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INFERNO CANTO 25

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    Canto XXV

    Sequenze narrative LA BESTEMMIA DI VANNI FUCCI. INVETTIVA CONTRO PISTOIADopo aver pronunciato la profezia, Vanni Fucci rivolge ingiuriosamente a Dio un gestoosceno, ma subito viene assalito dalle serpi, che gli si avvolgono attorno al collo e alle brac-cia impedendogli di parlare e di muoversi. Dante pronuncia allora una dura invettiva con-tro Pistoia.

    IL CENTAURO CACO

    Vanni Fucci cerca di fuggire e viene inseguito da un essere mostruoso con un groviglio diserpi sul collo e un drago sulle spalle; si tratta del centauro Caco, che os rubare i buoi diErcole e fu da questi ucciso.

    ARRIVO DI TRE LADRI FIORENTINI

    Mentre Caco si allontana, tre dannati si avvicinano a Dante e Virgilio; uno di essi chiedeai compagni dove sia rimasto Cianfa.

    PRIMA METAMORFOSI DEI LADRI

    Dante si rivolge al lettore per annunciare il fatto straordinario e incredibile accadutodavanti ai suoi occhi. Giunge infatti improvvisamente un serpente con sei piedi (CianfaDonati) e si scaglia addosso a uno dei peccatori (Agnolo Brunelleschi), fondendosi conquello in un unico essere mostruoso.

    SECONDA METAMORFOSI DEI LADRI

    Un altro serpentello (Francesco dei Cavalcanti) colpisce uno dei due ladri rimasti (BuosoDonati) e, subito dopo, il serpente diviene uomo e luomo serpente. Questa seconda meta-morfosi descritta da Dante in aperta sfida stilistica con i poeti latini Lucano* e Ovidio*.

    PUCCIO SCIANCATO

    Un quinto ladro assiste terrorizzato alla scena: si tratta di Puccio Sciancato, lunico a nonessere stato coinvolto nelle metamorfosi.

    vv 142-151

    vv 79-141

    vv 46-78

    vv 34-45

    vv 16-33

    vv 1-15

    Posizione VIII cerchio - Malebolge - (fraudolenti); 7 bolgia

    Peccatori Ladri

    Pena Corrono tra i serpenti, da questi avvinghiati; alcuni subisconomostruose metamorfosi

    Contrappasso In vita agirono di nascosto e furtivamente, come iserpenti; rubarono ci che apparteneva agli altri e ora vengono derubatidel loro stesso corpo

    Dante incontra Il centauro Caco; Cianfa Donati, Agnolo Brunelleschi,Buoso Donati, Francesco dei Cavalcanti, Puccio Sciancato

    Inferno, XXV, 1-9, miniaturaferrarese, Ms. Urb. Lat. 365,f. 66 v. Roma, BibliotecaVaticana.

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    Temi e motivi

    CacoAllinizio la scena ancora dominata dalla presenza di Vanni Fucci*, che, dopo le parolemalignamente rivolte a Dante, passa ora a sfidare Dio stesso, indirizzando nei suoi confrontiparole e gesti osceni (le mani alz con amendue le fiche,/ gridando: Togli, Dio, cha te le squa-dro!, vv. 2-3). Ma questa sua tracotanza, come del resto ogni atteggiamento dei dannati,rimane fine a se stessa, rivelandosi un segno di impotenza, immediatamente represso dalleserpi, che in questa circostanza, facendosi strumento della divina giustizia, divengono perDante amiche. La scena viene interrotta dallinvettiva a Pistoia (vv. 10-15; lo stesso accadrcon Pisa e Genova nel canto XXXIII), attraverso la quale Dante manifesta tutto il propriosdegno contro lempio ladro e avversario politico e contro la citt che gli fu degna tana; esi conclude quindi con lapparizione di Caco*, la mostruosa creatura mitologica mossa allacaccia del peccatore. Nel testo virgiliano Caco un centauro, ma Dante ne rimodella lafigura con laggiunta di ulteriori elementi bestiali ricavati da altre fonti: un gran numerodi serpi attorno al collo e un draco con le ali aperte e vomitante fiamme dalla bocca. Sonoqueste caratteristiche che, insieme al furto di parte degli armenti di Ercole* (dal qualevenne poi ucciso), giustificano la sua presenza tra i ladri e non nel settimo cerchio, insie-me agli altri centauri a guardia dei violenti nel Flegetonte* (daltra parte anche VanniFucci, oltre che ladro, superbo e violento).Scomparso Vanni Fucci, lattenzione di Dante ritorna ora a concentrarsi sulla bolgia stipa-ta di rettili e dannati, che il poeta aveva iniziato a descrivere allingresso della settima zavor-ra (v. 142), prima dellimprovvisa apparizione del ladro sacrilego (Inf. XXIV, 82 ss.).

    Le metamorfosi dei ladriDora in avanti linteresse del poeta costituito unicamente, sia dal punto di vista etico chestilistico, dal tragico spettacolo delle metamorfosi che progressivamente si svolgono sotto ilsuo sguardo attonito (vv. 145-146), in unatmosfera di silenzio (i due personaggi non par-leranno pi per tutto il canto) e di orrore.Dante perfettamente consapevole dellaltezza del risultato raggiunto nella descrizionedelle metamorfosi, sia per quanto riguarda la novit del tema, sia per i mezzi espressivi uti-lizzati. Proprio da tale coscienza scaturisce il vanto di Dante, la dichiarazione della pro-pria superiorit rispetto ai modelli classici. Daltra parte, la Commedia del cristiano Dantesi pone di fatto come un grande poema di metamorfosi, non solo per la descrizione deimutamenti subiti dalle anime nellAldil, ma anche e soprattutto per la trasformazioneinteriore che avviene progressivamente, avanzando verso la meta, nel poeta stesso e checulminer, come vedremo, nel momento del passaggio al Paradiso, quando il protagonistaregistrer in s il trasumanare, ossia lineffabile superamento della condizione umana (Par.I, 70-71) venendo accolto, come Glauco* nel mito narrato da Ovidio*, nel regno della glo-ria divina.

    Canto XXVInferno

    Al fine de le sue parole il ladrole mani alz con amendue le fiche,

    3 gridando: Togli, Dio, cha te le squadro!.

    Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,perchuna li savvolse allora al collo,

    6 come dicesse Non vo che pi diche;

    LA BESTEMMIA DI VANNI FUCCI. INVETTIVACONTRO PISTOIAQuandebbe finito di parlare (Al fine de le sue parole) il ladroalz le mani sconciamente atteggiate (con amendue le fiche),gridando: Prendile (Togli), Dio, che proprio contro di te lerivolgo (squadro)!.Da quel momento in poi (Da indi in qua) le serpi mi furono(fuor) care (amiche), poich una gli si avvinghi (li savvolse)allora al collo, come se volesse dire (dicesse) Non voglio (vo)che tu dica (diche) altro (pi);

    vv 1-15

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    Canto XXV Inferno

    e unaltra a le braccia, e rilegollo,ribadendo s stessa s dinanzi,

    9 che non potea con esse dare un crollo.

    Ahi Pistoia, Pistoia, ch non stanzidincenerarti s che pi non duri,

    12 poi che n mal fare il seme tuo avanzi?

    Per tutti cerchi de lo nferno scurinon vidi spirto in Dio tanto superbo,

    15 non quel che cadde a Tebe gi da muri.

    El si fugg che non parl pi verbo;e io vidi un centauro pien di rabbia

    18 venir chiamando: Ov, ov lacerbo?.

    Maremma non credio che tante nabbia,quante bisce elli avea su per la groppa

    21 infin ove comincia nostra labbia.

    Sovra le spalle, dietro da la coppa,con lali aperte li giacea un draco;

    24 e quello affuoca qualunque sintoppa.

    Lo mio maestro disse: Questi Caco,che sotto l sasso di monte Aventino,

    27 di sangue fece spesse volte laco.

    Non va co suoi fratei per un cammino,per lo furto che frodolente fece

    30 del grande armento chelli ebbe a vicino;

    onde cessar le sue opere biecesotto la mazza dErcule, che forse

    33 gliene di cento, e non sent le diece.

    Mentre che s parlava, ed el trascorse,e tre spiriti venner sotto noi,

    36 de quai n io n l duca mio saccorse,

    se non quando gridar: Chi siete voi?;per che nostra novella si ristette,

    39 e intendemmo pur ad essi poi.

    Io non li conoscea; ma ei seguette,come suol seguitar per alcun caso,

    42 che lun nomar un altro convenette,

    e unaltra alle braccia, e lo leg di nuovo (rilegollo), annodan-do (ribadendo) se stessa cos strettamente (s) sul ventre delladro (dinanzi), che questi non poteva (potea) pi fare (dare)alcun movimento (crollo) con esse (le braccia).

    Ah Pistoia, Pistoia, perch non decidi (stanzi) di ridurti incenere (dincenerarti) in modo da cessare di esistere (s che pinon duri), dal momento che nelle azioni malvagie (n mal fare)superi (avanzi) i tuoi stessi fondatori (il seme tuo)?

    In tutti i cerchi bui dellInferno non vidi uno spirito (spirto)tanto superbo contro (in) Dio, neppure (non) Capaneo (quel),che cadde dalle mura di Tebe (colpito dal fulmine di Giove).

    IL CENTAURO CACOIl dannato (El) si allontan (si fugg) in modo tale che non potpi parlare (che non parl pi verbo); ed io vidi un centauro rab-bioso arrivare gridando: Dov, dov lempio (acerbo)?.

    Io non credo che la Maremma abbia tante bisce quante neaveva quello sul dorso (groppa) fino a dove (infin ove) ha ini-zio (nel centauro) la parte umana (nostra labbia).

    Sopra le spalle, dietro la nuca (coppa), gli stava (li giacea) undrago (draco) con le ali aperte, che (e quello) inceneriva (affuo-ca) chiunque si imbattesse in lui (sintoppa).

    Il mio maestro disse: Questo Caco, che, presso la grotta(sasso) del monte Aventino, fece spesso (spesse volte) strage diuomini (di sangue laco).

    Non si trova nello stesso girone (Non va per un cammino)con gli altri Centauri (fratei), a causa del furto che egli compcon linganno (frodolente) della ricca mandria (grande armento)che si era fermata presso monte Aventino (chelli ebbe a vicino);

    per cui (onde) le sue azioni scellerate (opere biece) ebbero ter-mine (cessar) sotto i colpi della clava (mazza) di Ercole, chegliene diede cento ma probabilmente lui non arriv a sentir-ne dieci.

    ARRIVO DI TRE LADRI FIORENTINIMentre parlava cos, Caco si allontan (trascorse), e subitodopo giunsero sotto di noi tre spiriti, dei quali (de quai) n ion Virgilio ci accorgemmo (saccorse),

    se non quando gridarono: Chi siete?; per cui il nostrodiscorso (novella) si interruppe (ristette) e da quel momento(poi) prestammo attenzione (intendemmo) solo (pur) ad essi.

    Io non li riconoscevo (conoscea); ma avvenne (ei seguette), comepu avvenire (suol seguitar) di solito per un caso qualsiasi, cheuno dovette (convenette) chiamare per nome (nomar) un altro,

    vv 34-45

    vv 16-33

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  • dicendo: Cianfa dove fia rimaso?;per chio, acci che l duca stesse attento,

    45 mi puosi l dito su dal mento al naso.

    Se tu se or, lettore, a creder lentoci chio dir, non sar maraviglia,

    48 ch io che l vidi, a pena il mi consento.

    Comio tenea levate in lor le ciglia,e un serpente con sei pi si lancia

    51 dinanzi a luno, e tutto a lui sappiglia.

    Co pi di mezzo li avvinse la panciae con li anteror le braccia prese;

    54 poi li addent e luna e laltra guancia;

    li diretani a le cosce distese,e miseli la coda tra mbedue,

    57 e dietro per le ren s la ritese.

    Ellera abbarbicata mai non fuead alber s, come lorribil fiera

    60 per laltrui membra avviticchi le sue.

    Poi sappiccar, come di calda cerafossero stati, e mischiar lor colore,

    63 n lun n laltro gi parea quel chera:

    come procede innanzi da lardore,per lo papiro suso, un color bruno

    66 che non nero ancora e l bianco more.

    Li altri due l riguardavano, e ciascunogridava: Om, Agnel, come ti muti!

    69 Vedi che gi non se n due n uno.

    Gi eran li due capi un divenuti,quando napparver due figure miste

    72 in una faccia, overan due perduti.

    Fersi le braccia due di quattro liste;le cosce con le gambe e l ventre e l casso

    75 divenner membra che non fuor mai viste.

    Ogne primaio aspetto ivi era casso:due e nessun limagine perversa

    78 parea; e tal sen gio con lento passo.

    dicendo: Cianfa dove sar (fia) rimasto (rimaso)?; per cui io, af-finch (acci che) il maestro stesse a sentire (stesse attento), posilindice davanti alla bocca (dal mento al naso).

    PRIMA METAMORFOSI DEI LADRISe ora tu, lettore, sei restio (lento) a credere a quello che dir,non sar cosa da meravigliare (maraviglia), dal momento cheio stesso, che vi ho assistito (che l vidi), stento a crederci (apena il mi consento).

    Mentre (Comio) tenevo gli occhi (ciglia) rivolti (levate) su diloro, ecco (e) un rettile con sei zampe (pi) scagliarsi (si lancia)su uno dei dannati (dinanzi a luno) e aderire (sappiglia) com-pletamente (tutto) a lui.

    Con le zampe centrali gli si avvinghi (li avvinse) al ventre econ quelle anteriori afferr le braccia; poi gli addententrambe le guance;

    allung (distese) infine le zampe posteriori (li diretani) sullecosce, gli infil (miseli) la coda in mezzo (alle gambe) e la tesedi dietro lungo la sua schiena (per le ren s).

    Edera (Ellera) non fu (fue) mai cos tenacemente avvinghiata(abbarbicata) a un albero, come lorribile creatura (fiera) avvol-se (avviticchi) le sue membra a quelle del dannato (per laltrui).

    Poi si compenetrarono (sappiccar), come se fossero stati dicera calda, e confusero (mischiar) il loro colore, e ormai (gi)nessuno dei due sembrava quello di prima (quel chera):

    allo stesso modo in cui (come) lungo (suso) un pezzo di carta(papiro), prima che bruci, avanza (procede) un colore scuro(bruno) che non ancora nero ma non pi bianco (e l bian-co more).

    Gli altri due dannati lo guardavano inorriditi (l riguardavano)e ciascuno gridava: In quale orribile modo (Om come) tistai trasformando (ti muti), Agnolo! Vedi che ormai non sei(se) pi due corpi (n due) e neppure uno solo (n uno).

    Le due teste (capi) erano ormai diventate una sola (un), quan-do ci apparvero due sembianze (figure) confuse (miste) inununica faccia, in cui i due esseri erano annullati (perduti).

    Dai quattro arti (liste) si formarono (Fersi) due braccia; lecosce, insieme alle gambe, il ventre e il petto (casso), divenne-ro un insieme di membra mai visto prima (che non fuor [=furono] mai viste).

    Era cancellato (casso) in quella mostruosit (ivi) ogni aspettooriginario (primaio): la figura (limagine) cos trasformata (per-versa) appariva (parea) allo stesso tempo composta da duecorpi e da nessuno (due e nessun); e ridotto cos (tal) si allon-tan (sen gio) lentamente (con lento passo).

    vv 46-78

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    Canto XXVInferno

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    Canto XXV Inferno

    Come l ramarro sotto la gran fersadei d canicular, cangiando sepe,

    81 folgore par se la via attraversa,

    s pareva, venendo verso lepede li altri due, un serpentello acceso,

    84 livido e nero come gran di pepe;

    e quella parte onde prima presonostro alimento, a lun di lor trafisse;

    87 poi cadde giuso innanzi lui disteso.

    Lo trafitto l mir, ma nulla disse;anzi, co pi fermati, sbadigliava

    90 pur come sonno o febbre lassalisse.

    Elli l serpente, e quei lui riguardava;lun per la piaga e laltro per la bocca

    93 fummavan forte, e l fummo si scontrava.

    Taccia Lucano omai l dove toccadel misero Sabello e di Nasidio,

    96 e attenda a udir quel chor si scocca.

    Taccia di Cadmo e dAretusa Ovidio,ch se quello in serpente e quella in fonte

    99 converte poetando, io non lo nvidio;

    ch due nature mai a fronte a frontenon trasmut s chamendue le forme

    102 a cambiar lor matera fosser pronte.

    Insieme si rispuosero a tai norme,che l serpente la coda in forca fesse,

    105 e l feruto ristrinse insieme lorme.

    Le gambe con le cosce seco stessesappiccar s, che n poco la giuntura

    108 non facea segno alcun che si paresse.

    Togliea la coda fessa la figurache si perdeva l, e la sua pelle

    111 si facea molle, e quella di l dura.

    Io vidi intrar le braccia per lascelle,e i due pi de la fiera, cheran corti,

    114 tanto allungar quanto accorciavan quelle.

    SECONDA METAMORFOSI DEI LADRICome il ramarro sotto la sferza del sole (gran fersa) nei giorni dicanicola (d canicular), passando da una siepe allaltra (cangiandosepe), sembra un fulmine (folgore) quando (se) attraversa la via,

    altrettanto veloce (s) appariva, dirigendosi (venendo) verso iventri (lepe) degli altri due dannati, un serpentello pronto adattaccare (acceso), livido e nero come un grano di pepe;

    e trafisse a uno dei due quella parte del corpo (lombelico) dacui (onde) prendiamo ( preso) nutrimento (nostro alimento)durante la gestazione (prima); poi cadde gi (giuso) distesodavanti al dannato (innanzi lui).

    Il dannato trafitto lo guard, ma non disse nulla; anzi, coi piediimmobilizzati (fermati), sbadigliava proprio (pur) come se loavesse assalito il sonno o la febbre.

    Il dannato (Elli) guardava fisso (riguardava) il serpente e il ser-pente (quei) il dannato (lui); emettevano un denso fumo (fum-mavan forte), luno dalla ferita (per la piaga) e laltro dalla bocca,e il fumo si incontrava fondendosi (si scontrava).

    A questo punto (omai) Lucano dovr tacere (Taccia), anche nelpasso del suo poema in cui narra (l dove tocca) dellinfelice(misero) Sabello e di Nasidio, e stia attento (attenda) ad ascol-tare ci che mi appresto a descrivere (quel chor si scocca).

    E a questo punto (omai) dovr tacere Ovidio di Cadmo e diAretusa, dal momento che, se egli nei suoi versi fa trasforma-re (converte poetando) luno (quello) in serpente e laltra (quella)in fonte, io per non ne provo invidia (non lo nvidio):

    perch egli non descrisse mai la trasformazione (trasmut)reciproca di due nature, poste luna di fronte allaltra (a frontea fronte) in modo che entrambe (amendue) le loro essenze(forme) fossero pronte a scambiarsi il corpo (lor matera).

    (Le due nature) si corrisposero luna allaltra (si rispuosero)secondo queste fasi: il serpente divise in due (fesse) la coda aguisa di forca (in forca), e il dannato ferito (l feruto) un (ristrin-se) insieme i piedi (lorme).

    Le gambe e le cosce si congiunsero (sappiccar) le une alle altre(seco stesse) cos saldamente (s), che in breve (n poco) la lineadi giuntura non dava alcun segno (non facea segno alcun) dipresenza (che si paresse).

    La coda divisa (fessa) assumeva (Togliea) la figura umana cheandava scomparendo (si perdeva) nellaltro (l), e mentre lapelle del serpente diventava (si facea) molle, laltra (e quella dil) diventava dura.

    Vidi le braccia rientrare (intrar) attraverso (per) le ascelle, e ledue zampe del rettile (fiera), che erano corte, allungarsi tantoquanto le braccia dellaltro (quelle) si accorciavano.

    vv. 79-141

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  • Poscia li pi di rietro, insieme attorti,diventaron lo membro che luom cela,

    117 e l misero del suo navea due porti.

    Mentre che l fummo luno e laltro veladi color novo, e genera l pel suso

    120 per luna parte e da laltra il dipela,

    lun si lev e laltro cadde giuso,non torcendo per le lucerne empie,

    123 sotto le quai ciascun cambiava muso.

    Quel chera dritto, il trasse ver le tempie,e di troppa matera chin l venne

    126 uscir li orecchi de le gote scempie;

    ci che non corse in dietro e si ritennedi quel soverchio, f naso a la faccia

    129 e le labbra ingross quanto convenne.

    Quel che giaca, il muso innanzi caccia,e li orecchi ritira per la testa

    132 come face le corna la lumaccia;

    e la lingua, chava unita e prestaprima a parlar, si fende, e la forcuta

    135 ne laltro si richiude; e l fummo resta.

    Lanima chera fiera divenuta,suffolando si fugge per la valle,

    138 e laltro dietro a lui parlando sputa.

    Poscia li volse le novelle spalle,e disse a laltro: I vo che Buoso corra,

    141 comho fattio, carpon per questo calle.

    Cos vidio la settima zavorramutare e trasmutare; e qui mi scusi

    144 la novit se fior la penna abborra.

    E avvegna che li occhi miei confusifossero alquanto e lanimo smagato,

    147 non poter quei fuggirsi tanto chiusi,

    chi non scorgessi ben Puccio Sciancato;ed era quel che sol, di tre compagni

    150 che venner prima, non era mutato;

    laltrera quel che tu, Gaville, piagni.

    Poi le zampe posteriori (li pi di rietro), attorcigliandosi (attor-ti) insieme, formarono (diventaron) il membro virile (che luomcela), mentre il dannato (misero) dal proprio sesso ne vide spor-gere (sporti) due (per formare i piedi).

    Mentre il fumo copriva (vela) luno e laltro del nuovo colo-re (annerendo il nuovo serpente e schiarendo il nuovouomo), e generava i peli nelluno (suso per luna parte) e lifaceva sparire (il dipela) nellaltro,

    luno assumeva posizione eretta (si lev) e laltro cadeva a terra(giuso), senza per distogliere luno dallaltro (non torcendo) glisguardi maligni (le lucerne empie), sotto i quali ciascuno anda-va cambiando faccia (cambiava muso).

    Quello che stava eretto (dritto) ritrasse (trasse) il muso (il)verso (ver) le tempie e dalleccessiva (troppa) materia che siera accumulata in quel punto (chin l venne) fuoriuscirono leorecchie dalle guance (gote), che ne erano prive (scempie);

    ci che di quella materia sovrabbondante (di quel soverchio)non si era ritirato (non corse in dietro) ed era rimasto l (si riten-ne), form (f) il naso in mezzo alla faccia e si ingross delnecessario (quanto convenne) per formare le labbra.

    Quello disteso a terra (che giaca) allung (innanzi caccia) ilmuso e ritir le orecchie dentro (per) la testa come fa (face) lalumaca (lumaccia) con le corna;

    e la sua lingua, che prima era unita e pronta (presta) a parlare,cominci a biforcarsi (si fende), mentre nellaltro la linguabiforcuta si riun (si richiude); e intanto il fumo svan (resta);

    Lo spirito che era diventato serpente (fiera) fugg per la bol-gia (valle) sibilando (suffolando), mentre laltro dietro di lui simise a parlare sputando.

    Quindi (Poscia) gli volt le spalle appena formate (novelle) edisse allaltro dannato: Voglio (vo) che Buoso corra stri-sciando (carpon), come ho fatto io finora, per questa bolgia(calle).

    PUCCIO SCIANCATOCos io ho visto trasformarsi e cambiare natura (mutare e tra-smutare) i ladri nella settima bolgia (la settima zavorra); e qui lanovit dellargomento mi scusi se lo stile (la penna) stato unpo (fior) confuso (abborra).E per quanto (avvegna che) i miei occhi fossero un po (alquan-to) confusi e il mio animo smarrito (smagato), i due ladri rima-sti (quei) non poterono andarsene (fuggirsi) cos di soppiatto(tanto chiusi)

    da impedirmi di riconoscere (chi non scorgessi) distintamente(ben) Puccio Sciancato; dei tre dannati (compagni) che si eranoavvicinati prima, era lunico (sol) che non aveva subito meta-morfosi (non era mutato);

    laltro era colui di cui tu, Gaville, ancora ti lamenti (piagni).

    vv 142-151

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    Canto XXVInferno

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