Il_Manifesto_-_03.09.2014

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ANNO XLIV . N. 211 . MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 VENEZIA 71| PAGINA 12 Franco Maresco, viaggio nell’orrore del Belpaese Folli venti di guerra per la crisi in Ucraina. Gli Usa allertano la Nato, riunita domani a Cardiff: già oggi «esercitazioni» militari contro la Russia. Mogherini, all’Europarlamento: «È colpa di Putin. Poi ci ripensa, parla di «soluzione politica» e «spiragli nei colloqui con Mosca di Misk». Ma l’Alleanza tira dritto. Assassinata a Kiev deputata di sinistra PAGINA 7 O L’EUROPA O LA NATO Tommaso Di Francesco Con «Belluscone-Una storia siciliana» il creatore di Cini- co tv va oltre la storia della liaison fra Berlusconi e la Sicilia per raccontarci le macerie del presente italiano. U n’altra atrocità nella guerra tra Isis e Stati Uniti: ieri sera il secondo ostag- gio Usa, il reporter Steven Sotloff, sa- rebbe stato ucciso dai miliziani di al-Ba- ghdadi. Decapitato, come James Foley. Un video mostrerebbe un miliziano in nero uc- cidere con un coltello Sotloff in un luogo de- sertico (sempre in Iraq). Per ora non ci sono conferme del video a Washington, impegna- ta in raid per liberare Amerli, città sciita tu- rkmena. Qui lunedì è andata in scena la guerra civile irachena: è arrivato il premier «uscente» Al Maliki a rivendicare il ruolo del- le milizie sciite. CRUCIATI |PAGINA 6 «L a maggioranza dei mem- bri della Commissione Ue non capisce nulla di questioni mondiali. Vedi il tentati- vo di far entrare nella Ue l’Ucrai- na. È megalomania… hanno po- sto a Kiev la scelta o Ue o Est…ci vuole una rivolta del Parlamento europeo contro gli eurocrati di Bruxelles, così si rischia la terza guerra mondiale»: (prima di quel- le di Bergoglio) sono le parole al- larmate dell’ex cancelliere tede- sco Schmidt in un’intervista alla Bild di tre mesi fa che non parla ancora di ingresso esplosivo di Kiev. Pericolo sul quale, con tenta- tivo non riuscito di influenzare le scelte di Obama che invece rilan- cia il riarmo atlantico sulla base del presunto sconfinamento-inva- sione russa dell’Ucraina, si sono pronunciati gli ex segretari di Sta- to Usa Kissinger e Brzezinski e per- fino l’ex capo del Pentagono del- l’amministrazione Obama, Robert Gates che nel suo libro di memo- rie ha scritto: «L’allargamento così rapido della Nato a est è un errore e serve solo ad umiliare la Russia, fino a provocare una guerra». Non è servito a nulla a quanto pare. Lamentano i governi europei che è in gioco l’unità territoriale dell’Ucraina e Federica Mogheri- ni, Mrs Pesc in pectore davanti al Parlamento europeo, per farsi per- donare di essere considerata filo- russa dati gli interessi dell’Eni, ha la faccia tosta di accusare: «È col- pa di Putin». Se gli stava veramen- te a cuore l’unità territoriale del- l’Ucraina, perché i governi euro- pei insieme alla Nato e agli Usa con tanto di capo della Cia John Brennan, senatori repubblicani guidati da McCain e segretario di stato Kerry tutti su quella piazza, hanno alimentato e sostenuto dal- la fine del 2013 fino al maggio 2014 la rivolta, spesso violenta e di estrema destra, di Piazza Majdan che ha rimesso di fatto in discus- sione l’unità territoriale del Paese. Mentre l’ambasciatrice Usa man- dava affan... l’Europa. Era colpa di Putin anche la rivolta di piazza Majdan? Magari perché aveva soc- corso, pronta cassa, le richieste di Kiev quando l’Ue se ne lavava le mani in preda alla sua crisi? CONTINUA |PAGINA 7 IRAQ, L’«EX» PREMIER AL MALIKI RIVENDICA AGLI SCIITI LA PRESA DI AMERLI Isis, copione barbaro: «Decapitato Sotlof» Il pazzo atlantico Per il rilancio della politica indu- striale arriva in soccorso della traballante ministra Federica Guidi una società di consulenza teutonica. Ieri, prima riunione della task force con gli uomini della filiale italiana di Rolando Berger, il 77enne magnate delle consulenze economiche, convo- cati insieme a professori bocco- niani FRANCHI |PAGINA 3 Stamattina alle 10 il governo svela il «patto educativo» - non la riforma - sulla scuola. Si può discutere fino al 15 novembre, poi da gennaio si parte. La mini- stra Giannini: «Vogliamo abolire gli scatti di anzianità degli inse- gnanti e basarli solo sul merito». Dell’assunzione di 100mila pre- cari, per ora, non c’è più traccia CICCARELLI |PAGINA 2 C on grande enfasi mediatica, il governo Renzi ha annun- ciato che è partita una nuova «riforma» della Pubblica Ammini- strazione. In realtà, siamo in presen- za di un’operazione che ha un carat- tere, contemporaneamente, regres- sivo (come quella annunciata sulla scuola) e di pura immagine, metten- do insieme provvedimenti che ridu- cono diritti dei lavoratori pubblici e sindacali, come il ricorso alla mobi- lità obbligatoria e la riduzione dei distacchi e dei permessi sindacali re- tribuiti. CONTINUA |PAGINA 15 Da Berlino e Madrid ieri Alfano ha ricevuto il sostegno che cerca- va per Frontex plus, l’operazione che sostituirà «da novembre» Mare nostrum nel controllo del- l’immigrazione nel Mediterraneo. In cambio la Germania ha ottenu- to il rafforzamento dei controlli sulla frontiera tra i due Paesi. Mentre Grillo lancia l’allarme tbc CONTINUA |PAGINA 5 SCUOLA Oggi alle 10 si svela il mistero renziano SVILUPPO ECONOMICO Piano industriale, consulenti «alla tedesca» al ministero INTERVISTA A MICHELA DE GIORGIO Le donne al lavoro nella Grande Guerra ALESSANDRA PIGLIARU l PAGINA 10 IMMIGRAZIONE Frontex plus, sì della Spagna e (condizionato) della Germania REPORTAGE DALLA BIRMANIA La lunga marcia delle donne d’Asia LUCIANA CASTELLINA l PAGINE 8, 9 ANDER FOGH RASMUSSEN, L’«USCENTE» SEGRETARIO NATO PRONTO AL SUMMIT DI CARDIFF/REUTERS GOVERNO E CGIL Funzione pubblica del sindacato Corrado Oddi BIANI SIRIA |PAGINA 6 Dalle Alture del Golan al via l’offensiva jihadista per la presa di Damasco. L’ambiguità d’Israele MICHELE GIORGIO

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ANNO XLIV . N. 211 . MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamentopostale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

VENEZIA 71| PAGINA 12

Franco Maresco,viaggio nell’orroredel Belpaese

Folli venti di guerraper la crisi in Ucraina.Gli Usa allertanola Nato, riunita domania Cardiff: già oggi«esercitazioni» militaricontro la Russia.Mogherini,all’Europarlamento:«È colpa di Putin.Poi ci ripensa, parladi «soluzione politica»e «spiragli nei colloquicon Mosca di Misk».Ma l’Alleanza tiradritto. Assassinataa Kiev deputatadi sinistra PAGINA 7

O L’EUROPAO LA NATO

Tommaso Di Francesco

Con «Belluscone-Una storia siciliana» il creatore di Cini-co tv va oltre la storia della liaison fra Berlusconi e laSicilia per raccontarci le macerie del presente italiano.

Un’altra atrocità nella guerra tra Isis eStati Uniti: ieri sera il secondo ostag-gio Usa, il reporter Steven Sotloff, sa-

rebbe stato ucciso dai miliziani di al-Ba-ghdadi. Decapitato, come James Foley. Unvideo mostrerebbe un miliziano in nero uc-cidere con un coltello Sotloff in un luogo de-sertico (sempre in Iraq). Per ora non ci sonoconferme del video a Washington, impegna-ta in raid per liberare Amerli, città sciita tu-rkmena. Qui lunedì è andata in scena laguerra civile irachena: è arrivato il premier«uscente» Al Maliki a rivendicare il ruolo del-le milizie sciite. CRUCIATI |PAGINA 6

«La maggioranza dei mem-bri della CommissioneUe non capisce nulla di

questioni mondiali. Vedi il tentati-vo di far entrare nella Ue l’Ucrai-na. È megalomania… hanno po-sto a Kiev la scelta o Ue o Est…civuole una rivolta del Parlamentoeuropeo contro gli eurocrati diBruxelles, così si rischia la terzaguerra mondiale»: (prima di quel-le di Bergoglio) sono le parole al-larmate dell’ex cancelliere tede-sco Schmidt in un’intervista allaBild di tre mesi fa che non parlaancora di ingresso esplosivo diKiev. Pericolo sul quale, con tenta-tivo non riuscito di influenzare lescelte di Obama che invece rilan-cia il riarmo atlantico sulla basedel presunto sconfinamento-inva-sione russa dell’Ucraina, si sonopronunciati gli ex segretari di Sta-to Usa Kissinger e Brzezinski e per-fino l’ex capo del Pentagono del-l’amministrazione Obama, RobertGates che nel suo libro di memo-rie ha scritto: «L’allargamento cosìrapido della Nato a est è un erroree serve solo ad umiliare la Russia,fino a provocare una guerra». Nonè servito a nulla a quanto pare.

Lamentano i governi europeiche è in gioco l’unità territorialedell’Ucraina e Federica Mogheri-ni, Mrs Pesc in pectore davanti alParlamento europeo, per farsi per-donare di essere considerata filo-russa dati gli interessi dell’Eni, hala faccia tosta di accusare: «È col-pa di Putin». Se gli stava veramen-te a cuore l’unità territoriale del-l’Ucraina, perché i governi euro-pei insieme alla Nato e agli Usacon tanto di capo della Cia JohnBrennan, senatori repubblicaniguidati da McCain e segretario distato Kerry tutti su quella piazza,hanno alimentato e sostenuto dal-la fine del 2013 fino al maggio2014 la rivolta, spesso violenta e diestrema destra, di Piazza Majdanche ha rimesso di fatto in discus-sione l’unità territoriale del Paese.Mentre l’ambasciatrice Usa man-dava affan... l’Europa. Era colpa diPutin anche la rivolta di piazzaMajdan? Magari perché aveva soc-corso, pronta cassa, le richieste diKiev quando l’Ue se ne lavava lemani in preda alla sua crisi? CONTINUA |PAGINA 7

IRAQ, L’«EX» PREMIER AL MALIKI RIVENDICA AGLI SCIITI LA PRESA DI AMERLI

Isis, copione barbaro:«Decapitato Sotlof»

Il pazzo atlantico

Per il rilancio della politica indu-striale arriva in soccorso dellatraballante ministra FedericaGuidi una società di consulenzateutonica. Ieri, prima riunionedella task force con gli uominidella filiale italiana di RolandoBerger, il 77enne magnate delleconsulenze economiche, convo-cati insieme a professori bocco-niani FRANCHI |PAGINA 3

Stamattina alle 10 il governosvela il «patto educativo» - nonla riforma - sulla scuola. Si puòdiscutere fino al 15 novembre,poi da gennaio si parte. La mini-stra Giannini: «Vogliamo aboliregli scatti di anzianità degli inse-gnanti e basarli solo sul merito».Dell’assunzione di 100mila pre-cari, per ora, non c’è più traccia CICCARELLI |PAGINA 2

Con grande enfasi mediatica,il governo Renzi ha annun-ciato che è partita una nuova

«riforma» della Pubblica Ammini-strazione. In realtà, siamo in presen-za di un’operazione che ha un carat-tere, contemporaneamente, regres-sivo (come quella annunciata sullascuola) e di pura immagine, metten-do insieme provvedimenti che ridu-cono diritti dei lavoratori pubblici esindacali, come il ricorso alla mobi-lità obbligatoria e la riduzione deidistacchi e dei permessi sindacali re-tribuiti. CONTINUA |PAGINA 15

Da Berlino e Madrid ieri Alfanoha ricevuto il sostegno che cerca-va per Frontex plus, l’operazioneche sostituirà «da novembre»Mare nostrum nel controllo del-l’immigrazione nel Mediterraneo.In cambio la Germania ha ottenu-to il rafforzamento dei controllisulla frontiera tra i due Paesi.Mentre Grillo lancia l’allarme tbc CONTINUA |PAGINA 5

SCUOLA

Oggi alle 10si svelail misterorenziano

SVILUPPO ECONOMICO

Piano industriale,consulenti«alla tedesca»al ministero

INTERVISTA A MICHELA DE GIORGIO

Le donne al lavoronella Grande GuerraALESSANDRA PIGLIARU l PAGINA 10

IMMIGRAZIONE

Frontex plus,sì della Spagnae (condizionato)della Germania

REPORTAGE DALLA BIRMANIA

La lunga marciadelle donne d’AsiaLUCIANA CASTELLINA l PAGINE 8, 9

ANDER FOGH RASMUSSEN, L’«USCENTE» SEGRETARIO NATO PRONTO AL SUMMIT DI CARDIFF/REUTERS

GOVERNO E CGIL

Funzione pubblicadel sindacato

Corrado Oddi

BIANI

SIRIA |PAGINA 6

Dalle Alture del Golanal via l’offensiva jihadistaper la presa di Damasco.L’ambiguità d’Israele

MICHELE GIORGIO

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pagina 2 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

Roberto Ciccarelli

Alle 10 di questa mattina ilmistero renziano sullascuola sarà rivelato. Sul si-

to passodopopasso.italia.it ver-ranno pubblicate le «linee gui-da» del «patto educativo»: «Labuona scuola». E non chiamate-la «riforma della scuola», ha pre-cisato il presidente del Consi-glio. Le proposte verranno sotto-poste ad una consultazione pub-blica e online dal 15 settembreal 15 novembre. Nella legge distabilità, ha annunciato ieri Ren-zi nella sua newsletter «Enews»,verranno inserite le «prime risor-se» e da gennaio il governo si èimpegnato a produrre i primiprovvedimenti legislativi.

«Proporremo agli insegnanti -ha spiegato - di superare il mec-canismo atroce del precariatopermanente e della supplentite,ma chiederemo loro di accetta-re che gli scatti di carriera sianobasati sul merito e non sempli-cemente sull'anzianità: sareb-be, sarà, una svolta enorme». Ilpassaggio è sancito: dalla con-trattazione nazionale, e dallacarriera basata sull'idea di «ser-vizio pubblico», si passerà alla«meritocrazia»: un contratto vin-colante per l'individuo sia in ter-mini economico-finanziari (piùlavori, più vieni valutato, più vie-ni pagato) che in termini morali(l'insegnante, o lo studente,non «bravi» non sono «eccellen-ti» e «efficienti», e quindi verran-no esecrati?).

Per fare questo sarà necessa-rio introdurre dosi massicce divalutazione per «misurare» i«meriti» (e gli stipendi) di docen-ti e studenti (con le prove Inval-si). Ufficialmente per trasforma-

re insegnanti e famiglie in «co-munità educanti», altra espres-sione renziana. Concretamenteper delineare una società dei«controlli» e delle sanzioni pervalutare e punire i meriti e i de-meriti degli individui.

«Quella che stiamo elaboran-do non è l'idea di stabilizzare iprecari – ha detto ieri da Bruxel-les il ministro dell’Istruzione Ste-fania Giannini - Quello che vo-gliamo fare è mettere fine a que-sto metodo negativo che ha sof-focato la possibilità di crescitadella scuola italiana. Bisogna ve-ramente cambiare il sistema equesto si abbina a un cambiodelle regole del gioco».

L'esegesi di queste dichiara-zioni resta difficile perché con-trastano con l'annuncio di «sta-bilizzare» 100 mila precari dal-le graduatorie ad esaurimentoo abolire quelle di istituto. Trale righe forse si vuole attribuirela «supplentite» (altra invenzio-ne linguistica di Renzi) ai do-centi precari che da anni dan-no una parvenza di normalitàalla scuola italiana. Proprio co-me se fosse una malattia deisingoli, non una degenerazio-ne del sistema scolastico cheprecarizza 280 mila personenelle graduatorie e 337.458iscritte nella «terza fascia».

È anche probabile che il gover-no non abbia le risorse per fi-nanziare una simile impresa.Renzi ieri ha evocato il passepar-tout della «spending review»,una coperta stretta utile per tut-te le stagioni. Qualora riuscissenell’impresa, quella del gover-no sarà una normale attività disostituzione al lavoro delle90-100 mila persone che an-dranno in pensione dal 2015 al

2022. Resta da capire, e non èdetto che lo scopriremo questamattina, il destino riservato aiprecari che non rientrerannonella stabilizzazione-che-non-si-può-chiamare-stabilizzazio-ne. Si parla di una riforma del«reclutamento» dei docenti apartire dall'università. Un prov-vedimento reso necessario dalcaos disumano prodotto dai pre-

decessori della Giannini (Gelmi-ni-Profumo-Carrozza) sull'abili-tazione all'insegnamento dopola chiusura nel 2007 delle Siss.Oggi è frazionato tra Tfa, Pas,senza dimenticare gli «idonei» oi «vincitori senza cattedra» gene-rati dal «concorsone» del 2012.

Tra incognite e auspici, nelfrattempo si può apprezzare laportata ideologica dell'operazio-ne. La scuola, ha detto ieri Renzi,«è alfa e omega di tutto». Comenel 2008 con la riforma Gelmini,anche oggi la scuola – la cono-scenza e il suo rapporto conl'istruzione tecnica e professiona-lizzante – vengono usati come losfondo dove proiettare le ombredi un progetto neoliberale di so-cietà. In questa chiave si può in-terpretare la trasformazione deidirigenti scolastici in manager diuna scuola-azienda; l'introduzio-ne dell'inglese e dell'informatica(«coding» così si esprime Renzi)sin dalle materne; il «modello te-desco» con stage e apprendistatoa scuola (pallino della Gelmini,poi della Fornero, che riscuoteconsensi tra i sindacati). In atte-sa di capire come opererà l'«orga-nico funzionale a rete» prospetta-to ai neo-assunti o ai precari, almomento simile al «lavoro a chia-mata». Le fabbriche, come lascuola, funzionano già così.

Aspiranti fisioterapisti, logopedi-sti e infermieri stamattina parte-ciperanno stamattina ai test a ri-

sposta multipla necessari per iniziarea studiare nelle facoltà a numero chiu-so dedicate alle professioni sanitarie.Ci sono 85mila aspiranti studenti per25mila posti disponibili. Nel frattem-po gli esclusi dai test a medicina che sisono tenuti per la prima volta nelloscorso aprile, continuano a sperarenei ricorsi o frequenteranno facoltà af-fini in attesa del 2015, quando il testverrà abolito come promesso dal mini-stro dell’Istruzione e dell’universitàGiannini. Al suo posto è prevista unnuova modalità di numero chiuso chepassa per test ed esami a fine anno sul-l’esempio francese. La proposta è sta-ta contestata dai rettori per motivi logi-stici. Il modello francese è molto seve-ro: passa solo 1 studente su 5.

Contro i test d’accesso alle professio-ni sanitarie e alle facoltà di scienze del-la formazione oggi protesteranno glistudenti: «Esistono ragioni politica-mente credibili per escludere più di 60mila studenti dai corsi di laurea scel-ti?- domanda Riccardo Laterza, porta-voce nazionale della Rete della Cono-scenza - La bufala del merito e la vo-lontà di continuare sulla strada del de-finanziamento dell'università pubbli-ca non possono giustificare l'azzardo

che i test rappresentano per tutte e tut-ti. Non si può precludere così, con pro-ve arbitrarie e dannose, estese a moltopiù della metà dei corsi di laurea, lascelta del proprio percorso universita-rio a migliaia di studenti e studentes-se». La Rete della Conoscenza chiedela convocazione di un tavolo naziona-le di confronto per ripensare le politi-che del governo sull'istruzione. L’aboli-zione del test a Medicina viene defini-to «strumentale» dal portavoce del co-ordinamento universitario Link Alber-to Campailla: «Il ministro Giannini do-vrebbe affrontare il problema struttu-rale che porta a partecipare a questitest un numero spropositato di studen-ti rispetto alla scarsità di risorse e postidisponibili negli atenei . Il sistema nonfunziona». Gli studenti di Link hannoannunciato volantinaggi e azioni negliatenei da oggi e per i prossimi 20 gior-ni di test. «In Italia - sostengono Udu eRete degli Studenti medi - sono piùdel 57% i corsi a numero programma-to e continuano ad aumentare di annoin anno: il dato costituzionale per cuil'istruzione dovrebbe essere accessibi-le a tutti è rilevante solo sulla carta manon nella realtà».«Non basta ripensarei test - afferma Alberto Irone (Udu) - bi-sogna investire sull’orientamento». An-che loro protesteranno oggi contro«prove inique e fallaci».

L’ Italia è penultimain percentuale(8%) per volume

di spesa pubblica dedica-ta all’istruzione rispetto alcomplesso delle spesepubbliche totali. Dopo dinoi, nella graduatoria dei27 paesi europei, solo laRomania (7,4%). I dati del-l’Eurostat, l’istituto di sta-tistica europeo, sono rela-tivi al 2011 e ci dicono chei paesi europei hanno in-vestito nella scuola unamedia del 9,7%. Al primoposto per percentuale dispesa c’è Malta (16,75%),seguita da Cipro (14,42%),Estonia (13,16%), Danimarca (12,91%), Litua-nia (12,79%), Lettonia (12,13%), Irlanda(11,98%), Svezia (11,81%), Belgio (11,59%),Finlandia (11,45%), Polonia (10,97%), Slove-nia (10,35%), Austria (10,21%), Olanda(10,18%), Portogallo (10,16%) Spagna

(10,14%), Repubblica Ce-ca (10,14%), Germania(9,78%), Francia (9,77%),Slovacchia (9,59%), Re-gno Unito (9,49%), Bulga-ria (8,91%), Ungheria(8,87%), Croazia (8,63), ein coda Italia (conl’8,08%) e la Romania(7,47%).

Il rapporto dell’Ocseconferma i dati: con unaspesa per l’istruzione parial 9% del totale della spe-sa pubblica la penisola èal 31esimo posto su 32 pa-esi presi in considerazio-ne, contro una media Oc-se del 13%. Solo il Giappo-

ne è più avaro sulla scuola. L’Italia è sopra lamedia per la scuola dell’infanzia (nona su 34paesi) e la primaria (decima su 35), mentrescende sotto la media per la scuola seconda-ria (18esima) e per l’istruzione universitaria(24esima).

Scuola, svelato ilmisteroren

MILLENNIUM Giannini: «Non stabilizzeremo i precari, metteremofine al metodo negativo che soffoca la scuola italiana»Annunciazione •

Alle 10 di questa mattinapubblicate onlinele linee guida del «pattoeducativo» - non della«riforma» - propostodal governo.Verrannodiscusse fino al 15 novembre

8,08%

SPESA PUBBLICA · Per l’istruzione siamo sotto la media europea

Italia fanalino di coda nell’Ue a 27

EUROSTAT L’Italia èall’ultimo posto in Europa perpercentuale di spesa pubblicadestinata alla cultura (1,1% afronte del 2,2% dell’Ue a 27)e al penultimo posto perpercentuale di spesa inistruzione (l’8,08%)

MATTEO RENZIDURANTE LA SUAVISITA NELLASCUOLA DI TREVISO/SITO DEL GOVERNO

Università /INIZIANO LE PROFESSIONI SANITARIE

Numero chiuso, studenticontro i «test dell’azzardo»

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 3

Adriana Pollice

A veva promesso al se-gretario generale dellaFiom di bere un bic-

chiere d’acqua con lui e ierimattina Antonio Frosoloneha mantenuto la parola.Maurizio Landini si è pre-sentato a casa sua, a LagoPatria: «Abbiamo fatto unbrindisi - ha raccontato -, ve-dere che anche Landini si in-teressa alla mia situazione èla dimostrazione che i mieicompagni sono molto inte-ressati a me. Un bel gesto disolidarietà». Dal 22 agostol’operaio Fiat del reparto lo-gistico di Nola aveva comin-ciato lo sciopero della fame,della sete e delle medicine,sospendendo i farmaci peril cuore e il diabete. Sei annidi cassa integrazione senzaalcuna prospettiva di lavorohanno già prodotto due sui-cidi tra i colleghi di Antonio,accanto ad altri tentativi perfortuna non portati a termi-ne. Per convincerlo a inter-rompere la protesta ieri po-meriggio si è tenuta una ma-nifestazione nella parroc-chia di Pomigliano.

Viste le condizioni di salu-te, probabilmente Frosolo-ne ricomincerà a curarsi e,sotto osservazione medica,anche a nutrirsi ma la batta-glia per rompere il silenzio el’isolamento dei 300 lavora-tori del reparto punitivo diNola è ancora lunga: «Qual-che parlamentare ha presen-tato delle interrogazioni, laFiat dice che avvierà 60 po-stazioni, la verità è che i la-voratori sono disperati e sultavolo non c’è nessuna solu-zione - spiega Andrea Amen-dola, segretario regionaleFiom -. Dopo la marcia deiquarantamila nel 1980 ci fuun’ondata di licenziamenticon centinaia di suicidi.Chi ha il lavoro se lo tienestretto e non mostra alcunasolidarietà, se indiciamoun’assemblea se ne tengo-no lontani per paura di ri-percussioni».

Al Giambattista Vico le co-sa non vanno bene: sul piaz-zale della fabbrica di Pomi-gliano giacciono invendute10mila Panda, questo meseil settore A (dove si producel’utilitaria, l’unico dove si la-

vorava senza cassa integra-zione) dovrebbe fare unasettimana di cig e, a dicem-bre, ferie lunghe. Il nuovomodello Panda dovrebbe ar-rivare tra quattro anni, cheè un modo gentile per direche per ora non c’è nienteper il Vico.

La buona notizia è chequesta settimana sono tor-nati al lavoro sulle linee diproduzione di Pomiglianodieci degli iscritti Fiom cheavevano vinto la causa con-tro la Fiat per discriminazio-ne, i restanti nove verrannoassorbiti nei reparti dove silavora a rotazione con i con-tratti di solidarietà. «È la di-mostrazione che avevamoragione ma non è una vitto-ria - conclude Amendola -,bisogna riprendere da capoa costruire rapporti e lotte».

Per gli operai della ex Iri-sbus invece c’è ancora da

aspettare. I 300 lavoratori so-pravvissuti alla chiusura daparte del Lingotto della fab-brica che produceva bus nel-l’avellinese e i 200 della Bre-da Meranini di Bologna han-no ricevuto nuove rassicura-zioni, ma non c’è ancorauna data per la nascita dellanewco Industria Italiana Au-tobus. Al ministero della Svi-luppo economico c’è statoieri un incontro tra i parla-mentari irpini e il vicemini-stro Claudio De Vincenti,che ha assicurato la chiusu-ra dell’accodo entro l’anno.La partita si gioca tra Cnh In-dustrial (proprietaria deisuoli della Irisbus), Finmec-canica (che resta con il 20%,ma vorrebbe poi cedere lequote entro un paio d’anni)e King Long Italia, ramo lo-cale del colosso del traspor-to cinese. A rallentare la trat-tativa è la diffidenza dellaBreda, che ha le licenze. LaFiom attende la convocazio-ne al tavolo: «Nel piano in-dustriale c’è solo la costru-zione dei bus pollicino per icentri storici, accanto al re-vamping dei mezzi in circo-lazione e la personalizzazio-ne dei pullman dalla Cinada mettere sul mercato euro-peo. C’è poi il pericolo chesi giochi al ribasso sui salarinel nuovo contratto. Per noiil modello di riferimento èquello della Breda».

Massimo Franchi

I talia uber alles. Se MatteoRenzi guarda alla Germa-nia come modello della sua

riforma del lavoro - invece cheJobs act dovremo chiamarlo Ar-beit akt? - per il rilancio della di-sastrata politica industriale arri-va in soccorso la più importan-te società di consulenza teuto-nica. Ieri al ministero dello Svi-luppo economico si è tenuta laprima riunione della task forcevoluta dalla traballante mini-stra Federica Guidi per cercaredi stare al passo con i program-mi europei che puntano nel2030 a un 20 % del Pil continen-tale che venga dalla manifattu-ra. A presiederla gli uomini diRolando Berger - il 77enne ma-gnate delle consulenze econo-

miche. Assieme a loro un belgruppo di professori, guidatida una pattuglia di bocconianidoc: Carlo Altomonte e il giova-ne rampante e renziano Tom-maso Nannicini. Accanto a lo-ro siedono altri luminari dellascienza economica - comeGiorgio Barba Navaretti, esper-to di multinazionali - o ban-chieri - come Fulvio Coltorti -una vita a Mediobanca da Cuc-cia in poi.

La presenza più interessanteè quella di Maurizio Tamagni-ni, amministratore delegatodel Fondo strategico italiano,braccio operativo di Cassa de-positi e prestiti che come corebusiness avrebbe proprio quel-lo di aiutare le industrie italia-ne a rilanciarsi. Finora però loha fatto ben poco.

Ma come detto, a tirare le fi-la, dettare l’agenda e snocciola-re dati, ieri c’erano i consulentidi Rolando Berger Italia. Trince-rati dietro il più stretto riserbo,dalla sede italiana - una dellepiù proficue fra la trentina spar-se per il mondo - si fa notare ilfatto di essere l’unica societàpresente assieme ai professori.I tedeschi si sono offerti gratui-tamente: guadagneranno sem-plicemente dal fatto di pubbli-care uno studio assieme e perconto del governo italiano.

La scopo della task force è almomento alquanto generico:redigere entro fine novembreun documento per rilanciarel’industria italiana su cui poispetterà al governo l’ultima pa-rola. Ma la prima riunione hagià fatto capire a cosa puntanoi tedeschi. Se i sindacati - a pro-posito loro al tavolo non ci so-no, si prevede una sola audizio-ne più in là - denunciano datempo il rischio di una desertifi-cazione in settori fondamenta-li come la siderurgia (Lucchini,Ilva e Ast Terni stanno moren-do), l’auto (con la sola Fiat cheper giunta sta lasciando il pae-se), l’energia (Alcoa se ne va, e-On sarà la prossima), ieri si èparlato solamente di «dimen-sione d’impresa». Per i consu-lenti di Roland Berger Italia in-fatti il vero problema dell’indu-stria nostrana è che abbiamotroppe aziende piccole: sotto i50 dipendenti sono il 65% deltotale in Italia, solo il 30 % inGermania). «Piccolo non è bel-lo» perché secondo Roland Ber-ger è proprio la loro dimensio-ne ridotta a non farle investirein ricerca, a non aprire loro imercati internazionali. La ricet-ta per il futuro suggerita dai te-deschi è quella di crescere, didiventare grandi.

Un cambiamento di mentali-tà, dunque. Che andrà però fat-to come al solito a costo zero,perché di risorse a disposizio-ne per il progetto - al momento- non ce ne sono.

La prossima riunione è fissa-ta per fine mese. La speranza èche lì si inizi veramente a parla-re di come rilanciare i settoristorici dell’industria italiana.Sempre che tedeschi e bocco-niani siano d’accordo.

MILLENNIUM Per il rilancio della politica industriale arrivain soccorso una società di consulenza teutonica

Anna Maria MerloPARIGI

Ogni giorno una nuova tappa sulla strada dellasvolta a destra della Francia: l’ultimo episo-dio ieri con l’annuncio, da parte del ministro

del lavoro, dell’introduzione di maggiori controlli suidisoccupati che prendono il sussidio. «350mila offer-te di lavoro che non trovano nessuno in un paeseche conta 3,4 milioni di disoccupati, è una cosa in-sopportabile», ha affermato François Rebsamen.«Penso che i controlli debbanovenire rafforzati. Quando si è di-soccupati, nel senso del Bit, si de-ve cercare un impiego. Auspicoche venga verificato che i disoc-cupati cercano un lavoro. In ca-so contrario, verranno radiatidalle liste. Ad un certo punto, civogliono delle sanzioni», ha ag-giunto. Immediata la reazionedei sindacati. Laurent Bergé, se-gretario della Confédérationfrançaise démocratique du tra-vail (Cfdt), si è detto «atterrito»da questa mossa. Per la Con-fédération générale du travail(Cgt), si tratta di «indecenza, di mancanza di serietà».

Philippe Sabater, dello Snu di Pôle Emploi (l’agen-zia di collocamento pubblica) spiega: «Destra e sini-stra è sempre la stessa ricetta, le vecchie politiche pu-nitive sono di ritorno. Vengono spulciate le liste e co-sì abbiamo migliori risultati. Ma anche se queste po-litiche si tradurranno con un calo del numero dei di-soccupati, sarà artificiale e il problema ci esploderàin faccia come un boomerang». In realtà delle misu-re di controllo sono già all’opera: l’«accompagna-mento guidato» prevede una serie di appuntamentiobbligatori con i funzionari di Pôle Emploi e control-li specifici sulle azioni di ricerca attiva di un posto. Ilgoverno di destra di François Fillon aveva deciso del-le sanzioni dopo il rifiuto di due offerte di lavoro «ra-gionevoli» (ma il meccanismo ha funzionato male).

Pôle Emploi, da qualche mese, ha messo in operaun sistema di intercettazione automatica di «profili»a rischio, disoccupati che hanno caratteristiche di«pelandrone». Da un po’ più di un anno, in quattroregioni, è sperimentato un nuovo sistema di control-lo dei disoccupati, attraverso indagini su Internet,per verificare se è stata fatta una ricerca attiva di la-voro, se la persona si è iscritta ai siti di offerte di lavo-

ro ecc. In caso contrario, arriva la radiazione dalle li-ste, la prima volta per 15 giorni. Questo sistema po-trebbe adesso venire generalizzato a tutta la Fran-cia. I disoccupati in Francia sono ben di più della ci-fra data da Rebsamen: a luglio, erano 3,7 milioni dicategoria A (cioè senza nessuna attività), mentre sesi addizionano coloro che hanno lavorato qualcheora vengono superati i 5 milioni. Hollande aveva pro-messo di «invertire la curva della disoccupazione»entro la fine dello scorso anno: al contrario, la disoc-cupazione continua a crescere.

Le affermazioni di Rebsamenhanno alimentato ieri ancora lapolemica all’interno del Partitosocialista, dove una «fronda»sempre più consistente conte-sta la politica del governo. Il pre-mier Manuel Valls, che domeni-ca è invitato da Matteo Renzi al-la Festa dell’Unità di Bolognaper «rilanciare l’Europa» con «lasinistra europea», rischia di nonavere più la maggioranza all’As-semblea, quando dovrà far pas-sare la finanziaria 2015 (o sechiederà il voto di fiducia per ilnuovo governo).

Dopo una settimana di vita, il nuovo esecutivo Val-ls è già in difficoltà. Ieri sono cominciate le scuole edè ripartita la polemica sulla modifica dei «ritmi scola-stici», avviata l’anno scorso. Quest’anno dovrebbe ve-nire generalizzata in tutto il paese: per la materna ele elementari ci sarà scuola anche il mercoledì matti-na (che era tradizionalmente libero) e, in cambio,viene alleggerito l’orario giornaliero (8,30-16,30). Mala protesta cresce, per spirito conservatore, ma an-che perché i comuni hanno pochi soldi per proporreattività interessanti nell’ultima ora della giornata discuola, quando non ci sono più lezioni. Molti denun-ciano l’accentuazione delle differenze tra comuni po-veri e comuni ricchi (ma il problema esisteva anchecon il mercoledì libero: chi poteva permetterselo pa-gava corsi privati, dalle lingue straniere allo sport).

La destra ha trovato un nuovo angolo d’attaccocontro la nuova ministra, Najat Vallaud-Belka-cem, 36 anni, già accusata di difendere la «teoriadi genere» perché ha proposto l’«abc» dell’egua-glianza per combattere le discriminazioni di gene-re (una sindaca Ump ha regalato ai bambini dellasua cittadina una cartella blu con robot ai ma-schietti e rosa con le perline per le bambine).

zianoSVILUPPO ECONOMICO · Una task force con gli uomini di Rolando Berger

Il ministero chiamai manager alla tedesca

Modello tedesco •

Francia /VALLS ALLA FESTA DELL’UNITÀ DI BOLOGNA

Parigi sempre più a destra:radiati i disoccupati «pelandroni»

Insieme ai professoribocconiani, ierila prima riunionedella task forcevoluta da Guidi

GRANDI IMPRESE AL PALO Occupazioneferma e salari in diminuzione nelle grandi impreseitaliane. E’ la rilevazione dell’Istat relativa al mese digiugno. Un dato che non lascia ben sperare, se siconsidera che le indicazioni arrivate durante l’estatee fino all’ultima settimana hanno poi mostrato unrallentamento sensibile dell’economia italiana.Secondo la ricerca dell’Istat, a giugno l’occupazionenelle grandi imprese (in termini destagionalizzati)

resta invariata rispetto a maggio sia al lordo sia alnetto dei dipendenti in Cassa integrazione guadagni(Cig). Rispetto a giugno 2013, l’occupazione nellegrandi imprese diminuisce dello 0,8% al lordo dellaCig e dello 0,5% al netto dei dipendenti in Cig. Alnetto degli effetti di calendario, il numero di orelavorate per dipendente (al netto dei dipendenti inCig) diminuisce, rispetto a giugno 2013, dell’1,2%.Per quanto riguarda invece la retribuzione lorda per

ora lavorata a giugno si registra una diminuzionedello 0,5% rispetto al mese precedente. In terminitendenziali l’indice grezzo aumenta del 3,3%.Rispetto a giugno 2013 la retribuzione lorda e ilcosto del lavoro per dipendente (al netto deidipendenti in Cig) aumentano rispettivamente del2,2% e dell’1,6%. Considerando la sola componentecontinuativa, la retribuzione lorda per dipendenteaumenta, rispetto a giugno 2013 dello 0,4%.

LAVORO

La crisi dell’autodivora anchePomigliano e Iris

Landini va a trovarel’operaio Frosolone,in sciopero della setee della famedal 22 agosto scorso

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pagina 4 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

Silvio MessinettiCATANZARO

La destra è seduta sulla riva del fiu-me in attesa di veder passare il ca-davere del centrosinistra. Lucida

follia o pulsioni suicide? Chissà. In Ca-labria il Pd sta celebrando il suo psico-

dramma. Più che Tafazzi sembra Fan-tozzi. Un partito pronto a subire umi-liazioni pubbliche e private. Come giàdue anni fa, alle politiche, il centrosini-stra in testa a pochi metri dal traguar-do fa tutto per perdere le regionali. Eforse le perderà.

A quasi sei mesi dalla condanna inprimo grado a sei anni del presidentePeppe Scopelliti, tutto è in alto mare.Non si conosce la data delle elezioni,non si indicono i comizi, non si cono-scono i candidati. Un caos istituziona-le con due protagonisti: il Pd, appunto,e Antonella Stasi, la presidente facentefunzioni che fa e disfa dalla sera allamattina. Venti giorni fa aveva indicatoil 12 ottobre come election day per fareuno sgambetto al centrosinistra cheaveva fissato le sue primarie interneper il 14 settembre. Già, le primarie.Qui ne esistono di due tipi: quelle di co-alizione e quelle istituzionali, sanciteda un’astrusa legge elettorale regiona-le, su cui pende un giudizio di incosti-tuzionalità. Stasi aveva convocato leprimarie istituzionali a luglio, ma nes-suno aveva partecipato. Ci ha poi ripro-vato fissandole per il 21 settembre e ri-cevendo la partecipazione di FrancoCorbelli, del Movimento dei diritti civi-li, dell’ex sottosegretario all’Ambiente,Elio Belcastro, e, persino, di Mario Ma-iolo, consigliere regionale Pd e presi-dente di Legautonomie. Che si è candi-dato solo per poche ore, dopo aver rice-vuto il niet dal Nazareno. Il Pd naziona-le, con un comunicato al vetriolo, ave-va, infatti, intimato di «non partecipa-re alle primarie istituzionali previsteper il 21 settembre ma di fare solo quel-le di coalizione il 7 o il 14 settembre».Fosse facile. Perché quello che va inscena sotto il nome di primarie è in re-altà un congresso sottotraccia, guerreg-giato, animato da fazioni in perennelotta, una disfida all’ultimo colpo.

Un brutto spettacolo. Che non piaceper niente ai vertici del Pd, a Renzi inprimo luogo. E così si affaccia comeun’ombra l’ipotesi del “papa nero”,una figura super partes capace di met-

tere a tacere le frizioni interne e le op-poste fazioni, capeggiate da Mario Oli-verio, presidente della provincia di Co-senza, più volte sindaco di San Giovan-ni in Fiore, dalemiano- bersaniano- cu-perliano, e Callipo il giovane, Gianlu-ca, nipote di Pippo, il “re del tonno”.

E così domenica Luca Lotti, numerodue del Pd, e braccio destro di Renzi, siè avvicinato ad Oliverio e gli ha detto:«Senti Mario, noi pensiamo a un magi-strato per la presidenza della Regione,e crediamo sia meglio non fare le pri-marie per non spaccare il partito». Ilcolloquio tra il sottosegretario Lotti e ilcandidato Oliverio è avvenuto all’Ho-tel Ashely di Lamezia per poi prosegui-re in auto nel tragitto verso l’aeropor-to. Il nome del magistrato a cui pensaLotti è Salvatore Di Landro, procurato-re capo a Reggio. Apriti cielo. Oliverioè andato giù duro: «Avete deciso di fa-re le primarie in Emilia, perché non sipossono fare in Calabria? Qui da mesistanno giocando a farle saltare perchéhanno paura che a vincerle possa esse-re io. Ma nessuno, da Minniti a Gueri-ni, quando li ho incontrati a Roma miha detto che sul mio nome c’era unproblema, altrimenti mi sarei regolatodiversamente. Ora il treno è partito e

non ci sono le condizioni per fermarlo.Altrimenti deraglia». Oliverio e Lotti sisono lasciati all'ingresso dell’aeropor-to. Il primo in partenza verso Crotoneper continuare il viaggio elettorale, ilsecondo direzione Roma con una con-vinzione in più: le primarie sono l’uni-co modo per tenere unito il partito.

A sinistra del Pd, intanto, si assistesgomenti. C’è chi, come Gianni Spe-ranza, sindaco di Lamezia e dirigentenazionale di Sel, a queste primarie hacreduto, e continua, nonostante tutto,a crederci da candidato in campo. Madice «basta con le pantomime, il puntoè la data delle elezioni, le primarie ven-gono di conseguenza». Per poi lancia-re una bordata al Pd «per l’ambiguitàcon cui sta gestendo la situazione, inun congresso permanente, che consen-te a Stasi di giocare con le istituzioni».

Poi c’è il resto della lista Tsipras.Quelli che vedono le primarie e l’alle-anza con il Pd come fumo negli occhi.A cominciare da Rifondazione che lan-cia oggi il progetto L’altra Calabria. Lofa da Lamezia, a casa Speranza. «Selsta sbagliando i tempi - dice Pino Scar-pelli, segretario regionale Prc - Speran-za poteva essere il candidato della coa-lizione di forze sociali e partitiche cheha dato vita alla lista Tsipras. Ma dalleeuropee in poi, Sel ha iniziato a dera-gliare dal percorso comune. Noi siamoalternativi al Pd e coerenti». E si fannogià i nomi per il candidato presidente:dall’archeologo Battista Sangineto almedico per l’ambiente Ferdinando La-ghi al giurista Alessandro Mazzitelli.

POLITICA

EMILIA ROMAGNARichetti: «A Bonaccinisostegno preventivo»

«Prendo atto, come prendono attotutti, che in queste ore tutto il grup-po dirigente del partito si sta ogget-tivamente compattando e a medispiace perché noi abbiamo mes-so in campo alcune proposte, ab-biamo parlato di sanità, di innova-zione, di imprese, di formazione e

di welfare. Stefano presenterà le sue nei prossimi giorni e pri-ma ancora che possa esserci un confronto di idee c’è già unposizionamento preventivo». Così Matteo Richetti, renzianocandidatosi alle primarie del centrosinistra per la candidaturaa presidente dell’Emila Romagna. Il deputato si rammaricaper il sostegno che il Pd emiliano - lettiani compresi, almenoè questo l’orientamento prevalente - sta invece dando appun-to a «Stefano», cioè Bonaccini, renzianissimo, responsabileenti locali nella segretaria nazionale del Pd. E Richetti, inun’intervista a a Radio Città del Capo, lamenta anche: «Vuoldire che qualcuno si ritiene maggiormente appartenente auna comunità politica e qualcun altro ormai da tempo vieneconsiderato un po’ ai margini». Risponde, via twitter, StefanoBonaccini: «La maggioranza dei sindaci dell’Emilia Romagnami sosterrà alle primarie. Sono apparato anche loro che sonstati eletti dai cittadini?».

L’AQUILA · Possibili infiltrazioni per difetto costruttivo. Rischio evacuazione per tutti gli abitanti

Le new town già vecchie. Crolla un balcone

CALABRIA · Scontro nel Pd, polemiche a sinistra. E non si conosce nemmeno la data delle elezioni

Un caos chiamato primarie

FESTA DELL’UNITÀ

D’Alema bocciagoverno e partito«del premier»

Fallisce la missionedel renziano Lottiper evitare spaccaturemettendo in pistaun magistrato

BOLOGNA

I l ragazzo si applica, però...Alla Festa dell’Unità di Bolo-gna è il giorno di Massimo

D’Alema e l’illustre «rottamato»,sfumata anche la nomina a MrPesc, non si lascia pregare per as-sestare le sue bordate nei con-fronti di Matteo Renzi. «Il gover-no compie indubbiamente deglisforzi. Poi i risultati, sicuramen-te, per ora non sono risultati sod-disfacenti». Tutti rimandati a ot-tobre, dunque, quando arriveràla manovra e «lì si capirà me-glio». E una. Ma il problema nonè solo il governo, perché «io cre-do nel ruolo dei partiti, credoche un partito non possa essereil movimento del premier». Men-tre il Pd renziano visto da D’Ale-ma è una corte o giù di lì: «I parti-ti dovrebbero avere una loro vi-ta democratica, dei loro organi-smi dirigenti, sostanzialmente ilPd in questo momento non hauna segreteria, ma un gruppo dipersone che sono fiduciarie delpresidente del consiglio. In que-sto modo il partito finisce peravere una vita molto stentata».Per carità, Renzi ha un grandeconsenso. Per ora... Perché l’exleader dei Ds sul futuro nonscommette e, velenosetto, spie-ga: «Il consenso è importantissi-mo, ma i partiti sono comunitàdi persone che durano nel tem-po, al di là del consenso che pos-sono avere in un’elezione e ma-gari un po’ meno in quella suc-cessiva, il consenso sempre dipiù è un dato fluttuante e pro-prio per questo occorre unastruttura organizzata, una comu-nità che discute». I renziani nonla prendono bene e parte il coroper esaltare i risultati ottenutidal leader.

L’ex premier e ex ministro de-gli esteri dal canto suo non si ri-sparmia una lezioncina sulla vi-cenda dei due marò, «dolorosa eanche umiliante per il nostro pa-ese», una vicenda «che si sta tra-scinando da troppo tempo e do-vrebbe risolversi attraverso unastringente trattativa con l’In-dia». Ma insomma, che ne pen-sa D’Alema di Federica Mogheri-ni? «Ha esperienza, è cresciutanel lavoro internazionale del no-stro partito. Non la si deve consi-derare soltanto come una perso-na che da qualche mese si occu-pa di politica estera nel gover-no». Però «la politica estera nonè una competenza europea. Èuna competenza nazionale e trai governi nazionali ce ne sono al-cuni, la Francia, il Regno Unito ela Germania che la politica este-ra europea la vogliono fare lo-ro». E comunque «il dominusdelle nomine è stata la signoraMerkel. Noi possiamo vantaredi aver fatto cose brillanti, matutti i vertici europei sono nellemani di personalità forti, speri-mentate e conservatrici. Non èun gran risultato per i socialisti».Altra bordata. E ce n’è anche perEuropa e per il suo ex portavoceFabrizio Rondolino, che sul quo-tidiano ha scritto che la nominadi Mogherini a Mrs Pesc è la finedella carriera politica di D’Ale-ma. Risposta dell’interessato al-l’intervistatore che lo interrogasu queste non piacevoli conside-razioni: «Mi fa piacere che lei sioccupi anche di stampa clande-stina...». Il presunto direttore inclandestinità, Stefano Menichi-ni, ribatte via twitter: «Mi sa cheavevamo ragione, a MassimoD’Alema non è piaciuto com’è fi-nita quella storia del Pesc».

L’AQUILA

Si è staccato di netto, ed èfinito al piano di sotto.Non c’è stato bisogno di

una scossa, né di una folata divento come quelle che novemesi fa avevano portato viacinque lastre di metallo pesan-ti 30 kg l’una che coprivano itetti. Apparentemente è cadu-to da solo, il balcone di legno alsecondo piano di una palazzi-na prefabbricata post-sismanella frazione aquilana di Cesedi Preturo. Fortunatamente sulbalcone al piano di sotto nonc’era nessuno. L’insediamentodi Cese di Preturo è una delle19 cosiddette New town costru-ite dopo il terremoto del 6 apri-le 2009 al costo di 2700 euro almetro quadro e costituito dacirca 4500 alloggi per dare untetto a circa 16mila aquilani ri-masti senza casa.

Sul posto sono accorsi i vigilidel fuoco per chiarire come siastato possibile il crollo improv-

viso. Che ovviamente ha susci-tato molta preoccupazione tragli abitanti delle case di Pretu-ro. Sul posto è arrivato anche ilsindaco dell’Aquila, MassimoCialente, va verificato se «c’èun problema strutturale», haosservato.

In attesa delle verifiche, lafamiglia che abita al primopiano della palazzina è statasgomberata. Al secondo pia-no sono stati apposti i sigilli al-la porta del balcone precipita-to. Non solo: sono anche statiinvitati gli altri aquilani cheabitano negli alloggi dello stes-so tipo a non uscire sui balco-ni in attesa dei controlli chepotrebbero anche portare al-l’evacuazione di tutti gli abi-tanti. Oggi si svolgeranno leanalisi e si sopetta un difettocostruttivo, ha spiegato anco-ra Cialente, «legato alla man-canza della guaina e quindidell’isolamento, che ha per-messo infiltrazioni che hannoindebolito il legno». Ci sarà an-

che un’inchiesta della magi-stratura, il sindaco ha annun-ciato una denuncia all’autori-tà giudiziaria». Le indicazioniprogettuali per la realizzazio-ne del progetto case erano sta-te date dall’allora premier Ber-

lusconi. Le polemiche sullenew town, a partire dai costi,sono nate insieme al proget-to. Gli insediamenti sono statirealizzati con un bando coper-to da un finanziamento del-l’Ue di circa 500 milioni.

/FOTO TAM TAM

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 5

Leonardo Vecchiolla, detto«Chucky», giovane attivi-sta di 26 anni, si è ucciso

ieri sparandosi un colpo di ar-ma da fuoco alla tempia nellacasa dello zio in via Intonti adAriano Irpino. «Chucky» vivevaa Chieti insieme alla compagnacon la quale ha avuto un figlioche oggi ha un anno. Vecchiollaera stato arrestato a Chieti nel2011 per gli incidenti del 15 ot-tobre in piazza San Giovanni aRoma tra manifestanti e forzedell’ordine. Pesantissime le ac-cuse: tentato omicidio del cara-biniere che guidava il blindatodato alle fiamme, devastazione,saccheggio e resistenza. Era sta-to scarcerato il 16 novembre2011 dal tribunale del riesame.Video e fotografie che lo ritrae-vano a volto scoperto e lontanodal furgone in fiamme lo hannoscagionato. Chucky si è sempredichiarato estraneo ai fatti.«Chucky ieri sera ha deciso di la-sciarci. Ha deciso di spezzare lecatene della repressione per vo-lare libero» ha scritto l’Osserva-torio contro la Repressione. Inun messaggio di commiato i 99Posse hanno ricordato che Leo-nardo è stato attivo nelle lottecontro l’inceneritore di Acerra econtro la discarica di DifesaGrande ad Ariano Irpino. «Ci re-sta tanta rabbia e tristezza - scri-vono i 99 Posse - per il terzo sui-cidio di un giovane impegnatonelle lotte sociali, un fenomenoche chiama tutti noi a una rifles-sione doverosa». «Il sequestrodi stato che perdura da quasimille giorni mi impedisce didargli l’ultimo saluto - scrive Da-vide Rosci detenuto per gli scon-tri del 15 ottobre - So cosa signi-fica essere accusato ingiusta-mente e per reati che non do-vrebbero esistere nel nostro or-dinamento giuridico perchè fi-gli del fascismo. Che la terra tisia lieve compagno Chucky, perte continueremo a resistere».

Andrea Fabozzi

Cinquecentosettanta voti: tanti ne servo-no al parlamento in seduta comune pereleggere i due giudici costituzionali che

non riesce ad eleggere da tre mesi. Gli stessi vo-ti, anzi meno visto che il quorum dei 3/5 in que-sto caso è calcolato sui votanti, servono per sce-gliere gli otto componenti «laici» del nuovoConsiglio superiore della magistratura; quellonuovo è rimasto in carica proprio inconseguenza del ritardo delle camereed è la prima volta che succede nellastoria della Repubblica. Paradossi dellelarghe intese: Pd centristi e Forza Italiariescono ad accordarsi su quasi tutto,dalle riforme costituzionali a quelle sul-la giustizia alla legge elettorale, ma nontrovano l’intesa «costituzionale» sugliorgani di garanzia. Succede perché lenomine vengono giocate su più tavoli eservono ai partiti per suggellare altri ac-cordi. E così giudici costituzionali econsiglieri del Csm devono servire a «fa-cilitare» le riforme, ecco spiegata la se-rie di votazioni in bianco, già sei per laConsulta e tre per il Csm.

Il 10 settembre il parlamento è nuo-vamente convocato in seduta comune,e il presidente della Repubblica ieri hainvitato con forza a non perdere altrotempo. Si tratta, ha scritto Napolitanoai presidenti di senato e camera, di«adempimenti non ulteriormente diffe-ribili». Anche perché era stato proprioNapolitano a prorogare in vita il Csm, aluglio, malgrado lui stesso pochi giorni primaavesse raccomandato al vecchio Consiglio (dicui è presidente) di non accelerare certe nomi-ne delicate (procuratore capo di Palermo) in vi-sta della nuova consiliatura. Che invece deveancora partire: i magistrati hanno eletto i lororappresentati ma i parlamentari ancora no. An-zi ufficialmente è per questo che il governo hascelto di rinviare la presentazione della riformadel Csm, una «rispettosa attesa» che è tornata

utile per rimandare un sicuro scontro nellamaggioranza.

I due giudici costituzionali mancanti dovreb-bero invece ricostituire quel plenum della Con-sulta che manca da oltre due mesi, fondamen-tale in vista di decisioni importanti. Per esem-pio quella sulla costituzionalità della legge elet-torale per i parlamentari europei, un giudizioche ha parecchi punti di contatto con quelloche ha mutilato il Porcellum: il relatore di quel-

la storica sentenza - il giudice Tesauro - è ades-so presidente della Corte, ma è prossimo allascadenza. A novembre, infatti, Napolitano sitroverà nella straordinaria condizione di poternominare ancora due giudici costituzionali (ilsuo quarto e il suo quinto) e la Consulta finiràcon l’essere rinnovata per quattro quindicesi-mi rispetto a inizio anno.

La lettera di Napolitano è solo l’ultimo dei ri-chiami al parlamento. «È indispensabile - scri-

ve adesso il capo dello stato - che le forze politi-che, benché pressate da numerosi impegni, de-dichino nel corso di questa settimana l’atten-zione necessaria per compiere le loro scelte egarantire l’esito positivo delle prossime votazio-ni». Grasso e Boldrini hanno aggiunto la loro«totale condivisione» e hanno girato la missivaai capigruppo, in vista della ripresa dei lavori.Le trattative riprenderanno. Pd e Forza Italianon intendono rinunciare alle loro caselle, e

per la Consulta i nomi che re-stano sulla bocca dei parlamen-tari sono ancora quelli dell’expresidente della camera Lucia-no Violante e del senatore ber-lusconiano Donato Bruno. Peril Csm la suddivisione classicaprevede 5 consiglieri alla mag-gioranza e 3 all’opposizione. IlPd ha in squadra il maestro diprocedura penale Fiandaca,giurista tra i più critici del pro-cesso palermitano sulla trattati-va stato mafia, convinto a corre-re per le europee dal ministrodella giustizia Orlando ma allafine non eletto. Il suo è un no-me buono per la vice presiden-za del Consiglio. Così come losarebbe quello dell’ex ministraSeverino, casella che può an-dar bene a una parte dei centri-sti - non tutti - che pure chiedo-no spazio al Pd. Resterebberoesclusi dai giochi i voti di Sel(una trentina tra camera e sena-

to) e soprattutto quelli del Movimento 5 stelle(quasi 150), che invece potrebbero offrire al Pdun’alternativa all’alleanza con i berlusconiani,non ci fossero in ballo gli accordi del famoso«patto del Nazareno». Intanto va a merito deigrillini l’aver presentato candidature ufficiali,offerte al giudizio della rete dal capo del Movi-mento. Proposte quasi sempre ottime che so-no state le uniche a raccogliere qualche votonelle nove precedenti, e inutili, votazioni.

POLITICA

COSTITUZIONE · Rimpianti Pd per il vecchio art. 81 NOMINE · Pd e Forza Italia cercano un’intesa che faciliti le riforme. Tra una settimana gli scrutini

Consulta e Csm, l’altra faccia del patto

UN ARRIVO DI IMMIGRATI A POZZALLO/FOTO REUTERS

Napolitano pressa il parlamento: i partitisi concentrino, le scelte (8 consiglierie 2 giudici) non possono più essere rinviate

IMMIGRAZIONE · Alfano ottiene l’appoggio tedesco promettendo in cambio più controlli alla frontiera con la Germania

Il sì di Berlino e Madrid a Frontex plus

Approvato ad agosto in senato, il disegno di legge governativo che riforma unterzo della Costituzione è in attesa di essere esaminato dalla camera. Dove ungruppo di deputati vicini all’ex segretario Bersani ha annunciato che riproporràun emendamento rimasto fuori dall’iter del senato. Punta a cambiare l’articolo81 della Costituzione, dove due anni e mezzo fa (governo Monti) fu velocementee a furor di parlamento (14 voti contrari totali in 4 letture) inserito l’obbligo delpareggio del bilancio dello stato. Nessun trattato né accordo europeo chiedevatanto al nostro paese, che ha voluto strafare scolpendo la regola aurea dell’au-sterità nella carta costituzionale - inutili allora gli appelli ai parlamentari Pd per-ché consentissero almeno il referendum confermativo. Un esiguo gruppo del Pdaveva già provato a emendare il disegno di legge costituzionale del governo alsenato, ma la presidente Pd della prima commissione aveva respinto l’emenda-mento. i deputati Fassina, Lauricella e D’Attorre ci riprovano adesso, intervenen-do sul comma 2 del nuovo articolo 81 «in modo che sia possibile l’indebitamen-to da parte dello stato per fare investimenti, d’altra parte è in linea con quantodice Renzi». All’annuncio dell’iniziativa, ecco subito la replica del deputato renzia-no Giachetti: «La riforma dell’art. 81 fu votata dal Pd con Bersani segretario eFassina responsabile economia. Il ritorno dei compagni che sbagliano?». Contro-replica di Fassina: «All’epoca non ero parlamentare, fui contro il pareggio di bi-lancio in Costituzione e i rigoristi del Pd chiesero le mie dimissioni». «Ma l’artico-lo 81 fu modificato e tu non ti dimettesti», insiste Giachetti. E un altro renziano,il senatore Tonini, ricorda che era proprio di Bersani la prima firma in calce allaproposta di modifica in senso rigorista della Costituzione. Chiusura di Fassina:«Fu un grave errore, lo dissi a Bersani. Comunque ora cancelliamolo».

L’attacco leghista diBeppe Grillo ai migranti:«Il ritorno delle malattieinfettive #tbcnograzie».«I nostri nonni confinatia Ellis Island»

15 OTTOBRE 2011

Il suicidiodi LeonardoVecchiolla

ROMA

La missione in Europa del ministro degliInterni, Angelino Alfano, alla ricerca diun sostegno per la nuova agenzia Fro-

tex plus ha dato i suoi frutti. A Berlino e a Ma-drid, il titolare del Viminale ha ricevuto daisuoi omologhi – il tedesco Thomas de Maizie-re e lo spagnolo Jorge Fernandez Diaz – il pie-no appoggio all’operazione che da novem-bre, secondo i desiderata europei, sostituiràMare nostrum per il controllo delle frontierenel Mediterraneo, così come deciso il 27 ago-sto scorso a Bruxelles nell’incontro con lacommissaria europea agli Affari interni Ceci-lia Malmstrom.

In cambio, de Maiziere ha chiesto e ottenu-to dal governo italiano la collaborazione dellesue forze di polizia per stroncare il traffico ille-gale di migranti dall’Italia verso la Germania.Nel Paese, infatti, – ha rivelato il governo diBerlino – decine di tassisti e conducenti di au-to a noleggio perlopiù veneti sono stati arre-stati, soprattutto nelle ultime settimane, conl’accusa di favoreggiamento dell’immigrazio-ne clandestina per aver accompagnato oltreconfine centinaia di migranti e profughi - inmaggior parte siriani - che avevano pagatoper il tragitto. A Madrid, invece, da presidentedi turno del Consiglio dei ministri dell'Inter-

no dell'Ue, Alfano ha ottenuto un terzo sì do-po quello del francese Bernard Cazeneuve:«Ho assicurato l'appoggio della Spagna alFrontex plus, che subentrerà a Mare Nostrum– ha dichiarato in serata il ministro Diaz – e lanostra disponibilità a fornire mezzi marittimi,terrestri e aerei, con l'impegno della GuardiaCivil». Rincuorato, Alfano ha azzardato che ilnuovo dispositivo – che dovrebbe agire sudue aree di intervento: il canale di Sicilia (co-perto, nel precedente Frontex, dall’operazio-ne Hermes) e il mar Jonio (operazione Aene-as) – «potrebbe essere operativo a novem-bre». E il governo di Madrid – ha promesso ilministro spagnolo – dirotterà i mezzi che ave-va previsto di impiegare nelle operazioni Her-mes e Guinea di pattugliamento nel Mediter-raneo centrale su Frontex plus, «perché – hadetto Fernandez Diaz – tutti gli Stati europeiapportino risorse per far fronte alla realtà del-l'immigrazione irregolare e di massa attraver-so il Mediterraneo».

Ma mentre a Berlino de Maiziere spiegavache «l'Italia in questo momento ha un ruolo

di particolare responsabilità sul fronte dell’im-migrazione e gode del nostro pieno appog-gio», i social media italiani entravano in fibril-lazione per un post di Beppe Grillo che ripren-de l’ultima sciocchezza leghista. Col titolo «Ilritorno delle malattie infettive #tbcnograzie»,nel post Grillo parla di «porte spalancate» agliimmigrati, del ritorno della tbc e di poliziottia cui «non vengono forniti neppure gli stru-menti minimi di profilassi». «I triti e ritriti con-fronti degli italiani come popolo di migrantiche deve comprendere, capire, giustificarechiunque entri in Italia, sono delle amenità ti-rate in ballo dai radical chic e dalla sinistrache non pagano mai il conto e da chi non vuo-le affrontare il problema. – scrive il capo delM5S – Quando i nostri bisnonni approdava-no negli Stati Uniti, Paese della Libertà, dopoaver visto la Statua con la fiaccola accesa, ve-nivano subito confinati a Ellis Island in qua-rantena».

Della quarantena, i ministri dell’Interno te-desco e italiano non hanno ancora parlato.Né sembra abbiano affrontato il problema di

come salvare la vita a chi la rischia sulle carret-te del mare. Piuttosto invece «tutti gli Stati de-vono rispettare le regole di Dublino II, cioèprendere le impronte, registrare gli arrivi an-che con foto», ha detto il ministro tedesco se-condo il quale è ora di «mettere fine» alle ac-cuse reciproche «e cooperare per trovare unasoluzione comune». «L'Italia sopporta il pesomaggiore con Mare Nostrum e ha bisognod'appoggio – ha dichiarato de Maiziere - Enoi possiamo sempre dire di avere un nume-ro molto superiore di richiedenti asilo. E nes-suno dei due argomenti è sbagliato». Le noti-zie di decine di migranti siriani passati attra-verso la frontiera a bordo di taxi italiani «nonsi possono ridurre a un episodio», sostieneDe Maiziere: «Abbiamo – ha detto – ogni gior-no diversi casi scoperti dalla polizia tedescadi persone che dicono di venire dall'Italia.Una tale forma incontrollata di immigrazionenon è nell'interesse della Germania, né del-l'Italia o dell'intera Europa». A questo punto ilproblema è comune. Dunque «come Germa-nia siamo pronti a dare un sostegno a Fron-tex Plus, ma anche l'Italia e altri Paesi del Me-diterraneo si impegnano a registrare i richie-denti asilo». Alfano incassa, esulta perché «fi-nalmente l’Europa torna a presidio della fron-tiera del Mediterraneo», e promette «tutta lanostra cooperazione di polizia». e. ma.

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pagina 6 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

Chiara Cruciati

La guerra tra Isis e Stati Unitivive un’altra barbarie: ierisera il secondo ostaggio sta-

tunitense, il reporter StevenSotloff, sarebbe stato ucciso daimiliziani di al-Baghdadi. Decapi-tato, come prima il giornalista Ja-mes Foley. Un video mostrereb-be un miliziano vestito di nerouccidere con un coltello Sotloffin un luogo desertico, probabil-mente in Iraq. Per ora non ci so-no conferme dell’esistenza del vi-

deo, nuovo messaggio-minacciaa Washington, impegnata negliultimi giorni in raid per la libera-zione della città sciita turkmenadi Amerli, dove lunedì è andatain scena la guerra civile irache-na, la stessa che infiamma Ba-ghdad di esplosioni e morte.

È andata in scena dopo la finedi un assedio jihadista lungo duemesi: quasi a rivendicare quellavittoria – la liberazione di 15milaturkmeni – è stato il redivivo expremier Nouri al-Maliki, uno deiprincipali responsabili dell’attua-le caos, passato in una manciatadi mesi da amico fidato diWashington a capro espiatoriodei mali del paese.

Lunedì, mentre la gente cele-brava la scomparsa delle bandie-re nere dai tetti, Maliki (ancorain carica fino alla nomina delnuovo governo, prevista per l’11settembre) arrivava a sorpresa at-tirando l’attenzione di una comu-nità stremata, da settimane im-pegnata a difendere con le armila vita. Il giorno precedente unastrana alleanza aveva spezzato laresistenza dell’Isis: peshmergakurdi, esercito iracheno, raid sta-tunitensi e milizie sciite hannoaperto la strada per Amerli ai sol-dati governativi che hanno porta-to con sé camioni di cibo e ton-nellate di acqua potabile. Tra lemilizie presenti, anche gruppi ar-mati addestrati dall’Iran e gestitidai pasdran e il leader religiosoMoqdata al Sadr, o meglio, la suapersonale milizia, le Brigate dellaPace, nate dall’Esercito al-Madhiattivo negli anni dell’occupazio-ne statunitense.

Ad al Sadr e a Teheran lo showdi Maliki – comparso al momen-to dei festeggiamenti, nel chiarotentativo di rivendicare ufficiosa-mente quella vittoria – non deveessere piaciuto, nonostante inpassato l’Iran abbia usato il pre-mier per radicare la propria in-fluenza su Baghdad. Entrambi la-vorano da mesi per vederlo estro-mettere da un potere esercitatoper otto anni. Nel video manda-to in onda dalla tv di Stato, si ve-de Maliki in piedi su una scriva-nia con alle spalle un poster conil volto dell’Ayatollah al-Sistani(che nei due mesi appena passa-ti ha fatto pressioni dirette perl’allontanamento di Maliki) chedistribuisce premi e promozioniai combattenti: «Rendo onore al-la vostra resistenza e pazienzacontro quelle bestie – ha detto al-la folla in festa – Tutto l’Iraq saràuna tomba per quegli infedeli».

Oggi Amerli è il nuovo simbo-lo della resistenza sciita, la Stalin-grado irachena, la chiamano i re-sidenti. Un buon punto di par-tenza per un Maliki messo all’an-golo. E mentre l’ex premier tentala via popolare, forze kurde e mi-lizie armate sciite – tra cui le Bri-

gate di al Sadr e le Asaib Ahel-al-Haq, riferimento iraniano – conti-nuano nella controffensiva con-tro l’Isis: è tornata in mano gover-nativa anche la città di SuleimanBek, dove ieri i volontari sciitihanno avviato un’operazione dipulizia da mine, ordigni e jihadi-sti ancora presenti. La cittadinaera stata presa dall’Isis dopoun’occupazione lunga un annocondotta dai baathisti dell’Ordi-ne Naqshbandi, gruppo guidatodal vice di Saddam Hussein, Iz-zat Ibrahim al-Douri. La miliziadi fedelissimi dell’ex rais, alleato-si con l’Isis sperando di usarloper cacciare da Baghdad il gover-no sciita, aveva consegnato la cit-

tà ai miliziani qaedisti nelle scor-se settimane.

Ripresa anche la strada di col-legamento tra Baghdad e Kirkuk,a nord di Suleiman Bek, oggi inmano dei peshmerga dopo l’oc-cupazione ufficiosa da parte del-la regione del Kurdistan, mentrefonti a Mosul hanno dichiaratoalla stampa irachena che i jihadi-sti avrebbero abbandonato i loroquartier generali in città per il ti-more di bombardamenti, dopo illancio di volantini dai jet Usache annunciano ai residenti unacampagna aerea contro le posta-zioni dell’Isis, campagna che lamorte di Sotloff potrebbe incre-mentare. Ma la strana alleanza

per la liberazione dei villaggi del-la provincia di Salah-a-din diffi-cilmente potrebbe reggere, vistala chiara avversione dell’ammini-strazione Obama a vedere i pro-pri interessi convergere con quel-li iraniani e (indirettamente) si-riani. Le mani in pasta potrebberinfilarle anche l’Arabia saudita,principale accusato di aver finan-ziato gruppi islamisti in Siria eIraq: il principe Salman bin Ab-dul Aziz è vicino alla firma di uncontratto da 2,3 miliardi di eurocon il governo francese. Armiche ufficialmente andranno al-l’esercito libanese impegnato alconfine con la Siria ad evitare of-fensive dell’Isil.

MEDIO ORIENTE

Michele Giorgio

Resta paralizzata la situazioneai piedi delle Alture del Go-lan siriane. Deciso ad alzare

il tiro anche contro le forze interna-zionali, il Fronte al Nusra, ramo si-riano di al Qaeda, ha prima rivendi-cato il sequestro di oltre 40 caschiblu (Undof) delle Fiji e ora chiedecome riscatto la sua rimozione dal-la lista nera delle organizzazioniterroristiche delle Nazioni Unite,aiuti per le sue roccaforti nei pressidi Damasco e risarcimenti econo-mici per tre dei propri membri ri-masti feriti negli ultimi giorni. La li-berazione dei militari delle Fiji per-ciò non appare imminente nono-stante le intense trattative che van-no avanti da giorni.

Stretto alleato dell’Esercito libe-ro siriano (Els), la milizia agli ordi-ni della Coalizione Nazionale del-l’opposizione, il Fronte al Nusra èsimile, ideologicamente, allo StatoIslamico. Entrambe le organizza-zioni, figlie di al Qaeda, si rifannoal salafismo più rigido e puntanoalla costruzione del Califfato. Tutta-via il comandante di al Nusra, AbuMohammad al Joulani, a differen-za del suo rivale Abu Bakr al Ba-ghdadi, l’emiro dello Stato islami-co, ha una agenda più «nazionale».Joulani e al Baghdadi sono nemicigiurati e i jihadisti di al Nusra e del-lo Stato Islamico si combattono daoltre un anno senza sosta per ilcontrollo di vaste aree della Siria.Al Joulani, su ordine del capo di alQaeda, Ayman al Zawahry, ha stret-to più di due anni fa un’alleanzastrategica con l’Els, armato e gene-rosamente finanziato dai principa-li paesi del gruppo «Amici della Si-ria». Alleanza che ha consentito adal Nusra, che pure figura nell’elen-co internazionale delle organizza-zioni terroristiche, di guadagnarsiuna sorta di immunità agli occhidei governi occidentali.

Nella Siria meridionale si decide-rà con ogni probabilità il futuro del-la guerra civile in un paese che giàvede il 30-35% del suo territorio el’80% delle sue risorse petroliferenelle mani dello Stato Islamico. Icomandi delle forze armate gover-native sono consapevoli della po-sta in palio e stanno tentando, an-che con raid aerei spesso indiscri-minati, di riprendere il controllodella città vecchia di Quneitra e del-l’omonimo valico sulle Alture del

Golan, unico punto di transito trala Siria e Israele, conquistato neigiorni scorsi da al-Nusra insiemealla Brigata Falluja-Houran, il Fron-te Rivoluzionario Siriano, Sarayaal-Jihad, Bayt al-Maqdis e Ahrar al-Sham. Damasco ha inviato rinforzialla 90esima Brigata e alla SettimaDivisione per impedire la conqui-sta anche della nuova città di Qu-neitra e per rendere più forti le li-nee governative a Khan Arnaba eHamdani. Da tempo si parla diuna grande offensiva, nota come«La Promessa Sincera», di jihadistied Esl (riforniti di armi e addestratiin Giordania, anche da «consiglie-ri» militari Usa) che da sud dovreb-be puntare a conquistare Dama-sco che dista meno di 100 km.

Che attraverso la nuova offensi-va militare al Nusra stia cercandodi contenere la popolarità intrisadi sangue dello Stato Islamico nelnord della Siria, è confermato dalfatto che è riuscito a mobilitare fa-zioni islamiche rimaste assenti permesi dai combattimenti nella regio-ne meridionale, in particolare a Da-raa. I qaedisti, dopo le sconfitte su-bite nel centro del Paese e lungo ilconfine con il Libano, sono tornatia farsi sentire anche a nord di Da-masco, zona di Hama, e hanno lan-ciato un attacco a sorpresa controil villaggio cristiano di Mhardeh. Sicombatte di nuovo anche a Ghou-ta Est dove le brigate di Jaysh al-Islam, Ajnad al-Sham, Al-RahmanLegion, Alhabib al-Mustafa e Ahraral-Sham si sono fuse in un unicogruppo armato sotto il comandodi Zahran Alloush, il leader delFronte Islamico. Raggruppamentocreato e armato dall’ex capo dell’in-telligence saudita Bandar bin Sul-tan per unificare le forze islamisteche combattono l’esercito governa-tivo, ad eccezione di al Nusra per-ché incluso nella lista internaziona-le delle organizzazioni terroristi-che (per non creare imbarazzi aglialleati Usa). Da più parti però siparla di finanziamenti e armi chedal Golfo sono arrivati anche ad alNusra. In ogni caso anche le forma-zioni che fanno parte del FronteIslamico puntano alla costituzionedi un Califfato ed esaltano il jihad.Non è di natura ideologica la diffe-renza che separa lo Stato Islamico,il Fronte al Nusra e il Fronte islami-co. È legata solo a chi paga lo sti-pendio ai miliziani.

Lo Stato di Israele nel frattempoun po’ fa lo spettatore e un po’ in-terviene. E non solo con i suoi raidaerei contro presunti convogli diarmi che dalla Siria andrebbero aiguerriglieri del movimento sciita li-banese Hezbollah. Il governo Ne-tanyahu nei mesi scorsi ha apertoun ospedale da campo sul Golanper curare, ufficialmente, i civili si-riani rimasti feriti nei combatti-menti sull’altro versante delle lineedi armistizio. In realtà i medici mili-tari hanno curato in prevalenza mi-liziani anti-Assad. L’ospedale, loscorso febbraio, è stato visitato an-che dal primo ministro. Tel Avivnon sa se augurarsi la caduta diBashar Assad o la sua permanenzaal potere ma indebolito. La prioritàdi Israele resta la conferma dellostatus attuale del Golan: l’occupa-zione, in ogni circostanza. Da tem-po circolano voci su contatti tra gliisraeliani e i ribelli siriani allo sco-po di dare vita ad una sorta di «zo-na cuscinetto» in territorio siriano,a protezione del Golan occupato.

CAMPOVOLO RE 21.8/14.9 2014

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE

Carmela LANZETTAVENERDÌ 5 SETTEMBRE

Fabrizio BARCASABATO 6 SETTEMBRE

BiancaBERLINGUERSABATO 13 SETTEMBRE

PierluigiBERSANI

GIOVEDÌ 4 SETTEMBRE

QUINTORIGO VENERDÌ 5 SETTEMBRE

I CANISABATO 6 SETTEMBRE

ALEX BRITTIGIOVEDÌ 11 SETTEMBRE

Emilia Parabolica

AFGHANISTAN · «Si autoproclamano Isis». E i talebani li smentiscono

Il calderone jihadista della BbcGiuliano Battiston

Ibarbuti dell’Isis, lo Statoislamico che opera in Siriae in Iraq, sono ormai ovun-

que. Analisti e commentatoriprovano a rintracciarne genesi,potenzialità militari, serbatoi fi-nanziari; i servizi segreti li cer-cano, per farli fuori o per aiutar-li; i giornalisti ne scappano o liinseguono; i governi europei litemono. Qualcuno finisce pervederli anche dove non sono.E’ successo a John Simpson,World Affairs editor di BBCnews, che ieri ha pubblicato unarticolo dal titolo “I militanti af-ghani dell’Hezb-e-Islami‘potrebbero unirsi allo Statoislamico”. Aspettavamo soloquesta: la notizia che anche iTalebani sostengono lo Statoislamico. L’articolo rimbalzasui siti di informazione e circo-la sui social network. Ma è una“bufala”. Perché a parlare è unsolo comandante dell’Hezb-e-Islami, un certo Mirwais, incon-trato nei dintorni di Pul-e-Khu-mri, capoluogo della provinciaafghana di Baghlan. Il coman-dante sostiene che lui e i suoiuomini abbiano dei legami coni membri dei Daish (sigla in ara-bo dello Stato islamico), dice di

essere pronto ad “annunciareloro lealtà” se dimostrerannodi “soddisfare i requisiti per unvero Califfato”. Di quali legamisiano in corso, non è dato sape-re; di quali requisiti si tratta, ne-anche. John Simpson non chie-de, non indaga, non insiste, perlui la generica affermazione diun singolo comandante è suffi-ciente per scrivere che “per laprima volta” gli insorti afghanie in particolare i Talebani “stan-no pensando di unirsi ai gruppilontani dai propri confini”. I fat-ti raccontano però un’altra sto-ria: quel comandante rappre-senta se stesso, non l’Hezb-e-Islami, il gruppo guidato daGulbuddin Hekmatyar; il fron-te talebano ha un’agenda diver-sa dall’Hezb-e-Islami, con cuicondivide soltanto l’avversioneper le truppe d’occupazione; iTalebani hanno già preso le di-stanze dall’Isis e in particolareda Abu Bakr al Baghdadi, rite-nuto un usurpatore del titolo di“califfo”; la leadership dei “tur-banti neri” non cerca alleanzejihadiste internazionali, ma alcontrario prova da anni a smar-carsi dall’ipoteca dell’alleanzatattica avuta a suo tempo conal Qaeda, sempre mal sopporta-ta. I Talebani pensano al pro-

prio orticello, all’Afghanistan,non alla Siria e all’Iraq: aspetta-no la buona occasione per dareuna spallata al nuovo governodi Kabul, non appena se ne an-dranno le truppe straniere. Enon appena verrà nominato ilsuccessore di Karzai, il presi-dente uscente.

IRAQ · Il premier «uscente» Al Maliki raggiunge Amerli e rivendica il ruolo delle milizie sciite

Macabro annuncio Isis«Decapitato anche Sotlof»

Risposta barbaraai raid americani:sarebbe statoucciso il secondoreporter Usa

STEVEN SOTLOF MOSTRATO PRIMA DELL’ESECUZIONE DI JAMES FOLEY. A DESTRA, GOLAN, TRUPPE ISRAELIANE E TANK ONU/REUTERS

SIRIA · L’ambiguo ruolo «cuscinetto» d’Israele

Dal Golan parte l’offensivajihadista verso Damasco

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 7

Fabrizio Poggi

Èstata rinvenuta «suicida» con«colpi di fucile alla testa», lo scor-so 27 agosto, nella sua casa nel

villaggio di Chajki (regione di Kiev), Va-lentina Semenjuk Samsonenko (nellafoto reuters), tre volte deputata ed expresidente del Fondo delle Proprietàstatali dell’Ucraina.

L’ex speaker della Rada AleksandrMoroz l’aveva incontrata solo due gior-ni prima e lei gli aveva parlato della li-sta delle imprese statali da privatizzareche avrebbe presentato a Poroshenkonei prossimi giorni.

Non si è dovuta attendere la scientifi-ca di Csi per riformulare presto l’ipote-si in omicidio premeditato. La guerratotale degli oligarchi ucraini per acca-parrarsi quanto rimane delle impresestatali va avanti e mentre il loro «comi-tato d’affari» a Kiev manda le truppe abombardare le regioni industriali delsudest, loro si occupano di eliminarechi ne denuncia le rapine o i concor-renti di malaffare. Pochi giorni prima

di morire, la Samsonenko aveva datoun’intervista alla tv Rossija24, in cui af-fermava che l’attuale guerra nel sudestè solo «il fuoco d’artiglieria preparato-rio» in vista delle «guerre tra oligarchi»per la spartizione delle imprese ancorastatali.

Lei stessa era stata sostituita al verti-ce del Fondo delle Proprietà statali conDmitrij Parfenenko, uomo di Julija Ti-moshenko, «duttile ed esperto per con-durre una privatizzazione in sordina,senza un’inventario dei beni statali eche aveva riscritto le condizioni di pri-vatizzazione di Krivorizhstal», avevadetto la Samsonenko nell’intervista. Eaveva anche parlato del ruolo di IgorKolomojskij (oligarca, sponsor di Pra-vyj sektor e governatore della regionedi Dnepropetrovsk, in cui si trova Kri-voj rog, la città sede del colosso metal-lurgico Krivorizhstal) nell’affare e delsuo coinvolgimento nell’assassinio, loscorso 29 luglio, del Sindaco di Kre-menchug, Oleg Babaev, che aveva sol-levato dubbi sulla scalata di Kolo-mojskij a Ukrnafta.

È dunque uno scenario di terroresempre più tetro quello che sta viven-do la popolazione ucraina. E se gli omi-cidi sono il prezzo che sta pagando ilresto del paese, mentre il sudest vienedecimato, il pugno del nuovo governodi Kiev colpisce in ogni direzione. Ca-

nali tv oscurati; siti web chiusi; collega-menti con canali tv russi vietati. E anco-ra: deputati della Rada suprema zittitinei loro interventi e altri picchiati instrada, «non importa a quale partitoappartengano, basta che siano contra-ri al corso verso la Ue», dice un croni-sta del canale Novostinovostej del Don-bass. E poi operatori tv morti «misterio-samente» o spariti nel nulla; parlamen-tari «avvertiti» con maniere forti. E, do-po lo scioglimento forzato della frazio-ne parlamentare del Partito comunistaucraino (Pcu), continui arresti di diri-genti e attivisti (torturati e seviziati incarcere, come testimoniano immaginidal sito del Pcu) e ripetute manovreper mettere definitivamente fuori leg-ge il Partito comunista.

Questa è la democrazia ucraina cheNato e Unione europea difendono dal-la «invasione» russa. Una democraziache lascia esterrefatti; non certo stupi-ti: quando si invia l’esercito – e, inavanscoperta, le bande naziste merce-narie – a bombardare scuole, ospedali,case del proprio Paese, non può esser-ci altra «democrazia». È ciò che avevadetto ieri l’altro la deputata del Partitodelle regioni, Elena Bondarenko, pri-ma di essere zittita per «propagandaprorussa» dallo speaker della RadaAleksandr Turcinov (sostenitore diquella Julija Timoshenko «le cui forzesi rianimeranno in autunno nella guer-ra tra oligarchi», come ha detto un al-tro deputato) con un hitleriano «si met-ta in ginocchio di fronte al nostro eser-cito».

Come scriveva un mese fa RIA Novo-sti «l’Ucraina, nella sua forma attuale,è il risultato della lotta tra gruppi oligar-chici, attraverso cui si è formato il capi-tale originario e ci si è spartiti la pro-prietà sovietica; tutto è passato attra-verso clan regionali. Quando questo si-stema è crollato, grazie proprio a que-gli stessi oligarchi, è iniziata la riparti-zione della proprietà».

IL PAZZO ATLANTICO

Obama scaldala Nato: subitoesercitazioni

Per l’Ucraina gli Usasi portano avanti conil «lavoro» e muovonol’Alleanza atlantica: giàoggi «esercitazioni»anti-Russia. Mogherinis’accoda: «È colpadi Putin», poi vuolela soluzione politica.È tardi?

E come dimenticare chequella rivolta è stata na-zionalista ucraina e anti-

russa, non solo anti-Putin, macontraria ai diritti delle popolazio-ni dell’est che avevano sostenutoed eletto Yanukovitch - certo cor-rotto, ma non meno dell’attualePoroshenko e del premier dimis-sionario Yatsenyuk. La rivolta diMajdan è stata nazionalista anti-russa, contro gli interessi politici esociali delle popolazioni dell’est,di lingua russa all’80%, quandonon proprio russe e comunque fi-lorusse, legate alla Russia per ap-partenenze storiche, religiose eculturali e per legame economicoimprescindibile e complementa-re alla propria sopravvivenza, tut-t’altro che garantita dall’associa-zione delle regioni dell’ovest al-l’Ue.

È lì, in quel sostegno strumenta-le e ideologico, come se fosse unnuovo ’89, dato dall’Occidente eu-ropeo ed americano che si è con-sumata l’unità dell’Ucraina che aquel punto si è associata all’Ue so-lo a metà.

Ora accade che il governo diKiev dimissionato pochi giorni fadal presidente Poroshenko annun-ci, di fronte alla presunta invasio-ne - è il quarto allarme in due me-si - la richiesta di adesione all’Alle-anza atlantica. «Il governo ha sot-toposto al parlamento un proget-to di legge per annullare lo statusfuori dei blocchi dell’Ucraina etornare sulla via dell’adesione allaNato» ha dichiarato quasi in fugail premier uscente, già leader diMajdan, Yatseniuk. E subito il se-gretario della Nato Ander Fogh Ra-smussen, ha ammiccato: «Ognipaese ha diritto di scegliere da séle proprie alleanze». Tanto piùche la decisione sembra andare in-contro alle ultime parole di Oba-ma che, ormai incapace di usciredal «militarismo umanitario» de-gli Stati uniti, sciorina per fermarel’orso russo (quel Putin che gli haimpedito di impelagarsi ancora dipiù nella guerra in Siria) la «nuo-va» agenda del riarmo americanoe Nato nell’Europa dell’est, dallaPolonia, ai Paesi baltici - andrà inEstonia per questo domani - e allefinora neutrali Finlandia e Svezia.

Altro che nuova agenda: è lascellerata strategia della Nato inatto da più di venti anni a partire

dalle guerre nei Balcani, con relati-va redistribuzione di costi per ladifesa sullo scacchiere europeo,tra gli stessi paesi ora alle presecon la lacerante crisi economica.Una strategia che in questi ventianni ha visto l’ingresso di tutti ipaesi dell’ex Patto di Varsavia nel-la Nato, con missioni in guerre al-leate, a partire dall’ex Jugoslavia(dove, a specchio capovolto dellastoria, i raid Nato hanno aiutato iribelli dell’Uck - criminali, diceora l’indagine della stessa com-missione Ue Eulex - ad ottenerel’indipendenza) e ancora tante ba-si, strutture d’intelligence, siti mis-silistici, ogive nucleari, scudi spa-ziali tutti quanti ai confini russi.

Senza l’allargamento a est dellaNato non ci troveremmo sull’orlodi un conflitto spaventoso inUcraina, né ci sarebbe stata la sce-

neggiata arrogante di una leader-ship di oligarchi voltagabbanache ha destabilizzato l’Ucrainacon la violenza della piazza «buo-na» perché sedicente filoeuropea,e che ora cavalca la repressionesanguinosa della piazza «cattiva»perché filorussa. Senza la Nato esi-sterebbero una politica estera e didifesa dell’Ue. Intanto in questeore nell’est ucraino si combatte,Kiev è all’offensiva. Secondol’Onu i morti, tanti i civili, in quat-tro mesi sono più di 2.600.

Se dal vertice Nato che si apredomani a Cardiff, in Galles, arri-vasse un sì alla richiesta incendia-ria di Kiev e se si avvia, come acca-de, lo schieramento di forze milita-ri Nato in dichiarate esercitazionianti-Russia o ai confini russi, co-me ha chiesto l’irresponsabile Ca-meron, è l’inizio della fine. Cioè laseparazione delle regioni dell’estcon l’intervento, stavolta vero, del-la Russia nella guerra, a quel pun-to motivata a difendere dalle trup-pe occidentali le popolazioni rus-so-ucraine, lo status proclamatodagli insorti filo-russi ma anche lostesso territorio russo. Quando in-vece è chiaro che l’Ucraina reste-rà unita finché non apparterrà adalcun blocco militare e se ci sarà

un tavolo negoziale per una fede-ralizzazione del paese capace digarantire l’autonomia sostanzialedell’est. È quello che chiede an-che Putin quando dichiara: «Devo-no essere immediatamente avvia-ti negoziati sostanziali non su que-stioni tecniche, ma sull’organizza-zione politica della società e sul si-stema statale nel sud-est del-l’Ucraina allo scopo di garantireincondizionatamente gli interessidelle persone che vivono lì», ma lesue parole sono tradotte in modopropagandistico dai media velina-ri: «Voglio uno Stato nell’est».

È la stessa richiesta che formu-la, inascoltato, sul Corriere dellaSera, Sergio Romano, tra i pochiad intendersi di Russia. Federale eneutrale sono le due parole chia-ve garanzia di pace anche perl’Ue, e certo non aiuta l’elezione apresidente dell’Unione del polac-co Tusk, leader della Polonia chevanta un contenzioso storico suuna parte della terra ucraina con-siderata ancora «polacca».

Altrimenti sarà, e non a pezzet-ti, la terza guerra mondiale in pie-na Europa. E siamo a cento annifa. È il nuovo che avanza, la «nuo-va generazione» alla guida euro-pea tanto cara a Renzi. Ora la MrsPesc Mogherini, anche se è statacommissariata da un vice-Pesc te-desco, ha l’occasione di dimostrar-si per una volta europea e nonschiacciata sull’Alleanza atlanticae sugli Stati uniti. Qualcosa ci diceche non saremo ascoltati.

Simone Pieranni

L’Europa, con Federica Mogherini ela Nato, attraverso la preparazioneall’incontro a Cardiff di domani,

mostrano il volto più burbero e severo delmondo che orbita intorno agli Usa controla Russia, dimostrando le proprie mire sul-l’Ucraina, paese giunto in una condizionedi guerra bloccata, anche a causa della pre-tese occidentale di sottrarla all’area di in-fluenza russa. E Mosca di sicuro non staràa guardare, annoverandosi tra cui paesiche ormai – come hanno scritto alcuni ana-listi - non accettano più che al mondo l’ul-tima parola sia sempre americana.

Come annunciato la Nato, dopo la «chia-mata» recente di Kiev, non si farà aspetta-re. Secondo quanto comunicato ieri, unprimo gruppo di militari sarà già pronto in48 ore, mentre già da oggi un contingentesarà in grado di iniziare le proprie esercita-zioni nell’Europa orientale. In questo caso,contrariamente al solito, la Nato non na-sconde le proprie intenzioni. Si tratta di ungesto duro, deciso e che tutto sommatoconferma quanto questa storia ucraina vadicendo dall’inizio. Le velleità di allarga-mento a est della Nato, così a lungo nega-te, ora vengono presentate sotto forma dirisposta a Putin, a sua volta costretto a rea-gire all’intenzionalità di Nato e Usa, con ilrimorchio confuso della Ue. Centinaia disoldati di nove Paesi della Nato, con blin-dati e aerei, partecipano dunque da oggi fi-no a lunedì 8 settembre ad esercitazionimilitari sul fronte orientale. Lo ha reso no-to l’Alleanza atlantica, precisando che lemanovre avrebbero dovuto essere inizial-mente a guida Stati uniti, ma sono poi pas-sate alla Nato nell’ambito dello sforzo incorso per rassicurare i Paesi dell’est dinan-zi «alle mosse aggressive della Russia» con-tro l’Ucraina. «Steadfast Javelin II» è il no-me in codice delle esercitazioni e serve a«dimostrare l’impegno della Nato nei con-fronti del suo obiettivo fondamentale disalvaguardare la libertà e la sicurezza deisuoi membri e alleati», spiega l’Alleanza.Tra i Paesi coinvolti nelle manovre, Germa-nia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia,Stati uniti e Canada. E questa risposta del-la Nato pare abbia la diretta benedizionedi Obama, che mal digerisce le accuse diimmobilismo in arrivo dall’interno. L’in-contro di giovedì a Cardiff sarà quindi riso-lutivo: «Le tensioni cui stiamo assistendo

tra la Russia e l’Occidente saranno in pri-mo piano in Galles - spiega Ivo Daalder, exambasciatore Usa alla Nato e oggi a capodel Council on global affairs di Chicago - Ilpresidente guiderà lo sforzo» per dimostra-re l’impegno dell’Alleanza contro la sfidadi Mosca per ridisegnare l’ordine europeopost guerra fredda, perché Obama «vuoleriaffermare l’unità e la forza della Nato».

E sulla guerra ucraina e la conseguentetensione economica - gas da un lato, agroalimentare dall’altro - è intervenuta l’appe-na nominata Lady Pesc, l’italiana Mogheri-ni. Forse per allontanare da sé i sospettiche hanno minato la sua elezione (è stataaccusata di essere troppo vicina alla Rus-sia, leggi in primo luogo Eni) ieri Mogheri-ni ha sparato a zero contro Putin e la Rus-sia, riadattando per l’ennesima volta le pa-role d’ordine europee a quella dei capi, laNato. La ministra, in audizione all’Europar-

lamento a Bruxelles, ha specificato che «lapartnership fra la Russia e la Ue è finita perscelta di Mosca e per le conseguenze diquanto successo sul territorio» ed è chiaro«che non si possa parlare più di partenaria-to». In ogni caso, ha continuato la ministradegli Esteri, è «impossibile affermare chenon sia nel nostro interesse» cercare di ri-stabilire in futuro condizioni di partner-ship con Mosca, anche se «al momentonon ci sono le condizioni, per scelta di Mo-sca. Ha poi sottolineato che «la Russia, equesto è innegabile, resta un attore politi-co nelle sfide regionali, ma non è più unpartner strategico. Spero che in futurocambi e che voglia ritornare a essere unpartner strategico della Ue». Mogherini hadefinito l’incontro del gruppo di contattosull’Ucraina avvenuto a Minsk «una picco-la luce nel buio totale. Lavoreremo per farcrescere questa luce».

FOTO GRANDE, KRAMATORSK,TANK E SOLDATI UCRAINI.ACCANTO, BERLINO,AEROPORTO TEGEL, AEREOLUFTWAFFE CON FERITIDELL’ESERCITO UCRAINO.SOTTO. PROFUGHI AKRASNOYARSK/FOTO REUTERS

«La guerra all’est anticipodi quella tra i nuovi poteriucraini». Era stata elettatre volte alla Rada, con icomunisti e con i socialisti

KIEV · Aveva denunciato il legame oligarchi-neofascisti

Assassinata la deputatadi sinistra Samsonenko

CRISI UCRAINA · Domani il vertice atlantico di Cardiff. Tusk e Cameron soffiano sul fuoco

Giocano ad innescare la guerra nel cuore d’EuropaDALLA PRIMATommaso Di Francesco

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pagina 8 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

Lametàdel cieloaldi làdell’Ocean

REPORTAGE

Luciana CastellinaDI RITORNO DA YANGOON (MYANMAR)

Come è il mondo visto dall’altra partedel globo, dal sud-est asiatico, nien-tedimeno che da Yangoon, capitale

di Myanmar, fino a poco tempo fa rispetti-vamente Rangoon e Birmania, dittatura mi-litare che aveva imprigionato per anni ladolce signora Aung San Suu Kyi, ora liberama non ancora autorizzata a candidarsi al-la presidenza perché - questa l’ultima scu-sa - è stata sposata con uno straniero, cosìhanno stabilito gli ufficiali al potere, ora unpo’ più, ma solo poco più, democratici diquelli di prima?

In questo mondo dall’altra parte del no-stro sono stata immerse a ferragosto pertre giorni di fitta discussione, assieme aduna sessantina di rappresentanti di asso-ciazioni di varia natura, provenienti da pae-si di cui non si parla mai (a meno ci sia unotsumani) almeno da quando - più di qua-rantanni fa - è terminate la guerra di libera-zione d’Indocina: la Cambogia,il Laos,ilVietnam, e poi anche il Nepal, la Thailan-dia,l’Indonesia, il Bangladesh ed altri anco-ra, compresa l’India, la più grossa e la piùmistificata dalle notizie ufficiali. E persinola Cina, sia pure attraverso la voce delleOng di Hong Kong. Insomma: la c.d. socie-tà civile asiatica. Sono stata invitata lì dal-l’Aepf (Asian European People Forum),con cui da anni sono in contatto, un orga-nismo che periodicamente riunisce l’asso-ciazionismo dei due continenti, alla vigiliadel summit dei governi dei due rispettivicontinenti.

Rosa Luxemburg e «società civile»Questo era un seminario sulla previden-

za sociale in preparazione della conferen-za vera e propria che si terrà a Milano a me-tà ottobre. Da me e da Bir-git Daiber, Fondazione Ro-sa Luxemburg, volevano sa-pere di più sulle vicende delwelfare europeo. Ad uno de-gli incontri precedenti, a Pe-chino, avevo scoperto que-sta nuova fauna: le Ongasiatiche, per l’appunto.Molte mi erano parse ma-scherature di vecchie forma-zioni comuniste, ora ho in-vece constatato che no, so-no, o forse sono nel frattem-po diventate,davvero «socie-tà civile», con tutti i pregi etutti i difetti della specie. Dipartiti comunisti, ma, direi,di partiti in generale, sem-bra infatti anche da questeparti che non ci sia più trac-cia: nemmeno vengono no-minati, a meno non si scaviin qualche antico ricordo

personale. Poiché quello italiano l’ho no-minato io, una bella signora di nome Loli-ta Dela Cruz si è affrettata a dirmi che suononno aveva fondato quello filippino e ave-va anche incontrato da studente in Germa-nia Rosa Luxemburg. La nascita del Pcf eraavvenuta nel 1930 e da allora ne sono suc-cesse di tutte: la guerra, ovviamente, e poiprigioni, clandestinità, guerriglie, divisioni,l’ultima e più grossa indotta dal ’68 locale(il ’68 c’è stato proprio dappertutto, una ve-ra «internazionale»). Ora in Parlamentoquello che mi pare più ci somigli è un parti-to creato dai movimenti il cui leader, sonostata felice di sapere, è Walden Bello, com-pagno economista che dirigeva il SouthCenter a Bangkok e che tutti quelli che han-no frequentato i Forum Sociali Mondialiconoscono bene e apprezzano molto.

Dai vietkong alla questione migrantiC’è anche un ex deputato Nepalese, Ha-

ri Roka, uscito assai frustrato dalla sua ab-bastanza recente esperienza nel parlamen-to di Katmandou dove è stato mentre al go-verno era andato il PC maoista (lui era delPcm, il marxista ), diventato regolare mag-gioranza in seguito alle elezioni indettequando uno storico compromesso avevaposto fine, qualche anno fa, all'insurrezio-ne armata che durava da decenni. Frustra-to perché non si è riusciti - ci dice - a farenessuna delle cose che avevano in pro-gramma. (Vale ancor sempre la famosa fra-se di Ramsey McDonald, il primo laburistainglese andato al governo in Inghilterra ne-gli anni ’30: «Credevo che la cosa peggiorefosse stare all’opposizione senza poter farniente, ora so che è assai peggio stare al go-verno e non avere alcun potere»).

Mi sono seduta vicino alla vietnamita,perché anche solo il nome del paese scrit-to sul cartellino davanti a lei mi emoziona.

Oltretutto mi pare di non aver incontratoun vietnamita dai tempi in cui eranovietkong - circa 40 anni fa - e l’unica imma-gine del paese che tutt’ora alberga nellamia testa è quella della guerra. Non è peròl’immagine che c’è in quella di Dan KimChung, minigonna, trucco, tacchi altissi-mi e un tatuaggio sulla gamba destra. Ov-viamente nata quando il conflitto era fini-to da un pezzo. Alle mie petulanti doman-de risponde in modo da farmi capire chefra i giovani non solo non c’è molta memo-ria, ma neppure grande interesse per ilpassato. Se non sapessi che viene da Ha-noi non la distinguerei dai rappresentantidi un altro paese asiatico. E del resto è na-turale, visto che ormai hanno in comunegran parte dei problemi, innanzitutto quel-lo che anche a lei più preme e di cui si oc-cupa con la sua associazione, «Progetto dirafforzamento del Sistema di AssistenzaSociale»: i migranti. Milioni di migrantiche si spostano di continuo non solo dauna nazione all’altra ma anche all’internodi ciascuna, una epopee senza precedenti,tutti senza protezione sociale e sradicati,che provengano da un paese che si chia-ma ancora socialista o meno non cambia.«Nelle campagne - dice - non sanno nem-meno che potrebbero pagare contributipiuttosto equi ed avere diritti sociali, poiemigrano e diventano irregolari. E così so-no fuori da tutto».

C’erano una volta i khmer rossiDalla Cambogia sono venuti in quattro

in rappresentanza della «People’s Actionfor Change», leader la più decisa e combat-tiva khmera, di nome Sophea. Muoio dallavoglia di chiederle dei Khmer rossi: pocoprima di partire ho rivisto alla tv il volto or-mai vecchissimo di Jan Sampan, in attesadi essere condannato all’ergastolo peraver perseguito l’ utopica follia di elimina-re chiunque non fosse un contadino pove-ro e così sopprimere il virus che impedivadi creare l’uomo nuovo, e ho ripensato aquando, nel ’73, lo intervistai per il mani-festo. Era alla conferenza dei non allineati

ad Algeri, nel 1973, dove si trovava assie-me al simpatico re Sihanuk e tutti ancorasperavamo. Poi però non chiedo niente aSophea, non me la sento, mi sembra unaillecita incursione in una storia terribile.Resto con la curiosità di sapere se suo non-no era uno khmer rosso o se è suo uno deiteschi delle loro vittime conservati a Ph-nom Penh. L’impressione, comunque, èche i nonni siano diventati muti, o forse inipoti si sono turati le orecchie. Del passa-to, dai quattro cambogiani, so solo qualco-sa di più attraverso un riferimento indiret-to: sono i soli che parlano di riforma agra-ria e dicono che ai contadini, da loro, piùdell’assistenza sociale interessa reclamarela terra che è stata loro tolta. E aggiungo-no che la gente se la prende con il gover-no e non capisce che invece è colpa del si-stema.

Anche qui il protagonismo femminileLa stragrande maggioranza dei presenti

sono donne. Donne fortissime e sicure daogni paese: dall’India, dal Bangladesh, per-sino dal Pakistan. È come in Africa e inAmerica latina: sono loro le protagonistedel nuovo movimento di lotta, perché so-no loro quelle che più degli uomini vivonola realtà più generalizzata e significativadei questi continenti, quella dell’economiainformale. I sindacati a questa riunioneche pure ha all’ordine del giorno la prote-zione sociale non ci sono. Ma non sembraessere perché hanno altre appartenenze eappuntamenti più specifici, bensì perchéin queste parti del mondo sono marginaliz-zati: lavoratori in senso proprio quasi nonce ne sono. Dalla discussione emergono idati che confermano questo stato di cose:«2/3 dell’economia in Asia è così, l’80 percento in India» - riferisce il professor Ofre-no, che insegna all’università nelle Filippi-ne. «È un oceano di lavoro precario, anchedove ci sono grosse imprese, perché tuttericorrono all’outsourcing, agli appalti diterza mano, alla flessibilità. Il famoso mira-colo economico asiatico è minacciato daun’ineguaglianza profonda, quasi tutto

frutto di investimenti stranieri mordi e fug-gi, qui non resta quasi niente,della prote-zione sociale anche quando ufficialmentec’è se ne infischiano». Dall’ Indonesia è in-vece venuto un ragazzo focoso, a differen-za di tutti gli altri parla un inglese stentato,si vede che è alle sue prime armi.

A Giakarta una «confederazione»Si chiama Maruf Anwar, ma viene chia-

mato Sestro. La sua organizzazione è la«Confederazione dei movimenti popolariindonesiani», un nome ambizioso ma alui preme proprio questa parola confede-razione perché, dice, i sindacati sono tuttisolo di categoria, spezzettati, e non si rie-sce ad animare un movimento generale.Ci dice anche che la protezione socialenel suo paese è inscritta nella Costituzio-ne, ma non è mai diventata legge. «Del re-sto ci sono quattro milioni di emigrati,quasi tutti negli Emirati arabi, come garan-tirgliela anche ci fossero norme? E poi - ag-giunge - che vuol dire da noi il diritto alla

A ferragosto a Yangoon, in Myanmar(dove Aung San Suu Kyi è libera masotto controllo) si è svolto un seminariodi donne asiatiche sulla previdenzasociale, promosso dall’Asian EuropeanPeople Forum, verso la conferenzainternazionale di metà ottobre a Milano

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 9

REPORTAGE

Simone Pieranni

Di ong, mondo del lavoro, migra-zioni e welfare, diritti delle don-ne, si parla da tempo in Asia. Il

paese a cui tutti i paesi del continenteguardano, per lo più, è la Cina, perchéquello più prepotente a livello interna-zionale e con i numeri più imponenti.Pechino sa bene come l’allargamentodel welfare sia necessario. Anche perquesto con Xi Jinping è partita la rifor-ma dell’hukou, il permesso di residen-za, che permetterà anche ai «migranti»di usufruire dei diritti basilari sociali,sanitari. Parte di questa modifica stori-ca (l’hukou è in vigore dagli anni 50) sideve sicuramente alla piena consape-volezza da parte degli organismi diri-genziali cinesi, riguardo il dovere di re-distribuire ricchezza in uno dei paesicon la differenza più emblematica trachi si è arricchito e chi è povero. Allostesso tempo la necessità di avere lavo-ratori e lavoratrici, anche quelli che oc-cupano il gradino più basso della scalasociale, ovvero quelli che si spostanodalla campagna alla città, in grado dipoter spendere, comprare e azionarela leva del mercato interno, permetteal paese di essere meno dipendentedalle esportazioni e aumentare gli inve-stimenti nell’innovazione. Questa pro-gressiva china verso il basso della co-siddetta «fabbrica del mondo», è il ri-sultato di più fattori: il decisionismodel Partito, la crisi internazionale e leattività delle ong che negli ultimi annihanno finito per avere un ruolo sem-pre più importante nei gangli sociali elavorativi cinesi. Inchieste, ricerche (ri-corda Luciana Castellina nel reportageaccanto, i numeri ufficiali cinesi nonsono il massimo dell’affidabilità), han-no mostrato un paese che tutti vedeva-no, ma che nessuno ufficializzava. Laforza di queste ong, quasi tutte del set-tore lavorativo e ambientale (ad esem-pio ci sono molte organizzazioni dedi-cate completamente al cibo biologicoe alla sicurezza alimentare) è stata a talpunto rilevante, da finire nel tritacarnedel governo. In Cina si dice che quasitutte le ong siano «ong con la g», nelsenso che pur essendo nominalmente«non governative», hanno una spruzza-ta di «governativo». Anche perché altri-menti non potrebbero esistere. Quindiva bene la ricerca e le inchieste, maqueste organizzazioni non devono esa-gerare. Tradurre un allarme sociale inmobilitazione, porta a finali di storiapiuttosto cupi in Cina.

Ma del resto questa tendenza cine-se, incontra le necessità di un continen-te. Da fratello maggiore degli altri pae-si asiatici, tale è la considerazione dellapropria identità in Asia da parte dellaCina, Pechino spinge sull’innovazionee sulla produzione di qualità (nellescienze, nelle biotecnologie), perchéormai il capitale umano per la produ-zione a basso costo si è spostato. Lastessa Cina delocalizza: Laos, Vietnam,Cambogia. Chi è stato in Cambogia sisarà accorto che ogni fabbrica di unacerta rilevanza è di proprietà cinese.Stessa cosa in Vietnam. Nei giorni del-le proteste anti Pechino di Hanoi e HoChi Minh City, per una annosa disputaterritoriale tra i due paesi, la Cina hafatto rientrare un numero piuttosto al-to di lavoratori, impiegati nei propristabilimenti. A dimostrazione di unapresenza imponente. O il Bangladesh.I paesi dove donne e uomini muoionocon una certa frequenza sul lavoro(non che in Cina non accada, ma è pre-sumibile che anche questo genere dieventi vada diminuendo in futuro). Enon solo capitale cinese, perché inquelle fabbriche dove lavorano spessominorenni, per lo più donne, a ritmi in-fernali, in condizioni di sicurezza chedefinire scadenti è poco, producono or-mai i più grandi brand mondiali, comedimostrato dalla recente tragedia delRana Plaza, a Dakka in Bangladesh. Lìlo scorso aprile l’edificio crollò e i mor-ti furono più di mille.

salute? Siamo un arcipelago e gli ospedalinella maggioranza delle nostre isole nonci sono. Assistenza sanitaria da noi vuol di-re trasporti». Per certi versi più consolantile notizie dalla Cina: lì le fabbriche ci so-no, grandi e grosse, e così ci sono stati an-che i primi scioperi.

La «svolta» cinese sul welfareIl problema della previdenza sociale è

comunque enorme anche lì, perché gigan-tesche sono le migrazioni interne e dun-que il lavoro non regolarizzato. L’assisten-za sociale, anche qui come in molti paesisocialisti, era erogata dal luogo di lavoro,azienda industriale o agricola. Quando èscoppiato il mercato e il privato il sistemaè saltato per aria.

Qualche anno fa il Cc del Pcc, che conbuona pace del business prende ancoratutte le decisioni, ha dichiarato che occor-reva assolutamente creare un welfare gene-rale; e che però ci sarebbe volute tempoperché era molto costoso. Ora, pare, siano

arrivati al 27% di copertura, un ritmo datartaruga, ma meglio di niente. Ma va a sa-pere se questa proporzione è reale, le cifrein Cina non sono la cosa più affidabile. Hoappena letto sull’edizione asiatica di Chi-na Daily, il giornale in inglese pubblicatodal governo a Pechino e diffuso in tutto ilsud continente, che un giovane ricercatoredi Shanghai avrebbe scoperto che i disoc-cupati nel paese sono molti di più di quelliannunciati, perché le zone rurali non sonoprese in considerazione, i migranti non so-no calcolati e neppure gli studenti appenalaureati. (Prudentemente il giornale anno-ta in calce all’articolo che il parere del ricer-catore non è necessariamente quello della

redazione. Che invece evidentemente con-divide con entusiasmo le molte pagine de-dicate al tema dell’impresa familiare, verachiave del successo cinese. Quando si liti-ga fra eredi - come dimostrano alcunegrandi aziende - tutto va gambe all’aria. Vi-va la famiglia, dunque, e i panda. Anche lo-ro ricevono parecchio spazio nella pubbli-cazione sotto il titolo Panda Diplomacy:tre cuccioli sono stati regalati alla Malesiache li ha accolti con grandi feste governati-ve). Wong Yuet May, del Globalisation Mo-nitor di Hong Kong, insiste tuttavia soprat-tutto sulla corruzione, la principale osses-sione cinese: a Shanghai pare si siano ruba-ti tutti i fondi pensione.

Il 1988 e l’isolamento birmanoAncora molto sperdute sono le ragazze

di Myanmar, venute in tante (maschi nes-suno): il paese è stato isolato dal mondoper 25 anni, anzi più, già dalla semidittatu-ra anch’essa militare del Partito socialistabirmano, che mischiando Buddha conqualche insegnamento di tipo sovieticoaveva già determinato un disastro, ben visi-bile visto che nella regione è il solo paesedove la modernità non è arrivata (il soloche abbia visto dove non è arrivato Maxma-ra, giunto persino nell’estremo limbo dellaSiberia), che potrebbe anche essere un be-ne se avesse conservato le virtù premoder-ne: invece non ci sono né quelle post néquelle pre e così le stupende pagode cado-no a pezzi. Le ragazze si lamentano, dico-no che il livello culturale dei contadini, frai quali domina l’analfabetismo, è così bas-so che loro, prevalentemente ceto medio,non arrivano nemmeno a parlargli per dir-gli che avrebbero diritto alla previdenza so-ciale. Ma fra le svariate organizzazioni cherappresentano, ce ne è una che mi dicequalcosa: nel suo nome c’è il numero 88:«88 Generation Resources». Quella cifraevoca il 1988, una data importantissimanel Myanmar: fu allora che prese corpouna estesissima rivolta studentesca controi militari «socialisti» che reggevano il paeseda 25 anni. Purtroppo caddero dalla padel-la nella brace: dopo mesi di tensione e didimostrazioni, intervenne l’ala peggioredell’esercito, quella che ha instaurato la dit-tatura completa. Molti ragazzi dell’88 fini-rono in prigione per lunghissimi anni, pa-recchi hanno cominciato ad uscire soloadesso dalla galera. Ma in questi due anniuna nuova leva, che si è collegata con i piùanziani, sta emergendo:non sono un parti-to e nemmeno sembra lo vogliano forma-re, nè entrare in quello quello creato daAung San Suu Kiy. Per ora si limitano adaiutare chi deve reclamare diritti. Mar MarOo, che si occupa di previdenza, sociale de-ve essere una di loro.

Ben più sperimentate le bengladeshesi ele indiane, nonostante le disperate condi-zioni dei loro paesi. Nel Bengladesh il 38per cento dei bambini non va nemmeno ascuola. Ma le donne ormai scioperano ehanno strappato qualche accordo, peresempio nel settore della fabbricazione ditappeti. Priti Darooka, una Indiana tostissi-ma, fondatrice e direttrice esecutiva del«programma per i diritti sociali, economicie culturali delle donne», ha sollevato il pro-blema del lavoro di cura e di quello collega-to con la riproduzione sociale che le don-ne compiono e che non è nè pagato nè ri-conosciuto, una gigantesca fascia di faticaresa invisibile, nell’oceano dell’economiainformale, che riguarda il 96% delle donneindiane. Priti sta chiedendo quello che noidell’Udi degli anni ’50 chiamavamo la pen-sione per le casalinghe, oltreché la titolarie-tà dei diritti di assistenza per le donne, ora,al meglio, considerate solo in quanto ap-partenenti al nucleo familiare di cui capo è

il marito.Per tre giorni il seminario ha lavorato al-

la stesura di una comune piattaforma dilotta, un documento che riflette gli ottopunti della Convenzione dell’Ilo (Organiz-zazione Internazionale del Lavoro), lonta-na anni luce dalla realtà asiatica. Ma tutti ipartecipanti hanno insistito nel dire cheera importante, serve a dare coscienza deidiritti cui si ha diritto. È giusto.

Troppa «lobbing», poco «movimento»Quel che colpisce, tuttavia, in questo

continente che è stato l’epicentro dellegrandi rivoluzioni e controrivoluzioni del‘900, è come rapidamente sia tramontatala cultura politica della sinistra che abbia-mo conosciuto e quanto forte sia diventa-ta l’influenza di quella americana. Per di-re che devono rivendicare usano, peresempio, la parola lobbing e io mi arrab-bio dicendogli che non è una bella parola,i «lobbisti» sono quelli che premono conmezzi leciti e non sui legislatori per ottene-re leggi favorevoli alla ditta che rappresen-tano. Loro non sono lì per conto di unaditta, ma dei lavoratori, dei poveri. Ne se-gue una curiosa discussione. Quale parolausare, allora? Suggerisco «movimento po-polare», «pressione popolare». Si discuteun po’,sembrano convinti, ma poi la paro-la lobbing torna a risuonare, riflesso quasicondizionato di quello che ormai dominada queste parti.

Che sono molto diverse da come noispesso le immaginiamo: non è vero chepossiamo aspettarci la crescita della clas-se operaia così come l’abbiamo conosciu-ta in Europa nonostante tanta parte dellaproduzione si sia ormai spostata in Asia.Non ci saranno prime prese di coscienzae azioni collettive che si organizzano nellefabbriche e poi via via la crescita dei sinda-cati eccetera eccetera. Qui non si sta svi-luppando con ritardo il nostro capitali-smo, ne sta nascendo un altro, nuovo e di-verso. E noi abbiamo poco da suggerire,toccherà a loro inventarsi forme e conte-nuti dell’alternativa necessaria. Il poten-ziale di lotta c’è, un nuovo mondo è dun-que possibile, ma chissà come sarà.

ASIA

Le Ong dalla Cinaalle nuovissimefabbriche del mondo

FOTO GRANDE, YANGOON, DONNE AL TEMPIO DI BUDDHA. A SINISTRA E SOTTO, IL DIBATTITO AL FORUM. SOTTO A DESTRA, AUNG SAN SUU KYI. IN BASSO, PROTESTA DI DONNE ASARLINGYI (MIANMAR), SEDE DI MINIERE DI RAME E «DI SANGUE»: LE POPOLAZIONI SONO SPINTE A FORZA A SVENDERE LE LORO TERRE. E DONNA DELL’ETNIA KAYAN /REUTERS

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pagina 10 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

CULTURE

Alessandra Pigliaru

Sia in Italia che all’estero, so-no state molte le occasioniche hanno ricordato que-

st’anno il centenario della GrandeGuerra. In uno scenario simile, èutile rammentare e illuminare l’in-terno mutamento socio-politicodei costumi e della mentalità del-le donne come trasformazionedel tessuto sociale.

Tra le storiche che si sono occu-pate della «grande guerra», e di ciòche nella rappresentazione assu-me la vita delle donne, si può fareriferimento, tra le altre, ad AnnaBravo, Bruna Bianchi e Michela DeGiorgio. A lei, che ha studiato inparticolare il cambiamento di para-digma delle italiane nei momentidi snodo storico – per esempio, nelsuo volume poderoso Le italianedall’unità a oggi (Laterza 1992) eche di recente ha scritto un saggiointorno alla cultura del maternotra il 1900 e il 1920 in Di generazio-ne in generazione (Viella, 2014) acura di Maria Teresa Mori, Alessan-dra Pescarolo, An-na Scattigno e Simo-netta Soldani - ab-biamo posto alcu-ne domande.

Come si può defi-nire il cambia-mento di mentali-tà e costumi del-le donne negli an-ni della primaguerra mondiale?

È necessario, innan-zitutto, far riferi-mento a un proces-so storico e socialepiù lungo. Un pri-mo cambiamentoavviene al passag-gio del secolo. Il se-colo nuovo, il Nove-cento, rappresenta un punto disvolta anche nella vita delle italia-ne. Il racconto della mentalità e deicostumi non deve seguire esclusi-vamente il percorso giuridico chespesso ha assunto forme restrittiverispetto a mutamenti già in attonelle esistenze delle donne. Fontedi innovative condotte femminili,dettate da comportamenti sociali,valori sentimentali e cultura delleappartenenze, il primo conflittomondiale è l’evento investito dallaresponsabilità della Plus GrandeGuerre – così la vedeva Paul Mo-rand – dei sessi in primo luogo. Losconquasso postbellico è in capo auno spirito di modernità che sem-bra rivitalizzare la fisionomia senti-mentale e sociale. C’era da parte dialcune intellettuali l’intendimentodi opporsi alla «moderna» mascoli-nizzazione delle donne ma anchela consapevolezza di quel passag-gio tra l’essere fanciulle e il diveni-re ragazze, «giovanotte», sicura-mente più forti e libere. Alcune diloro erano già emancipate, nono-stante la strisciante tendenza alladenigrazione delle capacità femmi-nili. La guerra rappresenta la cesu-ra, l’evento che, benché appaia nel-le rappresentazioni come il campodi eccellenza delle qualità virili, de-termina anche la grande visibilitàdi nuovi ruoli delle donne, con ilmoltiplicarsi dei loro compiti sulfronte interno e nelle retrovie.

La trasformazione del lavoro èstata non solo relativa all’allon-tanamento degli uomini arruola-ti, bensì un fenomeno detonantel’intera configurazione socio-economica. È quel che descrivenel suo «Donne e professioni»(Storia d’Italia, Annali, 10, Ei-naudi, 1996) interno al volume

curato da Maria Malatesta....Il varco che la guerra apre nellepossibilità di realizzazione socialefemminile è innegabile. La relazio-ne tra donne e professioni fornisceuna rappresentazione piuttosto fe-dele sul cambiamento della posi-zione sociale e degli effetti simboli-ci prodotti sulla costruzione del-l’identità femminile, individuale esociale. Alcune idee mostrano la lo-ro intersezione anche in ambienteitaliano tra fine dell’Ottocento eprima metà del Novecento entrocui il passaggio della Grande Guer-ra diventa cruciale.

Intanto l’antico interrogativo sul-la ragione delle donne e l’uso socia-le del sapere; infine la distinzionetra l’eccezionalità – dunque l’ecce-zione dell’eccellenza – e la regola –legata a doppio filo con la normache è anche quella della subordina-zione. Già dagli anni Settanta del-l’Ottocento appaiono le prime pro-fessioniste italiane, seppure è già

dalla fine del Settecento che si pos-sono registrare nella pubblicisticapolitica i primi segnali rivendica-zionisti. Ciò per dire che quel lievi-to dell’utopia fermenta in una fi-sionomia del lavoro femminileche esploderà e muterà ulterior-mente nel passaggio della GrandeGuerra. Già presenti laureate in let-tere, giurisprudenza ma anche me-dicina, il mutamento dei costumisi avvale della spinta femminista edella presenza delle donne nellascena pubblica attraverso le rivi-ste a loro dedicate.

Sul tema credo sia sempre note-vole il volume di Barbara Curli, Ita-liane al lavoro (1914-1920), editoda Marsilio (1998). In fondo non cisono moltissimi studi relativi aquella trasformazione di cui stia-mo parlando e che, tuttavia, è statapotente. Penso che gran parte delcambiamento sia relativo all’orfani-tà. L’alto tasso di mortalità di que-gli anni non è sufficiente, secondo

me, per decifrare ciò che si andavaconfigurando: un taglio dettato dal-la scomposizione delle famigliecon donne che restavano sole a vol-te senza più fratelli, mariti e padri.

In qualche misura l’orfanità puòaver prodotto in queste donneuna consapevolezza della perdi-ta, ma anche della liberazione?

Certo. In contesti drammaticamen-te scomposti, i lutti hanno messo adura prova sia le famiglie mononu-cleari-borghesi che quelle rurali-patriarcali. In alcuni numeri del1919 della rivista femminile Corde-lia diretta da Ida Baccini, la rubricadella posta delle lettrici conservaoggi elementi importanti sull’argo-mento: molte giovani donne scrive-vano ancora a proposito di fidanza-ti e persone care scomparse e spes-so mai più ritrovate. Ma è interes-sante anche segnalare ciò che nel1920 Laura Orvieto annotava nel-l’Almanacco della donna italiana:«Si sfasciano le rotaie che i secoliavevano fabbricato e che indicava-no all’umanità il cammino da per-correre: rotaie familiari, sociali, reli-giose, tradizionali».

Ciò indica anche l’inevitabilecomplessità delle relazioni tra ma-dri e figlie. Alle prime, spesso vedo-ve, non fu facile opporsi ai desideridi indipendenza e ribellione dellefiglie. Si tratta, tuttavia, di un qua-dro di cui la storiografia non si è asufficienza occupata. Di recenteho visto a New York, per uno degliappuntamenti in ricordo dellaGrande Guerra all’istituto francese

di Colombia, Bertrand Tavernier –regista di La vie et rien d’autre(1989). Mi sembra che, a differenzadei nostri film di riferimento (pen-so fra tutti a La grande guerra diMario Monicelli), in questo lavorodi Tavernier si evinca di più il pun-to di vista di una donna, cioè inquesta ricerca fatta da Irène deCourtil, interpretata da Sabine Azé-ma, di un caro scomparso. È pro-prio la ricerca e il ricordo dell’igno-to a differenziarla dall’approccioantropometrico e positivista deldottor Delaplane, medico di guer-ra interpretato da Philippe Noiret.Del resto, in Francia, si contano ot-tocentomila tra sconosciuti e di-spersi e Tavernier ci ha espostoche cosa è stato il disordine nelle fa-miglie, oltre ai lutti effettivi.

Lei ha dedicato pagine molto in-teressanti alla moda. Ci sono sta-te resistenze culturali in merito?

Nel dibattito post-guerra, anchetra le più illuminate osservatrici,c’è sempre l’idea della moda tenta-colare, corruttrice. Tra le poche vo-ci in controtendenza c’è quella diGina Lombroso che, già nel 1917, ilpiù terribile anno di guerra, sulquindicinale torinese La Donna, af-fermava che «nella generazioneche ci ha precedute, le ragazze nonpotevano cambiare di rango, il qua-le era loro fissato dai genitori».

Per lei il desiderio di moda cosìosteggiato dai benpensanti nonera la Caporetto della morale fem-minile bensì una forza coesiva epropulsiva del mondo giovanile

che permetteva alle donne di cam-biare status. Nonostante il padreCesare dicesse loro di restare cosìcome erano, asinine, lei e la sorellasi sono laureate in medicina a Tori-no. C’erano poi i capelli corti -«l’annosa questione», come la chia-ma Matilde Serao e il suo raccontodi un villaggio francese in cui unparroco si era imposto di non darela comunione alle donne con i ca-pelli alla garçonne. Così le altredonne si ammutinano e nessunava a prendere la comunione.

Con acume sociologico F. ScottFitzgerald consacra la gloria del-le ragazze del 1917 come «nu-cleo essenziale della generazio-ne sregolata; quel modello ven-ne divorato dalle ragazze piùgrandi e più piccole intenzionatea non farsi mancare proprio nien-te, visto che le sregolate sembra-vano divertirsi un mondo». Chierano le garçonnes e le nostreavanguardie?

Christine Berd ha cercato di quanti-ficare il fenomeno del garçonni-smo. Anche Mary Louise Roberts,allieva di Joan Scott, ha lavorato sualcuni corpi mitici e imitati, refe-renti epocali che rifondano unanuova estetica anatomica femmini-le come il corpo di Sarah Bernhar-dt e ha decostruito tutto il dibattitofrancese del dopoguerra, sulla scel-ta femminile di massa di liberarsidell’aureola capillare da fanciulledel «mondo di ieri» per il taglio ma-schio. Le garçonnes erano donneche, al di là della forma quasi an-drogina di sé, si presentavano sullascena pubblica tra il 1919 e il 1920con una moda sciolta, di snellezza,senza busto e calze.

Per Roberts il capello corto harappresentato un tentativo simboli-co di legame con i morti come araccogliere il lutto collettivo per tra-sformarlo in una nuova immagineche non tacesse però l’autonomiaconquistata di se stesse.

NOVECENTO · L’immigrazione sentimentale delle spose belliche negli States

Un’intervista con la storica Michela De Giorgio che ripercorre i mutamenti socialidelle donne italiane durante gli anni del primo conflitto mondiale. «Gran partedel cambiamento è relativo all’orfanità: i lutti misero a dura prova sia le famiglienucleari-borghesi che quelle rurali-patriarcali. Alle madri, spesso vedove e rimastesole, non risultò facile opporsi ai desideri di indipendenza e ribellione delle figlie»

Nei conflitti che coinvolsero gli Stati Uniti nel XX secolo, i militari ebbero molti contatti con le popolazioni locali, alleate o nemi-che. Dopo ognuna di queste guerre, molti soldati americani ritornarono in patria con mogli e compagne straniere e con i figlinati da queste relazioni. Un’immigrazione «sentimentale» particolarmente intensa si ebbe con la seconda guerra mondiale. Tra il1939 e il ’46, sedici milioni di giovani americani vennero mobilitati per prendere parte a un conflitto che coinvolgeva cinquanta-sette paesi nel mondo. Risultato? Centomila spose di guerra europee che entrarono negli Usa, tra il 1946 e il 1950, anche gra-zie a speciali norme legislative, come il War Brides Act, varate dal governo statunitense. La maggior parte erano britanniche, poifrancesi, belghe, tedesche e olandesi. Quasi diecimila erano italiane. Il libro di Silvia Cassamagnaghi «Operazione Spose diguerra» (Feltrinelli, pp. 328, euro 24), riporta numerose testimonianze dei protagonisti, ricostruisce le storie delle unioni tra isoldati americani e le ragazze italiane, illustrando gli aspetti pratici, amministrativi e logistici, ma anche i più personali e umani.

Alla conquista di séLE DONNE AL LAVORO PER SELEZIONARE I BOSSOLI; ACCANTO, LE GARÇONNES AMERICANE

GRANDE GUERRA

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 11

Francesca Angeleri

C’è ancora un po’ di tempo. Perleggere. E allora, di qualun-que matrice siano o siano sta-

ti o saranno questi giorni con l’estateagli sgoccioli, liberiamoci fino in fon-do di un senso di colpa, concediamocile letture che più ci sono gradite. Emettiamoci dentro anche lui: il famige-rato «food». Se nei circoli più di settorenon si fa mistero di quanto ormai siadiventato un argomento asfissiante eripetitivo, è pur vero che resta comun-que un grande successo. Editoriale enon. Allegro, distensivo, si potrebbe di-re quasi curativo, il cibo ci nutre con-cretamente e virtualmente.

In mezzo a tutto ciò, ci sono anchefari di speranza, pensieri alti o semi,approfondimenti scritti da mani legge-re e consapevoli. Insomma, qualcosadi interessante sul fronte c’è ancora.Fornelli d’Italia è l’ultimo libro di Stefa-nia Aphel Barzini, già autrice di volu-mi a stampo enogastronomico, autri-ce televisiva del periodo d’oro Bonillia-no del Gambero Rosso, cuoca, bloggercol suo Folle Casseruola, gentile signo-ra bionda e fine intellettuale.

In questo libro prosegue un suo per-sonale fil rouge ormai di lunga data,quello che stringe in maniera indisso-lubile la figura femminile, con tutto ilsuo bagaglio complicato e al tempostesso costruttivo, e la storia, in parti-colare quella dello stivale. Fornellid’Italia, edito Mondadori, è un saggioin cui Barzini ripercorre gli ultimi cen-tocinquant’anni del paese attraversolo spunto della tavola. Ci sono le im-mancabili ricette, le troviamo peròcontestualizzate nei vari ambiti storiciin cui si sviluppano e veniamo a cono-scenza di figure femminili cruciali perle diverse epoche, alcune di queste to-talmente ignote a noi, che però ci ri-portano consigli e sfumature utili allo-ra come adesso. Dalla maionese senzauovo di Petronilla (geniale) alle frittati-ne di latte di Cordelia. Fino ad arrivarealle icone contemporanee come Nigel-la, Parodi, Clerici. Si passa dal fasci-smo al femminismo, «un periodo com-plicato per me - racconta Barzini - me-raviglioso e creativo da ogni punto divista. Tranne quello culinario. Le don-ne volevano scappare dalle cucine incui erano rimaste imprigionate per se-coli. Io invece adoravo spignattare.Continuai a farlo, sicura che poisi sa-rebbe compreso il modo giusto perriappropriarsene».

In questo volume in cui si parla didonne normali e cibo, totalmente di-sinteressato all’alta cucina e presuntialti chef. Ciò che, coerentemente, vie-ne scandagliato qui, è il ruolo ancestra-le e storico della figura femminile, con-cetto ripreso anche dal movimentoWomen for Expo, di cui Barzini è par-te. «C’è una parola che ha una declina-zione esclusivamente al femminile:nutrice. È un concetto atavico. Il signi-ficato profondo non è solo quello deldar da mangiare, ma soprattutto delprendersi cura. È un contenuto anchepolitico. È in questa linea che la figuradella donna trova, a mio avviso, unsuo essenziale modo d’essere. In mol-ti paesi, sono le donne a farsi caricodell’agricoltura. Il nostro ruolo nel fu-turo sarà quello di avere cura del pia-neta. Sarà quello di prendersi sullespalle la responsabilità di ciò che dare-mo ai nostri figli, del cibo, nel modo diprocurarlo e prepararlo. Per me, tuttociò rappresenta una speranza, e la di-mensione della donna è molto legataa quella della memoria del proprio pa-ese. Questa tendenza genetica del tra-mandare di madre in figlia le cono-scenze, i ritmi, le tradizioni avrà sem-pre di più un peso fortemente identita-rio della terra».

Un percorso interessante che ci pre-dispone allo scambio e all’accettazio-ne, mentre ci sfilano davanti le staffet-te partigiane con il pane e i fucili nellaborsa della spesa, i Talismani della Fe-licità, Wilma de Angelis e nostra non-na. E noi.

SAGGI/2 · «Dialogo sull’Italia» di Giuseppe De Rita e Aldo Bonomi per Feltrinelli

Appunti da un mondo al capolineaGiuseppe Allegri

Aldo Bonomi e Giuseppe De Rita porta-no avanti da tempo un prolungato con-fronto e lavoro di ricerca sulle trasfor-

mazioni sociali del Bel Paese, fino all’agileDialogo sull’Italia. L’eclissi della società dimezzo (Feltrinelli, pp. 96, euro 9). In questaoccasione i due autori si confrontano con ilradicale disallineamento tra sociale e politi-co, che ha eliminato lo spazio orizzontale del-la «società di mezzo», artefice di relazioni so-ciali, economiche e istituzionali in grado di te-nere insieme un intero Paese, pur attraversa-to da forti tensioni e differenze. È il tramontoventennale dei corpi intermedi, associazioni,circoli, movimenti, comitati, sindacati e parti-ti radicati nei territori, che riarticolavano ilconflitto tra capitale e lavoro, oltre l’incom-benza dello Stato e non abbandonando l’indi-viduo nelle maglie strette delle reti familiari.

Sembra di essere al capolinea di una storiarepubblicana forgiata dal basso di conflitti so-ciali, sperimentazioni economiche e inven-zioni istituzionali indagate da Giuseppe DeRita dagli anni Cinquanta alla infinita transi-zione italiana fuori dalla prima Repubblica edentro l’avvento del capitalismo molecolare,osservato in modo partecipato proprio da Al-do Bonomi. Eccoci giunti a un panoramaframmentato, nel quale «la lotta di classe èquella espressa dall’alto dei flussi globali, manon regge come strumento di interpretazio-ne di ciò che accade nei territori» (Bonomi).Ma è lo stesso De Rita a insistere sul concetto

di «classe», inteso però «come stile di vita e diappartenenza», verso cui protende quel cherimane di un ceto medio investito da radicaliscossoni. Il lungo e tortuoso processo di «ce-tomedizzazione» delle classi subalterne italia-ne è in forte tensione. Da un lato si apre il per-tugio, assai stretto, attraverso il quale si tentala scalata all’élite dell’alto ceto medio. Dall’al-tro si amplia il processo di precarizzazioneche attraversa il ceto medio, facendolo spro-fondare in condizioni di insicurezza socialeed economica. È «il quinto stato» di precariz-

zati del lavoro della conoscenza, di cura e ser-vizio alla persona, composto da intermitten-ti, soprattutto nelle retribuzioni e che Bono-mi e De Rita definiscono come «i sommersidel capitalismo liberista».

In questo scenario si è inserito Matteo Ren-zi, con gli 80 euro di assai scarno sostegno aquel ceto medio impoverito, rivendicando lasua appartenenza alla società di mezzo degliscout e con l’aspirazione di essere il leader diun «partito della nazione» imbevuto di leade-rismo e populismo. Qui torna utile la criticadi Bonomi e De Rita alla verticalizzazione del-

la burocrazia politica, contro l’orizzontalitàdei territori: un processo inarrestabile nelledemocrazie occidentali, da oltre cinquant’an-ni. Da Charles de Gaulle, mattatore prima del-la radio e successivamente della televisionefrancese, al ventennio di Silvio Berlusconi,passando per Ronald Reagan, fino al «grilli-smo» e al «renzismo« ai tempi della rete e del-l’antipolitica in 140 caratteri, via Twitter. Equesta personalizzazione egotica della leader-ship statale, plebiscitaria e populistica, nullapuò contro lo strapotere trentennale delle oli-garchie tecnocratiche globali.

Eppure Bonomi e De Rita ci esortano a cer-care ancora, evitando sia la facile retorica del-la «buona» società civile, contro la conclama-ta inadeguatezza delle classi dirigenti politi-che, che lo sterile gioco dell’indignazione vir-tuale e dell’immobilismo sociale, nell’attualesocietà dello spettacolo telematico. Gli indizidel cambiamento necessario si rintraccianonelle «resistenze sperimentate nei territori» enelle possibilità di attivare «politiche di sco-po» che tutelino gli interessi delle cittadinan-ze. È la «dialettica tra flussi e luoghi», a parti-re da «piattaforme territoriali» dove rendereoperative coalizioni sociali che riempiano ilvuoto lasciato dalla società di mezzo, per di-segnare un diritto alla città, fatto di autogo-verno, connessioni orizzontali e nuove istitu-zioni. Una sfida dal basso, che riguarda tutti:cittadinanze e sommersi del capitalismo fi-nanziario, come una nuova generazione diamministratori locali, disponibile a compren-dere il valore della posta in palio.

CULTURE

Alberto Giovanni Biuso

La consapevolezza che la re-altà non sia come ci apparerappresenta l’inizio stesso

della filosofia e della scienza. Uninizio che non va posto contro ilmito ma accanto a esso. Senza ilmito sono impensabili Anassi-mandro, Parmenide, Platone, edè quindi impensabile l’originedel pensiero scientifico. E invecein alcune pagine del più recentelibro di Carlo Rovelli (La realtànon è come ci appare. La struttu-ra elementare delle cose, Raffael-lo Cortina, pp. 241, euro 22) sem-bra di accostarsi a una storia del-la scienza di stampo un po’ otto-centesco, polemica e positivisti-ca che, per fortuna, viene poistemperata da molti dei suoi con-tenuti e dall’ammissione che «in-finita è la nostra ignoranza» e citroviamo tutti - filosofi, fisici, po-eti - in una condizione non dissi-mile da quella dei prigionieri del-la caverna platonica.

La concezione del saperescientifico difesa da Rovelli è cu-mulativa e tesa a risolvere in unaprogressiva e trionfante unifica-zione i conflitti che percorrono

la storia della scienza. Una con-cezione che presenta in modoagiografico le vicende e il lavorodi alcuni scienziati, primo deiquali Einstein, il quale vi apparea volte come una sorta di sant’Al-berto con tanto di aneddoti e«miracoli» scientifici: «Nei primianni del secolo, questo è chiaroa tutte le persone sufficiente-mente ragionevoli, cioè solo a Al-bert Einstein». Si tace pure sulfatto che «il più grande uomo discienza di tutti i secoli»,Newton, si sentiva e fosse in real-tà anche un mago.

Sono atteggiamenti e preferen-ze comunque comprensibili eche si giustificano di fronte algrande pregio di una chiarezzadavvero esemplare nell’affronta-re questioni assai complesse conuno stile sempre coinvolgente. Ilcammino dall’apeiron di Anassi-mandro alla gravità quantisticaa loop - teoria della quale Rovellirappresenta il maggior esponen-te - è descritto come una progres-siva semplificazione e unificazio-ne dei princìpi. Il punto di svoltaè rappresentato dal concetto dicampo con il quale materia edenergia vengono unificati in uninsieme di forze che non opera-no nello spazio e nel tempo masono lo spazio e il tempo.

La meccanica quantistica hainglobato nel campo anche gliatomi e ogni possibile particel-la, per cui il mondo non sareb-be fatto di campi e di particellema di un’unica realtà che è ilcampo quantistico covariante,le cui caratteristiche fondamen-tali sono costituite dalla granu-larità, dall’indeterminismo edalla relazionalità.

Granularità perché - comeaveva intuito Democrito - nonè vero che la materia sia divisi-bile all’infinito; esiste un limitealla divisibilità nello spazio, lacui lunghezza minima e non ul-

teriormente riducibile si chia-ma lunghezza di Planck. Traquesta scala enormemente pic-cola e la scala cosmologica -quella delle galassie, degli spa-zi sterminati, dell’Universo -«c’è dunque l’immensa distan-za di 120 ordini di grandezza.Moltissimo. Ma finito».

Indeterminismo perché nel co-smo quantistico nulla è fermo emisurabile di per sé ma tutto è inmoto e sempre fluttuante. Gli og-getti che percepiamo - dai sassialle montagne, dai sorrisi di chici sta vicino alle onde del mare -

sono in realtà un flusso continuoe continuamente variabile, unavibrazione senza fine, una co-stante e passabile incostanza.

Relazionalità perché è chiaroche nella sua struttura granularee indeterministica ogni cosa esi-ste soltanto in relazione a cia-scun’altra, che un olismo radica-le costituisce il mondo, che «è so-lo nelle relazioni che si disegna-no i fatti della natura», che «glielettroni non esistono sempre.Esistono solo quando interagi-scono. Si materializzano in unluogo quando sbattono contro

qualcosa d’altro. (...) Quandonessuno lo disturba, un elettro-ne non è in alcun luogo».

Si arriva così alla questionefondamentale, al problema deltempo. Uno dei capitoli si intito-la Il tempo non esiste ma si trattadi una formula troppo netta esmentita dagli stessi contenutidel libro. Anche alla scala picco-lissima nella quale si manifestala gravità quantistica «lo spazioe il tempo cambiano natura. Di-ventano qualcosa d’altro», ilche non vuol dire che non esi-stono ma che si mostrano anco-

ra una volta nella loro naturaenigmatica e affascinante di vi-brazioni della materia, le qualinon vibrano in un tempo e inuno spazio già costituti ma chenel loro vibrare sono lo spazio eil tempo: «Lo scorrere del tem-po è interno al mondo, nascenel mondo stesso, dalle relazio-ni fra eventi quantistici che so-no il mondo e generano essistessi il proprio tempo».

Rovelli si spinge sino ad affer-mare che «i campi quantistici co-varianti rappresentano la miglio-re descrizione che abbiamo oggidell’apeiron, la sostanza primor-diale che forma il tutto, ipotizza-ta dal primo scienziato e primofilosofo, Anassimandro».

La conseguenza di tutto que-sto è che, lungi dal «non esiste-re», il tempo è l’esistere stesso diogni ente, evento e processo,proprio nel senso quantisticoche non ci sono oggetti irrelatitra di loro ma soltanto eventi le-gati gli uni agli altri in un modoindissolubile.

Il libro chiarisce bene come

l’orizzonte delle ricerche con-temporanee consista nel tentati-vo di coniugare la meccanicaquantistica e la relatività con leteorie sull’informazione e quindicon la termodinamica, la quale èimpensabile senza l’irreversibili-tà, senza il tempo: «Siamo esseriche vivono nel tempo: abitiamoil tempo, ci nutriamo di tempo.Siamo un effetto di questa tem-poralità, prodotta da valori medidi variabili microscopiche».

La fisica ci proietta oltre l’uma-no, al di là di ogni pretesa antro-pocentrica, lasciando compren-dere - con il rigore della matema-tica unito alla potenza dell’im-maginazione - che l’immensa ric-chezza della materia passa (pernoi) attraverso la parte di mate-ria che è il cervello, poiché se «larealtà non è come ci appare» èanche perché è costruita dallanostra mente, la quale è materiaconsapevole di esistere.

SAGGI/1 · «La realtà non è come ci appare» di Carlo Rovelli per Raffaello Cortina Editore

Nel campo unificatodel tempo e dello spazio

AL VIA IL FESTIVAL «POETITALY»Dal regista del festival internazionale dei poeti di CastelPorziano del 1978, Simone Carella, la rassegna «Poetitaly.I poeti a Corviale, che si svolgerà dal 5 al 7 settembre.Una rassegna che prevede la collaborazione di Gilda

Policastro, Lidia Riviello e Teatroinscatola e l’introduzionedi Andrea Cortellessa, Stefano Chiodi e Franco Cordelli.Ouverture con una tavola rotonda partendo dall'esperienzasingolare di quella che è stata definita la «Woodstock deipoeti» (Castel Porziano), che verrà riletta e interpretata. A

partire dalle ore 19, nella cavea esterna anfiteatro diCorviale, si incontreranno molti poeti di varie generazioni,dai lirici ai postneoavanguardisti, dai testuali ai performer,dai classici viventi ai rapper, dai popolari ai procedurali,fino a un esperimento di poesia virtuale live.

oltretutto

Dalla filosofia grecaalla fisica quantisticaalla ricercadella strutturaelementare delle cose

SCAFFALE

Il cibo che fa storia.L’antico saperedei «Fornelli d’Italia»

Un’analisi sull’eclissidi una costituzione materialea partire dall’impoverimentodel ceto medio e dalla crescitadel populismo politico

Una spiegazioneche ruota attornoa un insiemeprimordialein continuo divenire

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pagina 12 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

Realizzato in cinque anni di lavoro,Belluscone. Una storia siciliananon denuncia le difficoltà finanzia-

rie, i ripensamenti del regista, i capriccidel caso e la precisione della sfiga chehanno tormentato la lavorazione. Come iclassici hollywoodiani amati da FrancoMaresco, il film fa in modo di nasconderele condizioni produttive che ne hannopermesso la realizzazione e offre allo spet-tatore un meccanismo perfettamenteoliato, capace di organizzare al meglio idiversi piani narrativi e di suggerirne ulte-riori, gestendo con disinvoltura formatidiversi, salti di registro e cambi di focaliz-zazione narrativa.

Eppure, a tutta evidenza, si tratta del la-voro più personale del regista siciliano, ad-dirittura un passo oltre l’intenso e doloro-sissimo Tony Scott, presentato a Locarnoe a qualche altro festival nel 2010 prima diessere condannato a ingiusto oblio. Se nelritratto al jazzista italoamericano, Mare-sco orgogliosamente rivendicava affinitàelettive con Scott e, di fronte all’impossibi-le identificazione, non esitava a piegare ilfilm alla deriva esistenziale del suo prota-gonista, qui si impegna in un’operazionepiù sottile e sofisticata che passa attraver-so un movimento di distanziamento chein novanta minuti viene lentamente e ine-sorabilmente eroso fino alla sua negazio-ne finale.

Originariamente concepito come un’in-dagine sulle fortune siciliane di Berlusco-

ni, il film svolge solo parzialmente il com-pito (non rinunciando peraltro a snoccio-lare verità impronunciabili fino a qualcheanno fa) per passare bruscamente, comeper un’imprevista e modernissima interfe-renza, alla storia di Ciccio Mira, improba-bile impresario di neomelodici stretto trale bizze dei suoi capricciosi cantanti e lepretese degli amici degli amici.

Le due linee proseguono in paralleloper l’intero film e, offrendosi l’una a spec-chio deformato dell’altra, connettono ildato politico-giudiziario e quello socio-culturale. A garantire la tenuta dell’insie-me è l’indagine di Tatti Sanguineti che, ar-rivato da Milano, si mette sulle tracce del-l’amico regista alla ricerca, vana, delle ra-gioni della sua latitanza. Come il giornali-sta Thompson in Quarto Potere, Sanguine-

ti corteggia senza soddisfare mai fino infondo l’ansia di conoscenza dello spettato-re e nel frattempo gli snocciola una seriedi informazioni preziose, per quanto tal-volta lievemente inattendibili, sulla lavora-zione del film e i suoi, spesso esilaranti, in-cidenti. Il processo conta più dell’obbietti-vo, il film ha modo di dispiegare la sua di-mensione autoriflessiva, ma anche questain fondo si rivela una pista falsa, o quasi.Più di quanto dicono le immagini, in Bel-luscone conta quanto si può intuire tra leimmagini, quanto si può capire interro-gando i vuoti strategicamente collocati alcentro della sovrabbondante architetturadel film. L’angoscia indissolubilmenteconnessa alla creazione artistica, la diffi-coltà di concludere un lavoro quasi finito,la tentazione di lasciare scivolare via qual-cosa cui si tiene più della vita sono fatte in-tuire per differenza, tenendo un’inquadra-tura quel tanto in più che basta per espri-mere un affetto imprevisto o semplice-mente frustrando, ma solo lievemente, leattese dello spettatore.

All’esibizione della soggettività del mo-derno cinema in prima persona, Marescopreferisce la misura del cinema classico esi mette a nudo nascondendosi, celandol’evidenza dei fatti per farne risaltare il sen-timento autentico. E così, senza mai met-terla giù dura, ci colpisce e ci emozionaprofondamente, più di quanto non avevamai fatto in venticinque anni di cinema.Un film imperdibile.

Cristina PiccinoVENEZIA

Forza Italia non ha gradito annun-ciando (da copione) che chiede-rà alla magistratura il sequestro

del film per offesa all’immagine diBerlusconi. Per ora Belluscone – Unastoria siciliana, il nuovo e magnificofilm di Franco Maresco, dovrebbe arri-vare in sala domani (36 copie)in tutta Italia. Corriamo a veder-lo (mi raccomando il passapa-rola con gli amici) contro i ricat-ti dell’esercizio (quelle cose deltipo una settimana e via), e so-prattutto perché ci spiega, co-me mai finora e facendo mori-re dal ridere, un ventennio diStoria italiana, quello berlusco-niano, e le sue mutazioni antro-pologiche e culturali che si arro-tolano nei decenni precedenti,e che trovano negli anni Novan-ta di «discesa in campo» del Ca-valiere il perfetto compimento.

Semmai lo censurassero – co-me ai tempi di Totò che vissedue volte bloccato dalle furie in-tegraliste del cattolici – sarebbela cupissima conferma del sen-timento che lo attraversa. Per-ché il film di Franco Maresco, il piùapplaudito alla Mostra di Venezia (inOrizzonti, continuano tutti a chieder-si perché non è stato messo in concor-so specie di fronte alcuni titoli passatiquesti giorni, da The Cut a Roy An-dersson), parla di Berlusconi e dellasua love story con la Sicilia che loama sempre tanto, e attraverso quellache potrebbe sembrare una riflessio-ne su qualcosa già consumato per lasua natura mediatica, investiga la Sto-ria del nostro paese, i suoi «eterni ri-torni» e i sussulti apparenti, i consen-

si taciti e gli accordi strumentali.L’alter ego di Maresco è Ciccio Mira,

impresario musicale e figura chiave percapire le relazioni tra neomelodici e po-teri, quelli che Ciccio chiama «gli amici»,ben attento a non pronunciare mai unnome, a non farsi sfuggire una qualchedichiarazione. È lui a governare le piaz-ze dei neomelodici napoletani che trion-fano nei quartieri popolari di Palermocome il Brancaccio. Ma cosa c’entrano ineomelodici con Berlusconi a parte il fat-to che sono tutti «azzurri»? «Voglio cena-re con Berlusconi» compone Erik, can-tante neomelodico con l’amico napole-tano Vittorio, idolo delle ragazzine cheimpazziscono sulle note della sua #31#.

«Organizzeresti un concerto per ricor-dare il 19 luglio, anniversario dell’assas-sinio di Borsellino?» chiede a Ciccio Mi-ra Maresco. L’uomo tentenna, è imba-razzato, non risponde. La mafia? Nonso. Però il suo programma su un’emit-tente locale si chiude sempre con i mes-saggi in codice dei detenuti alla fami-glia, e dal palco i cantanti non manca-no mai (guai se accade il contrario) disalutare gli «ospiti dello stato».

E Berlusconi? Perché ai siciliani piacetantissimo? Perché alla notizia dellesue dimissioni tutti sono in lacrime epregano santa Rosalia che faccia il mira-colo, che lo riporti tra loro. Berlusconi èbuono, Berlusconi ci dà lavoro, c’è per-sino chi temendo di perdere senza dilui la pensione si fa saltare in aria contutta la casa.

Anche di Berlusconi si dice che aves-se rapporti con la mafia, Maresco ricor-da lo stalliere Mangano e le relazionicoi boss dell’epoca, Bontade tra tutti, el’allora imprenditore milanese astro na-scente dell’economia italiana.

Poi un colpo di fortuna: davanti alletelecamere di Maresco accetta di parla-re il senatore Dell’Utri, prima della fu-ga. Ma quando sta per dire qualcosa difondamentale su un possibile legametra Berlusconi e la morte di Mattei l’au-dio salta. Rimane l’immagine di Del-l’Utri su un trono rosso e oro, l’ariascocciata di fronte alle manovre di quel-la troupe scalcagnata.

Maresco a parte la voce non lo vedia-mo mai. Anzi il filo narrativo è quellodella sua scomparsa misteriosa, forseperché venuto a conoscenza di cosescottanti. A cercarlo a Palermo, comein un set di Welles, arriva l’amico TattiSanguineti, quasi un Marlowe nel taxisotto la pioggia. È lui a intrecciare il fuo-ri campo della storia che prende la for-ma di una ricerca, un’investigazione in-torno al film arenato. Frammenti disse-minati tra beghe giudiziarie – un can-tante ha bloccato la sua canzone quan-do ha scoperto che il film attacca la ma-fia, ma Picarra e Ficone sbroglierannola matassa. E la depressione del registasvanito nel nulla che non ricomparirà.Un po’ come il suo Cagliostro, del filmdiretto ancora con Ciprì, e come gli abi-tanti del suo universo poetico, fanta-smi quale è lo stesso Ciccio Mira che al-

la fine sarà arrestato. La mafia non èpiù quella antica che non ammazzava ibambini dice Ciccio, prodigioso esem-pio di congiunzione tra la Sicilia (Italia)democristiana e quella berlusconiana.

Non è però la denuncia a interessareMaresco, nelle sue immagini l’attualitàva oltre la cronaca, e questa è la loropotenza, e ciò che gli permette di nonrimanere impigliate nella logica della«realtà» così come è. È lo sguardo cheproduceva le apocalissi di Cinico tv,crudele e insieme pieno di compassio-ne verso quelle creature immobilizzatein un paesaggio senza salvezza. Lo stes-so che pervade questa Palermo/Italiadall’apparenza scanzonata, che Mare-sco scortica con malinconica consape-volezza. Non si tratta di nostalgia, per

carità, e del resto di cosa? Delle specu-lazioni selvagge, di una corruzione re-mota e immutabile, della menzogna edelle stragi? Malinconico è semmai ilpensiero sul senso del proprio ruolo,che significa fare oggi un cinema cheparla del «vero». Maresco non è un mo-ralista, non punta il dito o cerca colpe-voli che garantiscano risposte rassicu-ranti. Costruisce la sua inchiesta den-tro all’immaginario, nella televisionedi anni e anni, nelle trasmissioni delleemittenti locali.

Berlusconi è questa cosa qui, o moltealtre, ma al di là di lui c’è un paesaggioumano, quello di ora, in cui la visionedi Renzi a Amici col suo giubbino neronon è tanto meglio. Non è, dunque,semplicemente questione della trattati-

va stato-mafia, ma è qualcosa che va aldi là, qualcosa che tutto questo rag-gruppa e produce, una sorta di pensie-ro collettivo ineffabile, che solo la fin-zione del vero, può cogliere nella suaradicale verità.

Sta a noi cogliere il fascino di Berlu-sconi o Belluscone in un paese che habisogno di sentirsi protagonista, e da-vanti alle sue macerie preferisce disto-gliere gli occhi. Lui, Maresco, si interro-ga a sua volta, e quel sentimento malin-conico, è questa sua commuoventeostinazione, che oscilla tra comico etragico, risata e spavento per un pre-sente in cui tutto si confonde, e apparenormale, quotidiano. Il limite è infran-to, Ciccio Mari è sparito, e così Mare-sco. E il cinema?

VISIONI Accolto da continui applausi a scena aperta e da un’ovazione finale,«Belluscone - Una storia siciliana» di Franco Maresco ha conquistato il Lido

Luca Mosso

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POLEMICHE

Forza Italia annunciala richiesta di «sequestro»

Sotto le maceriedi una nazione

Berlusconi e la sua liaison con laSicilia, ma il creatore di Cinico tvva oltre e parla del passato/presentedi questo paese, i suoi «eterni ritorni»e i sussulti apparenti. Il vero orroregli sembra, alla fine, l’Italia di oggi

OLTRE LO SCHERMO

Il processo creativoche racconta una doppia Storia

Forza Italia - per voce del senatore Lucio Malanintervistato da Klaus Nomi nel corso del suoprogramma «KlausCondicio» - annuncia da par-te del partito la richiesta di sequestro per ilfilm «Belluscone - Una storia siciliana» di Fran-co Maresco. «Io credo - prosegue il senatoreazzurro - che sia doveroso un atto di questogenere nel momento in cui si va al di là dellacritica, della satira. Qui non c'è proprio nessu-na satira: c'è purtroppo ben poco da ridere. C'èpiuttosto un attacco a una persona, a una inte-ra parte del Paese, a un movimento politico,per cui credo che sia doveroso agire a difesadella dignità del nostro Paese, dei nostri eletto-ri, oltre che della persona di Silvio Berlusconi».«Sono tre anni - aggiunge - che Berlusconi nonè più al governo italiano, quindi bisognerebbeparlare di altro. Si potrebbe parlare anche diquello che c'è di bello in Italia: il cinema puòessere un veicolo di promozione, non solo turi-stica, ma anche economica in generale, mapurtroppo c'è un eccessivo indulgere sulla ma-fia, sulla mafiosità, come se tutta l'Italia fossefatta di mafiosi o di realtà delinquenziali».

ALCUNE SCENE DA «BELLUSCONE - UNA STORIA SICILIANA» DI FRANCO MARESCO, NELLA FOTO IN BASSO IL REGISTA

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 13

INCONTRI · Consegnato il Leone alla carriera alla montatrice americana Thelma Schoonmaker

«Ogni film, una sfida diversa»

Silvana SilvestriVENEZIA

I l Leopardi di Martone è offerto alpubblico italiano come un donolussureggiante per ripensare, an-

che seguendo la propria maturazio-ne, il tragitto della nostra storia in bili-co (per gli stranieri sarà più ostico: Le-opardi who is it? ci chiedono anche icritici anglosassoni più accorti), noiconosciamo d'altra parte ben pocodella letteratura portoghese, ci sem-bra di aver imparato tutto dai film diManoel de Oliveira, con i suoi poeti se-duti ai tavolini dei bar, le lettere scam-biate, i personaggi evocati nel patio enei conventi, tirati fuori come dallasua libreria al momento giusto. ComeLeopardi si affaccia all’epoca moder-na e spazza via le accademie, così Cer-vantes fa da spartiacque tra due epo-che. Il poeta che si affaccia sul secolonuovo è scelto da Manoel de Oliveiracome uno dei suoi generali da schiera-re nel suo ultimo film O Velho de Re-stelo.

A lui certo non hanno detto come iproduttori di Martone «in fatto di fi-nanziamenti non potevamo negarglinulla», ma in quei 19 minuti si può tro-vare tutta la magia dell’ambiguità traparola e immagine, passato e presentee quel sottile confine da perderci la te-sta tra lingua portoghese e spagnola.

Il frontespizio del Don Quixote, in-quadrato all’inizio e alla fine di O

Velho do Restelo presentato fuori con-corso, ci rammenta uno dei punti di ri-ferimento da cui ripartire per orizzon-tarsi, tante sono le analogie tra l’epo-ca che si chiudeva quando fu scritto equella che si affacciava, carica di inco-gnite, a superare anche i limiti nazio-nali e di conquista.

Con il Don Quixote e I Luisiadi diLuis de Camoes (di cui O velho de Re-stelo rappresenta il IV canto) il registaintanto mette in scena il doppio desti-no di un territorio diviso, separazioneche sarà poi amplificata, decisa dal pa-pato nel nuovo mondo con nettezzageometrica, si affaccia sul baratro del-la storia per avvertire dei corsi e ricor-si soprattutto nelle epoche di transi-zione («ma tutto è sogno», ricorda), omeglio rimanda ai classici, utile avver-timento in caso di assoluto disastro.

All’età del regista in cui si dialogatra pari, in cui si colloquia solo con ipoeti, con i classici - lui lo ha fatto dasempre - mette insieme chi ha me-glio espresso nella cultura lusitana ilpessimismo, l’ironia, il romantici-smo. Seduti sulla stessa panchinanon desolata ma assai combattiva sie-dono, uno accanto all’altro, come fos-sero pensionati speciali Louis de Ca-

moes, che perse l’occhio destro inbattaglia, cinto di alloro come è rap-presentato nelle stampe, imparenta-to con Vasco de Gama e che accantoa lui fu sepolto, Teixera de Pascoaeslo scrittore romantico del XIX secoloa evocare il poeta di cui scrisse nelsuo O penitente, morto qualche annodopo la sua nascita, Camilo CasteloBranco, autore di quell’Amor de per-diçao che Manoel de Oliveira diressenel 1972. E un po’ solitario se ne staCervantes in armatura, come fosseappena tornato dalla battaglia di Le-panto, soldato che non ha parole,che ha visto tutto.

Il romanzo si apriva al nuovo mon-do che aveva spazzato via da un pez-zo gli ideali della cavalleria. De Oli-veira mette in relazione il capolavo-ro portoghese di Camoes, che rac-contava la gloria di un popolo nel pe-riodo delle grandi scoperte georgrafi-che, letto dallo stesso scrittore al reper prevenirlo inutilmente dellaprossima sconfitta, e il capolavoro diCervantes scritto dopo la sconfittadell’Invincibile Armada. Ma più an-cora mette in relazione per affinitàQuixote e Camilo Branco «perchémostrano le loro debolezze, sonopiù umani». Il Quixote che il registamette in scena ripetutamente è scel-to dai brani del film di Grigori Kozint-sev interpretato da Nikolaij Cherka-sov (era stato anche Ivan il terribile,c’è dell’ironia in questo unico voltoper due eroi così distanti).

Vediamo la copia de I Luisiadi, ilpoema di Camoes galleggiare sulleacque dell’oceano senza affondare,una scena che parla di esplorazionie di battaglie navali, un ondeggiareche appartiene alla materia stessa diuna terra il cui destino è l’Atlantico.O velho, era il vecchio che ammoni-va a non affrontare il viaggio dellascoperta delle nuove terre, mettevain guardia contro i pericoli («chemorti, che perigli, che tormenti»), av-vertiva il re senza essere ascoltatodella sconfitta imminente di AlcacerQuibir. Il paesaggio prima della bat-taglia è coperto di schiere di soldatiin armi e vessilli. «Sire, le truppe han-no bisogno di un discorso». Ma il renon parla. O Vehlo do Restelo è anco-ra oggi un termine che definisce ilpessimismo, il regista capovolge il si-gnificato: nel saper prevedere il disa-stro è il senso del film, avverte de Oli-veira.

Cecilia ErminiVENEZIA

«Una massa di materia-le da plasmare, un la-voro creativo. Martin

e io non pensiamo affatto che ilmontaggio sia un’arte invisibileed è per questo che abbiamosempre cercare di aumentarne ilriconoscimento». Parole che suo-nano come una dichiarazionepoetica quelle di Thelma Schoon-maker, secondo Leone alla car-riera della Mostra, dopo il ricono-scimento a un altro colosso delcinema americano come Frederi-ck Wiseman. La straordinariamontatrice americana, che da

Toro scatenato accompagnaogni film di Martin Scorsese, rac-conta vita e prime esperienze ci-nematografiche, poche ore pri-ma la consegna del premio in Sa-la Grande «Mi sono avvicinata almontaggio per puro caso. Dopoun’infanzia trascorsa all’estero,sono tornata negli Stati uniti a 15anni per poi cominciare i mieistudi universitari. Lì, ho cono-sciuto Martin, era il 1963, e non

eravamo nemmeno nella stessaclasse. Aveva dei problemi con inegativi appena sviluppati di unsuo cortometraggio e mi sono of-ferta di dargli una mano. Da po-co tempo avevo concluso un ap-prendistato insieme a un registache aveva messo un annunciosul New York Times per cercareun’assistente, ma è stato Martina insegnarmi l’arte di questo me-stiere e la sua potenza creatrice.»

Schoonmaker però cominciaa lavorare come montatrice didocumentari nell’America dei ri-voltosi primi anni ’70, esperien-za che si rivela preziosa per ilsuo futuro prossimo: «Ho inizia-to la mia carriera come montatri-ce con i documentari. Amavo tro-vare una mia linea personale al-l’interno di questi lavori, cosache molti colleghi non amano fa-re, e sono stata felice di ritrovarlamolti anni dopo nei due docu-mentari sulla storia del cinemaitaliano e americano che ho fattocon Scorsese». Scorsese non si èlimitato soltanto ad omaggiarel’amato cinema con i documen-tari, ma è stato l’artefice della ri-scoperta americana (e non solo)di due geni del cinema britanni-co: Michael Powell (che nel 1980sposò Thelma Schoonmaker,complice il Cupido Martin che lifece conoscere) e Emeric Pres-sburger: «Molti conosconol’amore che Martin nutre per ilcinema di Powell e Pressburger.Scorsese e Michael si intesero su-bito alla perfezione, dopo che

Martin gli mostrò Mean Streets,film che amò subito moltissimo.Quando Michael arrivò negli Sta-ti uniti per collaborare alla realiz-zazione di Toro scatenato, Mar-tin lo accompagnò con gioia suiluoghi del film. Coreografare icombattimenti, questo Martinchiese a Michael ma il contribu-to di Powell fu ancora più gran-de: non amava i guantoni rossidi Jake LaMotta e così suggerì aScorsese di girare tutto in biancoe nero, quasi a voler ricreare lastessa atmosfera degli incontri dibox nelle televisioni dell’epocaLaMotta».

Proprio una scena di Toro sca-tenato è stata proiettata poco pri-ma della consegna del premio:«Quello straordinario momentodove vediamo il combattimentodi Jake contro Sugar Ray Robin-son con gli occhi della moglie Vi-ckie. Penso che sia uno dei mo-menti più alti della mia collabo-razione con Martin. Il balletto diprimi piani con l’emozione sulsuo viso e l’idea meravigliosa diusare le voci del vero combatti-mento poiché nessuno poteva ri-produrre la poesia della voce diJake.» L’intesa perfetta fra il regi-sta americano e la Schoonmakernon ha mai conosciuto crisi, no-nostante le esplorazioni di gene-re che Scorsese ha intrapreso ne-gli ultimi vent’anni della sua car-riera». Ogni film è una sfida diver-sa. So che tante persone vorreb-bero altri cento Quei bravi ragaz-zi, ma per me e Scorsese è impor-

tante reiventarsi continuamen-te. Come accadde, per esempio,con L’età dell’innocenza, un filmdiverso, quasi uno spartiacque.Bisognava rallentare il ritmo deitagli e allo stesso tempo sottoli-neare, come una stilettata, le ter-ribili regole sociali capaci di di-struggere l’autenticità di un sen-timento. È un film crudele nel de-scrivere una società spietata qua-si quanto la mafia».

L’intensità della collaborazio-ne fra i due ha permessi pochissi-mi «sconfinamenti» della monta-trice (soltanto con il film di Alli-son Anders del 1997 Grace of Myheart): «Ho lavorato quasi solocon Scorsese per una serie di mo-tivi. Il più importante è che lo ri-tengo il miglior regista vivente,in più abbiamo sempre avuto lafortuna di poter realizzare tantiprogetti, senza mai soffrire trop-po a causa dei produttori. È diffi-cile stabilire chi di noi due abbial’ultima parola sul montaggio; lanostra collaborazione è perfetta,anche perché il dialogo è costan-te e senza leggi prestabilite. Il no-stro rapporto, inoltre, si alimen-ta anche quando non lavoriamoinsieme, discutendo di tanti argo-menti ’estranei’ alla nostra pro-fessione, come il Papa ad esem-pio, ma ci piace anche guardarei film trasmessi dal canale Tcm,specializzato in grandi classicidella Storia del Cinema, gli stessifilm che vedevo da ragazza in tv,quando mai avrei pensato di la-vorare nel mondo del cinema».

Antonello CatacchioVENEZIA

I l 26 ottobre dello scorso anno oltre44mila italiani hanno effettuato delle ri-prese che hanno poi inviato a Gabriele

Salvatores per realizzare Italy in a Day. Allafine sono stati 632 i video utilizzati per ilmontaggio finale, alla Mostra fuori concor-so, in attesa di una presentazione in sala il23 settembre e della messa in onda in pri-ma serata su Raitre il 27.

Un film collettivo quindi che rende l’im-magine dell’Italia di oggi «un paese che sof-fre, ma con dignità» dichiara Salvatorescommentando il film come «un diario emo-tivo, un censimento di emozioni». Già per-ché c’è di tutto, meglio ci sono tante storiecondensate. C’è la signora che studia cineseperché convinta che i suoi figli finiranno mi-granti in Cina per fare i badanti, chi rimpian-ge per non sentirsi più utilizzato dalla socie-tà, c’è la mamma anziana che non ricordapiù neppure il nome del figlio ma lo ritiene

un angelo e lo bacia, ci sono richieste di ma-trimonio, annunci di maternità, c’è l’astro-nauta italiano nella navicella, e chi viaggiasu una nave cargo, chi ama girare nella cittàdeserta di notte, chi balla, chi canta O solemio, chi è in carcere, chi è in ospedale medi-co o paziente.

Si sorride, talvolta si ride, in altri momen-ti affiora il magone per questo paese soffe-rente. Un bombardamento di emozioni chearrivano magnificamente a segno e alcunepersone in pochi secondi si rivelano bellissi-mi personaggi. Ma c’è anche il non vistoperché eliminato in montaggio. Aggiungeinfatti Salvatores «tanti hanno interpretatola cosa un po’ come se fosse una seduta dipsicanalisi, ho dovuto eliminare tantissimivideo perché si rivolgevano direttamente ame addirittura chiamandomi Gabriele e rac-contandomi cose personali come fosse unaconfessione laica collettiva. Una grande re-sponsabilità ricevere questi messaggi nellabottiglia, ci voleva attenzione, rispetto maanche coscienza del proprio ruolo per rac-

contare la ’tua’ storia anche se con le paroledegli altri». La scelta fatta da Salvatores coni suoi montatori Massimo Fiocchi e ChiaraGriziotti (supportati nella selezione inizialeda una cinquantina di studenti, perché ave-vano tra le mani 2200 ore di materiale) è sta-ta quella di privilegiare il racconto umanolegato alle persone, scandito dalle 24 oredella giornata. Alcuni video sono stati inqualche modo «sollecitati» perché altrimen-ti non avrebbero potuto esistere.

Dalle riprese dell’astronauta a quelle ne-gli ospedali (che richiedevano autorizzazio-ni preventive) a quelle delle carceri per cuioltre a chiedere l’autorizzazione hanno for-nito le telecamere ai reclusi lasciandoli poiperaltro liberi di riprendere quel che a lorosembrava opportuno. L’idea di Italy in aday è stata di Lorenzo Gangarossa di India-na Production (che ha seguito anche tutto ilcomplicatissimo iter burocratico dei per-messi e delle liberatorie) che ha prodotto ilfilm con Rai Cinema in associazione conScott Free, perché l’idea originale è di Rid-

ley Scott. Il paese che Mussolini raccontavacomposto da santi, poeti e navigatori è di-ventato ora altro da sé, un’Italia.2, un pae-se, se non proprio di cineasti, almeno dioperatori, perché bisogna riconoscere che,alla fine, il risultato ha una sua omogeneitàe compattezza, nonostante le centinaia dimani, di occhi e strumenti sempre diversi.Anzi, scherza Gabriele «se mai dovessimo ri-fare un esperimento di questo tipo invitoquanti fanno riprese soprattutto col telefoni-no a farle orizzontali». Il problema, ovvia-mente, è tutto nel montaggio, nella fluidità

del racconto composto da tanti tasselli,spesso slegati tra loro, un po’ come se si co-struisse un mosaico con tante piccole tesse-re colorate e in movimento, che è poi l’im-magine suggestiva e conclusiva del film, pri-ma di ringraziare tutti i partecipanti in parti-colare Margherita Hack che era stata testi-monial per sollecitare a partecipare al pro-getto, nel frattempo è scomparsa «è tornataa essere un puntino luminoso di energia»sottolinea il regista, contraltare forse al-l’energia prepotente dell’Etna in piena atti-vità proprio il 26 ottobre 2013.

VISIONI GIOVANNI FLORISUn talk show settimanale - il martedì alle 19.40 dal 16 settembre - e una striscia quotidiana - dal 16 settembre «diciannovEquaranta»dal lunedì al venerdì alle 19.40 dall’8 settembre. A presentarli Giovanni Floris negli studi La7 a Roma in via Tiburtina: «Siamo unatrasmissione nuova che riparte dai punti fermi di Ballarò ma questo non vuol dire - sottolinea l’ex anchor man di Raitre - che sarà unafotocopia». Massimo Giannini, che lo sostituirà su Raitre a Ballarò, viene definito: «Un’ottima scelta. Gli faccio mille auguri».

«Ho conosciutoScorsese nel ’63.

Aveva dei problemicon i negativi di un suocorto e mi sono offertaper dargli una mano»

Il Don Quixotee i Luisiadi: 19 minutidi cinema per ritrovarela magia della relazionefra parola e immagine

A DESTRA LUIS MIGUELCINTRA, SINISTRA SCENADA «TORO SCATENATO» ETHELMA SCHOONMAKERAL LIDO/FOTO REUTERS

FUORI GARA · De Oliveira e «O Velho de Restelo»

Un’incursione lusitanafra i classici dell’ironia

FUORI CONCORSO · Presentato «Italy in a Day», opera collettiva di Gabriele Salvatores

Siamo tutti santi, poeti e cineoperatori

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pagina 14 il manifesto MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014

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EMILIA ROMAGNAVenerdì 5 settembreARGILLA ITALIA Dal 5 al 7 settembre lacittà di Faenza ospiterà ceramisti, artisti eprofessionisti del settore della ceramica artisti-ca e artigianale per la quarta edizione di Argil-la Italia, l’appuntamento biennale con il festi-val della ceramica per le vie e le piazze delcentro storico, organizzato dal Comune di Faen-za e Aicc – Associazione Italiana Città dellaCeramica. Argilla si è affermata, nel corso dellepassate edizioni, come uno dei principali festi-val della ceramica a livello europeo. Info: www.argilla-italia.it.■ Faenza

LAZIOGiovedì 4 settembreINEUROFF Settima edizione (4- 7 settembre)del Festival inEURoff - Racconti e Incanti. Pro-mossa ed organizzata dalla Compagnia Onda-durto Teatro (Il gesto, l’acrobatica, il testo, ilteatro-danza, sono parti essenziali della lorocreazione artistica, unita all’utilizzo di macchi-ne scenografiche in movimento, effetti pirotec-nici, giochi d’acqua, video, musica dal vivo), lakermesse sarà un vero e proprio connubio trateatro urbano, nuovo circo, performing arts evideo art, dove arti classiche, documentari espettacoli dalle grandi dimensioni, si unirannoper celebrare il confluire di differenti linguaggiespressivi ed arti performative… Programma:www.ineuroff.it infoline: 3395954230■ Scalinata Monumentale Museo CiviltàRoman, largo Agnelli, Roma

Lunedì 8 settembre, ore 21GAROFANO VERDE Nuova edizione perGarofano verde (8-9-10 settembre) Garofanoverde, scenari di teatro omosessuale, una ras-segna a cura di Rodolfo Di Giammarco. Tre gliappuntamenti in programma: lunedì 8 la Com-pagnia Vucciria Teatro propone «Io, mai nientecon nessuno avevo fatto» di Joele Anastasi,anche regista e co-interprete con Enrico Sorti-no e Federica Carruba Toscano. Martedì 9Teatri Uniti presenta «Birre e rivelazioni» diTony Laudadio, con un confronto scomodo eprogressivo tra due adulti, Roberto De France-sco e Andrea Renzi. Mercoledì 10 «Un bacio»,di Ivan Cotroneo per Iaia Forte, Enzo Curcurò eMatteo Lai.■ Teatro Argentina, Largo Argentina,Roma

PUGLIAGiovedì 4 settembreTALOS FESTIVAL Si apre domani la manife-stazione ideata e diretta dal trombettista ecompositore ruvese Pino Minafra, proponeanche quest’anno un cartellone ricco di concer-ti, produzioni originali, mostre e masterclass.Tra gli ospiti Keith Tippett e la moglie Julie,Tankio Band, Antonello Salis, Instant Compo-sers Pool Orchestra, Gianluigi Trovesi, HanBennink, Louis Moholo, Klaus Paier e AsiaValcic Duo, Cesare Dell'Anna e Girodibanda.Info: www.talosfestival.it■ Ruvo di Puglia (Ba)

TOSCANAGiovedì 4 settembreMETAROCK FESTIVAL Ventinovesima edizio-ne del Metarock Quality POPular Festival 2014:la storica manifestazione quest’anno prevedequattro serate (4-7 settembre) protagonistiindiscussi della musica italiana. Da Caparezza(eccezionalmente in Piazza dei Cavalieri) aipisani Zen Circus, dalla Bandabardò fino achiudere con gli Afterhours di Manuel Agnelli elo spettacolo equestre di Giovanni Lindo Ferret-ti. Ogni concerto sarà poi aperto dai miglioritalenti toscani e non per un totale di 14 artistiin scena nella 4 giorni toscana.■ Pisa

Tutti gli appuntamenti:[email protected]

Caro manifesto, stavo per scrive-re «caro Giorgio» ma così conti-nuando non avrei potuto, il dolo-re, lacrime avrebbero offuscatola scrittura, non avrei più distintoi tasti. Ti ho letto e riletto, unainfinità di volte. Ti ho sentito altelefono, avevo avuto bisogno disentirti su Expo, e per altre cose.La tua voce, la tua disponibilità,incredibile, una volta, si sarebbe-ro dette normali, da compagni.Oggi, non è più scontato nientee sono le qualità umane più chequelle politiche a contare. Appe-na saputo, una fitta, ho cambia-to cellulare, internet fuori uso,questi maledetti temporali d’ago-sto, uno schifo d’estate che si èportata via anche te, ho cercatonumeri della redazione di Mila-no, non li ho trovati.Ci sono anch’io, ci sono anch’ioa dire a tuo padre che un pocodella tua luce l’hai donata anchea me. Non è nulla, non è niente,non consola ma è quello che miviene. Abbraccio Luca, abbraccioi compagni milanesi che ti han-no apprezzato ed hanno lavoratocon te. La vignetta di Biani, l’uo-mo che si alza...Siamo una piccola comunità,noi, lettori, sostenitori de Il Mani-festo, ancora questa estate, intreno, con mio figlio, verso Saler-no, scorto un altro con una co-pia del giornale, una chiacchie-ra, un’amicizia. Questo, carissi-mo Giorgio, questo voler restareuniti, insieme, ci caratterizza.Una comunità di valori, piccola egrande. Quando qualcuno man-ca è lutto , è vuoto. Che le paro-le gentili, accorate che ho letto,che stiamo leggendo, contribui-scano ad alleviare il dolore e acementare un’idea, un progettoantico di solidarietà ed egua-glianza. Vi chiedo scusa, forse

ho detto troppo o troppo poco.Mi unisco agli amici, ai compa-gni e compagne de il manifesto.Teodoro Margarita

Ho appreso solo ora che Giorgionon è più.... E’ faticoso superareil senso di vuoto e sgomento escrivere parole mai come in que-sto caso inadeguate; ma devo,voglio testimoniare anch’io chebella figura sia stato Giorgio eche perdita rappresenti per tuttiquelli che hanno avuto la fortunadi apprezzare le sue qualità uma-ne e politiche. Nel sentire chegià ci manca il mio pensiero vaalla famiglia e a Luca che ab-braccio forte.Antonello Patta

Il sequestro di stato che perduraormai da quasi mille giorni miimpedisce di dargli l’ultimo salu-to e pertanto con questa letteraaffido il mio pensiero a LeonardoVecchiolla detto Chucky che ieri,lunedì 1 settembre 2014, ha de-ciso di abbandonare questa infa-me vita terrena per un mondoche speriamo tutti sia veramentemigliore e giusto. Con le lacrimeagli occhi mando il mio più pro-fondo sentimento di vicinanzaumana ai famigliari di Leonardoe in particolar modo alla sua cre-atura di soli tre anni che da og-gi, purtroppo, non avrà più unpadre. Sono tante le sensazioniche attraversano il mio corpo ela collera mi assale. Grido, conla voce che mai nessuna galerapotrà soffocare, la mia rabbiacontro un sistema fascista che inmodo diretto è responsabile del-la morte di Leonardo.Hanno con accuse infondate esenza uno straccio di prove sbat-tuto, nei giorni seguenti gli scon-tri di Roma del 15 ottobre 2011,Leonardo in galera segnando persempre la sua vita.So cosa significhi essere accusa-to ingiustamente e per di più per

reati che non dovrebbero nean-che esistere nel nostro ordina-mento giuridico perché figli delFascismo, ho vissuto anche iouna carcerazione inumana e co-nosco, e non mi vergogno a dir-lo, quei pensieri che hanno porta-to Leonardo a compiere quel ge-sto estremo.Oggi è il giorno del dolore e chele lacrime solchino pure il nostroviso, ma da domani ricordiamocidi onorare Chucky tornando alottare attivamente contro tuttequelle ingiustizie per le quali luicombatteva in prima linea. Lodobbiamo a Chucky ed a anchea noi stessi.Che la terra ti sia lieve Compa-gno Chucky, per te continueremoa resistere.Davide Rosci, detenuto politicoper gli scontri di Roma del 15Ottobre 2011

L’articolo di Tommaso Di France-sco sulla nomina della Mogheriniè davvero prezioso! Non solo èapprezzabile il lapidario giudizio:«la persona giusta al posto giu-sto», visto che la politica esteraeuropea (e non solo quella) ègià decisa da Washington e dal-la Nato e una nullità come lanuova Mrs. Pesc è perfetta per laparte; ma anche una serie di sin-tetiche e giuste considerazioni sututti i precedenti orrori della poli-tica europea (ed italiana in parti-colare) in Iraq, Jugoslavia, Libia,Siria, ecc.Vincenzo Brandi

Cari compagni, nell’articolo com-parso ieri 2 settembre venivanoriportate le frasi scritte su face-book dalla figlia di uno dei fuci-lieri che sono in attesa di proces-so in India. Sarebbe il frutto diuna «comprensibile frustrazione»l’ accostamento che fa la ragaz-za tra il mancato ritorno di suopadre e l’accoglienza ai migranti«che bucano le ruote e vogliono

soldi». Viene considerato «sacro-santo e scomposto, comprensi-bile ma non condivisibile» unosfogo che colloca nella stessafrase, quindi su un piano para-gonabile, l’iter giudiziario di chiè accusato di omicidio di duepescatori inermi, e il soccorso achi è vittima di guerre e perse-cuzioni. Il ruolo che il manifestosvolge nelle vicende attuali, co-sì cariche di mistificazioni daparte degli organi di potere, èlodevole ed innegabile. Ma pro-prio a causa di questi tempiche corrono, anche una certaattenzione agli aggettivi che siusano parrebbe opportuna. Conaffetto e vicinanza.Claudio Buonanno

Arriverà in Italia il Ku Klux Klandei beni culturali? L’Italia sta ri-schiando grazie al «governo delfare (danno)» di alimentare lanascita di una sorta di Ku KluxKlan che avrà come obiettivo ildisfacimento dei Beni culturali.Questo neo K.K.K. all’italianaavrà il nome di Commissione re-gionale ad hoc che avrà il compi-to di sconfessare e "crocifiggere"le Sovrintendenze, già poco effi-caci, a discapito dei Beni Cultura-li e dei centri storici e del pae-saggio per far sì che «sindaci delfare» ovvero di fare quanto piùdanno alle bellezze italiane. Pe-raltro di questi sindaci che per-mettono che i nostri beni cultura-li, unici nel panorama internazio-nale, possano essere violati esacrificati alla prepotenza delcemento e della loro mercificazio-ne ve ne sono già troppi. Vistoche siamo in tema spending re-view perché non sopprimere di-rettamente le Sovrintendenze da-to che il loro parere varrà menodi zero se passa l’idea, condivisadai tanti «Soloni» italiani, del Mi-nistro ai Beni Culturali France-schini?Alfio Lisi

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FUORILUOGO

Una pianta di canapa non è reatoFranco Corleone

Che parte deciderà di interpretarel’Autorità per le garanzie nelle comu-nicazioni rispetto al ventilato matri-

monio tra Telecom e Mediaset? Farà donRodrigo o don Abbondio? Oppure, comedovrebbe, ricorderà innanzitutto che lostesso Testo Unico sulla radiodiffusionedel 2005, peraltro voluto dall’ex ministroGasparri, impedisce persino il fidanzamen-to? Il divieto sta nel comma 11 dell’articolo43, verosimilmente pensato all’epoca perimpedire qualsiasi feeling tra l’ex monopo-lista delle telecomunicazioni e la Sky diMurdoch. Vedi l’eterogenesi dei fini. Ieri lanorma “proteggeva” il Biscione, oggi lo fre-na nella nuova discesa in campo.

Tuttavia, il capitalismo di quest’epocasgradevole non guarda in faccia a nessunoe –chissà- quel comma magari verrà «rotta-mato» in uno dei prossimi 998 giorni.

In verità, tra le mille bolle blu evocatedal premier, non c’è neanche un cenno alproblema dei media vecchi e nuovi, ma for-se proprio il silenzio parla più di tante pa-role. Vale a dire, disco verde alle peripeziedi un mercato che in Italia è tuttora soggio-gato alle logiche del vecchio duopolio Rai-Mediaset, con la novità che il servizio pub-blico interpreta il ruolo del coro dell’Aida:tra il «partiam partiam» e il movimento rea-le passa un bel po’ di tempo. Perché, altri-menti, il presidente di Telecom si sarebbetanto esposto in una recente intervista sul-le nozze del secolo?

Telecom è un antico oggetto del deside-rio del gruppo di Berlusconi, ma finora ta-le è rimasto. Stiamo ora a vedere. Certo,una via meno diretta (per dribblare la leg-ge, in un paese ricco di precedenti in mate-ria) potrebbe essere l’affidamento dellapratica matrimoniale a Bolloré, il patron diVivendi, tradizionalmente ben visto ad Ar-core. La società francese sta pensando di ri-levare la quota di Telecom posseduta dallaspagnola Telefonica, cui ha ceduto la suasocietà brasiliana Gvt , vincendo la guerradi agosto con Telecom.

Un apparente pasticcio, che apre unanuova fase del e nel villaggio globale. E l’in-tesa tra i gestori delle reti, come le storicheaziende telefoniche, e i produttori di conte-nuti è la chiave per la sopravvivenza. Altri-menti, i signori dell’era di Internet, da Goo-gle in poi, spadroneggeranno senza oppo-sizione.

Di fronte a tutto questo il governo italia-no davvero non ritiene di dire (e fare) nul-la? Neppure i cultori del liberismo sfrenatosi sono storicamente ritratti dall’attenzio-ne al settore dell’informazione, vero siste-ma nervoso della democrazia. Vedere percredere. Grazie a Telecom Italia è possibileseguire in streaming i lavori dell’Igf (Inter-net governance forum), in corso a Istanbul.Nella seduta di apertura di ieri si sono sus-seguite alle tribuna realtà –dal Bangladesh,alla Colombia, alla Costarica- in passatolontane e marginali.

La geopolitica dei media sta cambiandoa velocità digitale, non «passodopopasso».

E in Europa, tra l’altro, avvengono fattistrani. Il rapporto predisposto da PascalLamy (ex commissario e direttore dell’Or-ganizzazione mondiale del commercio,pour cause) sulla destinazione delle preli-batissime frequenze della banda 700 MHzallunga il brodo del loro passaggio alle retimobili di nuova generazione fino al 2020,lasciandole in balia della televisione. Vetu-sta, ma sempre influente. È chiaro che finoa che non si libereranno risorse tecniche labanda larga per tutti non ci sarà, per dirlain soldoni.

E sapete chi c’era per l’Italia nel gruppodi Lamy? Mediaset, con la tenace consiglie-ra di amministrazione Gina Nieri. Sembradi rivedere un film in bianco e nero.

Una recente sentenza della Cassazio-ne, la 33835 del 29 luglio 2014, haaffermato con nettezza che la coltiva-zione di poche piante di marijuana inun vaso, destinate ad uso esclusiva-mente personale non costituisce rea-to secondo quanto previsto dall’art.73 della legge sulla droga 309/90.La VI Sezione Penale (presidente Mi-lo, relatore Di Stefano) ha accolto ilricorso del Pg della Corte d’Appellodi Sassari avverso la condanna con-fermata dalla stessa Corte il 7 febbra-io 2013 contro P.A. per aver coltivatodue piante di canapa indiana.La decisione assume un particolarerilievo perché viene dopo la sentenzadella Corte Costituzionale, la32/2014, che ha annullato l’unifica-zione del trattamento sanzionatorioper le diverse droghe previsto dalla

Fini-Giovanardi e sollecitato il Parla-mento ad affrontare finalmente unpunto controverso che provoca assur-de persecuzioni, soprattutto di giova-ni che amano prodursi la sostanzasenza ricorrere al mercato illegale.Tanti giudici di merito e diverse sezio-ni della Cassazione si sono confronta-ti con il senso del dettato della leggeche distingue nettamente tra deten-zione e coltivazione.Infatti mentre la detenzione per usopersonale, risulta pacifico, è soggettaa sanzione amministrativa, la coltiva-zione sempre e comunque comporte-

rebbe una sanzione penale.Lo spartiacque è stato rafforzato dal-la sentenza 28605 del 2008 delleSezioni Unite della Cassazione cheribadiva che la condotta della coltiva-zione non poteva essere sottratta alrilievo penale perché non è menziona-ta nell’art. 75 della legge antidrogatra i comportamenti soggetti ad illeci-to amministrativo. Aggiungeva ancheuna valutazione risibile in quanto lacoltivazione «merita un trattamentodiverso e più grave» rispetto alla de-tenzione, per il solo fatto di aumenta-re la quantità complessiva di stupefa-

centi presenti sul mercato. Il caratte-re ideologico, fondato su un pregiudi-zio moralistico, era reso evidente dauna retorica conclusione: l’azione po-neva in pericolo «la salute pubblica,la sicurezza e l’ordine pubblico e lasalvaguardia delle giovani generazio-ni». La sentenza, che si limita ad unalettura pedissequa, meccanica e su-perficialmente riduttiva di un fenome-no storicamente e culturalmente com-plesso, non ha alcun pregio giuridicoe interpretativo. E infatti è stata con-traddetta dalle sentenze, che abbia-mo commentato in questa rubrica, di

giudici come Salvini, Pilato, Renoldie da alcune sezioni della Cassazione.La recente sentenza non si confrontacon gli argomenti sostenuti in prece-denza, in particolare la differenza tracoltivazione industriale e «casalinga»,e la presenza drogante nella pianta,ma valorizza la destinazione all’usopersonale sotto il profilo del principiodi offensività come delineato dallaCorte Costituzionale soprattutto nellesentenze 360/1995 e 260/2005.Se da una parte si pone il principiodell’offensività in astratto – rileva lasentenza – dall’altro si pone l’accerta-

mento del fatto, l’offensività in con-creto, affidato al giudice. Si tratta diuna rottura del tabù.La via maestra è però quella dellapolitica. Come sosteneva GiancarloArnao, la Convenzione di Vienna sulledroghe del 1988, al par. 2 dell’art.3, equipara la coltivazione per consu-mo personale al possesso e all’acqui-sto. È davvero ora che sia definita laliceità della coltivazione personale oall’interno dei social cannabis club,come prevede la legge dell’Uruguay,sottraendola alla discrezionalità delgiudice. Bisogna evitare processi inu-tili, che portano ad assoluzioni per-ché il fatto non costituisce reato.La giustizia deve essere liberata dallacaccia alle streghe.Vedi il dossier sulla canapa domesti-ca sul sito www.fuoriluogo.it

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RI-MEDIAMO

Telecom e MediasetVincenzo Vita

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MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 15

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COMMUNITY

Molte delle minacce cheincombono sul piane-ta sono già fatti. Innan-

zitutto la data che renderà irre-versibile un cambiamento cli-matico radicale e devastante siavvicina. I nostri figli e nipotiavranno un debito ambientaleben più gravoso dei debiti pub-blici su cui politici ed economi-sti si stracciano le vesti.

Governi e manager hannoper lo più cancellato il proble-ma dalla loro agenda: a quei li-velli la green economy non èun’alternativa al trend in atto,ma una serie scollegata di mi-sure, spesso dannose, che neoccupano gli interstizi. L’Italia,che ha una strategia energetica(Sen) recepita da Renzi, ne èun esempio: ha impegnato ci-fre astronomiche nelle fontirinnovabili a beneficio quasisolo di grandi speculazioni chedevastano il territorio, ma den-tro un piano energetico incen-trato su trivellazioni e traspor-to di metano in conto terzi. Èuna visione miope che distrug-ge ambiente e competitività, echiude gli occhi al futuro.

Viviamo ormai da tempo instato di guerra: l’Italia è già im-pegnata con diverse modalità,tutte contrabbandate come«missioni di pace», su una deci-na di fronti. Ma questi interven-ti alimentano un meccanismoirreversibile: si armano o so-stengono stati o fazioni percombatterne altri o altre, chepoi si rivoltano contro chi le haarmate in un alternarsi conti-nuo dei fronti che non fa che al-largarli. Dal conflitto israelo-pa-lestinese alla guerra tra Iraq eIran, dalla Somalia all’ex Jugo-slavia, dalle due guerre control’Iraq all’Afghanistan, e poi Algeria,Libia, Siria e di nuovo Iraq, e poi inUcraina, l’establishment dell’Occi-dente ha perso il controllo delle for-ze che ha scatenato.

È difficile riconoscere coerenzaa scelte (ciascuna delle quali ha oha avuto una sua «logica») che in fi-la testimoniano la mancanza diuna visione strategica. Il soffoca-mento o la degenerazione di moltiprocessi nati da rivolte popolaricontro miseria e dittature sono il ri-sultato di una mancanza di alterna-tive al caos che la «democrazia oc-cidentale» - ormai identificata conil dominio feroce dei «mercati» -non è più in grado di prospettare eche le forze antagoniste non sonoancora capaci di proporre.

Entrambi quei trend sono desti-nati a produrre un crescendo conti-nuo di profughi destinati a sconvol-gere la geopolitica planetaria. Giàora, e da anni, paesi come Paki-stan, Siria, Giordania, Libano, Iraq,Turchia, Tunisia, sono costretti aospitare milioni di profughi, moltidei quali si riversano poi in Euro-pa. Pensare di affrontare questiflussi con politiche di respingimen-to è non solo criminale, ma del tut-to irrealistico. Ma avere milioni dinuovi arrivati con cui convivereper molto tempo o per sempre, acui trovare un’occupazione, evitan-do di innescare in tutto il paese fo-colai di infezione razzista (e di re-clutamento per milizie del terrore)rende risibili le politiche economi-che e sociali di cui dibattono i no-stri governi, tutte calibrate sui deci-mi di punto di Pil. È un dato chedovrebbe ridefinire in tutta Euro-pa le politiche relative a scuola, sa-nità, abitazione, lavoro e cultura.

(...) Di fronte a scenari come que-sti si evidenzia tutta la miopia dellepolitiche dell’Unione messe in at-to con l’austerity, il fiscal compact,gli accordi come TTIP e TISA, l’eter-na melina sul coordinamento dellepolitiche degli Stati membri. Quituttavia una strategia chiaramenteperseguita c’è: mettere la finanzapubblica con le spalle al muro:non per «liberalizzare», ma per pri-

vatizzare tutto l’esistente: impresee servizi pubblici, beni comuni, ter-ritorio, ma anche esistenze indivi-duali e percorsi di vita; metterecon le spalle al muro il lavoro, perprivarlo di tutti i diritti acquisiti indue secoli di lotta di classe; instau-rare il dominio di una competitivi-tà universale.

Tuttavia anche in questo caso glieffetti vanno al di là del previsto:sono le stesse «teste pensanti» del-l’establishment ad ammettere, an-no dopo anno, che i risultati nonsono quelli che si attendevano. So-prattutto ora che vengono al petti-ne contemporaneamente molti diquei nodi: deflazione, deindustria-lizzazione, disoccupazione, dipen-denza energetica, guerre senzasbocco, disastri climatici, profughi.

Ma non hanno vere alternative;e mettere toppe da una parte - co-sa in cui Mario Draghi è maestro –non fa che aprire falle da un’altra.

Dunque un «piano B» non esi-ste. Dobbiamo lavorarci noi e que-sto deve essere l’orizzonte politico,e prima ancora culturale, di qualsi-asi iniziativa, anche la più minuta,

di cui ci occupiamo.Non lasciamoci scoraggiare dal-

la sproporzione delle forze e dellerisorse: in sintonia con noi ci sonoaltre migliaia di organizzazionisparse per il mondo (e forse un pas-so importante per cominciare a co-ordinarci a livello europeo è statofatto con la lista L’altra Europa; enon è né il primo né l’unico); e poi,ci sono milioni o miliardi di esseriumani che hanno bisogno di trova-re in nuove pratiche e nuove elabo-razioni un punto di riferimentoper sottrarsi a quel «caos prossimoventuro» di cui già sono vittime.

La radicalità di un movimento,di un programma, di un’organizza-zione, cioè la loro capacità di misu-rarsi con lo stato di cose in essere,si misura su questo sfondo: si trat-ta di sviluppare a 360 gradi il con-flitto con il pensiero unico e con lacultura e la pratica della competiti-vità universale e le sue moltepliciapplicazioni, per promuovere al lo-ro posto le condizioni di una convi-venza pacifica, egualitaria, demo-cratica e solidale tra gli umani econ la natura.

È stata la globalizzazione aspalancare le porte alla compe-titività universale. Noi dobbia-mo pensare e praticare alterna-tive che valorizzino i beneficidell’unificazione del pianeta inun’unica rete di rapporti di in-terdipendenza e di connettivi-tà, ma in condizioni che nonfacciano più dipendere la so-pravvivenza di alcuni dallamorte di altri, il reddito di alcu-ni dalla miseria altrui, il succes-so di un’azienda dalla rovinadei concorrenti, il manteni-mento o la «conquista» di un la-voro dall’espulsione di chi neresta escluso, la «ricchezza del-le nazioni» (il Pil!) dalla miseriadelle rispettive popolazioni.

Queste alternative ricondu-cono tutte alla riterritorializza-zione dei processi economici:non al protezionismo, che nonè più praticabile; non al confi-no in ambiti economici chiusicon il ritorno a valute nazionaliin competizione tra loro; nonalla ferocia di identità etnichee culturali fittizie che ci metto-no in guerra con chiunquenon le condivida; bensì allapromozione ovunque possibi-le – e certamente non in tutti icampi e per tutti i bisogni - dirapporti quanto più stretti, di-retti e programmati tra produt-tori e consumatori di uno stes-so territorio, ridimensionando,ovunque possibile, impianti,aziende, reti commerciali e illoro governo.

La trasferibilità del know-how a livello planetario ormailo consente per molti processi,a partire dalla generazioneenergetica; il recupero dei ma-teriali di scarto ci può renderepiù indipendenti dall’approvvi-

gionamento di materie prime; i ser-vizi pubblici locali riportati alla lo-ro missione originaria possonoconnettere un governo democrati-co e partecipato della domanda (dienergia, alimenti, trasporto, gestio-ne del territorio, cura delle perso-ne, promozione della cultura, istru-zione, integrazione) con misure disostegno all’occupazione, di con-versione ecologica delle attivitàproduttive, di risanamento del ter-ritorio e del costruito. Si può cosìcostruire, dentro il villaggio globa-le creato dalla circolazione dell’in-formazione e dall’interconnessio-ne di tutti, le basi materiali di unavita di comunità ricca di relazioni.

Una strada che è la base irrinun-ciabile di un progetto politico alter-nativo per l’Europa e per il mondointero; che va imboccata e seguitain ogni situazione in forme diffe-renti e specifiche; ma tutte insie-me possono fornire dei modelli achi decide di imboccarla.

Questa è una versione ridotta,l’articolo integrale su www.ilmani-festo.info

L’alternativa radicalealla globalizzazione

il manifestoDIR. RESPONSABILE Norma Rangeri

CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco

DESKMatteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi,

Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEBenedetto Vecchi (presidente),

Matteo Bartocci, Norma Rangeri,Silvana Silvestri

Guido Viale

tiratura prevista 39.116

«Riterritorializzare» i processi economici.Se è stata la globalizzazione a spalancare le porte

alla competitività universale, noi dobbiamo pensaree praticare alternative che valorizzino

i benefici dell’unificazione del pianeta in un’unica retedi rapporti di interdipendenza e di connettività

chiuso in redazione ore 22.00

DALLA PRIMACorrado Oddi

Oltre a annunci generi-ci, frutto più di un’ansiadi dimostrare che «le ri-

forme strutturali stanno parten-do» piuttosto che di una reale vo-lontà di intervenire sui nodi difondo che impediscono alla Pub-blica Amministrazione di svolge-re il ruolo di volano per una nuo-va qualità dello sviluppo.

Quello che, invece, è rimastomaggiormente in ombra è comeil sindacato ha affrontato, e inspecifico la Funzione PubblicaCgil, tale situazione. Al di là di al-cune dichiarazioni di formalecontrasto, in realtà siamo difronte a una posizione di passi-va rassegnazione all’impianto ditale controriforma della Pubbli-ca Amministrazione. Che sta ac-celerando alcuni processi negati-vi che erano in corso già da tem-po all’interno della Fp Cgil e cheil processo di «riorganizzazione»interna derivante dal dimezza-mento delle agibilità sindacalista ulteriormente rafforzando.

Per dirla in breve, non si puònon vedere come venga avanti erischi di diventare strutturaleuna mutazione del modello sin-dacale che si compone di chiusu-ra autoreferenziale, restringi-mento del proprio ruolo e oriz-zonte di iniziativa e anche dellapropria democrazia interna.Non volendo essere generico eriferendomi in specifico all’espe-rienza della Fp Cgil, mi interessaevidenziare almeno tre questio-ni che disegnano fatti e scenariche, almeno per me, generanoun dato di seria inquietudine.

Il primo è che, nei fatti, la FpCgil sta attuando scelte che ri-schiano, se non di farla ritrarre,perlomeno di rendere molto piùevanescente il proprio impegnonel variegato e importante movi-mento per l’acqua pubblica. Ciònon solo è sbagliato in sé, per-ché così si svaluta quella che ioritengo essere stata una delleesperienze più feconde di questiultimi anni di relazione tra espe-rienza sindacale e realtà dei mo-vimenti e cittadinanza attiva,ma lo si fa proprio in un momen-to in cui il governo – sicuramen-te con la prossima legge di stabi-lità - si appresta a dare un colpomortale all’esito referendario di3 anni fa, aprendo un ciclo di for-tissime privatizzazioni dei servi-zi pubblici locali.

Il secondo è che si dà una let-tura assai riduttiva e alla fineinefficace del proprio ruolo con-trattuale e della necessità di sal-vaguardarlo. Bisognerebbe inter-rogarsi seriamente sul perché cisi trova in un quadro per cui i la-voratori pubblici hanno i propricontratti nazionali bloccati da 5anni e, come dice esplicitamen-te il Def e nonostante le smenti-te, vedranno questa situazioneprolungarsi anche nei prossimi2-3 anni. Non basta dire che ciòè il prodotto della linea dell’au-sterità che ci proviene dall’Euro-

pa e cui aderisce anche questogoverno. In realtà, in questi an-ni, la stessa Fp Cgil, e tutta laCgil, non ha colto e si è mostratasubalterna a quest’attacco, hasubito la campagna di delegitti-mazione del lavoro pubblico,portata avanti almeno dai tempidel ministro Brunetta, non ha re-agito sufficientemente all’opera-zione costruita di contrapporrelavoro privato e lavoro pubblico,e quest’ultimo ai cittadini.

Ora, con le scelte che si stan-no compiendo, si continua e siapprofondisce quest’errore. Siprosegue nel non rendersi con-to che il recupero di un poterecontrattuale nel settore pubbli-co può realizzarsi solo rico-struendo un nesso forte tra ruo-lo del lavoro, ruolo dell’interven-to pubblico e rapporto con la cit-tadinanza, come nel passato laFp Cgil ha saputo fare, negli an-ni ’90 legando fortemente l’ideadella contrattazione con quelladi un reale processo riformatoredella Pubblica Amministrazio-ne, e negli anni più recenti, teo-rizzando il tema fondante delrapporto tra valorizzazione dellavoro pubblico, affermazionedei beni comuni e espansionedella partecipazione dei cittadi-ni. Si ripiega su un’idea neocor-porativa di modello di tutela erappresentanza dei lavoratoripubblici, che lascia per stradaun’idea di sindacato come sog-getto generale per approdare auna cultura sindacale maggior-mente simile all’associazione diinteressi, destinata peraltro anon avere sbocchi con le attualicompatibilità economiche e, in-vece, ad approfondire la crisi dirappresentanza della Cgil.

Infine - terzo punto inquietan-te - non posso sottacere che, an-che nel processo riorganizzativointerno che è in corso a seguitodel dimezzamento dei permessisindacali, si dà perlomeno l’im-pressione di mettere da parte levoci critiche sulle scelte e sugliultimi esiti congressuali compiu-ti dalla maggioranza della FpCgil e della Cgil. Stanno diven-tando ormai troppi i casi in cui ildissenso interno viene regolatoper via burocratica, anziché conuna riflessione strategica di cuila Cgil ha sempre più bisogno, edi cui una sua riforma democra-tica è parte essenziale.

Una cartina al tornasole di tut-t’e tre questi dati negativi è pro-babilmente rappresentata an-che dal fatto che il sottoscritto,che ha rappresentato la Fp CgilNazionale all’interno del ForumItaliano dei Movimenti per l’Ac-qua sin dalla sua nascita e cheha lavorato in questi ultimi diecianni all’interno della Cgil sui te-mi dei beni comuni, viene coin-volto, per scelta del sindacato aseguito del processo riorganizza-tivo interno, nella perdita dellapropria agibilità e incarico sinda-cale a tempo pieno, rientrandonel proprio posto di lavoro origi-nario al comune di Ferrara.

Ovviamente ciò non mi impe-dirà, anzi, di provare a dare ilmio contributo all’iniziativa e al-la riflessione di cui ritengo laCgil abbia necessità e su cui miauguro che in diversi vogliano ci-mentarsi. Per quanto mi riguar-da, lo farò come semplice iscrit-to alla Fp Cgil, attivista del movi-mento per l’acqua, militante po-litico interessato alla costruzio-ne di una soggettività politicanuova per la sinistra italiana.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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