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1 Conforme al protocollo della Regione Toscana. indice 2 3 6 11 13 25 29 81 88 118 119 premessa introduzione politrauma sicurezza e auto protezione sulla scena dell’evento bls al traumatizzato il triage le manovre del trauma le ustioni cenni di traumatologia speciale (fuori protocollo regionale) ringraziamenti bibliografia

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Conforme al protocollo della Regione Toscana.

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premessaintroduzionepolitraumasicurezza e auto protezione sulla scena dell’evento bls al traumatizzatoil triagele manovre del traumale ustionicenni di traumatologia speciale (fuori protocollo regionale)

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PREMESSA

Presentare un libro che affronti in modo rigoroso e semplice il supportovitale al trauma non è facile; se questo libro deve in particolare trattare ilsoccorso extraospedaliero al trauma, il compito diventa ancora più difficile.Coloro che hanno già esperienza nel soccorso extraospedaliero probabil-mente sanno bene a cosa mi riferisco, gli altri se ne renderanno conto nelcorso della lettura del libro e durante la loro attività pratica. Per tutte questeragioni, anche in ambito internazionale, non è stato finora possibile elabo-rare linee guida universalmente riconosciute come per BLS e ALS. Il piùautorevole ente scientifico che da tempo si occupa della stesura di lineeguida sul trauma e della formazione del personale sanitario nel mondo,American College of Surgeon, ha da sempre focalizzato l’attenzione al soc-corso intraospedaliero al trauma, lasciando ad organismi minori il compito diadattare queste linee guida alla realtà territoriale.Per queste ragioni, questo libro come gli altri, non rappresenta quello chedeve assolutamente essere fatto durante il soccorso al traumatizzato e nonrisolve i vostri problemi: credo però che abbia il merito di aver affrontato ledifficoltà connesse a questa materia e di aver cercato di modellare le attualiconoscenze della medicina critica e della traumatologia alla realtà italiana edin particolar modo a quella toscana dove il Volontariato rappresenta uno deiprincipali interlocutori per questa branca della medicina. Lo scopo del libro è di poter garantire al lettore una serie di conoscenze edi abilità che siano applicabili in senso generale nella maggioranza degliscenari di trauma, ben sapendo che l’applicazione di linee guida in modoacritico espone inevitabilmente a rischio di fallimento.

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INTRODUZIONE

Nell’ambito del soccorso a persone rimaste vittime di eventi traumatici, è necessario conoscere alcuni fattori fondamentali di questo particolare tipodi emergenza. Il trauma rappresenta la prima causa di morte in soggetti conetà inferiore ai 40 anni e non vi è dubbio che una delle varianti che influenzal’esito positivo di un intervento su di un traumatizzato sia il fattore TEMPO.Quindi si deduce che: tanto minore è il tempo che intercorre tra l’eventotraumatico ed il soccorso quanto maggiori saranno le possibilità disopravvivenza e di recupero del traumatizzato. Questo concetto è statoormai dimostrato in modo certo e la conferma dell’importanza della precocitàdell’intervento e dell’adeguatezza dei soccorsi viene dall’analisi epidemiologicadelle morti dovute a trauma. La morte a seguito di un evento traumatico puòessere descritta da un andamento trimodale, ovvero con tre picchi di mortalità:• circa il 50% nei primi secondi o minuti dall’evento traumatico a causa dilesioni non compatibili con la vita. Questa alta percentuale di morti è modifica-bile solo dalla PREVENZIONE (educazione stradale, uso dei sistemi di sicurez-za attiva e passiva, miglioramento della sicurezza sui luoghi di lavoro ecc.).• circa il 30% nelle prime ore dall’evento traumatico: questo gruppo di per-sone sono quelle che più efficacemente possono giovarsi di trattamenti rapidi ecorretti ed ospedalizzazione rapida all’ospedale adeguato per le loro lesioni.• circa il 20% dopo giorni o settimane dall’evento traumatico spesso aseguito di complicanze manifestatesi durante la degenza in ospedale ma chespesso sono insorte e non sono state trattate sulla scena (danni secondari).Da questo possiamo capire come molte delle vittime di traumi, possonoessere salvate da trattamenti precoci e ben eseguiti cominciati sulla scena deltrauma: non è un caso infatti che molti decessi di traumi che avvengono inospedale siano più o meno direttamente causati da una gestione approssima-tiva del paziente sulla scena. Dall’esame di questi dati possiamo comprendereil significato della cosiddetta “GOLDEN HOUR” (ora d’oro), così definita per-ché, da studi condotti analizzando i dati sopra riportati, è emerso che gli inter-venti corretti attuati nella prima ora dall’evento traumatico incidono in manierasignificativa sulla riduzione della mortalità e degli esiti invalidanti.

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Le cause di morte e di danni permanenti nei traumatizzati sono dovute, oltreche agli effetti diretti dell’impatto iniziale, anche all’instaurarsi di condizionicome l’ipossia, mancanza di adeguato apporto di ossigeno, l’ipercapnia,aumento di anidride carbonica nel sangue, l’ipotensione, abbassamentodella pressione arteriosa, oltre che alle conseguenze di manovre e interventieffettuati in maniera non corretta. Tutti i danni che sono conseguenza dimanovre non eseguite o eseguite in modo scorretto, prendono il nomedi DANNI SECONDARI. Dato che la percentuale maggiore di decessiavviene prima dell’arrivo in ambiente ospedaliero, appare evidente come unodegli obbiettivi da raggiungere sia quello di migliorare la qualità del soc-corso nella fase iniziale. Alla base di un buon risultato si pone il COORDI-NAMENTO di tutte le azioni che vengono effettuate iniziando dalla fase diallertamento della Centrale Operativa 118 concludendosi con l’arrivo deltraumatizzato presso una struttura ospedaliera adeguata pre il trattamentodefinitivo. Tutti questi interventi sono riassunti nella cosiddetta CATENADELLA SOPRAVVIVENZA DEL TRAUMATIZZATO

1. Attivazione tempestiva della Centrale 118.2. Valutazione del numero delle persone coinvolte e della gravità delle lesioniriportate in modo da poter garantire a ciascun ferito il soccorso giusto almomento giusto.3. Trattamento preospedaliero di base o avanzato in funzione del tipo dimezzo inviato sul posto e prevenzione dei danni secondari4. Trasporto nella struttura sanitaria più adeguata per il trattamento dellelesioni del paziente. 5. Trattamento ospedaliero: di esclusiva competenza dei sanitari ospedalieri.

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ALLARMEPRECOCE

TRIAGESUL

POSTO

TRATTAMENTOPREOSPEDALIERO

CENTRALIZ-ZAZIONE

TRATTAMENTOOSPEDALIERO

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difficoltà connesse al trauma

L’attuazione completa dei protocolli risulta difficoltosa perché nell’ambitodelle emergenze sul territorio operano varie figure con caratteristiche profes-sionali e tecniche non omogenee; esiste inoltre una impossibilità cronica distandardizzare gli interventi di emergenza traumatologica adattandoli ad ognisituazione. Ogni scenario in effetti presenta caratteristiche uniche con unaserie di variabili che lo rendono diverso da ogni altro e che rendono impos-sibile o comunque molto difficile l’applicazione stretta degli algoritmi. Questo significa che le linee guida devono essere conosciute in modo per-fetto per permettere al soccorritore di potervisi discostare in modocosciente ogniqualvolta lo scenario lo richieda. Molte sono le variabili chedevono essere considerate durante il soccorso ad un traumatizzato e traesse possiamo citare:• Luogo dell’intervento non agevole o pericoloso.• Paziente non collaborante.• Variabilità degli scenari (tipologia, gravità delle lesioni riportate e numero di persone coinvolte).• Condizioni meteo (notte, nebbia, freddo ecc.)• Coinvolgimento emotivo sia dei soccorritori che degli astantiNe consegue che l’unica garanzia per effettuare azioni corrette è quella diperseguire obbiettivi primari conosciuti da tutti coloro che sono chiamati adintervenire, ed acquisire, ognuno per le proprie competenze, la manualità e leconoscenze nell’uso delle tecniche e dei dispositivi frequentando corsi teori-co pratici specifici. La formazione deve perseguire quindi i seguenti obbiettivi:• Fornire la conoscenza per poter effettuare correttamente il primo trattamento al traumatizzato.• Addestrare i Soccorritori ad agire in situazioni di emergenza traumatologica ricordando che la fretta nell’esecuzione di una qualunquemanovra presuppone la mancanza di un’attenta valutazione.• Uniformare gli interventi in modo che tutti i Soccorritori seguano i protocolli riconosciuti attualmente più validi ed efficaci.

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IL POLITRAUMA

Per trauma in medicina critica, intendiamo qualsiasi evento causato da unaforza fisica che agisca provocando un danno all’organismo. Molto spesso assimiliamo il concetto di trauma a quello di incidente stradale.In realtà, anche se nella nostro paese questo è spesso vero, ogni agente fisi-co (calore, freddo, sostanze caustiche, armi da fuoco da taglio o da punta,radiazioni ionizzanti) è capace di provocare traumi e quindi traumatizzati.Si definisce politraumatizzato un soggetto che ha subito due o più lesioni acarico di organi od apparati diversi, almeno una delle quali talmente grave dametterne in pericolo la vita.

Il primo trattamento al politraumatizzato è una delle emergenze più compli-cate da affrontare, perché la gravità delle lesioni riportate va a sommarsi adeventuali patologie già presenti in quel paziente.

La regola principale è quella di compiere un’attenta valutazione dello sce-nario prima d’intervenire ed intraprendere una qualunque manovra, per nonesporre a rischi sia i soccorritori che gli altri presenti à AUTOPROTEZIONE.Inoltre il desumere la dinamica dell’evento, può orientare circa i possibilitraumi riportati dalla vittima. È molto importante che il soccorritore sia ingrado di eseguire una corretta valutazione, della gravità dei feriti, (triage,secondo anello della catena della sopravvivenza) in modo da valutarel’adeguatezza numerica dei mezzi di soccorso rispetto al numero di personeinfortunate. Con il termine “TRIAGE” si definisce l’identificazione delle prior-ità di trattamento di ogni ferito rispetto agli altri coinvolti nell’evento, in mododa ottimizzare le risorse.

Il triage possiede diverse connotazioni a seconda che si debba applicare incondizioni di maxiemergenza o in condizioni in cui vi siano più personecoinvolte in un evento che comunque può essere fronteggiato semplice-mente con l’invio di un numero maggiore di mezzi di soccorso. (vedi capitolo Triage a pagina 27).

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la prevenzione dei danni secondari

Il principale obiettivo del BLS al traumatizzato è quello di prevenire idanni secondari. Si definiscono danni secondari, tutte quelle lesioni che ilpaziente riporta non a causa del trauma ma per l’instaurarsi di condizioniche al trauma sono legate e che sono (o meglio sarebbero state) correggibilio addirittura evitabili da un soccorso extraospedaliero correttamente esegui-to. Tra i principali danni secondari, vi sono l’ipotermia, le lesioni spinali,l’ipotensione e l’ipossia. Sempre nell’ottica della prevenzione dei dannisecondari, esistono due tipi di approccio al traumatizzato che sono, comevedremo più avanti, lo scoop and run e lo stay and play.

DANNO PRIMARIO e DANNO SECONDARIO: nel traumatizzato si possonoavere quindi, due tipi di danno. Il primo è il cosiddetto danno primario,ovvero quello da imputare direttamente al trauma.L’energia che entra in gioco nel trauma (spesso energia cinetica, ma anchetermica, ionizzante ecc.) agisce in modo lesivo sulla cute e viene trasferitaanche alle strutture sottostanti (muscoli, vasi, ossa, organi cavi ed organisolidi) arrecandovi danni più o meno gravi in base alla quantità di energia, al suo tempo di applicazione e alla resistenza del soggetto traumatizzato(ad esempio un osso di un paziente anziano con osteoporosi sarà più facilmente fratturato da basse energie cinetiche rispetto a quello di unsoggetto giovane senza osteoporosi). Il danno primario è causa di tutte lemorti immediate per trauma, cioè quelle del primo picco (50%) di mortalità edi gran parte delle morti degli altri due picchi.La restante parte delle morti possono e devono essere evitate dal personalesanitario, cominciando da quello che per primo soccorre il paziente.I soccorritori (Medici, Paramedici, Volontari) possono ridurre queste mortiriconoscendo e trattando i danni primari (ad esempio una emorragia arte-riosa o una ostruzione delle vie aeree), ma anche e soprattutto evitando diprovocare danni successivi con manovre eseguite scorrettamente o non eseguite affatto (ad esempio non mantenere la posizione neutra, non som-ministrare ossigeno, ventilare o non intubare il paziente, non ricoprire conmetallina il traumatizzato).

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Per tutto quello che abbiamo fin qui detto, il compito di ogni soccorritore su un paziente politraumatizzato è quindi quello di:

1. prevenire i danni secondari eseguendo correttamente le manovre che competono

2. riconoscere, trattare e stabilizzare per quanto possibile i danni primari derivati dal trauma.

3. allertare il sistema di emergenza intraospedaliera (mediante la C.O.)per cercare di ridurre il più possibile le perdite di tempo che possonoritardare le cure definitive à GOLDEN HOUR!

l’equipe di soccorso e la definizione di ruoli

Vista la grande difficoltà nella gestione di uno scenario di trauma, l’equipe disoccorso deve, già al momento della chiamata, definire i ruoli dei propricomponenti. La squadra deve agire coordinata dal Team Leader che ripar-tisce i ruoli all’interno della stessa.

Caratteristiche del Team Leader (TL):• Il Team Leader è il volontario che dal primo momento dell’intervento gestisce l’operato degli altri soccorritori, è la figura cardine della squadrastessa che detta i ritmi alla squadra e le dà tranquillità.• Dovrebbe essere il soccorritore più esperto e deve essere riconosciutocome tale dagli altri membri della squadra.• Durante l’intervento il Team Leader, oltre che dirigere il soccorso, effettuale valutazioni dello scenario dell’evento e le valutazioni primarie sul paziente.• Il Team Leader dovrebbe al rientro alla base, rianalizzare criticamente levarie fasi dell’intervento sottolineando insieme a tutta l’equipe gli aspetti

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positivi e quelli da correggere, senza colpevolizzare o accusare il singolocomponente ma cercando di trarre giusti insegnamenti per tutta la squadra(debriefing).Negli interventi con mezzo di soccorso “medicalizzato”, il TL è ovviamente ilmedico. Tutte le manovre devono essere svolte parlando con sicurezza etranquillità, in maniera da infondere la stessa sicurezza ai colleghi.

Gli altri componenti della squadra di soccorso sono il 1º soccorritore (1º) ed il 2º soccorritore (2º) nonché l’autista (A).

1º soccorritore: è il soccorritore che, coordinato dal T.L., si preoccupa del-l’immobilizzazione manuale della testa in posizione neutra fino al posiziona-mento dell’asse spinale. Il suo posizionamento nel caso di paziente trauma-tizzato deve essere automaticamente a livello della testa in modo da garan-tire l’immobilizzazione del rachide cervicale (C-spine) in posizione neutra. Il 1º è anche tenuto a rimuovere il casco in collaborazione con il 2º.

Posizione neutra

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2º soccorritore: è il soccorritore che, coordinato dal T.L., si preoccupa deltamponamento delle emorragie massive, dell’eventuale immobilizzazionedella testa per la rimozione del casco, del posizionamento del collare e diportare le attrezzature richieste dal T.L.

Autista: collabora con il TL alla valutazione dello scenario già in fase diavvicinamento in ambulanza, si preoccupa del posizionamento del mezzo disoccorso in modo protettivo e accessibile ed infine collabora con l’equipe disoccorso nelle manovre di mobilizzazione del ferito e nel fornire le attrezza-ture adeguate dall’ambulanza.

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SICUREZZA E AUTOPROTEZIONE SULLA SCENA DELL’EVENTO

La squadra di soccorso, deve tenere conto dei rischi che possono esserepresenti sulla scena in modo da poterli evitare.In generale, dobbiamo:

• Individuare per quanto possibile, il pericolo studiando lo scenario.• Adottare tutte quelle precauzioni comportamentali e strumentali

adatte ad evitare i possibili pericoli caso per caso.

L’esperienza ci insegna che ogni intervento di soccorso può presentarepericoli potenziali o reali. In particolare, gli interventi in ambienti contaminatida materie pericolose quali gas infiammabili o agenti chimici, per tentati sui-cidi, per soccorso ad alienati mentali, in zona a rischio elettrico, su eventisismici ecc…, sono da considerarsi ad alto rischio.

la gestione degli astanti

Chiunque si trovi sulla scena dell’intervento, non direttamente coinvolto né inpossesso di una formazione specifica che lo riconduca alle operazioni disoccorso, costituisce un intralcio ed un pericolo potenziale per le operazionidel soccorso stesso. Quindi questi soggetti, devono essere messi in con-dizione di non nuocere, ovvero devono essere tenuti a distanza dalla scenadell’evento, per impedire che vengano distrutte o manomesse “prove” (chepossano servire alla Polizia Giudiziaria), per ridurre il rischio di gesti inconsulti, ad esempio accendere una sigaretta in presenza di liquidi infiammabili, perlimitare la loro stessa esposizione ai rischi dello scenario. Per ottenere l’atten-zione necessaria ed il rispetto di quanto impartito, occorre prima di tuttoessere riconoscibili, quindi indossare un abbigliamento identificabile, ed avereatteggiamento calmo ma fermo ed autoritario. Ricordarsi che la persona chesi ferma per curiosare, spesse volte non è conscia dei rischi a cui va incontro.

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il soccorso a pazienti su vetture incidentate

In caso di incidente stradale altri pericoli per la squadra di soccorso pos-sono derivare dal veicolo stesso. Alcuni dispositivi della vettura possonocompromettere l’intervento se non addirittura causare lesioni ai soccorritori;per evitare ciò è bene fare attenzione a:

Marmitta catalitica, questo tipo di marmitta, in condizioni di esercizio raggiunge gli 800°C, temperatura che può facilmente far incendiare l’even-tuale carburante o le sterpaglie sotto al veicolo. In caso di veicolo ribaltato dobbiamo porre la massima attenzione a nonentravi in contatto; se raffreddate rapidamente possono esplodere.

Airbag, dispositivo di protezione posizionato sullo sterzo o sul cruscotto edazionato da sensori; qualora ci si trovi a lavorare in un abitacolo con airbaginesplosi è bene cercare di ridurre al minimo i rischi sapendo che il propel-lente di questi dispositivi è in grado di far gonfiare il pallone in circa 150millisecondi. Pertanto è utile: • Disinserire la chiave dal quadro,• Portare il sedile in posizione arretrata,• Non eseguire lavori di taglio sulla superficie dell’airbag• Scollegare la batteria non serve a disattivare gli airbag.

Windowbag, dispositivo di protezione posizionato sul montante deglisportelli, si attiva con un meccanismo simile a quello degli airbag. La messa in sicurezza si esegue come per gli airbag.

Roll Bar, sono dispositivi presenti su tutte le auto cabriolet, su alcune vet-ture sono a scomparsa e si azionano, fuoriuscendo da dietro i sedili posteri-ori, in caso di ribaltamento del veicolo. Massima attenzione nello sposta-mento e nel riallineamento del mezzo cabriolet se i roll bar non sono usciti.

Per approfondimenti su questo argomento si rimanda al manuale “Sicurezzaed autoprotezione in emergenza” (M. Cassigoli)

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BLS AL TRAUMATIZZATO

Il BLS nel trauma si avvale dei principi già affrontati e acquisiti nel BLS e nelP-BLS. Anche esso prevede un algoritmo semplice organizzato a punti chedevono essere eseguiti in sequenza senza ometterne alcuno o invertirnel’ordine. Ogni punto dell’algoritmo inizia con una valutazione a cui segueuna azione. Non possiamo procedere al punto successivo se non si è effi-cacemente eseguito il punto precedente. Il BLS nel trauma si compone diuna VALUTAZIONE RAPIDA e di una VALUTAZIONE PRIMARIA.Valutazione Rapida è una valutazione che si esegue nei pazienti proni o incar-cerati in auto per decidere se eseguire una estricazione rapida (paziente cheha compromessa una o più funzioni vitali) o convenzionale (paziente appar-entemente stabile) e che precede la Valutazione Primaria, non la sostituisce. Lavalutazione rapida prevede una sommaria valutazione dello stato di coscienza,della presenza di respiro e della presenza di polso radiale che ci permettono diavere un quadro iniziale della gavità del trauma.Negli altri casi, pur essendo possibile un primo approccio con la valutazionerapida, si preferisce eseguire direttamente la valutazione primaria.1. C-spine: è immobilizzazione manuale della testa: il 1º blocca la testa delpaziente e la porta in posizione neutra. Unica eccezione per la quale non è nec-essario l’immobilizzazione della testa è il paziente con ferita penetrante semplice.2. TL valuta la coscienza toccando e chiamando la vittima come per svegliarlo, controlla l’attività respiratoria, il polso radiale e sulla base diqueste valutazioni decide sulle manovre da effettuare.3. Tamponamento emorragie: il 2º blocca eventuali emorragie massive.4. Indipendentemente dallo stato di coscienza, il T.L. deve rilevare e comu-nicare immediatamente alla C.O. (118) eventuali tipi di trauma che possonocompromettere l’attività respiratoria quali:- Lesioni maxillo-facciali- Ustioni del volto e delle Vie Aeree- Deviazione della Trachea- Eccessivo gonfiore delle vene giugulari- Lacerazioni o ferite profonde al collo

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5. Immobilizzazione della testa: il secondo soccorritore posiziona il collare.6. Posizionamento: il paziente viene posizionato sull’asse spinale o sul cuc-chiaio (il posizionamento può avvenire subito o successivamente a secondadell’evento traumatico).7. TL esegue la Valutazione Primaria

valutazione primaria (primary survey)

La valutazione primaria deve essere sempre eseguita sul paziente traumatiz-zato, anche se precedentemente si è applicato la Valutazione Rapida.È il TL ad eseguirla, aiutato dal 1º e dal 2º.

A. Valutazione dello stato di coscienzaSi esegue con il 1º che sta già garantendo il C-Spine, chiamando e toccan-do la vittima.• allertare il 118 se incosciente• posizionare il paziente supino (vedi capitolo manovre di mobilizzazione del ferito)• mantenere la posizione neutra• scoprire il torace• posizionare il collare cervicale• T.L. controlla la pervietà delle vie aeree, solleva la mandibola e, se neces-sario posiziona una cannula oro - faringea.• controllo delle emorragie arteriose• in questa fase il medico può decidere per l’intubazione oro-tracheale.

B. Valutazione del respiroSi esegue in modo diverso nel paziente cosciente e non cosciente.Paziente cosciente:• Il T.L. somministra ossigeno ad alto flusso 8/12 litri al minuto.• Il T.L. scopre o fa scoprire il torace al paziente (se non già fatto prima) per individuare eventuali traumi e per rilevare la frequenza respiratoria e lasimmetria dei movimenti del torace (OPACS).

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OSSERVA à‡

Sollevamento del torace, se asimmetrico e/o presenta avvallamenti: pericolo

PALPA à‡

Movimento ed instabilità della regione toracica: pericolo

ASCOLTA à‡

Rumori respiratori

CONTA à‡

Frequenza respiratoria, se maggiore di20 atti al minuto: pericolo

SATURIMETRIA à‡

Se inferiore al 90% con ossigeno ad alti flussi: pericolo

Paziente non cosciente:• Il T.L. valuta l’attività respiratoria attraverso la manovra del G.A.S. per 10’’Presente: il T.L. effettua O.P.A.C.S. e somministra ossigeno ad alto flusso8/12 litri al minuto.Assente: il TL effettua 2 ventilazioni (paziente immobilizzato su asse spinale),altrimenti le effettua il I soccorritore garantendo il C-Spine con la testa tra lesua ginocchia.

In questa fase il medico può decidere per l’intubazione oro-tracheale, e/odecompressione toracica.

C. CircoloIndipendentemente dallo stato di coscienza, nel trauma è prioritario rilevarela presenza del polso radiale: è importante rilevare e comunicare alla C.O. lapresenza di condizioni che possono compromettere l’attività cardiaca quali:

• Frequenza cardiaca in un adulto maggiore di 100 battiti al minuto.• Polso radiale non percettibile (pressione arteriosa massima < 80 mmHg).

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Dopo aver valutato questi due parametri l’algoritmo si divide a secondadello stato di coscienza:

Paziente cosciente: dopo aver valutato la frequenza cardiaca (polso radialeo carotideo) si passa al punto “D”.

Paziente non cosciente: se il polso radiale è assente, il T.L. verifica la pre-senza del polso carotideo:

• Polso carotideo presente: se l’attività respiratoria era assente, si continuacon la ventilazione a 12 atti al minuto altrimenti si passa al punto “D”.• Polso carotideo assente: massaggio cardiaco con rapporto 15/2.

In caso di arresto cardiocircolatorio la sequenza si ferma a questopunto fino al ripristino delle funzioni vitali.

D. DisabilityQuesto punto dell’algoritmo prende in considerazione lo stato neurologicoin modo più fine, in modo da capire se lo stato di coscienza sia più o menocompromesso. Gli operatori sanitari utilizzano per questo tipo di valutazioneil Glasgow Coma Score, una scala a punteggio che è ormai internazional-mente adottata. Per i soccorritori non sanitari, appare più semplice ecomunque affidabile l’utilizzo della scala AVPU.

• A = ALERT: Il paziente è sveglio, ha gli occhi aperti, è collaborante erisponde in maniera chiara e precisa a semplici domande:

• Cosa le è successo? • Dove abita?• Come si chiama? • Che giorno è oggi?

• V = VERBAL: Il paziente ha gli occhi chiusi, ma li apre allo stimolo verbale,risponde alle domande ma è confuso o tende a riassopirsi.

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• P = PAIN: Il paziente non risponde alle domande ma risponde allo stimolodoloroso sul nervo infraorbitario (posto tra il terzo medio e quello medialedell’arcata sopraccigliare sulla piccola depressione che si trova a questo liv-ello e che si può apprezzare con la palpazione).• U = UNRESPONSIVE: Il paziente non risponde allo stimolo doloroso.

È evidente che procedendo da A ad U, si ha un grado di compromissionedella coscienza crescente. Dobbiamo anche tener presente che il livello dicoscienza di un traumatizzato durante un soccorso può essere fluttuante, ingenere aggravandosi se le condizioni endocraniche o cardiorespiratorie siaggravano (vedi capitolo sul trauma cranico).

E. ExposureIn questa fase si cercano rapidamente ma sistematicamente lesioniattribuibili all’evento traumatico, in modo da avere un’idea complessiva dellostato del paziente e poterlo riferire alla centrale operativa.

• Il T.L. spoglia o fa spogliare il paziente (tagliando i vestiti) per individuareeventuali altri traumi e ferite da trattare, inizia un rapido esame della testa,poi passa al torace, all’addome, al bacino, ai genitali ed infine agli arti. • ricopre il paziente con un telo termico per prevenire l’ipotermia.

Il T.L. comunica la situazione al 118 ripercorrendo i punti secondo loschema usato per la loro rilevazione ovvero A - B - C - D - E, predispone,se non già fatto l’immobilizzazione del paziente (asse spinale, materasso adepressione, steccobende, etc.) prepara per il ricovero ospedaliero delpaziente, ricordandosi di tenere sempre sotto controllo lo stato di coscien-za, il respiro ed il polso, riferendo al 118 eventuali variazioni del quadro clini-co durante il tragitto.

OGNI VOLTA CHE SI NOTANO SOSTANZIALI CAMBIAMENTI (in senso peg-giorativo) DI QUALUNQUE PARAMETRO VITALE (COSCIENZA, RESPIRO,

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CIRCOLO) DURANTE LA VALUTAZIONE PRMARIA O DURANTE ILTRASPORTO DOBBIAMO RIPARTIRE DACCAPO CON LE VALUTAZIONIDELL’ABCDE, AVVERTENDO IMMEDIATAMENTE LA C.O. DEL CAMBIA-MENTO CLINICO.

dinamica del trauma

Durante un intervento di soccorso ad un traumatizzato dobbiamo prenderein considerazione contemporaneamente alla Valutazione Primaria anchecome si è svolto l’evento traumatico, quali sono state le forze in gioco ecome hanno agito sul paziente. È infatti noto come a fronte di un apparentemancanza di lesioni esterne di un paziente, se c’è stata la presenza di alcu-ni fattori dinamici durante il trauma, il paziente debba essere considerato unpolitraumatizzato fino a prova contraria e quindi centralizzato in un ospedaleadeguato. Questo tipo di fattori dinamici, fanno definire il trauma come adinamica maggiore. Anche la C.O. cerca di sapere dalla chiamata diallarme se vi siano a priori uno o più di questi fattori in quanto ciò aiuta adefinire il codice di gravità e l’invio di un mezzo adeguato (medicalizzata edeventualmente elisoccorso) anche se il ferito è apparentemente illeso.

Sono eventi a dinamica maggiore:• caduta da oltre 5 metri di altezza• presenza di persone decedute nello stesso veicolo• proiezione all’esterno dell’abitacolo• arrotamento• necessità di estricazione prolungata (20 minuti)• età inferiore a 5 anni o superiore a 55 anni• frontale su strada statale• bicicletta/moto contro auto/camion

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È quindi importante, durante il soccorso, rendersi conto della dinamica del trauma, compreso anche l’entità della deformazione dei veicoli ed il tipo diveicoli coinvolti nella scena, comunicandoli insieme al risultato dellaValutazione Primaria alla C.O.

le due scelte sul campo: scoop and run o stay and play?

I soccorritori che si trovano di fronte ad un traumatizzato, alla fine della valu-tazione primaria hanno la necessità di prendere la decisione più importante:immobilizzare il paziente e dirigersi rapidamente verso l’ospedale (adeguato)oppure rimanere sulla scena per cercare di stabilizzare ed eseguire il primotrattamento terapeutico del paziente prima di ospedalizzarlo. Queste duefilosofie di comportamento sono, per il personale non medico, dettate dallaC.O. 118 che, in base alla relazione della Valutazione Primaria decide se fartrasportare rapidamente il traumatizzato dall’ambulanza non medicalizzataoppure se inviare sulla scena una ambulanza medicalizzata ed eventual-mente anche l’elisoccorso.In linea di massima, tutte le situazioni non stabilizzabili (lesioni penetranti deltorace o dell’addome, emorragie arteriose esterne o interne) sono indi-cazioni assolute per lo scoop and run anche in presenza di un medicosulla scena, in quanto la stabilizzazione del paziente potrà essere ottenutasolamente all’interno dell’ospedale. In molti casi di emorragia incontrollabile,si preferisce non iniziare nemmeno la fluidoterapia per guadagnare tempoda poter utilizzare in ospedale, ben sapendo che le infusioni sul territorionon sarebbero comunque sufficienti a garantire un rimpiazzo volemicoadeguato.

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la triade della morte

Con questo termine si indicano i tre fattori maggiormente responsabili dellamorte del traumatizzato, che sono causa di danno secondario. Essi sonoipossia, ipotensione, ipotermia. Se il modo migliore di evitare il primo fat-tore è evidente, dobbiamo dire che spesso nel tentativo di evitare il secondopossiamo causare il terzo. La fluidoterapia massiva, infatti, se da un latopuò migliorare l’ipotensione, sicuramente peggiora la condizione ipotermicadel traumatizzato soprattutto se vengono infusi fluidi non riscaldati o peggioancora freddi. Per questa ragione, i fluidi in ambulanza dovrebbero essereriscaldati ed è norma essenziale non mantenere le flebo in ambulanza nelperiodo invernale lasciandole all’interno della sede per poterle poi infonderealmeno a temperatura ambiente.

APPROCIO AL TRAUMATIZZATO

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APPROCCIO AL TRAUMATIZZATO INCARCERATO

valutazione secondariaLa valutazione secondaria segue logicamente quella primaria e può essereeseguita dal medico solo dopo la primaria e solo se il paziente è statostabilizzato durante quest’ultima. In tutti gli altri casi, una volta immobilizza-to adeguatamente il paziente dobbiamo procedere alla centralizzazione nel-l’ospedale adeguato (comunicato dalla C.O.)La Valutazione Secondaria ha lo scopo di rivalutare i parametri vitali, di raccogliere alcune informazioni dello stato di salute del paziente (allergie,terapie farmacologiche, patologie di base, ultimo pasto) e di eseguire unesame testa-piedi più approfondito di quello fatto al punto E dellaValutazione Primaria per poter decidere quale sia la struttura adeguata per ilsuo ricovero.

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Essa prevede:

1. Rivalutazione continua dell’ABCD2. Esame completo accurato testa à‡

piedi3. Verifica della dinamica dell’incidente4. Raccolta delle informazioni sanitarie (malattie, farmaci, allergie)

Dobbiamo ribadire che questa fase del soccorso extraospedaliero nonè necessaria e che deve essere eseguita solo da personale medico oparamedico e solo se il paziente è stabile.Per completezza, abbiamo deciso di riportare in questo manuale anchequesta fase, anche in considerazione che il soccorritore può e deve aiutareil medico nella sua esecuzione.

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IL TRIAGE

Il termine triage ha origine antica, essendo il termine con il quale in Orientesi indicava la scelta delle sete più pregiate da parte dei mercanti.Successivamente, in epoca napoleonica, il termine è stato applicato allascelta o meglio all’attribuzione della priorità di trattamento medico dei soldati feriti in battaglia, in modo che il maggior numero possibile potesseessere curato in modo efficace e recuperato per tornare al fronte. In ambito civile, questo termine indica un metodo di lavoro che deve essereapplicato in modo sistematico per scegliere, attribuendo una priorità di trattamento, chi debba essere visitato e curato per primo in un pronto soccorso. Ogni tipo di triage si basa sull’applicazione di schemi di valutazione chedevono produrre una codifica di gravità che classicamente è di tipo numeri-co o cromatico (ad esempio codice 1-2-3-4 o bianco-verde-giallo-rosso). Ogni operatore o mezzo di soccorso chiamato ad eseguire triage su maxiemergenze o catastrofi deve avere a disposizione apposite targhettecon numeri di codice o codici di colore per poter etichettare ogni pazienterendendo immediatamente evidente anche ai successivi soccorritori l’attri-buzione del codice di triage. In ambito intraospedaliero ma anche extrao-spedaliero vi sono due metodi di triage che trovano applicazione diversa eche si differenziano in base all’effettiva grandezza del numero di feriti dacurare rispetto alla capacità di trattamento della struttura stessa.Ad esempio un pronto soccorso opera quotidianamente con un metodo ditriage per gestire i propri accessi, ma dovrà adottare un diverso metodo ditriage nel caso di un massiccio afflusso di feriti per una catastrofe. In questo caso infatti, il triage non stabilirà solo quale paziente verrà trattatoper primo ma anche quale paziente sarà così grave e con così poche pos-sibilità di sopravvivenza da non poter e non dover essere trattato per nonprecludere risorse a coloro che si gioveranno sicuramente delle stesse. Anche nell’emergenza territoriale il triage si applica in modo duplice: esisteun triage che il medico applica quando si trova di fronte ad un numero diferiti discreto, con la possibilità per tutti di ricevere un trattamento anche se

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non contemporaneo, mediante la richiesta e l’invio di più mezzi di soccorso.In questo caso il triage serve a stabilire quale paziente abbia necessità del trattamento immediato e quale possa attendere l’arrivo dei successivi mezzi di soccorso. Questo tipo di triage è quello che più frequentemente vieneapplicato in emergenza territoriale (ad esempio in un incidente stradale conpiù di un ferito). Quando però, nello stesso incidente stradale vi siano molti feriti che per lagravità delle lesioni richieda un sostegno immediato delle funzioni vitali, e vi sia solo un equipaggio sulla scena, si deve introdurre il concetto di maxiemergenza e conseguentemente cambiare tecnica di triage, stabilendoquale paziente trattare e quale no.Questo metodo di triage è quello che si applica anche quando il numero diferiti da trattare diviene talmente grande da creare per un tempo più lungo,una sproporzione con le risorse disponibili al loro trattamento. In questo caso si parla di catastrofe o, nel mondo anglosassone, di disastro. Il termine catastrofe, infatti indica un evento dannoso per la comunità, checrea uno sconvolgimento dell’ordine delle cose, della salute e dell’economiaall’interno di essa.

Protocolli di triage: è l’insieme di parametri che l’operatore deve conside-rare per applicare il processo di triage stesso.Esistono diversi protocolli di triage che si applicano per l’ambito intra-o extraospedaliero, per la maxiemergenza o la catastrofe e che varianoa seconda della nazione che consideriamo.

Ogni protocollo di triage deve rispondere a esigenze precise come: - facile memorizzazione- rapida esecuzione- elevata riproducibilità da parte di operatori con diversa tipologia

e grado di preparazione- attendibilità nell’individuazione delle priorità di trattamento

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Lo scopo di questo capitolo, comunque, non è quello di addestrare e preparare il soccorritore volontario al triage, in quanto esso è e deve rimanere un compito che spetta agli operatori sanitari professionali, per la sua delicatezza e per l’importanza delle decisioni di vita e di morte. Per questa ragione, anche se a mio avviso il protocollo di triage italiano nonrappresenta il protocollo più valido a disposizione, sarà quello presentato inquesto libro in quanto ha il vantaggio di non prevedere la constatazione deidecessi sul campo e quindi può, in casi estremi, essere applicato anche dasoccorritori non professionali.

C.E.S.I.R.A.Il protocollo italiano CESIRA suddivide in tre classi di triage i pazienti. Le valutazioni che devono essere fatte corrispondono alle iniziali dell’acroni-mo CESIRA. Esso prevede la valutazione della coscienza, della presenza diemorragie gravi, dello stato di shock, della presenza di insufficienza respira-toria, di rotture e di altre lesioni, attribuendo codici da verde (urgenza dila-zionabile nel tempo) a rosso (emergenza con necessità immediata di tratta-mento). Come già detto, il protocollo CESIRA non prevede pazienti da nontrattare per le loro condizioni particolarmente gravi. Questo protocollo è di scarsa o nulla utilità nel triage delle maxiemergenzesia intra - che extraospedaliere dove il triage è eseguito da personale professionista.

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LE MANOVRE DEL TRAUMA

Accanto alle conoscenze teoriche che sono elemento fondamentale nelsupporto vitale al traumatizzato, devono essere acquisite abilità pratiche che riguardano l’estricazione, l’immobilizzazione ed il trasporto del pazientepolitraumatizzato.Per tale ragione, in questa sezione sono riportate in modo dettagliato e pre-ciso le principali manovre che possono essere necessarie durante la ges-tione del traumatizzato. Sono convinto che quelle che seguono non rappre-sentano l’unica modalità per gestire e mobilizzare un paziente traumatizzatoma sono comunque un mezzo scientificamente rigoroso per uniformare icomportamenti delle varie realtà locali del soccorso. È il team leader chedecide l’esecuzione di ogni manovra da eseguire, adattandola caso percaso allo scenario che si trova a dover gestire.

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estricazione rapida

Obiettivo: a. rimozione dall’auto di un ferito chepresenta alterazione di uno o più deiparametri vitali.b. rimozione di un ferito dall’auto peraccedere ad un altro ferito che presenta alterazione di uno o più deiparametri vitali.c. rimozione di un ferito in presenza diun rischio evolutivo

Modalità di esecuzione: TL, 1º, 2º soccorritore, Autista. L’estricazione deve essere conclusa in 60”. Dopo l’esecuzione della valutazione rapida, il 1º si posiziona

(Fig. 1)(Fig. 2)

all’esterno della vetturae mantiene la testa in posizione neu-tra mentre il TL disin-serisce la chiave dalquadro.

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(Fig. 3) (Fig. 4)

Il 2º posiziona il collare cervicale entrandodalla parte opposta dell’abitacolo (sequesta non fosse accessibile, il compitospetta al TL) mentre il TL sposta ilpaziente delicatamente in avanti per facil-itare l’inserimento del collare. (Fig. 3-4)Mentre il TL ed il 1º si preparano all’iniziodell’estricazione, il 2º si accerta dellamobilità degli arti inferiori del paziente(Fig. 5).

(Fig. 5)

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TL e 1º cominciano la rotazione mentre il2º solleva e ruota gli arti inferiori (Fig. 6).A questo punto il 2º raggiunge gli altridue soccorritori e aiuta l’estricazione delpaziente prendendo la parte destra men-tre l’autista “zeppa” l’asse spinale tra ilsedile e i glutei del paziente.

(Fig. 6)

(Quindi, mentre l’autista tiene salda-mente l’asse spinale, e il 1º mantiene latesta in posizione neutra, il TL adagia ilpaziente sull’asse (Fig. 7)

(Fig. 7)

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Mentre l’autista tiene saldamente l’assespinale, e il 1º mantiene la testa inposizione neutra, il TL aspetta il 2º perprenderlo sotto alle ascelle e farloscivolare sull’asse in modo che la testaarrivi sul cuscino dell’asse spinale (Fig. 8-9).

(Fig. 8)

(Fig. 9)

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estricazione convenzionale

Obiettivo: rimuovere in sicurezza un ferito dall’auto immobilizzandolo conun corsetto estricatore (uno dei più diffusi è il Kendrik Extrication Device).

(Fig. 1)

Per la complessità della manovra e per il tempo necessario al correttoposizionamento del KED (Fig.1), l’estricazione convenzionale deve essereriservata a situazioni stabili dal punto di vista della sicurezza dello scenario eda quello dei parametri vitali del paziente, che non deve, inoltre, presentarelesioni evolutive. Per poter eseguire l’astricazione convenzionale, dobbiamoinoltre, avere piena accessibilità al mezzo incidentato, preferendo, in casocontrario l’estricazione rapida.

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Modalità di esecuzione: TL, 1º, 2º soccorritore, Autista. L’estricazione deve essere conclusa in 4-5 minuti.

Il 1º entra in auto e mantiene la testa del-l’infortunato in posizione neutra diventan-do il leader di manovra (Fig 2-3).

(Fig. 2)

(Fig. 3)

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Il TL sposta delicatamente il torace del paziente in avanti per facilitare l’inserimento del collare da parte del 2º. (Fig. 4-5)

(Fig. 4) (Fig. 5)

Una volta applicato il collare cervicale, il 2º siporta dal lato del paziente e si prepara all’inseri-mento del KED in modo che l’ala del corsettorisulti piegata verso l’esterno e non si incastrinello schienale (Fig. 6).

(Fig. 6)

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Una volta inserito il KED fino in fondo al sedile, il 2º apre l’ala piegata e siriporta dalla parte opposta dell’abitacolo, nel veicolo in modo da completareil posizionamento del KED assieme al TL. Il 2º ed il TL adagiano il pazientesul corsetto, fissano la testa con le due cinghie facendole passare dallafronte e dalla mentoniera del collare (Fig 7-10), ed agganciandole incrociatesul velcro del corsetto.

(Fig. 7) (Fig. 8) (Fig. 9)

(Fig. 10)Se necessario è possibile inserire tra il corsetto e latesta del paziente l’apposito guancialino di corredoper mantenere la posizione neutra.

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Il TL ed il 2º agganciano le cinghie addominali dal-l’alto verso il basso (Fig 11)

(Fig. 11)

e successivamente passano i cosciali sotto legambe del paziente e li agganciano stringendoli inmodo incrociato (Fig 12).

(Fig. 12)

(Fig. 13)

Nel caso di sospetta frattura del bacino i coscialivengono fissati in modo diretto, non incrociato. Il TL stringe le cinghie addominali dall’alto verso ilbasso avendo cura di rincalzare l’eccesso dellecinghie in modo da non intralciare le manovre diestricazione (Fig. 13).

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Il 2º sposta le gambe dell’infortunato mentre il TL e il 1º (uscito dall’abitacolo)cominciano la manovra di rotazione e di abbassamento del tronco in mododa rendere possibile il superamento del montante dello sportello. (Fig 14-15)

(Fig. 14) (Fig. 15)

L’autista al momento della completa rotazione del paziente inserisce l’assespinale tra i glutei e il sedile (Fig 16–17)

(Fig. 17)

(Fig. 16)

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Quando il paziente risulta sdraiato sui sedili, il 2º si porta dalla parte dellatesta e aiuta il TL alla estrazione del paziente mentre il 1º continua a tenerela testa per limitarne i movimenti (Fig 18).

(Fig. 18)

Una volta che la vittima viene adagiata sull’asse spinale, dobbiamo allentarele cinghie cosciali e anche quelle addominali per facilitare la respirazione.

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la manovra di Rautek

La manovra di Rautek rappresenta una soluzione estrema nel campo dell’e-stricazione dal veicolo di un paziente traumatizzato. Essa è stata pensata estudiata per evacuare un ferito in condizioni di scenario non stabilizzato epertanto contraddice il dogma dell’autoprotezione del soccorritore, e cometale non deve essere messa in pratica dall’equipaggio dell’ambulanza.Per volere della Regione Toscana, in ogni caso, deve fare parte della forma-zione del soccorritore volontario che dovrà comunque preferire l’estricazionerapida con asse spinale nei casi in cui lo scenario sia stabile e sicuro. Negli altri non dovrà avvicinarsi alla scena se non quando essa sia divenutao resa sicura dal personale competente (VV.FF, CC,VV.UU. ecc.).• La manovra di Rautek non offre alcun tipo di garanzia di allineamentotesta-collo-tronco per l’infortunato esponendolo a rischi reali di dannisecondari. • Questa manovra è oltremodo faticosa e rischiosa anche per il soccorritoreche si troverà a dover sollevare, ruotare e sostenere da solo il peso delpaziente, con ulteriore rischio di trauma per la coppia soccorritore-paziente.• In questa ottica di sicurezza per soccorritori e ferito, l’uso della manovra diRautek è da abbandonare nell’ambito del soccorso riservandolo solo aquelle situazioni in cui non vi sia disponibile un’asse spinale (e quindi non visia un mezzo di soccorso) e in cui vi sia uno scenario stabile ma un pazien-te virtualmente incarcerato che necessiti di immediati trattamenti rianimatori. • Questa manovra, di cui peraltro esistono alcune varianti, sta scomparendoda molti libri sul soccorso extraospedaliero al trauma sia statunitensi cheeuropei. Per tutte queste ragioni, pratiche, di sicurezza, etiche e anche medico-legalideve essere sempre preferita l’estricazione rapida con asse spinale.

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La manovra di Rautek effettuata da un unicosoccorritore che, dopo aver effettuato una valu-tazione rapida e controllato la mobilità degli artiinferiori rispetto alle strutture del veicolo, sipone a lato del ferito facendo passare il proprioarto superiore destro dietro le spalle dell’infortu-nato, sotto l’ascella destra del medesimo adafferrare il polso sinistro (Fig. 1, 2, 3).

(Fig. 1)

(Fig. 3)(Fig. 2)

L’altro braccio, fattopassare al di sottodell’ascella sinistrava ad afferrare edimmobilizzare labranca mandibolare(Fig. 4).

(Fig. 4)

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L’estrazione avviene facendo compiere al traumatizzato una rotazione sulsedile così da presentare il paziente con le spalle alla portiera. Nel caso cheil ferito da estricare sia dal lato opposto alla guida, la manovra sarà la stes-sa ma con l’inversione degli arti sia del soccorritore che del ferito.(Fig. 5, 6, 7, 8).

(Fig. 5)(Fig. 6)

(Fig. 7)

(Fig. 8)

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posizionamento del collare cervicale

Obiettivo: mantenere l’allineamento del rachide cervicale nel paziente vitti-ma di un trauma. L’utilizzo del collare cervicale è obbligatorio i tutti i pazientitraumatizzati ad eccezione dei feriti da arma da taglio (a meno che le feritenon riguardino ovviamente la regione del collo).

Modalità di esecuzione: due soccorritori sia con il collare monovalva checon quello bivalva.

Il 1º mantiene da dietro la posizione neu-tra spiegando al paziente (se cosciente)cosa verrà fatto. Il TL posiziona il collaremonovalva impugnandolo per la zona delmento e facendo passare la parte poste-riore da dietro la nuca avendo cura dievitare sia i capelli lunghi che i colli digiacche o giacconi e possibilmente anchepinze fermacapelli e collane. (Fig. 1).

(Fig. 1)

Una volta passato il collare, provvede a stringere la chiusura a velcro serran-do in modo adeguato il collare attorno al collo (Fig. 2-3).

(Fig. 2) (Fig. 3)

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Per valutare se il collare è correttamente stretto, dobbiamo far parlare ilpaziente (se cosciente) e verificare l’impossibilità di muovere la mandibola. Inogni caso, non deve essere possibile inserire un dito tra il collo ed il collare. Per l’inserimento del collare bivalve, il 1º mantiene la testa in posizione neu-tra mentre il TL posiziona la parte anteriore del collare (Fig. 4-5).

(Fig. 4) (Fig. 5)

Successivamente il TL inserisce la parte posteriore e la chiude sempre conil velcro anteriormente (Fig 6-7).

(Fig. 6) (Fig. 7)

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(Fig. 8)

Per ambedue i tipi di collare, esistono diverse misure (che devono esserepresenti in ambulanza), comprese quelle pediatriche. Si trovano in commer-cio collari monovalva adattabili a più misure mediante una levetta di sbloccoche fa alzare la parte anteriore e posteriore del collare. La misura corretta del collare è quella che deve permettere l’inserimentoconservando la posizione neutra della testa, poggiando con il suo margineinferiore sul giugulo e con il suo margine superiore sulla mandibola anterior-mente e sull’occipite posteriormente (Fig. 8). Un collare troppo basso ten-derà a far flettere la testa in avanti, mentre uno troppo grande farà esten-dere la testa all’indietro. Il solo utilizzo del collare cervicale non garantisceun’adeguata immobilizzazione del radiale cervicale, perciò il mantenimentodel c-spine deve proseguire fino alla immobilizzazione definitiva con cunei elacci fermacapo su asse spinale.

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rimozione del casco

Obiettivo: rimuovere il casco (motociclistico, da lavoro ecc…) nel pazientetraumatizzato in modo da non esporre a rischi il rachide cervicale e renderele vie aeree disponibili per eventuali manovre; rendere immobilizzabile ilpaziente su asse spinale.

Modalità di esecuzione:La rimozione del casco viene eseguita solo conpaziente riportato in posizione supina mediantemanovra di prono-supinazione (Fig.1).

(Fig. 1)

(Fig. 2) Il 1º mantiene la posizione neutra della testa afferrando il casco dai lati (Fig. 2) e dà l’OK al 2º che, slacciato (o tagliato) il sottogola, passa le manisotto al casco per afferrare l’occipite e gli zigomi (Fig 3–4).

(Fig. 3) (Fig. 4)

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La mano sull’occipite deve essereposizionata in modo che le prime tredita aperte a ventaglio sostengano latesta (Fig.5) quando il casco verràrimosso, evitando l’estensione dellastessa.

(Fig. 5)

All’OK del 2º il 1º comincia a rimuovere il casco conmovimenti alternati in avanti e indietro in modo daevitare eccessive sollecitazioni alla testa (Fig. 6-7) e avverte il 2º prima di rimuovere completamente ilcasco in modo che si prepari a sorreggere la testa. Il casco può essere rimosso quando la piramidenasale esce quasi completamente dal margine inferiore dellamentoniera.

(Fig. 6)

(Fig. 7)Il 1º riprende la testa in posizione neutra(Fig. 8) dando modo al 2º di posizionareil collare cervicale (vedi paragrafo suposizionamento del collare cervicale).(Fig. 8)

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pronosupinazione (roll-over)

Obiettivo: riportare in posizione supina il ferito trovato prono in modo dapoter applicare la valutazione primaria.

Modalità di esecuzione: la manovra deve essere eseguita con tre soccorri-tori. I soccorritori si posizionano dalla parte opposta rispetto a dove guardail paziente in quanto la rotazione avverrà dalla parte opposta rispetto a doveè ruotata la testa.

Il 1° si posiziona alla testa del feritoinserendo le mani ai lati della testa inmodo da rendere agevole il mantenimen-to della posizione neutra durante lamanovra. Il TL ed il 2º si posizionano difianco con le mani incrociate a livellodella spalla, del fianco, del bacino e dellegambe, avendo cura di cingere anche ilpolso con la mano del TL (Fig. 1).

(Fig. 1)

Al via del 1° il TL ed il 2° cominciano a ruotare di 90° il paziente (Fig. 2).

(Fig. 2)

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A questo punto il TL può prendere la testa per dar modo al 1° di spostarsipiù di lato e di riposizionarsi per completare la manovra (Fig. 3-4). Tale manovra, non sempre si rende necessaria.

(Fig. 3) (Fig. 4)

Ripresa in mano la testa, il 1º dà il via per completare il roll-over e adagiarea terra il paziente (Fig. 5-6).

(Fig. 5) (Fig. 6)

Da notare che le mani dei soccorritori, per adagiare a terra il ferito si spostanoverso la zona posteriore del paziente per “frenare” la discesa del corpo.

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pronosupinazione su spinale

Obiettivo: ruotare il paziente direttamente su asse spinale

Modalità di esecuzione: come per la manovra precedentemente descrittaoccorrono tre soccorritori più un quarto soccorritore (autista) che deveinserire al momento opportuno l’asse spinale.

Arrivati alla fase descritta in figura 5,l’autista inserisce dai piedi del ferito l’assespinale in modo da farla scorrere fino allatesta (Fig. 7) (sarà cura del 1º accertarel’arrivo del cuscino della spinale all’altezzadella testa del paziente),

(Fig. 7)

e successivamente il TL ed il 2º spostano la mano più lontana dalla testa sulfianco e sulla spalla inferiori mentre le altre due mani afferrano le manigliedell’asse spinale e sollevano il ginocchio più vicino alla testa per poteralzarsi al momento della discesa del paziente (Fig. 8-9).

(Fig. 8) (Fig. 9)

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I particolari della posizione delle mani e delle gambe del TL e del 2º sonoillustrati in figura 12 e 13. A questo punto il 1º dà il via per procedere ad una rapida discesa della spinale e del paziente in terra mentre i due si allon-tanano dalla spinale alzandosi in piedi (Fig. 10-11).Può essere talvolta necessario centrare il paziente sull’asse con un solleva-mento a ponte.

(Fig. 10) (Fig. 11)

(Fig. 12) (Fig. 13)

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caricamento su spinale (log-roll)

Obiettivo: ha lo scopo di caricare su asse spinale il paziente una voltaricondotto alla posizione supina.

Modalità di esecuzione: per questa manovra sono necessari tre soccorri-tori più l’autista.

Dalla posizione neutra con il 1º soccorri-tore alla testa, il TL ed il 2º si posizio-nano al fianco con le mani incrociate ein modo da bloccare le mani della vitti-ma (Fig. 1).

(Fig. 1)

Al via del 1º viene eseguita una rotazionein asse di 90° ed in questa fase il TL puòispezionare il dorso del paziente allaricerca di lesioni (Fig. 2).

(Fig. 2)

A questo punto l’autista inserisce a 45°l’asse spinale (Fig. 3).

(Fig. 3)

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Al nuovo via del 1º, i quattro soccorritoririportano il paziente in posizione supinacon un movimento rapido e contrario alprecedente (Fig. 4).

(Fig. 4)

Può essere necessario eseguire un solle-vamento a ponte per centrare il pazientesull’asse (Fig. 5)

(Fig. 5)

In figura 6 è mostrata la posizione del TL e del 2ºdurante il sollevamento a ponte (omesso per esi-genze fotografiche il 1º soc-corritore alla testa).

(Fig. 6)

La figura 7 mostra la posizione delle mani dei soc-corritori per eseguire il sollevamento a ponte.

(Fig. 7)

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caricamento su spinale con cucchiaio

Obiettivo: posizionare il ferito sull’asse spinale senza esecuzione dirotazione in asse. Tale tecnica è da preferirsi quando i componenti dell’e-quipe di soccorso non sono adeguatamente addestrati al caricamento diret-to con rotazione in asse. Modalità di esecuzione: la manovra prevede la presenza di tre soccorritori,e può esporre la testa ed il rachide cervicale a movimenti soprattutto nellefasi di chiusura e apertura delle serrature del cucchiaio

(Fig. 1)

Il 1º mantiene la testa in posizione neutrastando però al davanti del paziente pernon intralciare il TL che dovrà chiudere ilcucchiaio alla sua estremità craniale (Fig 1).

Una volta che la chiusura del cucchiaio è completata, al via del 1º si pro-cede allo spostamento del ferito sull’asse spinale e sempre mantenendol’immobilizzazione della testa, alla rimozione del cucchiaio (Fig. 2-5).

(Fig. 2) (Fig. 3)

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(Fig. 4) (Fig. 5)

posizionamento dell’asse spinale al paziente in piedi

Obiettivo: sebbene raramente utilizzato, il caricamento su spinale del pazientein posizione eretta è comunque da preferire in senso assoluto al far adagiare aterra il paziente per caricarlo successivamente con una manovra a terra.Modalità di esecuzione: sono necessari tre soccorritori e l’autista.

(Fig. 1)

Il 1º avverte il paziente della manovrache verrà eseguita e si porta quindidietro ad esso per mantenere la testa inposizione neutra dando modo al TL diposizionare il collare cervicale (Fig. 1)

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A questo punto l’autista inserisce lateralmente e inobliquo l’asse spinale facendo attenzione a noncolpire il paziente (Fig. 2).

(Fig. 2)

Il TL ed il 2º centrano l’asse spinale sul paziente epassano il loro braccio interno sotto l’ascella delpaziente e afferrano con la stessa mano la manigliadell’asse spinale. Con il braccio esterno afferrano laspalla del paziente. Con il piede interno puntellano labase dell’asse spinale per evitare che essa scivoliimprovvisamente nella fase di discesa. Il 1º si mantiene dietro il paziente e dietro l’assespinale (Fig. 3).

(Fig. 3)

In figura 4 viene mostrato il particolare delle braccia diun soccorritore.

(Fig. 4)

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Al via del 1º si esegue una lenta discesaspingendo il paziente verso l’assespinale e mantenendo puntellata la basedell’asse con il piede interno mentregradualmente il TL ed il 2º si portano dilato all’asse e si piegano verso terra e il1º indietreggia e si piega verso il basso(Fig. 5).

(Fig. 5)

(Fig. 6)

Alla fine della manovra ilpaziente si trova sull’assespinale e può essere necessarioriportarlo più in alto o più inbasso lungo l’asse spinale (aseconda che il paziente siabasso o alto, rispettivamente)facendolo scivolare sull’asse conil 1º che mantiene la posizioneneutra della testa (Fig. 6).

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fissaggio del paziente sull’asse spinale

Obiettivo: assicurare il paziente sull’asse spinale in modo da garantirel’allineamento testa, collo, tronco e rendere possibile movimenti di rotazionesull’asse maggiore e sull’asse minore della tavola senza arrecare danni alpaziente. Al tempo stesso, consente una adeguata protezione termica finoall’arrivo in ospedale.

Modalità di esecuzione: almeno due soccorritori.Il 1º continua a mantenere la posizione neutra mentre il 2º posiziona i cuneifermacapo fissandoli sul cuscino dell’asse spinale (Fig. 1).

(Fig. 1)

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(Fig. 2)

A questo punto il 2º posiziona le cinghie per fissare la testa facendole pas-sare sulla fronte e sulla mentoniera del collare, serrando e fermando ciascu-na di esse in modo contemporaneo da entrambi i lati per non spostare latesta del paziente (Fig. 2-3).

(Fig. 3)

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I lacci devono essere passati attraverso gli anelli di fissaggio posti in generesul cuscino e poi ribattuti anteriormente su se stessi. La fase successivaprevede il posizionamento delle cinghie per il tronco e per gli arti (general-mente chiamate “ragno”). I due soccorritori collaborano a distendere lecinghie sul paziente, tenendo conto che esiste un davanti ed un dietro delragno (generalmente individuabile leggendo semplicemente le scritte su diesso) e spostando le cinghie laterali in modo che si trovino ognuna allagiusta altezza per poter essere passate a livello delle spalle, del torace, delbacino, delle cosce e dei piedi (Fig. 4).

(Fig. 4)

Fatto questo, i due soccorritori passano ogni cinghia sotto la corrispon-dente maniglia e la riportano a chiudere sulla linea mediana con il velcro.

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La sequenza di chiusura è la seguente:

1. cinghia delle spalle che deve passare sopra le spalle della vittima (Fig. 5).

2. cinghia del bacino: deve essere passata sul bacino a meno che non visia una frattura del collo del femore, nel qual caso è consigliato spostarla amonte della frattura stessa. Questa cinghia dovrebbe, al suo ritorno verso lalinea mediana, circondare i polsi del paziente, soprattutto se è incosciente omolto agitato, per evitare che gli arti superiori cadano durante il trasporto osiano di intralcio durante le manovre.

3. cinghia toracica

4. cinghia delle gambe

5. cinghia dei piedi: è l’ultima cinghia e deve essere subito stretta in mododa non doverci ritornare.

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Per stringere le cinghie è consigliatospostarsi al di sopra del paziente inmodo da poter esercitare una trazioneuguale e simmetrica delle due parti,destra e sinistra come per le cinghie fermacapo (Fig. 5-6).

(Fig. 5)

(Fig. 6)

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A questo punto dobbiamo passare astringere le altre quattro cinghie inmodo simmetrico e nello stesso ordinecon il quale le abbiamo agganciate,ovverosia quella alle spalle, al bacino, altorace e infine alle gambe. (Fig. 7)

(Fig. 7)

Dobbiamo fare attenzione al posizionamento delle cinghie toracica (nelladonna) e del bacino (nell’uomo) perché la prima deve essere passata sotto iseni o ben al di sopra e la seconda non deve passare sopra i genitali madeve essere fermata a livello della cintura.

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Di grande importanza è il posizionamen-to di una metallina (con la parte argen-tata a contatto diretto con il corpo)prima di posizionare il ragno (omessanelle foto per esigenze fotografiche) inmodo da proteggere dalla dispersionetermica il paziente traumatizzato (vedivalutazione primaria) (Fig. 8-9).

(Fig. 8)

(Fig. 9)

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immobilizzazione di un arto

Obiettivo: l’immobilizzazione di un arto ha lo scopo di impedire allo stessodi muoversi sia a livello della eventuale rima di frattura che a livello delle arti-colazioni fisiologiche che permettono all’arto di muoversi. Per questo moti-vo, l’immobilizzazione per essere efficace deve comprendere l’articolazionea monte e quella a valle della frattura. Modalità di esecuzione: la modalità varia a seconda di quale sia l’arto daimmobilizzare ma soprattutto in base al livello della lesione.Per le lesioni della gamba e dell’avambraccio, il metodo più utilizzato è quel-lo della steccobenda. Essa può essere una steccobenda semplice, unasteccobenda a depressione o una pneumostecca. In ogni caso necessitanoalmeno due soccorritori per il loro posizionamento.

Steccobenda

Un soccorritore mantiene l’arto in asse, esercitando una lieve ma costantetrazione su di esso come illustrato in figura 1. Contemporaneamente solleva leggermente l’arto in modo da rendere possi-bile un agevole posizionamento della steccobenda al di sotto dell’arto con i

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lacci verso l’interno ed il velcro verso l’esterno (Fig. 1)

(Fig. 1)

Il soccorritore che ha posizionato la steccobenda procede quindi allachiusura dei lacci avendo cura di evitare il passaggio diretto del laccio suuna eventuale frattura esposta.

(Fig. 2)A questo punto, nelcaso della steccoben-da a depressione, ilsoccorritore deputatoalla trazione dell’artosi occupa dellapompa per sgonfiarela steccobenda, men-tre l’altro soccorritoremodella mano a manosul paziente lo sgonfi-aggio (Fig. 2).

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A posizionamento ulti-mato, è buona normavalutare la presenzadei polsi periferici adesempio il pedidio (Fig. 3-4) per l’artoinferiore ed il radialeper quello superiore. Inmodo da non gonfiaretroppo la stecca edevitare compressioniarteriose.(Fig. 3)

(Fig. 4): localizzazione dell’arteria pedidia per la valutazione del corretto afflusso di sangue alpiede.

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Nel caso del posizionamento di una steccobenda normale (Fig. 5),

(Fig. 5)

la manovra è simile a quella precedentemente descritta con in più ilposizionamento di un cuscino sopra l’arto prima della chiusura delle striscedi velcro (Fig. 6-7).

(Fig. 6)

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(Fig. 7)

immobilizzazione dell’arto inferiore per la frattura di femore

Obiettivo: immobilizzare l’arto inferiore in caso di frattura di femore. Inquesta evenienza, infatti, l’uso della steccobenda è di scarsa o nulla effica-cia e può addirittura essere deleterio. Una possibile modalità di trasporto èquella sull’asse spinale: dobbiamo considerare che già il posizionamentodell’asse insieme a quello del ragno, garantisce una discreta stabilità dell’ar-to leso. In aggiunta a questo, se le condizioni del ferito sono stabili enon vi sono altre lesioni che rendono il paziente un politraumatizzato,possiamo adottare la seguente tecnica di immobilizzazione che serve aridurre il rischio di movimento dell’arto e della rima di frattura, riducendo sial’incidenza di lesioni vascolari e nervose che il dolore.

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Modalità di esecuzione: sono necessari tre soccorritori.

Mentre il 1º se necessario mantiene laposizione neutra, il 2º ripiegata un’ala delKED (Fig. 1) lo posiziona di fianco alpaziente, accanto all’arto fratturato.

(Fig. 1)

Successivamente i tre soccorri-tori eseguono una rotazione inasse ruotando l’infortunatosulla gamba sana e inserisconoil KED precedentementepreparato (Fig. 2).

(Fig. 2)

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Riportato in posizione supinaestraggono l’ala da sotto ilpaziente e, inserito il cuscinodel KED tra le gambe, comin-ciano a chiudere le cinghiedall’alto verso il basso (Fig. 3).

(Fig. 3)

Se vi è un altro soccorritore, durante l’intera manovra esso può mantenereleggermente in trazione dalla caviglia l’arto fratturato per evitare eventualimovimenti dei monconi ossei.

(Fig. 4)L’ultima parte della manovra prevede lachiusura della parte distale del KED con i laccifermacapo per bloccare l’articolazione delginocchio (Fig. 4-5).

(Fig. 5)

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stabilizzazione della frattura di bacino

Obiettivo: stabilizzare il bacino che ha subito una frattura. La stabilizzazioneesterna della frattura di bacino può essere di grande importanza in quantooltre ad essere una manovra antalgica rappresenta un efficace metodo diemostasi. Le fratture del bacino sono, infatti, a grande rischio di sanguina-mento e possono determinare shock emorragico.Modalità di esecuzione: sono necessari tre soccorritori.

Mentre il 1º si occupa della posizione neutra della testa (Fig. 1),

(Fig. 1)

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(Fig. 2)

il TL ed il 2º posizionano il paziente sul cucchiaio (Fig. 2-3)

(Fig. 3)

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(Fig. 4)

e preparano sull’asse spinale il KED già aperto come in figura 4 e 5.

(Fig. 5)

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(Fig. 6)

A questo punto il paziente viene posizionato sull’asse spinale e vienerimosso il cucchiaio (Fig. 6-7).

(Fig. 7)

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(Fig. 8)

Il TL ed il 2º cominciano la chiusura delle cinghie stringendole in mododeciso avendo cura di evitare i genitali esterni nel paziente maschio (Fig. 8-9).

(Fig. 9)

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(Fig. 10)Per completare l’immobilizzazione ènecessario allacciare anche i laccifermacapo a livello delle gambe (Fig.10). A questo è possibile completare l’im-mobilizzazione sulla tavola spinale.La fissazione esterna sulla scena diuna frattura di bacino si è rivelata dipotenziale beneficio per quanto riguar-da il controllo dell’emorragia che può

essere estremamente copiosa in alcuni tipi di frattura. Questo tipo di manovraintrapresa precocemente sulla scena favorisce, riaffacciando le rime di frat-tura, l’emostasi tramite la coagulazione. Per evitare che i coaguli eventual-mente formati vengano rimossi, è importante evitare la mobilizzazione delbacino: per questa ragione la palpazione del bacino durante la valutazioneprimaria e secondaria sono state sempre più messe in discussione in quantofaciliterebbero la rimozione di detti coaguli e la ripresa del sanguinamento.

il controllo delle emorragie

Le emorragie sono eventi potenzialmente mortali che devono essere, se pos-sibile, controllati sulla scena. Per il soccorso extraospedaliero le emorragiesicuramente più importanti sono quelle arteriose, riconoscibili per il colore piùacceso del sangue e dal fatto che, soprattutto all’inizio, sono zampillanti. Leemorragie venose sono invece riconoscibili per il sangue rosso scuro e per ilfatto che la fuoriuscita del sangue è più lenta e non zampillante in quanto laspinta della pressione venosa non è pulsatile ed è molto più debole di quellaarteriosa. Dobbiamo comunque considerare che in molti casi l’emorragiaarteriosa prevedendo lesioni di una certa rilevanza, si accompagna a quellavenosa delineando un quadro di emorragia mista. Le emorragie si possonodividere anche in base alla sede ovverosia interna o esterna. Le emorragie interne sono più difficili da diagnosticare in quanto possiamosolamente accorgerci dei segni e dei sintomi che accompagnano e

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caratterizzano lo shock emorragico. In alcuni casi possono ridursi parzial-mente con il proseguire del sanguinamento creando un aumento della pres-sione nella cavità in cui l’emorragia sta avvenendo, ma in nessun caso è pos-sibile mettere in atto manovre di emostasi. Per questa ragione, il trattamentodi uno shock emorragico da emorragia interna non può essere fatto sulcampo, ma deve essere intrapreso in ospedale nel più breve tempo possibile(scoop and run). L’emorragia esterna invece, è facile da riconoscere mapresenta la caratteristica (quella arteriosa) di non poter sviluppare nemmenoin parte una autoemostasi. In ogni caso, qualsiasi emorragia arteriosa o mistadeve essere trattata in breve tempo perché può risultare rapidamente fatale.Nel soccorso extraospedaliero l’emorragia arteriosa esterna deve essereimmediatamente trattata fin dal primo approccio al paziente traumatizzato (ineffetti il controllo delle emorragie sarebbe al punto C della Primary Survey maviene applicato di fatto al punto A). Esistono molti modi di trattare efficace-mente una emorragia arteriosa sul campo. La manovra da preferire è senzadubbio quella della compressione diretta del focolaio emorragico.Trattandosi di una emorragia arteriosa la pressione da esercitare deve esseremaggiore della pressione arteriosa e quindi si tratta spesso di una pressionecospicua. Inoltre, l’emorragie arteriose non hanno alcuna possibilità dirisolversi spontaneamente grazie alla coagulazione del sangue, per cui lacompressione deve essere mantenuta per tutto il tempo, fino all’arrivo inospedale. Qualora la compressione diretta non riescaad arrestare l’emorragia o non vi sia la possibilità diesercitarla (ad esempio nel caso di amputazioni o difratture esposte con lesione vascolare) dobbiamoricorrere alla compressione nei cosiddetti punti dicompressione arteriosa che si trovano alle radicidegli arti. Per le emorragie dell’arto superiore, la com-pressione è a carico dell’arteria brachiale e si eseguesulla superficie interna del braccio: dobbiamo com-primere l’arteria brachiale tra il nostro pugno el’omero (Fig. 1).

(Fig. 1)

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Per l’arto inferiore il punto di compressioneè l’arteria femorale che decorre a livellodell’inguine per poi portarsi verso la coscia(Fig. 2).

(Fig. 2)

Tale punto di compressione è valido per tutte le emorragie arteriose dell’artoinferiore. In casi molto particolari possiamo ricorrere ad emostasi conmezzi aggiuntivi. Le situazioni che lo possono richiedere sono:• quando la compressione diretta e quella sui foci di compressione non hadato i risultati sperati• quando non abbiamo a disposizione un soccorritore che si possa occu-pare della compressione • quando si debbano soccorrere altri feriti• quando si debbano percorrere tratti di strada, scale, campi o comunquepercorsi che non permetterebbero il mantenimento della compressionemanuale.

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Gli strumenti che possiamo avere a disposizione per questo scopo sull’am-bulanza sono molteplici. Esistono dei lacci da emostasi (tourniquet), dellecatene rivestite di gomma, delle bende pneumatiche da gonfiare attornoall’arto ferito. Questi strumenti sono comodi, efficaci e di facile applicazione.Lo svantaggio rispetto alla compressione manuale è dato dal fatto che laloro pressione si esercita in modo concentrico su tutta la circonferenza del-l’arto bloccando completamente l’afflusso ematico ai tessuti. La compressione manuale, invece, permette il passaggio di sangue da cir-coli collaterali che impediscono la completa ischemia dell’arto anche se l’ar-teria principale è compressa. Nel caso che l’emostasi con una di queste attrezzature debba essere man-tenuta per tempi lunghi (superiore ai 30 minuti) è consigliabile segnare l’oradel posizionamento e allentarla di tanto in tanto per qualche secondo.

LE USTIONI

Le ustioni sono lesioni a carico del tessuto cutaneo, sottocutaneo e anchedi altri organi e apparati causate dal trasferimento di energia verso questitessuti. L’agente ustionante può essere classicamente il calore (fiamma, liquidi, vapori o corpi caldi) ma anche il freddo o agenti chimici caustici.Una particolare tipologia di agenti ustionanti sono le radiazioni ionizzanti cheperò, vista la grande pericolosità delle stesse devono essere trattate daequipe specializzate.

La gravità dell’ustione si valuta considerando tre parametri:

- la superficie corporea ustionata- il grado dell’ustione- il coinvolgimento di particolari distretti corporei

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Per quanto riguarda la valutazione della superficie ustionata, è ormaiadottata da tutti la cosiddetta regola del 9, che assegna ad ogni distrettocorporeo un valore percentuale (9%, appunto) che permette di stimarel’estensione dell’ustione.

Il calcolo della superficie ustionata è diverso per l’adulto e il bambino comemostra la figura.

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Per il grado dell’ustione dobbiamo suddividere la gravità in quattro (peralcuni tre) gradi.

• Le ustioni di primo grado interessano solo l’epidermide; un esempio diustione di primo grado sono le scottature solari. La cute è dolente earrossata e non vi è formazione di bolle o vescicole. Le ustioni di primogrado guariscono senza lasciare cicatrici.

• Le ustioni di secondo grado, coinvolgono l’epidermide e il derma. La cutedolente, a seconda della profondità dell’ustione, può essere vescicolosa.Sono in genere dovute a liquidi bollenti, vapore o fiamme.

• Nell’ustione di terzo grado (o a tutto spessore), la lesione giunge a coin-volgere il grasso sottocutaneo. La cute è carbonizzata, pallida, non dolentein quanto sono distrutte anche le terminazioni nervose dolorifiche. Questa ustione non guarisce da sola ma si rende sempre necessario l’inter-vento chirurgico.

• Le ustioni di quarto grado (per alcuni assimilate a quelle di terzo) arrivanoa coinvolgere il tessuto muscolare e osseo. Sono lesioni devastanti e pos-sono mettere in immediato pericolo di vita il paziente.

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USTIONE 1º GRADO(eritema solare)

USTIONE 2º GRADO(comparsa di flittene)

USTIONE DI 3º - 4º GRADO (carbonizzazione tissutale)

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trattamento del paziente ustionato

La prima regola del soccorritore assume capitale importanza nel soccorsoal paziente ustionato in quanto il rischio di ustione può essere presenteanche per i soccorritori. In particolare questo rischio può derivare sia da unoscenario ancora non messo in sicurezza dai vigili del fuoco o dalle squadreantincendio che dalla presenza nell’ambiente di sostanze caustiche poten-zialmente dannose. Inoltre, anche semplicemente il contatto con il pazientenon precedentemente raffreddato, può rappresentare un pericolo. Per questa ragione la prima manovra di soccorso al paziente ustionatoprevede l’allontanamento dell’agente ustionante ed il successivo raffredda-mento con acqua o salina sterile. Gli indumenti dell’infortunato devonoessere rimossi, avendo cura di tagliarli attorno alle zone in cui siano adesialla cute. In una fase successiva, l’ustione va coperta con una medicazioneumida con salina e con garze sterili. Durante il trasporto, il paziente ustiona-to può essere soggetto ad ipotermia e quindi dovrà essere ricoperto conmetalline.Qualora vi siano ustioni di 2º o 3º grado di una superficie corporea superi-ore al 20%, ustioni di 4º grado superiori al 10%, oppure complicate da frat-ture o altri traumi, o ustioni in neonati e anziani, dovrebbero essere trasferiterapidamente in centri specializzati (Centri Grandi Ustionati) al trattamento diquesta patologia.Tra le complicanze maggiori del paziente ustionato troviamo le infezioni chepossono facilmente insorgere in quanto la cute ustionata non è in grado diagire come barriera per l’ingresso di germi dall’esterno. Per prevenirequesto grave rischio, è di fondamentale importanza il corretto trattamentodelle zone ustionate fino dal momento del soccorso sulla scena.Le ustioni possono inoltre interessare distretti particolari del corpo cheindipendentemente dal grado e dalla superficie di cute ustionata rappresen-tano di per sé dei segnali di allarme per i soccorritori:- l’evidenza di sputo carbonaceo, peli del naso, della barba e cute del voltoustionati ci devono far pensare che il paziente abbia respirato aria calda eche quindi sia a grave rischio di insufficienza respiratoria acuta per ustione

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delle vie aeree superficiali e profonde. Questo in genere suggerisce lanecessità di assicurare una via aerea definitiva mediante tubo orotrachealeper il rischio di edema delle vie aeree che renderebbe estremamente diffi-coltosa o addirittura impossibile una adeguata ventilazione;- in caso di incendio, il paziente può presentare immediatamente o a distan-za di tempo problemi respiratori legati, oltre che a quanto detto nel puntoprecedente, anche all’inspirazione di gas tossici, prevalentemente monossidodi carbonio e cianuri che richiedono ossigeno ad alti flussi nell’immediato epossono comunque rendere necessaria anche l’ossigenoterapia iperbarica;- nelle ustioni da elettricità il paziente può presentare gravi alterazioni delritmo cardiaco che possono portare anche all’arresto cardiaco e che fannopassare in secondo piano il problema ustione; inoltre il passaggio della cor-rente elettrica può determinare contrazioni muscolari involontarie che pos-sono causare lesioni muscolo-scheletriche à‡

sempre ricordare che l’ustion-ato è un traumatizzato;- nel caso di coinvolgimento degli occhi specialmente se dovuto a contattocon sostanze chimiche, occorre rimuovere le eventuali lenti a contatto elavare abbondantemente gli occhi con acqua o meglio ancora con glucosioal 5%, per raffreddare la superficie oculare ed allontanare l’agente causticoche ha causato il danno.

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In questa sezione del manuale, vengono trattate in modo semplice egenerale le lesioni di ogni singolo apparato, che possono essere presentinel paziente politraumatizzato e che rivestono particolare importanza perla loro gravità e per la loro frequente necessità di trattamento sul campo.È importante perciò che il soccorritore conosca tali lesioni per poter, almeglio supportare il medico o l’infermiere nell’esecuzione delle manovreatte a trattare queste lesioni in modo rapido ed efficace. Questa partedel manuale rappresenta un utile strumento di approfondimento pur nonessendo indispensabile per la formazione di base di un soccorritore.

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CENNI DI TRAUMATOLOGIA SPECIALE

trauma cranico

Per trauma cranico si intende ogni trauma che interessi la scatola cranicaad eccezione del massiccio faciale (per il quale usiamo più correttamente ladefinizione di trauma faciale o cranio-faciale se associato al trauma cranico).

La particolare conformazione anatomica della scatola cranica (rigida edinespansibile tranne che nel bambino piccolo) e dell’encefalo in essa con-tenuto (struttura molle e facilmente lesionabile in quanto sottoposta a con-traccolpi sulle pareti del cranio) rendono particolarmente a rischio di lesioniquesto distretto, in particolare nelle cadute (Fig. 1, 2 e 3).

Fig.1. Anatomia del cranio: massiccio faciale, neurocranio

e base cranica.

Neurocranio ➨

Base cranica

Massiccio facciale

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Fig. 2. meccanismo di lesioneencefalica per urtofrontale e occipitale

Fig. 3. Meccanismo di lesioneda contraccolpo dell’encefalo.

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Per quanto detto finora, i traumi cranici possono essere patologie rapida-mente evolutive che necessitano di una ospedalizzazione rapida in un cen-tro dotato di neurochirurgia e di una massima sorveglianza durante iltrasporto.Un ematoma subdurale o una emorragia intracerebrale, infatti, possono faraumentare rapidamente di volume l’encefalo, ma non potendo esso espan-dersi all’interno della scatola cranica, si viene a creare un aumento di pres-sione endocranica che sposta e comprime l’encefalo stesso provocandogravi e potenzialmente mortali turbe del suo funzionamento (Fig. 4A e 4B).

Fig. 4A. Ematoma extradurale: notare lagrave compressione dell’encefalo: si sviluppano piuttosto lentamente poten-do dare perdita di coscienza anche dopoalcune ore (intervallo libero).

Fig. 4B. Ematoma subdurale: estremamente pericoloso per la vitadel paziente per il rapido sviluppo:richiede immediato intervento neurochirurgico.

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Il trauma cranico può essere una patologia a rapida evoluzione, per questo alpunto D della Valutazione Primaria è stata inserita una seconda valutazione;più accurata dello stato di coscienza in modo da poter valutare (tramiteAVPU o per i medici il Glasgow Coma Score) il livello di coscienza al nostroarrivo, durante il soccorso ed il trasporto.Segnali di allarme per una situazione intracranica in evoluzione (ematomasubdurale, extradurale o emorragia intracerebrale) sono:

• agitazione psicomotoria (eccitazione, delirio, ripetitività delle domande delpaz. incapacità di soccorrerlo, ecc.) da differenziare dagli stati di abuso disostanze stupefacenti, dallo spavento per l’accaduto e dall’ abuso di alcool.• alterazione dello stato di coscienza (coma) è il classico segno di dannoneurologico. Il coma è l’incapacità di rapportarsi con l’esterno e può esseregià presente all’arrivo della squadra di soccorso e rimanere stabile durantel’intervento, oppure iniziare o peggiorare durante il soccorso stesso. • intervallo libero è tipico dell’ematoma extradurale ovvero nel quale la rac-colta di sangue avviene tra la dura madre e l’osso (Fig. 4A). In questi pazientiin genere si ha una transitoria perdita di coscienza immediatamente con iltrauma (che i soccorritori non vedono ma che gli astanti talvolta possonoriferire) che si risolve dopo qualche minuto, seguita anche a distanza dialcune ore da un’altra perdita di coscienza. L’intervallo cosciente tra le dueperdite di coscienza, durante il quale spesso si svolgono le operazioni disoccorso, viene detto intervallo libero o intervallo lucido (libero da incoscien-za). Se il secondo episodio di perdita di coscienza accade abbastanza ravvi-cinato con il primo, è possibile che i soccorritori lo possano vedere, presen-tandosi come un rapido e improvviso peggioramento (o nuovo peggioramen-to, per meglio dire) dello stato di coscienza del traumatizzato, magari duranteil trasporto in ospedale!• crisi epilettiche se associate ad un trauma cranico sono espressione di sofferenza della corteccia cerebrale, la parte più nobile dell’encefalo.• arresto respiratorio si accompagna ad un qualche grado di alterazionedella coscienza in genere piuttosto grave (coma).

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frattura della base cranica

Rappresenta una grave situazione clinica in quanto la base su cui l’encefalopoggia (la base cranica, appunto) viene fratturata da un trauma che spessoriguarda il massiccio faciale (trauma faciale) o il massiccio faciale e il cranio(trauma cranio-faciale). (Fig. 1)La frattura della base cranica è una situazione grave in quanto:- indica che le forze in gioco sono state rilevanti à‡

possibili altre lesioni associate al trauma cranico (lesioni vertebrali, toraciche, addominali)

- si può avere perdita di liquor, il fluido che circonda l’encefalo e che lo protegge

- la lesione della base cranica, essendo quest’ultima una struttura ossea, provoca quasi inevitabilmente anche lesioni del tessuto encefalico.

Segni e sintomi della frattura della base cranica possono essere (Fig. 5):• perdita di liquor dal naso (rinorrea)• perdita di liquor dall’orecchio (otorrea)• perdita di sangue dal naso (epistassi)• perdita di sangue dall’orecchio (otorragia)• ematoma orbitarlo (segno del procione)• ematoma retroauricolare (segno di Battle)

Fig. 5: segni di frattura della base cranica.

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Il trauma cranico può essere l’unico trauma rilevante del paziente (traumacranico puro) o più frequentemente associarsi ad uno o più traumi di altridistretti. I distretti più frequentemente associati sono il massiccio faciale, ilrachide cervicale e il torace.

trauma faciale

Il trauma faciale è tipico dei motociclisti, soprattutto per la diffusione dicaschi non integrali (caschi jet) che non danno alcuna protezione a questodistretto anatomico.

I pericoli immediati di un trauma faciale sono:

• ostruzione delle vie aeree per sangue, denti avulsi, protesi fratturate• trauma laringeo• trauma rachide cervicale• trauma cranico associato

Il trauma laringeo presenta alcune peculiarità che meritano di essere ricor-date.Una frattura laringea può comportare un grosso problema per la pervietàdelle vie aeree in quanto la laringe è posta subito al di sopra della trachea epertanto è l’organo della fonazione (con le sue corde vocali) e regola il flus-so d’aria verso i polmoni.Il paziente con trauma laringeo, pertanto, presenterà alterazioni di questedue importanti funzioni:

• disfonia (voce rauca, flebile o alterata)• enfisema sottocutaneo del collo (presenza di aria nei tessuti)• stridore inspiratorio (tipo crisi d’asma)• grave difficoltà respiratoria

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Il suo trattamento è garantire una gestione avanzata delle vie aeree medi-ante IOT o cricotirotomia. Per i soccorritori, è di vitale importanza la som-ministrazione di O2 ad alti flussi, il decubito semiseduto (sollevando l’assespinale) e l’allertamento della C.O. per l’eventuale invio di una equipe ALS oper uno SCOOP AND RUN.

trauma vertebrale

Il paziente traumatizzato deve essere considerato come portatore di unafrattura vertebrale (e quindi a rischio di lesione spinale) fin quando leindagini diagnostiche radiologiche non hannodimostrato il contrario.La colonna vertebrale è formata da (FIG.6):

7 vertebre cervicali12 vertebre toraciche5 vertebre lombari5 vertebre sacrali fuse insieme4 vertebre coccigee fuse insieme

Le vertebre hanno una conformazione cava al lorointerno in modo da, una volta impilate una sopral’altra, formare uno spazio per ospitare il midollospinale (FIG. 7). Questo canale vertebrale proteggeil midollo (che è una sorta di insieme di fibre ner-vose) che rappresenta la continuazione dell’encefaloed ha la funzione di innervare tramite i nervi spinalitutto il nostro corpo ad eccezione della testa, sia daun punto di vista motorio che sensitivo.

Fig. 6. Colonna vertebrale.

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Fig. 7. Vertebra in sezione assiale: al centro il canale vertebrale.

Fig. 8. Schema della colonna vertebrale e delmidollo spinale in essa contenuto. In corrispondenza di ogni vertebra fuori-escono due nervi spinali.

Il problema della frattura vertebrale è legato al fatto che essa può rendereinstabile la vertebra stessa creando così i presupposti per uno spostamentodi una parte di essa verso il canale vertebrale ed il midollo in esso contenu-to (FIG. 9). La lesione midollare, quindi, si può creare per compressione e/osezione delle fibre nervose che decorrono all’interno del midollo spinale.

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Per fortuna, solo una piccola percentuale delle fratture vertebrali si associaalla ben più grave lesione midollare. Questa può essere già presente comelesione primaria, all’arrivo dei soccorsi, oppure si può creare come lesionesecondaria in conseguenza di una frattura vertebrale gestita in modo scor-retto dai soccorritori o dagli astanti, non mantenendo la posizione neutra enon immobilizzando il paziente con gli appositi dispositivi (collare cervicale,asse spinale, KED). Questa eventualità è particolarmente drammatica siaper motivi etico-morali che medico-legali. Perciò dobbiamo sempre consid-erare il traumatizzato come portatore potenziale di frattura vertebrale e quin-di a rischio di lesione spinale.

Fig. 9. Sezione della colonna vertebrale: trauma che determina frattura di una vertebra con conseguente spostamento in avanti

(frecce grandi) del corpo vertebrale e compressione del midollonel canale vertebrale (freccia sottile).

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lesione midollare

Nei casi in cui una lesione midollare si sia realizzata, e il paziente siacosciente e in parte collaborante, è possibile riconoscere alcuni segni esintomi tipici della lesione. Questi variano a seconda del livello a cui essa siè realizzata, in quanto tanto più alta è la lesione tanto più gravi saranno idanni, in considerazione del fatto che ancora pochi distretti del nostrocorpo hanno già ricevuto i propri nervi dal midollo. Quindi, una lesione cervi-cale in genere porta una tertraplegia (impossibilità di muovere i quattro arti)o addirittura un arresto respiratorio per paralisi anche dei muscoli della res-pirazione, mentre una lesione spinale toracica bassa o lombare può causareuna paraplegia (paralisi degli arti inferiori) in quanto a questo livello i nerviper i distretti superiori (arti superiori, torace) hanno già lasciato il midollo.I segni e sintomi più comuni di lesione spinale sono:• dolore alla schiena (per la frattura vertebrale)• formicolii agli arti• insensibilità agli arti• riduzione della forza o paralisi degli arti• shock spinale Attenzione: • circa il 30% dei pazienti con fratture vertebrali non presenta dolore• il paziente incosciente non può riferire i sintomi né collaborare per eviden-ziare i segni.• le fratture vertebrali sono più frequenti di quanto non si pensi, spessosono multiple e sono massimamente probabili nei traumi cranici e toracici.

shock spinale

Lo shock spinale (TAB. 1) è un tipo particolare di shock che si può realiz-zare a seguito di una lesione spinale alta (cervicale o toracica) che provocauna sezione dei nervi che controllano la vasocostrizione dei vasi sanguigni:

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vi è una massiccia e brusca vasodilatazione del letto vascolare che rendeinadeguato il volume di sangue in esso contenuto realizzando una sorta dishock ipovolemico (a differenza dello shock emorragico dove è il sangue adessere diminuito, qui la quantità di sangue è normale ma è il contenente,ovverosia i vasi, ad essere aumentato).I segni e sintomi dello shock spinale differiscono almeno in parte da quellidello shock emorragico e sono:

Tab. 1. Principali caratteristiche dello shock emorragico e di quello spinale.

Dobbiamo comunque rammentarci che nel paziente politraumatizzato, questi due shock possono anche coesistere nel caso che un paziente abbiaanche una grave emorragia arteriosa: in questo caso, in genere i sintomi e isegni dello shock emorragico prevalgono, ad eccezione di una mancata opiù modesta tachicardia.

trauma toracico

I traumi toracici sono classificabili in chiusi e penetranti e possonoriguardare la gabbia toracica ma anche gli organi in essa racchiusi (polmoni,cuore, trachea, esofago, grossi vasi). I traumi toracici causano circa il 25%delle morti per trauma. Alcuni pazienti mostrano i segni ed i sintomi del trau-ma toracico direttamente sulla scena: altri solamente in ospedale.

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Per questo motivo è di grande importanza anche la conoscenza delladinamica dell’evento in modo da supporre anche in assenza di danni visibilialla gabbia toracica il rischio di lesioni agli organi interni (FIG. 10).Le lesioni del torace possono essere dovute sia al trauma diretto (ad esem-pio urto contro il volante dell’auto nel guidatore sprovvisto di cinture disicurezza) o anche ad un meccanismo di brusca accelerazione o deceler-azione (ad esempio nella caduta dall’alto).Un trauma toracico può causare alterazioni che se non riconosciutee trattate prontamente possono causare il decesso del ferito sulla scena.

Le più comuni e gravi sono:• Pneumotorace aperto • Pneumotorace iperteso• Lembo costale mobile (volet costale) • Tamponamento cardiaco• Emotorace per lesione dei grossi vasi • Ostruzione delle vie aeree

Fig. 10. Organi contenuti nel torace

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I traumi del torace possono coinvolgere anche organi addominali per lapossibilità che le ultime coste, definite coste mobili perché non direttamenteattaccate allo sterno (e quindi più fluttuanti), possano essere spinte all’inter-no lesionando la milza (a sinistra) o il fegato (a destra) per poi tornare nellaloro posizione originale.

Attenzione a : - dispnea o tachipnea- shock in assenza di emorragie esterne- lesioni toraciche visibili (ferite soffianti, volet costale, ferite penetranti)- asimmetria della parete toracica- desaturazioni con SpO2 < 90% in O2 o non rispondenti all’O2 terapia- segni di contusione o ferite sulla parete toracica (es. segno delle cinture di

sicurezza) che possono sempre suggerire una lesione toracica maggiore.

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pneumotorace aperto

il pneumotorace aperto è dovuto ad una lesione della parete toracica chemetta in comunicazione con l’esterno la cavità polmonare. Il polmone è inserito in un sacco detto pleura che lo protegge (FIG. 11). Nel pneumotorace aperto, si ha aria che entra e che esce in modo sincronocon gli atti respiratori dalla cavità pleurica (FIG. 12).

Fig. 11.Schema della circolazione polmonare,camere cardiache, laringe, trachea,polmoni grossi vasi (aorta, arterie,vene polmonari).

Fig. 12. Meccanismo patologico del pneumotorace aperto.Il polmone si collassa parzialmente e siriespande ad ogni atto respiratorio. Con la freccia doppia è evidenziata lalesione toracica che fa entrare e riuscirel’aria mettendo in comunicazione la cav-ità pleurica con l’esterno.

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L’impatto respiratorio di questa lesione è considerevole ma raramente si hail decesso del paziente sul campo a meno che non vi siano altre lesioniassociate. Il quadro clinico è caratterizzato da dispnea, tachipnea, dolore,tachicardia e saturazione bassa che in genere risponde in qualche misuraalla ossigenoterapia.Il trattamento sul campo è di natura conservativa in quanto abbiamo iltempo per un trattamento ospedaliero. Quello che possiamo fare è la cosiddetta medicazione della “ferita soffiante” mediante medicazione sutre lati in modo da creare un meccanismo a valvola inverso che permettaall’aria di uscire ma non di rientrare (FIG. 13), tramite l’applicazione di unamedicazione impermeabile (garze bagnate, involucro plastico delle garzesterili con la parte interna verso la ferita) sigillata su tre lati con cerotto.Restano imperative la somministrazione di ossigeno ad alti flussi e il man-tenimento del paziente con il tronco più alto delle gambe per migliorare ladispnea (sollevando tutta l’asse spinale).

Fig. 13. Medicazione della ferita soffiante da pneumotorace aperto mediante medicazione su tre lati: meccanismo a valvolache permette all’aria di uscire dalla cavitàpleurica e non rientrare.

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pneumotorace iperteso

Il pneumotorace iperteso è una condizione che mette a rischio immediato divita il paziente. Esso si può formare per una ferita penetrante o per un trau-ma chiuso del torace che provochi la rottura dell’albero tracheo-bronchialenel suo decorso all’interno della pleura (FIG. 14-15-16-17).In entrambi i casi si crea un meccanismo a valvola per il quale l’aria entranel cavo pleurico ma non riesce ad uscire ritmicamente con gli atti delrespiro (come invece avviene per il pnx. aperto). Questo provoca un accu-mulo di aria a pressione nella cavità pleurica che respiro dopo respiroaumenta la pressione in questa cavità facendo collassare il polmone.

Fig. 14.

Meccanismo di formazione del pnx. iperteso mediante meccanismo a valvola. Notare l’impat-to emodinamico per l’ostacolo al ritorno venoso da parte soprattutto della Vena CavaInferiore che si inginocchia. Perciò il pnx iperteso deve essere immediatamente trattato dalmedico del territorio non potendo essere delegato al medico in ospedale.

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I sintomi del pneumotorace iperteso sono drammatici e rapidamente evolu-tivi. Si possono dividere fondamentalmente in segni e sintomi respiratori esegni e sintomi emodinamici. L’impatto emodinamico è spesso devas-tante ed è quello responsabile della morte per pneumotorace iperteso. L’impatto respiratorio è in genere serio ma non tale da causare la morte delpaziente (a meno che non vi sia la coesistenza di pneumotorace ipertesobilaterale destro e sinistro).

Segni e sintomi respiratori:à‡

Dispnea grave Deviazione della trachea Tachipnea Desaturazione

Segni e sintomi cardiovascolari: à‡

Tachicardia Turgore delle GiugulariIpotensione Arresto cardiaco

In altre parole si viene a realizzare un ostacolo al ritorno del sangue dallaperiferia verso l’atrio destro con conseguente shock ipovolemico o, permeglio dire, maldistributivo in quanto la quantità di sangue è normale ma ècome sequestrato in periferia (un po’ come succede per la compressioneaorto-cavale nella donna in stato avanzato di gravidanza, supina) per cuinon partecipa alla circolazione à‡

turgore delle giugulari che non riescono ascaricare il sangue in atrio destro. (Fig. 16). Contemporaneamente, la pressione intratoracica rende anche più difficileper il ventricolo destro la spremitura del suo sangue verso i polmoni tramitele arterie polmonari con conseguente Scompenso Cardiaco Destro e ShockCardiogeno: in pratica si ha la coesistenza di due tipi di Shock, ognuno deiquali di per sé sufficiente a provocare la morte del paziente!!

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Fig. 15. Meccanismo a valvola per ilpneumotorace iperteso datrauma penetrante: l’aria entra nel cavo pleuricodurante l’inspirazione ma nonriesce ad uscire nella espi-razione accumulandosi edeterminando un incrementodella pressione nel torace.

Fig. 16. Meccanismo di formazione del pneumotoraceiperteso per trauma chiuso: laparete toracica è integra ma iltrauma ha causato la rottura diun bronco intrapleurico (frecciagrande) con accumulo di aria ecollassamento del polmone(frecce piccole). Notare le giugulari turgide alcollo per la incapacità di scari-care il loro sangue in atriodestro.

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Fig.17. Meccanismo di formazione di un pnxiperteso da trauma chiu-so: parete toracica integrama lesione delle vie aereecon accumulo di ariasotto pressione nella cav-ità toracica inspirazionedopo inspirazione.

lembo costale mobile (volet costale)

Il lembo costale mobile è il rientramento di una parte della gabbia toracicadurante l’inspirazione (quando dovrebbe espandersi) spesso associata allasua protrusione durante l’espirazione.

Esso è dovuto a lesione di più coste ognuna inpiù punti in modo da formare un lembo indipen-dente che si comporta, come già detto, inmodo paradosso: quando il paziente inspira e lagabbia toracica si espande, esso rientra, quan-do il paziente espira e la gabbia toracica ritornaverso l’interno, il lembo fuoriesce (Fig. 18).

Fig. 18. Creazione di un lembo costale mobile per frattura in duepunti di tre coste.

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Il reperto di un volet costale sul terreno è un segno di allarme assoluto inquanto per poter essere creato, l’energia entrata in gioco è stata sicura-mente grande. Inoltre vi è sicuramente associata una contusione polmonare e, frequentemente un pneumotorace. Per questo, il voletcostale è una situazione a rapida e potenzialmente fatale evoluzione, chedeve essere corretta chirurgicamente (scoop and run).Il paziente presenta segni di distress respiratorio (dispnea, tachipnea, desat-urazione) associati variamente a quelli di impatto emodinamico (tachicardia,shock).

Il trattamento è quello di cercare di medicare con fasciatura aderente illembo costale in modo da farlo tornare il più possibile solidale con la gabbiatoracica limitandone il suo movimento paradosso e, ovviamente, somminis-trare ossigeno ad alti flussi!!

emotorace

È la raccolta di sangue all’interno del torace, dovuta alla rottura o lesione diun grosso vaso intratoracico (Fig. 19). Il meccanismo più frequente è quelloper trauma penetrante o per decelerazione improvvisa (caduta dall’alto oscontro frontale).Se la lesione è particolarmente grave, si può avere il decesso immediato delpaziente (primo picco di mortalità per trauma) oppure dopo pochi minuti(secondo picco). Se la lesione è meno estesa o riguarda un vaso più picco-lo, il soccorritore potrà trovare in vita il paziente, spesso con chiari segni esintomi di shock emorragico; inoltre il polmone potrà essere schiacciato dalsangue risultando una certa difficoltà agli scambi respiratori.

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Fig. 19. Emotorace dalesione di un vasointratoracico. Ilsangue invade lacavità toracicafacendo anche col-lassare in parte ilpolmone.

tamponamento cardiaco

Si realizza quando, a seguito della rottura di un vaso intratoracico o dallaparte del cuore, si ha una emorragia che si raccoglie all’interno del saccopericardico (Emopericardio) causando una ridotta espansibilità del cuore(Fig. 20). Come per l’emotorace il trattamento prevede lo Scoop and Runper poter eseguire una pericardiocentesi, ovvero sia l’evacuazione delsangue raccolto nel sacco pericardico.

Fig. 20. Tamponamento cardiaco: lo spaziopericardico è riempito di sangue osta-colando il rilasciamento del cuore indiastole.

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Ago per esecuzione dipericardiocentesi

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ferite penetranti del torace

Sono abbastanza comuni e possono essere dovute a proiettili (frequentecausa soprattutto negli Stati Uniti) o da corpi taglienti o appuntiti (coltelli,pali ecc.).Come per tutte le ferite penetranti, in qualunque distretto, i corpi penetratinon devono essere rimossi, anzi, se possibile stabilizzati con pacchi digarze, teli, cerotto in modo da cercare di non far muovere l’estremità confic-cata e non provocare ulteriori lesioni. L’estrazione dei corpi penetrati deveessere fatta solo in ospedale perché è prevedibile che il corpo penetratostia svolgendo un ruolo di emostasi e che, una volta rimosso, inizi unaemorragia più grave di quella precedente.Se il corpo penetrato è intrasportabile in ambulanza (ad esempio un grossomacchinario o un palo di una inferriata) sarà necessario la sua riduzione didimensioni da parte dei Vigili del Fuoco in modo da rendere trasportabile ilpaziente senza liberarlo dall’oggetto.RICORDA: le ferite da taglio o da proiettile, se non riguardano zone poste aldi sopra della clavicola, sono gli unici traumi che possono essere trattatisenza immobilizzazione del rachide cervicale in quanto non vi sono presup-posti perché vi possa essere una lesione vertebrale. Tutto ciò va a vantag-gio di un rapido trattamento ospedaliero à

SCOOP AND RUN.

trauma addominale

Anche i traumi dell’addome possono essere classificati in chiusi e penetranti. La cavità addominale è particolarmente esposta ad ambeduequesti traumi in quanto non è protetta da alcuna struttura ossea anterior-mente e l’unica protezione deriva dal grasso sottocutaneo e dai muscoliaddominali. In essa sono contenuti visceri cavi (intestino tenue, colon, stom-aco) e visceri solidi (fegato, milza, reni, pancreas) nonché grossi vasi (venaCava Inferiore, Aorta addominale ecc.) (Fig. 21).

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Fig. 21. Cavità addominale: esofago, fegato, stomaco intestino tenue e colon.

I differenti tipi di organi si comportano in modo diverso in risposta ad untrauma: i visceri cavi possono subire lesioni da scoppio, quelli solidi si lacer-ano, i vasi possono subire lacerazioni da stiramento.Nel caso di una ferita penetrante ampia, si può avere una fuoriuscita di vis-ceri addominali che non devono essere riposizionati in cavità, bensì bagnaticon fisiologica sterile e coperti con telini sterili.Per questa ragione, nella valutazione secondaria ma anche in quella pri-maria, durante la fase E dobbiamo renderci conto di tale eventualità. Neglialtri casi, il trauma addominale può essere accertato solo con i segni indiret-ti e con i sintomi del paziente (se cosciente).I segni indiretti e i sintomi di un trauma addominale sono: ematomi, contusioni, dolore, addome peso, rapida comparsa di distensioneaddominale e tutti i segni e i sintomi dello shock emorragico (TAB. 1). Il trattamento del trauma addominale è tipicamente chirurgico à

SCOOPAND RUN in modo da sfruttare al meglio la Golden Hour.

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traumi del bacino

I traumi del bacino possono esitare in fratture delle ossa che lo compon-gono e in lesioni degli organi contenuti nella cavità da esso formata, ovverola cavità pelvica (Fig. 22).Gli organi in esso contenuti sono la vescica, la prostata, l’utero, l’ultimaparte dell’intestino (retto) ed i genitali esterni maschili e femminili.Sia nell’eventualità della lesione degli organi che, soprattutto, in quella delleossa del bacino (spesso abbiamo la coesistenza delle due lesioni) il proble-ma principale è quello del sanguinamento. Una frattura multipla delle ossadel bacino può portare ad una perdita ematica di circa 2000 – 2500 ml disangue (circa il 50% del nostro volume totale, considerando che un adultodi 70 Kg ha circa 5 litri di sangue) portando quindi uno shock emorragicograve.

Fig. 22. Ossa del bacino e cavità pelvica da esse formata.

Ultimi lavori scientifici stanno mettendo sempre più in discussione l’opportu-nità di verificare tramite la soccussione del bacino (esercitare una forza dicirca 20 Kg bilateralmente sulle creste iliache) per valutare sulla scena del

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trauma l’eventuale anormale mobilità del bacino stesso che suggerisce lapresenza di fratture multiple delle sue ossa. Il motivo è che tale manovradella valutazione secondaria può causare la ripresa di un sanguinamentoosseo qualora questo si fosse arrestato per la formazione di un trombo à

dovrebbe essere eliminata dalle procedure extraospedaliere.Nel caso di fratture multiple di bacino certe, può risultare utile il posiziona-mento del KED in modo opposto, ovvero con la parte del corsetto cervicaleverso i piedi e con quella più larga a fasciare il bacino in modo da creareuna sorta di compressione emostatica delle ossa fratturate. (Vedi capitolodedicato alle manovre).

amputazioni

Per amputazione si intende la rimozione (nel nostro caso traumatica) perstrappamento o taglio di una parte del corpo, in genere un arto o parte diesso. In alcuni casi, la tecniche chirurgiche consentono il reimpianto dellaparte amputata (moncone) se questa è ben conservata e giunge inospedale in tempi ragionevoli (circa 6 ore dal trauma). Per questo motivo, ilsoccorritore deve occuparsi non solo (anche se in primis) del pazienteamputato, ma anche del suo moncone.

Trattamento del paziente: quello che deve essere applicato è senza dubbiola Valutazione Primaria che prevede l’arresto delle emorragie arteriose.In molti casi è sufficiente la compressione diretta della zona amputata o lacompressione sull’arteria a monte dell’amputazione. In casi eccezionali incui non riusciamo a controllare efficacemente l’emorragia, possiamo ricor-rere al gonfiaggio del bracciale dello sfigmomanometro fino alla cessazionedell’emorragia. Sono in dotazione di molte ambulanze anche apposititourniquet, ovvero dei lacci adatti per il blocco dei focolai emorragici, chedevono essere usati solo come estrema ratio, quando i tre metodi prece-denti non hanno risolto la situazione.

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Trattamento del moncone: - cercare e recuperare il moncone- lavarlo con poca soluzione fisiologica, asciugarlo.- avvolgerlo in un telino sterile e poi inserirlo negli appositi sacchetti peramputazioni o, in mancanza di questi, in un sacchetto di plastica.- se possibile, mantenere il moncone freddo, senza congelarlo e non a con-tatto diretto con il ghiaccio.- non immergere le parti amputate in acqua o soluzioni saline.- avvertire la C.O. della presenza di amputazione per la possibilità di reimpianto.

il trauma in gravidanza

Abbiamo già affrontato la gestione della donna in gravidanza nel manualedel BLS, comunque è utile rammentare che lo stato gravidico porta alcunemodificazioni fisiologiche nella donna:• Ç

volume respiratorio del 40%• Ç

della frequenza respiratoria (una frequenza di 20/min. può essere del tutto normale)• Ç

fabbisogno di O2 à

imperativo somministrare O2 ad alti flussi• Ç

della frequenza cardiaca a riposo (una frequenza di 80-100/min. è piuttostocomune)• Sindrome da compressione cavale• Ç

del tempo di svuotamento gastrico (più facilmente a stomaco pieno)• Ç

della resistenza all’emorragia: in altre parole la donna gravida resiste aduna emorragia arteriosa più a lungo prima di manifestare i segni eclatantidello shock emorragico!! à

ATTENZIONE• presenza di due vittime da salvare à

possibile taglio cesareo d’emergenza anche se la donna è deceduta se gli sforzi rianimatori continuano e se vicini ad un ospedale à

contattare la C.O. Occorre comunque posizionare la donna sul fianco sinistro per evitare la com-pressione aorto-cavale. Nel trauma questo è possibile posizionando un cuneo(15-20cm) sotto il lato destro dell’asse spinale in modo da fissare solidamentesia la paziente che l’asse.

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la decompressione del pneumotorace iperteso

Il pneumotorace iperteso deve essere riconosciuto e trattato immediata-mente sulla scena. È una delle poche patologie che il medico o il para-medico di emergenza territoriale deve riconoscere e trattare, pena il proba-bile decesso del paziente sul territorio.Per questa ragione, ci è sembrato utile inserire la manovra di decompres-sione in modo da sapere quali strumenti, e in che ordine, il medico utilizzain modo da ottimizzare i tempi ed evitare di apprendere sul campo lasequenza.Vista la drammaticità del quadro, sono in commercio degli appositi kit steriliche comprendono tutto l’occorrente ad eccezione della soluzione fisiologi-ca, per eseguire rapidamente ed in sicurezza la manovra. Dato il loro costonon trascurabile e la loro relativa bassa frequenza di utilizzo, non è cosìfacile avere sulla propria ambulanza ALS tali kit che spesso vengono sosti-tuiti da kit “casalinghi” non altrettanto pratici ma sicuramente meno costosi.

Puntura esplorativa: si esegue per riconoscere la presenza di aria a pres-sione nel cavo pleurico e procedere poi alla decompressione vera e propria.Materiale occorrente: questo è un materiale indicativo, ripreso dal manualedi Pre-Hospital Trauma Care di Italian Resuscitation Council, ma è quelloche normalmente dovrebbe essere utilizzato.

1. 3 siringhe da 10 ml2. 1 agocannula 16 o 14 G3. 1 fl. di Lidocaina 2% 10 ml.4. 1 fl. di soluzione fisiologica5. Disinfettante tipo Betadine

La tecnica consiste nella rapida preparazione di un campo chirurgico (sterile) a livello del 2° spazio intercostale 2 cm lateralmente alla linea emi-claveare, nel praticare una anestesia cutanea con una siringa con lidocaina

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e, successivamente di inserire l’ago di un’altra siringa senza la siringa stes-sa a livello del sottocute. Quando l’ago è inserito, colleghiamo la siringasenza stantuffo, versandoci qualche ml di soluzione fisiologica. Quando ilmedico entrerà con tale siringa nello spazio pleurico, se in esso vi è aria apressione (PNX. iperteso) l’aria entrerà nella siringa facendo gorgogliare lafisiologica in essa contenuta. Decompressione con ago: A questo punto, il medico può decidere diposizionare una agocannula di grosso calibro (14 o 16 G) accanto al puntodi inserzione dell’ago precedentemente usato. In genere si mantiene inposizione anche l’ago dell’agocannula, ma si può decidere di lasciare solola cannula di teflon collegandola ad un dito di un guanto sterile tagliato alledue estremità in modo da poterlo assicurare con del cerotto al cono dellacannula con lo scopo di ottenere una valvola inversa a quella che avevadeterminato il pneumotorace iperteso, cioè che faccia fuoriuscire l’aria dalcavo pleurico senza farla rientrare. Nei kit in vendita, esistono valvole piùraffinate (e anche più efficaci) dette Valvole di Heimlich che hanno la stessafunzione. In alternativa al dito di guanto, è possibile collegare la cannula conun rubinetto a tre vie, avendo cura ogni tanto di aprire il rubinetto per per-mettere all’aria di uscire, richiudendolo subito dopo. Tutte queste tecnichesono da considerarsi salvavita, permettono cioè di migliorare l’impattoemodinamico del pneumotorace iperteso e di far arrivare vivo il paziente inospedale, dove verrà posizionato un drenaggio toracico definitivo.

il dolore del trauma

Molto spesso i manuali di soccorso extraospedaliero (ma anche alcuni libri dimedicina) affrontano in modo esauriente tutti gli aspetti della patologia trau-matica o cardiologica, le loro cause e le relative terapie. Come medicoanestesista-rianimatore non posso prescindere da questi aspetti che giusta-mente devono essere conosciuti in modo adeguato da tutti gli addetti all’e-mergenza, ciascuno in base alla propria qualifica. Come specialista di terapia

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del dolore, d’altra parte mi rendo conto che troppo spesso, a fronte di unascrupolosa e puntuale attenzione all’applicazione dei protocolli per le speci-fiche patologie, c’è una carenza culturale nel riconoscimento e nel tratta-mento del dolore nell’emergenza extraospedaliera che prosegue poi neimedici intraospedalieri. È quasi naturale, per tutti noi focalizzare l’attenzioneall’arrestare una emorragia arteriosa, alla gestione delle vie aeree, alla som-ministrazione di ossigeno ma non dobbiamo e non possiamo perdere divista il fatto che dove c’è una emorragia arteriosa c’è una lesione maggioreche è fonte di dolore spesso estremamente grave. Se vi è un infarto mio-cardio acuto, una amputazione, una ustione il dolore deve essere un puntocardine nel trattamento terapeutico del paziente. Qualcuno potrà probabil-mente chiedersi come mai ho deciso di inserire questo capitolo apparente-mente inutile in un manuale per soccorritori d’ambulanza che non si pre-figge il compito di addestrare medici o paramedici. In realtà il dolore è unaspetto psico-fisico estremamente frequente nella vita di tutti i giornisia nella sua manifestazione cronica che acuta. Per lo scopo di questomanuale e della nostra attività di emergenza, è il dolore acuto che ci coin-volge più da vicino. Il fatto è che se è vero che il trattamento di esso spetta edeve spettare al medico e paramedico, è altrettanto vero che le sue manifes-tazioni sono evidenti e sono presenti anche quando i soccorritori non hannoqueste qualifiche. Il dolore può complicare o simulare quadri clinici moltonoti. Un’amputazione o una frattura provocano un dolore così intenso da faraumentare la frequenza cardiaca spesso al di sopra dei 100 battiti al minuto,fa aumentare la frequenza respiratoria, provocare sudorazione fredda, deter-minare un grave stato di agitazione: un quadro simile potrebbe far pensare(ed in effetti simula) ad uno stato di shock emorragico. Non escludendo chein un paziente amputato o con una frattura di femore possa sussistere unostato di shock, al quale dobbiamo sempre pensare, avrete capito comeanche un dolore molto intenso non accompagnato necessariamente dauna perdita ematica così grave da dare uno stato di shock, può deter-minare segni e sintomi del tutto simili. Ci sono altri aspetti: il doloreaumenta il consumo di ossigeno fino al 200%, pone sotto stress il cuore

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facendolo battere più velocemente, aumenta la pressione arteriosa medi-ante una scarica di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) dalle nostreghiandole surrenali. Questo espone a rischi soprattutto un cardiopatico. Ildolore incrementa la paura e lo stress già molto alti nel soggetto che sitrova a dover affrontare un improvviso stato di malattia, rendendolo menocollaborante nei confronti dei soccorritori e delle manovre che devonoessere eseguite sulla sua persona (la mascherina dell’ossigeno potrebbediventare assolutamente claustrofobica, il collare cervicale intollerabile, l’im-mobilizzazione su asse spinale estremamente problematica). Spero di aversensibilizzato molti di voi a questa problematica, facendo capire l’importan-za di trattare il dolore anche in emergenza sia per il paziente che per i soc-corritori: un dolore reso sopportabile renderà più facile la diagnosi differen-ziale (ad esempio dello shock emorragico), più agevole l’esecuzione dimolte manovre da parte dei soccorritori e, soprattutto, meno disumana l’es-perienza di questo stato improvviso di malattia alla persona soccorsa.

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RINGRAZIAMENTI

La realizzazione di un libro è già di per sé impresa impegnativa; in questocaso, affrontare un argomento particolarmente difficile, complesso e malstandardizzabile è stato oltre che molto difficile, scomodo. Scomodo per la vastità degli argomenti da trattare, perché il trauma si pres-ta ad interpretazioni personali, soggettive a volte addirittura aneddotiche. Forse sono anche queste le ragioni per cui fino ad oggi pochi sono stati itentativi di pubblicare in modo organico un manuale rivolto specificamenteai soccorritori, che comprendesse anche le manovre sul paziente traumatiz-zato. Nonostante queste difficoltà, insieme all’ANPAS Toscana abbiamo deciso dicercare comunque di colmare questa lacuna didattica che il trauma nel soc-corso extraospedaliero fino ad oggi presenta in modo evidente. Spero che inostri sforzi siano almeno in parte serviti a rendere questo argomento cosìvasto un po’ meno oscuro ed ostico. È mio dovere (e piacere) ringraziare coloro che insieme a me hanno resopossibile la realizzazione di questo manuale ed in particolare la P.A.Humanitas – Scandicci, il suo Gruppo Formazione e Soriano Borgioli. Con la loro professionalità e simpatia hanno saputo rendere in foto fedel-mente e chiaramente ogni manovra sul traumatizzato. A tutti i Responsabili ANPAS Toscana che hanno curato ogni fase fino allapubblicazione va un personale ringraziamento per il coraggio e la determi-nazione con cui hanno affrontato la creazione del libro e sopportato il sotto-scritto. Devo peraltro confessare che ritengo quanto finora faticosamentepubblicato, solo un punto di partenza per futuri, necessari, faticosi ma sti-molanti aggiornamenti e miglioramenti.A tutti i Volontari che vorranno leggere questo manuale rivolgo fin da ora ilmio ringraziamento per gli eventuali suggerimenti, osservazioni e domandeche vorranno inviarmi.

Andrea Franci([email protected])

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BIBLIOGRAFIA

1. American College of Surgeon, Advanced trauma life support, 19972. Rippe et al. Trattato di terapia intensiva, Antonio Delfino Editore, 19973. Campbell J.E. Basic Trauma Life Support, 20004. www.trauma.org5. Croce Rossa Francese, Manuale di protezione civile, Piemme Editore, 1999

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Assistenza-Sanità

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Assistenza-Sanità

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