Ameur Laarayedh,membro della Costituente e per qualche tempo presi-dente dell'Ufficio politico del partito, nella sede di En-nahda, una palazzina del quartiere tunisino diMontplaisir. È un uomo sui cinquant'anni con un elegantepizzo che è forse la sua versione della folta barba cara amolti membri della Fratellanza. Ha passato in Francia glianni dell'esilio e mi descrive la transizione costituzionalecome un laborioso percorso nel corso del quale i costi-tuenti hanno elaborato parecchi progetti, confrontato testistranieri, dialogato con la società civile e con le maggioriistituzioni pubbliche. Ennahda avrebbe preferito un re-gime schiettamente parlamentare perché il Parlamento,dice Laarayedh, è il luogo del confronto dove tutti pos-sono proporre le loro idee e accordarsi per la creazionedi un governo di unità nazionale. Ma i partiti laici voglionoun presidente eletto dal popolo e il risultato sarà proba-bilmente una repubblica semipresidenziale in cui il capodello Stato avrà poteri meno estesi di quelli previsti dallacostituzione francese e simili, per molti aspetti, a quellidel presidente del Portogallo. Occorrerà anche, nel frat-tempo, istituire alcune autorità indipendenti, fra cui unaper la magistratura e un'altra a cui affidare il compito diorganizzare le elezioni, una funzione che si vuole sot-trarre al ministero dell'Intero. È possibile che nelle pros-sime settimane, alla fine di queste consultazioni,l'Assemblea Costituente cominci a votare i singoli articolie che le prime elezioni della nuova repubblica abbianoluogo alla fine dell'anno. Saremmo quindi nella fase con-clusiva di un percorso democratico in cui Ennahda ri-vendica i valori dell'Islam, ma vuole apparire conciliantee dialogante. Un altro deputato della Costituente, OsamaAl Sarigh, mi dice che la costituzione tunisina potrebbediventare un modello per l'intera ragione: un ruolo che inaltri tempi sarebbe stato una prerogativa dell'Egitto. Melo dice, incidentalmente, in un italiano pressoché perfettoperché è cresciuto in Italia ed è uno dei due parlamentarieletti dai duecentomila tunisini che vivono nella peni-sola.Ma non tutte le persone che ho incontrato condivi-dono questa rappresentazione di Ennahda. I laicidiffidano del partito islamico e osservano che nei progettidel testo costituzionale sono apparsi anche articoli moltocontestabili, come quello in cui la donna era considerata«complementare dell'uomo», e che vi è anche un pre-ambolo sui grandi orientamenti dello Stato, ancora in di-

I pionieri delle primavere arabe in bilicotra Corano e democraziaSecondo i diffidenti, Ennahda recita due parti in commedia: democratica con i laici, islamista coni radicali. La Tunisia scrive oggi la sua nuova Costituzione. Una vera prova per l’intera regione.

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scussione, in cui il sionismo è definito «razzismo». La Tu-nisia è sempre stata «dalla parte dei palestinesi», ma seIsraele, nella nuova costituzione, venisse implicitamentedefinito uno Stato razzista, il partito della Fratellanza fini-rebbe addirittura a destra del popolo che dichiara di so-stenere. Secondo i diffidenti, quindi Ennahda reciterebbedue parti in commedia: democratica con i laici, ma isla-mista con l'ala più radicale del movimento e soprattuttocon i gruppi salafiti che sono diventati in questi ultimitempi sempre più attivi e minacciosi. Mentre parlavo conLaarayedh e Al Sarigh, tuttavia, l'esercito tunisino era alle

prese, sulla frontiera con l'Algeria, con formazioni di mi-litanti salafiti appartenenti probabilmente ad Al Qaeda delMaghreb. Forse Ennahda sta comprendendo che nonsempre è possibile conciliare la gestione dello Stato el'osservanza della legge coranica.In conclusione, gli StatiUniti hanno davanti anni di grande crescita, lʼEuropadovrà reinventarsi per rimanere competitiva e il NordAfrica smentirà i pessimisti diventando una regione fortee florida.

Sergio Romano, in «Il Corriere della Sera», 26 maggio 2013

NEL MEDITERRANEO, IL RI-FLESSO DEL MONDO, Rez-zara, Vicenza, 2010, pp. 240,ISBN 978-88-6599-003-2, €22,00.

La pubblicazione analizza il Me-diterraneo, specchio del mondo,e propone orientamenti e contri-buti. A leggere il Mediterraneo inprofondità si scopre che essonon parla solo di un piccolo seg-

mento del pianeta, ma dei problemi che il mondo deveaffrontare se vuole sottrarsi allʼunico verbo della com-petizione. Nel bene e nel male, in questa parte del pia-neta, sono maturate in passato scelte che hannocoinvolto il mondo, dalle civiltà antiche al colonialismo,così da farne una zona strategica, anche se oggi in de-clino.

DEMOCRAZIE A CONFRONTO,Rezzara, Vicenza, 2012, pp.296, ISBN 978-88-6599-008-7,€ 16,00.

Di democrazia parlano tutti, com-presi i dittatori, perché fondanola legittimità del potere sul po-polo e sui suoi bisogni. La de-mocrazia come valore non èquindi in discussione. Non altret-tanto soddisfacenti sono le mo-

dalità del suo esercizio, di fronte alle accresciuteesigenze di singoli cittadini, costituite da una aumen-tata esigenza di libertà e da una continua richiesta di si-curezza e di tutela dellʼaltro. Quando parliamo didemocrazia intendiamo non soltanto il costruirsi dellasocietà dal basso, ma anche quel processo di civiltànel quale ogni uomo è rispettato nei suoi diritti fonda-mentali ed insieme aiutato a realizzare condizioni divita migliori.

CULTURA E RIGENERAZIONEDELLE ISTITUZIONI, Rezzara,Vicenza, 2013, pp. 184, ISBN978-88-6599-013-1, € 16,00.

Le istituzioni costituiscono il tes-suto di legalità necessario allavita sociale, senza del quale laconvivenza stessa risulterebbeproblematica. Esse sono state intutti i tempi espressione di ordinee di armonia e quando sono ve-

nute meno si sono presentate conflittualità e anarchie.Nel tempo, se non aggiornate con il variare delle si-tuazioni, esse invecchiano, si sclerotizzano e rischianodi trasformarsi in dittatura delle regole, in regime buro-cratico, forza disumanizzante. Nel momento attuale, le istituzioni e le forme del vi-vere comune hanno bisogno di un ripensamentoprofondo, di una nuova progettualità creativa di unsupplemento di carisma ossia di una rigenerazione,per riacquistare vigore e soprattutto per recuperarela dimensione umana perduta nel tempo a causa deiprofondi cambiamenti avvenuti. Per questo la mo-nografia prospetta stili di vita rispettosi della diver-sità, della stima e del riconoscimento altrui, alloscopo di sviluppare un dialogo di convergenze e dicomplementarità.

LAICITÀ E LIBERTÀ RELI-GIOSA. Gli atti del Convegno inprogramma dal 13 al 15 settem-bre saranno disponibili a dicem-bre 2013.

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Quattro convegni del Rezzara

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Di democrazia parlano tutti, compresi i dittatori, perchéfondano la legittimità del potere sul popolo e sui suoi biso-gni. La democrazia come valore non è quindi in discussio-ne. Non altrettanto soddisfacenti sono le modalità del suoesercizio, di fronte alle accresciute esigenze di singoli cit-tadini, costituite da una aumentata esigenza di libertà e dauna continua richiesta di sicurezza e di tutela dellʼaltro.Quando parliamo di democrazia intendiamo non soltanto ilcostruirsi della società dal basso, ma anche quel processodi civiltà nel quale ogni uomo è rispettato nei suoi dirittifondamentali ed insieme aiutato a realizzare le miglioripossibili condizioni di vita.

REZZARA

Titoli della collana

Popolazione, ambiente e risorseDonna e societàUna città per lʼuomoEuropa, traguardo storicoUomo e saluteFanciullo e societàLʼhandicappato, uno di noiAnziani e societàDroga: resistenza o resa?Povertà e poveri in Europa e nel mondoGiovani e politicaFamiglia e societàPace e difesaPopoli e radici culturaliPaure dellʼuomo contemporaneoVittime e potereStrategie di una cultura ecologicaEuropa e Mediterraneo

Ristendere i diritti umani?La società dellʼinformazione: ultima utopia?Messianismo e storia dei popoli slaviAfrica ed Europa: dalla dipendenza alla cooperazioneMedio Oriente e matrici culturali dellʼEuropaUn solo mondo, molti popoliIl debito dei Paesi poveri: discriminazione legale?Squilibri dellʼeconomia mondiale e conflittiReligioni fonte di conflitto e di paceMondializzazione e interculturaGlobalizzazione della criminalitàAcqua ed aria per la vitaPopolazione, pianeta e prosperitàDemocrazia e globalizzazionePolitiche sociali ed economia mondialeCommercio internazionale rischi ed opportunitàCrisi finanziarie: quali difese?Contro la xenofobia una nuova culturaNel Mediterraneo, il riflesso del mondoDemocrazie a confronto

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edizioni rezzara - vicenza

DEMOCRAZIEA CONFRONTO

Culturaerigenerazionedelleistituzioni

Le istituzioni costituiscono il tessuto di legalità necessario allavita sociale, senza del quale la convivenza stessa risulterebbeproblematica. In tutti i tempi esse sono state espressione di or-dine e di armonia e quando sono venute meno hanno regnatoanarchie e conflittualità. Se non aggiornate con il variare dellesituazioni, esse invecchiano, si sclerotizzano e rischiano di tra-sformarsi in dittatura delle regole, in regime burocratico, forzadisumanizzante.Nel momento attuale, le istituzioni e le forme del vivere comunehanno bisogno di un ripensamento profondo, di una nuova pro-gettualità creativa di un supplemento di carisma ossia di una ri-generazione, per riacquistare vigore e soprattutto per recupera-re la dimensione umana perduta nel tempo a causa dei profon-di cambiamenti avvenuti. Per questo la monografia prospettastili di vita rispettosi della diversità, della stima e del riconosci-mento altrui, allo scopo di sviluppare un dialogo di convergenzee di complementarità.

REZZARA edizioni rezzara - vicenza

Titoli della collana

Popolazione, ambiente e risorseDonna e societàUna città per lʼuomoEuropa, traguardo storicoUomo e saluteFanciullo e societàLʼhandicappato, uno di noiAnziani e societàDroga: resistenza o resa?Povertà e poveri in Europa e nel mondoGiovani e politicaFamiglia e societàPace e difesaPopoli e radici culturaliPaure dellʼuomo contemporaneoVittime e potereStrategie di una cultura ecologicaEuropa e MediterraneoRistendere i diritti umani?

La società dellʼinformazione: ultima utopia?Messianismo e storia dei popoli slaviAfrica ed Europa: dalla dipendenza alla cooperazioneMedio Oriente e matrici culturali dellʼEuropaUn solo mondo, molti popoliIl debito dei Paesi poveri: discriminazione legale?Squilibri dellʼeconomia mondiale e conflittiReligioni fonte di conflitto e di paceMondializzazione e interculturaGlobalizzazione della criminalitàAcqua ed aria per la vitaPopolazione, pianeta e prosperitàDemocrazia e globalizzazionePolitiche sociali ed economia mondialeCommercio internazionale rischi ed opportunitàCrisi finanziarie: quali difese?Contro la xenofobia una nuova culturaNel Mediterraneo, il riflesso del mondoDemocrazie a confrontoCultura e rigenerazione delle istituzioni

Cultura e rigenerazionedelle istituzioni

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Per qualche mese, dopo le dimissioni di HosniMubarak e lʼelezione di Mohamed Morsi allapresidenza della Repubblica, molti governi oc-cidentali, fra cui quello degli Stati Uniti, credet-tero che la Fratellanza musulmana avessefinalmente maturato nel corso della sua lungastoria un progetto politico compatibile con i prin-cipi delle società democratiche. Esistevano se-gnali promettenti. Nei Paesi musulmani la

Turchia di Recep Tayyip Erdogan era diventata popolareanche agli occhi di quegli ambienti islamici che avevanoun passato jihadista. In Marocco e in Tunisia i partiti affi-liati alla Fratellanza (Partito Giustizia e Sviluppo, En-nahda) sembravano disposti a rispettare le regole delgioco democratico. In Tunisia, in particolare, Ennahda siera dimostrato pronto a guidare un governo di coalizionecon i maggiori partiti laici. In Giordania lo sceicco HamzehMansour, leader del Fronte dʼAzione Islamica, sembravapronto a percorrere la stessa strada. Persino lʼemergere,soprattutto in Egitto, di un movimento salafita, molto piùradicale e intransigente, lasciava sperare che la Fratel-lanza si fosse sbarazzata della sua componente integra-lista e fosse diventata, di conseguenza, meno pericolosa.Lo credeva indubbiamente la signora Anne Paterson, am-basciatore degli Stati Uniti al Cairo, quando cominciò afrequentare pubblicamente Morsi e il leader supremo deiFratelli Mohamed Badie.Oggi il quadro è cambiato. Anche coloro che disappro-vano i metodi del generale Al Sisi e condannano il bagnodi sangue degli scorsi giorni ammettono che la linea po-litica adottata dai Fratelli dopo la conquista del potere eradiventata inquietante. Troppo Corano, troppa Sharia,troppe tentazioni autoritarie, troppa ostilità per i costumilaici di una larga parte della borghesia e dei giovani dipiazza Tahrir. Dopo avere promesso moderazione e com-prensione, Morsi è parso, con il passare del tempo, sem-pre più prigioniero dalla fazione aggressiva e militante.Ipocrisia? Duplicità? Machiavellismo islamista? La rispo-sta a queste domande è almeno in parte nella storia dellaFratellanza e delle sue esperienze.Il movimento nacque a Ismailia, sul Canale di Suez, nelmarzo del 1928. Il suo fondatore Hassan Al Banna era unpio maestro di scuola, allevato in una famiglia che avevadevotamente militato in una confraternita mistica. Era na-zionalista e anticolonialista, ma profondamente convinto(a differenza dei nazionalisti liberali del Wafd), che soltantola religione avrebbe aperto al popolo egiziano la strada delriscatto e della salvezza. Quando parlava ai suoi conna-zionali diceva: «Noi disprezziamo questa vita, una vita diumiliazione e di schiavitù; gli arabi e i musulmani, qui inquesto Paese, non hanno spazio né dignità, e non fannonulla per opporsi al loro stato di salariati, alla mercé deglistranieri». Questo messaggio sociale e spirituale ebbe su-bito un successo straordinario. Massimo Campanini eKarim Mezran, autori di «Arcipelago Islam» (Laterza2007), ricordano che quattro anni dopo, nel 1932, AlBanna portò la direzione del movimento al Cairo, diffuse ilsuo verbo attraverso il Paese, creò una solida organizza-

zione che poteva contare su 150 filiali nel 1936, 216 nel1937, 20.000 seguaci verso la metà degli anni Trenta,forse 500.000 nel 1944, un milione dopo la fine della Se-conda guerra mondiale.Negli stessi anni la Fratellanza scavalcava le frontiere del-lʼEgitto e cominciava a creare le sue filiali negli altri PaesidellʼAfrica del nord e del Levante. Era ormai un movi-mento politico, con i suoi affiliati e i suoi congressi, maanche una associazione umanitaria capace di gestirescuole, ospedali, organizzazioni giovanili. La vera svolta,tuttavia, ebbe luogo verso la fine degli anni Quarantaquando una costola della Fratellanza divenne il suo brac-cio armato, un apparato segreto pronto a impegnarsi nellelotte politiche e nazional-religiose come il conflitto controil nuovo Stato dʼIsraele nel 1948. Preoccupato dalle di-mensioni e dalla crescente aggressività del movimento, ilprimo ministro egiziano Fahmi al Nuqrashi decise di ban-dirlo e morì, vittima di un attentato, nel dicembre del 1948.Tre mesi dopo venne la vendetta delle autorità: Al Bannafu ferito nel corso dʼuna manifestazione e «lasciato moriredissanguato dalla polizia». La Fratellanza aveva perdutoun leader e guadagnato un martire.La caduta della monarchia e la proclamazione della Re-pubblica, nel 1952, sembrò segnare lʼinizio della riconci-liazione e della convivenza. Elevato alla presidenza daigiovani ufficiali, il generale Mohamed Neghib non eraostile alla Fratellanza; e questa, dal canto suo, aveva sa-lutato con gioia la fine della dinastia e lʼesilio di re Faruk.Ma quando si sbarazzò di Neghib ed ereditò la presi-denza, il colonnello Nasser non volle concorrenti. Un at-tentato fallito contro la sua persona nellʼottobre del 1954gli offrì lʼoccasione per decapitare, letteralmente, la Fra-tellanza. I suoi leader e i suoi militanti vennero incarce-rati, torturati, impiccati: una purga che duròininterrottamente sino alla morte del rais nel 1970. Que-sto scontro fra le due anime dellʼEgitto, quella laica e so-cialista di Nasser contro quella spirituale e sociale deisuccessori di Al Banna ebbe lʼeffetto di rendere la Fratel-lanza ancora più militante e alternativa. Campanini e Me-zran segnalano soprattutto il ruolo di un intellettuale,Sayyd Qutb, giustiziato nel 1966, che lanciò dal carcere,dove passò gli ultimi dodici anni della sua vita, un mes-saggio sempre più eversivo e radicale.Durante le presidenze dei successori di Nasser, Anwar AlSadat e Hosni Mubarak, i rapporti fra il governo e la Fra-tellanza furono meno tesi. I presidenti diffidavano dei Fra-telli, ma approfittarono nelle loro attività sociali eMubarak, in particolare, permise che avessero una limi-tata presenza in Parlamento. Dallʼinterno del movimento,nel frattempo, continuavano a uscire segnali diversi, orarassicuranti, ora indicativi dellʼesistenza di una compo-nente radicale che non era disposta a deporre le armi.Lʼelezione di Morsi e gli errori della sua presidenza hannodimostrato che il movimento non è ancora riuscito a su-perare le sue contraddizioni. Ciò che è accaduto nelle ul-time ore potrà soltanto esasperarle.

Sergio Romano, in «Il Corriere della Sera», 17 agosto 2013

I due volti della Fratellanza:carità sociale e Islam radicale

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Hassan Al Banna, il fondatore

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“Energia e geopolitica sono da sempre legate tra loro:Stati Uniti, Russia e Nord Africa sono tra i protagonisti diquesto periodo storico. Occuparmi di questi Paesi è il miolavoro. Penso a Russia, Libia e Algeria ogni giorno ed èalla loro situazione che rivolgo il mio ultimo pensieroprima di addormentarmi. Questo perché Eni compra gasdalla Russia ogni anno per 8 miliardi di dollari, il che cirende il primo cliente di Gazprom al mondo, ed è di granlunga la prima società petrolifera internazionale del NordAfrica.Paesi questi che, oggi più che mai, sono influenzati daciò che succede negli Stati Uniti. La rivoluzione delloshale gas in America, ha cambiato le dinamiche dellacompetizione globale. Gli Stati Uniti già godevano ri-spetto allʼEuropa di un vantaggio competitivo offrendoda sempre un contesto favorevole allʼindustria e almondo degli affari con leggi e regole pragmatiche, unaforza lavoro qualificata e flessibile e un grande mercato.Oggi la buona notizia per gli Stati Uniti è che possonocontare su tutta lʼenergia di cui hanno bisogno a prezziimbattibili.Quella che è unʼottima notizia per gli Stati Uniti non lo èper la nostra Europa. La nostra industria, già mortificatadal calo della domanda e da un mercato del lavoro an-cora troppo rigido, deve ora competere con lʼindustriaamericana che paga il gas un terzo di quella europea elʼelettricità meno della metà. Come le buone idee e i ca-pitali anche gli investimenti industriali hanno le game enon esitano a traslocare nella regione del mondo cheoffre tutto ciò che lʼEuropa stenta a dare. Questo ha con-tribuito alla diminuzione della domanda di gas in Europadel 15% rispetto al 2008, un fenomeno che non trovaanalogie dal secondo dopoguerra e che non si arresteràda solo.Certo, la nostra industria potrebbe beneficiare dei prezzidello shale gas americano quando sarà esportato. Ma ciònon basta per renderla competitiva, con gli Stati Uniti per-ché tra costi di liquefazione, trasporto e rigassificazione ilgas costerà comunque il doppio rispetto agli Stati Uniti.Se lʼEuropa ambisce a un rinascimento industriale, con ri-cadute positive in termini di crescita e occupazione, deveinventarsi un ʻnew deal energeticoʼ.La prima priorità e lo shale gas, che probabilmente in Eu-ropa cʼè e in quantità rilevanti. Per sfruttarlo appienoserve però un consenso politico, che manca. Proprio loscorso fine settimana il presidente francese, FrançoisHollande, ha dichiarato che fino a quando rimarrà in ca-rica non ci sarà alcuna attività per lo shale gas in Francia.Quindi per poter accedere alle promettenti risorse di shalegas francesi lʼEuropa dovrà aspettare che il presidenteHollande cambi idea o che la Francia cambi il suo presi-dente.Altri possibili interventi per assicurare energia a bassocosto potrebbero essere il miglior sfruttamento degli idro-carburi convenzionali, lʼefficienza energetica. In unmondo ideale ci potrebbe essere anche il nucleare. Ma

cʼè anche unʼaltra soluzione: lʼEuropa potrebbe rafforzarei legami politici con i suoi tradizionali fornitori di gas; Al-geria, Libia e soprattutto Russia.Gli interessi di lungo periodo dellʼEuropa coincidonocon quelli dei suoi fornitori. Per sopravvivere, le nostreimprese hanno bisogno di poter contare su gas aprezzi competitivi. La Russia ha tutto lʼinteresse adavere unʼEuropa industriale forte e in crescita essendoil mercato di sbocco naturale dei suoi idrocarburi. Se lecompagnie europee emigrassero negli Stati Uniti sa-rebbe un danno per tutti: i giovani europei non avreb-bero lavoro e i giovani russi non avrebbero a chivendere il gas. Al contrario, se le nostre aziende po-tessero avere gas russo in abbondanza a prezzi com-petitivi sarebbe un grosso vantaggio per entrambi. Noncredo che la Russia possa diventare il nostro Texas intempi brevi. Vi è ancora molta diffidenza soprattuttopolitica, ma quando gli interessi economici sono cosìvicini una strada prima o poi la si trova. Altro tema fon-damentale dello scenario energetico mondiale è lʼevo-luzione del Nord Africa.LʼAlgeria, recente vittima di un grave attacco terroristico,sta per affrontare nuove elezioni presidenziali. Faccioparte di coloro che pensano che lʼattacco al campo di InAmenas sia stato un evento isolato, e che lʼAlgeria, conle sue istituzioni solide e con una ricchezza petroliferaben gestita, sarà capace di affrontare al meglio il propriofuturo.Anche sullʼEgitto sono ottimista. Certo, i recenti episodi diviolenza sono motivo di preoccupazione. Ma lʼEgitto hadalla sua una classe media forte e istituzioni solide, ele-menti che sosterranno la stabilizzazione. La preoccupa-zione principale è che il Paese è sempre più povero. Lemanifestazioni di piazza Tahrir sono certamente positiveper il processo di democratizzazione in Egitto ma non in-coraggiano il turismo, la principale fonte di ricchezza delPaese. La situazione sembra migliorare, le piazze sonomeno frequentate e spero che non sia solo un effetto delRamadan.Il guado più difficile lo sta attraversando la Libia, che sitrova a costruire uno Stato dopo più di 40 anni di ditta-tura. Al momento in Libia, sono armati praticamente tutti,tranne il governo che non dispone di un esercito. Maanche la Libia ha punti di forza sui quali fare leva. Poli-tici e cittadini stanno affrontando al situazione con moltapazienza. Inoltre la Libia è potenzialmente un Paese ric-chissimo, con meno di 6 milioni di abitanti e 2 milioni dibarili al giorno di capacità produttiva di idrocarburi. Po-trebbe essere un altro Qatar, Kuwait o Abu Dhabi, unbuon punto di partenza per costruire uno Stato solido.In conclusione, gli Stati Uniti hanno davanti anni di grandecrescita, lʼEuropa dovrà reinventarsi per rimanere com-petitiva e il Nord Africa smentirà i pessimisti diventandouna regione forte e florida”.

AGI, Roma 17 luglio 2013

Gli Usa crescono e il Nord Africa ci stupiràGli Stati Uniti hanno davanti anni di grande crescita, l’Europa dovrà reinventarsi per rimanere compe-titiva e il Nord Africa smentirà i pessimisti diventando una regione forte e florida”. È quanto ha sottoli-neato l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, aprendo i lavori sui nuovi scenari mondialidell’energia all’Atlantic Council a Washington, il 16 luglio 2013. Riferiamo di seguito i flash di Agenzia.

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