In copertina: pianto di una bambina seduta su una panchina filesoressa Edda Samory, al presidente...

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In copertina: pianto di una bambina seduta su una panchinafoto di Marcelle Vallet, 1952.

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Bonfirraro Editore

MAMMA

GAETANO AMORUSO

TI PREGO PORTAMI VIA!

Viaggio nell’Italia dei figli di nessuno

prefazione di Antonio Guidie nota introduttiva di Mauro Mellini

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© 2012 by Bonfirraro EditoreViale Ritrovato, 5 - 94012 Barrafranca - EnnaTel. 0934.464646 - 0934.400091 telefax 0934.1936565E-mail: [email protected] www.bonfirraroeditore.itwww.bonfirraroeditore.blogspot.com

ISBN 978-88-6272-047-2

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“Cosa sarà che ti porta a cercare il giusto

dove giustizia non c’è...”(Lucio Dalla)

Dedico questo libro al piccolo villaggio di Pergusa, in provincia di Enna,

che così tanto amorevolmente ma altrettanto gelosamente conserva i ricordi più belli di una solitudine

cercata per alleviare il dolore di un mondo assurdo e malvagio.

Ringraziamenti

L’elaborazione di una materia così delicata ma oscura comequella relativa alle problematiche dei bambini sottratti dallagiustizia alle famiglie di origine, si è compiuta anche attraver-so il confronto e la collaborazione con alcune persone. Espri-mo dunque la mia riconoscenza all’amico ed ex collega di stu-di universitari Antonello La Piana per la pazienza, i consigli eper la sua irreprensibile collaborazione nella redazione di que-st’inchiesta; al dottore Mario Andrea Salluzzo psicoterapeutadel Dipartimento di Salute Mentale di Roma, al dottore AndreaMazzeo dirigente medico presso il Centro di Salute Mentale diLecce, all’avvocato Giuseppe Lipera del foro di Catania, algiornalista e conduttore David Gramiccioli di Radio Ies, al pre-sidente dell’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali, profes-soressa Edda Samory, al presidente nazionale dell’associazio-ne Arciragazzi Lino D’Andrea, a Roberta Lerici presidente del-l’associazione “Bambini Coraggiosi” per la mole di suggeri-menti e dati ricevuti, all’editore Salvo Bonfirraro per aver cu-rato il progetto con il tocco giusto, a coloro che hanno portatoaltre prospettive aiutandomi a sprovincializzarlo: Mimmo Rig-gio, Luigi Ricerca.

Un ringraziamento particolare agli onorevoli Antonio Guidie Mauro Mellini che, con le rispettive presentazioni, hanno vo-luto così gratificare e nel contempo condividere diversi mesidi lavoro, con la speranza e l’obiettivo di poter, ancora una vol-ta, essere utili a qualcuno.

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I casi evidenziati nel libro sono stati riportati per intero, citan-do anche i nomi delle persone coinvolte, nel rispetto dell’ope-ra dell’autore, per dare un quadro più completo della problema-tica trattata.

La scelta è stata dettata dal fatto che gran parte di questi casisono ancora oggetto di cronaca sui mezzi di comunicazione dimassa in maniera diffusa e reiterata, perché non ancora risolti.

L’editore

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Prefazione

Ogni anno in Italia scompaiono oltre mille bambini, moltiportati via da un genitore straniero in terra straniera, altri al-l’interno del nostro Paese. Qualcuno viene utilizzato per sco-pi criminali dalla delinquenza organizzata e non, qualcuno vie-ne rapito e non si vedrà mai più. Accanto a questo quadro, nelquale troppi bambini sembrano vivere la dimensione dell’or-rore e della indeterminatezza, abbiamo un numero enormemen-te superiore di minori che non sono “rapiti” dalle varie formedi illegalità, da quella singola a quella collettiva, ma nel rispet-to (apparente) della prassi legale: vengono tolti alle famigliedai tribunali per minorenni del nostro Paese, attraverso il lorobraccio armato, le cosiddette assistenti sociali.

Questa operazione, che tende a recidere i legami tra genito-ri, famiglia e figli, nasce da un presupposto apparentemente in-confutabile: togliere il bambino dalle grinfie di genitori che unavolta venivano definiti snaturati od orchi, ovvero genitori to-talmente incapaci di esercitare un’attività affettiva pedagogicaed emozionale o addirittura abusanti dal punto di vista psico-logico o fisico. La realtà è ben diversa. Intanto pochissime vol-te i servizi sociali sono in grado o vogliono “scoprire” davve-ro i casi di estrema negligenza o abuso: quasi sempre è il bam-bino diventato adulto che denuncia con enormi sofferenze ciòche ha vissuto per colpa di questi genitori! Purtroppo, nellastragrande maggioranza dei casi, la famiglia viene etichettatain maniera sommaria e superficiale come incapace, con l’au-silio di una equipe ma soprattutto a seguito di relazioni degliassistenti sociali, e il figlio viene tolto.

Ma viene tolto quando? In caso di povertà, di una separazio-ne complicata, di disturbi psicosociali di uno o di entrambi i

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genitori, o addirittura per difficoltà lavorative o abitative. Inquesti casi, dove il sostegno alla famiglia, la ricerca di una abi-tazione o di un lavoro, situazioni nelle quali il lavoro degli ope-ratori sociali trova la sua giusta ed unica collocazione, sia dalpunto di vista psicologico che economico, si sceglie piuttostoun’altra via, la più facile e la più confutabile: invece del soste-gno, l’allontanamento.

Questa via non solo è la più semplice, poiché stressa assai po-co i servizi, ma può portare a situazioni “vantaggiose”. Unavolta si colmavano gli istituti, oggi le case famiglia. Con que-sto si dispensano finanziamenti, posti di lavoro, potere. È in-concepibile che chi decide preferisca spostare denaro dalla fa-miglia alle strutture quando invece, anche costituzionalmente,è la famiglia la prima ad essere degna di essere sostenuta. Perdirla breve: se ai genitori mancano i soldi per l’affitto per unperiodo determinato, magari a causa di una difficoltà economi-ca temporanea, non gli si dà una lira ma si consegnano ingen-ti quantitativi di denaro a una struttura che recide i legami adul-ti-minore.

Tutto ciò riflette un’ottica assai rozza, dove non importano isentimenti degli adulti né quelli del minore, ma solo il rispettodi una fredda prassi burocratica che poggia su scarsissima scien-tificità. E non si tratta solo di sofferenza psicologica: i traumideterminati dal distacco, inutile e crudele, producono danni al-la famiglia e soprattutto ferite difficilmente sanabili nella psi-che del bambino, che ha tutto il diritto, lo dicono la scienza ela coscienza, di vivere all’interno del proprio nucleo familiare,ricevendo stimoli dalla bigenitorialità e, dove ciò non fosse pos-sibile, dall’alternanza armonica delle due figure.

Da psichiatra infantile, oltre che da politico, contesto questapratica nella stragrande maggioranza dei casi. L’accorato titolo“Mamma, portami via” riassume un dramma di proporzioni gi-gantesche, assolutamente evitabile ma che non potrà esser tale

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fino a quando i miei colleghi non diranno “basta” a ciò che ac-cade e riproporranno un intervento costruttivo, serio e rispet-toso del bambino e degli adulti: dire “spezziamo i rapporti inmaniera dolce e rispettosa” è dire “utilizziamo tutte le nostrerisorse per aiutare questa famiglia in crisi”. Questo non vuoldire solo essere più solidali ma essere finalmente scientifici.

Antonio Guidi

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Introduzione

Quando ero deputato al Parlamento, mi pare alla mia ultimalegislatura, (1987-1992) presentai una interrogazione al Mini-stro della Giustizia, che ebbe la sua brava, solita risposta total-mente insignificante ed inutile, consistente in dati che avrei po-tuto procurarmi in Cancelleria del Tribunale dei Minorenni, inordine allo “stato e conclusione della pratica”.

La risposta solitamente data ad ogni interrogazione su fattidi “malagiustizia”, una delle tante forme in cui è andata stra-tificandosi l’impotenza delle altre Istituzioni di fronte al trava-licare e al tralignare della funzione giudiziaria.

I fatti, di cui disponevo informazioni e documentazione, era-no questi: dei ragazzini, giuocando nel cortile condominiale,avevano finito per mandare il pallone sul balcone di uno degliappartamenti che vi si affacciavano. Uno di loro, anziché an-dare a bussare alla porta dell’inquilino di esso, aveva pensatobene di arrampicarsi fino al balcone, per recuperare “per le viebrevi” la palla e continuare, così, la partita. Mal glie ne incol-se, perché l’inquilino in questione (di cui, probabilmente, il ra-gazzino conosceva l’indole, così da preferire la non facile sca-lata alla “negoziazione”), presa carta e penna, aveva sporto que-rela per il reato di “violazione di domicilio”, cioè di balcone.

La Procura presso il Tribunale dei Minori (di Bologna) ave-va disposto che il Servizio Sociale redigesse la relazione di rou-tine sull’ “indagato”. Il quale era risultato a posto con la scuo-la, i precedenti, etc. etc.

Ma era risultato che, orfano di madre, era figlio non già diun malavitoso, ma di un Maresciallo dei Carabinieri. L’Assi-stente Sociale, estensore del rapporto, ne aveva “dedotto” che

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l’educazione impartita al ragazzino doveva essere di carattereeccessivamente rigido e militaresco, con l’effetto di provoca-re, per reazione, episodi di trasgressivismo oltreché un fortedesiderio di evasione, “di fuga in alto e fuori dell’oppressivoambiente” etc. etc. manifestatosi nel caso con la salita dall’am-biente “oppressivo” del cortile di casa fino al “balcone-domi-cilio” violato con il delitto contestato…

La conclusione: il minore doveva essere sottratto alla patriapotestà del maresciallo-padre, causa delle sue scalate ai balco-ni altrui e ricoverato in un “idoneo” istituto.

Il Tribunale dei Minori, senza batter ciglio sulle facoltà, senon psichiche, “almeno psicologiche” dell’estensore di un si-mile demenziale documento, ne aveva in buona sostanza, con-diviso le ragioni, anche se, bontà sua, non integralmente, di-sponendo che il maresciallo-padre continuasse pure ad eserci-tare la patria potestà, ma sotto il controllo del Servizio Socia-le, cioè dell’estensore di quel capolavoro di idiozia e di altri“specialisti” di non provata diversa levatura.

Dire che se, invece, che un maresciallo dei Carabinieri, quelpadre di così sospette capacità educative, fosse stato un artigia-no, un impiegato del Catasto, un sagrestano, il Tribunale deiMinorenni non sarebbe stato così “indulgente” sulle misure daadottare, non è una illazione troppo ardita. Quella partita a pal-lone in cortile avrebbe potuto concludersi tragicamente.

Quell’episodio non era eccezionale (se non nel grottesco del-l’elaborata motivazione) ed isolato. Si erano in questo periodosusseguiti casi di interventi improvvisi, tragici, assurdi, di bam-bini sottratti alle famiglie, in buona sostanza, “per motivi, piùche altro, da accertare”. Tanto che in altre mie interrogazioniparlamentari coniai il termine “Kidnapping-giudiziario”. Cosache alla solita inconcludenza delle risposte del Ministro (cioèdei magistrati che costituiscono l’alta burocrazia del Ministero

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di Via Arenula) aggiunse talvolta espressioni di non celata in-sofferenza.

Qualche tempo dopo, l’Assessorato all’Assistenza del Comu-ne di Milano (che aveva in organico circa cento assistenti so-ciali, chiamati per lo più a svolgere le loro funzioni per proce-dure giudiziarie, specie nel campo minorile) dovette prenderedei provvedimenti drastici nei confronti di tale personale, pra-ticamente “rimandando a scuola” quei redattori di “relazioni”,dalle quali tanto spesso erano derivate conseguenze così gravie drammatiche per fanciulli, genitori, famiglie.

Non so ora chi fosse l’Assessore in questione, cui sarebbedovuto andare plauso e riconoscenza per un provvedimentoche, probabilmente, gli sarà costato invece ostilità e rancori daparte del personale, dei sindacati etc. etc.

Certo è che, di contro, non vi è traccia di reazioni da partedella Magistratura agli spropositi di questi suoi “esperti colla-boratori”.

I Magistrati sono spesso assai severi nelle valutazioni dellequalità professionali di Ministri, Funzionari, Ufficiali dei Ca-rabinieri, Sindaci etc. Non sembra che lo siano altrettanto concerti loro “collaboratori”, se si accontentano facilmente di “quelche passa il convento”. Così, pure, mentre sono assai gelosidelle prerogative della loro funzione e diffidenti verso ogni pos-sibile “sconfinamento” nel campo del potere giudiziario, pron-ti ad insorgere contro ogni vera o pretesa forma di “interferen-za esterna”, sembra siano invece assai indulgenti quando peri-ti e consulenti si mettono a fare i giuristi e pronunziano giudi-zi che solo i Magistrati dovrebbero aver l’onere di formulare.

Malgrado tutto ciò, ed, anzi, in conseguenza di ciò, il vasto edelicatissimo campo della Giustizia minorile o in materia fami-gliare vede accrescersi l’incidenza dei “tecnici”, del ServizioSociale, di Consulenti dotati di assai labili e vaghe funzioni e

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competenze approssimativamente psicologiche.Un mio Collega, qualche tempo fa, aveva cominciato a rac-

cogliere materiale per una antologia di passi di perizie, consu-lenze, relazioni di questi “esperti”.

Se quel lavoro fosse stato portato avanti, ne sarebbe venutofuori un libro assai divertente, sul tipo del famoso “Io speria-mo che me la cavo” sui componimenti dei ragazzini delle scuo-le elementari di Arzano. Senza, ovviamente, la freschezza e laprorompente ingenuità di certe enormità infantili.

Basti dire che esiste un lessico pseudoscientifico elaboratoda questi “esperti” che sembra piuttosto tratto da repertorio diqualche comico. Non è mai avvenuto, che io sappia, che qual-che magistrato abbia decretato che qualcuna di queste relazio-ni sia da buttar via e che, magari, sia il caso di procedere adopportuni accertamenti sulle cause di una così grave situazio-ne. Per lo più “condividono” tutto: comprese le più manifesteassurdità.

Tutto ciò potrà apparire esagerazione, manifestazione di in-giustificato pessimismo o, peggio ancora, malevolenza, deter-minata da chissà quale oscuro disegno. Purtroppo non è così equalche segnale di miglioramento sul livello di queste attivitàda cui possano dipendere tragiche conseguenze nella vita pro-prio dei più deboli, è ben poca cosa di fronte, soprattutto, al-l’estendersi del ricorso da parte dei Giudici a questi operatoriper la soluzione anche di controversie di vario tipo. Se l’ap-prossimazione pseudoscientifica del personale del Servizio So-ciale non comporta guai maggiori ciò è dovuto, oltre che a qual-che lodevole eccezione, ad un po’ di naturale buonsenso cheriemerge, malgrado i condizionamenti di una falsa ed assurda“preparazione professionale”.

Siamo quindi in presenza non già di un “inconveniente”, diuna sia pur intollerabilmente frequente carenza del meccanismo

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giudiziario, ma di uno degli aspetti più dolorosi della comples-siva crisi della giustizia, sopraffatta dall’enorme dilatazione deisuoi compiti e del lavoro che su essa incombe e che semprepiù va strutturandosi in funzione non già dell’optinuum dei suoirisultati, ma delle esigenze dello “smaltimento” di un arretra-to inverosimile. Il che, peraltro, non impedisce che un po’ tut-ti, all’interno ed all’esterno della macchina giudiziaria, vada-no alla ricerca di casi limite da affrontare o, piuttosto, da co-struire. Ché un caso eclatante si può costruire anche sul nulla.

Dar voce alle vittime di quest’altro aspetto di una giustiziadeviata ed inconcludente è opera santa. Perché certi errori edorrori della giustizia penale sono, almeno noti anche al pubbli-co meno provveduto e generalizzata è la coscienza dell’inso-stenibilità di certi aspetti del sistema (anche se non ne conse-gue un coerente impegno civile per venirne a capo). Le vitti-me della malagiustizia minorile, invece, la cui sorte dovrebbedi più allarmare e commuovere l’intera comunità, sono pres-soché dimenticate.

I relativi casi non sembra costituiscano un vero “caso nazio-nale” e poco assai se ne tiene conto anche quando si parla del“problema giustizia” nel suo complesso.

Meritorio è dunque per più ragioni questo lavoro di GaetanoAmoruso, dal quale tutti abbiamo qualcosa da apprendere e so-prattutto, a tutti esso ha da indicare qualcosa da non dimenti-care.

Mauro Mellini

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Mamma, oggi ti devo dire una cosa importante.Dimmi, amore mio.Devi venire a prendermi, perché qualcuno mi sta facendo

piangere, per favore...Amore, sappi che io ti credo, sto combattendo per te.Devi venire subito!Amore io vorrei, mai il giudice me lo impedisce. Ti posso

venire a trovare dopodomani, tesoro.Non è vero!Amore io ti credo, l’importante è che tu lo sappia. Io ti cre-

do…Voglio tornare a casa! (grida e piange)Hai ragione, lo so che vuoi tornare. Mamma sta lottando, cre-

dimi, tutti stiamo lottando. Mamma non ti abbandonerà mai,mai, mai.

No, perché qui mi fanno tutti male… (grida sempre di più)Amore (la voce della signora si incrina)…Sì…Ti fanno tutti male?Sì, tutti!!!Amore, sono qui (sta per scoppiare a piangere anche lei).

Amore ascoltami, la mamma ti crede.Voglio andarmene via!Lo so, io vorrei venirti a prendere, ma…Mi fanno tutti male, tutti!Amore, ho capito questo, e mamma sta facendo in modo che

nessuno ti faccia più male…Voglio scendere da questa casa, scendere!Lo so lo che te ne vuoi uscire, mamma sta lottando.invece... (frasi incomprensibili in un pianto dirotto) devi sa-

pere... tu... ha detto... quello è cattivo con me...Amore, con calma, parla piano. Così non ti capisco, gioia.

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Quando tu vieni voglio che ci prepariamo la borsa e me nevado a casa!

Vuoi che prepariamo la borsa e andiamo a casa?Sì. Capito!!!! (l’urlo è quasi strozzato)Ho capito, credi alla mamma.Voglio andarmene via, via da questa casa, in fretta, domani!Sì, amore la mamma sta facendo di tutto.No perché voglio andarmene ora... Tante sere... (frasi incom-

prensibili) l’inferno che ho passato... ho scritto... a casa... acasa!!!

Lo so che hai passato un inferno, lo so.Ho scritto... voglio andarmene a casa! A casa! (la bambina

ansima, non ha quasi più voce)Ascoltami, ti prego, calmati…A casa!!! A casa!!!Sei troppo agitata, calmati, calmati…

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Premessa

La storia di questo libro inizia proprio da un dialogo avve-nuto telefonicamente tra una mamma e la figlia di sette anni.Le parole non rendono giustizia alle apparenze. Il pianto stra-ziante, le grida ossessive della bimba e la pseudo calma dellamadre hanno un giorno interrotto bruscamente una semplice,quasi avvilente navigazione sulla rete. Stavo scaricando la po-sta quando leggo una e-mail del mio editore che mi invita acliccare su un link di Youtube. Mi sono svegliato dal mio tor-pore quotidiano e sono come impazzito da quella forza minu-ta che ho immaginato dietro quella cornetta di un telefono.

Nonostante il mio innato senso del controllo, gli occhi sonodiventati lucidi e non riuscivo più a ingoiare.

Ho pensato a mia figlia Egle Maria e al suo amore che, gior-no dopo giorno, manifesta in ogni occasione ai genitori comequasi a ringraziarli per quello stesso amore ricambiato a rateperché presi da mille impegni fittizi che non valgono nulla, aconfronto, con le parole di un essere innocente che si meravi-glia ancora per quello che scopre e conosce, desiderosa, quasibramosa, di imparare sempre di più.

I bambini di ogni parte del mondo sono così. Tutti. Toglia-mo a questi bimbi il senso della vita che viene rappresentato aquell’età dai genitori, uno, due o più che siano, e avremmo tol-to quel mondo così strano che, come un puzzle, stanno pianpiano mettendo a posto dando ad ogni singolo pezzo il giustosignificato.

Quale senso potranno dare ad un puzzle distrutto dalla giu-stizia terrena?

Anch’io, poco dopo, ho preso la cornetta del telefono e ho

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chiamato. Ho comunicato al mio editore che avrei dato corpoal libro che mi ha invitato a scrivere, dopo aver ascoltato la re-gistrazione della telefonata. E questo che vi apprestate a leg-gere è la mia maniera, l’unica in grado di far percepire all’ani-ma, per aiutare quella bambina e tutti quelli che come lei, ades-so, vivono lontano dagli affetti e dal loro puzzle che chissà seun giorno avranno la forza di ricominciare a costruire.

L’autore

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Mamma ti prego portami via!

14 dicembre 2011. Ore 12. Veniamo convocati dal giudice Cavallo presso il tribunale

dei minori di Roma. La bambina, nel frattempo, viene fatta ac-comodare in una stanza piena di giochi. Entriamo nella stan-za del magistrato che ci legge il provvedimento di allontana-mento basando tutto su una conflittualità che sussisterebbe trame e il padre della bambina.

In questo momento mia figlia è in una casa famiglia a Ro-ma, posso sentirla tre volte la settimana e vederla 90 minutiogni sette giorni.

Quello che avete letto è uno stralcio dell’intervista che il con-duttore di Mattino 5, Paolo Del Debbio, realizza il 15 marzo2012 a Federica Puma, 30 anni, separata dal compagno medi-co pediatra, dopo che i servizi sociali del comune capitolino,hanno deciso, per tutelare la salute mentale e fisica della mi-nore, di toglierla alla madre per inserirla presso una casa fami-glia della capitale. E ancora: La convivenza è stata molto pro-blematica. Subivo violenze fisiche e psicologiche da quest’uo-mo. Non l’ho mai denunciato perché speravo che con la nasci-ta della bambina le cose potessero in qualche maniera aggiu-starsi. In seguito, quando la bambina è nata, purtroppo mi so-no resa conto che la situazione non sarebbe migliorata. Siamostate cacciate fuori di casa e non avendo dove andare siamotornate a Milano a casa dei miei genitori. Da questo fatto èiniziata una vera e propria guerra, posta in essere dal padre,per togliermi la bambina.

C’è stato un decreto, precedente all’ultimo che poi ha decre-tato l’allontanamento della bambina, che istituiva le modalità

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di visita del padre. Lo stesso la vedeva due week-end al mese,un giorno a settimana e 15 giorni in estate…

…Onestamente non comprendo la motivazione di questo de-creto proprio perché il padre la vedeva regolarmente.

…Voleva darla in adozione. “Non la voglio io”, diceva il pa-dre, “ma voglio toglierla anche alla madre”. In qualità di me-dico affermava che essendo depressa post-partum potevo faredel male a mia figlia. Cosa del tutto smentita dalle due peri-zie psichiatriche alle quale io e il mio contesto parentale sia-mo state sottoposte che hanno stabilito l’assoluta sanità men-tale. Contrariamente, al padre, è stato attribuito un disturbodi personalità di stampo narcisistico dovuto ad un vuoto em-patico ed affettivo da curare in strutture cliniche idonee.

La storia di Federica Puma e della figlia di 7 anni non è lasola in questo nuovo mondo abitato dalle norme giuridiche piùsevere applicate con acribia leggendaria. Negli ultimi anni divicende come questa ce ne sono state anche troppe: fra i tantii casi di Ginevra Amerighi o quello, paradossale, di Clara Laz-zaro sono tuttora oggetto di attenzione da parte dei giornali,delle televisioni e dei social network al pari di quello di Fede-rica Puma. Poche conclusesi secondo una logica umana primache giuridica tanto da portare il senatore Franco Cardiello (PdL)a presentare, nel luglio del 2011, un disegno di legge di abo-lizione del tribunale dei minorenni e di riforma dei servizi so-ciali.

La proposta sarebbe la risposta ai frequenti casi di bambinisottratti alle proprie famiglie, cui la stampa ha dato finalmen-te un certo spazio, su richiesta di assistenti sociali, psicologi,ecc., per motivi poi dimostratisi palesemente infondati, con spa-ventose conseguenze psichiche su figli e genitori. Cardiello,infatti, ha raccolto svariati casi di violazioni dei diritti umani

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e costituzionali e sintetizzato l’esperienza diretta di genitori,associazioni e professionisti. Comunque, a dimostrazione cheil problema esiste, ed è grave, il Comune di Roma ha recente-mente approvato un ordine del giorno di riforma dei servizi so-ciali. Anche Imola ha approvato una riforma simile, mentre Ve-rona e parecchi altri comuni si stanno aggiungendo.

La riforma Cardiello, oltre a chiedere l’istituzione di sezionispecializzate per la famiglia e per i minori al posto del tribu-nale dei minorenni, prende di mira proprio i servizi sociali e iprofessionisti nel campo della salute mentale, psicologi e psi-chiatri. Il ddl stabilisce che la sezione specializzata sia com-posta esclusivamente da giudici togati, rimuovendo gli psichia-tri e gli psicologi dai tribunali. Nei confronti dei servizi socia-li le misure sarebbero ancora più rilevanti, dato che si prevedeche siano costituiti nuclei di Polizia giudiziaria presso le se-zioni specializzate istituite nell’ambito della Procura della Re-pubblica, togliendo di fatto qualsiasi funzione giuridica agliassistenti sociali, che tornerebbero dunque alla loro funzioneoriginale di assistenza sociale.

Paolo Roat, del Comitato dei cittadini per i diritti umani(Ccdu), associazione onlus che si batte contro le facili diagno-si di malattia psichica, l’abuso di psicofarmaci e l’invadenza dipsicologi e psichiatri nelle scuole e quindi nella vita delle fami-glie, con frequenti e immotivate sottrazioni di bambini, ritieneche il ddl sia “in linea con quanto sostenuto da anni dal nostrocomitato” e si augura che la “riforma venga approvata veloce-mente al fine di riformare il sistema e impedire qualsiasi erro-re in materie talmente delicate come i minori e la famiglia”.

Nel 2003 aveva già tentato l’allora Ministro della GiustiziaCastelli a fermare gli assistenti sociali ma la rigorosa opposi-zione della sinistra e delle camere minorili fece saltare tutto.Seguendo una prassi ormai consolidata ma antidemocratica ov-vero quella di avviare procedure del tutto inadeguate, spesso

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