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1. Premessa Nel corso degli ultimi due anni, la risoluzione per inadem- pimento è stata interessata da una produzione giurispru- denziale assai rilevante; anche sul versante dottrinale si an- noverano contributi significativi, che offrono una ricostru- zione completa del rimedio (1). Non è questa la sede per una analisi organica dell’istituto. In sintonia con la vocazione degli Itinerari, ci limiteremo a segnalare all’attenzione del lettore le più rilevanti pronun- ce della giurisprudenza di legittimità, con particolare riferi- mento a quella inedita. Dopo aver considerato i presuppo- sti sostanziali che giustificano la risoluzione (§§ 1-3), ne va- luteremo il regime processuale e i rapporti con altri rimedi (§§ 4-7). A conclusione della rassegna, si farà una breve in- cursione sul terreno della risoluzione per impossibilità so- pravvenuta, per segnalare una tendenza delineatasi nella giurisprudenza più recente (§ 8). 2. Risoluzione e imputabilità dell’inadempimento Se certamente il risarcimento del danno contrattuale pre- suppone che l’inadempimento sia imputabile al debitore (art. 1218 c.c.), la rilevanza del medesimo requisito risulta assai più controversa sul terreno della risoluzione. Nella dottrina di settore, come è noto, si trovano rappre- sentati due orientamenti diversi. Secondo alcuni autori, gli artt. 1453 ss. sono applicabili so- lo a condizione che l’inadempimento sia imputabile al de- bitore (2). Si estende alla risoluzione per inadempimento un requisito espressamente previsto per la responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) (3). Sebbene l’inadempimen- to non sia imputabile al debitore, il contratto si risolve ugualmente qualora la prestazione sia divenuta impossibile: trovano applicazione gli artt. 1463 ss. c.c. Secondo questa ricostruzione, nondimeno, quando l’ina- dempimento non è ancora definitivo, ma solo temporaneo, l’imputabilità incide sul regime della risoluzione (4). È suf- DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008 261 ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA Inadempimento e risoluzione del contratto: un punto di vista sulla giurisprudenza di Matteo Dellacasa Note: (1) Ci si riferisce, in particolare, ai contributi della trattatistica più re- cente: cfr. Nanni, Costanza, Carnevali, Risoluzione per inadempimento, in Comm. cod. civ. fondato da Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bolo- gna, 2007, sub artt. 1455-1459; Sicchiero, La risoluzione per inadempimen- to, in Comm. cod. civ. fondato da Schlesinger, diretto da Busnelli, Mila- no, 2007, sub artt. 1453-1459; Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fatti- specie, in Tratt. contratto, diretto da Roppo, V, Rimedi-2, Milano, 2006; Dellacasa, Inattuazione e risoluzione: i rimedi, ibidem. (2) Cfr. Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, cit., 74 ss.; Tam- poni, La risoluzione per inadempimento, in Tratt. contratti, diretto da Resci- gno, I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, 2ª ed., II, Torino, 2006, 1719; Cabella Pisu, Dell’impossibilità sopravvenuta, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 2002, sub art. 1463, p. 18 ss.; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, 277 ss.; Verdera Server, Inadempimento e risoluzione del contratto, Padova, 1994, 187 ss.; Luminoso, in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della risolu- zione per inadempimento, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1990, sub art. 1453, 19 ss.; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. Dir., XL, Milano, 1989, 1309, nt. 8. Tra coloro che avvalorano il parallelismo tra risoluzione per inadempi- mento e risarcimento del danno contrattuale va annoverato anche Sic- chiero, La risoluzione per inadempimento, cit., 160 ss.: la ricostruzione del- l’A. tuttavia, tende a circoscrivere il ruolo svolto dalla colpa nell’applica- zione dei due rimedi. Quando la colpa del debitore non è espressamente richiesta ai fini della responsabilità per inadempimento, si concretizzano «due indicazioni:... la parte inadempiente senza colpa non potrà né pre- tendere di effettuare l’adempimento tardivo del contratto né evitare la ri- soluzione per inadempimento;… il risarcimento del danno sarà dovuto comunque, trattandosi in definitiva di accollarlo a chi lo ha causato, a prescindere da ogni riprovevolezza del suo comportamento…» (194 s.). In definitiva, l’autore ammette che l’imputabilità dell’inadempimento in- cida sul regime della risoluzione, ma estende l’area della responsabilità og- gettiva limitando correlativamente il ruolo della colpa. (3) Secondo una dottrina autorevole, la rilevanza accordata al requisito dell’imputabilità in relazione alla risoluzione per inadempimento trova ri- scontro nel testo dell’art. 1218 c.c. L’identità del termine «inadempi- mento» adottato dal legislatore denota che risoluzione e responsabilità contrattuale si fondano sui medesimi presupposti applicativi (Sicchiero, La risoluzione per inadempimento, cit., 160 ss.). A parere di chi scrive, dal testo dell’art. 1218 c.c. è desumibile un’indicazione di segno opposto: l’i- nadempimento è tale anche se la circostanza che ha precluso l’esecuzione della prestazione non è imputabile al debitore. Nell’ambito dell’art. 1218 c.c., come è evidente, il termine «inadempimento» designa la mancata o inesatta esecuzione della prestazione oggettivamente considerata, essen- do onere del debitore provare che essa dipende da causa a lui non impu- tabile. Se dunque si assume che il legislatore sia coerente nell’uso dei ter- mini, anche nel contesto degli artt. 1453 ss. c.c. il vocabolo «inadempi- mento» indica la mancata o inesatta esecuzione della prestazione, non necessariamente imputabile al debitore. L’argomentazione è debole, per- ché postula la coerenza semantica del legislatore e si fonda su un dato me- ramente letterale: può tuttavia contribuire ad avvalorare la tesi, sostenu- ta nel testo (§ 2), secondo cui l’imputabilità dell’inadempimento non in- cide sul regime della risoluzione. (4) Cfr. Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, cit., 75 s.; Tampo- ni, La risoluzione per impossibilità sopravvenuta, in Tratt. contratti, diretto da Rescigno, I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, 2ª ed., II, Torino, 2006, 1794 s.; Macario, Le sopravvenienze, in Tratt. contratto, diretto da Roppo, V, Rimedi-2, Milano, 2006, 568 ss.; Sacco, La risoluzione per im- possibilità sopravvenuta, in Sacco e De Nova, Il contratto, II, 3ª ed., in Tratt. dir civ. diretto da Sacco, Torino, 2004, 689; Roppo, Il contratto, in Tratt. dir. priv., diretto da Iudica e Zatti, Milano, 2001, 1010; Luminoso, in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento, cit., 23.

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1. PremessaNel corso degli ultimi due anni, la risoluzione per inadem-pimento è stata interessata da una produzione giurispru-denziale assai rilevante; anche sul versante dottrinale si an-noverano contributi significativi, che offrono una ricostru-zione completa del rimedio (1).Non è questa la sede per una analisi organica dell’istituto.In sintonia con la vocazione degli Itinerari, ci limiteremo asegnalare all’attenzione del lettore le più rilevanti pronun-ce della giurisprudenza di legittimità, con particolare riferi-mento a quella inedita. Dopo aver considerato i presuppo-sti sostanziali che giustificano la risoluzione (§§ 1-3), ne va-luteremo il regime processuale e i rapporti con altri rimedi(§§ 4-7). A conclusione della rassegna, si farà una breve in-cursione sul terreno della risoluzione per impossibilità so-pravvenuta, per segnalare una tendenza delineatasi nellagiurisprudenza più recente (§ 8).

2. Risoluzione e imputabilità dell’inadempimentoSe certamente il risarcimento del danno contrattuale pre-suppone che l’inadempimento sia imputabile al debitore(art. 1218 c.c.), la rilevanza del medesimo requisito risultaassai più controversa sul terreno della risoluzione. Nella dottrina di settore, come è noto, si trovano rappre-sentati due orientamenti diversi. Secondo alcuni autori, gli artt. 1453 ss. sono applicabili so-lo a condizione che l’inadempimento sia imputabile al de-bitore (2). Si estende alla risoluzione per inadempimentoun requisito espressamente previsto per la responsabilitàcontrattuale (art. 1218 c.c.) (3). Sebbene l’inadempimen-to non sia imputabile al debitore, il contratto si risolveugualmente qualora la prestazione sia divenuta impossibile:trovano applicazione gli artt. 1463 ss. c.c. Secondo questa ricostruzione, nondimeno, quando l’ina-dempimento non è ancora definitivo, ma solo temporaneo,l’imputabilità incide sul regime della risoluzione (4). È suf-

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008 261

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Inadempimento e risoluzione del contratto: un punto di vistasulla giurisprudenzadi Matteo Dellacasa

Note:

(1) Ci si riferisce, in particolare, ai contributi della trattatistica più re-cente: cfr. Nanni, Costanza, Carnevali, Risoluzione per inadempimento, inComm. cod. civ. fondato da Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bolo-gna, 2007, sub artt. 1455-1459; Sicchiero, La risoluzione per inadempimen-to, in Comm. cod. civ. fondato da Schlesinger, diretto da Busnelli, Mila-no, 2007, sub artt. 1453-1459; Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fatti-specie, in Tratt. contratto, diretto da Roppo, V, Rimedi-2, Milano, 2006;Dellacasa, Inattuazione e risoluzione: i rimedi, ibidem.

(2) Cfr. Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, cit., 74 ss.; Tam-poni, La risoluzione per inadempimento, in Tratt. contratti, diretto da Resci-gno, I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, 2ª ed., II, Torino, 2006,1719; Cabella Pisu, Dell’impossibilità sopravvenuta, in Comm. cod. civ. acura di Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 2002, subart. 1463, p. 18 ss.; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994,277 ss.; Verdera Server, Inadempimento e risoluzione del contratto, Padova,1994, 187 ss.; Luminoso, in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della risolu-zione per inadempimento, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca,Bologna-Roma, 1990, sub art. 1453, 19 ss.; Belfiore, voce Risoluzione delcontratto per inadempimento, in Enc. Dir., XL, Milano, 1989, 1309, nt. 8.Tra coloro che avvalorano il parallelismo tra risoluzione per inadempi-mento e risarcimento del danno contrattuale va annoverato anche Sic-chiero, La risoluzione per inadempimento, cit., 160 ss.: la ricostruzione del-l’A. tuttavia, tende a circoscrivere il ruolo svolto dalla colpa nell’applica-zione dei due rimedi. Quando la colpa del debitore non è espressamenterichiesta ai fini della responsabilità per inadempimento, si concretizzano«due indicazioni:... la parte inadempiente senza colpa non potrà né pre-tendere di effettuare l’adempimento tardivo del contratto né evitare la ri-soluzione per inadempimento;… il risarcimento del danno sarà dovutocomunque, trattandosi in definitiva di accollarlo a chi lo ha causato, aprescindere da ogni riprovevolezza del suo comportamento…» (194 s.).In definitiva, l’autore ammette che l’imputabilità dell’inadempimento in-cida sul regime della risoluzione, ma estende l’area della responsabilità og-gettiva limitando correlativamente il ruolo della colpa.

(3) Secondo una dottrina autorevole, la rilevanza accordata al requisitodell’imputabilità in relazione alla risoluzione per inadempimento trova ri-scontro nel testo dell’art. 1218 c.c. L’identità del termine «inadempi-mento» adottato dal legislatore denota che risoluzione e responsabilitàcontrattuale si fondano sui medesimi presupposti applicativi (Sicchiero,La risoluzione per inadempimento, cit., 160 ss.). A parere di chi scrive, daltesto dell’art. 1218 c.c. è desumibile un’indicazione di segno opposto: l’i-nadempimento è tale anche se la circostanza che ha precluso l’esecuzionedella prestazione non è imputabile al debitore. Nell’ambito dell’art. 1218c.c., come è evidente, il termine «inadempimento» designa la mancata oinesatta esecuzione della prestazione oggettivamente considerata, essen-do onere del debitore provare che essa dipende da causa a lui non impu-tabile. Se dunque si assume che il legislatore sia coerente nell’uso dei ter-mini, anche nel contesto degli artt. 1453 ss. c.c. il vocabolo «inadempi-mento» indica la mancata o inesatta esecuzione della prestazione, nonnecessariamente imputabile al debitore. L’argomentazione è debole, per-ché postula la coerenza semantica del legislatore e si fonda su un dato me-ramente letterale: può tuttavia contribuire ad avvalorare la tesi, sostenu-ta nel testo (§ 2), secondo cui l’imputabilità dell’inadempimento non in-cide sul regime della risoluzione.

(4) Cfr. Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, cit., 75 s.; Tampo-ni, La risoluzione per impossibilità sopravvenuta, in Tratt. contratti, diretto daRescigno, I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, 2ª ed., II, Torino,2006, 1794 s.; Macario, Le sopravvenienze, in Tratt. contratto, diretto daRoppo, V, Rimedi-2, Milano, 2006, 568 ss.; Sacco, La risoluzione per im-possibilità sopravvenuta, in Sacco e De Nova, Il contratto, II, 3ª ed., inTratt. dir civ. diretto da Sacco, Torino, 2004, 689; Roppo, Il contratto, inTratt. dir. priv., diretto da Iudica e Zatti, Milano, 2001, 1010; Luminoso,in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento,cit., 23.

ficiente un ritardo grave, purché imputabile al debitore, adeterminare lo scioglimento del contratto (artt. 1453; 1455c.c.). Se invece la prestazione diviene temporaneamenteimpossibile per causa non imputabile al debitore, il con-tratto si risolve solo quando il ritardo pregiudica radical-mente l’interesse del creditore, in base al rigoroso dispostodell’art. 1256, cpv. c.c.: fino al momento in cui il creditorenon perde interesse per l’esecuzione della prestazione ilcontratto resta sospeso, senza poter essere sciolto né attua-to. In definitiva, la circostanza che il ritardo non sia impu-tabile al debitore posticipa la risoluzione, differendo neltempo il momento in cui il creditore può tornare libero dioperare sul mercato.In quest’ottica, si precisa che la risoluzione per inadempi-mento - come il risarcimento del danno contrattuale - nonimplica necessariamente la colpa del debitore; nelle ipotesidi responsabilità oggettiva, è sufficiente che l’esecuzionedella prestazione sia impedita da una circostanza inerentealla sfera di organizzazione e controllo dell’obbligato (5).Secondo un diverso punto di vista l’imputabilità dell’ina-dempimento - in quanto circostanza interna alla sfera deldebitore - non incide sul regime della risoluzione, ma solosul risarcimento del danno (6). Il contratto si può risolvereper inadempimento anche se esso non è imputabile al de-bitore, purché sia stato gravemente pregiudicato l’interessedel creditore all’attuazione dello scambio (art. 1455 c.c.).La risoluzione è giustificata dall’inattuazione del rapportocontrattuale oggettivamente considerata, sicché le ragioniche hanno determinato l’inadempimento non possono in-cidere sul regime del rimedio. Se il debitore dimostra chel’inadempimento non gli è imputabile è esonerato dal risar-cimento del danno (art. 1218 c.c.), ma non può evitare larisoluzione del contratto qualora l’interesse del creditore al-l’attuazione dello scambio sia stato gravemente compro-messo.A fronte di queste divergenze riscontrabili nel panoramadottrinale, in giurisprudenza si afferma con formulazionistandardizzate che l’inadempimento deve essere imputabi-le al debitore: in difetto di tale requisito, si applicano le di-verse regole dettate in tema di risoluzione per impossibilitàsopravvenuta (artt. 1463 ss.; 1256 c.c.) (7). La posizioneviene confermata in tempi recentissimi. Come è stato autorevolmente osservato, quando nell’argo-mentazione giurisprudenziale si afferma che l’inadempi-mento non è imputabile al debitore si allude spesso alla pre-senza di una causa di giustificazione (8). È quanto si evincedalla motivazione di Cass. 6 febbraio 2007, n. 2553 (9):la S.C. ribadisce che l’inadempimento deve essere imputa-bile al debitore per confermare la sentenza di secondo gra-do, che aveva escluso la risoluzione in quanto l’inadempi-mento previsto da una clausola risolutiva espressa era statodeterminato dalla mancata collaborazione del creditore.In altre occasioni, invece, il termine «imputabilità» - inte-so in senso tecnico (art. 1218 c.c.) - indica che l’inadempi-mento è ascrivibile alla condotta o alla sfera di controllodell’obbligato, senza interferenze con il tema delle esimen-ti. In un primo caso, era accaduto che l’impresa a cui era

stata appaltata la pulizia dei locali della Banca d’Italia ave-va sospeso il servizio per alcuni giorni a causa di uno scio-pero aziendale posto in essere dai suoi dipendenti. I giudicidi merito accolgono la domanda di risoluzione propostadalla Banca d’Italia ritenendo che l’inadempimento fosseimputabile all’appaltatore. Il S.C., confermando la senten-za di secondo grado, afferma che lo sciopero aziendale deidipendenti - a differenza di quello nazionale o locale - nonesime il debitore da responsabilità, a meno che egli dimo-stri che l’astensione dal lavoro è illecita «per la sua procla-mazione o per il modo in cui si è realizzata» (Cass. 2 mag-gio 2006, n. 10139) (10). Si recepisce così un’autorevoleopinione dottrinale, ai termini della quale lo scioperoaziendale è imputabile al debitore a titolo di responsabilitàoggettiva, in quanto attiene alla sua sfera di organizzazionee controllo (11). Nel caso di specie, per di più, l’impresa ap-paltatrice aveva provocato lo sciopero disponendo il trasfe-rimento di alcuni dipendenti senza consultare le organizza-zioni sindacali, come invece richiesto dal contratto collet-tivo di categoria.In una seconda occasione, il giudice di legittimità cassa lasentenza resa in appello, che aveva escluso la risoluzionedel contratto ritenendo l’inadempimento non imputabileal debitore (Cass. 13 marzo 2006, n. 5407) (12). Tra unnoto operatore turistico e un consumatore intercorre uncontratto preliminare di vendita di una quota di multipro-prietà relativa ad un complesso edilizio in via di realizzazio-ne. Essendo maturato un ritardo di alcuni mesi rispetto altermine previsto per la conclusione del contratto definiti-vo, il promittente acquirente intima diffida ad adempiere echiede l’accertamento giudiziale della risoluzione. In primo

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Note:

(5) In questo senso v., da ultimo, Sicchiero, La risoluzione per inadempi-mento, cit., 170; Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, cit., 74 s.;Roppo, Il contratto, cit., 960.

(6) Cfr. Costanza, in Nanni, Costanza, Carnevali, Risoluzione per inadem-pimento, cit., sub art. 1456, 63 ss., sub art. 1457, 92; Id., in Luminoso,Carnevali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento, cit., sub art.1454, 437; Macioce, Risoluzione del contratto e imputabilità dell’inadempi-mento, Napoli, 1988, passim; Giorgianni, L’inadempimento, 3ª ed., Mila-no, 1975, 320 ss.; R. Scognamiglio, Contratto in generale, 3ª ed., in Tratt.Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1972, 271 ss.; Dalmartello, voce Riso-luzione del contratto, in Noviss. Dig. it., XVI, Torino, 1969, 128 ss.

(7) V., tra le molte, Cass. 6 febbraio 2007, n. 2553, in Contratti, 2007,965, con nota di Fontanella; Cass. 2 maggio 2006, n. 10127, in Foro it.,Rep. 2006, Contratto in genere, 620; Cass. 11 febbraio 2005, n. 2853, inForo it., Rep. 2005, Contratto in genere, 595; Cass. 27 ottobre 2003, n.16096, in Nuova giur. civ., 2004, I, 687, con nota di Dellacasa; Cass. 3 lu-glio 2000, n. 8881, in Foro it., Rep. 2000, Contratto in genere, 577; Cass.17 novembre 1999, n. 12760, in Foro it., Rep. 1999, Contratto in genere,541.

(8) Cfr. Sacco, La risoluzione per impossibilità sopravvenuta, in Sacco e DeNova, Il contratto, II, cit., 628.

(9) In Contratti, 2007, 965, con nota di Fontanella.

(10) In Riv. trim. appalti, 2006, 878, con nota di Pepe.

(11) Cfr. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, 2ª ed., Padova,1999, 172 s.

(12) In Obbl. contr., 2006, 976, con nota di Putortì.

e in secondo grado la domanda viene rigettata in quanto l’i-nadempimento allegato dall’attore non sarebbe imputabileal convenuto, ma dovuto a «ritardi negli adempimenti bu-rocratici necessari per realizzare opere di miglioramento delcomplesso immobiliare». Opportunamente, la S.C. cassa lasentenza di secondo grado, in quanto le migliorie necessa-rie per rendere l’immobile funzionale all’uso convenuto co-stituivano oggetto della prestazione dovuta dall’operatoreturistico; il ritardo nell’ultimazione dell’immobile era pursempre imputabile all’imprenditore, che non aveva valuta-to adeguatamente gli interventi necessari per adeguare lastruttura alla sua destinazione e i tempi occorrenti per otte-nere le autorizzazioni amministrative. Si ribadisce, peraltro, che la risoluzione mediante diffida(art. 1454 c.c.) implica necessariamente l’imputabilità del-l’inadempimento (13); in base all’art. 1218 c.c., ritenutoespressione di un principio generale, il debitore interessatoad evitare la risoluzione ha l’onere di provare che l’inadem-pimento non gli è imputabile. Qualora tale circostanza ri-sulti provata, si prospetta l’eventualità che il contratto si ri-solva per impossibilità sopravvenuta, in base al combinatodisposto degli artt. 1256 e 1463 c.c.

3. Segue. Ancora sull’imputabilità dell’inadempimento:incompatibilità con la funzione del rimedio risolutorioA parere di chi scrive, sussistono buone ragioni per esclu-dere che l’imputabilità dell’inadempimento incida sul regi-me della risoluzione, e limitare la rilevanza di tale requisitoal risarcimento del danno. La risoluzione è un rimedio sinallagmatico, che opera inpresenza di una grave alterazione del rapporto contrattuale(art. 1455 c.c.): non si vede come l’imputabilità dell’ina-dempimento - fattore interno alla sfera del debitore - possaprecludere lo scioglimento del contratto quando l’interessedel creditore all’attuazione dello scambio risulta seriamen-te compromesso. Estendendo alla risoluzione un requisito espressamente pre-visto per la responsabilità contrattuale, si realizza una so-vrapposizione tra rimedi che rispondono a logiche diverse.Quando si tratta di valutare se il debitore debba risponderedelle conseguenze del proprio inadempimento con il risar-cimento del danno contrattuale, è necessario valutare le ra-gioni che hanno determinato la mancata o inesatta esecu-zione della prestazione: la responsabilità del debitore pre-suppone che la causa che ha reso impossibile l’esecuzionedella prestazione sia a lui riferibile. Nella risoluzione, inve-ce, occorre valutare se lo scambio prefigurato dalle partipossa essere realizzato con reciproca soddisfazione o - al-l’opposto - l’inadempimento abbia pregiudicato l’attuazio-ne del rapporto contrattuale, giustificando la scelta del cre-ditore di affrancarsi da esso. Non è dunque necessario ana-lizzare la condotta del debitore, e neppure accertare la rife-ribilità alla sua sfera di organizzazione e controllo della cir-costanza che ha precluso l’esatto adempimento: l’interpre-te deve solo verificare se l’operazione economica sottesa alcontratto può ancora soddisfare l’interesse del creditore. Sedunque la responsabilità contrattuale implica l’analisi della

condotta del debitore e delle circostanze che hanno deter-minato l’adempimento, questa valutazione risulta estraneaall’orizzonte del rimedio risolutorio.Tali considerazioni, si potrebbe obiettare, sono smentite daun macroscopico dato normativo: il codificatore del 1942ha espressamente previsto un’autonoma figura di risoluzio-ne - quella per impossibilità sopravvenuta - destinata adoperare nel caso in cui l’inadempimento non sia imputabi-le al debitore (14). È facile rispondere che gli artt. 1463 ss.c.c. assumono a presupposto non tanto la non imputabilità,quanto la definitività dell’inadempimento: l’automaticitàdella risoluzione nel caso di impossibilità totale (art. 1463c.c.) e il recesso del creditore nel caso di impossibilità par-ziale (art. 1464 c.c.) sono giustificati dal fatto che l’ina-dempimento è definitivo, in quanto la prestazione è dive-nuta impossibile. L’impossibilità totale della prestazione vanifica l’attuazionedel rapporto contrattuale, sicché la risoluzione appare ine-vitabile: per questo motivo il contratto si scioglie automa-ticamente, e non su istanza di parte. Quando l’impossibilitàè solo parziale, non è escluso che il creditore abbia interes-se a ricevere la parte di prestazione ancora possibile, sicchégli è rimessa la scelta tra la riduzione del corrispettivo e il re-cesso (art. 1464). L’espressa previsione di un diritto di re-cesso è dovuta al fatto che, stante l’impossibilità parzialedella prestazione, l’inadempimento è definitivo: questo de-termina le differenze rispetto al regime della risoluzione perinadempimento. Non ha senso accordare al debitore untermine per eseguire integralmente la prestazione (art.1454 c.c.), e perdono significato le preclusioni processualipreviste dall’art. 1453 c.c.: posto che la prestazione è par-zialmente impossibile, il creditore non ha interesse ad esi-gere l’adempimento integrale (art. 1453, comma 2 c.c.), néil debitore può offrirlo nel corso del giudizio (art. 1453, co.3 c.c.). Come è evidente, non è l’imputabilità dell’inadempimen-to, ma la definitività dello stesso il fattore che determina ledifferenze tra risoluzione per inadempimento e per impossi-bilità sopravvenuta: se il rapporto contrattuale non può piùessere attuato, il sistema ne agevola lo scioglimento.Se questo è vero, è ipotizzabile una lettura del dato norma-

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Note:

(13) In senso conforme v. Cass. 19 novembre 2002, n. 16291, in Foro it.,Rep. 2002, Contratto in genere, 503, per esteso nel DVD Il Foro italiano, LaCassazione civile: enunciando il principio di diritto, la S.C. conferma lasentenza di secondo grado, che - in una controversia intercorrente tra ilmedesimo operatore turistico e l’acquirente di una quota di multipro-prietà alberghiera - aveva escluso la risoluzione del contratto conseguen-te all’intimazione della diffida in quanto il ritardo non era imputabile al-l’operatore turistico; Cass. 30 marzo1981, n. 1812, in Mass. Foro it.,1981; Coll. Arb. Roma, 25 luglio 1997, in Arch. giur. op. pubbl., 1999,859. Per i riferimenti dottrinali v., supra, nota 4. In senso contrario ri-spetto alla tesi prevalente si è espressa Costanza, La diffida ad adempiere,in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento,cit., sub art. 1454, 437.

(14) Si tratta di un rilievo assai diffuso in dottrina: cfr. Sicchiero, La riso-luzione per inadempimento, cit., 161; Belfiore, voce Risoluzione per inadem-pimento, cit., 1317.

tivo che, integrando risoluzione per inadempimento e perimpossibilità sopravvenuta, limiti la rilevanza dell’imputa-bilità al risarcimento del danno contrattuale. Da un lato, lerisoluzioni “di diritto” previste dagli artt. 1454, 1456, 1457c.c. si producono anche se l’inadempimento non è imputa-bile al debitore (15); dall’altro, il verificarsi di un inadem-pimento definitivo - ancorché imputabile al debitore -comporta la risoluzione del contratto anche se il creditorenon propone domanda giudiziale. Come si vedrà subito, lagiurisprudenza più recente autorizza il creditore a rifiutare laprestazione offerta con grave ritardo anche se non ha (an-cora) proposto domanda di risoluzione (16): si avvalora,così, una figura atipica di risoluzione stragiudiziale che pre-senta analogie con quella prevista dagli artt. 1463, 1464c.c.Solo in Italia - nel contesto europeo - l’imputabilità dell’i-nadempimento influisce sul regime della risoluzione: in se-guito alla recente riforma del diritto delle obbligazioni, an-che nel sistema tedesco tale elemento non condiziona l’o-peratività del rimedio (17). Non si tratta di una coinciden-za. La rilevanza accordata all’imputabilità dell’inadempi-mento, infatti, determina una situazione di asimmetriainformativa tra le parti, rendendo l’iniziativa risolutoriaestremamente rischiosa. Siccome l’imputabilità dell’ina-dempimento è un fattore interno alla sfera del debitore, ilcreditore desideroso di affrancarsi dal rapporto contrattualenon dispone di tutte le informazioni necessarie per valuta-re la fondatezza dell’istanza risolutoria. Il contraente chepromuove la risoluzione e interrompe l’attuazione del rap-porto contrattuale corre il rischio di incorrere in responsa-bilità, in quanto la sua iniziativa può risultare infondata indipendenza di una circostanza che non ha avuto la possibi-lità di conoscere: non a caso, l’art. 1218 c.c. ascrive al debi-tore l’onere di provare che l’inadempimento non gli è im-putabile. Come è evidente, il principio enunciato dalla giu-risprudenza condiziona negativamente il ricorso al rimediorisolutorio ed espone a responsabilità il creditore grave-mente pregiudicato dall’inadempimento.Certo, se la prestazione diviene definitivamente impossibi-le il contratto si risolve comunque, a prescindere dalla cir-costanza che l’inadempimento sia imputabile o non impu-tabile al debitore. Nel caso del ritardo, tuttavia, la rilevan-za accordata al requisito dell’imputabilità condiziona signi-ficativamente il regime del rimedio. È sufficiente un ritardograve, imputabile al debitore, per determinare la risoluzio-ne del contratto (art. 1455 c.c.); se, invece, la prestazione ètemporaneamente impossibile per causa non imputabile aldebitore, occorre che il ritardo si sia prolungato fino al mo-mento in cui il creditore ha perso ogni interesse per l’ese-cuzione della prestazione (art. 1256, comma 2 c.c.). Il fattoche il ritardo sia stato determinato da una circostanza nonimputabile al debitore differisce nel tempo il momento del-la risoluzione, che si verifica solo quando l’interesse del cre-ditore risulta radicalmente compromesso. Anziché favorire una equilibrata ricomposizione del con-flitto determinato dall’inattuazione del contratto, la rico-struzione qui sintetizzata sembra pregiudicare ingiustificata-

mente le ragioni del creditore. Da un lato, stante la non im-putabilità dell’inadempimento, egli non ottiene il risarci-mento del pregiudizio conseguente al ritardo (art. 1218c.c.); dall’altro, non si affranca dal rapporto contrattuale inpresenza di un ritardo grave, ma solo se l’impossibilità per-dura fino al momento in cui il suo interesse per la presta-zione è radicalmente compromesso. Differire nel tempo ilmomento della risoluzione significa aggravare ulteriormen-te la posizione del creditore, ritardando il momento in cuipotrà tornare sul mercato per soddisfare l’interesse che loaveva indotto a contrarre. Per evitare di pervenire a taleconclusione, occorre neutralizzare l’incidenza dell’imputa-bilità sul regime della risoluzione, e interpretare la discipli-na dell’impossibilità sopravvenuta (artt. 1256; 1463 c.c.) insintonia con quella della risoluzione per inadempimento(1455 c.c.): l’elasticità che caratterizza il testo delle disposi-zioni favorisce la convergenza degli esiti interpretativi. Per-ché il contratto possa essere risolto, è sufficiente che l’im-possibilità perduri fino al momento in cui l’interesse delcreditore per l’attuazione del contratto risulta gravementecompromesso (art. 1455 c.c.) (18); maturato un ritardograve, sia pure non imputabile alla controparte, il creditorepuò conseguire la risoluzione del contratto, senza dover at-tendere che l’inadempimento divenga definitivo (19).

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008264

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(15) L’opinione espressa nel testo, tuttavia, non è condivisa dalla giuri-sprudenza, ferma nel richiedere l’imputabilità dell’inadempimento anchein relazione alle risoluzioni “di diritto”. Circa la diffida ad adempiere v.,supra, nota 13. In ordine alla clausola risolutiva espressa, cfr. Cass. 6 feb-braio 2007, n. 2557, cit.; Cass. 5 agosto 2002, n. 11717, in Contratti,2003, 228, con nota di Addante, Colpa dell’obbligato ed operatività dellaclausola risolutiva espressa; Cass. 14 luglio 2000, n. 9356, in Mass. Giust.civ., 2000, per esteso in DVD-Iuris Data, La Cassazione civile; Cass. 27agosto 1987, n. 7063, in Foro it., 1988, I, 444. Per quanto riguarda il ter-mine essenziale, cfr. Cass. 3 luglio 2000, n. 8881, in Mass. Giust. civ.,2000, per esteso in DVD-Iuris Data. La Cassazione civile; Cass 8 luglio1983, n. 4591, in Mass. Foro it., 1983; App. Bologna 18 gennaio 1989, inForo pad., 1989, I, 305. Significativa una pronuncia di segno contrariodella Corte di Lussemburgo, che esclude la rilevanza dell’imputabilitàcon particolare riferimento alla clausola risolutiva espressa: Corte Giusti-zia CE 27 aprile 1999, n. 69/97, in Foro it., 1999, IV, 338.

(16) V., infra, § 6.

(17) Un aspetto, questo, analizzato da Grundmann, Germany and theSchuldrechtmodernisierung, 2002, in European review of contract law,2005, 128; Di Majo, Recesso e risoluzione del contratto nella riforma delloSchuldrecht: al di là dell’inadempimento colpevole, in Eur. Dir. priv., 2004, 24ss.; Canaris, Il programma obbligatorio e la sua in attuazione: profili generali.Il nuovo diritto delle Leistungsstörungen, in Cian (a cura di), La riforma del-lo Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazio-ni e dei contratti?, 2004, 43; Id., La riforma del diritto tedesco delle obbligazio-ni, Padova, 2003, 22.

(18) Per una simile interpretazione cfr. Scalfi, voce Risoluzione del con-tratto, in Enc. Giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, 11; Dalmartello, voceRisoluzione, in Noviss. Dig. it., XVI, 1969, 135.

(19) L’opinione espressa nel testo richiede una precisazione in ordine al pro-cedimento mediante il quale si perviene alla risoluzione. Come è evidente,se presupposto della risoluzione non è l’impossibilità definitiva della presta-zione, ma un ritardo grave, il rimedio opera necessariamente su iniziativa delcreditore: solo l’impossibilità definitiva della prestazione, infatti, giustifica larisoluzione automatica, in quanto vanifica la prospettiva dell’adempimento.A parere di chi scrive, una volta verificatosi un ritardo grave il creditore può

(segue)

Infine, l’opinione che esclude la rilevanza dell’imputabilitàè preferibile in quanto risulta più armonica con alcuni datinormativi rinvenibili nel sistema del codice, come inter-pretati dalla stessa giurisprudenza. Nel diritto applicato, siammette che l’eccezione di inadempimento possa essereopposta anche se la mancata o inesatta esecuzione dellaprestazione non è imputabile alla controparte dell’ecci-piente (art. 1460 c.c.) (20). Si ritiene, inoltre, che il com-pratore e il committente possano avvalersi delle garanzieper i vizi a prescindere dalla colpa del venditore e dell’ap-paltatore, che è rilevante solo ai fini del risarcimento deldanno (21). Mentre la risoluzione del contratto governatadagli artt. 1453 ss. c.c. postula l’imputabilità dell’inadempi-mento, l’azione redibitoria non implica la colpa del vendi-tore; nell’ambito dello stesso contratto di vendita, tale ele-mento sarebbe rilevante se il venditore ritarda la consegna,o il bene manca delle qualità promesse (art. 1497 c.c.) (22),irrilevante se il venditore consegna al compratore una cosaviziata. Come è evidente, per elaborare una ricostruzionecoerente del regime del rimedio occorre escludere che lacolpa del venditore possa condizionare la risoluzione delcontratto.Qui si segnala che nella giurisprudenza più recente la diffe-renziazione operata tra la risoluzione di diritto comune el’azione redibitoria determina esiti paradossali. Prendiamoil caso deciso da Cass. 30 marzo 2006, n. 7561 (23). Unapersona fisica acquista da una concessionaria di automobilinuove una vettura i cui documenti e numero di telaio sonostati contraffatti; dopo qualche tempo, la aliena a un riven-ditore di vetture usate, che a sua volta la vende a un clien-te. Interviene il sequestro del veicolo ad opera della poliziagiudiziaria. Dopo aver restituito al suo cliente il corrispetti-vo ricevuto, il rivenditore di automobili usate domanda alsuo dante causa la risoluzione del contratto in virtù del qua-le aveva acquistato la vettura. I giudici di merito rigettanola domanda di risoluzione, osservando che l’automobileconsegnata al rivenditore era essenzialmente diversa daquella dedotta in contratto, in quanto la veridicità dei do-cumenti e del numero di telaio ne costituivano un requisi-to indefettibile (aliud pro alio) (24). Siccome in questa ipo-tesi trovano applicazione gli artt. 1453 ss. c.c. e non la di-sciplina delle garanzie (1490 ss. c.c.), l’azione di risoluzionenon può essere accolta in quanto difetta la colpa dell’alie-nante: avendo acquistato la vettura come nuova da unconcessionario, egli non poteva essere a conoscenza dellacontraffazione. La S.C., rigettando il ricorso proposto dalrivenditore, aderisce a tale argomentazione.La categoria giurisprudenziale dell’aliud pro alio - elaborataper offrire al compratore di cosa viziata una tutela più este-sa di quella accordatagli dalla disciplina delle garanzie - vie-ne qui impiegata a favore del venditore (25). Si ravvisa unasorta di “eterogenesi dei fini” di questa figura di creazionegiurisprudenziale. Più correttamente, i giudici avrebberopotuto giustificare il rigetto della domanda di risoluzione ri-levando che il rivenditore di auto usate, quale operatoreprofessionale del settore, avrebbe potuto rilevare agevol-mente la contraffazione dei documenti e del numero di te-

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(segue nota 19)

domandare la risoluzione oppure recedere dal contratto. Come è probabile,la prima soluzione (azione giudiziale) verrà adottata qualora il creditore ab-bia interesse alla restituzione della prestazione eseguita a favore della con-troparte; la seconda (recesso) verrà prescelta quando il creditore vuole sem-plicemente affrancarsi dal rapporto contrattuale, ed evitare di eseguire laprestazione dovuta alla controparte. Come si è osservato in altra sede - a cuisi rinvia per una più diffusa argomentazione - la giurisprudenza più recenteoffre buoni argomenti per affermare che al verificarsi di un ritardo grave ilcreditore possa risolvere il contratto mediante recesso: tale soluzione, coe-rentemente con quanto si è sostenuto nel testo, vale anche nell’ipotesi delritardo non imputabile al debitore (v., volendo, Dellacasa, Risoluzione giudi-ziale e “di diritto”, in Tratt. contratto, diretto da Roppo, V, Rimedi-2, cit., 167ss.; Id., Offerta tardiva della prestazione e rifiuto del creditore: vantaggi e inconve-nienti di una risoluzione “atipica”, in Riv. dir. civ., 2007, II, 517).Per evitare di penalizzare oltremodo le ragioni del creditore, una dottrinaautorevole ha proposto una soluzione differente da quella qui prospettata,benché ispirata alla medesima esigenza (Sacco, La risoluzione per impossibi-lità sopravvenuta, cit., 689). Assumendo che ai sensi dell’art. 1256 c.c. solol’impossibilità definitiva della prestazione comporti l’estinzione dell’obbli-gazione e la conseguente risoluzione del contratto, si osserva che qualoral’impossibilità temporanea cessasse il creditore si troverebbe nella condi-zione di «pagare tutto il pattuito per una prestazione cui non ha perdutocompletamente interesse, ma che gli rende meno di quanto preventiva-to». Si ritiene, allora, che «nei casi limite» l’impossibilità temporanea deb-ba essere equiparata all’impossibilità parziale (art. 1464 c.c.). Certamente,dall’equiparazione deriva la riduzione del corrispettivo che il creditore ètenuto a pagare a fronte della prestazione tardiva; l’autore non chiarisce,invece, se applicando alla fattispecie la disciplina dell’impossibilità parzia-le si riduce il ritardo al verificarsi del quale il creditore può recedere.

(20) Cfr. Cass. 28 marzo 2006, n. 7081, in Riv. giur. edilizia, 2007, I, 83,con nota di De Tilla; Cass. 4 novembre 2003, n. 16530, in Foro it., Rep.2003, Contatto in genere, 576; Cass. 14 marzo 2003, n. 3787, in Contratti,2004, 446, con nota di Sardo. Ma v. in senso contrario Cass. 27 ottobre2003, n. 16096, cit. In dottrina, l’opinione secondo cui l’eccezione di ina-dempimento è opponibile anche quando la mancata esecuzione dellaprestazione non è imputabile alla controparte dell’eccipiente è sostenutada Roppo, Il contratto, cit., 987; Bigliazzi Geri, voce Eccezione di inadempi-mento, in Dig. IV, Disc. priv., sez. civ., VII, Torino, 1994, 339.

(21) Con riferimento alla garanzia per i vizi accordata al compratore(artt. 1490 ss.) v., ex pluribus, Cass. 22 giugno 2006, n. 14431, in Foro it.,Rep. 2006, Vendita, 61; Cass. 17 maggio 2004, n. 9330, in Contratti statoenti pubbl., 2004, 1120, con nota di Maniàci; Cass. 7 giugno 2000, n.7718, in Vita not., 2000, 1477; Cass. 22 agosto 1998, n. 8338, in Foro it.,1999, I, 188, con note di Scoditti e Pardolesi. In ordine alla garanzia peri vizi dell’opera prevista a favore del committente (artt. 1667 s.), cfr. Cass.30 luglio 1982, n. 4367, in Foro pad., 1982, I, 249.

(22) Cfr. Cass. 24 maggio 2005, n. 10922, in Foro it., Rep. 2005, Vendita,62; Cass. 21 gennaio 2000, n. 639, in Contratti, 2000, 903, con nota diCopoluongo.

(23) In Responsabilità civile, 2007, 146, con nota di Toschi Vespasiani.

(24) La soluzione trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, che -considerando la veridicità della documentazione come attributo essenzialedella vettura - ravvisa in questa ipotesi una consegna di aliud pro alio: trovadunque applicazione la disciplina ordinaria della risoluzione per inadempi-mento. Cfr. Cass. 4 maggio 2005, n. 9227, in Foro it., Rep. 2005, Vendita,74; Cass. 1° luglio 1996, n. 5963, in Foro it., Rep. 1996, Vendita, 60.

(25) L’elaborazione di tale figura - è appena il caso di ricordarlo - consen-te alla giurisprudenza di accordare tutela al compratore di cosa viziataquando non sono state rispettate le rigorose condizioni previste dall’art.1495 c.c. Siccome non trova applicazione la disciplina delle garanzie, maquella della risoluzione per inadempimento, il compratore non è assogget-tato ai termini di decadenza e prescrizione che la disposizione prevede. V.,a titolo esemplificativo, Cass. 18 gennaio 2007, n. 1092, in Contratti,2007, 655, con nota di Romeo; Cass., 7 marzo 2007, n. 5202, in Foro it.,Rep. 2007, Vendita, 51; Cass. 16 gennaio 2006, n. 686, in Giust. civ., 2006,I, 1745; Cass. 30 luglio 2004, n. 14586, in Foro it., Rep. 2004, Vendita, 89.

laio (art. 1491 c.c.). Qualora la contraffazione non potesseessere accertata neppure da un operatore professionale, ladomanda di risoluzione avrebbe dovuto essere accolta, es-sendo onere del venditore rivalersi nei confronti del suodante causa (concessionario di automobili nuove).

4. La gravità dell’inadempimentoLa giurisprudenza di legittimità più recente offre indicazio-ni anche in ordine all’accertamento della gravità dell’ina-dempimento, a cui è subordinata la risoluzione del contrat-to. Come è noto, secondo la ricostruzione più accreditatanell’applicazione dell’art. 1455 c.c. trovano una loro inte-grazione criteri di giudizio oggettivi e soggettivi: l’interpre-te deve valutare tanto l’entità obiettiva dell’inadempimen-to, quanto il modo in cui esso lede l’interesse del creditore(26). Per essere «di non scarsa importanza», l’inadempi-mento deve compromettere l’attuazione del programmacontrattuale (profilo oggettivo), pregiudicando gravemen-te l’interesse del creditore alla realizzazione dello scambio(profilo soggettivo).Nella valutazione della gravità dell’inadempimento, assu-mono rilievo determinante le caratteristiche della presta-zione ineseguita. Certamente, l’inadempimento di una pre-stazione di rilevanza marginale nell’economia del contrattonon giustifica la risoluzione, ma solo il risarcimento deldanno (27). Con ogni probabilità, invece, l’inadempimen-to assoluto di una prestazione primaria ed essenziale soddi-sfa il requisito previsto dall’art. 1455 c.c. (28)Si osserva, ora, che la risoluzione può essere determinataanche dall’inadempimento di un’obbligazione accessoria,inserita nel regolamento contrattuale per effetto di integra-zione legale (art. 1374 c.c.). La circostanza che la prestazio-ne ineseguita non sia stata espressamente pattuita dalleparti, ma trovi il suo fondamento in una norma di legge,non esclude la gravità dell’inadempimento, se lo stesso pre-giudica seriamente l’interesse del creditore. È quanto si de-sume da Cass. 27 febbraio 2007, n. 4433 (29). Ai sensidell’art. 4 l. 5 novembre 1971, n. 1096, l’appaltatore che in-traprende una costruzione in cemento armato deve denun-ciarla all’ufficio del Genio civile competente per territorio,depositando i relativi calcoli: l’inadempimento di tale ob-bligazione determina la risoluzione del contratto, in quan-to in assenza del controllo del competente ufficio sussiste ilrischio che l’opera realizzata dall’appaltatore sia instabile oirregolare sotto il profilo urbanistico.Più interessante un’ulteriore fattispecie, relativa all’ina-dempimento di un contratto di sponsorizzazione (Cass. 29maggio 2006, n. 12801) (30): qui la prestazione inesegui-ta non è prevista da una specifica norma di legge, ma è ri-conducibile al dovere di buona fede nell’esecuzione delcontratto (artt. 1175; 1375 c.c.). Tra un costruttore di bici-clette italiano e una società sportiva professionistica inter-corre un contratto di sponsorizzazione: per la stagione spor-tiva 1996, la società sportiva si impegna ad utilizzare in tut-te le competizioni le biciclette prodotte dalla controparte,che oltre a fornire l’attrezzatura paga mensilmente unasomma di denaro; il costruttore delle biciclette, quindi, re-

munera la diffusione dell’immagine del prodotto tra il pub-blico degli appassionati fornendo l’attrezzatura agonistica epagando un corrispettivo in denaro. Nel corso del 1996, lasocietà sportiva conclude per la stagione successiva un ana-logo contratto di sponsorizzazione con un costruttore ame-ricano, concorrente del primo. Il catalogo di tale produtto-re relativo alla stagione 1997 viene diffuso anticipatamen-te nel settembre 1996, e reca diverse fotografie che ritrag-gono gli atleti della società sportiva sulle biciclette costrui-te dal nuovo sponsor. A partire dal settembre 1996, dun-que, il pubblico degli appassionati associa alla squadra pro-fessionistica il costruttore americano, mentre è ancora incorso il precedente contratto di sponsorizzazione.La domanda di risoluzione proposta dal primo sponsor vie-ne accolta in primo grado, e rigettata in appello. Il giudicedi secondo grado ritiene che l’anticipata divulgazione delrapporto di sponsorizzazione relativo all’anno successivocostituisca inadempimento contrattuale: il principio dibuona fede, infatti, impone alla società sportiva di non sve-lare il nuovo sponsor fino alla chiusura della stagione ago-nistica. Lo stesso, giudice, tuttavia, afferma che l’inadempi-mento di tale obbligazione accessoria non giustifica la riso-luzione del contratto, in quanto non compromette in mo-do rilevante la funzionalità del sinallagma: allo sponsor vie-ne accordato solo il risarcimento del danno. Nel cassare lasentenza, la S.C. afferma che anche l’inadempimento diun’obbligazione accessoria fondata sul principio di buonafede può determinare la risoluzione del contratto ai sensidell’art. 1455 c.c. Nel caso di specie, l’anticipata comuni-cazione del sodalizio con il nuovo partner contrattuale pre-giudicava la sponsorizzazione relativa alla stagione in corso.Anche l’inadempimento di un’obbligazione accessoria,dunque, comporta la risoluzione se frustra l’operazione eco-nomica sottesa al contratto.Un’altra sentenza, già ricordata nel paragrafo precedente, sisegnala per il rilievo attribuito alle specifiche caratteristi-che del creditore nella valutazione della gravità dell’ina-

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(26) V. a titolo esemplificativo, Nanni, in Nanni, Costanza, Carnevali,Risoluzione per inadempimento, cit., 7 ss.; Sicchiero, La risoluzione per ina-dempimento, cit., 553 ss.; Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie,cit., 123 ss.; Roppo, Il contratto, cit., 961 s.; Cubeddu, L’importanza dell’i-nadempimento, Torino, 1995, passim; Collura, Importanza dell’inadempi-mento e teoria del contratto, Milano, 1992, 10 ss.

(27) In questo senso v., per tutti, Roppo, Il contratto, cit., 961 s.

(28) Cfr. Cass. 23 gennaio 2006, n. 1227, in Foro it., Rep. 2006, Contrat-to in genere, 609; Cass. 18 novembre 2005, n. 24460, in Contratti, 2006,645, con nota di Mancinelli; Cass. 29 aprile 2005, n. 8983, in Giust. civ.,2006, I, 133; Cass. 1 ottobre 2004, n. 19652, in Arch. loc., 2006, 301, connota di De Tilla. In dottrina, peraltro, si è opportunamente osservato chela distinzione tra prestazioni essenziali e prestazioni secondarie può rive-larsi problematica sul piano applicativo: cfr. Sicchiero, La risoluzione perinadempimento, cit., 560 s.; Cubeddu, L’importanza dell’inadempimento,cit., 24 ss.

(29) Allo stato attuale, la motivazione della sentenza risulta inedita. Il te-sto è reperibile in formato elettronico sul DVD del Foro italiano, La Cas-sazione civile.

(30) In Resp. civ. prev., 2007, 554, con nota di Felleti.

dempimento: il criterio soggettivo fa premio su quello og-gettivo (Cass. 2 maggio 2006, n. 10139) (31). A causa diuno sciopero aziendale, l’impresa a cui era stata appaltata lapulizia dei locali della Banca d’Italia aveva sospeso la pre-stazione del servizio: la sospensione, peraltro, interessavasolo due dei 12 edifici del committente, ed era durata nonpiù di 5 giorni. Nei primi due gradi di giudizio, viene accol-ta la domanda di risoluzione presentata la Banca d’Italia, inquanto si ritiene che la sospensione del servizio di puliziacostituisca inadempimento grave. La sentenza di secondogrado viene confermata dalla S.C., ai termini della qualel’esiguità della sospensione e il fatto che interessasse solodue edifici non è rilevante se l’inadempimento ha determi-nato una grave situazione di disagio per il creditore. Nell’e-conomia di tale valutazione, non è indifferente l’identitàdel committente: il decoro dell’istituzione “Banca d’Italia”avrebbe potuto essere pregiudicato dalla trascuratezza deilocali, aperti al pubblico.Si ribadisce, infine, che anche nella risoluzione mediantediffida il ritardo imputabile al debitore deve essere grave aisensi dell’art. 1455 c.c. (Cass 18 aprile 2007, n. 9314)(32). L’occasione viene offerta da una sentenza della Corted’Appello di Firenze, che aveva affermato la risoluzione delcontratto senza verificare la gravità del ritardo in cui era in-corso il diffidato. Nel caso di specie, una volta scaduto iltermine previsto per la stipulazione del contratto definitivoil promittente alienante aveva diffidato il promittente ac-quirente a comparire davanti a un notaio; la contropartenon si era presentata, dichiarandosi disponibile a conclu-dere il contratto dopo alcuni giorni. Nel cassare la senten-za di merito, la S. C. afferma che alla scadenza del termineintimato con la diffida deve essere maturato un ritardo gra-ve: altrimenti, la risoluzione non si verifica. Viene così con-fermato un orientamento interpretativo univoco in giuri-sprudenza (33) e maggioritario in dottrina (34).

5. Dalla domanda di adempimento a quella di risoluzioneDopo aver domandato l’adempimento, il creditore puòchiedere la risoluzione (art. 1453, co. 2 c.c.). Viene così de-rogato il principio processuale che vieta la proposizione didomande nuove (artt. 183; 345 c.p.c.), in quanto la do-manda di risoluzione e quella di adempimento differisconoper il petitum. L’eccezionale ius variandi accordato al creditore è giustifica-to dalla condotta del debitore, che una volta convenuto ingiudizio permane inadempiente: l’inadempimento che sirinnova nel corso del processo giustifica il sopravvenuto in-teresse del creditore per la risoluzione del contratto. Propo-nendo domanda di adempimento, il creditore manifesta ilsuo attuale interesse per l’esecuzione della prestazione, equesto può essere interpretato dalla controparte come unarinuncia implicita agli effetti risolutori dell’inadempimentopregresso; come è evidente, tuttavia, la medesima doman-da non può comportare la rinuncia a far valere gli effetti ri-solutori dell’inadempimento che - stante la perduranteinerzia del convenuto - si rinnova dopo di essa. La facoltà

di mutare la domanda di adempimento in quella di risolu-zione, pertanto, non lede un affidamento meritevole di tu-tela (35).La giurisprudenza asseconda l’esercizio dello ius variandiammettendolo nelle fasi più avanzate dell’iter processuale.Si è ritenuto, infatti, che il mutamento della domanda pos-sa avvenire nel giudizio di primo grado in sede di precisa-zione delle conclusioni (36) e quando la causa è rimessa algiudice istruttore (37); in sede di gravame (38); in seguitoal passaggio in giudicato di una sentenza di condanna all’a-dempimento o alla mancata opposizione a un decreto in-giuntivo, purché il debitore permanga inadempiente (39);

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(31) In Riv. trim. appalti, 2006, 878, con nota di Pepe.

(32) La motivazione della sentenza risulta inedita. Il testo è reperibile informato elettronico sul DVD del Foro italiano, La Cassazione civile.

(33) V., ex pluribus, Cass. 4 maggio 1994, n. 4275, in Foro it., 1995, I,2357; Cass. 20 marzo 1991, n. 2979, in Mass. Giust. civ., 1991, per este-so in DVD Iuris Data, La Cassazione civile; Cass. 7 luglio 1986, n. 4425, inMass. Giust. civ., 1986, per esteso in DVD Iuris Data, La Cassazione civi-le; Cass. 13 agosto 1985, n. 4436, in Mass. Giust. civ., 1985.

(34)Cfr. Sicchiero, La risoluzione per inadempimento, cit., 499 s.; Sacco, inSacco e De Nova, Il contratto, 3ª ed., cit., 624, 655; Borrione, La risolu-zione per inadempimento, Padova, 2004, 260; Roppo, Il contratto, cit., 964s.; Rossetti, La risoluzione per inadempimento, in Rossetti, Balletti, Marti-no, Risoluzione. Inadempimento, impossibilità sopravvenuta, eccessiva onero-sità, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di Cendon, XIII, Torino,2000, 249; Cubeddu, L’importanza dell’inadempimento, cit., 297 ss.; Basini,L’importanza dell’inadempimento e la diffida ad adempiere, in Contratti,1995, 549 ss.; Pagni, Le azioni di impugnativa negoziale. Contributo allo stu-dio della tutela costitutiva, Milano, 1998, 325; Verdera Server, Inadempi-mento e risoluzione del contratto, cit., 259; Costanza, in Luminoso, Carne-vali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento. La diffida ad adempiere,cit., 431 ss.; Mirabelli, Dei contratti in generale (artt. 1321-1469), inComm. Utet, 3ª ed., Torino, 1980, 617; R. Scognamiglio, Contratti in ge-nerale, 3ª ed., in Tratt. Grosso-Santoro Passarelli, IV, Milano, 1980, 276;Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. Dir., XII, Milano, 1964, 511. Inbase a un orientamento minoritario, il contratto si risolve anche se il ri-tardo imputabile al diffidato non è grave, purché la prestazione inesegui-ta abbia un peso rilevante nell’economia del contratto: in questo senso v.,pur con accenti diversi, Dellacasa, La diffida ad adempiere, in Tratt. con-tratto, diretto da Roppo, V, Rimedi-2, Milano, 2006, 282 ss.; Collura, Im-portanza dell’inadempimento e teoria del contratto, Milano, 1992, 118 ss.;Auletta, Importanza dell’inadempimento e diffida ad adempiere, in Riv. trim.dir. proc. civ., 1955, 656 ss.

(35) In questo senso v., senza pretesa di completezza, Sacco, in Sacco eDe Nova, Il contratto, 3ª ed., cit., 649 s.; Roppo, Il contratto, cit., 956; Pa-gni, Le azioni di impugnativa negoziale, cit., 329 s.; Carnevali, in Luminoso,Carnevali, Costanza, Della risoluzione per inadempimento, cit., 80 s.; Smi-roldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982, 309 ss.

(36) Cfr. Cass. 27 marzo 1996, n. 2715, in Mass. Giur. it., 1996, per este-so in CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 16 giugno 1981, n. 3906,in Mass. Foro it., 1981.

(37) Cass. 16 marzo 1970, in Giust. civ., 1970, I, 1018.

(38) Cass. 5 maggio 1998, n. 4521, in Mass. Giur. it., 1998; Cass. 22 lu-glio 1993, n. 8192, in Mass. Giur. it., 1993; Cass. 28 gennaio 1987, n.791, in Mass. Giur. it., 1987; Cass. 12 marzo 1982, n. 1610, in Mass.Giur. it., 1982; Cass. 6 aprile 1977, n. 1322, in Foro it., 1977, I, 1415.Nella giurisprudenza di merito v., da ultimo, App. Milano 22 ottobre2004, in Foro pad., 2005, I, 317, con nota di Santi.

(39) Cfr. Cass. 4 ottobre 2004, n. 19826, in Mass. Giur. it., 2004, peresteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 18 maggio 1994, n.

(segue)

in seguito all’esercizio di un’azione esecutiva sui beni deldebitore che non comporti il soddisfacimento del creditovantato dall’attore (40). In alcune occasioni, si è ammessoil mutamento della domanda anche nell’ambito del giudi-zio di rinvio (41).In sintonia con questo orientamento favorevole all’eserci-zio dello ius variandi, oggi si afferma che il creditore su istan-za del quale è stato emesso un decreto ingiuntivo può chie-dere la risoluzione proponendo domanda riconvenzionalenel successivo giudizio di opposizione (Cass. 28 aprile2006, n. 9941) (42). La soluzione, che non ha precedentiin giurisprudenza, appare conforme alla ratio dell’art. 1453cpv. c.c. Chiedendo l’emissione di un decreto ingiuntivo, ilcreditore esige l’adempimento della prestazione a lui dovu-ta: se il debitore permane inadempiente e fa opposizione aldecreto, il creditore opposto è legittimato a domandare ri-convenzionalmente la risoluzione del contratto. L’inadem-pimento maturato successivamente all’ingiunzione giustifi-ca il mutamento della domanda nel giudizio di opposizione.Anche su questo specifico terreno, lo ius variandi accordatoal creditore apporta una deroga ai comuni principi proces-suali. Secondo la stessa giurisprudenza di legittimità, infat-ti, nel giudizio di opposizione il creditore opposto può for-mulare domande riconvenzionali solo se conseguenti a do-mande o eccezioni proposte dall’opponente (43). È invecepreclusa al creditore la formulazione di domande nuove,qual è certamente quella di risoluzione: la regola enunciatadalla S.C., dunque, conferma l’eccezionalità del regimeprocessuale che governa l’azione di risoluzione.Se dunque il principio di diritto enunciato dalla sentenza ècondivisibile, l’applicazione che ne viene fatta nel contestoprocessuale suscita qualche perplessità. Nel caso specifico,il creditore chiede l’emissione di un decreto ingiuntivo perottenere il pagamento di un acconto del prezzo pattuito peruna fornitura di arredamento. Il debitore, facendo apposi-zione al decreto ingiuntivo, deduce che il contratto relati-vo alla fornitura di arredamento non si è perfezionato; ilcreditore opposto domanda riconvenzionalmente la risolu-zione del contratto per l’inadempimento della controparte.Il giudice di primo grado rigetta l’opposizione ed accoglie ladomanda riconvenzionale di risoluzione proposta dal credi-tore senza tuttavia revocare il decreto ingiuntivo con cuiera stato chiesto il pagamento dell’acconto. La decisioneviene confermata in sede di gravame e il ricorso per cassa-zione proposto verso la sentenza di secondo grado viene ri-gettato. Ora, è davvero singolare che i difensori dell’opponente nonabbiano rilevato l’incoerenza della soluzione fornita daigiudici di primo e secondo grado, deducendola quale moti-vo di impugnazione. Se infatti il creditore su istanza delquale viene pronunciato il decreto ingiuntivo può esercita-re lo ius variandi nel giudizio di opposizione, chiedendo ri-convenzionalmente la risoluzione, il giudice che accoglie ladomanda deve necessariamente revocare il decreto. Do-mandando riconvenzionalmente la risoluzione, il creditoreopposto rinuncia all’azione di adempimento che aveva fat-to valere con l’istanza di ingiunzione: per effetto del muta-

mento della domanda, il giudizio di opposizione non vertesull’adempimento, ma sulla risoluzione del contratto. Il giu-dice competente a decidere sull’opposizione dovrà allorarevocare il decreto anche se accoglierà (non l’opposizionedel debitore, ma) la domanda riconvenzionale di risoluzio-ne presentata dal creditore opposto.La soluzione indicata è in linea con il regime processua-le del procedimento di ingiunzione. Se è vero in terminigenerali che la sentenza resa sull’opposizione si sostitui-sce al decreto ingiuntivo (44), questo vale a maggior ra-gione quando l’azione esercitata dal creditore in sede diopposizione è diversa da quella contenuta nella doman-da di ingiunzione. In ogni caso, il decreto ingiuntivoperde efficacia in seguito alla definizione del giudizio diopposizione.

6. L’inadempimento maturato nel corso del giudizioAi sensi dell’art. 1453, co. 3 c.c., «dalla data della doman-da di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere lapropria obbligazione». Nel diritto applicato la disposizione,in apparenza univoca, riceve interpretazioni contrastanti.Le divergenze interpretative riguardano la rilevanza del ri-

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(segue nota 39)

4830, in Mass. Giur. it., 1999, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazionecivile; Cass. 27 settembre 1986, n. 5788, in Mass. Giur. it., 1986; Cass. 6aprile 1977, n. 1322, in Mass. Foro it., 1977; Cass. 24 aprile 1974, n.1191, in Mass. Foro it., 1974. L’orientamento giurisprudenziale riscuote ilconsenso della dottrina: cfr. Carnevali, in Luminoso, Carnevali, Costan-za, Della risoluzione per inadempimento, cit., 88; Mirabelli, Dei contratti ingenerale (artt. 1321-1469), 3ª ed., in Comm. Utet, Torino, 1980, 613;Smiroldo, Profili della risoluzione, cit., 317; Auletta, La risoluzione per ina-dempimento, Milano, 1942, 465; Id., Ancora sul mutamento della domandadi adempimento in domanda di risoluzione, in Giur. it., 1950, I, 2, 661; Mo-sco, Azione di adempimento e azione di risoluzione per inadempimento, in Fo-ro it.,1951, I, 1279 ss. In senso contrario v., tuttavia, Cass. 12 maggio2003, n. 7272, in Arch. civ., 2004, 409: in seguito al passaggio in giudica-to di un decreto ingiuntivo - conseguente alla mancata opposizione deldebitore - il creditore non potrebbe esercitare l’azione di risoluzione.

(40) Cfr. Cass. 22 marzo 2001, n. 4123, in Banca borsa tit. cred., 2002, II,540 ss., con nota critica di Carratta, Domanda di risoluzione del contrattoper inadempimento, precedente azione esecutiva e limiti all’applicabilità dell’art.1453 c.c.

(41) A favore del mutamento della domanda nel giudizio di rinvio si so-no espresse Cass. 26 aprile 1999, n. 4164, in Mass. Giur. it., 1999, peresteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 27 marzo 1996, n.2715, cit. (obiter); Cass. 23 aprile 1981, n. 2414, in Mass. Giur. it., 1981.Contra, Cass. 16 febbraio 1972, n. 421, in Giur. it., 1974, I, 1, 260; Cass.22 aprile 1950, n. 1079, in Sett. Cass., 1950, 234.

(42) In Foro it., Rep. 2006, Contratto in genere, 593. La motivazione è ine-dita. Il testo è reperibile sul DVD del Foro italiano, La Cassazione civile.

(43) V., a titolo esemplificativo, Cass. 5 giugno 2007, n. 13086, in Foroit., Rep. 2007, Ingiunzione (procedimento per), 38; Cass. 29 settembre2006, n. 21245, in Foro it., Rep. 2006, Ingiunzione (procedimento per), 64;Cass. 11 aprile 2006, n. 8423, in Foro it., Rep. 2006, Ingiunzione (procedi-mento per), 66; Cass. 30 marzo 2006, n. 7571, in Foro it., Rep. 2006, In-giunzione (procedimento per), 67; Cass. 7 febbraio 2006, n. 2529, in Foroit., Rep. 2006, Ingiunzione (procedimento per), 68.

(44) In questo senso v., per tutti, Mandrioli, Diritto processuale civile, 17ªed., III, Procedimenti speciali di cognizione e giudizi arbitrali, Torino, 2005,44.

tardo maturato durante il processo ai fini dell’accoglimentoo del rigetto della domanda di risoluzione.Certamente, se al momento della notificazione della do-manda l’inadempimento del convenuto è grave, l’offertadella prestazione effettuata nel corso del giudizio non impe-disce la risoluzione. Opportunamente, la giurisprudenza dilegittimità più recente disattende l’opinione secondo cui laprestazione offerta durante il processo precluderebbe l’ac-coglimento della domanda di risoluzione originariamentefondata, escludendo la gravità dell’inadempimento (45):tale interpretazione, infatti, abroga surrettiziamente la pre-clusione posta dall’art. 1453, comma 3 c.c. Come è eviden-te, dettando la disposizione il legislatore ha voluto garanti-re il successo dell’iniziativa risolutoria, e potenziare l’effica-cia deterrente del rimedio: il debitore sa che - una volta ma-turato un inadempimento grave - non può utilizzare il tem-po del processo per evitare la risoluzione, e questo lo indu-ce ad adempiere puntualmente.La soluzione è più problematica quando la domanda di ri-soluzione è infondata all’atto della notificazione, ma l’ina-dempimento diviene grave nel corso del processo in quan-to il debitore convenuto in giudizio non offre la prestazio-ne. In relazione ai contratti ad esecuzione istantanea si deli-neano due orientamenti interpretativi contrapposti. Se-condo alcune sentenze, il giudice dovrebbe decidere sullabase della situazione esistente all’atto della domanda, cheavrebbe l’effetto di “cristallizzare” l’oggetto del giudizio: ilritardo maturato durante il processo non comporterebbel’accoglimento della domanda di risoluzione originaria-mente infondata (46). In base a un diverso indirizzo, il ri-tardo maturato nel corso del processo giustifica l’accogli-mento della domanda infondata all’atto della notificazio-ne, in quanto il giudice deve decidere alla luce della situa-zione esistente al momento della sentenza (47). Questo se-condo orientamento riscuote il consenso della dottrinamaggioritaria (48), e viene argomentato sul piano esegeti-co assumendo che la preclusione posta dall’art. 1453, com-ma 3 c.c. si riferisce solo alla domanda di risoluzione fonda-ta; se invece la domanda proposta dall’attore è infondata al-l’atto della notificazione, il debitore resta obbligato adadempiere, sicché il ritardo maturato durante il processogiustifica la risoluzione del contratto.Entrambe le soluzioni, in realtà, prestano il fianco a serieobiezioni. La tesi secondo cui la domanda di risoluzione cristallizza lasituazione di cui il giudice ha cognizione appare artificiosa,in quanto non considera come il tempo del processo puòincidere sugli interessi dei contraenti. La soluzione, inoltre,contrasta con elementari esigenze di economia processuale:rigettata la domanda di risoluzione, il creditore sarebbe co-stretto ad esercitare una nuova azione nell’ambito di un di-verso processo, deducendo a fondamento di essa il ritardomaturato nel corso del (primo) giudizio (49). D’altra parte, è possibile che la domanda di risoluzioneinfondata proposta dall’attore abbia contribuito a determi-nare l’inadempimento maturato nel corso del processo.

Con la notificazione della domanda di risoluzione, l’attoremanifesta senza possibilità di equivoci la scelta di affrancar-si dal rapporto contrattuale, e questo giustifica l’inerzia deldebitore convenuto in giudizio: con ogni probabilità, laprestazione offerta nel corso del processo sarebbe stata rifiu-tata.Per superare la rigidità di questa contrapposizione, si è allo-ra proposto di considerare separatamente la domanda di ri-soluzione e quella di risarcimento del danno eventualmen-te proposta dall’attore (50). Quando l’inadempimento -originariamente lieve - diviene grave durante il processo, larisoluzione deve essere pronunciata in quanto la possibilitàdi una soddisfacente attuazione dello scambio risulta com-promessa. Se il debitore convenuto in giudizio è realmenteinteressato all’attuazione del contratto può offrire la presta-zione e domandare riconvenzionalmente l’adempimento; ilfatto che si limiti a contestare la fondatezza della domandadi risoluzione, rimanendo inerte nel corso del processo, in-duce a ritenere che sia interessato non tanto all’attuazionedel programma contrattuale, quanto ad evitare il risarci-mento del danno domandato dall’attore. D’altra parte, è

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(45) V., per tutte, Cass. 29 novembre 1996, n. 10632, in Mass. Giur. it.,1996, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile. La soluzione criti-cata nel testo è invece accolta da Cass. 7 giugno 1993, n. 6367, in Giur.it., 1994, I, 1, 1209, con nota di De Michel, Adempimento dopo la doman-da di risoluzione e valutazione della non scarsa gravità dell’inadempimento(obiter); Cass. 4 settembre 1991, n. 9358, in Giur. it., 1992, I, 1, 864;Cass. 18 maggio 1987, n. 4526, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 178 ss.,con nota di Minici; Cass. 9 dicembre 1988, n. 6672, in Mass. Giur. it.,1988, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile (obiter); Trib. Ro-ma 16 dicembre 1999, in Giur. romana, 2000, 312; Coll. Arb.14.12.1987, in Arch. Giur. Op. pubbl., 1988, 1314.

(46) Cfr. Cass. 14 maggio 2004, n. 9200, in Vita not., 2004, 961 ed inGiur. it., 2005, 477, con nota adesiva di Battelli, Domanda di risoluzione ecriteri di valutazione dell’inadempimento; Cass. 11 febbraio 2000, n. 1525,Mass. Giur. it., 2000, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile;Cass. 6 aprile 2000, n. 4317, in Corr. giur., 2000, 1338, con nota adesivadi D. De Giorgi, Adempimento tardivo e risoluzione del contratto, ed in Vitanot., 2000, 1366, con nota adesiva di Triola, Osservazioni in tema di rap-porti tra domanda di risoluzione e adempimento tardivo; Cass. 4 febbraio1994, n. 1460, in Giur. it., 1995, I, 1, 1380, con nota di Vitiello, Risolu-zione per inadempimento e adempimento tardivo; Cass. 1° giugno 1993, n.6121, in Mass. Giur. it., 1993; Cass. 14 agosto 1986, n. 5050, in Foro it.,1987, I, 1, 93, con nota di Straziota. Oltre ai commentatori appena cita-ti, si esprime in favore di questo orientamento Rossetti, La risoluzione perinadempimento, cit., 98 ss.

(47) Cfr. Cass. 4 giugno 1999, n. 5494, in Giur. it., 2000, 101; Cass. 11febbraio 1987, in Vita not., 1987, 719; Cass. 18 maggio 1985, n. 3058, inMass. Giur. it., 1985; Cass. 18 giugno 1991, n. 6880, in Mass. Giur. it.,1991, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 29 agosto1990, n. 8955, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, 188.

(48) Cfr. Sacco, in Sacco e De Nova, Il contratto, cit., 636; Pagni, Le azio-ni di impugnativa, cit., 370; Consolo, Il processo nella risoluzione del contrat-to, in Riv. dir. civ., 1995, I, 302, 307; Carnevali, in Luminoso, Carnevali,Costanza, Della risoluzione per inadempimento, cit., 104; Smiroldo, Profilidella risoluzione per inadempimento, cit., 384 ss.

(49) Il rilievo è di Carnevali, in Luminoso, Carnevali, Costanza, Della ri-soluzione per inadempimento, cit., 105.

(50) Per una più ampia argomentazione v., volendo, Dellacasa, Il giudiziodi risoluzione, in Tratt. contratto, diretto da Roppo, Rimedi-2,a cura di Rop-po, Milano, 2006, 248-253.

probabile che la domanda di risoluzione prematuramenteproposta dal creditore abbia indotto il debitore ad inter-rompere l’esecuzione della prestazione. In questo caso, il ri-sarcimento del danno derivante dall’inadempimento puòessere ridotto o escluso ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c.:è certamente negligente la condotta del creditore che chie-de la risoluzione quando l’inadempimento della contropar-te non è (ancora) grave.Sul terreno dei contratti di durata, invece, la giurispruden-za ritiene uniformemente che l’inadempimento maturatonel corso del giudizio comporta l’accoglimento della do-manda di risoluzione (51). Con riferimento a un contrattodi locazione, si è recentemente affermato che il giudice de-ve valutare la gravità dell’inadempimento del conduttoreanche alla luce della condotta successiva alla notificazionedella domanda: il ritardo nel pagamento del canone matu-rato durante il processo giustifica la risoluzione del contrat-to (Cass. 17 marzo 2006, n. 5902) (52). Simmetrica-mente, il pagamento del canone effettuato nel corso delprocesso, prima che il ritardo divenga grave, comporta il ri-getto della domanda di risoluzione (Cass. 14 novembre2006, n. 24207) (53).Dalla motivazione delle due sentenze, sembra che la S.C.accrediti una distinzione tra contratti ad esecuzione istan-tanea e contratti di durata: solo ai primi, e non ai secondi,si applicherebbe l’art. 1453, comma 3 c.c. A parere di chiscrive tale distinzione - assai rilevante in ordine agli effettidella risoluzione (art. 1458, comma 1 c.c.) - risulta inveceinfondata sotto questo profilo.Anche in relazione ai contratti di durata, occorre ribadireche se la domanda di risoluzione è fondata all’atto della no-tificazione l’adempimento offerto durante il processo nonne impedisce l’accoglimento (54). Le sentenze in base allequali l’offerta effettuata nel corso del giudizio può evitare larisoluzione non appaiono condivisibili (55): tale interpre-tazione è incompatibile con il testo e la ratio dell’art. 1453,comma 3 c.c.Qualora, invece, la domanda sia infondata all’atto della no-tificazione, l’inadempimento maturato durante il processogiustifica la risoluzione: la soluzione non è diversa da quel-la avvalorata in relazione ai contratti ad esecuzione istanta-nea. Un’ultima notazione. Nell’ambito di questa ricostruzione,si è sostenuta la necessità di operare una netta differenzia-zione tra la risoluzione e il risarcimento del danno: i due ri-medi hanno presupposti solo in parte coincidenti, e assol-vono a funzioni diverse. L’opportunità di effettuare valutazioni differenziate risultaconfermata dall’analisi di una vicenda processuale recente-mente approdata in Cassazione (Cass 28 marzo 2006, n.7081) (56). Un locale dato in locazione per uso diverso daquello di abitazione (esercizio di un ristorante) diviene inu-tilizzabile per il conduttore a causa di un provvedimentoamministrativo determinato dall’irregolarità urbanisticadell’immobile. Alcuni mesi dopo il provvedimento vienerevocato, ma nel frattempo il locale è stato restituito al lo-catore. In seguito al provvedimento amministrativo che gli

preclude l’utilizzazione dell’immobile, il conduttore inter-rompe il pagamento del canone. Ne scaturisce una contro-versia in cui entrambe le parti chiedono la risoluzione delcontratto e il risarcimento del danno. Tanto la dinamicaprocessuale (contrapposte domande di risoluzione) quantoil comportamento delle parti (restituzione consensuale del-la cosa locata) rendono evidente che la controversia nonverte sulla risoluzione del contratto, ma sul risarcimentodel danno. Il giudice di secondo grado, nondimeno, rigetta entrambele domande di risoluzione, perché l’inadempimento dei duecontraenti non poteva dirsi grave; la sentenza viene con-fermata dalla S.C. L’esito del processo appare paradossale,in quanto scarsamente coerente con la vicenda sottesa allacontroversia. Entrambe le parti hanno perso interesse perl’attuazione del contratto, tanto che la cosa locata vieneconsensualmente restituita; nondimeno, il contratto per-mane efficace, in quanto entrambe le domande di risolu-zione vengono rigettate. Più realisticamente, la Corted’Appello avrebbe potuto pronunciare la risoluzione delcontratto e rigettare le domande di risarcimento del dannoproposte dalle parti, ritenendo equivalenti i rispettivi ina-dempimenti (57). La risoluzione avrebbe potuto essere giu-

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008270

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(51) Cfr. Cass. 9 gennaio 2007, n. 202, in Arch. locazioni, 2007, 392; Cass.1° giugno 2004, n. 10490, in Vita Not., 2004, 962 ss.; Cass. 2 aprile 2004,n. 6518, in Foro it., Rep. 2004, Contratto in genere, 577; Cass. 11 ottobre2002, n. 14527, in Foro it., Rep. 2002, Locazione, 251; Cass. 4 giugno2002, n. 8076, in Arch. civ., 2003, 430 ed in Giur. it., 2003, 235; Cass. 18giugno 1991, n. 6880, cit.; Cass. 28 febbraio 1987, n. 2145, in Giust. civ.,1987, I, 1418 ss., con nota di Triola, Domanda di risoluzione e adempimen-to tardivo; Cass. 8 giugno 1985, n. 3438, in Mass. Giur. it., 1985. In dot-trina, l’orientamento viene condiviso da Pagliantini, La risoluzione deicontratti di durata, Milano, 2006, 109 ss.; S. Patti, Risoluzione per inadem-pimento, contratti di durata e contratto di appalto d’opera, in Riv. dir. comm.,2002, I, 530 ss.

(52) In Foro it., Rep. 2006, Locazione, 232. La motivazione è inedita; iltesto è tuttavia reperibile sul DVD del Foro Italiano, La Cassazione civile.

(53) In Foro it., Rep. 2006, Contratto in genere, 615. La motivazione èinedita; il testo è reperibile sul DVD del Foro Italiano, La Cassazione civile.Nello stesso senso v. Cass. 2 aprile 2004, n. 6518, in Rass. locazioni, 2005,65.

(54) In questo senso v., infatti, Cass. 18 novembre 2005, n. 24450, inContratti, 2006, 645, con nota di Mancinelli; Cass. 11 ottobre 2002, n.14527, in Foro it., Rep. 2002, Locazione, 251; Cass. 14 marzo 1984, n.1745, in Foro it., Rep. 1984, Locazione, 462; Cass. 14 maggio 1983, n.3328, in Foro it., Rep. 1983, Locazione, 588.

(55) Cfr. Cass. 2 aprile 2004, n. 6518, in Arch. Loc. cond., 2004, 494;Cass. 1° gennaio 2004, n. 10490, cit. (obiter), entrambe in tema di loca-zione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo: il debitore grave-mente inadempiente all’atto della domanda potrebbe evitare la risoluzio-ne eseguendo la prestazione nel corso del giudizio.

(56) In Riv. giur. edilizia,2007, I, 83, con nota di De Tilla.

(57) Effettivamente, secondo la giurisprudenza più recente il giudice è le-gittimato a pronunciare la risoluzione del contratto anche qualora le con-trapposte domande di risoluzione proposte dalle parti siano infondate, inquanto gli inadempimenti reciproci non sussistono o non sono gravi: cfr.Cass. 24 novembre 2000, n. 15167, in Mass. Giur. it., 2000; Cass. 4 apri-le 2000, n. 4089, ibidem; Cass. 29 novembre 1994, n. 10217, in Arch. Loc.cond., 1995, 326; Cass. 25 maggio 1992, n. 6230, in Mass. Giur. it., 1992;

(segue)

stificata qualificando come mutuo dissenso la restituzionedell’immobile, accettata dal locatore (art. 1372 cpv. c.c.).Laddove tale soluzione fosse impraticabile sotto il profiloprocessuale in quanto contrastante con il divieto di ultra-petizione (art. 112 c.p.c.), il giudice avrebbe potuto osser-vare che la proposizione di una domanda di risoluzioneinfondata non legittima l’inadempimento dell’attore: l’ina-dempimento maturato nel corso del processo, dunque, ri-sulta ingiustificato per entrambe le parti, ed autorizza il giu-dice ad accogliere le contrapposte domande di risoluzione.

7. L’offerta della prestazione anteriore alla domanda di risoluzionePuò accadere che pur essendo maturato un ritardo grave ilcreditore non domandi la risoluzione del contratto, restan-do inerte. Benché a causa del ritardo abbia perso interesseper l’attuazione del rapporto contrattuale, è probabile che ilcreditore sia riluttante ad esercitare l’azione di risoluzioneper i costi e i tempi che il relativo processo comporta. Nel-l’ottica degli operatori economici, inoltre, è probabile cheil dilatarsi del ritardo non giustifichi l’esercizio di un’azionegiudiziale, se non per il recupero della prestazione eseguita:decorso un ragguardevole periodo di tempo dalla scadenzadel termine di adempimento, si assume che il programmacontrattuale non possa essere attuato e ci si orienta in altredirezioni, senza intraprendere alcuna iniziativa giudiziaria.Per queste ragioni, o per semplice trascuratezza, accadespesso che - quando non ha interesse ad ottenere la restitu-zione della prestazione eseguita a favore della controparte -il contraente fedele si astiene dal domandare la risoluzione.Ci si chiede, allora, se la prestazione tardivamente offertadal debitore possa essere rifiutata benché il creditore nonabbia (ancora) proposto domanda di risoluzione.Fino alla prima metà degli anni ‘90, la soluzione della que-stione era controversa nella stessa giurisprudenza di legitti-mità. Secondo alcune pronunce - che interpretavano acontrario l’art. 1453, comma 3 c.c. - il creditore non era le-gittimato a rifiutare la prestazione: sebbene fosse maturatoun ritardo grave, l’offerta effettuata dal debitore doveva es-sere accettata, con la conseguenza che la risoluzione nonpoteva essere pronunciata (58). In base a un diverso orien-tamento, il creditore era legittimato a rifiutare la prestazio-ne offerta con grave ritardo e a domandare in un secondomomento la risoluzione del contratto (59). A questo se-condo indirizzo aderiscono due sentenze “gemelle” delle se-zioni unite: il creditore che non ha (ancora) proposto do-manda di risoluzione può rifiutare la prestazione offerta congrave ritardo (60). Come si è osservato in altra sede, si con-figura in questo modo una sorta di risoluzione atipica, inquanto il rifiuto della prestazione tardiva comporta la defi-nitiva inattuazione del programma contrattuale (61).Nella giurisprudenza più recente, il principio di dirittoenunciato dalle sezioni unite trova riscontro in Cass. 2maggio 2006, n. 10127 (62). Una società riceve da un co-mune del meridione l’incarico di progettare un complessointervento sulle sue infrastrutture stradali; l’ente pubblicointende presentare il progetto ai competenti organi della

Comunità Europea per ottenere un finanziamento destina-to alla realizzazione dell’intervento. La società, che avevaottenuto dal committente il pagamento di un acconto,consegna il progetto con più di tre anni di ritardo rispettoal termine contrattualmente previsto. Il comune rifiuta ilpagamento del corrispettivo residuo, e quando viene con-venuto in giudizio per l’adempimento domanda riconven-zionalmente la risoluzione del contratto. La domanda di ri-soluzione viene accolta in primo e secondo grado: il ritardonella consegna del progetto viene considerato grave, anchein considerazione dell’esigenza di presentare l’elaborato aicompetenti organi CE per ottenere il finanziamento del-l’intervento.La sentenza di secondo grado viene confermata dalla S.C.,che richiama espressamente il precedente delle sezioni uni-te appena ricordato. Una volta maturato un ritardo grave,si consolida in capo al creditore il diritto di conseguire la ri-soluzione del contratto, che l’offerta della prestazione nonpuò sottrargli: il creditore, dunque, ottiene la risoluzioneanche se all’atto dell’offerta non ha (ancora) agito in giudi-zio. Non solo. Si esclude espressamente che in pendenza deltermine di prescrizione l’inerzia del creditore nell’eserciziodel suo diritto possa comportare la perdita dello stesso (c.d.

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008 271

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(segue nota 57)

Cass. 18 giugno 1982, n. 3744, in Giur. it., 1983, I, 1, 963. In sensoconforme v., in dottrina, Roppo, Il contratto, cit., 977; Sacco, in Sacco eDe Nova, Il contratto, cit., 642; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità,282. Nondimeno, l’opinione secondo cui il giudice sarebbe tenuto a ri-gettare entrambe le domande di risoluzione è stata recentemente ripro-posta: cfr. Sicchiero, La risoluzione per inadempimento, cit., 372 ss. In giu-risprudenza, cfr. Cass. 3 gennaio 2002, n. 27, in Giur. it., 2002, 920.

(58) Cass. 5 marzo 1987, n. 2345, in Foro it., Rep. 1987, Contratto in ge-nere, 399; Cass. 24 novembre 1981 n. 6247, in Foro it., Rep. 1981, Con-tratto in genere, 283; Cass. 26 gennaio 1980, n. 652, in Foro it., 1980, I,1696 e Giur. it. 1981, I, 1, 400; Trib. Napoli 24 marzo 1987, in Arch. loc.cond., 1987, 341.

(59) Cass. 8 maggio 1996, n. 4260, in Mass. Giur. it., per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 28 ottobre 1995, n. 11279, in Giur.It., 1997, I, 1, 396; Cass. 9 febbraio 1993, n. 1595, in Mass. Giur.It.,1993, per esteso nel CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 20 mar-zo 1989, n. 1391, in Giust. civ., 1989, I, 2436; Cass. 20 dicembre 1988, n.6959, in Vita not., 1988, 1185; Cass. 31 luglio 1987, n. 6643, in Foro it.,1988, I, 138; Cass. 21 febbraio 1985, n. 1531, ivi, 1986, I, 200.

(60) Cass. sez. un. 6 giugno 1997, n. 5086, in Corr. giur., 1997, 768, connota di Carbone; in Contratti, 1997, 450, con nota di Barbiera; in Giust.civ., 1997, I, 2765, con nota di Costanza; Cass., sez. un., 9 luglio 1997, n.6224, in Giust. civ., 1998, I, 825, con nota di Picardi.

(61) Per una argomentazione meno sommaria v., volendo, Dellacasa, Of-ferta tardiva della prestazione e rifiuto del creditore, cit., 511 ss.

(62) In Foro it., Rep. 2006, Contratto in genere, 597. La motivazione del-la sentenza è inedita. Il testo è reperibile in formato elettronico sul DVDdel Foro Italiano, La Cassazione civile. Nella giurisprudenza più recente v.,in senso conforme, Cass. 5 settembre 2006, n. 19074, in Riv. dir civ.,2007, II, 509 (m): «In un contratto a prestazioni corrispettive, ciascunadelle parti può rifiutare di ricevere la prestazione tardiva e di eseguire lacontroprestazione solo se il ritardo maturato al momento dell’offerta ègrave. Se invece il ritardo è lieve, la prestazione non può essere rifiutata:il contraente che subisce il rifiuto può ottenere la risoluzione del contrat-to e la condanna della controparte al risarcimento del danno».

Verwirkung). Così, il comune resta legittimato a domanda-re la risoluzione sebbene con l’aggravarsi del ritardo nonabbia sollecitato la consegna del progetto né intimato diffi-da ad adempiere. Se è vero che il principio di buona fedeprotegge gli affidamenti maturati in capo alle parti nell’at-tuazione del rapporto obbligatorio, è anche vero che l’iner-zia del creditore, in sé e per sé considerata, non esprime tol-leranza nei confronti dell’inadempimento: il creditore, per-tanto, resta legittimato all’esercizio dell’azione di risoluzio-ne. Ai termini della sentenza, una diversa conclusione sa-rebbe stata giustificata solo se il creditore, anziché restareinerte, avesse tenuto un comportamento concludente cherivelasse in modo univoco una rinuncia tacita ad esercitareil suo diritto. Vengono qui riproposte argomentazioni già espresse in unarecente pronuncia di legittimità (63). In quel caso, si era ri-tenuto conforme a buona fede il comportamento del credi-tore che aveva chiesto il risarcimento del danno dopo circadue anni rispetto al momento in cui si era consumato l’ina-dempimento: la domanda di risarcimento era stata accoltasebbene dal momento dell’inadempimento fosse decorsoun ragguardevole lasso di tempo, durante il quale il con-tratto di durata intercorrente tra le parti era stato regolar-mente attuato. Ai termini della sentenza, l’inerzia del cre-ditore nell’esigere il risarcimento non comporta l’estinzio-ne del relativo diritto se non in seguito alla decorrenza deltermine di prescrizione. Non è questa la sede per una valutazione approfondita del-la soluzione adottata dalla S.C. Ci limitiamo, dunque, adue sintetiche considerazioni.In primo luogo, la regola secondo cui il creditore può rifiu-tare la prestazione tardiva ed ottenere la risoluzione è con-divisibile solo a condizione che la gravità del ritardo vengavalutata alla luce delle circostanze conosciute o conoscibi-li dal debitore al momento della formazione del contratto.Se in base al criterio di valutazione “soggettivo” la gravitàdel ritardo dipende dal modo in cui esso incide sull’interes-se del creditore (art. 1455 c.c.) (64), tale valutazione deveessere condotta solo alla luce degli elementi conoscitivi dicui il debitore poteva disporre quando ha concluso il con-tratto. L’art. 1225 c.c. esclude che ai fini del risarcimentodel danno il debitore risponda delle conseguenze impreve-dibili del proprio inadempimento: si neutralizza, così, l’a-simmetria informativa che intercorre tra le parti del rap-porto obbligatorio, e si stimola il creditore a comunicare al-la controparte tutte le informazioni necessarie per consen-tirle di valutare adeguatamente gli effetti del proprio ina-dempimento. La stessa logica, a nostro parere, è estensibilealla risoluzione del contratto: il creditore reticente non puòdedurre a fondamento della pretesa risolutoria circostanzeche la controparte non ha appreso da lui né poteva altri-menti conoscere.Come è evidente, inoltre, il rifiuto della prestazione tardivaè particolarmente gravoso per il debitore, in quanto vanifi-ca gli sforzi e i costi sostenuti per mettersi in condizione diadempiere. Ora, il rifiuto appare giustificato se il creditorededuce a fondamento di esso circostanze conosciute o co-

noscibili dal debitore: nel momento in cui conclude il con-tratto, il debitore è in grado di valutare se un dato ritardolede gravemente l’interesse della controparte, giustificandola risoluzione. Date queste condizioni, è giusto che restinoa carico del debitore i costi sostenuti per eseguire la presta-zione, che si aggiungono alla perdita del corrispettivo: il de-bitore che non fosse sicuro di adempiere puntualmenteavrebbe dovuto astenersi dalla conclusione del contratto,ed era in grado di prevedere che la prestazione tardiva sa-rebbe stata rifiutata.Il rifiuto della prestazione, invece, appare ingiustificato se afondamento di esso il creditore deduce circostanze relativealla sua sfera giuridica non conosciute né conoscibili dallacontroparte al momento della conclusione del contratto.Quando contrae l’obbligazione, il debitore sa che un ritar-do qualsiasi lo obbliga a risarcire il danno (65); se tuttaviain base agli elementi di cui dispone un dato ritardo non le-de gravemente l’interesse del creditore, egli confida ragio-nevolmente nell’attuazione dello scambio. In definitiva, se il creditore potesse dedurre a fondamentodel rifiuto circostanze non conosciute né conoscibili dallacontroparte la risoluzione costituirebbe un esito “incalcola-bile” per gli operatori economici, pregiudicando ingiustifi-catamente il loro affidamento nell’attuazione dello scam-bio.Nell’ambito della sentenza qui sintetizzata, il criterio pro-posto viene rispettato. Al momento della conclusione delcontratto, la società era stata informata che il progetto re-lativo all’infrastruttura viaria del comune avrebbe dovutoessere presentato agli organi della CE per ottenere il finan-ziamento dell’intervento: essa, pertanto, era in grado di va-lutare che un ritardo di anni rispetto al termine contrat-tualmente previsto per la consegna dell’elaborato avrebbegravemente pregiudicato le ragioni del committente.Secondariamente, l’orientamento in esame sollecita una ri-flessione sul carattere dell’azione di risoluzione. La dottrinamaggioritaria e la giurisprudenza ne affermano la natura co-stitutiva: il contratto si risolverebbe solo per effetto dellasentenza che conclude il processo. Abbiamo appena con-statato, tuttavia, che una volta verificatosi un ritardo graveil contratto è virtualmente risolto sebbene il creditore nonabbia agito in giudizio: la prestazione tardivamente offertapuò essere rifiutata e la controprestazione non deve essereeseguita. La stessa giurisprudenza ammette che al di fuoridelle ipotesi codificate di risoluzione “di diritto” il contrat-

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008272

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(63) Cfr. Cass. 15 marzo 2004, n. 5240, in Foro it., 2004, I, 1397, con no-ta di Colangelo. Per una analisi approfondita delle questioni teoriche sot-tese alla sentenza, cfr. Astone, Ritardo nell’esercizio del credito, Verwirkunge buona fede, in Riv. dir. civ., 2005, II, 603 ss.

(64) V., supra, § 3.

(65) Salvo il caso di inadempimento doloso, tuttavia, la misura del dan-no risarcibile dipende dalle circostanze conosciute o conoscibili dal debi-tore al momento della formazione del contratto: ai sensi dell’art. 1225c.c., il risarcimento è limitato al danno prevedibile nel tempo in cui è sor-ta l’obbligazione.

to si scioglie prima della domanda giudiziale e indipenden-temente da essa. Nel diritto applicato, dunque, il dogma se-condo cui l’azione di risoluzione avrebbe carattere costitu-tivo risulta apertamente smentito: la sentenza di accogli-mento non scioglie il contratto, ma accerta una risoluzionegià avvenuta nel momento in cui l’inadempimento divienegrave.

8. Aspetti processuali. Rapporti con altri rimediAnche sul versante strettamente processuale, la giurispru-denza più recente offre alcune indicazioni degne di atten-zione:a) Domanda di risoluzione e domanda di risarcimentoL’autonomia della domanda di risarcimento da quella di ri-soluzione trova riscontro sul versante processuale: comeviene recentemente ribadito, il giudice può accogliere laprima e rigettare la seconda (Cass. 27 ottobre 2006, n.23273) (66). Nel caso di specie, una banca recede da un contratto diapertura di credito, ed ottiene l’emissione di un decreto in-giuntivo avente ad oggetto la restituzione della provvista eil pagamento degli interessi; gli affidati fanno opposizionechiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento deldanno in quanto il recesso della banca è contrario a buonafede. Ritenendo illegittimo il recesso della banca il giudice di se-condo grado accoglie la domanda di risarcimento del dan-no, ma rigetta l’azione di risoluzione (67). La soluzione ap-pare giustificata, in quanto si ritiene che il recesso ad nutumcontrario a buona fede comporti lo scioglimento del con-tratto, ma esponga il recedente a responsabilità: alla con-troparte del recedente viene accordata una tutela non rea-le, ma risarcitoria (68). Nel caso di specie, quindi, il con-tratto non si scioglie per l’inadempimento della banca, maper effetto del suo recesso, sia pure illegittimo.La S.C. conferma sul punto specifico la sentenza di secon-do grado, rimarcando l’autonomia dell’azione di risarci-mento da quella di risoluzione: ai sensi dell’art. 1453, co. 1c.c., infatti, il risarcimento del danno contrattuale non ri-chiede l’esercizio dell’azione di risoluzione né, tanto meno,il suo accoglimento.b) Azione di risoluzione, divieto di domande nuove, disponibilitàdell’oggetto del processoLa giurisprudenza tende ad identificare l’azione giudizialenon sulla base delle norme di legge invocate dall’attore, maalla luce dei fatti allegati a fondamento del diritto esercita-to in giudizio (69). Tale criterio orienta tanto l’applicazio-ne del divieto di proporre domande nuove (artt. 183; 345c.p.c.), quanto il principio di corrispondenza tra chiesto epronunciato (art. 112 c.p.c.): fermi i fatti dedotti a fonda-mento della domanda, l’attore può invocare a sostegno diessa norme diverse da quelle indicate in un primo tempo; ilgiudice può accogliere la domanda sulla base di norme di-verse da quelle ritenute applicabili dall’attore.Recentemente, si è affermato che una volta chiesta la riso-luzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c. costituiscedomanda nuova, improponibile in appello, quella con cui

si chiede l’accertamento della risoluzione conseguente alladichiarazione di avvalersi della clausola risolutiva espressa(Cass. 14 novembre 2006, n. 24207) (70). Il principio didiritto trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, eappare condivisibile: allegando a fondamento della do-manda una clausola risolutiva espressa, il creditore muta ifatti su cui si fonda l’azione di risoluzione (71). Diversa-mente da altra giurisprudenza (72), invece, riteniamo chedopo aver proposto una domanda fondata su una clausolarisolutiva espressa il creditore possa chiedere la risoluzioneai sensi dell’art. 1453 c.c.: se l’inadempimento allegato dal-l’attore resta il medesimo, non mutano i fatti sulla base deiquali il giudice deve decidere, ma solo i parametri normati-vi. La prima domanda ha una causa petendi più ampia dellaseconda, in quanto richiede al giudice l’accertamento dellavalida stipulazione di una clausola risolutiva espressa. Se l’i-

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(66) In Foro it., Rep. 2006, Contratto in genere, 491. Il testo della motiva-zione è reperibile nel DVD del Foro italiano, La Cassazione civile. In sensoconforme è orientata la giurisprudenza prevalente: cfr. Cass. 5 aprile1995, n. 3999, in Giust. civ., 1996, I, 174; Cass. 29 aprile 1993, n. 5082,in Mass. Giur. it., 1993, per esteso in CD-Rom Utet, La Cassazione civile;Cass. 7 marzo 1991, n. 2402, in Mass. Giur. it., 1991; Cass. 8 marzo 1984,n. 1622, in Mass. Giur. it., 1984; Cass. 14 dicembre 1982, n. 6867, inMass. Giur. it., 1982. Contra, Cass. 7 luglio 1976, n. 2545, in Mass. Foroit., 1976; Trib. Monza 11 febbraio 1998, in Contratti, 1998, 590.

(67) È ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cuianche il recesso ad nutum può essere fonte di responsabilità se per le mo-dalità con cui è esercitato risulta contrario a buona fede: v., a titolo esem-plificativo, Cass. 16 ottobre 2003, n. 15482, in Foro it., 2004, I, 1845;Cass. 23 settembre 2002, n. 13823, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, II, 1,con nota di De Nicola; Cass. 14 luglio 2000, n. 9321, in Foro it., 2000, I,3495; Cass. 21 maggio 1997, n. 4538, in Foro it., 1997, I, 2479, con notadi Caputi; App. Milano 10 maggio 2002, in Giur. it., 2003, 502; Trib.Roma 28 dicembre 1983, in Foro it., 1984, I, 1986.

(68) Cfr. Santoro, L’abuso del diritto di recesso ad nutum, in Contr. impr.,1986, 777 s.

(69) Con particolare riferimento alle azioni di impugnativa negoziale v.,in questo senso, Pagni, Contratto e processo, in Tratt. contratto, diretto daRoppo, VI, Interferenze,a cura di Roppo, Milano, 2006, 829.

(70) In Foro it., Rep. 2006, Contratto in genere, 590. La motivazione dellasentenza si rinviene nel DVD del Foro italiano, La Cassazione civile.

(71) Cfr. Cass. 5 gennaio 2005, n. 167, in Mass. Giust. civ., 2005, peresteso in DVD Iuris Data, La Cassazione civile; Cass. 12 dicembre 2003, inGuida dir., 2004/12, 42; Cass. 10 novembre 1998, n. 11282, in Mass. Giu-st. civ., 1998; Cass. 24 settembre 1981, n. 5175, in Mass. Giur. it., 1981.

(72) Cfr. Cass. 12 gennaio 2007, n. 423, in Foro it., Rep. 2007, Appello ci-vile, 27; Cass. 6 settembre 1994, n. 7668, in Mass. Giur. it., 1994, peresteso nel CD-Rom Utet, La Cassazione civile; Cass. 5 aprile 1990, n. 2803,in Mass. Giur. it., 1990, per esteso in DVD Iuris Data, La Cassazione civi-le. In senso conforme si è espressa Cass. 7 febbraio 2006, n. 2599, in Foroit., Rep. 2006, Arbitrato, 178, sia pure in ordine al principio di corrispon-denza tra chiesto e pronunciato: «La domanda di risoluzione del contrat-to per inadempimento ha presupposti di fatto e di diritto, nonché conte-nuto, diversi dalla domanda di accertamento dell’intervenuta risoluzionedel contratto in conseguenza della dichiarazione di una parte all’altra del-la sua volontà di valersi della pattuita clausola risolutiva espressa; conse-guentemente, viola il principio del contraddittorio (art. 829, 1º comma,n. 9, c.p.c.), sotto il profilo dell’osservanza della regola della corrispon-denza tra chiesto e pronunciato, con conseguente nullità del lodo, il col-legio arbitrale che sostituisca la domanda di risoluzione giudiziale a quel-la di accertamento della risoluzione a norma dell’art. 1456 c.c.»

nadempimento allegato dall’attore non cambia, la doman-da di risoluzione giudiziale successivamente proposta risul-ta ammissibile: il giudice ne valuta la fondatezza applican-do norme diverse da quelle invocate in primo tempo dal-l’attore (artt. 1453, 1455 anziché 1456 c.c.), ma non deveaccertare fatti ulteriori rispetto a quelli dedotti inizialmen-te.In sintonia con queste considerazioni, si è ritenuto che ilgiudice possa pronunciare la risoluzione del contratto exart. 1453 c.c. anche se l’attore ha dedotto a fondamentodella domanda l’intimazione di una diffida ad adempiere(Cass. 16 novembre 2006, n. 24389) (73). La risoluzionegiudiziale non viola il principio di corrispondenza tra ilchiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), in quanto la rela-tiva azione si fonda su una causa petendi ridotta rispetto allarisoluzione mediante diffida: per accogliere la domanda, ilgiudice non accerta l’intimazione e la regolarità della diffi-da, ma si limita a confrontare l’inadempimento allegatodall’attore con il parametro della «non scarsa importanza»(art. 1455 c.c.). La sentenza di accoglimento, in altri termi-ni, non si fonda su fatti diversi da quelli allegati dall’attore.La soluzione trova riscontro nella giurisprudenza di legitti-mità, e risponde a una elementare esigenza di economiaprocessuale (74). Se, pur essendo grave l’inadempimentodel convenuto, l’azione di risoluzione venisse rigettata acausa dell’inefficacia della diffida, il creditore sarebbe legit-timato ad esercitare una nuova azione ai sensi dell’art. 1453c.c.; è da ritenere, allora, che ricorrendo i presupposti dellarisoluzione giudiziale la domanda debba essere accolta.c) Risoluzione ed onere di riproporre domande ed eccezioni inappelloAi sensi dell’art. 346 c.p.c., «le domande e le eccezioni nonaccolte nella sentenza di primo grado, che non sono espres-samente riproposte in appello, si intendono rinunciate»: èonere delle parti riproporre in appello, a pena di decaden-za, le domande e le eccezioni rigettate o non esaminate dalgiudice di primo grado. Ora, ai termini della disposizione se a fondamento della do-manda di risoluzione sono stati dedotti inadempimenti di-versi e il giudice di primo grado accoglie la domanda di ri-soluzione sulla base di uno solo di essi, l’attore ha l’onere diriproporre nel giudizio di appello gli altri inadempimenti al-legati in prima istanza. Secondo una recente pronuncia dilegittimità, il creditore vittorioso in primo grado non deveproporre appello incidentale perché il giudice di secondaistanza consideri gli altri fatti dedotti a fondamento delladomanda, e non esaminati dal primo giudice: è sufficienteche con la comparsa di risposta riproponga all’attenzionedella Corte d’Appello i fatti allegati a fondamento della do-manda di risoluzione proposta in prime cure (Cass. 24maggio 2007, n. 12162) (75). Nel caso di specie, si ritieneche l’onere di riproposizione sia stato soddisfatto da unenunciato piuttosto generico contenuto nella comparsa dirisposta, con cui chiedeva alla Corte d’Appello di confer-mare la risoluzione per inadempimento pronunciata in pri-mo grado, e si richiamavano le disposizioni di legge sullabase delle quali la domanda avrebbe dovuto essere accolta.

In virtù di questo principio, la S.C. conferma la sentenza disecondo grado, che aveva pronunciato la risoluzione delcontratto sulla base di una causa petendi diversa da quellaconsiderata dal giudice di prime cure senza che l’attore pro-ponesse appello incidentale.La sentenza trova riscontro nella giurisprudenza di legitti-mità relativa all’art. 346 c.p.c. Si ritiene, infatti, che le que-stioni dedotte in primo grado debbano essere ripropostecon appello incidentale solo nell’ipotesi di soccombenzapratica, laddove il mancato accoglimento della domanda odell’eccezione abbia sostanzialmente pregiudicato le ragio-ni della parte (76). L’appellato vittorioso in primo gradopuò invece limitarsi a riproporre i fatti dedotti a fondamen-to della domanda: non si richiede un riferimento analiticoalle circostanze allegate, pur non essendo sufficiente unsemplice rinvio alle difese svolte nel giudizio di primo gra-do (77).d) Risoluzione e nullità del contrattoSecondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, lanullità del contratto può essere rilevata d’ufficio solo se l’at-tore domanda l’adempimento (art. 1421 c.c.); in questaipotesi, la validità del contratto rappresenta elemento co-stitutivo dell’azione, sicché il giudice è tenuto a rigettarla.Quando, invece, l’attore domanda la risoluzione, il divietodi ultrapetizione impedisce al giudice di rilevare d’ufficio lanullità (art. 112 c.p.c.): a differenza di quanto avviene inrelazione all’azione di adempimento, la declaratoria di nul-lità favorisce gli interessi dell’attore in quanto comporta l’i-nefficacia del contratto, sebbene la ragione che la determi-na sia diversa da quella dedotta a fondamento della do-manda di risoluzione (78).In tempi più recenti, la giurisprudenza di legittimità divie-ne instabile. Disattendendo l’orientamento appena ricor-dato, la sezione terza ha ritenuto che il giudice sia legitti-

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008274

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(73) In Mass Giur. it., 2006. Il testo è reperibile sul DVD Utet, La Cassa-zione civile.

(74) Cfr. Cass. 28 agosto 2003, n. 12644, in Mass. Giust. civ. 2003, peresteso in DVD Iuris Data, La Cassazione civile; Cass. 18 giugno 1975, n.2423, in Mass. Giur. it., 1975; App. Palermo 16 marzo 1989, in Temi sici-liana, 1989, 407.

(75) In Mass Foro it., 2007, Appello civile, 63. Il testo della motivazione èreperibile nel DVD del Foro italiano, La Cassazione civile.

(76) V. a titolo esemplificativo, Cass. sez. un. 19 febbraio 2007, n. 3717,in Foro it., Rep. 2007, Appello civile, 35; Cass. 13 aprile 2007, n. 8854, inForo it., Rep. 2007, Appello civile, 51; Cass. 5 giugno 2007, n. 13082, inForo it., Rep. 2007, Appello civile, 67. Per una analisi approfondita dellaquestione, si rinvia a Teoldi, L’onere dell’appello incidentale nel processo civi-le, in Giur. it., 2001, 1301 ss.

(77) Cfr. Mandrioli, Diritto processuale civile, 17ª ed., II, Il processo di co-gnizione, Torino, 2005, 442, nota 21.

(78) Cfr. Cass. 14 dicembre 2004, n. 23292, in Guida dir., 2005/4, 73;Cass. 6 agosto 2003, n. 11847, in Foro it., Rep. 2003, Contratto in genere,518; Cass. 14 gennaio 2003, n. 435, ibidem, 524; Cass. 1° agosto 2001, n.10498, in Foro it., Rep. 2002, Contratto in genere, 482; Cass. 24 febbraio2000, n. 2108, in Mass. Giur. it., 2000; Cass. 3 febbraio 1999, n. 937, inMass. Giur. it., 1999; Cass. 13 marzo 1988, n. 2398, in Foro it., 1989, I,1936; App. Milano, 9 aprile 2002, in Gius, 2003, 366.

mato a rilevare d’ufficio la nullità del contratto anche se èstata domandata la risoluzione (79). La soluzione riscuote ilconsenso della dottrina, che ritiene artificiosa la distinzio-ne operata dalla giurisprudenza prevalente (80): l’attitudi-ne del contratto a produrre effetti giuridici è elemento co-stitutivo tanto dell’azione di adempimento, quanto dell’a-zione di risoluzione. Non solo. Quando - come avvienespesso - il creditore domanda insieme alla risoluzione il ri-sarcimento del danno, il giudice che si astiene dal rilevarela nullità del contratto è tenuto ad affermare la responsabi-lità del debitore per l’inadempimento di un’obbligazioneinesistente, in quanto il contratto è improduttivo di effetti.L’indirizzo maggioritario, nondimeno, viene ribadito dallagiurisprudenza più recente (81).e) Segue. La violazione dei doveri di informazione dell’interme-diario finanziario tra nullità e risoluzione.Il contenzioso sviluppatosi tra gli intermediari finanziari egli acquirenti di titoli obbligazionari in seguito all’insolven-za degli emittenti ha richiamato all’attenzione degli inter-preti il rapporto tra nullità e risoluzione. Ci si interroga suquale sia il rimedio applicabile a favore del consumatorenon adeguatamente informato dall’intermediario finanzia-rio. In base a un primo orientamento, diffuso nella giurispru-denza di merito e avallato dalla dottrina minoritaria, il ri-sparmiatore sarebbe legittimato a far valere la nullità (vir-tuale) dei contratti per mezzo dei quali ha acquistato i tito-li emessi dall’ente insolvente. Un secondo indirizzo, accre-ditato dalla dottrina maggioritaria, configura il difetto diinformazione imputabile all’intermediario come violazionedi obblighi precontrattuali (art. 1337 c.c.), o come ina-dempimento del contratto quadro in virtù del quale vengo-no prestati i servizi finanziari (art. 1218 c.c.). Ne consegueche il risparmiatore non adeguatamente informato può farvalere la responsabilità precontrattuale dell’intermediarioo domandare il risarcimento del danno derivante dall’ina-dempimento. In questa prospettiva, qualora la reticenzadell’intermediario integrasse un inadempimento di impor-tanza non scarsa (art. 1455 c.c.), il risparmiatore potrebbedomandare la risoluzione del contratto quadro e dei con-tratti collegati conclusi “a valle”, per mezzo dei quali ha ac-quistato i titoli (82). Con due recenti pronunce rese a sezioni unite, la SupremaCorte aderisce a questa seconda linea interpretativa (83).La violazione degli obblighi informativi previsti dalla nor-mativa di settore non comporta la nullità del contratto, mail risarcimento del danno (84). La responsabilità in cui in-corre l’intermediario sarà precontrattuale quando la reti-cenza a lui imputabile matura anteriormente alla stipula-zione del contratto quadro (art. 1337 c.c.); contrattuale sel’informazione avrebbe dovuto essere fornita successiva-mente alla stipulazione del contratto quadro, nella fase pro-pedeutica all’effettuazione dell’ordine di acquisto da partedel risparmiatore (art. 1218 c.c.). Anche in questa sede, siribadisce che se l’inadempimento delle obbligazioni con-trattualmente assunte dall’intermediario è grave, il rispar-miatore è legittimato a domandare la risoluzione.

La sentenza, tuttavia, non indica come l’eventuale risolu-zione del contratto quadro possa incidere sui contratti -conclusi “a valle” - per mezzo dei quali il risparmiatore ac-quista i titoli difettosi.

9. Sopravvenuta inidoneità della prestazione a soddisfare l’interesse del creditore e risoluzione del contrattoMerita un cenno, infine, una tendenza delineatasi nellagiurisprudenza più recente, che appare propensa a interpre-tare estensivamente le norme sulla risoluzione per impossi-bilità sopravvenuta (art. 1463 c.c.). Secondo la ricostruzio-ne dell’istituto consegnataci dalla tradizione, l’impossibilitàsopravvenuta deve avere ad oggetto la prestazione in sé eper sé considerata: fattori estranei alla prestazione quali ledifficoltà soggettive del debitore o il sopravvenuto disinte-resse del creditore non giustificherebbero la risoluzione del

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008 275

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(79) Cass. 22 marzo 2005, n. 6170, in Corr. giur., 2005, 957, con nota diV. Mariconda, La Cassazione rilegge l’art. 1321 c.c. e si corregge: è vera svol-ta? ed in Foro it., 2006, 2108, con nota di Di Ciommo, La rilevabilità d’uf-ficio delle nullità negoziali tra (artificiosi) limiti processuali ed incertezze giuri-sprudenziali. Nello stesso senso, nella giurisprudenza più recente, si sonoespresse Cass. 16 maggio 2006, n. 11356, in Corr. giur., 2006, 1418, connota di Consolo (obiter); Cass. 2 aprile 1997, n. 2858, in Foro it., Rep.1997, Contratto in genere, 482; Cass. 18 luglio 1994, n. 6710, ivi, 1994,Contratto in genere, 432.

(80) V., ex pluribus, Corsini, Rilievo d’ufficio della nullità contrattuale, princi-pio della domanda e poteri del giudice, in Riv. dir. civ., 2004, I, 667 ss.; DiCiommo, La rilevabilità d’ufficio, cit., 2111; Vidiri, Sulla rilevabilità d’ufficiodella nullità del contratto, in Giust. civ., 1997, I, 2459; Catalano, Inadempi-menti reciproci e rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, in Dir. giur.,1995, 177; Massetani, Ingiustificate limitazioni alla rilevabilità d’ufficio dellanullità del contratto, in Foro it., 1989, I, 1945. Contra Filanti, Nullità. Dirit-to civile, in Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1990, ad vocem, 10. Per una ri-costruzione del problema v., recentemente, Parola, Rilevabilità d’ufficiodella nullità del contratto, in Obbl. contr., 2006, 727.

(81) Cfr. Cass. 17 maggio 2007, n. 11550, in Foro it., Rep. 2007, Con-tratto in genere, 328; Cass. 6 ottobre 2006, n. 21632, in Foro it., 2007, I,430; Cass., sez. lav. 14 ottobre 2005, n. 19903, in Foro it., 2006, I, 2107,con nota di Di Ciommo.

(82) Per una ricostruzione del problema v., a titolo esemplificativo, Al-banese, Regole di condotta e regole di validità nell’attività d’intermediazione fi-nanziaria: quale tutela per gli investitori delusi ?, in Corr. giur., 2008, 107ss.; Pepe, La giurisprudenza sulla responsabilità degli intermediari finanziari,ibidem, 123 ss.; Guadagno, Violazione degli obblighi di informazione nell’atti-vità di intermediazione finanziaria: quali rimedi?, in Nuova giur. civ. comm.,2007, I, 548; Mollo, Violazione delle regole di comportamento degli interme-diari: diversità dei rimedi civilistici ed intensità della tutela, in Giur. comm.,2006, II, 1111; Vettori, Contratti di investimento e rimedi, in Obbl. contr.,2007, 785.

(83) Cass. sez. un. 19 dicembre 2007, n. 26724, in Corr. giur., 2008, 223ss., con nota di V. Mariconda; Cass. sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26725,reperibile per esteso sul sito internet www.ilcaso.it; per un primo com-mento alla sentenza v. anche Sartori, La (ri)vincita dei rimedi risarcitori.Note critiche a Cassazione (s.u.) 19 dicembre 2007, n. 26725, in Dir. fall.,2008, II, 1 ss. La questione è stata rimessa alle sezioni unite dalla sezioneprima, con ordinanza 16 febbraio 2007, n. 3683, in Corr. giur., 2007, 631ss., con nota di V. Mariconda.

(84) Nello stesso senso l’unico precedente rinvenibile nella giurispru-denza di legittimità: cfr. Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in questa Ri-vista, 2006, 25, con nota di Roppo e Afferni.

contratto (85). Recentemente, invece, la S.C. ammette larisoluzione quando la prestazione, tuttora possibile, perdeinteresse per il creditore in dipendenza di circostanze so-pravvenute ed estranee alla sfera di controllo delle parti.In un primo caso, tra una nota casa farmaceutica e un’im-presa italiana intercorre un contratto quadro, in virtù delquale la prima si impegna ad acquistare dalla seconda il 50% del suo fabbisogno di ferritina di origine animale (Cass.20 dicembre 2004, n. 23618) (86). Poco dopo la conclu-sione del contratto, il Ministero della Sanità emana unanormativa volta prevenire la diffusione del morbo diCreutzfeld-Jacob: per effetto di essa, la sostanza risulta so-stanzialmente inutilizzabile nella produzione farmaceutica,in quanto neppure sofisticate analisi di laboratorio possonogarantirne con assoluta certezza l’immunità da agenti pato-geni. La casa farmaceutica, allora, comunica all’impresa ita-liana che non acquisterà più il prodotto, sostituendolo conun composto sintetico. Nella controversia che ne scaturisce, l’impresa italianachiede la risoluzione del contratto per inadempimento del-la controparte e il risarcimento del danno; la casa farma-ceutica domanda la risoluzione per impossibilità sopravve-nuta. Viene accolta nei tre gradi di giudizio la domanda del-la casa farmaceutica. Benché la normativa del Ministerodella Sanità non proibisse la somministrazione e il com-mercio della ferritina di origine animale, la sostanza era di-venuta inutilizzabile nella produzione farmaceutica perchénon era possibile garantirne la sicurezza, come invece ri-chiesto dai provvedimenti ministeriali. La prestazione og-getto del contratto è in sé e per sé possibile, ma il sopravve-nuto disinteresse del creditore giustifica la risoluzione.Sulla stessa linea si pone un’altra pronuncia di legittimità,relativa ad un contratto di viaggio vacanza “tutto compre-so” (Cass. 24 luglio 2007, n. 16315) (87). Una coppia diconiugi acquista un pacchetto turistico comprensivo diviaggio e alloggio nell’isola di Cuba. Poco prima della dataprevista per la partenza, scoppia nell’isola un’epidemia didengue emorragico. I coniugi concordano con l’agenzia ilmutamento della destinazione del viaggio ed acquistano unpacchetto turistico offerto da un altro organizzatore. Il (pri-mo) tour operator, allora, chiede il pagamento dell’inden-nità convenzionalmente prevista per il recesso dal contrat-to di viaggio “tutto compreso” nell’isola di Cuba, mentre ituristi ne domandano la risoluzione per impossibilità so-pravvenuta.Le sentenze di primo e secondo grado - accogliendo la do-manda proposta dai coniugi - affermano che il contratto diviaggio si è risolto per impossibilità sopravvenuta, sicchénessuna indennità è dovuta all’operatore turistico. La S.C.conferma tale soluzione, ma la motiva diversamente: l’e-stensore sviluppa un’argomentazione che configura unasorta di risoluzione atipica, autonoma dal dato normativo.Nella prestazione di servizi turistici “tutto compreso”, il di-vertimento del turista integra la causa concreta del con-tratto. Se una circostanza sopravvenuta quale la diffusionedi una epidemia nel luogo della vacanza compromette losvago, la causa risulta inevitabilmente frustrata e il contrat-

to si risolve: il creditore, infatti, perde interesse a ricevere laprestazione. La risoluzione, tuttavia, non consegue all’im-possibilità sopravvenuta della prestazione, ma al verificarsidi una diversa fattispecie, denominata «impossibilità so-pravvenuta di utilizzazione della prestazione» (88): la pre-stazione permane possibile, ma un evento sopravvenuto larende inidonea a soddisfare l’interesse del creditore. Ancheil regime di questa figura risulta atipico. Siccome la presta-zione è in sé e per sé possibile, il contratto non si risolve au-tomaticamente (art. 1463 c.c.): è rimessa al creditore lascelta tra esigere la prestazione ed ottenere la risoluzionedel contratto.Nei due casi riassunti, una circostanza sopravvenuta edestranea alla sfera di controllo delle parti non determinal’impossibilità della prestazione, ma la rende inidonea asoddisfare l’interesse del creditore. Nell’unico precedentespecifico, la S.C. aveva negato che il sopravvenuto disinte-resse del creditore per la prestazione dedotta in contrattone comportasse la risoluzione (89). Si assiste, dunque, aduna significativa evoluzione dell’istituto, così come vienetradizionalmente inteso (90).

DANNO E RESPONSABILITÀ N. 3/2008276

ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Note:

(85) Per una puntuale ricostruzione della nozione di impossibilità dellaprestazione, si rinvia a Cabella Pisu, Dell’impossibilità sopravvenuta, inComm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 2002, sub artt. 1463-1466, 44 ss.

(86) In Foro it., Rep. 2004, Contratto in genere, 520. Il testo della senten-za è rinvenibile nel DVD del Foro Italiano, La Cassazione civile.

(87) In Foro it., Rep. 2007, Turismo, 32. Il testo della sentenza si rinvienenel DVD del Foro Italiano, La Cassazione civile.

(88) Viene così recepita l’opinione di Bianca, Diritto civile, V, La respon-sabilità, cit., 383, secondo cui pur giustificando la risoluzione del contrat-to «l’impossibilità di utilizzazione non implica di per sé l’impossibilità diesecuzione della prestazione, e non rientra pertanto nella previsione nor-mativa della “sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta” (art.1463 c.c.)».

(89) Cfr. Cass. 8 febbraio 1986, n. 809, in Giust. civ., 1986, I, 1928, connota di Costanza. Nel caso di specie, un imprenditore alimentare con se-de a Foggia aveva acquistato da un agricoltore l’intero raccolto di pepe-roni prodotti da un fondo sito in provincia di Lecce. A causa di uno scio-pero dei lavoratori delle province di Bari e Foggia, i peperoni raccolti nonavrebbero potuto essere assoggettati al trattamento richiesto ai fini dellasuccessiva commercializzazione, sicché l’acquirente non procede alla rac-colta. Nella controversia che ne deriva, l’imprenditore agricolo proprie-tario del fondo chiede la risoluzione per inadempimento; la contropartedomanda, tra l’altro, la risoluzione del contratto per impossibilità soprav-venuta della prestazione. I giudici di merito avevano rigettato le deduzio-ni istruttorie in base alle quali l’imprenditore alimentare chiedeva di es-sere ammesso a provare che la mancata raccolta dei peperoni derivava dauna causa a lui non imputabile, qual era lo sciopero indetto nella sua pro-vincia. La Cassazione conferma il rigetto dell’istanza istruttoria, in quan-to la prova di tale circostanza non avrebbe comportato la risoluzione perimpossibilità sopravvenuta.

(90) In giurisprudenza e in dottrina, è stata prestata maggiore attenzionead una fattispecie attigua a quella considerata nel testo: l’impossibilità diricevere la prestazione non imputabile al creditore. Qui un fattore so-pravvenuto impedisce al creditore di prestare la cooperazione necessariaall’adempimento. Gli interpreti non concordano sul regime giuridico ap-plicabile alla fattispecie. Secondo una prima interpretazione, il contrattosi risolverebbe per impossibilità sopravvenuta, in quanto la mancata coo-perazione del creditore preclude l’esecuzione della prestazione (Delfini,Dell’impossibilità sopravvenuta, in Comm. cod. civ., fondato da Schlesin-

Non è questa la sede per una compiuta valutazione di ta-le linea di tendenza. Ci limitiamo, dunque, a una breveconsiderazione. Quando una circostanza sopravvenuta edestranea alla sfera di controllo delle parti rende la presta-zione inidonea a soddisfare l’interesse del creditore, nonoccorre elaborare una causa di risoluzione atipica, priva diriscontro nel dato normativo: tale operazione appare insi-diosa, in quanto tende ad accreditare l’autonomia dell’in-terprete rispetto alle regole che governano la risoluzionedel contratto. Posto che la prestazione nasce in funzionedell’interesse del creditore (art. 1174 c.c.), il sopravveni-re di una circostanza che la rende inidonea a soddisfarlopuò giustificare la risoluzione del contratto ai sensi degliartt. 1463 ss. c.c. Solo una nozione di prestazione tuttapolarizzata sulla condotta del debitore rende necessarial’elaborazione di una figura autonoma di risoluzione, co-me quella accreditata dalla pronuncia di legittimità qui ri-cordata.

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ITINERARI DELLA GIURISPRUDENZA

Nota:

(segue nota 90)

ger, diretto da Busnelli, Milano, 2003, sub artt. 1463-1466, 47 s.; Bianca,Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 383; Cottino, L’impossibilità di riceve-re o di cooperare del creditore e l’impossibilità della prestazione, in Riv. dir.comm., 1948, I, 443). In senso contrario, si è sostenuto che l’impossibilitàdi ricevere la prestazione non comporta la risoluzione del contratto, sic-ché il creditore resta obbligato ad eseguire la controprestazione anche senon ha potuto cooperare all’adempimento per causa a lui non imputabi-le (Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, 15ª ed., Milano, 2003, 308; Rop-po, Il contratto, cit., 1009). In base a una terza opinione, l’impossibilità diricevere la prestazione determinata da una circostanza estranea alla sferadi controllo del creditore giustifica la risoluzione del contratto, ma al de-bitore può spettare un’indennità: argomenti a favore di questa soluzionevengono tratti dalla disciplina di alcuni tipi contrattuali, di cui si ipotizzal’applicazione analogica (Cabella Pisu, L’impossibilità della prestazione e la«sfera» del creditore nei contratti a prestazioni corrispettive, in Contr. impr.,1998, 569 ss.; Id., Dell’impossibilità sopravvenuta, cit., 129 ss.; Cattaneo,Della mora del creditore, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca,Bologna-Roma, 1973, sub artt. 1206-1217, 82 ss.). Per una ricostruzioneapprofondita del problema, cfr. Cabella Pisu, Dell’impossibilità sopravvenu-ta, cit., 121 ss. a cui si rinvia per ulteriori riferimenti.