GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE Nesso di causalità · 2009. 2. 12. · Responsabilità...

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CORRIERE GIURIDICO N. 1/2008 35 GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE In fatto Con atto di citazione dell’11 giugno 1984, P.A. con- venne in giudizio, dinanzi al tribunale di Chiavari, l’U- SL 17 della regione Liguria e il dott. C.L., esponendo: – che il 28 novembre 1979, a seguito di una immersio- ne in mare nei pressi di Portofino con apparecchio di respirazione, giunto alla profondità di 52 metri, era sta- to costretto ad una rapida emersione a causa di un gua- sto al dispositivo di riserva dell’aria; – che, risalito in barca, aveva accusato un intenso dolo- re al centro della schiena, accompagnato da nausea e parestesia agli arti inferiori; – che, fatto rientro al porto di S. Margherita, era stato trasportato in ambulanza presso il locale ospedale; – che, condotto in pronto soccorso, era stato assistito dal medico di guardia dott. C., al quale aveva manife- stato il proprio timore circa le conseguenze di un’embo- lia gassosa; – che il sanitario, dopo averlo fatto sdraiare, gli aveva somministrato ossigeno per circa 10 minuti, tranquilliz- zandolo e invitandolo a far ritorno a casa; – che, pur avendo prospettato l’opportunità di un rico- vero presso l’ospedale di Genova per un trattamento in camera iperbarica, era stato rassicurato dal C., che si era dichiarato esperto in materia; – che, tornato a piedi al porto ed effettuate le operazio- ni di ormeggio della sua imbarcazione, aveva fatto ritor- no a casa dove, intorno all’una della notte, si era ride- stato in condizioni di tetraparesi; – che, trasportato in ambulanza al pronto soccorso del- l’ospedale di Rapallo e visitato alle ore 1.25, era stato immediatamente trasferito all’ospedale S. Martino di Genova e sottoposto (erano ormai le ore 3.05) a tratta- mento in camera iperbarica; – che il 22 dicembre era stato dimesso da quel nosoco- mio con diagnosi di paraparesi da malattia da decom- pressione; – che, nuovamente ricoverato presso lo stesso ospedale dal 7 gennaio al 16 febbraio 1980, era stato definitiva- mente dimesso, con prescrizione di trattamento tera- peutico e riabilitativo a seguito di una invalidità quan- tificabile intorno al 60%. Tanto premesso, l’attore, contestata una grave colpa professionale al C. - che, pur avendo diagnosticato una sospetta embolia gassosa, aveva omesso di avviarlo im- mediatamente al più vicino centro iperbarico, ciò che avrebbe consentito una cura della malattia tale da impe- dire i gravi esiti compromissivi della sua salute - ne chie- se la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti. Il giudice di primo grado respinse la domanda, valoriz- zando la deposizione resa dalla teste T. (infermiera pre- sente al momento del ricovero dell’attore in pronto soccorso, secondo la quale il P., quantunque insistente- mente invitato dal medico a sottoporsi al ricovero in adeguata struttura ospedaliera, lo aveva rifiutato), e ri- tenendo che la decisione del C. di barrare, sul referto, la casella “si dimette”, anziché quella “rifiuta il ricove- ro” fosse stata in realtà consona alla vicenda, per avere il paziente rifiutato non il ricovero ma il trasferimento in altra struttura ospedaliera: avendo, per l’effetto, escluso ogni profilo di colpa in capo al sanitario, il giu- dice di primo grado non aveva preso in esame le risul- tanze delle due perizie d’ufficio quanto al profilo del nesso causale. La corte di appello di Genova, investita dell’impugna- zione del P., ne accolse il gravame, osservando, (...): – che il giudice di primo grado, nell’escludere la colpa del C. sulla base della deposizione della teste T., non Nesso di causalità CASSAZIONE CIVILE, sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619 - Pres. Di Nanni - Rel. Travaglino - P.M. Sgroi (conf.) - C.L. c. Azienda Sanitaria Locale n. 4 Chiavarese Responsabilità civile - Inadempimento obbligazioni - Nesso di causa - Presupposti (c.c. artt. 1218, 1223, 2043 ) Posto che la causalità civile “ordinaria”, che costituisce una dimensione d’analisi del nesso di causa distinta dalla «causalità da perdita di chance», si attesta sul versante della probabilità relativa (o “variabile”) ed è caratterizzata dall’accedere ad una soglia meno elevata di probabilità rispetto a quella penale, ed atteso che il giudice, dovendo operare una selezione di scelte giuridicamente op- portune in un dato momento storico, non è vincolato ad una formula peritale e non può trasformare il processo civile (e la verifica processuale in ordine all’esistenza del nesso di causa) in una questio- ne di verifica (solo) scientifica demandabile tout court al consulente tecnico, non è allora censurabi- le la decisione del giudice del merito, il quale, con motivazione sorretta da ampia e congrua motiva- zione, abbia ritenuto “più probabile che non” l’esistenza del nesso di causa tra il comportamento omissivo del sanitario e le lesioni subite dal danneggiato, nonostante i consulenti tecnici si siano espressi in termini meramente possibilistici senza percentualizzare la eventuale migliore riuscita del trattamento omesso.

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  • CORRIERE GIURIDICO N. 1/2008 35

    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    In fattoCon atto di citazione dell’11 giugno 1984, P.A. con-venne in giudizio, dinanzi al tribunale di Chiavari, l’U-SL 17 della regione Liguria e il dott. C.L., esponendo:– che il 28 novembre 1979, a seguito di una immersio-ne in mare nei pressi di Portofino con apparecchio direspirazione, giunto alla profondità di 52 metri, era sta-to costretto ad una rapida emersione a causa di un gua-sto al dispositivo di riserva dell’aria;– che, risalito in barca, aveva accusato un intenso dolo-re al centro della schiena, accompagnato da nausea eparestesia agli arti inferiori;– che, fatto rientro al porto di S. Margherita, era statotrasportato in ambulanza presso il locale ospedale;– che, condotto in pronto soccorso, era stato assistitodal medico di guardia dott. C., al quale aveva manife-stato il proprio timore circa le conseguenze di un’embo-lia gassosa;– che il sanitario, dopo averlo fatto sdraiare, gli avevasomministrato ossigeno per circa 10 minuti, tranquilliz-zandolo e invitandolo a far ritorno a casa;– che, pur avendo prospettato l’opportunità di un rico-vero presso l’ospedale di Genova per un trattamento incamera iperbarica, era stato rassicurato dal C., che si eradichiarato esperto in materia;– che, tornato a piedi al porto ed effettuate le operazio-ni di ormeggio della sua imbarcazione, aveva fatto ritor-no a casa dove, intorno all’una della notte, si era ride-stato in condizioni di tetraparesi;– che, trasportato in ambulanza al pronto soccorso del-l’ospedale di Rapallo e visitato alle ore 1.25, era statoimmediatamente trasferito all’ospedale S. Martino diGenova e sottoposto (erano ormai le ore 3.05) a tratta-mento in camera iperbarica;

    – che il 22 dicembre era stato dimesso da quel nosoco-mio con diagnosi di paraparesi da malattia da decom-pressione;– che, nuovamente ricoverato presso lo stesso ospedaledal 7 gennaio al 16 febbraio 1980, era stato definitiva-mente dimesso, con prescrizione di trattamento tera-peutico e riabilitativo a seguito di una invalidità quan-tificabile intorno al 60%.Tanto premesso, l’attore, contestata una grave colpaprofessionale al C. - che, pur avendo diagnosticato unasospetta embolia gassosa, aveva omesso di avviarlo im-mediatamente al più vicino centro iperbarico, ciò cheavrebbe consentito una cura della malattia tale da impe-dire i gravi esiti compromissivi della sua salute - ne chie-se la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti.Il giudice di primo grado respinse la domanda, valoriz-zando la deposizione resa dalla teste T. (infermiera pre-sente al momento del ricovero dell’attore in prontosoccorso, secondo la quale il P., quantunque insistente-mente invitato dal medico a sottoporsi al ricovero inadeguata struttura ospedaliera, lo aveva rifiutato), e ri-tenendo che la decisione del C. di barrare, sul referto,la casella “si dimette”, anziché quella “rifiuta il ricove-ro” fosse stata in realtà consona alla vicenda, per avereil paziente rifiutato non il ricovero ma il trasferimentoin altra struttura ospedaliera: avendo, per l’effetto,escluso ogni profilo di colpa in capo al sanitario, il giu-dice di primo grado non aveva preso in esame le risul-tanze delle due perizie d’ufficio quanto al profilo delnesso causale.La corte di appello di Genova, investita dell’impugna-zione del P., ne accolse il gravame, osservando, (...):– che il giudice di primo grado, nell’escludere la colpadel C. sulla base della deposizione della teste T., non

    Nesso di causalitàCASSAZIONE CIVILE, sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619 - Pres. Di Nanni - Rel. Travaglino - P.M. Sgroi(conf.) - C.L. c. Azienda Sanitaria Locale n. 4 Chiavarese

    Responsabilità civile - Inadempimento obbligazioni - Nesso di causa - Presupposti(c.c. artt. 1218, 1223, 2043 )

    Posto che la causalità civile “ordinaria”, che costituisce una dimensione d’analisi del nesso di causadistinta dalla «causalità da perdita di chance», si attesta sul versante della probabilità relativa (o“variabile”) ed è caratterizzata dall’accedere ad una soglia meno elevata di probabilità rispetto aquella penale, ed atteso che il giudice, dovendo operare una selezione di scelte giuridicamente op-portune in un dato momento storico, non è vincolato ad una formula peritale e non può trasformareil processo civile (e la verifica processuale in ordine all’esistenza del nesso di causa) in una questio-ne di verifica (solo) scientifica demandabile tout court al consulente tecnico, non è allora censurabi-le la decisione del giudice del merito, il quale, con motivazione sorretta da ampia e congrua motiva-zione, abbia ritenuto “più probabile che non” l’esistenza del nesso di causa tra il comportamentoomissivo del sanitario e le lesioni subite dal danneggiato, nonostante i consulenti tecnici si sianoespressi in termini meramente possibilistici senza percentualizzare la eventuale migliore riuscita deltrattamento omesso.

  • aveva conseguentemente considerato in alcun modo laquestione relativa al nesso causale;– che la questione andava viceversa esaminata funditus,dovendosi in limine rilevare, nel comportamento del sa-nitario, gli estremi di un comportamento connotato dagrave imperizia e imprudenza;– che la valutazione dell’elemento soggettivo dell’illeci-to attribuito al medico risultava, tra l’altro, dalla periziacollegiale eseguita in grado di appello, ove era detto che«il comportamento del dott. C.... è da considerarsi fran-camente imprudente: poiché l’estrema variabilità sinto-matologia della MDD dovrebbe rientrare nel patrimo-nio delle comuni conoscenze di un medico di prontosoccorso, la remissione dei sintomi comparsi subito do-po l’emersione non poteva tranquillizzare né esimeredalla messa in atto di provvedimenti tempestivi... lacondotta da seguire sarebbe stata quella di mettersi incontatto con il più vicino centro di medicina iperbarica(Genova) e accordarsi per l’immediato invio del subac-queo a mezzo ambulanza... nell’ipotesi che questi avesseinsistito per essere dimesso... sarebbe rimasto onere delmedico di soddisfare la procedura di rifiuto del ricoveroe di adempiere all’ulteriore dovere di informativa circala natura dei sintomi premonitori dell’insorgenza di pa-resi»;– che, all’esito del raffronto tra le contrastanti (ma en-trambe inattendibili, a giudizio della corte) dichiarazio-ni rese in sede di deposizione testimoniale dall’infer-miera T. e dalla moglie del P. (secondo la quale, nono-stante le sue insistenze per l’immediato avvio del mari-to in camera iperbarica, il sanitario ne aveva reiterata-mente esclusa la necessità) e alla luce di quanto emersodalle CTU, la colpa professionale del C. ben potevadirsi provata sia sotto il profilo dell’omissione delle ne-cessarie precauzioni imposte dal caso di specie (sommi-nistrazione di ossigeno soltanto al 30-40%, anziché pu-ro; mancato contatto telefonico immediato con il cen-tro iperbarico di Genova; protrarsi del ricovero in pron-to soccorso per circa un’ora; mancata prescrizione delpur necessario riposo assoluto; mancata refertazionedelle dimissioni del paziente contro la volontà del me-dico);– che la questione del nesso causale tra la condotta delsanitario e l’evento di danno lamentato dall’appellante,avendo ricevuto discordanti soluzioni dalle consulenzeespletate in primo e secondo grado (il CTU nominatodal tribunale, difatti, in una prima consulenza, avevasostenuto che l’intervallo di tempo tra la comparsa deisintomi e l’inizio del trattamento in camera iperbaricaera da ritenersi irrilevante, con conseguente esclusionedi qualsivoglia nesso causale tra il comportamento delsanitario e la grave compromissione permanente dellecondizioni fisiche del P.; in un secondo elaborato, re-datto all’esito di una consulenza di parte, egli avevamodificato tali conclusioni ritenendo ragionevole lapresunzione probabilistica - anche se non quantificabilein termini percentuali - che un più tempestivo inter-

    vento terapeutico avrebbe potuto in qualche manieramodificare il decorso della malattia; i consulenti nomi-nati in secondo grado avevano a loro volta condiviso leconclusioni di questa seconda perizia, precisando - conil supporto di dati statistici da essi stessi definiti, peral-tro, “disaggregati” - che il ritardo nel trattamento corri-spondeva comunque ad una perdita di chance (senzache in concreto l’entità di tale perdita fosse nella speciequantificabile) andava risolto nel senso della sua esi-stenza, sub specie della predicabilità di un esito diversonell’an e nel quantum della malattia in caso di un cor-retto trattamento sanitario (in concreto non eseguito);– che, pertanto, la violazione da parte del medico delleregole tecniche da applicarsi nel caso di specie aveva si-curamente compromesso consistenti aspettative di gua-rigione o di esiti permanenti meno gravi per il danneg-giato, anche se il risultato favorevole dell’appropriataterapia sarebbe stato possibile, ma non certo;– che, in sede di quantificazione del danno, tali premes-se imponevano l’individuazione di un coefficiente di ri-duzione del quantum risarcitorio, da fissarsi equitativa-mente nella misura del 50%.…Omissis…

    In diritto…Omissis…Con il secondo motivo, lamenta ancora il ricorrente laviolazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p. edei principi civilistici in materia di nesso causale; la ca-rente, insufficiente e/o contraddittoria motivazione suun punto decisivo della controversia.La sentenza del giudice di appello - si sostiene - sarebbeerronea altresì nella parte in cui si è ritenuto esistenteun nesso di causalità tra l’ipotetica condotta colposaomissiva ascritta al C. e l’evento di danno, così disat-tendendo il principio di diritto enunciato, con partico-lare autorevolezza, dalle sezioni unite penali di questastessa Corte regolatrice con la pronuncia 10 luglio 2002(nota come sentenza F.) in tema di reati omissivi.Nella specie - si soggiunge - occorreva accertare se iltempestivo inizio della terapia (dopo due ore e mezzoanziché nove) avrebbe evitato o, almeno, attenuato leconseguenze lesive riportate dal P.; viceversa dalle stesseconclusioni dei CTU di primo e secondo grado, alla lu-ce delle espressioni usate, non poteva che inferirsi l’ine-sistenza di un qualsiasi nesso causale tra l’ipotizzato ri-tardo del trattamento terapeutico e gli eventi lesivi,giusta le conclusioni predicate in punto di diritto, in su-biecta materia, dalla citata sentenza a sezioni unite diquesta Corte.In conclusione, essendosi i consulenti espressi in termi-ni meramente “possibilistici”, senza percentualizzare laeventuale miglior riuscita del trattamento omesso, lacorte di merito avrebbe dovuto trarre l’agevole conclu-sione della insussistenza del nesso causale tra l’ipotizzatacondotta omissiva del sanitario e gli eventi lesivi e nonanche “ridurre in via di equità il risarcimento del danno

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    subito dal P., fra l’altro nella percentuale, del tutto im-motivata e arbitraria, del 50%.” Il motivo non meritaaccoglimento, ma il richiamo alla sentenza delle sezioniunite penali e le articolate argomentazioni in tema dinesso causale in esso svolte impongono a questa corteuna approfondita disamina della relativa questione didiritto.Il primo quesito che il motivo di ricorso pone al colle-gio è quello della applicabilità, o meno, in sede di giudi-zio civile, dei principi affermati dalle sezioni unite pe-nali della Corte di legittimità con riferimento al reatoomissivo cd. improprio.Impregiudicata, al momento, la soluzione della questio-ne predetta, occorre preliminarmente sgombrare ilcampo da un equivoco nel quale lo stesso ricorrente in-corre quando, testualmente, afferma che il dictum delleSezioni Unite penali avrebbe risolto un contrasto tradue contrapposti orientamenti insorti in seno alle sezio-ni semplici della Corte medesima. in realtà, gli orienta-menti espressi nel passato in subiecta materia dal giudicedi legittimità in sede penale risultano essere stati tre: ilprimo, maggioritario e oggi disatteso dalle sezioni unite,che riconnetteva al concetto di nesso causale il criteriodelle serie e apprezzabili possibilità di successo dellacondotta impeditiva omessa; il secondo, minoritario,fondato sul criterio della probabilità coincidente o pros-sima alla certezza; il terzo, infine, fatto proprio in sededi risoluzione di contrasto, dell’elevato grado di creden-za razionale.In particolare, le Sezioni Unite penali, nella sentenzaFranzese, evidenziano come lo schema condizionalisti-co disegnato dagli artt. 40 e 41 c.p. vada ad integrarsicon il criterio della sussunzione sotto leggi scientifiche,onde fornire garanzie di determinatezza alla fattispeciemercè la ricerca e l’approdo ad un indissolubile legamedella causalità con i dati oggettivi che discendono dalleleggi scientifiche stesse. Disattesa, così, la ricostruzionedella causalità in termini di “serie e apprezzabili possibi-lità di successo” (che viene definita “nozione deboledella causalità giuridica”), dacché una verifica siffattaverrebbe a sostituire all’oggettivo accertamento del nes-so di causa un mero accertamento dell’aumento del ri-schio, trasformando i reati omissivi impropri in reati dipericolo o di mera condotta (e così violando i principidi legalità, tassatività e tipicità delle fattispecie crimino-se), e prese le distanze dall’orientamento della “probabi-lità prossima alla certezza” (perché una spiegazione cau-sale di tipo deterministico e non induttivo secondo cri-teri di utopistica certezza assoluta finirebbe con il fru-strare gli scopi preventivo-repressivi del processo pena-le), le Sezioni Unite adottano, nella sostanza, l’orienta-mento intermedio dell’elevato grado di credibilità ra-zionale dell’accertamento giudiziale; così tracciando de-finitivamente il confine tra probabilità statistica e pro-babilità logica: (”non è consentito dedurre automatica-mente dal coefficiente di probabilità espresso dalla leg-ge statistica la conferma o meno dell’ipotesi accusatoria

    sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deveverificarne la validità nel caso concreto sulla base dellecircostanze del fatto e dell’evidenza probatoria, disponi-bile”) Premessa la indiscutibile condivisibilità (e appli-cabilità tout court) del generalissimo principio che vuo-le preservato, in capo al giudice, quel margine irrinun-ciabile quanto inevitabile di verifica “logica” del rap-porto di causalità al di fuori dei coefficienti meramentestatistici e di altre valutazioni provenienti dagli accerta-menti tecnico-scientifici, il primo interrogativo che ilricorso pone è quello della applicabilità del principio dicausa penalmente rilevante così ricostruito dalle sezioniunite “anche al distinto settore della responsabilità civi-le, a differenza di quanto avviene per il diritto anglosas-sone e nordamericano” (come testualmente mostranodi ritenere i giudici di quel collegio).Prescindendo dai possibili rilievi critici (non rilevantiin questa sede) da muoversi a tale ultima affermazione(come osserva un’attenta dottrina, difatti, il dato com-paratistico porta piuttosto alla conclusione per cui an-che nei sistemi di common law la giurisprudenza civilesia venuta a muoversi su piani diversi rispetto alle cortipenali, avendo sviluppato maggiormente e in modo de-cisamente più incisivo teorie quali quella della causalitàadeguata e del rischio evitabile), è lo stesso principiodella coincidenza tra concetto di causalità in sede pena-le e di causalità in sede civile - sostenuta, in questa se-de, con particolare vis argomentativa dal ricorrente -che non può dirsi condivisibile.Come già da tempo una attenta dottrina ha ritenuto disottolineare, invero, le esigenze decostruttive e rico-struttive dell’istituto del nesso di causa sottese al sotto-sistema penalistico non sono in alcun modo riprodotte(né riproducibili) nella diversa e più ampia dimensionedell’illecito aquiliano, tanto sotto il profilo morfologicodella fattispecie, quanto sotto l’aspetto funzionale.Sotto il profilo morfologico, difatti, va considerato, da uncanto, come il baricentro della disciplina penale con ri-ferimento al profilo causale del fatto sia sempre e co-munque rivolto verso l’autore del reato/soggetto re-sponsabile, orbitando, viceversa, l’illecito civile (quan-tomeno a far data dagli anni ‘60) intorno alla figura deldanneggiato; dall’altro, come, alla peculiare tipicità delfatto reato, faccia da speculare contralto il sistema aper-to ed atipico dell’illecito civile (non è questa la sede perindagare funditus sul concetto di atipicità, se essa, cioè,sia riferita al fatto inteso come accadimento storico ov-vero come evento di danno - e giammai, comunque, al-le conseguenze dannose del fatto -, evento di dannoche, a far data dagli anni ‘70, dottrina e giurisprudenzadi questa stessa corte hanno più correttamente eviden-ziato come vero baricentro dell’illecito per vulnerare al-fine la limitazione dell’art. 2043 c.c. ai soli diritti sog-gettivi assoluti).Sotto il profilo funzionale, in sintonia con la più attentadottrina, va considerato:– da un canto, che la valutazione del nesso di causa, fon-

  • data esclusivamente sul semplice accertamento di unaumento (o di una speculare, mancata diminuzione)del rischio in conseguenza della condotta omessa, è cri-terio ermeneutico che inquieta l’interprete penale, poi-ché realmente trasforma surrettiziamente la fattispeciedel reato omissivo improprio da vicenda di danno inreato di pericolo (o di mera condotta), mentre la stessapreoccupazione non pare esportabile in sede civile, do-ve l’accento è posto, ormai, sul concetto di “danno in-giusto”;– dall’altro lato, come ancora osservato in dottrina, checonseguenza della atipicità dell’illecito è la sua intera-zione con altre discipline (economiche e sociali, e nonnecessariamente solo scientifiche, funzionali, queste, insede penale, a svolgere il compito di “legge di copertu-ra”), onde pervenire al risultato finale di costruire unacredibile teoria della prevenzione efficiente del costosociale dei danni, allocando la responsabilità (anche)secondo criteri elastici che si strutturano (ormai da al-meno un trentennio) seguendo una sempre più notevo-le ed accurata individuazione (specie in campo medico- professionale) delle tecniche giuridiche attraverso lequali pervenire ad una più articolata e complessa distri-buzione dei rischi comunque e sempre collegati a taleattività.Tale evoluzione segue, non a caso, la parallela evoluzio-ne delle strutture e della natura stessa della responsabi-lità civile che, immaginata, all’epoca della codificazionedel 1942, in una dimensione sinergica tra una vera epropria Generalklausel (l’art. 2043 cit.) e le successivenorme esemplificative, secondo una struttura apertadell’illecito, ma pur sempre secondo funzionalità di tu-tela dei (soli) diritti soggettivi assoluti, viene via via “ri-pensata” come storia (anche e soprattutto intellettuale)sempre più raffinata, come un problema di diritto vi-vente da rielaborare incessantemente secondo modellidettati dalle complesse istanze sociali, in funzione dellaricerca di criteri sempre più articolati di attribuzione diun determinato “costo” sociale, da allocarsi di volta involta presso il danneggiato ovvero da trasferire ad altrisoggetti (sempre più spesso, non necessariamente i di-retti danneggianti).Il sottosistema della responsabilità civile diventa, così,un satellite sperimentale di ingegneria sociale (che siallontana definitivamente dall’orbita dello specularesottosistema penalistico), demandata, quanto a genesi efunzioni, quasi interamente agli interpreti, il cui compi-to diviene sempre più lo studio dei criteri di traslazionedel danno. In questo quadro, il sottosistema della re-sponsabilità medica diviene, in questo quadro, il topos“disfunzionale” al suo stesso interno rispetto agli schemiclassici della responsabilità contrattuale ed extracon-trattuale, dell’obbligazione di mezzi e di risultato, doveun tempo “pendolare” segna diacronicamente tappenon lineari e non armoniche, per produrre nuovi, re-pentini e talvolta sorprendenti legami di senso e distruttura tra fatti concreti - l’intervento del medico - e

    moduli giuridici - la sua responsabilità - un tempo tra séalieni, che officia la mutazione genetica della figura delprofessionista, un tempo genius loci ottocentesco, oggiambita preda risarcitoria).La disamina che precede conduce, dunque, ad una pri-ma conclusione, che impone il rigetto, in parte qua, delmotivo di ricorso: il modello di causalità sì come dise-gnato funditus dalle sezioni unite penali mal si attaglia afungere da criterio valido anche in sede di accertamen-to della responsabilità civile da illecito omissivo del sa-nitario.Resta l’interrogativo sui criteri idonei a tracciare le li-nee-guida del corretto accertamento del nesso di causain sede di illecito aquiliano da condotta omissiva del sa-nitario.Da tempo la dottrina evidenzia come, in sede civile, l’e-laborazione di criteri di individuazione e valutazionedella relazione causale tra il fatto e l’evento (e/o tra l’e-vento e il danno) ha sovente condotto ad approdi er-meneutici non certo caratterizzati da coerenza e univo-cità.Questo collegio non può non rilevare, in limine, cometale inquietante disomogeneità di criteri e di pensiero sirivelerà come costante proprio di questa stessa giuris-prudenza di legittimità, sovente chiamata a risolvere, inmaterie sicuramente delicate, come l’infortunistica o laresponsabilità professionale, singole quanto complessevicende, umane e processuali, le cui peculiarità specifi-che mal si attagliano ad unitarie e articolate generaliz-zazioni teoriche.Di qui, il contrasto, tra decisioni recenti di questa Cortetuttora non univoche su temi di ampio respiro, che po-trebbero non a torto essere definite “macroaree di con-flitto”, quali: 1) il concetto di (e le differenze tra) causa-lità materiale e causalità giuridica; 2) il criterio di colle-gamento da adottare (alto grado di probabilità, probabi-lità, seria ed apprezzabile possibilità, semplice possibilità- con riguardo a quella peculiare fattispecie costituitadalla cd. “perdita di chance” - ) tra la condotta e l’even-to di danno;3) la collocazione del fortuito nell’area della colpa ov-vero nel territorio del nesso causale; 4) la commistione,ovvero la rigida separazione logica e cronologica, tra glielementi strutturali dell’illecito: la colpa, il nesso causa-le.Vero è che la natura stessa della fattispecie del nesso dicausa si presenta, come già questa Corte ha avuto mododi affermare (Cass. 7997/2005) di per sé come un vero eproprio ossimoro fin dal momento in cui se ne predica-no semplici quanto insopprimibili esigenze gnoseologi-che. L’incipit di ogni indagine in tema di nesso causale,difatti, ne propone ad ogni passo “l’accertamento”, ogniscritto sul tema della causalità anela “all’accertamentodel nesso causale”, muovendo così, del tutto inconsape-volmente, su di un terreno già assai scivoloso, se lo stes-so sintagma “accertamento del nesso causale” cela unaprima, latente insidia lessicale, dacché ogni “accerta-

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  • mento” postula e tende ad una operazione logico-de-duttiva o logico-induttiva che conduca ad una conclu-sione, appunto, “certa”; mentre un’indagine, per quan-to rigorosa, funzionale a predicarne l’esistenza sul pianodel diritto, si arresta, sovente, quantomeno in sede civi-le, sulle soglie del giudizio probabilistico (sia pur conno-tato da un diverso livello di intensità, dalla “quasi cer-tezza” alla “seria ed apprezzabile possibilità”).La questione del nesso causale in seno al sottosistemadella responsabilità civile è, dunque, ancora ben lungidal potersi ritenere avviata a soddisfacente soluzione.Una compiuta indagine sull’aspetto genetico dell’isti-tuto del nesso causale conduce ad una prima, significa-tiva rilevazione ermeneutica, quella per cui nulla direalmente definito parrebbe emergere dalle fonti legi-slative, penali e civili, sul tema della causalità in séconsiderata: l’art. 40 c.p., rubricato “rapporto di causa-lità”, stabilisce che “nessuno può essere punito... se l’e-vento da cui dipende l’esistenza del reato non è conse-guenza della sua azione od omissione”, fissando il soloprincipio di equivalenza fra il non fare ed il cagionare,e discorrendo genericamente di “conseguenze” al mo-mento di individuare caratteri e peculiarità del nessotra condotta ed evento; il successivo art. 41 c.p. si oc-cupa del concorso di cause, per stabilire poi, in modoapparentemente superfluo, il principio “dell’interruzio-ne del nesso causale” conseguente all’intervento diquella causa “sufficiente da sola a determinare l’even-to”. Gli artt. 1227 e 2043 c.c. strutturano, rispettiva-mente, il rapporto tra fatto - doloso o colposo - edevento - dannoso - in termini di “cagionare”, senza ul-teriori specificazioni, mentre l’art. 1223 c.c. si riferisce,come sovente rilevato in dottrina e da questa stessagiurisprudenza, al nesso di condizionamento che leganon la condotta all’evento, ma l’evento/inadempimen-to ai danni/conseguenza, dei quali predica, a fini risar-citori, il necessario carattere di “conseguenza immedia-ta e diretta” dell’inadempimento o del ritardo (in dot-trina, si è affermato che l’art. 1223 c.c., e ss. dettanoregole attraverso le quali il legislatore, presupponendogià risolto il problema dell’imputazione - e quindi giàaccertata l’esistenza della responsabilità - si preoccupasoltanto di determinare l’estensione della stessa, risol-vendo, così, un problema che non è più di causalità,ma di ammontare del danno risarcibile.Dal combinato disposto degli artt. 40 e 41 c.p. derive-rebbe, secondo l’orientamento prevalente (ma autore-volmente contestato) in seno alla dottrina penalistica,un procedimento bifasico funzionale all’accertamentodel nesso causale: dapprima, mediante la teoria dellaconditio sine qua non, si procede alla individuazione ditutte le cause di un determinato evento; successiva-mente, procedendo lungo la strada che conduce allaipotetica interruzione del nesso di causa, si provvede acircoscrivere ad alcune soltanto, tra le molteplici causecondizionanti di ciascun evento, la possibile eziogenesidello stesso.

    Proprio questa seconda fase dell’accertamento è stata eresta oggetto di un vivace dibattito, che si protrae sindall’800: la dottrina penalistica, nel tempo, elaboreràun numero imprecisato di teorie sull’argomento: condi-tio sine qua non; causalità adeguata e/o umana; scopodella norma violata; signoria dell’uomo sul fatto; au-mento del rischio.La giurisprudenza civile, a sua volta, pur non senzaoscillazioni, si attesterà, in prevalenza, sulla linea diconfine ove tutti gli antecedenti causali, in mancanzadei quali non si sarebbe verificato l’evento lesivo, assu-mono rilievo eziologico, abbiano essi agito in via direttao soltanto mediata, salvo il temperamento normativodella “causa prossima da sola sufficiente a produrre l’e-vento”.Nel sistema della responsabilità civile, la causalità assol-ve, comunque, alla duplice finalità di fungere da crite-rio di imputazione del fatto illecito e di regola operativaper il successivo accertamento dell’entità delle conse-guenze pregiudizievoli del fatto che si traducono indanno risarcibile.Essa va pertanto scomposta (secondo l’opinione larga-mente prevalente) nelle due fasi corrispondenti al giu-dizio sull’illecito (nesso condotta/evento) e al giudiziosul danno da risarcire (nesso evento/danno).Ed è opinione altrettanto prevalente, in dottrina comein giurisprudenza, quella secondo la quale, nel macrosi-stema civilistico, l’unico profilo dedicato espressamentedal legislatore del ‘42 al nesso eziologico sia quello rica-vabile dall’art. 2043 c.c. dove l’imputazione del “fattodoloso o colposo” è addebitata a chi “cagiona” ad altriun danno ingiusto.Un’analoga disposizione sul danno ingiusto, e non suldanno da risarcire, non è richiesta in tema di responsa-bilità contrattuale o da inadempimento, perché in talcaso il soggetto responsabile è, di regola, il contraente oil debitore rimasto inadempiente. Sicché questa stessagiurisprudenza di legittimità, partendo dall’ovvio pre-supposto di non dover identificare il soggetto responsa-bile del fatto dannoso, ha individuato una serie di solu-zioni “pratiche”, caso per caso, senza dover optare, intema di responsabilità ex contractu, per una precisa scel-ta di campo onde coniugare il “risarcimento del dan-no”, cui è dedicato l’art. 1223 c.c., con il rapporto dicausalità.Il sistema operazionale di valutazione e determinazionedei danni (anche extracontrattuali, in virtù del rinviooperato dall’art. 2056 c.c.) appare, nel suo complesso,composto, comunque, dagli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.(nonché, limitatamente alla sola responsabilità contrat-tuale, dalla peculiare disposizione dell’art. 1225 c.c.: nelplesso costituito da tali norme trova altresì cittadinanzail principio ricavabile dall’art. 1221 c.c. - effetti dellamora debendi sul rischio da impossibilità sopravvenutadella prestazione -, che si fonda su di una inferenza di ti-po ipotetico/differenziale tra la situazione quale sarebbestata senza il verificarsi del fatto dannoso e quella effet-

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    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

  • tivamente realizzatasi, id est il cd. giudizio “controfattua-le”). Qui il giudizio ipotetico assume il valore di criterioidoneo a valutare compiutamente l’ammontare deldanno patrimoniale, criterio dunque di causalità ipote-tica, necessario onde non tramutare in (indebito) arric-chimento il (debito) risarcimento spettante al danneg-giato.Le disposizioni del capo III del libro delle obbligazioni intema di inadempimento hanno in comune, dunque, lafunzione di adeguare il risarcimento al danno effettiva-mente subito dal danneggiato e di allocare presso il re-sponsabile le conseguenze delle ripercussioni patrimonia-li sfavorevoli che il danneggiato non può dover subire.Sul piano della operatività concreta, peraltro, le normehanno una distinta funzione e la disposizione dell’art.1223 c.c. si pone, rispetto alle altre, in termini di vero eproprio ius singulare, poiché con essa l’ordinamento limi-ta il risarcimento alla perdita subita ed al mancato gua-dagno (che conseguono tipicamente, in base all’id quodplerumque accidit, al fatto dannoso del tipo di quello veri-ficatosi) in quanto conseguenze immediate e dirette del-l’inadempimento o di altro fatto dannoso, così allocan-do presso il danneggiante non una qualsiasi ripercussio-ne patrimoniale, ma ciò che costituisce il danno vero eproprio (id est, il “danno ingiusto”). E a ciò si giunge at-traverso un giudizio ipotetico/differenziale tra condizio-ne (dannosa) attuale e condizione del danneggiato qua-le sarebbe risultata in assenza del fatto dannoso.Per quanto concerne i rapporti che intercorrono tra ilcomportamento antigiuridico del soggetto agente ed ilfatto (o evento), e tra quest’ultimo ed il danno propria-mente detto, la loro identificazione muta a seconda cheil danno sia ritenuto un elemento qualificante il “fattoillecito” (e dunque interno alla stessa fattispecie sul pia-no morfologico) ovvero soltanto un effetto dello stesso(e per ciò stesso, al di fuori di essa, attenendo esso alpiano effettuale).Va allora ribadito che, secondo l’opinione assolutamen-te prevalente, occorre distinguere nettamente: da un la-to sta il nesso, che deve sussistere tra comportamentoed evento perché possa configurarsi, a monte, una re-sponsabilità “strutturale” (Haftungsbegrundende Kausali-tat); dall’altro, sta il nesso che, collegando l’evento aldanno, consente l’individuazione delle singole conse-guenze dannose, con la precipua funzione di delimitare,a valle, i confini di una (già accertata) responsabilità ri-sarcitoria (Haftungsausfullende Kausalitat).Un paradigma normativo della distinzione, secondo ladottrina e la giurisprudenza prevalente, è ravvisabile, ri-spettivamente, nel primo e nel comma 2 dell’art. 1227c.c.. La prima, partendo della disposizione (se il fattocolposo del creditore ha concorso a cagionare il danno,il risarcimento è diminuito secondo la gravità della col-pa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate),lascia chiaramente intendere che il legislatore ha presoin esame l’ipotesi in cui il fatto del creditore/danneggia-to interviene a spezzare il legame, a monte, tra compor-

    tamento del soggetto agente ed evento, escludendo cosìla totale imputabilità del fatto all’agente, e limitando diconseguenza la responsabilità di quest’ultimo. Il comma2, al contrario (il risarcimento non è dovuto per i danniche il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordina-ria diligenza), chiarisce in che modo il fatto del credito-re possa influire, a valle, sul diverso rapporto evento-danno, e cioè rendendo non più risarcibili talune delleconseguenze immediate e dirette dell’evento, nono-stante sia già stata accertata la piena responsabilità deldanneggiante, e sia già stato determinato il risarcimen-to attraverso il filtro dell’art. 1223 c.c..Così, da una lettura sistematica delle norme del codicecivile vigente dettate in tema di risarcimento del dan-no, sembra emergere un plesso operativo razionale ecoerente, articolato secondo un criterio di consequen-zialità in virtù del quale il legislatore opera una nettaseparazione tra il momento (strutturale) dell’accerta-mento della responsabilità e quello (funzionale) delcontenuto della stessa. Ma, mentre nella responsabilitàcontrattuale, l’art. 1218 c.c. è volto unicamente a san-zionare la condotta del debitore (inadempiente o in ri-tardo), la cui identificazione costituisce un prius logicogià esistente (che si compie proprio attraverso il colle-gamento necessario con l’obbligazione rimasta inadem-piuta), nel territorio della responsabilità aquiliana l’ine-sistenza di un titolo, e dunque di un rapporto già in attotra danneggiante e danneggiato, giustifica la più artico-lata disciplina contenuta in quella serie di norme inseri-te nella prima parte del titolo IX del libro quarto (artt.2043-2054 c.c.), che postula il previo accertamento delsoggetto responsabile.Risolto il problema della imputazione del fatto, e dun-que della identificazione del soggetto responsabile, lenorme in tema di responsabilità delimitano l’ambitodella risarcibilità delle singole conseguenze dannose at-traverso una disciplina parzialmente difforme nelle duediverse ipotesi di responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale, per la limitazione, contenuta nella normadi rinvio dell’art. 2056 c.c., in base alla quale vieneesclusa l’applicabilità dell’art. 1225 c.c. (prevedibilitàdel danno) nei casi di obbligazioni risarcitorie derivantida fatto illecito.Quello che ancora giova sottolineare, nella dimensionedell’illecito contrattuale, è la relazione differenziale trail disposto dell’art. 1223 c.c. in tema di risarcibilità didanni “conseguenze dirette e immediate” dell’inadem-pimento, e quello di cui al successivo art. 1225 c.c. chelimita tale risarcimento, in caso di inadempimento col-poso, ai soli “danni prevedibili”.Pur vero che la prima delle due norme regola il nesso dicausa non tra condotta ed evento, ma tra l’evento (l’i-nadempimento) e il danno risarcibile (e, come si è avu-to modo di sottolineare in precedenza, secondo una at-tenta dottrina non sarebbero neppure funzionali all’ac-certamento del nesso di causalità condotta/evento didanno), questo Collegio ritiene che possa non illegitti-

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  • mamente ipotizzarsi come il concetto di prevedibilitàresti comunque estraneo, in parte qua, alla struttura og-gettiva dell’illecito (perché, in caso di inadempimentodoloso, il debitore risarcirà sì i danni imprevedibili, mache siano pur sempre conseguenza diretta ed immediatadell’inadempimento, di talché la “diretta immediatezza”della realizzazione del danno non è destinata ad incide-re sulla sua prevedibilità).Di talché, come correttamente mostra di ritenere ancheil giudice del merito nella sentenza impugnata, il nessodi causalità è elemento strutturale dell’illecito, che corre- su di un piano strettamente oggettivo - tra un compor-tamento (dell’autore del fatto) astrattamente considera-to (e non ancora qualificabile come generatore di undamnum iniuria datum), e un evento (dannoso).Nell’individuazione di tale relazione primaria tra con-dotta ed evento si prescinde in prima istanza da ogni va-lutazione di prevedibilità, tanto soggettiva quanto “og-gettivata”, da parte dell’autore del fatto, essendo il con-cetto di prevedibilità/previsione insito nella fattispeciedella colpa (elemento qualificativo del momento sog-gettivo dell’illecito, momento di analisi collocato in unideale posterius rispetto alla ricostruzione della fattispe-cie). Solo il positivo accertamento del nesso di causalitàmateriale così rettamente inteso consente, allora, la tra-slazione, logicamente e cronologicamente conseguentesul piano dimostrativo, verso la dimensione dell’illecitocostituito dal suo elemento soggettivo, e cioè verso l’a-nalisi della sussistenza o meno della colpa dell’agente (o,se del caso, del dolo), co-elemento di fattispecie la cuiimpredicabilità nella singola vicenda, pur in presenza diun nesso causale accertato, ben potrebbe escludere l’esi-stenza dell’illecito secondo criteri (storicamente “elasti-ci”) della prevedibilità ed evitabilità del fatto. Criteriquesti che restano iscritti nell’orbita dell’elemento sog-gettivo del fatto dannoso e postulano il positivo oggetti-vo accertamento del preesistente nesso causale, elemen-to strutturale del torto al quale non è consentito di col-legare alcuna inferenza fondata sulla dicotomia colpevo-lezza/incolpevolezza, attenendo tale aspetto al successivomomento di valutazione della colpa.Se, in altri termini, in tema di responsabilità medica, ilcomportamento del sanitario è astrattamente configu-rabile in termini di gravissima negligenza, ma il pazien-te muore (illico et immediate, e prima che la negligenzapossa spiegare i suoi effetti causali sull’evoluzione delmale) per altra patologia, del tutto (o anche solo “pro-babilmente”) indipendente dal comportamento del sa-nitario stesso, l’indagine sulla colpevolezza di questi èpreclusa dalla interruzione del nesso causale tra il suocomportamento (omissivo o erroneamente commissi-vo) e l’evento.La relazione che lega nesso causale e colpa è, dunque, lastessa che collega la probabilità alla prevedibilità, con-cetti afferenti dimensioni diverse di valutazione e digiudizio, se si consideri che anche ciò che è improbabileben può essere prevedibile.

    Deve pertanto concludersi sul tema del nesso causale,che, in sede civile, esso è destinato inevitabilmente a ri-solversi entro i (più pragmatici) confini di una dimen-sione “storica”, o, se si vuole, di politica del diritto, che,come si è da più parti osservato, di volta in volta indivi-duerà i termini dell’astratta riconducibilità delle conse-guenze dannose delle proprie azioni in capo all’agente,secondo un principio guida che potrebbe essere formu-lato, all’incirca, in termini di rispondenza, da parte del-l’autore del fatto illecito, delle conseguenze che “nor-malmente” discendono dal suo atto, a meno che nonsia intervenuto un nuovo fatto rispetto al quale eglinon ha il dovere o la possibilità di agire (la cd. teoriadella regolarità causale e del novus actus interveniens).In questo modo, il nesso causale diviene la misura dellarelazione probabilistica concreta (e svincolata da ogniriferimento soggettivo) tra comportamento e fatto dan-noso (quel comportamento e quel fatto dannoso) da ri-costruirsi anche sulla base dello scopo della norma vio-lata, mentre tutto ciò che attiene alla sfera dei doveri diavvedutezza comportamentale (o, se si vuole, di previ-sione e prevenzione, attesa la funzione - anche - pre-ventiva della responsabilità civile, che si estende sinoalla previsione delle conseguenze a loro volta normal-mente ipotizzabili in mancanza di tale avvedutezza) an-drà più propriamente ad iscriversi entro l’orbita sogget-tiva (la colpevolezza) dell’illecito.Non è illegittimo immaginare, allora, una “scala di-scendente”, così strutturata:1) in una diversa dimensione di analisi sovrastrutturaledel (medesimo) fatto, la causalità civile “ordinaria”, at-testata sul versante della probabilità relativa (o “varia-bile”), caratterizzata, specie in ipotesi di reato commis-sivo, dall’accedere ad una soglia meno elevata di proba-bilità rispetto a quella penale, secondo modalità seman-tiche che, specie in sede di perizia medico-legale, posso-no assumere molteplici forme espressive (”serie ed ap-prezzabili possibilità”, “ragionevole probabilità” ecc.),senza che questo debba, peraltro, vincolare il giudice aduna formula peritale, senza che egli perda la sua funzio-ne di operare una selezione di scelte giuridicamente op-portune in un dato momento storico: senza trasformareil processo civile (e la verifica processuale in ordine al-l’esistenza del nesso di causa) in una questione di verifi-ca (solo) scientifica demandabile tout court al consu-lente tecnico: la causalità civile, in definitiva, obbedi-sce alla logica del “più probabile che non”;2) in una diversa dimensione, sempre nell’orbita delsottosistema civilistico, la causalità da perdita di chan-ce, attestata tout court sul versante della mera possibi-lità di conseguimento di un diverso risultato terapeuti-co, da intendersi, rettamente, non come mancato con-seguimento di un risultato soltanto possibile, bensì co-me sacrificio della possibilità di conseguirlo, inteso taleaspettativa (la guarigione da parte del paziente) come“bene”, come diritto attuale, autonomo e diverso rispet-to a quello alla salute.

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    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

  • Quasi certezza (ovvero altro grado di credibilità razio-nale), probabilità relativa e possibilità sono, dunque, inconclusione, le tre categorie concettuali che, oggi, pre-siedono all’indagine sul nesso causale nei vari rami del-l’ordinamento.Vere le premesse metodologiche che precedono, bens’intende come la sentenza impugnata non meriti cen-sure, anche se la motivazione adottata dai giudici geno-vesi necessiti di correzioni in parte qua.La corte ligure ha ritenuto, nella sostanza, di fondare ilproprio convincimento in ordine alla concreta predica-bilità, nel caso di specie, della sussistenza del nesso dicausa tra la condotta omissiva del sanitario e l’eventolesivo lamentato dal P. sia sulla seconda consulenza Ce.,ove si discorre di ragionevole probabilità (ancorchépercentualmente non quantificabile) che un più tem-pestivo intervento terapeutico avrebbe potuto modifi-care il decorso della MDD presentata dal paziente (folio19 della sentenza), sia sulla consulenza collegiale esple-tata in grado appello (che, premessa l’esistenza di risul-tati incoraggianti per terapie ricompressive effettuateentro i primi 30 minuti, sottolinea peraltro la disomo-geneità della casistica in materia, specificando ulterior-mente l’impossibilità di percentualizzare a priori la pro-babilità di completa guarigione o di esiti meno gravi incaso di trattamento effettuato entro 2-3 ore rispetto a

    quello concretamente avvenuto, dopo 9 ore, che “pre-senterebbe comunque un più basso grado di probabi-lità”).Al di là della terminologia usata (al folio 21 della sen-tenza si parla di possibilità e non di certezza del risultatofavorevole dell’appropriata terapia), il giudice del meri-to mostra chiaramente di ritenere (e l’apprezzamentonon è censurabile in questa sede, dacché sorretta daampia e congrua motivazione) “più probabile che non”l’esistenza del nesso di causa tra il comportamentoomissivo del sanitario e le lesioni subite dal P., doven-dosi a tale proposito espungere dalla parte motiva dellasentenza l’espressione (contenuta al folio 21) relativaalla compromissione di aspettative di guarigione, poi-ché, in tale passaggio, il giudice di merito mostra chia-ramente di confondere il danno da lesione alla saluteda quello da perdita di chance.Non è compito di questo collegio affrontare il tema delcriterio risarcitorio adottato in sede di merito, nonavendo, in proposito, svolto censure né il ricorrente, néil “controricorrente” adesivo (al di là di una genericaquanto inammissibile doglianza, non motivata sotto al-cun profilo), e non avendo, di converso, proposto alcu-na impugnazione incidentale il danneggiato P..Il ricorso è pertanto rigettato....Omissis…

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    CAUSALITA’CIVILE: IL DECALOGO DELLA CASSAZIONE A DUE “DIMENSIONI DI ANALISI”

    di Marco Bona

    La sentenza persegue un obiettivo preciso: fare ilpunto della situazione sul nesso di causa nella re-sponsabilità civile ed offrire delle risposte chiare atutta una serie di questioni di primaria importan-za, tra le quali la definizione dei rapporti fra cau-salità penale e causalità civile, l’individuazione dilinee guida unitarie per l’applicazione del criterioprobabilistico, la nozione della “probabilità logi-ca”, l’inquadramento della «causalità da perditadi chance». In breve, la Cassazione consapevol-mente ha predisposto un vero e proprio decalogosulla causalità civile, che, proprio per il suo inten-to chiarificatore, pare destinato a divenire un rife-rimento imprescindibile per l’evoluzione futura inmateria e, dunque, merita di essere scrupolosa-mente vagliato.

    Finalmente il decalogo della Suprema corte sulla causalità giuridicanella responsabilità civile

    La sentenza in commento, con relatore Travaglino(1), si contraddistingue per diverse pregevoli statuizio-

    ni, ma soprattutto spicca per l’importantissimo risulta-to, qualitativamente mirabile, cui approda nel suo in-sieme: infatti, dopo disparati anni di dispute ed accesecontrapposizioni, assestamenti vari ed autentiche rivo-luzioni occorse in giurisprudenza sul versante del nessodi causa nel campo della tutela rimediale-risarcitoria,questa pronuncia riesce ad offrire agli interpreti un’effi-cace quadro di sintesi sulla causalità giuridica civile “og-gi”, razionalizzazione che, a prescindere dalla sua condi-visibilità, era attesa e più che mai opportuna, ciò anchesolo per fare il punto sullo stato dell’arte della giurispru-denza di legittimità nostrana in subiecta materia edeventualmente procedere oltre con ulteriori riflessioni eproposte.

    In particolare, del tutto consapevolmente la Su-prema corte, con dovizia di argomentazioni e confron-tandosi con l’elaborazione dottrinale e giurisprudenzialedell’ultimo decennio, fotografa e riassetta con notevole

    Nota:

    (1) Del Cons. Giacomo Travaglino si richiama altresì, quale già signifi-cativo precedente sul tema della causalità civile, la decisione Cass., sez.III, 18 aprile 2005, n. 7997, in questa Rivista, 2006, 2, 257, con nota di F.Rolfi.

  • realismo il “diritto vivente” della causalità civile (2), siprodiga a chiudere il cerchio intorno a questioni con-troverse, chiarisce le recenti novità della giurisprudenzacivilistica (in particolare, il modello della “causalità daperdita di chance”), mette ordine fra categorie concet-tuali frequentemente confuse nella pratica dagli opera-tori (probabilità/possibilità), definisce con precisione ilconcetto della “probabilità logica” in sede civilistica,traccia regole piuttosto cristalline circa l’amministrazio-ne del nesso di causa funzionale alla responsabilità con-trattuale ed aquiliana, e, in definitiva, consegna ai civi-listi il perfetto equivalente di tutto ciò che il noto pre-cedente Franzese delle Sezioni Unite penali (3) rappre-senta per i penalisti.

    In breve, nonostante alcuni suoi profili possanolegittimamente indurre a meditazioni di segno diver-so, la decisione in esame, permeata da un forte anelitodi chiarificazione e nomofilachia, ha tutta la parvenzadi un precedente destinato a divenire “storico”, cioèindirizzato a costituire un imprescindibile punto di ri-ferimento per la futura gestione della causalità giuridi-ca in seno alla responsabilità civile, ciò non solo in re-lazione alla responsabilità medica (ambito su cui ver-teva la vicenda da cui è scaturita questa sentenza eche si è più volte rilevato essere il terreno elettivo perl’evoluzione del nesso di causa), ma anche relativa-mente agli altri settori in cui la causalità civile muovei suoi passi snodandosi attraverso ragionamenti di tipoprobabilistico (si pensi, ad esempio, al caso dei dannilungolatenti nel campo della responsabilità datoriale,alle varie ipotesi di danni da contagio, ai sinistri daanomalie stradali).

    Peraltro, agevolerà siffatto verosimile successo diquesta pronuncia l’attenzione dedicata dalla Cassazioneai riflessi di ordine pratico delle sue asserzioni sul con-tenzioso di ogni giorno e, in primis, sul versante, sempreproblematico ed alquanto delicato, dei rapporti inter-correnti fra causalità giuridica e causalitàscientifica/medico-legale.

    La “scelta” di un modello per la gestione delle incertezze sul versante causale: i dilemmi

    La Suprema corte, nella sentenza che qui si com-menta, ha scelto di addivenire ad un nitido e precisomodello per la gestione del nesso di causa in seno allaresponsabilità civile, e questa razionalizzazione sicura-mente costituisce uno dei suoi indubbi meriti, ancor-ché, come si osserverà oltre, non tutti i nodi possanoconsiderarsi sciolti ed alcune questioni rimangano sultavolo.

    Prima, però, di scendere ad esaminare nel dettagliole linee-guida delineate dalla Cassazione, va qui debita-mente approfondita, ancorché per sommi capi, l’espres-sione “scelta di un modello di causalità”: infatti, sembraconveniente procedere ad alcuni chiarimenti in ordinea quali siano oggi i fondamenti della ricerca di un para-digma (ossia di un “linguaggio”) per l’indagine causale,

    ciò anche per meglio comprendere i dilemmi che la Su-prema Corte si è trovata ad affrontare.

    Ciò premesso, s’impone una prima constatazione:qualsivoglia scelta di un modello per il nesso causale, siaessa effettuata a fini civilistici oppure in seno alla re-sponsabilità penale, muove oggi dall’approdo, ormai pa-cifico, secondo cui l’incertezza così come le ipotesi di er-rori nelle decisioni (4) sono connaturate alla causalità(5), non solo giuridica; basti qui ricordare come, nonsolo in Italia, si sia convenuto come l’accertamento deifatti in seno ad un qualsiasi processo logico-induttivosia più una questione di probabilità, che di certezze: «law,

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    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (2) Sul tema del nesso di causa in responsabilità civile cfr. fra i numero-sissimi contributi italiani dell’ultima decade: R. Pucella, La causalità «in-certa», Torino, 2007; D. Nicotra e B. Tassone, Autonomia e diversità dimodelli nell’accertamento del nesso causale, in Danno e resp., 2007, 325 ess.; G. Facci, Il nesso di causalità nella responsabilità medica, in AA.VV., Laresponsabilità sanitaria, a cura di F. Peccenini, Torino-Bologna, 2007, 81 ess.; R. Bordon, Il nesso di causalità, Torino, 2006; L. Nocco, Causalità:dalla probabilità logica (nuovamente) alla probabilità statistica, la Cassazionecivile fa retromarcia, in Danno e responsabilità, 2006, n. 12, 1239 e ss.; F.Rolfi, Il nesso di causalità nell’illecito civile: la Cassazione alla ricerca di unmodello unitario, in questa Rivista, 2006, 2, 263-273; M. Bona, (Itineraridella giurisprudenza) «Nesso di causa», in Danno e resp., 2006, 395-403;AA.VV., Il nesso di causa nel danno alla persona, a cura di M. Bona, Mila-no, 2005; M. Capecchi, Il nesso di causalità, II ed., Padova, 2005; M.Feola, Il danno da perdita di chances di sopravvivenza è accolto in Cassazio-ne, in Danno e resp., 2005, n. 1, 49-56; G. Iadecola, Diversità di approcciotra Cassazione civile e Cassazione penale in tema di responsabilità medica, inDir. pen. e proc., 2005, 113 e ss.; F. Stella, A proposito di talune sentenzecivili in tema di causalità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, 1159 e ss.; U.Izzo, La precauzione nella responsabilità civile, Padova, 2004, 209-245; M.Feola, Il danno da perdita di chances, Napoli, 2004; M. Franzoni, Dei fattiilleciti, in Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, Roma, 2004, 22 ess.; G. Cipriani, IL nesso di causalità nella responsabilità medica, in Resp.civ. prev., 2003, 1104-1123; M. Bona, Il nesso di causa nella responsabilitàcivile del medico e del datore di lavoro a confronto con il decalogo delle SezioniUnite Penali sulla causalità omissiva, in Riv. dir. civ., 2003, II, 361-416; G.Facci, Il nesso di causalità e la funzione della responsabilità civile, in Resp.civ. prev., 2002, 144-145; AA.VV., I fatti illeciti. III. Causalità e danno, acura di G. Visintini, Padova, 1999; G. Alpa, M. Bessone, V. Zeno-Zen-covich, I fatti illeciti, in Trattato Rescigno, 14, IV, Torino, 1999, 63 ss.; G.Alpa, La responsabilità civile, Milano, 1999, 316 ss.; G. Visintini, Trattatobreve della responsabilità civile, II ed., Padova, 1999, 589 ss.; M. Capecchi,Il nesso di causalità materiale e il concorso di cause, in Risarcimento del dan-no contrattuale ed extracontrattuale, a cura di G. Visintini, Milano, 1999,301 ss.; P. Ziviz, Il risarcimento per la perdita di chances di sopravvivenza, inResp. civ. prev., 705-711; A. Veneziano e E. Giancotti, La causalità nellaresponsabilità extracontrattuale, in La responsabilità civile, a cura di P. Cen-don, Torino, 1998, Vol. IX, 1 ss.; C. Salvi, La responsabilità civile, Milano,1998, 169 e ss.; E. Giancotti, La causalità nelle responsabilità speciali, in Laresponsabilità civile, a cura di P. Cendon, Torino, 1998, Vol. IX, 63 ss.;P.G. Monateri, La responsabilità civile, Torino, 1998, 144 e ss.; V. Carbo-ne, Il rapporto di causalità, in G. Alpa e M. Bessone, La responsabilità civile- Aggiornamento 1988-1996, Torino, 1997, 51-96.

    (3) Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002 - 11 settembre 2002, n. 30328,Pres. Marvulli - Rel. Canzio - P.M. Iadecola (conf.), in questa Rivista,2003, 3, 348, con nota di B. Di Vito; in Danno e resp., 2003, 195, connota di S. Cacace.

    (4) Sulla causalità come problema di allocazione del rischio di errori daparte delle decisioni giudiziarie cfr. da ultimo A. Porat & A. Stein, Tortliability under uncertainty, Oxford, 2001, 16 e ss.

    (5) Al riguardo si rinvia alle pagine introduttive della recente opera diR. Pucella, La causalità «incerta», cit., 1-22.

  • experience, and philosophy of induction tell us thatfact-finding in adjudication is a matter of probabilityrather than certainty» (6).

    A ciò non fa eccezione alcun ambito d’indagine:senza qui scomodare il principio di indeterminazione diWerner Karl Heisenberg od altri sofisticati insegna-menti recenti o che affondano le loro radici nella nottedei tempi ed in altre scienze, non è certo una novitàche la causalità sia il regno dei dubbi e delle mezze ve-rità fattuali.

    La causalità giuridica, però, è sicuramente paradig-matica quanto all’inevitabilità di livelli di incertezza nel-la ricostruzione dei fatti come pure costantemente con-fermato dagli studi condotti in diritto comparato (7), èproprio con riferimento all’istituto in questione che or-mai da considerevole tempo si è più disposti a concederespazi a margini d’incertezza e di relativismo, cioè ad ac-cettare che la ferrea logica della certezza, pur da taluniancora di recente perorata in Italia (però con particolareriguardo per l’ambito penale) (8), debba cedere il passoad altri criteri di analisi (in primis, il criterio probabilisti-co) ed a categorie concettuali che si pongono sotto lasoglia della certezza (quasi-certezza, probabilità, possibi-lità, credibilità, verosimiglianza, “common sense”).

    Al riguardo la stessa giurisprudenza di legittimitànostrana, non diversamente dall’esperienza giurispru-denziale di altri sistemi, è da tempo addivenuta allaconclusione, secondo cui il ricorso al giudizio di proba-bilità costituisce a tutti gli effetti “una necessità logica”(9), ciò soprattutto nella causalità omissiva ove «si trat-ta di accettare o respingere l’assunto, secondo cui ildanno si è verificato, perché non è stato tenuto il com-portamento atteso» (10). La Suprema Corte ha altresìevidenziato come del resto non si possa pretendere cer-tezza neppure dalla scienza medica (11).

    Anche la Corte di Giustizia CE è ormai indirizzataad accettare che la causalità non possa che poggiarsi sulogiche di tipo probabilistico (12), ma al riguardo si po-trebbero citare migliaia e migliaia di sentenze rinveni-bili sia nei sistemi di civil law e sia nella tradizione dicommon law.

    La costante ammissione che nella causalità giuridi-ca vi sia inevitabilmente spazio per l’incertezza non si-gnifica, tuttavia, che incerte debbano altresì essere leregole ed i criteri che governano la verifica del nesso dicausa: infatti, si tratta di rinvenire una disciplina dellacausalità tale da permettere una trattazione uniformedei casi concreti, senza dare luogo a sorprese, discrimi-nazioni e meri arbitri da parte delle corti.

    Siffatta ricerca è certamente lungi dall’essere age-vole e priva di ostacoli, come del resto è dimostrato dal-la stessa storia, non solo giuridica, dell’istituto del nessodi causa. Infatti, ai fini dell’applicazione della categoriain esame, sia che la questione si ponga in ambito pena-le e sia che essa sia prospettata sul fronte della responsa-bilità civile, si presenta in buona sostanza il problema discegliere quale sia il livello di incertezza da assumersi come

    ragionevolmente accettabile: ossia, l’indagine causale,affinché possa in concreto svolgersi, presuppone, amonte, che si sia selezionato un particolare modello digestione delle incertezze. Ciò vale a dire che l’indivi-duazione di un modello della causalità giuridica esigeche si esprimano delle preferenze sulle modalità di am-ministrazione delle situazioni incerte.

    Il diritto, come si è osservato sopra, non è ovvia-mente l’unico campo in cui si pone il problema dellascelta di un metodo d’investigazione del nesso di causa.A questo proposito, rimanendo negli immediati dintor-ni del diritto, sia sufficiente richiamare gli sforzi com-piuti in ambito medico-legale.

    In campo giuridico, però, la causalità necessita diapprodare a delle risposte risolutive, che non si esauri-scono in una spiegazione, scientificamente motivata edauspicabilmente imparziale, circa lo svolgimento dell’e-vento dannoso, bensì devono risolversi in una vera epropria decisione: se la medicina-legale e, più in genera-le, le altre scienze possono arrestarsi (anzi, dovrebbero)all’illustrazione neutrale delle cause di un determinatopregiudizio e non già decidere, ai fini di un giudizio di re-sponsabilità, se “sussiste” o meno il nesso di causa, vice-versa il diritto (cioè il magistrato), nei casi concreti, de-ve pervenire, anche quando operi secondo la logica del-la perdita di chance, a risolvere le eventuali incertezze inautentiche, per quanto spesso virtuali, “certezze”, ossiain un responso in cui il rapporto causale o esiste giuridi-camente (anche solo in termini presuntivi) oppure nonè ravvisabile, essendo che tertium non datur.

    A ciò aggiungasi che la decisione, che spetta esclu-sivamente alle corti assumere, è finalizzata ad esprimereuna condanna, penale o civile, e dunque la causalitàgiuridica si trova inevitabilmente incastonata in uncontesto ben più ampio finalizzato all’attuazione di de-terminati scopi, ove inevitabilmente il giudizio causalesi trova ad interagire con altri istituti (ad esempio, lafattispecie del danno) e, comunque, è condizionato dal-le questioni generali che si pongono nell’impostazionedei modelli di imputazione. Non solo. La decisione sul-

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    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (6) Così A. Porat & A. Stein, Tort liability under uncertainty, cit., 16.

    (7) Cfr., ancora da ultimo, C. van Dam, European Tort Law, Oxford,2006, 266 e ss.

    (8) Cfr., per una panoramica di tale doctrine, cfr. M. Capecchi, Il nesso dicausalità, cit., 249-250 (nota n. 25).

    (9) Cass., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, 45, connote di M. Feola e L. Nocco; in Foro it., 2004, I, 1403; in I Contratti,2004, 1091; in questa Rivista, 2004, 8, 1018, con nota di M. Viti; in Laresponsabilità civile, 2004, n. 3, 204, con nota di R. Partisani; in Riv. it.med. legale, 2004, 789, con note di G. Norelli, A. Fiori, F. Cascini e F.Ausania; in Cass. Pen., 2004, 2537, con nota di E. D’Alessandro.

    (10) Cass., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, cit.

    (11) Cass., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, cit.

    (12) Cfr., ad esempio, Corte di Giustizia CE, sez. III, 3 luglio 2006, n. C- 295, in Foro amm. CDS, 2006, 7-8, 2096.

  • la causalità deve fare i conti con le risultanze istruttoriedel processo e con le regole che presidiano l’istitutostesso della prova e la distribuzione degli oneri probato-ri. Se nelle altre scienze il criterio probabilistico puògiocarsi interamente su un’applicazione neutrale dellostandard della “preponderance of evidence”, in dirittoquesto standard è affiancato dalla gestione giuridica del-le prove e dei carichi probatori, ove, ad esempio, anchela causa ignota può condurre una corte ad una condan-na, cioè ad un risultato diametralmente opposto a quel-lo cui condurrebbe la causalità scientifica.

    In breve, come anche puntualizzato con estremorealismo dalla pronuncia in commento (e questo è in-dubbiamente un suo indiscutibile merito), in seno allacausalità giuridica le preferenze sulle modalità di gestio-ne delle situazioni causalmente incerte si rilevano dun-que essere autentiche scelte di amministrazione dellaresponsabilità, sia questa penale oppure civile. E così,come affermato dagli stessi giudici di legittimità nelladecisione in esame, è ben evidente come la scelta di unmodello per la causalità civile si inserisca nel contestodi una più lata ricerca che - ciò è sempre più evidentenel tort law moderno non solo nostrano - anela ad ap-prodare «al risultato finale di costruire una credibileteoria della prevenzione efficiente del costo sociale deidanni», cioè ad un accettabile sistema di allocazionedei danni.

    In questo senso, come del resto si è più volte postoin debita luce sia da parte della dottrina e sia dalla giu-risprudenza non solo nostrane (13), il nesso di causa èallora un istituto la cui applicazione soggiace a vere eproprie scelte di policy of law (14), e cioè, come inse-gnano anche altre esperienze, esso è vissuto “as a matterof policy or justice” (15): optare per la regola della certez-za quale filtro selettivo delle pretese di giustizia (penaleo civile), oppure ragionare secondo schemi probabilisti-ci od ancora sospingere la causalità sul terreno dellateoria dell’aumento del rischio e, dunque, del sacrificiodi chance sono tutte alternative che si pongono agli in-terpreti e che comportano ineluttabilmente delle scelteda parte di questi.

    La stessa decisione in commento ha ricordato sen-za parafrasi questo fondamentale profilo della causalitàgiuridica: in ambito legale il nesso di causa «è destinatoinevitabilmente a risolversi entro i (più pragmatici)confini di una dimensione “storica”, o, se si vuole, dipolitica del diritto».

    Ciò in sintesi evidenziato, la pronuncia qui illu-strata, come si evince dagli stessi passaggi logici dellasua parte motiva, ha giustamente colto come allo statola scelta di un modello giuridico del nesso di causa so-stanzialmente implichi:

    a) determinare se vi sia e vi debba essere un mo-dello comune all’ambito penale ed a quello civile peramministrare le incertezze della causalità giuridica;

    b) nel caso di una soluzione che conduca a teneredisgiunte causalità penale e causalità civile, stabilire se

    queste possano annoverare rispettivamente principiunitari per tutte le fattispecie su cui intervengano;

    c) individuare i criteri di collegamento fra condot-ta ed evento dannoso, ossia quali categorie concettualifra le varie disponibili ed ipotizzabili (certezza, quasicertezza, probabilità, credibilità, possibilità, verosimi-glianza, senso comune, ecc.) possano intervenire e,dunque, quali siano le soglie di incertezza ed i marginidi errori ammissibili in vista di una decisione di con-danna o di assoluzione.

    La sentenza in esame, ad inequivocabile dimostra-zione del suo obiettivo di consegnare a interpreti edoperatori un vero e proprio package di regole tali da de-lineare un preciso identikit della causalità civile, ha af-frontato consapevolmente e scientemente tutti questidilemmi.

    In questo commento si cercherà allora di illustrarequali siano di preciso le soluzioni individuate dai giudicidi legittimità, senza però tralasciare di indagare altresìsulla condivisibilità delle stesse, valutazione che in tuttaevidenza non è affatto agevole, ponendosi, proprio peril relativismo che contraddistingue il tema, il problemadi individuare il parametro con cui misurare la corret-tezza o meno delle scelte in esame, e dunque il fonda-mento, giuridicamente persuasivo, delle stesse.

    A quest’ultimo riguardo, giacché, come si osser-verà oltre e come rilevato dalla stessa pronuncia in di-samina, non è possibile avvalersi in siffatto giudizio dinorme di diritto positivo che indichino quale sia la so-luzione corretta per il nostro legislatore (16), non re-

    CORRIERE GIURIDICO N. 1/2008 45

    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (13) Cfr., ad esempio, ex plurimis H.L.A. Hart & T. Honoré, Causationin the law, IIed., Oxford, 1985, 88 e ss.

    (14) Cfr., quanto si è avuto occasione di osservare in P.G. Monateri eM. Bona, Il nesso di causa nella responsabilità civile per danno alla persona,in AA.VV., Il nesso di causa nel danno alla persona, a cura di M. Bona,Milano, 2005, 2-6.

    (15) Così McGhee v. National Coal Board [1972] 3 All ER 1008, [1973]1 WLR 1.

    (16) In questi ultimi anni una cospicua parte delle corti nostrane e delladottrina ha sicuramente sfatato una volta per tutte, sia sul versante pe-nale e sia su quello civile, uno dei tanti “miti” dell’istituto del nesso dicausa, cioè che la causalità giuridica sia risolta, perlomeno nei suoi trattiessenziali, dalle fonti legislative. A questo riguardo espressamente laCassazione (Cass., Sez. III, 18 aprile 2005, n. 7997, in questa Rivista,2006, 2, 257, con nota di F. Rolfi) ha tenuto a evidenziare la «significa-tiva (ed inquietante) rilevazione ermeneutica … per cui nulla di defini-to emerge dalle fonti legislative, penali e civili, sul tema della causalitàin sé considerata». In particolare, numerosi interventi giurisprudenzialie dottrinali di questi ultimi tempi hanno confermato che: 1) «l’art. 40c.p. si limita a fissare l’equivalenza tra il non fare ed il cagionare quandosussista un obbligo giuridico di impedire» (così P.G. Monateri, La re-sponsabilità civile, Torino, 1998, 145); 2) «l’art. 41 fissa a sua volta deiprincipi giuridici attinenti non alla determinazione del nesso, ma allasua interruzione» (P.G. Monateri, La responsabilità civile, cit., 145); 3) ilcodice civile «non organizza una disciplina articolata del nesso causale”,ma “presuppone …che l’interprete conosca la nozione di causalità incui usa i termini “cagiona”, “cagionato”, “compiuto”, “commesso”, “ar-recato”, “prodotto”, “derivato”, riferiti al danno (artt. 2043, 2044, 2045,2046, 2047, 2048, 2049, 2050, 2051, 2052, 2053)» (G. ALPA, La respon-sabilità civile, Milano, 1999, 317).

  • sterà che affidarsi, come del resto optato anche dallasentenza in esame, agli altri criteri (il criterio sistemati-co, il criterio storico-evolutivo, l’interpretazione costi-tuzionalizzata), oltre che ad altri supporti ermeneutici,ossia il contributo del diritto comparato e degli insegna-menti che provengono da altre scienze e dalla filosofiastessa, queste ultime - lo si ribadisce - tutte comunqueconcordi nell’accettare che l’indagine causale sia tale ri-solversi in un giudizio affidato ad una logica aperta a viediverse dalla certezza.

    Causalità penale e causalità civile: due sotto-sistemi distinti nel decalogo della Cassazione

    Si è sopra osservato come la scelta e la realizzazio-ne di un modello della causalità ad hoc per la responsa-bilità civile implichino, quale primo passaggio logico, lasoluzione della vexata quaestio dei rapporti intercorrentifra causalità civile e causalità penale: la prima deve model-larsi sulla seconda, oppure occorre definitivamenteprendere atto come anche su questo specifico versanteresponsabilità penale e responsabilità civile percorranoormai vie diverse, come del resto in tutta una serie dialtri ordinamenti di civil law e di common law?

    La decisione ora in disamina, per l’appunto, si è inprimis concentrata proprio sulla «applicabilità, o meno,in sede di giudizio civile, dei principi affermati dalle se-zioni unite penali della Corte di legittimità con riferi-mento al reato omissivo improprio».

    La questione, invero, era ed è tuttora di primariaimportanza: come si può ritenere che il nesso di causa inseno alla responsabilità civile debba seguire pedissequa-mente le medesime regole operanti nel sistema della re-sponsabilità penale, come ben noto connotato da fina-lità e caratteristiche per certo diverse, e, soprattutto,contraddistinto da una logica della causalità necessaria-mente indirizzata all’alternativa tra “tutto o niente”?

    Siffatto quesito sull’operatività del modello penali-stico della logica “all-or-nothing”, come si trae dai con-tributi dottrinali e giurisprudenziali degli ultimi anni, ètornato prepotentemente alla ribalta soprattutto in se-guito alla fondamentale decisione Franzese (17) resadalle Sezioni Unite penali, senza dubbio indirizzata a ri-disegnare un modello della causalità giuridica, però rita-gliato e pensato in tutto e per tutto ad hoc per soddisfarele esigenze ed i principi del diritto penale.

    Più specificatamente, come anche ricordato dalladecisione in commento che peraltro ha opportunamen-te illustrato quale sia la corretta lettura del precedenteFranzese (spesso equivocato da parte degli operatori edalla medicina legale), le Sezioni Unite penali eranopervenute ai seguenti approdi:

    1) all’adesione all’«orientamento intermedio del-l’elevato grado di credibilità razionale dell’accertamen-to giudiziale», cioè alla soluzione mediana nettamentedistinta dalle due doctrine tradizionalmente concorrenti(da un lato, il rigoroso modello governato dai requisiti

    della “certezza” e della “certezza quasi prossima a cen-to”; dall’altro lato, il modello imperniato sulla probabi-lità statistico-scientifica (18)) ed incentrata sulla no-zione della “probabilità logica”, criterio secondo cui nonè consentito dedurre automaticamente dal coefficientedi probabilità espresso dalla legge statistica o scientificala conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esi-stenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarela validità nel caso concreto, sulla base delle circostanzedel fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esitodel ragionamento probatorio che abbia altresì esclusol’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata eprocessualmente certa la conclusione che la condottaomissiva del medico è stata condizione necessaria del-l’evento lesivo, per l’appunto con “alto o elevato gradodi credibilità razionale o probabilità logica”, fermo re-stando il principio, strettamente connaturato alle esi-genze del diritto penale, «in dubio pro reo» (19);

    2) al deciso rigetto dell’operatività, in sede penale,della c.d. “tesi dell’aumento del rischio”, impostazionebollata come “nozione debole” della causalità giuridica,poiché in “grave violazione” dei principi di legalità, tas-satività e tipicità della fattispecie criminosa e della ga-ranzia di responsabilità personale, venendo attribuitoall’agente come fatto proprio un evento forse, non cer-tamente, cagionato dal suo comportamento.

    Le Sezioni Unite penali, ancorché con un manife-sto obiter dictum, avevano peraltro dato per scontatoche il principio di causalità penalmente rilevante, cosìcome ridefinito, potesse trovare applicazione “anchenel distinto settore della responsabilità civile”.

    Siffatta asserzione delle Sezioni Unite penali, però,risultava già all’epoca contrastare con le regole e gliobiettivi della responsabilità civile (20).

    Il solco tra le due causalità è poi divenuto ancor piùmanifesto con l’importantissimo intervento della Cassa-zione civile nella decisione n. 4400/2004, la quale sì ri-

    CORRIERE GIURIDICO N. 1/200846

    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (17) Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002 - 11 settembre 2002, n. 30328,cit.

    (18) Questo orientamento, come noto, nel passato ebbe a condurre laCassazione penale in Silvestri e Leone, precedente ampiamente richiama-to anche in sede di contenzioso civilistico, a ritenere sussistente il nesso«non già con certezza o elevate probabilità, ma solo con probabilità ap-prezzabili nella misura del trenta per cento», Silvestri, Cass. pen., sez. IV,12 luglio 1991, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, 361, con nota di G.Giannini, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 358, con nota di V. Zeno-Zencovich.

    (19) «L’insufficiente, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro pro-batorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dub-bio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionantedella condotta omissiva … rispetto ad altri fattori interagenti nella pro-duzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesiprospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio».

    (20) Cfr. quanto si ebbe ad osservare all’indomani della decisione delleSezioni Unite penali in M. Bona, Il nesso di causa nella responsabilità civiledel medico e del datore di lavoro a confronto con il decalogo delle Sezioni Uni-te Penali sulla causalità omissiva, in Riv. dir. civ., 2003, II, 384 e ss.

  • tenne di recepire, tra l’altro del tutto condivisibilmente,la categoria concettuale della “probabilità logica” svilup-pata in sede penale dal precedente Franzese (ossia unaprobabilità smarcata dalla causalità scientifica e statistica),ma al contempo dischiuse le porte alla via imperniatasulla “perdita di chance”, attribuendo così nella causalitàcivile un ruolo di primario spicco proprio alla teoria del-l’aumento del rischio che la sentenza Franzese aveva ap-pena bandito dalla responsabilità penale.

    In questi ultimi anni sia la dottrina (21), tolte al-cune isolate eccezioni (22), e sia la giurisprudenza civi-listiche, nonché sul versante penalistico lo stesso Stella(23), hanno viepiù evidenziato, del resto riprendendoautorevoli contributi del passato già chiari sul punto(24), come la questione dell’accertamento del nesso dicausa si presenti effettivamente in modo diverso in se-no alla responsabilità civile.

    La stessa Suprema corte (n. 11609/2005) (25), inquesto solco di affrancamento della causalità civile dalversante penale, è poi pervenuta, pur continuando adaffermare la coincidenza tra le due causalità quanto al-l’analisi del nesso tra condotta ed evento dannoso, a ri-levare come ormai la causalità penalmente rilevantemal si concili con gli approdi della responsabilità civile:«l’insufficienza del tradizionale recepimento in sede ci-vile dell’elaborazione penalistica in tema di nesso dicausa è emersa con chiarezza nelle concezioni modernedella responsabilità civile» (26).

    La giurisprudenza di merito (27) recente, ancorpiù lucidamente, non ha esitato a rilevare quanto se-gue: nel campo della responsabilità civile non «vi sonomargini per l’applicazione del criterio di accertamentodel nesso di causa proprio del campo penalistico …,perché completamente diverse sono le regole operazio-nali che presiedono alla rilevazione del nesso di causatra i due settori. In sede penale la verifica dell’ipotesiaccusatoria impone di non fermarsi al mero dato per-centuale offerto dalla legge di copertura, accertando,nel quadro di una valutazione a compasso allargato, senon vi siano elementi concorrenti o assorbenti e se l’o-missione si pone come condizione necessaria dell’even-to con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o“probabilità logica”. In sede civile la ricerca del nesso dicausale è orientata diversamente in considerazione del-la preminente funzione riparatoria, non senza conside-rare l’ulteriore divaricazione fra ambito contrattuale edextracontrattuale (si pensi alla stretta relazione fra cri-terio di imputazione e nesso di causa ed al mescolarsidelle esigenze di compensazione e di deterrenza), sì cheanche l’impossibilità di effettuare un giudizio controfat-tuale …non dovrebbe portare ad esonerare da respon-sabilità il convenuto» (28).

    Indubbiamente, dunque, a fronte di tutti questi in-terventi e dei tentennamenti della giurisprudenza(spaccata tra declamazioni e attuazioni concrete del pa-radigma causale civilistico ormai smarcate dal dirittopenale), si attendeva un chiarimento da parte della Su-

    prema corte e, sul punto, la decisione in esame è stataper certo puntuale, esaustiva, estremamente cristallinae convincente, pervenendo alla seguente netta conclu-sione: «il modello di causalità sì come disegnato fundi-tus dalle sezioni unite penali mal si attaglia a fungere dacriterio valido anche in sede di accertamento della re-sponsabilità civile», e cioè «le esigenze de-costruttive eri-costruttive dell’istituito del nesso di causa sottese alsottosistema penalistico non sono in alcun modo ripro-dotte (né riproducibili) nella diversa e più ampia di-mensione dell’illecito aquiliano».

    In particolare, la Cassazione, traendo spunto dai ri-lievi dottrinali e giurisprudenziali, ha evidenziato comecausalità penale e causalità civile si distinguano sotto dueprofili:

    a) sotto il profilo morfologico: in primis, mentre il ba-

    CORRIERE GIURIDICO N. 1/2008 47

    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (21) Sul punto specifico cfr. ex plurimis: D. Nicotra e B. Tassone, Auto-nomia e diversità di modelli nell’accertamento del nesso causale, in Danno eresp., 2007, n. 3, 325 e ss.; R. Pucella, La causalità «incerta», cit., 163; F.Rolfi, Il nesso di causalità nell’illecito civile: la Cassazione alla ricerca di unmodello unitario, in questa Rivista, 2006, 2, 271; G. Iadecola, Diversità diapproccio tra Cassazione civile e Cassazione penale in tema di responsabilitàmedica, in Dir. pen. e proc., 2005, 113 e ss.; M. Capecchi, Il nesso di cau-salità, II ed., cit., 156 e ss.; M. Feola, Il danno da perdita di chance, cit.,286 e ss. (”la logica all-or-nothing, che è propria del diritto penale, nonriguarda il diritto civile”). Sulla necessità di tenere debitamente distintinesso di causa civile e causalità penale cfr. inoltre ex plurimis: P.G. Mo-nateri e M. Bona, Il nesso di causa nella responsabilità civile per danno allapersona, in AA.VV., Il nesso di causa nel danno alla persona, Milano,2005, 1 e ss. Sia altresì concesso rinviare amplius a M. Bona, Il nesso dicausa nella responsabilità civile a confronto con il decalogo delle Sezioni Unitepenali in Franzese: vecchi e nuovi confini tra causalità civile e causalità penalealla luce della sentenza Cass. Civ., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400 sul dan-no da perdita di chance, in AA.VV., Il nesso di causa nel danno allapersona, Milano, 2005, 120 e ss.

    (22) Cfr. M. Rossetti, Allargati ancora in confini della responsabilità del me-dico. Ma è contrasto tra le sezioni civili e penali della Suprema corte, in Dir. egiustizia, 2004, n. 14, 35 e ss.

    (23) F. Stella, La vitalità del modello della sussunzione sotto leggi - A con-fronto il pensiero di Wright e di Mackie, in I saperi del Giudice - La causalitàe il ragionevole dubbio, Milano, 2004, 23.

    (24) Cfr., in particolare, A. Veneziano e E. Giancotti, La causalità nellaresponsabilità extracontrattuale, cit., 3, i quali già posero in rilievo la «au-tonomia di funzione del giudizio sull’esistenza di un rapporto causalenell’accertamento della responsabilità extracontrattuale, rispetto allafunzione svolta dallo stesso giudizio in diritto penale»; V. Carbone, Ilrapporto di causalità, in La responsabilità civile - Aggiornamento 1988-1996,a cura di G. Alpa e M. Bessone, Torino 1997, 51 e ss., 74 ss.; V. Zeno-Zencovich, Questioni in tema di responsabilità per colpa professionale sanita-ria, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 362 e ss.

    (25) Cass., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11609, in Danno e resp., 2006, 3,269, con nota di M. Capecchi, in Foro it., 2006, 3, 1, 793, in Guida al di-ritto, 2005, 26, 45, in Danno e resp., 2005, 8-9, 908.

    (26) In questo stesso solco cfr. Cass., sez. III, 19 maggio 2006, n. 11755,in Danno e resp., 2006, 12, 1238: «i criteri valutativi del nesso di causaadottati dalla nota, recente sentenza delle sezioni unite penali … [esplo-rano] un diverso territorio del diritto statuale, e cioè quello punitivo».

    (27) Trib. Venezia, sez. III, 10 maggio 2004, in Danno e responsabilità,2005, 426, con nota di F. Agnino.

    (28) Cfr. altresì, sempre fra la giurisprudenza di merito, Trib. Palmi, 11febbraio 2006, n. 86, in Danno e resp., 2007, n. 3, 2007.

  • ricentro della disciplina penale è “sempre e comunquerivolto verso l’autore del reato/soggetto responsabile”,in seno alla responsabilità civile il riferimento è costi-tuito dalla figura del danneggiato; in secondo luogo,tanto il diritto penale poggia sul principio di tassativitàdelle fattispecie criminose, tanto fa “da speculare con-tralto il sistema aperto ed atipico” della responsabilitàcivile (a ben osservare, non solo quella aquiliana, bensìanche quella contrattuale);

    b) sotto il profilo funzionale: in primo luogo, mentrela valutazione del nesso di causa fondata sull’accerta-mento di un aumento del rischio «inquieta l’interpretepenale, perché realmente trasforma surrettiziamente lafattispecie del reato omissivo improprio da vicenda didanno in reato di pericolo (o di mera condotta)», que-sta preoccupazione “non pare esportabile in sede civi-le”, ove l’atipicità delle fattispecie di inadempimentodelle obbligazioni non sono tassative ed il baricentro èspostato interamente sul versante dei pregiudizi; in se-condo luogo, nella responsabilità civile la causalità civi-le persegue scopi diversi da quelli della responsabilitàpenale, ossia, potendo peraltro interagire con maggioredisinvoltura con altre discipline (anche economiche esociali), è indirizzata a “costruire una teoria della pre-venzione efficiente del costo sociale dei danni”, e cioèragiona secondo una “logica” diversa, quella della “tra-slazione del danno”, sviluppando così “legami di senso edi struttura” che sono totalmente estranei al diritto pe-nale.

    È da notarsi come la Suprema corte, con queste sueosservazioni, abbia affermato l’indipendenza della causa-lità civile da quella penale non solo sul fronte della veri-fica del collegamento tra evento dannoso e danni risar-cibili, bensì, superando suoi recenti precedenti (29), an-che su quello dell’imputazione dell’evento di danno.

    Siffatte conclusioni, apprezzabili per la loro com-pletezza, paiono del tutto ineccepibili, e, come giusta-mente posto in luce dalla Suprema corte, è la stessaevoluzione della responsabilità civile, a partire dal cam-po della responsabilità medica, che dimostra il solcoche oggi divide causalità penale e causalità civile.

    Alle argomentazioni addotte dalla sentenza Cass. n.21619/2007 si può peraltro aggiungere come la causalitàcivile si muova su piani nettamente diversi dall’ambitopenalistico in relazione all’atteggiarsi della prova del nes-so di causa: nella responsabilità civile, sia essa aquilianaoppure contrattuale, l’accertamento del rapporto causalesoggiace a meccanismi probatori non rinvenibili in alcunmodo in seno alla responsabilità penale, con la conse-guenza che, in seno ai giudizi civili, un evento dannosopuò essere imputato anche allorquando il rapporto causa-le sia, in via presuntiva, solo presumibile/verosimile enon sia stata fornita alcuna controprova da parte del sog-getto convenuto circa fattori interruttivi della sequenzacausale presunta tra la sua condotta ed il danno occorsoalla vittima. In altri termini, nella responsabilità civile ilnesso di causa vive e si sviluppa in un contesto di “ragio-

    namento probatorio” non assimilabile in alcun modo alsistema penale, dal che si può dedurre come in tutta evi-denza, se in seno alla causalità civile possono ben operaremeccanismi presuntivi, nella tutela risarcitoria della per-sona la sussistenza del nesso causale non necessita di esse-re dimostrata, come invece in penale, “oltre ogni ragio-nevole dubbio” (30).

    Tutto ciò, come anche colto dalla decisione incommento, non significa che tra causalità civile e causa-lità penale non vi possano essere significativi punti dicontattato. Alcune precisazioni della sentenza Franzese,infatti, possono trovare ampiamente concordi pure gliinterpreti della responsabilità civile (31).

    Tuttavia, è ormai chiaro come altri principi dellacausalità penale, proprio perché strettamente ancoratialle garanzie che l’ordinamento e la legge penale pon-gono a tutela dei soggetti imputati di un determinatoreato, non possano trovare applicazione nelle azioni ri-sarcitorie, soprattutto laddove entrino in funzione mec-canismi presuntivi se non vere e proprie inversioni del-l’onere probatorio. Il riferimento è, in particolare, alprincipio del “ragionevole dubbio” puntualmente ri-chiamato dalle Sezioni Unite penali, per cui «l’insuffi-ciente, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontroprobatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindiil ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile,sulla reale efficacia condizionante della condotta omis-siva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nellaproduzione dell’evento lesivo, comportano la neutraliz-zazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito asso-lutorio del giudizio».

    Un modello unitario per il sottosistema del nesso di causa civilistico?

    Una volta addivenuta alla condivisibile conclusio-ne circa la configurabilità e la piena legittimità dellacausalità civile quale autentico “sottosistema” del nessodi causa ben distinto dal sottosistema della causalità pe-nale, la pronuncia in esame ha poi affrontato il proble-ma, centrale ed alquanto scivoloso, della possibilità diindividuare per la responsabilità civile dei criteri tali dagovernare in modo uniforme la verifica del nesso dicausa intercorrente fra, da un lato, il comportamentoimputato al soggetto convenuto e, dall’altro lato, l’e-

    CORRIERE GIURIDICO N. 1/200848

    GIURISPRUDENZA•RESPONSABILITA’ CIVILE

    Note:

    (29) Cfr., ad esempio, Cass., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11609, cit.

    (30) Tale profilo è stato debitamente posto in luce, con specifico riferi-mento alla responsabilità medica, da G. Iadecola, Diversità di approcciotra Cassazione civile e Cassazione penale in tema di responsabilità medica,cit., 116.

    (31) Ad esempio, la Cassazione civile, ivi compresa la stessa pronunciain esame, ha ritenuto di condividere in pieno l’idea - centrale nel leadingcase delle Sezioni unite penali - della “probabilità logica” quale criterioprobabilistico secondo cui, diversamente dalla “probabilità scientifica”,non è consentito dedurre automaticamente dai coefficienti di probabi-lità espressi dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’esistenza delnesso causale.

  • vento dannoso (32): «resta l’interrogativo sui criteriidonei a tracciare le linee-guida del cor