CAPITANI · rassegna di “Capitani Coraggiosi” che unisce tra di loro profili diversi? Forse...

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CAPITANI CORAGGIOSI etiche imprese di responsabilità sociale

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CAPITANICORAGGIOSI

etiche imprese di responsabilità

sociale

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La ricchezza di una nazione è la base per i traguardi di una civiltà. E la ricchezza di una nazione ha uno dei maggiori presupposti nel successo delle sue imprese.La gestione delle imprese produce infatti ricchezza economica, per gli imprendi-

tori, per i clienti, per i fornitori ed i collaboratori, per l’amministrazione pubblica. Ma la gestione delle imprese genera anche numerose esternalità, ossia ricadute esterne rispetto ai soggetti che stipulano contratti con essa.Queste esternalità possono essere positive e favorevoli, o negative e sfavorevoli. L’atti-vità delle imprese modifica l’ambiente. L’attività delle imprese modifica i rapporti tra le persone, le comunità e il senso della gestione degli affari pubblici.L’attività delle imprese produce innovazione che cambia la vita dei cittadini, la loro sicurezza e il loro benessere, e anche la semplice maggiore efficienza della produzione consente a più persone l’uso di un maggior numero di beni. Quando l’impresa organizza volontariamente le proprie attività in modo consapevole e trasparente sulle ricadute esterne del suo operare, allora si parla di RESPONSABILITÀ SOCIALE.Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente degli ob-blighi giuridici applicabili, ma, ben oltre, investire maggiormente nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate.Gli osservatori superficiali pensano che le imprese nascano ed esistano solo per il profitto economico.In realtà, le imprese esistono per soddisfare i bisogni dell’uomo, per elevare il benessere dell’uomo, per favorire lo sviluppo pieno della sua personalità, per meglio realizzare i fini della vita umana associata che sono essenzialmente di natura etica.La concreta condotta delle aziende è fondamentalmente subordinata a tali fini, e quindi all’etica.I temi della responsabilità sociale sono molteplici: i rapporti con il personale dipendente; gli assetti tra proprietà e controllo degli amministratori; la correttezza delle informazioni al pubblico; i rapporti con fornitori e clienti; i rapporti con le istituzioni e la comunità di riferimento; le politiche ambientali.Un imprenditore non passa alla storia per quello che ha guadagnato. Egli passa alla storia per il contributo che ha dato alla comunità, alla scienza, alla bellezza, al bene e al progresso dell’umanità.

(Riferimenti bibliografici: Commissione delle Comunità Europee, Libro verde, Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, 2001; Gino Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, 1956).

BRT Corriere EspressoChimar Packaging & Logistics IntegrationFAI Fondo Ambiente ItalianoFondazione Sodalitas Museimpresa Porrini SrlI 18 protagonisti di questa iniziativa, che hanno creduto nel progetto consentendone la realizzazione, Vittorio Cavani, per l’ideazione del format e il supporto all’organizzazione, la Segreteria Nazionale GI e tutti i Giovani Imprenditori di Confindustria.

Si ringraziano per la collaborazione

Alberto Lanzavecchia Professore Università di Padova

Giulio TagliaviniProfessore Università di Parma

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L’impresa ha nel suo codice genetico un ruolo sociale: crea valore, lavoro, sviluppo, può essere un laboratorio di buone pratiche e vogliamo fortemente che lo sia.La scelta di dedicare una mostra al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa

è la conferma di un impegno forte, di un credo del nostro Movimento: sappiamo che Corporate Social Responsibility è oggi un asset strategico fondamentale per le aziende, e desideriamo che sempre più imprenditori - soprattutto giovani - percorrano questa strada seguendo l’esempio di chi lo ha già fatto con successo.Oggi nessuna azienda può permettersi di guardare al solo profitto. In un contesto eco-nomico-sociale ancora complesso, dobbiamo allargare lo sguardo a tutti i “portatori diinteresse” interni ed esterni. Osservarli e avvicinarli a noi. Chi sono i primi stakeholder diun’impresa? i suoi dipendenti. Possiamo tutelarli in tanti modi: rispettando i loro dirittiumani, aumentando la loro sicurezza, offrendo benefit o un orario di lavoro compatibilecon gli impegni familiari, creando asili nido aziendali. Stakeholder è anche la comunitàdove fisicamente produce l’impresa. Di qui il rispetto per l’ambiente, l’avvio di programmianti-inquinamento, l’uso delle rinnovabili.Abbiamo voluto valorizzare la storia imprenditoriale di 18 grandi uomini e donne. Quasitutti nomi molto noti che nel proprio percorso, in realtà ed epoche molto diverse tra loro,hanno promosso un approccio orientato al sociale e alla sostenibilità, integrando i valorietici nella gestione delle attività. Persone, prima che imprenditori, che ci hanno credutodavvero. Hanno guardato alto, superato ostacoli e polemiche, a volte sovvertito le regole.E hanno saputo fare la differenza.Una strada vincente, quella della sensibilità etica, anche sul fronte del profitto: ogni buoncorso di marketing insegna che un prodotto, sul mercato, non si apprezza solo per lecaratteristiche esteriori o funzionali ma anche - a volte soprattutto - per quelle immaterialilegate ai valori del brand. Investire in etica funziona: assicura un vantaggio competitivo,massimizza gli utili di lungo periodo e permette anche di reclutare lavoratori qualificati(oggi i migliori laureati, durante i colloqui, chiedono sempre più frequentemente alleimprese quale sia la loro politica aziendale in termini di CSR).“Doing well by doing good”: una crescita personale e culturale oggi è possibile, e fa anchebene al business. Lo confermano le storie degli imprenditori che troverete in queste pagine e che hanno contribuito a rendere noto il marchio italiano nel mondo. Un plus perle nostre imprese. Un’occasione per tutti.

Marco GayPresidente

Giovani Imprenditori di Confindustria

L’onore e la responsabilità

Un percorso entusiasmante quello che il Movimento sta facendo sulla strada della Responsabilità sociale d’impresa. Ogni attività e ogni tema che tocchiamo ci permette di approfondire o imparare qualcosa in più di interessante da riportare

nel nostro fare impresa quotidiano.La mostra “Capitani Coraggiosi” è il terzo grande progetto del Comitato che coordino e arriva proprio al momento del secondo compleanno della nostra Presidenza. Festeggia-mo, così, un’esperienza lunga due anni accompagnati da diciotto imprenditori, diciotto storie d’impresa che hanno segnato il modo di essere imprenditori in Italia. Nomi importanti a partire da Olivetti e Pirelli, selezionati tra molti altri, che ci consentono di mostrare un modo di fare impresa che forse tanti anni fa poteva sembrare nuovo o perfino “strano”. Oggi non può più essere così. Raccontando questi profili raccontiamo una parte importante della storia industriale e imprenditoriale del nostro Paese. Raccontiamo l’attenzione dell’impresa al “Patrimonio Italia”, un capitale fatto di uomini e donne, che nel proprio lavoro mettono creatività, professionalità, energia; fatto di cultura, storia e arte; fatto di prodotti, beni e servizi; fatto di paesaggi e città. Raccontiamo una nuova cultura d’impresa poggiata su temi solidi come welfare azien-dale, attenzione all’ambiente, al capitale umano, insomma poggiata su tutto ciò che circonda le aziende e che le aziende posseggono al loro interno.Raccontiamo il ruolo sociale dell’imprenditore e delle imprenditrici e lo facciamo attra-verso la nostra voglia e i nostri occhi di Giovani Imprenditori sempre volti a migliorare qualcosa per essere pronti ad affrontare il futuro e le ulteriori sfide che ci riserva. Un entusiasmo, il nostro, tipico di chi vuole mettere tutto il proprio impegno al servizio delle proprie idee. Un entusiasmo che abbiamo ritrovato anche nelle aziende con le quali abbiamo lavorato per realizzare questa mostra. Capitani coraggiosi sono loro, Capitani coraggiosi siamo noi Giovani Imprenditori quo-tidianamente “divisi” tra il nostro impegno in azienda e quello in Associazione, sempre pronti a dare il meglio per realizzare ciò in cui crediamo.

Laura TinariResponsabilità sociale d’impresa

e Politiche di genere Giovani Imprenditori Confindustria

Il Coraggio di essere imprenditori

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Sono molteplici gli obiettivi che guidano le imprese, ed ispirano i loro “capitani”. Molte storie aziendali di successo trattano di un forte orientamento al prodotto che ha cambiato lo “status quo”, altre di innovativi servizi o modelli di business che producono valore

per il cliente, altre ancora di una lunga e inveterata storia e tradizione aziendale. Alcune, infine, si fondano sull’uomo e concepiscono la propria attività non come fine, ma come mezzo, per migliorare il mondo in cui tutti viviamo.Non è facile stabilire in modo assoluto, quale sia la visione più confacente al ruolo di impren-ditore. Il contesto aziendale è talmente articolato e complesso che, con buona probabilità, si tratta di diverse componenti tutte necessarie e nessuna di per sé sufficiente a perseguire un’attività di successo. Tuttavia, gli approcci orientati al mero profitto aziendale portano ad alterni risultati, perché si misurano con logiche commerciali che possono essere precedute, superate o semplicemente errate. Invece, un ideale che mira al benessere collettivo è intrin-secamente produttivo e la sua applicazione risulta, in ogni caso, vincente per il solo fatto di essere stata intrapresa. In altre parole, chi sceglie di competere unicamente sulle performance di un prodotto corre sempre e comunque il rischio di essere superato da un prodotto migliore. Chi fonda il proprio agire su un principio è tanto forte quanto è forte il principio che lo ispira.Le aziende hanno un bilancio e in primis devono rispondere alle individuali logiche di profitto e non a quelle della collettività. Questa è la risposta più ovvia che potrebbe essere eccepita. Ed è sicuramente una constatazione vera; che però scaturisce da una visione parziale della realtà. Non solo perché il benessere individuale dipende da quello collettivo. Ma, soprattutto, perché sempre più le persone scelgono ciò in cui credono, seguono ciò in cui si immedesima-no. E quando si tratta di attrarre ed ispirare collaboratori, convincere e fidelizzare clienti o posizionarsi sui media e nella collettività è molto più facile farlo se si sta seguendo un ideale, piuttosto che delle buone idee. Per questa ragione, in occasione dell’edizione 2014 del festi-valfilosofia dedicato al tema della “gloria”, il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Modena promosse il primo allestimento della mostra Capitani Coraggiosi, pensando alla Gloria più nobile, quella concepita da ideali di responsabilità morale, generosità ed empatia. Oggi, alla sua seconda versione, si presenta ampliata. Un viaggio, una sorta di Grand Tour nella geografia e nella storia non solo imprenditoriale, ma anche sociale e culturale del nostro Paese, dagli inizi del XX secolo ai giorni nostri.I Capitani Coraggiosi sono quindi esempi autorevoli e probanti per la cosiddetta società civile, ma soprattutto per i Giovani Imprenditori di oggi e di domani che sulla loro scorta, devono evitare la rincorsa alla gloria vana e sono chiamati a distinguersi per buone e socialmente consapevoli skills imprenditoriali.

Giorgio Bellucci Skills Imprenditoriali e associative

Giovani Imprenditori Confindustria

Dalle piccole alle grandi imprese, la storia industriale italiana è costellata di esempi virtuosi di responsabilità sociale. L’impresa è abituata a “fare”, gli imprenditori sono persone esercitate al lavoro,

ad agire, a operare. Per realizzare idee, cose belle e ben fatte, cambiando e innovando anche la nostra società, rendendo il nostro tessuto produttivo maggiormente competitivo. C’è forse qualcosa di speciale nel DNA di ciascuno dei personaggi presentati in questa rassegna di “Capitani Coraggiosi” che unisce tra di loro profili diversi? Forse sì. Una generosità di visione che consente contaminazioni, per osmosi, tra campi di attività strettamente correlati: lavoro e società.La consapevolezza che l’Impresa non è una realtà isolata, ma che vive in un ambiente complesso; non è unicamente un attore economico, ma un ecosistema culturale, un mondo di relazioni, un interprete rilevante della nostra società. Declinazioni e inclinazioni personali: amore per il proprio territorio, per i propri con-cittadini, per la scienza, per la ricerca, per il genere umano, e quindi per i territori e le comunità che ancora non si conoscono. In ogni caso sono le emozioni e le sensibilità che qui entrano in campo. Solo le scelte personali, le attitudini, le passioni. Un insieme di valori e visioni. Tutto ciò ce lo ricorda la storia: il patrimonio storico e culturale di cui musei e archivi d’impresa sono alfieri indiscussi; e che ci consentono di raccontare di imprese “belle” e di belle imprese, restituendo un’idea diversa e veritiera di industria, vicina alle persone.

Alberto MeomartiniPresidente Museimpresa

Associazione Italiana Musei e Archivi d’Impresa

Pensieri di responsabilità sociale

L’economia Ideale

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ma“Questo progetto mi piace particolarmente perché, nato dalla attenzione per il morale e la motivazione dei nostri collaboratori, è stato anche utile al contesto, sia in termini concreti che, almeno in parte, come stimolo a ripensare in modo diverso il rapporto tra pubblico e privato. In sostanza, una bella dimostrazione concreta di come un’azienda, se persegue responsabilmente i suoi obiettivi, nello stesso momento e con gli stessi strumenti con cui si interessa del proprio bene contribuisce anche a quello della società.”Il progetto “Buon Lavoro – La Fabbrica per la Città” è nato nel 2013 dall’esigenza di gestire un momento di sovracapacità produttiva dello stabilimento di Crusinallo. La buona redditività ha consentito di scegliere una strada alternativa a quella, scontata ma triste, della cassa integrazione: con l’obiettivo di valorizzare diversamente il lavoro delle persone, è stato proposto loro di destinare il proprio tempo, normalmente retribuito, ad attività socialmente utili. All’iniziativa ha aderito circa il 90% dei dipendenti, per un totale di quasi 10.000 ore di lavoro messe a disposizione del Comune di Omegna. Le principali attività sono state: ritinteggiatura di oltre 3.000 mq della scuola elementare, manutenzione di aree verdi e spazi pubblici, accompagnamento di anziani e disabili nelle attività quotidiane.

Michele Alessi Anghini[ Premosello Chiovenda (VB), 14 novembre 1950 ] Michele è uno dei quattro esponenti della terza generazione di Alessi impegnati nell’a-zienda di famiglia. Inizia a lavorare in azienda nel 1975 dopo la laurea in ingegneria meccanica. Da sempre appassionato e motivato dal ruolo sociale dell’azienda, sostiene che la vera Responsabilità Sociale dell’Impresa consista nello svolgere con cura l’at-tività caratteristica che le è propria: produrre valore economico, creare prodotti che portino felicità alle persone, organizzare e valorizzare il lavoro, concepito anche come strumento di sviluppo della persona.Dal 1 gennaio 2016 lascia l’incarico di Amministratore, assumendo il ruolo di Vice Pre-sidente. Nel 2015 è nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica.Fondata da Giovanni Alessi nel 1921 a Omegna, sul lago d’Orta, Alessi realizza migliaia di oggetti, molti divenuti icone del design contemporaneo. Il suo universo conta più di trecento autori provenienti da tutto il mondo e include diverse categorie di prodotto, domestiche ma anche dedicate alla persona. La mission di questa azienda: tradurre la ricerca della più avanzata qualità culturale, estetica, esecutiva e funzionale nella produzione industriale di serie, conciliando le esi-genze tipiche di un’impresa moderna con l’essere un laboratorio di ricerca nel campo delle Arti Applicate. Fanno parte dell’Enciclopedia Alessi indiscussi maestri del design italiano e molti progettisti di fama internazionale.L’azienda è al tempo stesso profondamente radicata nella tradizione e nel suo terri-torio. Il suo core business è la produzione di oggetti in acciaio inossidabile mediante stampaggio a freddo dei metalli ed è tuttora realizzata in Italia, nello stabilimento di Crusinallo.L’attività di sperimentazione porta il brand ad aprirsi a nuovi materiali e tecnologie, con il lancio della collezione di orologi da polso, culminata con la creazione del mar-chio “AlessiWatches”. Dagli anni Duemila l’impresa collabora con realtà produttive molto diverse dalla propria per sviluppare progetti innovativi e di successo, come av-viene nel 2002 con “IlBagnoAlessi”. L’azienda fin dagli anni Cinquanta ha un ruolo importante anche nel comparto delle forniture alberghiere, progettando celebri articoli studiati per l’utilizzo professionale.Con lo scopo di rafforzare le attività di metaprogetto e di politica del prodotto, negli anni Novanta è inaugurato il Museo Alessi, custode della storia aziendale e promotore di attività culturali. Oggi Alessi è presente nelle principali capitali mondiali ed esporta in oltre sessanta paesi.

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paUna grande storia di famiglia, di azienda e di economia del territorioAlla famiglia Amarelli si deve la creazione del Museo della Liquirizia intitolato a Giorgio Amarelli che ha sede nella storica residenza quattrocentesca, da sempre dimora e centro degli interessi della famiglia. Inaugurato nel 2001, in quell’anno, è stato insignito del Premio Guggenheim Impresa & Cultura con questa motivazione:“Per il nuovo impegno di valorizzazione della cultura d’impresa, in una zona particolare del Mezzogiorno, legando una lunga storia di successo alle prospettive di sviluppo e coinvolgendo nei processi di crescita gli attori sociali locali. Parte integrante di un progetto di riqualificazione funzionale, logistica e produttiva, il Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli comunica la filosofia della piccolissima e antichissima azienda calabrese, che vede nella progettualità familiare la manifestazione più autentica della sua identità. Attraverso il Museo Amarelli racconta una storia d’impresa unica e singolare e trasmette i propri valori e la propria immagine di qualità”.Nell’aprile 2004 le Poste Italiane hanno dedicato al Museo un francobollo della serie tematica “Il patrimonio artistico e culturale italiano”, emesso in 3.500.000 di esemplari.

Pina Amarelli [ Napoli, 2 febbraio 1945 ] Dopo la laurea conseguita nel 1967 in Giurisprudenza, nel 1975 entra nell’azienda di famiglia svolgendo funzioni di strategia della comunicazione e di responsabile delle relazioni istituzionali ed assumendo in seguito la carica onoraria di Presidente. Docente presso l’Istituto di Diritto Romano dell’Università Federico II di Napoli (1969-2005), è tuttora giornalista pubblicista.Nel 2001, insieme agli altri membri della famiglia, ha voluto fortemente l’inaugurazione del Museo della liquirizia Giorgio Amarelli, nel desiderio di presentare al pubblico una singolare esperienza imprenditoriale. Il percorso espositivo racconta una tradizione di lavoro e di impresa che affonda le sue radici nella terra di Calabria, a Rossano, in Contrada Amarelli.Protagonista la liquirizia (Glycyrrhiza glabra), conosciuta ed impiegata da circa 35 secoli in una vasta area che va dalla Penisola Iberica alla Cina, anche se, come afferma l’Enciclopedia Britannica, la migliore qualità “is made in Calabria”. Nel XVI secolo si inizia a estrarre il succo di liquirizia dalle radici della pianta e a questa produzione si dedicano anche i Baroni Amarelli. Nel 1731 viene fondato l’attuale “concio”, alla cui attività fu dato particolare impulso nell’Ottocento con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevo-lazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche.Grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche la Amarelli superò la crisi del 1929, che segnò la chiusura di quasi tutte le manifatture ubicate tra Rossano e Corigliano. Dal 1996 l’Amarelli è membro di Les Hénokiens, associazione che raccoglie le imprese familiari bicentenarie. Tra il 2002 e il 2006 Pina Amarelli ne è stata Presidente, prima ed unica donna, promuovendo il progetto del “Dizionario Biografico degli Imprenditori Italiani”, in collaborazione con l’Istituto Italiano dell’Enciclopedia Treccani. Nel 2003 è stata nominata Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e nel 2006 Cavaliere del Lavoro. Ad Expo 2015 Amarelli, con la sua statuetta, ha rappresentato la Calabria al Padiglione Italia.

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fb L’attenzione al fattore umanoIn parallelo allo sviluppo dell’azienda, Pietro Barilla ha sempre dedicato particolare attenzione al fattore umano, sostenendo, per esempio, la costruzione di case per i propri dipendenti, la costituzione del fondo interno di solidarietà “R. Barilla”, la nascita del gruppo Medaglie d’Oro. Nel 1988 la Società Barilla ha donato all’Università di Parma la sede didattica della nuova Facoltà di Ingegneria.Nel 2013, anno in cui si è celebrato il centenario della nascita di Pietro Barilla, i figli, confermando la stessa attenzione al sociale ereditata dal padre, hanno sostenuto la realizzazione a Parma del nuovo Ospedale dei Bambini intitolato a Pietro Barilla. Oltre ad essere dotata di attrezzature mediche all’avanguardia, la struttura è stata pensata per dare una risposta alle esigenze dei bambini e dei loro familiari, creando un ambiente accogliente, capace di ridurre al massimo il disagio del ricovero.

PIETRO BARILLA [ Parma, 16 aprile 1913 - Fraore (Pr), 16 settembre 1993 ]Nel 1934 inizia a lavorare nell’azienda di famiglia come venditore. Nel 1936 cura l’organizzazione di vendita, degli agenti e dei trasporti. Nel 1947, alla morte del padre, assume il comando dell’a-zienda con il fratello Gianni. I fratelli Barilla danno all’azienda un’impronta industriale moderna: produzione di massa di buona qualità, confezioni sigillate, pubblicità, prezzo equilibrato. Nel 1952 sospende la produzione del pane, per concentrarsi nella produzione della pasta e, con la collaborazione di grafici come Erberto Carboni e uomini di cultura come Pietro Bianchi, lancia una moderna campagna pubblicitaria. La società vince così la Palma d’Oro della pubblicità. Nel 1957 sposa Maria Maddalena Da Lisca, di Venezia. Dal matrimonio nascono Guido, Luca, Paolo ed Emanuela. Nel 1961 l’azienda si trasforma in Società per Azioni. Il difficile momento storico e gli elevanti costi della costruzione di un nuovo stabilimento a Pedrignano costringono i fratelli Barilla a cedere nel 1971 l’azienda alla multinazionale americana W.R. Grace. Nel 1979, però, Pietro Barilla la riacquista e ne ridiventa presidente. Alla morte di Pietro, nel 1993, sono i figli a prendere le redini dell’azienda. Oggi il Gruppo Barilla, leader nel mercato della pasta nel mondo, impiega oltre 8000 dipendenti, possiede 30 siti produttivi in 9 paesi diversi, raggiungendo un fatturato che nel 2013 ha superato i 3500 milioni di euro. GUIDO MARIA BARILLA [ Milano, 30 luglio 1958 ]Inizia la carriera in azienda nel 1982 dopo un’esperienza di oltre due anni all’estero presso il dipartimento vendite della consociata Barilla France. A quella europea segue l’esperienza americana in diverse aziende alimentari degli Stati Uniti. Rientrato a Parma, nel luglio 1986 assume la responsabilità di dirigente del Gruppo, occupandosi principalmente dell’internazio-nalizzazione. In seguito alla scomparsa del padre, nell’ottobre 1993, viene nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione di Barilla G. & R. F.lli; dal marzo 2003 è Presidente anche del Gruppo. Dal 2009 è Presidente dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition. Dal 2014 è Presidente della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition.LUCA BARILLA [ Milano, 12 maggio 1960 ]Tra il 1980 e il 1982 avvengono le prime esperienze nell’azienda, per alcuni mesi negli stabi-limenti produttivi e poi in affiancamento ai venditori. Nel 1984 entra negli organici aziendali come product manager e l’anno successivo fa esperienza diretta di vendita in Francia presso la consociata Barilla France. Nel 1986 completa la propria preparazione negli USA e nel 1987 diviene consigliere d’amministrazione della Società Capogruppo, Barilla G. e R. F.lli S.p.A., della quale viene promosso, l’anno successivo, Vice Presidente operativo insieme al fratello Guido, carica che mantiene ancora oggi. PAOLO BARILLA [ Parma, 20 aprile 1961] Entra in azienda nel 1991. Anche lui come i fratelli svolge le proprie attività inizialmente presso la consociata Barilla France. Diventa consigliere d’amministrazione del Gruppo Barilla nel no-vembre 1993. È Vice Presidente della Barilla G. e R. F.lli S.p.A. e, dal novembre 1998 al gennaio 2000, è stato Amministratore Delegato di Barilla Alimentare. Il 2 dicembre 2010 viene nominato Presidente della neo costituita Associazione Industriale AIDEPI, Associazione delle Industrie Pastaie e Dolciarie Italiane. Nel 2014 è nominato Vice Presidente della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition.

Famiglia Barilla

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sbIl libro “Inciampi di Vita” nasce all’interno di una delle iniziative di RSI portate avanti da Zeta Service. Il nome del progetto più ampio è “A casa di Enzo” e ha visto i collaboratori dell’Azienda impegnati in azioni di volontariato presso la Casa dell’Accoglienza Enzo Jannacci di Milano. Da questo progetto è nato anche il libro autoprodotto, che racconta la Casa Jannacci attraverso le storie di ospiti ed ex ospiti. La presentazione ufficiale, con il patrocinio del Comune di Milano, si è tenuta presso la Casa di Accoglienza il 25 novembre 2015. Alla promozione del libro e dell’incontro hanno collaborato Claudio Bisio, Lella Costa, Raul Cremona, Eugenio Finardi, Fabio Treves, Ricky Gianco, I Boiler e tanti altri. La redazione del libro ha richiesto un lungo e delicato lavoro - interamente svolto dai collaboratori - di raccolta delle storie, di scrittura, di impaginazione, di verifica degli scritti, di contatti con la casa dell’accoglienza, con il Comune, con la tipografia e molto altro. Il risultato è stato davvero prezioso, permettendo di collaborare con persone meravigliose, di conoscere e far conoscere storie di grande forza, di rinascita, di aiuto, di speranza. E soprattutto è stata un’occasione per sostenere ancora la Casa Jannacci, a cui è stato destinato il ricavato delle vendite.Da “Inciampi di vita” «Siamo musulmani ma tutti abbiamo fattola scuola cattolica. Dobbiamo andare lì per poi poter scegliere bene, diceva mio padre. Ho studiato il Corano ma anche la Bibbia. Ho imparato le due religioni”. Ci salutiamo. L’abbraccio. Ci scambiamo qualche battuta. Scappa un “se Dio mi aiuterà…”. Gli chiedo, scherzando, quale Dio, il mio o il tuo? “Dio è uno solo” mi risponde».

Silvia Bolzoni[ Credera Rubbiano, 23 marzo 1960 ]Fondatrice e amministratrice di Zeta Service, società al 100% italiana specializzata in paghe e amministrazione del personale in outsourcing, consulenza del lavoro e sviluppo del capitale umano.Zeta Service è stata fondata nel 2003 con l’obiettivo di offrire un servizio di payroll outsourcing differente alle Direzioni HR delle aziende italiane, basato sull’ascolto, sull’empatia e sulla relazione oltre che ovviamente sull’efficienza.Non basta raggiungere gli obiettivi di business per avere un’azienda in continua crescita. Bisogna spingersi oltre, dando attenzione alle persone e creando valore fuori e dentro l’azienda. Per questo Zeta Service segue progetti di sviluppo in grado di far crescere i suoi collaboratori come professionisti e come individui, nella certezza che il vero va-lore di un’azienda sia determinato dal valore e dal benessere dei suoi collaboratori e, soprattutto, da un’etica condivisa.Partendo da questa base, Zeta Service è cresciuta per rispondere alle complessità delle sue aziende clienti e oggi è un partner in grado di gestire e ridisegnare i processi HR in tre differenti aree: Amministrazione del personale, Consulenza del lavoro, Sviluppo del capitale umano.Attualmente conta 180 collaboratori (con una percentuale femminile dell’80%), 5 sedi (Milano, Lodi, Torino, Bologna e Roma) e oltre 400 aziende clienti di ogni settore e dimensione.La presenza da sette anni consecutivi nella classifica Best Workplaces, l’essere dal 2011 fra finalisti agli European Business Awards per l’attenzione rivolta ai clienti, insieme ad altri premi conseguiti per l’attenzione alla società civile e il territorio (Premio di Buone prassi di responsabilità sociale), per il rispetto delle identità sessuali e di genere (GLBT Diversity Index 2015) e per l’attenzione rivolta a tutti i collaboratori (Ambrogino d’oro 2013), costituiscono il segno del valore che Zeta Service riesce a creare attorno a sé.La mission: creare valore per il cliente attraverso la creazione di valore per il dipendente e per il territorio, in un’ottica di piena sostenibilità e responsabilità sociale. Silvia crede fortemente che «l’etica debba essere la base di ogni azienda e che agire in questo senso anche nell’ambito dell’economia e del business porti a risultati inaspettati, che le logiche di fatturato da sole non possono raggiungere». Per questo Zeta Service abbraccia progetti di Responsabilità Sociale nei quali coinvol-ge tutti i dipendenti. Il suo impegno inoltre è fare in modo che ogni persona stia bene nell’ambiente lavorativo e sia facilitata nel bilanciare vita professionale e vita privata.

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dbNel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Fondazione Bracco ha avuto l’onore di essere accolta dalla Presidenza della Repubblica come primo Partner privato per sostenere il restauro della Galleria Alessandro VII del Palazzo del Quirinale. L’intervento, diretto dal Professor Louis Godart, allora Consigliere per la conservazione del Patrimonio artistico della Presidenza della Repubblica, e dalla Dottoressa Rossella Vodret, Soprintendente per il Polo Museale della Città di Roma, ha portato alla luce una delle più belle pagine del barocco romano. Le tre sale dell’ala sista del Quirinale facevano parte di un’ampia e unica galleria, riccamente decorata nel 1656-1657 da un gruppo di pittori diretto da Pietro da Cortona su commissione di Papa Alessandro VII Chigi. Nel 1812, durante l’occupazione francese di Roma, la galleria del Quirinale fu frazionata nelle attuali tre sale (Sala Gialla, Sala di Augusto, Sala degli Ambasciatori) al fine di creare saloni di rappresentanza per l’imperatrice Maria Luisa. La divisione portò anche alla tamponatura delle tredici finestre verso il cortile e all’occultamento di gran parte degli affreschi seicenteschi. Il magistrale restauro ha restituito la decorazione pittorica delle pareti e la luminosità alla galleria grazie alla riapertura delle finestre.

Con questo importante progetto culturale Fondazione Bracco ha aiutato gli Italiani a riappropriarsi di una parte significativa della loro “Casa”, dando anche alle stampe un prestigioso volume che racconta l’impresa.

Diana Bracco[ Milano, 2 luglio 1941 ]Diana Bracco, nata a Milano, è Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Bracco, multi-nazionale della salute, leader mondiale nella diagnostica per immagini con un patrimonio di oltre 1800 brevetti. Fondata nel 1927 da Elio Bracco, l’azienda farmaceutica ogni anno investe in R&D oltre il 9% del fatturato di riferimento nell’imaging diagnostico. Nel 1966 Diana, dopo il liceo al Parini di Milano e una laurea in chimica all’Università di Pavia, en-tra nell’azienda di famiglia facendo diverse esperienze, fino a diventarne nel 1977 Direttore Gene-rale, e dal 1999 Amministratore Delegato e Presidente, prendendo il testimone dal padre Fulvio. Nella sua carriera ricopre diversi ruoli istituzionali, quali Presidente di Federchimica e di Asso-lombarda, Vicepresidente di Confindustria per Ricerca & Innovazione, Presidente di Expo 2015 Spa e Commissario generale di sezione per il Padiglione Italia.La sua passione per l’arte la porta a far parte dei consigli di amministrazione della Filarmonica della Scala di Milano, del Museo Poldi Pezzoli e, nel 2011, prima italiana nella storia, del Trustee’s Council della National Gallery of Art di Washington. Attualmente è nel CDA dell’Accademia del Teatro alla Scala. Tra i riconoscimenti conferitile vi sono, nel 2002, la nomina a Cavaliere del Lavoro e la Medaglia d’oro del Comune di Milano; nel 2004 l’onorificenza “al merito della Repubblica” di Cavaliere di Gran Croce.L’attenzione alla responsabilità sociale d’impresa, il senso del dovere e l’amore per la scienza e l’arte sono i valori che hanno dato un’impronta decisiva alla carriera di Diana. È in questi valo-ri, patrimonio della Famiglia Bracco, che affondano le radici della Fondazione Bracco, nata nel 2010. All’interno di tre macroaree, “cultura”, “scienza”, “sociale”, la Fondazione promuove la valorizza-zione del patrimonio storico e artistico nazionale, sviluppa la sensibilità ambientale, promuove l’attenzione verso la persona e in particolare il mondo femminile, sostiene la ricerca scientifica e la tutela della salute, sviluppa iniziative di carattere assistenziale e solidale per contribuire al benessere della collettività, favorisce l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale dei giovani. Proprio in quest’ultimo ambito, nasce la partnership pluriennale stretta nel 2011 con l’Accademia di Arti e Mestieri della Scala. “Se hai un sogno portalo da noi” dice lo slogan dell’Accademia. Per questo Fondazione Bracco la sceglie come partner ideale per dare vita a un progetto che pro-muove la cultura italiana nel mondo e offre al tempo stesso a tanti giovani l’opportunità di svi-luppare i propri talenti. Un altro progetto fortemente voluto da Diana Bracco è “Oltre i margini”, un’importante iniziativa sociale realizzata in collaborazione con Cesvi e La Rotonda. L’intervento promuove l’inclusione socio-economica e la tutela della salute di soggetti vulnerabili a Baranzate, comune dell’hinterland milanese primo in Italia per concentrazione di migranti residenti. “Oltre i margini” coinvolge in particolare le donne, i bambini e gli adolescenti del “Villaggio Gorizia” at-traverso delle attività che si articolano in due linee di azione: il sostegno all’inserimento lavorati-vo e la promozione della salute, sostenuta dall’Ospedale Sacco e dal Centro Diagnostico Italiano, garantendo un servizio di assistenza pediatrica e test gratuiti nell’ambito della prevenzione della salute femminile.

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bcBrunello Cucinelli Maglie in cashmere colorato.L’intuizione del colore, l’altissima qualità del cashmere hanno fin dalle prime stagioni determinato il successo dell’azienda umbra, situata nel borgo trecentesco di Solomeo.

Brunello Cucinelli[ Castelrigone, Perugia 1953 ]Diplomato geometra, si iscrive alla facoltà di ingegneria, ma interrompe gli studi. Nel 1978 fonda una piccola impresa e stupisce il mercato con l’idea di colorare il cashmere. Fin da ra-gazzo sviluppa il sogno di un lavoro rispettoso della dignità “morale ed economica dell’uomo”. Questo aspetto è cruciale per comprendere la sua personalità e il successo dell’impresa, che Brunello non vede soltanto come produttrice di ricchezza, ma come ambito di azione per svi-luppare e incrementare il sogno di un capitalismo che valorizzi l’uomo. Nel 1982, dopo il matrimonio con Federica Benda, Brunello si trasferisce a Solomeo, oggetto dei suoi sogni e grande laboratorio dei successi di imprenditore e di umanista.La benevola accoglienza che il mercato riserva ai suoi prodotti di qualità, gli dà la possibilità di attuare i suoi ideali. Nel 1985 acquista il Castello diroccato del XIV secolo del borgo di So-lomeo e ne fa la sede dell’azienda. Nel 2000, dovendo adeguare le strutture produttive alle richieste del mercato, acquista e riadatta un opificio già esistente ai piedi del borgo, evitando di costruirne uno nuovo. La nuova costruzione del “Foro delle Arti”, con l’annessa Biblioteca Neoumanistica Aureliana, l’anfiteatro e il Teatro, vengono inaugurati nel 2008 e divengono il luogo deputato della cultura e dell’arte. Nasce in questo periodo la volontà, concretizzata nel 2012, di presentare l’impresa alla Borsa di Milano. Brunello vede nella più larga partecipa-zione alla sua attività di imprenditore la possibilità di diffondere estesamente gli ideali di un capitalismo nuovo, un “capitalismo umanistico”.Dall’esperienza del Foro delle Arti, nasce l’idea della “Scuola di Solomeo di Arti e Mestieri”, che vede la luce nel 2013. Lo sguardo al futuro di Brunello vuole che la memoria dell’artigianato debba essere conservata e tramandata, e la scuola è il laboratorio dove quest’aspirazione si trasforma in realtà.Nel 2014, ad opera della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, viene presentato a Milano il “Progetto per la Bellezza”, con il quale si realizzano tre immensi parchi nella valle ai piedi del borgo di Solomeo, recuperando parte del terreno già occupato da vecchi opifici in disu-so. L’iniziativa simboleggia il valore cruciale della terra, dalla quale, secondo il pensiero di Senòfane, «tutto proviene». Con questo progetto Brunello sottolinea l’imperativo di ridare “dignità alla terra” e dimostra che «La Bellezza salverà il Mondo», tutte le volte che il Mon-do, a sua volta, salverà la Bellezza. Attualmente Brunello Cucinelli Spa giunge a contare 1500 dipendenti interni e un indotto di circa 3500 collaboratori esterni. Non vi sono cartellini da timbrare in entrata e in uscita. Non si può lavorare oltre l’orario di chiusura. Negli anni Brunello Cucinelli ha ricevuto un numero straordinario di riconoscimenti naziona-li e internazionali per il suo “Capitalismo neoumanistico”, ma tra tanti, quelli che rispecchiano meglio la sua realtà umana sono la nomina a Cavaliere del Lavoro, consegnatagli dal Presi-dente della Repubblica e la Laurea ad honorem in filosofia ed etica nei rapporti umani, di cui l’Università degli Studi di Perugia gli ha voluto rendere omaggio.

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“L’imprenditore è anche regista ed attore all’interno delle proprie aziende” Il Teatro “Ermanno Fabbri”, inaugurato il 2 ottobre del 2010, è stato donato dal Gruppo Fabbri al Comune di Vignola. Un progetto importante che il gruppo industriale e il suo fondatore Ermanno Fabbri hanno voluto realizzare per colmare un bisogno culturale.La ristrutturazione e trasformazione a Teatro dei locali ex Cinema Ariston, seguita dall’architetto Carlo Armani, è stata progettata e realizzata in maniera innovativa.Molte le soluzioni create ad hoc per questo edificio, come ad esempio l’installazione di pianali a terra attraverso i quali è possibile coprire tutta la platea e prolungare così il palcoscenico fino all’inizio della gradinata. Proprio per permettere questa particolare operazione sono state realizzate delle poltrone con lo schienale parzialmente estraibile. Inoltre sono state introdotte diverse soluzioni meccaniche che permettono il cambiamento di ambientazioni sceniche in maniera veloce, dando anche la possibilità di utilizzare più prospettive.Il Teatro “Ermanno Fabbri” rappresenta oggi per la Città di Vignola uno spazio culturale multifunzionale importante, che ospita, oltre ad un ricco programma di spettacoli di prosa, anche concerti, opere liriche, corsi, laboratori e convegni.

Ermanno Fabbri [ Portomaggiore (Fe), 14 luglio 1928 ] È stato fondatore e Presidente del Gruppo Fabbri Spa, società leader mondiale in mac-chine e film per il food packaging. Le origini della Gruppo Fabbri risalgono all’immediato dopoguerra quando Ermanno Fabbri trasforma la tipografia paterna nella Fabbri Arti Grafiche con l’installazione della prima rotativa flessografica e rotocalco per la stampa di imballaggi di carta per agrumi.Nel 1960 viene fondata la società Automac che realizza una nuova macchina per avvol-gere gli agrumi automaticamente con carta speciale paraffinata. Nei primi anni Settanta l’Automac introduce un altro sistema di imballaggio automatico basato su un film estensibile: si tratta del PVC estensibile a freddo per l’avvolgimento manuale di prodotti freschi per i supermercati.È ancora negli anni Settanta la creazione, in Svizzera, delle società Plastar S.a. e Waldys S.a. l’una per la produzione del film, come la Fabbri Arti Grafiche, e l’altra per la pro-duzione di macchine, come l’Automac. L’introduzione di grandi quantità di macchine automatiche a tecnologia avanzata nei supermercati e nei centri di confezionamento porta alla internazionalizzazione del Gruppo attraverso la costituzione di società commerciali basate in vari paesi europei come la Francia, la Spagna, la Germania e l’Inghilterra.Negli anni Ottanta viene fondata la società Awax Progettazione e Ricerca che, appunto, progetta e ricerca nuovi sistemi e tecnologie che integrano l’elettronica alla meccanica nel settore dell’automazione. Negli anni Novanta viene progettata una nuova tipologia di macchine avvolgitrici alta-mente innovative, rese poi completamente automatizzate con un’elettronica talmente sofisticata da essere concesse in licenza a prestigiose società internazionali.Il Gruppo così realizzato conta, in Europa, più di 600 dipendenti.Nel 1992 Ermanno Fabbri viene nominato Cavaliere del Lavoro. Nel 2000 viene insignito della laurea ad honorem in Chimica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.Nel 2011 viene ceduto il ramo aziendale del Gruppo Fabbri a terzi.

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cfTeatro Caio Melisso, Spoleto Spazio Carla Fendi,Restaurato dalla Fondazione Carla Fendi

Carla Fendi Presidente Onorario di Fendi ad vitam, nonché Presidente della “Fondazione Carla Fendi”, Carla è la quarta delle sorelle Fendi. Alla fine degli anni ’50, dopo aver fatto studi classici entra, giovanissima, nell’azienda di famiglia, accanto alle sorelle Paola, Anna, Franca e poi Alda. Completa la sua formazione facendo esperienze in diversi settori quali amministrazione, produzione, vendite e progettazione, dove lavora con le sorelle a fianco di Karl Lagerfeld.Già dagli Settanta si dedica al settore delle relazioni pubbliche, puntando strategicamente sul mercato più difficile: quello americano. I successi statunitensi sanciscono la fama di Fendi in tutto il mondo. Pur continuando a collaborare con le sorelle a “cinque mani” all’inedito lavoro del settore creativo, Carla si occupa soprattutto di comunicazione, ufficio stampa, pubblicità, immagine ed eventi.Dal 1994, sovraintendendo sempre a questi settori, assume la Presidenza del Gruppo Fendi, che mantiene anche con l’ingresso del nuovo partner, il Gruppo LVMH. Dal 2004 al 2008 aggiunge il settore specifico della Direzione Immagine Istituzionale. Dal 2008 diventa Pre-sidente Onorario di Fendi ad vitam.Nel 2007 istituisce la “Fondazione Carla Fendi”, con lo scopo di dare un contributo personale per preservare beni e valori culturali del passato e per garantire la continuità e la crescita nel futuro, muovendosi nel campo dell’arte, della letteratura, del cinema, della moda, dell’am-biente e del sociale.Attraverso la Fondazione, oltre a diversi impegni che la legano al FAI, all’Accademia di Santa Cecilia e ad altre importanti fondazioni culturali, Carla nel 2007 avvia una collaborazione con il rinato Festival di Spoleto, già sostenuto con la griffe Fendi ai tempi del Maestro Giancarlo Menotti e che ora inizia un nuovo percorso culturale sotto la direzione artistica del Maestro Giorgio Ferrara. Partecipa con sempre maggior coinvolgimento a questa manifestazione, fino a diventare nel 2012 Main Partner del Festival.Dal 2010 nasce una nuova iniziativa tra la Fondazione e il Comune di Spoleto. Spinta dal marito Candido Speroni e dall’amore che lega entrambi alla città, Carla avvia il progetto finalizzato al recupero storico e artistico del Teatro Caio Melisso, uno dei più importanti monumenti della città.Il Teatro assume il logo “Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi”. Il Comune di Spoleto e la “Fondazione Carla Fendi” mettono a punto il piano di ristrutturazione, i cui lavori partono nel 2012 e si concludono nel 2015.Un coinvolgimento costante da parte di Carla Fendi che, con un’opera di puro mecenatismo grazie agli impegni portati avanti attraverso la “Fondazione Fendi”, intende sensibilizzare i privati nel sostegno della cultura come valore del nostro passato, ricchezza del presente e indispensabile investimento per il futuro di un Paese che rappresenta il più grande patri-monio artistico del mondo.

“Preservare il patrimonio artistico del nostro Paese deve essere un impegno che attiene alla coscienza civile di ogni cittadino, soprattutto per noi che viviamo nel più bel Paese del mondo e con la più alta concentrazione di ricchezze artistiche. Io ho avuto la fortuna di ereditare questo valore dai miei genitori che mi hanno sempre insegnato l’etica della responsabilità indirizzata al rispetto del suolo pubblico e dei suoi beni.

Con questo spirito mi sono dedicata in questi anni, tra altre iniziative, con un’opera di puro mecenatismo, al restauro del Teatro Caio Melisso a Spoleto, un vero gioiello del 1600, ristrutturato negli anni ma bisognoso di ulteriori interventi. È stato un percorso entusiasmante che mi ha fatto conoscere e rivivere la storia di questo Teatro e insieme apprezzare le maestranze del territorio che, come sempre avviene nell’artigianato italiano, si sono occupate con eccezionale maestria del restauro.

È auspicabile che l’esempio, i valori che dovrebbero essere impartiti sin dalla scuola, l’amore per il proprio Paese, il senso del bello che respiriamo quotidianamente, tutto insieme possa far nascere una sensibilità comune, una coscienza individuale che spinga ad un nuovo umanesimo”.

Carla Fendi

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el Apoteca è l’innovativo sistema robotico per la preparazione sicura dei farmaci. Presente nei migliori ospedali del mondo, rende ogni fase del processo di produzione programmabile, tracciabile e sicura.

Nel 2008 con la Leaf Community, Loccioni realizza nel territorio la prima comunità eco-sostenibile d’Italia: si abita e si lavora in edifici efficienti, si produce e si accumula energia dal suolo, dall’acqua del fiume e dalla terra, gestendo e ottimizzando i flussi energetici. Un laboratorio reale e in continua evoluzione per sperimentare e misurare un futuro sostenibile. Il Leaf Meter è il misuratore di sostenibilità, simulacro della Leaf Community, in cui poter vedere le misure della microgrid Loccioni, la prima rete energetica intelligente reale e funzionante.Nel 2014 Enrico Loccioni “adotta” 2 km di fiume Esino mettendo in sicurezza e valorizzando l’area fluviale accanto alle proprie sedi, in una collaborazione armoniosa tra pubblico e privato; con un proprio investimento a favore del bene comune che porta anche alla riscoperta del fiume come risorsa energetica e culturale. Il progetto 2 km di futuro è stato selezionato da EXPO Milano 2015 per la mostra dell’Identità Italiana a Palazzo Italia e da ADI Index 2015.

Enrico Loccioni[ Serra San Quirico, 30 ottobre 1949 ]Nasce in un piccolo paese dell’entroterra Marchigiano, in provincia di Ancona, dove vive tutt’ora con la famiglia. Sposato con Graziella Rebichini, venuta a mancare nel 2015, ha condiviso con lei tutta l’avventura imprenditoriale. I figli Maria Cristina e Claudio sono entrambi attivi nell’impresa. Oggi è Presidente di un Gruppo leader a li-vello mondiale nello sviluppo di sistemi di misura e nell’automazione per il controllo qualità e la sostenibilità.Nel 1968 inizia come artigiano nel campo elettrico, ma raccogliendo le sfide di grandi industrie manifatturiere, sviluppa un modello di impresa basato sul progetto e non sul prodotto, sulle persone piuttosto che sulla produzione in serie.Le Persone, le Relazioni, l’Innovazione diventano il vero elemento competitivo. Presen-te con installazioni in oltre 40 paesi nel mondo, dall’America Latina all’Estremo Orien-te, e su vari settori (automotive, elettrodomestico, ambiente, energia, sanità), oggi la “sartoria tecnologica” Loccioni sviluppa e realizza soluzioni innovative su misura del cliente, integrando competenze e ricerca per migliorare la qualità di prodotti e pro-cessi. Cercare opportunità nel mondo per generare lavoro ad alto contenuto di conoscenza nel territorio è l’impegno che gli oltre 400 collaboratori (50% laureati, 33 anni l’età media, vietato chiamarli dipendenti!) portano avanti.Loccioni viene inserita per otto volte tra i Best Workplaces in Italia per l’eccellenza dell’ambiente di lavoro e nel 2003 vince il premio IC Impresa e Cultura con il Progetto Bluzone in collaborazione con la Scuola. Tra gli altri riconoscimenti si aggiunge nel 2010 il Premio Nazionale del Presidente della Repubblica per l’Innovazione e il Premio Confindustria per l’innovazione.Nel 2004 Enrico Loccioni riceve la Laurea Honoris Causa in “Tecnologie per l’inno-vazione” conferita dall’Università degli Studi di Camerino (AN). Insignito negli anni delle onorificenze di Cavaliere (1985), Ufficiale (1994), Commendatore (1996), Gran-de Ufficiale (2007) e Cavaliere dell’Ordine di Malta (2009), a queste unisce: il Premio Ernst&Young “Imprenditore dell’Anno 2007” per “Quality of Life” e il Premio “Impren-ditore Olivettiano 2008”. Nel 2015 gli viene riconosciuto dal Presidente della Repubbli-ca Sergio Mattarella il Titolo di Cavaliere del Lavoro.L’Harley Davidson e i viaggi all’estero per visitare Università e Imprese d’eccellenza, costituiscono i principali hobbies di Enrico Loccioni; ma la vera passione rimane cono-scere e coinvolgere le persone.

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vl “In fondo ad un prato incolto, c’era una villa in un pauroso abbandono. Ma pur in tanta distruzione e abbandono la fabbrica conservava una solenne e amara dignità di regina spodestata e sola, come una bella donna ferita. Era come se avessi visto sul bordo della via una donna in fin di vita. Il bisogno di venirle in aiuto fu più forte di me”.L’imprenditore bresciano acquistò senza indugio la villa Cordellina-Lombardi a Montecchio Maggiore (Vi) con l’intento di incentivare la conoscenza delle tradizioni artistiche d’Italia, sognando di renderla un centro internazionale per giovani studiosi in architettura.Le vicende del K2 e il restauro di questo edificio sono esemplari di un’epoca storica di rinascita per il Paese, uscito disastrato dalla guerra ma bramoso di riscatto. Lombardi incarnò questo spirito intraprendente di rivincita e contribuì ad esportare il nome e la cultura del nostro paese all’estero, esprimendo il suo amore per la Patria e il suo sapere con disinteressato mecenatismo.

Vittorio Lombardi [ Inzino (Bs), 1893 - Modena, 1957 ] Industriale, mecenate illuminato e fervente alpinista, Vittorio Lombardi ha sempre espresso il suo amore per la patria, per l’arte e per lo sport.Nasce a Inzino, ora comune di Gardone Val Trompia (Bs), il 14 luglio 1893 da una fami-glia di umili origini e vive la sua prima infanzia con tredici fratelli.Tra gli anni Venti e Trenta si trasferisce a Milano, intraprendendo le sue prime attività economiche nel settore dell’esportazione della ceramica. Il suo spiccato amore per il Belpaese lo spinge nel campo del commercio estero dei prodotti dell’artigianato ita-liano di eccellenza. Si inserisce inoltre nell’industria del gas, raggiungendo notevoli successi economici, entrando in possesso di una grossa fortuna con la società Distri-butrice Gas Liquidi S.p.A. Dai primi anni ‘30 ricopre un ruolo centrale nel CAI di Milano, divenendone socio vi-talizio, e nella Società Alpina Friulana CAI di Udine come membro attivo. Si espone in prima persona in qualità di tesoriere e di vicepresidente della Commissione tecnico-esecutiva della spedizione italiana sul K2, adoperandosi in prima persona per la con-quista della seconda vetta più alta al mondo.Dalla fine degli anni Quaranta si dedica anche alla beneficenza anonima, portando luce elettrica e ricostruendo asili, scuole e chiese nella sua zona di origine. Il suo più grande lascito pubblico è il restauro della settecentesca Villa Cordellina, oggi Cordellina-Lombardi, a Montecchio Maggiore (Vi), acquistata dopo una prima visita nel settembre del 1953. Il complesso, celebre per gli affreschi del Tiepolo, si presentava allora “in condizioni dolorose se non disperate”, come riportano efficacemente Dino Buzzati e Remo Schiavo.

Testo tratto da “Vittorio Lombradi. Mecenate illuminato e tesoriere della conquista italiana del K2”, di Luca Trevisan e Savio Andrea. Cierre Edizioni. Verona, 20 Ottobre 2014. Materiale raccolto per gentile concessione di Cierre Edizioni di Verona e grazie alla collaborazione con il Museo Nazionale della Montagna - Cai - Torino.

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em“I lavoratori in Italia sono un segno di ricchezza” In un’intervista televisiva del 1961 Enrico Mattei affermava che “la tanta gente, i tanti lavoratori non sono per l’Italia un segno di povertà, ma un segno di ricchezza”.Questo avveniva quando il personale delle imprese non era ancora considerato una risorsa e poco dopo la forte l’emigrazione di tanti italiani che negli anni ‘50 cercarono fortuna in altri paesi dell’Europa e dell’America.Seppur severo e molto esigente, Mattei riponeva fiducia nei contributi che le persone potevano dare allo sviluppo dell’impresa e gran parte del segreto del successo della sua Eni fu proprio legato alla rapidità con la quale riuscì a preparare e mettere in circolo una rete formidabile di tecnici e manager.È a lui che si deve la nascita nel 1957 della Scuola di studi superiori sugli idrocarburi, la prima business school italiana dedicata anche a stranieri, rinominata nel 1969 Scuola Mattei. Si apre così la strada alla formazione post-universitaria nelle discipline tecniche ed economiche in Italia. Dalla sua fondazione sono stati formati oltre 2500 giovani, di cui il 55% proveniente da 100 paesi stranieri. E sono proprio la dimensione fortemente internazionale e l’approccio multiculturale a dover essere considerati il patrimonio speciale della Scuola Mattei.

Enrico Mattei [ Acqualagna (Pu), 29 aprile 1906 - Bascapè (Pv), 27 ottobre 1962 ] Enrico Mattei nasce da una famiglia di modeste condizioni economiche. Dopo aver concluso gli studi nella scuola tecnica inferiore di Vasto (Ch), inizia una brillante carriera lavorativa nella Conceria Fiore di Matelica (Mc). Nel 1929 si trasferisce a Milano aprendo un piccolo laboratorio di oli emulsionanti per l’industria conciaria e tessile. Nel 1934 fonda l’industria Chimica Lombarda. In questo periodo si diploma ragioniere e si iscrive all’Università Cattolica. L’incontro con Claudio Spataro è determinante per l’avvio della sua militanza partigiana. Nel 1944, entra a far parte per la DC del Comando militare Alta Italia del CLNAI. Al termine della guerra civile in Italia viene incaricato di liquidare le attività dell’Agip e di provvedere alla sostanziale privatizzazione degli asset energetici. Mattei sceglie di disattendere questa indicazione, per conseguire un obiettivo che ri-teneva fondamentale: garantire al Paese un’impresa energetica nazionale, in grado di assicurare quanto serviva ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo della piccola e media impresa a prezzi più bassi rispetto a quelli degli oligopoli internazionali.Raddoppia la perforazione dei pozzi, sfrutta al meglio la ricerca mineraria nella Valle Padana, sceglie le alleanze necessarie dentro il governo e ai partiti che lo sostengono per realizzare quanto ha in mente. Ci riesce con l’istituzione, nel 1953, dell’Eni dopo una lunga e travagliata discussione, iniziata nel 1947, tra chi sosteneva ad oltranza l’iniziativa privata e quanti erano fautori di una forte presenza dello Stato nell’economia. Mattei riesce ad affermare il ruolo strategico dell’energia nello sviluppo economico italiano e a ispirare fiducia nel possibile miracolo dell’indipendenza energetica.È abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazio-nale e questo diventa uno dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici, sa offrire all’azione diplomatica dell’Italia. È tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse.Muore il 27 ottobre 1962 quando il suo aereo proveniente da Catania e diretto a Linate precipita a Bascapè (Pavia).

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ao“L’Impresa non è solo un luogo di lavoro”Adriano Olivetti è stato uomo d’impresa particolarmente attento all’innovazione, all’eccellenza della tecnologia e del design, ma anche al rispetto del lavoro e dei lavoratori. Particolare rilievo nel suo stile di management ha assunto l’attenzione al miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti. Basti pensare che nel 1956 l’Olivetti, in anticipo di diversi anni sui contratti nazionali di lavoro, ha ridotto l’orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali a parità di salario. Imprenditore attento anche alle problematiche sociali e all’urbanistica.A Ivrea si costruiscono, infatti, nuovi edifici industriali, uffici, case per dipendenti, mense, asili, progettati da grandi architetti, dando origine a un articolato sistema di servizi sociali per i dipendenti Olivetti che saranno, però, da subito accessibili all’intera comunità eporediese.Un’importante obiettivo quello che ha sempre guidato l’uomo e l’imprenditore nelle sue scelte e nei suoi progetti: far coesistere il miglioramento delle condizioni di lavoro nell’impresa e la qualità di vita fuori dall’impresa. Adriano Olivetti credeva infatti che “l’impresa non è solo un luogo di lavoro, ma è anche il motore principale dello sviluppo economico e sociale e come tale ha delle responsabilità verso la collettività e il territorio”.

Adriano Olivetti [ Ivrea (To), 11 Aprile 1901 - Aigle (Svizzera), 27 febbraio 1960 ] Secondogenito di Camillo Olivetti e Luisa Olivetti Revel, dopo la laurea in Ingegneria Chimica industriale al Politecnico di Torino, nel 1924 inizia l’apprendistato, come ope-raio, nella fabbrica di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo nel 1908 a Ivrea.Al rientro da un viaggio negli Stati Uniti propone al padre un ambizioso e innovativo programma per modernizzare l’attività della Olivetti. Alla fecondità di proposte strut-turali per la vita della fabbrica, Adriano affianca la prima di tante intuizioni di prodotto: l’avvio del progetto della prima macchina per scrivere portatile, che uscirà nel 1932 con il nome di MP1.Nel 1931 Adriano introduce in Olivetti il Servizio Pubblicità, che si avvale del contributo di importanti artisti e designer. Nel 1932 è nominato Direttore Generale dell’azienda di Ivrea, diventandone il Presidente nel 1938.Nel 1948 negli stabilimenti di Ivrea viene costituito il Consiglio di Gestione, per molti anni unico esempio in Italia di organismo paritetico con poteri consultivi di ordine generale sulla destinazione dei finanziamenti per i servizi sociali e l’assistenza. Tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta la Olivetti introduce sul mercato prodotti destinati a diventare oggetti di culto: tra questi la macchina per scrivere portatile Lettera 22 (1950), che verrà indicata da una giuria di designer a livello internazionale come il primo tra i cento migliori prodotti degli ultimi cento anni. Il 1959 è l’anno del lancio di Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano sviluppato e prodotto nel laboratorio di Borgolombardo. Tra i numerosi riconoscimenti attribuiti ad Adriano per le sue attività, nel 1956 c’è il Gran Premio di architettura per “i pregi architettonici, l’originalità del disegno industriale, le finalità sociali e umane presenti in ogni realizzazione Olivetti”.La sua poliedrica personalità porta Adriano a impegnarsi non solo nel campo stretta-mente industriale e imprenditoriale. Si distingue anche come editore, scrittore e uomo di cultura.È il fondatore della casa editrice NEI (Nuove Edizioni Ivrea), che si trasforma, nel 1946, nelle più celebri Edizioni di Comunità. Alla fine del 1945 pubblica “L’ordine politico delle comunità”, opera che costituisce la base programmatica del Movimento Comunità che fonda nel 1947. Nel 1956 viene eletto sindaco di Ivrea e nel 1958 è eletto Deputato in Parlamento.Muore improvvisamente il 27 febbraio 1960 durante un viaggio in treno da Milano a Losanna.

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go Moltissime delle intuizioni di Giulio Onesti hanno contribuito in maniera determinante non solo allo sviluppo dello sport italiano, ma alla diffusione e alla crescita dell’attività sportiva nel mondo. Viene per questo insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce all’Ordine del Merito della Repubblica Italiana. Si spegne nella sua abitazione romanal’11 dicembre 1981, all’età di 69 anni.

Giulio Onesti[ Torino 1912 - Roma 1981 ] Nato a Torino il 4 gennaio 1912, si laurea in Giurisprudenza, specializzandosi in diritto canonico all’Ateneo Pontificio Lateranense, ed esercita per qualche anno la professione di avvocato. Durante la Seconda Guerra Mondiale combatte sul fronte jugoslavo e dopo l’8 settembre 1943 svolge attività partigiana con il partito socialista. Nel 1944 viene nominato Commissario straordinario del CONI, allo scopo di verificare l’opportunità di liquidare l’Ente, al contrario e nonostante i tempi difficili, Giulio Onesti riesce a creare le condizioni per farlo sopravvivere. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano diventa così il perno vitale dello sviluppo dello sport nel Paese e anche nel quadro del CIO. A seguito della soppressione dei contri-buti statali a favore del CONI, Onesti chiede che l’Ente sia autorizzato all’esercizio di totalizzatori, scommesse e concorsi pronostici. Ricevuta l’autorizzazione dal Ministero dell’Interno, decide di affidare alla SISAL la gestione dei Concorsi pronostici sugli avvenimenti sportivi. Nel giugno 1946 riunisce a Roma per la prima volta il Consiglio Nazionale del CONI e, nella sua successiva seduta, si dimette da Commissario straordinario per esserne designato Presidente. Conserverà la carica fino al 1978. Nei trent’anni di presidenza, Onesti, oltre ad aver garantito l’autonomia economica dello sport introducendo il Concorso pronostici Totocalcio, porta l’Italia ai vertici dello sport mondiale. La squadra italiana partecipa nel 1948 ai Giochi Olimpici Invernali di Saint Moritz e ai Giochi Olim-pici di Londra: da quel momento, l’Italia non mancherà alcuna edizione. Sotto la sua presidenza, il nostro Paese viene scelto dal Comitato Olimpico Internazionale per organizzare i Giochi Olimpici Invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956 e gli indimenticabili Giochi Olimpici di Roma 1960.Nel 1964 viene eletto membro del CIO: svolge un’intensa attività politico-sportiva in tutto il mondo e viene eletto all’unanimità Presidente dell’Assemblea generale dei Comitati Olimpici Nazionali, da lui fondata nel 1965. È poi nominato dal CIO coordinatore del programma di “Solidarietà Olimpica” per i Paesi in via di sviluppo. Nel 1972 è il primo membro del CIO a recarsi in Cina, avviando il lavoro diplomatico che riporterà il paese nel consesso olimpico. Nel 1975 organizza a Roma la VII Assemblea dei Comitati Olimpici con la partecipazione di oltre 100 Paesi e all’unanimità viene rieletto a capo dell’organizzazione, che guiderà fino al 1979, venendo poi nominato presidente fondatore e presidente onorario a vita dell’Associazione dei Comitati Nazionali Olimpici. Nel 1976 gli viene consegnata la “Coppa Olimpi-ca”, massimo riconoscimento del Comitato Olimpico Internazionale. Nel 1980 viene nominato dal CIO presidente della Commissione Cultura. In campo nazionale, nel 1965 ottiene dal Parlamento l’approvazione della cosiddetta “legge 50-50”, per la ripartizione degli introiti del Totocalcio fra CONI e Stato, e della legge che istituisce l’Istituto per il Credito Sportivo. Sostiene lo sport nella scuola e nelle Forze armate. Pubblica nel 1966 il “Libro bianco dello sport” auspicando la creazione dello “sport per tutti”; ribadisce il concetto con “Il Libro verde dello sport” (1971), “Sport e Regione” (1974) e “Il libro azzurro dello sport” (1975). Nel 1968 lancia i Giochi della Gioventù, fonda l’Istituto di Medicina dello Sport, la Scuola dello Sport e i Centri di Preparazione Olimpica per varie discipline. Istituisce i Centri di avviamento allo sport per i giovanissimi.

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San SiroPiero Pirelli fu sportivo appassionato; fondò il Gruppo sportivo Pirelli e fu fin dalla fondazione tra i consiglieri della società Milan, per passare poi a ricoprire, dal 1909 al 1929, la carica di Presidente, giungendo all’apice della sua esperienza rossonera a promuovere attivamente la costruzione, nel 1926, dello Stadio di San Siro.La struttura venne costruita in soli tredici mesi e mezzo grazie al lavoro di 120 operai; il costo dell’opera fu di circa 5 milioni di lire.

ppPiero Pirelli [ Milano, 27 gennaio 1881 - 7 agosto 1956 ] Nato da Giovanni Battista Pirelli e Maria Sormani, Pietro - detto Piero - Pirelli frequentò contemporaneamente corsi all’Università Commerciale Bocconi, all’Istituto Tecnico Su-periore di Milano e all’Università di Genova, dove conseguì nel 1903 la laurea in scienze giuridiche. L’anno seguente con il fratello Alberto affiancò il padre nella conduzione della Pirelli & C., industria per la lavorazione della gomma fondata da Giovanni Battista nel 1872. Quando nel 1920 la Pirelli & C. si trasformò in una società finanziaria, Piero Pirelli, continuando ad essere uno dei gerenti della società, diventò amministratore delegato della nuova società industriale, la Società italiana Pirelli. Alla morte del padre, nel 1932, Piero divenne presidente di quello che era ormai un grande gruppo multinazionale. Si dedicò allo sviluppo del gruppo in Italia e all’estero ma anche alle opere sociali in favore dei dipendenti e delle loro famiglie con la creazione di una fondazione. Il Welfare aziendaleGià nel 1877 il fondatore Giovanni Battista Pirelli aveva proposto l’istituzione di una “Cassa sociale [dove l’operaio] possa trovare soccorso per sé e per la sua famiglia”. Nel 1926, sotto la guida di Piero, viene istituito il Servizio di Assistenza Sanitaria gratuito a favore dei dipendenti, poco dopo esteso anche ai familiari, con lo scopo di assicurare un’assistenza sanitaria modernamente intesa.Il supporto alla famiglia si estende progressivamente a soddisfare specifici bisogni, quali asili, doposcuola e colonie per l’accoglienza dei figli dei dipendenti, case di riposo marine, montane ed elioterapiche; borse di studio e, più in generale, supporto all’educa-zione dei figli dei lavoratori e, successivamente, dei dipendenti che vogliono affrontare gli studi universitari.Nel 1947 la fondazione acquista villa Porro Lambertenghi di Induno Olona per convertirla in casa di riposo per i lavoratori usciti dall’azienda.Grande attenzione è accordata alla manodopera femminile: negli anni Trenta è introdotto il sussidio di parto, inizia un servizio ambulatoriale per la cura della sterilità femminile, e successivamente, è concesso un rimborso spese per il parto a domicilio. Negli anni Venti comincia la costruzione a Milano Bicocca del Borgo Pirelli; i primi 90 appartamenti vengono affittati a prezzi vantaggiosi al personale della Società.La compiuta realizzazione del welfare si ha nel 1926 con la creazione del Dopolavoro aziende Pirelli; parte delle iniziative sono dedicate al tempo libero e alle attività sportive. Pirelli si impegna direttamente nella costruzione di impianti sportivi: campi da calcio, tennis, pallavolo, bocce, palestre coperte e all’aperto.

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es“Passione: il primo elemento per lavorare ogni giorno bene insieme” Better Factory Better Life” è il progettodi welfare aziendale del GruppoCMScreato nel 2007, un programma strutturato che prevede molti benefit per tutti i dipendenti. Un’iniziativa nata non solo per supportare i propri collaboratori, soprattutto nel miglioramento del bilanciamento dei tempi casa-lavoro, ma anche per valorizzarne le competenze e il clima aziendale. Il primo progetto importante è stato l’apertura dell’asilo nido aziendale “Il Paese dei Colori”, realizzata in bioedilizia e situata a 500 metri dallo stabilimento principale, ospita ogni anno 42 bambini e accoglie con accesso prioritario e tariffe agevolate i figli e nipoti dei dipendenti del GruppoCMS, la struttura è aperta anche alla comunità locale. Ogni anno viene organizzato il centro estivo“Green Summer”. Better Factory Better Life comprende anche la possibilità di avere un orario flessibile e una banca ore per conciliare meglio i tempi. Altri progetti sono legati alla prevenzione della salute dei dipendenti e, dal 2013, al volontariato d’impresa, con il programma “VolontariAMO”, a cui partecipano circa 50 dipendenti a supporto di Onlus del territorio.

Elena Salda[ Modena, 6 gennaio 1972 ] Nel 2005 entra nell’impresa di famiglia, fondata nel 1975 dal padre Luciano Salda e da alcuni suoi soci. Decide immediatamente di investire per accrescere il livello manage-riale aziendale e diffondere la cultura della Responsabilità Sociale d’Impresa a tutti i livelli dell’organizzazione. Il GruppoCMS opera nel settore delle costruzioni meccaniche di precisione e delle lavo-razioni per conto di terzi. Attualmente è composto da 6 aziende, localizzate tra Marano sul Panaro, Vignola e Modena, e dal 2013 è presente con uno stabilimento produttivo in Cina, vicino a Shangai. Nel 2014, Il Gruppo ha raggiunto un fatturato di circa 84 milioni di euro e impiega complessivamente 370 dipendenti.In quarant’anni di presenza sul mercato, il GruppoCMS ha sviluppato importanti com-petenze tecniche relative alle lavorazioni meccaniche, che gli hanno permesso di di-ventare leader di settore e di affrontare i mercati internazionali, fornendo servizi e prodotti con alti standard qualitativi. “Fare Meccanica... Dall’idea al prodotto finito” rappresenta perfettamente la realtà del GruppoCMS. I settori in cui opera maggiormente sono il packaging, in particolare quello alimentare, e il biomedicale. Dalla progettazione, alla prototipazione all’inge-gnerizzazione, alla produzione, al montaggio e collaudo di macchine complete e pez-zi meccanici, il Gruppo offre ai propri clienti un ciclo completo con un alto grado di innovazione. Nel 2012, per dare un maggiore impulso al livello tecnologico, l’azienda ha fondato un proprio centro di R&D, Ri.Lab, con il compito di sviluppare progetti in partnership con i clienti, collaborando con prestigiose università italiane ed europee. Nel 2012 Elena Salda ha ricevuto il premio “Marisa Bellisario” e nel 2015 è stata insi-gnita del premio “L’Imprenditore dell’Anno, per la categoria Family Business” indetto dalla società di consulenza internazionale Earnst&Young.

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nsNicoletta Spagnoli, si è sempre adoperata, con grande sensibilità, impegno ed energie in attività di carattere sociale. Essendo l’azienda composta per il 90% al femminile, pensando alle esigenze delle donne che lavorano e nel contempo per mantenere salda la tradizione famigliare (la fondatrice, Luisa Spagnoli, creò a fine anni 20 un asilo nido interno all’azienda per permettere alle dipendenti di poter allattare i figli durante l’orario di lavoro), ancora oggi alle dipendenti, con figli, della sede di Perugia, l’azienda rimborsa l’asilo nido fino al compimento dei 20 mesi del bambino e riconosce un’ora di allattamento a proprio carico sempre fino al 20° mese, 8 mesi in più rispetto a quelli previsti dalle norme vigenti. Inoltre, è a disposizione di tutto il personale della sede, una mensa aziendale gratuita e un’infermiera tutti i giorni e un medico una volta la settimana.

Kate Middleton ha indossato più volte il tailleur rosso SushiFlorian di Luisa Spagnoli. La prima volta nel 2011, durante la prima uscita ufficiale da fidanzata.Nel 2014 durante una visita in Nuova Zelanda e nel dicembre 2015, dopo il pranzo di Natale a Buckingham Palace, durante l’incontro con i cadetti della Royal Air Force.

Nicoletta Spagnoli[ Perugia, 24 luglio 1955 ] Consegue la laurea in Farmacia presso l’Università degli Studi di Perugia e successi-vamente frequenta l’Università UCSD di San Diego (USA). Rientrata in Italia nel 1982, Nicoletta Spagnoli entra in Azienda, affiancando il padre. Nel 1986, è proprio l’improvvisa scomparsa del padre a portarla ad assumere l’incari-co di Amministratore Delegato. Sotto la sua guida, inizia un processo di restyling con l’allestimento di collezioni dall’immagine più fresca, visibile e attraente, ma che fa leva sui valori positivi tradizionalmente presenti in Luisa Spagnoli: elevata qualità intrin-seca del prodotto, offerta priva di esasperate caratterizzazioni moda, ottimo rapporto qualità-prezzo, classe e raffinatezza. Il risultato è un riposizionamento della marca, punto di riferimento per soddisfare il bisogno di un’eleganza sicura, trasversale a tutti gli stili di abbigliamento e alle diverse fasce di età, e che oggi rappresenta nel panorama nazionale dell’abbigliamento donna un marchio prestigioso, di grande visibilità ed attrattività, capace di trasmettere l’im-magine di un’Azienda al passo coi tempi e di un prodotto di elevata qualità, in grado di far presa su fasce di clientela sempre più ampie. Il nuovo modello imprenditoriale presenta un formidabile punto di forza anche nella peculiarità della rete distributiva, formata oggi da 151 negozi gestiti direttamente in Italia e 57 monomarca nel mondo. La Luisa Spagnoli realizza di anno in anno un pro-gressivo aumento dei volumi produttivi e del fatturato, giunto nel 2015 a 126,5 milioni di euro, con un’occupazione complessiva di oltre 820 collaboratori diretti. Nel 2003 viene attribuito a Nicoletta il premio “L’Imprenditore dell’anno” per la ca-tegoria Communication, nel concorso annuale di Ernst&Young. Il 2 giugno 2007, il Presidente della Repubblica le conferisce l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro e nello stesso mese riceve il Premio Marisa Bellisario per l’industria della Moda. Nel 2007 le viene assegnato il Premio Minerva. Nel 2010 ritira il premio Lions “Città di Perugia”. Nel 2012 riceve dal Presidente della Repubblica, il Premio Leonardo Qualità Italia 2011. Nel 2014 riceve “il sigillo” dell’Università per Stranieri di Perugia e il Premio Guido Car-li, l’onorificenza sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica assegnata ogni anno ad illustri personaggi del mondo dell’economia, dell’alta finanza, della cultura.

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gt Treccani e la Bibbia di Borso d’EsteNell’aprile del 1923 l’antiquario fiorentino Tammaro De Marinis apprende per caso che la Bibbia di Borso d’Este, giunta a Parigi alla fine della Grande Guerra, sta per essere venduta a un banchiere americano.Per evitare che il manoscritto finisca Oltreoceano, De Marinis chiede l’intervento del Governo italiano, ma la somma richiesta per acquistare la Bibbia è iperbolica: quattro milioni di franchi.È allora che viene contattato Giovanni Treccani, cui Giovanni Gentile e Benedetto Croce illustrano l’importanza dell’opera e la necessità di riportarla in Italia.Nonostante la cifra sia altissima anche per le sue finanze, Giovanni Treccani accetta.In una vera e propria corsa contro il tempo - se la trattativa non si chiude in 48 ore, il codice passerà all’americano - Treccani si procura la somma necessaria e si reca a Parigi.Qui ammira per la prima volta il manoscritto e si dice «abbagliato dalla bellezza incomparabile dei disegni, dalla freschezza dei colori, dalla ricchezza smagliante delle miniature su fondo oro».Da abile uomo d’affari, Treccani riesce a concludere l’affare per 3.300.000 franchi e al contempo annuncia che donerà l’opera allo Stato Italiano, facendo esclamare all’incredulo antiquario parigino «Vous êtes fou!».

GiovanniTreccani degli Alfieri [ Montichiari (Bs), 3 gennaio 1877 - Milano, 6 luglio 1961 ] Figlio di un farmacista e di una nobile bresciana, all’età di 17 anni emigra in Germania, dove si specializza presso la scuola di tessitura di Krefeld. Tornato in Italia, perfeziona le sue competenze nel settore lavorando nel Lanificio Rossi, la maggiore impresa laniera nazionale del tempo.Nel 1911 rileva il Cotonificio Valle Ticino, dove introduce significative innovazioni tecno-logiche occupandosi anche di aziende chimico-meccaniche per la produzione di fibre nazionali. In pochi anni va a capo di una vasta organizzazione di filatura e tessitura del cotone. Consapevole della responsabilità sociale dell’imprenditore e della vitale importanza delle istituzioni culturali, impiega gran parte delle sue risorse finanziarie in attività filantropiche. Nel 1921 dona una ingente somma all’Accademia dei Lincei, allora in condizioni molto critiche, nella speranza di ottenere la fondazione di una cattedra universitaria destinata ad Albert Einstein. La più celebre impresa filantropica dell’imprenditore è l’acquisto della Bibbia di Borso d’Este, considerata il capolavoro assoluto della miniatura rinascimentale: per donarla allo Stato Italiano,Treccani sostiene l’incredibile spesa di oltre tre milioni di franchi. Anni dopo, l’industriale bresciano finanzierà anche la realizzazione del primo, storico facsimile della Bibbia. Il nome Treccani resta universalmente legato alla pubblicazione della grandiosa Enci-clopedia italiana. L’ambizioso progetto editoriale gli viene proposto da Giovanni Gentile nel 1924, lo stesso anno della sua nomina a Senatore del Regno.L’idea interessa molto Treccani, che durante il suo periodo di studio in Germania aveva notato l’ampio uso di enciclopedie e dizionari, pratica fino a quel momento assente in Italia. Inserendosi con la sua capacità imprenditoriale nello scenario dei tentativi en-ciclopedici, diviene parte determinante nella realizzazione della Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti.Insieme alle case editrici Bestetti e Tumminelli e Fratelli Treves, nel 1931 costituisce poi la società Treves-Treccani-Tumminelli, che diventerà l’Istituto della Enciclopedia Italiana.Alla sua morte, nel 1961, il Senato della Repubblica ha celebrato solennemente Giovanni Treccani come “una delle figure più caratteristiche di mecenate che il nostro tempo abbia potuto vantare”.

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ez Il “Tessuto Numero 1” lega l’origine del Lanificio Zegna di Trivero alla realtà dell’azienda globale, dal primo tessuto del 1910 alla sua rivisitazione del 2010.Il Centenario ha imposto una consapevole valorizzazione dell’archivio aziendale. Quel tessuto secolare si dimostrava ancora attuale e riproponibile semplicemente aggiornandone i parametri.Materia prima, lavorazioni intermedie, coloriture, tessitura e nobilitazione sono le stesse di cento anni fa. Cambia nel peso, dai 500 gr/m di allora ai 270 gr/m di oggi.Il “Tessuto Numero 1” fu ideato da Ermenegildo Zegna. La traccia “autografa” è nel campionario originale custodito a “Casa Zegna”, l’Archivio del Gruppo Zegna. La scheda tecnica di tessimento e il campione ne hanno permesso la perfetta replicazione.Per la limited edition commemorativa del 2010 è stata scelta la lana Superfine 15 Milmil 15, tra le migliori fibre pettinate impiegate da Zegna. Questa versione leggerissima fa risaltare il disegno originario e la sua modernità.Gli abiti realizzati con questa stoffa rappresentano la sintesi del brand Zegna, dalla selezione del “greggio” alla confezione di lusso, coniugando innovazione e storia, tradizione ed eccellenza produttiva.

Ermenegildo Zegna[ Trivero, 1892 - Trivero, 1966 ]Avviato giovanissimo all’attività lavorativa con il padre e con i fratelli Edoardo e Mario, an-cora minorenne, nel 1910 costituì la società “Zegna & Giardino”, che pochi anni dopo diven-ne “Fratelli Zegna di Angelo”. Unendo le proprie competenze tecniche ai metodi di lavora-zione inglesi, negli anni ‘30 Ermenegildo impostò le strategie produttive e di mercato che avrebbero portato il marchio Zegna alla conquista del mondo. Raggiunto tale traguardo, il fondatore diede vita alle “Opere Sociali” (1932-1939): il centro socio-assistenziale, la “Strada Panoramica Zegna” e la piantagione di circa 500.000 conifere, creando un paesaggio na-turale di assoluta bellezza. Nel 1941 l’Azienda si trasformò in “Lanificio Ermenegildo Zegna e Figli” con l’ingresso di Aldo (1920-2000) e Angelo (1924).La figura di Ermenegildo Zegna è tramandata come quella di un imprenditore-lavoratore ordinato, scrupoloso, pragmatico, ma con lo sguardo sempre rivolto verso l’orizzonte.Al passaggio di consegne si presentò la sfida della confezione: alla consolidata esperienza nella produzione dei tessuti, a partire dal 1968 si aggiunsero l’abbigliamento, gli accessori e lo sportswear. Il Gruppo si affermò su tutti i mercati esteri con l’apertura di filiali commer-ciali e produttive, nonché di centinaia di boutiques e corner. Fin dagli anni Settanta, Aldo Zegna si dedicò al settore produttivo e commerciale. Rivestì incarichi nell’Unione Industria-le Biellese e nell’Associazione dell’Industria Laniera Italiana. Ebbe un ruolo determinante per il rilancio di Pitti e per il Centro di Firenze per la Moda Italiana (CFMI). Fu un “umanista” che seppe unire alle capacità imprenditoriali una notevole sensibilità culturale. Morì il 17 giugno del 2000. Entrato in azienda, Angelo Zegna si occupò della pettinatura, della fila-tura e dell’acquisto delle lane. Dopo lo stabilimento di Novara (1968) per la produzione di capospalla e pantaloni, tra gli anni Settanta e Novanta guidò la delocalizzazione in Spagna, Svizzera, Turchia e Messico per la confezione e la camiceria. Nel 1974 Angelo Zegna entrò nel Sistema Moda Italia. Già al vertice dell’Association Européenne des Industries de l’Habil-lement, nel 1987 assunse la presidenza dell’International Apparel Federation.A partire dal 1979, Paolo Zegna entrò nel Gruppo seguito negli anni successivi da Gildo, Anna, Benedetta e Laura, la terza generazione si affiancò alla seconda. Con la nomina di Er-menegildo (Gildo), figlio di Angelo, e Paolo, figlio di Aldo Zegna, ad amministratori delegati nel 1998, Angelo Zegna assunse la carica di presidente ed è tuttora presidente onorario del Gruppo. Oggi è Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria dal 2008 al 2014, a presiede-re il Gruppo, mentre il cugino Gildo ne è l’amministratore delegato. L’azienda conta oltre 7.000 dipendenti e ha chiuso il 2015 con un fatturato di 1.261 milioni di Euro.

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Progetto grafico Avenida srlFinito di stampare nel maggio 2016