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1 Indice Introduzione 00 (Candiotto, Gervasi e Porcellini) Capitolo 1 00 Anatomia del cingolo scapolare (R. De Caro - C. Stecco/Ist. Anatomia Università di Padova) Capitolo 2 00 Classificazione delle fratture scapolari (S. Congia, G. Marongiu, A. Ferreli, A. Capone, G. Dessì e G. Porcellini, Cagliari/Modena) Capitolo 3 00 Inquadramento clinico (F. Castoldi/Torino) Capitolo 4 00 La radiodiagnostica (A. Miti et. al./Mestre) Capitolo 5 00 Le complicanze vascolari (F. Grego/Univ. di Padova) Capitolo 6 00 Le complicanze neurochirurgiche (E. Marton et al./Treviso) Capitolo 7 00 Le complicanze in ambito chirurgico toracico e addominale (M. Godina/Dolo)

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Indice

Introduzione 00(Candiotto, Gervasi e Porcellini)

Capitolo 1 00Anatomia del cingolo scapolare (R. De Caro - C. Stecco/Ist. Anatomia Università di Padova)

Capitolo 2 00Classificazione delle fratture scapolari(S. Congia, G. Marongiu, A. Ferreli, A. Capone, G. Dessì e G. Porcellini, Cagliari/Modena)

Capitolo 3 00Inquadramento clinico(F. Castoldi/Torino)

Capitolo 4 00La radiodiagnostica(A. Miti et. al./Mestre)

Capitolo 5 00Le complicanze vascolari(F. Grego/Univ. di Padova)

Capitolo 6 00Le complicanze neurochirurgiche(E. Marton et al./Treviso)

Capitolo 7 00Le complicanze in ambito chirurgico toracico e addominale(M. Godina/Dolo)

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Capitolo 8 00Il trattamento conservativo delle fratture scapolari(P. Ruggieri, A. Berizzi, Angelini/Clinica Padova) Capitolo 9 00Le vie d’accesso chirurgicheLa via anterioreLa via posteriore standardLa via posteriore modificata(S. Candiotto, E. Gervasi e G. Porcellini)

Capitolo 10 00Il trattamento chirurgico delle fratture della scapola(glena, collo e corpo, floating shoulder) (S. Candiotto et al.)

Capitolo 11 00La floating shoulder e il suo trattamento chirurgico(S. Candiotto et al.)

Capitolo 12 00Il trattamento chirurgico delle fratture scapolarinella pratica sportiva(S. Candiotto et al.)

Capitolo 13 00Le fratture delle apofisi (coracoide e acromion)(M. Memminger/Montebelluna)

Capitolo 14 00Il trattamento artroscopico delle fratture glenoidee(E. Gervasi)

Capitolo 15 00La disgiunzione scapolo-torcica(M. monesi, Branca-Vergano/Cesena)

Capitolo 16 00La riabilitazione nelle fratture scapolari(Inglese, Modena)

Capitolo 17 00Aspetti medico-legali nel trattamentodelle fratture scapolari(A. Ricciardi/Venezia)

Capitolo 18 00Conclusioni(Candiotto, Gervasi e Porcellini)

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capitolo 2

Classificazione delle fratture scapolari

Stefano congia*, Giuseppe Marongiu**, alberto Ferreli*, antonio capone**,Giuseppe Dessì*, Giuseppe porcellini***

* ortopedia e traumatologia, azienda ospedaliera Brotzu, cagliari** clinica ortopedica e traumatologica, Università degli studi di cagliari, cagliari*** ortopedia e traumatologia, Università degli studi di Modena, Modena

DiagnosiNel 43% dei casi di politrauma con frattura di scapola quest’ultima non viene riconosciuta alla prima radiografia del torace8, sono ne-cessari successivi accertamenti radiografici specifici (serie traumatica di spalla: AP vera, trascapolare a Y, ascellare) e tomografia assia-le con ricostruzioni 3D9.Dalla radiografia AP vera è possibile calco-lare l’angolo gleno-polare e il lateral border offset.L’angolo gleno-polare è formato da una linea passante negli estremi superiore e inferiore della cavità glenoidea e da una linea che pas-sa dal punto più craniale della cavità glenoi-dea al punto più caudale del corpo della sca-pola e normalmente è di circa 30-45° (fig. 1). Dalla distanza delle linee tracciate per calco-lare l’angolo gleno-polare si può misurare il lateral border offset indicativo di scomposi-zione medio-laterale.La proiezione scapolare a Y ci consente di va-lutare l’angolazione della frattura tracciando una linea parallela al frammento distale e una parallela a quello prossimale (fig. 1).Con la proiezione ascellare, non sempre ese-guibile, possiamo studiare i rapporti gleno-omerali, le incongruità articolari, i processi acromiali e coracoidei. Gli autori sono concordi che la TC con rico-struzioni 3D è più affidabile, accurata e ripro-

BackgroundLe fratture di scapola rappresentano circa lo 0,3% di tutte le fratture del corpo umano con un’incidenza di 10 per 100.000 abitanti1,2. Le più frequenti riguardano il corpo della sca-pola (62%) e la glena (29%)3, le restanti sono fratture dei processi e del collo scapolare.Le fratture articolari della glena e dei pro-cessi scapolari possono avvenire per traumi di minore entità che non mettono a rischio la vita del paziente. L’utilizzo crescente delle protesi inverse di spalla sta inoltre incrementando il numero di fratture atraumatiche del processo acro-miale e della spina della scapola seconda-rie a eccessivo tensionamento del muscolo deltoide4,5.Le fratture del corpo della scapola insorgono di frequente nel paziente vittima di trauma ad alta energia, sono presenti lesioni associate nella quasi totalità dei casi e un tasso di mor-talità del 15%6.In 25 casi analizzati dal gruppo del pro-fessor Porcellini durante la fase di arruola-mento di un recente lavoro scientifico7, il 42% avevano un pneumotorace associato, il 50% la frattura della clavicola e il 64% fratture costali. Il 50% dei pazienti analizza-ti erano vittime di incidente d’auto, il 20% pedoni investiti e nel 98% dei casi si tratta-va di traumi ad alta energia.

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Classificazione delle fratture scapolari

ducibile delle radiografie tradizionali ed è indispensabile nella pianificazione preopera-toria9,10.Gli accertamenti strumentali consentono di identificare la frattura e la sua “personalità”, nonché la presenza di una lesione in alme-no due punti del SSSC (complesso superiore sospensore della spalla). Questa condizione causa un’instabilità del cingolo scapolare sul-lo scheletro assile denominata “spalla flut-tuante”11. Ancora più rara e temibile è la dissociazione scapolo toracica; questo evento è associato a elevatissimo rischio di morte, lesioni vascolari e nervose12,13.

Processo decisionaleAllo stato attuale il trattamento delle frattu-re di scapola è ancora oggetto di dibattito e non esistono evidenze scientifiche solide a riguardo9,14.Dal primo autore che ha parlato dell’argo-mento (Desault nel 1805) si è sempre prefe-rito nei secoli il trattamento conservativo ri-spetto a quello chirurgico e ancora oggi solo il 10% delle fratture si trattano con intervento chirurgico15.Le ragioni dello scarso entusiasmo per l’inter-vento chirurgico sono le seguenti:- la maggior parte delle fratture guariscono con ottimi risultati funzionali senza intervento;- la scapola è quasi completamente ricoperta da tessuti muscolari riccamente vascolarizza-ti, la pseudoartrosi pertanto è una complican-za molto rara;

- le zone della scapola in cui è presente uno spessore tale da poter eseguire una sintesi con mezzi metallici sono poche.Tuttavia alcuni autori hanno sottolineato come il trattamento conservativo delle frattu-re scomposte possa causare dolore cronico, anche notturno, riduzione dell’arco di movi-mento e limitazione funzionale dell’arto supe-riore coinvolto16.Diversi autori hanno dimostrato che il trat-tamento chirurgico delle fratture scomposte può determinare eccellenti risultati funziona-li17,18,19.Cole et al.9 hanno proposto un algoritmo di trattamento (tab. 1).

ClassificazioneLe classificazioni descritte negli anni per le fratture di scapola sono decine, di seguito proponiamo le più note (tab. 2).Ogni classificazione si basa su diversi principi ed è un tentativo di correlazione tra gravità della frattura, morfologia, prognosi e tipo di trattamento necessario.Conoscere l’esistenza di tutte le classifica-zioni è importante, ma cercare di ricordarle e utilizzarle tutte è uno sforzo enorme poco fruttuoso. Il rischio è di fare metaforicamente la fine di Talete. Il noto filosofo camminava guardando le stelle e per questo cadde den-tro un pozzo suscitando l’ironia di una serva. Per evitare di cadere bisogna guardare dove si mettono i piedi e per questo è auspicabile affrontare le classificazioni con atteggiamen-to pragmatico.

Figura 1a) Angolo gleno-polare

in proiezione antero

posteriore;

b) angolazione della

frattura in proiezione

scapolare “Y view”a b

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capitolo 2S. congia, G. Marongiu, a. Ferreli, a. capone, G. Dessì, G. porcellini

Tabella 1

Algoritmo di trattamento delle fratture di scapola9

Tabella 2 Classificazioni

(f. = frattura, inter = riproducibilità inter-osservatore, intra = riproducibilità intra-osservatore)

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Patologia Classificazione Anno Tipo Riproducibilità

Fratturadella scapola

Fratturadella scapola

Fratturadella scapola

DeCloux-Lemerlemodificatada Zdravkovic36

Euler-Ruedi22

AO/OTA23,24

1956-1974

1996

2007

Tipo 1: f. del corpoTipo 2: f. delle apofisiTipo 3: f. dell’angolosuperato laterale

A: f. del corpoB: f. dei processiC: f. del colloD: f. articolareE: f. combinata

A: extrarticolareA1: acromionA2: coracoideA3: corpoB: articolare parzialeB1: rima anterioreB2: rima posteriore B3: rima inferioreC: articolare totaleC1:collo della glenaC2: intrarticolare+collo della glenaC3: intrarticolare+corpo della scapola

-

Inter=(R<0.2)22

Intra=(R=0.41)22

Inter=(R=0.74)22

Inter= (R=0.74)22

Inter= (k=0,47-0.54)29

Intra= (R=0,79)22

continua

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Classificazione delle fratture scapolari

Patologia Classificazione Anno Tipo Riproducibilità

Fratturadella scapola

Frattura della glenoide

Lesione SSSC(Shoulder superiorsuspensory complex)

Frattura di scapolanelle “floating shoulder

N.I.S.F.C. e nuova AO/OTA10,25,26

Ideberg2 modificata da Goss21 e Mayo20

Goss11, 37

Friederichs30

2012-2018

1984-1992-1998

1993

2014

A: f. dei processiA1: acromionA2: coracoideA3: spinaB: f. del corpo,B1: sempliceB2: pluriframmentariaF: f. della fossaF0: f. segmentoarticolare (fossa intatta)F1: f. semplice della fossaF2: f. pluriframmentaria della fossa

Tipo I: f. bordoanteriore/posteriore glenaTipo II: f. trasversaestesa al margine lateraleTipo III: f. trasversa estesa al margine superioreTipo IV: f. trasversa estesa al margine medialeTipo V: combinazione tra tipi II-III-IVTipo VI: gravecomminuzionedella glena

Lesione singola SSSCA: fratturaB: lesione legamentosaLesione doppia SSSCC: doppia lesionelegamentosaD: doppia fratturaE: lesione legamentosa e frattura combinateF: entrambi i “montan-ti” interrottiG: “montante” e“anello” interrotti

Tipo A: f. di scapola composta e cingolo scapolare (c.s.) stabileTipo B: f. di scapola scomposta e c.s. stabileTipo C: f. di scapo-la scomposta e c.s. instabile

Inter con RX= (k=0,66)Inter con TC=(k=0,78)10Inter F=(k=0,79)Inter B=(k=0.57)Inter A=(k=0,53)29

Inter=(R < 0.2)22

Intra=(R=0,46)22

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capitolo 2S. congia, G. Marongiu, a. Ferreli, a. capone, G. Dessì, G. porcellini

Non esiste attualmente una classificazione ideale, ovvero che sia allo stesso tempo:- esauriente e riproducibile: in grado di ga-rantire una comunicazione univoca tra gli at-tori della comunità scientifica internazionale;- pratica: in grado di rispondere alle necessità quotidiane del clinico ed indirizzare verso la corretta diagnosi e trattamento in ogni sin-golo caso.

Fratture della scapola e della glenaLa classificazione di Ideberg2 si esegue con le radiografie tradizionali ed è tra le più utilizzate in assoluto. Il punto di partenza sono le frattu-re intra-articolari e i loro rapporti con il resto delle strutture scapolari. Ideberg ha concepito 5 pattern di frattura, successivamente modifi-cati prima da Goss e poi da Mayo20,21 (fig. 2).Nella recente accezione, il tipo I è una frattura articolare del bordo anteriore o posteriore, il

Patologia Classificazione Anno Tipo Riproducibilità

Dissociazionescapolo-toracica

Fratturadella coracoide

Fratturedella coracoide

Fratturadell’acromion

Frattura di scapoladopo protesi inversa

Damschenmodificata da Zelle

Eyres31

Ogawa32,35

Kuhn33

Crosby5

1997-2004

1995

1990-1997

1997

2011

Tipo I: lesione muscolo-scheletrica (l.m.s.)Tipo IIa: l.m.s con lesio-ne vascolareTipo IIb: l.m.s con lesio-ne neurologica parzialeTipo III: l.m.s conlesione vascolaree neurologica parzialeTipo IV: l.m.s conavulsione completadel plesso brachiale

Tipo I: f. apicaleTipo II: f. terzo medioTipo III: f. basaleTipo IV: f. estesaal corpo superioreTipo V: estesa alla fossa glenoidea

Tipo I: f. prossimaleai legamenti coracocla-vicolari (C.C.)Tipo II: f. distale ai legamenti C.C (non coinvolge la connessione scapolo toracica)

Tipo Ia: avulsionecompostaTipo Ib: f. compostaTipo II: f. scomposta senza riduzionedello spaziosubacromiale (S.A.)Tipo III: f. scomposta con riduzionedello spazio S.A.

Tipo I: f. anteriore dell’acromionTipo II: f. dell’acromion posterioreall’articolazioneacromionclaveareTipo III: frattura della spina della scapola

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Classificazione delle fratture scapolari

tipo II, III e IV sono fratture articolari con rima che si estende sulla scapola lateralmente, su-periormente o medialmente, il tipo V è una combinazione di rime di frattura, il tipo VI è una frattura articolare con severa comminuzione.In base al grado di scomposizione può esse-re indicata una sintesi chirurgica in tutti i tipi di frattura ad eccezione del VI. Quest’ultimo necessita infatti in prima battuta di un tratta-mento conservativo, perché la grave commi-nuzione controindica un tentativo di sintesi20.A differenza della classificazione di Ideberg, altre classificazioni cercano di descrivere il fenomeno frattura di scapola in modo onni-comprensivo e senza focalizzarsi esclusiva-

Figura 2 Classificazione di Ideberg

Tipo I

Tipo IV Tipo V Tipo VI

Tipo II Tipo III

Figura 3 Classificazione di Euler-Ruedi

A B C D E

mente sul coinvolgimento della glena.La classificazione di Euler e Ruedi22 è molto nota nella letteratura tedesca, è di tipo alfa-numerico e suddivide le fratture di scapola in 5 principali categorie valutando se la frattura riguarda il corpo della scapola, i processi, il collo, l’articolazione o una combinazione tra i primi (fig. 3).La classificazione AO/OTA23,24 per le frattu-re di scapola, nata da un lavoro iniziato nel 1996 e revisionato nel 2007, si basa sui prin-cipi adottati negli altri distretti anatomici dal gruppo AO: le fratture A sono extrarticolari, le B sono parzialmente articolari e le C sono articolari.

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La scapola è identificata con il numero 14, dopo il tipo di frattura (A-B-C) si sottoclassi-fica il gruppo e, se presente, il sottogruppo.In considerazione dei limiti e della scarsa vali-dità scientifica dei sistemi precedenti, il grup-po “OTA” e il gruppo “CAG” nel 2012 han-no sviluppato un nuovo sistema classificativo e valutato la sua riproducibilità10. Il sistema ha subito un lungo processo di revisione da parte di un gruppo di ricerca internaziona-le (SCCG) e per questo è stato denominato

“New International Scapula Fracture Classifi-cation”10,25.La classificazione ha integrato e in parte sosti-tuito il sistema precedente AO/OTA26. Dopo varie revisioni gli autori hanno abbandonato la distinzione tra collo scapolare e corpo e hanno suddiviso la scapola in tre segmenti (fossa glenoidea, corpo, processi) (fig. 4).La fossa glenoidea assume un ruolo centra-le nella classificazione; è delimitata superior-mente da una linea che unisce la rima artico-

Figura 4 Nuova classificazione AO/OTA

14A1

14B1

14F1.1

14F2.114F2.2

14F1.214F1.3

14B2 14F0

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Classificazione delle fratture scapolari

lare superiore al bordo laterale della incisura soprascapolare e medialmente da una linea parallela al piano della fossa.La frattura può interrompere completamen-te la continuità tra fossa e corpo scapolare senza interrompere l’articolazione (F0), può avere delle rime intrarticolari semplici (F1) o pluriframmentarie (F2).Le fratture tipo F1 si suddividono in 3 gruppi a loro volta suddivisi in 3 fattori qualificanti; le fratture F2 si suddividono in 2 gruppi.

La suddivisione così dettagliata delle fratture F1 si basa sulla localizzazione della rima all’in-terno della articolazione (anteriore, posterio-re, sopra o sotto equatoriale). Questo siste-ma, così complesso, secondo alcuni autori rispecchia fedelmente il meccanismo trauma-tico e ha una rilevanza clinica significativa27.Bartonicek et al.28 invece contestano il fatto che la suddivisione in numero di frammenti e decorso delle rime di frattura in articolazione non può avere una rilevanza pratica, gli autori

Figura 5 a) Classificazione di Ogawa; b) classificazione di Kuhn

a

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Tipo I

Tipo Ia Tipo Ib Tipo II

Tipo III Tipo III

Tipo II

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propongono quindi una classificazione alter-nativa.Gilbert et al.22 hanno dimostrato la superiorità della nuova classificazione AO/OTA in termini di riproducibilità inter e intra-osservatore per le fratture di glena analizzate con TC rispetto alle classificazioni di Euler e Ideberg. Neuhaus et al. hanno confrontato la nuova con la precedente classificazione AO/OTA; anche in questo caso la la nuova classificazione si è dimostrata superiore per quanto riguarda la riproducibilità inter-osservatore, in particolare nello studio delle fratture tipo (F)29.

Lesioni complesse del cingolo scapolare La rarità di queste affezioni, uniche e diverse in ogni singolo caso, non consente di avere una classificazione validata su ampie casisti-che.Goss11 ha suddiviso le lesioni in singole (tipo A) e doppie (tipo B,C,D,E,F,G).Le lesioni singole non sono in grado di deter-minare una “floating shoulder” a differenza delle doppie.Un gruppo di lavoro tedesco nel 2014 ha proposto, per la prima volta, una classifica-zione focalizzata sulle fratture di scapola nelle lesioni complesse del cingolo scapolare con “floating shoulder”. Fino ad allora la stabilità del cingolo scapolare, seppur estremamente influente nella scelta del trattamento, non era stata mai menzionata nelle classificazioni più utilizzate (Ideberg, Euler-Ruedi, AO/OTA)30.La classificazione di Damschen modificata da Zelle12,13 per la dissociazione scapolo toracica si basa sulla gravità del coinvolgimento delle strutture muscolari, vascolari e nervose.

Fratture della coracoideL’anatomia complessa della scapola rende difficile identificare con i radiogrammi stan-dard queste fratture. Sono necessarie proie-zioni specifiche come la “Stryker notch view” e, meglio ancora, una TC con ricostruzioni 3D.La classificazione di Eyres31 per le fratture di coracoide è stata semplificata da Ogawa, il quale le ha suddivise in due gruppi sulla base del potenziale coinvolgimento della connes-sione tra scapola e torace (frattura prossimale o distale rispetto ai legamenti coraco-clavico-lari)32 (fig. 5).

Fratture dell’acromionLa classificazione di Kuhn33 pone attenzione alla possibilità che il frammento scomposto dislochi in regione subacromiale determinan-do un conflitto meccanico durante il movi-mento della spalla (fig. 5).Di recente introduzione è la classificazione di Crosby5, che riguarda le fratture di acromion e spina della scapola successive a impianto di protesi inversa. Questa complicanza è in for-te crescita per l’aumentare del numero di im-pianti e per l’utilizzo di protesi maggiormente lateralizzanti, quali quelle con gli steli di tipo “onlay” e gli augment di glena.In una recente casistica, su 74 protesi inverse di spalla si sono verificati tre casi di fratture scapolari (2 tipo III e 1 tipo II secondo la clas-sificazione di Crosby). In tutti i casi la compli-canza è avvenuta in presenza di un impianto lateralizzante sia nella componente omerale che in quella glenoidea34.

Si ringrazia la dottoressa Laura Porcu per il prezioso contributo alla parte iconografica

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Le vie d’accesso chirurgiche18

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capitolo 9

si dirige verso l’apice anteriore della piega ascellare (fig. 2). La fascia superficiale viene incisa nella stessa direzione. Viene individua-ta la vena cefalica, posta nel solco deltoideo-pettorale (fig. 3).I muscoli deltoide e grande pettorale ven-gono dissociati appena lateralmente alla vena cefalica e divaricati. In genere la vena cefalica viene caricata medialmente. In profondità si osserva la fascia clavi-pettorale, che riveste i tendini congiunti (capo breve bicipitale e coraco-brachiale) e il sottoscapolare. Tale fascia viene sezionata longitudinalmente in prossimità del margine laterale del capo bre-

Sergio candiotto*, Enrico Gervasi**, Giuseppe porcellini***

* Unità operativa di ortopedia e traumatologia, policlinico di abano terme (pD)** Unità operativa di ortopedia e traumatologia, casa di cura Giovanni XXiii, Monastier (tV)*** clinica ortopedica e traumatologica Università di Modena

Il paziente viene sistemato nella posizione beach chair sul letto chirurgico dedicato (fig. 1), assicurandoci del corretto appoggio del capo sul piano reggitesta. In alternativa si può porre il paziente nella più semplice posi-zione supina, avendo cura di applicare un pic-colo cuscino fra le scapole, per favorire una migliore esposizione chirurgica.La disinfezione della cute viene effettuata con iodopovidone o con clorexidina. Con teli mo-nouso viene preparato il campo operatorio, isolando l’intero arto, lasciandolo però libero per tutti i movimenti che si renderanno ne-cessari durante l’intervento. Si inizia con l’arto addotto e il gomito ad angolo retto. L’incisione chirurgica parte in corrispondenza dell’apice della coracoide e

Figura 1

Accesso chirurgico Anteriore ALLA scApoLA

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Le vie d’accesso chirurgiche

ve bicipitale (fig. 4)I tendini congiunti possono limitare l’espo-sizione del piano sottoscapolare, possono quindi essere caricati medialmente dai divari-catori (fig. 5). Per favorire maggiormente l’e-sposizione del piano sottoscapolare spesso è preferibile effettuare un’osteotomia dell’a-pice della coracoide. Con molta delicatezza i tendini congiunti che vi si inseriscono ven-gono spostati medialmente e distalmente, evitando l’eccessiva tensione e trazione su-gli stessi per non produrre lesioni del nervo muscolo-cutaneo (o nervo perforante del Casserio), che penetra nel ventre muscolare

del coraco-brachiale dal lato mediale a circa 4-7 cm dall’apice della coracoide. Il rischio di trazione sul nervo è maggiore in caso di oste-otomia e ribaltamento della coracoide. Si avrà cura di rispettare in tale fase l’arteria cir-conflessa anteriore dell’omero, mentre si potran-no coagulare o legare dei piccoli vasi satelliti.Ponendo l’arto in rotazione esterna verrà ade-guatamente esposto il piano sottoscapolare, in particolare il suo passaggio muscolo-tendi-neo. La rotazione esterna consente inoltre di allontanare il nervo ascellare nel punto in cui questo si approfonda al di sotto del bordo inferiore del muscolo sottoscapolare.

Figura 2

Figura 4

Figura 3

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capitolo 2 S. candiotto, E. Gervasi, G. porcellini

bro glenoideo e il collo scapolare. La visuale aumenta considerevolmente con il prudente utilizzo di leve o divaricatori, rispettando le strutture, evitando l’eccessiva trazione distale e mediale e considerando adeguatamente i rapporti di stretta vicinanza con il fascio va-scolare ascellare e con le strutture nervose radicolari plessiche o tronculari.La testa omerale può essere agevolmente abbassata con delle apposite leve (Fukuda, Bankart, ecc.) delicatamente inserite per non produrre lesioni condrali. In tal modo si otter-rà un’adeguata esposizione della superficie glenoidea e il controllo della frattura (fig. 7).Il frammento glenoideo anteriore viene indivi-

Figura 7

Figura 6

Figura 8

A circa 1,5 cm medialmente all’inserzione omerale il sottoscapolare verrà sezionato tra-sversalmente (fig. 6), agganciando con due punti il ventre muscolare, per evitare la sua retrazione mediale e la successiva difficoltà a riportarlo nella sede anatomica.Il sottoscapolare e la sottostante sottile cap-sula articolare possono essere sezionati sepa-ratamente. Si passa al disotto del sottosca-polare una pinza di Kelly, che guiderà con sicurezza e precisione la sezione tendinea. Nella stessa direzione viene quindi sezionata la capsula articolare.Vengono quindi esposti la parte anteriore della testa omerale, il bordo anteriore del lab-

Page 15: Indice - Academy Store€¦ · quotidiane del clinico ed indirizzare verso la corretta diagnosi e trattamento in ogni sin-golo caso. Fratture della scapola e della glena La classificazione

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Le vie d’accesso chirurgiche

Figura 9 Figura 10

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Figura 12 a

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