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Incidenti stradali e riabilitazione del traumatizzato cranioencefalico* Mauro Zampolini U.O. Gravi Cerebrolesioni Acquisite, ASL 3 - Trevi (PG), Umbria Introduzione Il trauma cranioencefalico (TCE) colpisce spesso soggetti giovani nel pieno della loro attività che improvvisamente vedono sconvolta la propria vita e quel- la dei propri familiari. Esso rappresenta quindi un problema per la società che si vede privata, a volte definitivamente, di una componente giovane e produt- tiva ma soprattutto per la famiglia e gli amici che si trovano di fronte qualcuno diverso rispetto a quello che conoscevano, con problemi fisici, cognitivi ed emozionali conseguenze del danno provocato dal trauma. Meglio di qualsiasi commento tutto questo può essere sintetizzato da un pensiero di una giovane donna colpita da un grave trauma cranioencefalico con prolungato stato di coma e da cui ha parzialmente recuperato: “… Anch’io come molti bipedi umani ero di successo con il lavoro l’amore, i figli, ma ero noiosa perché volevo come tutti solo fuggire più veloce sulla super- ficie di tutto e tutti, fino a quando il cancro più amato e cosi incurabile della nostra epoca, cioè l’Auto Veloce, guidata da un vuoto-Scemo-Sciumi, mi è pas- sata sopra in una strada di campagna. Erano … anni fa quando ne avevo 33 “nel mezzo del cammin di mia vita” e avevo appena finito di allattare il mio secondogenito …” E.B. Il trauma cranico provoca un danno diffuso costringendo il cervello nel- l’impatto a ruotare e sbattere all’interno della teca cranica. Conseguentemente molte delle funzioni cerebrali vengono alterate e in generale possiamo dire che il trauma cranico provoca un danno delle funzioni motorie, cognitive (linguag- gio, attenzione, memoria etc.) e emozionali (agitazione, aggressività etc.). Fortunatamente non tutti i traumi cranici vanno incontro a conseguenze gravi. In genere si classificano in traumi cranici lieve, moderati e gravi in base alla gravità delle condizioni cliniche e in particolare dello stato di coscienza, delle Franco Taggi (a cura di) “Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto) Istituto Superiore di Sanità, Roma 2003 322 Accordo Quadro ISS - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti * Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto DATIS (Accordo Quadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulla sicurezza stradale).

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Incidenti stradali e riabilitazionedel traumatizzato cranioencefalico*

Mauro Zampolini

U.O. Gravi Cerebrolesioni Acquisite, ASL 3 - Trevi (PG), Umbria

Introduzione

Il trauma cranioencefalico (TCE) colpisce spesso soggetti giovani nel pienodella loro attività che improvvisamente vedono sconvolta la propria vita e quel-la dei propri familiari. Esso rappresenta quindi un problema per la società chesi vede privata, a volte definitivamente, di una componente giovane e produt-tiva ma soprattutto per la famiglia e gli amici che si trovano di fronte qualcunodiverso rispetto a quello che conoscevano, con problemi fisici, cognitivi edemozionali conseguenze del danno provocato dal trauma.

Meglio di qualsiasi commento tutto questo può essere sintetizzato da unpensiero di una giovane donna colpita da un grave trauma cranioencefalico conprolungato stato di coma e da cui ha parzialmente recuperato:

“… Anch’io come molti bipedi umani ero di successo con il lavoro l’amore, ifigli, ma ero noiosa perché volevo come tutti solo fuggire più veloce sulla super-ficie di tutto e tutti, fino a quando il cancro più amato e cosi incurabile dellanostra epoca, cioè l’Auto Veloce, guidata da un vuoto-Scemo-Sciumi, mi è pas-sata sopra in una strada di campagna. Erano … anni fa quando ne avevo 33“nel mezzo del cammin di mia vita” e avevo appena finito di allattare il miosecondogenito …” E.B.

Il trauma cranico provoca un danno diffuso costringendo il cervello nel-l’impatto a ruotare e sbattere all’interno della teca cranica. Conseguentementemolte delle funzioni cerebrali vengono alterate e in generale possiamo dire cheil trauma cranico provoca un danno delle funzioni motorie, cognitive (linguag-gio, attenzione, memoria etc.) e emozionali (agitazione, aggressività etc.).

Fortunatamente non tutti i traumi cranici vanno incontro a conseguenzegravi. In genere si classificano in traumi cranici lieve, moderati e gravi in base allagravità delle condizioni cliniche e in particolare dello stato di coscienza, delle

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* Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto DATIS (AccordoQuadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sulla sicurezza stradale).

prime 48 ore. In un recente studio europeo condotto su circa mille pazienti, a seimesi di distanza dal trauma il 31% era deceduto, il 3% era in stato vegetativo, il16% gravemente disabile, il 20% moderatamente disabile e il 31% con un buonrecupero (Murray, Teasdale et al. 1999). C’è comunque da considerare che il pro-cesso di recupero del trauma cranico si estende oltre l’anno e a volte prosegue peranni (Novack, Bush et al. 2001), (Kreutzer 2001), (Wales and Bernhardt 2000).Questo mette in luce come sia fondamentale il processo di riabilitazione cheriguarda una grossa percentuale di persone colpite da trauma craniencefalico(Leon Carrion, Machuca Murga et al. 2001).

Gli unici dati utili alla stima della incidenza di ricoveri per TCE relativi allasituazione italiana provengono dalla regione Emilia-Romagna e forniscono unastima pari a 250/100.000 abitanti/anno (Servadei, Ciucci et al. 1988). Per quan-to riguarda la stima della gravità l’80% è rappresentato da un trauma cranicolieve un 10 % di moderata entità e un 10 % grave.

L’intervento riabilitativo sui traumi cranioencefalici (TCE) in Italia vienesvolto da diverse strutture riabilitative con diversi modelli organizzativi. Nonesistono dati precisi sia sull’incidenza e la prevalenza dei TCE né sulla tipolo-gia dei pazienti trattati dal punto di vista riabilitativo. La carenza di questi datinon permette di dimensionare l’intervento né di programmare i servizi basan-dosi sulle oggettive necessità.

La raccolta dati

La necessità di avere dei dati in modo permanente è emersa da diversevalutazioni (Hall 1997), (Copes, Stark et al. 1996). Negli Stati Uniti è in atto unaraccolta dati in ambito riabilitativo, il Traumatic Brain Injury Model Systemarticolato su 390 variabili che concernono il periodo di ospedalizzazione e 470per il follow-up ad un anno con cui sono stati raccolti 925 casi dal marzo 1989al giugno 1997 (Wright, Bushnik et al. 2000). Altro esempio è l’Head InjuryEvaluation Chart messo a punto dalla European Brain Injury Society schemadi raccolta dati in ambito europeo. Più recentemente il gruppo SIMFER sui TCEha messo a punto un protocollo di minima. La completezza delle raccolta datiarticolata su numerose variabili trova lo svantaggio della complessità e dell’ec-cessivo tempo di compilazione. Per valutare la tipologia di pazienti e del tipodi intervento riabilitativo nei centri italiani è stato messa a punto una scheda diraccolta dati basata su solo 59 campi riferiti a: dati anagrafici generali, elemen-ti anamnestici, caratterizzazione clinica durante il ricovero, caratteristiche clini-che alla dimissione. L’obiettivo è stato quello di fotografare il paziente con TCEinserito in un programma riabilitativo ospedaliero e vedere alcuni parametrirelativi alla tipologia dell’intervento. Hanno partecipato allo studio 16 tra imaggiori centri di riabilitazione del trauma cranioencefalico (tab. 1).

In questo studio sono stati inclusi 643 pazienti colpiti da trauma cranico dicui 537 al primo ricovero riabilitativo. Il 77 % era costituita da maschi, il 12 %aveva una condizione premorbosa di instabilità familiare e il 6 % di storia dialcolismo o droga.

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Eziologia

Per quanto riguarda il trauma cranioencefalico (fig. 1) per l’80 % dei casi lacausa era costituita da incidente stradale sottolineando l’impatto che tale causacostituisce rispetto alla gravità del trauma. Occorre infatti ricordare che l’eziolo-gia è riferita ad un gruppo selezionato di pazienti costituito da coloro che richie-dono un trattamento riabilitativo intensivo escludendo le altre condizioni menorilevanti. Se andiamo a valutare la gravità dei pazienti inclusi si può vedere cheil 72 % erano gravi, il 17 % gravità moderata e il resto con trauma cranico lieve(fig. 2).

Analizzando il gruppo degli incidenti stradali si può vedere come il piccodi età sia intorno ai 20 anni (fig. 3a). I mesi di maggiore incidenza sono rappre-sentati dall’inizio dell’estate (fig. 3b) mentre il picco di incidenza nel corso dellasettimana, come si può vedere nella figura 3c, era nel week-end a testimoniarele cause legate agli incidenti del “sabato sera”.

L’intervento in fase acuta

Dopo l’incidente inizia una percorso terapeutico costituito da tappe critiche,il rispetto delle quali può condizionare il recupero del paziente. Il primomomento critico è quello della scena dell’incidente dove un intervento precoceed esperto è fondamentale per non aggiungere al danno del trauma danni lega-ti alla carenza di ossigeno per problemi alla respirazione o ipoafflusso cerebra-le per ipotensione. Il ricovero in rianimazione o neurochirurgia costituisce

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Tabella 1 - Centri partecipanti allo studio retrospettivo sul trauma cranioencefalico

1. C.T.O. TO: Loria D. Actis M.V. Emanuel C.2. Clinica Quarenghi, San Pellegrino, Bg: Gasperini G., Quarenghi A.M. 3. Div. Di Medicina Riabilitativa Osp. Valduce: De Tanti A., Terenghi L. 4. DRRF Villa Marchi – Osp. Santa Maria Nuova, RE: Procicchiani D.,

Camurri G.B.5. DRRF, Osp. San Martino, Genova, Moretti P. 6. Fond. Clin. del Lavoro, Montescano, Pv: Pistarini C.7. Pre. San. “Ausiliatrice”, TO: Rago R. Perino P.8. RRRF Osp. Don Calabria, Negrar, VR: Avesani G., Salvi G. 9. SRRF Osp. S. Orsola, BO: Alianti M., Menarini M., Iovine R. 10. SRRF Osp. S.M. delle Croci, RA. Gatta G., Tibaldi S.11. U.O. di Medicina Riabilitativa, Az. Osp. FE: Boldrini P., Basaglia N.,

Cantagallo A. 12. U.O. di Riabilitazione Intensiva Neuromotoria. Trevi, PG. Todeschini E., Zampolini M.,

Franceschini M.13. Unità Spinale, Passirana di Rho, Milano – Taricco M.14. Ospedale Civile di Cittadella (PD): Perdon L.15. Unità di Neuroriabilitazione, Osp. Dei Seregno – Milano: Cerri C.,

Biella A., Arosio A.16. IRRCS S.Lucia – Roma: Formisano R., Vinicola V., Penza F.

un’altra fase importante. A questo livello oltre alle più appropriate modalità ditrattamento è importante un programma riabilitativo precoce per favorire ilrecupero ed evitare i danni da immobilizzazione (Zieger 1992). Una volta sta-bilizzato il quadro clinico l’intervento riabilitativo diventa prioritario ed ènecessario un precoce trasferimento in ambito riabilitativo intensivo (Mackay,Bernstein et al. 1992).

Il ricovero riabilitativo

Nello studio italiano sono stati rilevati tempi eccessivi di attesa per il tra-sferimento in ambito riabilitativo. L’intervallo lesione-ricovero per i centri diriabilitazione è 70,57 gg di media ma essendoci una distribuzione non normalela mediana è più affidabile e si attesta su 45,5 gg. Pur tenendo conto della gra-vità del trauma che a volte ritarda la stabilizzazione del quadro clinico un ritar-do di quasi 2 mesi è comunque da ritenere eccessivo se si considera che la pre-cocità di intervento riabilitativo è necessaria per la migliore prognosi delpaziente (Cope and Hall 1982).

Un altro elemento di criticità emerso è rappresentato dalla eccessiva inci-denza di piaghe da decubito all’ingresso in riabilitazione, il 18,89%, che testi-monia problemi di gestione assistenziale in fase acuta. I pazienti ricoveratisono fondamentalmente politraumatizzati (64,99%) a causa della prevalenza diincidenti della strada. Gli interventi chirurgici sono stati il 41,30 %. L’87 %aveva trauma cranico chiuso.

La provenienza prevalente è dalla neurochirurgia (39,49 %) seguita dallarianimazione (22,66 %). La tracheotomia era presente nel 26,24 %, oltre il 43%era portatore di catetere vescicale a permanenza. Le paraosteopatie erano pre-senti nel 15,4%. La derivazione ventricolare era presente in oltre l’8% dei casi.Intorno al 10 % dei casi si è avuta epilessia post-traumatica.

Questi semplici dati clinici ci fanno capire la complessità del paziente cheviene trattato in ambito riabilitativo, il trauma cranico con le relative compli-canze.

Il 74,12 % aveva una sindrome piramidale mentre il 25,38 % aveva una sin-drome extrapiramidale postraumatica. Una percentuale simile, 25,42% interes-sava il cervelletto. La spasticità era presente nel 43,88% mentre il 14,77% avevaun danno del sistema nervoso periferico, il 36,94 era disfagico.

La dimissione

Alla dimissione quasi il 60% tornava al proprio domicilio, mentre il 24%continuava il programma in Day Hospital. Se consideriamo che il day hospitalè di fatto un ritorno a casa protetto l’80% dei pazienti ritornava al proprio domi-cilio. L’alta percentuale dei pazienti che vanno in day hospital testimonia,peraltro, il lungo decorso del recupero del trauma cranioencefalico (fig. 4).

I parametri di outcome sono interessanti. Il 75% migliorava durante il rico-vero, il 3% peggiorava e il 22% rimaneva stabile. Complessivamente il 57% rag-

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Fig. 1 - L’eziologia dei pazienti ricoverati evidenzia la netta preva-lenza degli incidenti stradali.

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Fig. 2 - La gravità dei pazienti ricoverati è identificata dal livellodel Glasgow Coma Scale: Lieve (GCS >11), Moderata (7> GCS < 12),grave (GCS < 8).

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Fig. 3 - Nei soggetti con incidente stradale il picco di età è intornoai 20 anni (a), il mese di maggiore incidenza degli incidenti è giugno(b), e il week-end è il più rappresentato durante la settimana (c).

giungeva condizioni di buon recupero dell’autonomia. La durata media delcoma correlava anche con la prognosi.

Per valutare i parametri relativi alla dimissione sono state registrate alcunevariabili. La tracheotomia era presente nel 4,07%, il catetere vescicale nel 3,62 %mentre il 4 % rimaneva disfagico.

La discussione

Nella quotidiana cronaca degli incidenti stradali quello che colpisce è ilnumero dei morti e la dimensione sembra naturalmente limitata a questo datonumerico. In realtà i pazienti che sopravvivono possono andare incontro agravi esiti con lunghi periodi di riabilitazione. Si configura, quindi, l’altra fac-cia del problema, sotto certi aspetti ancora più grave, quello dei pazienti congravi esiti. Solo la metà dei pazienti ricoverati in riabilitazione raggiunge unasufficiente autonomia dopo il primo ricovero in riabilitazione. Spesso il dram-ma della persona colpita si estende alla famiglia che ha di fronte una personada amare come e più di prima ma che per i sui bisogni di aiuto coinvolge esconvolge la vita di chi gli è vicino. Il processo di recupero si estende nel tempoe quindi è fondamentale la presenza di un prolungato supporto riabilitativo peril paziente e la famiglia (Tyerman and Booth 2001), (Sander, Roebuck et al.2001), (Millis, Rosenthal et al. 2001).

L’eziologia è nettamente prevalente per gli incidenti stradali che ancora unavolta richiama il punto cruciale della prevenzione da attuare a questo livello. Ladistribuzione dell’età intorno ai 20 anni ci indica anche l’età bersaglio su cuiagire per programmi di prevenzione. Non sono da trascurare le incidenze, purnon rilevantissime degli incidenti domestici e sul lavoro indicando ulterioriambiti di intervento di prevenzione. Tra gli aspetti premorbosi c’è da conside-rare l’importanza dell’instabilità familiare come elemento di rischio per il trau-ma cranico.

La tipologia dei TCE ricoverati era grave nella maggioranza dei casi indi-cando l’impegno dell’intervento riabilitativo esercitato nei centri di riabilitazio-ne italiani. Tale considerazione è confermata dalla complessità del pazienti cheinizia il programma riabilitativo in termini di sindrome clinica, di disturbi neu-ropsicologici e di supporti invasivi necessari (tracheotomia, catetere vescicaleetc.). Inoltre la maggioranza dei casi era politraumatizzato aggiungendo all’in-

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Tabella 2

Deficit cognitivo-comportamentali Percentuale

Afasia 33,33%Aprassia 32,74%Memoria 72,38%Disturbo Comportamento 53,99%

tervento riabilitativo ulteriore complessità.Le complicanze evitabili costituiscono, inoltre un ulteriore evento sentinel-

la. Ci riferiamo alle piaghe da decubito che arrivano quasi al 20% di incidenzaall’ingresso.

Altro dato preoccupante è costituito dall’intervallo tra evento acuto e iniziodi un programma riabilitativo in ambito specifico. Un mese e mezzo costituisceun tempo preoccupante se si pensa che i dati disponibili in letteratura indicanonell’intervento riabilitativo precoce un elemento legato ad un migliore outco-me. Durante il ricovero il 74% migliora e solo una percentuale relativa peggio-ra ad indicare, anche se molto in generale, l’utilità dell’intervento riabilitativo.

Poco più della metà ritorna a casa mentre una percentuale rilevante, circa _continua il programma riabilitativo in regime di Day Hospital. Questo confer-ma che il TCE ha un processo di recupero che si estende nei mesi e negli annicon una curva lenta. Il momento del ricovero è solo una parte di tale processoche continua spesso, anche quando il paziente è tornato al proprio domicilio.Questa considerazione ha ovvie ricadute organizzative in termini di rete riabi-litativa che necessita di una specifica organizzazione per garantire l’appropria-ta assistenza e trattamento degli esiti del TCE.

La disponibilità di questi dati ne consente l’utilizzo per la programmazionesanitaria e la migliore definizione dell’intervento riabilitativo. Comunque lostudio retrospettivo ha dei limiti dovuti alla difficoltà di ricostruire con esat-tezza i dati richiesti. Uno studio prospettico darebbe la possibilità di fornire datiin tempo reale sulla tipologia dell’intervento riabilitativo permettendo dimodulare la programmazione e di effettuare una continua revisione della casi-stica.

Da qui è nata l’esigenza di organizzare uno studio prospettico che colmas-se e rendesse più esplorabili e approfondibili le criticità emerse.

Lo studio prospettico

Considerata l’importanza dei dati emersi dallo studio retrospettivo è statostrutturato uno studio prospettico con caratteristiche simili allo scopo di appro-fondire la tipologia e le caratteristiche dell’intervento riabilitativo sulle gravicerebrolesioni. Gravi cerebrolesioni acquisite e non solo traumi cranici perchénegli ultimi anni sono aumentati i ricoveri riabilitativi di soggetti affetti dagravi cerebrolesioni non traumatiche dovute a gravi ictus o condizioni di anos-sia accidentali o da arresto cardiaco prolungato. Lo studio è in parte finanziatodall’Istituto Superiore di Sanità e analizzerà nel dettaglio le caratteristiche delricovero con particolare riferimento all’utilizzo dei dispositivi di prevenzionedel danno.

Lo studio, iniziato il 1 ottobre 2001 ha attualmente 62 centri reclutanti e pro-mette di essere una completa rappresentazione della realtà riabilitativa in Italia.Obiettivo principale è raccogliere dati su: • Caratteristiche demografiche cliniche dei pazienti affetti da GCLA che acce-dono alle strutture che erogano programmi di riabilitazione;

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• Eziologia e modalità di insorgenza delle lesioni;• Tipologia del processo di cura (modificazioni cliniche, risorse impiegate,durata etc ….)• Outcome espresso in termini di menomazione disabilità e handicap al termi-ne degli interventi riabilitativiObiettivo inferenziale: Correlare i 4 gruppi di variabili per definire fattori predit-tivi del fabbisogno assistenziale e degli esiti.Obiettivi secondari:• Determinare i fattori predittivi della durata del ricovero.• Determinare i fattori predittivi della destinazione alla dimissione.• Descrivere le caratteristiche che predicono l’intervallo lesione-ricovero riabi-litativo.Soggetti: Verranno studiati soggetti affetti da cerebrolesione acquisita traumati-ca e non che giungono consecutivamente ai centri partecipanti allo studio. Latipologia d’intervento riabilitativo ammessa è costituita da:• Degenza ordinaria non riabilitativa (reparto per acuti) dove l’intervento riabi-litativo è sostenuto dal servizio di riabilitazione dell’ospedale con specificapresa in carico 1;• Degenza ordinaria riabilitativa;• Day Hospital;• Ambulatorio (limitatamente ai casi con presa in carico1);

I soggetti saranno inclusi indipendentemente dall’età, dal sesso, dallanazionalità, dalla gravità del danno e dalla lunghezza dell’intervallo di tempodall’evento lesivo.Età: Per l’età compresa da 0 a 14 anni si seguirà il protocollo dell’età evolutiva.Per età maggiori di 14 anni si seguirà il normale protocollo dell’adulto. L’età siintende per l’inclusione al momento del ricovero. L’età al momento del eventopatologico verrà usata per correlare le variabili eziologiche. Ricoveri: Saranno inclusi anche i pazienti precedentemente dimessi che tornanopresso le strutture. Per convenzione non si considera un rientro un ricovero cheavviene a distanza inferiore a 15 giorni dalla precedente dimissione. E’ impor-tante distinguere il primo ricovero riabilitativo dopo cerebrolesione dal rientro.Particolare attenzione, relativamente ai rientri, va posta nel numero di prece-denti ricoveri riabilitativi.

Per primo ricovero riabilitativo si intende il ricovero in letti di degenzadedicati alla riabilitazione. Quindi se un paziente proviene dal reparto peracuti, pur avendo seguito un programma del servizio di riabilitazione, è daconsiderare primo ricovero. La scheda raccolta dati è organizzata in diversesezioni:• Dati anagrafici generali• Dati pre-ricovero• Dati al momento del ricovero• Dati durante il ricovero• Dati alla dimissione

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Conclusioni

Criticità emerse Risvolti organizzativi

Alta incidenza degli incidenti Miglioramento degli interventi di stradali prevenzione

Eccessivo intervallo lesione-rico- Aumento delle disponibilitàvero riabilitativo di posti letto.

Integrazione con le strutture Miglioramento della rete dell’emergenza riabilitativa

Complessità dell’intervento Necessità di intervento multidisciplinare

Organizzazione complessa e Aumentare le dotazioni e le specializzata in TCE competenze per la riabilitazione

cognitiva ed occupazionale

Eventi sentinella sull’assistenza Migliorare la dotazione e la professionalità del personale

Prolungato iter riabilitativo di Ottimizzazione della reterecupero riabilitativa.

Servizi territoriali con Disponibilità di strutture di competenze specifiche degenza non intensiva

per completare il percorso dei pazienti con grave disabilità

BIBLIOGRAFIA

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Soggetti post-comatosi e recupero dell’idoneità alla guida*

Rita Formisano1, Umberto Bivona3 , Stefano Brunelli1 , Antonio Ridolfi2

Marco Giustini3, Franco Taggi3

1 IRCCS Fondazione Santa Lucia - Roma2 Coordinatore Centri Mobilità Fiat Auto, Fisioterapista ASL 10 Firenze3 Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità

I disturbi cognitivo-comportamentali dopo coma prolungato

Nei paesi industrializzati, il trauma cranico encefalico (TCE) rappresenta laprincipale causa di coma prolungato (intendendo con questo termine una per-dita di coscienza della durata di almeno 48 ore) e, conseguentemente, la prin-cipale causa di disabilità soprattutto tra i giovani. Esso infatti colpisce preve-lantemente i soggetti della fascia di età compresa tra i 15 ed i 35 anni e per que-sto finisce per avere pesanti ricadute, oltre che a livello personale e familiare,anche su un piano più generalmente socio-economico.

Il TCE viene classificato in termini di gravità proprio in base alla eventua-le presenza di un coma dopo il trauma e a seconda della gravità e della dura-ta del coma stesso, secondo il punteggio della Glasgow Coma Scale (GCS)(Jennett & Bond, 1975)1.

Recuperare la capacità di guidare un veicolo dopo un coma è uno degliobiettivi riabilitativi più ambiziosi da raggiungere, poiché indice di una forte ecompleta autonomia da parte del paziente. Ma per poter guidare un veicolo inmaniera sicura è necessaria una integrità di diverse funzioni cognitive (tempidi reazione, attenzione selettiva, sostenuta e divisa, capacità visuo-percettive,orientamento topografico, memoria, funzioni esecutive o frontali), compresa lacapacità di previsione di eventuali pericoli, nonché un comportamento ade-guato e responsabile, indispensabile per una guida sicura. Naturalmente, èimportante considerare anche i deficit neuromotori e della coordinazione moto-ria che possono facilmente presentarsi in seguito a un coma prolungato (pare-si, sindrome cerebellare, parkinsonismo post-traumatico, ecc.), comprometten-

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* Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto DATIS (AccordoQuadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sulla sicurezza stradale) ed è successivamente confluito nel ProgettoCOMASS (finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

do il recupero delle capacità di guida. Ma mentre la disabilità neuromotoria èaffrontata più adeguatamente a livello istituzionale (vedi Ufficio PatentiSpeciali o Centri Mobilità della FIAT), il problema della disabilità cognitivarimane a tutt’oggi poco indagato, se non limitatamente ad alcuni deficit, peral-tro di natura neurosensoriale (deficit dell’acuità visiva e ipoacusia).

Ne consegue la necessità di far fronte ad una problematica che ormai nonpuò più essere sottovalutata: identificare parametri validi e standardizzati che sianoin grado di prevedere, in maniera attendibile, la capacità di tornare alla guida di unsoggetto post-comatoso, in condizioni di sicurezza per sé e per gli altri.

La ricerca

Tornare alla guida del proprio veicolo e, conseguentemente, recuperare lapiena autonomia funzionale nella vita quotidiana e un’indipendenza nellecapacità di spostamento, implica una ricaduta positiva a diversi livelli: dellapropria autostima, del reinserimento lavorativo (Galski et al., 2000) e, più ingenerale, del reinserimento sociale.

Secondo un modello proposto da Michon (1979; 1989), la guida di un vei-colo implica 3 livelli gerarchici: strategico, tattico e operazionale, con tre diver-si aspetti di rischio.

A livello strategico l’aspetto determinante è la programmazione e la pres-sione temporale è bassa; una buona capacità di agire a livello strategico puòsignificare, ad esempio, evitare le ore di punta del traffico per compensare lacompromissione di funzioni percettive e motorie di base.

Il livello tattico implica diversi compiti e decisioni sul traffico, mentre si èalla guida dell’autoveicolo; una buona capacità di agire a tale livello si tradu-ce, ad es., nell’attuare comportamenti compensatori come adeguare la veloci-tà alle diverse situazioni, accendere le luci o avvicinarsi ai margini di sicurez-za quando la visibilità è scarsa, etc.; la pressione temporale in questo caso èintermedia.

A livello operazionale, infine, sono implicate le diverse operazioni di basedella guida (ad es., mantenere la direzione durante la marcia o frenare) e devo-no essere attuate manovre appropriate che permettano di evitare eventualirischi improvvisi; la pressione temporale può anche essere elevata.

Se si osserva la letteratura sugli indici predittivi che permettano di preve-dere o meno il recupero della capacità di guida, emergono risultati e indica-zioni contrastanti.

Alcuni autori (Avolio et al., 1985) identificano nel deficit attentivo un pos-sibile indice in grado di discriminare tra traumatizzati cranici e soggetti di con-trollo, mentre altri studi (Katz et al., 1990) non hanno riscontrato differenzesignificative nella valutazione neuropsicologica tra i pazienti tornati alla guidache al follow-up avevano riferito difficoltà e coloro che non ne avevano ripor-tato. Altri studi condotti su pazienti cerebrolesi riportano come deficit limi-tanti il recupero della guida i disturbi visuopercettivi, quelli dell’attenzione,delle funzioni esecutive e del comportamento (Galski et al., 1992; 1993; Sivak

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et al., 1981; Stelmach & Nahom, 1992). In particolare sono stati riscontrati com-portamenti di impulsività, distraibilità, faticabilità e confusione, come ele-menti che possono interagire negativamente sulla sicurezza della guida(Galski et al., 1993).

Riguardo ai protocolli impiegati nella valutazione delle capacità di ritornoalla guida, la maggior parte degli studi (Fox et al., 1998; Galski et al., 2000)descrive valutazioni pre-driver (che comprendono un esame neuropsicologicoed una prova su simulatore di guida), osservazioni su-veicolo (behind-the-wheel)(ossia prove su circuito protetto e test di parcheggio) e prove su-strada (on road)(che possono essere svolte su diverse aree: urbana, rurale, autostradale, ecc.).

Le valutazioni pre-driver avrebbero il limite della insufficiente validità eco-logica, nel senso che le prove impiegate difficilmente misurano le abilità con-cretamente implicate durante la guida di un veicolo (Galski et al., 1990; 1992;Van Zomeren et al., 1988; Croft & Jones, 1987; Engum et al., 1988), a differenzadi quanto invece avviene nel caso di una prova su-strada. Del resto, secondoaltri autori (Odenheim et al., 1994) anche le prove su circuito protetto non dis-pongono della sufficiente validità ecologica, poiché non fornirebbero adegua-te informazioni sull’abilità del guidatore nel gestire situazioni di traffico com-plesse e nell’interagire con gli altri guidatori. Per quanto concerne le valuta-zioni su-strada, infine, Van Zomeren et al. (1987) manifestano la loro perples-sità sul fatto che possano fornire reali informazioni sul livello strategico, con-siderato che le decisioni che esso implica solitamente sono già state adottateprima che il soggetto inizi a guidare. Inoltre, le prove su-strada non permette-rebbero di soddisfare le esigenze di ripetitività, standardizzazione e validità dicui ogni strumento scientificamente valido necessita.

Scopo della ricerca

Primo studio: Abbiamo voluto valutare il rischio di incidente stradale cui unsoggetto con esiti di coma prolungato incorre, nel caso in cui decidesse di tor-nare alla guida di un autoveicolo, in confronto con una popolazione di indivi-dui normali, di pari età e sesso.

Secondo studio: Abbiamo esaminato in che modo la disabilità funzionaleresidua dopo coma prolungato possa interagire con una buona ripresa dellaguida stessa.

Soggetti

I dati sono stati estrapolati da un precedente lavoro (Formisano et al., 1999)che, oltre all’incidenza del ritorno alla guida e del verificarsi di incidenti stra-dali dopo il coma, aveva indagato altri aspetti legati al reinserimento familia-re, sociale e lavorativo di tali pazienti. Nello studio erano stati inclusi i pazien-ti post-comatosi (con coma prolungato) trattati presso l’IRCCS FondazioneSanta Lucia di Roma dal 1990 al 1997, che avevano riportato in fase acuta unpunteggio alla GCS inferiore ad 8 (danno cerebrale grave).

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Il familiare identificato come caregiver di ogni paziente incluso nello studioè stato contattato telefonicamente ed intervistato attraverso un questionariostrutturato.

Il campione era costituito da 90 pazienti che avevano le seguenti caratteristi-che demografiche e cliniche: sesso: 66 maschi (73%), 24 femmine (27%); etàmedia: 32.29+12.45 anni; distanza dal coma: 4.67+2.35 anni; causa del coma:trauma cranico (80%); ictus cerebrale (7%); emorragia subaracnoidea (6%); altrecause 5%; punteggi della Glasgow Outcome Scale (GOS)2 (Jennett et al., 1981):compresi tra 3 e 5 (GOS 3 = disabilità grave, GOS 4 = disabilità moderata, GOS5 = buon recupero).

Materiali e Metodi

Tra le domande del questionario somministrato al caregiver, era previstauna sessione relativa alla autonomia funzionale, cioè alla capacità di uscire dasolo, di prendere i mezzi pubblici, di guidare e, in caso affermativo, di effetti-va ripresa della guida, veniva rilevata l’eventuale presenza di incidenti stra-dali successivi a tale ripresa. I pazienti che avevano avuto un incidente stra-dale (che chiameremo incidentati) sono stati confrontati per le variabili ana-grafiche ed alcune variabili cliniche con quelli che non ne hanno avuto.Secondariamente, é stato confrontato il gruppo di incidentati con la popola-zione di soggetti normali che ogni anno accede al Pronto Soccorso per inci-denti stradali.

Risultati

Primo studio: Del gruppo di pazienti inclusi (n = 90), 29 avevano ripreso aguidare e, tra questi, 11 soggetti hanno avuto un incidente stradale (tab. 1).Come si nota in tab. 2, il gruppo degli incidentati non si differenzia significa-tivamente da quello dei non incidentati per quanto riguarda l’età, il sesso e ladurata media del coma, mentre i due gruppi differiscono rispetto alla distan-za media dal coma (gli incidentati, mediamente, erano a una distanza mag-giore dall’evento che aveva provocato il coma).

Tab. 1Studio epidemiologico sul reinserimento sociale condotto in pazienti post-comatosi ricoverati presso l’IRCCS Fondazione Santa Lucia (IRCCSFondazione Santa Lucia)

Pazienti reclutati: 90Pazienti tornati alla guida: 29 (32%)Pazienti che hanno avuto un nuovo incidente: 11/29 (38%)Pazienti con patente speciale: 2 (6.5%)

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Tab. 2Caratteristiche dei due gruppi di pazienti tornati alla guida

Gruppo incid. Gruppo non incid.N. = 11 N. = 18

Età media 26 26.5 p = n.s.Sesso (% maschi) 81.8 83.3 p = n.s.Anni dal coma (media) 5.3 3.6 p < 0.05Durata del coma 24.4 26.3 p = n.s.(media e d.s. in giorni) (19.4) (23.1)

Abbiamo dunque focalizzato la nostra attenzione sul valore emerso di 11pazienti incidentati (su 29), allo scopo di stabilire se si tratta di un valore “arischio”, rispetto alla popolazione generale.

Per ottenere una risposta abbiamo anzitutto stimato la probabilità che unindividuo normale ha di avere un incidente, in un anno, come conducente,tenendo conto dell’età e del sesso dei nostri pazienti.

Dal numero di accessi al pronto soccorso per incidente stradale in Italia inun anno (circa 800.000 unità)3, rapportato all’intera popolazione italiana (circa56.000.000), si ottiene un indice di 0.014286, che rappresenta la probabilità che unsoggetto, in un anno, incorra in un incidente stradale che implichi almeno l’arrivo alpronto soccorso.

Se consideriamo che per un giovane maschio (oltre l’80% dei pazienti delcampione in studio), rispetto alla popolazione generale, il rischio relativo diincorrere in un incidente stradale è pari a 2.7 (dati ISTAT), dal prodotto0.014286 x 2.7 otteniamo la probabilità che un giovane maschio in un anno incorrain un incidente stradale che implichi almeno l’arrivo al pronto soccorso: 0.03858.

Abbiamo poi calcolato il volume di esposizione ad incidente stradale nei29 soggetti dello studio, sommando l’esposizione al rischio, in anni, di ognu-no dei due gruppi, come risulta in tab. 3.

Per avere una stima degli incidenti attesi, quindi, abbiamo moltiplicato laprobabilità prima ottenuta per la durata complessiva dell’esposizione alrischio di incidente stradale, ottenendo 4.7 casi attesi (0.03858 x 123) contro gli11 casi osservati nel nostro campione.

La differenza tra il numero di casi attesi e quelli realmente osservati risul-ta altamente significativa (Poisson, p < 0.05) con un rischio relativo “coma” vs“non coma” pari a 2.3 (11/4.7). Un soggetto che è stato in coma per almeno 48ore, dunque, risulta più a rischio di incidente stradale, rispetto ad un soggettonormale di pari età e sesso.

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Tab. 3Volume di esposizione ad incidente stradale nei 2 gruppi di pazienti

Gruppo N. Anni dal coma Esposizione

Incidentati 11 5.3 11 x 5.3 = 58Non incidentati 18 3.6 18 x 3.6 = 65

Volume totale di esposizione: 123 anniSecondo studio: Il secondo confronto é stato condotto sui punteggi GOS dei

due gruppi di pazienti tornati alla guida, riportato in tab. 4. Osservando la dis-tribuzione dei punteggi, emerge una differenza molto prossima alla significa-tività statistica (p = 0.053) tra i due gruppi: mentre nei pazienti che non hannoavuto un incidente non emergono differenze nella distribuzione dei punteggiGOS 4 e 5, tra i soggetti incidentati prevalgono, paradossalmente, i punteggiGOS = 5.

Tab. 4Confronto tra i punteggi GOS nei due gruppi di pazienti

Incidenti stradali

PUNTEGGI GOS SI NO

GOS = 4 2 10GOS = 5 9 8

Discussione

Secondo alcuni Autori (Haselkorn et al., 1998) non sarebbe confermata l’i-potesi di un incremento del rischio di incidenti stradali nei pazienti con esiti ditrauma cranico, pur trovando, in questi pazienti, una maggiore propensionealla violazione delle norme sulla sicurezza stradale.

Dai nostri risultati, invece, emerge un significativo incremento del rischiodi incorrere in un incidente stradale, per chi è stato in coma per almeno 48 ore.Se consideriamo i criteri di inclusione dei nostri pazienti, notiamo come ilcampione analizzato sia stato selezionato per quanto riguarda la gravità clini-ca (GCS in fase acuta < 8 e durata del coma > 48 ore). Da un punto di vistadella durata media del coma (> 20 giorni), inoltre, i nostri pazienti soddisfanoi criteri diagnostici che corrispondono al “danno cerebrale estremamentegrave” (very severe brain injury nella letteratura anglo-americana).

Ball & Owsley (1991) non includono l’incremento del rischio di incidentecome rilevante ai fini prognostici di una guida sicura, poiché considerano lavariabile “incidente secondario alla ripresa alla guida” come estremamente

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rara. Altri Autori (Fox et al., 1998; Ranney, 1994), invece, tra gli indici di effi-cienza per i soggetti che avevano ripreso a guidare, aggiungono al numero diincidenti anche le violazioni delle norme di sicurezza stradale e le situazioni dirischio (definite near accident).

Nel nostro studio, il follow-up di almeno 3 anni dal coma (maggiore espo-sizione al rischio) e l’inclusione di soggetti con coma prolungato ha verosimil-mente consentito, proprio per il maggior numero di anni di esposizione alrischio e per la maggiore gravità dei pazienti, la possibilità di raccogliere datipiù significativi rispetto a casistiche con follow-up minori e su pazienti menogravi.

L’aver rilevato una minor frequenza di incidenti nei pazienti con GOS 4(moderate disability) rispetto a quelli con GOS 5 (good recovery), suggerisce uncomportamento più prudente e responsabile da parte di coloro che potrebbe-ro avere possibili deficit motori residui (GOS 4). Il dato è inoltre coerente conquanto riportato da Van Zomeren et al. (1988), che riscontrano una correlazio-ne negativa tra la frequenza di incidenti stradali e la consapevolezza dei proprideficit, piuttosto che rispetto alla loro entità.

Conclusioni

Come più volte è stato sottolineato (Van Zomeren et al., 1987; Galski et al.,2000), non è possibile garantire univocamente un recupero “sicuro” della capa-cità di guida, nel soggetto con esiti di danno cerebrale severo. Infatti, anche neigiovani maschi normali (Galski et al., 2000), che hanno cioè regolarmente con-seguito la patente di guida, è dimostrato l’elevato rischio di incidenti stradali.

Se da un lato è indispensabile rispettare il diritto alla guida per un buonrecupero della autonomia del disabile, è indiscutibile l’analoga necessità ditutelare l’incolumità del paziente e di tutti i cittadini.

I dati che abbiamo rilevato ci impongono una maggiore cautela nel con-sentire al paziente post-comatoso di tornare alla guida, senza un preliminarecontrollo specifico.

Ma purtroppo allo stesso modo manca un protocollo di valutazione speci-fico, scientificamente validato, che permetta da un lato di vietare di tornarealla guida a chi non ne è più in grado, ma che dall’altro non ostacoli il ritornoall’autonomia, in quei pazienti che invece sono in grado di poterlo fare (Galskiet al., 2000). A tale scopo, da un’intesa tra l’istituto Superiore di Sanità e laFondazione Santa Lucia di Roma, è nato un progetto che prevede l’attuazionedi un protocollo valutativo articolato in diverse fasi (dalla valutazione neu-ropsicologica, alla prova su simulatore di guida, a quella su circuito chiuso, aquella su strada, fino al follow-up finale), per rispondere all’esigenza di forni-re alle istituzioni uno strumento indispensabile di supporto alla nuova nor-mativa. Infatti, è in corso di attuazione una Legge Delega sul nuovo Codicedella Strada (cfr. allegato) che permetterà di avviare un processo di riabilita-zione che supporti concretamente il paziente post-comatoso nella difficiledecisione sul ritorno alla guida.

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ALLEGATO

Legge Delega N. 85 del 2/4/2001

“… prevedere, per i responsabili delle unità di terapia intensiva e/o neurochirurgia presso le qualisia avvenuto il ricovero di soggetti che abbiano subito trauma cranico o che siano in coma per altracausa, l’obbligo di comunicazione agli uffici provinciali della Motorizzazione Civile dei casi di comadi durata superiore alle 48 ore. In seguito a tale comunicazione sia previsto l’obbligo di sottoporre arevisione la relativa patente di guida. La successiva idoneità alla guida é valutata dalla commissioneprovinciale, previo parere vincolante dello specialista dell’unità riabilitativa che ha seguito l’evolu-zione clinica del paziente, che effettua una valutazione neuropsicologica ed una verifica su stradae/o su apposito simulatore, con possibilità successiva di attivare uno specifico programma riabilita-tivo. Sia inoltre previsto il ripristino del certificato anamnestico, redatto dal medico di base, il quale,all’atto del rilascio e del rinnovo della patente di guida, attesti l’esistenza o meno di qualsiasi condi-zione clinica atta a compromettere l’idoneità al conseguimento del documento sopraindicato”.

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NOTE

1 Il trauma cranico si differenzia in lieve, moderato e grave rispettivamente quando il punteggio allaGCS è tra 12 e 15, 8 e 12 e, infine, inferiore a 8 per il trauma cranico grave.2 La GOS è una scala di valutazione della disabilità ove 3 indica una disabilità grave (il paziente è fisi-camente e cognitivamente dipendente da un’altra persona almeno in una occasione nell’arco delle 24ore) e 5 indica un buon recupero (il paziente partecipa alla normale vita sociale e possiede la capaci-tà di tornare al lavoro).3 Nel calcolo che segue abbiamo considerato, per semplicità, come se tutti gli 800.000 soggetti cheaccedono al Pronto Soccorso fossero conducenti (come i 29 soggetti del nostro campione). Le stimedel numero dei casi attesi risulteranno, pertanto, sovrastimate in quanto nella realtà solo una partedi essi era comporta da conducenti.

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Incidenti stradali e riabilitazione del traumatizzato spinale*

Marco Franceschini, Barbara Di Clemente1

e Gruppo di Studio GISEM2

1 Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità2 Gruppo Italiano di Studio Epidemiologico per le Mielolesioni

U.O. Complessa di Medicina RiabilitativaAzienda Ospedaliera di Parma

Introduzione

La gestione assistenziale della persona che presenta una lesione midollarenecessita, oltre che del lavoro del team riabilitativo, con tutte le sue risorse epotenzialità, anche di un complesso e coordinato intervento da parte di piùprofessionalità e componenti specialistiche.

L’organizzazione è sicuramente complessa, dovendo prevedere il più dellevolte contemporaneamente, con priorità tuttavia di presenza eguale, un inter-vento multidisciplinare e multiprofessionale con importanti, ma diversi aspet-ti da seguire. E’ innegabile comunque che la fase iniziale di un corretto approc-cio al “problema mielolesione” sia quello dell’epidemiologia, seguito da quellodella prevenzione. Difatti solo la conoscenza più precisa possibile dell’entitàdel problema consente una corretta organizzazione assistenziale a partire daiprimi soccorsi per arrivare al completo reinserimento nell’ambito socio-fami-gliare. Queste conoscenze rendono poi possibile un’ampia e valida prevenzio-ne, che rimane l’intervento fondamentale di ogni stato morboso, sia che possadeterminare una riduzione di abilità o meno.

Gli studi epidemiologici sono largamente diffusi nello studio delle diversemalattie, mentre sono molto meno presenti nell’ambito dello studio della dis-abilità e ancor meno in quello dell’handicap. Eccezione a ciò è la mielolesione.Difatti in letteratura troviamo parecchi contributi circa lo studio dell’incidenza,delle cause etiopatogenetiche, dei principali aspetti anagrafici, del decorsoriabilitativo e di altro ancora riguardo la paraplegia. Kraus, tra i primi, già nel1975 pubblicava dati clinici al riguardo. Più o meno nello stesso periodo negli

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* Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto DATIS (AccordoQuadro Istituto Superiore di Sanità - Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sulla sicurezza stradale).

Stati Uniti si gettavano le basi di una banca dati nazionale per la raccoltaepidemiologica delle mielolesioni.

Nella realtà italiana la progettazione organizzativa ed assistenziale per imielolesi si muove assai più lentamente, tant’è che ancor oggi nel nostro paesevi sono grosse carenze di Unità Spinali. Ma, fattore ancor più grave, assailimitati sono i dati epidemiologici su cui basare una corretta e mirataprogettazione organizzativa. Stimolato da questa carenza nasceva il GruppoItaliano di Studio Epidemiologico per le Mielolesioni (GISEM), che, partendoda un’esperienza di tipo retrospettivo fatta da alcuni centri italiani all’iniziodegli anni 90, si poneva l’obiettivo di condurre uno studio epidemiologico ditipo prospettico sulla paraplegia in Italia, il più allargato possibile. La sopramenzionata scarsa organizzazione assistenziale, unita all’assenza in pratica dipercorsi definiti per la persona con mielolesione, precludeva già in partenzal’obiettivo dello studio dell’incidenza e della prevalenza.

Metodologia dello studio

Uno studio prospettico multicentrico, è stato effettuato in un periodo di dueanni dal 1 febbraio ’97 al 31 gennaio ’99. Trentasette centri, coinvolti neltrattamento e nella riabilitazione dei pazienti con lesione midollare in Italia, vihanno preso parte.

Per questa presentazione sono stati presi in considerazione 32 centri chegarantivano la presa in carico completa dal punto di vista riabilitativo. Tutti ipazienti con lesione midollare traumatica, ammessi consecutivamente neicentri partecipanti dopo il trauma, venivano inclusi. I pazienti venivanoregistrati come “primi ricoveri” sia se arrivavano al centro riabilitativo nelperiodo immediatamente successivo al trauma, o anche a distanza di tempo,purché contestualmente al loro primo ricovero riabilitativo. I dati erano raccoltiattraverso una scheda computerizzata, costituita di 80 punti sotto forma didomande a risposta multipla. Ogni tre mesi i dati raccolti presso ogni centrovenivano inviati al Centro di coordinamento situato presso l’Unità SpinaleUnipolare di Perugia, ove i dati venivano raccolti in un unico file, verificatiperiodicamente per la loro qualità, ed analizzati, sotto la guida di un ComitatoScientifico.

Risultati e Discussione

Sono stati presi in considerazione 715 persone ricoverate in fase acuta conlesione midollare post traumatica. Di queste ben 394 ( 55%) avevano avutocome causa lesionale un incidente stradale. Questo dato, se raffrontato conquelli del date base nordamericano (NSCISC), risulta rilevante. Difatti imielolesi da incidente stradale negli USA nel periodo 1973 - 78 erano solo il46,4%, percentuale che, dopo una campagna di prevenzione (riduzione dellavelocità, controllo sulla guida in stato di ebbrezza, uso di cinture di sicurezzaetc..), scendeva nel periodo 1995 - 99 al 38,6% (DeVivo 1999). Ugualmente

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questo dato si manteneva sotto il 47% nei paesi nord europei. Solamente inSpagna e Portogallo si riscontra un dato simile a quello emerso dallo studioprospettico circa gli incidenti stradali come causa di lesione traumatica delmidollo spinale. Questo fa riflettere su una somiglianza di abitudini e scarsorispetto delle principali regole nella guida nei paesi latini.

Nell’ambito di queste 394 persone con lesione da incidente stradale la gran-de maggioranza ( 69.0%) ha avuto l’incidente in auto, il 25,4 % in moto e il rima-nente 5.6% in bicicletta o a piedi. I maschi sono nettamente prevalenti (80 %),mentre le lesioni dorsolombari sono lievemente superiori (57 %). Rispettoall’occupazione, al momento dell’incidente il 54% risultava impiegato, il 14%pensionato e il 11% era studente. La distribuzione dell’età ha un andamentoomogeneo tra i 18 e i 55 anni con una media intorno ai 33 anni nel totale dellepersone con mielolesione postraumatica. In quelli che presentano paraplegiasuccessivamente ad incidente stradale la distribuzione è nettamente spostataverso i 20 / 25 anni. Questo dato, abbinato a quello lavorativo, indica il grave“peso sociale” di questi eventi dovuti ad incidenti sulla strada.

Un’altra analisi interessante è stata quella di valutare l’incidenza degli inci-denti stradali il sabato e la domenica, che ha mostrato un significativo aumen-to in questi giorni, legato probabilmente alle stesse problematiche delle “stra-gi del sabato sera”. Anche l’uso o meno delle cinture di sicurezza ha eviden-ziato un aspetto interessante: difatti più del 70% dei traumatizzati che si tro-vavano alla guida del veicolo non avevano cinture, mentre, nel caso che fosse ilpasseggero il coinvolto, tale percentuale scendeva a poco più del 50%.

Gli incidenti avvenuti sulla strada coinvolgevano poi in ben il 21% dei casipersone che stavano lavorando, identificando così l’evento come infortunio sullavoro. Anche questo dato conferma la pesantezza dal punto di vista sociale,economico oltre che ovviamente personale di tali incidenti.

Lunga è l’attesa media tra evento incidentale e ricovero nelle strutture par-tecipanti alla ricerca (mediana di 28 giorni), attestante la ancora scarsa organiz-zazione assistenziale su questa patologia in Italia. La degenza media è invecedi poco superiore ai 4 mesi.

Infine alla dimissione solo l’82% dei soggetti torna immediatamente a casa,mentre il 16% va in altri ospedali.

Follow-up

Un altro aspetto importante per avere un quadro completo delle problema-tiche della persona con mielolesione è quello di conoscere la situazione adistanza di tempo per valutare appieno tutte le implicazioni socio-economiche.

E’ stato condotto a tal fine un follow-up di uno studio retrospettico, pervalutare l’outcome in una popolazione di soggetti mielolesi ad una distanzamedia dalla dimissione dal ricovero riabilitativo di sei anni, ricercando even-tuali correlazioni tra i risultati ottenuti e i dati demografico-clinici.

Lo studio ha coinvolto 146 pazienti mielolesi dimessi da strutture riabilitati-ve tra il 1989 ed il 1994. Ai pazienti è stato somministrato un questionario telefo-

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nico i cui items riguardano: stato di salute, occupazione, mobilità, autonomia,relazioni e legami affettivi, qualità della vita.

La popolazione era costituita da 104 (71,2%) maschi e 42 (28,8%) femmine.L’età media era 37,8 anni. L’intervallo medio di tempo dalla dimissione era di6,1 anni (minimo 3, massimo 10). Dei pazienti 109 (74,7%) erano traumatici e 37(25,3%) non traumatici. Il gruppo comprendeva 53 (36,3%) pazienti con lesionecervicale e 93 (63,7%) pazienti con lesione dorso-lombare.

Dall’analisi dello stato di salute si riscontra che il 25,3% degli intervistati haavuto almeno un ricovero ospedaliero nell’ultimo anno soprattutto per proble-mi urologici (22,9%), spasticità (11,4%) e ciclo riabilitativo (11,4%).

L’item sull’occupazione mostra che il 57,5% non svolge alcuna attività, il29,5% lavora e il 10,3% studia. Tra quelli che lavorano il 35,6% afferma di avercambiato occupazione. Il lavoro attuale risulta essere retribuito a tempo pienonel 35,8% dei casi, retribuito part-time nel 24,5% e non retribuito nel 35,8%. Lefonti di sostentamento economico più frequentemente segnalate sono la pen-sione e la famiglia. Il titolo di studio è la licenza elementare per il 24%, il diplo-ma di scuola media inferiore per il 31,5%, il diploma di scuola media superioreper il 39% e la laurea per il 3,4%; il 2,1% non ha alcun titolo di studio.L’occupazione correla con l’età, nel senso che chi lavora o studia ha un’etàmedia più bassa di chi non ha nessuna occupazione (30,4 vs 42,8; p<0,0001).

Dagli items sulla mobilità risulta che il 51,4% dei pazienti intervistati nonguida l’auto e che il 61% esce tutti i giorni. L’item sulla guida dell’auto risultacorrelato a dati demografico-clinici quali: l’età (chi guida ha un’età media di32,8 vs 42,8 di chi non guida; p<0,0001), il sesso (56,7% maschi vs 28,6% fem-mine; OR=3,28, CI 95% 1,42 - 7,66), l’eziologia (54,1% traumatica vs 32,4% nontraumatica; OR=2,46, CI 95% 1,05 - 5,81), il livello di lesione (55,9% paraplegicivs 35,8% tetraplegici; OR=2,27, CI 95% 1,07- 4,83).

Dall’indagine sull’autonomia risulta che il 35,6% esce di casa solo se accom-pagnato e il punteggio medio dell’autonomia, valutata con una scala da 0 a 10,risulta 6,5. Questa variabile ordinale correla con l’età (Rho di Spearman = -0,33)in senso negativo, ovvero il punteggio diminuisce con l’aumentare dell’età, econ il livello di lesione (p<0,0001): il punteggio medio dell’autonomia è di 7,2per i paraplegici e di 5,2 per i tetraplegici. La variabile ordinale correla anchecon l’item sulla guida dell’auto (p<0,0001): il punteggio medio è 7,6 per chiguida e 5,3 per chi non guida. Correlano significativamente anche i due itemsdell’area (p<0,0001): il punteggio medio dell’autonomia è di 7,2 per chi esce dasolo, e di 5,1 per chi non esce da solo. Nell’ambito delle relazioni e dei legamiaffettivi si è riscontrato un cambiamento nei rapporti per il 63% degli intervi-stati (in termini di allontanamento nel 32,9% e di maggiore valutazione nelleamicizie nel 13,4%). Indagando la soddisfazione nella vita sentimentale, il34,2% si dichiara insoddisfatto, il 48,6% soddisfatto e il 17,1% non risponde.Questi due items correlano tra loro: chi riferisce un cambiamento nella relazio-ne risulta soddisfatto della vita sentimentale per il 53,6% (OR=0,25, CI 95% 0,1- 0,65) ed insoddisfatto per l’84% (OR=3,41, CI 95% 1,02 - 14,62).

La qualità della vita (QoL), indagata come variabile ordinale con la scala di

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valutazione da 0 a 10, dà come punteggio medio 6,5 e presenta diverse correla-zioni significative. Le correlazioni con i dati demografico-clinici riguardanol’età: al crescere dell’età diminuisce il punteggio nella scala a 10 punti (R diSpearman = -0,43). Non risulta una correlazione significativa con il livello e lacompletezza della lesione. Rispetto agli altri items, la QoL correla con due itemssull’occupazione (occupazione attuale e retribuzione lavorativa): chi studia olavora rispetto a chi non ha un’occupazione ha una QoL più alta (7,1 vs 5,96;p<0,0045), soprattutto se fa un lavoro retribuito piuttosto che volontario (part-time 8,2, full-time 7,3, volontario 6,5; p<0,004). Risulta significativa la correla-zione con l’item relativo alla guida auto (p<0,0006): chi guida dà punteggiomedio di QoL 7,3 mentre chi non guida dà punteggio medio 5,7. La QoL corre-la inoltre con entrambi gli items relativi all’autonomia (variabile ordinale enecessità di accompagnamento): la variabile ordinale correla in senso positivo(R di Spearman = 0,48), chi esce da solo ha punteggio medio 7,2 contro 5 di chinon esce da solo (p<0,0001). Emergono correlazioni significative anche con dueitems sulle relazioni ed i legami affettivi (modificazione delle relazioni e soddi-sfazione nella vita sentimentale): chi riferisce un cambiamento nelle relazioni,totale o parziale, ha un punteggio medio di QoL inferiore a chi non rileva cam-biamenti (5,6 e 6,8 vs 7,1; p<0,003); il punteggio medio di QoL risulta più ele-vato per chi si dice soddisfatto della vita sentimentale (7,2) rispetto a chi èinsoddisfatto o per mancanza di incontri (6,3) o per limiti fisici (5) o per entram-bi i motivi (5); p<0,0004.

Conclusioni

Anche se ancor oggi non siamo in grado di fornire dati sull’incidenza e laprevalenza della mielolesione in Italia, tuttavia il campione rilevante numerica-mente può essere considerato sufficientemente rappresentativo per trarre alcu-ne considerazioni al fine di una miglior organizzazione assistenziale, per unaprevenzione e infine per un miglior inserimento nella comunità alla dimissione.La prevalenza dell’eziologia traumatica da incidente stradale rilevata in questostudio aiuta ad identificare alcuni campi verso i quali può essere utile indirizza-re la prevenzione. Quasi la metà delle mielolesioni determinate da incidenti stra-dali si verifica nei giorni alla fine della settimana lavorativa (sabato e domenica).Questi soggetti sono giovani, almeno in parte rappresentati da ragazzi cherimangono vittime di incidenti stradali al rientro dalle discoteche nella notte trasabato e domenica, ma anche persone che probabilmente viaggiano sulle stradedelle vacanze durante i week-ends estivi. Il problema è già ben conosciuto inItalia, tanto che esiste un impegno scientifico, legislativo, economico indirizzatoa disegnare specifici programmi di prevenzione dei traumi stradali. Quello chequesti dati dovrebbero aggiungere è una maggiore consapevolezza, della possi-bilità che una frattura vertebrale, di frequente riscontro in traumi stradali possadiventare mielica per mancanza di informazione ed attenzione non solo da partedegli operatori del primo soccorso, ma anche di chi si trovi a prestare aiuto sulluogo dell’incidente. Un dato allarmante riguarda lo scarso uso delle cinture di

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sicurezza. Sebbene questa percentuale non possa essere messa in relazione allapopolazione generale degli automobilisti, una maggiore probabilità di incorrerein una lesione midollare da parte di coloro che non indossano la cintura di sicu-rezza potrebbe essere ipotizzata, come riportato in alcuni studi. (Carter 1977;Thurman, Burnett et al. 1995).

La percentuale di incidenti sul lavoro è simile a quella riportata in altri lavo-ri, ma è ancora molto alta e le strategie per la prevenzione dovrebbero esseremigliorate. (O’Connor 2001).

Centri partecipanti allo studio GISEM **

- Clinica di Neuroriabilitazione, Ancona: L. Provinciali, M. Danni- SRRF Ospedale Maggiore, Parma: M. Boselli, M. Franceschini- SRRF Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna: M. Menarini, M. Alianti L. Landi- SRRF Ospedale Bellaria, Bologna: M.P. Ferrari, G. Domenicucci- DRRF Ospedale Maggiore, Bologna: R. Piperno, N. Battisti.- Centro Paraplegici Ospedale di Ostia: D. A. Fletzer, M. Magnini- Centro Medico Cassano Murge - IRCCS, Cassano Murge (BA): R. Nardulli, S. Calabrese, E. Lo Savio- Unità Spinale - CTO, Firenze: S. Aito, M. Mizzau- Casa di Cura “Luce sul Mare”, Igea Marina: A. Battistini, L. Betti - Centro di Riabilitazione “Villa Beretta” - Ospedale Valduce, Costamasnaga: N. Cellotto, A. Lissoni,M. Cazzaniga, F. Molteni, L. Suardi- Ospedale di Riabilitazione di Longone al Segrino, Longone al Segrino: M. Almici- Sezione Mielolesi, Magenta: Magnaghi, A. Zanollo, Zucchi, Tagliabue, F. Politi- U.O.R.R.F. Ospedale Civile, Legnano: G. Alberti- Istituto di Terapia Fisica e Riabilitazione, Milano: T. Redaelli, E. Radaelli, C. Gallo, F. Santagostini - Divisione Paraplegici - CTO, Milano: A.Bava, C.M. Borghi- SRRF Ospedale di Bergamo - Sezione Mozzo, Mozzo: I. Ghislandi, M. Ceravolo, G.Molinero - Centro di Riabilitazione “S. Stefano”, P. Potenza Picena: M. Menichetti, M. Vallasciani, M. Rabuini,G. Leone, S. Spurio- Servizio Riabilitazione Ortopedica, Padova: D. Primon, M. Ortolani, Arrigo Baldo, M. Gulgelmetto- Ospedale Casati - Passirana di Rho, Passirana di Rho: M. Taricco, Ranieri, R. Adone, S. Di Carlo, A.Ferrari, M.G. Maringelli- Centro Medico Montescano, Pavia: C.Pistarini, C.Rampulla, A. Contardi- Ospedale Villa Rosa - CRF, Pergine Valsugana: R. Albertazzi, A. Mosetti- Unità Spinale Unipolare - Ospedale Silvestrini, Perugia: M. C. Pagliacci, G. Finali - Unità di Neuroriabilitazione Clinica neurologica Ospedale S. Chiara, Pisa: G. Stampacchia, B.Rossi - SRRF Ospedale S.M. delle Croci, Ravenna: G. Gatta, S. Tibaldi, G. Cortese- IRCCS Santa Lucia, Roma: G. Scivoletto, V. Castellano- Unità Spinale Unipolare CTO, Roma: V. Santilli, Trigila, M. Vinciguerra- Unità Spinale, Sondalo: E. Occhi, F. Gualzetti- Unità Spinale, Torino: D. Loria, V. Filipello, S. Negri, L. Olino- U.O. di Riabilitazione Intensiva Neuromotoria, Trevi: S. Baratta, M. Zampolini, M.G. Celani - Centro di Riabilitazione, Trieste: P. Di Benedetto, R. Piccinino - Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione, Udine: M. Saccavini, L. Lovati, A. Zampa- Reparto di RRF Ospedale “Sacro Cuore - Don Calabria”, Negrar: Z. Cordioli, G. Salvi, R. Avesani - UORRF Unita Spinale Ospedale San Bortolo, Vicenza: M. Leucci, M. Menarini- Centro di Recupero e Rieducazione Funzionale, Villanova d’Arda: S. Lotta, D. Nicolotti, R. Bocchi- Clinica Villa delle Magnolie, Castel Morrone: N. Avena, M. Esposito, P. Sabino, C.Limardi- Istituto scienze neurologiche, Catania: A. Reggio- Istituto Riabilitazione Neuromotoria, Mezzaselva di Roana: C. Strazzabosco, C. Guerriero

- Istituto Superiore di Sanità, Gruppo di riferimento del Progetto DATIS (linea d): F. Taggi (responsa-

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L’amputazione d’arto è fattore di rischio e di limitazione della sicurezza alla guida?*

Marco Traballesi e Stefano Brunelli

Unità Operativa D, sezione amputati, I.R.C.C.S. Fondazione Santa Lucia, Roma

Per un soggetto affetto da disabilità il poter utilizzare la propria autovet-tura come mezzo di trasporto è un traguardo molto importante: ciò significarecuperare la propria indipendenza per ristabilire rapporti sociali, per esserereinseriti nel mondo del lavoro, per attendere ai propri bisogni e in particola-re per recuperare la propria autostima. Tale traguardo nei pazienti amputatipuò e deve essere raggiunto ove possibile ed è uno degli obbiettivi di un com-pleto programma riabilitativo a lungo termine. Il soggetto amputato che ritor-na a guidare ha raggiunto un accettabile livello di autonomia e quindi puòmantenere o recuperare il livello sociale e lavorativo che aveva perso con l’am-putazione.

Ovviamente l’autovettura deve essere attrezzata con particolari adatta-menti, diversificati in relazione al segmento amputato e al livello dell’ampu-tazione, secondo quanto indicato dalla circolare ministeriale MTCT del30/10/1991 n.148. Tali modificazioni della configurazione del posto di guidahanno una duplice funzione: da un lato consentono ad un disabile di poteragevolmente utilizzare tutti i comandi necessari per guidare, compensandoquindi l’handicap legato alla propria disabilità, dall’altro garantiscono unasicurezza di guida non inferiore alla predisposizione originaria; l’obbiettivo èovviamente salvaguardare sia il disabile alla guida che gli altri.

Per legge gli adattamenti, codificati nell’allegato 2 della MCTC n.148, ven-gono determinati dalla “classe” di minorazione (allegato 1) accertata da unaspecifica commissione medica locale istituita presso la ASL. La commissionerilascia un certificato di idoneità alla guida e quindi il disabile deve sostenere,presso la Motorizzazione Civile, l’esame di guida con una autovettura adatta-ta come prescritto dalla commissione stessa. Solo superando l’esame il disabi-le può ottenere la Patente Speciale che gli consente di riacquistare la propriaindipendenza nella mobilità.

Abbiamo voluto ricordare questa “trafila burocratica” al fine di sottolinea-

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* Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito dell’Accordo Quadro tra IstitutoSuperiore di Sanità e Fondazione Santa Lucia sulla riabilitazione e sulla pre-venzione dell’incidentalità stradale.

re come nell’intento del legislatore ci sia stata la volontà di tutelare la sicurezzastradale, ma in tale normativa, riguardo al paziente amputato, esiste una“falla” che successivamente analizzeremo.

Per ritornare alla guida il disabile è costretto ad un iter spesso difficoltosoe impegnativo sia in termini di tempo sia, soprattutto, in termini economici;quindi lo Stato viene incontro a chi deve adattare la propria autovetturamediante la detrazione dell’IRPEF del 19% della spesa sostenuta per gliadattamenti, con l’esenzione del bollo e, ove necessario di acquisto di unanuova autovettura, con la riduzione dell’Iva al 4%.

Veniamo ora ad alcuni esempi di adattamenti per la guida previsti inrelazione al livello di amputazione di un arto.

In caso di amputazione di un arto superiore ad un livello più alto del 3°medio dell’avambraccio (Classe 1) sono previsti i seguenti adattamenti:adattamento del freno di stazionamento e della leva del cambio, servosterzo,satellite multifunzione a pulsante sul volante e cambio automatico. In questocaso tutte le principali funzioni vengono demandate all’arto superiore sanonon prevedendo nessun intervento da parte dell’arto protesizzato.

Quando l’amputazione è ad un livello più basso del 3° superioredell’avambraccio sinistro e il disabile è fornito di una protesi ben adattata èsufficiente il servosterzo e disporre le luci e i servizi in una centralina dispostasul volante dalla parte dell’arto valido; in questo caso si riconosce alla protesila funzionalità di sostegno del volante quando l’arto destro aziona i comandi(es. cambio). In caso di amputazione dell’avambraccio destro è necessariol’adattamento del freno di stazionamento e il cambio automatico.

Va ricordato che la protesi è considerata alla stregua di un adattamento perla guida e come tale viene riportata sulla patente.

Per gli amputati d’arto inferiore esistono due classi principali: la 4, ritenutapiù invalidante, e la 5 nella quale rientrano solo gli amputati transtibiali cheabbiano un livello di amputazione al di sotto di 8 cm dal ginocchio unicamentese forniti di protesi ben adattata. In quest’ultimo caso se l’amputazionetranstibiale è sinistra è possibile semplicemente adattare il pedale dellafrizione per ottenere la patente speciale.

Nei casi di amputazione sopra gli otto centimetri dal ginocchio o anchesotto tale misura ma senza protesi ben adattata i soggetti rientrano nella classe4 ove sono previsti, in caso di amputazione destra, numerosi adattamenti(cambio automatico o frizione a cerchio al volante o frizione automaticaassociato a inversione del pedale di accelerazione, ripiegabile, a sinistra delpedale del freno principale oppure acceleratore manuale oppure acceleratoremanuale e freno principale a mano). Infine gli amputati di classe 4 sinistranecessitano di cambio automatico, ovvero si esclude la possibilità di utilizzarel’arto inferiore sinistro protesizzato.

Ci sembra in questi ultimi casi che il legislatore non abbia tenuto contodell’evoluzione tecnica delle protesi in particolare dei nuovi materiali per lacostruzione degli invasi (per esempio le cuffie in gel di stirene con attaccodistale) che garantiscono un’ottima sensibilità e “tenuta” anche per monconi di

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gamba più corti di otto centimetri. Per un amputato il passaggio dalla classe diminorazione 4 alla classe 5 potrebbe significare un cospicuo risparmio economi-co.

In altri paesi dell’Unione Europea si è tenuto maggiormente in considera-zione la capacità di utilizzare la protesi per manovrare i comandi: in Francia,ad esempio, l’amputato al terzo inferiore di tibia bilaterale, ovviamente conprotesi ben adattata, può guidare un’autovettura senza alcun adattamentomentre in Italia è richiesto l’acceleratore al volante e il freno di servizio a mano,o l’acceleratore e freno principale a mano e solo in caso di protesi ben adatta-ta al III inferiore di tibia è possibile utilizzare la frizione con pedale adattato.

La Circolare 148 della Motorizzazione inoltre stabilisce che i soggetti condisabilità invalidanti, e quindi gli amputati, non possono conseguire la paten-te speciale per guidare i motocicli ma solo i motoveicoli (motocarrozzette emotocarri). L’art. 327, al comma 5, del vecchio regolamento del codice dellastrada recitava chiaramente, senza alcuna motivazione tecnica, che “il rilascioo la conferma di validità della patente di categoria A per la guida di motociclinon può essere concessa ai minorati degli arti”. Anche nel nuovo codice dellastrada (DL n.285, 30/4/1992) la possibilità di guidare i motocicli per i sogget-ti amputati sembra preclusa.

Eppure, per gli amputati sotto il ginocchio, la guida dei motocicli a dueruote è stata ammessa dagli Anni ’50 fino agli anni ’80. Una moto può essereadattata raggruppando i comandi dal lato dell’arto valido, utilizzando uncomando comune di frenaggio manuale sulle ruote anteriori e posteriori e unpoggiapiedi che eviti lo scivolamento, oppure si può optare per l’aggiunta diun sidecar.

Invece, vista l’impossibilità per i soggetti amputati d’arto inferiore di gui-dare una motocicletta e considerando la pressante richiesta di tali soggetti diutilizzare un mezzo a due ruote che soprattutto nei giovani assume una forteattrattiva socializzante, attualmente accade che per ovviare a questa restrizio-ne gli amputati di gamba (ed anche quelli di coscia!) usano tranquillamenteciclomotori di 50 c.c. o microcar per i quali non è prevista nessuna patente ne’visita medica. Questo paradosso mette in luce, come accennavamo in prece-denza, che la legislazione in questa materia presenta ancora degli aspetti oscu-ri e da riordinare.

Mettendo da parte le considerazioni legislative e burocratiche cerchiamoora di rispondere alla domanda iniziale: l’amputazione d’arto e’ fattore dirischio e di limitazione della sicurezza alla guida?

Dai dati di una nostra ricerca condotta su 182 amputati d’arto inferiore pervasculopatia, di età media 60 anni, ricoverate nel reparto amputati dellaFondazione S. Lucia dal 1991 al 1999 è risultato che il 14,4% dei soggetti disesso maschile (18 su 125) e il 3% della donne (2 su 57) guidava regolarmentel’auto. Entrando nel dettaglio di tale popolazione osserviamo come il livello diamputazione sia determinante nel riprendere a guidare: infatti tra gli uominiben il 42% dei soggetti amputati sotto al ginocchio dichiarava di guidare rego-larmente la propria autovettura a differenza degli amputati sopra il ginocchio

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e bilaterali (7% e 5% rispettivamente). In letteratura sono riportati dati discor-danti in quanto la percentuale dei soggetti che riprende a guidare varia in rela-zione all’età e al livello di amputazione. Per esempio Jones (1993) riporta cheil 25% degli amputati da loro studiati utilizza la macchina per la propria mobi-lità mentre i trasporti pubblici sono usati solo dal 9% dei soggetti. Burger(1997) ha trovato che ben il 52% del campione di soggetti amputati da luiosservato era in grado di guidare la macchina ma si trattava di una popola-zione giovane con eziologia d’amputazione traumatica.

Pertanto i nostri dati vanno osservati alla luce dell’età avanzata dei sog-getti sottoposti a valutazione nel succitato follow-up ed anche in considera-zione dell’alta percentuale di amputati sopra il ginocchio (68%); inoltre consi-derando le difficoltà che vanno superate per ottenere la patente speciale e peradattare l’autovettura, riteniamo particolarmente elevato il numero di sogget-ti che riprendono a guidare.

Ancor più significativo ci sembra il fatto che durante il periodo di osserva-zione, durato tra 1 e 8 anni dalla ripresa della guida, nessuno dei soggetti esa-minati ha mai avuto incidenti stradali anche lievi.

I nostri dati evidenziano quindi che l’amputato d’arto inferiore è un gui-datore sicuro: forse la consapevolezza di essere disabile, in un quadro cogniti-vo integro, aumenta lo stato di attenzione e la prudenza; questa ipotesi saràfrutto di ulteriori ricerche nel nostro Istituto.

Altri dati interessanti riguardo alla guida dei soggetti amputati vengonoda un lavoro originale condotto nella regione dell’Asturia (Spagna) daFernandez e colleghi (2000).

Questo studio ha messo in evidenza che su una popolazione di 236 sog-getti, amputati o di arto superiore o di arto inferiore prima dei 18 anni, benil 47,4% guida regolarmente la macchina. Questi dati sono relativi a soggetticon età media di 45 anni e che non avevano ancora la patente quando sonostati amputati. E’ significativo il fatto che la percentuale di amputati in gradodi guidare è pressoché sovrapponibile a quella dei patentati di tutta la popo-lazione sana della Regione oggetto dello studio. Anche questo studio, inaccordo con i nostri dati, mostra che gli amputati sotto il ginocchio utilizza-no l’autovettura più degli amputati di coscia; inoltre dimostra che ne’ lacausa ne’ il lato d’amputazione hanno influenza sulla capacità di guida.Altro dato interessante riguarda gli adattamenti: ben il 45,6% dei soggettiguida regolarmente senza alcuna modificazione della propria vettura mapurtroppo non è riportato se ciò è dovuto ad una legislazione più permissi-va della nostra; inoltre non è stata studiata l’incidenza di incidenti rispettoalla popolazione sana.

In conclusione vogliamo sottolineare che avere la patente vuol dire auto-nomia e quindi miglioramento della qualità della vita, possibilità di occupa-zione e di socializzazione e possibilità di praticare lo sport. Avere la patente èun diritto se sono presenti questi presupposti: capacità motoria, psichica, capa-cità di guida, conoscenza del codice della strada, sicurezza per sé e per gli altri;per un soggetto amputato, che oggi grazie alle innovazioni tecnologiche

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Franco Taggi (a cura di)“Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (Progetto Datis - II rapporto)

Istituto Superiore di Sanità, Roma 2003

Accordo Quadro ISS - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

riguardanti le protesi può recuperare una eccellente mobilità, ottenere la pos-sibilità di guidare la macchina è il passo successivo per un completo reinseri-mento sociale.

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