Impresa e Territorio

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Trimestrale di informazione Anno 8 - Numero 2 Novembre 2013 GAETANO QUAGLIARIELLO Ministro delle Riforme RAZIONALIZZARE I COSTI DELLA POLITICA E MODIFICARE IL SISTEMA ISTITUZIONALE SIMONA VICARI Sottosegretario allo Sviluppo Economico “DESTINAZIONE ITALIA”: RIDURRE IL PESO DELLA BUROCRAZIA SOCIAL MEDIA E PMI SOCIALIZZARE L’IMPRESA, ISTRUZIONI PER L’USO SERGIO SILVESTRINI Segretario Generale CNA INVERTIRE IL PARADIGMA: DAL RIGORE ALLA CRESCITA IMPRES E RIO TERRITO & Stefano Fassina Lotta all’evasione fiscale per una riduzione delle imposte

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Trimestrale di informazioneAnno 8 - Numero 2Novembre 2013

GAETANOQUAGLIARIELLOMinistro delle RiformeRAZIONALIZZAREI COSTI DELLA POLITICAE MODIFICARE ILSISTEMA ISTITUZIONALE

SIMONA VICARISottosegretario alloSviluppo Economico“DESTINAZIONE ITALIA”:RIDURRE IL PESO DELLABUROCRAZIA

SOCIAL MEDIA E PMISOCIALIZZARE L’IMPRESA,ISTRUZIONI PER L’USO

SERGIO SILVESTRINISegretario Generale CNAINVERTIRE IL PARADIGMA:DAL RIGORE ALLACRESCITA

IMPRESERIOTERRITO&

Stefano FassinaLotta all’evasione fiscaleper una riduzione delleimposte

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3 Editoriale

4 Lo “stato di salute” delleinfrastrutture, quale indicatoredi competitività dell’economiaitaliana

6 Lotta all’evasione fiscaleper una riduzione delle imposte

8 “Destinazione Italia”:ridurre il peso della burocrazia

10 La nuova sfidadei distretti industriali

12 Razionalizzare i costi dellapolitica e modificare il sistemaistituzionale

14 Social Media e PMISocializzare l’impresa,istruzioni per l’uso

17 Le multinazionali del webdi fronte al fisco

18 Per uscire dalla crisi ènecessaria una cura shock

19 I primi segnali di ripresa e iproblemi per il rilancio delle PMI

20 Invertire il paradigma:dal rigore alla crescita

21 CNA NextL’Italia giovane che ha deciso direstare, investire, creare

22 Artigiancassa informaIndagine Congiunturale sulleImprese Femminili - II Trim. 2013

Offerta Prestitit Personali.Artigiancassa/Findomestic:due valori vincenti al serviziodei clienti.

Fondo di garanzia per le PMI:incontri formativi con gli operatoridel territorio.

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8La proposta diSimona VicariPrevedere una seriedi adempimenti a cuisi dovrá attenere chivuole aprireun'impresa, lasciandoallo Stato il compitodi controllare, in unafase successiva, setali prescrizioni sonostate rispettate.

La “webtax”, secondoFrancesco BocciaLa mia non è una battagliacontro qualcuno, controGoogle, Amazon o qualsiasialtra multinazionale cheopera online, ma unabattaglia a favore del webe delle nostre imprese,nel segno dell’equità fiscale.

Silvestrini, Segretariogenerale della CnaPurtroppo l’accesso alcredito continua aessere uno degliaspetti maggiormentecritici nell’attività dellepiccole imprese. Misembra urgente primadi tutto un interventodiretto a razionalizzarela filiera delle garanzie,valorizzando i consorzifidi per le loropeculiarità.

Efficienza delle Istituzioni e legge elettoraleDopo aver sfiorato la paralisi istituzionaledovrebbe essere ormai diffusa laconsapevolezza che senza una revisione delfunzionamento delle nostre istituzioni non visarà legge elettorale che tenga.

Combattere l’evasione per ridurre le impostePer abbassare la pressione fiscale è necessariotornare a crescere, e non di uno “zero virgola”.È necessario definire un patto chiaro con tutti icontribuenti: ogni euro recuperato dall’evasionefiscale deve essere destinato a riduzione diimposte.

IMPRESE TERRITORIO Novembre2013&

Legge di stabilità e PMIÈ necessario, per Ivan Malavasi, unintervento strutturale a favore dellepiccole e medie imprese; si devecreare uno spazio importante perloro all’interno della Legge diStabilità.

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Editoriale

In questi giorni seguiamo con vivo interesse le azioni del Governo in materia dilegge di Stabilità e le strategie proposte dagli organismi di rappresentanza dellePMI per rilanciare il tessuto imprenditoriale italiano. La manovra che mette incampo 10 -12 miliardi di risorse a favore del Paese sarà impostata su meno tasse,meno burocrazia e più lavoro.

Sono queste le priorità su cui si impegnerà il Governo nei prossimi mesi, che andran-no declinate attraverso un confronto costante con le parti sociali, mettendo al centro del-l’impegno politico il tema della crescita e dello sviluppo industriale per riattivare il cir-cuito del credito, rilanciare l'occupazione e ridare fiducia al Paese.

Fra i tanti dibattiti, la riduzione della pressione fiscale per le imprese risulta essere quel-lo più discusso. Ci auguriamo, infatti, che l’Esecutivo possa effettuare un’inversione di ten-denza a favore delle imprese al fine di non perdere il treno della auspicata ripresa.

Pur considerando gli aspetti positivi sul rifinanziamento per il fondo di garanzia, ènecessario non perdere di vista l’attuale situazione e partire da quelli che sono gli ele-menti di criticità che ancora contraddistinguono lo scenario imprenditoriale.

Permane, infatti, elevato il peso dei prestiti bancari destinati a garantire l’attività ordi-naria d’impresa a discapito degli investimenti (prestiti a breve termine vs m/l termine),confermandosi come una delle principali cause della vulnerabilità delle imprese diminore dimensione. I principali indicatori economici rilevati nel 2013 avvalorano cosìun orientamento negativo che viene manifestato dalle stesse imprese in termini di dete-rioramento dei ricavi e peggioramento dell’occupazione.

Il 73% delle nostre imprese denuncia, purtroppo, un sistema bancario ancora trop-po rigido nel concedere credito. Dal 14,7% al 12,0% diminuisce la percentuale delle PMIche si sono recate in banca per chiedere un fido o la rinegoziazione del fido esistentee ciò è vero ancora di più per le imprese artigiane. Queste condizioni segnano in manie-ra incisiva il semestre da aprile a settembre di quest’anno. L'effetto è una contrazionedello stock degli impieghi al minimo negli ultimi sei anni al quale si deve aggiungereun'incidenza degli oneri fiscali e contributivi sugli utili delle imprese, che in Italia è arri-vata al 68,3%.

In questa logica, non possiamo che riaffermare il nostro ruolo di banca che si è dota-ta di modelli organizzativi coerenti con la necessità di sostenere la vicinanza con le real-tà locali di riferimento. Salvaguardando la nostra vocazione di finanziare le attività pro-duttive dei mercati territoriali, abbiamo fornito una risposta concreta alla contrazioni del-l'offerta di credito.

Siamo, tra l’altro, pronti a recepire la nuova normativarispondendo con soluzioni innovative in termini di proces-so e di servizio sempre più performanti, potenziando, daun lato, gli interventi già in essere, e partecipando, dall'al-tro, alle gare previste per l'aggiudicazione di quei bandi,che sono emessi a favore degli artigiani e delle PMI.

Il nostro obiettivo è quello di cogliere le opportunità dimercato, rivolgendoci ad un bacino di utenza di oltre 4 mlndi imprese dei settori Artigianato, Commercio, Turismo eServizi. Forti dei nostri risultati interpretiamo semprepiù la funzione di banca di sviluppo per il Territorio,favorendo il sostegno e la crescita delle PMI.

di Vincenzo Masciopinto

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Lo “stato di salute”delle infrastrutture, qualeindicatore di competitivitàdell’economia italiana

di Paolo Quirino

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Se il cambiamento del clima congiunturaledovesse preludere ad una sollecita ripre-sa dell’economia italiana, l’interesse deglioperatori economici si dovrebbe verosi-milmente concentrare sul modo di ripri-stinare il livello di competitività delle

imprese che sono state duramente colpite dalla crisi.Né meno risoluto dovrebbe essere l’impegno delleistituzioni a stimolare il recupero di quella massa dioccupati (circa 870 mila del 2008 fino ad oggi) chea causa della depressione sono stati estromessi dalmercato del lavoro: una estromissione che, unita adaltre cause di depauperamento delle risorse disponi-bili, ha costretto le famiglie a ridurre sensibilmente iconsumi. E poiché alle più recenti difficoltà con-giunturali si sono sovrapposte le carenze di ordinestrutturale che si trascinano da lungo tempo, parti-colare attenzione dovrebbe porsi anche sul settoredelle infrastrutture: su quel complesso di opere chein assenza di adeguate manutenzioni ha risentitol’effetto del logorio fisico e della obsolescenza.La sovrapposizione tra problemi di carattere con-giunturale e strutturale non poteva, d’altra parte,non ripercuotersi sulle condizioni di stabilità delsistema. Significative sono state, al riguardo, le fles-sioni della spesa in conto capitale denunciatesoprattutto dalle autonomie locali e il conseguenteabbassamento del livello d’infrastrutturazione delterritorio, causa non ultima della perdita di compe-titività del sistema.La conclusione a cui si può realisticamente perveni-re è che, in un settore che produce servizi di utilitàgenerale destinati a soddisfare le esigenze di svilup-po economico e sociale, l’Italia rischia di presentar-si all’appuntamento della ripresa con una dotazionedi infrastrutture molto inferiore a quella dei paesieconomicamente più sviluppati dell’Europa. Leopere pubbliche, o a finanziamento pubblico, che siconfigurano come infrastrutture possono essere assi-

milate, infatti, ai fattori endogeni (capitale, lavoro eattività imprenditoriale) di cui si avvalgono le impre-se per lo sviluppo dell’attività produttiva e la collet-tività nel suo insieme. Ed è evidente che, sia che sitratti di infrastrutture a carattere prevalentementeeconomico (come autostrade, porti, oleodotti, centriintermodali, piattaforme logistiche, etc.) sia che pre-valga la loro finalità di sviluppo sociale (come strut-ture scolastiche, impianti sportivi, ospedali, fognatu-re, etc), ciò non altera la loro natura di “esternalità”positiva: di elementi che tendono, cioè, a rafforzareil livello di competitività dell’apparato produttivo ea migliorare la qualità della vita.Purtroppo, la penuria di mezzi finanziari verificatasinel corso del lungo periodo di stagnazione dell’eco-nomia italiana e della depressione innescatasi sulfinire del 2007 non hanno consentito il necessarioampliamento del patrimonio infrastrutturale e l’ac-quisizione di particolari strutture innovative. Non c’èda meravigliarsi, quindi, se la dotazione attualerisulti in parte obsoleta, le reti di trasporto presenti-no non poche smagliature e i tempi di realizzazionedelle opere non accennino a diminuire. Significativasembra essere al riguardo la vicenda della linea fer-roviaria ad alta velocità che dovrebbe collegareTorino a Lione. Dopo alcuni anni di concertazionetra i due governi (italiano e francese) e il coinvolgi-mento della Commissione europea, che dovrebbegarantire un cofinanziamento, si riteneva che i lavo-ri relativi alla tratta italiana dell’opera potesseroessere regolarmente avviati a compimento. Ma ladecisione di realizzare un’infrastruttura così com-plessa ha subito mobilitato numerose schiere diambientalisti e di gruppi antagonisti (i cosiddetti “NoTav”) che, al di là di ogni pur legittima aspirazione,hanno messo a soqquadro i cantieri della Val diSusa, impedendo per molto tempo il proseguimentodei lavori.

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La lista delle opere che a livello governativo eranostate considerate prioritarie, ma che per mancanza difondi sono state rinviate (o addirittura abrogate) èpiuttosto lunga, comprendendo fra l’altro: gli inter-venti per l’alta velocità, con particolare riguardo allalinea ferroviaria Torino-Lione e al completamento del-l’asse Brescia-Verona; il fantomatico collegamentoautostradale tra Salerno e Reggio Calabria; il cosiddet-to programma “Sei mila campanili”; il finanziamentodell’Expo di Milano; la realizzazione del Mose desti-nato a proteggere Venezia dalle inondazioni marine,e così via.Ma ciò che più risalta dall’analisi dei dati elaborati alivello provinciale dall’Unioncamere è la forte variabi-lità delle dotazioni esistenti nelle singole province e,più in particolare, il sensibile divario tra le due gran-di ripartizioni territoriali: Centro-Nord e Mezzogiorno.Se si assumono infatti come base del confronto i valo-ri medi dell’Italia, dalla tabella si rileva che il com-plesso delle regioni meridionali presenta uno scartonegativo pari a circa il 21 per cento. Ed è soltanto peri porti (il cui scarto è uguale a –4,1%), le sedi scola-stiche e universitarie(-3,0%) e, a sorpresa, il grado dicopertura dei servizi della banda larga (-4,2%), che ilMezzogiorno raggiunge un livello di dotazione quasiuguale alla media nazionale; mentre se ne distacca inmisura ragguardevole con riguardo alle strutture cul-turali e opere d’arte (-38,6%), alle strutture finanziariee produttive (-35,0%) e a quelle aeroportuali (-37,5%).Uno sguardo ai dati del resto dell’Italia consente dirilevare, inoltre, che è l’area centrale quella che detie-ne il primato in termini di disponibilità di infrastruttu-re. Con un indice generale che è pari a circa il 20% inpiù rispetto alla media nazionale, essa raggiunge, fral’altro, un livello superiore di oltre il 50% nei confron-ti dell’area meridionale. Ma se si passa all’analisiregionale dei dati, appare evidente come la suprema-

zia dell’Italia centrale sia ascrivibile quasi esclusiva-mente al Lazio (+ 50,5% sulla media nazionale alnetto dei porti), per effetto soprattutto di Roma, e inlieve misura alla Toscana (+ 6,0%) mentre le Marchee l’Umbria, con scarti rispettivamente pari a –12,2% e–20,0%, scendono al di sotto della media.In definitiva, dalla rilevazione dell’Unioncamere risul-terebbe confermata la regola secondo cui sono leregioni più sviluppate del Centro-Nord a disporre diun maggior volume di infrastrutture, con punte parti-colarmente elevate nella Capitale, sede di numeroseopere d’arte e di organizzazioni economiche e socio-culturali. E ciò al contrario delle regioni meno svilup-pate del Sud-Isole, dove lo stock di infrastrutture dicui dispongono non riesce a soddisfare i bisogni cre-scenti della collettività e non consente neppure diattrarre quegli investimenti esterni che sarebberonecessari anche a complemento delle iniziative localigiudicate insufficienti.E tuttavia necessario rilevare che i programmi gover-nativi di realizzazione delle infrastrutture hanno quasisempre cercato di venire incontro alle esigenzedell’Italia meridionale, anche quando le difficoltà iviincontrate sono risultate molto più marcate di quelleriscontrabili nel resto dell’Italia. Come non manca disottolineare infatti la Direzione Nazionale Antimafia,nonostante l’azione di contrasto esercitata dalle forzedell’ordine, le infiltrazioni della criminalità organizza-ta nel settore degli appalti continuano ad essere unadelle maggiori remore alla regolare attuazione delleopere pubbliche nel Sud. E non è tutto: altri motivi dipreoccupazione derivano dalle lunghe e tortuose pro-cedure burocratiche (di cui non sono comunqueimmuni neppure altre regioni), dalla bassa percentua-le di utilizzo dei fondi comunitari e dalla scarsa diffu-sione che hanno avuto nel Mezzogiorno le operazio-ni di project financing.

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Disponibilità delle principali infrastrutture per ripartizione territoriale nell'anno 2012(Numeri indici: media nazionale = 100)

SETTORI Nord Centro Sud e Isole ITALIANord-Ovest Nord-Est

Rete stradale 111,2 111,2 96,3 88,2 100,0

Rete ferroviaria 102,6 118,5 120,4 76,3 100,0

Porti e punti di ormeggio di imbarcazioni 49,1 135,5 131,2 95,9 100,0

Aeroporti commerciali 122,7 81,3 159,8 62,5 100,0

Reti energetico-ambientali 127,3 126,9 98,7 67,1 100,0

Servizi a banda largae e varie 112,8 90,2ì 100,7 96,8 100,0

Strutture finanziarie e produttive 135,3 110,1 110,4 65,0 100,0

Sedi scolastiche e universitarie 99,2 97,0 109,8 97,0 100,0

Strutture culturali e opere d'arte 97,8 98,2 170,5 61,4 100,0

Strutture sanitarie e ospedaliere 116,1 99,4 105,5 87,7 100,0

Totali settori 107,4 106,8 121,1 79,8 100,0

- di cui al netto dei porti 113,9 103,6 120,0 78,0 100,0

Fonte: Unioncamere (Camere di Commercio d'Italia)

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On. Fassina, nella squadradel Governo Letta lei è forseil più critico nei confrontidella politica economicadell'Unione Europea. Cosadovrebbe fare l'Italia persottrarsi alla cura impostada Bruxelles che rischia diuccidere il malato?Non si tratta di “sottrarsi” aqualcuno o a qualcosa; né sitratta di un problema esclusi-vo dell’Italia, che siamocostretti ad affrontare in solitu-dine cercando la nostra scap-patoia. Si tratta di affrontarestrutturalmente i molti proble-mi di un’Europa che non fun-ziona, per via di vizi che sonoinsiti nel suo attuale assettoistituzionale, nei processi deci-sionali e nell’orientamentopolitico prevalente. Il risultatofinale è la sopravvivenza diuna politica economica mer-cantilista che si è dimostrata e continua a dimostrarsidel tutto fallimentare. E l’accanimento ideologico èevidente: siamo arrivati ad accogliere con giubiloqualche timidissimo segno “+” dopo cadute di Pil di10, 15 e finanche 25 punti percentuali (rispetto ai livel-li pre-crisi), in paesi in cui la disoccupazione supera il27% ed è previsto che rimanga su valori simili per varianni a venire! Si tratta, quindi, di iniziare un percorsoin cui un grande paese come l’Italia può avere unruolo centrale, ma che non può sostenere da solo:

riformare profondamente leistituzioni europee e rimet-tere mano ai trattati, darepiù peso al Parlamentoeuropeo e meno alle tecno-crazie autoreferenziali chenon sentono la necessità difare i conti con le tragedieche milioni di persone stan-no vivendo in questi anni.Questo significa dare piùvoce al popolo europeo elasciare che finalmente siformi un sentimento politi-co di respiro continentale,l’unico collante che possatenere in vita l’Eurozona el’Unione Europea.

On. Fassina, stiamo assi-stendo ad una drammati-ca morìa di imprese, spe-cialmente le artigiane,costrette spesso a chiude-re perchè non sono più

in grado di sopportare la pressione fiscale. Cosasi può fare in concreto per salvare tante piccole emedie imprese dal naufragio?In questo paese il prelievo fiscale complessivo ha rag-giunto certamente livelli insostenibili, specialmente sualcune categorie di contribuenti. Il problema si è dra-sticamente acuito negli ultimi anni, grazie alle politi-che di austerità e ai vincoli che ci sono stati imposti,che ci hanno fatto avvitare in una spirale recessiva incui tagli di spesa e aumenti delle imposte hanno por-

Lotta all’evasione fiscaleper una riduzione delle imposte

di Giovanni Miele

Categorie e forze politiche sono ormai sempre più consapevoli che il fulcrodella politica economica si trova a Bruxelles dove in sostanza si stabilisconoi parametri ai quali i governi nazionali devono attenersi nel guidare l'econo-

mia dei singoli stati. Ma proprio la rigidità di questi parametri sta producendo unclima di insoddisfazione e di insofferenza sempre più diffuso nel mondo della produ-zione e dell'artigianato. Chi si è fatto carico più volte del malessere e del disagiodella piccola impresa e del lavoro autonomo è stato in particolare il viceministroall'economia Stefano Fassina.

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tato ad un netto incremento dello stock di debito: erapoco più del 103% del Pil nel 2007, siamo quasi al128% oggi. In poche parole, ogni nuovo aumento ditasse ne rende necessari altri nell’immediato futuro. Elo stesso vale per i tagli di spesa, checché ne dicanoAlesina e Giavazzi. È chiaro che, in un quadro delgenere, non esistono soluzioni facili: un governo sot-toposto agli attuali vincoli europei non ha spazi signi-ficativi per ridurre la pressione fiscale. Gli enormi sfor-zi che stiamo facendo in questo senso daranno luogoa interventi di qualche rilevanza, ma di certo non“risolutivi”. Personalmente, credo sarebbe molto utileriproporre su vasta scala un regime sostitutivo per icosiddetti “contribuenti minimi”, simile a quello intro-dotto dal secondo governo Prodi e smantellato daTremonti. Ma per abbassare la pressione fiscale inmodo sensibile è necessario tornare a crescere, e nondi uno “zero virgola”. È necessario definire un pattochiaro con tutti i contribuenti: ogni euro recuperatodall’evasione fiscale deve essere destinato a riduzionedi imposte. Infine, è importante tornare ad una cre-scita che assorba disoccupazione: i tagli di spesavanno fatti nelle fasi positive del ciclo. Oggi, è decisi-vo sostenere gli investimenti pubblici e privati. È inne-gabile che, ad oggi, molte piccole imprese non riesca-no a far fronte ai loro impegni con l’erario; riconosce-re quest’evidenza – come ho fatto di recente, suscitan-do molte reazioni diverse – non deve assolutamenteapparire come una giustificazione all’evasione fiscale,ma come un ulteriore segnale dell’insostenibilità dellescelte di policy fatte finora.

Un altro punto dolente per le piccole e medieimprese è quello del costo del lavoro che è lacausa principale della disoccupazione giovanile efinisce col rendere le nostre aziende artigianescarsamente competitive sui mercati internazio-nali. Ritiene che gli interventi previsti dalGoverno possano rappresentare un rimedio effi-cace per avviare la ripresa produttiva ed occupa-zionale?Quello del costo del lavoro è un argomento moltodelicato, che solo per certi versi si sovrappone al pro-blema della pressione fiscale. Anche in questo caso,infatti, è certamente vero che in Italia il cuneo fiscaleè molto alto e pesa in misura consistente sulle impre-se. Ma bisogna prestare attenzione ad altri dati percapire quanto a ciò siano effettivamente imputabili ledifficoltà che viviamo. Le cito alcuni dati Eurostatmolto importanti ma spesso trascurati nel dibattito: nel2010 in Italia il costo medio di un lavoratore dipen-dente (comprensivo di retribuzione, imposte e contri-buti) nella manifattura era pari a 38.100 euro l’anno;in Germania a 47.800, in Francia a 48.800, in Irlandaa 49.400. La quota dei costi del personale sul valoredella produzione era pari al 15,5% in Italia e a circa il20,5% in Germania e in Francia. Questi dati dipendo-no da diversi fattori: ad esempio, dal costo della vitae dai livelli di salario, ma anche dalle specificità tec-nologiche dei settori che compongono l’industria.

Però mi fanno pensare che probabilmente il nostroprincipale problema non è il costo del lavoro. Altripaesi con un modello di welfare simile al nostrohanno livelli di cuneo fiscale addirittura più alti:secondo l’Ocse, posto uguale a 100 il salario lordo dellavoratore, il costo del lavoro per l’impresa in Franciaera pari a 144 nel 2012, rispetto al 132 dell’Italia. Moltipaesi sviluppati si attestano su livelli molto simili ainostri, mentre altri hanno un costo del lavoro globalesensibilmente più basso (poco meno di 120 inGermania, ad esempio). Il punto fondamentale restala scelta del modello da adottare: personalmente, noncredo che le PMI in Italia possano sperare di essereinternazionalmente competitive in termini di costi.Non sarà un abbattimento del 3% del cuneo fiscale aridare slancio alle nostre imprese. E un’Europa in cuii paesi membri si contendono quote di mercatotagliando imposte e oneri sociali è un’Europa in cuinon sarebbe bello vivere: si tratterebbe di una gara alribasso la cui posta in gioco sono gli standard di vitae di sicurezza sociale che abbiamo acquisito in oltremezzo secolo di sviluppo.

Nel dibattito sulla legge di stabilità le principaliforze politche della maggioranza che sostiene ilGoverno, PD e PDL, hanno dato l'impressione diguardare di più all'interesse della propria baseelettorale che a quello del paese nel suo comples-so. Lei che cosa ne pensa?Anche questo discorso è particolarmente delicato. Lademocrazia rappresentativa si basa sui voti e i partitirappresentano, istituzionalmente, i promotori di inte-ressi di parte. Non ci si può stupire del fatto che i par-titi si pongano come obiettivo quello di tutelare l’inte-resse della propria base elettorale, perché si tratta delloro ruolo istituzionale di “corpi intermedi”. Nel casodei grandi partiti, poi, ciascuno si trova nella condizio-ne di dover tutelare istanze particolarmente comples-se, perché hanno una base elettorale trasversale, sep-pur generalmente distinta da alcune caratteristiche dibase. Il rischio di questa difficile fase congiunturale –e della logica emergenziale che la contraddistingue –è che l’approccio del “governo tecnico” faccia passa-re in secondo piano alcuni aspetti essenziali dellafisiologia democratica: non si può bollare come“populismo” qualsiasi istanza politica che vada controi dictat dei diversi livelli di tecnocrazia che oggi super-visionano (o gestiscono direttamente) i processi poli-tici. Per un motivo essenziale: non esiste una defini-zione tecnica di “bene del paese”; il bene del paese,in una democrazia in cui la sovranità appartiene alpopolo, è quello che la maggioranza dei cittadini – ditempo in tempo – definisce essere tale, nell’ambito deiprincipi stabiliti dalla nostra Costituzione.Da cittadino e da rappresentante pro-tempore delleistituzioni, prima che da politico, mi auguro che l’elet-torato di ciascun partito sia in grado di valutare ciòche è meglio per il paese, oltre che per sé stesso e chemantenga sempre l’opportunità di esprimere col votoil suo consenso verso determinate scelte.

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Sen. Vicari, Sono ormaiquasi tre anni che gli italia-ni sono chiamati a sostene-re pesanti sacrifici per usci-re dalla crisi ed imboccarefinalmente la strada dellaripresa. Dopo le politicherestrittive del governoMonti, il Governo Letta , dicui lei fa parte , sta seguen-do la cosiddetta politica deipiccoli passi per raggiunge-re il traguardo di unanuova fase di sviluppo, mail timore è che il prossimoanno , fra IMU e TRISE gliartigiani debbano pagareoltre un miliardo in più ditasse. Quali sono le sue pre-visioni?Il nostro Paese vive unmomento di grande difficoltá,frutto di una crisi economicadi carattere internazionale.Questo ha imposto provvedi-menti e misure capaci dirispondere in maniera efficacealle sollecitazioni dei mercati,anche perché soprattuttonella fase iniziale della crisil'Ue non ha saputo mettere incampo azioni decise e forti.Abbiamo dovuto attenderel'arrivo di Mario Draghi allaBce per disporre di misurealquanto vantaggiose, chehanno consentito, se non diinvertire la tendenza, di met-tere al riparo dalla speculazio-ne le economie nazionali e digarantire maggiori spazi dimanovra. Dopo aver operatoper garantire la stabilitá eco-nomica, il governo Letta énato con il chiaro intento diinvertire la tendenza: ciò chenon appare comunque piutto-sto agevole, anche perché,

come a me piace ripetere,l'Italia ha bisogno di unoshock per ripartire e il limitedel 3% del rapportodeficit/pil rappresenta unfreno enorme. La mia propo-sta è varare un'agenda diriforme concordate con l'Uee che preveda anche lo sfo-ramento temporaneo dellimite del 3 per cento.Questo davvero potrebbeconsentirci di guardare al2015 con una prospettiva dicrescita. Intanto nell'imme-diato siamo al lavoro pergarantire risorse e strumentiper il rilancio delle piccole emedie imprese. Giá neldecreto “del fare” con il rifi-nanziamento del Fondo diGaranzia e la semplificazio-ne di tutti quegli adempi-menti che riducevano, ed inalcuni casi impedivano l'ac-cesso a numerose imprese,abbiamo voluto risponderealla crisi di liquiditá. Il creditcrunch é senza dubbio ilproblema principale chedobbiamo affrontare sevogliamo far ripartire il siste-ma imprese in Italia. Ognimese si riduce il flusso dicrediti dalle banche alleimprese, e questo impediscealle aziende di fare investi-menti e di crescere. Il rifi-nanziamento del Fondovuole rispondere a questeesigenza di liquiditá. E ades-so con l'ulteriore riduzionedel tasso di interesse di rife-rimento da parte della Bceallo 0,25%, il mio auspicio éche le banche facciano ripar-tire i meccanismi del creditoalle imprese. Poi non possia-

“Destinazione Italia”:ridurre il peso della burocrazia

Sono 400mila le partite IVAscomparse negli ultimi anni e

di queste la maggior parte è rap-presentata da imprese artigiane elavoratori autonomi. In questasituazione e in attesa di vederefinalmente un po' di luce in fondoal tunnel della crisi, artigiani e pic-coli imprenditori continuano aguardare con fiducia al Ministerodello Sviluppo da dove si aspetta-no misure capaci di risollevarli dauna situazione diventata ormaiinsostenibile. A mostrare particola-re attenzione verso il mondo del-l'artigianato e del lavoro autonomoè stata di recente la SenatriceSimona Vicari, Sottosegretarioappunto allo Sviluppo Economico

di Giovanni Miele

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mo non ricordare le misure per garantire il pagamen-to dei debiti della Pubblica Amministrazione alleaziende. Parliamo di ingenti risorse sottratte alleimprese e che messe in circolo potrebbero portare albenificio di qualche punto di Pil. Inoltre abbiamoprevisto interventi per agevolare l'acquisto di nuovimacchinari, riportando in vita la legge Sabatini, al finedi stimolare gli investimenti ed il rinnovamento strut-turale delle imprese. Ed infine, stiamo lavorando perl'abolizione dell'Imu sui capannoni cosí da liberareulteriori risorse per le imprese. Questo per quantoriguarda le misure di carattere economico; poi stiamolavorando ad interventi volti a ridurre il peso dellaburocrazia sull'avvio di un'impresa, ma piú in gene-rale sulla vita delle aziende stesse. Le inseriremo anzi-tutto sia nel prossimo provvedimento "DestinazioneItalia" e poi nella legge annuale sulle Pmi. Si tratta dimisure molto importanti. Basti pensare che la buro-crazia pesa per circa un terzo sulla vita delle impre-se, ostacolando in maniera decisa il loro sviluppo.

Un altro freno alla ripresa e allo sviluppo dell'ar-tigianato è rappresentato dalla incapacità delleRegioni, specialmente del Mezzogiorno, di utiliz-zare i fondi europei e anche quest'anno si rischiadi perdere importanti risorse per la nostra eco-nomia.É un problema storico, ma direi cronico del nostroPaese. In molti casi non sono i fondi a mancare mapiuttosto le idee su come utilizzarli. A questo dobbia-mo anche aggiungere i problemi legati alla burocra-zia, che come ho spiegato prima rappresentano unmacigno per moltissime aziende. Su questo frontedovremmo lavorare alacremente, perché se l'Italiavuole essere al passo con gli altri paesi europei deveintegrarsi anche su questo punto. In Europa bastanosolo pochi giorni per avere l'autorizzazione ad avvia-re un'azienda, mentre in Italia dobbiamo attenderemesi. Senza contare, inoltre, i costi da sostenere. Lamia proposta é quella di passare ad un sistema dicontrolli ex post, e cioé di prevedere una serie diadempimenti a cui si dovrá attenere chi vuole aprireun'impresa, lasciando allo Stato il compito di control-lare, in una fase successiva, se tali prescrizioni sonostate rispettate. Meno tempo perso e meno spese: équesta la strada da seguire.

Come donna impegnata in prima persona nellasquadra di governo, pensa che in questo partico-lare momento della vita del Paese siano necessa-rie misure specifiche per sostenere l'imprendi-toria femminile?Oggi l'imprenditoria femminile rappresenta la partepiú dinamica della nostra economia. Lo dicono inumeri che evidenziano come siano le donne piúdegli uomini a decidere di impiantare un'attivitáimprenditoriale. Sono oltre 1,4 milioni le impresefemminili e rispetto al 2012 c'é stato un incrementodello 0,5%, con una maggiore concentrazione nelMeridione. A fronte di questo, peró, le donne sconta-

no ancora un sistema legislativo che non le favorisce,anche se devo ammettere che il vento sta cambiando.Proprio il governo Monti aveva sottoscritto un accor-do per l'istituzione di una sezione speciale dedicataall'imprenditoria femminile all'interno del Fondo spe-ciale di Garanzia. A questo accordo è seguita la costi-tuzione di un tavolo tecnico presso il Ministero delloSviluppo Economico che dovrá favorire le forme dicredito da destinare alle imprese femminili. Nelleprossime settimane convocheró il tavolo e lì sará lasede per valutare ulteriori interventi di sostegno alleimprese femminili.

Per concludere, Sen. Vicari, se dovesse consiglia-re ad un giovane di impegnarsi in un'attivitàautonoma, verso quali settori lo indirizzerebbe econ quali raccomandazioni , tenendo conto delledifficoltà che dovrebbe affrontare entrando incontatto con banche, pubblica amministrazionee fisco?Il campo dell'energia é quello che mi affascina mag-giormente e che ritengo sia quello con maggiori pro-spettive di sviluppo. Consideriamo che entro il 2020dovremo uniformarci a quanto stabilito dal Trattato diKyoto, e quindi il tema delle energie rinnovabili edelle nuove tecnologie in campo energetico divente-rà sempre piú centrale. Lo dimostra anche il rinnovoper il 2014 dell'ecobonus, che non solo sará una boc-cata di ossigeno per il settore energetico, ma serviráda stimolo per il comparto delle costruzioni. A que-sto si aggiunge il fatto che in Italia sono stati compiu-ti grandi passi in avanti in questo settore ed esistonoancora grosse possibilitá di crescita. Tutto questoanche se in alcuni casi la gestione dei fondi é statapoco razionale. E a tal proposito credo che la stagio-ne dell'assalto agli incentivi, dei sussidi di qualunquenatura o delle esenzioni varie per l'industria, la P.A. ele PMI si sia chiusa. Ora dobbiamo lavorare affinchèse ne apra un'altra, che veda la possibilità di accede-re a forme di calmierazione del costo dell'energiasulla bolletta in proporzione al livello di efficienzaenergetica conseguito. Lungo questa strada, senzaalcun dubbio, l'energia sará protagonista del futuro.

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Rafforzamento della capacità competitivae assenza di nuovi percorsi di svilupposono, paradossalmente, le due chiavi dilettura attraverso cui leggere e interpre-tare la fase evolutiva che caratterizzaoggi gran parte dei distretti produttivi ita-

liani. Se l’export registra una fase ininterrotta di cresci-ta, le imprese e i territori in cui esse operano parlano,invece, di nodi critici ancora da sciogliere e che rendo-no il contesto territoriale tuttora complesso.La nuova competitività, fatta di innovazione di prodot-to, di strategie di mercato aggressive, di reti tra impre-se sempre più sofisticate e di ibridazione tra distrettitradizionali e filiere lunghe della produzione, si scon-tra dunque con una crescita del distretto in sé - ovve-ro del territorio in cui esso ha avuto origine e in cui siè incardinato - che sembra tardare ad arrivare. E que-sto paradosso della nuova competitività senza svilup-po, ha dei segni ben precisi. La crisi dei localismi d’im-presa, come d’altra parte dell’intero manifatturiero ita-liano, è anzitutto una crisi occupazionale, frutto di unmix di fenomeni che non sembrano essersi attenuatinegli ultimi cinque anni e che, anzi, si sono acuiti. Mala risposta a questa crisi risiede nella natura stessa deidistretti, ossia in quel modello di sviluppo economicoe sociale «sostenibile» che ne ha segnato la nascita e losviluppo, il cui paradigma produttivo fa leva sulla crea-tività e sui saperi, premiando chi investe in conoscen-ze, tecnologie, capitale umano e innovazione.Modernizzare e “sincronizzare” questo modello allaluce dell’evoluzione dei mercati rappresenta oggi lavera sfida dei distretti: lo hanno ben compreso le tanteaziende che hanno creato nuove specializzazioni -quel “new made in Italy” che vede l’Italia tra i primicinque Paesi al mondo per saldo commerciale conl’estero - puntando sulla qualità e sulle unicità deinostri territori, e che hanno il loro polmone nellaGreen economy.Soprattutto grazie a queste imprese, oggi i distrettihanno messo a segno un nuovo record: il secondo tri-mestre 2013 si è chiuso infatti con un export che, nelcomplesso di queste aree, ha raggiunto i 76,7 miliardidi euro a prezzi correnti. Al contempo, però, unarecente indagine Unioncamere segnala che circa il 22%delle aziende di distretto ha registrato nel 2012 unaflessione delle vendite all’estero (era il 15% solo l’anno

precedente) e lacausa, quasi unica,di tale flessione èattribuita a un ridimensionamento e riposizionamentodella domanda estera. Questa indicazione non puòessere sottovalutata, perché probabilmente nasconde,al fondo, alcuni segnali che vanno letti per tempo. Seil made in Italy e le produzioni di distretto hanno cer-tamente una carica competitiva forte, soprattuttoall’estero, è altrettanto vero che molti mercati, anche esoprattutto dei Paesi emergenti, stanno progressiva-mente rivedendo le proprie strategie, talvolta sosti-tuendo con proprie produzioni alcuni prodotti inter-medi del made in Italy, tal’altra chiedendo prodotticompletamente nuovi. Si tratta di un trend di mercatoche non va sottovalutato e che richiede un potenzia-mento ed un affinamento sia delle strategie di innova-zione di prodotto e di processo che delle strategie dimercato, in particolare di quelle commerciali.Un’altra chiave di lettura, utile a leggere il significatodell’attuale fase congiunturale, è quella che afferisce altema del distretto produttivo come sistema di compe-tenze e di know-how. Una parte assai consistente degliimprenditori contattati nella già menzionata indaginerealizzata da Unioncamere segnala, infatti, come ele-menti critici del contesto locale, la permanente difficol-tà di reperimento di manodopera qualificata, la pre-senza insufficiente - e non solo nelle aziende di mag-giori dimensioni e in quelle con una posizione di lea-dership - di figure con competenze manageriali, non-ché difficoltà nell’attuare efficacemente il ricambiogenerazionale. Resta quindi il problema, forse ancorasottovalutato, che - per rinnovarsi e mantenere elevatilivelli di capacità competitiva - il distretto ha bisognodi implementare costantemente le sue competenzeprofessionali, il saper fare specifico, il know-how pro-prio del territorio. In altri termini, l’attuale complessitàdei mercati e le criticità di fronte alle quali molti distret-ti si trovano devono essere affrontate con il rafforza-mento delle competenze e, per così dire, con “intelli-genze di distretto”, attraverso investimenti in percorsiformativi, sostegno all’imprenditorialità, diffusione diuna più alta cultura d’impresa.Vi è ancora un altro aspetto, che è quello legato allacrisi di liquidità. Quasi la metà delle imprese analizzatenell’indagine Unioncamere registra un allungamento

La nuova sfida deidistretti industrialidi Domenico Mauriello

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dei tempi di riscossione dei crediti commerciali: ciò che,nella quasi totalità dei casi, corrisponde ad una ulterio-re posticipazione degli incassi stessi: ben il 47% ritiene,infatti, che nel 2013 si siano evidenziati molti creditinon pagati per difficoltà o fallimento di alcuni clienti. Ilquadro appare, dunque, molto complesso; e, d’altraparte, l’interlocuzione ancora difficile con il sistemabancario - salvo casi virtuosi in cui sono stati attivatiprogrammi specifici di finanziamento di nuovi investi-menti o di sostegno all’internazionalizzazione - nonsembra aiutare. L’effetto più evidente, soprattutto nellungo periodo, è il ridimensionamento della capacità diinvestimento dei distretti, che rischia di limitare anchela piena affermazione del nuovo modello di cui si èdetto, basato sull’innovazione “sostenibile”. Non sem-bra un caso che tra il 2011 ed il 2012 la percentuale diaziende distrettuali che ha effettuato nuovi acquisti dimacchinari sia passata dal 53% al 48%, e quella di chiha effettuato acquisti di apparecchiature informatiche einvestimenti in software e servizi informatici sia passatadal 57% al 46%. E’ difficile dire quali possano essere lesoluzioni a questo tipo di problemi. Quello che è certoè che, nella maggior parte dei casi, non sembrano esse-re più sufficienti interventi - ancorché virtuosi – quali leazioni di mitigazione del rischio da parte dei confidi ole iniziative di sostegno a programmi di sviluppo daparte di banche locali o di gruppi nazionali. Occorreinvece un’azione concertata, a livello di ciascun distret-to, che veda un coinvolgimento diretto delle imprese,del sistema bancario e di altre strutture intermedie, apartire dalle Camere di commercio.Sono queste le principali scommesse per il futuro deidistretti, che possono essere vinte solo puntando sullarielaborazione in chiave moderna di quel modello -tutto italiano - di sviluppo sostenibile del territorio, nelquale innovazione e benessere si abbinano alla coesio-ne sociale. Data la complessità di questo scenario,diventa quanto mai importante individuare gli assi diprogressione lungo i quali corrono già oggi praticheinnovative e che possono, quindi, rappresentare ilpunto di partenza di strategie di intervento a sostegnodel cambiamento e dello sviluppo di questi territori:

• Il potenziamento dell’organizzazione aziendaleattraverso l’innalzamento delle competenze interne,la ridefinizione delle strategie di interrelazione coni segmenti a monte e a valle dell’azienda, il miglio-ramento del processo produttivo attraverso percor-si di innovazione “sostenibile” che abbiano al cen-tro il lavoro e la valorizzazione dei saperi locali;

• l’internazionalizzazione sempre più spinta e il ripo-sizionamento sui mercati esteri, anche attraversopolitiche distributive con una forte carica innovati-va o investimenti diretti finalizzati a presidiare inmodo veloce e diretto mercati lontani o emergenti;

• l’allungamento e l’ibridazione delle filiere che attra-versano o che partono dai distretti produttivi. Èindubbio che negli ultimi anni i cluster più efficien-ti si siano incardinati in filiere di produzione lun-ghe, andando anche oltre la pratica della gestionedelle funzioni strategiche tutte all’interno. Non è uncaso che, per i tre quarti delle imprese distrettualidell’indagine Unioncamere, i fornitori più rilevantisiano localizzati fuori dal distretto, così come piùdel 50% del mercato (in termini di fatturato) abbiaorigine all’estero;

• la partecipazione a reti intelligenti, ovvero a reti chefavoriscano la circolazione e la condivisione diconoscenze e di pratiche non solo legate all’innova-zione di processo o di prodotto, ma soprattutto utilia rendere più efficienti (e, soprattutto, eco-efficien-ti) alcuni processi o ad attivare nuove strategie dimercato. Molte delle analisi condotte sul camponegli ultimi anni sembrano confermare una sorta diupgrading delle reti collaborative che, da semplicestrumento di scambio di informazioni, sono spessodiventate reti di progettazione di sistemi di acquistodi materie prime, di sistemi di ricerca e test di pro-dotto, di creazione e promozione di marchi comuni.

Internazionalizzazione, sostenibilità, nuove politichedi filiera e rafforzamento delle reti di competenze e diknow-how appaiono, dunque, come le chiavi inter-pretative che meglio e più di altre possono oggi spie-gare i punti di forza e le criticità dei distretti e che per-mettono di delineare possibili percorsi futuri.

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76,7

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Dinamica delleesportazionicumulate deiprincipali distrettiindustriali italiani(miliardi di euro aprezzi correnti)

Fonte: elaborazione Fondazione

Edison su dati Istat

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Ministro Quagliariello, iltema del rapporto fra citta-dini e politica e più in par-ticolare fra mondo dell'im-presa e mondo politico, ècertamente molto sentitoda chi, come un artigianoo un piccolo imprendito-re, viene chiamato a soste-nere pesanti sacrifici men-tre partiti e istituzioni con-tinuano a rappresentareun costo notevole per lecasse dello Stato. Lei che èministro delle riforme isti-tuzionali, come pensa chepossa essere recuperatoquesto rapporto e la credi-bilità delle forze politiche?Non solo è possibile, ma èdoveroso. E credo che perfarlo sia necessario percorre-re tre strade. Occorre unarazionalizzazione dei costidella politica che, senza minare il funzionamentodella democrazia, elimini sprechi e opacità: si trattadi interventi che quantitativamente incidono poconel bilancio dello Stato, ma ai quali i cittadini annet-tono un grande valore simbolico soprattutto in unmomento di crisi come quello che stiamo attraver-sando. In secondo luogo, è necessario che lo Stato

mostri un rigore nell’adem-pimento delle proprieobbligazioni almeno pari aquello richiesto ai cittadini.Ciò significa saldare i debi-ti delle pubbliche ammini-strazioni nei confrontidelle imprese, rendere piùefficiente e meno farragi-nosa la burocrazia. Ma,soprattutto, bisogna inci-dere sul vero costo struttu-rale che frena la competiti-vità del nostro Paese: l’ina-deguatezza del sistema isti-tuzionale. Due Camere conquasi mille parlamentariche fanno la stessa cosa,un procedimento legislati-vo che dura il doppiorispetto alla media deglialtri Paesi europei, unaconflittualità costante tralegislatore nazionale e

legislatore regionale cronicamente risolta dalla Cortecostituzionale, una sovrapposizione di competenzee responsabilità tra i troppi e confusi livelli di gover-no, sono fattori che producono un costo ormai inso-stenibile, sia in termini di spesa che in termini dimancate opportunità. Ecco, accanto agli interventiimmediati, solo una riforma delle istituzioni potrà

Razionalizzare i costi dellapolitica e modificare ilsistema istituzionale

di Giovanni Miele

Dopo la separazione dalla rinata Forza Italia di Silvio Berlusconi i ministri delNuovo PDL hanno dichiarato di voler dare un impulso decisivo all'azione delgoverno Letta. Alla scadenza dei prossimi dodici mesi - ha detto il

Vicepremier Angelino Alfano - faremo un bilancio degli obbiettivi raggiunti. Fra questilo stesso Alfano ha posto in primo piano la riforma elettorale e quelladell'ordinamento dello Stato. Riforme sulle quali è impegnato in prima persona ilministro Gaetano Quagliariello, uno dei promotori della formazione politica , il NuovoCentrodestra, nato dall'esperienza del PDL.

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rimettere il nostro Paese in carreggiata, anche dalpunto di vista dello sviluppo economico e dellacompetitività.

Nel confronto fra i partiti c'è chi sostiene la neces-sità di arrivare al più presto ad un nuovo assettoistituzionale e ad un nuovo ordinamento delloStato e chi invece pensa che sia più realistico pun-tare ad una riforma elettorale che consenta alme-no di superare il porcellum, per restituire aglielettori il diritto di scegliere i propri rappresen-tanti in Parlamento. Lei da che parte sta?Io sto dalla parte delle riforme, perché per troppotempo abbiamo commesso l’errore di caricare sulleesili spalle della sola legge elettorale il peso della rior-ganizzazione del sistema politico. Dopo tanti anni difallimenti, e dopo aver sfiorato la paralisi istituzionaleal’indomani delle ultime elezioni politiche, dovrebbeessere ormai diffusa la consapevolezza che senza unarevisione del funzionamento delle nostre istituzioninon vi sarà legge elettorale che tenga. Credo dunqueche si debba fare di tutto per portare a termine il per-corso delle riforme – bicameralismo, titolo V, forma digoverno – e in questo quadro fare una nuova leggeelettorale che sia coerente con il modello prescelto.Allo stesso tempo, tuttavia, ritengo che un governodebba stare in piedi per quel che è capace di fare enon per l’impossibilità di andare al voto. E poichétanto l’inadeguatezza dell’attuale quadro partiticoquanto la pendenza di un giudizio davanti alla Cortecostituzionale rendono impossibile il ricorso alle urnecon la legge elettorale vigente, fin da maggio il gover-no ha sollecitato il Parlamento e le forze politiche aprocedere a un intervento di ‘messa in sicurezza’ delcosiddetto Porcellum che, in attesa della riforma defi-nitiva, ne corregga le più evidenti storture.

In sostanza, perchè un cittadino qualunque, presodai suoi problemi quotidiani e dalla preoccupa-zione di superare in qualche modo questa diffici-le congiuntura economica, dovrebbe considerareimportante realizzare le riforme istituzionali allequali lei sta lavorando?Perché l’incapacità delle nostre istituzioni di assumeredecisioni rapide, tempestive ed efficaci, la confusionedi ruoli e competenze che deresponsabilizza i deciso-ri pubblici a tutti i livelli, la farraginosità del meccani-smo di formazione delle leggi, una giustizia non giustae non efficiente, e i tanti altri limiti che rendono il fun-zionamento del nostro Stato inadatto a reggere la com-petizione globale nella quale ormai siamo inseriti, rap-presentano il principale freno allo sviluppo del nostroPaese. Gli interventi in campo economico sono certa-mente necessari e urgenti, ma solo se sostenuti da isti-tuzioni che funzionano possono ambire ad avere ilnecessario respiro.

Il prossimo anno gli italiani saranno chiamati aeleggere i loro rappresentanti nel ParlamentoEuropeo. Che senso ha procedere in questo parti-

colare momento storico a radicali riforme dell'or-dinamento dello Stato, mentre si assiste ad unasostanziale cessione della sovranità nazionale afavore delle istituzioni europee?È vero il contrario: proprio perché siamo inseriti nelcontesto europeo, con tutto ciò che ne consegueanche in termini di competizione, l’efficienza delle isti-tuzioni diventa un fattore decisivo. In ogni caso, quel-lo della costruzione europea è un altro grande temacon il quale le forze politiche sono chiamate oggi amisurarsi. L’integrazione europea è ormai un processoineludibile. Più che cercare di sottrarvisi, bisogna dun-que cercare di parteciparvi da protagonisti. Questosignifica valorizzare il nostro ruolo geopolitico di cuoredell’Europa mediterranea e cerniera con l’Est e con ilSud del mondo: un ruolo sul quale fare leva per costi-tuire un asse in grado di bilanciare lo strapotere balti-co. Questo significa contribuire alla ricostruzione dellegrandi famiglie politiche europee in un’ottica di solida-rietà. Questo significa recuperare quel metodo inizialesul quale l’Unione è nata – la fissazione di obiettiviprogressivi e la cessione di quote di sovranità finaliz-zate al raggiungimento dello scopo prefissato –, che siè inceppato proprio di fronte alla sfida più importan-te, la moneta unica. Con l’avvento della crisi è appar-so evidente come all’origine della debolezza struttura-le della costruzione europea vi sia fondamentalmenteuna perdita di visione e di identità. Ecco, io credo cheper ricostruire un tessuto connettivo vi sia bisogno diStati nazionali forti e autorevoli, perché da un’unionedi forze capaci di coniugare interessi nazionali e soli-darietà continentale può nascere davvero l’Europa,mentre da una sommatoria di debolezze – o, peggio,da una sommatoria squilibrata di forze e debolezze –può derivare solo altra debolezza.

In conclusione, Ministro Quagliariello, qual'e'secondo lei l'ordinamento ideale dello Stato equale quello possibile e realizzabile per il nostroPaese alla luce del confronto politico in atto?In questa fase non spetta a me indicare dettagliatesoluzioni, ma certamente il modello delineato dalleriforme dovrà essere tale da far recuperare alle istitu-zioni rappresentatività e capacità decisionale. Ciòsapendo che i due obiettivi non sono affatto in con-traddizione, ma anzi vanno di pari passo: istituzioniincapaci di assumere decisioni perdono infatti capaci-tà rappresentativa perché si allontanano dai bisognidei cittadini. A me tocca comunque il compito di met-tere in campo un percorso che porti il Parlamento e leforze politiche a pronunciarsi in tempi certi e non trop-po lunghi, e i cittadini a essere il più possibili parteci-pi della riscrittura delle regole del gioco che apparten-gono a tutti. In ogni caso, l’auspicio condiviso è chedal processo di riforma scaturiscano istituzioni piùforti, più autorevoli, più efficienti, in grado di dare effi-cacia alle decisioni, linfa alla politica, pienezza allademocrazia. E, soprattutto, l’augurio è che dopo tren-t’anni di tentativi andati a vuoto questa sia la voltabuona. Io ce la sto mettendo tutta.

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QUALCHE DATOIn base ai dati pubblicati dal sito“The Website Marketing Group”relativi alla diffusione e uso deisocial media, si stima che il numerodi persone che negli Stati Uniti haaccesso a internet attraverso appa-recchi mobili sia di oltre 818 milio-ni, con un incremento nel biennio2011-13 del 60,3%.In tale periodo Facebook ha rag-giunto i 665 milioni di utenti attiviogni giorno, mentre 45 milioni difotografie vengono postate ognigiorno su Instagram; Google Plus èdivenuto il secondo social mediapiù grande al mondo con la crescitapiù alta (46%) tra gli utenti di etàcompresa tra i 45 e i 54 anni. Inoltre,Twitter è il social network che si stadiffondendo più velocemente nelpianeta (il 21% degli utenti web lousa ogni mese) e i suoi utenti, quan-do si rivolgono a un customer servi-ce, nell’83% dei casi si aspettano diricevere una risposta il giorno stes-so. Sempre riferendoci ai dati dellaricerca, si rileva che Pinterest è usatoda 70 milioni di utenti - con unincremento di 20 milioni da febbra-io a settembre 2013 – ed è diventa-to il punto di riferimento delle con-divisioni social di e-commerce. Ogni

minuto vengono caricate suYouTube circa 100 ore di video e,per concludere, ogni secondo chepassa, LinkedIn acquisisce duenuovi iscritti, annoverando già 2,6milioni di imprese che hanno unapagina aziendale sul social network.Numeri stratosferici.

“SOCIALIZZARE”UN’IMPRESAProprio la crisi, e la conseguentenecessità di allargare il proprio baci-no di utenza (e di entrate) stimola aguardare al web come ad un’oppor-tunità, a patto che “si parta dallaconsapevolezza che la rete ha cam-biato, a monte, il comportamentoinformativo e decisionale dell’utentee, a valle, le aspettative e le scelted’acquisto”, come precisa anchepmi.itCome dimostrano i dati, la diffusio-ne capillare della “rete”, con l’esplo-sione dei social media – 1 utente su2 accede a Facebook tutti i giornianche grazie alla navigazione dasmartphone – ribadisce la necessitàanche da parte delle pmi di impo-stare una strategia ad hoc per talimezzi, tesa a conquistare gli utentidella “rete”. Ciò perchè il consuma-tore appare sempre più informato,

obbligando il venditore a dare mag-giori competenze diversificando icanali di approccio, pur senzaabbandonare il ruolo della relazioneinterpersonale, dell’assistenza pre epost vendita, della consulenza per-sonalizzata. “La Rete non snatura laprofessionalità del venditore, ma lasfida e la valorizza” è il grido di bat-taglia che pmi.it fa proprio nello sti-molare le aziende ad agire.Dunque, avere una presenza suisocial media sembra oggi indispen-sabile per qualsiasi realtà aziendaleche voglia sfruttare il canale web inmodo realmente efficace. L’hannocapito anche gli imprenditori, per lomeno i più “illuminati”: “Sono stateproprio le esigenze dei clienti a farcicomprendere la necessità di avereun sito web: tra l’altro, mentre solodue anni fa chiedevano un riferi-mento online, adesso domandanose sia possibile effettuare acquisti,obbligandoci a rivedere le nostrestrategie. Del resto la clientela stra-niera è per noi fondamentale” dico-no Antonella e Antonio meglio noticome “Autori capresi” www.autori-capresi.it che, nel centro storico diSorrento, hanno un atelier sartorialeche, anche grazie alla rete, è piùconosciuto all’estero che in Italia.

Social Media e PMISocializzare l’impresa,istruzioni per l’usodi Marco Michelli

Facebook, Google Plus, Twitter, Instagram o LinkedIn: questi nomi vi diconoqualcosa? Sono tra i più diffusi social media e permettono, come lo stesso sitopmi.it ha segnalato, “di potenziare e rendere più duratura la relazione con i

consumatori attraverso le comunità digitali, a tutto vantaggio della capacità di gene-rare business”.Ebbene, molto spesso sono stati considerati come mezzi alternativi se non sostituti-vi della realtà tradizionale ed in particolare dei canali distributivi classici, così comenon è un caso che l’e-commerce sia ancora guardato con diffidenza dalle imprese.

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QUAL È IL TUO PROFILO?

Cominciare è abbastanza semplicetranne per chi, in passato, non hamaturato esperienze specifiche(quelli prima della generazioneCommodore o Atari, per intenderci):in genere si parte dal mettere onlineun sito, usando prevalentementedelle amicizie per realizzarlo; poipiano piano si affinano le conoscen-ze, si cercano i social più adatti adeclinare le proprie strategie e si vaalla ricerca di elementi per dare unaparticolare peculiarità al proprioprodotto e contraddistinguersi inrete. Spulciando online è facile tro-vare iniziative mirate e particolari,da chi si è specializzato (e magari fatutto in proprio), a chi ha integrato idiversi social media disponibili (unaguida su cosa ciascuno possa mette-re a disposizione è facile trovarlaonline), fino a chi ha segmentato lapropria proposta: ad esempio, NelloOliviero, gestore dell’omonima villadi Positano (villaoliviero.it), ha lan-ciato un sito e dedicato appositi ser-vizi ad hoc volti a soddisfare le spe-cifiche esigenze dei turisti “born inthe USA”; diversa segmentazione èquella scelta da Ludovico Sivieri,titolare di ImperiaSuite.com , azien-da del settore B&B di Roma:“Internet è il cliente – spiega – tantoche in un anno abbiamo tradotto ilsito in 5 lingue e non abbiamo maiutilizzato la pagina in italiano” Ciònon vale solamente per l’abbiglia-mento, il settore alberghiero ol’agroalimentare ma per qualsiasiattività che intenda allargare il pro-prio ambito di utenza, tenendoconto che la vera diffusione sta nelpassaparola, ossia nel gradimentoche viene segnalato da chi ha com-prato o utilizzato il prodotto. Dettocosì può sembrare fattibile:“Bisogna

fare attenzione e non pensare che leiniziative online abbiano costi ridot-ti rispetto all’attività tradizionale” adirlo è l’artefice di ChiaraKet.comvera e propria boutique on line notaper la vendita di borse, bijoux edaccessori moda, che si dedica soloalla vendita online. In tal modo siconsente al cliente di provare nuovestrade e scegliere comodamenteseduti in poltrona gli accessori piùgraditi con la garanzia di acquistisicuri: da questo punto di vista, oltrel’attività di promozione, è divenutofondamentale il passaparola. Mabisogna dedicarci tempo e appositiinvestimenti, oltre ad essere in gradodi muoversi tra i diversi socialmedia.

MA È (REALMENTE)FACILE PER UN’AZIENDA“ANDARE” SUI SOCIALNETWORK?Dunque, se per accedere ai social siintende creare un account, inserirequalche informazione, qualchevideo, qualche immagine, e interagi-re ogni tanto con i propri interlocu-tori, allora possiamo dire anche chela cosa è facile; però, con altrettantasicurezza, possiamo anche dire cheè perfettamente inutile. A rilevarlo èAlessandro Scuratti, autore di comu-nicaresulweb.com, blog dedicatoalla comunicazione online e, in par-ticolar modo, alle dinamiche comu-nicative sui social media.“Un’azienda per cominciare ad uti-lizzare i social network con profittodeve, in qualche modo, diventaresocial, deve trasformarsi” - spiegaScuratti nell’articolo “Come si fa a“socializzare” un’azienda?” - “E’necessaria una formazione adegua-ta, che può essere sviluppata siainternamente (se l’azienda è ingrado con personale interno o conpropri consulenti di realizzarla) cheesternamente (partecipando adesempio a workshop formativi). Inseguito, bisogna definire gli obiettivida raggiungere e allineare a questi lastrategia social: gli uomini del mar-keting devono capire ormai che ilbrand non è più quello che l’azien-da pensa o vuole che sia, ma è quel-lo che i clienti, le persone, dicono

essere. Poche informazioni, mirate edi qualità sono molto meglio checentinaia di “tweet” esclusivamentepromozionali e unilaterali. Il servizioclienti dell’azienda deve saper usarei social per aiutare i propri clienti,oltre ad essere in grado di raccoglie-re velocemente i feedback prove-nienti dalla rete social e agire diconseguenza”.Ciò non toglie che vi siano tante leg-gende che girano attorno ai social,in particolar modo attorno al socialmedia marketing, quella branca delmarketing che dovrebbe occuparsidella promozione delle aziende tra-mite Facebook, Twitter e company.“Queste bugie, via via ingrandite efomentate da chi ci capisce poco oniente, potrebbero farvi fare errorigrossolani, con conseguenze di rilie-vo per la stessa attività” chiarisce lablogger Veronica Gentili. Tra lebugie - che non vi sveliamo per nonguastarvi la lettura di “Le 5 bugie sulsocial media marketing” sul sitoveronicagentili.com - “Non basta lapresenza, ma l’importante è il“come” si è presenti: se devi esserciper esserci, tanto vale scegliere dinon esserci per niente” chiosaGentili.

In conclusione, vale la pena utilizza-re i social media anche se non si èpiù giovani e semmai (ma siete dav-vero pochi!) non aveste mai utilizza-to un computer o uno smartphonein vita vostra? La risposta la lasciamoa voi, pur menzionandovi una frasedi Dee Ward Hock, fondatore dellacarta Visa: “Il problema non è maicome farsi venire in mente qualcosadi nuovo e innovativo ma come eli-minare le vecchie convinzioni”.Insomma, se leggere questo articolonon è bastato - sia che vi abbia con-vinto o che non vi abbia persuasopiù di tanto – non vi resta che pro-vare a “barcamenarvi” un po’, maga-ri dando un’occhiata proprio allaconcorrenza. E se non vi siete anco-ra persuasi dell’importanza di starein rete, aggiornare la vostra immagi-ne e il vostro modo di comunicare,beccatevi l’intervista ad un “guru”della materia come Mirko Pallera.Basta un “click”e ci si incontra nellarete! Buona navigazione.

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Abbiamo chiesto a Mirko Pallera,co-fondatore di Ninja Academy edirettore responsabile di Ninja

Marketing, di parlarci dell’importanza deisocial media per le pmi. Considerato unadelle menti più fervide e rivoluzionarie delmarketing contemporaneo è imprenditore,consulente e digital strategist per Barilla,Telecom e Unilever, si definisce un "inno-vatore sociale" con la missione di migliora-re il mondo grazie alla comunicazionedelle aziende. È autore di “Marketing Non-Convenzionale: viral, guerrilla, tribal e i 10principi del marketing postmoderno” editodal Sole 24 Ore e di "Create! Progettareidee contagiose (e rendere il mondomigliore), pubblicato da Sperling & Kupfer.

Ritieni che le pmi, pur con budget ridotti, debba-no implementare la loro presenza sui socialmedia? Perché?I mutamenti della società in cui viviamo hanno impo-sto al marketing di adeguarsi. È sempre più evidenteche siamo entrati definitivamente in una nuova era,quella che io chiamo “Era dei Creator”. In questonuovo mondo le aziende non hanno più a che farecon dei “consumatori”, abituati a subire passivamentele proposte di prodotti e servizi, ma con dei veri epropri “creatori”, attivi, spesso polemici, molto esi-genti, appassionati. Anche per questo, il modo dicomunicare e di fare marketing che le aziende hannoutilizzato in passato non è più efficace: le impresesono chiamate a comprendere cosa è cambiato, per-ché e cosa bisogna fare per iniziare un nuovo rappor-

to con i Creator. Un rapporto in grado di portare unnuovo valore all’azienda grazie all’utilizzo di nuovicodici, linguaggi, strumenti e approcci alla comunica-zione.

Nei 10 anni della vostra attività online hai riscon-trato un aumento delle pmi che partecipano aivostri corsi?Per andare incontro alla grande richiesta di aggiorna-mento da parte delle PMI abbiamo da poco più di unanno portato i corsi della Ninja Academy - la nostrascuola nata per aggiornare costantemente i professioni-sti del marketing e della comunicazione - anche online.Questo ha permesso di arrivare a tutte le aziende e iprofessionisti italiani, ovunque si trovino, e di eroga-re alta formazione di qualità a prezzi contenuti.Ad oggi abbiamo formato oltre 3000 professionisti ela crescita esponenziale si è avuta proprio nell'ultimoanno. Ci sono davvero tante opportunità nel mondodigital, e mentre da un lato i negozi chiudono le ser-rande, sul web fiorisce un mercato, grazie anche allasemplicità con cui si può acquistare dal divano dispo-nendo di un tablet e di una app dedicata.

Qualche consiglio per le pmi che vogliono inizia-re ad affacciarsi nel mondo dei social media?Il mio consiglio è di portare gradualmente le compe-tenze in azienda senza paura. Magari iniziando avalorizzare le risorse umane più giovani, che padro-neggiano l’uso di strumenti quali Facebook, Twitter,YouTube. Un approccio graduale ma determinato aconsiderare i social media come uno strumento stra-tegico delle politiche di impresa non potrà che paga-re, sia in termini di comunicazione, sia per quel cheriguarda la gestione del CRM, ma anche per tanti altriaspetti. Sui social si costruisce nel tempo, piano pianosenza fretta, ma con costanza e impegno.

Anche Artigiancassa ha scelto di essere presente neidiversi social media.L’obiettivo è quello di fornire un ulteriore servizio amisura delle necessità di ogni impresa. Infatti, ritenia-mo che il valore dei servizi proposti non vada definitosolamente in termini economico-finanziari, ma anche

alla luce di un’adeguata implementazione dei servizi diassistenza a supporto. Dunque, perché non seguirci?

Ci trovi su:www.artigiancassa.itseguici inoltre su Twitter e Linkedin

ARTIGIANCASSA NEI SOCIAL MEDIA

“L’era dei creator”

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Presidente Boccia, nel corso deldibattito sulla legge di stabilità,praticamente tutte le forzepolitiche hanno messo in lucela drammatica situazione in cuiversano le piccole e medieimprese, soprattutto quelleartigiane. Quali possono esseresecondo lei le misure capaci didare un nuovo impulso all'ini-ziativa di tanti piccoli impren-ditori che si trovano ogni gior-no alle prese con la mancanzadi credito e con disposizioniburocratiche sempre più astru-se e vessatorie?Il mondo delle Pmi e la realtà chegli sta intorno sono il motore dellanostra economia, il fiore all’oc-chiello che ci fa rendere riconosci-bili e apprezzati in tutto il mondo.È dovere della politica italianatutelare e rilanciare queste impre-se che più di ogni altra realtà stan-no pagando il prezzo della crisi.Cito soltanto i punti-chiave:ridu-zione del costo del lavoro, creditoe internazionalizzazione. Puressendo, infatti, apprezzati nelmondo, vendiamo ancor menodelle nostre potenzialità.

A proposito di modifiche allalegge di stabilità, il Parlamentoè stato chiamato ad un grossosforzo per migliorare il testodel Governo. Come presidentedella Commissione Bilanciodella Camera lei è apparso, piùche un arbitro neutrale, un

trainer impegnato nel raggiun-gimento di un risultato che puòessere decisivo per la ripresadella nostra economia. In effet-ti non sono mancate le sue pro-poste intese a introdurre alcu-ne misure migliorative manten-do invariati i saldi di bilancio, acominciare dalla cosiddettaGoogle tax. E' soddisfatto dellavoro svolto?Intanto inizierei col chiamarla piùgenericamente webtax. La mia nonè una battaglia contro qualcuno,contro Google, Amazon o qualsia-si altra multinazionale che operaonline, ma una battaglia a favoredel web e delle nostre imprese,nel segno dell’equità fiscale. Tutti iprofitti che le grandi multinaziona-

li del web fatturano qui da noi,vengono poi tassati altrove: per-ché non devono anche esse dare illoro contributo al fisco italianocome qualsiasi altra nostra impre-sa? In questo modo riporteremoun po’ di giustizia fiscale e con-sentiremo a molte piccole realtà diessere concorrenziali sul mercato.

Lei è un parlamentare delMezzogiorno eletto in unaregione, la Puglia , che stavivendo una vicenda drammati-ca come quella dell'ILVA diTaranto. E' possibile a suo avvi-so adottare misure speciali perfronteggiare quella vera e pro-pria emergenza nazionale cheè diventata ormai la condizioneeconomica ed occupazionalenelle regioni meridionali?Conosco molto bene qual è lasituazione in cui versano le nostreaziende e i loro lavoratori, al sudcome al nord, non ne farei unaquestione di geografia. E la solu-zione, lo ripeto, è solo una: seprima non abbassiamo nettamenteil cuneo fiscale non possiamoneanche pensare di poter darenuovi impulsi occupazionali.Colgo l’occasione, però, per darerisalto ad un dato che mi sembramolto significativo: si parla di circa5,3 miliardi di Cig in deroga:sarebbe un lavoratore su quattro,per intenderci. È evidente chequalcosa nel meccanismo si èinceppata…

Le multinazionali del webdi fronte al fisco

di Giovanni Miele

Abbiamo intervistato Francesco Boccia, Presidente della CommissioneBilancio della Camera, fra i più convinti sostenitori della politica economicadel governo.

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Dal suo osser-vatorio diimprenditore edi presidentedella Cna e diRete ImpreseItalia, qualimisure consi-glia al governo?L’Istat ha rivistoal ribasso lestime economi-che dell’esecuti-vo. La ripresapartirà, se partirà,nel 2014. E moltotimidamente. Manello stesso 2014la disoccupazio-

ne è destinata ancora ad aumentare. Si continua adire che il peggio è passato, insomma, ma mi pareche con il peggio dovremo ancora convivere. Perquanto tempo? Dipende da quali soluzioni sivogliono adottare. Per me non esistono dubbi: vainvertito il paradigma che ha orientato e ancoraorienta l’azione di Governo, penso prima di tuttoalla Legge di Stabilità, alle misure di politica econo-mica. Si deve passare al più presto dal rigore allacrescita. La fase recessiva che l’Italia sta attraver-sando non ha precedenti nel dopoguerra. Non puòessere affrontata con le consuete terapie, che peral-tro si sono dimostrate dei palliativi. E’ necessariauna cura shock, non la solita aspirina.

Sì, ma dal dire al fare…Partiamo dalla idea-base: se siamo d’accordo che laripresa cammina unicamente sulle spalle delleimprese, allora non si transige. Sono necessarieregole nuove che favoriscano le imprese, e quellepiccole in particolare, considerata la storica struttu-ra del sistema produttivo italiano, nel loro ruolo,economico e sociale, di creare occupazione e ric-chezza diffusa. E’ necessario, lo voglio ripetere, unintervento strutturale a favore delle piccole e medieimprese; si deve creare uno spazio importante perloro all’interno della Legge di Stabilità, nel qualeaffrontare con efficacia molti dei nodi che ne sof-

focano la competitività. Servono strumenti perfavorire gli investimenti e l’innovazione in tutte lesue forme, attuando anche norme esistenti mainapplicate, e misure che aprano spazi di mercatoriservati alle Pmi, come esistono in altri Paesi.

Da che cosa si comincia concretamente?Si devono adeguare i contributi Inail alle prestazio-ni effettivamente erogate. Va eliminata l’Imu sugliimmobili strumentali. Si devono detassare gli utilinon distribuiti e stabilizzare le agevolazioni perristrutturazioni edilizie ed efficienza energetica. E,sul versante della domanda, vanno modificate lealiquote e gli scaglioni Irpef per aumentare il red-dito disponibile dei lavoratori, dipendenti e auto-nomi.

Misure costose. Chi pagherebbe il conto?Queste misure vanno realizzate senz’aumentare leimposte, ma intervenendo sulla riduzione dellaspesa per consumi intermedi, la spending review,la rimodulazione dei regimi fiscali di favore, il recu-pero dell’evasione. E si deve predisporre un pianoper l’alienazione di parti del patrimonio pubblico,asset strategici esclusi. Abbiamo spiegato alGoverno come mettere in circolo oltre 23 miliardiproprio con questi interventi. Nel frattempo, ènecessario risolvere alcune delle principali questio-ni in tema di costo e mercato del lavoro, per soste-nere le esigenze di flessibilità delle imprese, egarantire risorse per favorire il credito alle Pmi, cer-cando soluzioni atte a ridurre l’elevatissima pressio-ne fiscale.

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Le proposte dellaCNA per uscireveramente dalla

crisi vanno al di làdelle “medicine”prescritte dalla leggedi stabilità. Abbiamochiesto il parere aIvan MalavasiPresidente della Cna edi Rete Imprese Italia.

Per uscire dallacrisi è necessariauna cura shock

di Marco Michelli

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Ritiene chepossa verificarsitra breve laripresa dell'eco-nomia italiana?E in caso affer-mativo, chipotrebbe traina-re il rilancio: ilsettore dellecostruzioni, leesportazioni, ilturismo o chialtro ?Tutti, addetti ailavori o meno,attendono unritorno alla cresci-ta. Ma questa nonè legata solo allarecessione cheparte dal 2007 ma,soprattutto perquanto riguarda ilnostro Paese, a

motivazioni ben più profonde e radicate.Non a caso, nei venti anni che vanno dal 1992 al 2012l’Italia figura tra i Paesi OCSE come la nazione con ilminor tasso di crescita, con un PIL che si è ridotto, intermini pro capite, collocandosi sotto la media. Ciòdimostra che non si tratta solamente di un problemaciclico ma che è anche una crisi strutturale.A mio modo di vedere, come la UE ha recentementeconfermato, non è ipotizzabile a breve una ripresa, masemmai, solamente quella che viene definita una“ripresina” ad inizio del prossimo anno, che può rap-presentare un segnale positivo solamente se sostenutada solide politiche mirate alla crescita. Certamente, ilsettore delle costruzioni e le esportazioni possono fareda traino ad un eventuale rilancio; tuttavia, c’è bisognodi un vasto programma di riforme ben consapevoli chele stesse non producono immediatamente risultati. Almomento poco si è fatto – forse solamente la riformadelle pensioni è citabile come azione mirata in talsenso – ma sul resto ancora non si vede una volontàdi procedere in maniera omogenea, complice anche lascarsa capacità di guardare avanti della politica.

Quale ritiene che sia il ruolo delle PMI nellasituazione attuale dell'economia italiana?Innanzi tutto bisogna fare una distinzione tra le cosid-dette medie imprese e le piccole se non micro impre-se: le prime, definite “multinazionali tascabili”, traina-no il mercato italiano soprattutto all’estero; invero ilPaese è caratterizzato da piccole e piccolissime azien-de che, oltre alla straordinaria valenza tutta italiana incampo imprenditoriale, presentano dei punti di debo-lezza soprattutto in un panorama globalizzato.Infatti, per aumentare la competitività bisogna fare inmodo che accrescano la loro dimensione al fine diaumentare la loro stessa efficienza. Non è un caso se,allo stato attuale, delle circa 190 mila imprese esportatri-ci italiane, solamente il 7% sono medie o grandi impre-se, e proprio queste esportano oltre il 70% del totale.Ecco allora che è necessario per le più piccole pensarea fare reti o accorpamenti superando l’ancestrale diffi-denza e il particolarismo che le caratterizzano.

A suo avviso, perchè il contributo degli interme-diari del credito (compresa Artigiancassa) è rite-nuto indispensabile e quali sono stati gli effettidel "credit crunch"?Il problema del credit crunch colpisce le imprese ita-liane più che in altri Paesi perché da noi per diverseragioni le imprese dipendono fortemente dalle ban-che. È un cane che si morde la coda, dove, peraltro,la stessa piccola dimensione non garantisce quellasolidità finanziaria necessaria e indispensabile perottenere il credito e che ancora vale più di qualsiasiprogetto.Inoltre va segnalato che, se da un lato la strategia diconcentrazione a livelli alti delle banche nostrane hamostrato una certa solidità ed una maggiore efficien-za, a prescindere da casi particolari, dall’altro ha con-tribuito ad allontanarle dal territorio, dove restanoben salde e radicate le conoscenze delle banchelocali le quali, purtroppo, mostrano atteggiamentipoco lungimiranti e comportamenti di tipo clientela-re piuttosto che ispirati al merito. Per questo si avver-te il bisogno di generare un’offerta bancaria che siain grado di valutare adeguatamente i progetti, non-ché una maggiore vicinanza proprio delle banchecon il territorio, che consenta un’attenta valutazionedella tipologia e delle potenzialità delle propostepresentate.

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I primi segnali diripresa e i problemi peril rilancio delle PMI

di Marco Michelli

Beniamino Quintieri,professore ordina-rio di Economia

Internazionale pressol’Università Tor Vergata diRoma, è presidente dellaFondazione Masi e delComitato Strategico perl’Internazionalizzazionedelle Imprese nel Lazio.Il prof. Quintieri haassunto incarichi di altaresponasabilità, fra i quali,la presidenza ICE.Lo abbiamo intervistatoper fare il punto sullasituazione economica delnostro Paese.

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Segretario Silvestrini, lasituazione economica ita-liana è davvero così dram-matica come viene dipintadai mezzi di informazio-ne?Il nostro Paese è sicuramen-te in una fase di decrescita.Non solo economica. Inumeri della recessione,purtroppo, ci arrivano quasiogni giorno da Governo,Istat, Banca centrale euro-pea o Fondo monetariointernazionale. E non sonodati che possano rallegrare.In parallelo alla crisi econo-mica, l’Italia sta vivendo unaprofonda crisi culturale. Staperdendo alcune dellemigliori energie: siamo ilprimo esportatore al mondodi laureati in disciplinescientifiche. E molti giovani,sempre più spesso, sonocostretti ad aprire le lorobotteghe all’estero, dove unaburocrazia così soffocantecome la nostra non esiste.Siamo arrivati al punto che,non solo in Europa, maormai in tutto il mondo, pro-liferano gelaterie, pelletterie, sartorie gestite da gio-vani italiani.

Ci aspetta un futuro a tinte fosche?Se il presente è questo, non è detto che debba esse-re uguale il futuro. Il futuro cammina sulle nostregambe: siamo noi per primi a imprimere il ritmo chevogliamo. E sicuramente non sarà un futuro roseo seil Paese si abbandona alla retorica del declino e del“non c’è niente da fare”, che spesso serve a giustifi-care l’individualismo esasperato del “si salvi chipuò” di furbetti e furboni. La Cna non ci sta. L’Italiaha le risorse per reagire alla crisi.

Ma come si può imprime-re questa svolta?Si deve invertire il paradig-ma che orienta da anni lepolitiche economiche, pas-sando dalla fase del rigore aquella della crescita. Il rigo-re ci è stato utile, ma èanche vero che di tropporigore si muore. Vannoadottati, allora, provvedi-menti coraggiosi, finalizzatia sostenere le imprese, a farripartire gli investimenti, aincentivare i consumi.Prima di tutto, bisognatenere conto della specifici-tà del sistema produttivoitaliano. Vanno messe incampo, quindi, misure perfavorire gli investimenti el’innovazione in tutte le sueforme delle micro, piccole emedie imprese, ancheattuando norme esistentima inapplicate. Vanno aper-ti spazi di mercato ad hocper farle vivere e, soprattut-to, per farle crescere.

Come possono investirele imprese se l’accesso al

credito è reso così difficile?Purtroppo l’accesso al credito continua a essere uno degliaspetti maggiormente critici nell’attività delle piccoleimprese. Anche i più recenti dati della Banca d’Italia sot-tolineano una ulteriore flessione nonostante la raccolta siain ripresa. Mi sembra urgente, allora, prima di tutto unintervento diretto a razionalizzare la filiera delle garanzie,valorizzando i consorzi fidi per le loro peculiarità, cioè lavicinanza alle imprese e la conoscenza del territorio. Inquesto ambito ritengo che Artigiancassa possa e debbaesercitare un ruolo importante, promuovendo al meglio iprodotti che abbiamo definito congiuntamente di recen-te, a partire dall’istruttoria condivisa.

Invertire il paradigma:dal rigore alla crescita

Sergio Silvestrini,Segretario Generale della Cna,espone, in questa intervista,quale provvedimenti adottare

per sostenere le imprese

di Marco Michelli

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ÈCna Next, il Festival dell’intelligenzacollettiva, organizzato dai GiovaniImprenditori di Cna e giunto alla suaquarta edizione. “Manifatture” il titolo,anzi l’hashtag (l’etichetta per i socialnetwork) dell’appuntamento di que-

st’anno, andato in scena l’8-9 novembre al Teatro LaPergola di Firenze e in live streaming su decine diportali di grandi network.“E’ incominciata l’era del saper fare 2.0 – ha dichia-rato la neoeletta presidente nazionale di Cna GiovaniImprenditori, Stefania Milo -. Affermarsi come produt-tori di qualità, riempiendo le nicchie lasciate liberenel mondo, è la strada che va perseguita e che i gio-vani artigiani dovrebbero intraprendere. Bisognavalorizzare il potenziale manifatturiero italiano pertrasformarlo in opportunità ed esportazione, coniu-gando la volontà di fare squadra con altre imprese eusando il web”.Artigiani 2.0, per l’appunto, come quelli intervenuti aCna Next per raccontare le loro storie. Storie di chi hadeciso, come Nicholas Caporusso, di restare in Italia,rinunciando a un milione di dollari negli Usa per il suoprogetto di robotica, sviluppandolo poi in proprio.

“I giovani possono essere gli evangelizzatoridigitali del Made in Italy”, ha detto GiorgiaAlbetino, Responsabile Public Policy di GoogleItalia e “il mondo ha fame di Made in Italy”, leha fatto eco Peter Barron, DirettoreComunicazione e Public Affairs per l’Europa, ilMedio Oriente e l’Africa di Google.“Il Made in Italy sta andando particolarmentebene nonostante tutto – ha sottolineato il mini-

stro degli Esteri Emma Bonino -. Proprio nei momen-ti più difficili, quello che regge benissimo è esatta-mente il manifatturiero italiano. Il dibattito – haaggiunto la Bonino - non è più fra chi è piccolo o chiè grande, ma fra chi è isolato e chi è connesso”.Internazionalizzazione, web, ma anche scuola e for-mazione, per consentire al Made in Italy di divenire ilprimo motore di crescita del Pil italiano. E’ questol’obiettivo di Cna Next, che per questo ha voluto trai relatori il Ministro dell’Istruzione, Università eRicerca, Maria Chiara Carrozza. “La scuola deve tor-nare ad essere il luogo dove si prepara il lavoro”, hadetto il ministro, sottolineando la necessità di connet-tere anche in questo caso intelligenze che rischianodi andare disperse.“'Oggi c’è un enorme messaggio di speranza nel futu-ro dato dalla nuova classe dirigente, dai giovaniimprenditori che hanno saputo coniugare megliodegli altri l'idea di intelligenza collettiva con modellidi sviluppo alternativi”, ha detto Ivan Malavasi, presi-dente nazionale di Cna, chiudendo il Festival.Speranza ed entusiasmo che si sono respirati nel tea-tro La Pergola e sul web, facendo di “Manifatture” ilterzo tema del giorno su Twitter, con 16 mila utentiunici collegati. Anzi connessi.

CNA Nextl’Italia giovane che ha deciso di

restare, investire, creareÈ ormai diventato un appuntamento fisso, capace di riunire ogni anno giovani imprendi-tori, artisti, economisti, manager di grandi aziende internazionali e politici come ilMinistro degli Esteri, Emma Bonino e dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Speaker eabbinamenti spesso inediti, sul palco di un teatro, a raccontare l’Italia, soprattutto gio-vane, che ha deciso di restare, investire e creare, in un connubio che unisce artigianatoe nuove tecnologie.

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Dall'Indagine condotta per Artigiancassa daFormat research, risulta che le donne imprendi-trici fanno ancora meno ricorso al credito ban-cario rispetto alle PMI nel loro complesso.

Anche nel II trimestre 2013 si conferma, alivello nazionale, una situazione generale didifficoltà di accesso al credito per le impre-

se, dove risulta peraltro, rispetto al contesto gene-rale delle PMI, che le imprenditrici fanno ancorameno ricorso al Sistema bancario.La percentuale di imprese femminili fino a 49addetti dell’industria, delle costruzioni e del terzia-rio che si sono recate in banca per chiedere un pre-stito o la rinegoziazione di un fido esistente è risul-tata più bassa di quella registrata presso il restodelle imprese (8,0% su 9,6%) e più bassa di quellaregistrata nella precedente rilevazione (10,5%).In questo contesto, l’accesso al credito per leimprese femminili risulta più difficoltoso. La cosid-detta area di stabilità (percentuale delle impreseche hanno visto accolta la propria richiesta di cre-dito con un ammontare pari o superiore) scendedal 17,1% al 16,5% (contro il 20,6% del totale delleimprese) e quella di irrigidimento (percentualedelle imprese che hanno visto accolta la propriarichiesta di credito con un ammontare inferiore aquello richiesto, sommate a quelle che hanno vistorespinta la propria richiesta) cresce dal 61,9% al63,0% (contro il 53,8% del totale delle imprese). Insostanza, le imprese femminili che nel corsodel secondo trimestre 2013 si sono recate inbanca per chiedere credito sono diminuiterispetto alla precedente rilevazione e, tra quel-le che hanno fatto domanda, si registra unapercentuale più elevata di risposte negative.Peggiorano i giudizi delle imprenditrici circa l’an-

damento dei tassi di interesse, le “altre condizioni”applicate dalle banche (es. messa a disposizione difondi), l’andamento della “durata” del credito, legaranzie richieste a copertura dei finanziamenticoncessi. Anche in questo caso la situazione appa-re peggiore rispetto a quella registrata a livellonazionale.Clima di fiducia: continua a diminuire la fidu-cia delle imprese in rosa, ma in misura menograve rispetto al resto delle micro e piccoleimprese italiane.Il saldo delle imprese femminili (fino a 49 addetti)riguardo l’andamento dell’economia italiana nelsecondo trimestre 2013 e ̀ risultato negativo, ma inmisura inferiore di quello registrato presso il restodelle micro e piccole imprese.

Indicatori economici di base: l’andamento deiricavi, dell’occupazione e dei tempi di paga-mento mostrano segni di flessione, ma il rap-porto tra imprenditrici e fornitori inizia a daretimidi segnali di ripresa.Il saldo riguardo l’andamento dei ricavi delleimprese femminili nel secondo trimestre 2013 èrisultato in diminuzione rispetto a quello rilevato amarzo. Il rapporto tra imprenditrici e fornitori ini-zia a dare timidi segnali di ripresa, in particolareper i prezzi praticati da questi ultimi. L’inversionedi tendenza fatta registrare dopo trimestri di diffi-coltà è destinata a confermarsi nel corso del 2013.

Fabbisogno finanziario: diminuisce la capacitàdi far fronte agli impegni finanziariPermane l’incertezza da parte delle micro e picco-

le imprese nel riuscirea fare fronte ai propriimpegni finanziari nelsecondo trimestre del-l’anno. Anche la previ-sione in vista dei mesiestivi conferma il trendnegativo e non fasegnare per il momen-to significative inver-sioni di tendenza.

Artigianc

assa

Inform

a Indagine Congiunturale sulle ImpreseFemminili – II trimestre 2013

Le donne imprenditrici fanno ancora menoricorso al credito bancario rispetto alle PMInel loro complesso.

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Fondo di Garanzia per le PMI: Incontriformativi con gli operatori del territorioArtigiancassa partecipa al Roadshow ABIIl Roadshow informativo sulle nuove modalità operative del Fondo di Garanzia per le PMI, di cui allaLegge 23 dicembre 1996 n. 662, è un evento promosso da ABI in collaborazione con il soggettoGestore del Fondo di Garanzia. L’evento/intervento formativo consiste in un ciclo di seminari sul terri-torio dedicati all’operatività del Fondo stesso, in considerazione della sua crescente importanza nellepolitiche volte a favorire l’accesso al credito delle imprese.

L’accesso al Fondo di Garanzia rappresenta uno stru-mento privilegiato messo a disposizione delle picco-le e medie imprese italiane, in particolar modo nel-

l’attuale contesto economico congiunturale. Spesso taleopportunità non viene colta a causa della scarsa cono-scenza dello strumento, perciò si è pensato di formulareun ciclo di seminari sul territorio nazionale, un vero e pro-prio roadshow in dieci tappe, rivolto in particolare a ban-che e confidi, con l’obiettivo di diffondere una maggioreconoscenza sulle modalità operative del Fondo e di infor-mare sulle più recenti novità, tra cui il “Piano dellaTrasparenza”, le Sezioni Speciali e il cosiddetto Decretodel Fare.Per ciascuna tappa del roadshow sono previsti degli inter-venti, che verranno tenuti a rotazione da tutte le bancheMandanti del RTI, nella veste di rappresentanti delSoggetto Gestore, e dai Presidenti delle CommissioniRegionali ABI.La prima tappa si è svolta a Roma ed ha coinvolto il Lazioe la Sardegna, mentre le tappe successive toccherannoPiemonte, Sicilia e BasilicataIl seminario è stato strutturato in modo da dare una visio-

ne completa del funzionamento del Fondo come strumen-to che consente di rispondere in maniera efficiente alleproblematiche che caratterizzano il ciclo economico attua-le e il mercato italiano, anche a causa della frammentazio-ne del tessuto economico e dell’elevato numero di impre-se di piccole dimensioni. In tale ottica si è voluto darerilievo allo specifico background regionale, proprio trami-te l’organizzazione degli interventi dislocati sul territorio.Artigiancassa è tra i relatori degli interventi formativi, conil debutto a Palermo dello scorso 10 ottobre presso laDirezione Territoriale di Unicredit, al quale hanno parteci-pato il Dott. Daniele Sciarrini come rappresentante delComitato di Indirizzo e la Dott.ssa Silvia Lorenzini comerappresentante del Team.Successivamente, il prossimo incontro formativo program-mato si terrà a Bologna e vedrà la partecipazione perArtigiancassa del dott. Roberto Genovese.Gli argomenti che verranno trattati nel corso del semina-rio dai rappresentanti di Artigiancassa riguardano “l’azionedel RTI per diffondere la conoscenza del Fondo diGaranzia” e “le attività di informazione e formazione ope-rativa per gli intermediari”.

Anno 8 - Numero 2 - Novembre 2013Trimestrale di informazione di Artigiancassa SpAFinito di stampare nel mese di Novembre 2013Iscrizione al Tribunale di Roma n. 544 del17.12.2007

Direttore Responsabile:Vincenzo MasciopintoEditore: Artigiancassa

Via Crescenzo del Monte 25/4500153 RomaTel. 06 58 45 227Fax 06 58 99 [email protected]

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IMPRESE&TERRITORIO

Artigiancassa insieme aFindomestic, società specia-lizzata nel credito alle fami-glie del gruppo BNP Paribas

in Italia, propone ai Confidi e alle Associazioni di categoriaconvenzionati l’offerta “Persona Artigiancassa” intera-mente dedicata ai dipendenti delle Associazioni/Confidi e aititolari/soci delle imprese rappresentate.Vicini ai propri clienti nella realizzazione dei loro progetti,Artigiancassa e Findomestic rendono ancora di più il creditoaccessibile e responsabile, socialmente ed economicamenteutile, sviluppando un‘offerta semplice e conveniente.La nuova offerta dedicata ai Partner Artigiancassa si caratte-

rizza per l’esclusività dei vantaggi promozionali, per la com-petitività delle condizioni contrattuali e per la velocità neitempi di risposta.I vantaggi commerciali, infatti, appositamente realizzati sono:finanziamento del 100% del progetto presentato, richie-sta online, rapidità di risposta sulla fattibilità dell’opera-zione, monitoraggio sistematico della richiesta step bystep, zero spese di istruttoria pratica e di ulteriori speseamministrativeLa collaborazione esclusiva con la società Findomestic per-mette, inoltre, ai partner di godere di un accesso privilegia-to ai nuovi prodotti e alle interessanti opportunità, grazie aun processo distributivo ad alto contenuto tecnologico.

Offerta Prestiti Personali. Artigiancassa/Findomestic: due valori vincenti al servizio dei clienti

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