Ilaria Possenti Realtà Multiple Premessa

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Premessa di Ilaria Possenti Da: W. James, A. Schutz, "Le realtà multiple e altri scritti", Introduzione e cura di Ilaria Possenti, ETS, Pisa 2005. http://www.edizioniets.com/anteprime/Possenti_88-467-1449-0/ Che cosa è reale? La domanda assilla il pensiero filosofico. Se l’ontologia classica va in cerca di "ciò che è", di un reale che niente e nessuno potrebbe ridurre a mera apparenza, la filosofia moderna mette in campo l’io come il soggetto chiamato a pronunciarsi sulla realtà del mondo, degli altri e delle cose. Il dubbio sul carattere illusorio del reale, che Cartesio credeva di aver superato e Kant combatteva ancora come si combatte con la malinconia, giunge nella cultura del Novecento al suo apice: forse tutto è visione soggettiva, forse niente è reale — un nichilismo vissuto anche come via di emancipazione, come liberazione dai vincoli che ci troveremmo imposti se a qualcosa attribuissimo realtà, ma chiaramente aperto, per così dire, ad esiti depressivi. Certo, accanto a tutto questo sono emerse nel ventesimo secolo posizioni costruttiviste e prospettive relazionali: proprio a partire da William James abbiamo imparato a

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Ilaria Possenti, Realtà multiple, Premessa

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  • Premessa di Ilaria Possenti Da: W. James, A. Schutz, "Le realt multiple e altri scritti", Introduzione e cura di Ilaria Possenti, ETS, Pisa 2005. http://www.edizioniets.com/anteprime/Possenti_88-467-1449-0/

    Che cosa reale? La domanda assilla il pensiero filosofico. Se lontologia classica va

    in cerca di "ci che ", di un reale che niente e nessuno potrebbe ridurre a mera

    apparenza, la filosofia moderna mette in campo lio come il soggetto chiamato a

    pronunciarsi sulla realt del mondo, degli altri e delle cose. Il dubbio sul carattere

    illusorio del reale, che Cartesio credeva di aver superato e Kant combatteva ancora

    come si combatte con la malinconia, giunge nella cultura del Novecento al suo apice:

    forse tutto visione soggettiva, forse niente reale un nichilismo vissuto anche

    come via di emancipazione, come liberazione dai vincoli che ci troveremmo imposti se

    a qualcosa attribuissimo realt, ma chiaramente aperto, per cos dire, ad esiti

    depressivi.

    Certo, accanto a tutto questo sono emerse nel ventesimo secolo posizioni costruttiviste

    e prospettive relazionali: proprio a partire da William James abbiamo imparato a

  • chiederci non "che cosa reale", ma "in quali circostanze pensiamo che le cose siano

    reali". Tuttavia le teorie che parlano di costruzione sociale della realt, di credenze

    condivise, rappresentazioni collettive ed intersoggettivit, o quelle che aprono

    prospettive sistemiche, vengono spesso lette in chiave nichilistica: se il reale viene

    costruito e creduto socialmente, niente pu garantirci dalla sua caduta nel limbo

    dellirrealt. Lincubo della simulazione vissuto dai protagonisti di Matrix, di Truman

    Show, di Pleasantville, si fa quotidiano: chi pu dirmi che io non sia dentro una

    fiction? Chi pu assicurarmi che io decida davvero? Mersault, lo straniero di Camus,

    non pi leroe della rivolta individuale ma il volto mite della disperazione, leroe di

    un mondo in cui non si pu credere in niente, licona del solipsismo e della

    desolazione. Se non morisse cos, per aver commesso un paradossale omicidio

    volontario privo di intenzione, se fosse un tipo pi euforico, potrebbe prestarsi al

    mondo come Leonard Zelig e assimilarsi a ogni volto che passa, in una forma opposta

    ma speculare di annullamento di s.

    Un crescente indebolimento dellidea di realt, e con essa della possibilit di credere

    che qualcosa sia dotato di senso e degno di una presa di posizione, caratterizza il senso

    comune delle societ postmoderne: la "modernit liquida" ci ha ormai abituati a

    considerare il reale come qualcosa di estremamente proteiforme e precario che si

    tratti della realt dei contesti in cui siamo immersi, continuamente esposti a

  • manipolazioni tecnologiche e comunicative, o della realt delle nostre stesse esistenze,

    delle nostre sempre pi flessibili identit. come se si fosse compiuta una singolare

    trasmutazione di categorie filosofiche, psicologiche e sociologiche in esperienze e

    pratiche quotidiane, e tutti noi concepissimo il reale nei termini di una costruzione che,

    in quanto tale, renderebbe effimera ogni cosa. Come se azioni sentimenti e relazioni

    che sono reali oggi potessero divenire immediatamente irreali domani, e le nostre

    costruzioni non godessero, o non scontassero, quella peculiare irreversibilit,

    complessit e consistenza che caratterizza la sfera delle relazioni umane. Come se le

    cose che definiamo reali non ci obbligassero poi a credere, scegliere, dubitare, o non

    rappresentassero vincoli che sono insieme prodotto e condizione della nostra libert.

    Le teorie del molteplice vengono generalmente classificate come forme di relativismo

    filosofico, in un mondo in cui ogni ipotesi pluralista comincia ad inquietare. Lidea che

    il reale sia meno univoco di quanto ci appare suscita preoccupazioni paradossali per

    societ che si richiamano ad ideali etici e politici in linea di principio democratici.

    Cos, mentre ci riconosciamo in una definizione come quella di "societ

    dellincertezza", non sono rari i tentativi tendenti alla restaurazione di idee forti di

    realt, verit, credenza. Ammettere il carattere costruito del reale e dubitare della sua

    assolutezza ci fa sentire in balia delle onde: se sono molti i mondi che individualmente

    abitiamo, ne vorremmo uno come nostra tana; se molti sono gli universi culturali in cui

  • lumanit convive, uno solo quello che accettiamo; e se molte sono le persone che ci

    portiamo dentro, anche questo non lo sopportiamo facilmente. Se il dubbio e la

    molteplicit alimentano il senso di insicurezza, perch non credere fermamente in una

    sola realt e decretare a priori lirrealt di tutto il resto, il carattere ingannevole,

    utopico o semplicemente inammissibile di ogni altra possibilit che chieda di essere

    creduta?

    Dovremmo domandarci, daltra parte, se la dialettica si giochi davvero in una

    semplificata alternativa tra "solidit" moderna e "liquidit" postmoderna: tra un mondo

    dove una realt in cui poter confidare con certezza si contrapporrebbe a ci che

    semplicemente irreale e ingannevole, ed un mondo in cui lammissione di realt

    molteplici sembrerebbe irrevocabilmente gettarci nello sconforto del dubbio o

    nellimpossibilit di assumere una posizione nel mondo (e se necessario cambiarla,

    senza con ci "saltare" da una credenza allaltra in base al caso o alla pi pura

    arbitrariet). Potremmo chiederci, in altri termini, se il reale sia soltanto lopposto

    dellirreale, e che cosa significhi molteplicit del reale. Pu darsi infatti che questa

    molteplicit possa essere intesa in pi modi.

    Il sospetto che questa premessa vuole avanzare che la riflessione filosofica ed

    epistemologica sul problema della realt, bench non immediatamente traducibile in

    termini diversi, potrebbe rivelarsi eticamente e politicamente rilevante. Almeno, si

  • intende, per coloro che condividono alcune inquietudini di fondo. Da una parte, una

    forte preoccupazione di fronte a sempre pi egemoni posizioni culturali anti-pluraliste,

    che vanno dal risorgere ad ogni latitudine di integralismi e fondamentalismi fino alla

    rimozione di percorsi storici di emancipazione degli individui donne e uomini e

    di laicizzazione della societ. Dallaltra, gravi perplessit per la sospetta assunzione,

    nelle retoriche economiche e politiche dominanti, di una sorta di apologia del

    molteplice. Essa vive ad esempio nellelogio di una "vita flessibile" che ha

    conseguenze dis-integranti sulla personalit perch impone agli individui di farsi in

    mille pezzi per balzare dalluno allaltro di molteplici mondi irrelati, talmente privi di

    connessioni da rendere difficile sia il conflitto, sia la composizione dei frammenti in

    qualcosa che possa dirsi una storia. Ma lapologia vive anche nellenfatica

    accentuazione di una "diversit delle culture" che, in termini epistemologicamente

    affini, assume la molteplicit come pluralit di mondi chiusi, dai confini netti e ben

    delimitati, tendenzialmente non comunicanti. In questi, come in altri casi, sorge il

    dubbio che abbia un senso risalire alla riflessione filosofica sulle "realt multiple", per

    interrogare la nostra capacit di attraversare i "molti mondi" in cui crediamo, i tanti

    "sottouniversi" del reale che nelle nostre relazioni costruiamo e in cui, per agire,

    dovremmo sia pur parzialmente confidare. Le apologie del molteplice si traducono

    infatti nellimperativo estremamente problematico del salto cognitivo tra contesti; con

    levidente rischio che, se non saremo noi a tessere le connessioni, qualcuno lo far al

  • nostro posto. Le teorie che rimuovono il nodo del passaggio e della relazione, cui ogni

    nostro vissuto appare cognitivamente vincolato, rischiano di legittimare il paradossale

    rovesciamento del molteplice da condizione in cui si giocano potere e libert a

    condizione in cui si fissano dominio e servit.

    I saggi di William James e Alfred Schutz presentati in questo volume bene

    precisarlo non toccano le preoccupazioni qui enunciate. Ma essi godono di qualit

    caratteristiche dei "classici" e, una volta tralasciati alcuni limiti legati al contesto in cui

    furono scritti, possono essere assunti tra i possibili punti di partenza per riformulare un

    problema epistemologico di particolare rilievo etico e politico: a che cosa ci riferiamo

    quando parliamo di molteplicit del reale? E in che senso possiamo affermare che la

    nostra ordinaria condizione cognitiva quella di attraversare molti mondi? alle zone

    di passaggio che dovremmo guardare: a quelli che James chiamava "i passaggi

    intermedi del mentale", gli "stati transitivi", le "frange", sostenendone la rilevanza

    cognitiva ed affermando che in simili esperienze trascorriamo gran parte della nostra

    vita. Se molti sono i mondi che abitiamo, probabilmente molte sono le aree di

    interfaccia, molte le tracce di un altrove nel momento stesso in cui abitiamo qua. Molti

    come propone Maurizio Iacono nella Postfazione a questo volume sono i "mondi

    intermedi" tra i quali ci muoviamo, mantenendo altro nella coda dellocchio proprio

    nellattimo in cui ci immergiamo nella lettura di queste pagine o nella nostra realt

  • quotidiana, nella riflessione teorica o nel piacere di un gioco, di una fantasia, di una

    rappresentazione teatrale. Vale probabilmente la pena di cominciare a sollevare la

    questione: perch, se lecito temere la reazione di vecchi e nuovi integralismi tanto

    quanto il carattere ideologico di una diffusa apologia del molteplice, non affatto detto

    che qualcosa che possiamo chiamare realt sia irrimediabilmente perduto, n che la

    molteplicit del reale sia la radice di tutti i nostri mali.

    Ilaria Possenti

    Indice del volume: Premessa Ilaria Possenti Introduzione: Teorie del molteplice. William James e Alfred Schutz Ilaria Possenti La percezione della realt (1890) William James Nota del Traduttore Il flusso di coscienza (1892) William James Nota del Traduttore Le realt multiple (1945) Alfred Schutz Nota del Traduttore Postfazione: Gli universi di significato e i mondi intermedi Alfonso M. Iacono