La contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M.FANNO” CORSO DI LAUREA Economia e Management PROVA FINALE “La contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali” RELATORE: CH.MO PROF. Antonella Cugini LAUREANDO: Franco Corti MATRICOLA N. 1022177 ANNO ACCADEMICO 2015 – 2016

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M.FANNO”

CORSO DI LAUREA Economia e Management

PROVA FINALE “La contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali”

RELATORE: CH.MO PROF. Antonella Cugini

LAUREANDO: Franco Corti MATRICOLA N. 1022177

ANNO ACCADEMICO 2015 – 2016

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Indice Introduzione____________________________________________________________________3

1. Riferimenti normativi______________________________________________________4

1. Autonomia Universitaria..............................................................................................4 2. Contabilità e amministrazione pubblica.......................................................................5 3. Legge 240/2010 e Decreto delegato 18/2012...............................................................6

2. Contabilità Economico-Patrimoniale _________________________________________7 1. Peculiarità del sistema universitario.............................................................................7 2. Passaggio dalla Contabilità Finanziaria alla Contabilità Economico-

Patrimoniale..................................................................................................................9 3. Progettazione del sistema di contabilità e snodi decisionali......................................10 4. Redazione dello Stato Patrimoniale............................................................................12

3. Programmazione e Budget _________________________________________________14 1. Previsionale annuale e triennale.................................................................................16 2. FFO e costo standard..................................................................................................18

4. L’amministrazione fra trasparenza e pianificazione____________________________21 1. La trasparenza nella gestione......................................................................................21 2. Il software di contabilità U-Gov di Cineca.................................................................22

5. Valutazione______________________________________________________________25 1. Il Nucleo di Valutazione e il rapporto Annuale e gli Organi Interni di Valutazione

secondo la Legge 150/2009........................................................................................27 6. Applicazione nell’Università di Padova_______________________________________29

Conclusioni____________________________________________________________________31

Bibliografia____________________________________________________________________32

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Introduzione Dal primo gennaio 2015 tutti gli Atenei statali italiani devono per legge adottare la Contabilità Economico-Patrimoniale secondo quanto stabilito dalla Riforma Gelmini e dai successivi decreti attuativi. Questo cambiamento non è casuale e di scarso valore, ma anzi rappresenta il culmine di un percorso di discussione e dibattito in ambito universitario in cui si sono scontrate diverse visioni di università e della loro gestione amministrativa e contabile. Nella fattispecie gli atenei si sono trovati di fronte al quesito di quale sistema di contabilità adottare: se uno più pubblicistico di tipo finanziario oppure quello diffuso in ambito privatistico di tipo economico-patrimoniale. Per poter comprendere maggiormente l’importanza della scelta di un nuovo sistema contabile, a maggior ragione in ambito universitario, il seguente elaborato propone un’analisi del contesto storico e normativo entro cui si muovono gli atenei e un approfondimento degli aspetti che caratterizzano l’amministrazione degli atenei. La prima parte dell’elaborato fornisce i riferimenti normativi che rappresentano i limiti del sentiero entro cui sono state effettuate tutte le scelte in materia di contabilità e che più in generale rappresentano la traduzione delle scelte politiche dei governi degli ultimi venticinque anni in merito all’istruzione universitaria. La seconda e la terza parte propongono l’analisi del sistema di Contabilità Economico-Patrimoniale, delle sue caratteristiche e dei pregi e dei difetti evidenziati dal dibattito sull’opportunità o meno della sua applicazione in ambito universitario, in particolare poi la terza parte è incentrata sugli aspetti di programmazione e budget connessi agli strumenti contabili in dotazione agli atenei. La quarta e la quinta parte affrontano due argomenti strettamente connessi al mondo universitario, la trasparenza e la valutazione, che sono elementi fondamentali per comprendere alcune delle scelte politiche in materia di università degli ultimi anni e le diverse sfumature delle esigenze cui devono far fronte le amministrazioni. E infine, nella sesta parte, viene presentato il caso dell’applicazione della Contabilità Economico-Patrimoniale nell’Università di Padova e dei passaggi intermedi che sono serviti e che serviranno per portare a regime la nuova contabilità.

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1. Riferimenti normativi

1.1. Autonomia Universitaria Il contesto di riferimento entro cui si muovono gli atenei in tema di contabilità è quello definito dalla Legge 168/1989 “Istituzione del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica” in virtù della quale alle Università viene riconosciuta ampia autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e questa si può dotare di statuti e regolamenti autonomi. Il quadro più ampio entro cui questa legge opera è quello dettato dall’art.33 della Costituzione in cui si afferma che “le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Un particolare di fondamentale importanza per l’argomento in esame è la funzione del “Regolamento di amministrazione, finanza e controllo” che disciplina i criteri guida della gestione, le procedure amministrative e contrattuali, le forme di controllo interno a livello di ateneo e dei singoli centri di spesa e infine le relative responsabilità. Il principio guida nella redazione del regolamento, secondo quanto espresso all’art.7 comma 8 della Legge 168/1989, deve essere quello di garantire “la rapidità ed efficienza nell’erogazione della spesa e il rispetto dell’equilibrio finanziario del bilancio”. Proprio su questo punto vedremo come l’evoluzione dei sistemi di contabilità permetterà di basarsi su diversi tipi di equilibrio a seconda degli strumenti gestionali e degli obiettivi di programmazione che gli atenei adottano. Anche prima dell’istituzione dell’autonomia universitaria erano già stati presi alcuni provvedimenti che evidenziavano questa direzione politica. Infatti il D.P.R. 382/1980 e 371/1982 hanno modificato l’organizzazione con l’istituzione dei dipartimenti, dotati anch’essi come gli atenei di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile, e definito le modalità di adozione dei regolamenti amministrativo-finanziari e lo schema di bilancio. Con l’articolo 5 della Legge 537/1993 si interviene sull’autonomia gestionale e finanziaria e le relative modalità di finanziamento delle Università e inoltre vengono istituiti i tre capitoli di bilancio fondamentali: il Fondo per il Finanziamento Ordinario, la principale voce di entrate delle Università sui cui dettagli torneremo dopo, il Fondo per l’Edilizia Universitaria e il Fondo per la Programmazione dello Sviluppo del sistema universitario. Prima della Legge 537/93 il sistema era basato sul vincolo di destinazione dei trasferimenti dello Stato agli atenei e pertanto ogni ateneo era tenuto ad assegnare le risorse ai relativi centri autonomi di spesa, mentre dopo la Legge 537/93 il sistema viene razionalizzato e basato su principi che

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favoriscono l’autonomia e la competitività del sistema con un conseguente aumento dell’autonomia di spesa nelle università. Infine sul fronte dell’autonomia della ricerca, con la Legge 168/1989, si afferma che le università perseguono “le finalità istituzionali del rispetto della libertà di ricerca dei docenti e dei ricercatori nonché dell’autonomia di ricerca delle strutture scientifiche” e viene introdotta la valutazione della ricerca che trova nella Legge 537/93 l’istituzione di un elemento molto importante come il Nucleo di Valutazione, organo che analizzeremo meglio successivamente, dedicato alla verifica della corretta gestione delle risorse pubbliche, della produttività della didattica e del buon andamento dell’azione amministrativa.

1.2. Contabilità e amministrazione pubblica Per quanto concerne la contabilità pubblica, nel nostro paese si è potuto osservare un trend costante di passaggio dalla contabilità finanziaria a quella economico-patrimoniale per venire incontro ad una crescente esigenza di accountability e di chiarezza nella rappresentazione dei risultati della gestione e della produzione di beni e servizi (Anselmi, 2003; Borgonovi, 2002; Hinna, 2002). L’introduzione della Contabilità Economico-Patrimoniale (d’ora in poi COEP) fa riferimento ad un insieme di provvedimenti volti a riformare il Bilancio dello Stato, per poter controllare meglio l’economia e la finanza pubblica in osservanza a quanto stabilito dal Trattato di Maastricht e successivi impegni comunitari. Più nello specifico con il D.Lgs. 279/1997 viene introdotta la COEP nel settore pubblico e si esplicitano le finalità di verifica dei costi e monitoraggio dei risultati delle amministrazioni, grazie all’identificazione dei costi di gestione secondo le classificazioni per natura e destinazione. Infatti seguendo questa direzione si introduce, con la Legge finanziaria del 2007, l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, la contabilità economica e più precisamente nel settore universitario le linee guida del Governo, presentate nell’Ottobre del 2008. Le linee guida indicano chiaramente questa direzione in favore dell’adozione della COEP, in quanto “strumento conoscitivo essenziale per gli atenei, i loro interlocutori esterni e il Ministero e consente l’individuazione di costi standard correlati al raggiungimento di precisi parametri qualitativi.” Questo ultimo aspetto non è di minore importanza, infatti, in un contesto di forte riduzione dei finanziamenti pubblici agli atenei come negli ultimi anni e di una sempre maggiore influenza dei criteri qualitativi nella ripartizione di tali finanziamenti, gli atenei stanno cercando fonti di finanziamento alternative e devono dotarsi di strumenti contabili che permettano di dialogare più facilmente con enti esterni (White Paper U-GOV P&C, 2013, pag.6).

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Un ulteriore passaggio rilevante in merito alla finanza pubblica è dato dalla Legge 196/2009 con la quale si è voluto potenziare e armonizzare gli strumenti di bilancio per rispettare più agevolmente i vincoli di bilancio comunitari, le esigenze dovute all’attuazione del federalismo fiscale e infine per attivare processi di programmazione e controllo della spesa ancora più evoluti. Per quanto riguarda il mondo universitario gli aspetti più rilevanti sono quelli per cui tutte le amministrazioni pubbliche devono concorrere agli obiettivi di finanza pubblica e devono introdurre la programmazione finanziaria triennale per avere un’ottica di medio periodo condivisa nel contesto europeo.

1.3. Legge 240/2010 e Decreto delegato 18/2012 La Legge 240/2010 all’art.5 comma 4 lettere a) e b) prevede: a) “l’introduzione di un sistema di contabilità economico patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di principi contabili e schemi di bilancio stabiliti e aggiornati dal Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), garantendo, al fine del consolidamento e del monitoraggio dei conti delle amministrazioni pubbliche, la predisposizione di un bilancio preventivo e di un rendiconto in contabilità finanziaria, in conformità alla disciplina adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196; b) adozione di un piano economico finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell'ateneo”. Questo passaggio rappresenta l’arrivo, almeno dal punto di vista normativo, di un lungo percorso di dibattito su quale sistema contabile adottare per le Università. Già con la Legge 168/1989 le Università potevano autonomamente optare per la COEP in deroga a quanto stabilito a livello statale, tuttavia con la Legge 240/2010 la predilezione per la COEP è diventata netta. La legge altresì delega il Governo a portare a termine questo processo di adozione tramite decreti attuativi per raggiungere la “revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità, e di consentire l'individuazione della esatta condizione patrimoniale dell'ateneo e dell'andamento complessivo della gestione”. La questione della transizione da un modello di contabilità all’altra subisce una forte accelerata con il Decreto delegato n.18/2012 che stabilisce che dal primo gennaio 2014, successivamente prorogato al 2015, il sistema amministrativo contabile deve dotarsi di un bilancio unico d’ateneo previsionale annuale autorizzatorio, di un bilancio unico previsionale triennale e di un bilancio di esercizio con composto da Stato Patrimoniale, Conto Economico, Rendiconto finanziario e da un relazione sulla gestione. In aggiunta devono essere redatti anche un bilancio consolidato con aziende, società o altri

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enti controllati e per le università statali, considerate amministrazioni pubbliche, rimane la richiesta di un bilancio preventivo non più autorizzatorio e di un rendiconto unico sempre in contabilità finanziaria. Infine viene richiesto di dotarsi di una contabilità analitica per favorire e implementare il lavoro del controllo di gestione. La richiesta di redigere questi documenti è volta al superamento di alcune questioni che verranno riprese successivamente, come la varietà dei sistemi contabili adottati dai singoli dipartimenti in autonomia, la valutazione dell’incidenza degli enti controllati dall’ateneo e la necessità di aggiungere ad una programmazione di breve periodo quella di medio periodo con valutazioni che non si limitino all’immediato equilibrio finanziario, ma giungano ad una più ampia visione strategica. 2. Contabilità Economico-Patrimoniale

2.1. Peculiarità del sistema universitario L’istruzione universitaria viene intesa come un servizio pubblico offerto per garantire il diritto della persona di avere un’istruzione, come avviene anche per altri servizi pubblici necessari a garantire altri diritti come ad esempio quello alla salute, alla liberta di comunicazione, all’assistenza, alla sicurezza e alla previdenza sociale. In tutti i settori pubblici è cresciuta la richiesta di maggior trasparenza, qualità e innovazione ed è accresciuto anche l’interesse verso una più chiara quantificazione del “costo sociale e del valore per il cittadino” (Arcari, 2003, pag.25). Pertanto questi servizi pubblici, anche se non sono impostati esclusivamente con una logica di profitto, necessitano sempre più di strumenti amministrativi che evidenzino, secondo criteri e principi aziendali specifici, l’efficacia e l’efficienza amministrativa delle politiche di intervento pubblico. Più nello specifico, il concetto economico di valore, inteso come profitto e come beneficio socialmente condiviso, nel contesto delle università pubbliche mantiene solo il secondo aspetto. Il valore generato dalle università assume valore solo se condiviso con gli stakeholders della società: la comunità studentesca, quella accademica scientifica, quella dei lavoratori, la comunità economica del territorio in cui le università esercitano le loro funzioni e infine lo Stato. Considerando la domanda della società civile di formazione e accrescimento del sapere, le università devono fornire risposte pertinenti e con un utilizzo coscienzioso delle risorse. Pertanto l’orientamento al valore sociale dell’atipico soggetto università, riconoscendo il suo ruolo sociale e le crescenti esigenze di autonomia strategica e operativa, suggerisce l’esigenza di particolari sistemi di controllo di gestione.

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Volendo inquadrare in termini economici l’istruzione universitaria, essa ha come scopo quello di rispondere alla domanda di formazione alta proveniente dalla società, curare lo sviluppo delle potenzialità individuali degli studenti e la trasmissione dei valori civili e sociali. La formazione universitaria non presenta però solo le caratteristiche di un bene pubblico. Il carattere pubblico predominante è dato dallo sviluppo del sapere universitario e delle conoscenze scientifiche di un paese, che producono effetti su tutta la popolazione, tuttavia sono presenti anche gli aspetti di rivalità ed escludibilità dei beni privati, ossia da un lato l’esercizio del diritto di proprietà sui beni, tangibili e intangibili, e dall’altro la possibilità di applicare dei criteri di esclusione quando questa diventa possibile sotto un profilo tecnico, tramite selezione all’ingresso e in itinere (Filippini, 2009, Pag. 51-52). Il bene istruzione, inquadrato dal punto di vista economico, presenta anche i problemi di informazione e i benefici delle esternalità positive. Se lo scopo dell’istruzione universitaria può essere semplificato nella ricerca del progresso scientifico e civile di un paese attraverso la formazione dei singoli individui, gli studenti allora si trovano di fronte ai tipici problemi di carenza di informazione. Infatti i futuri studenti si trovano a dover effettuare delle valutazioni su quali università e percorsi universitari scegliere senza avere i set di informazioni sufficienti a compiere una scelta tra opzioni così complesse. In un altro aspetto economico troviamo le radici del concetto di finanziamento pubblico dell’istruzione e della ratio profonda che sottende a tale scelta politica, ossia l’esternalità positiva. Infatti il bene istruzione, per la sua natura particolare, non può essere posseduto esclusivamente dal singolo individuo e porterà dei benefici alla società in cui vive tale individuo. Anche grazie alla relazione che c’è fra livello di istruzione e sviluppo economico di un paese, lo Stato, a volte più degli stessi individui, è interessato a sostenere l’istruzione. Un altro concetto con forti conseguenze economiche legato alle organizzazioni universitarie è quello delle valutazione e del ranking che si viene a formare fra i diversi atenei. Ci soffermiamo ora sulle conseguenze economiche. Attraverso la valutazione si cerca di venire incontro alle diverse esigenze informative, come quella dell’asimmetria tra lo studente che decide il proprio percorso e l’ateneo in cui si iscrive, mentre dal punto di vista manageriale la valutazione diventa un aspetto cruciale nel momento in cui il finanziamento dell’ateneo, ed eventualmente i contributi degli studenti e le libere donazioni, diventano correlate alla reputazione dell’ateneo stesso. Infatti, cercando di rispettare sempre il vincolo di minimizzazione dei costi, si cercherà sempre di più di investire in miglioramento della qualità e conseguente reputazione. Nel momento in cui viene valutato l’ateneo, sul frangente del corpo docenti si cercherà di migliorare la reputazione dell’organizzazione intera concordando valori, principi e good

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practices che creino l’aspettativa di un buon lavoro tra i colleghi (Filippini, 2009, pag.54-55). Dal lato degli studenti invece si instaurano dinamiche di selezione all’ingresso e di modifica del percorso formativo affinché, durante il percorso e nel post, la qualità e la soddisfazione siano più ampie possibili. Tuttavia al concetto di selezione all’ingresso sono annessi anche i problemi di equità sociale e di uguaglianza. Alla fine di queste considerazioni economiche è facile domandarsi quanto e in che termini sia possibile parlare di università intesa come impresa-università. La presenza di atenei statali altamente finanziati dallo Stato ostacola fortemente l’entrata di imprese-università orientate al profitto e ricordiamo che l’autonomia universitaria, anche se intesa come autonomia contabile e gestionale, non fornisce la stessa liberta gestionale che è concessa ai privati. Considerando un libero mercato, avremmo miglioramenti di efficienza, dato il set iniziale di ricchezza delle famiglie, in seguito ad una razionale differenziazione dell’offerta formativa degli atenei e di adeguamento delle tasse di iscrizione, ma si presenterebbero i problemi di uguaglianza sociale nel momento in cui la differenziazione dovesse avvenire sulla base della selezione reddituale oppure costretta da ragioni sociali del contesto geografico.

2.2. Passaggio dalla Contabilità Finanziaria alla Contabilità Economico-Patrimoniale La contabilità economica e quella finanziaria si distinguono principalmente sotto due prospettive: quella temporale delle manifestazioni monetarie e del momento in cui vengono invece impiegate le risorse, l’altra invece strutturale dovuta al fatto che l’unità organizzativa che utilizza le risorse può non essere quella che ha effettivamente generato il flusso finanziario. La contabilità di tipo finanziario pubblicistico (d’ora in poi COFI) è caratterizzata dalla misurazione dei flussi monetari nel momento in cui si manifestano in uscita, come spese, o in introiti monetari, come entrate. Mentre la COEP considera le risorse effettivamente utilizzate da una unità organizzativa, ossia i costi, e il valore dei servizi erogati e dei beni prodotti, ossia i ricavi. La discussione in merito alla pertinenza della COEP in ambito pubblico è stata molto intensa e si è sviluppata in primis per altri settori del pubblico, dal momento che gli atenei statali italiani sono da poco obbligati ad affrontare questo cambiamento, in estremo ritardo rispetto agli altri. Lo stimolo al dibattito proviene dalle esperienze internazionali dei paesi come Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda, ma non solo, anche da altri paesi del Nord Europa che già dai primi anni ’90 stanno affrontando questo passaggio di contabilità nel settore del pubblico (Cantele, 2012) Entrando nel merito, i sostenitori della COFI la ritengono lo strumento adatto per permettere il dialogo tra la parte politica e quella amministrativa, poiché la parte politica deve decidere il livello complessivo di spesa e ripartirlo sulla parte amministrativa, mentre quest’ultima deve agire appunto

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entro i limiti di autonomia e gestione che le vengono assegnati. Inoltre ritengono la COFI più affine agli enti pubblici che non devono generare profitto e non hanno le stesse esigenze del settore profit di misurare la solidità patrimoniale e finanziaria, ritenendo quindi inopportuna la COEP che potrebbe spingere a un’ottica eccessivamente orientata ad una efficiente minimizzazione dei costi. Un altro rischio paventato in questo passaggio è quello di una parziale applicazione del nuovo sistema, o applicazione solo apparente che potrebbe vanificare i benefici della COEP e addirittura peggiorare e appesantire la struttura amministrativa degli atenei. Diversamente i critici della COFI hanno sollevato numerose critiche sulla funzione autorizzativa della spesa, punto cardine di questo sistema, che pone solo dei vincoli alla spesa senza ridurre i disavanzi e senza garantire l’efficacia delle azioni intraprese. Inoltre il baricentro delle valutazioni si sposta sulla fase preventiva della formulazione del bilancio mentre risulta poco incidente la fase successiva di consuntivazione e valutazione degli effetti effettivamente prodotti. Le università pertanto si accingono ad affrontare il passaggio dell’adozione della COEP tipica degli enti privati, essendo tuttavia dei soggetti particolari dal punto di vista del processo produttivo che le caratterizza, come abbiamo visto precedentemente, e per comprendere meglio questo passaggio è fondamentale comprendere da quale condizione partono le università. Con l’evolversi dell’autonomia statutaria e con l’introduzione di quella finanziaria secondo l’art. 5 della Legge 537/1993, ogni ateneo elabora per conto proprio i principi contabili e le strutture di bilancio sfruttando l’autonomia regolamentare che gli è concessa, applicandola come una vera e propria autonomia contabile (Catalano, 2009, pag. 24-25). A fronte della legittima autonomia nella programmazione finanziaria di ogni ateneo si sono pertanto sviluppati differenti metodi di rendicontazione. Il risultato chiaro di questi comportamenti è dato da una moltitudine di tipologie di bilancio difficilmente confrontabili in maniera diretta. Secondo un’indagine del 2011 (Cantele, Martini e Campedelli, 2012) emerge che il 44,64% utilizzava ancora esclusivamente la COFI, un 42,86% ha sperimentato forme di convivenza tra i due sistemi e il rimanente 12,5% ha utilizzato esclusivamente la COEP, tra cui gli atenei pionieri in tale campo come Trento e Camerino.

2.3. Progettazione del sistema di contabilità e snodi decisionali Arrivati a questo punto gli atenei si sono interrogati su quali fossero i passaggi intermedi e quali fossero le possibili forme di integrazione, quantomeno temporanea, dei due sistemi per ottemperare a quanto espresso dal Decreto delegato 18/2012. Un primo percorso è quello di adottare la COFI allineando la competenza giuridica e finanziaria a quella contabile e adoperando delle rettifiche attraverso scritture di assestamento che dovrebbe

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avvicinarsi ad una competenza economica. Questa soluzione tuttavia non supera il gap tra le due contabilità in quanto rimarrebbe preminente il momento dello stanziamento delle risorse e non dell’effettivo consumo. Un secondo percorso più incisivo è quello di utilizzare un sistema integrato che prevede l’istituzione della COEP e il mantenimento della COFI, portando però ad un cospicuo incremento delle procedure richieste al personale tecnico che deve alimentare i due sistemi. In questo caso se le procedure vengono rispettate, otteniamo due contabilità parallele entrambe corrette, ma rimane da chiarire quale sia quella predominante ai fini decisionali, se quella autorizzativa-preventiva a livello finanziario o quella economica. La convivenza dei due sistemi, almeno per un lungo periodo, è stata caldamente sconsigliata dagli esempi forniti dagli enti locali come i comuni che l’hanno sperimentata, in quanto portatrice di confusione e di appesantimento della macchina amministrativa. Nessun Ateneo ha optato per un passaggio diretto alla COEP, escludendo gli atenei che in autonomia avevano deciso di adottarla in deroga fin da subito, viste le prevedibili resistenze tecniche dovute alla necessità di formazione del personale e anche di preparazione dell’ambiente amministrativo a riorganizzarsi secondo la nuova contabilità. E anche nella gran parte dei casi in cui si è optati per la convivenza dei due sistemi, si è riscontrata la predominanza della più tradizionale COFI, ostacolando pertanto il cambiamento. Su questo frangente, ha sicuramente influito il ritardo del MIUR nella elaborazione dei decreti attuativi e nella decisione di quali principi contabili e schemi adottare come linee guida. Il sistema universitario si trova pertanto di fronte alla scelta di quali principi contabili adottare, in primis quelli stabiliti dall’OIC come per le società quotate, in secundis se seguire gli IAS/IFRS, in terzis nella loro versione adattata e applicata agli enti pubblici, chiamati IPSAS, oppure in quarta istanza se rifarsi a principi stabiliti per le organizzazioni non-profit dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili. Con il DM 19/2014 il MIUR si esprime sui principi contabili e sugli schemi di bilancio che gli atenei sono chiamati ad adottare, premettendo che per “tutto quanto non espressamente previsto dal presente decreto, si applicano le disposizioni del Codice Civile ed i Principi Contabili Nazionali emanati dall’OIC”. Nel decreto viene stabilito fin da subito che lo scopo principale del bilancio unico d’ateneo d’esercizio è di essere di “concreta utilità per il maggior numero di destinatari”: studenti, comunità scientifica, enti finanziatori, creditori, dipendenti, comunità locale e investitori. Per ottemperare a questo compito, oltre ai tradizionali principi di Chiarezza (“Comprensibilità” nel decreto), Veridicità e Correttezza, si aggiunge un principio di Neutralità enunciato al fine di non privilegiare uno dei diversi interlocutori prima elencati sugli altri.

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Gli altri principi su cui il decreto si esprime sono: attendibilità, pubblicità, coerenza, annualità del bilancio, continuità, prudenza, integrità, costanza e comparabilità, universalità, unità, flessibilità, competenza economica, prevalenza della sostanza sulla forma ed equilibrio di bilancio. Allegati al decreto sono riportati gli schemi di Stato Patrimoniale, Conto Economico e Rendiconto Finanziario, che insieme alla Nota Integrativa formano il bilancio unico d’esercizio. Rimanendo a quanto stabilito dal decreto, entro tre mesi dall’entrata in vigore del DM 19/2014, dovevano essere stabiliti gli schemi di budget economico e budget degli investimenti con successivo decreto del MIUR e del MEF, una volta consultata la CRUI a riguardo. Tuttavia ad oggi non è ancora stato emanato tale nuovo decreto e pertanto anche per l’anno 2015 gli atenei hanno dovuto definire in autonomia tali prospetti per la prima ricognizione in COEP per tutti gli atenei.

2.4. Redazione dello Stato Patrimoniale Una peculiarità del sistema universitario è dato dalla redazione del primo SP, dovendo inserire correttamente i valori dei beni in possesso degli atenei, beni che per la loro natura e talvolta valore storico, possono creare non poche difficoltà nella prima registrazione. Per questo motivo nel DM 19/2014 l’art.4 individua i principi da seguire per la valutazione delle poste e nell’art.5 dei criteri più specifici di predisposizione del primo SP. Entriamo nel merito di come vengono considerate alcune voci dello SP alla luce dei principi identificati nell’art.4:

- Per le immobilizzazioni immateriali, nel caso di diritti di brevetto industriale e di utilizzazione di opere dell’ingegno, si procede con l’iscrizione a conto economico in via prudenziale. Tuttavia, valutata la titolarità dei diritti, si può procedere ad opportuna capitalizzazione, purché indicata nella Nota Integrativa;

- Le immobilizzazioni materiali sono intese come proprietà dell’ateneo destinati ad un utilizzo durevole e acquisiti per la realizzazione delle proprie attività, mentre i beni messi a disposizione da terzi, come ad esempio quelli concessi in uso perpetuo e gratuito dallo Stato, non rientrano tra le poste patrimoniali, ma vengono indicati ugualmente nei Conti d’Ordine. Vengono iscritte al costo di acquisto o produzione, comprensivi di costi accessori o direttamente imputabili. Per le immobilizzazioni di durata limitata deve essere ammortizzato il costo sempre secondo percentuali indicate in Nota Integrativa. Per quanto riguarda alcune tipologie di beni presenti in quantità considerevole nel sistema universitario, come ad esempio il patrimonio librario, artistico, storico e monumentale vengono esplicitati nel decreto alcuni tipi trattamento.

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Il patrimonio librario, nel caso consista in collezioni che non perdono valore nel tempo, viene iscritto a SP e non viene ammortizzato, mentre se si tratta di libri che perdono valore nel tempo si può optare per diverse soluzioni: la patrimonializzazione al costo d’acquisto dei libri, riportando ammortamenti e altre variazioni del valore, oppure l’iscrizione nell’attivo patrimoniale ad un valore costane, purché rinnovate di anno in anno e di entità non eccessiva rispetto al totale dell’attivo, oppure infine all’iscrizione a costo del valore annuale, non dando rilievo patrimoniale al patrimonio librario. Qualunque sia la scelta essa deve essere evidenziata nella Nota Integrativa. Un ulteriore aspetto è quello dei beni di valore culturale, storico, artistico e museale che non vengono ammortizzati in quanto mantengono inalterati il loro valore nel tempo. Per questi beni, in particolare per gli atenei con una storia plurisecolare, ci si affida a quanto stabilito negli atti di donazione o nei lasciti testamentari e gli atenei devono capitalizzare il bene basandosi sui valori espressi in tali documenti oppure, in assenza di ciò, su relazioni di stima effettuati da esperti del settore.

- Le rimanenze, rilevanti all’interno del contesto universitario, vengono valutate al costo di acquisto o produzione e in caso ridotte se il loro valore di realizzo di mercato risulta minore. Queste rimanenze possono essere costituite da beni destinati alla didattica, ricerca o attività di supporto ad esse, oppure anche ai beni dell’assistenza sanitaria.

- I crediti vengono iscritti a bilancio al loro presumibile valore di realizzazione, nel caso dei contributi, come ad esempio quelli dal MIUR o quelli a fondo perduto da enti pubblici e privati, essi vengono registrati come crediti esclusivamente a fronte di atto o provvedimento ufficiale. Una parte dei crediti tipici del settore universitario è data dai crediti verso studenti intesi come l’importo dovuto a fronte delle tasse e contributi che devono essere pagati dagli studenti.

Nel caso della prima rilevazione, come espresso dall’articolo 5, per il patrimonio immobiliare e terreni di proprietà viene prevista un’iscrizione al costo d’acquisto o, se non disponibile, al valore catastale, dando evidenza del fondo di ammortamento cumulato nel tempo e iscrivendo un fondo ammortamento del valore dello stesso bene, qualora risulti completamente ammortizzato. In maniera analoga si procede per gli immobili e i terreni di terzi a disposizione dell’ateneo, imputando i valori nei conti d’ordine oppure, nel caso in cui l’ateneo vanti diritti reali di godimento perpetui, nelle immobilizzazioni. Ritornando al caso precedentemente analizzato dei beni mobili e del patrimonio librario, viene richiesta una ricognizione inventariale di ateneo e successivamente si procede con la determinazione del fondo ammortamento accumulato nel tempo, ma per la prima redazione dello SP non vengono inseriti i beni già interamente

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ammortizzati. Altra raccomandazione è quella di ricondurre i residui attivi e passivi, verificata preliminarmente la loro sussistenza, alle rispettive voci nella COEP di crediti e debiti, fondi per rischi e oneri o altri fondi o nelle diverse riserve di patrimonio netto. Poi l’avanzo di amministrazione viene imputato per una parte, quella vincolata, alle rispettive poste del patrimonio vincolato, mentre la parte svincolata confluisce nella voce “Risultati gestionali relativi ad anni precedenti”. Infine dalla differenza di attivo e passivo e da quella fra parti vincolate e non vincolate del patrimonio netto emerge il Fondo di dotazione dell’ateneo. A seguito delle considerazioni sulle poste patrimoniali, il decreto specifica che per la prima redazione deve essere redatta una specifica Nota Integrativa con la spiegazione della contabilizzazione di tutte le poste attive e passive.

3. Programmazione e Budget L’utilizzo da parte degli atenei della COFI ha portato gli atenei ad un naturale processo di programmazione, grazie ad un’operazione di studio di quanto utilizzato negli esercizi precedenti ed una conseguente azione autorizzativa nella redazione del bilancio preventivo. All’interno della COFI, l’esigenza di mantenere l’equilibrio finanziario, comporta meccanismi di limitazione delle nuove spese, che diventano autorizzabili solo con la previsione di nuove entrate oppure con lo spostamento di risorse da un capitolo di spesa all’altro. L’attenzione del processo di programmazione rimaneva rivolto alla spesa complessiva e al momento in cui sorgevano le obbligazioni a sostenere le spese e i relativi flussi monetari. Il cambiamento di visione introdotto con la COEP prevede un controllo sull’economicità, sull’efficienza e sull’efficacia dell’amministrazione che utilizza, anche con la nuova contabilità, sistemi di programmazione e controllo consuntivo attraverso lo strumento del budget. Nel contesto del non-profit e nel settore pubblico la principale differenza tra il bilancio preventivo finanziario e il budget è che mentre il primo consiste in una somma di richieste di finanziamento il secondo risulta come la sintesi dei processi di programmazione per l’esercizio futuro successivi all’approvazione del bilancio preventivo o quantomeno ad una valutazione delle risorse a disposizione. Il budget presenta diverse caratteristiche che permettono di assolvere diverse funzioni:

a- Come evidenziato prima, una funzione di programmazione con un’allocazione di risorse coerente con programmi e obiettivi sotto il vincolo di equilibrio;

b- Una funzione motivazionale, esercitata sulle diverse componenti organizzative e didattiche all’interno degli atenei, che pertanto sono stimolate a formulare obiettivi ragionevoli, sforzandosi contemporaneamente di migliorare gli obiettivi;

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c- Una funzione di valutazione nella fase conclusiva del ciclo, dove si considera quanto l’operato si avvicina agli obiettivi prefissati, utilizzando all’occorrenza delle modifiche degli obiettivi inizialmente stabiliti, alla luce di considerazioni che non potevano essere previste in fase preventiva e che, se non considerate, potrebbero portare ad una valutazione distorta.

d- Una funzione di coordinamento, nella fase di composizione del budget e di unificazione dei diversi obiettivi e programmi elaborati dai diversi centri di responsabilità, fornendo un contesto di riferimento comune di modo che i diversi piani elaborati vadano tutti nella direzione stabilita a livello di ateneo.

e- Una funzione formativa, insita nelle precedenti funzioni e nella continua esigenza di recuperare le informazioni necessarie ad elaborare le previsioni per gli esercizi futuri, considerando anche le altre unità organizzative all’interno dell’ateneo.

Un ulteriore oggetto di analisi è dato dalla dimensione strutturale e dalla dimensione di progetto del budget (Agliati, 2002, p. 267). A livello strutturale gli atenei si trovano ad avere un sistema gerarchico nell’amministrazione, mentre sul fronte della didattica e della docenza la struttura presenta i tratti tipici delle organizzazioni di tipo professionale, molto più orizzontale rispetto alla parte amministrativa, in cui i singoli docenti godono di ampia autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro, grazie all’autorità che hanno nel proprio specifico ambito scientifico che si esplicita anche in una autonomia nella didattica che erogano. Inoltre questo alto livello di professionalità del lato della ricerca e della didattica fa sì che sia difficile strutturare un sistema di controllo che utilizzi dati contabili. Dalla parte dell’amministrazione il Direttore Generale rappresenta il vertice della struttura tecnico-amministrativa e a sua volta risponde agli organi di vertice dell’ateneo, il Rettore, il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico. Sotto il Direttore Generale possono essere individuati delle direzioni divise per funzioni o per divisioni tipiche, come ad esempio la ricerca e il diritto allo studio. Oltre a questa differenza strutturale interna all’organizzazione vi è anche un’ulteriore diversità data dagli organi centrali dell’ateneo e da quelli periferici. Al centro sono posti i prima citati organi maggiori al vertice, mentre nella parte periferica vi sono le strutture periferiche dove viene svolta la ricerca ed erogata la didattica e inoltre vi sono i servizi generali svolti dall’amministrazione centrale e i servizi di supporto periferici che sono rappresentati da tutte le diramazioni dell’amministrazioni che permettono lo svolgimento di ricerca e didattica.

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Figura 1. Organizzazione degli atenei (Arcari, 2003, p.36)

3.1. Previsionale annuale e triennale

Il quadro di riferimento entro cui si affrontano la programmazione annuale e triennale è quella data dal DM 827/2013 sulla programmazione in cui viene richiamato il Decreto Legge 31 gennaio 2005 n.7 dove viene specificato che entro il 30 Giugno di ogni anno andrebbero definiti e aggiornati gli obiettivi dei programmi coerentemente con le linee strategiche di indirizzo fornite dal MIUR e dagli organi nazionali come la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, il Consiglio Universitario Nazionale e il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. Tali organi si esprimono su tutti gli aspetti del complesso mondo universitario: i corsi di studio da attivare e disattivare e quali requisiti minimi di risorse sono necessari per ogni corso, la programmazione della ricerca scientifica, gli interventi sul diritto allo studio e sui servizi a favore degli studenti, i programmi di internazionalizzazione e poi anche le esigenze di personale docente e tecnico. Questi programmi formulati dagli atenei sono sottoposti alla valutazione del MIUR e dell’ANVUR, Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Nazionale ai tempi del DM. Per quanto riguarda ad esempio lo scorcio 2013-2015, le linee guida e gli obiettivi di sistema sono riassumibili in due filoni: una promozione della qualità del sistema universitario e al contempo un ridimensionamento sostenibile del sistema universitario. Per favorire la promozione della qualità vengono indicate tre azioni: il miglioramento dei servizi agli studenti, l’integrazione territoriale e internazionalizzazione e infine un miglioramento delle procedure di reclutamento.

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L’attività di orientamento viene incoraggiata all’ingresso, per combattere la dispersione studentesca, nel durante, per un migliore e consapevole percorso di studio, e nella fase successiva al percorso universitario, per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro. Inoltre si suggerisce un processo di facilitazione e smaterializzazione della parte amministrativa dei servizi agli studenti e si incentiva la formazione a distanza fornita dalla università tradizionali non telematiche e contemporaneamente, per le università telematiche, viene richiesta una verifica degli standard qualitativi. Per quanto riguarda l’integrazione territoriale viene indicato di formulare programmi e stabilire obiettivi in comunione con altri enti universitari e di ricerca, mentre per quanto riguarda la dimensione internazionale si incentiva il reclutamento di docenti provenienti da enti esteri e si evidenzia la necessità di rendere gli atenei frequentabili anche per studenti stranieri e pertanto attirarne l’iscrizione. Un ulteriore dettaglio è definito dalla richiesta di potenziare l’offerta di corsi in lingua straniera eventualmente con la collaborazione con altri atenei e con la possibilità di conferire il doppio titolo. Infine il decreto richiama l’esigenza di potenziare la mobilità promuovendo periodi di studio e tirocinio all’estero, azione che ad oggi a livello europeo viene ampiamente rappresentata dal programma “Erasmus +”. In merito al miglioramento delle procedure di reclutamento dei docenti, si prevede che vi sia una presenza maggioritaria di docenti esterni all’ateneo nelle commissioni valutative, estratti da appositi elenchi nazionali che raccolgono docenti con un elevato profilo scientifico a livello internazionale, e per quanto riguarda il reclutamento di docenti ordinari suggerisce la presenza di almeno un componente della commissione estratto da quegli elenchi nazionali di profili di alto livello scientifico riconosciuto a livello internazionale. Ritornando invece all’altra linea guida, per il dimensionamento del sistema universitario il MIUR suggerisce di realizzare, ove possibile, l’accorpamento e la fusione tra diversi atenei e, quando non risultano possibili provvedimenti così impegnativi, indica agli atenei di riunirsi in modello federativo per unificare o condividere i servizi e le attività degli organi. Sul fronte della didattica il Ministero sottolinea la necessità di accorpare i corsi di laurea a seconda della domanda, del costo e degli sbocchi lavorativi che forniscono e di eliminarli quando questi risultino non sostenibili. Oltre ad un’esigenza contabile viene esplicitata un’esigenza geografica/territoriale per cui si suggerisce la riduzione dei corsi erogati in sede decentrate che non presentano sufficienti standard di qualità e sostenibilità. La programmazione vera e propria delle Università viene affrontata nell’articolo 4 del decreto. Le Università concorrono per l’assegnazione delle risorse che il MIUR mette a disposizione per la programmazione triennale e per fare ciò devono presentare il proprio programma triennale coerente con le linee guida presenti nell’articolo 2 e analizzate precedentemente. Ogni università deve pertanto

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presentare le azioni con le quali intende formulare la programmazione triennale, specificando le scadenze temporali, gli obiettivi e l’ammontare delle risorse finanziarie richieste per ciascuna azione. Successivamente i programmi verranno valutati dal MIUR in base alla coerenza con gli obiettivi, la loro chiarezza, il grado di fattibilità e la loro adeguatezza rispetto a quanto hanno conseguito gli atenei nella VQR 2004-2010 (Valutazione della Qualità della Ricerca) e inoltre verranno monitorati di anno in anno. Considerando ad esempio lo scorcio 2013-2015, i programmi che vengono riconosciuti meritevoli ricevono il finanziamento nell’anno 2013 per la quota integrale destinata all’ateneo, mentre per gli anni 2014 e 2015 per il 50% di quanto competente e il rimanente 50% viene assegnato a seguito di quanto riscontrato nel monitoraggio. Prima della Legge 240/2010, le funzioni di didattica e di ricerca erano affidate a due strutture differenti, le facoltà e i dipartimenti, e con la riforma Gelmini si è proceduto con la chiusura della facoltà e con l’accentramento sui dipartimenti della responsabilità sia dell’attività didattica che di ricerca, pur consentendo di istituire delle strutture di raccordo per gestire la didattica quando essa, come spesso accade, travalica i confini dei dipartimenti. Per quanto riguarda l’aspetto della programmazione e del controllo di gestione di queste strutture periferiche, i dipartimenti si trovano a dover gestire questi due funzioni di didattica e ricerca disponendo di risorse umane e materiali che sono spesso in condivisione. Facendo un confronto con il mondo aziendale, i dipartimenti operano in due business (ricerca e didattica) e forniscono una pluralità di prodotti, ossia i diversi tipi di corsi di laurea e post-lauream sul fronte didattica e i diversi progetti sul fronte della ricerca. Nell’ottica dell’amministrazione i dipartimenti sono configurati come centri di responsabilità, i quali devono elaborare programmi, budget e obiettivi all’interno delle linee strategiche fornite a livello centrale. Il vertice del dipartimento è quindi posto nel Direttore di Dipartimento che diventa responsabile del raggiungimento degli obiettivi preposti e del rispetto dei vincoli amministrativi, didattici e di ricerca.

3.2. FFO e Costo standard studente1 All’interno della programmazione degli atenei un ruolo fondamentale è ricoperto dal Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) che consiste in una delle principali voci di entrata. Questa fonte di finanziamento comporta una serie di difficoltà nella fase della programmazione dovuta, dalla riforma Gelmini in poi, a consistenti riduzioni, mitigate di anno in anno da alcuni interventi di finanziamento straordinario una tantum, e in anni recenti alla difficoltà di previsione della sua entità dovuta alle 1 Questo paragrafo utilizza le informazioni reperite nel Working Paper Fondazione RES 03/2015.

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quote premiali crescenti di anno in anno e ad un’instabilità politica che ha comportato dei ritardi consistenti nella determinazione di tale fondo. L’entità di questa voce e la percentuale sul totale delle entrate degli atenei hanno subito diversi cambiamenti per ragioni economiche e di cambiamenti di indirizzo politico riguardo all’università. L’FFO è stato istituito con la Legge 537/1993, la stessa che attribuisce l’autonomia finanziaria agli atenei, per coprire con il bilancio statale nell’esercizio finanziario 1994 una quota delle spese per il personale docente, ricercatore e tecnico e per la regolare amministrazione e attività istituzionale. Nella prima definizione ci si affida ad una “quota storica” base, secondo quanto trasferito agli atenei nel 1993, e ad una quota di riequilibrio destinata a crescere sempre più, basata su alcuni obiettivi ad esempio di costo standard per studente e obiettivi di ricerca. La “quota storica” è stata per lungo tempo prevalente sull’FFO, favorendo inizialmente gli atenei che fino a quel momento avevano avuto spese di personale più consistenti. Per fornire alcuni riferimenti quantitativi, nel 2000 l’FFO consisteva in 5,6 miliardi per un 61,3% del totale delle entrate degli atenei, mentre nel 2008, pur essendo cresciuto a 7,4 miliardi, risultava incidere per un 54,3% del totale. Dal 2008 al 2012 nel grafico sottostante si può riscontrare anche la diminuzione nominale che riposiziona l’FFO sotto i 7 miliardi con una percentuale del 53,7% del totale (Paleari 2014).

Figura 2 – Prospetto FFO 1996-2013. Fonte CUN (2013)

Altra dimensione rilevante nel sistema universitario è quella della contribuzione studentesca che nell’arco di tempo fra il 2000 e il 2012 quasi raddoppia da quasi 1 miliardo a 1,8 miliardi a seguito

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di un consistente aumento degli studenti iscritti, soprattutto nella prima metà dell’arco di tempo, e ad un aumento effettivo delle tasse universitarie nella seconda parte, passando da un’incidenza del 10,8% sul totale delle entrate nel 2000 ad un 13,7% nel 2012, trend che viene confermato fino ad oggi al punto che nell’indagine OCSE sulla tassazione studentesca per il 2014 l’Italia si attesta al terzo posto nell’area europea. Nel 2014 la determinazione e la ripartizione dell’FFO presenta delle novità radicali in quanto sembra essere chiara l’intenzione di superare un’assegnazione basata sulla quota storica. Viene introdotto il “costo standard” come indicatore di confronto e viene aumentata la quota premiale distribuita secondo i risultati ottenuti nella VQR. Per evitare di incorrere in squilibri di sistema e in conseguenze drastiche per alcuni atenei valutati negativamente, si è optato per un'introduzione graduale ponendo dei limiti alla riduzione del finanziamento con delle clausole di salvaguardia che fermano al 3,5% massimo le riduzioni. Ciononostante sono state lo stesso sollevate critiche per l'assenza di tetti superiori che completino il meccanismo di garanzia, per la fragilità del sistema della VQR ancora fortemente criticato come sistema valutativo e inoltre per il ritardo con cui il fondo è stato ripartito, a fine anno per il 2014 stesso. Il prima citato costo standard viene definito concettualmente con la riforma Gelmini e definito con il Decreto Interministeriale 9 dicembre 2014 n. 893 proprio per ripartire il 20% del FFO 2014 considerando la quota premiale. Questo indice viene elaborato sullo studente in corso, “calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie di corso di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l’università”. I corsi di studio sono divisi in tre Aree disciplinari, medico-sanitaria, scientifico-tecnologica ed umanistico-sociale, e i fattori che vanno a comporre il costo standard sono quattro più uno: a) attività didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente; b) servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico- amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto alla formazione dello studente; c) dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari; d) ulteriori voci di costo finalizzate a qualificare gli standard di riferimento e commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari; infine viene aggiunto un quinto fattore che consiste in un importo di natura perequativa diverso a seconda delle regioni e delle capacità contributive degli studenti.

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4. L’amministrazione fra trasparenza e pianificazione.

4.1. La trasparenza nella gestione Nel contesto nazionale in cui i trend vedono un’azione di riduzione dei finanziamenti e una contemporanea maggiore correlazione a indicatori di qualità, gli atenei nella loro autonomia sono incentivati a orientarsi verso altre forme di finanziamento, da enti locali, imprese e organi internazionali come la Comunità Europea. Per rendere più chiare e leggibili le proprie strutture e le modalità di funzionamento, gli atenei sono costretti a intraprendere alcune azioni per dare conto della gestione autonoma della risorse e della corretta attuazione delle scelte strategiche. Nello specifico gli atenei hanno adottato la programmazione pluriennale con meccanismi di responsabilizzazione e accountability a seconda del livello di conseguimento dei risultati e si stanno attrezzando con sistemi di misurazione e confronto delle performances delle strutture e anche tra gli atenei stessi sono stati attivati a livello locale, nazionale e internazionale dei sistemi di monitoraggio. Pertanto si sono sviluppati due sistemi di informativi: quello direzionale e quello gestionale-informativo di supporto. Il legislatore ha previsto delle specifiche richieste per contrastare corruzione e cattiva amministrazione in particolare in un contesto come quello delle amministrazioni pubbliche, dove diventa sempre più imprescindibile la funzione informativa dei bilanci e dei documenti contabili e dove è sempre più forte l’esigenza degli stakeholders interni ed esterni di essere prontamente informati. Con il D.Lgs 33/2013 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” anche gli atenei hanno adottato alcuni provvedimenti per rendere disponibile tutte le informazioni relative all’organizzazione, per ottemperare a quanto stabilito nell’articolo 1 secondo cui deve essere garantita “l’accessibilità totale di tutte le informazioni riguardanti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. La trasparenza amministrativa deve essere garantita, con le naturali limitazioni sui segreti di Stato, di ufficio e di protezione dei dati personali, per attuare i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, efficacia ed efficienza dell’amministrazione della cosa pubblica con “integrità e lealtà al servizio della nazione”. L’applicazione pratica del decreto avviene tramite la pubblicazione, sui siti istituzionali delle rispettive università, dei documenti e dei dati cui chiunque può richiedere di accedere per diritto.

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L’accesso civico gli atti e ai documenti viene approfondito nell’articolo 5 e consiste nella possibilità di richiedere, gratuitamente e senza motivazione obbligatoria, di visionare determinati documenti o di richiederne la pubblicazione, ove non siano già disponibili, e l’amministrazione è tenuta entro trenta giorni a pubblicare nel sito l’informazione e comunicare al richiedente l’avvenuta pubblicazione e dove poter accedere ai contenuti. I documenti devono rimanere pubblici per una durata di cinque anni e comunque finché gli atti producono effetti. Anche per quanto riguarda la trasparenza l’amministrazione è tenuta a formulare un programma triennale in cui vengono elencate le attività, le iniziative e le risorse necessarie per rispettare la normativa vigente e gli obiettivi di questo programma sono strettamente collegati alla programmazione strategica dell’amministrazione

4.2. Il software di contabilità U-Gov di Cineca L’utilizzo della COEP poteva potenzialmente offrire il vantaggio per gli atenei di avvalersi di diversi strumenti software contabili attingendo da quanto già esistente e in continua evoluzione nel settore privato, tuttavia la situazione della fornitura nell’ambito universitario è occupata interamente da un operatore particolare, il consorzio universitario Cineca. Inizialmente fu costituito da cinque atenei, oggi ne conta circa ottanta ed è strutturato come un’azienda pubblica non-profit, che però genera la maggior parte dei ricavi privatamente, essendo diventato un enorme centro di calcolo di riferimento nazionale. Non sono mancate in anni recenti le polemiche in merito all’affidamento totale al Cineca, per le rigidità nell’obbligo ad affidarsi a questo sistema e per il fatto che in quanto azienda pubblica può bypassare la fase di assegnazione degli incarichi presso gli atenei e su quest’ultimo punto sono state svolte alcune inchieste giornalistiche (“Il tracollo dell’informatica di Stato. Il flop, tanti milioni e zero gare”, Il Fatto Quotidiano). Comunque gli atenei, per avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per le esigenze interne ed esterne, possono fare affidamento ad un sistema informativo come quello elaborato dal Cineca. Dal 2007 al 2010 una gruppo di lavoro istituito dal Cineca ha elaborato un modello di pianificazione e controllo che fosse compatibile con i diversi modelli esistenti già utilizzati dagli atenei. Il sistema elaborato dal Cineca si basa sull’analisi di cinque componenti principali: il quadro dei destinatari, il quadro delle informazioni rilevanti e tracciabili, il sistema della contabilità analitica e dei ribaltamenti, il sistema di budgeting e infine il sistema di reporting.

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Figura 3 – Cinque componenti principali software Cineca. Fonte White Paper U-GOV P&C, (2013)

Il software U-GOV Pianificazione e Controllo è composto da tre ambienti di lavoro: il primo è il sottoinsieme delle informazioni che avviano il ciclo di Programmazione e Controllo e dei sistemi di previsione e supporto al budget, in cui si definiscono gli oggetti della misurazione e i target (punto 1 della figura 4); il secondo ambiente è composto dai modelli per la misurazione delle performances qualitative e quantitative attraverso i modelli ABC, ABM, MBO, etc. in cui avviene l’allocazione dei costi (punto 3 della figura); infine il terzo ambiente in cui vi sono i sistemi di reporting e i cruscotti sintetici (punto 4 della figura).

Figura 4 - Ciclo di pianificazione e controllo. Fonte White Paper U-GOV P&C, (2013)

L’architettura del sistema di pianificazione e controllo in cui operano questi “ambienti” è pertanto strutturata in due livelli dati dalla Data Warehouse di Ateneo e dalle soluzioni di pianificazione

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strategica, mentre si può vedere anche un piano inferiore in cui viene rappresentato l’ambito gestionale. La parte Data Wharehouse è costituita da sistemi di Business Intelligence progettati per la raccolta e la distribuzione dei dati con lo scopo di metterli a disposizione della direzione dell’ateneo e di fornire ad esso la possibilità di aggregarli in vario modo a seconda della valutazioni strategiche, mentre, per la parte delle soluzioni di pianificazione strategica, i sistemi di Business Intelligence permettono di effettuare analisi trasversali ai diversi ambiti e cruscotti che si basano su key performance indicators (KPI). In aggiunta a questi cruscotti sono disponibili strumenti per la contabilità analitica e conseguenti ribaltamenti, sistemi di simulazione, sistemi di indivduazione delle risorse disponibili, sistemi di determinazione del fabbisogno delle strutture e infine strumenti per l’allocazione delle risorse, per la quadratura e per la formulazione del bilancio preventivo. Tali strumenti permetteono di effettuare delle previsioni molto dettagliate che prendono in considerazione tutti gli aspetti dello scenario (what if analisys).

Figura 5 - Architettura logica di U-GOV. Fonte White Paper U-GOV P&C, (2013)

I tre obiettivi che il consorzio si è posto nell’elaborazione di questo software sono quello di fornire trasparenza sulla gestione delle singole strutture, rendere disponibili alcuni strumenti informativi trasversali che le singole strutture possono utilizzare per comprendere i meccanismi di distribuzione delle risorse e pertanto migliorare le proprie strategie e infine mettere a disposizione delle variabili che permettano di elaborare analisi e prospetti forecast. Il consorzio nel manuale di presentazione del software fornisce anche una proposta di percorso per l’introduzione di questi strumenti di pianificazione.

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5. Valutazione Un altro argomento fondamentale per comprendere le complesse dinamiche che coinvolgono le recenti politiche sull’istruzione, in particolare quella universitaria, riguarda la valutazione. Nel quadro precedentemente richiamato di riduzione del finanziamento pubblico e di maggior attenzione per la qualità delle istituzioni universitarie, la valutazione diventa il punto cardine necessario a instaurare le dinamiche premiali volute dalle ultime riforme, in particolare da quella Gelmini messa in atto con la Legge 240/2010. Ritornando indietro al percorso dell’autonomia universitaria, si è potuto constatare che nel sistema universitario c’è stata una grande crescita quantitativa, in termini di facoltà, corsi e iscritti, ma tuttavia sul fronte della qualità si sono riscontrate molte carenze a seguito anche delle mancanza o della scarsa attenzione nei confronti dei sistemi di valutazione. Oltre ad una predilezione per i risultati quantitativi, il percorso di autonomia universitaria, senza opportuni strumenti di valutazione, ha prodotto degli effetti indesiderati come il mantenimento di meccanismi autoreferenziali tipici di realtà come quelle degli atenei, il cui scopo è produrre nuova conoscenza, e rimanendo restii a valutazioni esterne. La valutazione svolge un duplice ruolo in virtù delle realtà in cui viene effettuata: quella esterna di matrice ministeriale o comunque nazionale e quella interna svolta da organi interni ai singoli atenei, con un ruolo che spazia dal supporto all’azione amministrativa al dialogo con il sistema di valutazione nazionale. Con la Legge 537/1993, collegata alla finanziaria 1994, vengono definiti i primi meccanismi valutativi con l’istituzione dell’Osservatorio per la valutazione del sistema universitario con il compito di valutare in maniera nazionale centralizzata i rapporti dei Nuclei di Valutazione interna, riguardo i quali stabilisce l’obbligo di istituzione anche nelle università non ancora dotate di un proprio NDV. A seguito di questo primo esperimento dell’osservatorio con cui si volevano valutare esternamente gli elaborati delle autovalutazioni dei singoli atenei, il MIUR ha istituito con la Legge 370/1999 il Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU) con il fine di valutare l’intera complessità delle realtà universitarie, affiancato dal Comitato per l’Indirizzo per la Valutazione e la Ricerca (CIVR) istituito nel 1998, cominciando prima con una raccolta dati sull’offerta didattica e sull’attività di ricerca secondo degli schemi omogenei di rilevazione per poi proseguire negli anni successivi anche con la raccolta dei dati finanziari per poter cominciare uno studio più approfondito sui costi. Lo stadio successivo delle istituzione per la valutazione ci porta all’attuale Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR). L’ente è stato istituito con la Legge 286/2006 comportando la soppressione del CNVSU e del CIVR con appunto lo scopo di “razionalizzare il sistema di valutazione esterna” e di effettuare una “valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti pubblici e privati

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destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministero dell’Università e della Ricerca” e opera “secondo principi di imparzialità, professionalità, trasparenza e pubblicità degli atti”, godendo anche di una particolare autonomia amministrativa e contabile che può agire anche in deroga alla contabilità generale dello Stato. Al contempo svolge molteplici funzioni di controllo e accreditamento per diversi ambiti del settore universitario: svolge una funzione di coordinamento dei NDV interna e svolge una valutazione sugli effetti dei finanziamenti statali e sui meccanismi di incentivazione della ricerca e dell’innovazione. L’aspetto più rilevante dal punto di vista economico e gestionale è dato dal fatto che i risultati elaborati dall’ANVUR sono il riferimento per la ripartizione dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca. La dinamica per cui i risultati della valutazione comportano delle conseguenze premiali o sanzionatorie sempre più rilevanti in merito ai finanziamenti è ben diversa da un semplice meccanismo di valutazione intesa come monitoraggio complessivo per un miglioramento condiviso delle migliori pratiche come era inizialmente stata concepita la valutazione. È sorto quindi un ampio dibattito intorno all’effettiva autonomia e terzietà dell’agenzia rispetto al MIUR, interrogandosi sul grado di politicizzazione delle scelte e degli operatori dell’agenzia. La decisione in merito a come distribuire i finanziamenti rimane comunque in capo al MIUR, il quale però fa largo uso delle proposte degli indicatori e dei parametri elaborati dall’ANVUR per determinare le proprie scelte. Un ulteriore compito assegnato all’ANVUR riguarda la valutazione dei corsi di dottorato ai fini dell’accreditamento dei corsi e delle sedi, ma soprattutto valuta le politiche di reclutamento delle università considerando i risultati scientifici di docenti e ricercatori. L’ANVUR, oltre ad effettuare queste analisi complessive sul sistema universitario e a essere un attore principale nel meccanismo di accreditamento, svolge un’attività di valutazione periodica che, stando a quanto stabilito dal DM 47/2013, deve trasmettere annualmente entro il 31 luglio riportando:

a- Le verifiche sull’efficienza e sulla sostenibilità economico-finanziaria delle attività e sui risultati della didattica e della ricerca;

b- I risultati riportati dalle Commissioni di Esperti della Valutazione che hanno effettuato visite in loco;

c- La relazione annuale dei NDV; d- Le informazioni contenute nella Scheda Unica Annuale dei Corsi di Studio (SUA-CdS)

dell’a.a. precedente con i relativi rapporti di riesame; e- Le informazioni contenute nella Scheda Unica Annuale della Ricerca Dipartimentale (SUA-

RD) dell’a.a. precedente; f- I risultati del controllo della qualità della didattica e della ricerca.

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I risultati rilevati con le SUA-CdS e SUA-RD riguardano il sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento) che appunto consiste in una valutazione periodica delle attività didattiche e di ricerca basata sulle esigenze espresse dalla normativa nazionale, nello specifico il prima citato DM 47/2013, ed europea. A Bergen nel 2005 si è svolto una conferenza tra i Ministri dell’Istruzione Superiore in cui sono state approvati nel Documento ENQA gli Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area in seguito alle raccomandazioni europee del Parlamento Europeo (2006/143/CE). Lo scopo principale di questo sistema annuale di valutazione è quello di rendere il processo AVA più semplice e continuo e contemporaneamente di agevolare ed esercitare gli atenei nel compito di redigere i documenti necessari alle visite di controllo che saranno svolte negli anni successivi, tuttavia sono facilmente riconoscibili i benefici informativi in termini di programmazione. Un altro aspetto fondamentale per comprendere il quadro della valutazione nel settore universitario è quello della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR). Oggetto di questo processo valutativo è la valutazione dei risultati della ricerca scientifica ottenuti in un determinato periodo, nella fattispecie nei due blocchi fino ad ora considerati per gli anni 2004-2010 e 2011-2014, da università pubbliche e private ed enti di ricerca. La VQR non ha scadenze temporali precise, in quanto di iniziativa ministeriale, e non fornisce informazioni tempestivamente, in quanto richiede un ampio periodo di lavori. Ad esempio la seconda VQR 2011-2014 dovrebbe pubblicare i risultati entro il 31 ottobre 2016. Tuttavia la quota premiale del FFO è legata anche ai risultati ottenuti negli atenei nella VQR, ad oggi in percentuale del 20% destinata a crescere, e pertanto per gli anni in cui non sono disponibili i risultati della VQR, come il corrente anno 2015, risulta necessario affidarsi ad indicatori come quello della SUA-RD per ricalibrare la quota premiale alla luce di dati più recenti e affidabili. Pertanto anche la SUA-RD acquista una maggiore importanza rispetto al semplice esercizio valutativo annuale svolto dagli atenei.

5.1. Il Nucleo di Valutazione e il rapporto Annuale e gli Organi Interni di Valutazione secondo la Legge 150/2009

I Nuclei di Valutazione sono stati introdotti nel sistema universitario con la legge 573/1993 con il chiaro scopo di intraprendere dei percorsi di valutazione interna, ove già non esistevano, ma con un’iniziale ambiguità su quali fossero i compiti precisi di questi organi che da un punto di vista di valutazione esterna svolgevano il compito di informare il Ministero su quale fosse l’utilizzo delle risorse e quindi una funzione di supporto al governo centrale per intervenire sul sistema universitario

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nel suo complesso, mentre dal punto di vista interno fornisce un supporto informativo alle amministrazioni dei singoli atenei. Nel corso degli anni sono stati molteplici i riferimenti normativi in cui si sono definite e approfondite le funzioni dei NDV: con la Legge 370/1999, precedentemente citata per il CNVSU, viene appunto chiarito il compito di (auto)valutazione interna di ogni singolo ateneo confermando quanto già previsto nel 1993, mentre rispetto alla valutazione esterna ci si affida ad un organo nazionale terzo rispetto al singolo ateneo e al MIUR, che permettono una visione centralizzata andando quindi a costituire una nuova architettura del sistema valutativo in cui c’è uno stretto legame tra comitato centrale e nuclei interni, ma soprattutto in cui le valutazioni dei singoli nuclei raccolte a livello centrale permettono di elaborare confronti tra le università con dirette conseguenze sui finanziamenti. Un ulteriore passaggio normativo di definizione delle funzione del NCV avviene con la legge 240/2010 grazie alla quale si attribuiscono al nucleo tutte le funzioni espresse nell’art.14 del D.Lgs. 150/2009 per gli Organismi Indipendenti di Valutazione, con particolare riferimento ai cicli della performance e trasparenza. Agli OIV viene richiesto di:

a- Monitorare l’andamento complessivo della valutazione, della trasparenza e dei controlli interni ed elaborare una relazione annuale a riguardo;

b- Comunicare tempestivamente le criticità agli organi interni competenti e anche alla Corte dei conti e all’Ispettorato per la funzione pubblica;

c- Convalidare la Relazione sulla performance che viene successivamente resa pubblica sul sito istituzionale

d- Garantire la correttezza dei processi di misurazione della performance e la conseguente attribuzione di premi per la valorizzazione del merito e della professionalità;

e- Proporre agli organi di indirizzo politico- amministrativo la valutazione i dirigenti; f- Essere responsabile dell’applicazione delle linee guida definite dalla Commissione per la

valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, oggi confluita nell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

g- Attestare l’assolvimento degli obblighi sulla trasparenza e integrità h- Verificare la promozione delle pari opportunità.

Rimanendo sull’aspetto della valutazione interna dei NDV, essa assume un ruolo sempre più rilevante in un’ottica di confronto tra gli atenei in cui all’amministrazione servono sempre più strumenti di supporto decisionale che permettano di elaborare budget più precisi, un miglior utilizzo delle risorse umane, un miglioramento della qualità dei processi e a livello più complessivo una miglior pianificazione strategica.

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6. Applicazione nell’Università di Padova L’Università di Padova, come tanti altri atenei, ha intrapreso il percorso di adozione della COEP a seguito di quanto stabilito dal D.Lgs. 18/2012, il quale ai commi 1 e 3 dell’articolo 5 afferma che: Le università, considerate amministrazioni pubbliche […] sono tenute alla predisposizione di un bilancio unico d’ateneo di previsione annuale autorizzatorio, composto da budget economico e degli investimenti unico, e di un bilancio unico d’ateneo di previsione triennale, composto da budget economico e degli investimenti, entro il 31 dicembre dell’anno precedente all’esercizio di riferimento, […] (art. 5, comma 1). Le università, considerate amministrazioni pubbliche […] strutturano il bilancio unico d’ateneo di previsione annuale, coerentemente con la propria articolazione organizzativa complessiva, ivi inclusa quella riferibile alle funzioni di didattica e di ricerca, in centri di responsabilità dotati, di autonomia gestionale e amministrativa, ai quali è attribuito un budget economico e degli investimenti autorizzatorio (articolo 5, comma 3). Più nello specifico questo passaggio è stato progettato in due fasi: una prima fase dal 1 Gennaio 2013 in cui, sempre in COFI, è stato adottato un bilancio unico che considerasse al suo interno anche tutte le strutture che non hanno più bilanci e contabilità autonomi, ma che conservano solo l’autonomia di gestione, e una seconda fase inizialmente prevista dal 1 Gennaio 2014, successivamente prorogata al 1 Gennaio 2015 secondo quanto stabilito dalla normativa, che prevedesse il passaggio dalla COFI alla COEP e COAN. Questo passaggio consiste nella sostituzione del bilancio preventivo finanziario con il budget economico e il budget degli investimenti questa volta su valori economici e non più finanziari e con una classificazione dei costi e dei ricavi per natura. Questi budget vengono formulati su base annuale con funzione autorizzatoria e su base triennale con funzione prettamente di programmazione. In teoria per la definizione dei nuovi budget ci si sarebbe dovuti affidare, secondo il DM 19/2014 “Principi contabili e schemi di bilancio in contabilità economico-patrimoniale”, a degli schemi che dovevano essere definiti entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso, tuttavia, non essendo stati definiti dal MIUR tali schemi, gli atenei si sono mossi in autonomia definendo i propri criteri di formulazione di tali budget. Dal momento che il programma di passaggio dalla COFI alla COEP non ha previsto degli anni di convivenza dei due sistemi, le prime previsioni economiche sono state formulate in assenza della formulazione del primo stato patrimoniale, e il primo esercizio completamente in COEP sarà il 2016

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in cui sia la fase preventiva che consuntiva si baseranno sulla nuova contabilità e solo con l’esercizio 2017 si potrà effettuare il primo confronto fra due esercizi in COEP. L’ateneo di Padova, in assenza delle indicazioni ministeriali successive al decreto, ha optato per l’adozione degli schemi di bilancio ispirati sempre dal DM 19/2014 che forniscono delle linee guida di CE per il budget economico e forniscono un elenco delle immobilizzazioni di SP per il prospetto degli investimenti. Il budget economico e degli investimenti vengono formulati separatamente sia per le strutture dotate di autonomia gestionale che per l’amministrazione centrale e i due prodotti di questa formulazione vengono consolidati nel budget unico di Ateneo, economico e degli investimenti. Per quanto riguarda il budget delle strutture autonome le risorse sono rappresentate da quelle assegnate dalla Ateneo per garantire didattica, ricerca, promuovere l’internazionalizzazione e permettere il funzionamento e quelle acquisite in maniera autonoma dalla struttura in conto terzi con risorse sia a progetto che non, o comunque per la didattica e la ricerca. Pertanto l’ateneo ha proceduto ad assegnare per il triennio 2015-2017 un ammontare di risorse in linea col 2014 in base alle quali le strutture hanno effettuato sia un lavoro di previsione triennale dei costi e degli investimenti, che una previsione per le risorse che verranno acquisite in proprio. Un ulteriore aspetto rilevante comune ai diversi budget è che, per assolvere contemporaneamente alla funzione autorizzatoria e a quella previsionale, devono essere ora considerati anche i costi non monetari come ad esempio gli ammortamenti. Per quanto riguarda invece il budget dell’amministrazione centrale c’è stato un passaggio ad una divisione per capitoli ad una divisione per aree dirigenziali con rispettivi dettagli di previsione dei costi e dei ricavi e inoltre è stata prevista un’area di interesse generale per l’ateneo in cui vengono indicate le previsioni sui proventi, come le voci dell’FFO, e le altre voci di costo, come ad esempio il personale e le attività di didattica e ricerca, che non possono essere allocati o non sono ancora stati allocati in un centro autonomo di responsabilità. Ai responsabili delle aree dirigenziali sono state fornite delle direttive per redigere delle previsioni di costi e investimenti da effettuare secondo le linee programmatiche dell’ateneo e gli obiettivi forniti dal Direttore Generale e sono state richieste delle previsioni sulle risorse che possono essere reperite dalle diverse aree. Il budget unico di Ateneo da conto del consolidamento dei diversi budget e permette di evidenziare sul fronte economico la differenza tra proventi e costi operativi e il risultato di esercizio, mentre sul fronte degli investimenti fornisce il riassunto delle azioni previste nelle diverse voci di immobilizzazioni, la cui copertura finanziaria deve essere garantita dalla previsione dei flussi di cassa presente in chiusura del prospetto degli investimenti stesso.

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Conclusioni Le chiavi di lettura più opportune per comprendere appieno gli aspetti dell’introduzione di una nuova contabilità rimangono quelle espresse da Hines (1988) e Guthrie (1998). Il primo autore giunge alla considerazione che la contabilità sia una forma di comunicazione che interagisce con la realtà rappresentandola e allo stesso tempo modificandola; il secondo, sulla scia del primo, afferma che un cambiamento del genere non possa rappresentare un fattore puramente tecnico e, soprattutto nella pubblica amministrazione, non possa rappresentare un fattore socialmente, politicamente ed economicamente neutrale. L'adozione della COEP negli atenei rappresenta sicuramente un passaggio fondamentale di forte cambiamento nella visione stessa dell’apparato amministrativo, il quale diventa non più semplice strumento al servizio dell’ateneo per il raggiungimento dei propri scopi, ma elemento imprescindibile nella valutazione delle scelte strategiche. La possibilità di avere una visione non più legata strettamente all’equilibrio finanziario esclusivamente del singolo esercizio, bensì con un orizzonte più ampio sulla sostenibilità economica delle scelte operative degli atenei, porta sicuramente dei grandi vantaggi dal punto di vista della programmazione. Tuttavia bisogna anche ricordare il contesto storico e politico in cui è maturata la scelta di effettuare un netto passaggio a questo nuovo sistema contabile, ossia un periodo di ampio ridimensionamento del finanziamento pubblico nell’istruzione. Questo passaggio di contabilità ha trovato lo stimolo decisivo nella crisi finanziaria e nella necessità, per volontà politica, di rendere gli atenei maggiormente confrontabili con le altre realtà economiche sia della pubblica amministrazione che private, anche se il dibattito sull’opportunità tecnica di questi strumenti contabili era già iniziato decenni prima. Infatti, non si possono non considerare le criticità evidenziate dai detrattori dell’adozione di questo sistema contabile, i quali riportano il rischio che gli atenei vengano attratti da logiche di esclusivo profitto ora che diventeranno più facilmente confrontabili con i tradizionali enti profit. Quello che si è cercato di evidenziare con questo elaborato è che gli atenei avranno degli indiscutibili benefici dovuti ai nuovi set di informazioni e dati con i quali potranno monitorare l’andamento economico-finanziario e avere una visione più completa anche nella fase di programmazione grazie alla logica del budget. Dall’altro lato però si evince che sono degli enti sottoposti a molteplici vincoli e che rispondono ad una pluralità di soggetti ed esigenze che li rendono più complessi degli enti privati che fino ad ora hanno adottato pienamente la COEP e pertanto essi dovranno essere doppiamente prudenti nell’affidarsi ai nuovi strumenti contabili.

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