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In Viaggio con Leo Tutti gli incontri Europei di Leonard Bundu visti da Massimo Capitani “Scrivere di pugilato significa scrivere di se stessi” Joyce Carol Oates Supplemento di www.nove.firenze.it Associazione Comunicazione Democratica www.nove.firenze.it/leonardbundu

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In Viaggio con Leo

Tutti gli incontri Europei di Leonard Bunduvisti da Massimo Capitani

“Scrivere di pugilato significa scrivere di se stessi”

Joyce Carol Oates

Supplemento di www.nove.firenze.itAssociazione Comunicazione Democratica

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In Viaggio con LeonardRacconti di Massimo Capitani

Edito da Comunicazione Democratica, associazione di promozione sociale.

Supplemento dell'11 dicembre 2014 a Nove da Firenze, giornale locale online, testata giornalistica registrata al Tribunale di Firenze con il numero 4.877il 31/3/1999.

Direttore responsabile Nicola Novelli.

Referenze fotografiche:L'immagine di copertina è stata realizzata da Monica Caleffi come le foto9,10,12,16,17,20,24 le foto 1, 7,8,11,18,21,22,23 sono state scatatte da Corrado Sacchile foto 2,3,6,13,14,15 sono state scattate da Michela Comissoi disegni dei Capitoli Londra e Wolverhampton sono di Luca Andreozzi

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A Renato Recinos

Anche se sono passati 26 anni, se chiudo gli occhi sento ancora il gancio sinistro diRenato che si abbatte sulla mia mascella, quella volta - il giorno prima non avevo fatto

l’atleta - ma Renato metteva, eccome se metteva.Quando il Maestro Boncinelli - il Bonci - mi presenta come giornalista aggiunge:

- è stato un mio allievo, ha fatto i guanti con I’ Recinos.

La Boxe è davvero strana, un gancio sinistro ti può mettere a nanna, oppure ti può farricordare un vecchio amico. Purtroppo di alcune persone ci rimane solo il ricordo.

A chi ha creduto in me quando neanche io ci credevo.

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Presentazione

di Nicola Novelli

Direttore Responsabile di Nove da Firenze

Il Pugile delle Terme di Diocleziano è un bronzo ellenistico, attribuito alla scuola scultoreadi Lisippo, conservato al Museo Nazionale di Roma. Dal 1885 quando la statua furiscoperta durante scavi stradali, il Pugile emoziona generazioni di visitatori con il realismodella sua smorfia atletica, i dettagli tecnici e le ferite al volto al termine di un incontroviolento. La grandezza di un artista del IV secolo avanti Cristo ha reso immortale un ignotoboxeur di duemila anni fa.

In ogni epoca, la storia di un grande atleta è stata sempre legata al suo narratore, coluiche con l'arte, o il racconto, ha saputo spiegare al pubblico la particolarità delle sue doti, lamaestria dei suo colpi, ha saputo diffondere la fama delle sue imprese e farlo amare aitifosi, qualche volta rendendolo immortale. Ricordate la favola del campione dei pesimassimi James J. Braddock? Durante la Grande depressione, Braddock si riduce asvolgere lavori di fatica, ma per un caso fortuito torna sul ring e grazie al soprannomeCinderella Man, che gli attribuisce il giornalista Damon Runyon nelle sue cronachesportive, finisce per rappresentare le speranze e le aspirazioni del pubblico americano alleprese con la crisi economica. "Il Cenerentolo" è delle più grandi sorprese della storia delpugilato, ma il suo mito è anche frutto dell'intuizione narrativa di un reporter.

E' con questo atteggiamento che ho sostenuto con entusiasmo sin dall'inizio il progettoeditoriale dedicato a Leonard Bundu da Massimo Capitani, redattore sportivo di Nove daFirenze, e dai fotografi Corrado Sacchi, Monica Caeffi, Michela Comisso. Il raccontodell'ascesa del campione fiorentino al titolo europeo dei Pesi Welter si intreccia nellepagine di Capitani con aneddoti personali, dettagli dietro le quinte e tante spiegazionitecniche sul mondo del pugilato. Ho sempre letto gli articoli di Capitani con il piacere discoprire il pugilato di Bundu, le sue doti innate, il ritmo e i colpi irripetibili, la repentinainversione della guardia. Proprio quello che ogni narratore deve fare per divulgare e faramare un campione sportivo al grande pubblico.

Se “In viaggio con Leonard”, pubblicato on line su www.nove.firenze.it, sia il migliore librosul pugile fiorentino lo decida il pubblico. Di due cose sono certo: che ce n'era bisogno eche Bundu se lo merita. Con quel sorriso che conquista, simbolo di una nuova Italia,multietnica, tollerante, impegnata socialmente. Leonard è un paladino dello sport pulito, lametafora di un'Italia sana e sincera, che stringe i denti e si difende dai colpi della crisieconomica. E' il simbolo di una nazione ringiovanita che vuole farsi strada e guardarelontano. In questi anni difficili, in cui il nostro paese è sinonimo di sfiducia, in Europa pochiconcittadini possono camminare a testa alta. Uno che gode del rispetto unanime èLeonard Bundu, con la sua corona sulla cintura, sorta di Mario Draghi della Boxenazionale, sul ring senza paura, pronto per le sfide più ambiziose.

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Introduzione

Un minuto con Leonard BunduIn tanti mi chiedono com’è Leonard Bundu dal vero e così, se hanno un po’ di tempo,racconto loro della mia prima intervista.Era la vigilia del primo match con Petrucci e Leo non era ancora Campione europeo. Quelpomeriggio ero andato - ma sarebbe meglio dire tornato - all’Accademia PugilisticaFiorentina per intervistare il Maestro Boncinelli. Da bravo giornalista principiante, volevoiniziare da chi conoscevo bene: il mio vecchio Maestro. Oltrepassai la porta rossa checonduce alla palestra, indugiai sulle foto appese sulla destra, scesi la prima rampa e miandai a sistemare sulla balaustra che precede la seconda rampa, quella che portadirettamente alla palestra. Da quella postazione franca notai da basso le telecamere dellastampa istituzionale, che stava intervistando Leonard. Rimasi lì in piedi ad aspettarecontinuando ad arrotolarmi i pantaloni a pinocchietto, come faccio sempre quando sonoteso, così che alla fine ero quasi in mutande. Quando fu il mio turno scesi la rampa. Il Maestro vedendomi mi salutò e disse, indicandoLeonard:- Con lui, o con me? - Con te, con te - risposi io.Il Maestro - che io ho il privilegio, come tutti i suoi ragazzi ed ex ragazzi, di chiamareBonci - aggiunse:- Puoi aspettare un minuto?- Certo.E visto che Leonard aveva smesso per un minuto di fare gli esercizi sul ring, mi presentòa lui:- Questo è un giornalista, è stato un mio allievo.Quel minuto fu lungo: con Leonard parlammo di quanto era strano che un evento come ilCampionato europeo dei pesi welter fra due pugili italiani non fosse stato abbastanzapubblicizzato, mentre il beach volley, sempre al Foro Italico, aveva uno spot cheparagonava i giocatori di pallavolo ai gladiatori! Leonard mi chiese di quando avevo frequentato l’Accademia, ed io - che ormai ero partito- gli raccontai di quegli anni, delle persone che frequentavano la palestra a quei tempi,qualche anno prima di lui, del fatto che non avevo potuto combattere. Così che ad uncerto punto ho detto:- E che cavolo! Sono io che sto raccontando la mia “carriera” a Leonard Bundu.Lui sorrise e dopo poco quel minuto terminò.Ora, se avete un po’ di tempo, vi racconto cosa è successo prima e dopo quel minuto. Ilracconto di un uomo che si è battuto sul ring per diventare Campione e di uomo che si èbattuto sulla tastiera per raccontarvi questa storia.

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In Viaggio con Leonard

Si parteCi sono persone che ci costringono a fare con l’immaginazione cose inimmaginabili. E' così che ci si può trovare a suonare la chitarra immaginaria di Jimi Hendrix, provare la punizione alla Diego Armando, o il cambio guardia di Leonard Bundu.

Per iniziare questa Storia, non c'è giorno migliore di oggi, 11 Agosto 2012. Ho appenabevuto una birra media in un Pub fiorentino, mangiato una decina di olive, un numeroimprecisato di noccioline e letto di Valentino Rossi che torna in Yamaha per provare avincere ancora. Per i ragazzi di 20 anni fa tutto era una “Storia”: le Storie con le ragazze,poche; altre Storie, e se qualcuno proponeva il programma di una bella serata arrivava ilcoro: “Bella Storia!”.

Questa è la Storia di alcuni ragazzi che sono passati dall’Accademia PugilisticaFiorentina, ma soprattutto la Storia di Leo Bundu - il miglior pugile italiano professionista -e del suo incredibile talento. Il talento è una cosa innata, per il quale non vale la penaperdere tempo a cercare un altro aggettivo. È come un ingrediente che viene aggiunto,chissà da chi e chissà perché, in una ricetta che dovrebbe essere uguale per tutti.Ciascuno di noi ha un po’ di talento, fatte le dovute proporzioni; eppure alcuni preferiscononon accorgersene, perché quando hai talento la gente si aspetta qualcosa da te, e tu micahai voglia di sbatterti per qualcosa che non sai neanche da dove venga.

“Va bene, Leo, muovi il tronco per benino; la ferita va bene, non ti preoccupare, va beneLeino.” Le parole sono del nostro Maestro Boncinelli, all’angolo di Leonard. Chiunque sia stato all’Accademia, sentendo “muovi il tronco per benino” s’immagina lafigura del Bonci che oscilla, ma c’è solo un ragazzo che sa imitare alla perfezione questogesto, Giuseppe Sette, e chi lo conosce non può che concordare con me. Nel resto del virgolettato c’è tutto l’amore del Maestro per il pugilato e per il suo ragazzo,un Maestro che alla mia domanda: “Quanto dell’uomo Boncinelli va sul quadrato insiemea Leonard?” rispose: “Tutto me stesso.”

Sulle note di Azzurro, canto: “Cerco un pisano tutto l’anno e all’improvviso eccolo qua, emi ricordo da bambino con le spranghe a guerreggiar, ma ora sono grande con la pistolavado a sparar, pisano… E allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, iltreno degli ultras viola…” Non ce l’ho con i pisani, non ce l’ho con nessuno a prescindere; ma se eri nato dalle mieparti queste erano le canzoni che sentivi e che volevi mettere in pratica prima possibile.Questa insomma era la mia idea di trasferta e i pisani, che la mamma continuava adefinire “persone come noi”, non c’entravano niente. Certo è che, ora come allora, latrasferta ha tutto un altro fascino: la preparazione, il viaggio di andata con le chiacchieresperanzose e nervose, il viaggio di ritorno con la stanchezza che ti affetta e lo spiritodiverso a seconda della situazione e l’idea che comunque il giorno dopo, o quello dopoancora, sarà un giorno di lavoro.

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Quando eravamo Ultras, anche le partite in casa le vivevamo come se fossero trasferte.Una volta alzati dal letto non c’era molto altro da fare che raccogliere i vestiti sparsi per lacamera, le idee e la bottiglia d’acqua che ci aveva ristorato tutta notte, e andare nei pressidello stadio a vedere che aria tirava.

Partenza Falsa

Questa Storia inizia, come molte mie Storie, con un nulla di fatto. Infatti a Firenze già da un po’ di tempo campeggiano le gigantografie di Leonard Bunduper il titolo del Mediterraneo, ma io faccio finta di nulla: il pugilato è roba del passato, imiei ricordi sul ring, o giù dal ring, sono lontani come il grande pugilato degli anni ’80 chevedevo in salotto con il babbo. Ho visto Leonard dal Bonci una delle rare volte che in questi 25 anni sono tornato conAlessio, i’ Foffy, all’Accademia. Sarà stato il 1995 e non so se era più difficile che Leodivenisse campione europeo a 37 anni, o che io iniziassi a scrivere. Poi l’ho visto alleOlimpiadi, e l’ho difeso quando è andato fuori al secondo turno litigando con un tizio chemi rinfacciava: “Meno male che avevi detto che era da medaglia”. Ma alla fine non sono andato all’incontro e tutto questo discorso - come anche altri chenon riesco a esprimere - si sintetizza in questo breve colloquio col Foffy: - Ha combattuto Bundu al Mandela... - Lo so - rispondo io.- Ha vinto.- Lo so.- Certo che si poteva anche andare, siamo proprio i peggio...- Lo so.

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Leonard Bundu vs Carlos “El Malevo” Adan Jerez (Argentina) Titolo Intercontinentale WBA vacante 19 Marzo 2010, Nelson Mandela Forum, Firenze

Questa volta ci siamo: Ivan, un amico deI Foffy, ha trovato i biglietti. Arriviamo poco prima del combattimento che precede quello di Leonard, ovvero ilCampionato italiano dei pesi gallo fra Rodrigo Bracco e Antonio Pio Nettuno. Mi capita divedere il match accanto a un ragazzo mai visto e conosciuto: la sua ragazza mi ha cedutoil posto accanto a lui, perché nella poltroncina davanti a lei c’è un tipo con una testa a 62pollici. Non è che del match io ne capisca molto: ho perso l’abitudine di seguire gli incontri e nonassomigliano per nulla al calcio. Ma non posso non notare che il ragazzo che ho vicinocontinua a muoversi: chi è stato sul quadrato, quando si ritrova spettatore difficilmenterinuncia a muovere il tronco, a provare qualche colpo e a parlare a proposito. Rodrigo vincerà alla decima per getto della spugna. E io sono tornato come d’incanto amasticare pugilato. L’incontro successivo è quello di Leonard. Gli spogliatoi, quelli ancora della vecchia palestra, sono sulla nostra destra. Leonardappare salendo da quegli stessi scalini che centinaia di ragazzi hanno percorso, ma chesolo lui ha saputo salire per arrivare così in alto. La presentazione dei pugili è qualcosa digrandioso, non c’è paragone con gli “olè” del calcio. Qui non si tratta solo di perdere o divincere, qui non si gioca a calcio, né ad altro. Qui si combatte, si prendono e si danno.Punto e basta.

Leonard arriva sulle note di una musica rap. Per lui il coro da brivido dalle tribune è“Bundu Bomaye” (Bundu uccidilo), che mi riporta alla mente le pagine di Il più grande,ovvero la Storia di Mohamed Ali. Il match ha inizio e Alessio mi dice, riferendosi a Leonard:- È tirato.- A balestra - rispondo io.Leo è veloce, cambia guardia come il panorama visto da un treno in corsa, e poi colpi inserie alla costante ricerca del bersaglio. L’argentino “El Malevo” (il malvagio) è il tipicoIndio: lo sapete, gli argentini o sono carini e biondini, alla Caniggia, o alla Batistuta, osono incazzati e scuri, alla Monzon, o alla Passerella. Insomma, un brutto cliente: braccialunghe, colpi dritti e un destro largo da tenere a distanza, “la cianfata”, come dice il Bonciall’angolo. Dalle tribune, ma più precisamente nei pressi del ring, continua il “Bundu Bomaye” e poiuna voce solista a me familiare intona Don't cry for me Argentina imitando Evita Peron, trale risate generali. Cerco con lo sguardo l’autore ma il mio vicino mi precede: - Bada chi l’è, è Beppe I' Sette.Che, scatenato, ripete l’adagio.Il match si conclude alla 5° ripresa per la ferita dell’argentino: una gomitata involontaria diLeonard ha colpito Jerez al sopracciglio destro.

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(Foto 1 Corrado Sacchi)

Io proprio non so come ci si comporti per giudicare un match che si conclude per ferita. Ilmio vicino di sedia, anche se siamo in piedi, mi soccorre e mi spiega che in caso di feritaaccidentale, se lo stop viene imposto prima della 4° ripresa, il match viene giudicato come“pari tecnico”; dalla 5° in poi si leggono i cartellini dei tre giudici, che al termine di ognisingola ripresa hanno il compito di stilare per determinare, alla fine, il risultato. In definitiva so solo che Leonard ha vinto: lui ora è con le braccia al cielo a ringraziare tuttie quando lo fa, per ultimo, con il Bonci, il Maestro mima un “e che cazzo, era l’ora che tiricordassi di me!”. Leonard si scusa anche con il pubblico per come è andata, per ilmancato spettacolo di tutte le riprese, o di una soluzione prima del limite. Sembrasinceramente dispiaciuto. Ora che lo conosco, sono convinto che lo fosse davvero. Beh, non resta che tornare a casa. Ma, prima di farlo, nei pressi del ring noto un ragazzoche conosco, o meglio che ho visto una volta quando sono andato per lavoro nel suoufficio; solo che stasera non batte meccanicamente su una tastiera, ma imbraccia unamacchina fotografica e con tanto di pass fotografa l’evento. Non so quanto tempo mi civorrà per decidermi a chiedergli cosa ci facesse lì sotto il ring a scattare foto, e perscoprire che Corrado faceva il fotografo per il giornale on line “Nove da Firenze”. Ci vorrà ancora un po’ di tempo perché, complice la frequentazione della palestra dipugilato Centro Sport Da Combattimento, io assista, sempre al PalaMandela, al terzotitolo di Marceddu e mi decida di scrivere della serata e a inviare il pezzo all’indirizzo diposta elettronica di “Nove da Firenze”. Bene: proprio quel pezzo viene messo on line da uno dei redattori, Fabio Bernardini, e dàinizio alla mia carriera di cronista sportivo.

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Partenza col botto

Mancano ventiquattr'ore alla prima sfida europea Bundu vs Petrucci, ed è anche il 24 diGiugno 2011, a Firenze il tradizionale giorno dei “Fochi di San Giovanni”. È un pezzo che non vedo i Fochi e li ricordo in momenti belli e in momenti brutti, “goodtimes, bad times”, come direbbero i Led Zeppelin. Comunque, ricordo che il meglio venivaalla fine, quando sparavano i tre colpi di cannone. E, a proposito, oggi sono a cena dal direttore di “Nove da Firenze”. È la prima volta che lovedo di persona, Nicola, dopo averlo conosciuto via mail. Lui sta al Poggio Imperiale, fraPorta Romana e il Piazzale Michelangelo, e se siete un po’ pratici di Firenze lo sapete dasoli che è un gran bel posto. Alla sua tavola c’è roba da mangiare e da bere, ma ladifferenza, come da qualsiasi altra parte, più che la roba liquida e solida che entra nellebocche, la fa quello che esce sotto forma di parole. Ricordo di aver preso le misure a tutti e a tutto con un paio di prosecchi niente male. Epoi, appena il discorso è caduto sulla Boxe, ricordo di aver detto la mia. Il “la” lo avevadato Alessandro Lazzeri, che per “Nove” scrive di Cultura: raccontò di aver tirato di Boxeai suoi tempi e di come la Noble Art lo avesse tirato fuori al meglio, da una situazione consoggetti che nulla avevano di nobile, in una nottata parigina di molti anni prima. Fu allorache mi feci avanti, ricordando una di quelle volte nelle quali essere un pugile aveva fattocomunque la differenza. - Sapete, io una volta ho discusso con J.J. Anderson...- Ma chi, il giocatore di Basket della Liberty Firenze?- Proprio lui! - Piccino te lo sei scelto: due metri e passa di atleta...- Ma, insomma, com’è andata?- Avevo all’incirca 18 anni, lo ricordo perché avevo la macchina ed ero tornato in palestraperché c’erano alcune cose che non mi tornavano nell’abbandono del 1987. Fatto sta cheavevo parcheggiato nelle stradina dietro Viale Malta, quella che porta all’entratasecondaria e oggi è delimitata da una sbarra. Dopo l’allenamento, vado per riprendere lamacchina e vedo che davanti c’è parcheggiato un macchinone con tre persone chechiacchierano appena fuori dall’abitacolo. Passo davanti a loro mostrando le chiavidell’auto, loro ricambiano lo sguardo e io monto in macchina e metto in moto. Ma,contrariamente a quanto mi sarei aspettato, nessuno di loro fa altrettanto e nessuna dellemacchine si muove. Esco dalla macchina piuttosto innervosito: era talmente evidentequello che si doveva fare che mi dava fastidio doverci tornare sopra. Ne viene fuori unapiccola discussione, dove nessuno capisce nessuno. Per fortuna in quel momento passail Bonci con un altro ragazzo della palestra, che aveva qualche anno più di me econosceva il Bonci da diverso tempo, così che alla fine si riesce a capire qualcosa equalcuno si decide a spostare quella macchina. E io finalmente posso andare a casa odove mi pare e piace.

La storia ha pure un seguito. Quello era il primo periodo in cui l’Accademia - l’AccademiaPugilistica Fiorentina - si era stabilita al Palazzetto. Il Bonci era un giovane Maestro,mentre il basket andava alla grande a Firenze. In quegli anni, come ricorderete, molti tifosi- me compreso - uscivano dallo stadio ed andavano al Palazzetto. Insomma, c’era unacerta sudditanza verso di loro. Ricordo che una volta avevamo l’allenamento inconcomitanza con una loro partita e per uscire dal Palazzetto dopo la sessione ci toccòesibire la tessera dell’Accademia a tutti e, per quelli che se l’erano scordata a casa, alBonci toccò dire: “lui è con me”. Quando tornai in palestra il giorno seguente alla discussione sulla macchina da spostare,ancora teneva banco l’accaduto e venne fuori che il Bonci era andato a scusarsi, visto cheloro sostenevano che io li avessi aggrediti a parole. Rispiegai la mia versione dei fatti e ilBonci dopo un poco lasciò l’allenamento. Il giovane Maestro, come mi riferì lui dopo, era

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andato a riferire la mia versione a quelli del basket, aggiungendo che non gli eraconvenuto andare oltre le parole con me.

Nicola, come ebbe a dirmi qualche tempo dopo quella serata, pensò: - Che acquisto che abbiamo fatto.Io mica lo so a quel punto che ore erano, ma mi piace pensare che proprio in quelmomento esplodessero i colpi di cannone dei Fochi di San Giovanni.

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Leonard Bundu vs Daniele PetrucciCampionato Europeo vacante pesi welter25 Giugno 2011, Foro Italico, Roma

Se c’è una cosa che mi piace dei bambini è che loro giocano e si agitano anche con 40gradi; mentre a noi grandi fa fatica anche solo pensare: “Ma come fanno a muoversi conquesto caldo?”.L’appuntamento è a casa di Corrado - il fotografo - nel primo pomeriggio. Corrado stapreparando la sua attrezzatura, cercando di non sudare troppo e di non inciamparenell’elastico che sua figlia Giulia ha fissato alle due sedie nel corridoio, per giocareall’antico gioco dell’elastico. Giulia salta come un grillo ripetendo le sequenze che ha inmente, io la seguo a fatica sperando che non dica: “Dai, prova anche te.” Corrado se la prende comoda, Giulia pronuncia quella frase, e io entro nel giocononostante la stagione e i mali di stagione che ormai coprono l’intero anno. La posta sialza così come l’elastico e io salto più o meno come un ippopotamo in calore. Non me lacavo male, tranne che per l’uscita alla fine della sessione. Giulia mi spiega e ripete ilgesto mentre io mi passo il dorso della mano sulla fronte e riprendo fiato. Riparto. Si tratta, con le gambe all’esterno dell’elastico, di stringere quest’ultimo fra le ginocchia,ruotare di 360° - rimanendo così costretti dall’elastico - e poi saltare librando le gambefuori dall’elastico, che nel frattempo si è teso nuovamente. Giulia quest’ultimo passo lochiama “lo chambé” o qualcosa di simile. Prova e riprova, riesco a saltare nella manieragiusta, evitando per un pelo lo spigolo della libreria che metterebbe K.O. anche un toro.Sono alla frutta, quando Corrado dice a Silvia, sua moglie:- Noi andiamo.Silvia sulla porta dice sorridendo:- Ma Massimo lo conosce il tuo amico?Sorrido senza sapere il perché. Un bacio del babbo alla figlia, un ultimo mio sguardoall’elastico. Partiamo.

L’appuntamento con il fantomatico amico di Corrado è ai Bottai, da lì ci aspettanol’autostrada e il Foro Italico.L’amico di Corrado arriva con un’Audi nera, lo so perché Corrado dice:- Eccolo.La macchina fa manovra e io, riconoscendo il conducente, dico:- Azz che amici che hai.Stiamo andando a Roma a vedere Leonard Bundu con, e sulla macchina di, Piero Pelù.Piero frequentava un bar a Bellariva nell’estate di non so quale anno. Il bar era ricavato inun autobus in disuso, ma io non sono mai riuscito a trovarlo, Piero intendo, l’autobus eraparcheggiato. Quando frequentavo un paio di locali in Borgo Albizi, lui passando di làlasciò un autografo a un tipo di soprannome Otto, scrivendo: “Otto per Otto, Piero Pelù".Ho visto i Litfiba, anche se ero andato per i CCCP, in Piazza Santissima Annunziata nel1989. Era il concerto dopo e per Tienanmen. Ricordo che ad un certo punto arrivò un tipoche ripeteva “Tieni a mente Tienanmen, Tieni a mente Tienanmen, Tieni a menteTienanmen”. Che dopo un po’ aveva rotto, e così si beccò insulti e monetine. Anche i miei,ed è una cosa di cui, dopo, mi sono sempre vergognato. Spero che basti.

In macchina, però, non è il caso di parlare di questo o di altro che riguardi me e PieroPelù, e la discussione va sul pugilato, una materia nella quale inizio a essere ferrato. Cosìparliamo delle vittorie di Leo in trasferta - quella di Berlino è la più gettonata -, della sua

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tendenza a ferirsi e del futuro mondiale. Così io sparo un po’ di nomi di mostri nellacategoria di Leo: Mayweather, Cotto, Pacquiao.- Ma chi, il filippino? - dice Piero.- Sì.- Ha vinto una cifra di mondiali...- Otto.- Se fa con quello, andiamo tutti a Manila.Si parla anche di altro, di film soprattutto, finché arriva il momento di fermarsi all’autogrill.È qui che inizia la menata per lui, perché la gente lo vede e dice:- È Piero Pelù!E poi fa le foto, fa domande; alcuni, i più titubanti, ripetono a noi la frase con alla fine unpunto interrogativo, altri ancora si fanno gli affari propri. Ci sbrighiamo e saltiamo inmacchina di nuovo.Appena siamo a Roma, troviamo subito il Foro giusto, il Foro Italico. Il mio amico Foffy miaveva detto:- Gran bell’impianto, ci ho visto gli internazionali di tennis.Il tipo della sicurezza appena riconosce il conducente apre la transenna e ci fa passare.Parcheggiamo vicino all’uscita, con il cofano della macchina puntato in direzione nord.Quello della sicurezza si avvicina a Piero e gli attacca una gran pippa, credo che gli abbiadato anche il numero di telefono. Noi ce ne andiamo a ritirare gli accrediti. Sbagliamosubito sportello e così, dopo un paio di minuti di smarrimento, della serie “abbiamosbagliato tutto”, la ragazza tira fuori tre buste intestate ai Dott. Nicola Novelli, direttore di“Nove da Firenze” che non è venuto, ed ai Dott. Corrado Sacchi e Massimo Capitani.Raggiungiamo Piero, che si è appena liberato dalla morsa del tipo, e puntiamo decisiall’ingresso. In più di uno salutano il cantante e uno di questi aggiunge:- Grande Piero, ma oggi vinciamo noi.- Vediamo - risponde lui in tono diplomatico.Già, perché qui sono tutti convinti che Petrucci vincerà, di sicuro perché hanno fiducia nelloro pugile, ma anche un po’ perché combattono in casa. Anche io sono stato convinto, elo sono tuttora, che Leonard abbia fatto il passo decisivo per il titolo europeo proprio qui aRoma. Dopo l’intervista con il Bonci e Paolo che aveva preceduto il match romano, ero rimasto lìa raccogliere i miei appunti e a respirare un po’ di tensione. Leonard era sceso a salutare:il giorno dopo doveva essere a Roma per la conferenza stampa. Il Bonci, visto cheLeonard passava da casa, gli aveva raccomandato, accompagnando le parole con ilgesto inequivocabile della mano, di “non trombare”. Leo aveva risposto ridendo e dicendo:- È più di un mese. Così si era fatta l’ora di andare via. Salutai con un orgoglioso:- Ci vediamo a Roma.I Maestri salutarono a loro volta ed io dissi ancora:- In bocca a lupo.Fu il Bonci a rispondere:- Se n’ha bisogno.Sono sicuro che il Bonci aveva più di un dubbio sul fatto che a Roma il verdetto potesseessere condizionato in qualche modo dal fattore casalingo: chi ha visto qualche match sache questa tendenza nella Boxe esiste a tutti i livelli, dai titoli più importanti, mondiali edOlimpiadi, alle riunioni ordinarie dei dilettanti. Il Foro Italico, anche se non era strapieno come annunciato, per Petrucci vs Bundupresentava ottomila spettatori, ma i fiorentini erano davvero pochi: nonostante si fosseparlato di pullman, gruppi e comitive, solo qualche macchina aveva raggiunto l’impiantocapitolino. Insomma, il tifo era tutto per Petrucci, e poi Leo aveva combattuto dallaseconda ripresa con un ematoma sulla fronte grosso come una pallina da tennis, che persua stessa testimonianza gli procurava un dolore mai provato prima - e chi ha fatto 141

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match da dilettante e 29 da professionista, se ne intende di dolore - “il solo poggiare ilguanto a protezione della parte acuiva la sofferenza”.Quando l’ho intervistato, gli ho chiesto se con quel dolore non aveva pensato, solopensato - e che cavolo, si pensano così tante cose, e poi solo in un attimo - a smettere.Lui aveva risposto di no. È vero che i pugili non sono persone comuni e che Leo è un Campione, ma insomma èstato con il pareggio di Roma, in quel clima e con quel bozzo dolorosissimo, che LeonardBundu ha ricevuto le stigmate del Campione. Anche Petrucci, passata la tensione delmatch, onorerà la ferita di guerra, e come nel match di Firenze riconoscerà la vittoria diLeonard.

(Foto 2-3 Michela Comisso)

Ma ora riprendo da dov’ero rimasto, all’ingresso del Foro Italico. All’ingresso del Foro Italico troviamo Antonella, agitata e scocciata perché hanno fatto unpo’ di casino con i posti, motivo per cui Piero ha sul polso destro il pass di Nicola.È presto. Io e Corrado facciamo un giro intorno all’impianto, poi entriamo. La tribunastampa è spostata rispetto al ring: siamo in una specie di curvino, non c’è alcunadelimitazione e ci possiamo sedere dove vogliamo, cosi ha detto lo steward.

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Ci spostiamo fin dove possiamo e ora siamo a ridosso della balaustra. Sbracciandociattiriamo l’attenzione del Bonci e del Vignoli che sono nei pressi del ring e indossano passdi diverso colore dei nostri. Non c’è verso di oltrepassare la balaustra, neanche semontiamo in collo a loro. “A bordo ring, solo stampa autorizzata”, come ci dirà lo stewardaddetto a quel settore. Torniamo dunque nel curvino, preoccupati per le foto e per il pezzoche dovremmo fare a distanza. Accanto a noi si siedono dei signori con i biglietti, niente vieta ad altri di avere il bigliettodei nostri posti, e visto che è annunciato il tutto esaurito siamo nei guai. Io e Corrado cisediamo lungo la fila che è destinata al flusso degli spettatori; poi un momento dopo io mialzo e vado a parlare con lo steward di vigilanza all’ingresso del settore da cui siamoentrati. Non mi dice molto di più di quello che già sapevamo e aggiunge che “siamo tuttinella stessa barca”.Torno da Corrado. Lui ha appena inviato un sms al direttore, che dopo aver appreso lanostra situazione ci ha riposto “eroici”: un incoraggiamento che, unito a quelli della miacompagna e del mio amico Bernardo, mi tirano un po’ su. La verità è che io scrivo da poco di pugilato e fino a venti giorni fa ambivo a essere alForo Italico come spettatore, mentre ora devo scrivere un pezzo sul campionato europeo.Ho fifa, ma ormai sono qui e mica mi posso nascondere sotto il ring.

Il sottoclou inizia con l’esordio di Mirko Ricci. Il medio massimo romano chiude subitoinfliggendo in rapida serie tre conteggi all’avversario; il datato portoghese FernandoFernades è, come spesso succede, un comodo cliente per l’esordio da professionista diun promettente pugile. Vedrò Ricci combattere spesso durante la sua carrieraprofessionistica. Contro di lui farà un gran bel match il fiorentino, ex Accademia PugilisticaFiorentina, David Rettori: andatevi a rivedere il suo match. Di lui, all’Accademia, neidiscorsi che si fanno a fine allenamento, dicono: “il Rettori da peso medio me lo gioco contutti”. Di Ricci mi sono perso invece la sfida, persa, per il campionato italiano con Barletta.Chi se ne intende mi ha detto, anzi ripetuto, che deve imparare a tenere su le mani.Nel sottoclou ci sono anche Domenico Salvemini, che sconfigge Adrian Gabriec, eMassimiliano Bucchieri, che ha la meglio su Daniele Moruzzi, anche se io non sono moltod’accordo, visto che preferisco sempre la Boxe in linea a quella scomposta nonostantequest’ultima sia supportata dall’intraprendenza.Nel sottoclou ci sono anche due ragazze che si esibiscono, ma non si confrontano fraloro, ma con un palo che abbracciano e stringono forte, insomma c’è uno spettacolo di lapdance che per una riunione di pugilato è, tutto considerato, fuori contesto. Leonard, a cuichiederò cosa ne pensa della lap dance prima del suo match, definirà il tutto “esagerato”,come per par condicio definirò esagerate le ballerine del sexy disco Excelsior impiegatecome ring girl nel mondiale di Kick Boxing di Marceddu al PalaMandela. Si va avanti con il ring announcer che elenca i personaggi illustri che partecipano alleserata, aggiungendo un: “mi dicono che ci sia anche Piero Pelù”, mentre non si scordamai di dare spazio al fantomatico sosia di Sylvester Stallone, che noi, anche sporgendosiin quella, che dovrebbe essere la sua postazione, proprio non riusciamo a vedere.Quando è il momento di Manuel Ernesti opposto a Sebastian Skrzypczynski, me ne vadoa comprare qualcosa da mangiare. L’incontro durerà meno del tempo che ci vuole amemorizzare il nome del pugile polacco. Esco dal mio settore mentre un collega dellastampa vi entra e dice allo steward:- La tribuna stampa?- Sì.- Che ormai è diventata una tribuna famiglia.- Avercela, una famiglia - risponde lo steward.Credo che qui ci siano tutta la spontaneità e la naturalezza del romano che, messo indifficoltà, in una situazione di cui per altro non è responsabile, ne esce con unadisinvoltura tutta romana. Prima del match avevo scritto un pezzo per “Nove Da Firenze” -“Conto alla rovescia per il match Bundu vs Petrucci” - nel quale parlavo della rivalità fra

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Firenze e Roma. E credo ancora che Firenze e Roma non si amino, e di sicuro in ambienticome stadio e bar vari il “non si amino” diventa un eufemismo; questo non mi impedisce divedere e apprezzare il romano che se la cava con un: “avercela, una famiglia”.Quando torno, non manca molto al campionato europeo dei pesi welter. Corrado halasciato il posto sulle scalette di deflusso e si è preso due posti buoni. Il Foro Italico si variempiendo, anche se per nostra fortuna non del tutto. Corrado poi abbandona il posto perguadagnare una postazione più favorevole per i suoi scatti, mentre io rimango lì, in attesa.Ci siamo quasi: ora sul ring ci sono i pugili che non devono combattere, Paulie Malignaggie le vecchie glorie a riposo, mattatore della scena è Piero Del Papa, il dieci voltecampione europeo che ci prende gusto ad essere applaudito e non vuol scendere più dalring.Ora sul quadrato c’è solo il ring annoucer che, come suo solito, recita la frase “inizia lalegge del ring”. Quando vedo sbucare fuori dagli spogliatoi Leo, non mi sembra neanchedi essere lì, lì in quel momento, proprio come mi succede quando sono troppoemozionato. Recupero penna, blocco e me stesso, e inizio a concentrarmi prima che il match abbiainizio.

Match finito - faccio un salto temporale, tanto lo sapete tutti com’è andata - mi aggrappo aCorrado per sapere qual è il sopracciglio tagliato di Leo, perché dalla nostra postazionenon avevamo visto l’enorme ematoma sulla fronte del fiorentino. Le fotografie dell’amicomi chiariscono le idee. Il cellulare di Corrado squilla: è Piero che ci dà appuntamento al negozio della Leoneappena sotto la nostra postazione. Raggiungiamo il posto, ma Piero non c’è. Corradoprova sul telefono ed è proprio in quel momento che io realizzo che il pur positivo pari mimette nei casini fino al collo. Infatti, l’accordo con il direttore era di scrivere il pezzo e dimandarlo via, insieme alle foto, il prima possibile. Per l’evenienza e su consiglio di Nicolaavevo preparato due pezzi: uno per la vittoria di Leo, uno per la sconfitta. Il pareggio nonl’avevo proprio calcolato. Raggiungiamo Piero direttamente alla macchina. Al negozio della Leone lo avevanoassalito. Così ci mettiamo in viaggio ed io tiro fuori il computer.Se c’è una cosa di cui soffro è il mal d'auto: se non volete che vomiti, non mi fate stare suldietro di una macchina impegnata in una strada tutta curve. La “Volterrana” percorsa dabambino evoca ancora rigurgiti gassosi mai del tutto elaborati. Ed è consigliabile anchenon farmi leggere le indicazioni su una mappa, qualsiasi posizione occupi io in macchina.Volendo, posso sempre guidare.Il primo sbuffo mi prende dopo cento metri, mentre siamo appena entrati nella coda dellamacchine che tentano di allontanarsi dal Foro Italico. Ricordo che il titolo mi venne fuori subito, come un coniglio dal cilindro, e non rideteperché è lo stesso titolo che userà Alfredo Bruno, direttore di Boxe Ring, per il suo pezzo:“Bundu vs Petrucci, tutto da rifare”, appunto. La descrizione del match al suo inizio èmeno azzeccata, visto che preso dal panico decido di esordire con un' idea già preparata,sbagliando anche a battere sulla tastiera, finendo per scrivere: “Nessuno dei due dispostoa snaturare il proprio pugilato, fatto di ritmo ed aggressivitŕ”, e invece Leo inizierà piùaggressivo, mentre Petrucci cercherà di boxare di rimessa. Io continuo a battere sulla tastiera, cercando i concetti più semplici possibili, mentre làdavanti i miei compagni, eccitati dall’evento, non la smettono di parlare. Tiene bancosoprattutto la maniera strana in cui è stato comunicato il verdetto, visto che è statadecretata la parità senza dare la lettura dei cartellini. Corrado controlla cosa dice il web e trova una notizia che riporta che un giudice aveva lavittoria di Leo, o forse di Petrucci, ancora non si capisce bene. Io ancora non ci penso aqueste cose e dico a Corrado di controllarmi sul web come si scrive Malignaggi. A contifatti, sono diverse le persone che pensano che Leonard fosse in vantaggio di uno o duepunti, anche se non mancano i pareri opposti.

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La macchina si ferma. Miracolo. Siamo all’autogrill e Corrado e Piero, totalmente ignaridel dramma che si sta consumando nelle mie viscere, mi invitano a bere o mangiarequalcosa. Rispondo:- Andate, andate pure.Ho pochi minuti per concludere il pezzo, vedere che non ci siano orrori ortografici e capirese il discorso fila almeno un po’. Quando Corrado e Piero tornano, sono pronto per leggere il mio pezzo, che anche se nonsarà il migliore che ho scritto è comunque il meglio che potevo fare nella peggiorsituazione.Letto il pezzo, passo la chiavetta con il file a Corrado e respiro, finalmente. Corrado ha ilcompito di scegliere le foto e di mandare il tutto al direttore, che lo pubblicherà sulgiornale. La mail notturna di Corrado è però malauguratamente finita negli spam dellaposta del direttore, e quindi il nostro pezzo sarà in rete solo intorno alle 14 del giorno dopol’incontro, vanificando lo sforzo notturno. Ma non importa, perché alla fine ci siamo battuticome leoni senza star troppo a vedere, a ponderare, ed il tutto, compreso la foto diCorrado, in grande e sola evidenza, sarà riportato su boxe ring web sotto il titolo: “I post diBundu vs Petrucci sulla stampa italiana”.

Il parcheggio dei Bottai ci accoglie a braccia aperte e la macchina di Corrado è pronta perportarci a casa. Chiedo all’amico di sentire Piero per benzina e autostrada. Alla domanda,il cantante dei Litfiba sorride e dice:- Buonanotte.

Sono a casa nel mio letto, è tardissimo, ormai è mattina presto. Talvolta la Boxe ti faandare a letto tardi, a volte ti fa alzare molto presto, come la Scrittura che ti tiene sveglio enon ti fa dormire fin tanto che dal letto non ti alzi e la fissi su un pezzo di carta, anche sesarebbe più conveniente rimanere al caldo, al riparo delle coperte. Se c’è una cosa che mi piace sono i grandi che come i bambini, giocano e si agitano conle proprie passioni anche se sono stanchi, anche se converrebbe, a volte, non farne dinulla.

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Leonard Bundu vs Daniele PetrucciCampionato d’Europa vacante pesi welter4 Novembre 2011 PalaMandela Firenze

Il giorno primaIl 3 Novembre 2012, il giorno della cerimonia del peso, per me era anche il primo giorno diun mal di denti fortissimo. Era da tempo che una vecchia otturazione perdeva pezzi e chemi davo da fare, con risultati sorprendenti, con il filo interdentale, ma dolore non ne avevosentito mai.Quel giorno tornai a casa dal lavoro con una certa uggiolina. Presi un antidolorifico e mistesi per una mezz’oretta. Al risveglio il dente sembrava cresciuto di una spanna e ildolore era arrivato. Credevo si trattasse di una pulpite o comunque qualcosa di serio;insomma, era chiaro che dovevo andare dal dentista.Il dentista mi diede un’occhiata e mi disse: “È un granuloma e bello grosso”. Armeggiò con quel coso di metallo e disse ancora:- Te lo devo aprire.- Quanto ci metti?- Una mezz’oretta.- Ok, allora faccio una telefonata.Avvertii il babbo. Con lui avevo fissato per andare a vedere la cerimonia del peso: lui siricordava del 1967 e dell’europeo di Atzori, ultimo titolo continentale disputato a Firenze, evolevo che a distanza di 44 anni lui vedesse il più possibile dell’europeo di Bundu.Il dentista continuò ancora a maneggiare il mio dente, e poi disse:- Ma non senti dolore?- Non tanto.- Dovevi fare il pugile.Sorrisi per le sofferenze dei pugili e risposi:- Ci ho provato.Il dente aperto non faceva più male, davvero; il dentista ci mise una medicazione percercare di salvarlo, dicendomi che con quella il dolore avrebbe ripreso a farsi sentire. Iovolevo solo andare a vedere la cerimonia del peso.Il babbo era appostato nei pressi delle transenne che il giorno dopo avrebbero ospitatol’europeo. Lo salutai e gli indicai il posto che presumibilmente gli sarebbe toccato il giornodopo: gli avevo preso un biglietto per la fila immediatamente dopo il bordo ring. Il giorno successivo al primo Bundu vs Petrucci il babbo, che aveva visto il match intelevisione, mi aveva chiamato per dirmi quanto gli fosse piaciuto Leonard. Le sue parole furono: “Bellino da morire, e poi il cambio guardia fulmineo, i colpi in serie,che Campione”. Dopo la prima intervista a Leonard, prima del match di Firenze, avevo riportato icomplimenti del babbo a Leonard e lui aveva sorriso e molto apprezzato. In quel momentoLeonard stava parlando con qualcuno, appena finito si voltò verso di noi e riconoscendomiscansò la transenna e ci venne incontro.

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“l’incontro” fra Leonard e il babbo.(foto 4 Massimo Capitani)

Il pugno che il babbo mostra a Leo non è per lui, infatti Leo sorride alla sua maniera, quelpugno ricorda la potenza dei colpi di Guido Mazzinghi, fratello di Sandro, che siabbatterono sulla sua povera mascella dopo una sessione di guanti fra i due.

Poche file dietro di noi vedo Marceddu che spippola con il suo cellullare. Anche lui è unCampione umile, tre volte campione del mondo di kick boxing. E anche lui come Leonardnon è qui a godersi lo spettacolo, infatti domani combatterà contro il campione italiano deipesi gallo Rodrigo Bracco. Marceddu vs Bracco sarà l’indomani un grande match, degnosottoclou dell’europeo pesi welter. Colgo l’occasione per fargli un saluto e per presentargliil babbo che ormai è a suo agio come a un tavolo di briscola e ventuno. È il momento di pesarsi. I pugili salgono sulla bilancia uno a uno, prima quelli impegnati nel sottoclou, poi glisfidanti al titolo. Maggi, il Maestro di Petrucci, controlla la bilancia e il peso di LeonardBundu, mentre il Maestro Boncinelli, a qualche passo di distanza, assume una delle suesolite pose: chi non lo conosce pensa che sia assente, chi lo conosce sa che non è così. Al termine di una serata di pugilato di qualche tempo fa, con cibo e un paio di spritz adoliare i neuroni, il vice del Bonci, Paolo Vignoli, mi disse: "I Maestri come il Bonci hannodue giri di vite in più, quando gli altri si fermano loro continuano a fare i loro giri". In queimomenti di apparente assenza, il cacciavite del Bonci compie quei due giri in più, ed èproprio durante quel tempo che, andando più a fondo nel problema, lui trova lecombinazioni giuste, le tattiche, i punti deboli. In quelle serate di pugilato e di dopo-pugilato mi sono stati raccontati mille aneddoti, alcuni raccontabili ed altri no. Quella sera, nei pressi della bilancia, il Bonci ne stava studiando una delle sue. Unpensiero che il Maestro aveva immaginato da quando si era innamorato di quello sport,cioè dal primo momento, e del suo allievo più talentuoso che nel corso della suacontroversa carriera gli aveva fatto girare non solo viti, ma che aveva sempre aspettato,come si aspetta il sogno di una vita: far indossare, dopo 44 anni, la cintura di campioneeuropeo - Atzori nel 1967 - ad un pugile dell’Accademia Pugilistica Fiorentina.

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Finita la cerimonia, mi ritrovo ad aiutare il Bonci e il Vignoli a mettere a posto la bilancia. Èla stessa sulla quale mi sono pesato io e centinaia di altri ragazzi, trattenendo il fiato inattesa della sentenza mentre il Bonci seduto spostava il cursore sul braccio della stadera.

Quella sera al PalaMandela

Quella sera avevo trasgredito alle regole del corso di scrittura e avevo lasciato il cellulare acceso durante la lezione. L’sms del fotografo arriva intorno alle 19.00:“Io e il direttore arriviamo verso le 21, tienici il posto.”La risposta è pronta:“È la notte di Leonard e voi ve ne state tranquillamente con le gambe sotto la tavola, vergognatevi!”Corrado, che è un tipo sveglio, prontamente risponde:“Mica è nostra la notte, è di Leonard.”Io controbatto:“Ok, ti lascio il posto all’angolo di Leo, girato verso il pubblico quando combatte, girato verso di lui quando sputa l’acqua.”“Sei un tesoro” chiosa Corrado.

Il corso di scrittura non va per niente bene, così come il mio dente che mi ha costretto aprendere il secondo antidolorifico di giornata, e per di più mi ritrovo a leggere a voce alta ilmio racconto, male come al solito. I miei colleghi di corso, ma soprattutto il prof - loscrittore Marco Vichi - non sono impressionati favorevolmente da quanto ha scrittol’allievo. La seduta si chiude con tanti consigli, fra cui quello del prof di riscriverlo in terzapersona, dando maggior ampiezza ai concetti e alla descrizione dei personaggi, insommadi scrivere come non faccio mai. Farò il compito, ma non ne ricaverò nulla, e poi so giàche a me riesce meglio scrivere in 1° persona ed amo leggere scrittori che si esprimono in1° persona, come Bukowski, Fante, Bunker, Ames.

La telefonata del babbo arriva alle 19.25:- Massimo, c’è già gente. Quando arrivi?- Fra 10 minuti sono lì.Sono davanti al PalaMandela, faccio la fila per il pass e poi appendo quel cartoncino alcollo come fosse una medaglia. Il babbo ha il posto assegnato nelle vicinanze del bordoring, io sulla sopraelevata. Dobbiamo dividerci e lo facciamo con un abbraccio. Salgo la rampa con alcuni tifosi di Petrucci che sulle note di Fra Martino campanaro fannoandare una canzone che fa più o meno così: “Dai Bucetto dai Buce, buttalo per terra,buttalo per terra”. Bucetto è il soprannome di Petrucci per via di una sua vincita al gioco.La stampa che conta è giù: hanno postazioni con wireless, prese elettriche e portatiliaccesi. Io tiro fuori il blocco per gli appunti e mi preparo, anche se mancano ancora dueore al match di Leonard. Al Mandela non si può fumare ed è un vero peccato, perché durante gli incontri fumocome un dannato. Raggiungo l’uscita di servizio e vado a fumare. Al ritorno faccio un giroe appena vedo un cartello con scritto “buffet sala stampa” mi fiondo sull’obbiettivo, mavengo respinto da un respingente umano: il mio pass non vale. Forse hanno paura che misbronzi e poi faccia casino, ma nessun pericolo, non bevo mai prima dei match. Torno al mio posto, guardo il telefono e rispondo velocemente ai messaggi del Foffy e diAndrea, il Galletto, che sono dalla parte opposta della mia postazione. Non ci sono altriscambi di messaggi o telefonate, loro sanno che sono teso. Ci sentiremo meglio e conpiù calma il giorno dopo.

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Il direttore e il fotografo arrivano con aria compassata, si sistemano e si guardano in giro.Non manca molto al match. Io sono intento a scrivere qualcosa sugli altri match cheprecedono quello di Leonard. Dopo un po’ loro se ne vanno giù, il servizio di sicurezza èun po’ morbido e volendo si arriva nei pressi del bordo ring che ora è pieno. Mi chiamanoal telefono invitandomi a raggiungerli, ma non riesco a passare, sembra che non mi riescanulla in questa serata, ma sono solo teso, teso come una corda del ring. Decido direstarmene in sopraelevata, anche se so che i match si vedono bene a bordo ring: dalbasso si notano meglio i pugni che incontrano l’avversario, dall’alto un po’ meno;comunque vedo bene e poi c’è lo schermo che mi può aiutare con i replay e anche il miovicino di sedia non mi sembra male. Scrivere di pugilato con i pugni che saettano a serie ècosa ben difficile.Di solito prendo appunti così: mi segno le iniziali dei pugili e scrivo le abbreviazioni deicolpi più significativi, i conteggi, i richiami, e poi alla fine del round esprimo il giudizio.Cercando di stare con gli occhi sul foglio il meno possibile. Altrimenti, come faccio avedere il match?È il momento che gli appassionati aspettano da 44 anni: i pugili fanno il loro ingresso sulring, sbucando dagli spogliatoi, adiacenti alla nuova palestra, che sono sotto al Mandela.La vecchia palestra era dall’altro lato. Quando sono andato ad intervistare Leonard hoguardato il tappeto del vecchio ring coperto di macchie rosse e scure, il sangue dei pugiliche per 25 anni si sono allenati all’Accademia Pugilistica Fiorentina; lì in mezzo, daqualche parte, ci sono anche le mie.

All’inizio del match scoppia la rissa nel settore dei tifosi di Petrucci. Io sono dall’altro lato eassisto alla scena incazzato nero. Il match viene interrotto. Ci manca solo che assistiamoall’invasione del ring e poi tutti i peggiori cliché calcistici sono eguagliati. Non mi va dispendere tante parole sull’argomento, visto che andando su youtube e digitando "Bundu",appare subito “Bundu Petrucci rissa”.Si riprende. Ora il bordo ring è pieno zeppo di persone che hanno approfittato della rissaper guadagnare i posti migliori. È un incontro troppo nervoso per essere bello, la posta inpalio è altissima e i due pugili, che già si conoscevano bene prima del match romano, orasi conoscono a menadito.

(Foto 5 Corrado Sacchi)

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Leo si avvantaggia nelle riprese iniziali e centrali,

(Foto 6 Michela Comisso)

(Foto 7 Corrado Sacchi)

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Petrucci viene sospinto con brutte parole dal Maestro Maggi: “Ma che cazzo stai a fa'”(tutto è lecito fra Maestro e allievo) e cerca di invertire l’inerzia del match; ma Leo è troppodeterminato, troppo preparato e affamato per mollare la cintura che ormai è vicinissima.Nel minuto di pausa che precede l’ultima ripresa, il Bonci soffia forte nelle orecchie delsuo pupillo: "Non voglio sorprese, Leo, vanno convinti”. Ovvio che quelli da convinceresono i giudici che alla fine daranno la meritata vittoria a Leonard Bundu. Quando viene pronunciato il verdetto, grido come un pazzo per più di un minuto, miriprendo solo perché ho un calo di pressione e inizio a vedere brillare tutto intorno. Dopoun paio di minuti sono a bordo ring. C’è una gran ressa ed è impossibile raggiungere ilCampione, così mi metto fermo poco fuori dalla mischia. Arriva il babbo, che pronuncia leparole: “Leonard Campione senza discussione”. È il suo modo per tagliar corto,sgombrare il campo e per ricordare un altro titolo d’Europa sotto il cielo di Firenze.Leo cerca di raggiungere gli spogliatoi, mentre la fiumana lo segue; c’è pure Matteo Renziche lo abbraccia. Ancora non è il momento, deve solo guardarmi, solo un attimo. Eccolo.Gli sguardi s’incrociano e subito dopo arriva l’abbraccio.La redazione di "Nove da Firenze" presente al Mandela è schierata appena fuoridall’impianto. Fumiamo una cicca e poi stabiliamo l’ora per mandare il pezzo e le foto online. L'una e mezza.Rispetto l’orario e mando via il pezzo alle 1.27. il pezzo è on line poco dopo. Scrivo sullabacheca di facebook di Leo: “Vola come un farfalla, pungi come un’ape”. Do un occhio ai pezzi più letti sul web, ci sono i più importanti già ben indicizzati. Leggo ecommento, ma solo con il pensiero. Non ho sonno per nulla, vado a spasso ancora per ilweb, la bacheca di Leo si sta riempiendo di messaggi. È tardissimo, ma non so bene per cosa; non ho ancora sonno, ma una gran fame. Tornoin zona PalaMandela. Appena dietro, rivedo il manifesto di 6 x 3 di Leo che pubblicizzal’evento e penso a una mattina di un mesetto prima, quando andando a lavoro avevo fattoil giro largo proprio per dare una sbirciatina alla foto di Leo prima di un’altra solita giornatadi lavoro. Il forno che vende paste dolci per appetiti chimici e inguaribili nottambuli è a duepassi da lì. Mi prendo un paio di brioche, così almeno una la mangio mentre torno a casae un’altra prima di andare a letto. Sono le 5 passate. Sento l’adrenalina che cala e il sonno che arriva. Percorro lo stessotratto di strada che mi riporta a casa dal PalaMandela. E ripenso a quando ho salutatoCorrado e Nicola e sono andato a casa: ci sono arrivato a 10 minuti alle 1, ho acceso ilcomputer e sono andato in camera, dove ho baciato Mari, la mia compagna, che dormiva,dicendole:- Leonard è campione d’Europa.Sono tornato in postazione, ho tirato fuori dalla sacca il blocco con gli appunti e hoiniziato. Avevo riempito tre pagine di roba, ma ora non ci capisco nulla: ho scritto in unaspecie di trance e l’unica cosa che riesco a leggere chiaramente è “vince ai punti ed è ilnuovo campione europeo dei pesi welter Leonard Bundu”. Il pezzo inizia così.

(Foto 8 Corrado Sacchi)

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Leonard Bundu vs Antonio Moscatiello1° difesa del titolo d’Europa pesi welter23 Marzo 2012 Palasport EIB Fiera Brescia

InizioLa trasferta di Brescia inizia sull’autostrada per Torino. Infatti, insieme al mio amicoCristiano, vado nel capoluogo piemontese per una gara di arrampicata: io a vedere, lui ascalare, entrambi per incontrare il nostro amico Luchino, talento dell’arrampicatanazionale.Con me ho il numero di telefono dell’addetto stampa della Boxe Loreni, tale Anna Sgarbi.La prima telefonata va a vuoto, Anna non risponde; nel frattempo ci fermiamo all’autogrill.Il telefono squilla nella sacca a tracolla mentre sto addentando un camogli. Delicatamentestringo il panino fra i denti e prendo il cellulare. Sul display appare: Boxe Loreni. Estraggoil camogli e parlo con Anna, ringraziandola per aver richiamato un numero sconosciuto. Latelefonata si chiude con un “mandami una mail per formalizzare” da parte di Anna.Segue un fitto scambio di mail: io ed Anna condividiamo la passione per il pugilato e per lecavolate. Lei, alle mie pressanti richieste su Hatton - il probabile sfidante europeo, chenon incontrerà mai Bundu - mi risponde:- Questo lo devi chiedere ai boxingnerds che viaggiano in rete.Lo scambio di mail si conclude con:- Ci vediamo sabato.- Facciamo venerdì - visto che quello è il giorno dell’incontro.- Eh sì, facciamo che sì.

Compagni di viaggio

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I miei compagni di viaggio sono Corrado il fotografo e Rico, dentista esperto di pugilatoche in un recente passato ha scritto di Bundu su "Nove da Firenze" e che a Brescia hafissato con Franco Ligas, suo vecchio amico.L’appuntamento è a casa di Rico, che sta più vicino all’imbocco dell’autostrada a nord;Corrado passa a prendermi vicino casa mia. A forza di mediare, lo anticipo di una buonamezz’ora. Ansia da Bundu.Ho dormito un’oretta e ho preparato la sacca con l’occorrente. Il computer lo lascio acasa: il direttore ha detto che il pezzo lo vuole in mattinata con calma, così posso evitaregli urti di vomito di Roma. Devo solo comprare le sigarette e ricaricare il cellulare, occorreessere previdenti quando si va in trasferta. Prima di chiudere la porta di casa, mando una mail al direttore di "Boxe Ring", rivista concui ora collaboro, per chiedergli cosa ne pensa del nuovo avversario di Leo. GianlucaBranco ha dato forfait per il riacutizzarsi di un vecchio infortunio, lasciando spazio aMoscatiello, che avrebbe dovuto combattere per il titolo italiano la settimana prima.Franco Cherchi, manager di tutti e due, ha deciso che Moscatiello era così pronto per iltitolo nazionale che poteva competere per quello continentale.Ho visto il record di Moscatiello: 12 vittorie, 9 prima del limite, è l’esatta fotocopia di tantipugili promettenti, che a inizio carriera combattono con collaudatori, pugili che servonoper fare esperienza, ma che molto difficilmente ti mettono in difficoltà.In palestra ho chiesto al Bonci, che senza sottovalutare nessun avversario mi ha detto:- Certo con Branco sarebbe stata più dura.Anche Alfredo, il direttore di "Boxe Ring", del quale avrei letto la risposta il giorno dopo,era sulla stessa lunghezza d’onda. Di sicuro tutti sappiamo che un avversario come Leonon lo ha mai incontrato.

Aspetto Corrado davanti a un negozio di fotografia. Ce l’ho un po’ con i fotografi: vengonolì a bordo ring con le loro macchine da migliaia di euro, fanno 500 scatti - e qualcuno verràpure bene - li scelgono e hanno finito il lavoro. Io ho una penna, un blocco, diventostrabico a prendere gli appunti guardando il match e poi devo tradurre il tutto in unarticolo. In realtà so che anche per loro - i fotografi - non è facile. Lotta senza esclusione di colpi per accaparrarsi le migliori postazioni sotto al ring, flash inpieno viso per disorientare l’avversario, obbiettivo nelle gengive e borsata in faccia. Unavolta conquistata la postazione, spiegamento di mezzi e apparati vari sul bordo ring, garaa chi ha l’obbiettivo più lungo, facce truci e compiaciute per almeno due ore di attesa. Nelmomento di maggior ressa vale tutto, anche il treppiedi scagliato sulla nuca del rivale.Il clacson di Corrado mi sveglia prima che io sogni di fare il fotografo. Meglio, perché illato economico me lo sconsiglia di brutto.

Il viaggioA casa di Rico facciamo con calma. In pratica ci mangiamo la mezz’ora guadagnata conla mediazione e addentiamo un altro quarto d’ora. Rico si dimostra un chiacchierone dacompetizione, il pugilato lo conosce dai tempi del marchese Queensberry. La passioneper la Noble Art l’ha presa dal babbo, proprio come me e anche come Corrado: di padre infiglio.Il discorso va sul match di Leonard, oggetto dell’articolo di Rico. Leonard incontrava ZoranCvek, ma subito la nostra concentrazione devia su Vigan Mustafa che in quella riunionesubì un terribile K.O. Rico ricorda quella serata da incubo che lo portò in ansiaall’ospedale, per sincerarsi della salute del ragazzo fiorentino, ragazzo che daquell’incontro non ha più combattuto. Corrado è l’unico ad avere le foto in sequenza deltremendo K.O. scattate in piedi impugnando la macchina con la mano destra lungo ilfianco - tecnica anni trenta. Dopo l’incontro è stato contattato via mail da Sofiane Sebihi, ilpugile che aveva inflitto il K.O. a Vigan, che si lamentava del fatto che nessuno dopo quel

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match voleva organizzargli un incontro. Consultando poi il sito Boxe rec ho appreso che Ilpugile svizzero ha ricombattuto, a distanza di 14 mesi.

Andiamo spediti e Brescia si avvicina. Bisogna imbroccare l’uscita giusta. È il momento dichiamare Anna.Anche Anna è in macchina, la comunicazione viene e va; non ho capito se bisogna uscirea est o ovest. Chiedo un po’ di silenzio ai compagni ciarlieri, ma è un invito a nozze a fareun chiasso pauroso. I punti cardinali si alternano: est, ovest, nord e sud. Chiedo scusa adAnna e lei mi risponde:- Un po’ di contegno, ricordati del tuo ruolo.Usciamo all’uscita giusta e in breve siamo nel punto giusto, l’entrata di un mercatopolivalente, ma non lo riconosciamo e così ci facciamo un giro intorno. Chiediamo etorniamo al punto di prima. Chiedo alla guardia giurata alla porta, conferma e la sbarra sialza.

Il Palazzetto di BresciaNel parcheggio facciamo le rituali telefonate del "tutto bene" a mogli, figli e compagne.Poco più in là è parcheggiato il pullman dei sostenitori di Moscatiello. Ho un piccolo motoda ultras e vorrei gridare un "Bundu Bomaye", ma non lo faccio, forse perché mi ricordodel ruolo.Siamo nei pressi dell’entrata del Palazzetto, o almeno così dovrebbe essere. VediamoLigas che aspetta qualcuno e gli chiediamo se ha visto Rico, lui risponde che Rico èdentro e che sta cercando Piccirillo.Incasso i pass e siamo dentro. Delusione: la sede del match è una specie di capannone,niente tribune, manco un accenno. Il ring è al centro, tutto intorno una distesa di sedie diplastica. Sembra di stare alla festa dell’Unità in un spazio dedicato all’intervento delpolitico di turno.Mi riprendo incontrando Anna Sgarbi, non la conosco ma non può essere che lei chemanda giù un birra con Paolo. Facciamo due chiacchiere e poi Anna mi fa fare un giro,chiedendo a Loreni dove ci possiamo mettere con i nostri pass. Tutto fatto. Accompagno Corrado a bordo ring, lui si piazza a un angolo neutro e mi dice:- Io mi fermo qui.- Hai fame?- Sì, ma…- Ho capito, te lo porto io.Non trovo Anna, la ritroverò a Udine.Al Bar vedo Pino, una vecchia conoscenza, che sta facendo la fila alla cassa mentre iosono in coda per essere servito. Riemergo con le mani occupate da panini e bibite, eanche gli occhi e i piedi sono impegnati a non far cadere nulla. Vedrò Pino dopo, penso.Consegno la cena a Corrado e cerco Rico. Lo vedo e mi siedo accanto a lui.La serata sta per cominciare. Rico tira fuori un’agendina e una penna. Gli piace prendereappunti. Io quando combatte Leo ho occhi solo per lui, ho fatto un’eccezione perMarceddu e Bracco. La verità è che seguire un’intera sessione di pugilato e scriverci su èuna vera fatica, a volte mi faccio 8, 9, anche 10 e più incontri di dilettanti in una serata conil mio blocco poggiato sulle ginocchia. Oggi mi va di lusso: posso seguire Leo e possoanche condividere quello che vedo con il mio vicino di sedia.

Il sottoclouDel sottoclou non ricordo molto, anche se era di ottimo livello: un pugile soprannominato“il principe del deserto”, un bel derby fra italiani - Pasqua e Lazzeri - finito in parità e ilmatch di Fiordigiglio con Cattin. Li seguo con interesse, ma senza l’assillo della cronaca atutti i costi, anzi ogni tanto mi alzo per farmi un giro.Quando salgono sul ring i supermassimi Matteo Modugno e Adnan Buharalija, mi alzodalla sedia per farci ritorno a cose fatte. Ho la sensazione che il ring possa sprofondare

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sotto il peso dei due, portandosi dietro il capannone e mezza autostrada. La gente guardai pesi massimi soprattutto per le altissime percentuali da K.O. che la categoria offre e pervedere muscoli da superuomini. Per me il pugilato, anche quello dei pesi massimi, èun’altra cosa. Leo è in programma dopo questo incontro.Nel mio girovagare becco il Bonci e anche a lui dico il mio pensiero sul match insvolgimento. Lui sorride, ma non capisco se la pensa come me o no. Piuttosto mi dice:- Hai visto il match fra Lazzeri e Pasqua?- Non tutto, ma mi pareva che avesse vinto Pasqua, almeno per me.- Pasqua è stato avversario di Francesco.Francesco Brasca, ottimo 1° serie dell’Accademia, nonché figlio del presidente dellafederazione italiana pugilato, Alberto Brasca. Il Bonci ricorda tutti i pugili, anche quelli piùpiccoli.I massimi vanno a fare la doccia, ci siamo.

Il Leone feritoPer l’incontro di Leo ho in serbo una sorpresa, infatti per la prima volta in vita mia hoportato fuori casa la Montblanc. È stata la stessa persona che mi ha spinto a scrivere eche poi mi ha regalato la penna, a dirmi:- Portatela dietro, facci solo attenzione.Lo sfidante è già sul ring. Nel suo clan hanno tutti la fascetta in testa con scritto “Big”, unpo' alla Chavez Junior, il soprannome del pugile. Nel suo angolo c’è anche Fragomeni,che è suo zio. L’indomani mattina, controllando in rete l’indicizzazione del mio articolo,troverò un pezzo che recita più o meno così: "Moscatiello per ora si deve accontentare diessere famoso grazie alla sua parentela con lo zio". Io non lo avrei scritto.Quando Leo arriva di corsa dagli spogliatoi, mi alzo come una molla, vado a vedere il suopassaggio e gli grido:- GRANDE LEO!Lui agita il pugno e continua la sua corsa, sempre guardando davanti a sé.Anche sul ring sarà inarrestabile, si capisce fin dalle prime riprese, non concedendo maila misura per mettere i colpi a Moscatiello, che senza quella diventa un pugile pocopericoloso e che deve badare più che altro a difendersi dal ritmo del Campione. Lapreoccupazione all’angolo del Bonci è “non te lo far venir vicino con la testa”.Nella 3° ripresa arriva per Leo la temuta ferita che rimescola un po’ le carte. Lascio ilblocco e raggiungo l’angolo del Campione praticamente insieme a lui, con la Montblancstretta nel pugno; mi accoccolo vicino ad un traliccio della struttura delle luci e osservo.

(Foto 9 ©MONICACALEFFI)

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La ferita è alla fronte: meglio che al sopracciglio, molto meglio che alla palpebra. Ma èsempre una ferita alla 3° ripresa, e con i trascorsi di Leo…Il match finisce alla 5°, Leo colpisce forte il fegato di Moscatiello,

(Foto 10 ©MONICACALEFFI)

che ormai bada a coprirsi la faccia, e lo piega in due.

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(Foto 11 Corrado Sacchi)

Quell’azione, più volte chiamata dall’angolo fin dalle prime riprese, visto che l’avversariolasciava scoperta quella zona, l’ho vista provare in palestra e così commentata dal Bonci:- Bene così, lì c’è il fegato.Il montante al corpo è un colpo del repertorio del Campione, infatti - come mi raccontònell’ultima intervista - Leo sa di essere non troppo preciso al volto, mentre sotto, la suaazione è migliore e migliorata grazie al lavoro di forza ed esplosività a cui si sottoponenella prima fase di preparazione atletica, giù a Cisterna, con il Maestro Giuseppe Ardagnadella Body Evolution.È il momento del verdetto e dell’omaggio che Leo viene a riscuotere dal gruppo difiorentini, all’ennesimo "Bundu Bomaye". Vedo Pino e ci stringiamo in un abbraccio che sadi vittoria, di vecchi e nuovi tempi.

(Foto 12 ©MONICACALEFFI)

Il cercatore dell’ovvioIl capannone si sta svuotando, mentre io sono alla ricerca di spunti e conferme, o diqualsiasi cosa mi serva per battere il pezzo.

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Sbatto contro Corrado che come un corazziere è rimasto fedele al suo angolo neutro. Miinvita a vedere i suoi scatti, che mostrano, secondo lui, che Moscatiello non si è volutorialzare, come fosse ormai consapevole che prima o poi la sconfitta sarebbe arrivata.Spiego a Corrado quanto faccia male un cazzotto al fegato e il suo effetto ritardatosull’atterramento del pugile. Ma non lo convinco, e mentre lui ripone l’attrezzatura cercoqualcuno per fare due chiacchiere.C’è Ligas che a microfono spento sta chiacchierando amabilmente con chi ne ha voglia etorna sulle parole di Salvatore Cherchi, il manager di Moscatiello, che all’angolo alla 4°ripresa diceva: “Lui inizia a calare, sta calando”. Passa di lì Fiordigiglio e dice qualcosa come: "Mi hanno detto che ha parlato bene di me."Ligas risponde, precisando: “Dico quello che vedo”. Fiordigiglio se ne va. Ligas, che secondo me ha solo voluto prendere le giuste distanze fra pugile e giornalista,continua con noi su Fiordigiglio:- Un bel pugile. Oggi, dopo aver messo al tappeto l’avversario, si è irrigidito troppo, volevafinire subito.Mi sposto ancora, non ho pace. C’è il Bonci che sta chiacchierando a pochi metri da me eappena lo vedo libero mi avvicino, ho una domanda in testa: ma Moscatiello eraall’altezza di questo titolo continentale?La pongo al Bonci sotto un’altra forma e lui, dando sfogo a qualcosa che aveva dentro,risponde:- Insomma, Leo è di un’altra categoria.Incasso il diretto del Maestro e non cerco più nulla. Salvatore Cherchi è lì, sullo sfondo, con la sua parlata e la sua sigaretta. Moscatiello dopo il match con Leo, farà il suo rientro sul ring contro il lettone Sakara,risultando un pugile svuotato, con poco ritmo e poca aggressività. In seguito il pugilelombardo combatterà per il titolo nazionale finendo per perdere anche questa sfida. A conti fatti, che senso ha dare una chance europea a un pugile che in quel momento è dilivello nazionale?

Che si fa?Recupero Rico che è ancora a sedere al suo posto, che compagni tradizionalisti;becchiamo Corrado e ci avviamo alla macchina."Che si fa?" è la domanda. Mangiamo qualcosa o andiamo ad accompagnare Ricoall’albergo - ha deciso di dormire a Brescia - e poi io e Corrado proseguiamo per Firenze?Mangiamo, mangiamo.Troviamo il primo locale aperto e fermiamo la macchina, poi ci aggiriamo 30 secondi apiedi nei dintorni per vedere se è proprio aperto aperto. Entriamo. Il pizzaiolo ci guarda malissimo, ma una signora del sud impiantata nelprofondo nord ci sorride uscendo dalla cucina. Possiamo scegliere fra mangiare una pizzao un primo. Indovinate.Pasta fatta in casa, perché fa prima a cuocere, condita con frutti di mare. C’è anche postoper un po’ di vino bianco. Rico non si fa mancare nulla, anche perché non serve il tassoalcolico legale per dormire in albergo, ma di sicuro ti chiedono i documenti.È il momento di pagare e, se ci fosse i’ Foffy, direbbe:- Hai fatto la sceriffata, è in arrivo la siringata.Il conto arriva ed è più che accettabile, mi pare un ventino a testa, che al netto dell’ora,del lavoro e di quello che abbiamo mangiato va benissimo.Rico vuole fumare una sigaretta buona, io ho solo roba light, ma mi sa che vuole una bellalucky strike senza light e io quelle non le ho. Corrado si fa i cicchini con il tabacco. Cosìche non mi rimane che offrirgli un camel blu e accompagnarlo a nanna.Lo lasciamo in hotel e via verso casa. Siamo riusciti a far tardi anche stavolta, ed èsempre bello rubare ore alle giornate. Viene meglio scrivere nelle ore rubate. Curiosocome poi la gente legga per addormentarsi.Mi squilla il cellulare, e chi cavolo è a quest’ora della notte?

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È il direttore Nicola Novelli che vuole sapere della serata. Gli racconto un po’ di tutto e anche del capannone, ecco perché la parola è citata nel mioarticolo.Imbocchiamo l’autostrada, ma sarebbe meglio dire che l’autostrada imbocca noi. Corrado mette la musica per non addormentarsi, mi guarda mentre sbadiglio e glirispondo:- Tranquillo, se mi dà noia ti chiedo di spengerla. Tranquillo, anche se non guido reggobene, nel caso prima di ronfare ti avverto.Ci fermiamo a un autogrill in località sconosciuta, ma non si capisce un tubo da dovebisogna passare e ci ritroviamo a vedere delle vetrine alle due di notte. Svoltiamo per unarampa e giriamo per un tornello, fino a che non vediamo un tizio con un cappello rossoche per prendere due caffè ci chiede se vogliamo aggiungerci una spremuta o almeno unbiglietto della lotteria. Beviamo i caffè e resistiamo a tentare la fortuna. C’è ancora un po’ di strada da fare e per star svegli parliamo di donne; cavolo, con quellesì che resti sveglio. A parlarne, a pensarle, a ricordare di averle amate. Insomma, siamo svegli come grilli quando siamo davanti a casa mia e ci fumiamo l’ultimasigaretta. Saluto e mi avvio a scrivere qualcosa, se non scrivo non dormo, poi per addormentarmimagari leggo.

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Leonard Bundu vs Stefano Castellucci2° difesa del titolo d’Europa pesi welter14 Luglio 2012 PalaCarnera Udine

Sono nei guai, guai seri. Non solo ho a tutti che sarei andato a Udine, l’ho anche scritto. L’articolo su "Nove da Firenze" parla chiaro: “Noi che andiamo a Udine”. Eppure, con Corrado in vacanza, Rico alle prese con un infortunio domestico dellasuocera, Monica impegnata al lavoro, non mi restava che cercare affannosamente untreno su trenitalia.it o riscrivere un pezzo dal titolo “Io che rimango a casa”.Le frecce di Trenitalia sono sia rosse sia d’argento, ma costano lo stesso oro; possotagliare il pernottamento a Udine e tornare con il treno delle 4 di notte. L’idea divagabondare per Udine a quell’ora non mi dispiace affatto, l’ora degli sbirri e dei ladri,detta alla Bunker; ma anche l’ora di chi aveva visto il 4° match europeo di Leonard. È una soluzione. Com’è una soluzione telefonare alla sorella di Leonard, Antonella. L’avevo vista a Roma per Petrucci - Bundu e c’eravamo scambiati qualche sms perconcretizzare l’intervista con il fratello; lei aveva più volte gradito i miei articoli. L’avevoincrociata anche su Facebook. E dai, Massimo, che aspetti, telefona. La telefonata parte dal Galluzzo durante una serata di pugilato. Antonella mi risponde cheavrebbe avvertito il suo compagno di viaggio, ma che secondo lei non c’erano problemi;comunque mi avrebbe fatto sapere.

L’appuntamento è a Porta Romana, alla gelateria. Sono in scooter, mi lascio la gelateriasulla destra e sul marciapiede vedo Pino. Rallento, lui mi guarda e accenna un “vieni connoi”. Il mio casco va su e giù, in segno di un meraviglioso Sì.In macchina, sul sedile posteriore accanto a me c’è Michele, il figlio di Pino; Antonelladavanti, lato passeggero; Pino pilota. Sul vano del cambio due libri sul Buddismo. Ho unavoglia matta di chiedere a Pino: “Sono tuoi i libri?”, ma ancora non lo faccio. La prima cosa che faccio è avvertire l’amico Foffy con sms che sono in macchina conPino. La risposta è pronta: “Grande Pino, macchina di cattivi e recidivi”.La domanda sul Buddismo arriva un po’ dopo. Pino risponde di sì: da diversi anni praticala religione orientale.

Conosco Pino da una vita, alle medie andavamo a scuola insieme, anche se non nellastessa sezione. Pino a quei tempi era Pinuccio. Lui ha sempre avuto uno di quegli sguardi che ti bucano da parte a parte, roba da fartremare i polsi e qualcos’altro. A scuola era vietato guardarlo; se lo facevi, correvi il rischioche lui ti dicesse la frase che andava di moda in quegli anni: “Che cazzo guardi?”, e alloraerano fatti tuoi. Una mattina, durante la ricreazione, credo durante la coda per il panino, un miocompagno di classe, ignaro di avere Pino alle spalle, sentendosi toccare disse secco: “Lamaiala di to’ ma’”. La campanella e l’arrivo del preside salvarono il mio compagno, per il momento,condannandolo però a tre ore di agonia, quelle che lo separavano dall’uscita di scuola edalla resa dei conti.Paolone, così si chiamava l’amico, non era mai stato un fulmine di guerra nella corsa, maal suono della campanella quel giorno corse come dai blocchi delle Olimpiadi, facendo i400 metri rincorsi più veloci della storia, quelli cioè che lo condussero sano e salvo, per ilmomento, al negozio di alimentari posto a metà strada da casa sua. Pinuccio giunse pocodopo, deciso ad aspettarlo fuori, e anche noi eravamo lì, decisi a non perderci la scena.

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Paolone si trovava in una prigione dorata e si stava ingozzando con pane e salame,quando Pinuccio si stufò di aspettare e andò dentro. Il destro di Pinuccio lo centrò in pienafaccia, mandando lui e il panino al salame distesi sul pavimento.

L'estate del 2012 è la più calda da cent'anni a questa parte e la Multipla di Pino, con l’ariacondizionata al massimo, annaspa sul tratto Appenninico, mentre Antonella non fa chericordarglielo. Il viaggio è ancora lungo, si prova con un po’ di musica. La radio è sintonizzata su frequenza 105. Michele si agita sentendo la trasmissione, iofaccio una smorfia memore di un altro viaggio passato in compagnia dello zoo di 105,trasmissione dell’omonima radio che faceva impazzire gli altri occupanti della macchina,mentre a me faceva schifo. Finalmente si cambia musica. Nel porta cd Antonella pesca i Doors e la voce di JimMorrison riempie la macchina.Dopo un po’ che la musica suona, dico:- Che band i Doors, io non avevo mai sentito niente del genere, la prima volta è statacome quando ho assaggiato i funghi fritti, ma questa che roba è? Non farò mai più ameno di questo nella vita. Ricordo il lato due della musicassetta di “Strange days”,attaccava con People are strange e My eyes have seen you, la fine del primo pezzo el’inizio del secondo erano una sintesi che mi metteva i brividi. Il nastro TDK era bianco inquel punto.Pino risponde:- Io ci sono cresciuto con questa musica.Mi faccio passare la custodia del cd vuota, scorro la lista delle canzoni, guardo nel vuotoper un attimo, poi prendo il telefono e scatto una foto alla copertina.Il tratto appenninico è finito, abbiamo davanti strada sgombra e in pianura. Michele cerca di far funzionare il satellitare, ma il tom tom si ostina a riportare la solitafrase: “Proseguire per Udine”. D’altronde non fa una piega. A turno ci scambiamo ilprezioso aggeggio, ma non ne caviamo niente di buono. È sicuramente rotto, altrimenti inquattro non potemmo non farlo funzionare. Antonella si affida all’Iphone e dirige la macchina ad Udine, mentre Jim Morrison cantaancora.Le istruzioni della proprietaria del Bed & Breakfast sono precise e perentorie:- Telecomando cancello, chiave portone, la luce si accende automaticamente, chiavi dellecamere.Prendiamo in consegna le rispettive chiavi, mentre lei continua:- La colazione è pronta dalle 7.30 alle 9.00, lasciate un biglietto sopra la credenza conl’ora in cui intendete fare colazione. Facciamo di sì con la testa, io pregusto il momento in cui Pino le rifarà il verso. Appena iltempo di salire in macchina.Siamo nel parcheggio del PalaCarnera, sede dell’incontro. A giudicare dal numero dellemacchine siamo i primi. A pochi passi da noi c’è il superwelter Orlando Fiordigiglio, chesarà impegnato nel sottoclou. Inizia a far freddo. Io indosso i pantaloni di jeans a pinocchietto, gli stessi che indossavo aRoma, e una t-shirt. Antonella chiama Leonard sul cellulare, io vado a prendere gli accrediti stampa, ancoranon ci sono abituato. Mi riunisco alla comitiva con il cartellino press che mi spunta dalpetto. Dopo qualche minuto il campione europeo dei pesi welter appare nel parcheggioaccompagnato dalla moglie Giuliana e dai figli, Andrè e Frida. Leonard tiene sulle spalle lasolita borsa di quando fa il pezzetto di strada che dal Viale Malta porta al PalaMandela,sede dell’Accademia Pugilistica Fiorentina. Leonard, soprattutto dopo l’allenamento, ha il passo strascicato. La prima volta che l’hointervistato l’ho notato quando siamo andati a prendere l’acqua e ho pensato: se non

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l’avessi visto poco prima fare 6 riprese di guanti con Fiordigiglio, non avrei mai sospettatoche quest’uomo fosse capace di certe cose. All’ingresso del PalaCarnera, il Campione dice, con il sorriso sulle labbra:- Fatemi entrare, altrimenti non si comincia. Questo - indicando noi - è il mio staff.Facciamo le scalette tutti insieme, incontriamo la statua di Primo Carnera e poi vediamo ilring. Io osservo Leonard per vedere se a poche ore dal match dalla sua faccia traspare latensione. Non ne vedo alcuna, Leonard non accusa la pressione del match, rimanetranquillo fino a quando non è il momento di concentrarsi. Come dice il Bonci, è una dellaqualità del Campione che non s'insegna e che gli permette di combattere, dovunque sia,nelle condizioni migliori. La famiglia scende gli scalini e si dirige negli spogliatoi. E, se i bimbi avessero in mano ungelato e Leo non tenesse la borsa, sembrerebbe che fossero tutti lì per assistere almatch. Poi vanno nello spogliatoio fino al momento dei baci.

(foto 13 Michela Comisso)

Noi prendiamo posto, ce n’è tanto, e incontriamo altri fiorentini: i' Giano, che allapresentazione di Leo tiene le insegne del Campione - la cintura di campione europeo -; i’Cece, che anche lui accompagna Leo sul ring; Luca, il promettente Junior dell’Accademia,e altri fiorentini.

Aspettando Leonard BunduDifficile dire chi abbia deluso di più, fra gli spettatori presenti - alcune centinaia - e gliincontri di sottoclou. Fatto sta che il tempo passa, fra una bibita, niente birra per me (ilpugilato è già difficile da inquadrare da sobri), un panino e una battuta. L’eroe del sottoclou per i fiorentini è Sandor Balogh, che a dispetto dei suoi 20 - 25 chili disovrappeso si fa rispettare dal fisicato con l’acconciatura alla moda - cresta rossa - FabioTuiach, al rientro sul ring. Balogh è uno di quei collaudatori esperti cui non piace rubare la borsa, a casa gli bastariportare la pancia, già gonfia, e non la faccia. Balogh si copre bene, discreto movimentodi cintura, incassa poco, insomma fa il suo match e lo fa fare al suo avversario e ognitanto gli ricorda con qualche colpo più forte: “Fai pure il tuo match, uomo, ma ci sonoanch’io”. Per questo i fiorentini gridano: GRANDE SANDOR, GRANDE CICCIOPASTICCIO, METTICELO GIÙ.

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Io che sono della stampa non partecipo alla Sandormania e vedo l'incontro accanto adAldo Sassoli, il mentore di Fiordigiglio. Quello successivo è il match del suo pupillo. Cosìche posso riportarvi il suo pensiero sull’incontro del mitico Sandor: "Questi sono i matchutili al rientro, rifai il colpo d’occhio, l’abitudine al match, perdi un po’ di peso”.Alla fine del match, Tuiach non farà misteri sulla sua fede in Dio e sul fatto che gli abbiaridato la speranza per combattere ancora, per crederci insomma. Fin qui, non fa unapiega; ma quando dice: “Penso che Dio vuole che picchi ancora tanta gente” a mio parerescade e di parecchio, e Sandor, anche per me, diventa sempre più grande.Devo dire che le parole di Tuiach mi sono state riportate con dovizia di particolari daglialtri; io, per scriverle in maniera fedele oggi, mi sono rivisto le immagini e l’audio suyoutube. Infatti nel frattempo ero andato fuori a fumare una sigaretta e a telefonare albabbo, per sincerarmi che si fosse sintonizzato correttamente su sportitalia, canale chetrasmetteva il match.

Bundu vs CastellucciAl rientro, Bundu è alle porte e io mi siedo al mio posto. Davanti a me c’è Giuliana, lamoglie di Leonard, che inizia a dondolare sulla sedia nervosamente; anche i bimbi sonoirrequieti e lei li riprende con accento campano: “State calmi, la mamma sta nervosa”. Io scatto dalla sedia, Castellucci è già sul ring, vado nello spogliatoio di Leonard, vedo gliultimi colpi di riscaldamento del Campione,

(foto 14 Michela Comisso)

imbraccio la macchina fotografica e scatto, fino a che Leonard non è sul quadrato.

Bundu bomayeRiprendo il mio posto. Giuliana inizia a gridare, accanto a me Pino ed i fiorentini sono inpiedi e intonano BUNDU BOMAYE. Il match ha inizio, non ho mai visto Leonard così deciso ad essere Bundu bomaye. Il Bonci alla fine del match mi ha detto: “Lo voleva mettere via subito”. E infatti Leonardinizia a braccare Castellucci, che inizia a pedalare all’indietro. Già nel primo round Leo pizzica con il montante l’avversario al corpo, che non gradisce emette il gomitino a protezione del fegato. All’angolo del campione, il Bonci e Paolo gliraccomandano di non saltare per avvicinarsi all’avversario e di accorciare a piccoli passi.Leo riparte alla carica e nel secondo round, dopo una combinazione fulminea, di quellecome se ne vedono poche, montante sotto gancio sopra, piega le ginocchia all’avversario.

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L'arbitro conta Castellucci, mentre i fiorentini impazziscono e gridano ancora BUNDUBOMAYE. Castellucci si rimette in piedi, ma la sua azione è scomposta e spesso abbassa la testa,così che Giuliana grida: “Sta testa Castellu”, Pino esordisce: “Vaìa, co' sta testa misembra una coppa Uefa”. E ancora: “Co' sta testa del cazzo”, fino a che non finisce perprendersi con il Maestro di Castellucci. I round sono tutti uguali: Leo domina, Castellucci fa quello che può. Alla 5°, il match finisce; due testate, giudicate involontarie, aprono la fronte e la palpebradi Leonard, l’incontro è sospeso dal medico, si va al conteggio dei cartellini.Castellucci si sporge dalle corde e grida a Giuliana, allargando le braccia: “Signo’, midispiace, non l'ho fatto apposta”. Io sono sotto al ring, vedo la scena e in quel momento sono un tifoso di Castellucci, unragazzo che, come dice il Maestro Vignoli, fa il muratore fino alle 5 del pomeriggio e poiva in palestra. Un pugile che ha lottato con coraggio e per quanto poteva con unCampione come Leo, e che, a detta di quest’ultimo, nelle poche volte che è stato colpito,faceva male.Leo alza le braccia, la sua vittoria è pura matematica, i giudici gli hanno assegnato tutte leriprese con un punto di vantaggio, tranne la seconda - quella del conteggio - in cui i puntisono due. Ora siamo tutti sotto al ring, io sono dalla parte opposta delle telecamere, DarioTorromeo sta intervistando Leonard. Gli addetti al ring mi spingono perché non si vede lapubblicità che ho dietro le spalle; guadagno un punto più tranquillo, ma la pubblicità e lespinte mi seguono. La verità è che, nell’immediato dopo match di Leonard, non so quello che faccio. Latensione è stata tanta, così come lo sforzo di essere concentrato, che poi mi ritrovosvuotato, ma ancora eccitato. Prima del match lo stavo spiegando a Paolo; lì vicino c’eraanche Lauri, che mi ha detto:- Neanche fossi te a dover combattere.Gli ho risposto con un sorriso.

Dopo matchLeo è negli spogliatoi, io sono a fumare con Anna; quando abbiamo finito, le luci nelpalazzetto sono accese a giorno ed è come voltare una pagina e passare a un altroracconto. Gli addetti iniziano a smontare. Sono lieto che oggi non tocchi a me, gli amici del CentroSport da Combattimento di Firenze possono capire. Torniamo negli spogliatoi. Leo è sotto la doccia, la cintura di campione europeo dei pesiwelter è sul lettino insieme ad alcune lattine di birra, le ha portate un tipo che nonconosco. Presto la cintura sarà preda di Antonella e di tutti noi per le foto. Nella stanza ci sono anche Pino, Michele e il tipo che distribuisce birra. Arriva un uomo che cerca Leo, poi si guarda in giro e dice:- Non potete stare tutti qui.Pino gli risponde:- Ma te chi tu sei? E che cazzo vuoi?- Sono il medico dell’antidoping.- Uhm, Leo è sotto la doccia, vuoi una birra?- Volentieri.Leo ora si sta cambiando. Anche Frida vuol sapere chi era quell’uomo, l’uomodell’antidoping. Leo mentre si allaccia la scarpa spiega alla sua bambina che quel signorevuol sapere se il babbo ha preso la medicina di superman, ma il babbo non l’ha presa edè tutto a posto.Anche Leo beve la sua lattina di birra: dopo il match il campione si disidrata quasicompletamente, la birra gli fa fare pipì, ormai è un rito. Al Foro Italico anche Petrucci havoluto la sua birra, a Paolo il compito di accontentare i due pugili.

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Il palazzetto ormai è vuoto, vuoto del tutto. Siamo a sedere accanto al busto di PrimoCarnera, aspettando che i due pugili facciano la pipì, mentre Pino si chiarisce con ilMaestro di Castellucci, spiegando che non c’era cattiveria nelle sue parole, solosentimento. Nel Viaggio di ritorno, Pino ben giustificherà quel sentimento esagerato ad Antonella:- Una ferita può compromettere il match, e a questo punto della carriera tuo fratello nonpuò permettersi di compromettere nulla.I due pugili non riescono proprio a riempire le provette. È tardi, ma non so esattamente bene che ora sia. Decidiamo di andare a mangiare unboccone e di sentirci dopo. Probabilmente Leo dovrà andare a ricucirsi, ma nessunproblema. Per Giuliana e i bimbi non è la prima volta che vanno all’ospedale dopo unmatch, a Roma con quel bozzo ci fecero mattina. Il fatto strano è che nessunodell’organizzazione si curò di accompagnarli per controllare che il bozzo fosse comunquesotto controllo.Prendiamo la macchina e andiamo al ristorante. Perdiamo Anna e acquistiamo Michela,appena la vedo iniziamo a prenderla in giro, io in maniera particolare. Ci sediamo dietro.Ormai siamo in mano alle donne che ci guideranno letteralmente, prendendo ordinidall’Iphone di Antonella, per tutta la serata. A noi sta bene la situazione ci sentiamo comeragazzini Fuori dal ristorante ci sono i' Bonci e i' Vignoli che chiacchierano in piedi; poco lontano daloro un tipo rivolge la mitica domanda al Bonci:- Ce la fa Leonard a fare il mondiale?Il Bonci increspa le labbra e dice:- Mah.- Come mai rispondete tutti mah?- Il fatto è che in America non interessa un uomo di 38 anni.Mi ci è voluto un po’ di tempo per riportare quella frase in un articolo, non ne avevo voglia.L’occasione me l’ha data la rinuncia di Zaveck a sfidare Leonard. L’articolo è “La rinunciadi Zaveck allontana il sogno mondiale di Bundu”, su "Nove da Firenze".Mentre noi continuiamo a chiacchierare, le donne efficientissime sono all’interno delristorante per procacciarci una cena fuori orario; dentro ci sono anche il promoter di Leo,Loreni, i membri del suo staff e l’arbitro dell’incontro, Massimo Barrovecchio. Barrovecchio è un grande arbitro, spesso si vede negli incontri dei Klitschko e neimondiali WBC in genere; l’ho visto nel pubblico ad Arezzo per Nicchi vs Salvemini. Avreivoluto stringergli la mano, cosa che non mi verrebbe in mente di fare a Collina. Questa è una delle differenze fra Boxe e calcio.

CenaMi squilla il cellulare: è Antonella che ci avverte che la cena è pronta. La cameriera cifulmina con gli occhi tutte le volte che si avvicina al tavolo. Ha ragione: è tardissimo.Mangiamo un primo condito con del sugo verde, probabilmente rucola, affettati eformaggi, gli altri bevono acqua e vino, io prendo una birra.

Dopo cenaSiamo di nuovo fuori a intrattenerci con il Bonci e il Vignoli; con noi c’è anche il tipo dellabirra e un altro che non conosco. Il Bonci racconta di Pino, di quando andarono a tirare,non mi ricordo dove, e prima di salire sul ring Pino disse:- Un mi capiterà mica un mancino.- Ma va', sarebbe un caso.Allora i pugili combattevano tutti nella loro guardia e i mancini puri erano rari come ora.Successe il caso, e il Bonci recuperò la situazione ordinando:- Gira all’incontrario - ovvero dalla parte opposta del mancino dell’avversario - e tira tutti idestri.

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Pino parla ancora di un suo incontro. Stava vincendo alla grande, quando prende undestro alla tempia, e va giù. Si rialza dopo il conteggio dell’arbitro e dice:- Sto bene, sto bene.- Anch’io, out - aggiunge l’arbitro.Pino racconta ancora, alzandosi e mimando il passo del pugile scosso e aggiungendo:- Parevo Pippo, quello di Topolino, mentre tornavo all’angolo.Si parla anche di me, e il Bonci dice:- Su di lui ci avevo fatto un pensierino...Pino riprende:- Non ha avuto le palle.- Non è vero - ribatte il Bonci.- Non è vero - faccio io.Già, non è vero. Manco per un secondo, ricordando la stanza del mezzo incubo in cui hodormito alcune notti nel 1987.

La stanza del mezzo incuboIl pugilato mi è entrato dentro. È vero, ci è voluto un bel po’, pensando ai tempi di undiciassettenne che viaggia con benzina e accendino sempre pronti; ma ora lo sentodentro. Il Bonci ha smesso di incavolarsi con me. Una volta mi ha fermato durante una sessione di guanti e levandomi i guantoni ha detto:“Non si può fare il pugilato con il peso del corpo in avanti”. Un’altra volta mi ha legato ilbraccio destro con una corda perché colpendo il sacco con il sinistro mi scoprivosollevando il gomito destro, e anche se era più per scherzo che per altro, era sempre unmodo di riprendermi. Ora, invece, mi dice cose come “sei migliorato”,” se avessi un destro come il tuo lo tirereisempre” e me lo dice tutte le volte che mi vede in palestra, cioè almeno quattro, cinquevolte la settimana.Il sabato vado a correre e quando vedo uno specchio faccio il pugilato a vuoto.Nell’ingresso a vetri del portone dei miei genitori ho boxato più round che un incontroeuropeo. La Boxe mi ha asciugato e anche se ho passato di diversi centimetri il metro e65 di Ray Boom Boom Mancini - il mio pugile preferito - ormai sono del suo peso, sono unsuperleggero, 63.5 kg, e vorrei che questo titolo venisse prima del mio stesso nome: "ilsuperleggero Massimo Capitani". Ho caratteristiche da tecnico, gambe poco divaricate e senso del tempo; a differenza diBoom Boom non sono un attaccante, ma più un incontrista. Spesso faccio i guanti conragazzi che devono esordire come me il prossimo anno, il 1988. Altre volte con ragazzipiù esperti.Spesso ci scambiamo belle mazzate con Renato, Renato Recinos: lui passa il temposotto la corda di guida imparando a muovere il corpo per schivare i colpi dell’avversarioper poi lanciare i suoi tremendi ganci. Il classico picchiatore. Un giorno è passato duevolte sotto il mio destro scagliando il suo gancio sinistro e il Bonci alla seconda legnatadecretò lo stop, quello che faceva sempre quando i guanti diventavano troppo pesi.

È questo quello che sogno, anzi sognavo, nella mia camera. Poi ho iniziato ad avere le vertigini, il letto ha cominciato a prendere il volo. Succede tuttele volte che chiudo gli occhi, tutte le volte che faccio i guanti in palestra. La prima volta che succede piango dallo spavento, cerco di pensare alla “stanza delmezzo sogno” di Mohamed Alì, quella che il più grande descrive nel suo libro quandoparla della strana dimensione in cui ti spinge un pugno che ti manda sull’orlo del K.O. Èuno stato che devi imparare a riconoscere e ad assecondare, se non vuoi farti abbattereda un altro colpo che ti manderebbe a nanna definitivamente.

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Ma non funziona, non funziona manco per un secondo. Per il momento non dico nulla acasa, in palestra inizio a trovare scuse come “mi fa male una mano”. La volta in cui nonho più scuse, sul ring sono nervoso, in tensione; il Bonci se ne accorge e me lo dice. È come tornare indietro, indietro di parecchio, quando non mi sentivo un superleggero,proprio come adesso.Alla fine ho trovato il coraggio e ho vuotato il sacco. Il babbo è andato a parlare con il Bonci e ho fatto gli esami vestibolari. Ti stendono su unlettino e ti mettono un liquido dentro le orecchie, ti gira tutto, sembra perfino peggio diessere nella stanza del mezzo incubo dove fino ad ieri sognavi di essere un pugile e ora tivergogni di essere un ragazzo. Gli esami li portiamo a far vedere al dottore della struttura sanitaria. Ricordo che siamostati in Viale Matteotti e ricordo perfino il nome del dottore, Accrocca. Lui dice che si èalterato il mio senso dell’equilibrio e che il pugilato è pericoloso. Continuo ad andare in palestra. Il Bonci e il babbo parlano ancora e alla fine si decide diandare con gli esami in mano dal dottore della Federazione di Pugilato. Non ricordo il suonome, ricordo che faceva ambulatorio dalle parti di via Bronzino. Ora siamo nella suastanza, io il babbo e il Bonci; lui ha gli occhi sul risultato delle analisi, il dottore parte dallafirma del medico che ha valutato gli esami:- Accrocca, è un buon nome - ci pensa un attimo, poi continua - nel caso in cui il ragazzoprendesse un cazzotto forte, un cazzotto fuori dal normale per intendersi, potrebbediventare sordo o perdere l’equilibrio. Se volete, possiamo fargli fare la visita a cui tutti ipugili si sottopongono prima di passare professionisti.La mattina dopo getto la spugna: sono out e sarò fuori dal pugilato per tanto tempo.

Rientrarci dal bordo ring, con la penna stretta in mano e il cuore che batte per la Boxe e laScrittura, sarà un successo. E anche se adesso non sono più un superleggero, non importa, ora finalmente nonimporta più.

Il sesso forteÈ deciso: andiamo via, Michela è già in macchina e Antonella minaccia di lasciarci lì.Saliamo in macchina e lei parte. Antonella dice:- Il conto l’ha pagato... - segue il nome, ma non lo capisco, capisco solo che è il tipo dellebirre.Ho la lucidità di ringraziare, prima che in macchina scatti la rissa, infatti dietro si scatenaun "tutti contro Michele", che è ripetutamente colpito con carezze amichevoli. A dire il vero non sono ubriaco, ubriaco vero: la birra ha sciolto la tensione del match,lasciandomi una bella eccitazione, e di dormire non ne ho propria voglia.Antonella è stanca e furibonda, il giorno dopo mi dirà:- Ti avevo conosciuto per un bravo ragazzo, prima della trasformazione dott. Jekyll/mr.Hide. Sono onorato di questo paragone: amo Stevenson, lui doveva fare l’ingegnere, come tuttinella sua famiglia, ma il suo fisico malaticcio non glielo consentiva. Costretto per lunghiperiodi a letto, non gli restava che far viaggiare la fantasia, e più tardi l’avrebbe fermata suun foglio di carta. Lui è uno di quegli scrittori che ti fa venire voglia di provare a Scrivere,un po’ come Hendrix, Maradona e Leo. Dopo aver letto “Il ladro di cadaveri” dello scrittorescozzese, scrissi il mio primo racconto noir.Il primo a scendere dalla macchina è Guido, così si chiama il tipo delle birre, che è ancheil suocero di Leonard, lo so perché appena ripartiamo lo chiedo. Alla fermata successiva scendono le ragazze, che dormiranno nello stesso appartamento;ci fanno mille raccomandazioni, e un ultimatum: “spengiamo il cellullare”; ma forse è unpenultimatum. Il nostro Bed & Breakfast dista un paio di chilometri, ma sbagliare alle 3 delmattino sarebbe un casino. Nel nuovo silenzio mettiamo in funzione il nostro navigatore

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naturale, sviluppato quando la tecnologia non c’era e per tornare a casa, nelle torbideserate dovevi far conto solo su di te. Dopo pochi minuti siamo a destinazione. Ripetiamole consegne della padrona del Bed & Breakfast, compreso il messaggio con l’orario dellacolazione; poi svelti e in silenzio raggiungiamo le nostre camere e ci salutiamo.

La stanza dello scrittore So quello che devo fare: mano alla sacca del computer, presa collegata, blocco degliappunti, musichetta di windows, e si parte. Ricordo di aver scritto fino al mattino cercando di non pensare al finale che avevo già intesta. I galli si rispondevano nella campagna, dalla finestra veniva un bel fresco e la lucedel mattino, dopo che non hai dormito, ha sempre un’altra tonalità.Poi ho preso il telefono e sono andato alla foto della copertina del cd. Ho visto come siscriveva waiting for the sun, non era certo l’ora per mettere alla prova il mio inglese. Non mi rimaneva che mandare il pezzo. Ho preso la chiavetta internet e sono andato sullamia posta elettronica. Connessione lenta, ma alla fine ero sulla mia Gmail e non mirimaneva che allegare il pezzo.La connessione è sparita, ho fatto un paio di tentativi e poi ho spento tutto, ho caricato lasveglia sul cellulare alle 8 e sono svenuto.

Risveglio

Al terzo trillo sono già con la mano sul cellulare, non possono girarmi le scatole echissenefrega se ho dormito tre ore: Leonard è il campione d’Europa, io mi farò unadoccia e poi penserò al mio pezzo, sono ancora in Viaggio.Connessione ok, pezzo mandato. Busso alla porta di Pino e Michele: cavolo, anche loro sono del mio stesso umore. La colazione ci dà un'ulteriore carica e io sono così contento che perfino mi interessoall’arredamento della casa.Siamo in partenza, ringraziamo e salutiamo la signora del Bed & Breakfast. Ancora un altro caffè prima di andare dalle ragazze, poi con loro raggiungiamo in albergoLeo e famiglia. La famiglia esce dall’albergo. Leo ha un cerotto sul sopracciglio, sono stati al prontosoccorso, ma non dopo il match: si era fatto tardi, così sono tornati la mattina. Quattordicii punti di sutura. Dietro la famiglia c’è anche Santos Medrano, l’avversario di Fiordigiglio: ha la faccia dakiller, del quadrato s’intende, chiedete a Zamora. Rimaniamo nel parcheggio per un po’, qualche telefonata, qualche chiacchiera; poi, ilvento che scuote la carrucola di una gru a torre sistemata sulla nostra testa ci consiglia diandare. Facciamo un giro per Udine, ma non so dove siamo esattamente: sono unpasseggero che sta registrando emozioni. Ci fermiamo a un bar, sosta per un caffè poi di nuovo in macchina verso il ristorante.Ampio parcheggio e una tenuta con verde: è un posto per ricevimenti, matrimoni e altro.Andrà benissimo per festeggiare il confermato Campione d’Europa. Siamo una bella tavolata. Pino inizia a prendere di mira il principale che si prodiga aspiegare piatti e portate, e non mollerà fino alla nostra partenza. È il momento di fare lafoto con Leonard, a dire il vero è un po’ che l’avevo in mente. Nello scatto abbasso gliocchi un po’ emozionato. Il mio articolo è già on line, Pino lo legge e si congratula, poi aggiunge:- Ci sono anch’io!- Ci siamo tutti, non potevo lasciare fuori i miei compagni di Viaggio.

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A pranzo mi trovo davanti a Leo. Ho il buon gusto di non chiedergli notizie sul suo futuro ecose simili… Lui si vuol solo rilassare, mangiare e bere; il resto può aspettare.Mangiamo bene, anche se un po’ ci fanno attendere; Pino lo dice apertamente alprincipale e lui ribatte:- Se volete, accendo il microonde.È tardi, dobbiamo andare; Firenze e i rispettivi impegni aspettano tutti noi. Michela ci segue, è sicura di far funzionare il navigatore e infatti ci riesce in tre secondi.Non rinuncio a farle ancora una battuta mentre ce ne andiamo.

Udine FirenzeSono dietro con Michele che è agitato come è naturale per un ragazzo di 15 anni, cosaincompatibile con la voglia di un quarantaduenne di chiudere un po' gli occhi e di tirare ilfiato. Si finisce per parlare del prossimo match con Zaveck: Leo è pronto a sfidare lo sloveno acasa sua. Io sono scettico, non certo sulle qualità di Leo, ma sui verdetti casalinghi di cuicontinuo a non fidarmi. Sappiamo invece com’è andata. Zaveck, che sa di rischiare conLeo, non ha accettato; lo avrebbe fatto solo se la sfida fosse valsa per una semifinalemondiale, ma questo non è stato. Siamo sempre lì a rimpiangere questo mondiale che non viene, invece di goderci losplendido Viaggio europeo con Leonard Bundu. Il più grande campione europeo delmondo.

Leonard Bundu vs Ismael El Massoudi (Francia)3° difesa del titolo d’Europa pesi welter1 Dicembre 2012 - Rezzato, provincia di Brescia

Altra robaQuando Leo entrò all’Accademia, il Bonci lo mise, come metteva tutti, allo specchio atirare il sinistro, in attesa, quando il colpo con la mano davanti fosse stato metabolizzato,di tirare anche il destro. La maggior parte delle persone è destrorsa e porta, in posizionedi guardia, il braccio sinistro avanti.Il Maestro già dopo un’occhiata si rese conto che quel ragazzo non era come tutti gli altriragazzi e che le cose le imparava subito, bastava solo fargliele vedere una volta.In seguito, come mi ha raccontato lo stesso Bonci, quel Maestro capì che quel ragazzofaceva cose che neanche gli erano state fatte vedere:“Una sera, durante una sessione di guanti, Leo aveva all’incirca una decina di match, lovidi fare un’azione con la guardia normale, poi, cambiare guardia - con il braccio destro inavanti - e continuare a colpire e a spostarsi come se nulla fosse. Rimasi zitto eosservandolo mi sembrò che tutto fosse corretto, naturale.”Da quel giorno, il cambio guardia divenne il marchio di fabbrica del Campione - uno deisuoi marchi di fabbrica - un’arma propria per disorientare l’avversario e avvantaggiarsi. Come avvenne a Berlino per la difesa del titolo dell’Unione Europea, quando al terminedella 1° ripresa all’angolo gli fu consigliato di boxare sempre in guardia normale, e così luifece. Tanto, per lui non c’è differenza.

Quando andavo in palestra io, tanti e tanti anni fa, i pugili che lavoravano sulle schivate siesercitavano alla corda di guida, una corda che veniva tesa all’altezza del volto dell’atletae che rappresentava la linea di colpi dell’avversario. Il pugile doveva passare con la testae il busto sotto la corda, variando da sinistra a destra, e poi doveva lanciare per primi i

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colpi con la mano con la quale usciva. Se usciva a sinistra, ad esempio, metteva ilmontante sinistro e poi continuava la serie.Le schivate nel pugilato moderno sono meno evidenti e a volte si schiva a destra e poi sirientra con il gancio sinistro. È quello che all’angolo prende il nome di “incrociarel’avversario”.

Leonard Bundu vs Ismael El Massoudi durò solo 2 minuti e 42 secondi, lo spazio di unlampo. Il lampo di quel gancio sinistro incrociato

(foto 15 Michela Comisso)

(foto 16 ©MONICACALEFFI)

che si è abbattuto come un treno sulla mascella di El Massoudi, spengendo le luci delpugile franco marocchino.

Rezzato, chi era costui?

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Rezzato è un po’ come Carneade, nonostante dubiti - e a buon diritto - delle mieconoscenze. Anche i miei amici dottorati e masterizzati non conoscono il comune inprovincia di Brescia, ma dopo un giro in rete siamo tutti più colti, almeno a parole.La formazione per Rezzato è uguale per ¾ a quella di Udine, infatti siamo io, Beppe,Michele, non c’è Antonella mentre c’è Luca, un amico di Pino. Niente commenti, per favore.In macchina ce ne stiamo per lo più zitti. Luca è assonnato, Pino guida, io mi adeguo eMichele ancora non ha preso il via. Anche stavolta non siamo riusciti a far funzionare il tom tom, Luca lo ha acceso inautostrada e così il segnale ha dato di matto.Ci facciamo guidare dalle indicazioni cartacee che ho cercato su internet e visto che leprossime sono di trovare il cartello che indica Brescia-Padova siamo tranquilli, anche se“tranquillo - come si dice - ha preso 20 anni di galera”.Io me ne sto a pensare per conto mio, forse la mia testa è rivolta al “Viaggio con Leo”;forse è da un’altra parte; quando Pino ha un sussulto e dice:- Ma qui in dove si va? Io l’altra volta - parla di Bundu vs Moscatiello - non sono micapassato di qua.La macchina si rianima, io controllo le carte nautiche e ribadisco:- L’abbiamo trovato Brescia-Padova?Mi rispondono Pino e il risorto Luca che giurano:- No.Il paesaggio che ci sta sulla sinistra, montagne e cascate d’acqua, indica però chequalcosa non va e che bisogna spostare la nostra attenzione su qualcos’altro se vogliamoviaggiare con Leo. Il cartello che segnala pochi chilometri a Trento ci leva gli ulterioridubbi e consiglia la fermata al primo autogrill, a meno che non si voglia cenare a wurstel ebirra.

Beppa GiosefIo non mi sarei mai sognato di vedere Beppa Giosef in carne e ossa, meno che maiall’autogrill quel pomeriggio. E invece lei era lì a pochi passi da me, e anche se non avevail sigaro in bocca, era lei, era Beppa, anche se travestita da lavavetri. Beppa Giosef è un personaggio di Alan Ford, fumetto che ho imparato presto ad amare -mentre i miei coetanei leggevano il sempreverde Topolino - grazie a Mauro, mio fratellomaggiore, che li seminava per casa. E così, mentre fissavo il brufolo sul nasone di Beppa, assorbivo tutte le informazioni pertornare indietro e prendere la Milano-Venezia, poi non si doveva proseguire per la città dabere, ricorderete la pubblicità, o da pere, come diceva un tipo che conoscevo, ma versoPeschiera. Fatto sta che stiamo a cavallo, e che se non facciamo ulteriori cavolate a Rezzato ciarriviamo in orario. E poi Pino dice:- Che ci vuole, prendiamo la funivia - indicando i monti - e arriviamo.

Buco chi non sa usare il tom tom“Buco chi legge” era il messaggio che perfino alle elementari trovavi scritto sui muri;qualcuno in seconda elementare scrisse con le tempere nel bagno dei maschi “buco chilege”. E si beccò di ciuco dalla maestra davanti a tutta la classe. Ovvio che come l’offesaera incomprensibile allora, lo è anche ora, anche se per motivi diversi.Ma insomma, ora siamo finalmente all’uscita Brescia est e dobbiamo trovare l’albergo chele indicazioni suggeriscono molto vicino. La macchina è ferma, la radio spenta, il cervello acceso, dobbiamo suggerire al tom tomdove andare.

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Ci siamo, i parametri sono quasi tutti impostati, aspettiamo che la vocina della signorinatom tom ci guidi, invece arriva quella di Luca, che, svoltando il collo a sinistra arriva sulladestinazione e dice:- Eccolo lì.

Il Best WesternIl Best Western è una di quelle catene di alberghi internazionali dove niente è affidato alcaso. Fai la prenotazione on line e stai sicuro che, dopo il soggiorno, ti arriva la mail che tichiede il grado di soddisfazione del servizio, eventuali annotazioni, lamentele, ecc. Poiseguono altre mail con offerte imperdibili, delle quali puoi non tenere conto, così comepuoi cancellarti dalla mailing list, ma loro comunque non lasciano niente al caso.E infatti niente da dire: a un prezzo conveniente hai una bella camera, un bel servizio eun’ottima colazione. Cosa che ci vuole - la colazione, intendo - visto che Pino in sede diprenotazione mi ha detto:- Prendi l’offerta con la colazione, che un caffè ci vuole per mandar giù il cherosene dellasera.Unico neo del Best Western, la vicinanza all’autostrada che anche la notte non smette difare rumore.Prendiamo possesso delle camere e subito le abbandoniamo: direzione palasport diRezzato. Faccio in tempo a fare una telefonata ad Anna Sgarbi, che super carina come al solito miha riservato due pass per me e il fotografo che non c’è, e poi ha aggiunto:- Chiamami se hai bisogno.

Direzione RezzatoStavolta non ci frega nessuno: il tom tom fa quello che abbiamo in mente portandocivicino al Palasport. Il camion attrezzato della Rai ci dice che siamo sul posto giusto. A Rezzato piove, ma se anche ci fosse un sole che spacca le pietre il Palasport ciapparirebbe per quello che è: una struttura che è poco più di una palestra. All’esterno,sotto una tettoia, hanno allestito dei tavoli e una cucina che sforna le solite cose, anche sela salsiccia i locali la chiamano "salamella", più il formaggio fuso.Davanti al Palasport di Rezzato sembra però di essere al PalaMandela. Infatti ci sono: i'Bonci, Paolo, i’ Giano, Monica, Giulia e noi. Entro a ritirare i pass e a dare un occhio in giro. Il mio accredito è nominale e non è nellabusta destinata a "Nove da Firenze" con quello del fotografo. Chiedo se posso ritirareanche il pass del fotografo Corrado Sacchi, ma l’uomo della sicurezza mi dice, laconico,lapidario e molto accigliato:- Può prenderlo lui quando arriva.Sono dentro, e da dentro la palestra ha un'unica tribuna e poi il bordo ring. È presto e c’època gente, ma tutti hanno un pass al collo, mi sa che l’incasso è magro e hanno stretto lemaglie per chi s’imbuca.Sono di nuovo fuori. Leo e famiglia sono arrivati. Facciamo la conta per vedere a chimanca il pass e Leo prende gli esclusi e li accompagna dentro, ma qui siamo a Rezzato enon a Udine e non si passa.Torno fuori e vado da Luca che è rimasto un po’ defilato: gli dico di andare dentro aprendere il pass per Corrado Sacchi, così anche lui è sistemato.Giuliana mi sorprende da solo a fumare una sigaretta, mentre i miei compagni sono amangiare, e mi chiede con il portafogli in mano:- In quanti siete rimasti fuori?- Alla fine in due.- Ok - e mette mano al portafogli.- Aspetta, Pino non vuole che pagate voi.- È Leonard che lo vuole, siete venuti fin qui per vederlo.Non so che dire e, intanto che ci penso, Giuliana è già tornata con i biglietti.

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Raggiungo i miei compagni al tavolo, tiro fuori i biglietti e appena Pino mi guarda dico:- Giuliana me li ha messi in mano.Poi vado a fare il buono per il pasto: visto che non posso bere niente, mangio come unlupo e a quello che avrei comunque mangiato aggiungo il formaggio fuso che mi serrerà lostomaco per tre giorni di fila.

Con Luca ci sistemiamo a bordo ring, proprio davanti al tavolo degli altri giornalisti, mentrePino e Michele sono dietro le transenne, da veri ultras. Metto la macchina fotografica al collo di Luca, sopra il pass, e inizio i miei soliti giri. Capitonei pressi della postazione di Monica Caleffi, la mia amica e fotografa per questa sera,che si è sistemata in posizione di luce favorevole in compagnia di altri suoi colleghi.Quando arrivo sta giocando a chi ha l’obiettivo più grosso con il suo vicino; le suemacchine, due, sono sul tappeto del ring come fiches. Visto che lei non può mollare di uncentimetro la guardia, le prendo una sedia così che potrà riposarsi.Dall’altra parte del ring c’è Michela Comisso, la vedo che fa da baby sitter ad Andrè e aFrida; poco più in là c’è la loro mamma. Mi avvicino con circospezione e, con le spallecoperte dai bimbi, approfitto per fare un saluto a Michela, lei mi risponde come se nullafosse. Sollevato, faccio un altro giro e porto una birra a Monica. Fuori trovo Guido, l’uomo delle birre; gli offro una birra, ma lui dice di no. Il tempo dellebirre verrà dopo.

Il sottosottoclouNon è che questo sottoclou sia peggio di quello di Udine; ma forse è proprio la ripetizionedella brutta edizione del PalaCarnera, dopo i contorni interessanti di Firenze e Brescia,che mi induce a ripetermi.Alla fine della fiera solo il match di Brunet Zamora, che invecchiando scende di pesoinvece di salire, è un discreto match. "El Italian Salsero" infatti - al rientro sul ring dopo lasconfitta europea - vince senza aver bisogno di strafare e rispetta fino in fondo MichaelCarrero, andando a segno proprio alla scadere del match, con un colpo che fa sputare ilparadenti all’avversario.Per il resto Ouerghi va K.O. per un gancio sinistro, tanto violento quanto scontato, del suoavversario Sabau. Leo, che era con lui nello spogliatoio, gli aveva detto "in bocca a lupo",così, appreso l’esito del match, agli altri pugili compagni di spogliatoio non ha detto piùnulla.È uno di quei K.O. terribili, da silenzio in sala. Ouerghi sottoposto alle immediate cure delcaso dimostra di stare bene, come poi sarà.Il peso medio Murgia, gran fisico, ha la meglio su Markovic alla seconda ripresa.Nonostante la netta vittoria, Murgia, come dicono in palestra, “becca troppo”, ovveroprende troppi cazzotti, e secondo me il peso medio sardo è da rivedere con un avversariopiù preparato anche a livello fisico; Markovic respirava a bocca aperta a metà della primaripresa. Visto il record di Murgia, 10 vittorie su 10 match, gli avversari arriveranno.Neanche quello di Esposito con Garcia è un bel match, ma i pugili che vengono dal teamOrtiz-Nicaragua, come l’avversario di Zamora, anche se sono dei collaudatori, non sonofacili per nessuno, insomma non ci stanno a prenderle. Forse è il momento di spiegare chi sono questi pugili "collaudatori" e così parliamo anchedi Ortiz. I pugili collaudatori sono quei pugili che partono perdenti, e lo sono quasi sempre.Per il fatto che nessuno chiede loro di vincere, e se lo fanno magari non li chiamano più,combattono molto di più degli altri pugili, ai quali servono per testare le loro condizioni inprevisione dei match importanti. Combattono per la borsa e oltre a quella a fine matchincassano i colpi dell’avversario, l’importante è non prenderne troppi perché la testa ècome un salvadanaio senza buco sul fondo, e quello che entra non esce. Quando ilsalvadanaio è pieno, è l’ora di smettere. Ortiz è uno che a 43 anni il salvadanaio non lo haancora pieno, infatti il pugile colombiano combatte ancora. Diversi dei suoi match li hadisputati in Italia - ecco perché parlo di lui con cognizione di causa, attribuendogli anche

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delle frasi precise. Ortiz ha messo insieme più di 50 match con un'altissima percentuale disconfitte, eppure non ha la faccia pesta. A vederlo sembra più un rapper trentenne concappellino da baseball e medaglione al collo, dalla faccia pulita, una faccia che peròincute rispetto, quando, riferendosi al pugile che poi lo sconfiggerà, dice: “Ehi amico, vaccipiano sennò ti picchio”. Una volta l’hanno chiamato a mezzogiorno per la sera, lui ha fattola corsa ed è salito sul quadrato. Ha combattuto con Rotolo, e lo ha messo al tappetoperché non faceva piano, poi comunque ha perso. Se vi state chiedendo se il ragazzocombatta ancora, ve lo dico subito: Ortiz ha combattuto l’8 Marzo e lo vedremocombattere prima di Leo al Tendastrisce. Quando hai 43 anni bisogna combattere spesso,anche perché tempo ne rimane sempre meno.Alla fine arriva anche il match di Tuiach. Stavolta il triestino, concittadino di Italo Svevo, sela vede con Bogdanovi, che oltre ad avere una forma fisica sformata non ha né il mestierené la tecnica di Sandor Balogh. Ne viene fuori un match brutto e al rallentatore; perquesto il solito Pino, al momento in cui l’arbitro apre il round dicendo "Boxe", gli fa eco:- Ma boxe, però.Il match si chiude nel minuto di pausa della terza ripresa, con Bogdanovi che accusa undolore alla spalla destra, i giudici decretano il K.O tecnico, ma a casa mia si chiamaabbandono.Non manca, come al solito, l’intervista a Tuiach. Il pugile triestino, mentre si tormental’elastico dei calzoncini con il pollice del guantone, forse tradito dall’emozione, lancia lasua sfida a Modugno per il titolo italiano di categoria. Un incontro che mette curiositànell’ambiente, anche se ci vorrà un po’ di tempo perché si concretizzi, visto che Modugnoper il momento ha altri progetti.

Ma qui alla fine si perde di vista l’obbiettivo di questo viaggio, e così torno a ricordarmi dime stesso subito dopo che Zamora e il suo cappello sono spariti. Infatti sono lì che inforcola strada che porta fuori per fumarmi l’ultima sigaretta. Nel corridoio che sta in mezzo tralo spogliatoio dell’angolo rosso, di Bundu, e quello blu, di El Massoudi, vedo il Bonci cheguarda in direzione dell’altro spogliatoio, dove l’avversario di Leo sta facendo le figure conil suo Maestro. Conosco, conosciamo, quello sguardo e forse non ci penserei più di tantose appena fuori dal Palazzetto non trovassi la Giulia, che non è la vettura anni ’70, ma laGiulia dell’Accademia Pugilistica Fiorentina che, anche lei in versione Smokers, dice:- Non ho mai visto Ale così - lei è l’unica che il Bonci lo chiama così.Io abbozzo un:- È preoccupato per l’avversario, uno che ha esperienza, uno che sa fare la Boxe...- Sì, ok, ma Leo è Leo.Non c’è più tempo per sigarette, pisciatine, birre e noccioline, perché LEONARD BUNDUè sul ring, e io ho appena il tempo di dire al mio socio, che ormai è talmente calato nellaparte da essere una poltroncina del bordo ring:- Su, fai qualche foto.

Il matchAlla fine Leo, pur non buttandosi come con Castellucci, non ci pensa più di tanto a farsentire i suoi pugni, e infatti prima dell’incrocio becca El Massoudi due volte, almeno alcorpo, e una volta con il gancio sinistro in uscita. Insomma, un’entrata da campione,un’entrata da Leo. Poi, quando il cronometro segna 2 minuti e 42, il gancio sinistroabbatte El Massoudi. Il franco marocchino si rialza - anche se le gambe s’incrociano -l’arbitro lo conta e poi quando lo chiama vicino per stringergli i guantoni e sincerarsi dellesue condizioni lo guarda in viso e decreta lo stop. Leo alza ancora una volta le braccia alcielo da Campione d’Europa.

(Foto 17 ©MONICACALEFFI)

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C’è chi dice che lo stop è stato troppo affrettato, soprattutto per un campionato europeo;io sono dell’opinione che il match era finito, il pugile franco marocchino era groggy e lasua fine sarebbe arrivata, visto che il termine della ripresa era a un passo, nel secondoround. Prima del match avevo parlato di questo El Massoudi. Tutti, a partire dal Boncipassando per Paolo fino ad Alfredo Bruno, avevano detto che era uno che sapeva fare ilpugilato; del pugile francese avevo seguito i due video su youtube, la bella vittoria suM’Baye e la tremenda sconfitta con l’argentino, tagliagole, Chaves, e proprio parlando conPaolo avevo avanzato qualche dubbio sull’integrità del franco marocchino dopo iltremendo K.O. Andatelo a rivedere. Paolo aveva minimizzato e sul mio articolo dipresentazione del match ero stato cauto anche io, rimarcando però il tremendo K.O. e ilfatto che al nostro Leo era affidato il compito di verificare se la Tempesta, "Desert storm" èil soprannome di El Massoudi, era ancora intensa o si era ridotta di potenza.

Terzo tempoC’è un gran casino sul ring. Io sono appena sotto mentre Anna Sgarbi passa il microfonodella Rai a Leo, visto che "mamma rai" non ha potuto mandare nessuno a fare latelecronaca. Vedo Anna che scavalca le corde e vuole scendere, ma c’è troppa ressa; mioffro di prenderla, lei si offre di essere presa. Sono goffo e senza volere le metto unamano sul culo, lei mi dice:- Se volevi toccarmi potevi dirmelo.E il mio viso diventa del colore dell’angolo rosso.Il palazzetto si sta svuotando e io che ho recuperato il mio colore naturale sono achiacchiera con Anna e Michela. Parliamo di racconti noir e di altre cose, così confesso aMichela che avevo un gran timore di aver esagerato la scorsa volta. Sentite la suarisposta:- Sono abituata a queste cose, avendo molti amici maschi.Io sorrido e lei continua:- Sì, ma sono amici.Incasso la battuta e continuiamo a chiacchierare. In fondo la legge che parla dei duesacchi, uno per darle e uno per prenderle, vale anche per le battute.Qualcosa si smuove, Leo ha fatto l’antidoping a tempo di record, oggi gli viene tuttoveloce, e sta chiacchierando in buon inglese con il clan di El Massoudi che ha le orecchieciondoloni come i breton francesi. Leo gli dice che aveva accolto con favore la notizia dicombattere, dopo Moscatiello e Castellucci, con un avversario di spessore internazionale.Poi Leo allarga le braccia e dice: "È andata così." Come a volersi scusare del K.O.

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La postazione ora mi offre il foglio word di un collega che sta battendo il suo pezzo.Mentre leggo credo proprio che un lavoro così lo saprei fare anch’io, e magari lascereistrare il solito annuncio del prossimo mondiale per Leonard Bundu, che ormai sembra lanovella dello stento, e darei notizie certe appena possibile. Non voglio sminuirmi con quelcredo, ma è un po’ la difficoltà che tutti gli autodidatti hanno quando si confrontano con chiha fatto il percorso istituzionale.Alzo le spalle, ma già penso a come sarà il mio pezzo.La serata continua a cena da qualche parte. La nostra comitiva ne farebbe anche a meno:dopo l’euforia del match viene fuori la stanchezza arretrata, accumulata in letti insonni ebar sempre aperti. Ma Michele, il cucciolo del gruppo, vuole proseguire la serata e quindisi va a avanti. Siamo alla tavolata di Leo. Manco abbiamo digerito la prima cena che siamo allaseconda, che atleti. In più devo prolungare la mia astinenza dall’alcol, visto che mi hannoeletto autista della serata. Rimpiango Michela, che non so proprio che fine abbia fatto.La mente sveglia mi dà l’opportunità di beccare, anche se in maniera parziale, il colloquioche si svolge alle mie spalle: il Bonci, che sta andando via con Paolo, saluta Leo e gli diceche durante la preparazione ha trovato in lui qualcosa di diverso dal solito, forse perché -lo dico io - era stufo di vedere il tempo passare senza valorizzare il suo titolo. Fatto stache il Campione risponde:- Sì, ma ho visto che non eri preoccupato.- Non mi sono fatto vedere che lo ero, è qui che sta la psicologia.Il Maestro se ne va, noi rimaniamo, ma ancora per poco. La serata è finita e anche sepaga Loreni, il promoter di Leo, quando è finita è finita, è inutile insistere nel divertimento,come dicevano gli "Amici miei", ed è bello che questa cosa la capisca al volo Michele chequella coda al divertimento l’ha voluta.

Notte da Campioni

Il ritorno al Best Western è un lampo, grazie al navigatore che ci assiste passo passo. Iodormo con Luca, ma prima di dormire devo scrivere il pezzo, così mi sistemo nel tavolinonel corridoio davanti al bagno con la luce del lavabo accesa, nonostante il mio socioaffermi che dormirebbe anche in un pozzo. Batto sulla tastiera per un’oretta, controllo il pezzo e so che devo sottolineare che ilcommentatore della rai non c’era, credo che non lo dirà nessuno; ma il bello di essere unbattitore libero e autodidatta è anche questo, solo devo trovare le parole giuste che nontrovo. Allora mando il pezzo così, i redattori poi lo inseriranno la mattina. Saranno le due emezzo almeno e sono troppo cotto per cercare le parole. Le troverò il giorno dopo, dopouna breve telefonata al Direttore, visto che il pezzo non era stato messo ancora in rete.È l’ora di stendersi, tutti hanno bisogno di riposo. Il mio socio se la russa alla grossa, la mattina dirà:- Devo aver russato stanotte, da quanto l’ho fatto mi sono svegliato.- Confermo - rispondo io.La colazione è a buffet, o meglio all’abbuffata, c’è di tutto insomma. Michele svaria fra ildolce e salato, e alla fine si becca il rimprovero del babbo. A furor di popolo vinco un altro giro sulla macchina di Pino, i miei compagni siaddormentano nel giro di cinque minuti e io rimango solo con i miei pensieri un’altra voltaancora. In più sto covando una forma d’influenza e ho vissuto la vigilia del match con lapaura di ammalarmi, come quando da bambino dovevo andare al cinema. Mi fermo all’autogrill, un caffè farà bene a tutti. Michele indugia in bagno e noi tre ciritroviamo da soli a fumare con il culo appoggiato alla macchina, per come siamo messi inquesto momento: stanchi , incasinati, attivi saremmo perfetti per un racconto di Bukowski,ma un racconto alla fine finiremo per scriverlo.

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Siamo di n nuovo sulla strada. Qualcuno chiede dove siamo e io rispondo “a Cantagallo”– il menestrello del cartone animato Robin Hood - poi inizio a canticchiare la colonnasonora del cartone, che da piccola, faceva impazzire la mia nipote Sara. Gli altri mivengono dietro e la macchina di cattivi e recidivi intona: “Robin Hood e Little John van per la foresta e ognuno con l’altro ride e scherza come vuol. Son felici delle loro gesta, urca urca tirulero, oggi splende il sol”.

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Leonard Bundu vs Rafal Jackiewicz (Polonia)4° difesa del titolo d’Europa6 Aprile 2013 - Tendastrisce di Roma

Numeri mai vistiQuando correvo con la moto da cross, il babbo mi seguiva segnalandomi la posizione. Inquel periodo spesso mi allenavo sul campo gara di un amico, lui faceva gli italiani, io ipromozionali regionali. Una bella differenza. Un pomeriggio al suo campo di gara, dopouna garetta al termine della quale ero arrivato sul podio, gli dissi:- Roba da matti, il babbo al primo giro mi ha segnalato la posizione numero 1.- Numeri mai visti - rispose lui.

Roma mi ha accolto a braccia aperte. È la 4° volta che mi giro per vedere il mio nomeimpresso sulla sedia del rinfresco pre-match in sala stampa. Ho perso Anna e Monica, manon le cerco. La ragazza sui trampoloni mi sorride ancora e mi dice:- Ne vuoi un altro?- Sì - rispondo io. E siamo a 3, 3 negroni.Il mio libro intanto passa di mano in mano e tutte le volte che un collega mostra di averlogradito mi alzo di un centimetro, ormai supero agevolmente il metro e 80 di mio fratello.Credo di avercela fatta, anzi ne sono sicuro: il viaggio con Leo mi porterà ai Caraibi conquesta gnocca che ora mi porge il drink e il sorriso.

Numeri realiAhhh!, due dita della mano sinistra mi sono rimaste incastrate nel finestrino dellamacchina: il meccanismo elettrico che lo alza e lo abbassa è rotto da tempo, il cristallosoqquadra e per chiuderlo del tutto devo rimetterlo dritto con la mano. È un’operazioneche faccio tranquillamente da circa tre anni, solo che oggi il comando si è incantato e miserra le dita contro il telaio del finestrino. Mi sto immettendo in autostrada, direzioneFirenze sud, ho una macchina dietro e non mi posso fermare, così faccio la curva con lamano destra e provo a tirare quella sinistra per liberarmi dalla morsa, il sudore mi sighiaccia sulla fronte e il dolore mi serra lo stomaco. Deciso, provo a tirare per liberarmi.Ahhhhhh!, l’urlo della liberazione è ancora più lungo, quasi che arrivo a Firenze Certosa;mi guardo le dita segnate dalla morsa e le metto in bocca per lenire il dolore. Devo fare in fretta: ho fissato alle 18.00 in Viale Malta, devo accompagnare Paolo e iragazzi che combattono stasera a Scarperia. Il Bonci è già a Roma da oggi, Leo da unpaio di giorni.Il cruscotto davanti e il portafogli dietro mi danno solo cattive notizie: devo fare il cambiodell’olio, la macchina ha 210.000 km e dovrei cambiarla, ma ho 140 euro e devo arrivare afine mese, nel conto in banca ci sono così pochi spiccioli che un bambino di 3 annipotrebbe contarli. Siamo quello che facciamo con quello che abbiamo, questo è poco, maalmeno è reale.

Scarperia, Riunione dilettanti, 5 Aprile 2013Quella di stasera è una di quelle riunioni da cui se levi gli addetti ai lavori, i pugili, gli amicie i familiari dei pugili non rimarrebbe nessuno. Anche così i biglietti venduti sono unasettantina. Per le società queste riunioni sono una rimessa sicura, resta solo daquantificarne la cifra a fine serata. I soldi per fare pari a fine anno si prendono dai mensiliin palestra, dagli amatori, dalle cene autofinanziate e dagli sponsor, che sono sempremeno e sempre meno munifici, la Federazione non dà nulla e si prende la tassa. Indefinitiva, il volontariato e la passione sono i veri motori di questo sport. Queste riunioni, da cui passano tutti i pugili più o meno bravi e anche i futuri campioni,servono alle società per far crescere i propri ragazzi piano piano, secondo le loroesigenze. “Se vai dagli altri, al massimo puoi avere un match al 35%, al 40%”. Lepercentuali esprimono le possibilità di vittoria.

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Il pugilato è uno sport durissimo e spietato. Qui non si tratta di raccogliere una palla inrete: un match sbagliato, con un avversario che non ti aspetti, e ti perdi per strada unragazzo. “La gente non lo sa" ripete il Bonci: “quanti anni e quanti passi giusti ci voglionoper fare una serie”. La categoria più prestigiosa dei dilettanti.

Il bar che fa anticamera alla stanza del peso è pieno. Prendo possesso di un tavolino edel giornale, il "Corriere dello sport stadio", che ho già letto stamattina. Lo sfogliorapidamente per trovare e mostrare l’articolo di Bundu a Paolo. Trovato. Sulla stessapagina c’è il pezzo che parla di Valentino, il virgolettato del Dottor Rossi: “Sono cresciuto”.Sarà un caso trovare i miei due campioni preferiti nella stessa pagina? Forse è di buonauspicio, ma me lo tengo per me.Paolo entra con Mattia Palermo e Mohammed Obbadi, i due ragazzi dell’AccademiaPugilistica Fiorentina che oggi combattono, nella sala del peso. Esco a prendere una boccata d’aria portandomi dietro la borsa Viola dell’Accademia, checontiene i guantoni e i caschetti dei pugili che combattono stasera.Fa un freddo cane. Fuori ci sono i Maestri del Boxing Club e un tipo seduto al tavolino cheparlano del match di domani, ma non gli viene in mente il nome del polacco sfidante diLeo. Mi avvicino e dico:- È Jackiewicz, lo sfidante ufficiale.- Già - rispondono loro - è quello che ha battuto fuori casa Abis.- Sì, è uno tosto.I Maestri raggiungono i ragazzi, che si sono già pesati, negli spogliatoi; io mi siedo altavolino e inizio a parlare di pugilato con il tizio seduto. Ha un cappellino di lana, jeans eun giubbotto a bomberino, è lì perché stasera combatte suo figlio. Parliamo di pugili. Lui si presenta: è Sicuranza di Prato. Io gli rispondo:- Sono Massimo e accompagno i ragazzi dell’Accademia con Paolo, il Boncinelli è aRoma.- Che grande Maestro il Boncinelli, che occhio! Salutamelo.Andiamo avanti per una mezz'oretta e si rammentano tanti nomi, alcuni li conosco, altrino, perché sono compresi nello spazio di tempo in cui non ho frequentato l’ambiente. Siparla anche di Calcio Storico, inevitabile. Cristiano, il mio amico di Piombino, una seradopo una birra media mi ha detto: “A Firenze siete tutti pazzi, abitate nella città più belladel mondo, ma finite sempre per parlare del Calcio Storico”.Sicuranza mi racconta delle sue esperienze e io lo sto ad ascoltare, integrando il discorsocon le mie conoscenze. È la seconda volta che mi offre una sigaretta, e anche se ho lemie, e lui lo sa, l’accetto volentieri. Sta per iniziare la riunione, così ci alziamo e andiamo verso “il pallone” che ospita i match.Lo saluto all’ingresso e vado verso lo spogliatoio. Mattia si sta scaldando, il suo match è previsto a inizio serata. Paolo gli dàraccomandazioni del tipo: "Non ti buttare" - ovvero non partire troppo da lontano,rischiando di diventare prevedibile e d’incappare nei colpi di rimessa dell’avversario -"trova la distanza con il sinistro e poi metti il destro, fai l’azione e spostati, fai per benino".Sul quadrato è un altro paio di maniche e Mattia, al suo secondo match, seguirà leindicazioni del Maestro solo in parte. Poi la foga del match e il suo temperamento loportano a forzare, a scomporsi e ad abbassarsi troppo con la testa. È un pareggio, e vabene così: la sconfitta avrebbe penalizzato troppo il ragazzo che ha carattere, ma devedisciplinarsi. Il pugilato impone una serie di gradini che il pugile deve superare. Mattia, adesempio, ha superato il primo, quello del debutto; ora deve crescere e affrontare matchpiù duri ed avversari più tosti.La telecamera del babbo di Obbadi è sistemata. Mohammed, Moha per gli amici, sale sulquadrato senza particolari emozioni. È un ragazzo di 20 anni, nel 2012 ha vinto unprestigioso torneo a livello nazionale , il "Guanto d’Oro", ma purtroppo per ora la stradaper gli Assoluti d’Italia è sbarrata, essendo di nazionalità marocchina. Con la cittadinanzaitaliana si vedrà. Moha vive a Cascina, in provincia di Pisa, e tutti i giorni, dopo la scuola,

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viene ad allenarsi all’Accademia, per poi fare ritorno a casa alle 21.30. “Non è maimancato un giorno” dice il Bonci. L’avversario di Moha è un 1° serie da diversi anni, è un bel ragazzo determinato che portacon facilità colpi a serie. Moha impone il suo ritmo da cavalletta, la sua capacità di variarei colpi e il bersaglio e le sue schivate.Il piccolo difetto di Moha è quello, a volte, di non spostarsi dopo l’azione, dando lapossibilità di replica all’avversario, ma questo secondo lui ha una spiegazione: “Quandocapisco che non fanno male, li lascio scaricare”. Ovvio che Paolo non vuol sentir parlaredi simili bischerate, e urla: “Levati di lì!’”.Non sappiamo com’è il conteggio dei colpi a fine match: per i dilettanti gli arbitri tengono ilcomputo dei colpi a segno - anche se il regolamento è in evoluzione, anzi in involuzionedato che si parla di tornare al vecchio - ma sono sicuro che alla fine il match fosse invantaggio di diversi colpi.Non è dello stesso avviso il Maestro dell’avversario di Moha, e quando insieme a Paolo ciavviamo negli spogliatoi dice:- Poteva starci un pareggio, ma si sa, siete in casa.Non c’è replica da parte nostra, Paolo sposta il problema sul fatto che sia stato un belmatch. Ma per noi resta la consapevolezza che stavolta non c’entra il favore, odioso, dicombattere in casa. Moha ha vinto meritatamente, almeno questo è il nostro pensiero,perché di pareri contrastanti se ne vedono quasi a tutti i match.Riesco a vedere solo un po’ dell’incontro di Sicuranza junior, e da quello che possovedere è un ragazzo interessante, coraggioso, che accorcia e picchia bene con entrambele mani. Il suo avversario, non troppo abile ad uscire dalla traiettoria dei colpi, lo hafacilitato in questo modo. Mi farà piacere rivedere entrambi i Sicuranza, e prima o poisuccederà. Questo è sicuro.

Abbiamo finito. I ragazzi tornano a casa con i genitori e io e Paolo possiamo fare duechiacchiere, magari mentre mangiamo qualcosa. Ho rinunciato al panino al bar permangiare ora: conosco Paolo e so che difficilmente mi dirà di no. Infatti siamo a mangiareda “Baffo”, un ristorante sulla via del ritorno, di quelli che ti danno da mangiare a qualsiasiora. La scusa è buona per far tardi comunque e parlare del match di domani. Ho letto tutti gli articoli su Bundu vs Jackiewicz, che questa volta ci sono stati, ho visto tuttii match disponibili su youtube di Jackiewicz, e a suo tempo ho guardato il match con Abis,vinto dal polacco per getto della spugna in casa dell’italiano. Ho presentato il match con ilpezzo “Bundu vs Jackiewicz, la sfida ufficiale”. Infatti il polacco è lo sfidante ufficiale, ilprimo per Leo, e questo match - dopo tre difese agevoli - rappresenta quello che puòlegittimare, ufficializzare, la cintura di Leonard Bundu. Sono contento che anche gli altricolleghi presentano il match più o meno in questi termini. Ho un po’ di fifa per questo polacco. Qualche giorno fa, durante una riunionedell’Accademia - di cui ora sono, grazie all’investitura del Bonci, consigliere - ho dettosommessamente, ma decisamente: “Aspettiamo a parlare delle prossime sfide, primavediamo quella di sabato”. Tutti hanno concordato. Il Bonci definisce Jackiewicz un bell’omo, dove “bell’uomo” sta per: forte, solido, unavversario tosto insomma. Certo che stavolta sembra diverso, e non perché ci siamoscordati delle altre vigilie. Il polacco appena arrivato a Roma ha rilasciato dichiarazionispavalde e sicure di vittoria, “vado a Roma per vincere e per illuminare il mio futuro” cosìdiverse dalle altre ascoltate in precedenza, che suonavano così: "Mi sono preparato bene,farò del mio meglio…". Per contro ci sono le repliche, come sempre pacate ma decise, diLeo: “Lo rispetto, ma non lo temo”; frase di circostanza, ma giusta. Come anche questa:“Non mi piacciono gli allarmismi, né fissarmi con le riprese TV degli altri pugili”. Che perme è una vera perla di consapevolezza e decisione.Comunque sia, questo è il match della verità, quella che i primi tre sfidanti hannorimandato.

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Finiamo quel che abbiamo nel piatto e ce ne andiamo. Paolo parte domani mattina perRoma, io nel primo pomeriggio con Rico, Corrado che ho ritrovato lungo il Viaggio, eMonica. Cosa diciamo io e Paolo di Jackiewicz?- Cazzo, Paolo, che destro ha Jackiewicz. Cosa bisogna fare con quello?- Bisogna vedere di non pigliarlo.

Cip e CiopQuando leggo su Whatsup il quindicesimo messaggio di Corrado, inizio a rimpiangerel’affidabilità di Pino. Il messaggio di Corrado è: “Chiamalo te Rico, perché a me non mirisponde e se lo fa mi prende per il culo”. La telefonata a Rico parte immediata. Lui fa il vago, anche se il match è domani, mica fraun anno. Insomma, ci lasciamo con il classico "risentiamoci", che lascia tutto come prima.La cosa che più mi inquieta sono le prime parole che Rico mi ha detto al telefono, ovvero:“Dimmi, Masini ha appena finito di cantare”. Certo Masini canta ancora, l’ho visto suimanifesti; quello che mi meraviglia è che la gente lo vada a vedere, ma quelli sono fattiloro. Ma Rico non è la gente, e così cerco di capire dove ho sbagliato e cosa mi haportato a passare dai Doors di Pino al Masini di Rico.Dopo altre 8 telefonate, 3 messaggi in segreteria, 9 sms - tutti contati e documentati, imessaggi su Whatsup ve li posso anche regalare, tanto sono gratis - dove gli scenaririguardanti i Viaggiatori, i mezzi di locomozione, orari e sedi di partenza, cambiano cosìrapidamente come le immagini guardate attraverso il finestrino di un frecciarossa,abbiamo finalmente un orario e un luogo. Ore 15 a casa di Corrado. Prendo Monica a casa sua e con la mia macchina ci rechiamo a casa di Corrado. Lasorpresa è trovare Cip e Ciop, come li ribattezzerà in seguito Monica, alla finestra.Corrado abita a un piano terreno, e non in una torre, appena rialzato dalla sede stradale,ma visto che in due fanno mezzo centimetro scarso di capelli, non possiamo certo servircidella loro chioma per raggiungerli - come nella fiaba di Raperonzolo - e ci serviamo dellecomuni scale, come nella comune realtà. Rico ha l’attrezzatura e la tenuta della giovane marmotta, o se preferite del giovanegiornalista. Giacca sportiva con cravatta elegante, pantalone jeans e scarpa comoda. Neltaschino della giacca, due penne e un blocchetto per prendere appunti sui prossimi 35europei. Corrado ha il solito zaino per la sua macchina fotografica, che insieme alle altreborse sta per andare nell’ampio bagagliaio, e sembra non aver bisogno di nient’altro. Secosì fosse sarebbe fantastico, invece torna sui suoi passi e prende dei CD, così Ioavverto: - Rico ieri era a vedere il concerto di Masini.- Masini! - mi risponde la Monica- Era all’interno di una serata di beneficenza per il Mayer - chiude, soltanto per ora, Rico.Siamo alla seconda ora di Viaggio, la fermata per in caffettino e il bisognino l’abbiamofatta, ed è qui che salta fuori il primo cd dalla custodia di Corrado: sono i Dick Dick ed io eMonica vorremmo saltare dalla macchina, ma siccome non possiamo farlo iniziamo aparlare fra di noi così che le orecchie riprendono fiato. Quelli davanti, accorgendosi dellanostra tattica, alzano il volume e fanno il coro in falsetto, così che ora diventano uggiosicome la cacca a letto. Ormai non ne possiamo più e chiediamo a gran voce, se proprionon si può spengere, almeno il cambio del cd. Al peggio non c’è limite, infatti dallacustodia degli orrori Corrado estrae Pappalardo ed inizia la sua “Ricominciamo”. Inseguito apprendo con stupore estremo che Pappalardo ha fatto altre canzoni che sonoassai peggiori di “Ricominciamo”, beata ignoranza. Si va avanti così per un altro po’: a nulla valgono le nostre rimostranze, la replica del duoCip e Ciop, argomentata e critica, è quasi peggio del peggio di Pappalardo. A forza dimediare arriviamo a un compromesso storico: ancora musica, ancora italiana, ma stavoltaè Vasco, Vasco Rossi. Le note del primo “maledetto” Vasco, anche se non poteva certostar dietro al buon vecchio Bukowski, ci portano fino alla tangenziale romana.

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Insomma, siamo di nuovo a Roma e ancora per Leonard Bundu.Davanti al Tendastrisce c’è un po’ di movimento, niente di eccezionale ma è meglio diRezzato per intendersi. Rico tenta un parcheggio selvaggio, ma sconsigliato da noi ripieganel parcheggino senza sfondo dietro il baracchino di panini e bibite, ad alto rischioimbottigliamento. Non è il momento di mangiare e comunque abbiamo i tramezzini che la moglie di Rico ciha preparato. Salta fuori una bottiglia di spumante. - Ma siete matti, mettetela via subito, porta male - dico io. Rico ribatte: - È lì dall’ultimo dell’anno”. Il mio nervosismo mal celato anche nel Viaggio inizia a venire fuori, mentre tramezzini ebottiglia rimangono in macchina.Dietro al primo baracchino c’è Moreno, il presidente dell’Accademia, che allena lemandibole con un panino. Non se lo ricorda, ma è stato proprio lui che mi ha fattoconoscere il dolore di un colpo al fegato durante una sessione di guanti: io prima gli misiun destro d’incontro, un bel colpo. Li ricordo tutti e due con piacere. Moreno è in giacca e cravatta. Non che sia una novità per lui, è scappato da un pranzo dimatrimonio per vedersi Leo. Ora mangia il panino tenendolo a distanza di sicurezza. Il discorso cade sul match e sul destro di Jackiewicz. Ripeto le parole di Paolo, “Bisognavedere di non prenderlo”. Moreno risponde:- Scordatevi che non lo prenda mai, è un film che non possiamo vedere, questo è unmatch, parlando di percentuali, 55 a 45.A me non dice niente di nuovo, ma i miei compagni ci rimangono male. Monica, mentre ciavviamo al Tendastrisce, mi dice:- Mi sta scendendo la lacrimuccia, 55 a 45 per l’altro.- No, al contrario, il favorito resta Leo, ma non di tanto.All’ingresso c’è Anna, telefono in mano e sorriso bello e pronto, tutto come al solito. Cifacciamo dire dove si ritirano gli accrediti. Quello di Rico non c’è, così ricontrolliamo conl’addetta i nominativi, scorriamo la lista con gli occhi e i miei vanno sulla generosascollatura di lei; di solito evito, ma stavolta no. Finalmente ci siamo e possiamo andaretutti con il nostro braccialetto/pass. Peccato a me piacciono più i cartoncini da appendereal collo, che poi sono anche più carini da conservare.Il Tendastrisce ricorda, e non solo per assonanza, il nostro vecchio Teatro Tenda, quelloche poi è stato il Saschall e ora è l’Obihall, a seconda della generazione di appartenenza.Il ring è montato davanti al palcoscenico e a me pare un po’ basso, in confronto agli altri.Non c’è tanta gente e Anna ci mette in contatto con chi ha la responsabilità di trovareposto a tutti, in modo da fare casino. I fotografi vanno a bordo ring, io e Rico ci prendiamodue sedie e le aggiungiamo a una fila. In prospettiva il palo di sostegno delle luci el’angolo blu mi tolgono un po’ di visuale, non molta; so che comunque mi agiteròprendendomela con quei due ostacoli per tutta la serata, ma con qualcosa me laprenderei anche se fossi in piedi sul bordo ring.Dato che abbiamo visto dove sono le sedie, uniamo le nostre braccia a quelle di Anna e dialtri per aggiungere dei posti. La fila che stiamo facendo è per i colleghi della stampa.Qualcuno scomoda nomi di testate importanti, ma non me le ricordo; loro comunquearriveranno dopo. Chissà come mi comporterei, se quello fosse il mio vero lavoro. Pagato, intendo. A volte,come faccio con il mio, lo disprezzerei? Cederei a quello che si deve fare? O me neservirei per il mio ego a svantaggio del giusto? Belle domande. La passione è una cosastrana, e forse fra le azioni meno estemporanee è quella a cui si richiede di non perderela propria spontaneità. Quando lavoravo al cimitero, veniva a farci compagnia un ragazzo. Capitava, fra unasalma e un’altra o un lavoro di giardinaggio, di andarci a prenderci il caffè, chiacchierareinsieme. Con il tempo le sue visite cominciarono a essere frequenti e, dato che non sifaceva problemi a prendere in mano pala, vanga e resti mortali, ci venne naturale di

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chiedergli di lavorare con noi. Lui accettò ma quella fu la fine della nostra collaborazione edella nostra amicizia, perché lui si rilevò incapace di rispettare orari e compiti che unqualsiasi lavoro deve avere. Fare il battitore libero, essere un volontario appassionato può avere i suoi vantaggi e avolte devi tenerli a mente per andare avanti e continuare a Scrivere. Credo che alla finesmetterei di Scrivere, per farmi leggere dagli altri, solo se mi rendessi conto che la qualitàdi quello che scrivo è pessima. Per il resto, il mondo del pugilato, ma credo anche il restodel giornalismo, è costellato di volontari appassionati. E comunque qualcuno ha giàdeciso per tutti, e non ci sono più soldi e opportunità, almeno non per tutti.Abbasso il sottoclouDir male del sul sottoclou professionistico di Roma è facile come bere un bicchiered’acqua fresca quando hai sete.Occorre subito dire che c’è stato anche un sottoclou dilettantistico, e per quello che hovisto io non era male, in sostituzione di un match professionistico saltato per bontà divina.Credo due match, di sicuro uno perché quello a differenza del primo l’ho visto. Si tratta di un incontro fra ragazzi pesanti, + 91, e benché non siano i miei preferiti il matchè ok. Il ragazzo all’angolo rosso, che poi si sistemerà davanti a me e a Rico, aggiungendosi alpalo delle luci e all’angolo blu, è impostato meglio, sa fare più cose e vincerà abbastanzafacilmente. Alla luce di questo mi domando: ma non era meglio portare qualche buondilettante 1° serie romano sul quadrato? Magari della Boxe e del quartiere San Basilio,che si trova a pochi passi da qua, così la sua provenienza avrebbe assicurato, al pari dialcuni di questi professionisti fermi da tempo, un buon numero di persone al seguito e poisi sarebbe vista più freschezza e meno chili di troppo. Comunque è andata, ed è andata male purtroppo: pensate a questo spettacolo visto in TVin paesi come Inghilterra o Germania, ad esempio, dove la Boxe è amata e rispettata,quanti danni può fare al già boccheggiante movimento italiano. Tutti hanno capito che senon sappiamo valorizzare Leonard Bundu è anche perché di contorno gli mettiamoincontri simili. L’articolo di Dario Torromeo, a mio parere la miglior penna della Boxe, parlava chiaro, giàda titolo: “Solo Bundu nella notte romana”; in seguito si chiedeva se la Lega Pro Boxe nonvigilasse.Purtroppo per me la delusione del sottoclou arriva anche da Ortiz, il pugile colombiano dicui vi avevo già parlato. Ad ogni modo, io sono qui per Leonard Bundu e non è che mi danno troppo l’anima per ilsottoclou. Infatti sono più le volte che mi alzo, vado in bagno, passeggio, parlo; di quelleche guardo, tanto c’è Rico che prende appunti. In una della mie peregrinazioni al bagno, usato anche come luogo per fumare, trovo i tifosidi Jackiewicz. Alcuni hanno alzato il gomito. Uno di loro mi chiede una sigaretta, cosìfiniamo per fumare assieme. Nei pressi del bagno trovo anche Panchetti, il commentatore delle serata insieme aMassimiliano Duran. Mi avvicino e facciamo due chiacchiere. Dal vivo sembra ancora piùgiovane che in TV, comunque mi piace come commentatore, puntuale e non troppoappariscente, capace di dare il giusto spazio a Duran. Gli esprimo la mia stima e continuocon il fatto che scrivo di Boxe e di Leo, finendo col dire che ho appena presentato “InViaggio con Leo”.- L’ho letto in rete - risponde lui. - Sono sempre a caccia di notizie.Pino invece lo trovo fuori dal Tendastrisce quando torno con Corrado e Rico dall’assalto aitramezzini. - Ti avanza un braccialetto per il pischello? - mi chiede Pino alludendo al mio pass e a suofiglio.- Ora guardo, aspetta qua.

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Sono di nuovo in bagno, stavolta con Corrado, e cerco di sbottonargli il braccialetto, maquel cavolo di aggeggio di plastica non viene. L’hanno fatto in modo che non possaessere riutilizzabile. Torno fuori a dare la brutta notizia a Pino, che scrolla le spalle e dice:- Non preoccuparti, in qualche modo facciamo.E infatti.

Come sempreIl ring announcer, con i capelli a coda di cavallo anni ‘80, ha appena finito di presentareRafal Jackiewicz. Sono in piedi, così che non ho bisogno di rialzarmi, e decido diraggiungere la porta da dove sbucherà il polacco dal cuore impavido: "Bravehart" è ilsoprannome di Jackiewicz. Lo faccio per vedere che faccia ha il diavolo. Jackiewicz entra con una maglietta a maniche corte, bianca o giù di lì, e si avvia sul ring.Ricordo che mi è sembrato più basso di come lo avevo visto in video, quando spengevagli avversari con il destro dritto e in montante. Arriva Leo. Ha i pantaloncini bianchi alla Mohamed Ali, che gli spuntano dall’accappatoiodi raso rosso e nero. Lo guardo negli occhi finché posso e lo vedo “come sempre”.

Nel film Il giocatore ci sono Matt Damon, Edward Norton e John Turturro: tutti e tregiocano a poker, ma con tre modi diversi. Turturro è quello che va sul sicuro sempre,quello che ha famiglia e che sfrutta il suo talento per camparla senza rischiare mai unK.O. da cui potrebbe non rialzarsi. Nel film, ad un certo punto Damon chiede a Turturro:- Come va?E l’altro risponde:- Come sempre.Ho usato diverse volte l’espressione “come sempre”, quando intervistavo Leo prima deimatch. Ora sapete da dove viene.

Foto18 Corrado Sacchi

Il matchStavolta Leo inizia davvero un po’ meno forte delle altre volte, ma non sembra contratto,timoroso o altro, sembra solo concentrato sul match. Ad ogni modo riesce ad andare asegno, già nel corso della prima ripresa, al bersaglio grosso eludendo la guardia a ricciodel polacco. La prima ripresa è sua, lo concordo con Rico prima di mettermi a sedere ascrivere, sì perché si è creata talmente tanta ressa a bordo ring che siamo tutti in piedi.

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(Foto 19 ©MONICACALEFFI)

I tifosi di Jackiewicz, una decina in tutto, fanno un tifo infernale, dimostrando che oltre algomito sanno alzare anche la voce. All’angolo del polacco c’è il ragazzo che mi ha chiestodove era il bagno: è lui che comanda il gruppo, li fa partire all’unisono scandendo a ritmoora il nome del loro beniamino, ora la parola "Polska", Polonia in polacco. I fiorentini sono meno organizzati: Pino, il capobanda, ha raggiunto il bordo ring, ma hafinito la voce dopo i primi due "Bundu bomaye", e ora invece di gridare emette un suonogutturale, una specie di ululato che sfuma in una serie di imprecazioni contro la sua voceche lo ha abbandonato. Durante il match, però, partiranno alcuni cori potenti, checoinvolgeranno fiorentini e romani.Finisce la 2° ripresa che forse è un pari o forse no, perché se è vero che Leo ha fattopoco, Jackiewicz ha fatto meno, come dice il ragazzo che ho di fianco. - A questi livelli le riprese pari è difficile che le diano - riprendo io che ho preso un po’ dicoraggio. - Vero - chiude lui.Anche la 3° è nel segno del Campione. Io e Rico lo confermiamo a Giuliana che “stanervosa”, in uno scambio di cenni d’intesa rapidi, ma efficaci.Il match va avanti con Leo che impone il suo ritmo, cambia continuamente guardia escarica i colpi alternando il bersaglio. Jackiewicz non ha le braccia abbastanza lunghe, o ilcorpo abbastanza corto, per coprirsi e incassa duri colpi.

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(Foto 20 ©MONICACALEFFI)

Foto 21 Corrado Sacchi

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La tensione fra di noi è sempre alta. Io e Rico continuiamo a prendere appunti, lui mi dice:- Ho dei problemi a stare dietro a tutti i colpi.- Impossibile - rispondo io, - sulla scorta delle decine di match fra dilettanti a cui hoassistito, passa più tempo con gli occhi sul ring e meno sul foglio, scrivi nel minuto dipausa.Dietro di me c’è Pino, che inizia a diventare molesto, infatti m'infastidisce sempre più, e alterzo scappellotto gli rispondo:- Pino, cazzo, sono nervoso.- Anche io, è il modo per farmelo passare. - Allora fattelo passare in un altro modo.Ci sono alcuni secondi di intervallo. E poi Pino mi dice all’orecchio:- Scusa, mi sono scordato perché sei qui.- Siamo qui per la stessa cosa.- Comunque quello - riprende Pino, indicando Jackiewicz - non finisce, è calato, io me neintendo di pugilato.- Vediamo - chiudo io per ora.Siamo alla 6° ripresa e puntuale arriva la solita testata involontaria, al sopracciglio. Nonsembra grave però, vorrei chiederlo a Monica e Corrado che sono sotto all’angolo dove ildottore sta controllando la ferita, ma è impossibile raggiungerli e poi Leo è già statorimandato a centro ring. Il round finisce ancora con una serie del Campione, mentre lo sfidante si sta affidandosempre più al suo destro, nel tentativo di dare una svolta al match, ma il colpo non entraquasi mai, e mai in maniera efficace. Leo è troppo rapido, troppo vario e anche quandosbaglia la misura, esponendosi ai colpi di rimessa di Jackiewicz, li schiva con i riflessi e ilcolpo d’occhio del Campione. La ferita non desta preoccupazioni e io mi sto calmando, infatti nel minuto di pausa ho iltempo di pensare alla differenza che c’è fra i match del sottoclou e questo. Non sembraneanche lo stesso sport, chiunque potrebbe vederlo. Anzi, a pensarci bene bisognerebbeentrare dalla telecamera di "Sportitalia" e obbligare tutti quelli che stanno guardandofiction, talk show e film vari a guardare quello che Leonard Bundu sta facendo: statrasformando uno sport in un’arte, l’arte di fare una cosa bene, qualsiasi cosa si faccia, diqualsiasi sport si tratti. Ricordo che una volta, alle Olimpiadi di Seul, ho guardato giocare due ragazze a volano,o meglio a badminton, come lo chiamano loro. Quel gioco con le racchette in cui devicolpire quell’aggeggio di forma conica con un gommino all’estremità. Beh, giocato da loroera uno spettacolo di colpi, in uno scambio serrato e avvincente. E così mi sono

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appassionato alla visione di uno sport a cui in spiaggia giocavo giusto per due minuti,durante i quali raccattavo quell’aggeggio dieci volte e poi annoiato ripiegavo sul pallone.La 7° ripresa inizia con la raccomandazione dell’arbitro a tutti e due i pugili a nonabbassare la testa.

Foto 22 Corrado Sacchi

Il calo di Jackiewicz è evidente: la spinta del polacco al 9° round appare come un segno difrustrazione per non riuscire a fare quello che aveva in mente di fare.Tutto sembra andare “come sempre”. Leo fa il suo dovere sul ring; i fans polacchiintonano i cori da ultras consumati, davvero ammirabili; Rico è sempre alle prese con lagestione del foglio, degli occhi, della penna e di quello che succede sul ring, e io allentoancora un po’ la tensione e gli dico:- Pensa che io a una riunione di dilettanti non facevo che scambiare il pugile all’angolorosso con quello all’angolo blu, fu una vera impresa tirare fuori un articolo da quellariunione.Eccola qua l’11° ripresa. La settimana scorsa, parlando del match di Boschiero finito, insuo favore, alla 10° per K.O, il Bonci mi ha detto:- Se uno trova il colpo vincente alla 10° ripresa, vuol dire che uno ha i numeri delcampione.Ricordo di aver visto partire la combinazione del K.O., ma ho solo intuito il montante alfegato, forse perché lo stesso Leo m’impallava la visuale. Ho visto solo che Jackiewicz hafatto una rotazione di 180° e dal centro ring si è disteso bocconi all’angolo rosso.

(Foto 23 Corrado Sacchi)

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A quel punto non ho capito più nulla, finché l’arbitro non ha mimato la fine del match esono finito sotto al ring. Nel tragitto ho incontrato Francesco Sottili, che mi ha detto:- Grande match.Dietro di lui c’era Massimo Nascimbene, che mi ha detto:- Che match.Con la coda dell’occhio ho visto i “ragazzi” dell’Accademia esultare sulla parte destra,rispetto a me, del palcoscenico del Tendastrisce. Mi sono arrampicato e li ho raggiunti.Era una festa.In quel momento il ring announcer scandiva l’epilogo del match: “A 1 minuto e 22 secondidell’11° ripresa, vince per K.O. e si conferma Campione Europeo dei pesi welter LeonardBundu, Bundu". Tiro fuori dalla tasca destra la penna, che in questi momenti con gesto automatico ripongosempre lì, e sulla mano scrivo: “1. 22”.

Il Campione di tuttiLeo sta parlando al microfono e ringrazia tutti, partendo dal pubblico romano che ha tifatoper lui. Petrucci è stato un grande uomo a preparare il terreno, il resto l’ha fatto lui, con lasua classe e la sua semplicità che hanno conquistato il cuore del pubblico che ha vistocon i propri occhi un Campione vero.Credo sia mezzanotte, o giù di lì, ma non ci penso due volte a chiamare a casa, roba chese lo fai in qualsiasi altro giorno dell’anno butti tutti giù dal letto con le ansie del caso,invece il babbo è sveglio ed entusiasta e ancora una volta ha capito il match, infatti midice: "Tutte le volte che l’altro provava a mettere il destro, Leo glielo faceva passare soprala spalla e il colpo andava a vuoto".Siamo nel backstage di Leo, l’artista del montante al fegato. Siamo tutti lì. Leo starilasciando un’intervista. Si parla del campionato mondiale W.B.C., di un’altra difesavolontaria, poi Leo spiega - Leo docet - della combinazione risolutiva dei due montanti. Ilprimo al viso costringe l’avversario a coprirsi la faccia; il secondo, preparato con tutta laspinta del corpo e della spalla, va al fegato rimasto scoperto. Ivano Dagliana dice la sua:- Noi lo sappiamo bene, dalle volte che ci ha messo con il culo per terra.In quel momento appare per un attimo Jackiewicz: parte un applauso spontaneo, ilpolacco si copre il viso e sparisce dietro una porta. Quel gesto di pudore istintivo è così

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umano che quasi mi commuove. Il gesto di un campione sconfitto da un avversariosuperiore, e che vede la sua carriera compromessa.La combinazione vincente è ora preda di noi quasi profani. Vi ricordate la chitarraimmaginaria di Jimi Hendrix?, ecco che io sono lanciato a mimare la serie, ad uso econsumo di Rico, che intento ad aggiornare il suo taccuino si era perso il montante -anche io me lo sono perso, ma mica glielo dico. E così tiro i montanti mentre Anna li para,e Monica scatta foto a raffica.

(Foto 24 ©MONICACALEFFI)

Leo è negli spogliatoi, che poi sarebbero i camerini del teatro, e sta bevendo la sua birrapro antidoping. Pino lo saluta prima con un bacio poi con una toccata di culo. Leo fanotare il palpeggio e io dico:- Sopra e sotto, il tema della serata.Non è una gran battuta, ma si ride perché siamo contenti: tutti lì sappiamo che nel matchpiù importante Leo ha fatto la prestazione più importante. I minuti passano, così come la mezzanotte è passata da tempo, mentre Firenze distasempre 300 km. Dobbiamo cominciare a pensare di tornare, qualcuno inizia a dirlo, ma aturno si fa finta di non sentire, anche perché non è che la voce sia troppo insistente.Sembra quasi la voce del babbo che ci chiamava per rincasare, da bambini, mentre noirimandavamo con un “ancora 5 minuti”.Dai e dai tutti gli occupanti della macchina di Rico sono pronti a partire. Saluta che tisaluta, perdo Anna. Nel corridoio che precede l’uscita becchiamo Giuliana e il suo babbo,Guido, l’uomo delle birre, che ci salutano con calore. Al bar troviamo aria di festa, e ora ricordo che il ring announcer diceva ogni tanto di unafesta a cui eravamo tutti inviati. Davanti alla porta d’uscita c’è una ragazza su un tacco 15vestita con 20 centimetri di stoffa che ancheggia sinuosa al ritmo della musica, noicontinuiamo la nostra strada, riservandole un’occhiata.Siamo fuori. Davanti alla biglietteria ci sono i polacchi che se ne stanno a smaltire ladelusione. Uno di loro, credo sempre quello del bagno, mi dice in un italiano stentato:- Scrivi bene.Alzo il pollicione, quello lo capiscono tutti, e capisco anche il loro stato. Mi vengono inmente gli articoli di giornale che parlavano di Jackiewicz e dell’unica sua preoccupazioneprima del match: “10 biglietti per i suoi tifosi”, quei tifosi. Gli articoli parlavano anche dellasua palestra, il “fight club” dove il campione insegnava agli allievi, e qualcosa mi dice che

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quelli sono i suoi allievi. Forse penso troppo e parlo poco, come diceva una mia amica:sarà per questo che scrivo?In macchina Monica addenta finalmente il suo tramezzino. Ne resta uno e ce losmezziamo io e Corrado. Non penso alla maionese che sto ingurgitando, ma lei penserà ame fra qualche ora.Viaggiamo tranquilli e soddisfatti per tutto il tragitto. Rico, sempre alla guida, è ormaiadagiato sullo schienale reclinato del suo sedile e più che in autostrada sembra inspiaggia. Nessuno si lamenta, per me e Monica basta che non ci metta ancora i Cugini diCampagna e compagnia cantante, per il resto può anche mettersi la mascherina edormire. Il cd salta fuori inesorabilmente a un centinaio di km da Firenze city: ora non si scherzapiù, il colpo di sonno può mandarci tutti a nanna. Dalla play list escono i capelli stirati e ilustrini di James Brown, la sua voce energica ci scuote come una red bull e ci porta acasa. Alla rotonda di Bagno a Ripoli, Rico ha ancora voglia di giocare. Infatti, seguendo il ritmodi Sex Machine, inverte 3 volte la rotta prima di imbroccare quella consigliata dalnavigatore Corrado. Il duo Cip e Ciop ci conduce sotto casa, si perde ancora tempo e ionon ne ho molto, visto che la maionese sta scendendo rapidamente. Appena liberi dalla morsa dei due, che potrebbero andare avanti tutta la notte, io e Monicasaltiamo sulla mia macchina, prossima destinazione casa sua. Non ho più molto tempo,ma lo impiego bene guidando spedito e sperando di trovare un posto salvifico sotto casa,o almeno nei pressi. Sono fortunato e ora sono tranquillo e asciutto nel mio letto, apro il computer e me lometto in grembo, aspettando che Microsoft Word si apra e io possa fissare il mio pezzo.Ricordo di aver scritto fino alle 5 con la facilità di quando i pezzi li scrivi nella tua testa etutto torna come per magia. Credo sia una questione di consapevolezza trovata, almenoper una volta, quella che ha portato Leo a essere un Campione e me a Scrivere delCampione. Chiudo il computer soddisfatto solo dopo aver trovato il titolo al mio pezzo. Avevopensato, in religioso segreto, di intitolarlo “Bundu spenge il futuro di Jackiewicz”, inrisposta alla dichiarazione del polacco che alla vigilia aveva detto: “Vengo a Roma perilluminare il mio futuro”. Ma alcune cose sono cambiate e lo chiamo “Bundu campioned’Europa, punto e a capo”. Poi spengo tutto, come quando spegni la radio dopo una canzone stupenda e non vuoisentire più nulla. Almeno per un po’, almeno fino al prossimo Viaggio.

14 Dicembre 2013 Leonard Bundu vs Lee Purdy (Inghilterra)Campionato Europeo pesi welterExcel Arena, Londra

Should I stay or should I go (The Clash) - Dovrei andare o dovrei restareHo sempre ascoltato la musica per il ritmo. Il ritmo è tutto. Il ritmo ti agita, ti scuote, timanda indietro e avanti, ti fa andare a sbattere da qualche parte o su qualcuno. Il ritmo è

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la colonna sonora di una vita non vissuta, ma ballata, “pogata” come ad un concerto punk.Finché il ritmo non cessa e con lui il resto.Le parole, quelle sì che non hanno alcuna importanza: se ti devi innamorare delle parolefai meglio ad imparare a memoria i versi dei Poeti, quelli sì che vanno bene. C’è n’è una che mi piace tantissimo, Sant’Ambrogio del Giusti. Tutte le volte che percorrovia Giuseppe Giusti mi ricordo di quel toscanaccio che in rima “metteva le birbe allaberlina” e poi si commuoveva anche per la parte avversa e alla fine se “non scappaabbraccia il caporale”.

Molte volte nella mia vita ho dovuto decidere se andare o restare. Ho “scelto” sempre ascoltando il ritmo; ma mai sentendolo veramente.Per Londra, per Leo, i numeri reali erano impietosi, o pietosi, dipende dal mio o dal vostropunto di vista. La macchina mi aveva abbandonato alla veneranda età di 222354 km, unsabato notte nella zona industriale della città. Il bancomat era qualcosa di lieto nelle primedue settimane dalla riscossione, nelle altre diveniva uno spauracchio.Poi, una quarantina di giorni prima del match, sono andato in palestra e così ho rivistoLeo, dopo tanti mesi. Lui mi dà il cinque e mi dice: “allora grande?”, poi si scusa perchédoveva fare le ripetute al sacco. In quel momento sento che non avrei potuto fare a menodi andare a Londra, non mi immaginavo di restare a guardarlo alla TV - sempre ammessoche trasmettessero il match. Non sarebbe bastato neanche non mettere più piede inpalestra da ora fino al giorno del match, per farmi passare l’entusiasmo di assistereall’incontro dal vivo.

Momenti di Gloria15 Dicembre 2013, ore 3.00 del mattino - dopo il match.Londra, Dockland La batteria del mio portatile mi sta abbandonando, ormai sono passati alcuni minutidall’ultimatum apparso in basso a destra: “passare all’alimentazione elettrica”. Non possopassare da nessuna parte, visto che non ho voluto adeguarmi - al costo di sole 8 sterlineal distributore automatico dell’albergo - alle spine elettriche inglesi che, come per valuta,senso di marcia, pesi, misure ecc. sono differenti da quelle di noialtri europei. Ma gliel’ho fatta anche stavolta - e non è la prima questa sera - a questi inglesi del cavolo,e il mio pezzo, “La regina s’inchina a Leonard Bundu”, vola dalla mia posta elettronica allamail di Nove da Firenze. In rete, qualche ora più tardi, riceverà 468 “mi piace”facebookiani, una vera messe in aumento, roba che tutte le volte che andavo a vederlacrescere, la mia faccia assomigliava all’emoticon sorridente. Spengo la luce e mi infilo aletto.

Non mi ci vuole molto per capire che il mio paziente compagno di stanza non dormeancora, e infatti alla mia domanda, anzi affermazione:- Sei sveglio.Risponde- E chi ce la fa a dormire con tutta quest’adrenalina in corpo.Abbiamo vissuto una serata di sport speciale, una di quelle che capitano ogni tanto e solose hai la pazienza di saperle aspettare e l’entusiasmo per andarle a trovare. Ricordo una domenica pomeriggio di tanti anni fa, quando le partite si giocavano tutte ladomenica pomeriggio e Sky e le tv a pagamento erano parole estranee e straniere. Beh,quella domenica io ero a casa con il babbo, la Fiorentina giocava a Napoli. Era la stagione1981/82, quella del testa a testa con la Juve per lo scudetto. Con il babbo si ascoltava“Tutto il calcio minuto per minuto” - la trasmissione radiofonica che raccontava a turno,progressivamente, tutte le partite di serie A. Gli inviati sul campo interrompevano lascaletta preordinata solo quando la partita seguita registrava una marcatura. Con ilbabbo, mentre si ascoltava la radio, si faceva ginnastica. La Fiorentina pareggiava e la

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Juve, che anche allora rappresentava il potere forte, vinceva, così che il nostro sognoscudetto si allontanava. Io, allora portiere di calcio dodicenne, ci davo dentro con gliesercizi, così che potessi alimentare il sogno di rivincita. Da grande avrei conquistato loscudetto con la maglia Viola.Poi dalla radio qualcuno disse:- Scusa Ameri - che era quello che coordinava i collegamenti - intervengo dal San Paolo,la Fiorentina è passata in vantaggio, goal di Antognoni.La sera guardai a 90° minuto Antognoni mettere la palla in rete. A distanza di tanti anni,che ci crediate o meno, ricordo ancora quel goal e l’esultanza di “Antonio”, che gioivasotto la curva del Napoli.

Con Fabrizio, così si chiama il mio compagno di stanza, parliamo ancora per un bel po’. Ricordiamo quel gancio destro, prima del diretto che ha spedito Purdy al tappeto. Quelgancio destro è stata una vera mazzata: al rallentatore si apprezza il pugno che si abbattesulla testa di Purdy e lo scuote prima a destra e poi a sinistra. Si continua a ruota libera per un’altra ora sul filo dei ricordi, onorando l’impresa di LeonardBundu che qualche ora fa, con noi intorno, urlava:- CONTINUAVA A DARMI DI VECCHIO E L’HO MESSO KO ALLA 12° RIPRESA. Poi ci ricordiamo che la sveglia è puntata alle 7.30 e così proviamo a fare un riposino.

14 Dicembre 2013 Excel Arena, a pochi secondi dalla fine del matchLa faccia di Paolino a fine match è una cartolina di Firenze che batte, schianta Londra. Lasua espressione è raggiante e furiosa allo stesso tempo. Continua a ripetere questa fraseintorno al ring: “Non è una dote essere incassatore, a lungo andare il salvadanaio siriempie e non ti ricordi neanche come ti chiami”. Tutto vero, o quasi. Le parole di Paolino sono dettate dalla grande gioia dopo il grande spavento della 6°ripresa, quando Leo all’angolo ha detto: “Non mi sento le gambe”. Il Campione è stato rispedito a centro ring con queste parole: “Hai fatto mille riprese diallenamento, sei prontissimo”; ma con il grande dubbio che quella faccia da sbruffone diPurdy potesse, dai e dai, aver minato le certezze di Leo. La 7° ripresa sarà una delle poche perse dal Campione, che accetta lo scambio a centroring e ne esce fuori con lo zigomo gonfio. Non lo posso dire con certezza, ma forse Leo inquella ripresa ha voluto provare a scambiare per testare la sua forza, e ha avuto lapeggio, uscendo però con la consapevolezza di potercela fare.Dalle tribune, ignari di questi siparietti, nessuno si azzarda a dire nulla, ma tutti siamoconsapevoli che il Campione, seppur in vantaggio ai punti, abbia sofferto in quella ripresa,e temiamo un’inversione di tendenza che vanificherebbe tutto.Sì, perché l’inizio di Leo è quello giusto. Beccatevi il botta e risposta tra me e FrancescoSottili dopo la 1° ripresa:- È partito forte.- Anche troppo - risponde Francesco, temendo che una partenza a razzo provocasse uncalo in seguito.Leo comunque fa il suo dovere di Campione, mettendo buone serie di colpi, fra cui anchela famosa serie montante al volto/montante al corpo e Purdy incassa “prendendoli tuttipieni” - frase ripetuta da Moreno, alludendo al fatto che l’inglese non schiva né para con iguantoni, anche parzialmente, i colpi di Leo. L’inglese, una volta ricevuto il colpo, si limitaa scuotere la testa per dire: “Non mi hai fatto niente”.Il match va avanti su questo tema, così che io penso che nel racconto che andrò a fareinserirò questa massima: “Il pugilato è cercare di dare più pugni possibili, cercando disubirne meno possibili, e non viceversa”.

Tutti siamo convinti che Leo faccia molto con i suoi colpi, e non niente come dice Purdy,

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Ma l’atteggiamento provocatorio dell’inglese, che continua a scuotere la testa e a irriderel’avversario, insinua rabbia e qualche dubbio.All’avvio della 7° ripresa, Moreno vede Leo che prima di partire all’assalto piega le maniverso il basso per fare un po’ di stretching, un segno che Leo ripete quando è stanco. Ehsì, non abbiamo mai visto il Campione in questo stato: i match fin qui li ha dominati, gliavversari sbaragliati. Anche con Jackewitz non è mai andato in sofferenza né fisica, némentale. L’odio per l’irriverente inglese è al massimo, e quando Leo accetta, e soffre lo scambio acentro ring della 7° ripresa, anche noi soffriamo come bestie. Purdy ha il cazzotto pesante, Paolino mi dirà in seguito che i suoi pugni provocano deigran tonfi e Leo pare cambiare espressione quando li deve incassare. Il rapporto fra pugnidati e presi è sempre di 1 a 8 come minimo, ma non conta nulla ora. Ora è un altro match.

“Non ci scambiare, tre colpi e spostati”, “ritrova la distanza” “muoviti sul tronco perbenino”. Questo è quello che il Bonci e Paolo devono aver detto a Leo nel corso del minuto diriposo che separa la 7° e l’8° ripresa. Poi, i due Maestri ricevono il solito invito dell’arbitroad abbandonare il ring. Entrambi non sono davvero lesti ad andare fuori, tanto che Eziodice: “Bisogna insegnargli a uscire dal ring”. Ma tutti sappiamo che quei secondi in piùsono ossigeno per Leo.Leo segue i consigli dell’angolo. Per tutta la ripresa Purdy lo pressa e lo costringe allecorde, ma Leo schiva e rientra; per due volte lo fa centrando il mento dell’inglese con ilmontante e Purdy dice sì con la testa. È una ripresa che Leo si aggiudica alla grande, è quella che fa da spartiacque. È quellache decide. Non riusciamo più a contenere la gioia e ormai, anche se nessuno dice nulla, la paura èsolo quella di un verdetto casalingo che ribalti la situazione. Qualche ora fa ci siamointrattenuti per alcuni minuti con un giornalista italiano che lavora a Londra ed è lui che ciha detto: “Qui i furti sono all’ordine del giorno, speriamo bene e comunque, over the best”.E allora rituffiamoci nel match, perché ora Purdy sembra finalmente accusare i colpi e perla prima volta, dopo essere stato “spinto” da un destro di Leo, si appoggia alle corde e poi“lega”, abbraccia l’avversario per riprendere fiato.

È il round finale. Leo è determinato a colpire, e colpire ancora e ancora, fin tanto che le braccia non gli sistacchino dal corpo. Purdy è ormai allo stremo; poi il gancio destro, l’ennesimo. Leo lo mette uscendo da uncorpo a corpo. È un colpo portato alla perfezione: gamba, spalla e dorso accompagnano ilpugno destro che trova il mento di Purdy. Il diretto che segue è come una spintarella a unubriaco, che per tutta la sera ti ha piagnucolato in un orecchio e ora, arrivati sulla sogliadel letto, non vedi l’ora di mettere a nanna. L’inglese va giù, e , forse, pensa: hai vistocosa succede a prendere in giro i vecchietti.

Disegno di Luca Andreozzi

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Ricordo di aver abbracciato, girandomi, Davide e subito dopo di aver rimesso gli occhi sulquadrato ed essermelo trovato di nuovo di fronte e in piedi. Ha un coraggio da leonequesto ragazzo, e riprendendo le parole del Bonci: “Se imparasse la Boxe, diventerebbecampione del mondo”. Comunque sia, Purdy è in piedi, e mostra i pugni alti all’arbitro, che lo rimanda acombattere. Tutto il coraggio e il fisico del mondo però non possono reggere alla voglia divittoria di Leo, che scarica ancora una volta i suoi colpi; poi ancora il gancio destro el’arbitro che chiama lo stop. Mancano 7 secondi alla fine del match e Leo è ancora il Campione d’Europa. Lo stopdell’arbitro è stato sacrosanto: Purdy aveva perso la tonicità della sua muscolatura e ognialtro colpo poteva mettere a repentaglio la sua incolumità. Tuttavia, come ci confermeràLeo, quello stop è stato chiamato quasi in maniera sommessa. Di solito siamo abituati adarbitri che in situazioni simili si mettono nel mezzo, togliendo il pugile in difficoltà dallafuria agonistica dell’altro. Ma per Leo è bastata la parola “stop” per fermarsi, realizzare estrizzare ancoro una volta l’occhio al cielo d’Europa.

Il Vincente Match finito. Leo festeggia sul ring. Purdy viene preso in consegna dall’arbitro, che lo aiuta a raggiungere l’angolo, e poi dalsuo Maestro che lo fa sedere. L’inglese starà ancora un po’, poco, sul quadrato: ma fa in tempo a prendere lo sfogo delBonci che in perfetto fiorentino gli dice sul becco:- Sei un antisportivo.E quello di Leo, in inglese:- Vedi cosa succede a prendere in giro i vecchietti.Il campione d’Europa, anzi il riconfermato - per la quinta volta - campione d’Europa,rimane da solo sul ring: Purdy è già, precauzionalmente, negli spogliatoi. Il verdetto e lebraccia salgono ancora al cielo, mentre in sottofondo vanno i cori “FIRENZE, FIRENZE” e“BUNDU BOMAYE” dei Fiorentini e gli applausi degli inglesi, che suggellano il trionfomade in Accademia Pugilistica Fiorentina.Leo scende dal ring per l’intervista di rito, si siede sul banco dei commentatori e sciorina ilsuo inglese per i giornalisti di Sky United Kingdom, che non conoscono bene Leo comenoi, il pugile italiano è una piacevole sorpresa e vogliono scoprirla bene. Il grandevantaggio di questa rischiosissima trasferta inglese - e non dimentichiamoci che in caso disconfitta Leo ora sarebbe fuori da tutto - era proprio concedere al campione una plateainternazionale.

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L’Inghilterra, insieme alla Germania, è lo stato che più di tutti in Europa promuove la Boxe,con manager come Richy Hatton e società come la Matchroom; con televisioni come SkyUk, che trasmettono tutti i match della serata con approfondimenti, mentre la nostra RAIpassa solo il match clou, talvolta pure in differita; infine, con impianti nuovi ed esclusivi,che celebrano le serate di Boxe.Leo è chiamato a gran voce dai Fiorentini in estasi, e finalmente, scortato dalla sicurezza,viene verso di noi, che ormai presidiamo le transenne dalla parte dell’angolo rosso. IlCampione, segnato dalla battaglia - me ne rendo conto solo ora - esulta e canta insieme anoi. Lui è consapevole di avere fatto una grande impresa. Lui che solo tre anni fa siaccontentava di disputare il campionato d’Europa e ora, all’ennesima riconferma, quellostesso titolo gli sta decisamente stretto. In questo momento, proprio nell’immediato dopo match, si parla di una semifinalemondiale con Devon Alexander da fare subito, che nel frattempo ha perso il titolo permano di Shawn Porter. Mentre ora che scrivo - nel Giugno 2014 - sappiamo che Leo combatterà di sicuroun’altra volta in Inghilterra con Gavin, ancora per difendere la cintura Europea. Nelfrattempo infatti è saltato per la 3° volta il match con Branco, che doveva essere unadifesa ufficiale, e probabilmente la difesa volontaria con Frezza. Poi dopo, in caso divittoria ci dovrebbe essere la semifinale mondiale di Leo. Per Leo è così, sempre un’altrasfida, sempre qualcosa da dimostrare. In questo senso mi ricorda un grandissimo delcalcio come Roby Baggio, costretto a far da riserva per due volte ad un Del Pierodeludente. Anche lui sempre ad un passo dalla meta più grande, per quanti passi possacompiere. Tornando all’Excel Arena, è un grande momento di sport, un altro, e un altro ricordo affioradal passato: sto vedendo il basket N.B.A., ed in particolare i Bulls di Micheal Jordan,Pippen e Rodman. I Bulls sono sotto. Nel secondo quarto, Jordan sta male,probabilmente ha la febbre alta. Per tutto il quarto seguente se ne sta in panchina a beree a sudare, e a vederlo sembra che abbia un febbrone da cavallo, di quelli che quandoprendono ai comuni mortali, non resta loro che stare a letto, sperando che qualcuno inpiedi sia pronto a prendersi cura di loro. Inizia l’ultimo quarto, Air Jordan è in campo,prende la squadra per mano e la fa volare, così come prende il volo la fantasia degliscrittori. I Bulls di Jordan vincono nella maniera più bella ed inaspettata, proprio come Leoche a Londra ha preso la penna in mano e ha scritto una storia che a immaginarla nonsarebbe venuta così bella.

Il Perdente Purdy alla fine del match incassa gli sfoghi del Bonci e di Leo alla solita maniera,scuotendo la testa e bofonchiando qualcosa. Poi viene accompagnato negli spogliatoi dalsuo Maestro che lo sorregge per un braccio, con due ragazze bellissime e vistosissimeche lo seguono, e che di sicuro non potranno contare sul pugile inglese per continuare laserata. Purdy viene, presumibilmente, steso subito su un lettino - di sicuro è lì che lotrovano i nostri eroi quando tornano dai festeggiamenti. L’entourage dell’inglese ha lasciato subito il ring, non perché non volesse tributare il giustoriconoscimento a Leo, ma perché era preoccupato e doveva prendersi cura del propriopugile. Purdy ha subito una quantità di colpi impressionante, altrimenti l’arbitro nonavrebbe mai chiamato lo stop a soli 7 secondi dalla fine del match, ma gli avrebbelasciato, in casa, la soddisfazione di finire ai punti. Purdy ha 26 anni e un promoter capace e influente alle spalle che gli ha procurato chanceimportantissime. L’inglese ha avuto la possibilità, non sfruttata, di combattere per il titolomondiale con Devon Alexander il 18 Maggio 2013, proprio passando avanti al nostro Leoche pure era campione d’Europa, dato che nel ranking I.B.F. l’inglese sopravanzavamisteriosamente Leo. Purdy non ha sfruttato nessuna di queste opportunità e ora che hagettato via anche questa, di diventare campione d’Europa, le sue quotazioni sono in nettoribasso.

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Dal punto di vista fisico, Purdy è un pugile provato, tutte le volte che sale sul ring prendela sua bella razione di cazzotti, ha un grande cuore e probabilmente un gran“salvadanaio”, ma il rischio che lo spazio inizi a scarseggiare c’è. Ho visto combattere Purdy con Alexander, e anche in quell’occasione il suo pugilato non èstato diverso: Boxe frontale, rigido sul tronco, difesa quasi inesistente, pressionesull’avversario, ma pochi colpi portati. Con quella Boxe, a questi livelli non vai da nessunaparte. Con Alexander, il suo angolo chiamò l’abbandono alla 7° ripresa; in quell’occasione ilmatch non era risultato valido per il titolo mondiale, visto che l’inglese non era riuscito arientrare nella categoria di peso per poterlo disputare. Con Leo, e con il titolo d’Europa in palio, il suo Maestro l’ha tenuto per tutte le 12 ripresesul quadrato, e la punizione è stata più dura e più lunga. Non posso che riprendere ancora le parole del Bonci per avviarmi a chiudere questoparagrafo:- Se questo ragazzo imparasse la Boxe, sarebbe il campione del mondo.Ma siccome credo che, ormai, per lui sia troppo tardi sia per insegnargliela che perimpararla, sono convinto che Purdy farebbe meglio a smettere.

24 ore: aeroporto di Londra, 14 Dicembre 2013,ore 15 circa - prima del match.Eccoci qua, tutti in fila ad aspettare che i servitori di sua Maestà la Regina ci diano il vialibera per entrare sul suolo inglese. Siamo io, Vittorio, Fabrizio, Moreno, Cesare, Davide,Ezio, Francesco e Simone. La poliziotta A, guarda la carta d’identità di Cesare e poi lagetta al poliziotto B, come getterebbe le carte di una mano di poker dopo aver scoperto unJack di quadri quando mancava una cuori per fare colore. Il poliziotto B con il gioco in mano chiede:- Passaporti?- No - ci limitiamo a rispondere noi, con la faccia di chi sta pensando: ma quali passaporti,non ti basta la carta d’identità?Il poliziotto B tira fuori una lente d’ingrandimento e fissa con il suo occhio ingrandito quellastrana carta con su scritto “Repubblica Italiana”.A me scappa tanto da ridere: sembra Sherlock Holmes alla ricerca del passaportoperduto, ma ovvio che non lo faccio perché so come funziona e ci tengo ad andare avedere Leo stasera. Ora tutte le nostre carte vengono portate al banco del poliziotto C e noi veniamo invitati adarretrare dalla postazione delle forze dell’ordine vicino a delle transenne. Sono l’ultimodella fila, postazione utile per notare il poliziotto D che da un’altra collocazione ciincoraggia a eseguire le disposizioni dei suoi colleghi. Cavolo, siamo nei guai, perché il poliziotto D assomiglia come una goccia di birra allacchè di Di Caprio nel film di Tarantino Django - che poi sarebbe Samuel L. Jackson - eora spiffererà nell’orecchio del poliziotto A una cosa che poi A passerà a B e che Bpasserà a C, e quando C aprirà bocca e ci parlerà saremo tutti fregati.Credo che il nostro Viaggio londinese inizi ora, dalla prima difficoltà, e visto che non c’è ilpassaparola fra poliziotti, smetto di far andare la fantasia, tiro fuori lentamente il libro dallasacca e mi metto a leggere.Ho iniziato a leggere Finestra sul vuoto di Chandler nel viaggio di andata ad Amsterdam. Finestra sul vuoto è uno di quei libri che mi piacciono, ma di cui non riesco del tutto ainnamorarmi. Qualche pagina avanti la sera, prima di andare a letto, qualche paginaindietro la sera dopo per riprendere il filo, e alla fine passa qualche mese prima di arrivarein fondo. Sono libri che rimangono sul comodino per diverso tempo e sono costretto aportarmeli dietro in simili situazioni per poterli finalmente terminare.

Maestri di vita e noiosi prof

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Leggo Chandler perché è dello stesso filone di Ellroy, che a sua volta aveva scopertoEddie Bunker, che è stato il primo dei tre che abbia letto. Un po’ come ho fatto con Fante,che era stato riportato in auge da Bukowski. Per qualche tempo ho letto solo questi dueultimi autori. Un po’ come da ragazzo andavo dai Led Zeppelin ai Doors. Poi ho cercato dileggere anche altro, ma se voglio andare sul sicuro divoro un libro di Bukowski o me nesparo uno di Bunker. Sono loro i miei Maestri di vita.Non avevo un buon rapporto con i miei prof istituzionali, quelli, per intendersi, che hoavuto alle superiori da ragazzo. Ben altra cosa sono stati i rapporti con i professori diquando ho ripreso e finito le superiori, a 35 anni. Credo che la colpa del cattivo rapporto fosse tanto mia quanto loro. Certo che loro nonfacevano altro che lamentarsi, del lavoro, della paga, e se non lo facevano volevano a tuttii costi insegnarti a vivere, ma soprattutto che ti ricordassi di loro, ripetendo: “Fra qualcheanno vi ricorderete del vostro vecchio professore che vi diceva: bla, bla, bla”.Questa smania di essere ricordati li ha portati a rimanere nella mia memoria, sì, ma comeuna fidanzata da cui ti sei liberato dopo troppi anni e a fatica.

Beh, alla fine la poliziotta C ci rende le carte di identità, e fa pure tenerezza quando tentadi pronunciare i nostri nomi italici. Ora però siamo in Inghilterra e bisogna far lavorare lazucca se vogliamo trovare un metrò che ci porti all’Excel Arena, il posto dove si svolgerà ilmatch. Le prime info che otteniamo ce le dà uno di quei distributori automatici di biglietti in cuibasta selezionare la lingua per ottenere risposte. Nonostante 4/5 tentativi a testa, non neveniamo a capo. Si decide di proseguire. Alla biglietteria che incontriamo poco più giù, ci sono tre addetti e nessuno in coda.Simone e Vittorio scelgono bene il nostro interlocutore individuando il primo a destra.Scelta azzeccata: l’omino in 2 minuti sforna 9 biglietti - scusate, tickets - per 2 giorni, e ungran sorriso. La raccolta dei soldi, visto che abbiamo molta valuta intera, non è precisa, e alla finemancherebbe qualche centesimo. Ci offriamo di dargli 1 o 2 euro, e lui smette di sorrideree ride. Scendiamo ai treni mentre ci complimentiamo con Simone e Vittorio per la sceltadell’omino.La metropolitana inglese viaggia come le schegge; il treno fa un pezzo all’aperto per poirituffarsi nel sottosuolo. In poco più di mezz’ora siamo a Piccadilly Circus, abbiamo un po’di tempo e conviene mangiare qualcosa, prima di arrivare a destinazione. La scala mobile emerge al centro di Londra e siccome è sabato e siamo sotto Natale,sembra di stare a Firenze, solo è tutto più grande. Il primo pub a destra è il nostro. Dentro al locale c’è un gran buio e, se non fosse per treTV accese che trasmettono calcio e rugby, non si vedrebbe un tubo. Non che la luceserva a tanto, giusto a capire che il piatto unico, l’hamburger con patatine, è condito conquello o con quell’altra cosa.Alla fine decido per un hamburger classic e un’acqua minerale: la scelta della bevanda èdettata dal fatto che devo buttare giù un antinfiammatorio, altrimenti prendo il mio collo eme lo sego. Se avessi un euro per tutti le volte che ho sentito male al collo sarei ricco; ilbello è che ricchi sono diventati gli osteopati che mi hanno incontrato. Solo che poifortunatamente trovi quello giusto, anzi quella giusta visto che si tratta di una donna, chenon ti viene presentata come il messia, ma che comunque ti rimette al mondo e ti fasentire meno incavolato con quelli che l’hanno preceduta, proprio perché l’hannopreceduta ed ora non ci sono più.

Excel Arena“Excel arena, Excel arena”. Il tizio del tram scandisce le mitiche parole e, anche se sonostanco morto di trascinare per tutta Londra me stesso e il trolley, mi alzo come se dovessiscrivere un pezzo rimasto con me tutta la notte.

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L’impianto olimpico - qui si sono svolte le Olimpiadi del 2012 - però è una delusione. Intutta l’Arena non c’è una tribuna, a meno che non si voglia chiamare così quella strutturarialzata da terra di mezzo metro e con 7/8 file a disposizione, che sta dietro alla nostrapostazione, che si trova prima del bordo ring. E poi credevo che contenesse quindicimilaspettatori e invece boh, diciamo quattro o cinquemila. Ci sediamo e vediamo le ultime riprese di McDonnel vs Medina. Avremmo visto volentierianche Zamora, che inizialmente era stato inserito nel programma come sfidante al titolodell’Unione Europea; ma l’italo-cubano non è potuto essere della partita per un problemaburocratico.Tornando a McDonnel vs Medina, non possiamo che apprezzare il match, visto cheentrambi sono buoni pugili. Il primo è stato campione mondiale, poi ha perso il titolo perquestioni burocratiche; qualcuno ci ha detto che è stato il suo vecchio manager, chetradito dal pugile si è rifatto facendogli perdere il titolo. Certo è che il pugilato è pieno di simili questioni, sono un po’ il grande ombrello dove siraccolgono le motivazioni più disparate. Un po’ come quando alla porta degli uffici troviscritto: “chiuso per motivi tecnici” e la vera motivazione è che il capoufficio e il suocollaboratore, quella stessa notte, hanno troncato la loro relazione clandestina dopo 15anni.McDonnel è una nostra vecchia conoscenza, Rodrigo - Bracco - ci ha disputato l’europeo.Comunque sia, Medina tiene testa al gallese per tutte le 8 riprese, e round finale a parte,secondo me fa meglio del pugile di casa. Ovvio che non basta per vincere.Credo sia il momento di vedere se becco Anna Sgarbi. L’ho vista su facebookdimagritissima, sul suo profilo di WhatsApp ha messo per un periodo “ho fame”. I socialnetwork ci precedono sempre.Ci diamo appuntamento alla smoking area. Anna arriva con un vestitino sul blu davveroadatto a quell’occasione e al suo fisico davvero ok. Ce ne stiamo per un po’ lì, buttati fracumuli di cartoni di birra e sigarette, fin tanto che non ne abbiamo abbastanza eguadagniamo un posto migliore, anche perché Anna vuol mangiarsi un hot dog.Davanti al tipo che fa i panini c’è il nipote di Salvatore Cherchi. È un ragazzo giovane, ingiacca e cravatta per l’occasione, ma da come porta quei panni direi che ci è abituato aquelle occasioni. Ma che ci fa un Cherchi a Londra? Credo i fatti suoi in primis, e poi,dando credito ad una probabile indiscrezione, non ci scordiamo che proprio l’OPI 2000, diSalvatore Cherchi, aveva vinto l’asta per Branco vs Bundu e visto che il match non si èfatto ora hanno rimediato trovando il match londinese per Leo. Anna mi dice che è già stata a Londra nel 2006, a vedere Haye vs Fragomeni, un matchbellissimo, io me lo sono visto su youtube questa estate, ero andato su facebook tanto perfar passare un po’ di tempo e ho visto il video postato da Fabio Turchi. Anna ha vistoFragomeni di recente, a pochi giorni dal match perso con Wlodarczyk. Il pugile italiano èuscito sconfitto per colpa di una ferita impressionante, c’entravano due dita. Quando l’havisto Anna, di quella ferita restava un graffietto.Dai pugili, di punto in bianco Anna passa a parlare delle donne: - È pieno di tipe con le tette rifatte, senza calze e sui trampoli.Io sorrido a pensare all’immagine del suo profilo facebook di qualche tempo fa, cheraffigurava Mafalda, dall’omonimo fumetto, che allo specchio chiedeva: “Chi è la piùrognosa del reame?”.

È tempo di andare, andare in bagno per ora. Non ho bevuto né mangiato, anche se avreiuna voglia matta di assaggiare una birra inglese. Comunque sia, mi serve un bagno. Lelatrine inglesi sono uguali a tutto il resto del mondo, almeno quelle. Opto per il servizio in piedi, scelgo l’ultimo orinatoio, quello più lontano dalla porta dientrata. Mentre sto espletando il mio bisogno, vedo che un tizio, grasso, rosso di capelli,lentigginoso, ma soprattutto ubriaco, sta facendo pipì dalla parte opposta e si sposta dipostazione in postazione continuando a urinare. A questo ritmo, goccia a goccia tra poco

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sarà vicino a me. Non credo per come è fradicio che riesca a vedermi e c’è il serio rischioche mi pisci addosso. Non ho ancora finito e il tempo stringe. Un tizio magro, bruno di capelli e senza lentiggini,ma soprattutto ubriaco, si mette a fare pipì accanto a me, così finisce che ora è lui adavere l’altro accanto. I due lasciano il loro arnese si danno il cinque prima di riprendere afare quello che facevano. Vedo la scena mentre me ne sto andando: guadagno l’uscita ilpiù in fretta possibile, saltando anche il lavaggio delle mani, e credo di essere scusato.

Il match sta per iniziare, ma non ci sono gli inni a preannunciarlo. E questo, anche sesveltisce la cerimonia, mi dispiace un po’. Il tricolore e con lui il giglio di Firenze avrannomodo di sventolare dopo.

15 Dicembre 2013, ore 8 circa del mattino, Londra, Dockland - dopo il match.La colazione inglese consumata dagli italiani affamati è una vera libidine: il buffet diventauna grande abbuffata, un trionfo di trigliceridi, colesterolo e glicemia. Questo e la birra,che avrò l’opportunità di bere nel pomeriggio, sono ottimi motivi per tornare a Londra.Me ne sto comodamente seduto a consumare il sesto giro di portate, quando mi accorgoche una pischella, con dei grossi occhiali neri, in jeans e con le All Star ai piedi, mi staguardando con il suo vassoio in mano. Visto che occupo il posto sul corridoio, credo chevoglia che mi sposti per passare di là. Penso che però potrebbe passare da un’altra parteevitando di rompere e continuo a concentrarmi sul piatto. Volgo lo sguardo, la pischella èancora là. Passo dal piatto di pancetta fritta e marmellata di lamponi alla sua faccia, e solodopo realizzo. È Anna. Anna in versione mattutina, senza lenti a contatto. Cerco dirimediare a questa figura del cavolo facendo il disinvolto, della serie: ho fatto finta di nonconoscerti; ma è una di quelle volte che la toppa è peggio del danno. Rimedieròstrappando cinque minuti fuori dall’hotel per una sigaretta.

Inizia il viaggio di ritorno. Saluto Anna davanti all’hotel, prendo il trolley e mi avvio con i miei compagni. Fatti sì e no 300 metri, ci accorgiamo che abbiamo sbagliato strada, così invertiamo larotta e ci troviamo a passare di nuovo davanti all’hotel. Anna è ancora lì, ci sorride e diceche siamo buffi. Io rispondo che sembriamo italiani in un film di Alberto Sordi. Abbiamo un po’ di tempo e vediamo un po’ di Londra. A dire la verità, non è che a mefreghi poi tanto. Credo che sia un po’ come nei racconti del mio amico americano quandoandò la prima volta ad arrampicare a Fontainebleau, a quel tempo arrampicavo anch’io.Fontainebleau è una foresta vicino a Parigi, ma per gli arrampicatori è la mecca mondiale,così l’amico americano raccontava che nel giorno di riposo dalle fatiche di climber, nonerano andati nella capitale d’Europa, ma erano rimasti a vedere le lavatrici girare. Non homai chiesto se vedere le lavatrici girare fosse un modo di dire yankee; ma ho sempresaputo che per vedere e apprezzare posti nuovi bisogna essere in palla, e non svuotati dauna passione che fa passare tutto in second’ordine.

Fine del Viaggio, per ora…Eccoci qua, sull’aereo di ritorno. Siamo io, Vittorio, Fabrizio, Moreno, Cesare, Davide,Ezio, Francesco e Simone. Io sono sistemato tra Moreno e Cesare, mentre gli altri sonopoco più dietro o poco più davanti. Moreno dorme, io sono alle ultime pagine di Finestrasul vuoto. Cesare se ne sta tranquillo, come del resto lo è stato durante tutto il viaggio;gran bell’atteggiamento per un ragazzo di 16 anni. Poso il libro per un attimo e faccio duechiacchiere con lui:- Vedi Cesare, in vita tua ne incontrerai di persone che ti vorranno dire cosa ricordare echi ricordare, ma se ami lo sport questa impresa sarà tua per sempre. Io c’ero, la notte incui Leonard Bundu sbancò Londra, io c’ero.

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Al mio ritorno mi aspettano buone notizie. Una mi aspetta direttamente all’aeroporto e sichiama Francesca. A dire il vero l’ho fatta anche aspettare, il volo era in ritardo; ma lebelle ragazze non andrebbero mai fatte aspettare e ora non vedo l’ora di recuperare.Anche lei ha visto Leonard in TV.Sono in tanti ad aver visto, sofferto e gioito con Leonard Bundu. Serena, mia sorella, mi invia un sms: “Eccezionale Leo! Ci ha tenuti incollati alla tv.” A lavoro diversi colleghi mi diranno di aver visto il match e rivisto finalmente il grandepugilato. Con i miei articoli e con le mie parole sono riuscito a far appassionare le personea Leonard Bundu, questa è la più grande soddisfazione. Raccontare Storie eappassionare.

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Leonard Bundu vs Frankie Gavin 1 Agosto 20146° Difesa del titolo di Campione d'Europa dei pesi welterCivic Hall Theatre - Birmingham - Wolverhampton

Tutto vano?L'inglese nel round finale prende il centro ring e mena la danza, non fa niente di che; madimostra di finire meglio di Leo ed il suo pubblico, dopo averlo visto nel corso del matchdisteso lungo sul tappeto, si rianima ed accompagna la ripresa con gli olè. Ma non bastauna ripresa per vincere un match prima di quella ci sono state/le altre/l'atterramento della6°/il paradenti/il resto? I pensieri interrogativi si affollano veloci nella mia testa in un tempoche è indefinibile, il tempo che ci divide dall’annuncio del vincitore del match.

Incredibile, se fossimo in Italia me ne starei, non dico rilassato, ma molto più tranquillo,perché, ed è bene che tutti lo sappiano, stiamo parlando di un match vinto chiaramentecon 4 o 5 punti di scarto, ed invece me ne sto con il giramento a fissare gli inglesi chesperano di far festa solo perché siamo a casa loro. È dura andare in trasferta, è durissimavincere in trasferta; odio essere beffato, lo faccio solo per Leo. Sono qui solo per lui. Noncerto per la Federazione che è assente, non certo per la lega Pro Boxe che è assente;non certo per Loreni che non ha vinto neanche quest'asta, non certo per la televisioneitaliana che è assente pure lei e ci lascia qui da soli, unici testimoni di un'ingiustizia, secosì sarà, che rimarrà inaccessibile ai più. Perché si sa come vanno queste cose, fraqualche anno il match di Wolverhampton sarà ricordato al massimo come un match dalverdetto casalingo per quasi tutti; mentre per noi che c'eravamo sarà una ferita che siriaprirà. Certo che non sono poi così solo, il flusso dei pensieri, passato dall'uso delsingolare al plurale, mi ha anticipato. Qui, accanto a me, ci sono i miei compagni.

Penso a Fabrizio con cui ho passato qualche giorno e mi pare di conoscerlo da sempre.Penso ad Ezio che a 76 anni quando gli ho detto, appena appreso che il match sarebbestato in Inghilterra, “Ezio ci tocca tornare in Inghilterra” lui mi ha risposto alzando le spalle“eh allora, si prende l’aereo”. Stamani alle 5 del mattino all’aeroporto di Pisa si parlava diGavin ed io dicevo che era un tipo sgusciante, uno che va via, che ti manda a vuoto e... “lo sai quante ne ha trovati in carriera di pugili così, a Leo gli metti il sinistro e lui lo schivaed è subito lì, ti ruba la distanza quando vuole, è sempre a misura, quanto mi ha fattodivertire in questi anni” rispondeva Ezio. Penso anche a Simone, al fatto che nonostantel'età e alla zazzera potrebbe essere definito un “grande vecchio”. A Vittorio che ha persola carta di identità ieri sera, l’ha cercata per mari e per monti accontentandosi anche ditrovare il passaporto in pianura e poi ha dovuto rinunciare a partire. A partire con noistamani, ma non ha rinunciato ad esserci oggi, prendendo il volo Firenze - Birminghamnel pomeriggio, atterrando sul suolo inglese alle 16,30 ed è lì che l'abbiamo preso con lanostra macchina noleggiata all'aeroporto di Londra alle 9 del mattino.

No no, non dico cavolate, il viaggio da Londra a Wolverhampton ha avuto tempilunghissimi, infatti, - a parte la fermata per recuperare il nostro Vittorio a Birmingham -siamo arrivati a Wolverhampton intorno alle 19. Avevamo stimato che il tratto di strada dacoprire sarebbe stato di 150 km, calcolando così 2 ore di viaggio, tanto per stare tranquillied invece i km, anzi le miglia, erano molte di più. Diciamo che tutto è andato piuttostobene fin quando alla guida della macchina c'era Simone, che già aveva esperienza diguida destrorsa, coadiuvato dal navigatore umano Fabrizio seduto a fianco e dalnavigatore meccanico seduto sul cruscotto; poi a tutti è venuta una gran fame e quindi cisiamo fermati; ma nella terra di sua maestà, almeno nel tratti di strada in questione, non cisono gli autogrill così come li intendiamo noi. Non si tratta della roba da mangiare o deiwc, si tratta del fatto che le aree di sosta non sono contigue rispetto alla strada percorsa,così da permettere l'uscita del veicolo, la sua fermata ed agevolare la ripresa dellamarcia e della strada precedentemente abbandonata. Quindi, il malcapitato veicolo ed i

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suoi occupanti, dove aver fatto gli opportuni rifornimenti e scarichi, si trovano sbalzati inun'altra strada e devono ritrovare la vecchia e giusta via.

Alla guida della macchina ora c'è Fabrizio, Simone passa dietro per un po' di riposo, iodavanti alla navigazione. Fabrizio prende l'unica strada possibile e ci troviamo in un'altrarealtà ricca di insidie e di rotonde. Ho incontrato le rotonde la prima volta “nell'acida” Ibizadei primi anni '90, prima cioè che diventassero di moda anche a Firenze e provincia, manon avevo mai fatto i conti con le rotonde affrontate con il sistema inglese, che incasina iltuo modo di procedere acquisito per i vialetti dei giardini ai tempi in cui la mamma tiguidava in carrozzina. Alla prima rotonda il navigatore meccanico ordina di uscire alla 4° uscita e subitosbagliamo, perché è un autentico macello capire in anglosassone come fare a seguirequella che sembra un'elementare manovra, è tanto difficile che ora che scrivo mi sonocompletamente scordato il ragionamento fatto a suo tempo per convertire in guida inglesele abitudine di una vita.

Fatto sta che abbiamo sbagliato e ci ritroviamo in una strada stretta ed a doppio senso dicircolazione, i veicoli che provengono nella direzione opposta alla nostra sembrano tuttivenire in controsenso, la mostruosa sensazione è acuita alle curve e sembra di essere inun videogame. Fabrizio appare in leggera apprensione, compresso com'è nella situazionedi chi, per evitare un frontale dietro l'altro, rischia di andare fuori strada. Io che assistocerco di rimanere calmo tenendo d'occhio, dal mio specchietto, la striscia che delimita ilmargine destro, scusate sinistro - visto com'è facile sbagliare -, alcune volte devorichiamare l'attenzione del pilota a riprendersi da quello che sembra un quasi incidente,altre volte sono le fronde degli alberi sul ciglio della strada che ci avvertono che nonrimane più tanto spazio fra noi e il baratro.Decidiamo di fermarsi e di far riprendere a Simone il comando delle operazioni, nellospiazzato vediamo anche che siamo finiti in piena campagna inglese, con i pratiall'inglese, le collinette all'inglese e perfino i sassi all'inglese. Alla prima rotonda comunque sbagliamo ancora - another volta - e ritroviamo i cartelli cheindicano Londra minacciosamente più vicina. Ci vorranno un paio di ore buone, condite dadiscussioni sul come fare ed uscite da brivido alle rotonde, per ripassare davanti allafamigerata area di sosta. Alla fine siamo in hotel anzi al Novotel nel tardo pomeriggio.Nella hall troviamo il Bonci, Loreni e Leo, per lui è ancora presto per andare al Civic Hall,così ci saluta e torna in camera.

Prendiamo possesso delle camere anche noi, Francesco ha dovuto dare forfait all'ultimominuto e così io e Fabrizio siamo in camere separate e tutte per noi. La mia attenzione vasubito alla postazione di scrittura che individuo vicino alla vetrata - perfetto - inserisco laspina inglese prestata da Nicola ed apro il computer. Connessione internet ok, apro il mieiappunti e sento che quello è un buon posto per Scrivere.Sbrigate le cose importanti, penso a fare la doccia ed a prendere qualcosa per latesta/collo, visto che la tensione sale e la nottata sarà lunga.

Quando scendo è già l'ora di mangiare, non perché abbiamo particolarmente fame - iltacchino della famigerata sosta era abbondante, oltre che buono - ma perché la nottataresta lunga. Prima che il piatto sia pieno telefono alla Franci e mi faccio vivo, ancora unavolta non posso che ripetere che la diretta TV non ci sarà. Come tutti ho il telefono pienodi messaggi/telefonate di chi è non è potuto essere qui e chiede lumi sui collegamenti. Sidice che Warren, il promoter di Gavin, abbia sorriso all'offerta della TV italiana - tanto erabassa - e per chi è dovuto rimanere a casa non resta che lo streaming. Chiudo latelefonata con un bacio e con un “a presto”.

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La macchina per Leo è arrivata. Il campione ora appare tirato in viso. In silenzio loaccompagnano nel piazzale dell'hotel, lui mette la borsa nel bagagliaio, alza il bracciodestro lo piega ed agita il pugno, rispondiamo increspando le labbra. Seguiamo lamacchina che se ne va. Appuntamento al Civic Hall Theatre.

Civic Hall Theatre

Ho bisogno di un po’ d’aria. Mi alzo, con lo sguardo chiedo al tizio che mi sta accanto disedia di farmi passare, la sua mano tatuata va in direzione dell'uscita, così come la suatesta rasata. Le sue gambe si ritirano. Aria.Mi alzo il bavero del mio giubbino e soffio il fumo verso l’alto, piove ma nessuno pare farcicaso.La mia attenzione viene catturata da una scena dall’altra parte della strada. Un gruppettodi poliziotti inglesi circonda un ragazzo scalzo e a torso nudo che sbraita all’indirizzo dinon so chi.Il suo amico, non molto distante dalla mia postazione, fa avanti e indietro per direqualcosa ai Bobbies, tutte le volte viene accompagnato dall’altro lato della strada da unodegli agenti, tutte le volte ritorna. Ad un certo punto un coglione passa nei pressi della scena, indica il ragazzo seminudo,urla il suo nome e ride forte. Gli animi si surriscaldano, ma i poliziotti si adoperano perraffreddarli e si capisce subito che la camionetta, parcheggiata nei pressi della scena, sene andrà vuota.Ed infatti il tizio seminudo va per la sua strada ed io torno dentro fra l’indifferenzagenerale.

Ancora non mi va di tornare a sedere, al bar c'è una gran ressa ed una pessima birra,trovo però gli altri compagni di viaggio che si sono mossi per conto proprio, Antonella eGuido. Ringrazio Antonella che è riuscita a procurarmi un pass per il bordo ring, infattiquesta volta non ho neppure provato a trovare un accredito. Guido mi offre una birra,declino l'offerta scusandomi. Saluto i due dopo che Antonella mi ha spiegato dove sono glialtri.Passo a salutare Giuliana ed i bimbi che sono nei pressi del bordo ring dalla nostra stessaparte. Faccio il giro per salutare Anna e Michela, le trovo sempre in forma, Annaaddirittura più alta della volta scorsa, potenza dei tacchi. Riprendo la mia posizione.

I tizi che precedono il mio posto - due amici hanno raggiunto il ragazzo che prima haagevolato la mia uscita - si alzano e rischiamo una collisione fra pance di spaghetti epance di birra. Sono di nuovo accanto a Fabrizio, che precede Ezio, Simone e Vittorio, aguardare il sottoclou. I match non sono un granché, forse Warren ha speso tanto per farcombattere il suo pupillo nel giardino di casa e non gli è rimasto molto per il resto.

Sul quadrato ci sono due pesi massimi imbattuti con un bel record. Uno di loro,l’australiano Browne, molto massimo, il suo avversario è l’ucraino Rudenko. Il match ha inpalio il titolo intercontinentale WBA. Il peso dei due pugili rende tutto molto faticoso, con ilpassare delle riprese poi, lo sforzo e le botte li rendono lenti e prevedibili. Rudenko simuove meglio nelle prime riprese, Browne va dritto per dritto anche contro i cazzotti cheprende. Il pugile australiano è un vero duro, uno che non si fa mancare nulla, come il suocorpo che è pieno d’inchiostro tatuato, dove puoi trovarci: la carpa giapponese, il maorineo zelandese e chi più ne ha, più ne metta. Vince Browne, che così si avvicina alla vettadella classifica mondiale - così apprenderò in seguito - ma non credo che possa fare tantomeglio, per capirsi Klitschko, il campione, lo metterebbe K.O. in 3 riprese.

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Di grande interesse per me è chi c’è all’angolo di Browne, infatti il suo Maestro è JeffFenech ed il suo promoter e Ricky Hatton, entrambe più volte campioni mondiali. Fenech,che non è parente della Edwige nazionale, ha combattuto con gente del calibro diAzumah Nelson. Ricordo uno speciale che Rino Tommasi gli dedicò qualche tempo -molto - tempo fa - sulla sua rubrica di Boxe anni ’80, quando i media non oscuravano laBoxe. Il servizio si chiudeva con un ripetuta infinita di montanti da parte di Fenech.Ricky Hatton è stato un grande campione, uno che si è piegato, quando era all’apice,solo a campionissimi come Maywheather e Pacquiao. Hatton, dopo aver fatto il suorientro sul ring nel 2012, ha smesso definitivamente con la Boxe. The Hitman, l’uomo checolpisce, il nome sul ring di Hatton, è molto fuori forma oggi - e potrei essere molto piùduro con lui nel descriverlo - ma sono già molto duri i suoi problemi fuori dal ring: alcool,depressione e droga, così lascio perdere. Vedrò se riesco a leggere la sua storia, ma nonfin tanto che è scritta solo in inglese. Chi la sta leggendo, pur conoscendo il tipo, è rimastomezzo sconvolto. Comunque quello che volevo dire è che Hatton in Inghilterra è una veraleggenda. Da promoter Hatton va forte. Nella sua scuderia ha pugili interessantissimi comeRabchenko, il suo prestigio deve anche aver contato molto nella carriera del fratelloMatthew, che fresco di titolo continentale ha combattuto per il titolo mondiale sigla W.B.Ccon un certo Saul Alvarez. Matthew in passato era stato accostato diverse volte al nomedi Bundu, ma poi, complice il suo tentativo mondiale e poi la sua sconfitta con Brooke nonse n’è fatto mai di nulla. Per capire come vanno le cose: Brooke, dopo aver battuto ilfratellino di Hatton, non ha mai mostrato alcun interesse per il titolo europeo di Bundu, maha puntato alle eliminatorie per i titolo mondiale IBF, ed ora è il campione mondiale di sigladopo aver battuto, anche un po' inaspettatamente, Shaun Porter negli Stati Uniti. Quelloche sta facendo di straordinario Leo è proprio questo: avere la forza di vincere sempre edovunque, per tenere in piedi le sue chance ed essere ancora in partita con chi hasempre avuto in mano carte più forti, grazie a manager e federazioni più autorevoli epotenti delle nostre.

Sul ring ora, dopo i due massimi, c’è un pugile di casa contro un ragazzo di colore,quest’ultimo ha la pancia e le guanciotte alla Arnold Jackson - il protagonista del famosotelefilm anni ’80 - , ma non si muove male. Il pugile di casa ha un fisico più da pugile; maun’impostazione così scolastica che fa quasi tenerezza, mi pare, che come da copione,vinca quest’ultimo, fra la poca partecipazione degli spettatori impegnati ad intasare ilcorridoio che dà sul bar e quello che dà sui bagni.Il pubblico si scalda un po’ quando arriva sul ring Jo Costello, un nome che detto da unring announcer inglese è già un programma. Il 20enne di Birmingham va dentro forte, ilsuo avversario nonostante i suoi 26 anni è al suo 11esimo match. Vince Costello, ma ame non pare un fenomeno.

Bundu vs GavinI bar sono vuoti, le persone hanno smesso di bere, chiacchierare, fumare. Ora tutti sonoqui a vedere il match. Come faccio spesso vado a vedermi l'entrata di Leo. Leo appare da dietro le quinte, comesempre ha l'accappatoio di raso nero e rosso e la faccia da guerra. Le note di Fifty cent, lostacchetto scelto da Leo, lo accompagnano sul quadrato. Qualcuno fischia, altri fanno ilgesto dell'ombrello, la maggior parte aspetta Gavin. Il pugile inglese arriva in clima dastadio, i cori inglesi, i migliori del mondo, insieme alle cornamuse lo accompagnano sulring, insieme ad una cintura multicolore che non riesco identificare.

Ride bene chi ride alla 6° ripresa4 montanti: montante destro doppiato al volto, due colpi che trovano l’opposizione deiguanti di Gavin. Montante sinistro strettissimo al mento che entra di precisione, montante

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sinistro alla figura che colpisce il fegato di Gavin e lo abbatte. Leo va all’angolo neutro edosserva la scena l'arbitro che conta. Quando il conteggio arriva a 3 - 4 e Gavin è ancoradisteso bocconi con le gambe rigide, Leo alza le braccia quasi convinto che Gavin non sirialzi fino al conteggio totale. Ma l’inglese ha un sussulto, si gira, sputa il paradenti e sirimette in piedi. L’arbitro raccoglie il paradenti scuotendo la testa, probabilmente un gestodi imbarazzo perché sa che dovrebbe almeno richiamare ufficialmente Gavin per quelgesto volontario - se non decretare lo stop del match, e la vittoria di Leo, perché il pugileche si alza dal know down dovrebbe dimostrare di essersi ripreso e non fare esercizi disputazzamento - ed invece dà il paradenti all’angolo dell’inglese per la necessaria pulizia.Leo ride per la presa di giro che sta subendo.

Disegno di Luca Andreozzi

La sceneggiata va avanti per un altro po', non scordiamoci che siamo in teatro, poiquando gli attori hanno finito di fare finta si ricomincia a fare sul serio. Leo si getta su Gavin cercando di mettere a frutto quei pochi secondi che separano ilround dalla sua fine. L'inglese dimostra di aver recuperato - ma che sarebbe successo seLeo lo avesse subito avuto disponibile? - e fa quello che gli riesce meglio, ovvero non si fatrovare, schiva e si muove e cerca di arrivare alla fine del round. Leo gli sta addosso, locolpisce, ma non abbastanza forte e bene da mandarlo un'altra volta al tappeto. Lacampana mette fine al round, Leo viene riaccompagnato all'angolo dall'arbitro che fa ampigesti al Bonci e a Paolino di provvedere alla garza del guantone che ha ceduto. Non unaparola fra gli italiani e l'arbitro.Intanto in platea come dappertutto nel teatro siamo in piedi, non sappiamo che tipo dispettacolo si aspettavano gli inglesi, ma se metti Leo in programma non puoi nonconsiderare il suo montante al fegato.

Non è che non fosse successo nulla prima di quella ripresa: Leo aveva iniziato a braccareGavin, che aveva iniziato a schivare e poi al 5° round aveva preso anche a rientrare, cosache c'era piaciuta poco e che avevamo comunicato ad Antonella la quale, seduta qualchefila più in là, al termine di ogni round, ci chiedeva lumi girandosi verso di noi comeprecedentemente concordato. Ma se nel match con Purdy la chiave della vittoria era statail saper cambiare in corsa stile, in questo match la mossa vincente per Leo è stata quelladi non modificare il suo atteggiamento mentale pur subendo le manfrine dell'arbitro che, in

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occasione del conteggio ed anche quando Gavin reiterava le sue scorrettezze, non lotutelava mai. Insomma nervi d'acciaio per Leo che nella bolgia di Wolverhampton deveavere pensato, vinco io comunque sia: arbitro, avversario, giuria, paradenti e tifo contro.

Siamo al giro di boa di un match previsto sulle 12 riprese; ma che promette di finire prima,almeno è quello che ci auguriamo noi. Arriva il suono della campana che ci trova ancoratutti in piedi. È una lotta selvaggia, fra chi vuol chiudere il match e chi vuol rimanere inpiedi e recuperare energie. Il KO è nell'aria, lo sentono i pugili e lo avvertiamo noi, è unclima di apprensione, paura e soddisfazione non ancora venuta a galla. Il Civic Hall diWolverhampton ribolle di queste sensazioni ed ognuno di noi che le sta vivendo è unabollicina di un liquido in ebollizione.Gli unici estranei da questo clima sono 2 tizi di colore dietro di noi, che se ne stannocomodi sulle loro sedie, come stessero vedendo la 20esima replica di Pierino e i lupo edinvitano noi a sederci. Ci penserà lo speaker a richiamare tutti a stare seduti e tranquilli.

Si va avanti ed il KO non arriva. Gavin dimostra di saper reggere, a dispetto del suo fisiconon troppo muscolato, le bordate di Leo che continua a metterlo alla frusta fino alla 10°ripresa. Nelle ultime 2 riprese Leo rallenta la sua azione, negli spogliatoi ci dirà “dall' 8° misono presi i crampi”. Gavin ne approfitta, e dopo la burrasca dei round precedenti, mettefuori il naso e vede un po' di sole.

Tutto vano 2?Ora non c'è più tempo per i pensieri, i ricordi, le recriminazioni. Ora il ring announcer cidirà la risposta al nostro interrogativo, una risposta che tutto il Civic Hall attende in piedi.Quando viene annunciata la split decision, la decisione non unanime dei giudici, sento ilbracciolo in legno della mia sedia che si avvicina pericolosamente alle mia terga, seguonoin rapida successione i nomi ed i punteggi dei tre giudici che non capisco; ma poi capisco“and still champion...”, che vuol dire che Leo è ancora campione d'Europa.In definitiva Leonard vince perché 2 giudici su 3 gli riconoscono un punto di vantaggio,mentre il 3° giudice scriverà nel suo cartellino un PAZZESCO computo che riconosce 3punti di vantaggio per Gavin. A conti fatti si può dire che abbiamo evitato la beffa per 1punto.

Dopo match Senza troppa resistenza ci siamo fatti buttare fuori dalla sorveglianza inglese ed orasiamo in strada davanti a due alternative, sto parlando di me e Fabrizio, tornare in hotelcon gli altri e dopo 2 chiacchiere andare in camera, dove io ritroverò la mia carapostazione o vedere quello che c'è da fare con Leo e gli altri. Decidono le parole diFabrizio: “e dai, quando ci ricapita un'occasione come questa?”. Per rientrare usiamo la carta Michela, che ha seguito il flusso inverso ed è andata nellospogliatoio con Leo e gli altri. Michela arriva con in braccio Frida, con le due signorepassiamo il primo blocco - la tizia della sorveglianza davanti alla porta - poi proseguiamoda soli perché Frida deve andare in bagno. Procediamo con circospezione nel teatrosemivuoto, tenendo a mente la raccomandazione di Michela “fate finta di nulla e nessunovi dirà nulla”. Passiamo in mezzo agli operai che stanno smontando il ring e ciaddentriamo dietro al palcoscenico, per due volte sbagliamo strada e ci ritroviamo apassare davanti allo spogliatoio di Gavin che in mutande e molto segnato in viso parlacon gli uomini del suo entourage, come sarebbe bello capire che dicono. Al ritorno dalsecondo giro troviamo Michela e Frida che ci conducono da Leo. Il campione è giàdocciato, non ha particolari segni della battaglia, a parte un lieve rossore dell'occhio. E'seduto sul divano - ricordiamoci che siamo dietro le quinte di un teatro - e concedeun'intervista a Marco Bratush di Boxe ring web. Assisto con piacere al lavoro del collega,fa piacere vedere come lavorano gli altri anche in considerazione del pezzo che poiscriveranno e che il giorno dopo mi andrò a leggere. Leo racconta anche che durante la

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preparazione ha avuto un problema alla mano che gli ha impedito di lavorare comedoveva, ero a conoscenza di questo, ma non ho detto nulla nei mie articoli, l’informazioneera riservata. Passa Guido e mi ritrovo una birra in mano, stavolta la prendo e ringrazio.Dopo le varie tensioni delle ultime ore, ora è arrivato il momento di godersi la vittoria ed èancora più bello condividerla con gli amici. Argomenti dibattuti: il comportamento parzialedell'arbitro e la grande paura per la decisione della split decision. Per quanto riguardaquest’ultima nota i ragazzi che avevano la postazione opposta alla nostra e le pupille sullefacce dei protagonisti ci raccontano, che dalla mimica del ring announcer e di FrankWarren avevano capito che le cose si mettevano bene, infatti il primo aveva una faccia dafunerale e Warren gli faceva compagnia, insomma Leo gli aveva tolto quel sorriso che laTV italiana gli aveva donato. Nel corridoio ci passa accanto Gavin che ci saluta, poisappiamo che aveva invitato Leo a bere una birra in un pub dove si doveva far festa per lasua vittoria. Di lì a poco anche noi salutiamo ed in banda usciamo dal Civic Hall. Delcomportamento dell'inglese Leo dirà - dall'articolo di Buttafuoco - “Diciamo che Gavin èstato tanto educato e professionale prima del match, durante la conferenza stampa,quanto antisportivo durante e dopo l’incontro. Ha spesso colpito dopo il gong, si è soventelasciato andare a prese di lotta ed alla fine non ha voluto abbracciarmi e riconoscere lasconfitta. Ma penso che il suo fosse solo nervosismo derivante dall’aver incassato la suaprima sconfitta in carriera”.

Il gruppo procede in direzione del Novotel, sotto la noiosa e ghiaccia pioggia inglesesembreremmo un normale gruppo di ragazzi che se ne torna a casa dopo un venerdìsera, ed infatti siamo un gruppo normale di ragazzi con in mezzo il campione d'Europa deipesi welter e che per la seconda volta di fila ha espugnato l'Inghilterra, un'impresa chenon era mai riuscita a nessuno. Durante il tragitto Leo spiega che dall'8° ripresa gli eranopresi i crampi ed il pensiero va ai calciatori che sdraiati sui campi di calcio sembranomoribondi.

La hall dell'albergo è perfetta per continuare a festeggiare e siccome una festa senza birranon è una festa, arriva il prezioso liquido. Siamo una bella banda di gente che non hanessuna voglia di andare a letto, nell'allegria generale viene fuori anche la cintura cheGavin ha portato sul quadrato e messo così in palio, si tratta della cintura delCommonwealth, che Leo gli ha portato via per la sua nascita in un paese delCommonwealth. Paolino mi chiama da una parte e mi sussurra “grazie per essercisempre”. Poi mi fa guardare gli sms ricevuti dai Maestri di tutta Italia che rendonoomaggio al campione.Mi sa che inizia ad essere tardi, ma prima che mi decida a salutare arrivano le pizze.Infatti un genio ha chiamato un pizza taxi che non perde l'occasione per farsi un selfie conLeo. Mangio un pezzo di pizza e decido di andare a pescare Fabrizio, lo trovo in zonaMichela, non mi va di scroccare niente a nessuno così gli dico che pensi lui al conto dellevivande e poi mi farà sapere.Il giorno dopo mi dirà che tutto è stato offerto dal Leo.

La postazione è lì che mi aspetta, ammucchio i vestiti sul divano ed in totale sbraco mimetto a scrivere. È una bella sensazione riuscire a battere sui tasti nonostante tutto,tralascio le parti più o meno preparate e lascio andare le dita. Il pezzo lo chiamo “BunduCampione nonostante tutto”. Lo rileggo 1 volta o 2, anche se sono sicuro che non riusciròa fare un buon lavoro con la correzione, è sempre così se mi faccio prendere dal ritmo.Sono le 5 del mattino quando lo mando via, penso che fra qualche ora lo potrò modificare,ma poi non lo faccio, lo lascio così. Sono 25 ore che non dormo e decido che per ora basta così.

Sapete una cosa, quando intervistai Leonard prima che diventasse campione d'Europascrissi: “ci sono uomini che devono perdere tempo per saperlo apprezzare. E se poi

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hanno il talento di Leonand si trovano a combattere per il titolo europeo a 37 anni”. Dopo3 anni, grazie alla forza di Leonard, quella frase Europea è diventata Mondiale, il 13Dicembre Leo sarà a Las Vegas per conquistare il titolo mondiale ad interim nella manidei Keith Thurman.

Tutti a bordo

Non ci sono Viaggi senza Viaggiatori, gente dal motore sempre acceso e dallo spiritosempre pronto per raggiungere mete sempre nuove e persone diverse, perché l’importan-te è poi avere qualcosa da raccontare, perché il tempo passa e alla fine mica puoi parlaresolo del tempo.Insomma, questi sono i Viaggiatori:- Il Maestro Boncinelli, Bonci per tutti tranne che per Giulia che lo chiama Ale. Il tenenteColombo del pugilato italiano, da 27 anni guida l’Accademia Pugilistica Fiorentina; al suoangolo dieci campioni italiani e un campione d’Europa. Lo trovi in palestra perché è lì chesi fanno i Maestri, come i pugili del resto.- Il Maestro Paolo Vignoli, vice del Bonci, che continua e continuerà la strada del Maestro.Sua la metafora che nel racconto del match di Firenze spiega la pervicacia del Bonci: unavolta mi ha detto: "In questo mondo - il pugilato - nessuno vive di questo lavoro, il Bonci fail pellettiere e io faccio il postino". E io - aggiunsi - faccio l’impiegato.- Moreno Mencucci, presidente dell’Accademia Pugilistica Fiorentina dal 2013, prima con-sigliere e prima ancora pugile: sotto la giacca, c’è da scommetterci, indossa la canottieradell’A.P.F.- Massimo Nascimbene. Consigliere dell’Accademia, pugile amatore, d.j e commercialista,mi dà una mano nelle relazioni con la S.I.A.E. Una mano molto gradita.- Il mio babbo. Nel salotto di casa Capitani è nata la passione per il pugilato e per il cine-ma, quando tutta la famiglia si riuniva davanti a quello schermo. Quando vivi quei tempipensi che tutto rimarrà così, ma poi le cose cambiano e se sei fortunato, dopo 26 anni,quella passione si rinnova dal vivo una sera di Novembre.- Alessio Farolfi, detto i' Foffy. Con lui da bambini ci siamo rotolati nell’erba dei giardini frasiringhe e cacche di cane, un miracolo esserne usciti vivi. Dà il "la" ai Viaggi, semprepronto, sempre lui.- Andrea Gallo, detto il Galletto. Ha visto la sua prima partita di calcio in curva Fiesole,Fiorentina-Juve 2 a 2 di coppa Italia nel 2005, partita sospesa e cariche della polizia. Ilsuo primo match di pugilato dal vivo, Bundu-Petrucci al Mandela, anche qui scontri suglispalti. Battesimi di fuoco per chi comunque conosce il valore delle cose.- Antonella Bundu, sorella del Campione, sempre presente a bordo ring per sostenere ilfratello. Afferma di non essere lei quella che si sente gridare durante i match, ma dice cheè Giuliana. Le credete?

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- Piero Pelù. È... Siete sicuri che debba spiegarvi chi è Piero Pelù?- Giuliana Riunno, la compagna di Leo, sempre in 1° fila, sempre a urlare il nome del suouomo. Leonard, per sua stessa ammissione, le deve l’equilibrio che nello sport, come nel-la vita, ti serve per raggiungere gli obbiettivi.- Andrè e Frida, i bimbi di Leo, che lasciano il babbo solo per farlo combattere, ma appenafinito sono i primi ad abbracciarlo.- Guido Riunno, l’uomo delle birre, ha il.. compito di reidratare Leonard dopo il match e su-bito prima dell’antidoping, altrimenti il campione non riempie la provetta. A proposito, Gui-do è anche il suocero di Leonard.- Nicola Novelli, direttore di "Nove da Firenze", il primo a credere che i Viaggi di Leo fos-sero un buon progetto. E anche se preferisco la narrativa “cattiva”, come non essergli gra-to?- Corrado Sacchi, che sul suo profilo di WhatsApp ha scritto: “la più grande fortuna di unadonna è essere fotografata da me”. Io aggiungo che la più grande fortuna di una personaè averlo per amico e compagno di Viaggio. L’unico che conosco che abbia il coraggio difotografare il lato b della vitella al Calcio Storico Fiorentino.- Monica Caleffi, appassionata e simpatica fotografa, ritrae tutto con passione, ma la suapiù grande passione è fotografare il pugilato.- Michela Comisso, fotografa e grande amica di Leonard, abile a cogliere il Campione sulring e appena fuori dal ring: sua la foto del Campione che bacia Frida, la sua bambina.- Rico Borri, dentista appassionato e grande conoscitore di pugilato, che ha seguito anchein qualità di reporter.- Anna Sgarbi, addetta stampa della Boxe Loreni e Maestro di Boxe, graziosa e sempreben disposta, ma se si arrabbia… chiedete ai suoi allievi che per punizione hanno passatoun paio d'ore a saltare per tutta la palestra. Non conosco bene Anna, almeno non benissi-mo, ma so di volerle Bene.- Giuseppe Sette, detto Pino. Quante volte avrei voluto essere Pino, quante volte avrei vo-luto non esserlo. Sempre pronto alla burla, capace di farti ridere raccontandoti la barzellet-ta più vecchia del mondo. Sul quadrato scherzava poco, capace di portare il destro seccocon una naturalezza sorprendente. Oggi, se gli chiedi: "Pino, ci sono ancora i cattivi ra-gazzi?", lui risponde: "Sì, ma non hanno l’ironia di quelli di un tempo".- Michele Sette, figlio di Pino. Cresce di Viaggio in Viaggio, adolescente inquieto, ma di si-curo siamo noi che invecchiamo.- Luca, amico di Pino. Mai visto il pugilato in vita sua. Inizia con il campionato d’Europa aRezzato; quando lo rivedrò, controllerò che si sia tolto il pass dell’evento.- Giano Lenzi, ottimo pugile dilettante, ha combattuto due volte con Cammarelle; ora co-lonna dei Verdi del Calcio Storico Fiorentino, sul ring europeo porta le insegne del Cam-pione dall’alto del suo metro e novanta.- Cesare Arzilli, detto I' Cece, anche lui pugile dilettante; il suo libretto vanta un recordd’altri tempi, quando i guantoni non erano antishock e le soluzioni prima del limite eranofrequenti.- La Giulia, pugile donna dell’Accademia. La trovi sempre in palestra, prima ad allenarsi epoi ad allenare il corso amatori.- Ivano Dagliana, talento pugilistico puro, all’Accademia quando ricordano i migliori pugilie i tempi dei grandi 1° serie, lui è sempre nei primi posti. Campione d’Italia dilettanti, si èritirato con 109 incontri disputati. Nella sua carriera tantissimi infortuni alle mani, moltevolte avrà dovuto colpire con il cuore.- Luca Platania, promessa 17enne dell’Accademia; è nipote di Ivano Dagliana, ma sul ringci va lui, eccome se ci va lui.- Ezio Sottili, presidente onorario dell’Accademia Pugilistica Fiorentina, da sempre nellaBoxe, i colori dell’Accademia devono a lui e alla sua famiglia la rinascita. Apprendere daEzio Sottili che il match di Leo a Londra ricordava quelli di Mazzinghi ha un significato par-

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ticolare. A Londra è voluto esserci nonostante non fosse in forma, se mi capite cosa vuoldire non essere in forma per un uomo di oltre 75 anni. - Francesco Sottili, cosa scrivere di Francesco, beh potrei scrivere quello che ha detto du-rante la riunione per decidere se avremmo organizzato il match europeo di Bracco: “se or-ganizziamo noi, l’addetto stampa sarà Massimo”. Affetto e stima mi legano a Francesco,sono contento che le sue capacità possano esprimersi nel ruolo di assessore allo sportnel comune di Fiesole. Memorabile la nostra telecronaca su Teleiride della manifestazioneorganizzata in occasione del campionato dell’Unione Europea di Bracco a Firenze- Simone Sottili, se io sono fortunato in quanto a capelli posso dire che Simone ha unafortuna sfacciata, praticamente ha il solito ciuffo di quando l’ho conosciuto io, 25 anni fa. Aparte la capigliatura Simone ha un grandissima competenza di Boxe, se capitate ad unmatch di pugilato e lo vedete, avvicinatevi e capirete il perché.- Fabrizio Frosali, la nostra guida a Londra fortunati noi e fortunati i suoi allievi, infatti nellavita Fabrizio è il Prof. Frosali. - Davide Sarti, chi ha visto il nostro abbraccio dopo l’atterramento di Purdy giurerebbe checi conosciamo da anni, invece solo da poche ore. Lo sport è capace anche di questo.- Cesare Sarti, figlio di Davide, ragazzino di 16enne capace di stare con i grandi, forse noiavremo insegnato qualcosa a lui, di sicuro qualcosa noi da lui abbiamo appreso- Vittorio, agente di viaggio, è lui che organizza il Viaggio a Londra e che Viaggio.

Un libro scritto in autostrada, nei ritagli di tempo fra lavoro e casi-ni dellavita, “è sempre bello rubare ore alle giornate. Viene meglio scrivere nelleore rubate”. La passione, il sacrificio, gli “incontri” vengono descritti dall’autoreattraverso il Viaggio con Leonard Bundu: Campione Europeo pesi welter.Le due passioni, del pugile per diventare campione e dell’autore perscrivere, sono unite nel Viaggio che intreccia l’essenza della boxe edell’amicizia.“Al terzo trillo ero già con la mano sul cellulare, non potevano girarmi lescatole e chissenefregava se avevo dormito 3 ore: Leonard è il campione

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d’Europa, io avrei fatto una doccia e poi avrei pensato al mio pezzo, eroancora in Viaggio”. Un racconto sui ragazzi dell’Accademia Pugilistica Fiorentina e sull’unicoragazzo, Leonard, che diventando campione d’Europa li simboleggia tutti.

Ringraziamenti A Caterina Bigazzi per l'editing A Maria Rosa, Andrea, Alessandra, Bernardo, Zelda, Monica, Danielache hanno letto i miei scritti quando nessuno li leggeva.A Daniela, Francesca e Andrea per avermi sopportato e supportato nella correzione del testo.A Nove da Firenze per tuttoA Monica Caleffi, Corrado Sacchi, Michela Comisso, per le foto e per il resto.

Massimo Capitani fiorentino, profondo conoscitore degli ambienti sportivi. Fin da giovanissimo ha pratica-to numerosi sport: boxe, motocross, downhill, arrampicata, hockey, calcio, ha frequen-tato assiduamente la Curva Fiesole. Teppista mancato, si è avvicinato al mondo delgiornalismo sportivo pubblicando su riviste del settore. Attualmente redattore del quoti-diano on line Nove da Firenze, si occupa di Boxe e Calcio Storico Fiorentino.