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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 125 (46.369) Città del Vaticano domenica 2 giugno 2013 . y(7HA3J1*QSSKKM( +@!"!.!"!? L’Unhcr denuncia la precarietà delle condizioni di vita dei rifugiati In fuga dalla Siria I bambini sono le principali vittime della crisi DAMASCO, 1. Il numero di siriani co- stretti ad abbandonare le proprie ca- se per fuggire nei Paesi vicini ha su- perato la quota di 1,6 milioni: il bilancio è stato diffuso dall’alto commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr). Almeno tremila rifugiati ar- rivano, dopo aver attraversato la frontiera con il Libano, dalla città di Qusayr, oggetto da tre settimane di un’intensa offensiva. «L’Unhcr ha potuto verificare le condizioni di estrema precarietà di queste fami- glie» ha detto il portavoce a Gine- vra, Dan McNorton, il quale ha ag- giunto che, a causa delle pessime condizioni igieniche, molti rifugiati «specialmente bambini, soffrono di problemi respiratori, febbre alta, otiti e malattie della pelle». Solo negli ul- timi quindici giorni centomila sono fuggiti dalla Siria. In aumento le persone che hanno attraversato la frontiera con la Giordania. Anche l’Europa è coinvolta diret- tamente dalla crisi umanitaria. «Per il momento sono quasi 30.000 i si- riani che dall’inizio del conflitto si sono rifugiati nei Paesi Ue. Il 95 per cento ha trovato protezione. Quindi il fenomeno è sotto controllo, anche se non significa che la situazione non possa cambiare» ha dichiarato il portavoce del commissario Ue agli Affari interni, Cecilia Malmström. Al momento sono in corso «contatti sistematici» con i Paesi membri e con altre organizzazioni internazio- nali per un costante monitoraggio della situazione. L’Unione europea ha comunque assicurato di avere tut- ti gli strumenti per gestire la grave crisi e anche un suo possibile peg- gioramento. Sul piano politico, mentre pro- seguono i combattimenti in diverse località della Siria, il segretario ge- nerale della Nato, Ander Fogh Rasmussen, ha escluso ogni ipotesi di azione dell’Alleanza in Siria, per- ché — ha detto — «qualsiasi interven- to militare straniero potrebbe avere L’udienza al presidente dell’U ru g u a y Rifugiati siriani in un campo libanese (LaPresse/Ap) Oggi il mensile «donne chiesa mondo» Rinviate le elezioni di 17 mesi Proroga della legislatura in Libano Domenica l’adorazione eucaristica in contemporanea mondiale Con lo sguardo fisso sull’essenziale IN ALLEGATO ripercussioni regionali imprevedibili e questa è la ragione per cui dobbia- mo concentrarci su una soluzione politica». Il numero uno della Nato, che ieri ha incontrato alla Casa Bianca Barack Obama, ha ricordato che la Nato è impegnata in Turchia — Paese membro dell’Alleanza — al confine con la Siria dove sono schie- rate batterie anti-aeree e anti-missile Patriot per intercettare qualsiasi mi- naccia da oltre frontiera. Intanto, il segretario di Stato ame- ricano, John Kerry, ha dichiarato ieri che il trasferimento di missili russi S-300 alla Siria rappresenta un peri- colo per Israele: «Non aiuta trasferi- re gli S-300 nella regione mentre si cerca di portare pace». Kerry è con- vinto che lo sforzo di Mosca nel tro- vare una via d’uscita alla crisi sia se- rio e che l’opposizione al presidente Assad, ovvero la Coalizione dell’op- posizione, parteciperà alla conferen- za internazionale. Sulle forniture russe a Damasco è intervenuto ieri anche il presidente francese, François Hollande, secon- do il quale la Francia, «non può ac- cettare che mentre stiamo preparan- do la conferenza di pace con l’obiet- tivo di trovare un soluzione politica, la Russia consegni armi all’esercito di Assad e che a noi sia impedito di fare altrettanto all’opposizione». Di qui, ha sottolineato il capo dell’Eli- seo, per «assicurare che si trovi una soluzione politica non si può esclu- dere l’opzione di una pressione mili- tare, in questo caso revocando l’em- bargo Ue» sulla vendita di armi ai ribelli. Sembra dunque complicarsi — a giudizio degli osservatori internazio- nali — il cammino verso la conferen- za di pace. L’obiettivo di Mosca e di Washington è quello di cercare una soluzione politica al conflitto in cor- so, aprendo lo spazio per un Gover- no di transizione nel quale siano rappresentati sia il Governo di Assad sia l’opposizione. Il vertice dovrebbe rilanciare i punti fondamentali fissati dall’incontro di Ginevra nel 2012. Nei giorni scorsi il presidente siriano ha confermato la sua disponibilità a partecipare alla conferenza, ma ha posto come condizione indispensabi- le che ogni accordo sia sottoposto a referendum. Da parte sua, la Coalizione dell’opposizione ha fatto sapere che parteciperà alla conferenza di pace solo se verrà stabilita una data limite per giungere a un accordo che pre- veda, tra l’altro, l’esclusione di Assad dal futuro Esecutivo. L’arcivescovo Capovilla a cinquant’anni dalla morte di Giovanni XXIII Un Papa di carne CARLO DI CICCO A PAGINA 5 di RINO FISICHELLA I l giovedì santo rimane per la Chiesa il giorno a cui ritornare per comprendere la natura e la missione che Gesù le ha affidato. In quel cenacolo si riassume per al- cuni versi l’intera vicenda del cri- stianesimo. Qui infatti trovano sin- tesi la vita di Cristo e l’esistenza della sua Chiesa. I loro rispettivi destini confluiscono a tal punto da diventare uno solo così da non po- ter più fare a meno l’uno dell’altra. Il mistero della morte e risurre- zione come la missione della Chie- sa sono anticipati e codificati nell’istituzione dell’eucaristia. Essa permane come il segno perenne e intramontabile della presenza stessa di Cristo in mezzo ai discepoli fino al giorno del suo ritorno. È per questo che la celebrazione eucari- stica con tutto ciò che essa com- porta, dall’istituzione del sacerdo- zio al compito per la comunità cri- stiana di porsi a servizio del mon- do annunciando cielo e terra nuo- vi, è stata sempre per la Chiesa il centro e il culmine della sua vita. Come è impossibile prescindere dal mistero eucaristico così è im- pensabile non porlo al centro della fede. Tutto nella Chiesa parte e ri- torna all’eucaristia. Qui la contem- plazione del mistero diventa sor- gente di conversione della vita per- sonale e sociale mentre acquista va- lore l’opera di evangelizzazione. La salvezza che la Chiesa annuncia è anticipata e resa visibile nel mistero che celebra. L’istituzione della festa del Cor- pus Domini nel 1246 ha segnato una tappa importante del cammino percorso dalla Chiesa nei secoli precedenti circa il culto eucaristico. L’eucaristia, conservata in un pri- mo tempo solo come viatico, ac- quistava sempre più importanza per l’adorazione dei fedeli. La reale presenza di Cristo in mezzo ai suoi diventava anche compagnia per la comunità cristiana nel suo quoti- diano impegno. Infatti, più l’euca- ristia attrae a sé e maggiormente il credente si impegna in una testi- monianza convinta di fede. Per questo, nell’organizzazione dell’An- no della Fede si è voluto realizzare un segno che per la prima volta nella nostra storia rende anche visi- bilmente unita la Chiesa in un solo momento temporale intorno all’eu- caristia. Sull’ora di Roma, dalle 17 alle 18 di domenica 2 giugno, nelle catte- drali del mondo e in migliaia e mi- gliaia di chiese sparse per l’orbe, si terrà lo sguardo fisso sul mistero di Cristo presente nell’eucaristia. Per un’ora tutta la Chiesa nel mondo si fermerà. Tutte le sue molteplici at- tività è come se di colpo non esi- stessero. I suoi pensieri e le opere, la sua preghiera e il canto come i suoi sentimenti saranno solo per il Signore Gesù. Sarà una sosta per riprendere fiato in questo difficile frangente della storia così come lo fu per il profeta Elia in cammino verso l’O reb. In un tempo di tristezza e stan- chezza per la mancanza di speran- za, un’ora di adorazione dell’euca- ristia intende ridare forza e soste- gno. La contemplazione del miste- ro non allontana dall’impegno con- creto e fattivo di restituire speranza al mondo, al contrario. Nella con- templazione si trova la forza coe- rente per andare nel mondo come discepoli di Cristo. Niente è passi- vo in questo momento. Tutto si trasforma in vita che pulsa e rige- nera. Le opere prodotte dalla fede qui recuperano tutto il loro valore, e il significato che muove i cristiani a dare la loro vita acquista qui il suo senso pieno. Niente come nell’eucaristia diventa specifico del cristianesimo. In quest’ora di adorazione la Chiesa intera terrà fisso lo sguardo sull’essenziale. Per un’ora non po- trà né riuscirà a guardare altrove ben sapendo che in lui tutto trova sintesi. Insomma, le antiche parole del Pange lingua si rivestono di at- tualità: per rassicurare un cuore sincero basta la fede; mettiamoci dunque in ginocchio per un’ora e adoriamo un così grande mistero. La forza della fede di tutta la Chie- sa, ancora una volta, viene in aiuto alla nostra debolezza. Alla chiusura del mese di maggio in piazza San Pietro il Pontefice parla di Maria D onna controcorrente PAGINA 8 L’incontro con un gruppo di bambini malati L’abbraccio del Papa PAGINA 8 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eminenza Reverendissi- ma il Signor Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Con- gregazione per i Vescovi. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor José Mujica Cordano, Presidente della Repubblica Orientale dell’Uruguay, e Seguito. Il Santo Padre ha nomina- to Sua Eminenza Reverendis- sima il Signor Cardinale Pé- ter Erdő, Arcivescovo di Esz- tergom-Budapest Suo Inviato Speciale alla celebrazione del VI centenario dell’evangeliz- zazione della “Samorgizia” (regione occidentale della Li- tuania), che avrà luogo, in concomitanza con un Con- gresso Eucaristico a Telšiai, dal 2 al 4 agosto 2013. Il Santo Padre ha nomina- to Membro della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pa- storale per i Migranti e gli Itineranti. Il Santo Padre ha nomina- to Difensore del Vincolo del Tribunale della Rota Roma- na il Reverendo Michele Fio- rentino, finora Addetto di Segreteria presso la Prefettu- ra della Casa Pontificia. Isabella Ducrot, «Oscar Romero» (2013) BEIRUT, 1. Il 31 maggio il Parla- mento libanese ha deciso di proro- gare il proprio mandato di 17 mesi, facendo così slittare le elezioni. Lo hanno riferito i media, dopo setti- mane di dibattito tra i leader delle maggiori forze politiche. In aula 97 deputati su 128 si sono espressi a favore della proroga. La legislatura scadrà dunque il 20 novembre 2014, ossia alla fine del mandato del presidente della Repubblica, Michel Sleiman, prevista per il maggio 2014. Le ultime elezioni legislative in Libano si sono tenute nel giugno del 2009. La consultazione, inizial- mente prevista per il 9 giugno, era già stata rinviata al 16 dello stesso mese: la nuova data dev’essere an- cora stabilita. Il Governo del sun- nita Najib Miqati ha rassegnato le dimissioni lo scorso 25 marzo; in oltre due mesi il Premier incaricato Tammam Salam non è riuscito a formare un nuovo Esecutivo, men- tre le diverse fazioni parlamentari non sono riuscite ad accordarsi su una nuova legge elettorale. La de- cisione del Parlamento di prorogare la legislatura verrà comunque sot- toposta al Consiglio costituzionale, composto da dieci membri, nomi- nati per metà dall’Assemblea e me- tà dal Governo. Il movimento scii- ta Hezbollah, rappresentato in Par- lamento e nel precedente Governo, si era detto contrario all’ipotesi di votare in estate per il rinnovo dell’Assemblea, parlando di «circo- stanze che impediscono di organiz- zare le elezioni». L’Unione europea ha fatto sape- re di essere «rammaricata» per la decisione del Parlamento libanese. Lo sottolinea in una nota la dele- gazione Ue in Libano. Quest’ulti- ma afferma di avere «lavorato con- cretamente fin dal 2005 con le au- torità libanesi e la società civile per sostenere in diversi modi la riforma della legge elettorale», e ora fa ap- pello a tutti i partiti politici perché trovino un accordo in materia met- tendo a frutto il tempo a loro di- sposizione. «L’Unione europea — si legge nella nota — incoraggia la formazione di un Governo senza indugi, per ristabilire la fiducia dei cittadini nelle loro istituzioni». Nella mattinata di sabato 1° giu- gno, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza, il presidente della Repubblica Orientale dell’Uruguay, José Alberto Mujica Cordano, il quale successivamente si è incontrato con il cardinale Tar- cisio Bertone, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Do- minique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. I cordiali colloqui hanno per- messo uno scambio d’informazioni e di riflessioni sulla situazione so- cio-politica del Paese e sul suo ruo- lo nella Regione. In tale prospetti- va sono stati affrontati temi di co- mune interesse, come lo sviluppo integrale della persona, il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la pace sociale. Non si è mancato di rilevare il contributo apportato dal- la Chiesa cattolica al dibattito pub- blico su tali questioni, nonché alla pace internazionale, come pure il suo servizio all’intera società, spe- cialmente nell’ambito assistenziale ed educativo.

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIII n. 125 (46.369) Città del Vaticano domenica 2 giugno 2013

.

y(7HA3J1*QSSKKM( +@!"!.!"!?

L’Unhcr denuncia la precarietà delle condizioni di vita dei rifugiati

In fuga dalla SiriaI bambini sono le principali vittime della crisi

DA M A S C O, 1. Il numero di siriani co-stretti ad abbandonare le proprie ca-se per fuggire nei Paesi vicini ha su-perato la quota di 1,6 milioni: ilbilancio è stato diffuso dall’altocommissariato Onu per i Rifugiati(Unhcr). Almeno tremila rifugiati ar-rivano, dopo aver attraversato lafrontiera con il Libano, dalla città diQusayr, oggetto da tre settimane diun’intensa offensiva. «L’Unhcr hapotuto verificare le condizioni diestrema precarietà di queste fami-glie» ha detto il portavoce a Gine-vra, Dan McNorton, il quale ha ag-giunto che, a causa delle pessimecondizioni igieniche, molti rifugiati«specialmente bambini, soffrono diproblemi respiratori, febbre alta, otitie malattie della pelle». Solo negli ul-timi quindici giorni centomila sonofuggiti dalla Siria. In aumento lepersone che hanno attraversato lafrontiera con la Giordania.

Anche l’Europa è coinvolta diret-tamente dalla crisi umanitaria. «Peril momento sono quasi 30.000 i si-riani che dall’inizio del conflitto sisono rifugiati nei Paesi Ue. Il 95 percento ha trovato protezione. Quindiil fenomeno è sotto controllo, anchese non significa che la situazionenon possa cambiare» ha dichiarato ilportavoce del commissario Ue agliAffari interni, Cecilia Malmström.Al momento sono in corso «contattisistematici» con i Paesi membri econ altre organizzazioni internazio-nali per un costante monitoraggiodella situazione. L’Unione europeaha comunque assicurato di avere tut-ti gli strumenti per gestire la gravecrisi e anche un suo possibile peg-gioramento.

Sul piano politico, mentre pro-seguono i combattimenti in diverselocalità della Siria, il segretario ge-nerale della Nato, Ander FoghRasmussen, ha escluso ogni ipotesidi azione dell’Alleanza in Siria, per-ché — ha detto — «qualsiasi interven-to militare straniero potrebbe avere

L’udienzaal presidente dell’U ru g u a y

Rifugiati siriani in un campo libanese (LaPresse/Ap)

Oggi il mensile«donne chiesa mondo»

Rinviate le elezioni di 17 mesi

Proroga della legislaturain Libano

Domenica l’adorazione eucaristica in contemporanea mondiale

Con lo sguardofisso sull’essenziale

IN A L L E G AT O

ripercussioni regionali imprevedibilie questa è la ragione per cui dobbia-mo concentrarci su una soluzionepolitica». Il numero uno della Nato,che ieri ha incontrato alla CasaBianca Barack Obama, ha ricordatoche la Nato è impegnata in Turchia— Paese membro dell’Alleanza — alconfine con la Siria dove sono schie-rate batterie anti-aeree e anti-missilePatriot per intercettare qualsiasi mi-naccia da oltre frontiera.

Intanto, il segretario di Stato ame-ricano, John Kerry, ha dichiarato ieriche il trasferimento di missili russiS-300 alla Siria rappresenta un peri-colo per Israele: «Non aiuta trasferi-re gli S-300 nella regione mentre sicerca di portare pace». Kerry è con-vinto che lo sforzo di Mosca nel tro-vare una via d’uscita alla crisi sia se-rio e che l’opposizione al presidenteAssad, ovvero la Coalizione dell’op-posizione, parteciperà alla conferen-za internazionale.

Sulle forniture russe a Damasco èintervenuto ieri anche il presidentefrancese, François Hollande, secon-do il quale la Francia, «non può ac-cettare che mentre stiamo preparan-do la conferenza di pace con l’obiet-tivo di trovare un soluzione politica,la Russia consegni armi all’e s e rc i t odi Assad e che a noi sia impedito difare altrettanto all’opposizione». Diqui, ha sottolineato il capo dell’Eli-seo, per «assicurare che si trovi unasoluzione politica non si può esclu-dere l’opzione di una pressione mili-

tare, in questo caso revocando l’em-bargo Ue» sulla vendita di armi airib elli.

Sembra dunque complicarsi — agiudizio degli osservatori internazio-nali — il cammino verso la conferen-za di pace. L’obiettivo di Mosca e diWashington è quello di cercare unasoluzione politica al conflitto in cor-so, aprendo lo spazio per un Gover-no di transizione nel quale sianorappresentati sia il Governo di Assadsia l’opposizione. Il vertice dovrebberilanciare i punti fondamentali fissati

dall’incontro di Ginevra nel 2012.Nei giorni scorsi il presidente sirianoha confermato la sua disponibilità apartecipare alla conferenza, ma haposto come condizione indispensabi-le che ogni accordo sia sottoposto are f e re n d u m .

Da parte sua, la Coalizionedell’opposizione ha fatto sapere cheparteciperà alla conferenza di pacesolo se verrà stabilita una data limiteper giungere a un accordo che pre-veda, tra l’altro, l’esclusione di Assaddal futuro Esecutivo.

L’arcivescovo Capovillaa cinquant’anni dalla mortedi Giovanni XXIII

Un Papa di carne

CARLO DI CICCO A PA G I N A 5

di RINO FISICHELLA

I l giovedì santo rimane per laChiesa il giorno a cui ritornareper comprendere la natura e la

missione che Gesù le ha affidato.In quel cenacolo si riassume per al-cuni versi l’intera vicenda del cri-stianesimo. Qui infatti trovano sin-tesi la vita di Cristo e l’esistenzadella sua Chiesa. I loro rispettividestini confluiscono a tal punto dadiventare uno solo così da non po-ter più fare a meno l’uno dell’altra.

Il mistero della morte e risurre-zione come la missione della Chie-sa sono anticipati e codificatinell’istituzione dell’eucaristia. Essapermane come il segno perenne eintramontabile della presenza stessadi Cristo in mezzo ai discepoli finoal giorno del suo ritorno. È perquesto che la celebrazione eucari-stica con tutto ciò che essa com-porta, dall’istituzione del sacerdo-zio al compito per la comunità cri-stiana di porsi a servizio del mon-do annunciando cielo e terra nuo-vi, è stata sempre per la Chiesa ilcentro e il culmine della sua vita.

Come è impossibile prescinderedal mistero eucaristico così è im-pensabile non porlo al centro dellafede. Tutto nella Chiesa parte e ri-torna all’eucaristia. Qui la contem-plazione del mistero diventa sor-gente di conversione della vita per-sonale e sociale mentre acquista va-lore l’opera di evangelizzazione. Lasalvezza che la Chiesa annuncia èanticipata e resa visibile nel misteroche celebra.

L’istituzione della festa del Cor-pus Domini nel 1246 ha segnatouna tappa importante del camminopercorso dalla Chiesa nei secoliprecedenti circa il culto eucaristico.L’eucaristia, conservata in un pri-mo tempo solo come viatico, ac-quistava sempre più importanzaper l’adorazione dei fedeli. La realepresenza di Cristo in mezzo ai suoidiventava anche compagnia per lacomunità cristiana nel suo quoti-diano impegno. Infatti, più l’euca-ristia attrae a sé e maggiormente ilcredente si impegna in una testi-monianza convinta di fede. Perquesto, nell’organizzazione dell’An-no della Fede si è voluto realizzareun segno che per la prima voltanella nostra storia rende anche visi-bilmente unita la Chiesa in un solomomento temporale intorno all’eu-caristia.

Sull’ora di Roma, dalle 17 alle 18di domenica 2 giugno, nelle catte-drali del mondo e in migliaia e mi-gliaia di chiese sparse per l’orbe, siterrà lo sguardo fisso sul mistero diCristo presente nell’eucaristia. Perun’ora tutta la Chiesa nel mondo si

fermerà. Tutte le sue molteplici at-tività è come se di colpo non esi-stessero. I suoi pensieri e le opere,la sua preghiera e il canto come isuoi sentimenti saranno solo per ilSignore Gesù. Sarà una sosta perriprendere fiato in questo difficilefrangente della storia così come lofu per il profeta Elia in camminoverso l’O reb.

In un tempo di tristezza e stan-chezza per la mancanza di speran-za, un’ora di adorazione dell’euca-ristia intende ridare forza e soste-gno. La contemplazione del miste-ro non allontana dall’impegno con-creto e fattivo di restituire speranzaal mondo, al contrario. Nella con-templazione si trova la forza coe-rente per andare nel mondo comediscepoli di Cristo. Niente è passi-vo in questo momento. Tutto sitrasforma in vita che pulsa e rige-nera. Le opere prodotte dalla fedequi recuperano tutto il loro valore,e il significato che muove i cristiania dare la loro vita acquista qui ilsuo senso pieno. Niente comenell’eucaristia diventa specifico delcristianesimo.

In quest’ora di adorazione laChiesa intera terrà fisso lo sguardosull’essenziale. Per un’ora non po-trà né riuscirà a guardare altroveben sapendo che in lui tutto trovasintesi. Insomma, le antiche paroledel Pange lingua si rivestono di at-tualità: per rassicurare un cuoresincero basta la fede; mettiamocidunque in ginocchio per un’ora eadoriamo un così grande mistero.La forza della fede di tutta la Chie-sa, ancora una volta, viene in aiutoalla nostra debolezza.

Alla chiusura del mese di maggioin piazza San Pietroil Pontefice parla di Maria

D onnacontro corrente

PAGINA 8

L’incontro con un gruppodi bambini malati

L’abbraccio del Papa

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NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienzaSua Eminenza Reverendissi-ma il Signor Cardinale MarcOuellet, Prefetto della Con-gregazione per i Vescovi.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienzaSua Eccellenza il Signor JoséMujica Cordano, Presidentedella Repubblica Orientaledell’Uruguay, e Seguito.

Il Santo Padre ha nomina-to Sua Eminenza Reverendis-sima il Signor Cardinale Pé-ter Erdő, Arcivescovo di Esz-tergom-Budapest Suo InviatoSpeciale alla celebrazione delVI centenario dell’evangeliz-zazione della “S a m o rg i z i a ”(regione occidentale della Li-tuania), che avrà luogo, inconcomitanza con un Con-gresso Eucaristico a Telšiai,dal 2 al 4 agosto 2013.

Il Santo Padre ha nomina-to Membro della PontificiaCommissione per lo Statodella Città del Vaticano SuaEminenza Reverendissima ilSignor Cardinale AntonioMaria Vegliò, Presidente delPontificio Consiglio della Pa-storale per i Migranti e gliItineranti.

Il Santo Padre ha nomina-to Difensore del Vincolo delTribunale della Rota Roma-na il Reverendo Michele Fio-rentino, finora Addetto diSegreteria presso la Prefettu-ra della Casa Pontificia.

Isabella Ducrot, «Oscar Romero» (2013)

BE I R U T, 1. Il 31 maggio il Parla-mento libanese ha deciso di proro-gare il proprio mandato di 17 mesi,facendo così slittare le elezioni. Lohanno riferito i media, dopo setti-mane di dibattito tra i leader dellemaggiori forze politiche. In aula 97deputati su 128 si sono espressi afavore della proroga. La legislaturascadrà dunque il 20 novembre2014, ossia alla fine del mandatodel presidente della Repubblica,Michel Sleiman, prevista per ilmaggio 2014.

Le ultime elezioni legislative inLibano si sono tenute nel giugnodel 2009. La consultazione, inizial-mente prevista per il 9 giugno, eragià stata rinviata al 16 dello stessomese: la nuova data dev’essere an-cora stabilita. Il Governo del sun-nita Najib Miqati ha rassegnato ledimissioni lo scorso 25 marzo; inoltre due mesi il Premier incaricatoTammam Salam non è riuscito aformare un nuovo Esecutivo, men-tre le diverse fazioni parlamentarinon sono riuscite ad accordarsi suuna nuova legge elettorale. La de-cisione del Parlamento di p ro ro g a rela legislatura verrà comunque sot-toposta al Consiglio costituzionale,composto da dieci membri, nomi-nati per metà dall’Assemblea e me-tà dal Governo. Il movimento scii-ta Hezbollah, rappresentato in Par-lamento e nel precedente Governo,si era detto contrario all’ipotesi divotare in estate per il rinnovodell’Assemblea, parlando di «circo-stanze che impediscono di organiz-zare le elezioni».

L’Unione europea ha fatto sape-re di essere «rammaricata» per ladecisione del Parlamento libanese.Lo sottolinea in una nota la dele-gazione Ue in Libano. Quest’ulti-ma afferma di avere «lavorato con-cretamente fin dal 2005 con le au-torità libanesi e la società civile persostenere in diversi modi la riforma

della legge elettorale», e ora fa ap-pello a tutti i partiti politici perchétrovino un accordo in materia met-tendo a frutto il tempo a loro di-sposizione. «L’Unione europea —si legge nella nota — incoraggia laformazione di un Governo senzaindugi, per ristabilire la fiducia deicittadini nelle loro istituzioni».

Nella mattinata di sabato 1° giu-gno, il Santo Padre Francesco haricevuto in udienza, il presidentedella Repubblica Orientaledell’Uruguay, José Alberto MujicaCordano, il quale successivamentesi è incontrato con il cardinale Tar-cisio Bertone, segretario di Stato,accompagnato dall’arcivescovo Do-minique Mamberti, segretario per iRapporti con gli Stati.

I cordiali colloqui hanno per-messo uno scambio d’informazionie di riflessioni sulla situazione so-

cio-politica del Paese e sul suo ruo-lo nella Regione. In tale prospetti-va sono stati affrontati temi di co-mune interesse, come lo sviluppointegrale della persona, il rispettodei diritti umani, la giustizia e lapace sociale. Non si è mancato dirilevare il contributo apportato dal-la Chiesa cattolica al dibattito pub-blico su tali questioni, nonché allapace internazionale, come pure ilsuo servizio all’intera società, spe-cialmente nell’ambito assistenzialeed educativo.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 domenica 2 giugno 2013

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Il pil indianoal livello più basso

del decennioTO KY O, 1. Il Giappone ha promessoun piano di aiuti quinquennali perl’Africa del valore massimo fino a3,200 miliardi di yen (24,2 miliardidi euro), di cui 1,400 miliardi di yen(10,6 miliardi di euro) come misurepubbliche per lo sviluppo. Lo ha an-nunciato il premier Shinzo Abe,aprendo ieri a Yokohama, alle portedi Tokyo, i lavori della quinta edi-zione della Tokyo InternationalConference on African Development(Ticad). La Ticad, è promossa con-giuntamente da Giappone, Onu,Banca mondiale e da quest’anno an-che dall’Unione africana.

Nel suo intervento, il premiergiapponese ha sottolineato che perfavorire la crescita anche economicadell’Africa occorrono lo sviluppodelle risorse umane, l’impegno peruna copertura sanitaria universale ela promozione del settore agricolo.Su questa impostazione, sempre se-condo Shinzo Abe, c’è bisogno diinvestimenti sia pubblici sia privati.

In questo senso, diversi osservato-ri sostengono che questa quinta edi-zione della Ticad, alla quale parteci-pano i delegati di oltre cinquantaNazioni, una quarantina delle qualiafricane, destinata a segnare unamodifica nell’approccio nipponicoverso l’Africa. Il continente non èpiù visto da Tokyo, cioè, solo comeun destinatario di aiuti, ma anchecome un partner economico e di in-vestimenti, in modo da favorire unacrescita continua.

Sotto questo aspetto, il Governodi Tokyo si propone di recuperare ilritardo accumulato nei confronti del-

la Cina, anche guardando alle riccherisorse naturali del continente africa-no. Nel 2011, ultimo anno con daticerti, gli investimenti diretti delGiappone in Africa sono stati di 460milioni di dollari nel 2011, contro i3,17 miliardi di Pechino, secondoquanto sostenuto rispettivamentedalla Japan External Trade Organi-zation (Jetro), l’agenzia nipponicaper il commercio estero, e dal Go-

verno cinese. Per ridurre tale divario,il Governo di Tokyo punta a espor-tare le sue tecnologie nel continenteafricano soprattutto nei settoridell’energia e dei trasporti.

Nei tre giorni di lavori dellaTicad, sono previste sessioni temati-che per discutere, oltre che di com-mercio e investimenti, anche paritàdei diritti tra uomo e donna e di co-struzione della pace. Su questo pun-

to, Shinzo Abe ha detto che la stabi-lità della Somalia è un fattore im-portante per «la prosperità in Africaorientale e per risolvere la pirateriaal largo delle sue coste, garantendouna delle arterie principali del mareal mondo», punto di collegamentotra oceano Indiano, il Mar Rosso eil Mediterraneo. Il premier nipponi-co Shinzo Abe ha rinnovato il soste-gno del Giappone a favore della So-malia, con la ripresa degli aiuti versoun Paese che lotta per rilanciarel’economia e lo stesso Governo dopo20 anni di guerra civile e aspri disor-dini, nell’ottica del miglioramentodelle condizioni sociali, del rafforza-mento dell’ordine pubblico e dellafragile economia.

Il presidente somalo, HassanMohamud, presente a Yokohama co-sì come il premier dell’Etiopia,Hailemariam Desalegn, ha espressodeterminazione per rafforzare il Pae-se, garantendo l’accelerazione delpassaggio dagli aiuti umanitari allaricostruzione. A tal proposito, Mo-gadiscio si concentrerà per creare loStato di diritto risolvendo con labuona amministrazione esigenze dibase come cibo, acqua e case.

Conferenza sullo sviluppo dell’Africa a Tokyo (Afp)

Il primo ministro indiano Manmohan Singh (Afp)

Il sistema Italiai n d i e t ro

di 25 anni

Via libera dell’Fmi a una nuova trance di aiuti

O ssigenoper la Grecia

Turisti a piazza Syntagma ad Atene (Reuters)

ROMA, 1. L’Italia non è stata ca-pace di adeguarsi ai cambiamentimondiali degli ultimi 25 anni edora si impone un aggiustamentodi «portata storica». Questo ilprincipale messaggio lanciato ieridal governatore della Banca d’Ita-lia, Ignazio Visco, nelle sue«Considerazioni finali».

Il Paese — ha detto Visco — de-ve dimostrare di saper uscire dallaspirale negativa che ha prodottoun pil 2012 inferiore del sette percento a quello di cinque anni fa,e una caduta libera del redditodisponibile delle famiglie e dellaproduzione industriale. Visco hachiesto alle imprese uno «sforzostraordinario» su investimenti einnovazione, e al Governo Lettadi completare le misure di soste-gno già avviate. Sulle riduzionidelle tasse Visco ha dichiarato chesono «necessarie nel medio termi-ne, pianificabili fin d’ora e nonpossono essere che selettive, privi-legiando lavoro e produzione».Sull’occupazione «vanno poste lecondizioni per sfruttare appienostrumenti e agevolazioni, già pre-visti dal nostro ordinamento,all’ingresso e alla permanenza, daoccupati, dei giovani».

Intanto, ieri, Confindustria,Cisl, Cgil e Uil hanno raggiuntoun accordo sulla rappresentanza.Si tratta di un insieme di nuoveregole sulla misurazione dellarappresentanza e sulle validità edesigibilità dei contratti collettividi lavoro. Sono incluse anche re-gole per l’esercizio del diritto disciopero. Tutte le parti coinvoltehanno espresso soddisfazione perl’intesa raggiunta.

Lungo colloquio tra Dilma Rousseff e Joe Biden

Co op erazionetra Brasile e Stati Uniti

L’incontro tra Dilma Rousseff e Joe Biden (Afp)

L’Opec lasciainvariato il tettodella produzione

di greggioVIENNA, 1. I Paesi dell’Opec (Or-ganizzazione dei Paesi esportatoridi petrolio) hanno deciso ieriall’unanimità di mantenere a quo-ta trenta milioni di barili al gior-no il proprio tetto di produzione.Questo tasso resta invariato dallafine del 2011. Lo ha reso noto ieriil ministro dell’Energia venezuela-no, Rafael Ramírez, al terminedell’assemblea del cartello a Vien-na. «Stiamo monitorando il mer-cato perché la situazione econo-mica in Europa è difficile; laprossima volta che ci riuniremo, adicembre, avremo più elementi»ha spiegato Ramírez. «Dobbiamodifendere il prezzo e lo faremo»ha aggiunto il ministro. La deci-sione dell’Opec — dicono gli os-servatori internazionali — è in li-nea con le attese dei mercati. In-tanto, il prezzo del greggio è arre-trato ieri sui principali listini aNew York: l’andamento è apparsopiù legato ai ricavi delle aziendeche alla decisione dell’Opec. IlWest Texas Intermediate — ilgreggio di produzione statuniten-se — ha ceduto un dollaro a 92,61dollari al barile.

All’asta i vinidelle cantine dell’Eliseo

BRASILIA, 1. Il presidente del Brasi-le, Dilma Rousseff, ha ricevuto aBrasilia il vice presidente degli Sta-ti Uniti, Joe Biden, in visita uffi-ciale nel Paese sudamericano. Do-po un’ora e mezzo di colloquio, ilvice di Obama ha affermato chenon esiste alcun ostacolo che StatiUniti e Brasile non possano supe-rare. Biden — che mercoledì scorso,a Rio de Janeiro, ha annunciato lavisita di Rousseff negli Stati Unitiil prossimo ottobre — ha anche di-chiarato che l’appuntamento diplo-matico «è un riflesso del nostrogrande rispetto per il Brasile».«Mai come adesso tanti rappresen-tanti dell’Amministrazione statuni-tense sono venuti qui» ha aggiuntoil vice presidente, secondo il qualequesto prova che «il 2013 può e de-ve segnare l’inizio di una nuova eranelle relazioni tra Stati Uniti e Bra-sile».

Secondo molti osservatori, la vi-sita di Biden è un ulteriore segnaledi riavvicinamento tra i due Paesi,anche per approfondire la coopera-zione economico-commerciale. Ilvice presidente, tra l’altro, cercheràdi convincere Rousseff a compraredagli Stati Uniti trentasei caccia-bombardieri della Boeing per leforze aeree brasiliane, al posto deiRafale francesi, oggetto di una trat-tativa iniziata durante il precedenteGoverno e mai conclusa.

Intanto, il Comitato di politicamonetaria della Banca centrale bra-siliana ha elevato di mezzo punto

percentuale il tasso d’interesse diriferimento. È il secondo aumentoconsecutivo deciso all’unanimitàdall’istituto. Il provvedimento èstato preso «per porre l’inflazionein declino e assicurare che questatendenza continui anche l’annoprossimo» ha precisato la Bancacentrale in una nota ufficiale.

ATENE, 1. Il Fondo monetario inter-nazionale (Fmi) ha annunciato diaver completato l’esame della situa-zione finanziaria della Grecia,nell’ambito della revisione del pro-gramma di aiuti. E l’esito dell’esameè stato positivo per Atene: è statoinfatti deciso di aprire la stradaall’erogazione della nuova tranchedel prestito da 2,26 miliardi di dolla-ri. Con questa tranche, l’importo cheAtene ha ricevuto dal Fondo sale a8,55 miliardi di dollari complessivi.

Il direttore dell’Fmi, ChristineLagarde ha dichiarato: «La Greciasta completando il suo ambiziosopiano di aggiustamento fiscale ed èsulla buona strada per centrare gliobiettivi fiscali del 2013». Lagardeha quindi osservato che Atene hacompiuto notevoli progressi per ri-durre gli squilibri fiscali e per ripri-stinare la competitività». Nello stes-so tempo il numero uno del Fondo

monetario internazionale ha rilevatoche Atene «deve ulteriormente spin-gere l’acceleratore sulle grandi rifor-me strutturali per rilanciare la pro-duttività e l’impresa». Si tratta di ri-forme che «comprendono la libera-lizzazione delle professioni, del mer-cato dei prodotti e dei servizi».

Sempre ieri il presidente dell’e u ro -gruppo, Jeroen Dijsselbloem — du-rante una conferenza stampa tenutaalla fine dell’incontro con il ministrodelle Finanze ellenico, YannisStournaras — ha detto che la que-stione dell’alleggerimento del debitopubblico della Grecia sarà discussoverso aprile del prossimo anno, sem-pre a condizione che saranno rispet-tati gli obiettivi posti dal programmadi risanamento economico del Paese.Il presidente dell’eurogruppo ha co-munque tenuto a rilevare che i primisegnali di una ripresa dell’economiagreca sono già visibili.

NEW DELHI, 1. L’economia indianaè cresciuta nell’anno fiscale 2012-13del cinque per cento, il tasso piùbasso dell’ultimo decennio. Èquanto emerge da statistiche pub-blicate ieri dal ministero delle Fi-nanze a New Delhi. In particolarela crescita del prodotto interno lor-do (pil) del quarto trimestredell’anno, conclusosi il 31 marzo, èstata del 4,8 per cento. Il settoremanifatturiero, considerato strategi-co, ha registrato su base annualeun incremento solo del 2,6 per cen-to. I dati ufficiali sono in linea conle previsioni del Governo, che infebbraio aveva stimato la crescitadel pil per il periodo 2012-13, ap-punto al cinque per cento.

Questo aveva comunque spintoil premier, Manmohan Singh, adassicurare che «l’India è pronta afare qualsiasi sacrificio per ritrovareil cammino di una crescita sostenu-ta». La notizia però non è stata ac-colta positivamente dai mercati. In-fatti, ieri l’indicatore dei trentaprincipali titoli della Borsa diMumbai scendeva sotto la sogliapsicologica dei ventimila punti,

perdendo l’1,12 per cento rispettoai livelli dell’ap ertura.

Il rallentamento della crescitaeconomica indiana a un anno dalleelezioni — commenta «Il Sole 24Ore» — è una pessima notizia peril Governo di un Paese in cui 841milioni di persone continuano a vi-vere con meno di due dollari algiorno. Questo soprattutto — scrivesempre il quotidiano italiano — allaluce del fatto che è molto probabi-le che nel 2014 il candidato premierdel principale partito di opposizio-ne, il Bharatiya Janata Party (Bjp),sarà Narendra Modi, il controversoleader induista artefice del boomeconomico del Gujarat, uno degliStati indiani più avanzati.

Il principale partito della mag-gioranza governativa, il CongressParty, non sembra avere al momen-to candidature forti. Il primo mini-stro, Manmohan Singh, attualmen-te in carica, non appare intenziona-to a presentarsi per una nuova can-didatura. D’altra parte, l’erede del-la dinastia Gandhi, Rahul, sembratroppo inesperto per ricoprire unruolo di primo piano in un even-tuale nuovo Governo.

PARIGI, 1. Mille e duecento botti-glie di pregiatissimo vino franceseper un prezzo complessivo di718.000 euro. Per la prima voltal’Eliseo scende in campo e apre lesue riserve di crus, cognac e cham-pagne. Le aste si sono tenute gio-vedì e venerdì e hanno raggiuntoun incasso pari al doppio della va-lutazione iniziale dei vini. Casostraordinario, una bottiglia diPétrus del 1990 — un vino della re-gione viticola di Pomerol vicino aBordeaux: i grappoli d’uva sonovendemmiati a mano e vinificati incisterne di cemento — inizialmentestimata sui 2.200-2.500 euro è sta-ta aggiudicata a 7.625 euro.

Due bottiglie di ChâteauLatour, altro storico Bordeaux, èstato venduto a 4.625 euro. I par-tecipanti alle due aste sono giunti

da tutto il mondo, come hanno ri-ferito gli organizzatori della casad’aste Kapandji-Morhange, incari-cata dalla presidenza francese digestire l’evento. La cantina dei vi-ni dell’Eliseo contiene — come ri-ferisce la France Presse — un “te-s o ro ” stimato in dodicimila botti-glie, una raccolta iniziata nel 1947,sotto la presidenza di VincentAuriol. La decisione di vendereuna parte di questa cantina è statapresa per «consentire un rinnova-mento della cantina attraversol’autofinanziamento» come si leg-ge in un comunicato. «Nell’atten-zione a una sana gestione, il risul-tato di questa vendita — riferisceancora l’Eliseo — sarà reinvestitoin vini più modesti e l’eccedenteandrà nel bilancio dello Stato».

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 giugno 2013 pagina 3

Annunciato dal segretario generale e dal presidente statunitense

Vertice Nato sull’Afghanistan nel 2014ISLAMABAD, 1. Aspri combatti-menti nel nordovest del Pakistan.Ieri trentaquattro miliziani e tresoldati sono rimasti uccisi inscontri seguiti a un’op erazionecondotta dall’esercito contro i ta-lebani. I combattimenti sono di-vampati vicino ai villaggi di ParaChamkani e di Maidan, non lon-tano dal confine afghano. L’op e-razione condotta dall’esercito s’in-quadra nell’ambito di un piano suvasta scala diretto a colpire, nellevarie parti del territorio, le ancoranumerose sacche di resistenza deimiliziani. Finora è stato possibileconstatare come questa resistenzasia tenace e radicata, a testimo-nianza della difficile sfida che de-ve affrontare Islamabad.

In questo scenario continuanoad avere un certo peso i raid deidroni statunitensi (velivoli senzapilota) diretti a colpire le posta-zioni talebane. Sulla lunga con-troversia tra le autorità pakistanee gli Stati Uniti circa gli effetticollaterali legati a questi droni èintervenuto anche il futuro primoministro, Nawaz Sharif, vincitoredelle elezioni legislative svoltesil’11 maggio. Sharif ha infatti con-dannato l’ultimo attacco compiu-to da questi velivoli senza pilota,che, tra l’altro, ha provocato lamorte del numero due dei taleba-ni pakistani. Sharif ha dichiarato:«Non è stata solo una violazionedella sovranità e dell’integrità del-lo Stato, ma anche un’azione cherappresenta una violazione del di-ritto internazionale delle regoleOnu». Il Pentagono ha semprereplicato che la strategia dei droni— fatta ovviamente salva la volon-tà di non nuocere in alcun modoai civili — è risultata finora moltoefficace nel colpire i talebani chevogliono destabilizzare il Paese.

C ru e n t icombattimentinel nordovestdel Pakistan

La Santa Sede all’O nu

L’accessoall’acqua

un diritto di tuttiNEW YORK, 1. L’urgenza di assi-curare a tutti l’accesso all’acqua eai servizi igienici è stata sottoli-neata dall’arcivescvo FrancisChullikatt, Osservatore Perma-nente della Santa Sede alle Na-zioni Unite, nell’intervento pro-nunciato il 24 maggio — nell’am-bito della terza sessione del grup-po di lavoro aperto sugli obiettividi sviluppo sostenibile, tenutasi alPalazzo di Vetro a New York — erilanciato da un tweet della Se-greteria di Stato (@TerzaLoggia).

L’arcivescovo ha messo in evi-denza che sono «lenti ed esitanti»gli sforzi, da parte dei Governi edelle organizzazioni internaziona-li, diretti a riaffermare quale fon-damentale diritto umano l’accessoall’acqua e ai servizi igienici. Sistima che siano più di ottocentomilioni le persone che non hannola possibilità di fruire di risorseidriche, e che ci siano tanti altrimilioni di persone che non possa-no contare su un sicuro e sosteni-bile rifornimento d’acqua. Inoltreun terzo della popolazione mon-diale vive senza adeguati serviziigienici. Ecco allora l’esigenza, ri-chiamata dall’arcivescovo Chulli-katt, di creare un mondo in cui aifondamentali bisogni dell’acquapotabile e dei servizi igienici siariconosciuta la dovuta priorità.

Il presule richiama quindi l’ur-genza di adottare politiche e pro-grammi in grado di rispondereanzitutto alla domanda su «co-me» sia possibile, in modo effica-ce, soddisfare i bisogni delle co-munità, prima di chiedersi «se»fare ciò sia economicamente con-veniente. In questo modo si riaf-ferma che è il servizio alla perso-na umana che ci deve guidare,non la ricerca, a ogni costo, di in-centivi economici.

Continuano le tensioni nel nord mentre si preparano le presidenziali del 28 luglio

Ostacoli sul voto in MaliMa sostiene Tripoli nella lotta al terrorismo

Parigi escludeun intervento in Libia

La Somaliaaderisce

alla convenzionesulle armi chimiche

WASHINGTON, 1. Almeno cinquepersone sono morte per un tornadoche ha nuovamente colpito la cittàdi Oklahoma City, nel centro suddegli Stati Uniti, nella stessa zonagià devastata la scorsa settimana.Tra le vittime ci sono anche unadonna e il suo bambino, uccisi dalribaltamento dell’auto sulla qualeviaggiavano. Migliaia di automobili-sti sono rimasti intrappolati per oresu alcune delle arterie principalidell’area. Le autorità hanno dato or-dine di abbandonare le autovetturee di mettersi al riparo. Tra le zonecolpite, anche Moore, sobborgo diOklahoma City, devastato dal gi-gantesco tornado del 20 maggioscorso, che uccise ventiquattro per-sone, tra cui nove bambini.

Ma il maltempo non ha rispar-miato neanche lo stato del Missouri,con gli esperti che hanno lanciatol’allerta anche per la zona vicino St.Louis, dove è stato chiuso l’aerop or-

L’AJA, 1. Il Governo federale diMogadiscio ha firmato l’adesionealla convenzione internazionaledel 1998 e al trattato istitutivodell’Organizzazione per la proibi-zione delle armi chimiche(Opac). Lo ha comunicato ieri ilsegretariato dell’o rg a n i z z a z i o n e ,che ha sede all’Aja. La Somaliadiventa così il 189° Stato aderenteall’Opac, in un passo ulterioreverso l’auspicata universalità dellamessa al bando di tale tipo di ar-mi di distruzione di massa. I Pae-si che non hanno ratificato laconvenzione istitutiva dell’O pacsono rimasti sette: Angola, Coreadel Nord, Egitto, Israele,Myanmar, Siria e Sud Sudan. Se-condo rapporti internazionaliconcordi, nei quindici anni di at-tività dell’Opac sono state distrut-te circa i quattro quinti delle armichimiche dichiarate dai Paesi fir-matari della convenzione. Con lasua adesione, la Somalia potràora beneficiare dei programmi diassistenza e cooperazione interna-zionale dell’O pac.

Cinque morti e numerosi feriti nella stessa area devastata il 20 maggio

Ancora un tornado su Oklahoma City

La sede del Comitato internazionale della Croce Rossa attaccata a Jalalabad (Afp)

Le devastazioni per i tornado a Oklahoma (LaPresse/Ap)

PARIGI, 1. Il presidente francese,François Hollande, ha esclusoqualsiasi impegno militare dellaFrancia in Libia al di fuori del qua-dro delle risoluzioni Onu. «Ci so-no regole per tutti gli interventifrancesi — ha detto Hollande inun’intervista a France 24, Rfi eTv5Monde — noi interveniamo nel-la legittimità che ci conferiscono lerisoluzioni delle Nazioni Unite e innessun altro quadro».

Hollande ha poi sottolineato che«finora non siamo stati chiamatidalle autorità libiche». «Dunque —ha aggiunto commentando notizie

di stampa che parlano da qualchegiorno di un possibile intervento diParigi — voglio tagliare corto conquesta che non è una notizia». In-vece, ha continuato, «dobbiamosostenere tutti gli sforzi delle auto-rità libiche affinché possiamo lotta-re contro il terrorismo», aggiun-gendo che i gruppi terroristi basatinel sud della Libia sono molto pro-babilmente all’origine dei recentiattacchi in Niger: «È la cosa piùprobabile — ha concluso — quindinoi, con le autorità libiche e soltan-to con loro, dobbiamo vedere qua-le cooperazione avviare per metterein condizioni di non nuocere que-sti gruppi terroristici».

Il capo dell’Eliseo ha detto an-che che dopo l’intervento militaredelle forze dell’Alleanza atlanticanel 2011, «sta alla comunità inter-nazionale essere molto più presentein Libia, anche nelle forze in cam-po», visto che — secondo lui — «ilvolume delle armi che circolavanoe dei gruppi che le utilizzavano»furono allora sottovalutati.

A Istanbuldisordini controle grandi opere

AN KA R A , 1. Secondo giorno diproteste a Istanbul contro unprogetto edilizio che prevede losradicamento di almeno 600 al-beri dal parco Gezi Park dipiazza Taksim, ultimo polmoneverde del cuore europeo dellamegalopoli del Bosforo. La poli-zia ha attaccato anche oggi, congas lacrimogeni e spray urtican-ti, i manifestanti, che si eranoasserragliati nel parco per bloc-care le ruspe. Negli scontri, uncentinaio di persone sono rima-ste ferite, mentre sessanta mani-festanti sono stati arrestati.

La giunta comunale — guida-ta dal partito islamico Akp delpremier, Recep Tayyip Erdoğan— ha varato un piano per co-struire un terzo ponte sul Bosfo-ro e su piazza Taksim e dintorniun enorme centro commerciale,con accanto una ricostruzione dicasermette dell’epoca ottomanae una moschea. Erdoğan haconfermato alla stampa che legrandi opere verranno realizzatelo stesso, nonostante le contesta-zioni, che, nel frattempo, si so-no già propagate ad Ankara.Nella capitale infatti sono statisegnalati anche oggi vari corteidi protesta, anche in questo casodispersi dalle forze dell’o rd i n econ i lacrimogeni.

Entro due mesielezioni

nello ZimbabweHARARE, 1. Si dovranno tenereentro luglio le elezioni presiden-ziali e legislative nello Zimbabwe.Lo ha stabilito la Corte costitu-zionale di Harare, accogliendo unricorso nel quale si denunciava ilrischio di un vuoto di potere e didemocrazia dopo la scadenza, il29 luglio, del Parlamento in cari-ca. Da tempo la scelta della datadel voto ha contrapposto loZimbabwe African NationalUnion – Patriotic Front (Zanu -Pf), il partito del presidenteRobert Mugabe alle altre forzepolitiche, a partire dal Movimen-to per il cambiamento democrati-co (Mdc) guidato dal primo mi-nistro Robert Tsvangirai, che so-stengono il Governo di unità na-zionale. Questo fu costituito do-po la crisi politica e le violenzeche segnarono le elezioni del2008. Primo e unico presidentedello Zimbabwe e candidato a unnuovo mandato, Mugabe ha af-fermato più volte di volere un ri-torno alle urne il prima possibile.L’Mdc aveva invece chiesto cheprima del voto fossero portate atermine una serie di riforme, sianel settore della sicurezza sia inmateria di legge elettorale e plu-ralismo dell’informazione. Il votosi terrà sulla base di una nuovaCostituzione, approvata quest’an-no con referendum dopo un diffi-cile negoziato tra i partiti.

WASHINGTON, 1. Il presidente statunitense,Barack Obama, e il segretario generale della Na-to, Anders Fogh Rasmussen, hanno annunciato divoler organizzare nel 2014 un nuovo verticedell’Alleanza atlantica incentrato sull’Afghanistan.L’annuncio è stato dato ieri dopo un colloquio al-la Casa Bianca. Del resto il 2014 si pone comeuna data particolarmente importante per la storiadel Paese, poiché è fissato nell’arco del prossimoanno il completo ritiro del contingente internazio-nale. Nel 2014 scade inoltre il mandato del presi-dente afghano Hamid Karzai. Insomma vi sonotutte le premesse per ridefinire uno scenario peruna Nazione che continua a essere segnata dalleviolenze scatenate dai talebani.

Al momento, per il dopo 2014, è prevista lapermanenza di militari dell’Alleanza atlantica concompiti esclusivamente di addestramento e assi-stenza. Il presidente Obama ha tenuto a eviden-ziare che, considerando le tante sfide che interpel-lano l’Afghanistan, si ritiene necessario organizza-re un vertice della Nato in modo da studiare, inmaniera approfondita e capillare, le giuste strate-gie per consentire al Paese un’efficace transizioneverso una nuova fase della sua storia. Si tratta diuna fase che metterà a dura prova, anzitutto, leforze locali chiamate, da sole, a fronteggiare laprevedibile recrudescenza delle violenze provocatedagli insorti talebani. E proprio l’effettiva capacitàdelle unità afghane di rintuzzare gli attacchi, sen-

za l’aiuto dei soldati del contingente internaziona-le, costituisce uno degli interrogativi più impor-tanti e ricorrenti nell’ambito di uno scenario giàdi per sé fluido e complesso.

Intanto si è appreso ieri che il Comitato inter-nazionale della Croce Rossa (Cicr) ha deciso dichiudere, temporaneamente, la sede operativa diJalalabad, attaccata mercoledì scorso da un grup-po di miliziani armati. L’assalto ha provocato unmorto e alcuni feriti. Il portavoce del Cicr aKabul, Abdul Haseeb Rahimi, ha detto: «Al mo-mento stiamo rivedendo la situazione in altre par-ti dell’Afghanistan per verificare la sicurezza diazione per i nostri operatori».

BA M A KO, 1. Persistenti ostacoli si se-gnalano in Mali nel processo eletto-rale verso il voto già fissato per il 28luglio e che dovrebbe sancire il ritor-no del Paese a una normalità che re-sta tutta da costruire. Nel nord delPaese, dove le truppe francesi, afri-cane e governative maliane sono tut-tora impegnate in combattimenticontro i gruppi jihadisti, sembranoaccentuarsi anche le tensioni tra lediverse etnie. Il «Journal du Mali»ha riferito di una manifestazione ditremila persone a Gao, per chiedereche a Kidal sia contenuta l’azionedei tuareg del Movimento nazionaledi liberazione dell’Azawad (Mnla) edel Movimento arabo dell’Azawad(Maa). I due gruppi si oppongonoalla presenza politica e militare delleautorità di transizione di Bamako,chiedendo che siano truppe stranierea monitorare le elezioni presidenzialiin agenda per il 28 luglio.

Di contro, le associazioni che han-no organizzato la manifestazione aGao chiedono il ritorno della pub-blica amministrazione e il ridispiega-mento delle forze armate maliane aKidal, la cui sicurezza è tuttora affi-data a truppe francesi e africane. Imanifestanti a Gao hanno tra l’a l t ro

accusato il Governo francese di so-stenere l’occupazione dell’Mnla aKidal e di continuare a favorire ituareg a scapito di altre etnie.

La manifestazione si è svolta men-tre a Ouagadougou, la capitale delBurkina Faso, si aprivano colloquitra i rappresentanti della Comunitàeconomica degli Stati dell’Africa oc-cidentale (Ecowas) e quelli del-l’Mnla e dell’Maa. L’Ecowas sta cer-cando di strappare un accordo perconsentire di tenere le votazioni an-che a Kidal. Finora i due movimentisi rifiutano di disarmare prima delvoto, proponendo al massimo uncessate il fuoco.

Né quella di Kidal è l’unica que-stione irrisolta. Il Governo di transi-zione di Bamako deve accelerare ipreparativi elettorali anche per i piùdi 170.000 maliani rifugiati nei viciniNiger, Burkina Faso e Mauritania ediversi osservatori nutrono dubbisulla possibilità di garantire davveroa tutti l’accesso alle urne. Del resto,lo stesso ministro maliano dell’Am-ministrazione territoriale, MoussaSinko Coulibaly, ha annunciato cheil materiale elettorale e tutta la logi-stica sono già pronti solo nella ca-piale Bamako, nelle cinque regioni

meridionali e in parte a Mopti, nelcentro del Paese. Per quanto riguar-da gli abitanti delle regioni setten-trionali del Mali e i profughi non c’èfinora nessuna certezza.

In ogni caso, manca ancora unmese al dispiegamento, previsto ainizio luglio, di una missione dipeacekeeping dell’Onu, sulla qualeil Consiglio di sicurezza dovrà co-munque pronunciarsi in via definiti-va il 25 giugno. La missione dovreb-be incorporare le attuali truppedell’Ecowas per le quali, secondoHervé Ladsous, responsabile delleattività di peacekeeping delle Nazio-ni Unite, «sarà una grande sfidaadeguarsi agli standard dell’O nu».

to internazionale. In tutta l’area col-pita oltre 78.000 persone sono rima-ste senza energia elettrica. Le autori-tà del Missouri hanno esortato i cit-tadini a mettersi al riparo, mentre aOklahoma City continuano le ricer-che dei dispersi. Dall’Oklahoma, ilsistema di perturbazioni si dovrebbepoi trasferire verso l’Ohio e le vallidel Mississippi.

Situazione molto difficile anchein Arkansas, dove nelle ultime ore lepiogge torrenziali hanno provocatotre morti e diversi feriti. Uno scerif-fo locale è annegato in un fiumementre stava controllando con lasua barca i danni alle abitazioni.Oltre 25.000 persone sono rimastesenza corrente elettrica, di cui13.000 nella sola area metropolitanadi Little Rock, interessata anche daalcune inondazioni. L’allerta degliesperti rimane anche per le prossimeore e le autorità invitano la popola-zione a mettersi al sicuro.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 domenica 2 giugno 2013

Due campioni ricordano Nereo Rocco ed Helenio Herrera

Mi consideravacome il terzo figlio

di GIANNI RIVERA

Ricordare Rocco è sem-pre un esercizio moltopiacevole. Ho vissutocon lui quasi tutta lamia carriera calcistica.

L’ho incontrato la prima volta aRoma. Gipo Viani, responsabiletecnico della Nazionale olimpicama anche general manager delMilan, lo coinvolse nella condu-zione della bella ma sfortunatasquadra olimpica del 1960. Unmodo indiretto per “corteggiarlo”e farlo diventare allenatore delMilan. Non fu immediato il “ma-trimonio” tra Milan e Rocco masolo rimandato. Nereo infatti ac-cettò di trasferirsi da Padova, lasocietà che lo aveva fatto maturaree preparare al passaggio da unacompagine provinciale — che, pe-rò, grazie anche a lui sfiorò unoscudetto — a una città metropoli-tana l’anno seguente, il 1961.

Anche se pur breve, il periodotrascorso insieme alle Olimpiadiromane mi aveva fatto capire latempra e l’umanità che scaturivadai suoi pori. Quando poi arrivòal Milan e iniziammo il primo deitre periodi in cui fu il tecnico deirossoneri, capimmo tutti qual erala sua forza interiore che riuscivaa trasmettere a coloro che avevanola fortuna di avere un rapportocon lui. Quali che fossero le ragio-ni che determinavano l’i n c o n t ro .

Tutti gli volevamo bene, credoanche quei presidenti che per ra-gioni diverse dovettero chiuderecon lui il rapporto professionale.Io, però, ritengo di essere stato trai pochi, oltre i familiari, che hacondiviso un lungo e proficuocontatto. Non solo quello tra alle-natore e giocatore ma anche fami-

quella che chiamava la «Commis-sione interna» per discutere dellapartita che si doveva giocare. LaCommissione era formata dai piùanziani. Quelli che da più tempofacevano parte della squadra, nonnecessariamente i più vecchi dietà. La gerarchia nelle squadre dalui dirette era sempre rispettata.Se era meglio che giocasse uno oun altro, soprattutto se c’era qual-che giovane da fare esordire. Poi,ovviamente, faceva quello che nel-la sua testa aveva già deciso!

Sono molti gli episodi che ri-guardano i suoi comportamenti.Tutti di grande effetto. Impossibi-le, però, raccontarli tutti. Credo sene possa raccontare uno che rende

nato 1978-1979 perché morì qual-che mese prima. Era colui che, tranoi, l’avrebbe meritata maggior-mente.

Quando il Mago mi confessavadi SANDRO MAZZOLA

Helenio Herrera e NereoRocco. Va detta innan-zitutto una cosa: eranodue personaggi eccezio-nali. Ufficialmente se la

tiravano sempre contro, in realtà sisentivano, si parlavano. Fare l’interistae il milanista era per loro una speciedi gioco, ma si stimavano moltissimo.Erano comunque due caratteri diversi.Mi ricordo una partita amichevole perfesteggiare i settant’anni di Zamora, ilmitico portiere spagnolo. Spagna con-tro Resto d’Europa, allenatori Roccoed Herrera. Eravamo tre giocatoridell’Inter e tre del Milan. Arriviamo aMadrid. Al ristorante, Herrera, da se-rio professionista ordina un pranzoleggerissimo: acqua e verdure cotte.Rocco lo guarda e gli dice: «Ma valà, l’è un’amichevole. Magnamo e be-vemo...».

Diversi nel carattere e anche tecni-camente. Avevano una conduzionedel gruppo radicalmente differente.Herrera era il numero uno e coman-dava. Magari ci faceva parlare, ma poifaceva sempre quello che pensava lui.Rocco invece aveva il gruppo deiquattro o cinque vecchi giocatori coni quali discuteva e poi tirava le som-me. Herrera gestiva tutto. Era attentoa tutti i dettagli, arrivava a prepararelui stesso le diete dei giocatori. E poifaceva quelle che noi chiamavamo le

“confessioni”: dopo mangiato con lasquadra si faceva una passeggiata, luidavanti, naturalmente, e gli altri die-tro, e camminando chiamava uno auno quelli che doveva “c o n f e s s a re ”.

Adottava una psicologia ben preci-sa per motivarci.

Nel Milan, ad esempio, in difesagiocava Roberto Rosato, uno dei piùforti marcatori al mondo: giocavamocontro sin da quando avevo quindicianni e mi ha sempre massacrato. Erafortissimo. Arrivava il derby e il mi-ster mi diceva: «Allora, c’è Rosato,l’ultima volta hai fatto grande parti-ta...». E io pensavo: «Ma se non l’homai presa...». Quando invece dovevoaffrontare un avversario contro il qua-le in passato avevo giocato benissimomi metteva in allerta: «Questo è mol-to forte, l’ultima volta non ti ha fattovedere la palla...». Dopo qualche an-no ho capito la lezione: mai sopravva-lutare o sottovalutare l’avversario.

Del resto ero ancora molto giovane.Ero arrivato con lui in prima squadra.Anche se quella maglia me la fece su-d a re .

Nel suo secondo anno all’Inter iofacevo il quinto anno di ragioneria eavevo un patto con mia mamma:«Finché sei promosso giochi, altri-menti la valigia del calcio resta a ca-sa». Un giorno Herrera mi chiama emi comunica che mi avrebbe inseritoin prima squadra e che mi sarei dovu-to allenare di mattina con loro. Fecetrovare alla società un accordo con lascuola per farmi fare ugualmente gliesami e mi fece pagare le lezioni po-meridiane. Io ero felicissimo, natural-mente, il mister però poi non mi fecemai giocare. Mi fece debuttare all’ulti-ma partita, quando non contava piùniente. Io giocai da cani e lui mi ri-mandò tra i ragazzi. L’anno dopo,stufo di non giocare, chiesi di essereceduto. Stavo per andare al Como.Successe però che papà Moratti vennea vedermi a Bologna in una partitadel campionato riserve (aveva dettoall’autista: «Ho paura che il Magocombini qualche pasticcio, andiamo avedere le riserve»). Pioveva. Io fecidue gol, uno dei quali dribblando tut-ti. A fine partita, negli spogliatoi sen-tii Moratti che discuteva animatamen-te con il Mago: «Questo deve gioca-

re! Non voglio più perdere un altroscudetto come l’anno scorso!».

Il mattino dopo un compagno disquadra mi telefona per dirmi di an-dare al campo. Herrera, che non vole-va farmi giocare, mi fissò con quelsuo sguardo penetrante e mi disse:«Se la sente di g i o g a re a Palermo do-menica? Guardi che picchiano...». Io,anche se me la facevo addosso, dicodi sì e non fiato. E lui: «Lo sa che segioga non può andare più a Como, re-sta qui tutto l’anno e se sbaglia nongioga più tutto l’anno?». Fatto sta chemi portò a Palermo e mi schierò se-conda punta mentre io ero centrocam-pista. Ma io — arrabbiato del fattoche alcuni dicevano che giocavo soloperché ero il figlio di Mazzola, e vo-lendo dimostrare chi ero veramente —giocai invece a modo mio, partendoda dietro e svariando molto. Di ritor-no a Milano il Mago mi disse: «Bra-vo, domenica lei non gioca perché c’èil derby, ma dalla domenica successivaè titolare. Ma non la schiero come se-conda punta». Pensai: «Allora hai ca-pito che sono un centrocampista...», elui subito: «Gioga prima punta!...».

Tutto questo per far capire comeHerrera sapesse coinvolgerti ed emo-zionarti. Aveva un carisma unico. Iprimi anni tapezzava gli spogliatoicon cartelli per motivarci, poi quandovide che avevamo assimilato i suoiconcetti, smise. Anche perché i piùanziani ogni tanto gliene levavanouno o lo correggevano: lui entrava, fa-ceva finta di niente ma poi in allena-mento li faceva lavorare il doppio.

Per capire chi fosse Herrera bastipensare che il calcio di oggi si basaancora su quello che ha portato lui.Lui prima allenava la testa e poi legambe. E in un’epoca in cui gli alle-namenti erano un po’ all’acqua di ro-se, introdusse una preparazione spe-cializzata. E tutto in velocità. L’alle-namento durava un’ora e mezzo, nonpiù tre ore, ma non c’erano tempi direcupero. Ce lo ripeteva sempre: «Èla velocità che ci fa vincere le parti-te». Fu il primo a lavorare nella testadei giocatori, ad allenare il ragiona-mento veloce durante il gioco. A pen-sare prima degli altri. Fu così che nac-que il nostro contropiede: tre passaggie in porta. Ed entrammo nella storiadel calcio.

Una leggenda in mostraSarà aperta fino all’8 settembre a Milano, a Palazzo Reale, la mostra«Milan Inter ‘63. La leggenda del Mago e del Paròn», un percorso diimmagini, ricordi e documenti dedicato a una coppia celeberrima delcalcio internazionale, Helenio Herrera e Nereo Rocco, gli allenatori deigrandi successi delle squadre milanesi negli anni Sessanta. Un raccontodi sport che, inevitabilmente, diventa anche storia della cultura e del co-stume. A tracciare per il nostro giornale un personalissimo profilo deidue allenatori sono due grandi campioni, ancora oggi simbolo delle duesquadre meneghine e dell’intero calcio italiano.

I due grandi allenatori: Helenio Herrera, argentino di Buenos Aires, e il triestino Nereo Rocco

«How the West Really Lost God» di Mary Eberstadt

Meno famiglia? Aumenta il secolarismo

Con stile accessibile e giocosoma al tempo stesso eruditola studiosa statunitense proponeun inedito viaggio nell’antropologia cristiana

Mostra fotografica a Buenos Aires dedicata a Papa Francesco

Quei gesti sono i suoi

bene l’idea del suo spiri-to. Quando qualcunoche lo incontrava nel sa-lutarlo gli diceva ancheper evidenziare la pro-pria imparzialità: «Arri-vederci e vinca il miglio-re!». Nereo rispondevanel suo triestino italia-nizzato: «Speremo deno!». Questo era NereoRocco. Un grande uo-mo prima ancora di es-sere un grande allenato-re. Tutti noi che lo ab-biamo conosciuto nu-triamo un grande ram-marico. La conquistadella “stella”, il ricono-scimento che viene asse-gnato alla squadra chevince dieci scudetti, nonha potuto viverla. Dopola sconfitta del 1973 aVe-rona, che all’ultima garadi campionato ci negòquel trofeo, non riuscì agodere della definitivaacquisizione nel campio-

di JUSTIN HUBER*

Negli ultimi decenni il secolarismo è di-ventato motivo principale di preoccupazio-ne per la Chiesa e di perplessità per glistudiosi. Lo dimostra l’invito a una nuovaevangelizzazione, partito da Giovanni Pao-lo II e proseguito prima da Benedetto XVIe ora da Papa Francesco. Non si tratta, delresto, di un fenomeno circoscritto all’O cci-dente: il cardinale Donald Wuerl — re l a t o -re generale al Sinodo sulla nuova evange-lizzazione — ha raccontato ai suoi sacerdo-ti che i vescovi di ogni parte del mondoavevano espresso preoccupazione per il se-colarismo. In tanti, in particolare, si chie-dono cosa abbia provocato questo declinonella pratica religiosa.

Negli anni, Mary Eberstadt è diventatauna tra le più grandi commentatrici cultu-rali cattoliche statunitensi, specialmentein relazione alle questioni legate alla vitafamiliare. Con stile accessibile, giocosoma al tempo stesso erudito, ha richiamatol’attenzione su fenomeni sociali che i piùsembrano non avere colto. Ebbene, la suaultima proposta, How the West Really LostGod (West Conshohocken, TempletonPress, 2013, dollari 24,95, pagine 272) èproprio il tentativo di fornire le tesseremancanti al puzzle di come sia emerso ilsecolarismo. La chiave, a suo avviso, èquella che lei definisce il «fattore familia-re». Il libro — risultato di anni di indaginie colloqui — non accantona le attuali teo-rie del secolarismo, né minimizza l’in-fluenza che su di esso hanno avuto figuredi rilievo come Marx, Darwin, Freud oNietzsche. Al contrario, aggiunge anche

la famiglia a questo insieme. Non si trat-ta, però, del presupposto standard secon-do cui il declino della religiosità porta al-la riduzione della dimensione della fami-glia. L’autrice fa piuttosto un’osservazionenuova, ossia che è vero l’esatto contrario:è la riduzione della dimensione della fa-miglia a portare alla diminuzione dellapratica religiosa.

Analizzando i diversi Paesi, Mary Eber-stadt spiega come le prove empiriche di-mostrino che il declino nella pratica reli-giosa è solitamente preceduto dalla ridu-zione del tasso di fertilità. In sostanza, la

neroso che Gesù ha dimostrato sulla cro-ce, un amore che è al centro della nostrarelazione con Dio. C’è però anche un’al-tra dimensione. Mary Eberstadt ricordainfatti come la stessa storia cristiana siauna storia raccontata attraverso il prismadella famiglia: «Togli questo prisma, e lastoria ha meno senso». Quando Paolo sirivolse ai greci nell’areopago, incominciòfacendo appello alle basi comuni, al loroaltare per un dio sconosciuto. In modoanalogo, la storia cristiana (come anche lesue radici ebraiche) è piena di immaginidella famiglia, che dovrebbero rappresen-

scelta di avere una famiglia più piccola disolito porta a un declino della pratica re-ligiosa. Ma perché questo ribaltamento diruoli? Ebbene, nel rispondere alla doman-da, Eberstadt propone un interessanteviaggio nell’antropologia cristiana. Partedella risposta — argomenta nella sua ricer-ca — sta nel fatto che la genitorialità, cheè una partecipazione alla creatività diDio, permette anche di aprirsi al trascen-dente, a un mondo più grande di noi. Ineffetti, quando i genitori si confrontanocon la realtà di portare nel mondo unanuova vita, ecco che finiscono spesso conl’interrogarsi sulle origini di essa. La geni-torialità, inoltre, è un invito all’amore ge-

incerte, ecco che ampie parti della fedecristiana diventano difficili da capire e daaccettare. Tutto ciò rivela chiaramente lasaggezza della Chiesa quando sottolineal’importanza fondamentale della famigliaper la trasmissione della fede cristiana. Èsaggia al punto da fare tutto quanto siain suo potere per incoraggiare i fedeli aconsiderare la vita e i figli come dono, e asostenere la vita familiare in ogni modopossibile. Sperimentare l’amore della fa-miglia, alla base, significa sperimentarel’amore di Cristo.

*Prete dell’arcidiocesi di Washington

tare un terreno comune. Bastipensare a Gesù, che ci invitaad avvicinarci a Dio come Pa-dre, o alla Santa Famiglia, operfino all’alleanza di Dio conIsraele, espressa in termini difedeltà coniugale. Man manoche le strutture familiari inizia-no a crollare e a diventare più

«Quei valori di semplicità e diumiltà, quella tenacia nell’annunciodel Vangelo, quei gesti di vicinanzae di incontro che oggi sorprendonoil mondo intero e che hanno inau-gurato una stagione di speranza pertutta la Chiesa, sono gli stessi che ilcardinale Bergoglio mostrava comepastore della città di Buenos Ai-res». A parlare è il fotografo Enri-que Cangas che così sintetizza ilsenso di una piccola mostra — sono25 immagini in tutto — che guardaperò ad ampi orizzonti. Dal 3 al 28giugno sarà aperta a Buenos Aires,nell’antico monastero di Santa Ca-talina, l’esposizione Francisco: servi-dor de Buenos Aires, servidor para elmundo. Si vede il cardinale Bergo-glio su una pedana in mezzo a Pla-za Once, microfono in mano, chetiene incollati a sé gli sguardi dicentinaia di giovani durante unamarcha del Corpus Christi, o intentoa gustare un mate in una pausa diun convegno all’università cattolica;eccolo ancora inginocchiato, umil-mente, per ricevere la preghiera dicattolici ed evangelici in un incon-tro nello stadio Luna Park. E ac-canto alle immagini dei gesti sem-plici e coinvolgenti che hanno ac-compagnato la sua attività pastora-le, vi sono anche quelle dei giovaniporteños, orgogliosi e in preghieradopo l’elezione del “l o ro ” Papa, di-venuto dono per tutto il mondo.

gliare. Dopo Bruno e Tito, isuoi figli naturali, mi consi-derava come il terzo figlio.Abbiamo condiviso, nei lun-ghi anni vissuti insieme,gioie e dolori. Tuttavia nelbello e cattivo tempo dellevicende umane il nostro rap-porto non è mai cambiato.Sapeva dire la parola giustas e m p re .

Rocco aveva inventato lacultura dello “sp ogliatoio”, illuogo dove si creavano lecondizioni ideali perché, sulterreno di gioco i calciatoridelle sue squadre desserosempre il massimo delle loropotenzialità. Privilegiava laparte umana di ogni atletarispetto a quella professiona-le: prima veniva l’uomo epoi il calciatore. L’imp ortan-za che lui dava a questacondizione la si evince dalfatto che spesso convocava

Maglietta del San Lorenzo de Almagro, statuetta di san Francesco eimmagine del Papa: un giovane prega dopo l’elezione del Pontefice

Il cardinale durante una “marcha del Corpus Christi” a Buenos Aires

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 giugno 2013 pagina 5

A colloquio con l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla a cinquant’anni dalla morte di Giovanni XXIII

Un Papa di carnedi CARLO DI CICCO

Un Papa di carne. Questa definizio-ne che don Primo Mazzolari coniòper Giovanni XXIII, l’arcivescovo Lo-ris Francesco Capovilla l’applica an-che a Papa Francesco. Nel corsodell’intervista a «L’Osservatore Ro-mano» in occasione dei cinquantaanni di ricorrenza della morte delbeato Giovanni XXIII e dell’iniziodel concilio Vaticano II, l’antico se-gretario di Roncalli rileva un singo-lare collegamento nello stile pastora-le dei due Pontefici. Entrambi, a suodire, hanno suscitato un forte con-senso popolare perché manifestazio-ne concreta e immediata dell’umani-tà e della bontà di Dio.

Si commuove più volte Capovillanel suo studio a Sotto il Monte. Staper compiere 98 anni con una saluteinvidiabile e una mente vigile. Vienequasi naturale ricordare una delle ul-time frasi confidenziali che il papadella bontà, sul letto di morte, rivol-se al suo fedele segretario che addo-lorato per il distacco aveva la sensa-zione che, a breve, avrebbe seguito ilsuo caro Papa: «Oh no! Hai moltoda lavorare, prima che la tua testi-monianza sia compiuta. Quandonon ci sarò più, tu andrai, vero, aSotto il Monte a trovare i miei? So-no semplici e umili, ma costanti e fe-deli nell’amicizia... Ti ringrazio diaver pensato a loro, d’esserti presocura dei vecchi... Quando tutto saràcompiuto, prenditi un po’ di riposoe va a trovare la tua mamma».

Le vicende non sempre facili chehanno accompagnato l’annuncio, lacelebrazione e il tempo successivo alconcilio, hanno documentato quantofosse opportuno poter contare sufonti attendibili, di prima mano — emonsignor Capovilla lo è stato —per cogliere la genuina ispirazionedel concilio e la sua natura di nuovaPentecoste donata da Dio alla suaChiesa. Particolare gratitudine Ca-povilla ha riservato nei confronti diPaolo VI che «in una difficile naviga-zione e operando con la massimaprudenza» ha continuato e portato atermine l’opera di Papa Giovanni.

Prima del colloquio con «L’O sser-vatore Romano» — al quale precisalucidamente che la morte di Giovan-ni XXIII avvenne alle 19,45 e non alle19,49 del 3 giugno come finora si ri-teneva — proprio ricordando le diffi-coltà per portare a piena applicazio-ne il Vaticano II, monsignor Capo-villa sottolinea l’impegno dei Papinel mantenersi fedeli al concilio e lasua speciale sintonia con Papa Fran-cesco.

Lei è carico di anni e di memorie. Ri-cordare Papa Giovanni e parlarne cimette in sintonia con il passato o spin-ge a guardare avanti, al futuro dellafede?

Papa Giovanni diceva che a esserepessimisti o ottimisti si paga lo stes-so; tanto vale essere ottimisti, confi-dando in Dio. Il nostro ottimismonasce dalla fede e dalla carità. Nascedalla fede che Dio non può fallire eche l’opera di Gesù non può esseredistrutta, e nasce dall’amore perchéci è stato ordinato di amare. Non ciè stato detto amerai solo i buoni enon i cattivi, come noi siamo soliticatalogare i nostri fratelli e sorelle.Amatevi l’un altro, ci ha detto Gesù.E Giovanni XXIII, in linea con que-sto comandamento, aprendo il con-cilio ha indicato la medicina dellamisericordia e dell’amore come viaper rendere credibile il Vangelo an-che ai nostri giorni. Solo che noinon abbiamo capito abbastanza cosavolesse dire questa indicazione. Neha dato un esempio con la Pacem interris, l’enciclica pubblicata in unmomento molto triste e difficile del-la storia dell’umanità che disponevadi terribili armi di distruzione globa-le. Il Papa si domandò: che cosaproponiamo al mondo adesso? Cosadobbiamo fare? Credenti in Dio, inCristo salvatore, nelle sue leggid’amore, non possiamo dire che leguerre ci sono sempre state e sempreci saranno. Non sappiamo quantotempo ci vorrà per la pace autenticae piena, ma è evidente che lui hacooperato, come tanti prima di lui.Tanti uomini di buona volontà e,nella Chiesa, Padri e dottori, martirie confessori hanno cooperato perchél’umanità si ponesse questo obietti-vo. Noi dobbiamo rimanere saldinella dottrina che ci ha lasciato Ge-sù, senza paura di essere troppobuoni o troppo misericordiosi. Cisono state persone tra i credenti chehanno fatto confusione dicendo: senoi cominciamo a distinguere tra ilpeccato e i peccatori, la gente non

capisce nulla e ci sarà confusione.No, io lo spiego ai bambini e lo ca-piscono: bambino, ricordati che labestemmia è un orribile peccato, mache il bestemmiatore non è un orri-bile uomo. Definendo orribile unuomo tu dai un giudizio e Gesù hadetto: non giudicate. Perché non de-vi definire orribile un uomo? Perchéè una persona e ha diritti inalienabilidati da Dio, e tra i diritti ci sono an-che il rispetto, la fiducia, la speran-za, e anche se lui è un grande pecca-tore e tu sei cristiano, egli ha dirittoal tuo amore, perché forse solo conl’amore lo possiamo riportare a casa.Misericordia è considerare con ilcuore i miseri e dir loro che a vederliin tale stato ci si spezza il cuore.

Ripercorriamo il cammino conciliare diPapa Giovanni da cui emerge un dise-gno provvidenziale che nella sua mentee nel cuore si andava componendonell’espressione «nuova Pentecoste». Ilconcilio come buona novella e non comeprofezia di sventura. La sua scelta diottimismo era frutto di ingenuità stori-ca o si radicava nel Vangelo?

Il Papa parlava in questa manieranon perché avesse gli occhi chiusi enon riconoscesse l’opera dello spiritodel male. Confidava, invece, immen-samente in Gesù. E allora non hapreso paura della sua età. Quandoaccennò una prima volta informal-mente al concilio e il suo piccolo se-gretario, che sono io, rimase silen-zioso, senza alcun commento, lui ca-pì. Infatti obbedivo a una normache mi aveva dato lui a Venezia. Po-tevo esprimere il mio parere positi-vo, ma in caso di qualche riserva do-vevo tacere e sarebbe stato lui stessoa chiedermi spiegazione. Di frontealla prospettiva di un concilio feciperciò silenzio. Siamo andati a Ca-stel Gandolfo. Papa Giovanni solevadire che non è importante attuare un

no sul mio tavolo, sono anche vec-chio. Poi ho pensato di avere deicollaboratori». Non ha mai fatto cri-tiche sui suoi collaboratori, tutti,fossero di una o di altra tendenza, diuna o di altra apertura pastorale.Ma sottolineava come l’idea del con-cilio fosse partita da un grande attodi umiltà. Non poteva essere cheun’ispirazione di Dio. La Chiesaaveva bisogno di un incontro univer-sale. E il concilio ha rappresentatoper la prima volta in venti secoli unincontro di vescovi mai così variegatiper lingue, razze, culture, tradizioni.In tante diversità tutti hanno insie-me pregato, cantato, promesso, ob-bedito. E una cosa stupenda è statala grande domanda di Papa Giovan-ni: «Che cosa venite a fare a Ro-ma?». Nel famoso discorso di aper-tura dell’11 ottobre — che io chiamola carta d’imbarco dei vescovi chevengono a Roma per il concilio —c’è la risposta: prima di tutto siamopreti, andiamo a pregare. Siamo sa-cerdoti e non possiamo che attingerela nostra vita al libro della divina ri-velazione, dalla messa e dai sacra-menti. Siamo venuti poi a deporresull’altare dell’apostolo Pietro le si-tuazioni dei nostri Paesi, già cristia-nizzati o scristianizzati o in attesa diqualche fatto nuovo, e soprattutto adomandarci se ha ancora un sensoportare il messaggio cristiano comelo abbiamo portato fino a ieri. Ilmissionario come deve comportarsi,le nostre scuole come devono muo-versi? E tutto questo mondo cheguarda alla Chiesa come alla sposadi Gesù sine macula, senza rughe, ècontento di noi? Ci troviamo insie-me, entriamo in molta umiltà a pre-gare per obbedire a Dio. Poi, quan-do usciamo, il mondo ci domanderà:che messaggio portate al mondo? Èinutile che portiamo la paura. Siamochiamati a portare gaudium et spes.

Giovanni. Riportare i credenti allasorgente è stato sempre lo sforzo el’esempio dei santi. Svegliare i dor-mienti e riportare sulla retta via chiera fuori strada, questo si è semprefatto. Se qualcuno di noi, anche ec-clesiastico, ha sbagliato, cosa costadire: sono un povero peccatore? Im-mediatamente due braccia si apronoad accoglierti. Ricordo quando han-no fatto delle inutili critiche al Papadefinito buono. Preferisco chiamareGiovanni XXIII il Papa della bontà.E ciascuno mette una sottolineaturasu una virtù esercitata in modo par-ticolare: un altro può essere il Papadella pace, delle missioni, della cul-tura. Abbiamo bisogno di tutti gliaiuti possibili per la nostra vita.

chiarezza. Papa Giovanni ci ha ricor-dato che davanti al vizio GiovanniBattista ha gridato forte. Mi è statochiesto da giornalisti spagnoli se Be-nedetto XVI è stato un po’ condi-scendente con i lefebvriani. No,semmai è stato caritatevole. Se nonpensiamo così facciamo fatica a ri-manere cristiani. In una telefonatarecente Papa Francesco mi ha lascia-to un grande esempio di mitezza. Imiti possederanno la terra, ossia ilcuore degli uomini. Mi ricordo laprima preghiera di Papa Giovanni ilgiorno dell’incoronazione, il 4 no-vembre 1958, quando disse: animepie, anime buone di tutto il mondo,pregate per il vostro Papa perchéconservi il dono dell’umiltà e dellamitezza, perché con questo seguiran-no tanti altri favori e grazie perl’umanità intera. Abbiamo bisognoanche oggi di umiltà e di mitezza. EPapa Francesco ce lo ricorda bene.

Papa Giovanni un mese prima delconcilio parlò della Chiesa di tutti, maspecialmente di Chiesa dei poveri. Per-ché la Chiesa dei poveri è un argomen-to tanto divisivo?

Ho fatto esperienza nella mia vita,ho conosciuto genitori con tre oquattro figli e uno handicappato.Questa gente vive con il pensiero so-prattutto di questo figlio, perché laprima preoccupazione è per il mala-to. Ricominciamo a leggere gli At t idegli apostoli, dove si narra che la co-munità cristiana aveva dei beni cheportava agli apostoli per sostenere ipoveri, le vedove, gli orfani, gli stra-nieri. Già l’Antico Testamento è pie-no di attenzioni per i poveri, ma so-prattutto lo è il Nuovo Testamento.Sappiamo che una delle prime crea-zioni apostoliche è stata l’istituzionedei diaconi. La Chiesa è di tutti,senza eccezioni, ma principalmentedei poveri: se invece di “sp ecialmen-te” si dicesse “inizialmente” sarebb elo stesso, ma si spiegherebbe un po’meglio, perché vorrebbe dire chenon mi occupo di lui solo perché èpovero, ma per lui che ha più biso-gno di me. Prima vengono quelliche hanno bisogno. Se dovessimoerigere monumenti a tutti coloro chehanno esercitato le quattordici operedi misericordia, corporale e spiritua-le, non ci basterebbero i Paesi perfarlo. Penso sia necessario anche per

noi che siamo stati in seminario cheaccanto alla pietà, alla purezza, siconsideri la giustizia, che qualchevolta abbiamo un po’ trascurato.Questa riflessione viene dal fatto chesi usa dire: ho questa cosa, è mia.No, dobbiamo crearci una nuovamentalità: ogni cosa mi è stata dataper la comune utilità. E per questosiamo chiamati a risolvere i problemisia materiali che spirituali dell’uomo.L’uomo nasce con dei diritti inalie-nabili. Ci siamo sempre adoperatiper la formazione alla paternità e al-la maternità. Mettere al mondo unbambino non è solo dare un pezzodi pane, abbiamo grandi obblighi etutta la nostra vita deve essere infunzione dei doveri e dei diritti. Po-vero è chi ha un pane, un vestito, unletto, una medicina, e rimane semprepovero. Quello che tuttora è unavergogna è che ci sono i miserabili.Nel 1930 da ragazzo mi si fissò nellamente un libro di Daniel Ross daltitolo La miseria e noi. Dobbiamofarle queste considerazioni. Ringra-zio Dio che ci ha dato dei Papi checi hanno aiutato a maturare una co-scienza sensibile al problema dei po-veri e della giustizia.

Perché dice che Papa Francesco la com-muove?

Voglio essere preciso: ogni matti-na ricordo sempre la Chiesa, il no-stro Papa Francesco e BenedettoXVI. Ha servito, ha amato, ha istrui-to. Nessun Papa ha tutto negativo otutto positivo. Non ho mai mitizzatoPapa Giovanni, ma la serenità, lasemplicità, il modo di guardarti so-no indimenticabili. E accade ugual-mente con Papa Francesco. Quandogira per piazza San Pietro dà l’im-pressione che vorrebbe dare la manoa tutti, vorrebbe fare una carezza atutti. È questa umanità di Dio cheviene mostrata, come scrive san Pao-lo nella lettera a Tito. Il cardinaleTesta, che era un uomo serio, di po-che parole, una volta mi domandòall’inizio del pontificato di PapaGiovanni cosa pensassi dell’entusia-smo con cui i romani lo avevano ac-colto. La risposta fu che per i roma-ni è sempre così, per loro il Papa è ilPapa, si chiami Leone XIII, Benedet-to X V, Pio XI o Pio XII. In PapaFrancesco sono evidenti la bontà el’umanità di Dio che si mostra allagente comune. Don Primo Mazzola-ri, un grande prete italiano — e sonograto a Benedetto XVI di averlo ri-cordato nel 2009 in piazza San Pie-tro nel cinquantesimo della mortecome una buona guida dei preti ita-liani — quando fu eletto Papa Gio-vanni, disse: «Abbiamo un Papa dicarne». Non si tratta di una cosa ba-nale, perché Dio si è fatto carne. Pa-pa Francesco lo manifesta in formaeloquente. Anche noi dovremmo in-carnare il Vangelo per andare dainostri fratelli, con più attenzione,meno applausi e più esemplarità divita.

Al termine del colloquio, l’a rc i v e -scovo si congeda con l’omaggio diun depliant che raffigura in paralleloil volto di due Papi, Giovanni XXIIIe Francesco, uniti da una citazionedi sant’Ambrogio: «Cristo per noi ètutto». A indicare una sostanziale fe-deltà della Chiesa al Vangelo cheanche oggi si testimonia in formacredibile vivendo l’amore di Dio edel prossimo.

Molti sono incantati dinanziai progressi, abbiamo messo ipiedi sulla luna. Adesso conPapa Francesco abbiamomesso i piedi sulla terra, incontatto con i nostri fratelli,per camminare insieme, nelpieno rispetto reciproco. Lanostra vocazione è portarenel mondo questa speranza.E ciascuno di noi deve esserepronto a convertirsi. E la pri-ma conversione qual è? Pren-dere in mano la prima letteraai Corinzi e fermarsi al dodi-cesimo capitolo, quello deicarismi, che sono i doni.Ogni dono è qualcosa che tiha dato Dio. Anche se tunon fossi credente o pratican-te c’è una coscienza che è vi-va dentro di te. Il dono nonti è stato dato solo per te e latua famiglia, ma per il benecomune. È il momento in cuiil cristiano deve dare questoesempio: quello che ho non ècompletamente mio, mi è sta-to dato per aiutare i fratelli.

Il suo «Ite missa est»Pubblichiamo alcuni passaggi del diario perso-nale che monsignor Capovilla scrisse gli ultimidue mesi di vita di Papa Roncalli.

Questo estratto di note personali, arricchitocon testi di pubblico dominio, e tuttavia in-completo, aggiunge nuovi elementi alle in-formazioni che, a suo tempo, «L’O sservato-re Romano» diede circa la malattia e gli attiestremi del soggiorno terreno di GiovanniXXIII.

5 APRILE, venerdì. Messa ore 7; vi assisto-no i congiunti. Accetta di buon grado che siscattino alcune fotografie nelle sale dell’ap-partamento. Confida agli intimi e al fotogra-fo pontificio Luigi Felici: «È l’ultima voltache io vedo sulla terra i miei fratelli». Assi-ste alla predica quaresimale di p. Ilarino daMilano e lo complimenta. Riceve i cardd.Agagianian e Confalonieri.

7 APRILE, seconda domenica di passione.Messa ore 7.30. Scende in San Pietro alle

9.30 per la benedizione e processione dellepalme. Alle 12 An g e l u s festoso e acclamato.Alle 16 esce per recarsi alla parrocchia diSan Tarcisio al IV Miglio della via Appia.(...) Nella conversazione in chiesa rendeomaggio al patrono della parrocchia e a SanFrancesco d’Assisi e infine conclude: «L’uli-vo è il simbolo della pace assicurata da no-stro Signore. La pace che risponde al suoinsegnamento di soavità, di grazia, di perdo-no deve in ogni evenienza condurre ciascuncristiano a ricercare ciò che unisce, piuttostoche attardarsi in quel che divide.

12 APRILE, venerdì santo. Dolori lancinantilo tormentano nelle prime ore del giorno. Sialza egualmente alle 5. Prega a lungo incapp ella.

30 APRILE, martedì; Scrive su un fogliovolante: «Cum infirmor tunc potens sum (2Cor 12, 10). Volesse il cielo che queste parolefossero l’inizio fra l’accoppiamento di qual-che mio dolore fisico o morale col miglior

successo di frutti spirituali in questo mio mi-nistero per il buon successo della causa dellasanta chiesa in questo momento già cosìdubbioso».

14 M A G G I O, martedì. Messa ore 7. Mentregli porge l’amitto, il segretario, vedendolopallido, gli dice: «Come si sente, Santo Pa-dre?». Risponde: «Come san Lorenzo sullagraticola!».

24 M A G G I O, venerdì. Ha dormito poco,assiste alla messa e fa la comunione, ore6.30. Si sente mancare le forze. (...) All’arri-vo del cardinal Cicognani e mgr Dell’Acquadice: «Alla presenza dei miei collaboratorimi viene spontaneo ripetere l’atto di fede.(...) Ora più che mai, certo più che nei seco-li passati, siamo intesi a servire l’uomo inquanto tale e non solo i cattolici; a difende-re anzitutto e dovunque i diritti della perso-na umana e non solamente quelli della chie-sa cattolica. Le circostanze odierne, le esi-genze degli ultimi cinquant’anni, l’a p p ro f o n -

dimento dottrinale ci hanno condotto dinan-zi a realtà nuove, come dissi nel discorso diapertura del Concilio. Non è il vangelo checambia: siamo noi che cominciamo a com-prenderlo meglio. (...) è giunto il momentodi riconoscere i segni dei tempi, di cogliernele opportunità, di pensare in grande e guar-dare lontano».

3 G I U G N O, lunedì di Pentecoste. Alle ore 3papa Giovanni ripete due volte: «Signore,voi sapete che io vi amo!». (...) Alle 13 nuo-vo allarme, superato alle 15. Il respiro è re-golare. (...) Mgr Cavagna ripete le preci de-gli agonizzanti, mentre dal sagrato della ba-silica sale il concento della moltitudine oran-te che assiste al sacrificio eucaristico. Versole 19.45 termina la messa. Si ode distinto ilcongedo liturgico: Ite missa est! L’infermo hacome un sussulto; il respiro diventa rantoloappena percettibile. In concomitanza con lafine della messa, si conchiude il corso dellavita terrena del papa.

L’arcivescovo Capovilla durante l’intervista

progetto o un’ispirazione, importan-te è accettarla; se poi Dio disponeche si tronca la tua vita, la continue-rà un altro. Non si perde nulla.Quando la terza volta mi parlòdell’idea del concilio, di fronte almio silenzio si convinse che avevodelle riserve. Mi sentivo confuso. Al-lora mi rispose: «Lo so com’è, haipensato che sono vecchio. Sì, l’haipensato. Mesi di preparazione, con-sultazioni, ci vorranno anni. Me losono detto anche da solo: ma io so-no troppo pigro per potermi appli-care ai tanti problemi che si riversa-

Il Papa, nel radiomessaggio dell’11 set-tembre 1963 definiva il concilio un mo-tivo di vera letizia per la Chiesa uni-versale. Ma il Vaticano II ha portatoanche divisioni e ancora oggi nei suoiconfronti permangono tante riserve. Chene pensa?

Noi siamo cristiani un po’ zoppiqualche volta, ma non dobbiamo ad-debitare alla Chiesa le colpe dei sin-goli che, purtroppo, non sono maimancate nella storia. La Chiesa nonè vecchia, e resta sempre la fontanadel villaggio, come la definì Papa

Dentro e fuori la Chiesa. Ecco lapartecipazione del cristiano alle sortidel suo Paese. Sei tenuto a dare, afare famiglia con i tuoi fratelli, seitenuto ad amare.

Cosa vuol dire oggi ricorrere alla medi-cina della misericordia?

Si esercita verso chi è malato, chicammina non ne ha bisogno. Abbia-mo tanti problemi gravissimi, alcuniangustiano tutti, dai teologi ai pasto-ri d’anime. Siamo preoccupati, per-ché il no a volte dobbiamo dirlo con

Papa Roncallicon il suo segretario

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 2 giugno 2013

Seminario dei vescovi asiatici sul ruolo del clero

L’imp egnonella missione

BA N G KO K , 1. L’Asia «ha bisogno disacerdoti che siano profondamenteradicati in Dio, totalmente impe-gnati nella missione e in grado disvolgerla con solidarietà e con crea-tività verso i vari popoli, restandofedeli alla tradizione»: è quanto in-dicato in un documento pubblicatoal termine di un seminario promos-so nei giorni scorsi a Bangkok(Thailandia) dalla Federation ofAsian Bishops’ Conferences (Fabc),sul ruolo del clero e l’imp ortanzadella formazione dei seminaristi nelcontinente.

Una decina di presuli e circa cen-to sacerdoti di dieci Paesi hannopreso parte all’incontro che ha of-ferto una serie di riflessioni soprat-tutto in merito alla formazione e alcontesto sociale che richiede «unforte senso dell’impegno per laChiesa e la sua missione».

In particolare è stata sottolineatala volontà di rafforzare l’azione ca-ritativa e il dialogo. Le comunità difedeli hanno bisogno di sacerdoti,

si legge al riguardo in un altro si-gnificativo passaggio del documen-to, «che siano uomini di Dio e uo-mini di Chiesa e che prestino servi-zio dal basso e non dall’alto» e, èaggiunto, sappiano presentare Ge-sù, come suggerito dal Sinodo deivescovi asiatici, «come l’amico com-passionevole dei poveri, il Buon Pa-store» e «con questo volto i sacer-doti sono invitati a presentarsi neldialogo di vita con i poveri, le altreculture e religioni». Al dialogo hafatto fra l’altro riferimento un mes-saggio dei vescovi asiatici nel 2012:esso «deve essere il segno distintivodi tutte le forme di ministero e diservizio in Asia».

Durante l’incontro a Bangkok èstata pertanto considerata l’opp or-tunità di adeguare la selezione e laformazione del clero, raccomandan-do agli episcopati di sviluppare«programmi di sviluppo» della per-sonalità in linea con le attuali e fu-ture esigenze.

In Bangladesh una testimonianza significativa di dialogo

Indù e musulmani donano fondiper la costruzione di una chiesa

DH A KA , 1. Una significativa testimo-nianza di dialogo giunge dal Ban-gladesh: a Mathabari, una cittadinanei pressi di Dhaka, la comunitàcattolica guidata dal parroco ha av-viato una raccolta fondi per la co-struzione di una nuova chiesa, allaquale hanno aderito anche fedeli in-dù e musulmani. Come riferisce ilsito Eglises d’Asie, nella cittadinaesiste una sola chiesa costruita nel1925 ma le dimensioni numericheraggiunte attualmente dalla comuni-tà cattolica la rendono insufficientee pertanto il parroco, Boniface Su-brata Tolentino, ha lanciato un pro-gramma per l’edificazione di altroluogo di culto. «Durante l’evento dibeneficenza che abbiamo organizza-

to per raccogliere fondi — ha rac-contato il sacerdote — i nostri fratel-li e le nostre sorelle non cristiani cihanno donato 7.693 dollari». Nono-stante il Paese sia scosso da violenzesettarie, si osserva, nella zona diMathabari i rapporti tra le varie co-munità sono caratterizzati da aspettipositivi. Il sito cita, a tale riguardo,una testimonianza resa all’agenziaAsiaNews da un fedele indù: «Hodonato parte dei miei soldi perchéabbiamo buoni rapporti con i cri-stiani. Sono nostri vicini, viviamoinsieme, condividiamo gioie e di-spiaceri». Nella cittadina e nei suoidintorni vivono circa 3.500 cattolici.In Bangladesh, la maggioranza del-la popolazione è di fede musulma-

na, mentre la comunità cristiana, ingran parte cattolica, rappresenta sol-tanto lo 0,4 per cento.

Gruppi di fondamentalisti stannoda tempo cercando di spargere odiotra le comunità, prendendo di mirain particolare i cristiani. Da parte diquesti gruppi sono in atto forti pres-sioni a livello politico per introdurreuna nuova legge sulla blasfemia,maggiormente severe rispetto aquella in vigore. La nuova legge in-clude una serie di punti, tra cuiquello in particolare che prevede lapena di morte per tutti coloro cheoffendono l’islam e il suo profetaMaometto. Inoltre, la normativavorrebbe inasprire alcuni precetti,come, per esempio, quello che stabi-lisce l’impedimento per le donne dilavorare assieme agli uomini; oppu-re l’educazione sulla base dei solivalori e principi della religione mu-sulmana. O, ancora, il divieto ditutta una serie di attività culturaliconsiderate pericolose. Il Governoha già espresso contrarietà alla leggepiù severa, mentre diverse organiz-zazioni l’hanno giudicata contrariaalla Costituzione.

Ricordo di monsignor Lorenzo Bianchi a trent’anni dalla morte

Più cinese che italianodi JOZEF TO M KO

Sono trascorsi trent’anni dalla mortedi monsignor Lorenzo Bianchi, illu-stre bresciano, missionario per qua-rantasei anni in Cina e vescovo diHong Kong. Nacque e fu battezzatoa Corteno il 1° aprile 1899. Dal semi-nario di Brescia dove, compiuto ilservizio militare, rimase fino al ter-mine del secondo anno di teologia,entrò, nel 1920, nel Pontificio istitu-to missioni estere (Pime) di Milanoe venne ordinato sacerdote il 22 set-tembre 1922. Partì missionario per laCina il 29 luglio 1923. Destinato alladiocesi di Hong Kong, fu assegnatoalla missione di Hoifung, all’internodella Cina. Qui comincia l’avventuramissionaria di uno dei grandi prota-gonisti dell’evangelizzazione. Perso-nalmente non ebbi la grazia di co-noscere monsignor Bianchi durantela sua vita. Nel 1970 mi fermai perla prima volta a Hong Kong. Mon-signor Bianchi non c’era più, perchésettantenne era tornato nel 1969 inItalia, dopo aver ottenuto la nominadi un vescovo cinese, Francis Hsu,come suo successore. Visitai le fio-renti scuole cattoliche, il modernoospedale e alcune opere sociali cat-toliche, costruite nella città durantel’episcopato di Lorenzo Bianchi.Tutti parlavano ancora di questogrande vescovo missionario.

Dopo il 1969, monsignor Bianchivisse in Italia presso le comunità delPime a Genova e a Lecco. Morì aBrescia il 13 febbraio 1983 e fu se-polto, per suo desiderio, a VillaGrugana di Calco (Como) dove ri-posano i missionari del suo istituto.

L’evangelizzazione in Cina hauna lunga storia, anzi quasi unapreistoria con l’insegnamento diConfucio (551-497 prima dell’era cri-stiana). Confucio fu, per un perio-do, ministro di giustizia ed elaboròun sistema di istruzione educativache sembrava più una filosofia mo-rale che una religione. Tuttavia, que-

guinosa rivolta dei Boxer provocò lamorte di cinque vescovi, trenta sa-cerdoti e 30.000 fedeli. Qui, però, siverificò ancora una volta l’esp erien-za della storia: Sanguis martyrum, se-men christianorum (“Il sangue deimartiri è seme di cristiani”). La mis-sione crebbe enormemente. Nel1922, la Santa Sede istituì a Pechinola delegazione apostolica, guidatadall’arcivescovo Celso Costantini.Nel 1924 la Chiesa cinese celebrò ilsuo primo concilio e, un anno dopo,fu fondata l’università cattolica diFu-Jen. Nel 1926 Pio XI ordinò i pri-mi sei vescovi nativi cinesi. Nel 1943la Santa Sede e la Cina stabilironole relazioni diplomatiche. Il primonunzio apostolico fu capace nel 1946di organizzare una gerarchia eccle-

ci). La città crebbe rapidamente ne-gli ultimi cinquant’anni. Secondo idati statistici, nel 1974 vi risiedevauna popolazione di 4.220.000 abi-tanti, con 266.000 cattolici (Guidadelle missioni cattoliche, 1975). Ba-stano questi due dati per rendersiconto della crescita che per la Chie-sa cattolica era ancor più rapida.Eretta come vicariato apostolico nel1874, fu elevata a diocesi nel 1946.

Nell’ottobre 1923 vi giunse il gio-vane padre Lorenzo Bianchi. Egliarrivò a Hong Kong dopo tre mesidi viaggio marittimo, provvisto solodi zelo missionario e di un coraggioda leone, ma fu subito mandato aHoifung, senza una preparazionespecifica, linguistica e culturale. Co-minciò studiando la lingua hok-lòsolo ascoltando, senza un sussidio oun libro di grammatica, perché ine-sistente. L’unico sussidio fu per luil’orecchio e la memoria, tanto piùche tale lingua possiede una suaquasi cantilena. Padre Bianchi ebbeperò un forte aiuto per vincere leprime difficoltà della vita missiona-ria. Egli stesso descrive così il suopreciso programma di vita al qualeresterà sempre fedele: «La vita delmissionario è immergersi completa-mente nelle situazioni locali, condi-videre col popolo le difficoltà e an-che la povertà». Egli stabilì il centrodella sua azione missionaria nel Vil-laggio di San Giuseppe, da dovepartiva per le sue escursioni evange-liche in una trentina di villaggi, incui vi erano famiglie cristiane o cate-cumeni. Conquistava la gente con ilsuo ardore e con la sua povertà.

Padre Lorenzo utilizzò moltol’aiuto dei catechisti, incaricati dicurare nei villaggi l’istruzione reli-giosa e la preparazione dei catecu-meni al battesimo, di dirigere la pre-ghiera comunitaria, di tenere contat-ti con i non cristiani. Egli visitòcontinuamente, a piedi e qualchevolta in barca, i gruppi cristiani neivillaggi, si fermava in lunghe con-versazioni con i poveri in mezzo acontadini e pescatori. «Il vero pove-ro — diceva — è colui che nessunovuole ascoltare. Era bello star lì adascoltarli, interessarsi ai loro proble-mi». Un missionario di questo tipo,povero, popolare, all’apparenza schi-vo, conquistò presto le simpatie deicinesi i quali gli attribuirono il nomePak Ying Kei, cioè trasparente,straordinario, meraviglioso. Nel 1925e nel 1927 fu arrestato dai comunistie in seguito liberato ed è facile capi-re perché. Durante la guerra giap-ponese (1937-1945) fu internato conaltri sei missionari italiani nel Villag-gio di San Giuseppe e poi nel semi-nario di Ka-in, dove insegnava filo-sofia e teologia. Finita nel 1945 lalunga guerra contro i giapponesi, ri-tornò subito a Hoifung. Nel maggio1949 arrivò nella residenza di SanGiuseppe un telegramma a manoper Pak Ying Kei, che era il nomecinese di padre Bianchi: fu la suanomina a vescovo coadiutore diHong Kong. Dopo la prima resi-stenza, egli l’accettò come volontà diDio. Fu risaputo che tutti i preti ci-nesi lo appoggiarono. Venne consa-crato nella cattedrale di Hong Kongil 9 ottobre 1949. Appena consacratoegli ritornò all’interno della Cinaper essere solidale con i missionari ei cristiani di fronte alla persecuzio-ne, in atto dopo la presa del potereda parte dei comunisti nel sud dellaCina. Il giovedì santo del 1951 fufatto prigioniero con altri missionari.Alla morte di monsignor Valtorta di-venne, il 3 settembre 1951, vescovoordinario, mentre era ancora in car-

cere. Il 17 ottobre 1952 fu espulsoinaspettatamente dalla Cina e fu ac-colto con gioia nella città di HongKong (ancora sotto dominio ingle-se). La città crebbe molto con ilgrande flusso di profughi dalla Cinacomunista. Egli si gettò con grandecoraggio non solo nell’evangelizza-zione diretta, ma anche nelle operesociali a favore dei profughi. Fondòla Caritas, il centro cattolico per imass media e la cultura, costruì ilnuovo seminario. Nel 1954, dopotrentatré anni di vita missionaria, ri-tornò per la prima volta in Italia.Fece anche tre viaggi in Germania euno negli Stati Uniti per raccogliereaiuti a favore della grave situazionesociale della sua enorme metropoli.Partecipò a tutte le quattro sessionidel concilio ecumenico Vaticano IInel periodo 1962-1965. Nel maggio1968 presentò, anzitempo, le dimis-sioni a Paolo VI avendo già prepara-to un possibile candidato cinese co-me suo successore. Il vero missiona-rio desidera portare la sua opera allamaturità quando la nuova comunitàpuò esprimere un pastore locale. Funominato monsignor Francis Hsu, ilquale assunse il governo della dioce-si il 14 agosto 1969. Bianchi si ritirònella sua comunità religiosa a Geno-va e poi a Lecco. Ritornò a HongKong soltanto per la visita di PaoloVI, il 4 dicembre 1970. Hsu lo invitòcon insistenza a stare con lui, mamonsignor Bianchi resistette ferma-mente. Per gli ultimi tredici annivisse in Italia, in mezzo agli altrimissionari ritirati. Fu quindi l’ultimovescovo missionario di Hong Kong.

Lorenzo Bianchi morì a Brescia il13 febbraio 1983, capodanno cinese,giorno non casuale per uno che, agiudizio di monsignor Wu, «era piùcinese che italiano». Lo stesso Wucontinuò, nella sua omelia funebre,con le parole che colgono l’attivitàepiscopale di monsignor Bianchi e isuoi meriti: «Siamo venuti di corsaper esprimere la nostra pietà filiale:è stato come correre a casa per il fu-nerale di qualcuno dei nostri genito-ri. Il “n o s t ro ” vescovo fu l’ultimo eanche il primo. L’ultimo perché èstato quello che ha passato il gover-no della diocesi al clero cinese. Maè stato il primo perché fu lui a for-mare il clero cinese e a ideare e at-tuare il passaggio. È stato un grandeleader e un buon pastore».

Celebrazioni nel paese nataleL’11 e il 12 maggio scorsi la parrocchia di SantaMaria Assunta a Corteno Golgi (Brescia) hareso omaggio a monsignor Lorenzo Bianchi neltrentesimo anniversario della morte. Erapresente, fra gli altri, il nipote di Bianchi,monsignor Lorenzo Luciano Baronio. Ilcardinale prefetto emerito della Congregazioneper l’Evangelizzazione dei Popoli ne haricordato la figura con un discorso del qualeriportiamo ampi stralci.

sti sani insegnamenti furono accom-pagnati anche dalle arti magiche,dalla stregoneria e da alcuni elemen-ti del buddhismo che confluirononella religione taoista. In questo am-biente cercò di inserirsi l’annunciocristiano. Vi è un accenno all’istitu-zione di un’arcidiocesi già nel quin-to secolo. Un monaco siriano di no-me Olapen arrivò nella capitale diquel tempo nell’anno 635. Vari scaviarcheologici provarono la presenzadi cristiani a partire da quell’ep o ca.Nel tredicesimo secolo, dall’Italia ar-rivarono attraverso la Mongolia imissionari francescani. In quel pe-riodo, Giovanni di Montecorvinodivenne il primo arcivescovo diKhambaliq (odierna Pechino) e pa-triarca d’Oriente. Verso la fine delquattordicesimo secolo c’erano oltre30.000 cattolici. Dopo un declino,per tutto il sedicesimo secolo, i mis-sionari, specialmente gesuiti, riprese-ro la loro opera. San Francesco Sa-verio morì nel 1552, nell’isola di San-cian, mentre stava per entrare in Ci-na. Più tardi, un altro missionariogesuita, Matteo Ricci, svolgeva ilsuo ministero alla corte imperiale,mentre gli agostiniani arrivarono aMacau. Si moltiplicarono i tentatividi armonizzare cristianesimo e cultu-ra cinese. Scoppiarono le discussioniinterne sul valore degli onori riserva-ti a Confucio e ai propri antenati,ossia sui “riti cinesi”, ritenuti purionori civili e ammessi dai gesuiti,ma condannati come pagani e inac-cettabili dai domenicani. Dopo cen-to anni, Roma li dichiarò condanna-bili. Fu un grave errore e un colpoalla missione in Cina, corretto daRoma soltanto nel 1935 quando laCongregazione di Propaganda Fidepermise gli onori a Confucio e agliantenati.

Nella seconda metà del dicianno-vesimo secolo, l’espansionismo dellaFrancia, che mostrò l’interesse per laCina, provocò difficoltà anche per imissionari. Nel 1900, il numero deicattolici raggiunse tuttavia la cifra di720.000, divisi in quaranta circoscri-zioni tipo diocesi (missioni, prefet-ture, vicariati apostolici). Ma la san-

siastica per l’i n t e roPaese. Mi ricordo an-cora con quale gioiademmo, in quel perio-do, il benvenuto a Ro-ma al primo cardinalecinese, Thomas TienKen-sin (della Societàdel Divin Verbo), nellabasilica di San Pietro.

La rivoluzione mar-xista cambiò parecchioil volto della Cina. In-trodotta nel 1949 daMao-Tsetung, trasfor-mò molto non solo lastruttura politica edeconomica della nazio-ne, ma durante un lun-

go periodo, aggressivamente ateo,colpì anche la famiglia tradizionalee la religiosità cinese. I missionariesteri furono espulsi dal Paese, ilnunzio fu prima imprigionato e poiespulso, il clero nativo fu duramenteperseguitato, molti vescovi e sacer-doti incarcerati, la Chiesa fu stretta-mente controllata come una forzastraniera nemica, con un capo che sitrova all’estero. Una parte della ge-rarchia e del clero rimase tuttavia to-talmente fedele al Papa, mentre l’al-tra cercò di “salvare il salvabile”. Ilregime impose la registrazione ditutte le chiese e cappelle e la demo-lizione di quelle non registrate. Lenomine dei vescovi da parte del Pa-pa diventarono sempre più difficili,e la situazione per i cattolici fedelip eggiorò.

Un contributo fondamentale allasoluzione della situazione fu portatoda Benedetto XVI con la sua lungaLettera ai cattolici cinesi del 27 mag-gio 2007. Essa è scritta con un pro-fondo affetto per tutta la comunitàcinese ma anche con un’appassiona-ta fedeltà alla verità e ai valori dellafede. Egli afferma che la Chiesa inCina è una sola ma che vi esistonoimposizioni e pressioni dall’esterno:«Considerando il disegno originariodi Gesù, risulta evidente che la pre-tesa di alcuni organismi, voluti dalloStato ed estranei alla struttura dellaChiesa, di porsi al di sopra deivescovi stessi e di guidare la vitadella comunità ecclesiale, non cor-risponde alla dottrina cattolica» (n.7). Ugualmente, afferma che «il pro-getto di una Chiesa “indip endente”in ambito religioso dalla Santa Sedeè incompatibile con la dottrina cat-tolica» (n. 8). La lettera di Benedet-to XVI non ha ricevuto ancora, doposei anni, una risposta.

Hong Kong fu colonia britannicafino al 1° luglio 1997 quando ritornòalla Repubblica Popolare Cinese,conservando tuttavia per cin-quant’anni uno statuto speciale, no-to come “un Paese, due sistemi”.Nel 2010 aveva 7.072.000 abitanti dicui 507.000 cattolici (l’Annuariopontificio 2012 porta 530.000 cattoli-

†Dopo dolorosa malattia è spirato nellapace del Signore

DON CARLO LAZZARI

Canonico Regolare Lateranensee Parroco di San Giuseppe

a via Nomentana

Ne danno l’annuncio i confratelli e ifamiliari.

La Santa Messa di esequie avrà luo-go a Roma lunedì 3 giugno alle ore 15nella chiesa di San Giuseppe a via No-mentana.

Roma, 1 giugno 2013

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 giugno 2013 pagina 7

L’impegno delle comunità religiose del continente al centro di un incontro a Bru x e l l e s

Per un’ideadell’integrazione europea

BRUXELLES, 1. In Europa non vi èsoltanto la crisi legata a dinamicheeconomiche o finanziarie, ma anchequella legata alla conservazione deivalori e, in generale, al progressivodiffondersi di un clima di sfiduciatra la gente. Per tale motivo, le co-munità religiose sono chiamate asvolgere un ruolo fondamentale nelcammino di consolidamento delleistituzioni e del bene comune dellesocietà, attraverso la promozionedella positività dell’integrazione co-munitaria. È questo, in estrema sin-tesi, il compito indicato in occasio-ne di un recente incontro tra i rap-presentanti delle istituzioni politichee di varie comunità religiose, svolto-si presso la sede della Commissioneeuropea a Bruxelles. Da parte dellaChiesa cattolica erano presenti in

particolare delegati della Commis-sione degli episcopati della Comuni-tà europea (Comece). Come riferi-sce l’agenzia Sir, l’iniziativa ha for-nito l’occasione per un ampio scam-bio di vedute sui temi di attualità:dalla crisi alle situazioni di povertàdiffuse in tutti i Paesi, dalla necessi-tà di costruire ponti tra i popoliall’apertura dell’Unione europeaverso i Paesi vicini e il resto delmondo. Al contempo — come emer-so dall’incontro cui hanno parteci-pato una ventina di rappresentantidi varie confessioni cristiane,dell’islam, dell’ebraismo e dell’in-duismo — la riflessione si è ancheallargata ai valori ispiratori dell’Eu-ropa, ai diritti fondamentali, alle ra-dici storiche e religiose del conti-nente, al rispetto per la libertà di fe-de in Europa e oltre i suoi confini; eancora, all’attenzione prioritaria ver-so i giovani, i lavoratori e le fami-glie che stanno subendo gli effettipiù pesanti della crisi economica.Infine, non sono pure mancati ac-cenni al comune impegno controogni forma di discriminazione chepuò gravare sui fedeli delle diversechiese.

«Mentre siamo impegnati per faruscire l’Europa dalla crisi economi-ca, diventa chiaro che occorre af-frontare un’altra sfida: la crisi di fi-ducia e di valori» che attraversa ilcontinente ha osservato il presidentedella Commissione europea, JoséManuel Barroso, spiegando che «lapartecipazione delle comunità reli-giose è indispensabile alla riuscita diquesta impresa», che passa anchedal «rimettere i cittadini nel cuoredel progetto europeo». Le moltepli-ci prospettive offerte dai rappresen-tanti delle comunità e delle fedi reli-giose «ci sono di aiuto per costruireil progetto europeo» ha aggiuntoHerman Van Rompuy, presidentedel Consiglio europeo.

A tale riguardo padre Patrick Da-ly, segretario generale della Comece,ha sottolineato che «la Chiesa catto-lica sostiene il progetto europeo» ed«è coinvolta nella sua realizzazio-ne». E ha aggiunto: «Come ha ri-cordato il presidente della Comece,il cardinale Marx, durante il nostroincontro con il Santo Padre, abbia-mo il compito di trasmettere un’ideapositiva dell’integrazione europea,promuovendola presso i fedeli e icittadini d’Europa». In un comuni-cato si legge che i vescovi rappre-sentanti della Comece hanno ribadi-to il ruolo storico, culturale e spiri-tuale del cristianesimo nella costru-zione dell’Europa di oggi e dellamoderna nozione di cittadinanza.«La caratteristica più importante —si afferma — è che nella visione cri-stiana della cittadinanza, ai diritticorrispondono dei doveri», compre-se le responsabilità civiche e dunquel’impegno dei credenti nello spaziopubblico. Pertanto il cristiano «deveimpegnarsi per contribuire alla crea-zione di una società che sia inclusi-va, aperta e particolarmente sensibi-le verso coloro i cui diritti non ven-gono rispettati». Ai fedeli è inoltrerichiesto uno sforzo inteso a «tra-smettere fiducia e a rafforzare ilconcetto di cittadinanza medianteuna corretta dimensione spirituale,essenziale se l’Europa vuole trovarela sua anima». All’incontro si è par-lato anche della necessità di costrui-re ponti con altre culture e religioni,tra le «diversità che compongonol’Europa». Monsignor Jean Kocke-rols, vescovo ausiliare di Mechelen -Brussel, Malines - Bruxelles e vicepresidente della Comece, ha eviden-ziato su questo punto come la Chie-sa cattolica inviti i credenti a guar-dare «oltre i confini, per essere par-te di qualcosa di più grande di unacomunità nazionale».

La campagna Caritas 2013 in Spagna

Quanto più daitanto più hai

MADRID, 1. In occasione dellaGiornata della carità, festa delCorpus Domini con la tradizionalecolletta per le strade e successiva-mente nelle parrocchie, domenica2 giugno, Caritas Madrid rendepubblico il suo rapporto annuale.La festa è l’occasione non solo dichiedere un aiuto ai cittadini percontinuare a lavorare per le perso-ne più svantaggiate della società,ma anche per presentare la campa-gna istituzionale della Caritas2013, che quest’anno ha per tema:«Vivi con semplicità. Quanto piùdai, tanto più hai».

Nel perdurare della crisi la Cari-tas Madrid ha potuto constatareun aumento del numero e la diver-sità di domande di aiuto ricevutenel corso del 2012. Sono state assi-stite, aiutate e accompagnate121.980 persone. In particolare, so-no stati offerti 17.105 aiuti econo-mici a persone e a nuclei familiari.Attraverso il Fondo diocesano diemergenza sono stati inoltre distri-buiti 4.364 aiuti per bisogni prima-ri. Dato l’elevato tasso di disoccu-pazione nel Paese iberico, 13.751persone sono state accolte, accom-pagnate e orientate dai servizi diorientamento e informazione perl’impiego.

Tra i problemi più forti legati al-la crisi c’è quello legato all’abita-zione. Caritas Madrid, in questocampo, ha favorito una serie diiniziative tra le quali: una rete diappoggio sulle questioni relativeall’alloggio, tre centri residenziali,abitazioni sociali.

La Caritas ha anche svolto lavo-ro di accompagnamento e preven-zione con 12.318 persone in cento-ventuno progetti destinati a mino-ri, giovani, adulti e anziani. Non èmancato, inoltre, l’impegno perl’inserimento sociale dei senza di-mora, dei malati mentali, dei tossi-codipendenti e delle vittime diviolenza. Un elemento positivo,che emerge dal rapporto, è che inquesti momenti di crisi economicanon mancano i gesti di solidarietà.Oltre ottomila volontari della Ca-ritas Madrid donano agli altri, inmaniera gratuita, «quello che sonoe quello che hanno».

In questi scenari di crisi nasco-no iniziative di collaborazione e di

solidarietà con aziende, fondazionie istituzioni, che in molti casi sisviluppano con una grande creati-vità. Sono stati 277 gli enti che, at-traverso azioni distinte, hanno aiu-tato Caritas Madrid nel suo itine-rario per offrire un futuro miglioreper tutti. L’anno scorso CaritasMadrid ha raccolto 27.888.325 eu-ro. Il 79 per cento di queste entra-te proviene da donazioni volonta-rie di persone che hanno volutocollaborare con la Caritas.

Intanto, l’ente caritativo cattoli-co ha fatto sapere che ha moltipli-cato per sei il numero di personeassistite nel Paese rispetto al 2007e attualmente aiuta circa due mi-lioni di persone all’anno nel suoprogramma di accoglienza, aiutialimentari e vestiario.

Il presidente di Caritas Spagna,Rafael del Río, ha spiegato che«questo aumento degli aiuti gene-ra a volte qualche momento di fa-tica e di tristezza perché non siriesce purtroppo a raggiungere tut-ti». Di fronte all’aumento di per-sone che hanno sempre più biso-gno di aiuto a causa della crisieconomica, Del Río ha evidenziatol’aumento del numero dei volonta-ri che è cresciuto da cinquantacin-quemila del 2007 agli attuali ses-santacinquemila.

Secondo il presidente Del Ríoquesta maggiore generosità è datadal fatto che la crisi ha avvicinatole famiglie alle persone che stannolottando quotidianamente controla povertà.

I 150 annidella Conferenza

episcopale svizzeraBERNA, 1. Si svolge domenica 2giugno la Giornata di celebrazio-ni per il centocinquantesimo an-niversario della Conferenza deivescovi svizzeri e della MissioneInterna, organismi fondati en-trambi nel 1863. La Missione In-terna, in particolare, sostiene pro-getti pastorali nelle regioni finan-ziariamente deboli. Il motto scel-to per la Giornata è «Noi co-struiamo insieme la Chiesa, lagioia in Dio è la nostra forza».All’evento, che ha luogo a Einsie-deln, un comune del CantonSvitto, prende parte anche un co-ro speciale di 150 giovani prove-nienti da tutte le diocesi.

ROMA, 1. «Le strutture della sanitàcattolica sono sottoposte a uno stressgestionale e organizzativo che, intempi di crisi come l’attuale, mette arepentaglio la sostenibilità del servi-zio»: è quanto ha avvertito il segre-tario generale della Conferenza epi-scopale italiana (Cei), il vescovo Ma-riano Crociata, nel suo intervento alconvegno dedicato a «Le istituzionicattoliche in Italia. Un servizio pre-zioso in evoluzione», che si è tenutosabato mattina a Roma. All’i n c o n t roè intervenuto il ministro della Salute,Beatrice Lorenzin, oltre a 200 rap-presentati degli istitui sanitari.

Il presule ha spiegato di saperebene «come i ritardi abbiano radicicomplesse e chiedano a tutti unacondivisione del disagio collettivoche attraversa non solo l’economiadel nostro Paese. Nondimeno vannosegnalate disparità che non semprerispettano la dignità propria di unservizio pubblico. Siamo fiduciosiche l’esperienza del credito di pro-fessionalità e talora anche di eccel-lenza di cui godono le istituzioni sa-nitarie cattoliche, possa trovare ri-scontro in un’attenzione rinnovataalle attese di cura dell’intera popola-zione, che si dirige alle strutturepubbliche senza fare troppe differen-ze, se non — quando può — quelledettate dal credito scientifico e dallaqualità dei servizi offerti». Quellacattolica — ha continuato il segreta-rio generale della Cei — r a p p re s e n t a ,«una quota significativa, per numerie qualità, della sanità pubblica. A es-sa fanno ricorso cittadini di tutte le

regioni del Paese, confermando uncredito guadagnato sul campo nelcorso del tempo. L’intera società ita-liana trae vantaggio da presenze incui la ricerca dei migliori standard diefficienza dei servizi socio-sanitari siconiuga con un’ispirazione impernia-ta sull’”accoglienza e cura totale del-la persona” e su una cultura della vi-ta — dal concepimento fino alla suaconclusione naturale — che contrastacon la contemporanea rimozione dellimite, del dolore, della morte». Perquesto la Chiesa stessa «guarda confiducia alle istituzioni sanitarie diispirazione cristiana, nella certezzache esse possono offrire un validocontributo all’azione dello Statonell’ambito della sanità, facendo ap-pello al valore della solidarietà, nelrispetto del pluralismo dei valori edei soggetti».

La solidarietà e il dialogo dovreb-bero indicare la via più adeguata peraffrontare e superare le difficoltà: lasegreteria della Conferenza episcopa-le, ha detto monsignor Crociata, «of-fre la sua disponibilità ad accompa-gnare la ricerca di soluzioni alle que-stioni che interessano la responsabili-tà degli organismi sanitari nel lororapporto con le istituzioni governati-ve e statuali. È importante non spre-care questa opportunità e cercarepercorsi convergenti, per dare com-pattezza e persuasività ai rapportiistituzionali, che potranno solo av-vantaggiarsi da un dialogo unitario,aperto e franco». Per il presule «van-no scongiurati, per la loro sterilità senon per i danni che procurano, sia

un’irragionevole contrapposizionefrontale, sia la ricerca di percorsi diparte che disperdono energie e allon-tanano soluzioni strutturali positiveper tutti. Confidiamo che la capacitàdi ascolto da parte delle istituzioni edella politica» caratterizzi un percor-so «che conduca a trovare soluzionidi sostenibilità e di durata per strut-ture socio-sanitarie attanagliate dallacrisi».

Secondo il segretario generale del-la Cei è particolarmente urgente ana-lizzare «le cause più profonde» e i«veri effetti» di questa situazione,«che non sono soltanto di carattereeconomico. In non pochi casi, la cri-si economica è stata la circostanza ri-velatrice di una fragilità più profon-da. Non mi riferisco tanto a quellestrutture socio-sanitarie nelle qualisono state, purtroppo, portate alloscoperto malefatte e vere e propriecolpe di estrema gravità, morale senon amministrativa, poiché tuttoquesto, eventualmente, si condannada sé; mi soffermo invece — ha dettoil presule rivolgendosi ai rappresen-tanti delle istituti sanitari — sullaperdita o quantomeno sull’appanna-mento di quello spirito che è all’ori-gine di tante vostre opere. In esse siesige qualcosa di più della professio-nalità e della legalità, che devono es-sere assicurate con il massimo rigore:se non si radicano nel vivo carismaispiratore della storia che ci sta allespalle, anche la tensione etica si vedeindebolita fino a estenuarsi».

Per monsignor Crociata occorretornare a rivolgere l’attenzione al

piano delle motivazioni di fondo ein esso cercare coesione e sostegno:«Non è secondario ciò che sta pro-gressivamente mutando nella compo-sizione del personale che opera nellevostre strutture, sempre più caratte-rizzato da una forte diminuzione diquello religioso. Si tratta di un’evo-luzione che ha ripercussioni signifi-cative non soltanto sul piano econo-mico». L’«identità specifica delleistituzioni sanitarie cattoliche, infatti,non è un limite né può costituire unelemento di discriminazione. Rap-presenta piuttosto una risorsa in piùper la capacità che possiede di inter-pretare profeticamente i mutamentiin atto, mostrando la viva attualitàdei carismi fondatori».

Sentire la responsabilità di essereeredi di una storia spirituale che hagenerato e tenuto vive a volte per se-coli opere significative, se non impo-nenti per valore, non deve rendereciechi alle esigenze di cambiamento.Oggi un nome ineliminabile delcambiamento necessario è proprio si-nergia. C’è una terza via, infatti, ol-tre la falsa alternativa tra andareavanti come si è sempre fatto e get-tare la spugna e disfarsi di un’op eracome se fosse un peso ingombrante:è la via della collaborazione, dellainterazione e della integrazione, dellemolteplici forme di alleanze per seg-menti specialistici o per intere strut-ture. Se si coglie questa opportunità,in una fase che sta vedendo cambia-re profondamente il panorama dellasanità, allora ci si troverà facilmentea camminare insieme.

Dal segretario generale della Cei, il vescovo Mariano Crociata, un appello a trovare con le istituzioni soluzioni condivise

La sanità cattolica italiana è a rischio

Alla celebrazione di chiusura del congresso eucaristico nazionale a Colonia

Il cardinale Cordesinviato del Papa in Germania

Coloniensi urbe sacris celebritatibusNostro nomine praesis atque No-stros pastorales sensus fidelibus ibicongregatis humaniter renunties. DeEucharistia loqueris quae donum estIesu Christi se ipsum pro generehumano tradentis atque omnesadhortaberis ad spiritalem vitam peream renovandam, fontem scilicetcuiusque formae sanctitatis.

Dum per Te, Venerabilis FraterNoster, omnes consalutamus Praesu-les, christifideles laicos, publicarumauctoritatum mulieres virosque quiColoniam ad Congressum adve-

nient, precibus Nostris omnes comi-tamur atque Deum omnipotentemobsecramus ut, materno praesidioBeatae Mariae Virginis suffulti,praeceptum caritatis in vita cotidia-na diligentius servare pergant.Oportet etiam ut cuncti fideles no-vis viribus novoque studio peculia-rem dilectionem Christi Ecclesiae etEvangelii demonstrent atque fideialacritatem.

Munus tuum magni sane ponde-ris aestimantes, peculiaris benevo-lentiae Nostrae pignus ApostolicamBenedictionem Tibi peramanter im-pertimus, universis Congressus Eu-charistici Nationalis Germaniae par-ticipibus transmittendam.

Ex Aedibus Vaticanis, die VIIImensis Maii, anno MMXIII,Pontificatus Nostri primo.

FRANCISCUS

Com’è noto, lo scorso 10 maggio è stata pubblicata la nomina del cardinale PaulJosef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum, a inviatospeciale del Papa alla celebrazione di chiusura del congresso eucaristico nazionaledella Germania, che avrà luogo a Colonia il prossimo 9 giugno. La missione cheaccompagnerà il porporato sarà composta da monsignor Winfried Haunerland,docente di liturgia presso l’università di Monaco, e da don Stefan Rau, parrocodi St.-Josef a Münster. Di seguito la lettera pontificia di nomina.

Lunedì pomeriggio l’udienza pontificia

Bergamaschi in pellegrinaggio a Romaper ricordare Giovanni XXIII

Nel cinquantesimo anniversario della morte di Giovanni XXIII, lunedì 3giugno il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, guiderà unpellegrinaggio di tremila fedeli a Roma. Dopo le tappe a Loreto e adAssisi, sulle orme del Pontefice del concilio Vaticano II, il pellegrinaggiososterà nella basilica di San Pietro, dove alle 17 il presule celebrerà lamessa all’altare della Confessione. Al termine del rito giungerà in basili-ca Papa Francesco per venerare le spoglie mortali del beato, rivolgere lasua parola ai fedeli e impartire la benedizione apostolica. Sono attesi an-che i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli bergamaschi che vivonoin Roma, e quanti, devoti e amici di Papa Roncalli, vorranno condivide-re l’omaggio che Papa Francesco gli renderà e la preghiera affinché in-terceda presso il Signore per ottenere pace e concordia per la Chiesa el’intera famiglia umana.

Tweet di @Pontifex

Chiesafamiglia di Dio

«In quest’Anno della fede, chie-diamo al Signore che la Chiesasia sempre più una vera fami-glia che porti l’amore di Dio atutti». È il nuovo tweet lanciatoda Papa Francesco sabato mat-tina, 1° giugno, alla vigiliadell’adorazione eucaristica inprogramma domenica 2, alle 17,nella basilica vaticana.

Venerabili Fratri NostroPAU L O IOSEPHO

S.R.E. Cardinali CORDESPraesidi olim Pontificii Consilii

«Cor Unum»Eucharistica Synaxis centram estcongregations fidelium cui Presbyterpraeest. Edocent igitur Presbyteri fi-deles divinam victim am in Sacrifi-cio Missae Deo Patri offerre atquecum ea oblationem vitae suae facere(cfr. Presbyterorurn ordinis 5). Hancsententiam Concilii Oecumenici Va-ticani II memoramus dum de singu-laris ponderis eventu cogitamus, deCongressu Eucharistico NationaliGermaniae, tempore scilicet precis,meditationis atque eucharisticae re-novationis, qui diebus V-IX p ro x i m imensis Iunii Coloniae Agrippinaec e l e b r a b i t u r.

Fausta hac occasione data, Vene-rabilis Frater Noster IoachimusS.R.E. Card. Meisner, Archiepisco-pus Metropolita Coloniensis, atqueVenerabilis Frater Robertus Zollit-sch, Archiepiscopus Metropolita Fri-burgensis atque Conferentiae Epi-scoporum Germaniae Praeses, hu-manissime suo tempore praeclarumDecessorem Nostrum BenedictumXVI et nunc Nosmet Ipsos invitave-runt ut sollemni celebrationi Con-gressus claudendi praeessemus. Gra-ti omnino de invitatione ista, ali-quem potius eminentem decrevimusvirum quaerere, qui Nostras vicesColoniae posset gerere Nostramqueerga fideles Germaniae dilectionemm a n i f e s t a re .

Itaque ad Te, Venerabilis FraterNoster, animum Nostrum vertimusqui, istius Nationis praestantissimusFilius atque Praeses olim PontificiiConsilii «Cor Unum», singulariexcellis erga Eucharistiam devotio-ne. Idcirco harum Litterarum vi Tedesignamus Missum ExtraordinariumNostrum, mandatis Tibi factis, ut dieIX proximi mensis Iunii in praeclara

Page 8: In fuga dalla Siria - Vatican.vay(7HA3J1*QSSKKM( +@!"!.!"!? L’Unhcr denuncia la precarietà delle condizioni di vita dei rifugiati In fuga dalla Siria I bambini sono le principali

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 2 giugno 2013

Alla chiusura del mese di maggio in piazza San Pietro il Pontefice parla della testimonianza di Maria

Donna controcorrenteSolenne conclusione del mese mariano venerdì sera,31 maggio, in piazza San Pietro, alla presenzadi Papa Francesco. Negli scorsi anni, la tradizionaleprocessione aux flambeaux si snodava lungo i vialidei Gardini Vaticani per concludersi dinanzialla Grotta di Lourdes. Quest’anno però, prevedendoil gran numero di partecipanti, il cardinaleAngelo Comastri, vicario generale del Papaper la Città del Vaticano e arciprete della basilicadi San Pietro, ha voluto che la celebrazionesi svolgesse in piazza. Alle 20 la processione ha fattoingresso dall’Arco delle Campane, mentre speakerdella Radio Vaticana guidavano le riflessioni

e la preghiera dei misteri dolorosi del rosario.Le musiche della Banda Pontificia scandivanoil procedere del corteo, che, dal centro della piazzasi è poi diretto verso la basilica. Il Ponteficeha seguito la processione dalla cattedra postasul sagrato. Accanto a lui erano l’a rc i v e s c o v oGeorg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia,i monsignori Alfred Xuereb e Fabián PedacchioLeaniz. Ai lati della cattedra avevano preso postonumerosi cardinali, tra i quali il segretario di StatoTarcisio Bertone e il decano del Collegio AngeloSodano. Erano presenti anche numerosi presuli,tra i quali il sostituto della Segreteria di Stato,

arcivescovo Angelo Becciu. Alla preghiera hannopartecipato anche i parroci di San Pietroe di Sant’Anna, gli agostiniani Mario Betteroe Bruno Silvestrini. Il cardinale Comastri,con accanto il vescovo Vittorio Lanzani, guidavala processione. Per la prima volta quest’annola statua della Vergine, portata in spalla da alcunisampietrini, è stata scortata lungo tutto il percorsoda agenti della Gendarmeria, in divisa di mezzagala, e da Guardie Svizzere. Conclusa la preghiera,il cardinale Comastri ha pronunciato un breveindirizzo di omaggio prima che il Papa iniziassela sua riflessione, che pubblichiamo di seguito.

Cari fratelli e sorelle,questa sera abbiamo pregato insiemecon il Santo Rosario; abbiamo riper-corso alcuni eventi del cammino diGesù, della nostra salvezza e lo ab-biamo fatto con Colei che è nostraMadre, Maria, Colei che con manosicura ci guida al suo Figlio Gesù.Sempre Maria ci guida a Gesù.

Oggi celebriamo la festa della Vi-sitazione della Beata Vergine Mariaalla parente Elisabetta. Vorrei medi-tare con voi questo mistero che mo-stra come Maria affronta il camminodella sua vita, con grande realismo,umanità, concretezza.

Tre parole sintetizzano l’atteggia-mento di Maria: ascolto, decisione,azione; ascolto, decisione, azione.Parole che indicano una strada an-che per noi di fronte a ciò che cichiede il Signore nella vita. Ascolto,decisione, azione.

Ascolto. Da dove nasce il gesto diMaria di andare dalla parente Elisa-betta? Da una parola dell’Angelo diDio: «Elisabetta tua parente, nellasua vecchiaia ha concepito anch’essaun figlio...» (Lc 1, 36). Maria saascoltare Dio. Attenzione: non è unsemplice “u d i re ”, un udire superfi-ciale, ma è l’“ascolto” fatto di atten-zione, di accoglienza, di disponibili-tà verso Dio. Non è il modo distrat-to con cui a volte noi ci mettiamo difronte al Signore o agli altri: udiamole parole, ma non ascoltiamo vera-mente. Maria è attenta a Dio, ascol-ta Dio.

Ma Maria ascolta anche i fatti,legge cioè gli eventi della sua vita, èattenta alla realtà concreta e non siferma alla superficie, ma va nel pro-fondo, per coglierne il significato.La parente Elisabetta, che è già an-ziana, aspetta un figlio: questo è ilfatto. Ma Maria è attenta al signifi-cato, lo sa cogliere: «Nulla è impos-sibile a Dio» (Lc 1, 37).

Questo vale anche nella nostra vi-ta: ascolto di Dio che ci parla, eascolto anche della realtà quotidiana,attenzione alle persone, ai fatti per-ché il Signore è alla porta della no-stra vita e bussa in molti modi, ponesegni nel nostro cammino; a noi dàla capacità di vederli. Maria è la ma-dre dell’ascolto, ascolto attento diDio e ascolto altrettanto attento de-gli avvenimenti della vita.

La seconda parola: decisione. Ma-ria non vive “di fretta”, con affanno,ma, come sottolinea san Luca, «me-ditava tutte queste cose nel suo cuo-re» (cfr. Lc 2, 19.51). E anche nelmomento decisivo dell’Annunciazio-ne dell’Angelo, Ella chiede: «Comeavverrà questo?» (Lc 1, 34). Ma nonsi ferma neppure al momento dellariflessione; fa un passo avanti: deci-de. Non vive di fretta, ma soloquando è necessario “va in fretta”.Maria non si lascia trascinare daglieventi, non evita la fatica della deci-sione. E questo avviene sia nellascelta fondamentale che cambierà lasua vita: «Eccomi sono la serva delSignore...» (cfr. Lc 1, 38), sia nellescelte più quotidiane, ma ricche an-ch’esse di significato. Mi viene in

mente l’episodio delle nozze di Ca-na (cfr. Gv 2, 1-11): anche qui si vedeil realismo, l’umanità, la concretezzadi Maria, che è attenta ai fatti, aiproblemi; vede e comprende la diffi-coltà di quei due giovani sposi aiquali viene a mancare il vino dellafesta, riflette e sa che Gesù può farequalcosa, e decide di rivolgersi al Fi-glio perché intervenga: «Non hannopiù vino» (cfr. v. 3). Decide.

Nella vita è difficile prendere de-cisioni, spesso tendiamo a rimandar-le, a lasciare che altri decidano alnostro posto, spesso preferiamo la-sciarci trascinare dagli eventi, seguirela moda del momento; a volte sap-piamo quello che dobbiamo fare, manon ne abbiamo il coraggio o ci pa-re troppo difficile perché vuol direandare controcorrente. Maria nel-l’Annunciazione, nella Visitazione,alle nozze di Cana va controcorren-te, Maria va controcorrente; si ponein ascolto di Dio, riflette e cerca dicomprendere la realtà, e decide diaffidarsi totalmente a Dio, decide divisitare, pur essendo incinta, l’anzia-na parente, decide di affidarsi al Fi-glio con insistenza per salvare lagioia delle nozze.

La terza parola: azione. Maria simise in viaggio e «andò in fretta...»(cfr. Lc 1, 39). Domenica scorsa sot-tolineavo questo modo di fare diMaria: nonostante le difficoltà, lecritiche che avrà ricevuto per la suadecisione di partire, non si ferma da-vanti a niente. E qui parte “in fret-ta”. Nella preghiera, davanti a Dioche parla, nel riflettere e meditare

sui fatti della sua vita, Maria non hafretta, non si lascia prendere dal mo-mento, non si lascia trascinare daglieventi. Ma quando ha chiaro che co-sa Dio le chiede, ciò che deve fare,non indugia, non ritarda, ma va “inf re t t a ”. Sant’Ambrogio commenta:«la grazia dello Spirito Santo noncomporta lentezze» (Expos. Evang.sec. Lucam, II, 19: PL 15, 1560). L’agi-re di Maria è una conseguenza dellasua obbedienza alle parole dell’An-gelo, ma unita alla carità: va da Eli-sabetta per rendersi utile; e in que-sto uscire dalla sua casa, da se stes-sa, per amore, porta quanto ha dipiù prezioso: Gesù; porta il Figlio.

A volte, anche noi ci fermiamoall’ascolto, alla riflessione su ciò chedovremmo fare, forse abbiamo anchechiara la decisione che dobbiamoprendere, ma non facciamo il pas-saggio all’azione. E soprattutto nonmettiamo in gioco noi stessi muo-vendoci “in fretta” verso gli altri perportare loro il nostro aiuto, la nostracomprensione, la nostra carità; perportare anche noi, come Maria, ciòche abbiamo di più prezioso e cheabbiamo ricevuto, Gesù e il suoVangelo, con la parola e soprattuttocon la testimonianza concreta delnostro agire.

Maria, la donna dell’ascolto, delladecisione, dell’azione.

Maria, donna dell’ascolto, rendiaperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamoascoltare la Parola del tuo Figlio Gesùtra le mille parole di questo mondo; fa’che sappiamo ascoltare la realtà in cuiviviamo, ogni persona che incontriamo,specialmente quella che è povera, biso-gnosa, in difficoltà.

Maria, donna della decisione, illu-mina la nostra mente e il nostro cuore,perché sappiamo obbedire alla Paroladel tuo Figlio Gesù, senza tentenna-menti; donaci il coraggio della decisio-ne, di non lasciarci trascinare perchéaltri orientino la nostra vita.

Maria, donna dell’azione, fa’ che lenostre mani e i nostri piedi si muovano“in fretta” verso gli altri, per portare lacarità e l’amore del tuo Figlio Gesù,per portare, come te, nel mondo la lucedel Vangelo. Amen.

Al termine della celebrazione il Papaha rivolto ai fedeli il seguente saluto:

Vi ringrazio per questo Rosario in-sieme, per questa comunione intornoalla Madre. Che Lei ci benedica tut-ti, ci faccia più fratelli. Buona nottee buon riposo!

A Santa Marta l’incontro con un gruppo di bambini malati

L’abbraccio del Papa

Messa a Santa Marta

Lo scandalo dell’incarnazioneLo «scandalo» di un Dio che si è fatto uomo ed èmorto sulla croce è stato al centro dell’omelia te-nuta da Papa Francesco questa mattina, sabato 1°giugno, durante la messa che ha concelebrato nel-la cappella della Domus Sanctae Marthae, fra glialtri, con il cardinale cubano Jaime Lucas Ortegay Alamino, arcivescovo di San Cristóbal de LaHabana. Tra i presenti, un gruppo di gentiluomi-ni di Sua Santità.

Il ricordo del martire Giustino, di cui si cele-brava la memoria liturgica, ha offerto al Ponteficel’occasione per riflettere sulla coerenza di vita esul nucleo fondamentale della fede di ogni cristia-no: la croce. «Noi possiamo fare tutte le opere so-ciali che vogliamo — ha affermato — e diranno:ma che bene la Chiesa, che bene le opere socialiche fa la Chiesa! Ma se noi diciamo che facciamoquesto perché quelle persone sono la carne diCristo, viene lo scandalo».

Senza l’incarnazione del Verbo viene a mancareil fondamento della nostra fede, come ha sottoli-neato il Pontefice: «Quella è la verità, quella è larivelazione di Gesù. Quella presenza di Gesù in-carnato. Quello è il punto». Se lo si dimentica,sarà sempre forte «la seduzione» per i discepolidi Cristo «di fare cose buone senza lo scandalodel Verbo incarnato, senza lo scandalo della cro-ce».

Giustino è stato testimone di questa verità, per-ché proprio per lo scandalo della croce si è attira-to la persecuzione del mondo. Egli ha annunciatoil Dio che è venuto tra noi e si è immedesimatonelle sue creature. L’annuncio di Cristo crocifissoe risorto sconvolge i suoi ascoltatori, ma egli con-

tinua a testimoniare questa verità con la coerenzadi vita. «La Chiesa — ha commentato il Pontefice— non è un’organizzazione di cultura, di religio-ne, neanche sociale; non è ciò. La Chiesa è la fa-miglia di Gesù. La Chiesa confessa che Gesù è ilFiglio di Dio venuto nella carne. Questo è loscandalo e per questo perseguitavano Gesù».

Il Papa ha fatto riferimento al brano del vange-lo di Marco (11, 27-33) letto durante la liturgia ein particolare alla domanda posta a Gesù dai sa-cerdoti, dagli scribi e dagli anziani di Gerusalem-me: «Con che autorità fai questo?». Gesù rispon-de a sua volta con una domanda — «Il battesimodi Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?» — ecosì non asseconda la loro falsa curiosità. Solopiù tardi, davanti al sommo sacerdote che era«l’autorità del popolo», rivelerà quello che gliavevano chiesto scribi e anziani. Prima di alloranon lo fa, perché capisce che il vero obiettivo deisuoi interlocutori è quello di «tendergli una trap-pola». Ci provano in vari modi, come ha ricorda-to il Papa: «Ma dimmi, maestro si può, si devonopagare le tasse a Cesare?». Oppure: «Dimmi,maestro, questa donna è stata trovata in adulterio.Dobbiamo compiere la legge di Mosè o c’è un’al-tra strada?». Ogni domanda è un tranello permetterlo all’angolo, per indurlo a dire una cosasbagliata e trovare un pretesto per condannarlo.

Ma perché Gesù costituiva un problema? «Nonè perché lui faceva i miracoli» ha risposto il Papa.E nemmeno perché predicava e parlava della li-bertà del popolo. «Il problema che scandalizzavaquesta gente — ha detto — era quello che i demo-ni gridavano a Gesù: “Tu sei il Figlio di Dio, tu

sei il santo”. Questo, questo è il centro». Ciò chedi Gesù scandalizza è la sua natura di Dio incar-nato. E come a lui, anche a noi «tendono trappo-le nella vita; quello che scandalizza della Chiesa èil mistero dell’incarnazione del Verbo: quello nonsi toglie, quello il demonio non lo toglie». Ancheadesso sentiamo dire spesso: «Ma voi cristiani,siate un po’ più normali, come le altre persone,ragionevoli, non siate tanto rigidi». Dietro questoinvito, in realtà, c’è la richiesta di non annunciareche «Dio si è fatto uomo», perché «l’incarnazionedel Verbo è lo scandalo».

Quando il sommo sacerdote gli domanda: «Seitu il Cristo, il Figlio di Dio?», Gesù risponde sì esubito viene condannato a morte. «Questo è ilcentro della persecuzione» ha sottolineato il Pon-tefice. Infatti «se noi diventiamo cristiani ragione-voli, cristiani sociali, di beneficenza soltanto, qua-le sarà la conseguenza? Che non avremo mai mar-tiri». Al contrario, quando affermiamo che «il Fi-glio di Dio è venuto e si è fatto carne, quandonoi predichiamo lo scandalo della croce, verrannole persecuzioni, verrà la croce».

In conclusione Papa Francesco ha esortato i fe-deli a chiedere al Signore «di non aver vergognadi vivere con questo scandalo della croce». E hainvitato a invocare da Dio la sapienza, la saggez-za per «non lasciarci intrappolare dallo spirito delmondo che sempre farà proposte educate, propo-ste civilizzate, proposte buone». Dietro tali richie-ste, ha avvertito, si nega proprio «il fatto che ilVerbo si è incarnato», un fatto che «scandalizza»e «distrugge l’opera del diavolo».

CITTÀDEL VAT I C A N O

Il Santo Padre ha nominato Vi-cario Giudiziale del TribunaleEcclesiastico dello Stato dellaCittà del Vaticano il ReverendoPadre Donald Kos, O.F.M. Co n v.

Sua Santità ha inoltre nomi-nato nel suddetto Tribunale:Giudice il Reverendo Monsi-gnore Antonio Nicolai; Promo-tore di Giustizia «ad interim» ilReverendo Padre Luigi Sabba-rese, C.S.; Difensore del Vincoloil medesimo Reverendo PadreLuigi Sabbarese, C.S.

VI C A R I AT ODI ROMA

Il Santo Padre ha nominato Vi-cario Giudiziale del Tribunaledi Appello costituito presso ilVicariato di Roma il ReverendoMonsignore Vittorio Gepponi.

Sua Santità ha inoltre nomi-nato Vicario Giudiziale del Tri-bunale Ordinario esistente pres-so il Vicariato di Roma il Reve-rendo Monsignore SławomirO der.

Un gioco finito nel migliore deimodi. Don Gianni Toni, assistenteregionale dell’Unione nazionaleitaliana trasporto ammalati a Lour-des e santuari internazionali (Uni-talsi), spiega così l’incontro tra Pa-pa Francesco e i suoi ventidue pic-coli assistiti, avvenuto nella cappel-la della Domus Sanctae Marthaenel tardo pomeriggio di venerdì 31maggio, non a caso l’ultimo giornodel mese mariano.

I piccoli sono ospiti del repartodi oncologia pediatrica del policli-nico romano Agostino Gemelli. Dapoco sono rientrati a Roma dopoun pellegrinaggio a Lourdes.«Quando eravamo davanti allagrotta di Massabielle — ci ha spie-gato don Gianni — per alleggerirecon un po’ di allegria la pesantezzadella fatica abbiamo improvvisatoun gioco: disegnare la grotta diLourdes, per farla poi vedere al Pa-pa che non la conosce». Certo, ciha confessato il sacerdote, mentredicevano queste cose ai bambini,nessuno mai avrebbe immaginatoche sarebbero finiti proprio davantial Papa a mostrargli la grotta diLourdes. E invece il disegno diGiovanni — un bambino sardo diotto anni, divenuto cieco a causa diun tumore al cervello — eseguitosulla sua lavagnetta braille in basealla descrizione della grotta che glifacevano gli assistenti, li ha com-mossi talmente che hanno deciso diinviarlo veramente al Pontefice conuna lettera di accompagnamentoper spiegare di cosa si trattava.Non c’è voluto molto di più perchéil gioco finisse appunto «nel mi-gliore dei modi».

Bisognerebbe averli visti, il pic-colo Giovanni e Papa Francesco,ieri pomeriggio, l’uno di fronteall’altro. Giovanni gli ha chiesto:«Ma tu sei goloso?». E il Papa:«Sì, tantissimo. Mi piacciono i dol-ci. La cioccolata. Anche a te? Sì?Ma non ti fa venire il mal di fega-to?». E allora Giovanni gli ha mo-strato una grande busta rossa:«Meno male che sei goloso perchéio ti ho portato i dolci della Sarde-gna». Al che il Papa: «Uhm, gra-zie! Ma vogliamo mangiarli insie-me con gli altri bambini?».

E così, sul tono del colloquio traun nonno e i suoi nipotini, è pro-ceduto tutto l’incontro. I bambini,con i loro genitori, gli assistentidell’Unitalsi Lazio, guidati dallapresidente della sottosezione roma-na Preziosa Terrinoni, si sono se-duti a semicerchio di fronte al Pa-pa che ha preso posto proprio da-vanti all’altare. Hanno pregato in-sieme, poi il Pontefice ha comin-ciato a raccontare ai bambini unastoria: «Una volta Gesù doveva an-dare in un posto molto importante.Ma non arrivava. Dopo mezzogior-no è arrivato e i discepoli subitogli sono andati incontro: “Ma mae-stro, come mai sei arrivato tardi?”.Beh, sapete cosa gli ha detto Ge-sù? Sentite bene: “Lungo la stradaho incontrato un bambino chepiangeva. Mi sono fermato per sta-re insieme con lui”. Così fa Gesùcon un bambino che piange. Conun bambino che ha qualcosa. Toc-ca il cuore di Gesù, che gli vuoletanto bene».

Poi Papa Francesco ha lasciatola parola alla piccola Michelle.«Sono proprio contenta — gli hadetto tra l’altro — di essere qui acasa tua con gli amici del Gemelli,

i medici, i volontari, e con i sacer-doti che ci accompagnano a Lour-des con l’Unitalsi. È bello potertivedere davvero e non come alla te-levisione! A Lourdes abbiamo pre-gato per te, ti abbiamo disegnatola grotta della Madonna, come no-stro dono. Ti promettiamo che pre-gheremo ancora e ti chiediamo dipregare per tutti i bambini malatidel Gemelli e del mondo». Il Pon-tefice l’ha ringraziata stringendolaforte a sé. Non finiva più di acca-rezzare quella sua testolina per me-tà bendata. Commosso ha ripreso aparlare ai bambini, continuando ildialogo sull’amore di Gesù e chie-dendo loro: «Gesù adesso è quicon noi? Sì? Siete sicuri? Bene. Ècon noi perché ci vuole bene sem-pre. Gesù cammina con noi nellavita e quando abbiamo problemilui è sempre vicino a noi».

L’incontro è proseguito in un’at-mosfera del tutto particolare. Manoa mano si è creata una corrispon-denza straordinaria. Il Papa non fi-niva più di accarezzare tutti queibambini, di confortare i genitori, diringraziare medici e volontari per laloro opera accanto ai piccoli soffe-renti. Poi, tutto si è concluso con lapreghiera. Ma prima il Pontefice havoluto parlare di nuovo al cuore deibambini e ha chiesto loro di ripete-re con lui: «Gesù è sempre con noi.Quando siamo felici e contenti Ge-sù è sempre con noi. Quando siamotristi, Gesù è sempre con noi perchéGesù ci vuole bene. Non lo dimen-ticate mai». Sarà difficile che questipiccoli e i loro genitori possano di-menticarlo. Come sarà difficile cheil Papa possa dimenticare l’ultimarichiesta di Michelle: «Papa France-sco, prega per i nostri genitori per-ché possano sempre avere un sorrisocome il tuo». (mario ponzi)

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L’OSSERVATORE ROMANO giugno 2013 numero 13

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

Collaborare con gli uominiIn questo numero c’è una novità: il disegnodi copertina fatto per noi da Isabella Ducrotraffigura un volto maschile, quello di ÓscarRomero, il vescovo ucciso mentre dicevamessa a San Salvador il 24 marzo 1980 e delquale è in corso il processo di beatificazione.Il ritratto di Romero è un omaggio alle sueparole, che riporta per noi il presidente delPontificio Consiglio per la Famiglia, in onoredella maternità, del ruolo delle donne comemadri. Il nostro vuol essere un omaggio a chiconsiderava così alto il dono della vita dascrivere che la donna «con la semplicità delmartirio materno, concepisce nel suo seno unfiglio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa cresceree accudisce con affetto. È dare la vita. Èmartirio». Sono parole vicine a quelle chepronuncia spesso Papa Francesco nelle sueomelie quotidiane, con cui ricorda consimpatia e ammirazione le nonne e le mammeche trasmettono la vita e insieme la fede ailoro figli e nipoti. Certo, questa glorificazionedel ruolo materno, oggi, è in controtendenzacon la cultura dominante, che propone alledonne altri modelli: vamp che suscitanopassioni erotiche, oppure supermanager incarriera, e considera il ruolo materno unagabbia mortificante. Ne siamo consapevoli, eben felici, in questo, di andarecontrocorrente, rivendicando l’importanza eanche la felicità della maternità. Abbiamoscritto, fin dal primo numero, che eravamoaperte alla collaborazione maschile, a pattoche gli uomini parlassero di donne: in questonumero sono ben tre gli autori di articoli diprima importanza, a prova di come la nostraapertura cominci a dare risultati fertili. Forsesolo le donne che accettano profondamente ilruolo materno non hanno paura diconfrontarsi e collaborare con gli uomini, dalmomento che sono ben consapevoli della loroirriducibile differenza. (l.s.)

La visionaria più ammirata della sua generazioneQuanto la Chiesa e l’umanità devono all’economista cattolica Barbara Ward

di FLAMINIA GI O VA N E L L I

«L’umanità le deve molto, la Chiesa nonmeno» ha scritto padre Bernard Lambertsu «L’Osservatore Romano» del 23 giu-gno 1981, ricordando la morte di una don-na di qualità eccezionali, Barbara Ward.

La sua formazione fu non usuale: natanel 1914 in una città dello Yorkshire, figliadi un avvocato quacchero e di una signoraprofondamente cattolica, Barbara Wardfrequentò dapprima, in Inghilterra, unascuola di religiose poi, a Parigi, il LycéeMolière, quindi la Sorbona e poi un altroistituto universitario in Germania, a

Jugenheim, per laurearsi nel 1935 a pienivoti a Oxford in Master Greats, cioè filo-sofia, economia e politica.

Senza dubbio opportunità non comuni,assecondate da una mente particolarmentebrillante, da un eloquio vivace a cui si ac-compagnava una memoria prodigiosa, chene fece un’ammirata conferenziera. Eramolto dotata per le lingue, ma anche perla musica — tanto che accarezzò, a un cer-to momento della sua giovinezza, perfinol'idea di diventare cantante d’opera. Dotiche si accompagnavano — scrive sempreLambert — a «una umanità infinita, lamodestia e un sorriso meraviglioso».

Ne abbiamo una prima dimostrazionequando, dopo avere conosciuto l’antisemi-tismo nella Germania nazista dove vivevacome giovane studentessa universitaria, siimpegnò nel movimento cattolico di op-posizione al nazismo, Sword of the Spirit,del quale fu segretaria.

Profondamente religiosa, diede la provapiù alta di spiritualità negli ultimi tempidella sua vita quando — separata dal mari-to e ammalata di un tumore contro il qua-le lottò per quindici anni, che le rendevadifficile alimentarsi — diceva che quelloera il suo modo segreto di offrire la suasofferenza per alleviare la miseria dei bam-bini che pativano la fame e la sete nelmondo .

Pubblicò il primo libro a soli ventiquat-tro anni, The International Share-Out (“Laripartizione internazionale”), indicativodella sua visione dei rapporti politici in-ternazionali e dello sviluppo, una visioneche influenzò fortemente il pensiero di al-cune generazioni.

Fu proprio questo libro ad attirare su dilei l'attenzione del direttore dell’«Econo-

mist», Crowther, il quale, nel 1938, le offrìdi lavorare nel prestigioso settimanale, do-ve rimase fino al 1950, anno del suo matri-monio. Poco più che trentenne, nel 1947,Crowther le affidò un’inchiesta di caratte-re socio-economico negli Stati Uniti percapire what was on the US mind. BarbaraWard portò brillantemente a termine il la-voro, come c’era da aspettarsi, meritandoil commento positivo del settimanale«Time» che scrisse: «Il direttore dell’Eco-nomist ha mandato, fiducioso, una ragaz-za a fare un lavoro da uomo». La sua for-mazione di economista la portò inoltre auna brillante carriera di docente di econo-mia politica nelle università americane diHarvard e Columbia di New York.

Barbara Ward era attenta al futuro, daquesto deriva la sua partecipazione ai pro-blemi ambientali fin dagli anni Settanta,che fece di lei, presidente dell’Internatio-nal Institute for Environment and Deve-lopment, la prima sostenitrice dello svilup-po sostenibile. Particolarmente significati-vo il fatto che, quando venne nominatapresidente del suddetto Istituto, avessecambiato la denominazione da Internatio-nal Institute for Environment Affairs inInternational Institute for Environmentand Development, a dimostrare che lostudio dell’ambiente non poteva essere di-sgiunto da una riflessione sulla prosperitàe la giustizia internazionale.

Non solo, la sua lungimiranza arrivavaa prevedere fin d’allora l’importanza —che è andata crescendo negli anni — dellapartecipazione della società, specialmentenei confronti delle questioni ambientali.In uno dei suoi libri più celebri, commis-sionato dal Segretario generale della Con-ferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente,scritto con lo scienziato René Dubos, silegge: «Poiché una politica dell’ambienteumano richiede sia un giudizio di caratte-re sociale sia una conoscenza scientificaspecialistica, i profani intelligenti e infor-mati possono spesso contribuire alla suaformazione quanto gli esperti. In certi ca-si, anzi, possono essere giudici più sagaciperché la loro visione generale della com-plessità dei problemi umani non è defor-mata da quella sorta di campanilismo chesi accompagna di frequente alle specializ-zazioni tecniche».

I diritti d’autore di quel libro, Una solaterra. Cura e mantenimento di un piccolopianeta — un best seller all’epoca — anda-rono a un fondo fiduciario per l’educazio-ne ambientale, da spendersi secondo le fi-nalità della Conferenza delle Nazioni Uni-te sull’ambiente umano. Barbara Wardpartecipò, con un ruolo di primo piano, atutte le maggiori conferenze dell’Onu delsuo tempo: Stoccolma sull’ambiente(1972), Bucarest sulla popolazione (1974),Roma sull'alimentazione, Città del Messi-

co sulla donna (1975), Vancouver sull'habi-tat (1976).

Considerata uno dei più importantiesperti internazionali del Novecento, fudefinita, dal settimanale «Time» in tempiabbastanza recenti, «uno dei maggiori einfluenti visionary del XX secolo».

Oltre cinquant’anni fa Barbara Wardsosteneva che un sistema economico mon-diale al quale partecipano tutte le nazioniha bisogno di istituzioni globali, per mo-derare le dimensioni internazionalidell’ineguaglianza e dello sfruttamento efaceva notare che, avendo le grandi poten-ze in competizione fra di loro creato unsolo sistema economico mondiale, le inter-dipendenze non potevano essere ignorate.

Molti elementi di questa visione dellosviluppo e dell'assetto internazionale si ri-trovano in un prezioso li-bro di piccole dimensioniintitolato The Angry Seven-ties scritto e pubblicato nel1971 su richiesta della Pon-tificia Commissione Iustitiaet Pax, organismo del qua-le fu membro per quasi undecennio.

Barbara Ward fu una delle prime donnea svolgere un ruolo di primo piano nellaChiesa, in particolare nella creazione enell'avvio di quello che è oggi il PontificioConsiglio della Giustizia e della Pace, ildicastero della Curia romana voluto dai

padri conciliari. Durante il concilio Vati-cano II Barbara Ward faceva parte di unpiccolo gruppo di esperti sui problemi delmondo (i “cospiratori”) provenienti da uncomune background di esperienze eccle-siali e di impegno contro la povertà checercarono, con successo, di inserire nel do-cumento sulla Chiesa nel mondo contem-poraneo anche il tema dello sviluppoumano.

James Norris, amico personale di PaoloVI e di Madre Teresa, che faceva parte diquesto gruppo, intervenne in aula sullabase di un celebre memorandum redattoda Barbara Ward nel 1963 e fatto poi cir-colare durante la terza sessione intitolatoWorld Poverty and the Christian Conscience,che metteva l’accento sull’enorme divariofra paesi ricchi e poveri. Per affrontarequesto problema, secondo Barbara Ward,era indispensabile la collaborazione ecu-menica, proposta che Paolo VI accolsequando diede alla Pontificia CommissioneIustitia et Pax il suo statuto definitivo.All’indomani dell’istituzione della com-missione, Barbara Ward ne fu nominatamembro da Paolo VI e tale rimase fino allafine della vita nel 1981. Durante questoperiodo, sempre dietro richiesta dellaCommissione, scrisse un breve volume in-titolato Towards a New Creation? in prepa-razione della Conferenza dell’O nusull’ambiente.

Papa Montini la nominò anche consul-tore laico aggiunto al segretario specialedel Sinodo dei vescovi del 1971, dedicatoal tema della giustizia. Anche lì, il suo in-tervento nell’Aula vecchia del Sinodo nonmancò di impressionare fortemente cardi-nali e vescovi che, in un simile ambiente,per la prima volta, si trovavano ad ascolta-re una donna che parlava, per di più, diargomenti tecnici, dando, altresì, suggeri-menti pastorali.

Si può ben capire, quindi, come Barba-ra Ward fosse stata insignita per il suo im-

pegno delle maggiori onorificenze inglesie anche nominata, nel 1976, pari del re-gno. Quando morì «The Times» di Lon-dra la definì infatti «una delle donne piùconsiderevoli e ammirate della sua genera-zione».

Poco più che trentenneil direttore dell’Economist le affidòun’inchiesta socioeconomicaper capire «what was on the US mind»

È stata una delle prime donne a svolgereun ruolo di primo piano nella ChiesaIn particolare nella creazione e nell’avvio delPontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

La storia diBarbara Ward vieneraccontata dallaprima donna laicaentrata a far partedei vertici dellaCuria, essendostata nominata daBenedetto XVIsottosegretario delPontificioConsiglio dellagiustizia e dellapace. Esperta dieconomia e dipolitiche sociali,cresciuta aBruxelles e laureatain scienze politiche,Flaminia Giovanelli— che parlac o r re n t e m e n t equattro lingue —iniziò a lavorare inVaticano nel 1974,facendosi subitoapprezzare per lasua abilità digestire e affrontareanche le questionipiù spinose.do

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Papa Francesco riceve il numero del primo compleanno di «donne chiesa mondo» (2 maggio 2013)

Isabella Ducrot, «Oscar Romero» (2013)

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L’OSSERVATORE ROMANO giugno 2013 numero 13

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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La semplicità del martirio maternoNelle omelie dell’arcivescovo salvadoregno Óscar Romero

di VINCENZO PAGLIA

In una celebrazione eucaristica a cuipartecipavano le madri che avevanoavuti i figli d e s a p a re c i d o s , l’a rc i v e s c o v oRomero presenta Maria come loro mo-dello: «Sin dall’inizio — dice loro — da

quando cioè presenta il suo figlio al tempio,Maria si sente dire che una spada le trafiggeràl’anima». E continua: «Nessuna di voi ha udi-to agli inizi della vita dei propri figli un profe-ta che vi annunciava la fine terribile e sangui-nosa di vostro figlio. Se una madre, come ac-cadde a Maria, sapesse fin dall’inizio che il fi-glio sarebbe morto tragicamente e che il suocuore sarebbe stato trafitto da una spada, tut-ta la sua vita sarebbe stata un calvario e unasofferenza indicibile. Maria, pertanto, è il mo-dello delle madri che soffrono».

L’arcivescovo, a questo punto, allarga l’oriz-zonte e interpreta il dolore di quelle madri an-che come una testimonianza contro l’ingiusti-zia: «Come Maria ai piedi della croce, ogni

madre che soffre per la fine tragica del suo fi-glio, è anche una denuncia. Maria, madre do-lorosa, di fronte al potere di Pilato che gli haammazzato ingiustamente il figlio, diviene es-sa stessa un grido di giustizia, un grido diamore, un grido di pace, un grido per dire almondo ciò che Dio vuole che si faccia e ciòche Dio non vuole che accada».

E verso la fine dell’omelia, si rivolge a tuttii partecipanti alla messa, e identifica Mariacon il popolo che soffre. «Qui sta il segreto: ildolore è inutile quando si soffre senza Cristo.Ma quando il dolore umano continua quellodi Cristo, diviene un dolore che salva il mon-do. È come il dolore di Maria: un dolore sere-no e pieno di speranza. Anche quando tuttierano disperati di fronte alla morte di Gesù incroce, Maria stava serena aspettando l’ora del-la risurrezione. Maria è il simbolo del popoloche soffre per l’oppressione e per l’ingiustizia.Il suo dolore è sereno perché aspetta l’ora del-la risurrezione. Questo è il dolore cristiano,questo è il dolore della Chiesa che mai vad’accordo con le ingiustizie. Maria, senza ri-sentimenti, aspetta l’ora in cui il risorto torne-rà per darci la redenzione che aspettiamo»(omelia, 1 dicembre 1977).

Una ragazza di diciassette anni, G. MirnaGarcía scrive questa lettera all’arcivescovo rin-graziandolo per le omelie che continua concoraggio a rivolgere al suo popolo: «Monsi-gnore, mai prima d’ora mi ero rivolto a lei maora ho necessità di farlo per ringraziarla pro-fondamente di tutti gli sforzi che sta facendoperché i diritti e i doveri di tutti noi siano ri-spettati. Da quell’umile contadino tanto pienodi bontà, di dolore, tanto crudelmente mal-trattato fino a quelli che da vicino sentono ilsuo costante lavoro le dico un eterno grazie.Ho diciassette anni, con pochissima esperien-za nella vita ma sufficiente per esprimere a leiquesto dolore che sento nel veder soffrire lamia patria e i miei fratelli (...) Dobbiamo con-vincerci che la ricchezza materiale non dà nes-sun beneficio se è ottenuta egoisticamente co-me sembra essere nel nostro Paese. Leggendoo ascoltando le sue omelie riconosco che lei cimostra il cammino aperto per la nostra salvez-

za (...) Penso che la Vergine sta lavorandomolto per noi, però credo che ciò che devecambiare sono i nostri atteggiamenti (...) Spe-ro fermamente che i bambini possano ricevereun esempio più puro, che puntino a mete no-bili e che possano realizzarle. Credo che unanziano ha diritto a raggiungere il suo ultimogiorno in piena tranquillità. Spero che lei sen-ta che sono al suo fianco (...) Lei sta con i po-veri e so che essi e noi giovani siamo unagrande speranza. (...) Verranno giorni più dif-ficili, e in essi dovrà sostenere la fede, la cer-tezza che Dio è con noi, e se lui sta con noinulla potrà essere contro di noi».

Ed è quanto mai significativo questo pas-saggio dell’omelia che l’arcivescovo monsignorRomero tenne — era maggio del 1977 — al fu-nerale di un suo prete assassinato: «Non tutti,dice il concilio Vaticano II, avranno l’onore didare il loro sangue fisico, di essere uccisi perla fede, però Dio chiede a tutti coloro che cre-dono in lui lo spirito del martirio, cioè tuttidobbiamo essere disposti a morire per la no-stra fede, anche se il Signore non ci concedequesto onore; noi, sì, siamo disponibili, inmodo che, quando arriva la nostra ora di ren-der conto, possiamo dire “Signore, io ero di-sposto a dare la mia vita per te. E l’ho data”.Perché dare la vita non significa solo essereuccisi; dare la vita, avere spirito di martirio èdare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera,nel compimento onesto del dovere; in quel si-lenzio della vita quotidiana; dare la vita a po-co a poco? Sì, Come la dà una madre, chesenza timore, con la semplicità del martiriomaterno, concepisce nel suo seno un figlio, lodà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudi-sce con affetto. È dare la vita. È martirio».

di GIULIA GALEOTTI

Nel completare la scheda di ac-compagnamento all’intervista aSara Butler della Commissioneteologica internazionale («donnechiesa mondo» n. 10), incontrai inomi di due gruppi di lavoro dicui la teologa statunitense avevafatto parte: la Commissione inter-nazionale anglicana-cattolica e laConversazione internazionale tracattolici e battisti. La differenzami incuriosì non poco, e fu solouna telefonata al Pontificio Consi-

glio per il Dialogo Interreligioso asvelarmi l’enigma. Tempo qualchemese, e avrei conosciuto più davicino la questione per merito diun ricco e denso manuale dedica-to all’ecumenismo.

È da un passaggio della secon-da lettera di san Paolo ai Corinzi

— «Noi però abbiamo questo te-soro in vasi di creta» (2 Corinzi, 4,7) — che Teresa Francesca Rossi,docente di teologia ecumenicapresso la Pontificia Università SanTommaso d’Aquino e il PontificioAteneo Sant’Anselmo, prende lemosse per introdurre tema e spiri-to del suo Manuale di ecumenismo(Editrice Queriniana, 2012). «Unversetto biblico che cattura in mo-do vigoroso il dinamismo divino-umano dell’annuncio di salvezza.Il tesoro è la realtà dell’incarna-zione, morte e risurrezione di Cri-sto, che apre alla riconciliazionecon il Padre; i vasi sono quantidesiderano annunciare questa lietanotizia al mondo; sono i seguacidi Cristo nei secoli, i cristiani, og-gi separati. I vasi sono di creta:plasmabili, capaci di prendere laforma che meglio si attagli all’an-nuncio (...) ma allo stesso temposono fragili, possono rompersi, la-sciando il tesoro, pur intatto nellasua preziosità, tuttavia in terra,mescolato con i cocci».

Nella convinzione che ciò cheunisce sia più di ciò che divide, lequasi cinquecento pagine del ma-nuale (arricchite da un cd, oltre

che da brani delle Scritture e do-cumenti noti e meno noti dellaChiesa cattolica) si articolano inquattro parti: metodo, spiritualità,storia e sistematica. Dal suo ango-lo prospettico, ciascuna di esseconferma quello che, forse, è iltratto che maggiormente colpisce:se l’unità è un dono di Dio, cometantissimi altri doni, essa è ancheperò qualcosa che va coltivato condedizione tenace, seria e pro-fonda.

Invitando a una preparazione alcontempo teologica, sociologica,psicologica, filosofica, antropolo-gica, canonica e umana, il testointroduce a un ecumenismo intesonon solo come sistema di pensie-ro, ma anche come preghiera e sti-le di vita cristiana.

Il manuale diventa così stru-mento di informazione e di for-mazione: informazione perché so-no ancora troppi i pregiudizi dacorreggere e superare, formazioneperché è necessaria una prepara-zione sistematica per operare incampo ecumenico, onde passaredavvero dalla conversazione aldialogo. Tra Chiesa cattolica e an-glicani, luterani, metodisti, rifor-

mati, pentecostali, evangelici, or-todossi, discepoli di Cristo, batti-sti, assiri d’Oriente, mennoniti,ortodossi orientali e veterocatto-lici.

Tre le fasi del metodo ecumeni-co capaci di scandire la relazionefra gli interlocutori, delineandouna crescente reciproca apertura:conoscenza, condivisione e comu-nione. Gradatamente, infatti, ciòche è stato appreso viene vagliatoe valorizzato sottolineando somi-glianze e diversità. Solo così èpossibile incamminarsi verso lacostruzione dell’unità, verso, cioè,il ristabilimento della comunionemattone dopo mattone. Un pro-cesso delicato che cresce con ilcrescere della conoscenza e dellacondivisione, e che sempre puòessere ulteriormente approfonditoe radicato.

La meta del movimento ecume-nico è infatti quella di far cresceretra le Chiese una comunione cosìreale da essere visibile senza ambi-guità; così plasmata dalla caritàda essere pienamente segno di ri-conciliazione; così variegata e ar-ricchita dalla diversità, da testimo-

niare il soffio impalpabile delloSpirito di Dio.

Addentrandosi pagina dopo pa-gina nel libro, il lettore percepiscechiaramente quella che potremmodefinire la quotidianità ecumenica,concreta e teorica insieme, di Te-resa Francesca Rossi. Familiaritàche le viene perché membro delGruppo misto di lavoro fra Chie-sa cattolica e Consiglio ecumenicodelle Chiese, del Dialogo teologi-co internazionale cattolico-pente-costale e di quello cattolico-batti-sta, ma anche dal suo lavoro alCentro Pro Unione di Roma, dicui è Associate Director.

Luogo ecumenico di ricerca edi azione, il Centro Pro Unionevenne fondato nel 1968 dai fratifrancescani dell’Atonement, con ilfine di perseguire il dialogo, lostudio e la formazione dell’ecume-nismo teologico, spirituale, pasto-rale e sociale. Le radici risalivanoa settant’anni prima: nel 1898, in-fatti, madre Lurana White e padrePaul Wattson fondarono la Socie-ty of the Atonement (“re d e n z i o -ne”), una congregazione religiosadedicata all’unità dei cristiani e al-la riconciliazione nello spirito disan Francesco. Giacché i fondatorierano episcopaliani, dapprincipiole radici della società furono postein quella comunità ecclesiale. Lecose mutarono però nel 1909quando le sorelle e i fratellidell’Atonement entrarono in pienacomunione con la Chiesa cattoli-ca: era la prima volta che una co-sa del genere succedeva dai tempidella Riforma. Da allora, con sedea New York, la società si è avviatain un cammino di impegno perl’unità della Chiesa e la riconcilia-zione, agendo in diversi Paesi tracui Stati Uniti, Canada, Giappo-ne, Inghilterra, Irlanda, Brasile,Filippine e Italia. L’innovativomanuale di Teresa Francesca Ros-si è uno dei tanti frutti del percor-so intrapreso.

di ALBERTO FABIO AMBROSIO

Tutto nasce con una donna dell’at-tuale Iraq meridionale: Râbi’a,che significa quarta. È la quartafiglia di una famiglia numerosa,che finisce venduta come schiava.

Poi è riscattata e si dedica all’amore appas-sionato di Dio.

Rab’ia va annoverata tra le prime figuredella mistica musulmana ad applicare il ter-mine di amore appassionato (‘ishq che in gre-co tradurremmo con èros) per l’Amato. Nonsi può citare Râbi’a senza riportare questopreziosissimo racconto della sua missione: ungiorno la donna si mise a correre attraversoBaghdad con in mano una torcia infuocata econ l’altra un secchio ricolmo d’acqua. Gliabitanti allora le domandano cosa sta facen-do, e lei, che sembra invasata, risponde: «Stoandando in cielo per gettare il fuoco in Para-diso e per versare l’acqua nell’Inferno, in mo-do che nessuno dei due rimanga. Allora saràmanifesto il mio scopo: che i fedeli guardinoa Dio senza speranza né paura. Poiché, senon ci fosse la speranza del Paradiso o lapaura dell’Inferno, forse che non adorerebbe-ro Lui solo, il Reale, e non obbedirebbero aisuoi ordini?».

Questo testo è fondamentale tanto per imusulmani e soprattutto i sufi, quanto ancheper i cristiani: per tutti questa donna è di-ventata il simbolo del puro amore nei con-fronti di Dio. Jean-Pierre Camus, vescovo

della diocesi di Mans nel XVII secolo scriveun’opera dal titolo Caritea o dell’amore perfet-to. Chi è questa caritea? Ebbene è proprioRâbi’a, la donna sufi del nostro racconto etutta l’opera del vescovo è finalizzata a com-mentare l’esempio e illustrare cosa sia il puroamore (cristiano).

I primi secoli dell’islam sono anche i primisecoli dei grandi mistici sufi, che iniziano aformare una dottrina, delle scuole e in un’ul-tima analisi degli Ordini “re l i g i o s i ”. Fino alXII secolo circa, parlare di sufi vuol dire par-lare di veri e propri mistici e, specialmente,

di figure maschili. Il sufismo infatti si puòdefinire come la trasmissione interiore (maanche esoterica e mistica) del messaggio co-ranico comunicato direttamente da Dio alProfeta Muhammad e, da questi, ai maestrispirituali. La successione “ap ostolica” è quin-di una trasmissione fondamentalmente ma-schile, da maestro a maestro e tutte le filia-zioni si originano a partire dal Profeta. Que-sto però non significa che durante la storianon vi siano state delle grandi figure e dei

che maestre spirituali. Invece, è meno certal’esistenza di gruppi femminili di derviscidanzanti. Al di là della questione della legit-timità dell’insegnamento femminile e dellapossibilità di poter riunire attorno a unadonna un gruppo di discepoli di ambo i ses-si, il vero dato è che la donna nel sufismoraggiunge un livello di raffinatezza spiritualepiù alto di quello maschile.

Nel XIX secolo ottomano numerose sono ledonne poetesse e affiliate all’Ordine dei der-visci danzanti, come Leyla Hanım, TevhideHanım e Şeref Hanım. Di quest’ultima, mipiace ricordare alcuni versi che hanno un sa-pore davvero cristico: «Benvenuto oh Messiadella ronda (cerchio) / Alla risurrezione diquesto cuore colmo di angoscia».

Ancora oggi, tra i discendenti in linea di-retta di Rûmî, il fondatore dei mevlevî, vi èuna donna di grande qualità spirituale: EsinCelebi, che ama ricordare di avere studiatoad Aleppo nelle scuole dei Fratelli dellescuole cristiane. I suoi racconti sono intrisi disenso religioso profondo e di un’apertura alladiversità, proprio come il suo antenato. Nonpotrò mai dimenticare il racconto ben detta-gliato della sua devozione speciale alla Vergi-ne Maria, figura che tanta parte ha nel Cora-no stesso. Esin gode la considerazione di tut-ti in Turchia e l’attività a favore della diffu-sione della spiritualità mevlevî è diventatauno degli obiettivi della sua vita. Lei stessaafferma che nell’Ordine dei dervisci danzanti«vediamo che sin dall’epoca della fondazio-ne, è stata data tanta importanza alle donne.Ad esempio, a Konya, Şeref Hatun, la figliadi Sultan Veled — figlio di Rûmî e vero legi-slatore dell’Ordine — aveva numerosi disce-poli uomini».

Esin non è l’unica erede spirituale del sufi-smo nell’attuale Turchia contemporanea. Vi-cino a questa spiritualità è un’altra donna,Nur Artiran. Alla domanda su cosa significail sufismo, risponde senza esitazione: «Il miosforzo è di commentare il Mesnevî di Rûmî,con la mia voce che viene dal cuore orientan-dola al mio mondo e la mia vita interiore». Ilsuo ultimo libro di grande successo porta pertitolo una frase di Rûmî, L’amore è simile aun processo. In lei si scorge nitido il desiderioe la passione divina, tipica del sufismo. Miconfida anche che «se è difficile per un uo-mo essere sapiente anche per una donna nonè da meno il suo sforzo di servizio all’umani-tà». Quel che mi ha impressionato maggior-mente di questa donna, discepola di uno de-gli ultimi commentatori ufficiali del Mesnevîdi Rûmî, è la sua esperienza che narra pub-blicamente. Della sua guida, mi offre questabella testimonianza di fede e di vita: «ŞefikCan, questo è il suo nome, è stato il mio

maestro, e attraverso Rûmî, mi ha aperto leporte della vita interiore religiosa».

Una delle prime volte che ho incontratoCemalnur Sargut è stato in occasione dellacelebrazione annuale per la nascita del Profe-ta dell’islam. Quella sera, Cemalnur accoglie-va le autorità religiose cristiane. Non dimen-ticherò mai il momento in cui mi vide, per-ché mi chiamò con un’espressione così dolcee profonda: «Figlio mio» (evladim). Certo, inturco, una donna può sempre chiamare unragazzo tramite questa espressione — la puòutilizzare anche una donna mendicante instrada — ma io l’ho percepita come un richia-mo affettuoso.

Cemalnur è una vera leader spirituale, atti-ra a sé folle numerose di giovani turchi, in-terviene a dibattiti internazionali e si fa por-tavoce di un islam al contempo tradizionalee aperto alla modernità. Quando incontro lesue discepole mi sorprende l’apertura e latolleranza che Cemalnur pratica e insegna.Le accoglie così come sono, senza pretendereuna conversione radicale: non impone il velo(che lei stessa non porta se non in occasionedelle preghiere), non impone una trasforma-zione radicale, ma conduce i propri adepti aun riorientamento della propria vita versoDio, verso il bene divino. Anche lei, è radica-ta nella tradizione sufi. Accanto a un’attivitàstrettamente spirituale, la sua assocazione or-ganizza regolarmente convegni sul sufismo.

Ciò che attira in questa figura dai tratti esili,ma dalla personalità interiore imponente, è lacapacità di accoglienza. Riesce a essere unavera madre spirituale che accoglie tutti. Alladomanda cosa sia il sufismo, Cemalnur ri-sponde: «Trovare la felicità e la pace nei mo-menti di angoscia e di crisi».

Tante altre donne e sotto tutte le latitudinidel mondo musulmano potrebbero illustrareulteriormente questo fuoco d’amore per Dio.Penso ancora a Nayla, in Libano e a Hela esua mamma Nelly in Tunisia e Sema in Paki-stan e chissà quante altre ancora. Certo il su-fismo continua ufficialmente la trasmissioneda maestro a discepolo di sesso maschile, mala diffusione femminile del sufismo ha assun-to uno stile particolare, unico. Il sensod’amore per Dio e per l’uomo è così umanonel corpo di una donna che, per il fatto stes-so di essere, emana un profumo divino.

Il romanzo

La mia unica amicaUna compagna di banco — molto diversaper estrazione sociale, indole e dotinaturali — può segnare la vita di unabambina se nasce fra le due unsentimento di amicizia vero,che insegna a entrambe a superare leproprie differenze, a intuire moti ancorainespressi nell’animo dell’altra. Laseparazione, improvvisa e dolorosa, che siimpone alla fine dell’anno scolastico,coglie così due bambine ormai diverse,che si porteranno per la vita i frutti di unincontro così importante. In La mia unicaamica (Bollati Boringhieri, 2013), con unascrittura essenziale e profonda, senzasentimentalismi ma con grande capacità dicogliere pensieri e impulsi dei bambini diuna scuola periferica, di introdurre illettore nel paesaggio grigio e piovoso delpaese montano, e di descrivere conamorevole attenzione il ruolochiarificatore e educatore in senso pienodella maestra, Eliana Bouchard dà unaprova narrativa ottima,che conferma il successo ottenuto con ilprimo romanzo, Louise, pur tanto diversocome tema e tempo storico.(@ L u c e S c a ra f f i a )

Il film

Il figlio dell’altraUn muro, due figli, due famiglie e duenascite in contemporanea nel medesimoospedale. Cosa succede quando a distanzadi anni (diciotto per la precisione) siscopre che un errore umano ha attribuitoalla famiglia del lato est del muro il nato

della famigliadel lato ovest, eviceversa? Èquesta la tramadello splendidofilm Il figliodell’a l t ra (2012)della registafrancese diorigine ebraicaLorraine Levy.Joseph Silberg,ebreo di TelAviv, e Yacine AlBezaaz,palestinese dellaCisgiordania: ildramma che

dilania Israele e i Territori palestinesi èvisto attraverso l’avvicinamento doloroso eforzato di due famiglie che mai sisarebbero volute incontrare, ma che,nonostante tutto, riescono a uscirearricchite e più felici da un incontro cheinizialmente pare solo tragico. Il merito èdelle madri di Joseph e Yacine. Duedonne diversissime che però hannol’amore, la forza e il coraggio di coglierel’opportunità della condizione paradossalein cui si sono venute a trovare. Perché nelloro cuore, nella loro famiglia e nella loroterra c’è anche posto per il figliodell’altra. (@GiuliGaleotti)

MARÍA GUA D A L U P E GARCÍA ZAVA L A

«Toccarono la carne di Cristo». Così Papa Francesco hapresentato María Guadalupe García Zavala (1878-1963,cofondatrice della congregazione delle serve di SantaMargherita Maria e dei Poveri) e Laura Montoya yUpegui (1874-1949, fondatrice della congregazionereligiosa delle missionarie di Maria Immacolata e SantaCaterina da Siena), proclamate sante il 12 maggio scorso.María Guadalupe García Zavala, madre Lupita comeveniva affettuosamente chiamata, fu una suora messicanache si distinse, in particolare, per il suo coraggio duranteil periodo della feroce persecuzione anticattolica (1926-1929): insieme alle consorelle, protesse sacerdoti e laicidalla furia omicida dei rivoluzionari e curò i feriti di ognigenere, inclusi gli stessi rivoluzionari, senzadiscriminazione. «Rinunciando a una vita comoda perseguire Gesù — ha spiegato il Papa — insegnava ad amarela povertà, per poter amare di più i poveri e gli infermi.Madre Lupita si inginocchiava sul pavimentodell’ospedale davanti agli ammalati per servirli contenerezza e compassione. Anche oggi le sue figliespirituali cercano di riflettere l’amore di Dio nelle operedi carità, senza risparmiare sacrifici e affrontando conmitezza, perseveranza apostolica e coraggio qualunqueostacolo».

LAU R A MO N T O YA Y UPEGUI

Santa Laura Montoya y Upegui, «prima santa nata nellabella terra colombiana, ci insegna — sono sempre leparole del Papa — a essere generosi con Dio, a non viverela fede da soli, come se fosse possibile vivere la fede inmodo isolato, ma a comunicarla, a portare la gioia delVangelo con la parola e la testimonianza di vita in ogniambiente in cui ci troviamo». Questa religiosa vissuta congli indios ci invita «a vedere il volto di Gesù riflessonell’altro, a vincere indifferenza e individualismo,accogliendo tutti con amore, donando loro il meglio dinoi stessi e soprattutto condividendo con loro ciò cheabbiamo di più prezioso: Cristo e il suo Vangelo».Strumento di evangelizzazione prima come insegnante epoi come madre spirituale degli indigeni, infuse loro lasperanza «accogliendoli con l’amore appreso da Dio eportandoli a Lui con una efficacia pedagogica cherispettava la loro cultura e non si contrapponeva a essa.Nella sua opera di evangelizzazione madre Laura si feceveramente tutta a tutti, secondo l’espressione di sanPaolo. Anche oggi le sue figlie spirituali vivono e portanoil Vangelo nei luoghi più reconditi e bisognosi, come unasorta di avanguardia della Chiesa». Grandi ifesteggiamenti nel Paese di origine della nuova santa. «Visono troppi personaggi malvagi entrati nella memoriacollettiva dei colombiani» ha detto ad esempio monsignor

Omar Alberto Sánchez Cubillos, vescovo di Tibú e «lacanonizzazione di suor Laura ricorda al Paese che ci sonoanche altre persone piene di virtù, di generosità eservizio». Del resto, ha scritto in una nota la Conferenzaepiscopale colombiana, «la vita di madre Laura non èuna utopia, ma un programma concreto che può essereraggiunto con l’aiuto di Dio e la generosa rispostadell’uomo».

FRANCISCA DE PAU L A DE JESUS

Figlia naturale di una schiava ed ex schiava ella stessa,venerata in tutto il Brasile come la madre dei poveri: èFrancisca de Paula De Jesus (1808-1895), beatificata loscorso 4 maggio a Baependi dal cardinale Angelo Amato,prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nataa São João del Rey, imparò dalla madre preghiere edevozioni, sebbene — essendo femmina e schiava — nonricette alcuna istruzione. Trasferitasi a Baependi, città inpieno sviluppo, rimase orfana. In punto di morte lamadre le raccomandò di condurre una vita ritirata ondepraticare meglio la carità e conservare la fede. Da allora,Francisca visse sola in una casetta su una collina ai limitidella città, dedicandosi alla preghiera e alla cura deibisognosi, scegliendo così, sin da giovanissima, una vitadi povertà e di lode, povera tra i poveri. La sua fama diumile madre si diffuse rapidamente tra gli ultimi:

chiunque la avvicinasse, riceveva preghiere, cibo,consolazione e conforto.

CH I TA R R A , COLORI E RISPETTO

La foto pubblicata a mezza pagina su «L’Eco diBergamo» è un tripudio di sorrisi e colori. L’immagineritrae la cinquantenne suor Sonia Rusconi delle Poverelle,con tanto di chitarra al braccio, mentre cammina con ungruppo di bambini in una strada di Chancay, in Perú.Nel corso dell’intervista, suor Sonia racconta la suamissione nei sobborghi di Lima tra poveri e disperati,attirati nella capitale a migliaia dall’illusione dellaricchezza. Non è un compito facile quello delle religioseche tentano quotidianamente di porsi in manieraequilibrata dinnanzi a una situazione fatta di povertà,assetti sociali scricchiolanti e gravi problemi all’internodelle famiglie. Il tutto, rispettando sempre «la Chiesalocale, che comunque è ben presente. Ci guida l’idea

fondamentale: evangelizzare con la carità, con l’esempio.Suscitare speranza, coltivare la relazione».

LE C O N TA D I N E MESSICANE

Oltre un milione e duecentomila madri messicane diorigini contadine sono diventate capifamiglia in seguitoall’emigrazione dei rispettivi mariti partiti, spesso assiemeai figli maggiori, alla ricerca di lavoro nelle città. Unavolta rimaste sole, la vita è durissima per queste donne,sfruttate nelle fabbriche e private dei loro dirittifondamentali. Secondo la Confederazione nazionalecontadina (Cnc), tra i più colpiti da disoccupazione,povertà e aumento dei prezzi vi sono circa 13 milioni didonne che vivono nelle comunità rurali. Sempre in baseai dati della Cnc, solo a 610mila di costoro vengonoriconosciuti i diritti legittimamente spettanti sulla terra.Molto preoccupanti sono anche le cifre relative allapovertà alimentare: nelle zone rurali ne soffre il 37,7 per

cento delle donne con meno di 24 anni, il 34,8 di quelletra 25 e 44 anni, il 31,1 tra 45 a 64 anni, il 32,2 dai 65 insu. Stando poi alle stime della Commissione economicaper l’America latina e i Caraibi riportate da Fides, unamadre messicana che vive nelle zone rurali lavora il 53 percento in più rispetto agli uomini e quattro ore in piùrispetto a quelle che vivono nelle aree urbane.Nonostante ciò, i loro stipendi sono minimi e insufficientia causa degli aumenti dei prezzi dei generi di primanecessità, cresciuti fino al 400 per cento rispetto al 2012.

LA ONG CRISTIANA AWA M IN PA K I S TA N

Nel corso della campagna elettorale che ha preceduto leelezioni pakistane dello scorso 11 maggio, la ongAssociation of Women for Awareness & Motivation(Awam), di ispirazione cristiana e guidata da NaziaSardar, ha promosso una campagna di sensibilizzazioneper i diritti e la dignità delle donne. Durata cinque mesie portata avanti in modo capillare nel territorio di 42sezioni elettorali femminili in quattro circoscrizioni diFaisalabad (nella provincia del Punjab), la campagna haanche invitato le donne a partecipare al voto. Gruppi dicittadini, per ogni seggio elettorale, hanno visitato lecomunità locali, associazioni, comitati e famiglie,condannando il voto di scambio e la compravendita divoti. Tutto questo ha però dato molto fastidio. In

particolare due attiviste di Awam, Qurat-ul-Ain eShabana Bashir, sono state pesantemente apostrofate peril loro «comportamento sbagliato» e minacciate di«terribili conseguenze» da esponenti della PakistanMuslim League-N.

KIM DANIELS E IL CARDINALE DOLAN

A spokeperson at the Usccb informa il profilo twitter diKim Daniels, nuova portavoce del presidente dellaConferenza episcopale statunitense. Avvocato formatosi aPrinceton, già consulente di Sarah Palin, 45 anni e madredi sei figli, Daniels è stata scelta dal cardinale Dolan persvolgere un ruolo prima inesistente. Attiva in moltecampagne legali (tra cui quella per il diritto di obiezionedei farmacisti alla pillola del giorno dopo), Daniels èstata anche direttore di Catholic Voices, associazione nataper portare «il messaggio positivo della Chiesa sullapubblica piazza. Credo — ha detto Daniels all’indomanidella nomina — che il cardinale Dolan e gli altri vescoviabbiano apprezzato molto l’approccio di Catholic Voices,che vuole spargere luce e non invece arroventare iproblemi. Spesso le persone affrontano le controversiecome se fossero marines, sbarcando e andando inbattaglia. Catholic Voices ha invece un approccio piùsimile a quello dei Peace Corps: tentiamo di capire glialtri e di stabilire un contatto».

Il saggio

Hannah e le altreNel libro Hannah e le altre (Einaudi, 2013)Nadia Fusini scrive di donne chescrivono. Le donne sono tre e anche semolto diverse si prestano a essereaccomunate in una storia avvincente,donne del Novecento che si formarono esi definirono, non si adeguarono ai tempibui nei quali capitò loro di vivere, diederonomi nuovi a vicende vecchie,illuminarono e scomposero, con irruzionidi lucidi giudizi, neri depositi dipreconcetti, di superstizioni.Simone Weil muore a 34 anni nel 1943;Rachel Bespaloff nel 1949 si uccide a 54anni; Hannah Arendt se ne va dopo unattacco cardiaco a 69 anni nel 1975.Vissero l’esperienza di essere profugheperché ebree, e forse in quanto talisvilupparono quella freschezza di giudizionon completamente allineato al sistema incui vivevano, ma soprattutto, sembrasuggerire l’autrice,perché donne ebree e la loro originalitàsorgeva da questo compostoantropologicoculturale. L’autrice individuauna struttura comune sotto i destinidiversi: il coraggio di cercare parole vere,il considerare l’arte come possibilesalvezza, di nutrire una speranza, unatteggiamento etico. (isabella ducrot).

Di fronte al potere di Pilatoche ingiustamentegli ha ammazzato il figlioMaria diviene essa stessaun grido di giustiziaUn grido di amore, un grido di pace

Un dipinto murale ricorda l’arcivescovo di San Salvador,ucciso mentre stava celebrando la messada un cecchino il 24 marzo 1980,a causa del suo impegno nel denunciare le violenzeperpetrate dalla dittatura nel suo Paese

Questo tesoro in vasi di cretaL’innovativo manuale di ecumenismo di Teresa Francesca Rossi

Pagina dopo paginail lettore evince chiaramentecome per l’autricel’incontro sia pratica quotidiana

Protagoniste di una tradizione musulmanaInchiesta sul sufismo femminile

«Trovare la felicità e la pacenei momenti di angoscia e di crisi»Questa è la definizione di sufismosecondo Cemalnur

«Se è difficile per un uomoessere sapiente — dice Nur —anche per una donna non è da menoil suo sforzo di servizio all’umanità»

Da sinistra, Nur Artiran, Alberto Fabio Ambrosio e altre visitatrici nella casa della Fondazione Şefik Can a Istanbul

gruppi femminili.Nell’Anatolia me-

dievale, esisteva ungruppo di cosiddettedonne del paese diRum (l’Anatolia), oBaciyan-i Rum, eredifemminili della tradi-zione risalente a unmistico dell’Asia cen-trale Ahmet Yesevî.Infatti il ruolo delladonna nel sufismo ot-tomano, benché nonistituzionalizzato, èstato sempre statooperativo ed efficace.Gli studi e le ricercheattuali mostrano sem-pre di più il numeroelevato di personalitàfemminili che hannolasciato un segno in-delebile. Per quantoriguarda i cosiddettidervisci danzanti omevlevî, in casi rari,ma ben attestati, ledonne sono state an-Il gruppo di Cemalnur Sargut a fine del convegno organizzato a Istanbul dall'Associazione Turkkad

Page 11: In fuga dalla Siria - Vatican.vay(7HA3J1*QSSKKM( +@!"!.!"!? L’Unhcr denuncia la precarietà delle condizioni di vita dei rifugiati In fuga dalla Siria I bambini sono le principali

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Dietro la melassa del politicamente corretto

Figli o non figli?Sceglie la donna

di ROBERTO VOLPI

Si è praticamente conclusa in Italia una formidabile rivolu-zione al femminile che non siamo stati capaci di raccon-tare. E a volte, impaniati nella melassa di politicamentecorretto che ottunde il pensiero e i sentimenti, neppure

di vedere. Il fatto è che questa rivoluzione rovescia come unguanto un bel po’ di luoghi comuni duri a morire. Partiamo dal-le premesse.

Premessa numero uno: le donne di 25-34 anni che vivono an-cora nelle famiglie di origine rappresentano una proporzione de-cisamente inferiore a quella dei loro coetanei uomini: 34,8 percento contro il 49,6 per cento. In pratica quasi un uomo su duedi quella età è ancora in famiglia, contro poco più di una donnasu tre. Premessa numero due: oltre il 75 per cento delle donne diquella età che ancora vivono in famiglia dichiarano di volerseneandare nei prossimi tre anni, contro meno del 65 per cento deimaschi coetanei nella stessa situazione che dichiarano altrettanto.Premessa numero tre: la proporzione di quante hanno in animodi uscire dalla famiglia di origine per motivi di matrimonio o diconvivenza — e dunque per formare una coppia — supera la cor-rispondente proporzione maschile. Ma ora passiamo dalle pre-messe al dato che tutte quante sembra contraddirle, a meno, ap-punto, di non uscire dal politicamente corretto per fare un ragio-namento ben più fondato sui dati di fatto reali.

In quella stessa età di 25-34 anni, infatti, le donne che dichia-rano di non volere assolutamente figli sono ventisei su cento,mentre i coetanei maschi che dichiarano altrettanto non arrivanoa sedici su cento.

Restano meno nelle famiglie di origine, ne escono a ritmi piùintensi, per sposarsi o comunque convivere in proporzioni mag-giori dei loro coetanei, e però decisamente più di questi ultimi ledonne dichiarano di non volere figli? Proprio così. Né il discorsocambia ampliando l’età. Anzi, nella classe d’età di 35-44 anni ildivario diventa ancora più forte: dicono certamente no ai figli il51 per cento degli uomini, contro ben il 64 per cento delledonne.

La rivoluzione femminile sta precisamente in questo, piaccia ono: nella crescente proporzione di donne che dichiarano (e sem-pre più spesso decidono) di non volere figli. Assai più consisten-te di quella maschile e che si manifesta, è bene ripeterlo, in unquadro di intraprendenza e di desiderio di autonomia delle don-ne decisamente più dinamico di quello maschile. Ma che, eviden-temente, si indirizza, e fa da supporto, ad altri progetti, altreaspirazioni, altri obiettivi che non sono i figli ma, semmai, li sur-rogano, ne prendono il posto.

Convertire i maritiLa santa del mese raccontata da Sandra Isetta

Nell’alto medioevo la costru-zione delle civiltà europeepoggia anche su fondamentanascoste, la forza e l’intelli-genza di grandi donne cri-

stiane. È il caso delle origini del regnofrancese, legate alla vigorosa personalità diClotilde, figlia, moglie e madre di re, pec-catrice e poi santa.

Clotilde si inserisce in una lunga tradi-zione, inaugurata da Elena, madre di Co-stantino, che coniuga la vocazione religiosaa un destino politico, la Chiesa e la stirpe.Non è l’unica fra le donne medievali —sposate da re conquistatori per ampliare illoro dominio con legami di parentela — lacui vita è segnata da una serie di tragedie edi assassini regali, ma la cui missione è laconversione dei re consorti e pertanto diinteri popoli: in Inghilterra Berta sposa diEtelberto del Kent, in Spagna Teodosiamoglie del duca di Toledo. In Russia laprincipessa di Kiev, Olga, è la prima sovra-na battezzata e Edvige di Polonia inizia laconversione dei Paesi baltici.

Le notizie su Clotilde sono nell’HistoriaFra n c o r u m di Gregorio di Tours e nell’ano-nimo Liber historiæ Francorum. Nacque aLione nel 475, mentre l’impero romano inOccidente crollava (476) e la Gallia romanasi disgregava in diversi regni barbari. Erafiglia di Chilperico II re dei burgundi,gruppo germanico insediatosi lungo il Re-no e il Rodano, di religione ariana. La suafu un’infanzia di violenze, trascorsa in lottefratricide, tra gli zii e il padre al quale nel486 il fratello Gundobado troncò la testa.La madre fu gettata in acqua con un massolegato al collo. Clotilde non scordò maiqueste brutali violenze e sua missione saràproprio la pretesa di sostituire la giustiziadivina con la vendetta personale.

Orfana, con la sorella maggiore Cronafu esiliata a Ginevra, presso l’altro zio Go-degiselo. Qui le due sorelle si convertironoal cattolicesimo e si diedero alla preghierae all’assistenza. La fama delle sue doti mo-rali e della sua bellezza giunse alle corti re-gali. Così fu chiesta in sposa da Clodoveo,il giovane re dei franchi salito al trono aquindici anni che, discendente dal miticoMeroveo, diverrà il capostipite dei mero-vingi, popolo germanico stanziatosi a norddella Senna.

Con il matrimonio, lo scenario religiosodella famiglia non migliora. Se il padre eraariano, il marito era un pagano che tutta-via, anche se piuttosto rude, trattava i cri-stiani con umanità: era sedotto dalla soavi-tà con cui Clotilde parlava della sua reli-gione. Acconsentì al battesimo del primofiglio, che morì quasi subito, in veste bian-ca. Le rivendicazioni contro il “Dio di Clo-tilde” cedettero tuttavia all’ammirazione

per la fede con cui la regina affrontò laprova, ripetutasi con la nascita del secondofiglio, Clodomiro, salvato dalle preghiere.Clodoveo si convertì nel 496, a Tolbiaco,nei pressi di Colonia, nel corso della batta-glia contro gli alamanni. Istruito dalla regi-na, come Costantino al ponte Milvio im-plorò l’aiuto di Cristo, mutando la temutasconfitta in vittoria: «Io crederò in voi e mifarò battezzare nel nome vostro», promessache mantenne, insieme a tremila franchi,nella notte di Natale dello stesso anno nel-la cattedrale di Reims, ricevendo da sanRemigio anche il “tocco reale”, il poteretaumaturgico contro le scrofole. Nel 511Clodoveo morì, salutato come sovrano do-nato da Dio alla Gallia cattolica, futuraFrancia “primogenita della Chiesa”.

Le prove più dure dovevano ancora arri-vare: Clotilde chiese ai suoi figli di vendi-care l’assassinio dei nonni e Dio, per puri-ficarla, la punì con dolori. La figlia morìper i maltrattamenti del marito, Clodomiro,il figlio, fu ucciso. Ella prese in cura i lorobambini, cadendo in una colpa più grave:dal momento che gli zii volevano eliminaregli eredi del fratello, misero Clotilde difronte alla scelta di ucciderli o di tagliareloro i capelli (i lunghi boccoli erano privi-legio e quindi segno della condizione rega-le, tagliandoli l’avrebbero persa).

Clotilde preferì «vederli morti piuttostoche privati del regno»: la patria terrenaaveva oscurato quella celeste, nell’animodella regina. Per espiare questa colpa si riti-rò dal mondo, a Tours, e visse in un’umiltàtale da dimenticare di essere stata regina.Come molti santi annunciò la sua morte,che sopravvenne il 3 giugno del 545. Fuproclamata santa per acclamazione e poicanonizzata da Papa Pelagio.

Il suo culto si diffuse in Normandia, aAndelys-sur-Seine, dove l’acqua di una fon-te, mista a vino, è fatta bere agli ammalati,in ricordo di un miracolo di Clotilde cheavrebbe ristorato gli operai che costruivanoil monastero con quell’acqua che prese sa-

pore di vino. Le donne si rivolgono a leiper la conversione dei mariti ed è invocatacontro la morte improvvisa, le febbri e imali alle gambe (per l’analogia tra la radicedel suo nome e il verbo claudiquer). Le sideve anche la sostituzione dei tre rospi con

tre gigli nello scudo della monarchia fran-cese, che un misterioso eremita le donònella foresta di Saint-Germain-en-Laye. InArgentina è protettrice degli orfani e patro-na del villaggio di Beruti, nella provinciadi Buenos Aires.

Sandra Isettainsegna letteraturacristiana anticaall’università diGenova. Ha scrittodiversi saggi, tracui Il mito delleorigini, in La grandemeretrice. Undecalogo di luoghicomuni sulla storiadella Chiesa (2013).Ha curato, fral’altro, L’eleganzadelle donne (2010) eIl velo delle vergini(2012) diTertulliano, e ivolumi L e t t e ra t u racristiana e letteraturee u ro p e e (2007), Ilvolto e gli sguardi.Bibbia, letteratura,cinema (2010) eApocalisse. Il sensodella fine (2012).

Statua di santa Clotilde(Notre-Dame de Corbeil,

secolo XII)

Clotilde si inseriscein una lunga tradizione che coniuga— da Elena, madre di Costantino —vocazione religiosa e destino politico

Nonostante sembri a tutti il contrarioi moti profondi che segnano l’evoluzionedella nostra società e di società come la nostranon sono cose da uomini

Sono insomma le donne, più dei maschi, a decidere in meritoai progetti riproduttivi: se, quando, quanti. Anche nel volere i fi-gli è la volontà della donna a ergersi su quella dell’uomo.

Basti pensare alla riproduzione medicalmente assistita (pma).Sulle circa settantamila coppie che sono ricorse in Italia alla pmanel 2010 le donne con quaranta e più anni sono state ben venti-duemila, pari al 32 per cento. Una proporzione notevolissima sesi considera che il numero dei nati in quello stesso anno da don-ne di quaranta e più anni sono stati — per ovvi motivi di fertilitàdecrescente — poco più del sei per cento di tutti i nati.

La tenacia con cui le quarantenni si mettono nell’impresa dicercare di ottenere un figlio con la pma, magari dopo essere arri-vate tardi alla decisione di fare un figlio e, di conseguenza, allascoperta dell’infertilità di coppia, sembra quasi voler riparare allascarsa voglia di figli delle età precedenti. Ma è pur sempre frut-to, anche quella tenacia, della volontà delle donne.

La questione figli, d’altro canto, condiziona profondamentetutto il resto: le famiglie, la loro dimensione, struttura, organizza-zione; i modelli educativi interni, e in parte pure quelli esterni,alla famiglia; il rapporto genitori-figli e quello famiglia-società.Su tutto quest’insieme di questioni pesa in modo decisivo la scel-ta figli/non figli e quella del numero dei figli. Oggi questo insie-me di questioni è saldamente nelle mani delle donne.

Come a dire che sono i moti profondi che segnano l’evoluzio-ne della nostra società e di società come la nostra a essere, anchese può non sembrare così, anche se può sembrare il contrario —giacché il politicamente corretto non vuole saperne di una taleconclusione — cose di donne più che di uomini. Una rivoluzioneal femminile, appunto. Passata sotto silenzio. In Italia.

Giulio Aristide Sartorio, «La famiglia» (1929)