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In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione indetta dalla FAO, l’ITES Pitagora ha voluto sottolineare l’avvenimento con un incontro-dibattito organizzato presso il Teatro Emanuele Basile dell’istituto con la partecipazione delle 4^ e 5^ classi che hanno prodotto lavori di approfondimento del tema in questione quest’anno “Uniti contro la fame”.

Ognuno ha sviluppato varie tematiche come la storia della FAO, l’elaborazione di grafici e mappe geografiche in cui venivano evidenziate aree in cui la sottoalimentazione è maggiormente presente ed i contrasti tra le aree geografiche in cui a causa dell’eccessivo uso del cibo, si incorre in problemi quali l’obesità mentre in altre non è possibile neanche usufruire di un piatto di riso al giorno. Quindi il cibo dovrebbe essere distribuito in miglior modo tra i vari popoli per debellare questa che è l’unica guerra che dovremmo fare, cioè la guerra della fame.

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Da evidenziare che quest’anno si invitano i cittadini ad aderire

entro il 30 ottobre alla petizione sul sito www.1billionhungry.org.

Seguono alcuni elaborati delle classi 5^D, 5^F, 4^C e 4^F.

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Giornata mondiale dell’alimentazione

16 Ottobre 2010

Indetta dalla FAO

Cos’è la FAO?

La FAO è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. www.fao.org

Ha sede a Roma e si propone di incrementare la produzione alimentare, di migliorare la distribuzione e il commercio dei prodotti agricoli e di elevare i livelli di vita della popolazione

mondiale e dei ceti rurali in particolare.

Ogni anno il 16 ottobre si celebra la Giornata mondiale dell’alimentazione.

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Il tema di quest’anno è stato scelto per riconoscere gli sforzi compiuti contro la fame

nel mondo a livello nazionale, regionale e internazionale. Unirsi contro la fame diventa

realtà quando Stato, organizzazione della società civile e settore privato lavorano in

associazione a tutti i livelli per sconfiggere la fame, la povertà estrema e la malnutrizione. Nel 2009 è stata raggiunta la soglia critica di un miliardo di persone che soffrono la fame in tutto il mondo, in parte a causa dell’aumento dei prezzi alimentari e della crisi finanziaria:

“un traguardo tragico per i vostri giorni” secondo il Direttore Generale della FAO,

Jacques Diouf.

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Alla vigilia del “vertice sulla fame”, Diouf ha lanciato una petizione per riflettere l’indignazione morale su questa situazione: il progetto “1

billionhungry” raggiunge le persone online tramite i social media e le

esorta a firmare la petizione contro la fame sul sito Internet www.1billionhungry.org.

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In questa Giornata mondiale dell’alimentazione 2010, in un momento in

cui non ci sono mai state così tante persone che soffrono la fame nel mondo,

riflettiamo sul futuro. Con la forza di volontà, il coraggio e la determinazione – e con molti attori che collaboreranno e si

aiuteranno a vicenda – è possibile produrre più cibo, in modo più sostenibile, e farlo arrivare nelle bocche di coloro che

ne hanno più bisogno.

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Com’è finanziata la FAO?

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L’ITALIA CON LA FAOIl governo italiano ha lanciato il Programma di cooperazione decentrata Italia-FAO, un’iniziativa pilota volta a promuovere la partecipazione delle autorità locali italiane nei progetti della FAO nel quadro della sicurezza alimentare mondiale. Nel settembre 2002, la FAO ed il Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGSC) del Ministero degli Affari Esteri italiano (MAE) hanno siglato un accordo per la creazione del Programma di Cooperazione Decentrata Italia-FAO. L'accordo prevede la mobilitazione di risorse sociali, umane e finanziarie di regioni, province e comuni italiani a sostegno degli sforzi a livello mondiale per favorire l'accesso a cibo sano e nutriente per le popolazioni povere.

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FINANZIAMENTI ITALIANI Nell’ambito del Programma di Cooperazione

FAO/Italia, il contributo volontario annuale fornito da Governo Italiano negli ultimi cinque anni ammonta mediamente a 15 milioni di dollari. Nel 2003 tale contributo è arrivato a 13 milioni di dollari per i progetti multilaterali ed a 4.5 milioni di dollari per i progetti multibilaterali. Nel 2004 il contributo totale era di 15.8 milioni di dollari, di cui 3,8 milioni per i progetti multibilaterali. Il contributo concesso per il 2005 ammonta a 13 milioni di dollari, di cui 0,8 milioni di dollari per progetti multibilaterali.

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DOVE OPERARE?

Fino al 1992 la cooperazione tra l’Italia e la FAO copriva un gran numero di settori tecnici

e di aree geografiche. Poiché divenne progressivamente sempre più evidente che una tale dispersione di sforzi non portava ad

una ottimizzazione dei risultati, è stato intrapreso un processo di concentrazione delle attività in alcuni settori ed in paesi

selezionati al fine di raggiungere il più alto grado di complementarietà, efficienza

economica ed impatto. Al momento oltre il 50 percento dei progetti vengono eseguiti in

Africa, nell’area del mediterraneo e in quella mediorientale. La distribuzione geografica dei 37 progetti in corso di esecuzione, può essere

così riportata:

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PROGETTI dollari USA

AFRICA 9 progetti 18 389 651 ASIA 5 progetti 5 918 439

EUROPA DELL’EST 2 progetti 9 667 867

INTERREGIONALI 13 progetti 17 011 056

MARICA LATINA E CARAIBI

4 progetti 2 796 008

MEDITERRANEO E VICINO ORIENTE

4 progetti 23 600 746

BUDGET TOTALE 37 progetti 77 383 767

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Per combattere la fame proponiamo di:

1. Aumentare la canalizzazione nel Sud del mondo e rafforzare le campagne volte alla creazione di pozzi naturali.

2. Ridurre le aree fertili destinate alle multinazionali per produrre

caffè ananas

cacao banane

a favore di coltivazioni delle popolazioni indigene per produrre

patate soia

riso grano

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4. Abolire la produzione di mine antipersona, bonificare i

territori compromessi attraverso lo sminamento.

5. Avviare e intensificare centri di alfabetizzazione per conoscere le tecniche agricole.

6. Rafforzare l’acquisto delle merci dal Commercio eque e solidale.

7. Ridurre lo spreco alimentare nel Nord del mondo dove l’eccessivo consumo di cibi provoca fenomeni come l’obesità, considerato ormai un problema sociale.

8. Ridurre l’estrazione mineraria.

9. Abolire l’embargo verso il Sud del mondo.

10.Condonare il debito estero.

11.Ridurre le spese militari per la costruzione di bombe atomiche e destinare tali fondi all’agricoltura in India, Iran e Iraq.

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I personaggi di maggior rilevanza per quanto concerne questo tema sono diversi e li presentiamo:

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Il professor Yunus è nato nel 1940 nel Bengala orientale

Nel 1983 ha fondato la banca Grameen e nel 1997 ha presieduto a Washington la prima

conferenza mondiale sul microcredito. Economista di fama mondiale e premio

Nobel per la pace del 2006

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“Il banchiere dei poveri"Yunus ha istituzionalizzato i piccoli prestiti che hanno consentito "di creare sviluppo economico e sociale dal basso".Ha dato dignità e una speranza a milioni di poveri e con la sua Grameen Bank ha dato anche uno schiaffo morale alla Banca mondiale.Attraverso culture e civiltà, Yunus e la Grameen Bank hanno dimostrato che anche i più poveri fra i poveri possono lavorare per portare avanti il proprio sviluppo.

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Come è sorta l’idea della banca dei poveri?

Verso la metà del 1974 il Bangladesh fu colpito da una violenta inondazione, a cui seguì una grave carestia.

Il paese è periodicamente devastato da calamità naturali e presenta una povertà strutturale in cui il

40% della popolazione non arriva a soddisfare i bisogni alimentari minimi giornalieri. Fu in

quest'occasione che Yunus si rese conto di quanto le teorie economiche che egli insegnava

fossero lontane dalla realtà. Decise, dunque, di uscire nelle strade per analizzare l’economia di un

villaggio rurale nel suo svolgersi quotidiano. La conclusione che egli trasse dall'analisi fu la

consapevolezza che la povertà non fosse dovuta all'ignoranza o alla indolenza delle persone, bensì al

carente sostegno da parte delle strutture finanziare del paese. Fu così che Yunus decise di mettere la scienza economica al servizio della lotta alla povertà, inventando il microcredito.

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"Sostenete il sogno di un mondo libero dalla povertà"

Yunus e i suoi collaboratori hanno cominciato battendo a piedi centinaia di villaggi del

poverissimo Bangladesh, concedendo in prestito pochi dollari alle comunità, somme minime che servivano per avviare progetti imprenditoriali.

Il "sistema Yunus" ha provocato un cambiamento di mentalità anche all'interno della Banca

Mondiale, che ha cominciato ad avviare progetti simili a quelli della Grameen. Il microcredito è

diventato così uno degli strumenti di finanziamento usati in tutto il mondo per

promuovere sviluppo economico e sociale.

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Grazie al microcredito è stata resa possibile anche l’emancipazione

femminile

Yunus ha fatto leva sulle donne per creare cooperative e promuovere il

coinvolgimento di ampi strati della popolazione.

Il suo primo prestito fu di soli 27 dollari USA, che prestò ad un gruppo di donne di

un villaggio.

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Alla notizia del conferimento del Nobel, Yunus ha dichiarato che utilizzerà la sua parte del

premio per produrre cibo a basso costo e alto valore nutrizionale. Parte del denaro servirà a finanziare la costruzione di un ospedale specializzato in oculistica per

poveri.Yunus rivolge critiche feroci al sistema della

Banca Mondiale e dei sussidi ai paesi sottosviluppati e non tace dei tentativi fatti

dall'organizzazione internazionale per inglobare la sua Grameen Bank, tentativi che l'economista bengalese ha sempre

respinto decisamente

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“Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza. Per quel che attiene alla mia fede, sono una suora cattolica. Secondo

la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di

Gesù”.Di conformazione minuta, ma di fede salda quanto la roccia, a Madre Teresa di Calcutta fu affidata la missione di

proclamare l’amore assetato di Gesù per l’umanità, specialmente per i più poveri tra i poveri. “Dio ama ancora il mondo e manda me e te affinché siamo il suo amore e la sua compassione verso i poveri”. Era un’anima piena della luce

di Cristo, infiammata di amore per Lui e con un solo, ardente desiderio: “saziare la Sua sete di amore e per le anime”. 

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Questa luminosa messaggera dell’amore di Dio nacque il 26 agosto 1910 a Skopje, città situata al

punto d’incrocio della storia dei Balcani. La più piccola dei cinque figli di Nikola e Drane Bojaxhiu, fu

battezzata Gonxha Agnes, ricevette la Prima Comunione all’età di cinque anni e mezzo e fu cresimata nel novembre 1916. Dal giorno della

Prima Comunione, l’amore per le anime entrò nel suo cuore. L’improvvisa morte del padre, avvenuta

quando Agnes aveva circa otto anni, lasciò la famiglia in difficoltà finanziarie. Drane allevò i figli

con fermezza e amore, influenzando notevolmente il carattere e la vocazione della figlia. La formazione

religiosa di Gonxha fu rafforzata ulteriormente dalla vivace parrocchia gesuita del Sacro Cuore, in cui era

attivamente impegnata. 

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All’età di diciotto anni, mossa dal desiderio di diventare missionaria, Gonxha lasciò la sua casa nel settembre 1928, per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come “le Suore di Loreto”, in Irlanda. Lì ricevette il nome di suor Mary Teresa, come Santa Teresa di Lisieux. In dicembre partì per l’India, arrivando a Calcutta il 6 gennaio 1929. Dopo la Professione dei voti temporanei nel maggio 1931, Suor Teresa venne mandata presso la comunità di Loreto a Entally e insegnò nella scuola  per ragazze, St. Mary.

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Il 24 maggio 1937 suor Teresa fece la Professione dei voti perpetui,

divenendo, come lei stessa disse: “la sposa di Gesù” per “tutta l’eternità”. Da quel giorno fu sempre chiamata

Madre Teresa. Continuò a insegnare a St. Mary e nel 1944 divenne la

direttrice della scuola. Persona di profonda preghiera e amore intenso per le consorelle e per le sue allieve, Madre Teresa trascorse i venti anni della sua vita a “Loreto” con grande felicità. Conosciuta per la sua carità, per la generosità e il coraggio, per la

propensione al duro lavoro e per l’attitudine naturale all’organizzazione, visse la sua consacrazione a Gesù, tra

le consorelle, con fedeltà e gioia. 

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Il 10 settembre 1946, durante il viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il ritiro annuale, Madre Teresa

ricevette l’“ispirazione”, la sua “chiamata nella chiamata”. Quel giorno, in che modo non lo raccontò mai, la sete di

Gesù per amore e per le anime si impossessò del suo cuore, e il desiderio ardente di saziare la Sua sete divenne il cardine della sua esistenza. Nel corso delle settimane e

dei mesi successivi, per mezzo di locuzioni e visioni interiori, Gesù le rivelò il desiderio del suo Cuore per

“vittime d’amore” che avrebbero “irradiato il suo amore sulle anime”. ”Vieni, sii la mia luce”, la pregò. “Non posso andare da solo” Le rivelò la sua sofferenza nel

vedere l’incuria verso i poveri, il suo dolore per non essere conosciuto da loro e il suo ardente desiderio per il loro

amore. Gesù chiese a Madre Teresa di fondare una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedite al

servizio dei più poveri tra i poveri. Circa due anni di discernimento e verifiche trascorsero prima che Madre

Teresa ottenesse il permesso di cominciare la sua nuova missione. Il 17 agosto 1948, indossò per la prima volta il sari bianco bordato d’azzurro e oltrepassò il cancello del

suo amato convento di “Loreto” per entrare nel mondo dei poveri. 

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Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione delle Missionarie della Carità veniva

riconosciuta ufficialmente nell’Arcidiocesi di Calcutta. Agli inizi del 1960 Madre Teresa iniziò a inviare le sue sorelle in altre parti dell’India. Il Diritto Pontificio concesso alla

Congregazione dal Papa Paolo VI nel febbraio 1965 la incoraggiò ad aprire una

casa di missione in Venezuela. Ad essa seguirono subito altre fondazioni a Roma e in Tanzania e, successivamente, in tutti i continenti. A cominciare dal 1980 fino al

1990, Madre Teresa aprì case di missione in quasi tutti i paesi comunisti, inclusa l’ex

Unione Sovietica, l’Albania e Cuba.

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Per rispondere meglio alle necessità dei poveri, sia fisiche, sia spirituali, Madre Teresa fondò nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il

ramo contemplativo delle sorelle, nel 1979 i Fratelli contemplativi, e nel 1984 i Padri Missionari della Carità. Tuttavia la sua

ispirazione non si limitò soltanto alle vocazioni religiose. Formò i Collaboratori di Madre Teresa e i Collaboratori Ammalati e Sofferenti, persone di diverse confessioni di fede e nazionalità con

cui condivise il suo spirito di preghiera, semplicità, sacrificio e il suo apostolato di umili opere d’amore. Questo spirito successivamente portò alla fondazione dei Missionari della Carità Laici. In risposta alla richiesta di molti sacerdoti,

nel 1991 Madre Teresa dette vita anche al Movimento Corpus Christi per Sacerdoti come una “piccola via per la santità” per coloro che

desideravano condividere il suo carisma e spirito.

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In questi anni di rapida espansione della sua missione, il mondo cominciò a

rivolgere l’attenzione verso Madre Teresa e l’opera che aveva avviato.

Numerose onorificenze, a cominciare dal Premio indiano Padmashri nel 1962

e dal rilevante Premio Nobel per la Pace nel 1979, dettero onore alla sua opera, mentre i media cominciarono a

seguire le sue attività con interesse sempre più crescente. Tutto ricevette, sia i riconoscimenti sia le attenzioni,

“per la gloria di Dio e in nome dei poveri”.

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Durante gli ultimi anni della sua vita, nonostante i crescenti seri problemi di salute,

Madre Teresa continuò a guidare la sua Congregazione e a rispondere alle necessità

dei poveri e della Chiesa. Nel 1997 le suore di Madre Teresa erano circa 4.000, presenti nelle 610 case di missione sparse in 123 paesi del mondo. Nel marzo 1997 benedisse la neo-

eletta nuova Superiora Generale delle Missionarie della Carità e fece ancora un

viaggio all’estero. Dopo avere incontrato il Papa Giovanni Paolo II per l’ultima volta, rientrò a Calcutta e trascorse le ultime settimane di vita ricevendo visitatori e

istruendo le consorelle. Il 5 settembre 1997 la vita terrena di Madre Teresa giunse al termine. Le fu dato l’onore dei funerali di Stato da parte del Governo indiano e il suo corpo fu seppellito nella Casa Madre delle Missionarie della Carità.

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Meno di due anni dopo la sua morte, a causa della diffusa fama di santità e delle grazie ottenute per sua intercessione, il

Papa Giovanni Paolo II permise l’apertura della Causa di Canonizzazione. Il 20

dicembre 2002 approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui miracoli.

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Hélder Câmara è nato in una famiglia modestissima a Fortaleza Brasile, il 7 febbraio 1909, undicesimo di tredici figli, ("... no domingo de Carnaval ... (nella domenica di Carnevale). Il padre, João Eduardo Torres Câmara Filho, libraio, decise di battezzarlo con questo nome scoprendo che si trattava di un piccolo porto nel Nord dell'Olanda, Den Helder, appunto. La madre, Adelaide Pessoa Câmara, era insegnate di scuola elementare. Il piccolo Hélder perse cinque fratelli in tenera età a causa di un'epidemia di difterite.

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Ordinato sacerdote il 15 agosto 1931 a Rio de Janeiro, dove viene nominato vescovo ausiliare il 3 marzo 1952 ricevendo l'ordinazione episcopale il 20 aprile 1952 dal cardinale Jaime de Barros Câmara, coconsacranti l'arcivescovo Rosalvo Costa Rêgo e il vescovo Jorge Marcos de Oliveira. Qui fonda la Banca della Provvidenza di San Sebastiano, che assisteva i poveri e gli emarginati. Sempre a Rio, organizzò il 36º Congresso Eucaristico Internazionale e la Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB), della quale fu attivissimo segretario. Partecipò al Concilio Vaticano II offrendo notevoli contributi di devozione disiteressata, assieme ad altri vescovi provenienti dai Paesi del Sud del mondo. Fu anche dei fautori di quella che sarebbe stata chiamata "opzione preferenziale per i poveri".

Il 12 marzo 1964 viene nominato da Paolo VI arcivescovo di Olinda e Recife.

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Spinto dai suoi superiori ha lavorato per risolvere la miseria nelle favelas e per questo fu anche nominato "il vescovo delle favelas". Si è occupato sia dell'incontro delle grandi religioni in pace sia della campagna "Un 2000 senza miseria".

È’ stato uno dei maggiori precursori della teologia della liberazione latinoamericana, e uno degli esponenti che ha maggiormente integrato dimensione politica e dimensione spirituale della fede cristiana.

Ha lasciato la diocesi il 2 aprile 1985, per raggiunti limiti di età (secondo le disposizioni del Diritto canonico), vivendo sempre nell'appartamento popolare in cui si era trasferito all'inizio del suo ministero episcopale, a Recife, fino alla morte, avvenuta il 27 agosto 1999.

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QUANDO DO DA MANGIARE A UN POVERO, TUTTI MI CHIAMANO SANTO. QUANDO CHIEDO PERCHÉ I POVERI NON HANNO CIBO, TUTTI MI CHIAMANO COMUNISTA

La Teologia della Liberazione (TdL) ebbe origine come movimento spontaneo nell’alveo delle comunità di base cristiane, quelle che portano avanti, secondo il Concilio Vaticano II, l’aspetto più importante del messaggio del Cristo di Gamala, ovvero quello di riscatto della povera gente per una condizione sociale umana e dignitosa.

Essa nacque in Brasile e fu una risposta necessaria al dilagare delle dittature in America Latina, a partire dagli inizi degli anni Settanta, tanto che si arrivò ad avere in quel paese circa 100.000 nuclei ecumenici per insegnare alla gente i diritti delle persone e a lottare per realizzarli. Molti cattolici, religiosi e laici, iniziarono così a prendere parte alle commissioni pastorali a carattere sociale, inserendosi nel tessuto vivo dei movimenti operai e dei sindacati.

I principali ideologi furono il teologo peruviano Gustavo Gutierrez e i brasiliani Hélder Câmara (morto 1999) e Leonardo Boff, oltreché Frei Betto e Oscar Romero, assassinato dalla giunta militare di destra per la sua vicinanza ai bisogni del popolo (Cfr. cap. X).

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I punti essenziali della TdL sono pertanto:

1. La situazione attuale della maggioranza dei latinoamericani contraddice il disegno divino e la povertà è un peccato sociale. 2. La salvezza cristiana include una “liberazione integrale” dell’uomo e raggruppa per questo anche la liberazione economica, politica, sociale e ideologica, come visibili segni della dignità umana. 3. Non vi sono solo peccatori, ma anche persecutori che opprimono le vittime del peccato che richiedono giustizia. 4. Rivendicare la democrazia, approfondendo la presa di coscienza delle popolazioni riguardo i loro veri nemici, per trasformare l’attuale sistema sociale ed economico. 5. Eliminare la povertà, la mancanza di opportunità e le ingiustizie sociali, garantendo l’accesso all’istruzione, alla sanità, alla scuola ecc. 6. Creare un uomo nuovo, come condizione indispensabile per assicurare il successo delle trasformazioni sociali. L’uomo solidale e creativo deve essere il motore dell’attività umana in contrapposizione alla mentalità capitalista della speculazione e della logica del profitto .

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Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma (soprannome datogli dal poeta indiano R.Tagore che in sanscrito significa “Grande Anima”), è il fondatore della nonviolenza e il padre dell’indipendenza indiana. Nasce a Portbandar in India il 2 ottobre 1869. Dopo aver studiato nelle università di Ahmrdabad e Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l’avvocatura a Bombay.  

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Nel 1893 si reca in Sud Africa con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi rimane per 21 anni. Qui si scontra con una realtà terribile, in cui migliaia di immigrati

indiani sono vittime della segregazione razziale. L’indignazione per le discriminazioni razziali subite dai suoi connazionali (e da lui stesso) da parte delle autorità britanniche, lo

spingono alla lotta politica. Il Mahatma si batte per il riconoscimento dei diritti dei suoi

compatrioti e dal 1906 lancia, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla

resistenza nonviolenta - “satyagraha”: una forma di non-collaborazione radicale con il

governo britannico, concepita come mezzo di pressione di massa.  

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Gandhi giunge all’uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le

marce. Alla fine, infatti, il governo sudafricano attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani (eliminazione di parte

delle vecchie leggi discriminatorie, riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti e validità dei matrimoni

religiosi).

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Nel 1915 Gandhi torna in India, dove circolano già da tempo fermenti di ribellione contro

l’arroganza del dominio britannico (in particolare per la nuova legislazione agraria,

che prevedeva il sequestro delle terre ai contadini in caso di scarso o mancato raccolto,

e per la crisi dell’artigianato). Egli diventa il leader del Partito del Congresso, partito che si

batte per la liberazione dal colonialismo britannico.

Il 1919 è caratterizzato dalla prima grande campagna satyagraha di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte. Il Mahatma

subisce un processo e viene arrestato.  

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Nel 1921 si ha una seconda grande campagna satyagraha di disobbedienza

civile per rivendicare il diritto all’indipendenza. Incarcerato e rilasciato,

Gandhi partecipa alla Conferenza di Londra sul problema indiano, chiedendo

l’indipendenza del suo paese.

E infine nel 1930 inizia la terza campagna di resistenza. La marcia del sale:

disobbedienza contro la tassa sul sale (la più iniqua perché colpiva soprattutto le classi povere). La campagna si allarga

con il boicottaggio dei tessuti provenienti dall’estero. Gli inglesi arrestano Gandhi,

sua moglie e altre 50.000 persone.

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Spesso incarcerato negli anni successivi, la “Grande Anima” risponde agli arresti con lunghissimi scioperi della fame (importante è quello che egli intraprende per richiamare l’attenzione sul problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa della società indiana).   All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, Gandhi decide di non sostenere l’Inghilterra se questa non garantisce all’India l’indipendenza. Il governo britannico reagisce con l’arresto di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma, che è rilasciato dopo due anni.  

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Il 15 agosto 1947 l’India conquista l’indipendenza. Gandhi, però, vive questo

momento con dolore, pregando e digiunando. Il subcontinente indiano è

diviso in due stati, India e Pakistan, la cui creazione sancisce la separazione fra indù

e musulmani e culmina in una violenta guerra civile che costa, alla fine del 1947, quasi un milione di morti e sei milioni di

profughi.

L’atteggiamento moderato di Gandhi sul problema della divisione del paese suscita l’odio di un fanatico indù che lo uccide il 30

gennaio 1948, durante un incontro di preghiera

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Il pensiero di Gandhi si basa su tre punti fondamentali:   Autodeterminazione dei popoli: Gandhi riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero decidere come governare il loro paese, perché la miseria nella quale si trovava dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da parte dei colonizzatori britannici.  Tolleranza religiosa: ”… il mio più intimo desiderio” dice Ghandhi “… è di realizzare la fratellanza … tra tutti gli uomini, indù, musulmani, cristiani, parsi e ebrei” (M.K.Gandhi, Gandhi Parla di Se Stesso, p.83). Gandhi sognava la convivenza pacifica e rispettosa dei tantissimi gruppi etnici e delle diverse professioni religiose presenti in India. Queste erano delle ricchezze che dovevano convivere e non dividere politicamente la nazione. Purtroppo, gli eventi non andarono come sperava Gandhi.  

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Nonviolenza: è necessario precisare che tale precetto non si ferma ad una posizione negativa (non essere causa di male agli altri) ma possiede in sé la carica positiva della benevolenza universale e diventa l’”amore puro” comandato dai sacri testi dell’Induismo, dai Vangeli e dal Corano. La nonviolenza è quindi un imperativo religioso prima che un principio dell’azione politico-sociale. Il Mahatma rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la violenza suscita solamente altra violenza. Di fronte ai violenti e agli oppressori, però, non è passivo, anzi. Egli propone una strategia che consiste nella resistenza passiva, il non reagire, in altre parole, alle provocazioni dei violenti, e nella disobbedienza civile, vale a dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste. “La mia non-cooperazione non nuoce a nessuno; è non-cooperazione con il male,… portato a sistema, non con chi fa il male” (Gandhi, Gandhi Parla di Stesso, p.128).

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Il messaggio che il Mahatma ci lascia è molto attuale e la storia contemporanea, purtroppo, continua ad essere macchiata dalla guerra e dalla violenza. Gandhi, “piccolo grande uomo”, riesce con le sue sole forze, a sconfiggere il potente Impero britannico e a realizzare il suo grande sogno dell’indipendenza per il suo paese. Come? Con la forza sbalorditiva della nonviolenza, del boicottaggio pacifico, della resistenza passiva e della ricerca della Verità (Dio). Come possiamo rendere attuale Gandhi? Come possiamo essere anche noi portatori di pace? Gandhi dimostra che la forza di un singolo uomo può diventare la forza di un popolo intero. Non dobbiamo quindi disperare se ci sembra che poteri superiori vogliano decidere per noi e armarci la mano. Gandhi stesso, con le sue parole, ci incoraggia a “cercare … la propria strada e … seguirla senza esitazioni” e a “non avere paura”. Rivolgendosi a ciascuno di noi aggiunge: “…affidati alla piccola voce interiore che abita il tuo cuore e che ti esorta ad abbandonare …, tutto, per dare la tua testimonianza di ciò per cui hai vissuto e di ciò per cui sei pronto a morire”.

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Stefano Zamagni (Rimini, 1943) è un economista italiano, presidente dell'Agenzia per le Onlus.Si è laureato nel 1966 in Economia e Commercio presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo aver vinto una borsa di studio per il Collegio Augustinianum. Si è specializzato nel 1973 presso il Linacre College dell'Università di Oxford.

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Tornato in Italia, iniziò ad insegnare presso l'Università di Parma, ottenendo poi nel 1979 l'ordinariato di economia politica all'Università di Bologna. Due anni prima aveva iniziato ad insegnare "International Trade Theory", "Microeconomics", "Quantitative Methods for Economics" e "Public Sector Economics" alla John Hopkins University, Bologna Center, dove a tutt'oggi è Adjunct Professor of International Political Economy, e di cui è vice-direttore. Dal 1985 al 2007 ha insegnato Storia dell'analisi economica alla Bocconi di Milano, mentre negli anni ha lavorato anche per la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, sede di Bologna.Per l'Università di Bologna ha ricoperto numerosi ruoli, tra cui la presidenza della Facoltà di Economia, impegnandosi negli anni soprattutto negli studi sul mondo del No profit, arrivanto all'attivazione di uno specifico corso di Laurea ("Economia delle Imprese Cooperative e delle Organizzazioni Non Profit")

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Nel 1991 divenne consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e successivamente membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Nel 1999 venne ammesso alla New York Academy of Sciences.Nel 2002 gli venne conferita la cittadinanza onoraria di Rosario (Argentina)Dal 2007 è presidente dell'Agenzia per le Onlus, un ente governativo con funzioni di vigilanza e controllo, promozione, consulenza a Governo e Parlamento in materia di associazioni No profit.Fra il 2007 ed il 2009, in quanto consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, è tra principali consulenti di Benedetto XVI per la stesura del testo dell'Enciclica Caritas in veritate.

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L’incontro, che ha avuto un’alta valenza formativa ed educativa, ha voluto rappresentare un esempio di

“lezione attiva” promossa dalle docenti di geografia economica G. Minervini, P. Marcoleoni e M.

Rizzo.