Illegittimi per la Consulta i costi standard degli atenei · i costi standard degli atenei Marzio...

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ww —__. Possibili contromisure già in manovrina Illegittimi per la Consulta i costi standard degli atenei Marzio Bartoloni La Consulta lancia un siluro contro i costi standard nelle uni- versità, il parametro con cui so- no stati assegnati finora 3,5 mi- liardi dal2014-primo anno di lo- ro applicazione - al 2o16 con il ri- parto del Ffo (il Fondo ordinario di finanziamento). Nel mirino della Corte costi- tuzionale sono fini ti l'articolo 8 e 1o del Dlgs 49/2012 - dichiarati il- legittimi - che applicando la leg- ge Gelmini (nonbocciatadaigiu- dici) hanno tracciato l'identikit del costo standard negli atenei, i primi a sperimentarli nella Pa. Questo criterio mira a definire quanto uno studente frequen- tante dovrebbe costare all'ate- neo (in base a cattedre, servizi, strutture, ecc.). E quindi quanto vale poi nella distribuzione dei fondi che avviene ogni anno con ilFfo dovei costi standard hanno conquistato sempre più peso ai danni della spesa storica, pas- sando dal 20% (982 milioni) nel 2014, al 25% (1,2 miliardi) nel 2015 fmo al28% (1,3 miliardi) nel 2016. Il nodo sottolineato dalla sen- tenza si basa sul fatto che il Go- verno scrivendo il Dlgs 49 ha commesso due errori, deman- dando per intero ai decreti mini- steriali l'individuazione degli in- dici in base ai quali determinare il costo standard, ma anche le percentualidelFfo dadividerein base al costo standard. Invece al Governo - spiega la Consulta - «era stato conferito il compito di individuare quantomeno gli in- dici per la quantificazione e di dettare disposizioni inmerito al- la valorizzazione del costo stan- dard, ossia al suo collegamento con una parte del Ffo». Un com- pito a cui «si è sottratto» con un "deficit di delega". Per il Miur ora si aprono due fronti: arginare possibili conte- stazioni sui fondi distribuiti in passato e una modifica legislati- va - l'invito arriva anche dalla Consulta-per rispondere airilie- vi. L'occasione per correre ai ri- paripotrebbe giàarrivare conun emendamento inmanovrina. C) RIPRODUZIONE RISERVATA

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ww —__. Possibili contromisure già in manovrina

Illegittimi per la Consultai costi standard degli ateneiMarzio Bartoloni

La Consulta lancia un silurocontro i costi standard nelle uni-versità, il parametro con cui so-no stati assegnati finora 3,5 mi-liardi dal2014-primo anno di lo-ro applicazione - al 2o16 con il ri-parto del Ffo (il Fondo ordinariodi finanziamento).

Nel mirino della Corte costi-tuzionale sono fini ti l'articolo 8 e1o del Dlgs 49/2012 - dichiarati il-legittimi - che applicando la leg-ge Gelmini (nonbocciatadaigiu-dici) hanno tracciato l'identikitdel costo standard negli atenei, iprimi a sperimentarli nella Pa.Questo criterio mira a definirequanto uno studente frequen-tante dovrebbe costare all'ate-neo (in base a cattedre, servizi,strutture, ecc.). E quindi quantovale poi nella distribuzione deifondi che avviene ogni anno conilFfo dovei costi standard hannoconquistato sempre più peso aidanni della spesa storica, pas-sando dal 20% (982 milioni) nel2014, al 25% (1,2 miliardi) nel 2015fmo al28% (1,3 miliardi) nel 2016.

Il nodo sottolineato dalla sen-tenza si basa sul fatto che il Go-verno scrivendo il Dlgs 49 hacommesso due errori, deman-dando per intero ai decreti mini-steriali l'individuazione degli in-dici in base ai quali determinareil costo standard, ma anche lepercentualidelFfo dadividereinbase al costo standard. Invece alGoverno - spiega la Consulta -«era stato conferito il compito diindividuare quantomeno gli in-dici per la quantificazione e didettare disposizioni inmerito al-la valorizzazione del costo stan-dard, ossia al suo collegamentocon una parte del Ffo». Un com-pito a cui «si è sottratto» con un"deficit di delega".

Per il Miur ora si aprono duefronti: arginare possibili conte-stazioni sui fondi distribuiti inpassato e una modifica legislati-va - l'invito arriva anche dallaConsulta-per rispondere airilie-vi. L'occasione per correre ai ri-paripotrebbe giàarrivare conunemendamento inmanovrina.

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zionale capace di abbracciaretutto e tutti, di riconoscere la ve-rità elementare laddove fino apoco prima a noi sembrava im-perscrutabile. E così l'economi-sta americano non ha difficoltàa dire che «l'austerity è unasciocchezza» o che per la crisi diMonte dei Paschi di Siena «dove-vano essere i manager e i politicia pagare , non i risparmiator ».

Professor Stiglitz, per ilministro delle Finanze te-desco Schäuble Peuro èirreversibile.

«Schäuble obbedi-sce alle regole euro-pee come fossero ir-

di MARIO NERI'unione monetaria non èun processo irreversibile,«l'euro può finire, niente è

per sempre ». Nulla è intangibilee immutabile, «almeno per ciòche attiene all'uomo», è convin-to Joseph Stiglitz . Arriva alSant 'Anna di Pisa alle 15 . L'ate-neo d'eccellenza , insieme alloluss di Pavia, gli conferisce undottorato honoris causa . «Euro.Perché sta fallendo e come sal-varlo» è il titolo della lectio magi-stralis. Agli allievi si rivolge conle sfide, ogni tanto una battuta.Poi affondi . Contro la Troika,l'Ue, i politici. Si prova sempreuna sorta di raggelante imbaraz-zo di fronte a un premio Nobel,l'inconfessato timore di esserecondannati a scontare il peccatod'omissione al cospetto del ge-nio, per non aver studiato, riflet-tuto , letto abbastanza per riusci-re anche solo a sfiorarlo , a orbi-targli intorno e sfruttare così ilmagnetismo della sua grandez-za. Eppure la grandezza è sem-plice, diretta, un campo gravita-

reversibili, ma stan-dard come quellifissati per defi-cit/Pil non hannoalcun fondamen-to in economia.L'euro deve cam-biare e non è ve-ro che le istituzio-ni non possonofarlo. In Europa lenazioni ricche sistanno arricchen-do, quelle più pove-re non si sviluppano.Stanno aumentandole diseguaglianze».

Questo è un motivo dilns ilitâperl'Ue?

«L'unione monetaria puòfinire. Niente è per sempre. I mi-nistri delle finanze e i politici eu-ropei devono sostenere che l'eu-ro non finirà mai per non gene-rare panico sui mercati e quindi,sì, processi irreversibili, mai] mi-nistro tedesco stesso sostenneche la Grecia sarebbe potutauscire. Molti Paesi potrebberofarlo e se succedesse avremmosemplicemente una Ue con me-no membri».

Alcuni paesi, come Spagna eGermania, crescono. Perché l'I-

lano?

«La Germania,dall'entrata nell' euro, ha benefi -ciato di un tasso di cambio sotto-valutato nelle esportazioni. Eproduce alta tecnologia, non su-bisce la concorrenza della Cina.La Spagna, con la depressioneha toccato il fondo, non potevache risalire. Per l'Italia è diverso.

Conl'entrata

nell'euro, iltasso di cambio

ciel vostro paese è stato so-pravvalutato, penalizzando l'ex-port. Fuori dall'euro l'Italia po-trebbe attivare manovre di sva-lutazione e politiche per la cre-scita. Mainvestite poco sull'edu-cazione e i vostri ricercatori fug-gono all'estero per rimanerci,anche se i costi dell'istruzione

sono stati sostenuti dalloStato. L'Italia ha perso 20anni con Berlusconl: inquel periodo non ha in-vestito né stimolato laproduttività».

Cosa pensa di Ren-zi?

«Non ho elementiper giudicare».

all'Italia suggerireb-be di uscire dall'euro?

«Confido in Macron &friends, Francia e Italia

possono convincere laGermania e i Paesi nordici

a cambiare le regole dell'eu-ro. Con quelle giuste può fun-

zionare . Non è una questione dipolitiche economiche, ma di po-litica».

Schäuble è un paladinodell'austerity e si professa cam-ffionedellacrescita.

«L'idea che l'austerity porti al-la crescita si basa sulle teorie del-la contrazione espansiva. Unnon senso. Non sono supportateda alcuna evidenza scientifica epratica, sciocchezze. Sorprendeche Schäuble non abbia impara-to uno dei principi base dell'eco-nomia. Per la crescita serve unpiano di investimenti europeocon fondi provenienti dagli Stati

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L'unionemonetaria puòfinire: confido

in Macron e amiciper modificare le regoledella moneta. L'italia?Indietro di 20 anniper colpa di Berlusconie dalla Bei (la Banca Europea de-gli Investimenti, ndr). E Italia eGrecia sono i paesi che dovreb-bero aumentarli di più».

Trump ha annunciato politi-che protezioniste . Tasse per chidelocalizza e dazi sull'import.Per l'Italia un pericolo?

«Fortunatamente non ha avu-to successo, nessuna delle sueproposte è stata realizzata. C'èmolta retorica nelle sua politica.Ma è molto improbabile che ilCongresso americano facciapassare misure del genere. Sesuccedesse sarebbero moltodannose per l'economia mon-diale».

In Italia e in Toscana abbia-mo sperimentato il bail-in, lanorma che consente il salvatag-gio delle banche ma al prezzo

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Da Clinton ai contestatoriJoseph Eugene Stiglitz , 74 anni, è nato nell'India-na.Ila studiato al Mi[ di Boston per poi diventarnedocente oltre che a Yale. Oggi insegna alla Colum-bia University. F stato il capo dei consiglieri econo-mici di Bill Clinton oltre che membro della BancaMondiale, prima di essere costretto alle dimissionidal segretario del Tesoro. Il Nobel in economia ar-riva nel2001perle teorie sulla microeconomia, ne-gli ultimi anni è famoso per le sue critiche all'Fmi,all'Eurozona e alle politiche di austerity e per l'ap-poggio al movimento Occupy Wall Street.

L'austerityè 'un nonsense,una sciocchezza,non ha alcunföndamentoteoricoe pratico

Joseph Eugene Stiglitz,el

'econoinia 2001

A destraun momentodell'incontroal Sant'Annadi Pisae a sinistranel tondoil presidentefranceseMacron

di bruciare risparmi dei cittadi-ni. Da cambiare?

«Le regole del bail in possonoessere molto pericolose. Investi-tori e azionisti potrebbero esse-re indotti a ritirare investimentiingenerando così una nuova cri-si. Meglio un meccanismo di su-pervisione comune e una assicu-razione sui rispanni».

Giusto salvare Mps con i sol-di dello Stato?

«Quando siamo in una situa-zione di crisi, come con Mps ocome è avvenuto negli Usa nel2008, penso che le banche e i ri-sparmi debbano essere salvati,ma si devono salvaguardare icorrentisti e i risparmiatori e ser-ve un principio di responsabili-tà, etico. I manager, e nel caso diMps anche i politici, dovrebberoessere chiamati a rispondere deidisastri che hanno generato».

Siamo al Sant 'Anna, qui sistudiano tecnologie av anzate.Sono la promessa di un baratroper il lavoro o una speranza?

«Sono fiducioso per il futuro.Le tecnologie possono aumenta-re la produttività e ridurre le di-seguaglianze. Ma i benefici diquesta rivoluzione non devonocadere nelle mani di pochi».

ORI PROOUZIONE RISERVATA

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Al colo P iagge una lezionecon G iuliano atoIRE oggi pomeriggio alle 15, alPolo Piagge, si terrà la lezionemagistrale di Giuliano Amato,giurista costituzionalista,membro dell'AssociazioneItaliana dei Costituzionalisti, sultema" I rapporti con l'UnioneEuropea". La lezione conclude ilprimo ciclo di lezioni organizzatodal Laboratorio di culturacostituzionale dell'Università.

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Baretta: Industria 4.0,una rivoluzione culturale

DALLA NOSTRA INVIATA

PADOVA «Una rivoluzione culturaleaccompagnata alla valorizzazione dellapersona e della società». Il Piano Industria4.0 lanciato dal governo deve essere anchequesto per Pier Paolo Baretta, sottosegretarioall'Economia in collegamento via Skype conil Galileo Festival dell'Innovazione: tre giornidi appuntamenti ed eventi promossidall'Università di Padova e VeneziePost con ilCorriere della Sera - Corriere Innovazione.Non ci possono essere ricerca edinnovazione senza investimenti e l'Italiafatica ad attrarli. Di qui il piano del governoper supportare le imprese nelladigitalizzazione dei processi produttivi enella trasformazione tecnologica attraversouna serie di misure fiscali.

Francesca BassoRIPRODUZIONE RISERVATA

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I IL PROFESSORE AMERICANO È ARRIVATO A PISA PER CELEBRARE 130 ANNI DELLA SCUOLA DI ECCELLENZA PISANA

UNIONE monetaria, econo-mia europea e stato di salute at-tuale della nostra moneta. Que-sti e molti altri gli argomentitrattati, ieri pomeriggio, nell'Aula Magna della Scuola Supe-riore Sant'Anna dal PremioNobel Joseph Stiglitz, econo-mista statunitense e professorealla Columbia University arri-vato in città per celebrare i 30anni della scuola di eccellenzapisana e per ricevere il PhD ho-noris causa in Economscs. Ilprestigioso riconoscimento,conferito all'economista ameri-cano dal rettore della scuola pi-sana, Pierdomenico Perata edal rettore dello Iuss di Pavia,è stato anche l'occasione perdonare, ad un'affollata aula ma-gna, una lectio magistralis del

ste:' Nobel S`g` t'Premio Nobel dedicata allesue proposte di riforma dellamoneta unica europea. Critici-tà, oggettive difficoltà scaturi-te da una generalizzata crisi eu-ropea, mancanza di investi-menti e regole ferree che gover-nano l'Euro sono stati i puntiprincipali toccati da Stiglitzche non ha mancato di tirarestoccate al Ministro delle fi-nanze tedesco, WolfgangSchäuble. «Non condivido ilpensiero del ministro dellaGermania - esordisce il nume-ro uno degli economisti ameri-cani - convinto che le regoleche governano l'Euro non pos-sano essere cambiate. Questeregole sono state pensate da es-seri umani e, in quanto tali,possono essere ripensate o, ad-

LA STOCCATA«Austerity per risolverela crisi? Il principionon ha fondamento»

dirittura, modificate perchétendono ad ingigantire le diffe-renze, nonché le disuguaglian-ze, che persistono tra i paesi eu-ropei. Solo accettando il cam-biamento di alcune norme sipuò pensare alla sopravviven-za della moneta europea». Pe-culiarità e singolari caratteristi-che dei paesi, tassi di cambio,esportazioni e concorrenza toc-cano, infatti, in modo diversogli stati membri dell'UnioneEuropea. «L'Italia - argomen-ta Stiglitz - da quando è entra-

ta nell'Euro ha un tasso di cam-bio sopravvalutato, risente diun sottoinvestimento nel siste-ma universitatario e nell'edu-cazione avanzata tanto che i ri-cercatori più brillanti decido-no di abbandonarla. Al tempostesso ha perso molti anni sot-to il governo Berlusconi, perio-do propizio per fare investi-menti che non sono stati com-piuti. La mia speranza è chel'Italia e la Francia, specie conuna spinta di Macron, possanopersuadere la Germania e i pae-si del nord a cambiare le rego-le dell'Euro perché, con la nor-mativa giusta, può funzionare.L'idea che l'austerità possaportare crescita si basa su teo-rie economiche non supporta-te da evidenze empiriche».

Francesca Franceschi

RICONOSCIMENTO Pierdomenico Peratae Michele di Francesco con il Premio Nobel Stiglitz

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G ianricoCarofiglioospite della NormaleERE Lo scrittore GianricoCarofiglio è l'ospite, oggi alle 16,dei"Venerdì della Normale".Nella Sala Azzurra dei Palazzodella Carovana, lo scrittore terràuna conferenza aperta al pubblicosul temadel potere dellemetafore. Carofiglio è stato alungo un pubblico ministero.Esordisce nella narrativa nel2002. B suoi libri (cinque milioni dicopie vendute in Italia) sonotradotti o sono in corso ditraduzione in 27 lingue.

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IncorAI-o u Llicocol iniSI.;o Fe deli

II Ministro Valeria Fedelisarà ospite dell'appuntamentodi domani, a Palazzo dellaCarovana dellaScuola Normalea partire dalle 10.30, cherappresenta un altro passoverso lafederazione di ScuolaNormale, Scuola Sant'AnnadiPisa e Scuola universitariaSuperiore Iuss Pavia. Le trescuole universitarie presentanole proprie pecuIiaritàe ilprogetto di una futuragovernance in comune.

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BUONA SANITA . L'ANALISI DI 500 VARIABILI É MEGLIO DI UN CHECK- UP. INIZIATA LA SPERIMENTAZIONE

L'algoritmo per salvare la gente dall'ospedaleIntanto Facebook cerca di far cambiare parere a chi si vuole suicidare

DI CARLO VALENTINI

La vita legata a un filo? No, a Luialgoritmo. Questa volta è giu-to parlare bene della sanità,

o meglio di mi progetto già incorso di realizzazione che dall'Emilia-Romagna dovrebbe presto espandersialle altre regioni. Tutto basato su unalgoritmo.

Nonostante la nostra vita al com-puter sia fondata sugli algoritmi, nonè facile spiegare di cosa si tratta. Unalgoritmo è una serie di istruzioni. Lo èper esempio il libretto che spiega comefare funzionare la lavatrice: aprire losportello, mettere il bucato, pigiare ibottoni. Anche al computer si posso-no dare istruzioni per arrivare ad unobiettivo: cercare in quel linguaggio,puntare su quel nome, visionare unafotografia. Però il computer (a differen-za dell'utente della lavatrice) legge soloi numeri, perciò le istruzioni bisognafornirgliele con una serie di numeri,le cui combinazioni diventano semprepiù articolate per raggiungere risultatisempre più complessi.

Il traguardo che si proponeil progetto RiskEr, predispostodall'Agenzia sanitaria dell'Emilia-Ro-magna e dalla Jefferson University diPhiladelfia (Usa), è piuttosto ambizio-so: predire il rischio di ricovero in ospe-dale. «Intendiamo identificare buonepratiche di prevenzione e assistenza»,commenta Maria Luisa Moro, chedirige l'Agenzia, «soprattutto per lepersone anziane e sole e per i cittadinicon più patologie».

L'algoritmo combina oltre 500

variabili demografiche e di salute edopo averle esaminate indica il gradodi pericolo, in modo da ridurre il rischiodi ammalarsi ed essere ricoverati inospedale e quindi migliorare la qualitàdella vita. «Il corpo umano», dice Ame-deo Balconi , antesignano dei mediciinformatici, «è un sistema complessoin cui tantissime variabili concorronoa stabilire il grado di rischio. Noi or-mai conosciamo tutti questi fattori maincrociare le interazioni è impossibile,sono troppe per valutarle tutte a mente.Ecco perché c'è bisogno dell'impiego disistemi di apprendimento automaticoattraverso gli algoritmi che affianchinoil medico, senza ovviamente sostituir-lo».

La sperimentazione è in corsoin 25 Case della salute con il coin-volgimento di 16 mila cittadini e 221medici di famiglia. Le Case della salutesono ambulatori (a volte ex ospedali) aiquali rivolgersi in ogni momento dellagiornata per avere una risposta com-petente ai diversi bisogni di assisten-za che non richiedono il ricorso all'ospe-dale. All'interno operano i medici delleAsl ma anche quelli di famiglia (è statasottoscritta una convenzione) oltre agliassistenti sociali e alle organizzazionidi volontariato. In Emilia-Romagnane sono in funzione oltre 80 e hannoconsentito un calo del 26% degli acces-si per codice bianco al pronto soccorso.Toscana e Lazio sono altre due regioniche stanno sviluppando questo tipo diassistenza. Presto potrebbero ancheloro associarsi al progetto RiskEr, chepromette di calcolare il livello di fra-gilità nella salute di una persona, in-

crociando variabili demografiche (età,sesso, residenza per zona altimetrica),morbilità (ad esempio presenza di unao più patologie croniche, altre situazio-ni di malanno), gravità delle condizionicliniche, consumo di farmaci e appro-priatezza della terapia.

In questa fase l'algoritmo haindividuato 15.853 persone con unlivello di rischio di ospedalizzazionealto, chiamati poi a visite specialistiche,a raccomandazioni sui corretti stili divita, sulla consapevolezza nell'uso deifarmaci, e così via. Insomma non c'è piùsolo il check-up. Per rimanere in saluteci si può rivolgere all'algoritmo, il qualevi dirà (o dovrebbe) se state rischian-do un ricovero in ospedale. E quindi vimette in guardia.

L'iniziativa non ha solo un fine,diciamo così, umanitario , cioè ri-volto al benessere dei cittadini mamira anche a risparmiare sulla spesasanitaria poiché minore ospedalizzazio-ne significa un esborso più contenuto dispesa pubblica.

Si tratta di uno dei primi casi di in-telligenza artificiale applicata allo scre-ening di una popolazione. In parte puògiovarsi dei risultati di due ricerche. Laprima è dell'università di Nottinghamsu 378.256 pazienti britannici «usati»per realizzare gli algoritmi in grado diidentificare coloro che potrebbero esse-re colpiti da infarto entro dieci anni. Laseconda è dell'università di Londra cheha raccolto i dati di 12 milioni di pazien-ti con l'intento di mettere a punto unalgoritmo capace di indicare coloro chepotrebbero sviluppare una demenzapoiché questa malattia, nella maggior

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parte dei casi, è provocata da fattori mo-dificabili o comunque prevedibili.

Vi è quindi una convergenza del-la ricerca sanitaria sulla prevenzionebasata sugli algoritmi. L'università diPavia risponde col Cht (Centre for he-alth technologies) che sta collaborandocon l'università di Harvard per svilup-pare algoritmi in grado di interfacciaretutte le informazioni digitali sanitarieraccolte nelle strutture ospedalieredella provincia. Spiega Riccardo Bel-lazzi , che dirige il Cht: «Facciamo unacopia di tutti i dati e li mettiamo in unmega database che poi analizziamo.Gli algoritmi ci servono per elaborarestatistiche su malattie, le loro cure, l'an-damento dei trattamenti, il successo diun farmaco e anche il rapporto tra costoe beneficio».

Mentre Mark Zuckerberg, fon-datore di Facebook , non solo stafinanziando alcune ricerche statistico-informatiche sul livello di assistenzasanitaria negli Stati Uniti ma sta pureprovando a sviluppare degli algoritmiche rilevano segnali di allarme nei postdegli utenti e nei commenti che i loroamici lasciano in risposta per identifi-care nel mare magnum dei suoi iscrittiquelli a rischio di suicidio. Dopo la con-ferma di un team di psicologi, Facebookcontatta le persone che si ritiene possa-no essere sul punto di far del male a sestessi e suggerisce le modalità con cuipossono chiedere aiuto. Il sistema è infase di test negli Stati Uniti e secondoZuckerberg «i risultati sono sorpren-denti, tanto che si incomincia a tenereil conto delle vite salvate».

Twitter: @cavalent

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SCIENZE 'D SFIDEALTISSI1dIE

MATERIAOSCURAI :C'E O CI FAdal nostro inviato Luca Fraioli

Nello Science Park di Amsterdamun italiano guida un team che cercadi "vedere" la dark matter. E un suoautorevole collega sostiene chenon esiste. Li abbiamo intervistati

M ERDAM. C'è una sottilelinea oscurache collega lape-riferia delle galassie ai sob-borghi diAnisterdam.Ai mar-

gini della capitale olandese (ma qui ilconcetto di periferia è relativo: si traducein dieci minuti di tram o venti in bici dalcentro storico ) sorge lo Science Parkdell'Università , una sorta di città dellascienza con un grande edificio di vetro emetallo sormontato da un piccolo osser-vatorio astronomico. «Un telescopio cosìvicino alle luci di Amsterdam non per-mette vere osservazioni, lousiamo per far esercitare glistudenti e moltopergliincon-tri con il pubblico» spiegaGianfranco Bertone, nato aReggio Calabria e qui dal 2011,dopo le classiche peregrina-zioni dello scienziato italianoall'estero: Stati Uniti, F rancia,Svizzera . Ora dirige il Grappa

M

da scoprire, ora che ävete trovato ancheil tosone di Higgs?» quello quasi certa-mente vi rispoíidérà praticamente tuto. Già, perché la materia ordi(daiquark fino al bosone iggs, appunto)rappresenta appena il 5 per ce to dt i.nostro Universo. Il resto sarebbe~ito da energia oscura (68 per¡ cento) emateria oscura (27 per cento ).i2uest''ul-tima rappresenterebbe quss 3l 90 percento della massa tale: insomiba perogni grammo di materia Maria, ce-nesarebbero, da qualche parte - anoi, 9 di materia oscura. Eppure non isciamo a vederla, pen:hé diversamente

0

dalla materia -conosciuta, non emette- FORMATO D/Mi-o 6chNTROt aeornia eu eaec fiti :ei •es

rebbe radiazioni elettromagnetiche e'simanifesterebbe solo attraverso effetti:gravi tazionalL Ia sua ipoteticaesistenza;permette tuttavia agli scienziati di risól-vere un problema che li affligge dagli.anni Settanta , quando si scòprì che lestelle più lontane dai centri delle galas-sie ruotano con una velocità molto piùalta di quella che dovrebbero avere se ad

È IL NUOVOSANTO GRAALDELLA FISICA:DOVREBBECOSTITUIREIL 90 PER CENTODELL'UNIVERSO

Institute (dove Grappa sta per Gravita-tion A~Particle PhysicsAmsterdam) econi suoicolleghicerradivenire acapodiuno dei misteri più intricati dell'astrofi-sica: cos'è, se c'è, la materia oscura.

Se chiedete aunfisico: «Cos'è rimasto

attrarle ci fosse solo la mate-ria ordinaria

Trovare la dark matter èdunque come mettere le ma-ni sul Santo Graal della fisicamoderna . Ad Amsterdam,sotto la guida di Bertone, ciprovano ricercatori di tutto ilmoxido, dal tedesco ChristophWeniger all'iraniana Nassim

Bozorgnia.Perchéproprioqui? «L'Olandaha una grande tradizione astronomica»risponde Bertone. Christiaan Huygens,Willem de Sitter, Jan Oort, Gerard PeterKuiper,uomini che hanno datoin epochediverse contributi fondamentali alla

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Kapteyn,ilprimoaindividitareu "tncendi rotazione ineUnos> a galassia, fu an-che tra i primi negli anni Vent del No-cento a usa> á.iespressiote "materia: i I.oscura"inuña pubblicazionescleniñca.q -

«L'Università di Amsterdam» conti-,,nua Bertone «alcuni annifaha individua-toalcune aree di ricerva prioritiuie lierilPaese,etraquesteancheleastrole. Così tre istituti universitariche raccoglievano astmfisici, fisicie fisici delle particelle, si sono fusi a for-mare il Grappa». Che è diventato un polo , -diattrazioneinternazionaleperscienzla-ti affermati e giovani ricercatori . ,x,_

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SCIENZE 0 SFIDEALTISSIML

«Siamo una cinquantina,con specializza-zioni molto diverse, ma questo ci permettedi confrontarci sulle nuove teorie o sco-perte da punti di vista differenti». Come lofate? «Anche a pranzo. Ogni lune dì ci ritro-viamo a tavola per quello che abbiamoribattezzato Grappa Club».

Nelle ultime settimane, e non solo apranzo, i fisici di Grappa hanno discussomolto di un loro collega. Erik Verlinde hail suo ufficio nell'ala opposta dello Scien-ce Park rispetto a Bertone. E anche le sueidee sulla materia oscura sono l'opposto.PerVerlinde la materia oscura non esiste,o meglio non c'è alcun bisogno di ipotiz-zarne l'esistenza per spiegare le anomalieche si osservano nella rotazione dellegalassie. Per giungere a questa conclusio-ne ha osato sfidare uno dei pilastri dellafisica moderna: la Relatività generale diEinstein. «Mi occupo da trent'anni di Te-oria delle stringhe, cercando di coniugarela meccanica quantistica con la gravità»spiega Verlinde. «Fino a poco tempo faanch'io ero convinto che fosse correttoipotizzare l'esistenza della materia oscu-ra. Poi però mi sono chiesto se non fosserole equazioni di Einstein a dover essereriformulate in una nuova versione perpoter descrivere correttamente ciò cheosserviamo su scala cosmologica».

Verlinde ha attinto a studi che hanno ache fare con la termodinamica, con l'ener-gia oscura (responsabile del fatto che l'e-spansione del nostro Universo stia acce-lerando anziché rallentare), con l'entro-pia presente sull'orizzonte degli eventidei buchi neri. Per arrivare a una riscrit-tura della Relatività generale che, secon-do lui, spiega la velocità di rotazionenelle galassie senza la necessità di intro-durre la materia oscura. Se avesse ragionesi capirebbe perché finora sono andati avuoto tutti i tentativi di dimostrarne l'e-sistenza. Archiviata la materia oscura,resterebbe però da scoprire l'energiaoscura, che nella teoria di Verlinde ha unruolo cruciale. «Èvero» replica, «masi tratta di una for-za, non di materia,quindi è impossi-bile immaginareesperimenti sullaTerra. Non ci resta

ANCHE SOTTOAL, _úA.N SASSOSi LAVORA PERINTERCETTAREPARTICELLE"OSCURE"CONIL GAS XENON

L'OSSERVATORIO ASTRONOMICO SUL TETTO DI UNEDIrPCIO DELLO SCIENCE PARK DI AMSTERDAM:

VIENE USATO PER LE ESERCITAZIONI DEGLI STUDENTI

che osservare i suoi effetti nell'Universo».Bertone e gli altri colleghi rimangono

coni piedi per terra. Continuano a ipotiz-zare che la materia oscura esista e imma-ginano come rivelarla in laboratorio. Se èvero che la nostra galassia è immersa inun alone di dark matter, laTerra nel ruo-tare intorno al Sole- che a sua volta ruotaintorno al Centro galattico - dovrebbeessere investita da un vento di "particelleoscure": circa 100 mila attraverserebberoogni secondo una superficie pari a quelladi un'unghia. Dunque perché non provarea intercettarle? A questo scopo il profes-sorPatrick Decowski fa la spola tra l'Uni-versità di Amsterdam e i Laboratori na-zionali del Gran Sasso: lì, sotto 1.400metri di roccia, lavora all'esperimentoXenonlT guidato dall'italiana ElenaAprile, della Columbia University di NewYork. Un gas nobile ultrapuro, lo xenon, èraffreddato a 95 gradi sotto zero perchéresti allo stato liquido: le rare interazionicon le particelle di materia oscura dovreb-bero produrre nello xenon segnali lumi-nosi, che catturati da 248 fotomoltiplica-tori potrebbero rivelarci le caratteristichedella dark matter. «Usiamo lo xenon per-ché non emette radiazioni che potrebberodisturbare l'esperimento. Inoltre nel suonucleo ci sono ben 130 tra neutroni e pro-toni» spiega Decowski «e questo aumentale probabilità di interazioni con le parti-celle di materia oscura».

Gli ultimi test si stanno facendo a pochecentinaia di metri dallo Science Park, nellasede del Nikhef, l'Istituto olandesedi fisica

subatomica. Qui si lavora anche per unaltro esperimento "italiano", Km3NeT,montando delle sfere di plastica, simili ailampadari che andavano di moda neglianni Settanta, con dei sensori all'interno.Le sfere saranno poi calate sul fondo delmare, al largo diPortopalo di Capo Passero(Catania), per costruire un telescopio perneutrini: quando queste particelle intera-giscono con l'acqua marina emettono ra-diazioni, che saranno captate dalle miglia-ia di occhi contenuti nelle sfere. La speran-za è di rivelare indirettamente anche lamateria oscura. Una delle ipotesi, infatti, èche negli ammassi di galassie le particelledi dark matter si fondano una con l'altraannichilendosi e generando fiotti di neu-trini che viaggiano fino alla Terra.

Ma c'è anche chi la materia oscuracerca di produrla. «L'unico luogo dovefarlo è il Large hadron collider, la macchi-na più potente mai costruita» spiega Tri-stanDu Pree, che al Cern di Ginevra lavoraall'esperimento Atlas. Dopo aver scopertoil bosone di Riggs, la speranza è che lecollisioni a energie sempre più alte neltunnel di Lhc prima o poi riservino qual-che sorpresa anche su questo fronte. «Noidel Grappa raccogliamo tutte queste in-formazioni e cerchiamo di capire qualisiano i filoni più promettenti» concludeBertone. E se invece la materia oscuradavvero non esistesse? «Siamo ancoralontani da una soddisfacente teoria alter-nativa ma, anche se esistesse, è solo attra-verso l'analisi di tutti i dati osservativi esperimentali che potremo mettere insie-me i molti pezzi di questo puzzle». Neipranzi del Grappa Club si discuterà anco-ra a lungo prima di poter brindare...

Luca Fraioli

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SCIENZIATODEI DATIIL MESTIERECHE VERRA

di Rossana Campisi

Analizza, elabora, suggerisce nuovesoluzioni. II data scientist orientale scelte delle aziende studiando i flussisu internet. Per questo è super ricercato

E 1 data scientist è «sexy» perchéfa il lavoro più affascinantedel XXI secolo, il più richiestonei prossimi dieci anni ma an-

che il più difficile da scovare nel mercatodel lavoro. Il ritratto è diThomas H. Daven-port, uno dei massimi analisti finanziari almondo. Ma prima di esultare, sarebbemeglio capire che professione è quella cheè basata sull'analisi delle informazioni suchi siamo e cosa desideriamo. Si chiamanobig data e arrivano dai social media, dallenavigazioni web, dai sensori collocati ne-gli oggetti, dalle transazioni economiche.«Chi riesce a capirne il valore, è una figurache ha capacità di business, matemati-ca-statistica e informatica. Estrae infor-mazioni utili alle aziende per deciderenuovi prodotti, servizi e strategie», diceAlessandro Gaume, autore di #Data Scien-

62 • IL VENEROì • 12 MAGGIO 2D17

tist (FrancoAngeli) che tratteggia il profilodi una figura che sa trasformare le freddecifre in azioni. «Esistono quattro profili. Ilmanager, quello orientato maggiormenteal business. Il creativo, quasi un hacker,che sviluppa soprattutto software ad hocper interpretare i dati. Il developer, che hacompetenze più matematico-statistiche.Infine, il data researcherche è una summadi tutti i profili, ed è in grado di compren-dere fenomeni complessi» spiega Gaume.Ma quali aziende li assumono? Quelledata driven, orientate cioè a lavorare coni big data. Che in Italia non sono molte:solo tre su dieci. «La gran parte delle Pmicerca data analist, ovvero gente che rac-coglie dati, li sistema con excel e li visua-lizza. Lo scientist invece va oltre ed è pre-sente in società come Sas Institute, Sap eOracle. Per incentivarne altre, il governoha approvato il programma Industria 4.0,speriamo si facciano vive», conclude Gau-me. D'altronde questa è l'era degli algorit-mi che interpretano e fanno proiezionifuture: ne sanno qualcosa Google e Face-book, Uber eAirBnb. Da noi, pare che ancheEsselunga e Eni abbiano costruito il pro-prio successo così.

Ovviamente il fatto che ci sia qualcunoche studierà sempre di più i nostri com-portamenti per capire cosa ci piace e cosaoffrirci, avrà un prezzo: un pezzo dellanostra libertà. Senza contare che c'è chidice che col tempo, software sempre piùsensibili saranno in grado di fare questolavoro. Lasciando alle macchine quelloche oggi fanno gli uomini.

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SCUOLA SUPERIORE: RETTORE S. ANNA DI PISA NEL COMITATO SCIENTIFICOII prof. Pierdomenico Perata, rettore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, èstato nominato componente dei Comitato scientifico della Scuola Superiore

dell'Università di Catania al posto dell'ex,I 1 !

4 direttore della Normale di Pisa, Fabio Beltram,di recente inserito nel direttivo dell'Anvur. Inoccasione della riunione dei Comitato, nelcorso della quale è stato deliberato il nuovobando di ammissione ai corsi della Sscinsieme con l'offerta didattica per l'annoaccademico 2017-18, accompagnato dalpresidente della Scuola, Francesco Priolo e

dagli altri componenti - i professori catanesi Vania Patanè e Francesco DiRaimondo, e il prof. Michele Lenoci, docente all'Università Cattolica del SacroCuore di Milano - Perata ha incontrato il rettore Francesco Basile.

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I AZALEA PER LA RICERCA

COSÌ LA PILLOLADIFENDE ANCHEDAI TUMORII:American College of Qbstetricians andGynecologists lo ha chiesto nel 2012: libe-rate la pillola contraccettiva dall'obbligodi ricetta. La Francia ne discute in questigiorni, grazie a una petizione online lan-ciata da un collettivo di medici, farmacistie associazioni di donne €Líberezmapillule.corni. Di fatto mezzo mondo ha già auto-rizzato la vendita libera, perché i modernicontraccettivi sono sicuri e per giuntaesercitano un effetto protettivo nei con-fronti di alcuni tumori. Lo ha mostrato ungrande studio epidemiologico condottodai ricercatori dell'Università di Milano,finanziato dall'Associazione italiana perla ricerca sul cancro e pubblicato su An-nali of Oncology. Spiega Eva Negri, coau-

SOPRA, UTERO E OVAIE. SOTTO, LA LOCANDINADELLA GIORNATA DELL'AZALEA DEL 14 MAGGIO,

CON CUI CAIRC RACCOGLIE FONDI PER LA RICERCA

trice del lavoro: «Anche se non bisognapensare che la pillola sia uno strumentodi chemioprevenzione dei tumori, i datisono chiari: l'assunzione protegge dalleneoplasie dell'ovaio, oggetto delnostro lavoro, e dell'endometrio.Forse, anche se per ora non c'è ladimostrazione di un rapporto dicausa effetto, anche da quello delcolon retto. L ;unico rischio si ve-de per il tumore della mammella,

p`:I-

di cui aumenta di poco la probabilità, masolo durante il periodo dell'assunzione».

Gli epidemiologi hanno analizzato idati di 28 Paesi europei tra il 2002 e il2012 e visto che la mortalità per carcino-ma ovarico è scesa di circa il l0 percento;in particolare, negli Stati Uniti il calo èstato del 16 per cento, nel Giappone del2. Questo conferma che la riduzione èconseguenza diretta dell'utilizzo dellapillola: «Il calo di decessi coincide inmaniera molto evidente con quello delladiffusione dei contraccettivi» spiega Ne-gri «nei Paesi dove, per motivi culturali,religiosi o legislativi, l'impiego è meno

14capillare la mortalità è scesa dimeno, e viceversa.Inoltre, la dimi-nuzione si vede soprattutto nelledonne giovani. E le nostre stimedicono che nei prossimi anni do-vremmo vedere un'ulteriore ridu-zione». (agnese codignola)

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TRA LE POPOLAZIONI CHE VIVONO NEGLI ALTIPIANI A PIÙ DI 4 MILA METRI DA DIVERSE MIGLIAIA DI ANNI

I tibetani hanno i supergeni della resistenza all'altitudineDI ANGELICA RATTI

'L eccezionale adattamento deitibetani all'altitudine dipen-de, in particolare, dalla pre-senza di due geni (forse ad-

dirittura cinque) che permettono lorodi vivere in un altopiano dove l'aria èpovera di ossigeno (-40%), le risorsealimentari sono limitate, il freddo èintenso ed è più alta l'esposizione airaggi Uv. Alcune popolazioni vivonostabilmente a oltre 4 mila metri dialtitudine da diverse migliaia di annie una delle ipotesi su come ci riescanoè che si siano progressivamente adat-tate, per selezione naturale, a questecondizioni estreme. Per scoprirlo glistudiosi sono andati alla ricerca di ri-sposte nel campo della genetica.

Due geni che favoriscono il mododi vivere dei tibetani erano già statiscoperti negli anni scorsi. Uno provie-ne da una antica popolazione, ormaiscomparsa, che viveva ai confini conla Siberia 30-40 mila anni fa, una sor-te di cugini di Neanderthal, chiamatidenisovieni. Ricercatori americani ebritannici, guidati da Hao Ilu e ChadIIuff dell'università del Texas, hannoaumentato a cinque il numero dei genibenefici, studiando il genoma di 27 ti-betani in esilio. I risultati illuminantisulla storia genetica dei tibetani sonostati pubblicati su Plos Genetics.

Il primo gene specifico dei ti-betani , chiamato Epasl, è statoscoperto nel 2010. Studi genetici su50 tibetani e 40 cinesi di etnia Han,maggioritaria, hanno permesso da unlato di confermare la vicinanza gene-

tica di questi due gruppi, e, in secondoluogo, di verificare che il gene Epaslpresente nei tibetani, e non negli han,è legato alla ipossia (scarsa presenzadi ossigeno nei tessuti, ndr). Studi suc-cessivi hanno dimostrato che questogene è programmato da una proteinache regola la risposta del corpo allaconcentrazione di ossigeno.

che all'incirca 30 mila anni fa deidenisovieni hanno incrociato deisapiens e che questa versione delgene Epasl è entrata nel genomadei sapiens per incrocio di razze. Poisi è diffuso per generazioni nella po-polazione tibetana, secondo quantoriportato da Le Figaro. «L'analisi delDna denisovieni eseguito alcuni

La popolazione tibetana si è progressivamente adattata , per selezionenaturale , a vivere negli altipiani a oltre 4 mila metri , in condizioni estreme

Parallelamente , nel 2010, al-cuni paleontologi hanno sco-perto in una grotta vicino alla cittàdi Denisova, in Siberia, dei repertifossili: una falange e due denti uma-ni. Il Dna nucleare analizzato nel2012 ha permesso di scoprire chepur appartenendo al genere homonon era né di sapiens, né di Nean-derthal: così è stato creato il gruppohomo denisovieni. E, a sorpresa, ilgene Epasl, versione tibetana, siritrova nel genoma dei denisovienie non di Neanderthal. Ciò significa

anni fa dai russi è quasi impecca-bile e più preciso delle analisi delDna attuale», ha dichiarato CelineBon, che si occupa di paleo genomaal museo di storia naturale di Pa-rigi. «Questo nuovo studio», ha ag-giunto, «senza essere rivoluzionarioè più ampio e completo sui genomidelle differenti popolazioni e mostrain modo inequivocabile che il geneEpasl ha effettuato una introgres-sione per adattarsi e si è diffuso trala popolazione perché presentavaun vantaggio. Tuttavia, la datazio-

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ne relativa ai 30 mila anni fa è daprendere con cautela».

La tecnica di sequenziamentodel genoma intero ha permessodi vedere che altri geni non deni-sovieni potrebbero essere coinvoltinella resistenza di queste popola-zioni che vivono sugli altipiani.Ha confermato la mutazione delgene tibetano Eglnl direttamen-te correlata al basso contenuto diossigeno che permette di evitare lamalattia di Monge che si traducein una eccessiva moltiplicazionedi globuli rossi, con conseguenteipertensione che può portare alcoma e alla morte.

Altri due geni , Ptgis e Kctd12, coinvolti nella regolazionedella risposta del corpo all'ipossiasembrano, se si può dire, «tibetiz-zati». E questo spiega perché leprestazioni nell'utilizzo dell'ossi-geno siano migliori fra i tibetanipiuttosto che tra i boliviani Ayma-ra che pure vivono in quota, mada meno tempo rispetto a questapopolazione asiatica. Altri studihanno dimostrato che le variazio-ni della concentrazione di emoglo-bina nella popolazione tibetanaerano quasi identiche a quelle diuna popolazione di americani chevivono a livello del mare.

Un quinto gene , Vdr, candi-dato alla super dotazione di genidei tibetani, è coinvolto nel me-tabolismo della vitamina D che ècarente nei tibetani.

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