Incontro di studi sul tema: Trattamento sanzionatorio tra ... · criminogenesi e...

44
1 Incontro di studi sul tema: Trattamento sanzionatorio tra magistratura di sorveglianza e giudice di cognizione Roma, 7-8 febbraio 2008 Le problematiche dell’osservazione scientifica della personalità: l’operatore penitenziario tra aspettative deluse e nuove prassi trattamentali Paolo Giulini Il regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario, il D.P.R. n.230 del 2000, con l’art.27 contribuisce a chiarire contenuti e metodi dell’attività di osservazione con tre precisi riferimenti che si cercherà qui di seguito di esaminare e approfondire. Innanzi tutto la funzione di accertamento dei “bisogni di ciascun soggetto, connessi alle eventuali carenze fisio-psichiche, affettive, educative e sociali”. Il legislatore individua in queste carenze dei fattori che sono alla base della condizione di reo in quanto di “pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione”. Si rileva in queste definizioni una concezione della devianza ancora troppo legata alle stereotipie eziologiche della sociologia criminale, soprattutto se si tiene in conto che nella contingenza del nostro Paese le forme più dannose e pervicaci di criminalità si espandono sfruttando una capacità rilevante di relazioni sociali e di reticoli di interesse. Questa individuazione dei bisogni, delle carenze fisio-psichiche o delle altre cause del disadattamento, già messa così in primo piano dell’attività osservativa dall’art.13 della Legge n.354/1975, riproduce sorpassati principi positivistici circa la possibilità di identificare in ogni soggetto le cause della sua condotta delinquenziale, e si riconduce all’illusione di poter porvi rimedio come se il fenomeno criminoso fosse una sorta di “malattia” sulla quale il criminologo interviene con funzioni di cura(si è infatti a tal proposito parlato del “mito medico” della risocializzazione). L’ideologia del trattamento, patologizzando il delinquente e il delitto, forniva anche l’illusione di poter eliminare il crimine mediante interventi sugli autori come portatori di una sorta di patologia individuale e sociale. Di fatto, come verrà meglio esposto in seguito, l’osservazione si riduce frequentemente a un semplice compito burocratico, perché l’obiettivo di identificare “le carenze fisiopsichiche e le altre cause di disadattamento sociale” è palesemente irrealizzabile, così come sono gravati da insuperabili incognite i trattamenti risocializzativi; e come infine sono aleatorie la possibilità di accertare l’assenza di pericolosità, presupposto per la concessione delle misure premiali e alternative. Comunque sia, secondo l’ordinamento penitenziario, il programma di trattamento verrà redatto dalla “equipe di osservazione e trattamento” composta dal direttore dell’Istituto, dall’educatore, dagli assistenti sociali, dagli esperti di scienze dell’uomo. L’osservazione dovrebbe di conseguenza essere eseguita da più persone con diversa competenza: l’educatore, l’assistente sociale, gli esperti (di psicologia, di criminologia clinica, di psichiatria o di pedagogia) , e le indagini si concretizzano poi in un giudizio collegiale, cui partecipa anche il direttore. Criminologo clinico, esperto ex art.80 O.P. presso C.R. di Milano-Opera. Responsabile della “Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali”della C.R. di Milano-Bollate. Docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Transcript of Incontro di studi sul tema: Trattamento sanzionatorio tra ... · criminogenesi e...

1

Incontro di studi sul tema:Trattamento sanzionatorio tra magistratura di sorveglianza e giudice di

cognizione

Roma, 7-8 febbraio 2008

Le problematiche dell’osservazione scientifica della personalità: l’operatorepenitenziario tra aspettative deluse e nuove prassi trattamentali

Paolo Giulini

Il regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario, il D.P.R. n.230 del 2000, con l’art.27contribuisce a chiarire contenuti e metodi dell’attività di osservazione con tre precisi riferimenti chesi cercherà qui di seguito di esaminare e approfondire.Innanzi tutto la funzione di accertamento dei “bisogni di ciascun soggetto, connessi alle eventualicarenze fisio-psichiche, affettive, educative e sociali”. Il legislatore individua in queste carenze deifattori che sono alla base della condizione di reo in quanto di “pregiudizio all’instaurazione di unanormale vita di relazione”.Si rileva in queste definizioni una concezione della devianza ancora troppo legata alle stereotipieeziologiche della sociologia criminale, soprattutto se si tiene in conto che nella contingenza delnostro Paese le forme più dannose e pervicaci di criminalità si espandono sfruttando una capacitàrilevante di relazioni sociali e di reticoli di interesse.Questa individuazione dei bisogni, delle carenze fisio-psichiche o delle altre cause deldisadattamento, già messa così in primo piano dell’attività osservativa dall’art.13 della Leggen.354/1975, riproduce sorpassati principi positivistici circa la possibilità di identificare in ognisoggetto le cause della sua condotta delinquenziale, e si riconduce all’illusione di poter porvirimedio come se il fenomeno criminoso fosse una sorta di “malattia” sulla quale il criminologointerviene con funzioni di cura(si è infatti a tal proposito parlato del “mito medico” dellarisocializzazione). L’ideologia del trattamento, patologizzando il delinquente e il delitto, fornivaanche l’illusione di poter eliminare il crimine mediante interventi sugli autori come portatori di unasorta di patologia individuale e sociale.Di fatto, come verrà meglio esposto in seguito, l’osservazione si riduce frequentemente a unsemplice compito burocratico, perché l’obiettivo di identificare “le carenze fisiopsichiche e le altrecause di disadattamento sociale” è palesemente irrealizzabile, così come sono gravati dainsuperabili incognite i trattamenti risocializzativi; e come infine sono aleatorie la possibilità diaccertare l’assenza di pericolosità, presupposto per la concessione delle misure premiali ealternative.Comunque sia, secondo l’ordinamento penitenziario, il programma di trattamento verrà redattodalla “equipe di osservazione e trattamento” composta dal direttore dell’Istituto, dall’educatore,dagli assistenti sociali, dagli esperti di scienze dell’uomo. L’osservazione dovrebbe di conseguenzaessere eseguita da più persone con diversa competenza: l’educatore, l’assistente sociale, gli esperti(di psicologia, di criminologia clinica, di psichiatria o di pedagogia) , e le indagini si concretizzanopoi in un giudizio collegiale, cui partecipa anche il direttore.

Criminologo clinico, esperto ex art.80 O.P. presso C.R. di Milano-Opera. Responsabile della “Unità di TrattamentoIntensificato per autori di reati sessuali”della C.R. di Milano-Bollate. Docente presso l’Università Cattolica del SacroCuore di Milano

2

L’osservazione è cardinale, oltre che per formulare il programma di trattamento, anche per fornirealla magistratura di sorveglianza le informazioni sulla personalità per le sue decisioni e per riferirealla direzione del carcere notizie sulla personalità dei detenuti in vista di provvedimenti disciplinario benefici; sia infine per risolvere i problemi di inadeguato adattamento carcerario. L’osservazionescientifica della personalità si sostanzia in un’attività preliminare che, con una terminologia ditradizione medica, suole denominarsi “momento diagnostico” , nel senso che mira a conoscere itratti della personalità e le caratteristiche socio-ambientali, per il significato che psiche, famigliad’origine e situazioni di vita hanno avuto nei confronti del comportamento delittuoso del singoloindividuo in esame. Non è pertanto un abituale esame psicologico, bensì un’osservazione effettuataper metter in luce i molteplici fattori psicologici e ambientali che consentono di ricostruirecriminogenesi e criminodinamica(Ponti, 1999).

L’osservazione delle caratteristiche soggettive deve dunque compiersi per spiegare come èintervenuta la variabile individuale nella genesi e dinamica di un reato. E qui l’articolo 27 delD.P.R.230/2000 specifica anche in senso metodologico come procedere ai fini di questaosservazione: “Si provvede all’acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, clinici, psicologici esociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienzee alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento…”. Tra tali elementi divalutazione che dovrebbero completare l’osservazione solo quelli psicologici presentano unmargine elevato di ambiguità e di bassa verificabilità sulla base di elementi concreti, ma sono inmodo paradossale quelli più gravati da aspettative nel sempre più tortuoso e complesso scenariodella premialità.Il legislatore ha previsto su questo punto la ‘possibilità’ di avvalersi di professionisti esperti, aiquali è richiesto un intervento valutativo sulle indicazioni del trattamento individualizzato e unapartecipazione alle pratiche trattamentali. Quando poi si riunisce il Gruppo dell’Osservazione eTrattamento con il compito di fornire al Magistrato e al Tribunale di Sorveglianza una sintesi sulleindicazioni trattamentali, le cui opzioni sembrano residuare solo nelle misure extra-detentive, edunque con un esplicito parere sulla pericolosità del ristretto e sui rischi di recidiva, si demandaall’esperto, che si destreggia tra riferimenti pseudo-scientifici e un ibrido duplice mandato, unasorta di “parola ultima”, di aspettativa prognostica circa il futuro comportamento del reo. Ciòavviene in misura maggiore nell’attuale tendenza a relegare il trattamento nella spesso regressiva edisfunzionale logica della premialità. In un sistema come il nostro dunque la necessità di predizionedi un comportamento è un elemento portante; diverso sarebbe se ci trovassimo in un sistema penaletariffario.La valutazione prognostica, a differenza di quella diagnostica, deve avere come premessa laconsapevolezza che non esistono cause necessarie e sufficienti del comportamento criminoso, ofattori dalla cui soggezione e dittatura non ci si possa affrancare con scelta volontaria, così come“non esistono né potranno mai esistere teorie complete ed esaurienti che spiegano il crimine da unpunto di vista esclusivamente individuale”(Merzagora, 1987). Il crimine è un concetto relativo allacultura, non coincide con l’aggressività né con la violenza, e pertanto non sembra avere molto sensoparlare di ‘personalità criminali’.L’osservazione della personalità per evidenziare la previsione di una condotta futura è affidata inbuona parte ad un operatore che impiega soprattutto lo strumento conoscitivo del cosiddetto‘colloquio clinico’. Tale colloquio non è richiesto dal soggetto in osservazione, ma commissionatoda un particolare committente, l’amministrazione penitenziaria o il magistrato. Ciò comportaatteggiamenti, cautele, deontologia particolari da parte dell’esperto, che non si trova davanti a un“cliente” che si rivolge a lui per soddisfare un suo bisogno o per curare un disturbo, ma a unsoggetto che deve comprendere e valutare, con un’attitudine quindi di particolare oggettività eneutralità. L’indagine è eseguita su specifico mandato del sistema penale e per fini di giustizia,talché l’osservatore non può schierarsi con il soggetto, come accade nel caso dell’alleanzaterapeutica o della consulenza privata.Il colloquio rimane comunque il pezzo forte dell’osservazione, riserva sempre delle sorprese, ed èsempre diverso. Due grandi capitoli vi sono affrontati: la vita del reo e i fatti per cui è statocondannato.

3

Questo colloquio differisce dal solito colloquio terapeutico. Innanzi tutto si tratta di un uomo che sitrova in carcere, che non ha chiesto di incontrare uno psichiatra o uno psicologo e che addiritturanon l’avrebbe mai consultato.L’operatore solleciterà il detenuto a raccontare la propria vita. Tale racconto spesso è un modo diprocedere inconsueto per il reo. Probabile, spesso accade, che non gli era mai capitato di parlare disé.Il discorso del condannato è prima di tutto una rielaborazione che ha due funzioni. La prima èquella del discorso interiore, nel migliore dei casi una riappropriazione dell’atto. La seconda èquella del discorso esterno, in quasi tutti i casi quello della difesa utilitaristica.

La particolarità del rapporto, la natura essenzialmente valutativa di questa osservazione, il fatto cheda questa possono derivare sia benefici che giudizi sfavorevoli sui futuri destini penitenziaridell’osservato, incidono sull’atteggiamento di quest’ultimo, che si trova quindi in una situazioneben diversa da quella terapeutica. Ciò comporta il rischio di mancanza di sincerità da partedell’esaminato, cui non si può dare incondizionato credito, e che può anche manipolarel’esaminatore per i suoi fini. Chi esegue un colloquio in queste particolari circostanze deve pertantoessere consapevole di questi rischi, perché possono derivarne valutazioni erronee, riducibili entrocerti limiti con l’esperienza.Tali aspetti sono oggi ulteriormente rafforzati dal preponderante carattere della premialità, che èsempre più presente nello scambio penitenziario e alimenta le strategie strumentali che i soggettiristretti possono attuare spesso solo nell’occasione del colloquio. A conferma di ciò è istruttivocitare una frase di un recluso: “…questa tendenza del detenuto a manipolare i sentimenti di chi gli èvicino per una condizione di bisogno totale”. Non si tratta solo di essere cauti sulle espressioni eversioni fornite, ma anche sufficientemente distanti da avvitamenti e coinvolgimenti emotiviallorquando, nell’indagare i motivi che hanno spinto al delitto, si deve attivare una comunicazioneempatica.L’indagine sui motivi del delinquere è l’elemento centrale di questo colloquio. Glueck(1960) dicevache “un fattore prima di essere una causa deve diventare un motivo”. La Merzagora(1987) riportanel suo testo sul colloquio criminologico un preciso elenco di Bisio sulle aree dell’indagine:“1)indagare come il soggetto ha ceduto all’azione dei motivi che su di lui hanno agito;2)determinare perché non lo hanno inibito altri motivi(sociali, individuali, morali, religiosi,giuridici, ecc..); 3)ricercare come il soggetto è arrivato a concepire, e sotto quale aspetto, l’azioneantisociale, dalla quale si è ripromesso la soddisfazione di un interesse; 4)conoscere come è stata lapreparazione e l’esecuzione del reato; 5)passare allo studio del comportamento onde determinarecome la personalità umana reagisce ai vari stimoli e nelle varie condizioni.Quando ci si accosta a un criminale si è sempre spinti dalla volontà di capire e di razionalizzare ciòche ha fatto. Dopo essere caduta nel secolo scorso in un determinismo generoso ma implacabile, lacriminologia oggi ammette che non vi è crimine o delitto che si possa riferire, come inun’equazione, a una data personalità. Ma, al di là di questo, la ricerca del significato dell’atto è uninseguimento che non ha mai fine. Essa è alla base di ogni esame del reo, come se si potesse,attraverso il crimine, arrivare alla scoperta di una nuova verità, e ogni volta essa si rivelanecessariamente deludente. Caso dopo caso, si giunge a una constatazione: non esiste veritànell’atto che possa dire la verità del soggetto.

Con queste indicazioni e cautele si conferma che la previsione del futuro comportamentodell’uomo è un compito arduo e con molte incognite.Prima di tutto perché le previsioni su qualsiasi comportamento umano sono fondate su di un criteriostatistico, ovvero il giudizio su una condotta futura tiene conto delle caratteristiche che piùfrequentemente si riscontrano in chi si è trovato in analoghe circostanze(Ponti, 1999).Qual è lo schema di ragionamento che si effettua per predire il comportamento delittuoso?Ci si basa sulla percentuale significativa di casi di soggetti con certe caratteristiche e cherecidivano: certi tratti di personalità, certe caratteristiche microsociali e certi trascorsi criminali.Tutte valutazioni fondate sulla statistica e sull’esperienza, ma poco utilizzabili con certezza sulsingolo caso!

4

In secondo luogo non si può pensare che gli individui agiscano secondo obbligati schematismideterministici senza spazio per la volontà e la libertà di scelta. A questo proposito bisognarammentare che Monahan negli anni 80 ha evidenziato con ricerche meticolose, anche se basatesolo sui dati delle recidive ufficiali, che più dei 2/3 delle predizioni di recidiva violenta fatta daiprofessionisti si erano rivelate fallaci(il cosiddetto fenomeno dei “falsi positivi”).

E come terzo aspetto, il giudizio sfavorevole può attivare meccanismi e reazioni socialistigmatizzanti ed emarginative che possono condizionare la condotta del reo(la cosiddetta “profeziache si autoadempie”). Ciò avviene in misura maggiore nell’impalcatura della premialità, dove unavalutazione prudente quando non negativa viene ovviamente presa dal detenuto come unabocciatura, quasi in termini punitivi, senza alcuno spazio per l’eventuale instaurarsi di un percorsotrattamentale che motivi verso un’ulteriore elaborazione personale del reato, dei propri conflitti edelle proprie difficoltà e dunque verso l’individuazione di un possibile sbocco evolutivo, propriopartendo dalla condivisione del ristretto con l’operatore di una propria diagnosi sulla disfunzionalitàdel suo modo di ‘essere nel mondo’. Questo passaggio fondamentale, definibile come “alleanzadiagnostica”(Orefice 2002), è il vero humus su cui può attecchire un trattamento penitenziarioindividualizzato che miri non tanto al mutamento della personalità ma a modificare icomportamenti, motivando il detenuto ad acquisire risorse e abilità sociali, a lavorare su difeseregressive e percezioni di sé inadeguate.Invece nell’attuale contesto detentivo italiano la qualità di questo approccio dell’osservazione che

dovrebbe integrarsi col trattamento, è inficiata dal “mobbing” pressante della soluzione premiale, unsistema di pressione che agisce su tutti i componenti dell’universo detentivo e dell’esecuzione dipena, e che è solo funzionale alla dimensione disciplinare e alla gestione della condotta interna.In questo scenario si assiste ad una funzione decisiva per il controllo premiale: costruire “un tempoinfinito dell’attesa”. “Si aspetta in continuazione: un’udienza, l’esito di un ricorso, la decisione suuna “domandina”, un colloquio, una telefonata. Si attende perché tutto ciò che avviene nel carcere,ogni più elementare scarto della quotidianità, è soggetto a procedura: deve essere istruito,selezionato, vigilato e giudicato. E tutto ciò in modo formale, attraverso la produzione ecircolazione di atti. Nel carcere della speranza gli individui si frantumano e ricompongono in modoincessante; la casa di vetro è in realtà una enorme discarica di carte in cui tutti, indistintamente,sono protagonisti e vittime della grande macchina della premialità”(Verde 2002). Dalladescrizione di questo educatore emerge la disfunzionalità, sul piano del trattamento della persona, ilcontinuo riferimento alle misure alternative come unico sbocco, sia in senso di indicazione positivache negativa, dell’attività di osservazione. Il che attiva solo reazioni strumentali, manipolatorie eregressivanti all’interno dei reparti detentivi. In chiave psicodinamica e un po’ provocatoria, maefficace, si può affermare con Francia e Peraldo(1979) che “la collusione tra detenuto e istituzione èpossibile quindi concretamente a livello orale e anale”.Proseguendo su questa linea si potrebbe riportare le posizioni di qualche operatore penitenziario cheimmerso nel marasma della confusa quotidianità operativa delle aree educative, vede nella Riformanon una risorsa per attivare percorsi di umanizzazione della pena, bensì il completamento diun’esigenza ideologica di attribuire funzioni socialmente e culturalmente più accettabili alla pena.In questo modo l’impianto rieducativo dell’esecuzione delle sanzioni si sarebbe affermato sulla crisidel vecchio modello repressivo-paternalistico. Una crisi che stava assumendo il caratteredell’ingovernabilità dell’intera istituzione segregativa e richiamava delle scelte concrete e di civiltà,da contrapporre alla violenza istituzionale della custodia, sempre più costretta a gestire imalcontenti e le rivolte dei detenuti con interventi fortemente repressivi e punitivi.Ci sembra molto efficace la sintesi che propone ancora l’educatore carcerario Verde sulla realefunzione della Riforma penitenziaria del 1975, che costituirebbe “una nuova forma del poterecustodialistico nel passaggio da un paradigma segregativo ad uno correzionale ovverol’approntamento di un modello disciplinare del carcere che ponendo come assunto l’irriducibilitàdel conflitto tra soggetti sanzionati ed istituzione costituisce una complessa architettura giuridico-amministrativa fondata sulla contrattazione della pena, delle sue forme di esecuzione e durata.

5

Una pena flessibile e discontinua, come risorsa da giocare al tavolo della contrattazione- dovevince chi ha risorse materiali, culturali, sociali e di pressione”(Verde, 2002).In un contesto detentivo così descritto l’operatore difficilmente si integra con una buona alleanza emotivazione ad operare nel sistema, soprattutto se è sostenuto da un immaginario professionale,quello della funzione rieducativa e umanizzante nella pena, che sempre più nasconde e mistifica ilsuo vero ruolo, con una accentuata funzione materiale di controllo del conflitto interno al carcere.

Ma tornando al tema delle previsioni criminologiche, va ribadita la consapevolezza della relativitàdi questi giudizi.Si possono purtuttavia individuare sulla scorta della criminologia empirica e teorica dei fattori dirischio o certe qualità e caratteristiche della persona e dell’ambiente come indicatori della probabilerecidiva.Per quanto riguarda la persona: ridotte facoltà cognitive, reazioni abnormi, disturbi di personalità,dipendenza da sostanze, irregolarità e incostanza in ambito lavorativo e nella carriera scolastica,condizioni di disagio socio-economiche, tendenze antisociali, precocità del disadattamento,inserimento in sottoculture delinquenziali, aver commesso certa tipologia di reati, concreta assenzadi possibilità di inserimento lavorativo.Per quanto riguarda la famiglia di origine: disgregata , affettivamente carente e inadeguata percompiti educativi e di socializzazione, per indifferenza e incapacità.Altri parametri riguardano la carriera criminosa: inizio precoce di attività delittuosa, alta frequenzae n°delle recidive, l’indole dei precedenti reati, breve intervallo di libertà fra successive condanne,appartenenza a sottocultura criminosa, non occasionalità dei delitti.Tutti questi dati, sulla base di un giudizio integrato, vanno utilizzati con criterio clinico e inquadratinella valutazione complessiva fatta da un esaminatore sperimentato(Ponti 1999).Tra le metodologie predittive più rilevanti della criminologia vi è il sistema predittivo dei coniugiGlueck(1950), basato sulla loro ricerca e teoria non direzionale o multifattoriale dell’integrazionepsico-ambientale.I Glueck individuarono tre serie di tavole di predizione, rispettivamente attinenti alle caratteristichedella famiglia, del carattere e della personalità. A conclusione dei loro studi confermarono che lecomponenti legate all’inadeguatezza del nucleo famigliare sono l’elemento cardine per il destinosociale di una persona.

L’esperto ex art.80 O.P., consapevole dunque dello specifico contesto in cui opera e conun’adeguata formazione psico-criminologica, può far riferimento nell’attività prognostica a questeindicazioni, ma coloro che usufruiscono delle valutazioni di un colloquio clinico devono tenerpresente che la ricerca internazionale ha confermato il debole tasso di predizione della valutazioneclinica(Debruyne,1999), con affermazioni ancora più radicali in riferimento alle valutazioni sullarecidiva dei rei sessuali, le cui caratteristiche predittive equivarrebbero al lancio di unamonetina(Hanson e Thornton,1999), né la qualità delle previsioni tenderebbe a migliorare conl’esperienza del professionista(Garb e Boyle,2003).Le valutazioni cliniche tradizionali vengono definite “giudizio clinico non strutturato”e si basano,oltre che sui colloqui, anche sulle informazione dei fascicoli personali e sull’intuito del clinico. Conquesto metodo non vi è nessuna regola o costrizione sul modo in cui i valutatori prendono le lorodecisioni alla luce delle informazioni di cui dispongono (Meehl, 1994) e tale giudizio viene definitocome “informe, soggettivo e impressionista” (Grove-Meehl, 1996), ma altri studiosi nemoltiplicano le critiche(Monahan, Webster, Litwack, Schlesinger, Quinsey). Col giudizio cliniconon si avrebbe infatti un accordo sul modo di effettuare le valutazioni e di pervenire alle decisioni.Visto che i valutatori possono dispensarsi dal precisare come o perché hanno preso le loro decisioni,diventa arduo contestarle o determinare le cause del disaccordo tra vari specialisti. Si tratta dunquedi valutazioni che avrebbero un basso coefficiente di validità.Per ovviare a tali lacune negli ultimi 20 anni si sono moltiplicati gli studi in USA e in Canada nelcampo della valutazione del rischio di recidiva in generale e nello specifico delle recidive violente edi quelle sessuali. La politica penale canadese è esplicitamente orientata alla categorizzazione dei

6

rei secondo il livello del loro rischio di recidiva, con lo scopo di proteggere la società in funzionesecuritaria.Dagli studi statistici e dalle rilevazioni effettuate sulle persone condannate e seguite nel lororeinserimento nella società, vengono acquisiti dati con i quali si approntano strumenti di previsioneche consentono di ridurre il margine di errore nelle prognosi, integrando, ma sempre più spessosostituendosi ai giudizi clinici non strutturati. Così sempre più nei Paesi anglosassoni gli interventinella gestione dell’esecuzione penale si articolano sulla valutazione del rischio(“Risk assessment”)e nella gestione del rischio(“Risk management”), ovvero nel determinare in che circostanze puòessere riattivato dal soggetto il comportamento(sessuale o violento)deviante, e in che modo si puòintervenire per ridurre tale condotta lesiva.La nozione di ‘rischio’ è complessa e strettamente connessa a quella di pericolo e di probabilità. Il‘rischio’ è un pericolo compreso in modo imperfetto, il cui concretizzarsi non può essere previstocon certezza. Si tratta di una nozione che comporta diversi aspetti, quali la natura del pericolo, laprobabilità che quel pericolo si concretizzi, la frequenza con cui il pericolo può prodursi, la gravitàdelle conseguenze del pericolo e l’imminenza dello stesso. Il desiderio di comprendere e di evitareil rischio(ovvero un processo definibile come ‘la valutazione del rischio’) è diventato un’ideamaestra, un principio organizzatore in numerosi campi, non solo nel diritto, ma anche nellamedicina, negli affari e nelle attività del genio. La valutazione del rischio permette di definire eanalizzare i pericoli al fine di ridurre la probabilità che si producano.Gli specialisti della salute e delle scienze sociali che si interessano alle condotte violentedefiniscono la valutazione del rischio come un processo di valutazione degli individui che mira a:

1) caratterizzare il rischio che commettano eventualmente un atto di violenza2) preparare interventi volti a gestire e ridurre questo rischio (Monahan-Steadmann, 1994)

Nel settore della valutazione del rischio di violenza (Menzies, 1995) si sono sviluppati in fasisuccessive tre tipologie di strumenti testistici che cercheremo di descrivere: 1) gli strumentiattuariali statici; 2) quelli di tipo strutturato( “Structural Professional Judgement” ) e 3) quellidinamici.1) Le valutazioni attuariali del rischio si basano sulla validazione di ‘items’ statisticamente pre-definiti, in quanto fattori statici della vita del soggetto. In tal caso i valutatori, pur affidandosi alleinformazioni e ai dati che possiedono, prendono la loro decisione finale in un quadro d’insieme diregole fisse ed esplicite. Questi strumenti di previsione poggiano su fattori di valutazione particolarie identificati come preliminarmente determinati.Attraverso una combinazione meccanica dei fattori predittivi empiricamente identificati come legatialla recidiva, vengono predisposte delle scale con dei punteggi, cosiddette attuariali, che possonoessere sia generiche che specifiche, per la tipologia dei delitti a cui si riferisce il rischio di recidiva.Tali strumenti attuariali si compongono di fattori statici stabili che non mutano(per esempio leeventuali condanne precedenti) o mutano in modo prevedibile, come l’età. La codifica avviene inmodo oggettivo, così come la considerazione del risultato a punteggio (“score”).Tale metodo è definito come meccanico e algoritmico, ma viene criticato per il fatto che escludel’apporto di specialisti nel processo di valutazione e si limiterebbe ad un riduttivo automatismonumerico, con la preoccupante deriva che in alcuni Stati USA conduce alla concessione o menodella libertà condizionale sulla mera base dei punteggi dei test attuariali. Ciononostante non si haalcun dubbio in letteratura che i metodi attuariali siano superiori al giudizio clinico non strutturato,sia per prendere decisioni in generale che per la valutazione del rischio di violenza in particolare.Tra queste scale una delle più utilizzate è la Scala di Valutazione Rapida del Rischio di RecidivaSessuale(RRASOR) di Hanson(1997), che è stata concepita a partire da una meta-analisi effettuatasu 60 studi sulla recidiva sessuale, basati su un campione di complessivi 20.000 rei sessuali. Allafine del suo studio Hanson ha individuato quattro predittori della recidiva sessuale, conl’assegnazione di un punteggio per ogni variabile e la definizione del rischio più elevato con ilpunteggio di 6:

- precedenti aggressioni sessuali (punti da 0 a 3max)- almeno una vittima senza legame di parentela (da 0 a 1)

7

- almeno una vittima di sesso maschile (da 0 a 1)- un’età inferiore ai 25 anni

Un’altra scala attuariale molto diffusa è la STATIC-99 (Hanson, 1999), composta da dieci fattori(vedi Appendice n°4) o ‘items’ di tipo statico. Trattasi di uno strumento predittivo che valuta ilrischio di recidiva a lungo termine, riservato a rei sessuali adulti maschi. Questa scala si riferiscealla prevedibilità della recidiva trascorso il periodo di cinque anni dalla scarcerazione delcondannato, con un punteggio che esprime quattro categorie di rischio, da debole a rischio elevato.La siglatura di questa scala si riferisce a informazioni relative al Casellario Giudiziario, al sessodella vittima, al tipo di relazione tra vittima e reo e allo stato civile del reo.La qualità psicometrica di questo strumento dipende dalla qualità delle informazioni a cui si haaccesso. Anche per questo motivo nelle carceri nordamericane gli educatori accedono in rete per viainformatica direttamente ai dati della polizia giudiziaria.

2) Le scale attuariali oltre ad essere criticate per il loro aspetto eccessivamente meccanicistico, nonsoddisferebbero i criteri conoscitivi relativi alla previsione del momento della possibile recidiva, néfornirebbero indicazioni sulle strategie per ridurre i rischi di recidiva. A partire da tali limiti si sonosviluppati i ‘Giudizi professionali strutturati’(“Structural Professional Judgement), basati su fattoridi rischio che derivano da ricerche empiriche sulla violenza in genere e quella sessuale. In questocaso al valutatore è richiesta una buona esperienza clinica. Lo strumento di questo tipo piùutilizzato per la violenza sessuale è la “Sexual Violence Risk” o SVR-20 (Boer-Hart, 1997). Non sitratta né di un test né di una scala, ma di un metodo di valutazione. La SVR-20 comprende 20 fattoridi rischio divisi in tre categorie (vedi Appendice n°7): i fattori relativi all’adattamento psico-socialedell’individuo, quelli riguardanti gli eventuali precedenti specifici e i fattori di rischio relativi aiprogetti futuri del soggetto. In tal senso questo strumento aggiunge a fattori statici anche fattori dirischio dinamici.

3) Una più marcata integrazione dei predittori statici(fattori che non mutano per anni, come lapersonalità o le attitudini) con quelli dinamici, ovvero suscettibili di mutamenti(per esempio quelliemersi in corso di trattamento), si ha in una fase successiva, con la produzione di strumenti divalutazione del rischio. Di recente sono infatti state predisposte scale di valutazione del rischio dellarecidiva sessuale di tipo dinamico. In particolare i fattori dinamici vengono suddivisi in ‘fattoristabili’, la cui valutazione avviene su un periodo più lungo(alcool, preferenze sessuali, distorsionicognitive) e in ‘fattori acuti’, valutati sul breve periodo(collera improvvisa, cambio di stato, ecc.).Le due più recenti scale di questo tipo sono la “STABLE 2007” (Hanson-Harris, 2001 e 2007)e la“ACUTE 2007”(Hanson, 2007). La prima si basa su fattori dinamici stabili come i problemi diintimità, la mancanza di controllo, mentre la seconda si incentra su fattori predittivi acuti qualil’umore negativo, l’ostilità, la collera (vedi Appendice n°8 e n°9).Mc Grath nel 2004, nel riassumere le caratteristiche predittive di tutti questi strumenti divalutazione, in particolare quelli sul rischio di recidiva sessuale, sostiene una loro validitàprognostica moderata, ovvero in rapporto ad un soggetto che non recidiva, un recidivo preso a casoavrebbe più possibilità(circa 70-80%) di ottenere un punteggio elevato in queste scale. Ciòrappresenta un indubitabile progresso rispetto alle valutazioni cliniche generali, che annoverano unalto numero di falsi positivi. Questi strumenti di valutazione del rischio tendono adun’uniformizzazione e rispondono ad un bisogno di oggettività, limitando l’eccessivadiscrezionalità dei valutatori, ma devono comunque essere considerati cautamente degli indicatori enon dei veri e propri criteri decisionali.Per concludere questa rassegna degli strumenti di lavoro che integrano la prognosi in sede diosservazione della personalità dei rei condannati nei Paesi nordamericani e di recente in GranBretagna, in Francia, Germania e nei Paesi Bassi, si deve fare riferimento ad un importantecontributo messo a punto da Hare nel 1991. Si tratta di uno strumento standardizzato basato sulladescrizione della psicopatia fatta da Cleckley nel 1982. La “Psychopathy Checklist-Revised”(PCL-R), la scala della psicopatia di Hare, consiste in una intervista semi-strutturata con venti ‘items’ diriferimento(vedi Appendice n°5), che ha lo scopo di fornire al clinico, attraverso il confronto con un

8

punteggio pre-determinato, la presenza e il grado dei tratti di personalità di tipo psicopatico in unsoggetto e quindi della sua pericolosità.La valutazione, che deve essere effettuata da un clinico formato, si svolge in due tappe e dura circadue ore. In un primo momento l’operatore consulta il fascicolo del soggetto da esaminare, conl’acquisizione dei dati medici, psicologici, sociali e giudiziari. Poi nel corso di un’intervista semi-strutturata passa in rassegna tutta una serie di dati anamnestici, dal percorso scolastico alla qualitàdelle relazioni interpersonali, dal consumo di sostanze ai precedenti penali, fino all’atteggiamentosulla vicenda del reato. L’operatore deve assegnare un punteggio per ogni ‘item’ indicato, a secondache la descrizione dell’‘item’ non corrisponda al soggetto (0 punti), lo definisca assai bene ma conqualche margine di dubbio(1 punto), o lo caratterizzi globalmente abbastanza bene(2 punti). Ilpunteggio massimo ottenibile è di 40 punti e la diagnosi di psicopatia può attribuirsi su unpunteggio di 30. Le numerose ricerche americane di questi anni hanno confermato che le qualitàpsicometriche di questo strumento di valutazione sono eccellenti.

Ma per tornare alla nostra realtà, l’Ordinamento Penitenziario da una parte incentra le finalitàtrattamentali e rieducative sul principio dell’individualizzazione, con la previsione di un programmadi trattamento da predisporsi per ogni condannato mediante l’osservazione scientifica dellapersonalità(art.13 legge 354/1975) e dall’altra sembra concentrare questi aspetti trattamentali sullemisure alternative, laddove vi siano i presupposti di concedibilità relativi all’assenza di pericolosità.Nel coadiuvare la Magistratura di Sorveglianza all’esperto viene richiesto un giudizio sullapartecipazione all’opera di rieducazione effettuato cercando “...in qualche modo di penetrare nellamente e nell’anima delle persone e di capirne le intenzioni”(circolare D.A.P. del 7/2/1992n.3337/5787). Agli operatori penitenziari dell’equipe di osservazione e trattamento si specifica, conun’altra circolare, che il giudizio non deve basarsi solo sul “comportamento formalmente corretto”ma deve considerare“la sincera volontà di revisione critica, di partecipazione all’opera dirieducazione” aggiungendo che tale valutazione esprime un contenuto “di altissimaprofessionalità”(circolare D.A.P. del 3/7/1990 n.3291/5741). Tale tenore espressivo è però smentitopoco dopo nella stessa circolare quando si afferma “che solo qualche volta e solo parzialmente glioperatori penitenziari sono in grado di acquisire e fornire un’informazione sulla pericolosità delsoggetto, e ciò solo per poter dire che si tratta di un soggetto pericoloso, mai per poter escludereche egli sia pericoloso”. Poi si aggiunge “E con tutta evidenza solo le forze di polizia...e non anchegli operatori penitenziari, sono in grado, hanno i mezzi, le risorse, le strutture, insomma lacompetenza per svolgere un accertamento di questo tipo, e cioè per dare una base oggettiva edocumentata alla previsione se il soggetto abusasse della fiducia che gli viene concessa, dandosialla fuga o commettendo altri delitti”. Infatti le risorse dedicate alle attività di osservazione e leinformazioni a cui possono avere accesso gli operatori penitenziari sono assai limitate(solo conqualche eccezione si riesce ad ottenere per esempio gli elaborati peritali, figuriamoci i dati dellapolizia giudiziaria, come i colleghi americani!).Difficile pensare che con queste premesse vi possa essere un buon livello di aspettative da partedella Magistratura di Sorveglianza e dell’Amministrazione Penitenziaria nei confronti di coloro chesvolgono l’osservazione in carcere. Così come negli operatori si può ingenerare una sorta di alibirinunciatario, con cui si auto-giustificano a non stimolarsi ad aggiornamenti professionali(chedovrebbero essere proposti dal Ministero, ma sono quasi inesistenti) e a non attivarsi a contattireciproci e più frequenti tra i diversi organi dell’esecuzione penale.In una ricerca del 2002 sul ruolo e i compiti degli esperti ex art.80 O.P.(Merzagora, 2003),effettuata somministrando a un campione ridotto dei questionari, un professionista intervistato sullaqualità del rapporto con i magistrati di sorveglianza si domanda, “siamo partiti da un sistemaanalogo? Facciamo parte della stessa riforma? In sette anni di lavoro non sono riuscito, neppureal telefono, ad avere uno scambio di idee con membri di quel Tribunale”. D’altra parte gli espertispesso redigono relazioni di osservazione che si limitano a riportare aspetti psicologici assaiirrilevanti ai fini della valutazione del rischio di recidiva, e la composizione stessa per competenzedi questi operatori rivela una scarsa presenza e considerazione del sapere criminologico. Gli espertiex art.80 O.P. dediti all’osservazione sono infatti in tutto 294 psicologi e 57 criminologi.

9

A fronte di ciò la Magistratura di Sorveglianza è sempre più sollecitata ad estendere il proprioaccertamento ad aspetti più di pertinenza del giudice di cognizione, in particolare sul rischio direcidiva e sulle caratteristiche criminose dei rei, e non può che rimanere insoddisfatta da forme econtenuti di documenti di sintesi che non hanno la struttura degli elaborati peritali.Tale estensione dei compiti dei Magistrati della Sorveglianza è tra l’altro poco supportata dalricorso agli approfondimenti tecnici peritali, anche in quelle circostanze che per la gravità del fatto-reato e per la complessa personalità del reo, potrebbero richiedere il parere del perito criminologoe/o dello psichiatra forense. A questo tipo di consulenze richieste dal Giudice, secondo la nostraesperienza operativa, ci risulta si ricorra assai di rado in sede di esecuzione.Per cercare di ovviare al fatto che le relazioni di osservazione sono stilate senza il ricorso a precisicriteri, poco armonizzate sul piano dell’oggetto e delle metodiche di indagine, gli esperti della C.R.di Milano-Opera stanno introducendo in via sperimentale una scheda predefinita(vedi Appendicen°3) dove vengono elencati una serie di elementi di qualità anamnestica, sul comportamento e sullapersonalità del ristretto, relativi ad indici di adattamento e disadattamento sociale, ripartitistoricamente rispetto a fasi precedenti, contemporanee e successive al reato, e ai fattoricomportamentali e relazionali rilevati nella fase processuale e nel contesto detentivo. La schedadovrebbe sostituirsi alle relazioni di osservazione e fornire al Giudice le informazioni utili per le suedecisioni in modo più neutro ed uniforme. Tale tentativo esprime il disagio degli operatori di frontead un’assenza di criteri e parametri valutativi uniformi, così come la mancanza di linee guida cheriguardino i compiti e le finalità dell’osservazione al di là delle generiche indicazionidell’Ordinamento Penitenziario sull’argomento. Per poter ovviare a queste lacunose condizioni dilavoro occorrerebbe una riflessione comune ed articolata degli operatori del trattamento con ifunzionari dell’Amministrazione Penitenziaria e i Giudici dell’esecuzione penale.

Un altro elemento centrale dell’art.27 del regolamento di esecuzione del 2000, riguardal’indicazione di condurre con il condannato “una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste inessere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato medesimo esulle possibili azioni di riparazione…”.In tal modo il legislatore esplicita un contenuto trattamentale da cui non si può prescinderenell’intervento rieducativo, come se per troppo tempo le attività di osservazione non si fosseroadeguatamente centrate sull’elaborazione del fatto reato da parte del reo detenuto. Taleelaborazione, assieme al concetto di riparazione, appare in questa prospettiva un passaggio fondantedel percorso rieducativo, da annoverare tra i suoi obiettivi. Si potrebbe affermare che vengaauspicata l’osservazione della personalità già in sé con una specifica valenza trattamentale.Nella nostra esperienza di operatori sul campo possiamo confermare l’importanza di un lavoro coldetenuto che lo porti a riflettere sul reato, le circostanze situazionali e personali dell’agitocriminoso, gli aspetti relazionali conflittuali che hanno avviato e sostenuto l’agire delittuoso.“L’impossibilità di parlare dell’atto, di ritornarci sopra, è un fenomeno comune alla maggior partedei crimini. Affiora qualcosa che non rientra nella dimensione discorsiva. Così un assassino sarà ingrado di raccontare quello che è successo prima della disputa, lo scoppio d’ira, il primo colpo, masolo quel primo colpo, non sa più altro, non riuscirà mai a descrivere dettagliatamente i colpi,come se quell’azione che è un interrogativo per il suo interlocutore non potesse più parlare al suoattore.La funzione della giustizia è allora quella di imbastire discorsi intorno a questa condottaenigmatica per riuscire a farne un attore e reintrodurre questo atto nella trama dei fatti“ordinari”, vale a dire quelli dei quali si possono scoprire le cause e dei quali si può parlare; deifatti che possono essere interpretati, se non altro perché sia attuabile la condanna. Se non se neparla, se non lo si trasforma in parole, un atto non può essere giudicato; tutta la proceduragiuridica, dall’inizio alla fine, ha come scopo questa trasformazione.”(Cherki-Nikléss, Dubec,1994)Se il condannato non perviene ad una realistica e partecipata riflessione sul reato commesso si hauna mancanza di simbolizzazione di questa vicenda e aumenta sensibilmente il rischio che eglirecidivi la condotta deviante. Un parametro centrale della restituzione dell’attività osservativa deveriguardare questo processo di elaborazione e di responsabilizzazione del detenuto.

10

Ma è il caso di ribadire che ottenere ciò è davvero assai arduo nella complessa architettura premialesu cui si regge l’attuale fase dell’esecuzione di pena. Il detenuto non viene certo disincentivato adattivare difese disfunzionali e a regredire, rispetto a possibili attitudini responsabilizzanti emaggiormente evolute.Come esempio di dinamiche distorte basti pensare alla condizione di soggezione e continuaricattabilità in cui viene a trovarsi nel proprio reparto detentivo il cosiddetto ‘permessante’, cheessendo passato oltre la soglia dei trattamenti intramurari, deve con estrema cautela evitare diesporsi al rischio di perdere la posizione acquisita. In tal modo può esercitarsi su di lui unapressione da parte degli altri detenuti che può arrivare fino al riprodursi di condizionamenticostrittivi e violenti, anche solo a livello psicologico, che nulla hanno a vedere col percorso critico edi evoluzione personale, ma piuttosto ricreano il clima di fondo del suo status di deviante. Spessotale condizione regressivante viene alimentata dalle esigenze di controllo disciplinare della PoliziaPenitenziaria.Si tocca un punto delicato con queste considerazioni, introducendo il tema della sostenibilità deltrattamento nelle nostre attuali istituzioni detentive, così per come si presentano in senso strutturalee per come si sviluppa l’intero campo dell’esecuzione di pena oggi nel nostro Paese, attraversato,così come sembra, da una sorta di corrente da ‘mobbing penitenziario della premialità’. E questeconsiderazioni critiche e dubbiose sulla valenza trattamentale dell’attuale esecuzione di pena,valgono solo per quella parte di soggetti detenuti che hanno le risorse per partecipare allo scambiopenitenziario. Non è questa la sede per enumerare tutte le condizioni congenite nel sistemasegregativo, tra sovraffollamento, carenza di personale civile, mancanza di formazione delpersonale, carenza del lavoro, spazi disagevoli e vetusti, che fanno di questo carcere uno dei luoghimeno funzionali al radicamento di interventi trattamentali. In particolare poi per quei soggetti,sempre più rappresentati nell’universo detentivo, che non potranno mai usufruire delle misurealternative in quanto privi di risorse socio-economiche e relazionali(il cosiddetto fenomeno dellabifurcation, come effetto collaterale dell’introduzione di innovazioni nel sistema penale, di cuiprofittano i meno deprivati)(Gatti,1996), e per i quali qualsiasi attività di osservazione si sostanziain un mero atto burocratico.Per coloro che hanno invece le risorse per partecipare allo scambio premiale spesso bisognaregistrare la pochezza dei contenuti e delle risorse trattamentali per i rei adulti sul territorio. Imagistrati di sorveglianza sempre di più si preoccupano di integrare i trattamenti extra-murari conprescrizioni di interventi rieducativi, finanche riparativi, ma difficilmente vengono attuati articolatiinterventi di trattamento. Così tali misure assumono sempre più il carattere di mere riduzioni dipena e di dislocazione delle funzioni disciplinari fuori dalle mura del carcere, affidate ai controllidelle forze dell’ordine e degli assistenti sociali ministeriali. In tal senso non si ha una realealternatività di queste misure ma un’effettiva strumentalità: “non ‘altro dal carcere’ ma ‘al postodel carcere’ (Piromalli, 2002). Questo mancato investimento sulla possibile portata trattamentaledelle misure alternative, le sta caratterizzando sempre più come ‘nuovo feudo carcerario’. Al di là diquello che offrono i Servizi sul territorio, che cosa ci si può aspettare in termini di competenze eoperatività, da un’area penale esterna che è sostenuta solo con un misero 2% circa delle risorsefinanziarie del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria? Anche in questo caso sembraessersi persa un’altra occasione di applicazione e adesione allo spirito della Riforma Penitenziaria!

Se queste sono le premesse, l’indicazione del legislatore sull’osservazione della personalità comemetodologia trattamentale appare difficilmente realizzabile. Inoltre diventa arduo il compito di chisostiene che non debba essere svalutata la funzione delle attività di osservazione e trattamento inambito detentivo. Eppure a conclusione di questa disamina si vuole dimostrare che unincoraggiamento e una valorizzazione delle opportunità risocializzative nell’ambito della penadetentiva, anche e proprio in senso precipuamente trattamentale, è non solo possibile ma per alcunecategorie di rei del tutto imprescindibile! Per giungere a questa conclusione dovremo fareriferimento al cosiddetto ‘mito del trattamento’ e al ritorno di modelli penali neo-retribuzionisti, maanche alla ripresa di fiducia nelle pratiche trattamentali, in alcuni Paesi europei e in Nord-America.E nel completare questo percorso si cercherà di meglio definire cosa si intende per trattamento,anche in considerazione delle risorse esistenti nel nostro Ordinamento e con la descrizione di un

11

recente intervento concreto di costruzione di un campo trattamentale ed osservativo in ambitodetentivo nel nostro Paese.

Si è parlato inizialmente di una concezione positivistica e patologicizzante della criminalità, comese si trattasse di un deficit o una malattia a cui corrispondono precisi e scientifici metodi di cura. Intal senso il trattamento rappresentava una grande novità nel campo della politica criminale eingaggiò gli specialisti delle scienze umane in pratiche e interventi dalle promesse virtùrigeneratrici. Fu proprio in quei Paesi dove si spinse all’estremo l’intervento rieducativo nella pena,con ingenti investimenti di fondi ed energie operative, con speranze e forti aspettative di risultato,che il disincanto produsse l’effetto di un immediato recupero delle logiche punitive retributive etariffarie. I primi importanti studi di valutazione dei programmi di trattamento, ovvero di quegliinterventi psico-sociali realizzati in carcere o in apposite strutture e finalizzati a rieducare ilcondannato, dimostrarono l’inefficacia di questi interventi. Lo studio più conosciuto e che generò iprimi mutamenti della politica criminale USA, fu l’analisi di Martinson(1974) dei risultati di 286studi di valutazione dei programmi di trattamento, da dove emergeva il basso effetto di questi sullarecidiva. La sintesi suggestiva del suo lavoro fu riassunta così: “What’s work?Nothing works”.Altre analoghe ricerche hanno dimostrato come gli effetti positivi sulla personalità non sempresiano correlati con la diminuzione della recidiva(Lipsey, 1992). Si aprì un lungo periodo dopo glianni ’70 di disinvestimento del Pubblico nel settore della pena risocializzativa e si affermarono inmodo egemone concezioni contrarie al trattamento, considerato come un mito e inefficace.Fu solo verso l’inizio degli anni ’90 che riemersero nuove posizioni, di ottimismo realista, sospinteda studi valutativi che evidenziavano in certe condizioni come la recidiva si riducesse(Palmer,1992)in seguito a programmi di trattamento sui condannati. Già nel 1979 Gendreau e Ross, sullascorta di 95 ricerche empiriche, dimostrarono il successo dei trattamenti, dove l’86% delle personeche vi partecipavano avevano ridotto la recidiva dal 30% al 60%(basti pensare che Martinsonconsiderava un successo una riduzione del tasso di recidiva del 20%). Gli interventi psicosociali eterapeutici realizzati nelle carceri ottengono le prime valutazioni positive e Lösel(1992) parlerà diuna “leggera brezza”, che inizia a sostenere “il vascello del trattamento”.Uno psichiatra francese, Claude Balier(1995), ha iniziato a lavorare con la sua equipe all’internodelle sezioni del carcere di Varces, con un programma trattamentale di impostazione psicodinamica,per il recupero dei rei violenti e sessualmente violenti. Egli, a differenza di molti che sostengono ilcontrario, ritiene che il contesto carcerario non costituisca un ostacolo alla terapia di certi soggetti,proprio grazie alla solidità e alla sicurezza dell’ambiente penitenziario e del suo aspetto contenitivo,dove segnala “evoluzioni persino spettacolari nel funzionamento del paziente”.In senso analogo una ricerca criminologica dell’Università di Oxford valuta positivamente irisultati ottenuti dal carcere di Grendon, un Istituto detentivo organizzato secondo i caratteri dellacomunità terapeutica, che ospita detenuti con disturbi di personalità e psicopatici(Genders e Player,1995). Il nuovo atteggiamento positivo nei confronti del trattamento è dovuto anche al raffinarsidelle tecniche di valutazione e al collegamento di queste ricerche con le tecniche immediate diriduzione della recidiva, per misurarne gli effetti anche nel tempo, con l’impiego delle sopradescritte scale attuariali. Gatti(1996) cita uno studio di Lösel(1993) effettuato integrando 500ricerche, dove si dimostra che l’ampiezza dell’effetto globale dei programmi di trattamento sarebbedi circa 10, ovvero ad un tasso di recidiva del 55% di un gruppo di controllo corrisponderebbe un45% di recidiva nel gruppo trattato.Saranno soprattutto i programmi canadesi e statunitensi per il trattamento degli autori di reatisessuali ad incrementare gli studi di valutazione negli anni ’90, con il fattore recidiva come standardvalutativo. Tali programmi sono basati su trattamenti cognitivo-comportamentali, che alle tecnicheindividuali di contro-condizionamento avversivo integrano delle terapie di gruppo per ridurre ledistorsioni cognitive ed incrementare le abilità sociali dei rei sessuali.Lo sviluppo di questi interventi trattamentali rieducativi a valenza ‘securitaria’ ha introdottonell’esecuzione penale di quei Paesi delle rigorose procedure di osservazione del condannatoall’inizio della propria pena, effettuabili in apposite sezioni o Istituti in cui si concentrano le attivitàdi osservazione, che oltre al contributo dei clinici si avvalgono della testistica attuariale e proiettivae di specifiche osservazioni quotidiane del comportamento nelle interazioni del detenuto. Il fatto

12

che nelle carceri USA vi siano oggi circa 2.500 progetti di questo tipo e in quelle canadesi unaquarantina, dimostra che il semplicistico slogan del “nothing works” non può più essere accettato eche ci si deve orientare a ricercare i contesti, i modi e le condizioni per cui questi interventi sirivelano efficaci, in questi casi nel recupero dei rei sessuali ad una diversa qualità della propria vitarelazionale e sessuale e nell’evitare ulteriori vittimizzazioni, riducendo le recidive.Questa rapida panoramica ci permette di specificare come anche nel nostro Paese gli interventitrattamentali possano essere efficaci nei confronti di certe tipologie di rei. Si fa riferimento inparticolare a coloro che agiscono condotte lesive e violente, connotate da un grave grado didannosità e vittimizzazione, e spesso agite come esito di sintomatologia di tipo psicopatologico, chesenza inficiare le loro capacità mentali e volitive, dunque senza ridurne la responsabilità,comportano per chi le compie una condizione di vulnerabilità, che non può essere certo affrontatacon una risposta meramente punitivo-retributiva e di ibernazione penitenziaria(Giulini,Vassalli, DiMauro, 2003). Proprio su questo tipo di soggetti l’osservazione scientifica della personalità si rivelatanto più complessa, lacunosa ed incerta quanto più necessaria per fornire al giudice dei parametridi valutazione della pericolosità.Ponti già nel 1963 sgombrava il campo degli interventi di osservazione e trattamento,considerandoli inutili per quei detenuti condannati perché non ‘diseducati’, riferendosi ai reatiscaturiti in condizioni emotigene eccezionali, oppure per coloro per i quali si tratterebbe di fatichesprecate in quanto ‘ineducabili’, ad esempio certa criminalità organizzata o di tipo mafioso.Si tratta insomma di circoscrivere la complessità dell’analisi e delle sfide delle attività diosservazione e trattamento a tipologie di rei che richiederebbero una presa in carico al di là e oltre lapena per la loro personalità problematica e vulnerabile e per le esigenze di difesa sociale. Percostoro i passaggi della premialità e la concessione di misure trattamentali extra-murarie senza deiprecisi percorsi trattamentali di tipo detentivo, che troverebbero maggiore efficacia e funzionalitànell’elemento della coattività, rappresenterebbe un ‘salto nel vuoto’. Per gli autori dei reati sessuali,dei reati violenti, per taluni soggetti perversi e psicopatici, per alcuni rei tossicodipendenti, non soloin termini di difesa sociale, è sicuramente più efficace un recupero e un trattamento nel corso eall’interno della pena detentiva, attraverso la predisposizione di interventi che vadano aprecostituire un“campo trattamentale”, al quale il soggetto accede attraverso delle levemotivazionali che lo responsabilizzano nella sottoscrizione di un patto trattamentale. In tal modo siconfigura un luogo dedicato a interventi intensificati di tipo multidisciplinare e caratterizzato dacondizioni di detenzione improntate al rispetto della dignità del singolo e alla sicurezza, con unelevato grado di autonomia di movimento e di gestione che permetta agli operatori di svolgereanche una più efficace osservazione sulle dinamiche relazionali e comportamentali del singolo nellacomunità.La possibilità di effettuare un’approfondita valutazione delle caratteristiche individuali delcondannato e degli eventuali interventi trattamentali mirati è prevista dal legislatore con laprevisione dei Centri di Osservazione, che “sono costituiti come istituti autonomi o come sezioni dialtri istituti..” e “svolgono direttamente le attività di osservazione indicate nell’articolo13...,altresì, attività di ricerca scientifica”(art.63 O.P.). Nel secondo comma dell’articolo 28 delregolamento di esecuzione del 2000 si prevede la possibilità di assegnare “...i soggetti daosservare...” ai Centri di Osservazione “...quando si ravvisa la necessità di procedere a particolariapprofondimenti...”.Il nostro Ordinamento Penitenziario prevede inoltre la possibilità di predisporre un’esecuzione dipena che tenga conto delle diverse condizioni ed esigenze dei condannati e che si caratterizziottimizzando gli interventi, sia osservativi che di trattamento, attraverso il principio della“differenziazione penitenziaria”. “I singoli Istituti devono essere organizzati con caratteristichedifferenziate in relazione...alle necessità di trattamento individuale o di gruppo ...” dei detenuti(art.64 O.P. ). In seguito col D.P.R. 230/2000, al punto 4 dell’art.30 si specifica che “per l’assegnazionedefinitiva dei condannati...si ha riguardo alla corrispondenza fra le indicazioni del trattamentocontenute nel programma individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli Istituti ai sensidell’articolo 115”.Dopo aver dimostrato, con la rassegna degli strumenti testistici di valutazione, il basso coefficientedi oggettività della nostra attività di osservazione e l’eccessiva fiducia nell’intuito clinico, si deve

13

anche constatare che la mancata applicazione di queste disposizioni dell’Ordinamento Penitenziariorende la nostra operatività monca proprio in senso strutturale e organizzativo, e spiega la carenzatotale di approfondimenti conoscitivi attraverso la ricerca criminologica.Ispirandosi a queste norme dell’Ordinamento Penitenziario(art.115 DPR 230/2000) si è ideato eavviato nel 2005, presso la Casa di reclusione di Milano-Bollate uno specifico interventotrattamentale “intensificato” per autori di reati sessuali, esperienza che qui riportiamo al fine dichiarire ulteriormente la complessità e la sfida delle attività di osservazione e trattamento, sia peruna migliore conoscibilità dei soggetti trattati che per la possibilità di incidere sul cambiamento delloro comportamento e sull’acquisizione di risorse personali funzionali al loro recupero sociale.Il progetto ricalca analoghi interventi trattamentali realizzati in Nord-America e in particolareaderisce al modello operativo dell’Istituto Pinel di Monréal, riferendosi all’art.115 del regolamentodi esecuzione del 2000, come previsione-quadro dell’intervento di trattamento intensificato:

Art. 115 D.P.R. 230/2000 Distribuzione dei detenuti ed internati negli istituti“In ciascuna regione è realizzato un sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologiedetentive… Per detenuti e internati di non rilevante pericolosità, per i quali risultino necessariinterventi trattamentali particolarmente significativi, possono essere attuati, in istituti autonomi oin sezioni di istituto, regimi a custodia attenuata, che assicurino un più ampio svolgimento delleattività trattamentali…I detenuti con patologie rilevanti psichiche e fisiche…possono essere assegnati ad istituti autonomio sezioni di istituto che assicurino un regime di trattamento intensificato.L’idoneità dei programmi di trattamento a perseguire le finalità della rieducazione è verificata conappropriati metodi di ricerca valutativa.Possono essere realizzati, per sezioni sufficientemente autonome di uno stesso istituto, tipidifferenziati di trattamento.”

Prima di descrivere sinteticamente la “Unità di Trattamento Intensificato per autori di reatisessuali”, è necessario sgombrare il campo da eventuali equivoci di tipo correzionalista especificare che cosa si intende per ‘trattamento’.Come ricorda Canepa(1981), i trattamenti penitenziari e l'introduzione in carcere dei clinici sonosolo inutili nelle attuali condizioni del contesto detentivo.Crediamo che la detenzione possa essere davvero funzionale ad un percorso di elaborazione criticae di sensibilizzazione alla cura per l'autore di violenza sessuale(Balier,1998), ribadiamol'importanza di adeguati strumenti formativi per gli operatori e di ben precisi programmitrattamentali, ma tutto ciò solo in un contesto di netta differenziazione penitenziaria, che consentacon alcune tipologie di detenuti un intervento e una presa in carico, “dove non solo le persone, maanche i luoghi facciano parte della cura” (Serra,1998).Si ritiene fondamentale precisare la necessità di affrontare questo argomento da un punto di vistacomprensivo, senza proporre soluzioni pre-confezionate, e neppure ricorrendo ad una "funzioneapostolica" dell'addetto alla riabilitazione. E ciò nel senso suggerito da Bandini e Gatti(1987),quando scrivono che il criminologo non è un agente della rieducazione e della conformizzazionebensì agente di mediazione e di comunicazione.I riferimenti alla necessità di pensare un intervento nei confronti degli autori di reati sessuali nonsono un modo di voler inchiodare il detenuto al proprio delitto, né la riproposizione di modelli neo-correzionalistici. Si ha ben presente, come scrive Ciappi(1996), che "il rischio da paventare èquello di un diritto penale e penitenziario dove più di sanzionare un determinato comportamento,definito come reato, si indirizzi verso l'uomo per il suo modo di essere, in quanto presenti talunecaratteristiche".Il trattamento dei rei sessuali apre sfide complesse e molto delicate, dove può esservisovrapposizione parziale tra il campo medico e quello penale, nella ricerca degli interessi dellasocietà e del singolo. Proprio per questo forse è necessario stabilire con chiarezza il senso di nozionicome quella di trattamento. Qui si fa riferimento, come ricorda sempre Ciappi(1996), non ad unpostulato etico, laddove la criminologia venga intesa come scienza della trasformazione dell'uomo,ma ad un concetto medico, secondo cui il detenuto diventi un vero e proprio partner nella richiestadi terapia, come soggetto volontario. In questa prospettiva il trattamento è inteso come un’offerta di

14

servizio(Ponti, 1998), che preferiamo definire di tipo pre-terapeutico e che non propone un oggettodi apprendimento, ma crea le condizioni favorevoli all'apprendimento(Gazan 1999).

Grazie a un finanziamento congiunto della Regione Lombardia e della Provincia di Milano dal mesedi maggio del 2005 è stato avviato a cura di una Associazione di professionisti del privato sociale(ilCentro Italiano per la Promozione della Mediazione), il primo progetto di trattamento penitenziarioin Italia per autori di reati sessuali, in una sezione apposita della Casa di Reclusione di Milano-Bollate.Il progetto in sintesi offre i seguenti servizi(vedi Appendice n°1):- Approfondita osservazione e valutazione psicodiagnostica- Trattamento specializzato- Ricerca e valutazione dei risultati- Insegnamento e formazione- Coordinamento del lavoro in rete con le agenzie interessate

Il progetto inizialmente si è rivolto ad un’utenza di aggressori sessuali adulti, condannati definitivi,che abbiano espresso un riconoscimento quanto ai fatti relativi al reato e alla propria problematicasessuale deviante, e presentino requisiti di trattabilità. L’intervento è gestito da un’equipepluridisciplinare e ha la durata di un anno e quattro mesi, per circa una ventina di utenti a modulo.Infatti il progetto prevede due fasi, o moduli, ed è denominato “Progetto di trattamento e presa incarico di autori di reati sessuali in Unità di Trattamento Intensificato e Sezione Attenuata”.La prima fase prevede un’iniziale intervento sulla negazione e la minimizzazione del reato e unapprofondimento della motivazione del detenuto al trattamento. A ciò consegue la stesura di un“Patto Trattamentale Individuale” che delinei da una parte l’impegno e le modalità di adesionedell’utente all’intervento e dall’altra definisca e precisi il contesto, gli strumenti e gli operatoriinerenti all’Unità di Trattamento Intensificato. Tale Patto costituisce infatti una contrattazione cherafforza la motivazione dell’utente, responsabilizzandolo con funzione di leva trattamentale e chedemarca i tempi e i termini degli elementi del trattamento.Il trattamento si svolge in una struttura dedicata e caratterizzata da un’attenzione alla sicurezza deiluoghi e della detenzione per i rei sessuali che devono trovare un contesto detentivo che consentaloro di smantellare rigidi meccanismi difensivi. L’edificio di detenzione è autonomo e separato dalresto del carcere. La qualità socio-relazionale della convivenza in Unità è assicurata da unadetenzione molto rispettosa dei diritti fondamentali del detenuto, con un’ampia libertà dimovimento nel reparto e la valorizzazione delle esperienze in comune dei detenuti. A ciò siaggiunga che la Polizia Penitenziaria ha una presenza assai discreta in reparto e i suoi operatorihanno aderito volontariamente all’assegnazione nell’Unità, e successivamente hanno intrapreso unpercorso di sensibilizzazione e formazione specifica. Inoltre è particolarmente curata la qualità delvitto e le celle sono tutte singole.In tal modo si costituisce un campo trattamentale che in quanto tale integra l’efficacia deitrattamenti, con la convinzione che anche i luoghi, e vale la pena ripeterlo, così come vengonostrutturati e preordinati, debbono far parte in modo integrante della cura.

Successivamente a questa fase cosiddetta ‘pre-trattamentale’, si sviluppa il programma ditrattamento vero e proprio. Gli aspetti e gli elementi del trattamento rivolti ai bisogni di venti utentiper ciascun modulo, che vengono approfonditi oltre in dettaglio(Appendice n°1), sono i seguenti:Ristrutturazione cognitiva e educazione alle abilità sociali. Modalità: attività di gruppo. Obiettivi:migliorare la competenza sociale e la stima di sé, diminuire l’isolamento, affrontare la problematicadel reato.Attivazione della comunicazione. Modalità: attività di gruppo. Obiettivi:migliorare le modalità dicomunicazione e di confrontoArteterapia. Modalità: attività di gruppo. Obiettivi: incrementare le possibilità espressive, disimbolizzazione e di creatività attraverso il disegno, la pittura, la lavorazione della creta e gliaffreschi muraliLaboratorio di Espressione e sensibilizzazione corporea. Modalità: attività di gruppo

15

Obiettivi:offrire la possibilità di esprimere attraverso il gesto e l’azione l’emotività.Gestione pacifica dei conflitti. Modalità: attività di gruppo, giochi di ruolo e visione di filmObiettivi: Gestione dello stress e della collera, identificare le fonti di stress e collera, identificaremodi di gestione appropriati.Prevenzione della recidiva (vedi appendice n°2) Modalità: attività di gruppo. Trattasi di tecnicaterapeutica specifica di tipo cognitivo-educativo mirata a ridare un senso non solo alla catena diaggressioni sessuali e alla catena del delitto ma anche alle scelte di vita dell’aggressore. Il modellodi prevenzione della ricaduta non attua interventi di modificazione degli schemi sessuali devianti,specifici delle terapie avversive-comportamentiste, bensì si incentra sull’individuazione deiprecursori dell’atto deviante, della catena degli eventi e delle situazioni a rischio. Nel far ciò siprocede ad un automonitoraggio continuo di pensieri, fantasie e impulsi antecedenti e conseguentiall’abuso. Obiettivi: identificare il ciclo di aggressione e i segni precursori di un passaggio all’atto,identificare e verificare le strategie di evitamento appropriate per ciascuna delle tappe del ciclo.Colloqui individuali focalizzati Modalità: attività individuale. Obiettivi: offrire un contesto dilavoro fortemente finalizzato su una tematica e offrire una alternativa per gli utenti che presentinoconflitti intrapsichici non affrontabili in gruppo ed eventuale trattamento del trauma(effettuato conl’impiego di una recente tecnica di desensibilizzazione oculare, l’ E.M.D.R.) .

Il secondo modulo, o fase, prevedeva inizialmente la costituzione di una Sezione Attenuata, exart.115, 3° cpv, D.P.R. n.230/00, che consiste in un reparto di transito a ‘trattamento avanzato’(nonnecessariamente nello stesso Istituto dell’Unità di Trattamento Intensificato), finalizzatoall’ubicazione di soggetti dimessi dall’Unità di Trattamento Intensificato con esito positivo, incoabitazione con detenuti definitivi ‘comuni’, ovvero non rei sessuali, e nei confronti dei quali èprevista, in seguito alla valutazione degli operatori interni all’Istituto, la concessione dell’art.21 econ detenuti condannati “giovani-adulti” per i quali è prevista la predisposizione di un programmariabilitativo extramurario.Tale struttura trattamentale prevede un intervento limitato ad un periodo non superiore a mesi sei edè volta a minare i pregiudizi tipici della sottocultura carceraria, a causa dei quali questo tipospecifico di popolazione è sempre ubicato in sezioni protette, spesso isolate e senza contatti con glialtri detenuti e con un accesso limitato alle attività trattamentali comuni. In tal modo si faciliterebbeun loro percorso di riappropriazione dell’autostima e recupero delle abilità sociali, a fronte di unaresponsabilizzazione degli stessi nella gestione della propria vita detentiva.

Dopo l’esaurimento del primo intervento trattamentale intensificato nell’apposita Unità, ovverotrascorsi circa 12 mesi dall’inserimento dei primi 19 detenuti selezionati per il programma, sonostati inseriti nella Sezione Attenuata 11 detenuti, essendo gli altri dimessi dall’Unità in precedenzaper effetto dell’indulto(6), per concessione di misura alternativa(1) e per fine pena(1)Questa sezione, caratterizzata da un regime di custodia attenuata, tende a valorizzare i processi diautonomizzazione e responsabilizzazione dei singoli detenuti, i quali sono chiamati a gestire inprima persona l’organizzazione giornaliera della sezione stessa, disponendo di un’elevata libertà dimovimento e di una maggior possibilità di frequentazione e incontri con soggetti provenientidall’esterno.Degli otto detenuti scarcerati ben sette si sono recati spontaneamente presso un Servizio sulterritorio che prosegue la presa in carico specialistica dei rei sessuali con gruppi terapeuticicoordinati dagli stessi operatori dell’Unità detentiva di Bollate, per proseguire volontariamente iltrattamento.Attualmente dal mese di febbraio del 2007 nell’Unità sono stati trasferiti altri 24 detenutiprovenienti dalle ‘Sezioni protette’delle carceri lombarde per effettuare la nuova tornata ditrattamento, tra cui nove negatori totali, anche sulla scorta di pressioni in proposito da parte dellaMagistratura di Sorveglianza, che ha evidenziato la problematica dell’alto numero di accusati perquesti reati che si trincera dietro ad una negazione totale dei fatti per cui sono stati condannati.Ciò ha comportato alcuni mutamenti nello svolgimento del trattamento. I primi 19 detenuti chegiunsero in Unità nel settembre 2005 erano stati infatti selezionati a monte, nelle carceri diprovenienza, sulla base di un’approfondita valutazione psicodiagnostica con batterie testistiche e

16

colloqui clinici, tenuto conto che tra i criteri di ammissione al progetto veniva richiesta unriconoscimento minimo dei fatti oggetto di condanna.Siccome gli attuali ingressi prevedono anche l’ammissione al trattamento dei negatori, si è deciso dieffettuare nell’Unità una prima fase di tre mesi di valutazione psicodiagnostica e clinica, con lasottoscrizione del detenuto di un contratto con il quale dichiara la propria disponibilità ed impegnoa sottoporsi al periodo di valutazione. In questi primi tre mesi inoltre si è avviato il regolaresvolgimento del programma con l’effettuazione dei gruppi settimanali e con l’obbligo dipartecipazione per i detenuti negatori ad uno specifico gruppo sulla negazione del reato.E’ stata inoltre valutata l’ effettiva trattabilità dell’ individuo e il rischio di recidiva. I soggettidovevano possedere una buona conoscenza della lingua italiana ed un livello di Q.I. sufficiente; lapresenza di psicopatologie gravi (psicosi attiva) e di tossicodipendenza attiva erano criteri diesclusione. In questa prima fase di valutazione sono stati condotti colloqui clinici, psicodiagnosticie criminologici per la raccolta di informazioni preliminari e sono state somministrate due scaleattuariali, la STATIC – 99 e la Griglia di Valutazione della Negazione e Minimizzazione(McKibben-Dassylva-Aubut,1995). La griglia sul diniego è composta da quattro sotto-scale: i fattirelativi al delitto, la responsabilità in rapporto al reato, le conseguenze sulla vittima e la presenza diproblemi nella loro vita(vedi Appendice n°7). Tale strumento rappresenta una operazionalizzazioneinteressante del diniego, con la possibilità di utilizzarla per fornire dei criteri minimi di inserimentodi un soggetto in un programma trattamentale. Può anche essere impiegato come misura di verificadell’impatto trattamentale sulla negazione e la minimizzazione. In caso di esito positivo di questaprima fase, si procedeva al trasferimento del soggetto nella C.R. di Bollate e alla sottoscrizione del“Patto Trattamentale”, che dava ufficialmente inizio alla fase di trattamento intensivo.Prima dell’ inserimento in Unità, è stato approfondito l’ assessment individuale di ciascun detenuto,al fine di ottenere una descrizione valida ed esaustiva del funzionamento e dei tratti di personalità edi poter fare un’ eventuale diagnosi secondo il DSM-IV-TR, in vista della pianificazionepersonalizzata dell’ intervento. La fase di raccolta anamnestica è stata integrata da una batteriapsicometrica, composta da diversi strumenti.Il progetto, inizialmente era dunque rivolto ad un’utenza di aggressori sessuali adulti, condannati invia definitiva, che avevano espresso un riconoscimento quanto ai fatti relativi al reato e alla propriaproblematica sessuale deviante. Successivamente, come già scritto, sono stati ammessi all’Unitàanche soggetti negatori totali, che presentano requisiti di trattabilità. L’inserimento dei detenutinell’Unità è preceduto da una fase di selezione nei reparti ‘protetti’ degli altri carceri diprovenienza, sulla base di valutazioni criminologiche cliniche e psicodiagnostiche del soggetto chesi dichiara interessato ad aderire al progetto trattamentale.In una seconda fase, quando si è riconosciuta l’importanza di inserire rei sessuali negatori, che sonomolto frequenti tra questa tipologia di rei, si è predisposto un periodo di tre mesi tutti dedicatiall’attività di osservazione e di valutazione attraverso vari strumenti testistici, sia di livello cheproiettivi e attuariali. I detenuti negatori in questo primo periodo avevano l’obbligo di effettuare ungruppo specifico sulla negazione.Dopo i tre primi mesi di valutazione vengono selezionati i detenuti considerati in grado, per lamotivazione e le risorse personali, di proseguire il trattamento. Gli altri detenuti vengono rimandatiagli Istituti di provenienza. Coloro che rimangono nel progetto devono sottoscrivere dei contratti dipartecipazione e adesione ai gruppi trattamentali, impegnandosi all’obbligo della frequenza(vediAppendice n°2). In tal modo essi sottoscrivono col contratto anche le finalità di questo loro lavoronei gruppi.A partire da questo momento si sviluppa il programma di trattamento vero e proprio. Gli elementidel trattamento consistono in attività di gruppo, tra le quali si sviluppa un intervento specifico sulla‘prevenzione della recidiva’.

Dalla descrizione che segue dell’attività psicodiagnostica nell’Unità, si può cogliere l’importanza ela delicatezza dell’osservazione del detenuto, in funzione della più approfondita conoscenzapossibile della personalità del ristretto. Gli strumenti testistici e psicodiagnostici impiegati nella fasevalutativa e osservativa sono i seguenti:

17

Test di Rorschach: un test proiettivo, analizzato secondo il Sistema Comprensivo di Exner, chefornisce alcuni indici di rilevanza clinica quali il potenziale suicidario, gli indici di psicopatologia, illivello di tenuta dell’ esame di realtà, la presenza di attività immaginativa distorta, la capacità dicontrollo e tolleranza dello stress, l’ indice di contenuti traumatici nelle risposte, la presenza didissociazione.Blacky Pictures: un test narrativo valutato secondo la griglia delle emozioni di Mansutti e Patti(2005) che rileva la qualità dell’ attaccamento e delle relazioni, il grado di riconoscimento delleemozioni , la qualità delle identificazioni e la presenza di dissociazione.WAIS-R: una scala di intelligenza per la determinazione del Q.I. e la valutazione delle funzionicognitive.Millon Clinical Multiaxial Inventory, MCMI-III: un questionario di personalità composto da 175items (in fase di validazione italiana) che dà indicazioni cliniche sullo stile di personalità e sullapresenza di disturbi acuti e cronici.Symptom Checklist, SCL-90: un inventario di 90 items (sintomi) che, elaborati attraverso ilcomputer, possono indicare elevazioni significative in una o più scale.Toronto Alexythimia Scale, TAS-20: un questionario composto da 20 items che misura il livello diconsapevolezza e il grado di riconoscimento delle emozioni (in fase di validazione italiana).Scala di Appartenenza e Condivisione, SAC: un questionario sviluppato dal Terzo Centro diPsicoterapia Cognitiva di Roma, composto da 90 items, che misura il livello delle capacità cognitiveed emotive necessarie per partecipare in modo efficace e soddisfacente ad una situazione gruppale(appartenenza) o duale (condivisione).Coping Inventory of Stressful Situations, CISS: un questionario di 48 items in corso di validazioneper l’ Italia che misura la modalità preferenziale di coping nelle situazioni stressanti.Scale di Bumby: due scale che registrano le credenze pedofiliche e quelle sullo stupro (Bumby-Rape), i cui items sono scale Likert a 4 punti. Non hanno un valore cutoff, ma le risposte vengonousate come spunto di discussione nei gruppi.Psychopathy Checklist, PCL-R: l’intervista strutturata introdotta da Hare per la diagnosi dellapsicopatia già decritta sopra

Gli autori di reati sessuali presentano spesso funzionamenti di personalità e disturbi psicologiciassai diversi tra loro. La criminologia clinica classifica infatti i soggetti sulla base del reatocommesso, ma dietro lo stesso crimine ci sono quadri personologici e psicopatologici differenti.In accordo anche con la letteratura internazionale, si possono tuttavia delineare alcuni aspetticomuni a tutti gli aggressori sessuali, come deficit di relazione, deficit nella capacità di empatia,presenza di distorsioni cognitive, uso dei meccanismi di negazione e minimizzazione relativamenteal reato; ci sono poi aspetti rispetto ai quali, invece, si riscontrano differenze e variabilitàindividuale, quali il livello di compromissione dell’ esame di realtà, la presenza di eventi traumaticiin anamnesi, la qualità, intensità e capacità di controllo delle emozioni, il livello intellettuale.In generale gli interventi psicologici volti ad ottenere cambiamenti evolutivi della personalità edella condotta tendono a procedere su due livelli diversi: da una parte il trattamento diretto deifunzionamenti e dei processi psichici e comportamentali più strettamente correlati all’ azioneviolenta, per lo più interventi di tipo comportamentale indicati soprattutto nella cura dei disturbicompulsivi; dall’ altra il trattamento delle dinamiche psicologiche profonde, non immediatamenteconnesse al comportamento delittuoso, ovvero tecniche psicoterapeutiche psicodinamiche ecognitive, sia individuali che di gruppo, indicate per quei soggetti in cui il comportamento sessualedeviante non è riconducibile ad aspetti compulsivi ma ad una struttura deviante precoce dellapersonalità.In entrambi i tipi di interventi ci si può avvalere di un supporto psicofarmacologico. Sono frequentii casi in cui l’ aggressività sessuale è l’ epifenomeno di una patologia mentale di Asse I o Asse II; inquesti casi l’ intervento farmacologico ha un fine prevalentemente contenitivo dei sintomipsichiatrici (ad esempio ansia, disturbi dell’ umore, episodi psicotici) che possono interferire ecompromettere il lavoro terapeutico.

18

Il setting del trattamento consiste prevalentemente nella terapia di gruppo; una modalità di lavoroche offre opportunità di apprendimento indiretto, di confronto, crescita e sostegno reciproco. Lapartecipazione ai gruppi è obbligatoria e regolata da un contratto firmato dal soggetto, nel qualesono specificati gli obiettivi del gruppo, le regole e i metodi del lavoro in esso svolto. Lasottoscrizione di un contratto è al tempo stesso per l’ individuo una richiesta di impegno eresponsabilità ed una dimostrazione di fiducia nelle sue possibilità e potenzialità; sancisce una sortadi “alleanza” tra operatori e detenuto. La definizione dei modi, tempi e contenuti costituisce lacornice entro cui stare durante il lavoro in gruppo.Il soggetto non può essere un recettore passivo dei contenuti del trattamento, ma deve impegnarsi inuna partecipazione attiva e positiva ed essere disponibile al dialogo e allo scambio, in modo tale datrarre benefici e miglioramenti non solo relativi ai contenuti del lavoro svolto nei gruppi, ma utilianche nello sviluppo di nuove capacità, dell’ auto-consapevolezza e della fiducia in sé (Bandura,1989). Il gruppo è un potentissimo moltiplicatore dei processi di maturazione, sfrutta le interazionitra i partecipanti ed è caratterizzato da un’ elevata dinamicità.

Il trattamento prevede l’ integrazione di diversi moduli, non tutti specificatamente legati al reatosessuale, che nell’ insieme hanno lo scopo di prevenire la recidiva anche attraverso unmiglioramento della qualità e dello stile di vita del soggetto; infatti “i delinquenti sessuali sono alleprese con delle difficoltà che toccano diverse sfere della loro vita, e ciò in modo cronico. Propriocome in ben altre patologie, come l 'alcoolismo o il diabete per esempio, dove non si haguarigione, ma ciononostante delle remissioni. Il delinquente sessuale non deve mai considerarsi alriparo da una caduta o ricaduta. Deve imparare a gestire la sua patologia sessuale ed anche amigliorare la sua qualità della vita. Dovrà accettare certi handicap e soprattutto stendere il luttosulla sua onnipotenza”( J. Aubut,1993).Non vi è dunque alcuna pretesa di guarigione definitiva e duratura; il trattamento è concepito comel’ offerta per l’ individuo di una possibilità di comprendere, ridefinire e quindi modificare ilsignificato finora dato alla propria esistenza, una opportunità di rielaborare il proprio reato e capirnefino in fondo le dinamiche e le conseguenze.

Alla fine dei tre mesi di valutazione si è proceduto alla selezione dei detenuti per la prosecuzionedel progetto. I detenuti selezionati confermano il proprio impegno nel trattamento con lasottoscrizione di quei contratti trattamentali di adesione ai gruppi acui si è già fatto riferimento(vediAppendice n°2). Tra i detenuti negatori sette hanno modificato la loro versione dei fatti, seppurancora con difese minimizzanti, passando dal diniego totale, a cui si erano alleati nel tempo amici eparenti del reo, ad una versione di piena ammissione sui fatti sessuali devianti oggetto dellacondanna.

La strutturazione di un programma trattamentale articolato è stata resa possibile soprattutto graziealla multiprofessionalità che caratterizza l’equipe, nella quale sono stati inseriti saperi e metodidifferenti, in un’ ottica di integrazione costante e arricchimento del know how. Il gruppo di lavoro,composto da due criminologi, tre psicologi psicoterapeuti, due educatori, uno psichiatra,un’arteterapeuta e tre psicologi psicodiagnosti, si riunisce infatti in una riunione interna ogni duesettimane, per avere un’ opportunità di confronto e discussione sia sui singoli casi che sull’andamento del progetto, creando anche uno spazio per i singoli professionisti in cui esporre eaffrontare eventuali dubbi o problemi.Il calendario che regola l’ organizzazione settimanale dell’ Unità, consegnato a tutti i detenuti,comprende tutte le attività del programma e deve essere puntualmente rispettato sia dagli operatoriche dagli utenti, nella convinzione che un aspetto fondamentale per la riuscita del trattamento sianola concentrazione e la continuità degli interventi.L’ attività è centrata su tre gruppi socio-educativi a cui sono stati affiancati altri tipi di interventi,come colloqui psicologici e criminologici individuali di approfondimento e altre attività di tipomotorio, creativo ed espressivo, al fine di rendere il trattamento più completo ed efficace possibile,tenendo soprattutto conto della variabilità individuale e della eterogeneità delle problematiche edeibisogni dei rei sessuali. E’ stato spesso utilizzato l’ ausilio di materiale audiovisivo all’interno dei

19

lavori di gruppo, come proiezione di film o documentari il cui contenuto trattava principalmentetemi connessi alla violenza, l’ aggressione sessuale, la vittimizzazione. Questo al fine di fornirespunti di riflessione e opportunità di elaborazione rispetto agli argomenti in questione e alla propriavicenda personale.Oltre all’attività di osservazione delle dinamiche relazionali e comportamentali nel reparto ilprogetto confida molto nelle valutazioni psicodiagnostiche che, come si è visto, si avvalgono di testproiettivi, di livello e attuariali. Nella fase immediatamente precedente alle dimissioni dall’Unità,gli psicodiagnosti procedono ai re-test del test proiettivo di Rorshach, per evidenziare gli aspettidella personalità che hanno eventualmente comportato dei mutamenti nel corso del programma.Ma altre due importanti attività di verifica e diagnosi sono attivate durante il corso del trattamento,la RAF (Rapporto sull’ Attività Fantasmatica) e la REVO (Rapporto di Equipe sulle VariabiliOsservabili), due strumenti ottenuti dall’ adattamento italiano di quelli usati presso l’ Istituto Pineldi Monréal.La RAF consiste in un questionario computerizzato che ciascun detenuto deve compilare ognigiorno alla stessa ora. Le domande riguardano gli eventi stressanti, le emozioni negative ad essicollegate e le fantasie sessuali (divise in normali e devianti) che conseguono. Questo monitoraggiodell’attività fantasmatica sessuale deviante ha lo scopo di verificare l’ efficacia e i risultati deltrattamento, sia per una restituzione individuale e personale al soggetto, sia per una valutazioneinterna del progetto, che per un’ attività di ricerca.La REVO è uno strumento informatizzato per la valutazione di ogni singolo detenuto secondo 5variabili. Tutti gli operatori ogni due mesi valutano ogni detenuto secondo le variabili, ognuna dellequali ha 5 livelli

1) adesione alle regole dell’unità2) richiesta d’aiuto3) controllo della collera4) tecniche di abilità sociale di base5) responsabilità di fronte al proprio reato e ciclo dell’aggressione

Si tratta della prima applicazione in Italia di uno strumento di valutazione e di osservazione diequipe terapeutica in ambito comunitario.

Il fine del trattamento è quello di diminuire la probabilità di recidiva, anche attraverso l’identificazione delle fantasie sessuali devianti e dei “campanelli di allarme” che precedono l’ eventocriminale, lo sviluppo di strategie di coping e gestione dello stress e della collera più adatte edefficaci, il training di abilità e competenze sociali e la correzione di distorsioni cognitive.Tale progetto prevede anche, come sopra ricordato, un’iniziale sensibilizzazione del personale diPolizia Penitenziaria, e la supervisione di Istituti Universitari e di cura del Belgio(Università diLiegi, Istituto di Psicologia clinica) e del Québec(Istituto Pinel di Monréal), che da anni hannosviluppato questi interventi trattamentali.

Si tratta dunque della prima risorsa trattamentale specifica nel nostro Paese, con lo scopo di operarein stretta connessione con i Tribunali e le Procure e le principali istituzioni pubbliche e del privatosociale deputate alla tutela dell’infanzia e alla prevenzione degli abusi sessuali, andando a definireun contesto completo della presa in carico degli autori di reati sessuali, ispirato a quei dispositivi dilavoro e di intervento integrato in rete per la cura e l’assistenza alle vittime, che sono già attivi inmolti Paesi europei.Infatti con una convenzione tra un Servizio del Comune di Milano, il Centro per la MediazioneSociale e Penale, e l’UEPE di Milano-Lodi, la presa in carico dei condannati per reati sessualiprosegue sul territorio, dove al Centro vengono seguiti, per la prosecuzione dei gruppi terapeutici edei colloqui individuali, sia coloro che hanno usufruito del trattamento in carcere e che, o a finepena, anche volontariamente, o in misura alternativa, proseguono gli interventi, ma anche soggettiche accedono direttamente dalla misura alternativa, attraverso le prescrizioni della Magistratura diSorveglianza.Nell’ambito di questa attivazione di un campo trattamentale anche negli interventi terapeuticiall’esterno si prosegue con le attività di osservazione e con nuove verifiche cliniche e testistiche.

20

Con questo modello della presa in carico del reo sessuale anche sull’esterno si ha una maggioreconoscibilità sui meccanismi più connessi ad un’eventuale rischio di condotte impulsive erecidivanti. Proprio nel corso della applicazione di queste nuove prassi operative, in connessionecon i Servizi Sociali ministeriali e i Tribunali di Sorveglianza afferenti all’area di operatività,riteniamo interessante citare un precedente importante, che può diventare un ulteriore sviluppo delcoordinamento delle attività di osservazione e trattamentali nell’ambito della pena ma anche oltrealla pena.

Ci si riferisce al caso di un condannato alla pena di 7 anni di reclusione per reati sessuali su minori,fatti commessi dal 1985 al 1996 pena confluita in un provvedimento di cumulo di peneconcorrenti(condanne per detenzioni di armi, fatti del 1997)di anni 6 e mesi 4 di reclusioni. La penaveniva espiata dal 26/7/2002 e nel settembre del 2005 il detenuto veniva trasferito nell’Unità diTrattamento Intensificato, dove effettuava il programma di trattamento e il 9/11/2006 il Tribunale diSorveglianza di Milano concedeva la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, con laprescrizione di frequentare i gruppi trattamentali settimanali per autori di reati sessuali presso ilCentro per la Mediazione Sociale e Penale del Comune di Milano, dove operano gli stessiprofessionisti che intervengono nell’Unità detentiva di Bollate. La misura si concludeva il 17/1/2007.Successivamente, all’esito della misura, il Magistrato di Sorveglianza disporrà d’ufficio ex art.205secondo comma n.1 C.P., il riesame della pericolosità sociale. E’ interessante riportare lamotivazione con cui il Magistrato di Sorveglianza di Varese (19/9/2007) dispone che tale soggettosia sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il periodo di un anno, salvo riesame,in quanto consente di esplicitare una possibile modalità operativa nell’osservazione e trattamento dialcune categorie di rei, nell’interesse sia dei soggetti stessi che per ragioni di difesa sociale:“Il Tribunale di Sorveglianza concedeva la misura dell’affidamento in prova...sottolineando ilpercorso terapeutico specifico tra gli autori di reati sessuali compiuto dal Tizio nel corso delladetenzione presso al Casa di reclusione di Bollate. Nel corso del programma terapeutico lo stessoinfatti aveva ricostruito la propria personale esperienza di abusi subiti nel corso dell’infanzia,vissuta in Istituto, rivisitando criticamente i propri agiti devianti fino ad identificarsi con le vittimedei reati posti in essere. Il Tribunale di sorveglianza prescriveva pertanto la continuazione delsupporto terapeutico presso il Centro di mediazione di Milano...Dalla relazionedell’UEPE...redatta in sede conclusiva della misura dell’affidamento in prova...emerge che Tizioha adempiuto nel corso della misura alla prescrizione inerente ai contatti con il Centro dimediazione...Il suo impegno nella prosecuzione dell’attività terapeutica viene definito buono, maviene tuttavia evidenziato dagli operatori coinvolti(Servizio Sociale e operatori del Centro diMediazione Penale)la necessità di una prosecuzione di tale attività terapeutica, essendo ancoranecessario un lavoro di approfondimento e di rinforzo da effettuare per prevenire il rischio direcidiva. In particolare nella relazione psichiatrica si dà atto della scarsa consapevolezza delcondannato della psicodinamica del reato, di cui non coglie il collegamento in maniera stabile conl’impulso sessuale; viene ritenuto pertanto utile e necessario attuare un ulteriore approfondimentoin una prospettiva di prevenzione...Né le indicazioni promananti dai servizi coinvolti nel corsodella misura alternativa consentono di escludere un pericolo di recidiva tenuto conto delle riserveavanzate dagli operatori che hanno curato il percorso terapeutico. Il Tizio inoltre non dimostraconsapevolezza della propria condizione, e non ha proseguito ulteriormente i rapporti con ilCentro nonostante avesse dichiarato il contrario nel corso della misura...” Il Magistrato neldisporre la misura di sicurezza della libertà vigilata, tra le prescrizioni impone al soggetto diriprendere lo specifico percorso riabilitativo presso il Servizio specializzato.

Per concludere questa disamina delle problematiche dell’osservazione della personalità si evidenziacome la lettera del nostro Ordinamento Penitenziario sospinga le finalità rieducative della penaverso una fattibile concretizzazione, prevedendone gli istituti applicativi. La valorizzazione delcontesto detentivo in un carcere umanizzato, con l’offerta di adeguate leve trattamentali e lariduzione della conflittualità tra soggetti sanzionati e istituzione, può creare un clima di lavoro chefaccia vivere l’esperienza dell’esecuzione di pena come un’occasione evolutiva per la persona, in

21

particolare nell’affrontare quegli aspetti personali relazionali disfunzionali che hanno condotto ilreo alle scelte devianti.Si delinea in questo modo un’istituzione detentiva che si modelli come risorsa per il detenuto, dovele attività di osservazione e trattamento non diventano scorciatoie strumentalizzabili con le stessemodalità e spinte devianti, ma occasione di riflessione accompagnata in un possibile percorso dialleanza diagnostica tra operatore e detenuto. L’esecuzione di pena deve per questo adempiereall’individualizzazione del trattamento, grazie ad una mirata osservazione in un contesto adeguatoed alla realizzazione della differenziazione penitenziaria, favorendo processi diresponsabilizzazione e autonomia dei condannati negli Istituti.Sembra andare in questa direzione il recentissimo Progetto di legge sull’Ordinamento PenitenziarioMinorile, a cura del Dipartimento Giustizia Minorile(2007), quando introduce con l’art.7,nell’ambito di una differenziazione degli istituti detentivi, l’Istituto penale per giovani adulti. Talestruttura dovrebbe accogliere giovani adulti, rei da minori, che abbiano compiuto i diciotto anni enon superato i venticinque, ed è concepita come istituto di secondo livello e a custodia attenuata.Tra le sue funzioni è esplicitamente prevista la sperimentazione di “nuove modalità di trattamentoin relazione al reato commesso e alla durata della pena, avendo particolare riguardo alleproblematiche relative ai reati commessi da bande giovanili, di criminalità organizzata o di tipomafioso, nonché agli interventi terapeutici rivolti ai ristretti che abbiano commesso reati diviolenza sessule”.Queste considerazioni sono state alla base dell’intervento specifico sui rei sessuali qui riportate, marischiano di rimanere chimere se la complessiva architettura della premialità resta così‘giurisdizionalizzata’ e troppo legata ad uno scambio che attiva solo logiche regressive e togliesenso ad ogni esperienza trattamentale in detenzione. Per molti rei infatti, in particolare i violenti e irei sessuali, ma anche coloro che hanno gravi e complessi disturbi di personalità, lo stato diprivazione e di coattività in cui si trovano in carcere può costituire un adeguato presupposto dirottura dei linguaggi e dei riferimenti di azione acquisiti, “per aprire dentro di loro un processo diautoanalisi e un percorso di riorganizzazione e di adeguata riaffermazione del sé, altrimenti nonraggiungibile”(Mosconi, 2003).Riappropriarsi della funzione trattamentale della pena detentiva implica dunque una radicalerevisione dell’attuale assetto strutturale dell’esecuzione di pena e del peso eccessivo dello scambiopremiale(forse meno discrezionalità e più automatismi?), nella direzione di quella che Eligio Restadefinirebbe una “dimensione ecologica del diritto penale”, fuori dal codice della sopraffazione eviolenza e dalla dicotomia tra le parti sociali. Ciò implicherebbe un’intensificazione delle attività diosservazione nella direzione di interventi differenziati, ad esempio, come si è dimostrato, lapossibilità di prevedere articolati interventi di trattamento per la riduzione della recidiva per coloroche sono più a rischio, e per gli altri un ridimensionamento delle aspettative delle pratiche diosservazione e trattamento, con una maggiore attenzione alla tutela dei diritti del detenuto e allaqualità della vita quotidiana del recluso, dando spazio e attenzione ai suoi bisogni ed evitando inutilifrustrazioni e sofferenze. “La sofferenza si dice nobiliti: sospettiamo che possa nobilitare alcuni, igià magnanimi, i più li incattivisce, appunto.”(Merzagora, 2003).Questa per noi resta una strada obbligata, se si vuole evitare dietro alla deriva delle logiche e deirigurgiti securitari lo svilimento delle funzioni della pena in un ritorno neo-retribuzionistico che stagià dando segnali nel nostro Paese(per esempio la legge 251/2005, la cosiddetta legge “ex-Cirielli).In altre realtà del mondo, spesso anticipatorie di tendenze poi assorbite anche da noi, le risposteretribuzionistiche stanno raggiungendo degli eccessi che hanno portato a concepire la pena delcarcere a vita per un ladro due volte recidivo. Infatti negli USA, nel 1994 è stata promulgata lalegge chiamata “three strikes and you’re out”, (“tre sbagli e finisci fuori”), così battezzata persottolinearne il parallelismo con la regola del baseball che vuole che il battitore abbandoni il campodopo il terzo tentativo fallito di colpire la palla lanciata dall’avversario(Grande, 2007).Si ha sempre più la sensazione che oggi il sistema della risposta penale sia ad un bivio. La merarisposta retributiva rischia di essere troppo ancorata sul passato del reo e di produrre sterilicontrapposizioni tra chi giudica e chi delinque, tra coloro che devono essere protetti e coloro chevanno puniti. Nel riaffermare però la funzione rieducativa della pena è necessario superare lacentralità attuale delle logiche premiali, che assumono sempre più i connotati di un’erosione

22

indiscriminata del ‘quantum’ di pena, col rischio imminente di una perdita di credibilità degli sforzirisocializzativi, sempre sotto minaccia di scacco, e in tal caso lasciando via libera alle più primitivepulsioni securitarie neo-retribuzionistiche.Puntare sul trattamento e sulla qualità delle attività di osservazione in carcere, con maggiori risorseeconomiche a disposizione, con una radicale ridefinizione e ristrutturazione dell’intero nostrosistema penitenziario, ci consentirà di proseguire con coerenza e umanità sulla strada illuminatacidal Beccaria.

23

APPENDICE N.1

Descrizione più particolareggiata del Progetto della “Unità di Trattamento Intensificato perautori di reati sessuali”-C.R. di Milano-Bollate

Ispirandosi anche all’impianto delle nuove disposizioni normative vigenti, nel mese di marzo del2005 ha preso il via un primo progetto sperimentale di trattamento intensificato dei condannati perviolenza sessuale in carcere, grazie ad un finanziamento congiunto della Regione Lombardia e dellaProvincia di Milano. Il progetto è gestito da un’Associazione di professionisti del privato sociale esi svolge in un reparto a detenzione differenziata della Casa di Reclusione di Milano-Bollate, doveattualmente, nei tre primi anni di esecuzione del progetto, sono stati trasferiti una quarantina dicondannati provenienti dalle sezioni protette dei penitenziari lombardi, tra cui la metà circa sonoautori di reati sessuali ai danni di minori. L’equipe è a composizione multidisciplinare.Il progetto offre un servizio di trattamento specializzato, di apprendimento e formazione e di ricercae valutazione dei risultati.

Il progetto, inizialmente rivolto ad un’utenza di aggressori sessuali adulti, condannati in viadefinitiva, che abbiano espresso un riconoscimento quanto ai fatti relativi al reato e alla propriaproblematica sessuale deviante, è stato poi esteso anche a soggetti negatori totali, che presentinorequisiti di trattabilità. L’inserimento dei detenuti nell’Unità è preceduto da una fase di selezionenei reparti ‘protetti’ degli altri carceri di provenienza, sulla base di valutazioni criminologichecliniche e psicodiagnostiche del soggetto che si dichiara interessato ad aderire al progettotrattamentale.In una seconda fase, quando si è riconosciuta l’importanza di inserire rei sessuali negatori, che sonomolto frequenti, si è predisposto un periodo di tre mesi tutti dedicati all’attività di osservazione e divalutazione attraverso vari strumenti testistici, sia di livello che proiettivi e attuariali. I detenutinegatori in questo primo periodo effettuavano un gruppo specifico sulla negazione.Dopo i tre primi mesi di valutazione vengono selezionati i detenuti considerati in grado, per lamotivazione e le risorse personali, di proseguire il trattamento. Gli altri detenuti vengono rimandatiagli Istituti di provenienza. Coloro che rimangono nel progetto devono sottoscrivere dei contratti dipartecipazione e adesione ai gruppi trattamentali, impegnandosi all’obbligo della frequenza. In talmodo essi sottoscrivono col contratto anche le finalità di questo loro lavoro nei gruppi.A partire da questo momento si sviluppa il programma di trattamento vero e proprio. Gli elementidel trattamento consistono in attività di gruppo, tra le quali si sviluppa un intervento specifico sulla‘prevenzione della recidiva’.

L’Unità trattamentale è caratterizzata da un regime di custodia attenuata, che tende a valorizzare iprocessi di autonomizzazione e responsabilizzazione dei singoli detenuti, i quali sono chiamati agestire in prima persona l’organizzazione della giornata in detenzione, disponendo di un’elevatalibertà di movimento all’interno della Sezione e di una maggior possibilità di frequentazione eincontri con soggetti provenienti dall’esterno.

Il Progetto è istituito e supervisionato da Istituti Universitari e di cura del Québec(Istituto Pinel diMonréal) e del Belgio(Università di Liegi, Istituto di Psicologia clinica), che da anni hannosviluppato analoghi interventi trattamentali con detenuti autori di reati sessuali. Il progetto è oggetto

24

di valutazione da parte del Centro per la Ricerca delle Tecniche di Istruzione(Direttore Prof.ssaPaola Di Blasio), dell’Università Cattolica del “Sacro Cuore” di Milano

Qui di seguito viene descritta l’attività in Unità, che è distribuita nell’arco della settimana sulla basedi un calendario fisso e valido lungo tutta l’annualità:

1) Gruppo sulla comunicazione e abilità socialiGli autori di reati sessuali spesso hanno delle carenze specifiche, derivate dalla loro storiapersonale, che li portano a distorcere la realtà, a non saper regolare le proprie emozioni e leggerequelle altrui, a non tollerare le emozioni negative come frustrazione, rabbia, noia o solitudine, acercare subito uno sfogo alle emozioni positive come l’ eccitazione sessuale, a confondere intimitàe sessualità. In un’ enfasi posta sulla possibilità di cambiamento e miglioramento, il lavoro digruppo, la discussione e il confronto sono finalizzati all’ individuazione delle distorsioni cognitive ead una ristrutturazione delle stesse, allo sviluppo di una comunicazione efficace e di relazionicostruttive, ad un miglior controllo e gestione delle emozioni, con l’intento di favorire un migliorfunzionamento sociale. La difficoltà di relazione e di scambio con gli altri e con l’ ambiente, nonchèla poca stima di sé, sono sicuramente fattori scatenanti, coinvolti nell’ attuazione di condottedevianti; appare così utile, ai fini di prevenzione della recidiva, aumentare la competenza sociale emigliorare la qualità di vita di questi soggetti attraverso l’ insegnamento pianificato dicomportamenti adattivi e adeguati, di abilità comunicative e relazionali efficaci e di strategie dicoping alternative che essi potranno, una volta apprese, applicare nel quotidiano.

2) Gruppo sulla prevenzione della recidivaL’ obiettivo principale del trattamento è la prevenzione della ricaduta, attraverso una serie diinterventi integrati. Il modello al quale ci si riferisce ha una tradizione scientifica solida ed èapplicato anche ai disturbi alimentari, ai problemi di alcoolismo, di tossicodipendenza e al gioco d’azzardo compulsivo. Tale modello multifattoriale guarda al delitto sessuale come una rispostamaladattata ad una serie di eventi o agenti stressanti, risultante da un insieme di diversi fattoribiologici, psicologici, sociali e situazionali. Ognuna di queste variabili contribuisce alla attivazionedi una risposta comportamentale, l’ aggressione sessuale, che è il punto di arrivo di una catena dieventi specifici che la precedono, una serie di segnali premonitori, che il soggetto deve imparare ariconoscere e gestire. L’ approccio terapeutico è di tipo cognitivo-educativo ed è finalizzato aindividuare ed interpretare tale catena della condotta sessuale deviante e a favorire un migliorautocontrollo e gestione del Sè; l’individuo deve imparare a riconoscere le proprie areeproblematiche , la correlazione tra queste e le fantasie sessuali devianti e infine identificare lecircostanze ad alto rischio, legate alla commissione del reato. Temi centrali del lavoro sono anche imeccanismi di negazione e minimizzazione, che spesso gli autori di reati sessuali mettono in atto ascopo difensivo e che impediscono la presa di coscienza e l’elaborazione del reato, nonché l’assunzione di responsabilità. La componente gruppale di confronto e scambio mira a migliorare illivello di consapevolezza, a inculcare il senso del rischio e la possibilità della ricaduta, a ridurre leillusioni di onnipotenza.

3) Gruppo sulla gestione del conflittoLe condizioni di carcerazione determinano un “congelamento” della conflittualità, parte integrantedel reato secondo il processo di sessualizzazione del conflitto. Se tale dinamica non viene affrontatae risolta, si rischia una ripetizione del reato in situazioni analoghe dopo la scarcerazione. E’necessaria da parte del soggetto una presa di coscienza ed un’ elaborazione della dimensioneemotiva e relazionale insita nel conflitto e dei meccanismi di difesa disadattivi e primitivi, quali laproiezione e la negazione, ed una attivazione delle risorse personali per riconoscere ed affrontare lecause, le caratteristiche e le tipologie del conflitto, oltre che i contesti e i processi di trasformazionedella conflittualità. Il gruppo viene utilizzato come un campo comune, una risorsa conoscitiva eformativa, in cui osservare ed apprendere ad esprimere la propria emotività , soprattutto se negativae frustrante, in cui osservare e riconoscere il desideri e i vissuti dell’ altro e le conseguenze deipropri comportamenti. Lo scopo è quello di imparare a vivere i rapporti in reciprocità e rispetto,

25

aumentare la propria capacità di empatia e di negoziazione con gli altri, riconoscere il contestosituazionale ed emotivo in cui ci si trova e confronta.

4) EMDRTecnica introdotta da Shapiro nel 1989, significa Eye Movement Desensitization and Reprocessing,cioè Desensibilizzazione e Riprocessamento attraverso i Movimenti Oculari. Si tratta di unaprocedura impiegata soprattutto nel trattamento degli eventi traumatici e i disturbi psicologicicronici dovuti a eventi traumatici del passato (abbandoni, maltrattamenti, abusi sessuali). Vieneutilizzata una stimolazione di entrambi gli emisferi cerebrali attraverso input sensoriali, visivi oacustici, durante la quale il paziente deve prestare attenzione allo stimolo e contemporaneamenteripensare all' evento traumatico (target) e a tutte le sensazioni sgradevoli ad esso collegate. Ciòaiuta l' elaborazione dell' evento traumatico, la razionalizzazione del dato emotivo-sensoriale, chepermette di reinquadrarlo correttamente in un tempo passato, eliminando la sensazione di riviverlocostantemente cha causa stress e disagio. Questo tipo di intervento è molto efficace perché la durataè breve, la intrusività del terapeuta è limitata e non richiede la verbalizzazione del trauma, inpazienti ai quali il disturbo stesso causa l’ inibizione di alcune funzioni cognitive. L’ EMDR puòessere usato anche per altri problemi, tra cui la gestione del dolore e del lutto e le dipendenze (alcol,droghe, gioco d'azzardo). Nel progetto, la tecnica dell’ EMDR è stata impiegata sia per trattaredisturbi psicologici individuali (PTSD) sia per elaborare il reato ed i vissuti ad esso connessi,considerandoli nell’ insieme come target del trattamento.

5) Arte-terapiaL’ arte non è solo strumento di svago ma viene spesso usata come terapia per avviare un processo ditrasformazione, crescita personale e conoscenza di sé, come una possibilità per avvicinarsi ai proprisentimenti. L’ arte-terapia si serve quindi della creazione artistica per entrare nell’ inconscio dell’individuo e condurlo a un cambiamento positivo, a sviluppare un linguaggio simbolico che diaaccesso ai propri sentimenti per poterli rielaborare.Lo scopo è quello di partire dai propri ricordi, dolori, violenze e contraddizioni per farne ilmateriale di cammino personale. Lavorare su di sé, migliorando l’ espressività e la comunicazionenon verbale, aiuta a creare uno stato di benessere, a far cadere le maschere e i blocchi che ognuno dinoi possiede, ad abbandonare la superficialità. Ogni opera realizzata è lo specchio del mondointeriore e relazionale di chi l’ ha prodotta. L’ arte-terapia è indicata a chi ha problemi d'introspezione, difficoltà ad esprimere i propri problemi attraverso l’ uso della parola o a chi, alcontrario parla di sé senza mai andare in profondità. Facilita l’ attivazione della propria capacitàespressiva e comunicativa, scioglie alcuni blocchi emotivi e permette di mettersi in gioco in modoautentico e spontaneo. La creazione di un’ opera porta ad una rivalutazione di sé (D. Zaccaria,2006).

6) Attivazione delle competenze lavorativeUn ciclo di incontri finalizzati all’ introduzione al mondo del lavoro (ad esempio come preparare uncurriculum personale o attraverso quali canali cercare lavoro) e all’orientamento professionale. E’stato dedicato molto spazio anche all’ intervento di testimonianze esterne, ovvero momenti diincontro tra i detenuti e diverse figure professionali, chiamate a raccontare la propria esperienzalavorativa e descrivere le peculiarità del proprio ruolo. Si è cercato di far intervenire soprattuttoprofessionisti del sociale, come giudici, assistenti sociali, dirigenti di comunità, giornalisti, ovveropersone impegnate nel lavoro di tutela e assistenza alle vittime di reati, che potessero raccontare laloro attività e l’ incontro con la sofferenza e il vissuto emotivo di queste persone, al fine di favorireanche l’ empatia e la comprensione del dolore e del danno causati dalla vittimizzazione.

26

7) Gruppo sulla negazionePrevisione di un gruppo specifico nei primi tre mesi del Progetto, con frequenza settimanale (1h e½). Gruppo a partecipazione obbligatoria per i detenuti negatori, che nei primi tre mesi ovviamentenon effettuano il gruppo sulla recidiva.La modalità di conduzione non segue una tecnica specifica, ma alcuni principi comuni dellaconduzione dei gruppi.I conduttori mirano a creare un adeguato clima di confronto. Nel caso di un’Unità detentiva, adifferenza di gruppi di pazienti in altri contesti (non penale, in particolare) questo clima può essereanche attraversato da un certo grado di tensione e di fatica, poiché ci deve essere il richiamo alcontesto cioè al fatto che si sta scontando una pena per una vittimizzazione inflitta a qualcuno, cosache costituisce una delle ragioni principali della partecipazione al gruppo.Il confronto tra i partecipanti è reso possibile da conduttori che evitano di porsi sullo stesso piano edhanno come meta, pur cercando di ravvivare il dibattito di tanto in tanto, di permettere che lapossibilità di parlare circoli; i conduttori agevolano la circolazione del dibattito.Un fattore centrale nella conduzione è l’alternanza tra aspetti individuali, cioè propri al singoloindividuo, e aspetti gruppali, cioè comuni a tutti. Questa alternanza è naturale ed avvienespontaneamente nel gruppo, ma i conduttori a volte la utilizzano o vi si inseriscono; rimandandouna cosa detta dal singolo al gruppo, cioè rimarcando la natura comune al gruppo di quanto ilsingolo ha affermato; oppure per contro, isolando aspetti specifici.Per quanto concerne la negazione nello specifico quello che conta è la consegna iniziale. Iconduttori affermano ripetutamente che la negazione è una modalità normale per ogni reato; ognunonega qualcosa.Viene usata la metodologia del metaconfronto secondo le tradizionali strategie per le qualil’esposizione di un partecipante viene utilizzata come casus-esempio da tutto il gruppo e cheriguarda il gruppo(si ringrazia il partecipante per l’intervento perché fornisce uno spunto diriflessione//si impedisce in maniera convinta e decisa che si crei un dibattito del singolo contro ilgruppo, si invita cioè il gruppo a ragionare sul caso come esempio/// e partendo dall’esposizione odal caso specifico si sviluppano altri esempi che vengono trattati anche con role playing).I conduttori inoltre hanno cura - pur mantenendo un’atmosfera di serietà - di creare un clima nongiudicante che impedisce la formazione del timore di essere giudicati come mostri.

Una attenzione può essere dedicata agli aspetti psicodinamici del gruppo; primo fra tutti ilmeccanismo dell’attacco e del rifiuto che si trova così spesso in atto, così come è stato desuntodall'osservazione da W.R.Bion. Quando il gruppo è mosso da un atteggiamento di attacco o fuga,viene preso un utente come bersaglio (capro espiatorio); la persona viene attaccata, in seguito aragioni non razionali ma emotive, per ciò che rappresenta non per ciò che è, ma la vita fornisce cosìtanti elementi e spunti di critica che in realtà le persone si convincono di avere motivi razionali perl'attacco o per la fuga (rifiuto e allontamento). Un caso tipico in questo senso è quello dell'attacco alpedofilo e invece della valorizzazione del violentatore di persone adulte; questa gerarchia, chespesso si ripropone nella dinamica del gruppo, riproduce in realtà un analogo atteggiamentopreconcetto che si trova ovunque in ambito carcerario.

Si utilizza l’apparato di conoscenze della tradizione dell’Istituto Pinel, riferendo esplicitamente aquesta tradizione scientifica e a un movimento scientifico(anche supportato dalla visita periodicadel supervisore MC Kibben in Italia) per nominare in modo non giudicante le strategie di negazionee di minimizzazione e in generale i fattori di rischio. In questo modo si crea il luogo di un sapereche verte sul sex offender, e occupato da Andrè Mc Kibben, a cui gli operatori si riferisconoconsapevoli di non essere portatori di autonome conoscenze e tecniche operative.In questo modo i conduttori possono operare un intervento di intensa revisione critica senzadiventare colpevolizzanti e contribuendo alla costruzione del clima di fiducia e di lavoro.Inizialmente ai partecipanti viene chiesto di dare una loro versione del reato sulla quale tutto ilgruppo riflette. Gli altri partecipanti vengono invitati a riflettere su quanto viene detto.Vengono date anticipazioni sui contenuti del gruppo di prevenzione della recidiva perché alcuni diquesti possono servire come vie d’accesso allo smantellamento della negazione; queste

27

anticipazioni possono infatti essere utili per uscire dalla negazione.La formulazione della negazione in rapporto al reato viene ripresa in colloqui individuali specifici

caso per caso, con le seguenti tecniche:1) singoli comportamenti o reazioni avvenuti nel gruppo vengono ripresi per una riflessione ( es:

reazione di rabbia//abbandono di un gruppo)2) vengono riprese cose dette dal cliente come se l’operatore fosse stato incuriosito e chiedesse di

saperne di più3) in caso di negazione molto grave si cerca di creare alleanza ricostruendo aspetti su potenzialità

della persona, accogliendo la sofferenza e riconoscendo quanto è difficile ciò che è richiesto nelgruppo della negazione

4) quando la persone inizia a raccontare frammenti del reato nel gruppo si chiedonochiarificazioni leggendo un materiale sintetico sulla sentenza di condanna appositamentepreparato

Il gruppo sulla negazione è condotto da due operatori, uno psicologo e un criminologo, con l’aiutodi un peer support, ovvero un detenuto che ha partecipato al precedente programma trattamentalecon pregressi problemi di negazione e un detenuto uscito da una negazione decennale in occasionedella sua richiesta di essere trasferito per poter partecipare al programma trattamentale.I detenuti partecipanti erano inizialmente 9. Tutti negavano i fatti:“non esiste che io abbia fattoquelle cose per cui mi hanno condannato”“sono solo vittima di un complotto contro di me”.La valutazione dei risultati viene effettuata alla fine dei 3 mesi, unitamente alle sintesi dellapsicodiagnosi, in modo da decidere chi possa proseguire l’ulteriore programma trattamentale e chiinvece debba essere trasferito nelle carceri di provenienza.

Un’altro appuntamento settimanale al quale poter partecipare è rappresentato dall’ assemblea direparto. L’assemblea, a differenza degli altri gruppi, è aperta agli altri operatori del carcere,compresi gli agenti di Polizia Penitenziaria e il cappellano ed è gestita dal Responsabile delprogetto. E’uno spazio dedicato alla possibilità di parlare, riflettere e confrontarsi. I detenuti sonoinvitati ad esprimersi circa eventuali problemi rispetto al progetto, alla convivenza in reparto, asituazioni personali: un’ opportunità di incontro tra di loro ma anche con l’ equipe.Infine, è opportuno parlare anche della RAF (Rapporto sull’ Attività Fantasmatica) e della REVO(Rapporto di Equipe sulle Variabili Osservabili), due strumenti ottenuti dall’ adattamento italiano diquelli usati presso l’ Istituto Pinel di Montréal.La RAF consiste in un questionario computerizzato che ciascun detenuto deve compilare ognigiorno alla stessa ora. Le domande riguardano gli eventi stressanti, le emozioni negative ad essicollegate e le fantasie sessuali (divise in normali e devianti) che conseguono. Questo monitoraggiodell’attività fantasmatica deviante ha lo scopo di verificare l’ efficacia e i risultati del trattamento,sia per una restituzione individuale e personale al soggetto, sia per una valutazione interna delprogetto, che per un’ attività di ricerca.La REVO è uno strumento informatizzato per la valutazione di ogni singolo detenuto secondo 5variabili. Tutti gli operatori ogni due mesi valutano ogni detenuto secondo le variabili, ognuna dellequali ha 5 livelli

1) adesione alle regole dell’unità2) richiesta d’aiuto3) controllo della collera4) tecniche di abilità sociale di base5) responsabilità di fronte al proprio reato e ciclo dell’aggressione

Si tratta della prima applicazione in Italia di uno strumento di valutazione di equipe terapeutica inambito comunitario.

I detenuti, al di là dell’ impegno costituito dalla partecipazione alle attività previste, hanno lapossibilità di svolgere attività lavorative o ricreative di loro interesse. L’ equipe esterna e l’ AreaEducativa dell’ Istituto hanno infatti lavorato molto per promuovere l’ integrazione tra i soggetti

28

dell’ Unità e quelli della Staccata, la sezione a custodia attenuata del carcere di Bollate,incoraggiando il contatto e la conoscenza diretta, permettendo ai primi di frequentare la palestra, labiblioteca, la sala cinema e altri spazi con i detenuti comuni e di lavorare fianco a fianco con alcunidi loro nelle serre, in cucina o nella redazione del giornale interno. Il lavoro preparatorio, dedicatoalla sensibilizzazione e alla accettazione reciproca, fatto di diversi momenti di formazione edinformazione da parte dell’ equipe con gli agenti della Polizia Penitenziaria e con i detenuti, è statopensato soprattutto come propedeutico alla buona riuscita del momento successivo alla conclusionedei dodici mesi di trattamento intensivo, cioè il trasferimento nella Sezione Attenuata e l’ iniziodella convivenza con gli altri detenuti, primo tentativo in Italia per gli aggressori sessuali discontare la propria pena in una condizione che non consista nell’ isolamento e nell’emarginazionenei reparti protetti.Inizialmente questo inserimento è stato accolto con forte ostilità e rifiuto da parte di alcuni detenuti,ricalcando le posizioni tipiche di intolleranza e discriminazione nei confronti degli autori di reatisessuali della sottocultura carceraria, che etichetta questi soggetti come “infami” e nei confronti deiquali prevede una reattività violenta e punitiva. Tuttavia il contatto quotidiano, la conoscenza direttae reciproca e la condivisione dell’ esperienza di detenzione hanno permesso alla maggior parte degliindividui di cambiare idea e atteggiamento e di accettare la convivenza; va sottolineata in questosenso l’ opera di coinvolgimento e “propaganda” che alcuni detenuti della Staccata hanno portatoavanti in favore dei soggetti dell’ Unità, dichiarando apertamente la propria approvazione per ilpercorso di trattamento portato avanti e manifestando disponibilità e accettazione.Nei sei mesi trascorsi nella sezione con detenuti comuni, successivamente al trasferimentodall’Unità alla Sezione Staccata, è stato portato avanti un programma di trattamento meno serrato,con la prosecuzione del lavoro dei gruppi a frequenza quindicinale.E’ stato aggiunto un gruppo di lavoro dedicato al rafforzamento degli aspetti di empatia con levittime di reato, in preparazione di eventuali incontri di mediazione indiretta con un gruppo divittime a-specifiche(non le loro vittime ma vittime di reati analoghi) in trattamento e con i loroterapeuti.Infine si è pensato di introdurre un ciclo di incontri dedicati all’ Educazione Sessuale, al fine dievidenziare e correggere eventuali conoscenze falsate e distorsioni cognitive in tema di sessualità(soprattutto quella infantile), di fornire informazioni corrette e nozioni sull’ anatomia e fisiologiasessuale, di suggerire comportamenti e condotte sessuali e relazionali appropriate.Questa prosecuzione del lavoro nella Sezione Staccata è stata pensata per dare un’ idea dicontinuazione del percorso trattamentale, di accompagnamento, di passaggio e cambiamentograduali e verrà ripetuto lo stesso modulo alla fine dell’attuale percorso di trattamento intensificato,quando i detenuti verranno ubicati negli altri reparti di detenzione‘comune’della Casa di Reclusionedi Milano-Bollate, dal prossimo mese di marzo.

29

APPENDICE N.2

I contratti: Gruppo di prevenzione dellaI contratti: Gruppo di prevenzione dellarecidivarecidiva

Accetto di partecipare al ‘Gruppo di prevenzione della recidiva per gli autori di reati asfondo sessuale’.L’obiettivo che perseguo partecipando a questo gruppo è quello di:• cercare la soluzione ai miei comportamenti sessuali inadegua ti,• identificare i segnali precursori delle mie condotte sessuali devianti• apprendere a gestire e controllare i miei desideri ed agiti s essuali, in modo da nonricadere in condotte sessuali illecite e dannose per gli altri.Per questo incoraggerò gli altri partecipanti a fare lo stesso.Sono consapevole del fatto che l'onestà è una condizione essenziale per il buonfunzionamento del gruppo.Il gruppo è fondato sulla regola del segreto(1)Accetto e comprendo l'importanza e la necessit à di non parlare del gruppo alle personeche non vi fanno parte.Gli incontri di gruppo sono prioritari rispetto alle altre mie a ttività.Comprendo i termini di tale contratto e li accetto.

Firma………………………………. Data……………………………

I conduttori del gruppo sono tenuti al segreto professionale.Essi possono fornire agli altri membri dell' équipe informazioni su quanto avviene nel gruppo e sullemodalità di implicazione del singolo detenuto nel gruppo, solo successiv amente alla sua autorizzazionescritta.Il principio della confidenzialità per i conduttori del gruppo prevede un ’inderogabile eccezione:essi sono tenuti a rivelare a chi di competenza qualsivoglia inf ormazione o rivelazione di atti odomissioni che mettano a rischio l ’integrità fisica e/o psichica di soggetti minori di et à.

30

APPENDICE N.3

Scheda di Osservazione degli esperti ex art.80 della Casa di Reclusione diMilano-Opera

INDICI DI ADATTAMENTO SOCIALE

I LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO ANTECEDENTE AL REATO

1. L’AMBIENTE.A. Situazioni che agevolano la formazione di una personalità sociale.a) Educazione.

- buone condizioni pedagogiche;

- genitori di principi morali, sociali, religiosi;

- genitori che dedicano adeguatamente cure ed affetti al ragazzo fino alla sua maturità;

- armonia familiare e con vicini;

- educazione accurata ed equilibrata, con premi e punizioni appropriate al tipo di ragazzo;b) Scuola.

- normale frequenza e amor proprio;

- normale profitto, capacità, età psichica;

- normale pertinacia;

- partecipazione ad organizzazioni giovanili sportive;c) Vita sociale-lavoro.

- regolarità nel lavoro;

- normale successo;

- occupazione;

- normale attività, industriosità;

- desiderio di perfezionarsi.d)Residenza.

- stabilità.e) Famiglia.

- carichi familiari.f) Compagnie.

- amicizie buone;

- frequenza a circoli, organizzazioni culturali, sportive;

- vita sociale.g)Tenore di vita.

- adatto al proprio stato;

- vita regolare;

- rispetto della legge;

2. IL SOGGETTO.

A. Elementi caratteristici della personalità sociale, o più compatibili con essa.a) Ereditarietà.- nei parenti

- moralità salute.b) Costituzione.

- salute fisica e mentale;

- equilibrio psico-fisico;c)Stato.- assenza di intossicazioni.d) Età.

- età criminale giovanile_ tra i 20-25 anni _;

- tipica delinquenza giovanile- reati contro la proprietà, di violenza, di aborto-;

- vecchiaia, delinquenza tipica dei vecchi-reati sessuali, incendio, trufferie-.e) Precedente attività criminale.

- nulla;

- criminalità giovanile- tra i 20-25 anni-.(Comportamento sociale durante la fruizione di misure premiali concesse in precedenza).

31

INDICI DI DISADATTAMENTO SOCIALE

I LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO ANTECEDENTE AL REATO3. L’AMBIENTE.A. Situazioni che agevolano la formazione di una personalità criminale.a) Educazione.

- cattive condizioni pedagogiche;

- genitori criminali, immorali, malati, invalidi, vecchi;

- genitori eccessivamente severi, o indulgenti, o parziali;

- genitori deceduti mentre il figlio era in età giovane, suicidi;

- famiglia troppo numerosa in rapporto alle capacità educative dei genitori;

- separazione, annullamento del matrimonio, divorzio;

- contrasti familiari, litigiosità con parenti o vicini;

- mancanza di affetti familiari, figliastro figlio illegittimo.b) Scuola.

- Scarso profitto da debolezza mentale, o età psichica arretrata;

- Scarsa frequenza per “assenteismo cronico”;

- Mancanza di amor proprio;

- Instabilità, mancata frequenza, abbandono della scuola o del tirocinio;

- Mancata frequenza alle organizzazioni giovanili o sportive;c) Vita sociale-lavoro.

- Irregolarità, frequenti cambiamenti di lavoro;

- mancato successo;

- disoccupazione ingiustificata;

- pigrizia, scarsa industriosità;d) Residenza.

- Immigrazione recente;

- nomadismo.e) Famiglia.

- scapolo o nubile, o vedovo, senza appoggio familiare;

- separazione coniugale.f) Compagnie.

- Cattive amicizie;

- mancanza vita sociale- solitario -.g) Tenore di vita.

- Desiderio di vita elegante, vita notturna, vestiti, vanità;

- vita equivoca, avventurosa, imitazione del gangsterismo, teppismo, bande;

- agitatore, rivoluzionario;

4. IL SOGGETTO.

A. Elementi caratteristici della personalità criminale, o meno compatibili con la personalità sociale.a) Ereditarietà- tare ereditarie-.

- nei parenti.

- Criminalità notevole;

- Malattie fisiche o mentali

- Alcoolismo, stupefacenti.b) Costituzione.

- malattie fisiche;

- difetti psichici;

- permalosità, suscettibilità, attribuzione degli insuccessi a persecuzioni, complessi di colpa;

- inettitudine al lavoro;

- criminalità connessa- danneggiamento, offese, lesioni, offese, incendio, reati sessuali;c) Stato.

- alcoolismi stupefacenti;- stati psichici e criminalità connessa:- I stadio:liberazione degli impulsi, eccitamento, spossatezza, violenze, offese, reati sessuali

32

- II stadio: controllo impulsi, si beve il guadagno, irregolarità sul lavoro, reati contro laproprietà

d) Età.

- Criminalità precoce-primo delitto anteriore al diciottesimo anno

- Criminalità di età media- tra i 25 ed i 65 anni;

- tipica delinquenza giovanile- reati contro la proprietà, di violenza, di aborto-;

- vecchiaia, delinquenza tipica dei vecchi-reati sessuali, incendio, trufferie-.

e) Precedente attività criminale.

- Precedente criminalità precoce-primo delitto anteriore al diciottesimo anno-;

- Precedente criminalità in età media- tra i 25 ed i 65 anni-;

- Recidiva e specialmente recidiva reiterata, abitualità, professionalità;

- Recidiva particolarmente rapida- ultimo reato non anteriore ai sei mesi- o con rapiditàcrescente;

- Comportamento asociale dopo la precedente scarcerazione;

- (Comportamento sociale durante la fruizione di precedenti misurepremiali).

INDICI DI ADATTAMENTO SOCIALE

II LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO NEL REATO

1. L’AMBIENTE.

A. Situazioni-“occasioni”-che facilitano il reato facendolo apparire di più agevole attuazione o di pi sicuraimpunità.

a) Disponibilità dell’oggetto del reato-occasione-, furto domestico, furto nei grandi magazzini;appropriazione indebita di impiegati, rappresentanti; reati sessuali di insegnanti, da coabitazione, daaffollamento;

b) Disponibilità dei mezzi criminosi, attrezzi del mestiere che servono per scassi, ferimenti; autoveicoliper sfuggire alle ricerche o per trasportare la refurtiva;

c) Circostanze di luogo e di tempo ordinario che agevolano il reato o la fuga; luogo disabitato, tempo dinotte, borseggio in affollamenti-fiere, baracconi, comizi-;

d) Qualità della vittima-- Avidità di guadagno-che agevola le trufferie-;- Distrazione- che agevola il furto con destrezza.

B. Situazioni coercitive generali che stimolano gli impulsi generali, ovvero indeboliscono le inibizioni. Mancanza diforme dirette o sostitutive per il soddisfacimento dell’impulso determinante al reato.

a)Necessità economiche, sottoalimentazione;Abitazione disagiata, senzatetto, livello minimo di vita, indigenza-limitatamente ai reati contro ilpatrimonio o assimilabili ad essi-;

b) Miseria sessuale;dissidi coniugali, frigidità del coniuge;isolamento, vedovanza-limitatamente ai reati sessuali-;

c) Difetto di attività sostitutive scaricanti gli impulsi sanguinari;d) Difetto di attività sostitutive scaricanti gli impulsi libidici;e) Difetto di attività sostitutive scaricanti gli impulsi predatori;

2. LA PERSONALITÀ

A. Stati interiori transitori, che rinforzano g li impulsi criminosi o indeboliscono le inibizioni.a) Spossatezza, sonnolenza-soprattutto nei reati colposi o di omissione;b) Ubriachezza, stupefacenti, stati morbosi- non integranti malattie-no preordinati al reato;c) Irritazione, nervosismo di origine estranea al reato;d) Nei reati colposi mancata previsione della serie causale o dell’evento, serie causale od evento non

frequenti; trascuratezza lieve;

B. Situazioni coercitive speciali che rinforzano gli impulsi criminosi o indeboliscono le inibizioni.a) Induzione al reato ad opera di altri, succube, superstizione individuale, superstizione collettiva,

delitti di folla;b) Consenso o istigazione della vittima-reati sessuali contro minori-;c) Minaccia, coazione, necessità-non discriminante-bisogno;d) Scopo di difesa-non scriminante-;e) Più debole volontà del fatto;f) Errore od ignoranza del precetto; convinzione di esercitare un diritto, di operare in modo non vietato;

buona fede, desiderio di non offendere;

33

g) Movente o scopo sociale;h) Provocazione;i) Unico autore;j) Eccesso di una reazione giustificata;k) Presenza di motivi inibitori, incertezze e contrasti nella deliberazione volitiva o nella esecuzione.

C. Modalità di commissione del reato che rivelano la presenza di un minore volontà offensiva.a) Uso di mezzo offensivi strettamente indispensabili alla commissione del reatob) No uso di violenza, minaccia, armi;c) Non uso di frode, inganno- travisamento,mezzi insidiosi-, non abuso di fiducia, non abilità tecniched) Non uso di poteri, autorità;e) Presenza di stimoli inibitori di solidarietà umana o di fede;f) Preoccupazione di non infliggere sofferenze superflue;g) Preoccupazione di limitare l’offesa, il pericolo, il danno;h) Resistenza, recesso.

INDICI DI DISADATTAMENTO SOCIALE

II LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO NEL REATO

3. L’AMBIENTE.A. Situazioni che ostacolano il reato facendolo apparire di più difficile attuazione o di più malsicura

impunità (1).a) Indisponibilità dell’oggetto del reato, furto in banche, istituti, in luoghi ben difesi o

vigilati.;b) Indisponibilità dei mezzi criminosi;c) Circostanze di tempo, di luogo, che ostacolano il reato o la fuga; rapine, furti in pieno

giorno o in luoghi frequentati;d) Qualità della vittima-

Trufferie mediante offerte al pubblico;Rapine contro persone valide, amate, o scortate dalla polizia.

B. Situazioni generali agevolanti la vita sociale Presenza di forme dirette o sostitutive per ilsoddisfacimento dell’impulso determinante al reato (2).

a) Benessere economico- limitatamente ai reati contro il patrimonio od assimilabili ad essi;b) Normali possibilità di soddisfacimento dell’impulso sessuale- limitatamente ai reati

sessuali;;c) Attività sostitutive scaricanti gli impulsi sanguinari; Attività sportive, sport di combattimento- pugilato rugby, lotta -ovvero di competizione

diretta-calcio, scherma-. Attività sportive rischiose- corse automobilistiche, alpinismo-. Spettacoli di sport competitivi- pugilato, calcio- in cui lo spettatore si identifica nell’atleta; Attività professionale o mestiere esercitato in forma aggressiva; macellazione animali,

polizia repressiva- in tumulti, prigioni, collegi; militare, familiare-. Pubblico accusatore.d) Attività sostitutive scaricanti gli impulsi libidici; Sublimazione artistica, mistica;e) Attività sostitutive scaricanti gli impulsi predatori- imprese commerciali, industriali-.

2. LA PERSONALITÀ

A. Stati interiori transitori, che ostacolano gli impulsi criminosi o più deboli inibizioni.a) Attenzione, vigilanza;b) Stati di sanità fisio - psichica;c) Distensione nervosa;d) Nei reati colposi previsione della serie causale o dell’evento, serie causale od evento

frequenti; trascuratezza grave;B. Situazioni speciali che rinforzano gli impulsi criminosi o più deboli inibizioni.

a) Istigatore, incube, organizzatore, capo;b) Resistenza della vittima;c) Spontanea determinazione;d) Scopo offensivo;e) Più forte volontà del fatto:f) Conoscenza del precetto, malafede, disprezzo del bene protetto;g) Movente o scopo antisociale; scopo di commettere altri reati, di sottrarsi all’arresto, di

conservare la latitanza, di assicurarsi il profitto del reato; delitto a pagamento;

34

h) Premeditazione;i) Concerto criminoso con altre persone; compiti ben distribuiti, organizzazione criminosa di

più persone;l) Reazione del tutto sproporzionata, motivo futile;m) Assenza di motivi inibitori.

C. Modalità di commissione del reato che rivelano una maggiore volontà offensiva.a) Uso di mezzo offensivi non strettamente indispensabili alla commissione del reato;b) Violenza, minaccia, armi;c) Frode, inganno, traviamento, uso di mezzi insidiosi, abuso di fiducia, narcotici, abilità

tecniche, destrezza;d) Abuso di poteri, di autorità;e) Approfittare di calamità, disgrazia, inferiorità, età giovanile o vecchiaia della vittima,

luoghi sacri;f) Sevizie, crudeltà;g) Aggravare l’offesa, il pericolo, il danno;h) Consumazione

INDICI DI ADATTAMENTO SOCIALE

a) LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO SUCCESSIVA AL REATO

A. Indici di adattamento sociale nella condotta antecedente e contemporanea al giudizio.a) Autodenuncia, costituzione spontanea;b) Restituzioni, risarcimento del danno in misura adeguata alle possibilità del soggetto;c) Comprensione del valore del precetto violato, pentimento;d) Riconoscimento di colpevolezza;e) Attesa sanzione come giusta;f) Revisione critica;g) Collaborazione alle indagini sulla propria personalità;h) Collaborazione alla redazione del programma correzionale;

(grado di apertura al dialogo)(volontà ad affrontare un approfondimento della propria storia)(eventuale tendenza a minimizzare certi fatti)(maggiore o minore intento di impressionare favorevolmente l’interlocutore).

B. Indici di adattamento sociale nelle forme espressive non-verbali.a) Cura nell’igiene;b) Immagine curata;c) Assenza di condotte eccentriche;d) Giusto Adattamento;

(tolleranza, elasticità, autonomia, assenza di controllo)e) Disciplina

(accettazione delle regole, assenza di auto-aggressività ed etero-aggressività,

assenza di rapporti disciplinari,assenza di isolamento).

C. Indici di adattamento sociale nella condotta durante la detenzione.a) Laboriosità.b) Buona condotta;c) Moralità- fede in principi etici morali, religiosi-;d) Legalità, altruismo;e) Amor proprio;f) Desiderio di imparare un mestiere, di studiare e perfezionarsi;g) Trarre frutto dall’esperienza.

(atteggiamento manifestato dal soggetto nei confronti del personale di custodia e degli operatoritutti)(maggiore o minore capacità di socializzazione)(modalità di interazione nell’ambito della comunità)(eventuale impegno e motivazione nei confronti delle attività lavorative o scolastiche)(grado di interesse per attività religiose, sportive o ricreative);(frequenza e regolarità dei colloqui);(rapporti telefonici ed epistolari con la famiglia);(maggiore o minore coinvolgimento con la subcultura delinquenziale carceraria; comportamentomanifestato dal soggetto nelle diverse situazioni e vicende verificatesi nella vita dell’istituto).

D. Condizioni favorevoli al momento del rilascio-esogene-(ambientali).a) Famiglia nella quale tornare;

35

b) Condizioni economiche non cattive;c) Possibilità di lavoro;d) Compagni ed ambienti sociali buoni.

E. Condizioni favorevoli al momento del rilascio-endogene-(personali).a) Età superiore a 37 anni;b) Assenza di tare ereditarie;c) Assenza di malattie;d) Assenza di difetti o di anomalie;

F. Rapporti con la vittima.a) Empatia;b) Disponibilità ;c) Famigliari della vittima.

G. Ipotesi riparativaa) Disponibilità a prospettive riparatorie.

INDICI DI DISADATTAMENTO SOCIALE

e) LA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO SUCCESSIVA AL REATO

f)A. Indici di attitudine criminale nella condotta antecedente e contemporanea al giudizio.

a) Fuga, sviamento delle indagini;b) Mancate restituzioni, mancato risarcimento del danno nella misura adeguata alle possibilità del

soggetto;c) Disprezzo della legge;d) Diniego di colpevolezza;e) Ritenuta ingiusta ogni sanzione;f) Mancanza di revisione critica;g) Opporsi alle indagini sulla propria personalità;h) Rifiuto di collaborazione alla redazione del programma correzionale;

B. Indici di disadattamento sociale nelle forme espressive non-verbali.a) Trascuratezza nell’igiene;b) Immagine poco curata;c) Condotte eccentriche;d) Tendenza all’iper-adattamento;

(rigidità, ossessività, sottomissione, controllo)e) Tendenza alla oppositività

(difficoltà ad accettare le regole, auto-aggressività ed etero-aggressività, rapporti disciplinari,isolamento).

C. Indici di disadattameno sociale nella condotta durante la detenzione.a) Pigrizia;b) Cattiva condotta;c) Immoralità;d) Slealtà, ipocrisia,egoismo, spia;e) Mancanza di amor proprio;f) Non voler imparare un mestiere, studiare o perfezionarsi;g) Non saper trarre frutto dall’esperienza.

D. Condizioni sfavorevoli al momento del rilascio-esogene-(ambientali).a) Mancanza di famiglia o parenti, stato di abbandono;b) Cattive condizioni economiche;c) Mancanza di lavoro;d) Cattive compagnie o cattivo ambiente sociale.

E. Condizioni sfavorevoli al momento del rilascio-endogene-(personali).a) Presenza di tare ereditarie;b) Presenza di malattie;c) Presenza di difetti o anomalie.

F. Rapporti con la vittima.a) Non empatia;b) Assenza di disponibilità.c) Assenza di contatti con famigliari della vittima.

36

G. Ipotesi riparativaa)Indisponibilità a prospettive riparatorie.

FATTORI RILEVANTI NELLA FASE PROCESSUALE

A. Arresto.a) In flagranza;b) Successivo a indagine;

c) Si costituisce.

B. Fase Processuale.a) Facoltà di non rispondere;b) Rito abbreviato;c) Contumace;d) Reo confesso;e) Patteggiamento.

FATTORI RILEVANTI NEL CONTESTO DETENTIVO

A. Descrizione/Valutazione delle relazioni (qualità e quantità) instaurate dal detenutocon la polizia penitenziaria nei vari momenti della vita quotidiana e nei diversi spaziistituzionali (cella, passaggio…).

- Scarsi Contatti; - Contatti Adeguati- Frequenti contatti - Contatti Inadeguati

B. Descrizione/Valutazione delle relazioni (qualità e quantità) instaurate dal detenutocon gli operatori del GOT.

- Scarsi Contatti - Contatti Adeguati- Frequenti contatti - Contatti Inadeguati

C. Descrizione/Valutazione delle relazioni (qualità e quantità) instaurate dal detenutocon i compagni di pena durante le ore di socialità e/o cella.

- Scarsi Contatti - Contatti Adeguati- Frequenti contatti - Contatti Inadeguati

D. Descrizione/Valutazione del comportamento del detenuto nelle attività trattamentaligià fruite sia singolarmente che in gruppo.

- Contatti Adeguati;- Contatti Inadeguati

E. Descrizione/Valutazione del comportamento e degli aspetti emozionali del detenutorispetto al rapporto con la famiglia con particolare riferimento ai colloqui.

F. Descrizione/Valutazione del comportamento del detenuto nella realizzazione delpercorso di trattamento (patto trattamentale), se trattasi di documento diaggiornamento.

37

APPENDICE N.4

STATIC-99Scala attuariale della valutazione del rischio di violenza sessuale (Hanson, 1999)

38

APPENDICE N.5

Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R) (Hare, 1991)

Strumento standardizzato per la descrizione della psicopatia

L’intervista PCL-R(Hare, 1991)• Relazioni interpersonali caratterizzate da:

– Fascino superficiale– Grandiosità– Menzogna patologica– Imbroglio e manipolazione

• Affettività caratterizzata da– Emozioni labili e superficiali– Incapacità di assumersi la responsabilit à delle proprie azioni– Mancanza di empatia– Mancanza di senso di colpa e rimorso

• Stile di vita caratterizzato da:– Ricerca di sensazioni forti e facilit à ad annoiarsi– Parassitismo– Mancanza di scopi a realistici a lungo termine– Impulsività– Irresponsabilità

• Presenza di comportamenti antisociali– Scarso controllo degli impulsi aggressivi– Problemi di comportamento precoci– Delinquenza giovanile– Revoca della libertà condizionata– Versatilità criminale

• Altri tratti– Comportamento sessuale promiscuo– Molte relazioni coniugali o di convivenza di breve durata

39

APPENDICE N.6La griglia del diniego e della minimizzazione

(Mc Kibben-Dassylva-Aubut, 1995)

Cognome e Nome:

Livello di diniego

Valutazione iniziale (data: ……………..)

finale (data: ………………)

Fatti relativi al delitto1. Il Soggetto nega globalmente i fatti relativi al delitto riportati nel fascicolo

2. Il Soggetto non nega i fatti ma nega l’intenzione sessuale deviante (es: ha

toccato la vittima per accudirla, lavarla) ecc. oppure dice di non ricordare i fatti

ammettendo che essi possano essere avvenuti.

3. Il Soggetto riconosce i fatti e l’intenzione, ma sussiste uno scarto importante per

quanto riguarda il numero delle vittime, il grado di genitalità, il livello di violenza,

ecc.

4. Sussiste uno scarto lieve riguardo agli stessi elementi.

5. Il Soggetto riconosce globalmente i fatti o ammette spontaneamente delitti per i

quali non è imputato.

Responsabilità in rapporto al delitto1. Il Soggetto nega ogni responsabilità in merito al proprio/i delitto/i. La

responsabilità è massicciamente attribuita all’esterno (la vittima, uno stato di

intossicazione al momento del delitto, le aggressioni sessuali subite durante

l’infanzia).

2. Il Soggetto ammette una responsabilità ridotta per alcuni dei suoi delitti (es:

avrebbe potuto resistere alle “avances” del bambino, dà la colpa “al caso”, alle

circostanze, all’errore, a un “passo falso”).

3. Il Soggetto ammette una responsabilità ridotta per la maggioranza dei delitti.

40

4. Il Soggetto ammette di aver preso l’iniziativa nel commettere uno o più delitti.

Ammette di essere stato attivo, di essersi messo nella situazione di commetterlo,

ma persiste una certa ambivalenza in merito al delitto stesso, descritto come un

cedimento (es: non voleva spingersi così oltre, la situazione gli è sfuggita di mano,

ha perso il controllo delle sue pulsioni).

5. Il Soggetto riconosce il proprio ruolo attivo in tutte le fasi del delitto

(individuazione della vittima, seduzione, controllo o intimidazione della vittima,

ecc.), includendo gli atti sessuali propriamente detti. La responsabilità non è

proiettata all’esterno

Fantasie sessuali devianti

1. Il Soggetto dice di non aver mai avuto fantasie devianti e/o fantasie associate al

proprio delitto. Per spiegare il delitto, il Soggetto può sostenere che la “curiosità” o

l’atteggiamento della vittima abbiano provocato questa “reazione” in lui, l’abbiano

portato a sbagliare, ecc.

2. Il Soggetto riconosce la presenza di fantasie associate al proprio delitto, ma le

descrive come un fattore trascurabile che non può portare a compiere un reato (es:

“molti uomini hanno fantasie come queste”) oppure le fantasie sono egosintoniche.

Il Soggetto dice che la riprovazione sociale circa questi comportamenti è

inappropriata, che non va mai oltre ciò che le vittime stesse desiderano, ecc.

3. Il Soggetto dice di aver avuto fantasie devianti, esse sono percepite come un

“problema”, ma, secondo lui, sono limitate nel tempo, o a una sola persona o a un

numero ristretto di persone (“era soltanto quel bambino che mi attirava, aveva

qualcosa…; “io devo affezionarmi ai bambini per…”).

4. Il Soggetto ammette la presenza di fantasie ricorrenti, ma le descrive come

sporadiche. La loro apparizione può sembrare legata a periodi di crisi, alle

circostanze, alla presenza di bambini, ecc., ma non costituiscono un filo conduttore

(non sono cioè inerenti al suo funzionamento psicologico).

5. Le fantasie devianti sono presentate come un elemento significativo, un fattore

che ha contribuito al delitto. Il Soggetto le considera come inerenti, intimamente

legate al suo funzionamento psicologico abituale, una tendenza, ecc.

41

Conseguenze sulla vittima

1. Il Soggetto ritiene che la vittima non abbia subito alcuna conseguenza nefasta

(es: “A lei piaceva farlo, l’ho rivista al processo, non era per niente turbata”, ecc.).

2. La vittima ha subito qualche conseguenza nefasta, ma il Soggetto dice di non

esserne responsabile (es: “La responsabilità è delle reazioni dei genitori, o dell’iter

giudiziario”).

3. Il Soggetto ritiene che la vittima abbia potuto subire alcune conseguenze, ma

che esse siano di modesta entità e/o di breve durata (es: ”Lei può aver avuto paura

oppure può essere andata in panico al momento del delitto, ma non

successivamente”), tuttavia il Soggetto si attribuisce, almeno parzialmente, la

responsabilità.

4. Il Soggetto riconosce che la vittima abbia dovuto subire delle conseguenze a

lungo termine in merito ai delitti commessi. E’ capace di identificare alcune di

queste conseguenze (angoscia, paura, diffidenza, difficoltà sessuali, ecc.).

5. Il Soggetto generalizza le conseguenze del suo comportamento. Riconosce

quindi le conseguenze del suo delitto sulla vittima, sui parenti e gli amici della

vittima, sulla sua famiglia, i suoi amici, ecc.

Presenza di altri problemi

1. Il Soggetto dice di non aver nessun problema, disagio o deficit in qualunque

ambito.

2. Il Soggetto non sa riconoscere se ha dei problemi, non riesce a identificarne, ma

crede che ciò sia possibile (es: “Se ho fatto qualcosa del genere, devo veramente

avere dei problemi, ecc.).

3. Il Soggetto identifica qualche problema, ma il suo impegno è piuttosto

superficiale. I problemi identificati sono piuttosto banali oppure il loro significato è

banalizzato, l’importanza reale risulta ridotta. Il Soggetto può in questo modo

identificare una serie di problemi, ma desidera soprattutto essere preso in carico,

egli ricerca principalmente attenzione, ecc.

4. Il Soggetto riconosce di avere dei problemi in una sfera particolare (es:

alcolismo, pulsioni sessuali, ecc.), ma li minimizza in rapporto alle altre sfere della

sua vita.

42

APPENDICE N. 7

43

APPENDICE N.8

44

APPENDICE N.9