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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI RAGUSA LUGLIO 2019 ANNO XXXV - N. 640 Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (cov. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCBRagusa Pubbl. inf. 45% CAMPIONE GRATUITO Il valore del tempo libero

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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI RAGUSA

LUGLIO 2019ANNO XXXV - N. 640

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Estate e tempo libero3 Il valore del tempo libero

Mario Cascone6 Dopo la maturità è il tempo delle scelte

Eleonora Pisana7 Che le vacanze non siano un vuoto

Alberto Campoleoni8 Sofferenza e fragilità non vanno in ferie

Paolo Bustaffa10 Estate anch’io: in acqua senza barriere

Emanuele Occhipinti11 La profezia del turismo conviviale12 Non c’è estate senza un buon libro

Giuseppe Lupo

In Diocesi13 I nostri seminaristi: Gianmarco Barrano14 Il cardinale Lorenzo Baldisseri a Ragusa

Vito Piruzza15 La mostra “Vescovi ragusani. Vescovi di Ragusa”#Giornata Diocesana delle Comunicazioni Sociali16 Un bisogno di relazione da soddisfare17 Come vaccinarsi contro il male on line18 I social come strumento pastorale?19 La tentazione della “retrotopia”20 Il saluto di fra’ Antonino a Chiaramonte

Francesca Cabibbo

Chiesa e società23 C’è una nuova umanità da raccontare

Salvatore Schininà24 Sì, questo non è un Paese per giovani

Alessandro Bongiorno26 Quando una comunità si apre al territorio

Saro Distefano27 Riaffiora a Vittoria il fonte dei trovatelli

Orazio Rizzo28 Arte e devozione nelle campagne del Vittoriese

Marcello Cannata29 Il culto del Cuore Immacolato di Maria

Carmelo Ferraro30 Il coraggio delle donne contro la guerra

Pasquale Monaco

Attualità32 A Comiso la differenziata è partita bene

Francesca Cabibbo33 Le disuguaglianze mortificano il Sud

Andrea Casavecchia

Reg. Trib. RG n.71 del 6.12.1977ROC n. 1954

Direttore ResponsabileMario Cascone

CondirettoreAlessandro Bongiorno

In redazione, segreteria e amministrazione Gabriella Chessari

Via Roma, 109 RagusaTel. 0932646419

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StampaNonsololibriSrls

Tel. e Fax 0932621130Impaginazione a cura di Gabriella Chessari

Numero chiuso il1 Luglio 2019

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In senso assoluto tutto il tempodell’uomo è libero, in quanto è in-

teramente affidato alla sua responsa-bilità. C’è però uno speciale tempolibero, che è quello non occupatonelle attività abituali. Esso rappre-senta un modo nuovo di relazionarsicon gli altri e con le cose, rispettoalla maniera abituale o quotidiana.Potremmo dire che il tempo liberoesprime la maniera “festiva” della li-bertà rispetto al modo “feriale” dellanecessità. Così inteso, il tempo li-bero non è affatto un tempo perso,ma un’occasione privilegiata per cre-scere nella libertà e per ritrovarsi congli altri in uno spirito di festa, oltreche per aprirsi alle profondità delproprio spirito.Tempo veramente libero?Oggi è aumentato il tempo libero a

disposizione delle persone, soprat-tutto perché l’avvento della telema-tica e dell’informatica nei processiproduttivi ha comportato la ridu-zione dell’orario di lavoro. Inoltrel’incremento demografico e l’au-mento della disoccupazione di fattoconcede alle persone molto tempo li-bero (anche non voluto!). Infine vatenuto conto che il generale benes-sere economico registratosi in Occi-dente permette a molti di avere ampispazi di tempo libero, così come con-sente a molte famiglie la possibilità

di andare in vacanza o di godere neimesi estivi di una casa in zone di vil-leggiatura.

Se il tempo libero è aumentatonella quantità non si può dire peròche sia migliorato nella qualità. Avolte esso viene considerato come untempo inutile, sottratto al lavoro e alguadagno, che vengono visti invececome lo scopo primario dell’esi-stenza. Questo modo di vedere è ri-scontrabile sia nei ricchi, sia incoloro che a stento riescono a sbar-care il lunario: i primi manifestanoun’insaziabile avidità di guadagno,che li porta a dedicarsi anima e corpoagli affari e li sottrae sistematica-mente alla vita familiare e sociale; isecondi, invece, sono costretti dallanecessità a non concedersi riposo,assomigliando così alle povere bestieda soma, che ogni giorno devonofarsi carico del loro peso, senza potergodere delle cose. In entrambi i casisi vive male, perché si va incontro apericolose forme di stress o di insi-gnificanza esistenziale.

In secondo luogo va consideratoche spesso i momenti di tempo li-bero sono vissuti, specialmente daigiovani, come occasione per evaderedalla realtà o per fuggire in unmondo irreale, nel quale ci si illudedi sottrarsi ai problemi del quoti-diano attraverso una sorta di stordi-

mento collettivo. Alla cultura del“ballo” oggi si è sostituita quelladello “sballo”, che privilegia le mu-siche a tutto volume, il dimenarsiisterico, la ricerca di facili appaga-menti sessuali, la volgarità più sboc-cata. La musica assordante, che siaccompagna non di rado all’abuso dialcool o di sostanze stupefacenti, èuna fotografia realistica di questamaniera di vivere il tempo libero, chesi traduce di fatto in un’evasionedalla realtà, con la possibilità di ritro-varsi sempre più soli ed annoiati.

Naturalmente questo modo di in-tendere il tempo libero è veicolato daforti interessi commerciali. Il “diver-timentificio” contemporaneo riescead imporre abitudini e mode, con lacomplicità dei “poteri forti” e deimass-media, che apertamente so-stengono questa modalità insana diimpiegare il tempo libero. È in que-sto modo che i nuovi “santuari” dellosballo pullulano di giovani, mentre ipersuasori ormai non più occulti det-tano i comportamenti da assumere ele scelte da operare.

Si capisce che un tempo libero cosìinteso non è più “libero” ed è biso-gnoso di essere affrancato da questovistoso asservimento agli interessieconomici.

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Tempo libero “liberato” e libe-rante

Il tempo libero perciò va “libe-rato”. Questo può avvenire anzituttocercando di svincolare l’economiadall’esaltazione del rendimento e delprofitto, considerati oggi come i pa-rametri essenziali dell’attività pro-duttiva. Un’economia di questo tiporende impraticabile un uso liberantedel tempo libero, perché lo fa rien-trare a pieno titolo nel meccanismoperverso della produzione-con-sumo, che è alienante, in quanto uti-lizza la persona stessa comeingranaggio di questo sistema, ridu-cendola di fatto a bene di consumo.È urgente, perciò, affrancare il pro-cesso economico da un simile mo-dello, mettendo in luce il fatto che lafruizione di un giusto riposo e di unsano divertimento costituiscono lamaniera migliore per vivere serena-mente il tempo del lavoro e per nonfar gravare sull’intera società i costienormi derivanti dalle conseguenze

di un tempo libero vissuto in modoalienante. I costi sociali delle per-sone stressate, depresse, dipendentida alcool, fumo e droghe sono infattiuna spesa molto consistente, che in-cide non poco sui pubblici bilanci. Ècompito delle istituzioni assumerescelte adeguate per fronteggiare unasimile emergenza.

La liberazione del tempo liberopassa poi attraverso una diffusionedella democrazia e della partecipa-zione a tutti i livelli. Per poter fruiredello svago in modo autenticamentelibero e liberante è necessario chel’attività lavorativa favorisca la crea-tività e la responsabilità, ponendo lepersone al centro del processo pro-duttivo. La partecipazione dei lavo-ratori alla vita dell’impresaeconomica favorisce un clima di cor-responsabilità, che a lungo andare siriversa beneficamente sull’attività la-vorativa stessa. Questa partecipa-zione potrà avvenire più facilmentese i soggetti del lavoro saranno messi

in grado di vivere in un ambienteproduttivo sereno, dove si riesce adintessere rapporti sani con tutti. Imomenti di riposo e di svago costi-tuiscono certamente un’occasioneprivilegiata per formare un simileambiente.

Più in generale è indispensabileche le agenzie educative, a comin-ciare dalla famiglia e dalla scuola,formino ad un uso critico dei massmedia e favoriscano fin dalla più te-nera età la fruizione sana dei mo-menti di gioco e di divertimento,nella consapevolezza che le attivitàludiche sono molto importanti ai finidi una crescita equilibrata. È dolo-roso constatare che molti bambini,adolescenti e giovani oggi non sap-piano più giocare, soprattutto per-ché si vanno diffondendo forme digioco non propriamente degne diquesto nome. Il gioco esercita unafunzione liberante, perché riscattadagli schematismi del quotidiano.Questo non vale però per i giochi

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Riposo e sano divertimento sono il miglior modo per vivere serenamente anche il tempo del lavoro

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violenti o per quelli eccessiva-mente “razionali”, né tanto menoper i giochi d’azzardo… Il giocoesercita la sua positiva funzioneeducativa solo nella misura in cuiesalta la creatività della persona,aiutandola a darsi delle regole, a vi-vere nell’ordine, a maturare unospirito di conquista per raggiun-gere un obiettivo.

Un tempo libero “liberato” èquello che la persona sceglie nonsolo in maniera spontanea, maanche costruttiva ai fini della pro-pria elevazione spirituale. Per que-sto motivo il processo diliberazione delle attività ludico-ri-creative passa necessariamente at-traverso quella che potremmodefinire una “spiritualità del tempolibero”.Spiritualità del tempo liberoNon è blasfemo dire che Dio ama

il tempo libero! Egli viene presen-tato nel libro della Genesi come ilCreatore che lavora sei giorni perpoi riposarsi al settimo giorno econtemplare l’opera delle sue

mani. La Sapienza creatrice di Dioè prospettata, nel libro dei Pro-verbi, come la sua gioia che“gioca” davanti a Lui, ponendo lesue delizie nel globo terrestre(Prov 8, 30-31). Il peccato del-l’uomo guasta la festa a Dio, maanche all’umanità, poiché la privadella gioia e la rende incapace digodere delle cose create. Il “Deusludens” però vuole riportare la si-tuazione dell’uomo nella sua con-dizione originaria e perciò mandanel mondo il suo Figlio per recarela salvezza. Sulla croce Cristo sof-fre perché noi possiamo tornarenuovamente a sorridere nella ritro-vata condizione di figli di Dio.

A Pasqua comincia il riso dei re-denti, la danza dei liberati, la festadi una nuova umanità, che si trovain una dimensione di autentica “ri-creazione”, in cui la vita si manife-sta come gioia per la liberazione efesta che si proietta verso l’eter-nità.

Mario Cascone

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in 5Nel tempo libero e liberato

i figli di Dio sviluppano di-versi valori, che in sintesicosì possiamo riassumere:

•Gratuità, che porta a nonlottare con gli altri per il pos-sesso delle cose e a non cer-care il successo ad ogni costo

•Creatività, che significaesercizio autentico della pro-pria libertà in un’ottica di im-pegno responsabile

•Armonia, che è acquisi-zione della ricchezza dell’es-sere nel clima di unitotalitàdella persona, oltre che amoreper l’ordine e per il bello

•Autodominio, che abilita lapersona alla pazienza, alla per-severanza, alla conquista dellecose, al perdono delle offesericevute

•Gioia, che è felicità di vi-vere, nonostante tutte le diffi-coltà, e capacità di infondereenergie sananti agli altri

•Solidarietà, che abilita allacollaborazione, alla compas-sione, alla scoperta del posi-tivo che c’è nell’altro

•Contemplazione, che non èfuga dal reale, ma ammira-zione laudativa di Dio e proie-zione nella pace definitivadell’eternità beata

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Una liberazione? Una libera-zione? Un po’ di malinconia?

Una grana in più da gestire?Quante cose, sentimenti, proble-

matiche, si “nascondono” dietro ilsuono dell’ultima campanella dellascuola.

Già, perché, salvo alcune ecce-zioni, è finito un altro anno scola-stico – almeno quella parte dedicataalle lezioni in aula – e di fronte a unamarea di studenti, più o meno grandi– si apre un spazio enorme da riem-pire. E non solo per loro: le famigliesi trovano più o meno all’improvvisoa dover gestire problematiche di nonpoco conto, soprattutto quelle conbambini ancora piccoli – i ragazzinidella primaria – e con le incombenzedel lavoro che portano i genitorifuori casa tutto il giorno. Non è faciletrovare la quadra e soprattutto non èfacile trovarla “che funzioni”, cioèindividuare e offrire opportunità aminori che rischiano spesso di rima-nere lasciati a loro stessi.

Ma se agli occhi degli adulti sonospesso le preoccupazioni a venire as-sociate all’ultima campanella, non ètanto differente nemmeno per gli

studenti. Chi ha in casa degli adole-scenti è abituato da tempo a sentireil fatidico “non ce la faccio più”….“Finalmente finisce”. Sa quanto è di-ventato sempre più difficile sollevaredal letto ragazze e ragazzi che inmolti casi sono già fisicamente uo-mini, veri e propri “armadi” da spo-stare di forza. Perché i mesi passatisui banchi, la primavera, il caldosempre “insopportabile” si infilanotutti insieme, di prepotenza, nell’im-buto del “fine scuola”. “Non se nepuò più….”

Ma di cosa, in realtà? Perché, sem-pre con gli occhi degli studenti (ado-lescenti) non di rado questoatteggiamento di attesa spasmodicadella “liberazione” si accompagnaalla preoccupazione di non sapereassolutamente come gestire il tempoimprovvisamente svuotato dai ritiquotidiani. Sì, quelli pesanti, noiosi,insopportabili di ogni mattina, macapaci di dare senso e significato allegiornate. Che fare, dunque? Comeriempire il vuoto? Non che man-chino, al giorno d’oggi, le opportu-nità, ma non è sempre facile – e tornain campo a responsabilità/capacità

degli adulti – organizzare e propor-re in modo credibile occasioni diesperienza lavorativa, di scambi divolontariato o chissà cos’altro. Certogli adulti – ancora loro – non pos-sono fare a meno di pensarci e difarlo possibilmente “insieme”, nelsenso che attivare sinergie, cercarecollaborazione, agire come una “co-munità educante” resta la chiave divolta anche in tempo non scolastico.

Due parole, infine, su chi l’ultimacampanella la vive come… penul-tima. Perché sa di avere davanti unatempo di esami. In particolare i piùgrandi che devono affrontare la ma-turità. E qui si apre un mondo, conmille e mille sfaccettature che vannodall’ansia legittima di chi comprendeil senso del “fine corsa”, della valu-tazione determinante, fino all’inco-scienza di chi ancora non si è resoconto di dove si trova (esperienza in-credibilmente comune). Ansie checoinvolgono ragazzi ed adulti in unintreccio perverso troppo intricatoda districare in queste righe.

Alberto Campoleoni

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Per i ragazzi e le famiglie l’estate può rappresentare un’opportunità

Dietro il suono dell’ultima campanellaChe le vacanze non siano un “vuoto”

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Sono 520mila263 i ragazzi chehanno affrontato la maturità:

oltre mezzo milione di giovani adultiche durante le vacanze estive do-vranno prendere una decisione ri-guardo al proprio futuro oconfermare quella che avevano giàstabilito precedentemente.

Gli esami di Stato rappresentanotuttora uno spartiacque tra un temposcandito da tappe ben definite, so-prattutto scolastiche, ad un tempodel possibile. E il tempo del possi-bile, sebbene per sua stessa defini-zione si apra ad accogliere tutto ciòche rientra nei limiti di un’ipotesi odi una supposizione, per divenirereale ha bisogno di concretezza.

Paradossalmente in un mondo iperconnesso che promette l’abbatti-mento delle barriere fisiche e delconcetto di distanza, le alternativeper i giovani sembrano infinite, maconcretamente la sensazione gene-rale che li accomuna, specialmentenei momenti di passaggio, è di spae-samento.

La scelta di continuare la carrieraaccademica non è nemmeno così im-mediata, secondo l’ultimo studiodell’Ocse, l’Organizzazione deiPaesi più sviluppati del mondo,emerge che solo il 18 per cento degliitaliani si laurea. C’è anche chi de-cide di abbandonare gli studi dopoun anno, di cambiare ateneo o indi-rizzo di studi, mentre un’ampia fettadi neodiplomati preferisce buttarsi acapofitto nel mondo del lavoro.

In Italia, però, si è investito poco oniente in politiche attive del lavoro,proprio per questo la nostra Diocesie nello specifico l’ufficio per i Pro-blemi Sociali e il Lavoro si mette adisposizione dei ragazzi per offrire

un servizio di orientamento almondo del lavoro. Anche l’espe-rienza del Servizio Civile, diventata“universale” (grazie al Dlgs. 6 marzo2017 n. 40), che viene promossadalla Diocesi di Ragusa tramite setteprogetti della Fondazione San Gio-vanni Battista e della Caritas, puntaa dare ai volontari competenze utiliper l’immissione nel mondo del la-voro. Il volontariato inoltre permetteai giovani lo sviluppo di competenzetrasversali che sono sempre più ri-cercate come valore aggiunto dalleaziende.

La Diocesi offre molte altre occa-sioni di confronto, integrazione evolontariato come ad esempio ilcampo di volontariato residenziale

che si terrà a settembre, dal 2 al 6,presso Villa Magnì; o il programmadi volontariato internazionale “Atthe frontiers”, che prevede scambiinterculturali con i richiedenti asilo,promosso dalla “Comunità di vitaCristiana”. Scambi culturali e espe-rienze di volontariato possono es-sere svolte anche tramite l’Erasmusplus, che offre programmi differen-ziati per l’Istruzione, la Formazione,la Gioventù e lo Sport.

Tutte esperienze che possono gui-dare i ragazzi, permettendo unprimo approccio con il mondo del la-voro ed il confronto con realtà benlontane da quelle che hanno vissutofinora.

Eleonora Pisana

La Diocesi offre consulenze gratuite e un ventaglio di utili esperienze

Dopo la maturità è il tempo delle scelteCome orientarsi tra alternative infinite

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Video e testi dedicati a spiagge affollate, autostradetrafficate, aeroporti trasformati in bivacchi. Sono

immagini e racconti mediatici che, pur con qualche va-riazione, ritornano ogni anno.

Chi cammina ai bordi della cronaca, ma non lontanodalla vita della gente, si rende conto che qualcosa di im-portante continua a sfuggire nella narrazione mediatica.S’accorge che ad essere dimenticati, oppure posti aimargini, sono sempre i molti luoghi della fragilità, dellasofferenza, della solitudine, del limite. Sono gli ospedali,le strutture di ricovero, le case della città dove vivonopersone sofferenti, deboli e spesso sole. Luoghi dove,anche in estate, abita un’umanità fragile, senza voce, chenon fa notizia. C’è molta gente qui, ma nessuno la rac-conta.

Qualcuno dice che questo silenzio è per rispetto delladignità umana in situazioni di debolezza, qualcun altrorisponde che questo silenzio è per una regola mediaticache respinge tutto ciò che non è notiziabile. E non noti-ziabili, sempre secondo questa regola, sono la malattia,il dolore, lo spegnersi della vita dentro il normale scor-rere dei giorni.

C’è un’inquietudine quotidiana che disturba. Soprat-tutto in estate quando si vorrebbe dare spazio solo allespiagge, alle autostrade, agli aeroporti. Raramente imedia sostano in un ospedale o in una casa per ascoltaree raccontare la fatica di vivere, per prendere nota delledomande sulla vita, sulla morte, sulla sofferenza, sull’al-talena della speranza. Forse questo non è compito dei

media: in ogni caso non serve puntare il dito contro diessi, ma ai bordi della cronaca si nota un limite, un’as-senza, un vuoto.

Nulla di nuovo, ma è possibile ed è giusto prendernesolo atto e rassegnarsi?

Domanda retorica? Forse, ma torna alla mente ungrido lanciato in altre terre e da altri uomini di fronteall’esperienza di un quotidiano dolore innocente chenessuno voleva raccontare: “Per amore del mio popolonon tacerò”.

Potrebbe sembrare eccessivo ma stare accanto al po-polo dei malati in un ospedale o in una casa dove la ma-lattia è condivisa e non rimossa, porta anche a questipensieri. Porta al rifiuto di un silenzio che con l’alibi delrispetto formale rischia di rimuovere il tema della dignitàsostanziale della persona malata, debole, fragile. Nontanto un grido di ribellione e di indignazione quanto unapresa di coscienza dello stato di salute della nostra uma-nità.

Forse queste sono parole al vento, parole inutili, pa-role fuori dalla realtà, parole di chi ancora si illude chenotiziabile sia la vita in sofferenza.

Forse è solo un’illusione, ma ai bordi della cronaca na-scono parole che ancora possono aiutare a tenere accesala coscienza senza spegnere un televisore o chiudere ungiornale. Forse è solo un’illusione ma ai bordi della cro-naca si vede un’altra estate, non raccontata dai media manon per questo lontana dal cuore e dalla mente.

Paolo Bustaffa

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Malati, anziani, disoccupati, persone sole raccontano una sofferenza dimenticata

C’è un’altra estate ai bordi della cronacaSofferenza e fragilità non vanno in ferie

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Giornata all’insegna dell’allegria per le persone con disabilità

Vacanze senza barriere, ondadi-versa, estateanch’io… mille

modi diversi di progettare e de-nominare una o più giornateal mare o in vacanza per lepersone con disabilità.Tutte le associazioni dipromozione sociale chehanno questo scopo nonmancano di assicurarequalche giorno di sole, dimare o di piscina, ai ra-gazzi e alle ragazze con di-sabilità o, perché no, agliadulti di ogni età. Sono ovvia-mente giornate all’insegna del di-vertimento e dell’allegria, sullaspiaggia o immersi in acqua,insieme agli operatori ed aivolontari.

E sono generalmenteeventi molto attesi du-rante i quali disabilità eamicizia si fondono efanno esclamare con con-vinzione solare “come èbello stare insieme”. Anchequesto è un modo, per quantoindubbiamente ristretto poichélimitato in durata, verso forme in-clusive di chi vive in condizioni di diffi-coltà fisiche.

«Avere in provincia una struttura turistico ricettiva –ci racconta Giuseppe Scannavino, volontario Unitalsi -interamente concepita senza barriere architettoniche edotata di una piscina con i presidi necessari per l’accessodei disabili, è occasione per radunare dalle nostre partidiversi gruppi della Sicilia Orientale, da Ragusa a Noto,da Lentini ad Acireale, e così godere di qualche giornodi refrigerio. Gli amici con disabilità, giovani e meno gio-vani, ed anche i volontari che li accompagnano, apprez-zano particolarmente la vacanza per la possibilità cheoffre di vivere insieme momenti di svago, consolidandorapporti, amicizie e affetti. Ma la cosa più importante èche tutti, proprio tutti, stiamo in piscina, più volte al

giorno, prescindendo dallo stato di di-sabilità. Questa solidale atmosfera

- conclude Scannavino – pen-siamo possa essere segno, al-meno per noi associazioneecclesiale, dell’armonia edella fraternità evange-lica».

«Per me è l’attività piùbella dell’anno», dichiarasenza vergogna e con esu-beranza Giovanni Cartiglia

(nella foto), ragusano, unodei più assidui frequentatori

delle attività unitalsiane. «Ioogni anno non vedo l’ora di partire

con i miei amici. Amo stare inpiscina tutto il giorno e con-quistare qual senso di li-bertà che la sedia a rotellemi impedisce di provare.Nuotare è essere liberocome un pesce; non fi-nirò mai di essere grato aivolontari per questa va-canza che altrimenti non

potrei permettermi. Certo,ritorno a casa abbronzato e

colorito, ma per fortuna ab-biamo chili di crema protettiva!».

Che sia la disco dance a bordo pi-scina, che sia il nutella party, che sia l’acqua-

gym, ogni attività di animazione spande sorrisi econsente la partecipazione corale di tutti i presenti; men-tre il dopocena, nell’atmosfera ovattata della notte estiva,è occasione di dialogo, amicizia, ascolto.

Conclude Scannavino: «Spesso la carrozzina in spiag-gia o a bordo piscina diventa provocatoria per la menta-lità comune che vuole che ciò che non è bello sinasconda. Ma quando le carrozzine sono dieci, venti, al-lora diventa la normalità e molti scoprono che su quellacarrozzina c’è una persona, con la sua voglia di divertirsi,di giocare, di vivere in compagnia. L’ideale sarebbe unavacanza che duri più a lungo e chissà, tutta l’estate?».

Emanuele Occhipinti

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«Un senso di libertà anche in carrozzina»

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Può essere il turismo «conviviale»la declinazione al futuro – per-

ché profetica – di quello che fino adoggi è stato il turismo religioso! Èquanto affermato da don GionatanDe Marco, direttore dell’ufficio na-zionale per la Pastorale del tempo li-bero, turismo e sport della Cei, nellapubblicazione “Turismo conviviale.Declinazione al futuro del turismoreligioso. Lettera a Mohamed ed Eli-sheva” (edizioni Nicola Palumbi,2019).

Ma come il turismo può definirsiconviviale? Il turismo conviviale è untempo, uno spazio, e un’esperienza.È anzitutto «un tempo – afferma donDe Marco – in cui le persone si in-contrano e condividono insieme iltempo di un viaggio in cui scoprirela bellezza della convivialità delle dif-ferenze e dove l’egoismo viene get-tato in mare a discapito dellasolidarietà e dell’amicizia. Il turismoconviviale è poi uno spazio in cuiscoprire la bellezza della prossimitàcapace di guarire il dolore della soli-tudine e in cui si riscopre la bontàdell’altro. Il turismo conviviale è in-fine un’esperienza in cui le storie diognuno divengono il vero paesaggioda scoprire e da arricchire, in cui siscopre la bellezza della felicità alter-

nativa che nasce dal dare più che dalricevere».

Facile pensare al Mediterraneo, unmare sulle cui sponde si sperimentala convivialità delle differenze e dovel’umanità ha scoperto le relazioni el’incontro tra culture e civiltà di-verse. Il Mediterraneo che ancheoggi è al centro di scambi e di un tu-rismo che non sempre sa, però, ap-prezzare la bellezza, la cultura e lastessa missione che la storia ha affi-dato a questo specchio d’acqua.«Oggi, tante forze ci obbligano – hasottolineato don De Marco – a vol-gere la nostra attenzione ai confini,per difenderli. Il nostro mare non èun confine, ma è prospettiva, oriz-zonte e, nello specifico, il Mediter-raneo è la bellissima e straordinariatavola attorno alla quale siamo sedutiinsieme».

Quando ci accostiamo al turismoreligioso, andiamo con la mente aipellegrinaggi ai grandi o piccoli san-tuari, a una vacanza in un monasteroche sia oasi della nostra spiritualità,a un’esperienza missionaria o anchealla partecipazione a un appunta-mento nazionale o internazionaledell’associazione o del movimentocui facciamo parte, un campo estivodi preghiera, lavoro o volontariato. Il

turismo conviviale non cancella tuttoquesto ma lo sublima, offrendo unanuova prospettiva. Non l’esperienzain sé ma lo spirito con la quale si vuolvivere questo tempo e questa espe-rienza.

«L’esperienza di un turismo convi-viale, vuole restituire ad ogni persona– spiega don Di Marco – la perce-zione autentica della sua domanda difelicità. E non ci sarà mai turismoconviviale se, prima che proposte diviaggio, non siamo capaci di offriremessaggi per la vita e la speranza».

Il turismo conviviale può attivareanche prassi di economia, quella chedon Di Marco chiama «l’economiadella bellezza condivisa» che non ri-nuncia certo alla produzione di va-lore, ma lo fa attraverso il processosenza fare dell’obiettivo un’osses-sione, diventando un’economia ar-monica.

Al. Bon.

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Un tempo, uno spazio, un’esperienzaLa profezia del turismo conviviale

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Dire che l’estate è il periodomigliore per prendere in

mano un libro è un’affermazionecosì scontata da risultare perfino ba-nale. In realtà sarebbero proprio levacanze il momento della lettura e laspiegazione è contenuto nel signifi-cato del termine vacanza: qualcosache è vacuo, cioè vuoto, dunquequalcosa da riempire. Per quanto miriguarda, i libri sono sempre statidegli oggetti in grado di colmare ciòche mi pareva manchevole, forni-vano una specie di materia con cuipareggiare i conti in termini di af-fetto, di sentimenti, di conoscenza.Sono sicuro che, se avessimo a di-sposizione tutto, se cioè nella vita diciascun individuo sparissero parolecome desiderio, dolore, speranza,paure e vivere si risolvesse nel per-

correre un eterno presente che az-zera ogni forma di attesa, sparireb-bero anche i libri e le storie di cuisono fatti. Si esaurirebbe dunque lafunzione “colmativa” che è nellaloro essenza: qualcosa che discendeda una dimensione di generosità eche si manifesta nella disposizione adare, regalare, donare. I libri sonogenerosi perché ha la capacità di ge-nerare, far nascere, originare. I libririempiono il vuoto, rimediano a ciòche manca, azzerano l’handicap enell’eterna distanza che c’è tra diree ascoltare, dare e ricevere, hanno lastessa funzione di un seme checolma il vuoto dando la vita. Saràquesto il motivo per cui il primolibro della storia umana cominciproprio con l’inno alla parola (Inprincipio era il verbo), al suo potere

di creare (Dio disse) e al suo aggiun-gersi alla specie umana (il verbo sifece carne). Proprio perché vacante,l’estate destinata alle vacanze puòessere l’occasione in cui riempirsi.

*Giuseppe Lupo

*Scrittore e saggista, vincitore di im-portanti premi letterari, insegna lettera-tura italiana contemporaneaall’Univeresità Cattolica del SacroCuore e collabora con “Avvenire” e “IlSole 24 ore”.

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Ora abbiamo più tempo per leggereNon c’è estate senza un buon libro

Restiamo in contatto. Noi siamo sempre on line

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Mi chiamo Gianmarco, ho 26 anni esono un seminarista di primo

anno della Diocesi di Ragusa. Mi formopresso il seminario arcivescovile “SanMamiliano” di Palermo e seguo i corsidi licenza in teologia biblica presso laFacoltà teologica di Sicilia. La mia fa-miglia è composta da me e dai miei ge-nitori. Ho frequentato il liceo classicodi Vittoria, dove ho conseguito il di-ploma nel 2011 e lo Studio TeologicoSan Paolo di Catania, dove ho conse-guito il Baccellierato in Teologia nel2017. In questi anni molto importantiper la mia formazione culturale, hosempre conciliato lo studio con gli im-pegni parrocchiali, sperimentandol’aiuto del Signore in tutte le circo-stanze. Appartengo alla parrocchiaSacro Cuore di Gesù di Vittoria, doveè cresciuta la mia fede e si è sviluppatala mia vocazione. Qui ho frequentato ilcatechismo scandito dalla celebrazionedei sacramenti dell’iniziazione cri-stiana, che ho vissuto con grande fer-vore e i gruppi giovanissimi e giovani.Nel corso degli anni ho anche parteci-pato a numerosi corsi di evangelizza-zione, che mi hanno fatto sperimentarel’amore di Dio e comprendere il vero si-

gnificato del Battesimo e della Cresimaricevuti, in forza dei quali il cristiano èincorporato alla Chiesa e chiamato adannunciare il Vangelo. Questi corsi mihanno aiutato a intensificare la pre-ghiera, a sentire il bisogno quotidianodell’Eucaristia e del servizio ecclesiale.

Per diversi anni sono stato responsa-bile del gruppo ministranti, compo-nente del gruppo liturgico e delconsiglio pastorale parrocchiale, mini-stro straordinario dell’Eucaristia. Que-st’ultimo servizio è stato senza dubbiol’esperienza più speciale, perché mi haconcesso di stare vicino ai malati e por-tare loro il bene più prezioso che laChiesa possiede, il corpo di Cristo.

Importante per me è stata la CappellaTabor, da undici anni luogo santo, be-nedetto dalla presenza viva e reale diGesù nell’Eucaristia, che da subito haesercitato su di me una forte attrazione,dove nell’intimità con Gesù ho com-preso che quell’amore non potevo te-nerlo per me, ma trasformarlo in unservizio ai fratelli e alla parrocchia.

A motivo di ciò, dopo un periodo diriflessione, ho chiesto al nostro vescovoCarmelo di poter fare discernimentocon l’esperienza dell’anno propedeu-

tico, che ho vissuto a Palermo. All’ini-zio dell’anno è risuonata forte in mequesta Parola di Gv 3: «Se uno nonnasce dall’alto, non può vedere il regnodi Dio», sentivo che era il tempo propi-zio per lasciare che lo Spirito soffiassesulle vele della mia vita. La Parola diDio è stata la protagonista di que-st’anno, ho imparato a chiedermi allaluce di essa cosa il Signore volessedirmi e a pregare alla luce di essa.

Credo che il presbitero sia anzituttoun uomo per altri, che vive la sua uma-nità in modo pieno, a imitazione diGesù Cristo, l’uomo perfetto che hafatto della sua vita un dono totale pertutti, un annunciatore della Parola, cheha sperimentato in prima persona l’in-contro con Cristo e si fa servo della Pa-rola perché questa possa risuonare nelcuore di tutti.

Nel salutarvi vi chiedo di pregare perme e per tutti i seminaristi, perché que-sto tempo di formazione possa esserefecondo nel lasciare che lo Spirito Santoagisca nelle nostra vite per conformarlesempre più a Cristo. Un grazie a tutticoloro che anche materialmente sosten-gono il nostro cammino formativo.

in 13DIOCESI

I nostri seminaristi: Gianmarco Barrano«Ho sentito che il tempo era propizio»

La fede e la vocazione si sono sviluppate nella parrocchia Sacro Cuore di Gesù di Vittoria

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in 14 DIOCESI

Nel saloncino di San Giuseppe Artigianopresentata l’esortazione “Christus Vivit”

Il cardinale Lorenzo Baldisseri a Ragusa«Così possiamo parlare ai giovani»Su iniziativa del Servizio di Pastorale

giovanile della Diocesi, il cardinaleLorenzo Baldisseri, segretario generaledel Sinodo, ha presentato l’esortazionepostsinodale “Christus Vivit” dedicataai giovani. E proprio i giovani hannoaderito in massa, con l’entusiasmo dicui solo loro sono capaci, nell’audito-rium della parrocchia San Giuseppe Ar-tigiano. Ad accogliere il cardinale e itanti giovani presenti, c’era il nostro ve-scovo monsignor Carmelo Cuttitta.

Il risultato è stato una piacevole e in-tensa esposizione del pensiero del Papasull’universo giovanile, che parte dalpresupposto che i giovani devono es-sere partecipi e “soggetti” dell’evange-lizzazione e non solo “oggetti”.

Riguardo al rapporto dei giovani e lapratica religiosa, un problema per ilcardinale è rappresentato da un lin-guaggio spesso troppo poco aderenteai tempi mutati. I sacerdoti studianotanto i contenuti e sono preparati, manon hanno poi la capacità di tradurli inun linguaggio semplice e accattivan-te:«il Papa usa pochi aggettivi e moltiverbi» e soprattutto ha un eloquio con-

creto e diretto, senza giri di parole. Ilmessaggio evangelico, soprattutto aigiovani, va veicolato in modo concreto,a volte si usa troppo “ecclesialese”. SanPio X accompagnava i concetti con leparabole con gli esempi concreti, i gio-vani hanno bisogno di concretezza.

Per Baldisseri il modo corretto dicoinvolgere i giovani è dargli spazio,renderli protagonisti. «Una notte – haraccontato - sono arrivato a Matera alle2 e ho trovato circa 200 giovani nellapiazza che stavano insieme, giocavanoal pallone, chiacchieravano, mi sonochiesto ma perché non lo fanno digiorno, e poi si riuniscono di notte?Perché solo a quell’ora lo spazio èloro!».

Il messaggio del Papa ai giovani è unmessaggio che li esorta a pensare a Cri-sto come persona viva che li invita a vi-vere ed ecco citare l’incipit deldocumento sinodale: “Cristo vive. Egliè la nostra speranza e la più bella giovi-nezza di questo mondo. Tutto ciò cheLui tocca diventa giovane, diventanuovo, si riempie di vita. Perciò, leprime parole che voglio rivolgere a cia-

scun giovane cristiano sono: Lui vive eti vuole vivo!”

Essere vivi significa anche assumersidei rischi ma questo non deve spaven-tare i giovani, fa parte della vita. «La vita– ha sottolineato – è un cammino,quando una persona dalla posizionestatica, salda sulle gambe, si mette incammino e alza il piede diminuisce lapropria stabilità, dimezza il punto di ap-poggio, ma è normale se non si vuolerestare fermi». I giovani quindi non de-vono avere paura di mettersi in gioco.

Baldisseri ha poi esortato i giovani aconservare gelosamente i propri cari-smi rivalutando la disciplina che è ilpercorso necessario per raggiungere itraguardi che ci si è posti nella propriavita.

La frase che più mi è sembrata rac-chiudere la grande considerazione cheil Santo Padre ha dei giovani è quella ri-ferita dal cardinale: «Andate, e quandoarriverete dove noi non siamo ancoragiunti, abbiate la pazienza di aspet-tarci».

Vito Piruzza

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Ha riscosso grande interesse la mo-stra dal titolo “Vescovi ragusani. Ve-scovi di Ragusa”. Sono state espostepreziose testimonianze documentariecustodite nell’Archivio e nella Biblio-teca della Diocesi, molte delle quali perla prima volta presentate al pubblico.Con questa iniziativa sono state riper-corse alcune tappe fondamentali dellastoria della Diocesi di Ragusa, riletta at-traverso la figura di alcuni vescovi ori-ginari di Ragusa (Ascenzio Gurrieri,Carmelo Canzonieri, Giovanni Jacono)e i primi tre vescovi titolari della Dio-cesi di Ragusa (Ettore Baranzini, Fran-cesco Pennisi e Angelo Rizzo). Lamostra è stata inserita nell’iniziativa na-zionale “Aperti al Mab” che coinvolgenella stessa settimana tutte le Bibliote-che, Archivi e Musei delle Diocesi ita-liane, ed è rilanciata in tutta Italia daimedia partner CeiNews, AgenSir eAleteia della Conferenza EpiscopaleItaliana.

È stato il preludio ai festeggiamentiprevisti per il 70. anniversario dell’ere-zione della Diocesi che si svolgerà il 6maggio 2020. L’iniziativa è stata pro-mossa dalla Biblioteca Diocesana

“Monsignor Pennisi”, dall’Archiviostorico della Diocesi di Ragusa e dalMuseo della Cattedrale San GiovanniBattista.

Ha suscitato particolare interesse ecuriosità la figura di monsignor Ascen-zio Gurrieri, ragusano, primo parrocodi San Giovanni Battista, nominato ve-scovo nel 1635 da Urbano VIII e delquale sono esposti, tra l’altro, la bollapontificia (una pergamena restauratadue anni fa in un laboratorio di Firenzee per la prima volta esposta al pub-blico), un pontificale del 1590 donatodal vescovo alla parrocchia di San Gio-vanni, altri documenti d’epoca utili a ri-costruire una storia della quale laDiocesi e la città di Ragusa possono orariappropriarsi pienamente.

«Nella mostra – spiega il direttoredell’Archivio storico della Diocesi donGiuseppe Antoci – sono state espostepergamene, documenti, volumi e pub-blicazioni, immagini, oggetti di artesacra appartenuti a questi sei vescovi.Si potrà così, ricostruire il volto dellaChiesa ragusana abbondante di voca-zioni e brillante di iniziative esemplari,attraverso le figure dei suoi Pastori ma

anche scorci di una società in evolu-zione. Possiamo così rileggere la storiadella nostra Chiesa alla luce dei suoi Pa-stori».

Esposti anche i paramenti indossatidai vescovi. Tra questi i paramenti in-dossati da monsignor Canzonieri ilgiorno della sua ordinazione, la pre-ziosa piviale con lo stemma di monsi-gnor Pennisi, il cappello (saturno) concui monsignor Pennisi è stato ritratto inmolte immagini giunte sino a noi. Tra idocumenti le bolle di nomina dei ve-scovi e anche alcune curiosità come gliappunti di monsignor Canzonieri du-rante i lavori del Concilio Vaticano II,l’anello che Paolo VI donò ai padri con-ciliari, la lettera autografa di GiovanniPaolo II allo stesso monsignor Canzo-nieri nel giorno del suo 50. anniversa-rio di ordinazione sacerdotale. Acorredo anche molte fotografie chescandiscono alcuni momenti della vitadella Diocesi e nelle quali è possibile ri-conoscere anche tanti sacerdoti chehanno servito nel corso dei decenni laChiesa di Ragusa.

Al. Bon.

“Vescovi ragusani. Vescovi di Ragusa”Dall’Archivio preziose testimonianze

Preludio alle celebrazioni per i 70 anni della Diocesi

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in#GIORNATA DIOCESANA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 16

Un bisogno di relazione da soddisfarecon il passaggio dal like all’AmenNNel messaggio per la Giornata delle

comunicazioni sociali di que-st’anno il Papa ha scelto di riflettere sulconfronto fra le “social network com-munities” e la comunità umana. Puntodi partenza della riflessione di France-sco è che l’uomo non è fatto per la soli-tudine, ma per la comunione. Direpersona equivale a dire relazione, dia-logo, comunità. È insito quindi in ogniuomo il desiderio di non isolarsi, ma dicondurre la propria esistenza in rela-zione con i suoi simili.

Rapportando questo desiderio con gliattuali mezzi di comunicazione socialela domanda è se essi facilitino la comu-nione fra le persone o la ostacolino. Purriconoscendo il valore della rete,

Francesco mette in guardia su alcunipericoli che essa presenta: disinforma-zione, distorsione consapevole e miratadei fatti e delle relazioni interpersonali,uso manipolatorio dei dati personali, fi-nalizzato a ottenere vantaggi sul pianopolitico o economico, cyberbullismo”.

Questi rischi che la rete comporta cifa concludere che “la social network

community non sia automaticamentesinonimo di comunità”. Spesso essa èsolo un aggregato di individui, che si ri-conoscono intorno a interessi o argo-menti caratterizzati da legami deboli eche non di rado si fondano sulla con-trapposizione nei confronti dell’altro.

Come si può uscire da questa situa-zione così problematica? Il Papa trovauna risposta nella Parola di Dio, ed inparticolare nella metafora del corpo edelle membra, che San Paolo usa perparlare della relazione di reciprocità frale persone. A questo riguardo l’Apo-stolo dice: “Perciò, bando alla menzo-gna e dite ciascuno la verità al suoprossimo, perché siamo membra gli unidegli altri” (Ef 4, 25). Il fatto di “esseremembra gli uni degli altri” è la vera mo-tivazione per fuggire dalla menzogna eper dire la verità. L’obbligo a custodirela verità nasce dall’esigenza di nonsmentire la relazione di comunione chec’è fra di noi. Questa relazione si fondasul fatto che noi siamo creati ad imma-gine e somiglianza del Dio trinitario,che in se stesso è relazione d’amore fra

le Tre Persone. È la comunione ad im-magine della Trinità che distingue lapersona dall’individuo e ci fa dire cheognuno di noi è veramente umano solose si relaziona con gli altri. Questo bi-sogno di relazione può essere soddi-sfatto anche dal social web, a patto cheesso sia “complementare all’incontro incarne e ossa, che vive attraverso ilcorpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, ilrespiro dell’altro”. La rete che vo-gliamo è quella che favorisce il dialogo,l’incontro, il sorriso, la carezza…

Rifacendosi alla comunione eucari-stica, Francesco auspica che si passi dal“like”, così abbondantemente usato nelsocial web, all’Amen pronunciato nellaliturgia eucaristica. Il “like” è spesso si-nonimo di partecipazione immediata,istintiva, volutamente non impegnativae, in ultima analisi, deresponsabiliz-zante. L’Amen è invece il frutto du unariflessione profonda, di una condivi-sione matura, dell’adesione ad una ve-rità che impegna l’essere umano per lacomunione.

Mario Cascone

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in#GIORNATA DIOCESANA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 17

Il digitale palestra di razzismo e odio?Come vaccinarsi contro il male on line

CCome si risponde all’odio verso l’altro nel digitale? Comesi crea responsabilità sociale nel web? Prova a rispon-

dere a queste domande Stefano Pasta, ricercatore in peda-gogia dell’Università Cattolica, nel libro appena edito daScholé-Morcelliana “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativadell’odio online” (prefazione di Pier Cesare Rivoltella e po-stfazione di Milena Santerini).

Si muove su due direzioni: da un lato, l’analisi delle diverseforme di comunicare online in modo scorretto, dall’hate spe-ech al coro antisemita delle pagine social calcistiche, daigruppi di razzismo militante ed estremo alle conversazioniin cui gli adolescenti si insultano ricorrendo a parole xeno-fobe senza capirne il significato ma solo per superficialità.Razzismi al plurale, appunto. Dall’altro lato, il libro – desti-nato a insegnanti, educatori, operatori sociali, studenti, ge-nitori, decisori politici e cittadini – passa al “cosa fare”. Laproposta è un approccio morale che educhi a comportamentidi aiuto e cooperazione, orientando ad essere non solo na-turalmente, ma anche culturalmente, “negli” altri e “per” glialtri. «Educare – dice il ricercatore della Cattolica – è più im-portante della denuncia: promuovere gli anticorpi della Retee l’attivismo digitale di cittadini che devono essere formaticome agenti morali che si assumono responsabilità perso-nale». E, infatti, i dati della recente ricerca Eu Kids Online,svolta tra ragazzi da 11 a 17 anni, ci dicono che i giovanissimi

affermano di aver incontrato l’odio online, in gran parte nonlo approvano, ma la maggioranza non fa nulla per contra-starlo. «Passare da spettatori a soccorritori» è una delle chiavidel libro, in cui sono presentati anche progetti e campagne,dall’Italia all’Australia, per educare a non essere indifferentidi fronte al male.

Due capitoli sono poi dedicati a come l’online influenzi leperformances di odio. Dalla velocità 2.0 all’analfabetismoemotivo, dalla banalizzazione dei contenuti alle fake news ela post-verità, dal ruolo di meme e immagini (che spiega ilsuccesso di Instagram) alla spirale del silenzio. L’autore nonvuole colpevolizzare l’ambiente o le tecnologie, ma cono-scere queste caratteristiche è la base per progettare inter-venti efficaci di prevenzione e contrasto. Inserisce questicomportamenti nello spettro della cyberstupidity (che in-clude il sexting e il cyberbullismo, per esempio), cioè quandonon le conseguenze delle proprie azioni non vengono valu-tate con consapevolezza. Nel libro Pasta racconta di conver-sazioni, via social network, con adolescenti che hannopartecipato a performances razziste: «Ripetono frasi come“non prendermi sul serio”, “era solo una battuta”, anchequando inneggiano allo sterminio etnico. Con i nuovi medianon basta più educare lo spettatore, occorre anche educareil produttore che ogni spettatore è diventato grazie allo smar-tphone che si porta in tasca, sviluppando responsabilità epensiero critico».

Stefano Pasta è membro del Centro di Ricerca sull’Educa-zione ai media dell’Informazione e alla Tecnologia (Cremit)e del Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali, en-trambi dell’Università Cattolica di Milano.

Un libro del pedagogista Stefano Pasta offre proposte concrete agli educatori

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in#GIORNATA DIOCESANA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 18

I social come strumento pastorale?Sì, ma aggiornando linguaggi e stiliUUsare i social network come stru-

mento pastorale? Sì. Oggi è unacondizione necessaria anche se, ovvia-mente, di per sé non sufficiente. Per laChiesa i nuovi strumenti di comunica-zione rappresentano oggi «una sfida euna prospettiva» per annunciare il Van-gelo e per cercare un canale di dialogocon chi non frequenta più le nostre co-munità.

Come fare? A questa domanda haprovato a rispondere l’Ufficio Comuni-cazioni Sociali con il seminario “La pa-storale ai tempi dei social media”. Digrande aiuto è stato il professore PierCesare Rivoltella, docente dell’Univer-sità Cattolica e direttore del Centro diricerca sull’educazione ai media, all’in-formazione e alla tecnologia (Cremit),intervenuto nello splendido scenario diVilla Maggio a un incontro con gli ope-ratori pastorali della Diocesi.

Partendo dal messaggio del Papa inoccasione della Giornata delle Comu-nicazioni sociali, il professore Ri-vol-tella ha invitato gli operatori pastorali araccogliere questa sfida che non può es-sere limitata all’uso di chat o di gruppi

su Facebook per informare gli utentisulle iniziative della parrocchia o delgruppo di riferimento. Così, infatti,semplificheremo la circolazione di in-formazioni al nostro interno ma nonavremo mai modo di interagire conquella sempre più ampia percentuale dipersone che si allontanata da noi.

Non serve un cambio di strategia maoccorre integrare nelle strategie che giàsi attuano gli strumenti e i linguaggipropri dei social network. Occorrono,quindi, operatori pastorali che sap-piano mediare l’annuncio utilizzandogli strumenti che oggi la tecnologiamette a disposizione. Non è semplice.Siamo, ad esempio, abituati a utilizzarele parole per veicolare i messaggiquando, invece, i social network richie-dono altro; siamo abituati ai tempi lentidelle liturgie quando l’attenzione mas-sima che si ha su internet (e non solo suinternet) si limita a soli sette secondi;siamo abituati alla riflessione e alle ar-gomentazioni quando invece il linguag-gio “social” è fatto solo di uno slogan;siamo abituati alle predicazioni e alleomelie quando il web è lo spazio dell’in-

terazione. Tutto questo è ancora piùvero se ci rivolgiamo ai giovani chehanno ormai acquisito linguaggi e stilidi partecipazione che sono quelli pro-pri dei social network.

Per questo l’uso dei social networkpuò essere un alleato prezioso della pa-storale a patto di non limitare l’uso diquesti strumenti al selfie del parroco edei portatori durante la processione.«Grazie ai social, una comunità – hasottolineato Rivoltella – si può co-struire o ricostruire». Davvero unasfida che la Chiesa non può fare a menodi cogliere. «I social network – ha evi-denziato il direttore dell’Ufficio Comu-nicazioni Sociali, Emanuele Occhipinti– rappresentano un ambiente dove nonpossiamo fare a meno di stare anche sele nostre pagine difettano della capacitàdi trasmettere contenuti».

I lavori erano stati aperti dal direttoredi Insieme, don Mario Cascone, che haricordato quanto sia importante «for-mare la comunità» entrando «nel cuoree nella mente» di tutti.

Al. Bon.

La Giornata delle Comunicazioni sociali con il professore Pier Cesare Rivoltella

Vedi l’intervista al prof.Pier Cesare Rivoltella

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in#GIORNATA DIOCESANA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 19

La tentazione della “retrotopia”anche nel mondo dell’informazione

UUn auspicio, un monito, l’indica-zione di un percorso: sono i tre

elementi attorno a cui è ruotato l’inter-vento del professore Pier Cesare Rivol-tella nel seminario di aggiornamento eformazione che l’ufficio Comunica-zioni sociali della Diocesi di Ragusa haofferto ai giornalisti. L’auspicio èquello che ci può e ci deve essere an-cora spazio per la professione del gior-nalista e per la buona informazione. «Inun sistema senza regole, dove chiunquescrive ciò che gli passa per la testa, ab-biamo ancora bisogno di sentinelledella verità e del buonsenso». Il monitoè quello di evitare la tentazione di ca-dere nella “retrotopia”, ovvero di guar-dare al passato come luogo di conforto,senza raccogliere le sfide che la con-temporaneità ci pone. Il percorso nonpuò che essere quello di un’educazioneai media per costruire oggi i lettori didomani, «lettori critici, ma – ha eviden-ziato Rivoltella – soprattutto lettori».

Di buona informazione e di cittadiniinformati e consapevoli si avverte oggipiù che mai la necessità. Ne hanno bi-

sogno le nostre comunità che stannoscoprendo i limiti di ciò che internet e isocial network veicolano nella loro esa-sperata ricerca di utenti e di click. In uncontesto nel quale sembra prevalere, enon solo a livello verbale, una «derivaaggressiva», il giornalista e l’informa-zione devono far fronte a una serie ag-giuntiva di problemi. Tra questi ladeprofessionalizzazione di molti opera-tori che operano sul web, la ricerca dinotizie a sensazione anche se non ne-cessariamente vere, la mediatizzazionedella vita ordinaria che porta all’atten-zione di tutti pratiche e momenti di as-soluta ordinarietà e banalità. Su questiterreni, sarà difficile per un giornalistapoter inseguire il web e le comunità vir-tuali dove troppo spesso si parla e siscrive – come lo stesso Rivoltella ha sot-tolineato – anche solo per lasciare unatraccia della propria esistenza.

A rendere più flebile la voce dei gior-nalisti contribuisce anche, come ha evi-denziato il nostro condirettoreAlessandro Bongiorno, la solitudine incui oggi si ritrovano gli operatori del-

l’informazione: senza più una reda-zione dove crescere e imparare il me-stiere, con aziende editoriali che vivonouna crisi di sistema che continua a ge-nerare tagli dolorosi e compensi spessoinadeguati, soli davanti al loro monitorcon una realtà complessa da raccontaree con i cacciatori di click e di faccinecome improbabili competitor. Rimaneperò intatta l’esigenza per una comu-nità locale, e anche per la comunità ec-clesiale, di riconoscersi in un giornale,o comunque in un organo di informa-zione, capace di rafforzare le relazioni,riscoprire il territorio e la sua identità,stimolare sentimenti di reciprocità ecomportamenti improntati alla solida-rietà, alimentare la partecipazione.L’esatto contrario degli spazi virtualiche sembrano trovare linfa e aggregaresoprattutto su ciò che divide, che ge-nera odio, che disgrega la comunità.Non è questo che internet ci aveva pro-messo, non è questa l’informazione checi può accontentare, non è su questebasi che possiamo ridare un’anima allenostre città.

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in 20 DIOCESI

Il sindaco ha conferito la cittadinanza onorariaal nuovo ministro provinciale dei Frati minori

Il saluto di fra’ Antonino a Chiaramonte«Ho conosciuto un popolo che sa amare»«Quella parte bella del mio cuore

che voi avete plasmato in que-sti otto anni mi farà compagnia nel ser-vizio che mi hanno chiesto i frati per iprossimi sei anni».

È il saluto di fra Antonino Catalfamoa Chiaramonte Gulfi. Il neo ministroprovinciale dei Frati Minori di Sicilia la-scia, dopo otto anni, il convento diSanta Maria di Gesù, dove è arrivato il16 agosto 2011 e che ha guidato come“guardiano” dal 2013. Il 16 giugnoscorso, un’affollata celebrazione si èsvolta nella spianata che sovrasta il con-vento e che dirada verso i colli Iblei. FraAntonino, che indossava una bianca ca-sula donatagli dalla comunità, ha con-celebrato insieme al parroco, donSalvatore Vaccaro, a fra’ Daniele Cu-gnata, minore originario di Chiara-monte, a don Filippo Bella ed a fra’

Andrea. Al termine della celebrazione,il sindaco, Sebastiano Gurrieri, gli haconferito la cittadinanza onoraria.

Una pergamena che il primo cittadinoha voluto in duplice copia. Una rimarràa Chiaramonte, al convento. È la perga-mena che la comunità chiaramontanapotrà conservare per dare “continuità”al legame, vero e profondo, con fra’ An-tonino. La copia della pergamena, em-blematicamente, è stata consegnata aMaria La Terra. Nella motivazione èscritto: «Per la carismatica testimo-nianza di fede autentica che ha toccatoi cuori e per aver saputo entusiasmare igiovani con sensibilità e purezza».

Gli otto anni della presenza di fra An-tonino Catalfamo a Chiaramonte Gulfihanno suggellato, ancor di più, un le-game profondo e solido della cittadinacon il convento di Ghesu. Il convento,

negli ultimi anni, ha ospitato i giovanidel postulantato e quelli che vivonoun’esperienza di discernimento. Inquesto momento sono cinque, tra que-sti tre postulanti. Altri giovani, presentifino allo scorso anno, ora sono in novi-ziato e si preparano ad emettere i voti ead entrare in convento. «In questi anni– ha detto fra Nino – 23 giovani daChiaramonte sono diventati frati».

Fra Nino ha ricevuto centinaia, mi-gliaia, di lettere e di messaggi. Duegiorni dopo lascia il convento e la citta-dina. «Nelle prossime settimane visi-terò tutti i frati dei conventi di Sicilia –spiega – e ad agosto rivedremo le desti-nazioni dei frati». La provincia dei Fratiminori di Sicilia conta più di 120 frati(non tutti vivono in Sicilia) nei 21 con-venti. Nel suo nuovo compito avrà alsuo fianco anche fra’ Domenico Bene-detto Mandanici, anch’egli per ottoanni a Chiaramonte. Fra Domenico èuno dei quattro “definitori provinciali”che affiancheranno il nuovo ministroprovinciale ed il suo vice.

Chiaramonte, una cittadina silenziosae, a volte riservata. Persino troppo, se-condo alcuni. «Non è così – rispondefra Nino – qui ho conosciuto tantagente bella, forte, capace di affrontarele difficoltà e di rialzarsi. Tanti mihanno fatto il dono di poter condividerecon loro tanti momenti difficili. Questoè un popolo generoso, leale, che saamare». Un esempio? «In nessun postoi frati celebrano messa in suffragio deimigranti morti in mare, alcuni dei qualisono seppelliti nel cimitero. Qui ac-cade. Perché questo è un popolo capacedi amare».

Francesca Cabibbo

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in 21BREVI DALLA DIOCESI

Dal 28 al 31 luglio, al santuario Maria San-tissima di Gulfi, il Centro diocesano Voca-zioni e il Servizio per la pastorale deigiovani, organizzano il campo vocazionale“Come se vedessero l’invisibile”. Il campo è riservato a giovani dai 16 ai 30anni. Per informazioni rivolgersi a donGianni Mezzasalma e don Maurizio DiMaria.

Campo vocazionaleal santuario di Gulfi

A Militello la Giornata sacerdotale marianaMartedì 11 giugno, Festa di S. Maria Odigitria, circa 250 sacerdoti provenientida tutte le diocesi di Sicilia, fra cui un nutrito gruppo anche della nostra Dio-cesi di Ragusa, si sono riuniti a Militello in Val di Catania per celebrare laGiornata sacerdotale mariana, che quest’anno si è svolta nel Santuario MariaSS. della Stella, che è anche Patrona della cittadina militellese.Accolti nel chiostro dell’ex monastero dei Benedettini, oggi sede del Comune,i presbiteri sono stati accompagnati per una veloce visita dei monumenti piùsalienti della cittadina, dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Alle11,15 nella chiesa di S. Benedetto, attigua al municipio, ha avuto luogo il salutoda parte del Segretario della Commissione Presbiterale Siciliana, don PinoArgento e del sindaco di Militello, Giovanni Burtone.In abiti liturgici i circa 250 presbiteri hanno dato inizio alla celebrazione conun breve pellegrinaggio verso il Santuario al canto delle litanie lauretane, ac-colti dal suono festoso delle campane. La celebrazione è stata presieduta damonsignor Salvatore Gristina, Presidente della Conferenza Episcopale Sici-liana, con la presenza dei vescovi Cuttitta, Gisana, Mogavero, Pennisi, Peri,Raspanti, e animata dal coro Maris Stella.La riflessione omiletica è stata dettata da monsignor Calogero Peri, vescovodi Caltagirone, che ha offerto un commento biblico-esistenziale ispirato alVangelo dello smarrimento e ritrovamento di Gesù nel tempio.Il pranzo, offerto dalla diocesi calatina, ha concluso questo ormai consolidatoappuntamento presbiterale nel nome di Maria.

Il 12 luglio a Comisola festa dei GrestUna grande festa diocesana concluderà, il13 luglio, il momento dei Grest. Anche questa estate migliaia di bambini ecentinaia di giovani animatori si sono datiappuntamento per vivere insieme una partedella loro estate. La bellezza è il tema che sta accompa-gnando tutti gli incontri. Il 12 luglio, a Comiso, l’appuntamento con-clusivo che si realizza, come sempre e cometutti i Grest, grazie al supporto della nostraDiocesi e dell’Otto per mille alla Chiesacattolica.

Auguri al nostro vescovo CarmeloAuguri al nostro vescovo, monsi-gnor Carmelo Cuttitta, che celebrail dodicesimo anniversario della suaordinazione episcopale, avvenuta il7 luglio 2007, nella cattedrale di Pa-lermo, per l’imposizione delle manidell’arcivescovo monsignor PaoloRomeo. Dal 28 novembre del 2015svolge il suo ministero episcopalenella nostra Chiesa di Ragusa. Il Ve-scovo presiederà lunedì 8 luglio,alle 20, in cattedrale, una solenneconcelebrazione.

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Né pietà e buonismo, né paura diun’invasione che non c’è: servono

parole nuove per raccontare un feno-meno che sta dando vita a una ulterioretappa della storia dell’umanità. Ha in-travisto una nuova epoca, quella dell’-homo migrans, il professore GiuseppeSavagnone, direttore dell’ufficio Cul-tura della Diocesi di Palermo, interve-nuto alla celebrazione della Giornatamondiale del Rifugiato.

Secondo Savagnone, l’umanità si staevolvendo verso qualcosa di cultural-mente e antropologicamente diverso.Una nuova umanità che supera sia ilconcetto dell’uomo-cittadino maturatoall’ombra dello Stato-Nazione, sial’astrattezza dei diritti universali, finorariconosciuti senza tenere conto dellarealtà territoriale e della persona inquanto cittadino e operatore in un con-testo come individuo identitario. Èun’umanità, come è sempre stato nellastoria delle migrazioni, alla ricerca difuturo e opportunità. Per noi cattolici,c’è in più la consapevolezza che la terranon appartiene a nessuno ma ci è data

in dono da Dio. Nessuna minaccia,quindi, tantomeno di un’invasione.«Solo chi ha dentro di sé il vuoto del-l’insicurezza, e di una fede ed una cul-tura deboli, ha paura – ha dettoSavagnone – del dialogo e del con-fronto. E vive così la paura di essere in-vaso dal diverso, ma dalla sicurezza diciò che si è e di ciò in cui si crede nascela cultura del confronto e del dialogo, ilrispetto della diversità, senza mai inva-dere l’identità altrui e senza mai per-dere la propria».

A dare ancora più senso alle paroledel professore Savagnone era stato ilvescovo, monsignor Carmelo Cuttitta,che aveva aperto l’incontro citando leparole di Cristo dal vangelo di Matteo:“Qualunque cosa avete fatto ad unosolo dei miei fratelli più piccoli, l’avretefatta a me”.

L’incontro con Savagnone, moderatodal direttore dell’ufficio Comunica-zioni sociali Emanuele Occhipinti, èstato solo uno degli appuntamenti delricco programma, promosso dalla Dio-cesi di Ragusa e dalla fondazione San

Giovanni Battista, con il supporto dellaCaritas diocesana, dell’Ufficio Migran-tes e dell’Ufficio Comunicazioni So-ciali.

C’è stato anche spazio per la musica,il teatro, la danza. La festa si è allargataalla città con un momento che ha avutocome cornice il parco Giovanni PaoloII. Qui il presidente dalla fondazione,Renato Meli, la band del centro polifun-zionale, piccolo esempio di integra-zione tra ragazzi di culture e con storiediverse, il musicista Gianni Celestre, gliattori Vittorio Bonaccorso e FedericaBisegna, con i loro allievi della compa-gnia Godot, hanno offerto a tutti lagioia di partecipare a un evento che ab-batte le distanze ed esalta i percorsi diintegrazione e di speranza.

La Giornata mondiale del Rifugiato èstata così un’importante opportunitàper discutere e aprirsi, con allegria e se-rietà, in un momento storico delicato,e da qui continuare a far nascere la cul-tura dell’accoglienza e della fraternità,nel pieno rispetto di sé e degli altri.

Salvatore Schininà

in 23CHIESA E SOCIETÀ

Né buonismo, né paura di un’invasioneC’è una nuova umanità da raccontare

Tanta allegria e spunti interessantialla Giornata mondiale del Rifugiato

Integrazione e speranza sulle note di Gianni Celestre al parco Giovanni Paolo II

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Confusi, senza un lavoro, con unorizzonte di futuro nebuloso e un

presente che non può che essere anco-rato alla famiglia. Quella d’origine, ov-viamente. È quanto emergedall’indagine “Non è un Paese per gio-vani”, promossa dalla Caritas di Ragusatra i candidati al servizio civile. L’inda-gine parte da Ragusa e si è poi estesa adaltre realtà della Sicilia ed offre risultatiche meritano di essere approfonditi. Alcentro una generazione che vive grandidisagi e che rischia di bruciare il pe-riodo più bello e fecondo della vitanell’attesa. È una generazione che siconnota per un sentimento di sfiduciaverso la politica, la partecipazione, l’im-presa e l’economia ma che non ha laforza, e forse neanche volontà, di cam-biare l’esistente per portare a compi-mento quel progetto di vita in cui si èinvestito in termini di studio e pas-sione.

Un’indagine fotografa la situazionema, certo, non offre soluzioni. È co-munque una base per conoscere megliole persone che stanno dietro gli schermiluminosi degli smartphone alla ricercadi una vita che non può essere vissutasolo in modo virtuale. In questa inda-gine resistono solo, come elementi dicauta speranza, la fiducia nel volonta-riato, l’ancoraggio a valori forti, unafede come compagna di viaggio.

«Si rafforza l’esigenza – commenta laCaritas nel trarre le conclusioni dell’in-dagine – di avere guide in grado di ras-sicurare i giovani, di informarli e diformarli, di allargare i loro orizzontiportandoli fuori dal confine delle pro-prie città o dalla loro più o meno vir-tuale cerchia di amici. In altre parole –aggiungono gli analisti della Caritas –di lasciarli liberi di sperimentarsi e disbagliare. Cosa che, non incidental-mente, è proprio quello che fa il servi-zio civile nazionale».

L’indagine è stata compiuta su 257giovani di età compresa tra i 18 e i 28anni, poco più di un terzo dei quali re-sidenti nel territorio della Diocesi diRagusa. La quasi totalità di loro (l’89per cento) vive ancora a casa con i ge-nitori. A questo proposito, si stima cheun giovane impiegherà nel 2020 al-

meno 18 anni per essere indipendente(ne bastavano 10 nel 2004) e nel 2030ne occorreranno addirittura 28 e l’indi-pendenza arriverà quindi alla soglia dei50 anni, quando non si potrà più par-lare di giovani. Il problema è ovvia-mente quello del lavoro e i dati dellaCaritas si sovrappongono a quelli degliistituti di statistica, con una disoccupa-zione che, per i giovani, si attesta oltreil 57 per cento. Sorprende notare comesiano i ragazzi ad avere più difficoltà atrovare lavoro rispetto alle loro coeta-nee e questo dato potrebbe anche na-scondere il fenomeno del lavoro nero(con un giovane su quattro che con-ferma e ammette di lavorare senza al-cuna garanzia contrattuale).

Confusi, sfiduciati, in perenne attesaSì, questo non è un Paese per giovani

in 24 CHIESA E SOCIETÀ

Un’indagine della Caritas diocesana sui disagi che vive una generazione

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La partecipazione di questi giovanie la fiducia nella possibilità di cam-biare il corso delle cose è minima.Solo uno su 257 è iscritto a un partitopolitico, la fiducia nel governo e neisindacati è minima, più del 50 percento si sente impotente sulla possi-bilità dei giovani di incidere in questarealtà.

Un po’ meglio va per quanto ri-guarda il report sui valori e la reli-gione. L’86 per cento si professacredente e il valore principe restaquello della famiglia, seguito daamore e amicizia. Piace l’impegnodella Chiesa e del Papa per i poveri,le persone con disabilità e gli anziani(ma – rileva la Caritas – salvo poi di-sertare i progetti di servizio civile adiretto contatto con le povertà), men-

tre in pochi sentono il tema delle mi-grazioni loro particolarmente vicino,confermando un modo di sentire euna cultura che si sta affermando inmodo trasversale nel Paese e chetocca anche chi (per l’86 per cento)si ritiene credente.

«La nostra indagine – afferma laCaritas diocesana – ci offre l’imma-gine di giovani immersi in una realtàche appare troppo più grande di loroe che non si ha la forza di cambiare. Èun disagio che ha radici sociali pro-fonde che vanno ricercate anchenell’eccessiva dose di familismo checaratterizza i rapporti genitori-figli,con scarsa propensione all’autono-mia da parte delle nuove genera-zioni».

Alessandro Bongiorno

in 25CHIESA E SOCIETÀ

IndipendenzaL’89% vive a casa con i genitori

LavoroIl 57% è disoccupato

PartecipazioneSolo uno su 257 è iscritto

a un partito

FedeL’86% si professa credente

ValoriAl primo posto la famiglia

In sintesi

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Una festa patronale diversa dal con-sueto e, a giudicare dalla soddisfa-

zione dei parrocchiani e di chi altri hapartecipato, molto ben riuscita. SanLuigi Gonzaga è stato festeggiato nellaomonima parrocchia alla periferia di Ra-gusa in una due giorni che ha unito imomenti prettamente liturgici ad altreattività, assai diverse tra di loro.

Con la regia del parroco, don LucaTuttobene, e la collaborazione di uncollaudato gruppo di parrocchiani, i re-centi festeggiamenti hanno significatomolto per la parrocchia e il quartiere diSan Luigi. Non a caso il 19 giugno èstato proposto ad un pubblico moltofolto un dibattito sulle caratteristichetoponomastiche e urbanistiche delquartiere sorto, nel corso degli ultimiquaranta anni, tutto attorno alla chie-setta che – in forma di tempietto rurale– è stata edificata nel 1930. A parteci-pare al dibattito, moderato dal giornali-sta Alessandro Bongiorno, sono statil’assessore comunale ai lavori pubbliciingegnere Giovanni Giuffrida, il profes-sore Giorgio Flaccavento storico del-l’arte e dell’urbanistica ragusana,l’agronomo Enzo Firullo e lo stessopadre Luca Tuttobene. Il dibattito chene è scaturito, in toni di reciproco ri-spetto e di confronto tra idee, è statoutile a capire le peculiarità del quartieredi San Luigi, che presenta aspetti parti-colari, determinati, fondamentalmente,dalla viabilità. Appare evidente che ilquartiere è caratterizzato da tante abita-zioni distribuite su una area moltoampia e servita da una rete stradale al-l’epoca (gli anni sessanta e settanta)pensata e realizzata secondo le esigenzedelle sole autovetture provenienti daOvest (da Catania, Comiso e Vittoria),

e da Sud (da Santa Croce e dalla riviera)che comporta un sostenuto flusso auto-mobilistico a fronte di poche stradepensate e costruite per connettere legrandi arterie, soprattutto la via Fiera-mosca e il viale delle Americhe. In talsenso – almeno questo è emerso dal di-battito svoltosi dentro la chiesa – sarànecessario ripensare la rete viaria se-condaria, e fruire del moderno quartierein uno a spazi di aggregazione e di so-cialità. In tal senso la costruzione dellanuova chiesa di San Luigi in via Almi-rante, potrebbe rappresentare una va-lida soluzione.

Il 21 giugno, giorno della festa reli-giosa dedicata a San Luigi Gonzaga, èstato “invaso” il cortile alle spalle deltempietto. Il dono alla chiesa degli scoutdel Gruppo Ragusa 2 dell’Agesci (distanza proprio in quel cortile) e unaserie di veloci ma pregne iniziative cul-turali, hanno raccolto e intrattenuto unnumero inaspettato di parrocchiani e divisitatori. Una cena spartana e moltogradita ha fatto il paio con la sorpresapreparata dal coro parrocchiale: DaniloScapellato e i suoi hanno cantato ma, adifferenza di quanto fanno normalmentedurante la messa domenicale, sul pal-chetto sono spuntati anche la batteria,la chitarra e il basso elettrico, e le splen-dide voci del coro alle quali ha fatto se-guito l’esibizione di Marcello Di Francoalla cornamusa. La comunità parroc-chiale ha inteso chiudere la due giornidi festività consegnando a don Luca, inoccasione del suo ventesimo anniversa-rio di ordinazione, un regalo molto si-gnificativo: una casula rosa per lecelebrazioni “Gaudete” in Avvento e“Laetare” in Quaresima.

Saro Distefano

Quando la comunità si apre al territorioL’esempio della parrocchia di San Luigi

in 26 CHIESA E SOCIETÀ Un incontro sulla realtà del quartiere

dove nel 2021 sorgerà la nuova chiesa

L’incontro sui temi del quartiere

Musica nel cortile della parroc-

L’area dove sorgerà la nuova chiesa

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Vittoria è una città dai tanti tesori ancora da scoprire.Parte del suo patrimonio è andato perduto – o caduto

in oblio – nel corso dei secoli, ma negli ultimi decenni, unforte movimento di riscoperta e valorizzazione si è attivato,riportando in auge splendori dimenticati.

Tutto questo grazie all’impegno ed alla costanza di tanticoncittadini “esperti” di storia locale, sensibili alla valoriz-zazione del patrimonio e della storia della città. Tra questianche Gaetano Bruno che negli ultimi anni ha riacceso i faridell’interesse culturale, storico ed artistico, su uno dei “gio-ielli” della città: la chiesa ed il convento dei Frati Cappucciniin piazza Sei Martiri (Calvario).

Bruno ha già al suo attivo ben due pubblicazioni sulla storiae sulla presenza dei “Frati del popolo” a Vittoria, e sullachiesa e le sue opere d’arte e sul meraviglioso e prezioso(ma poco conosciuti ai più) altare reliquiario,gioiello del Settecento, dichiarato monu-mento nazionale. Una nuova scoperta (ilfonte battesimale dei trovatelli) è oradocumentata in una ulteriore pub-blicazione.

«Durante i lavori di restauro del reliquiario della Madonnadi Loreto – racconta Bruno – avevo deciso di ripulire unanicchia di circa 53 x 39 cm, contenente libri liturgici, una diquelle piccole nicchie che si trovano nelle chiese antiche. Lastessa versava in uno stato di totale degrado. Una volta ripu-lito lo spazio, mi è apparsa un piccolo catino di circa 24 cmdi diametro, con un foro per lo scarico dell’acqua. Poteva es-sere il fonte battesimale istituito da monsignor La China afine Ottocento per i trovatelli abbandonati “o tumminu” edel quale lo stesso parla nel suo famoso libro su Vittoria?».

Gaetano Bruno, spulciando carte di archivi e documentianche rari ed inediti, ha trovato conferme alla sua ipotesi.

Un nuovo tassello sulla storia post unitaria di Vittoria, sco-nosciuta ma intrigante, è raccontata e descritta nel volume

“Studi di Archivio – Nuovi apporti alla storia di Vitto-ria” pubblicata di recente e presentata lo

scorso maggio. In questo nuovo studio,Gaetano Bruno affronta il delicato pro-

blema dei “Projetti”, ovvero i figli in-desiderati, i cosiddetti non voluti,nati da unioni illecite e che veni-vano abbandonati alla “ruota”posta presso il convento dei Cap-puccini. Per essi si rendeva ne-cessario ed urgente amministrareil sacramento del battesimo, per-

ché il rischio di morte prematuraera altissimo.Monsignor La China, allora parroco

a San Giovanni, unica parrocchia di Vitto-ria, istituì per essi il 1 novembre del 1884 un

fonte battesimale, delegando padre Rosario Corbino, excappuccino, ad amministrare il sacramento. Il fonte venneutilizzato dal 3 gennaio 1885 fino al 16 febbraio 1930, annoin cui furono abolite le “ruote”.

Una scoperta che getta luce su un nuovo capitolo della sto-ria di Vittoria così come la scoperta dello statuto della con-gregazione dell’Immacolata Concezione – sempre ad operadel Bruno - la prima istituita a Vittoria nel lontano 1630, ri-tenuta smarrita per sempre.

Orazio Rizzo

in 27CHIESA E SOCIETÀ

Da una nicchia è riaffiorato a Vittorial’antico fonte battesimale dei trovatelli

Scoperta di Gaetano Bruno durante il restauro del reliquiario della Madonna di Loreto

Gaetano Bruno e il fonte battesimale

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Nella splendida cornice della basi-lica di San Giovanni Battista è

stato presentato, nel 375. anniversariodella fondazione della congregazionedel SS. Crocifisso di Vittoria, il libro:Architettura rurale a Vittoria, espres-sioni artistiche e devozione popolare,edito dalla stessa congregazione, vo-lume che segue e completa il prece-dente “Vittoria nell’Arte”, dato allestampe nel 2016.

Il volume, prevalentemente iconogra-fico, racconta con l’efficacia delle im-magini le bellezze architettoniche delterritorio ipparino, magnificamente im-mortalate dal maestro Maurizio Cu-gnata, che «conduce il lettore - comesottolinea il presidente Vittorio Camponella sua presentazione - in un affasci-nante percorso artistico, culturale e re-ligioso, andato in parteinesorabilmente perduto, ville e dimorestoriche in cui traspaiono i sentimentidi una profonda religiosità e devozionepopolare, con chiesette, cappelle, alta-rini, edicole votive, alcuni razziati deimarmi o degli arredi, altri con affreschiquasi illeggibili, ma pur sempre prege-

voli segni del nostro passato». Alla pre-sentazione è intervenuto l’arcipreteparroco don Salvatore Converso, cheplaudendo all’iniziativa della congrega-zione, ha ricordato che «con la bellezzadella natura e delle creature si potrà ap-profondire la consapevolezza che belloè l’offrirsi dell’infinito nel finito e lacomprensione della rivelazione e dellafede si offrirà come la via più efficaceper far giungere la buona novella almondo d’oggi».

Il professor Gaetano Bonetta, do-cente ordinario all’Università di Cata-nia, nella sua introduzione raccontainvece «l’epopea del popolo vittoriesedall’origine ai nostri giorni», analizzan-done con cura storica il rapporto dellacittà con la campagna, sdoganandolodal pregiudizio del “malavitoso”. «Cittàe campagna vivono - ha sottolineato Bo-netta - in maniera sistematica: le sortidell’una si sono sempre connesse conquelle dell’altra», mettendo in evidenzala «forte spinta etica e sociale, di legalitàe di civiltà».

Le foto del volume portano la firma diMaurizio Cugnata. Il suo obiettivo si è

posato da villa Vindigni a villa IaconoRoccadario, dalla masseria fortificatadei Ricca di epoca baronale di contradaScaletta a villa Custoreri, entrambe delXVIII secolo; dalla chiesa di Santa Ro-salia a villa Lio, dalla chiesetta Mariadella Concezione a villa Iacono deiprimi dell’Ottocento con la cappella li-gnea all’interno del portico; e poi glisplendidi affreschi di villa Murè e di villaIacono-Turtulici; e poi ancora villa Pan-cari-Incardona, villa Morso-Maggio,villa Mazza-Gambino, villa Davide, villaCarfì Pavia, villa Pancari Scrofani dicontrada Salina, fino allo Chalet deiPancari ed infine a villa Di Blasi e villaMarceca, in un meraviglio caleidosco-pio, che va dagli inizi del Settecento aiprimi del Novecento, dal Neogoticoall’Eclettico, fino al Liberty.

La presentazione del volume si è con-clusa con gli approfondimenti del cri-tico d’arte Alfredo Campo, per quantoriguarda gli affreschi, e dello studiosoSalvatore Palmeri di Villalba, che si èsoffermato sulle ville e i palazzi.

Marcello Cannata

in 28 CHIESA E SOCIETÀ

Esempi di arte e di devozione popolarenell’architettura rurale del Vittoriese

Presentata l’ultima pubblicazione della congregazione del SS. Crocifisso

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In queste ultime settimane abbiamonotato un notevole interesse della

stampa laica per la devozione che laChiesa Cattolica ha verso il Cuore Im-macolato di Maria. Al culto contribui-rono soprattutto gli eventi di Fatimaquando la Madonna, parlando ai trebambini insieme alle atrocità che avreb-bero colpito il XX secolo, chiese la con-sacrazione della Russia al suo CuoreImmacolato promettendone il trionfo(apparizione del 13 luglio 1917).Questomessaggio da Maria viene posto nei“cuori dei bambini” i soli ad entrare ecomprenderne il grande mistero.

Celebrare la memoria del Cuore Im-macolato è comprendere le caratteristi-che ed i tratti di questo cuore. Il CuoreImmacolato di Maria è un cuore sem-plice e umile consapevole delle proprielimitatezze ma pieno di fiducia in Dio,un cuore che si abbandona totalmenteall’azione di Dio. È un cuore sapienteche cerca nella Scrittura di compren-dere i fatti che annunciati dai profeti eudite nel momento dell’annunciazionesi compiono nella quotidianità di Naza-reth passando per la vita pubblica diGesù fino al Calvario. Il Cuore di Mariaè un cuore gioioso e orante, gioia can-tata nel Magnificat (Lc. 1,47) dove ellaesprime la capacità di vedere nella pro-pria vita l’intervento di Dio. Discretanella vita pubblica di Gesù, lo accompa-gna con cuore orante che si apre ai bi-sogni dei figli: così sarà nell’episodiodelle nozze di Cana (Gv 2,1-11) quandochiede con delicata fermezza al Figliodi intervenire perché percepisce nelcuore la difficoltà incombente della gio-vane coppia. Un cuore che prega congli Apostoli nell’attesa del Paraclito (At.1,13-14) perché quel cuore per gli Apo-

stoli, deposito della Verità Incarnata,rappresenta la ricchezza più grande do-nata da Gesù ai discepoli. Cuore offe-rente perché offre Gesù al tempio (Lc2,21-24) e lo offre, come discepola fe-dele al disegno del Padre, sul Calvariocosì divenendo Madre dell’umanità.Cuore addolorato deve rinunciare allacarne della sua carne per accogliere lamoltitudine di figli che dal quel mo-mento la cercheranno.

Così il progetto di Dio Padre, pen-sato fin dalle origini per questa Crea-tura con la sua accettazione vieneportato a compimento : essere Madre diMisericordia, essere Madre di coloroche desiderano riconciliarsi con Dio.Come il Figlio mostrerà per i secoli la

piaga del suo cuore “fonte di ogni con-solazione e misericordia” ella dovràmostrarsi all’umanità provata come ul-timo rimedio: la sua missione è ora inquesto tempo: da Guadalupe, a Lour-des, a Fatima, al silenzioso pianto di Si-racusa il Cuore della Madre non cessadi amare gli uomini. Nessuno infatti èstato privato dalla sua carezza. Per tuttele anime l’invito di Maria è quello di en-trare “nel tempio del cuore per esserespiritualmente rinnovata ed ottenere ilperdono dei peccati.(…) Infatti l’offertaspirituale che purifica e sale gradita aDio , non è tanto l’opera delle mani inse stessa, quanto il sacrificio spiritualeche si immola nel tempio del cuore”.

Carmelo Ferraro

in 29CHIESA E SOCIETÀ

Il culto del Cuore immacolato di MariaDa Fatima a oggi, una carezza per tutti

Il significato di una devozionedi cui si è parlato forse a sproposito

Sacro Cuore di Maria, olio su tela, ambito siciliano, 1846 Monterosso Almo, chiesa di Maria Santissima Assunta

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Nel salone della parrocchia Prezio-sissimo Sangue di Ragusa, si è

svolta la Tavola rotonda “Diritto per lapace: il coraggio mai vinto delle donnecontro ogni guerra”, organizzata dallaCattedra di dialogo tra le culture, incollaborazione con l’Ordine forensedella Provincia di Ragusa. Ha intro-dotto padre Biagio Aprile, direttoredella stessa Cattedra, con un riferi-mento ai valori trasversali alle epoche eai popoli contenuti nelle tragedie gre-che e al significato di “barbarie” comesmarrimento dei valori fondanti di unaciviltà. A seguire, Teresa Noto, do-cente di greco e latino al liceo classico“G. Carducci” di Comiso, ha conte-stualizzato storicamente la tragedia “LeTroiane” di Euripide e la commedia“Lisistrata” di Aristofane. La relazionedella docente ha sottolineato la dignità,la forza, il coraggio delle donne (attra-verso l’autore) nel denunciare certe pa-gine oscure della storia della grandeGrecia; in particolare, come la guerranon sia vantaggiosa per nessuno, vinci-tori o vinti, ma solo strumento di bar-

barie, distruzione e morte.L’uditorio è stato avviato ad una più

ampia comprensione del testo, in vistadi una migliore fruizione delle rappre-sentazioni a Siracusa. La magistrale let-tura di alcuni versi, infatti, da partedell’attrice Tiziana Bellassai, coadiu-vata dal giovane talento Manuel Manfrée dall’avvocato Giovanni Favaccio, hacontribuito a regalare emozioni e atmo-sfere da gran teatro, avvalorando la re-lazione della docente Noto. La tavolarotonda ha previsto l’intervento conclu-sivo dell’avvocato Simona Pitino, presi-dente del Comitato per le pariopportunità dell’Ordine forense di Ra-gusa, con un excursus storico sulla con-dizione della donna nel diritto civile edella lenta presa di coscienza del suosvantaggio sociale. Dalla relazione èemerso come, soltanto in tempi assairecenti, siano avvenuti l’abolizione deldelitto d’onore nella coppia nel 1975, enel 1981 il riconoscimento della vio-lenza sulle donne come offesa alla per-sona e non alla morale pubblica. Pitinoha evidenziato le dinamiche di tragedia

e sopruso sulle donne che attraversanotutti i tempi, e come sia necessariaun’ulteriore presa di coscienza del pro-blema “emancipazione della donna” at-traverso la sensibilizzazionedidattico-formativa e la giusta informa-zione nei riguardi dell’opinione pub-blica; come anche la stesura di leggi cheattenuino lo svantaggio civile delledonne.

La Cattedra continua a perseguire lasua missione e a raccogliere preziosifrutti. Suo grande merito è senz’altroquello di stare riuscendo a far dialogaresaperi diversi, senza limitarsi a discorsiaccademici, aprendosi ad un ampiopubblico, non solo specialistico. Tuttociò nella ricerca comune di una mi-gliore comprensione delle problemati-che attuali, nel tentativo di percorrerestrategie efficaci di intervento, avvalen-dosi dei contributi delle scienze umanein costante dialogo con la sapienza cri-stiana. Nella mai inutile speranza di ri-trovare l’unità dei saperi e l’eternabontà della verità.

Pasquale Monaco

in 30 CHIESA E SOCIETÀ

Cattedra del dialogo e Ordine forense studiano insieme le scienze umane

Il coraggio delle donne contro la guerraDalla barbarie al diritto per la pace

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Riappropriamoci del piacere di ascoltareEsame gratuito al centro acustico Sento

Alzare il volume della tv, per-cepire solo parti di un di-scorso, fare fatica a seguireuna conversazione, lasciarsisfuggire la richiesta di unbambino: sono piccoli segnalidi un disagio che interessamolti di noi. Segnali chespesso sottovalutiamo. Prefe-riamo tirare avanti sapendo,però, che la situazione non èdestinata a migliorare. Cresceinvece un disagio che rischiadi allontanarci dai suoni dellanostra vita e, persino, dai no-

stri cari. Ma, anziché pensareche spetti ad altri avere biso-gno del consiglio di unesperto, possiamo decidere diriappropriarci del piacere diascoltare. Basta chiedereaiuto a un centro e a personalespecializzato. A Ragusa, in viaIngegnere Migliorisi, 43, c’èSento, il Centro Acustico

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chiamando lo 0932-655292.

Fisseremo insieme un ap-puntamento, prendendoci curadella salute del tuo orecchio escoprendo quelle soluzioni cheti aiuteranno a ritrovare suonie parole altrimenti perdute.

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La raccolta differenziata a Comisoraggiunge il 62,5 per cento. È uno

dei dati più alti in Sicilia. Il nuovo corsoè stato avviato in aprile, dopo la distri-buzione, per due mesi, dei nuovi ma-stelli.

Non tutti però hanno sposato il nuovoprogetto. Taluni, addirittura, nonhanno mai ritirato i mastelli, presuppo-sto indispensabile per l’avvio proficuodella nuova differenziata. E dopo al-cune settimane sono partite le diffide:bisogna ritirare i mastelli, pena pesantisanzioni. Sono scattate le prime multeper chi non differenzia come dovrebbe.I controlli continueranno. Sarannocontrolli effettuati nelle strade per ve-rificare la congruità del conferimentodei rifiuti, ma anche controlli incrociaticon i dati dei residenti. L’obiettivo è al-zare sempre di più la percentuale. Sonoarrivate cinque isole ecologiche dovesarà possibile conferire i propri rifiutiin caso di necessità: la partenza per unviaggio, o altro. Sono state sistemate inquattro punti strategici della città (piaz-zale Molinazzo, piazza Majorana, quar-

tiere santi Apostoli, via Cechov e viaVolga, a Pedalino). Nell’isola ecologicasarà possibile conferire tutti i rifiuti dif-ferenziati, tranne il “secco”, cioè i ri-fiuti indifferenziati. Si potrà accedereall’isola ecologica attraverso la tesserasanitaria, che dovrà però essere colle-gata all’utenza Tari. Un sistema di tele-camere controllerà le modalità diconferimento da parte degli utenti epermetterà di evitare che i soliti furbettine facciano un uso deviato. Le isoleecologiche sono entrate in funzione il24 giugno.

«Le isole ecologiche – spiega l’asses-sore all’Ambiente, Biagio Vittoria –sono state pensate per aiutare i cittadiniche si trovano in situazioni particolari,quali ad esempio una cena di sabatosera che, in caso contrario, costringe-rebbe fino al lunedì successivo a tenerenei mastelli sia le frazioni di umido, laplastica o il vetro. In questi casi, en-trano in gioco le isole ecologiche. Op-pure ancora, l’impossibilità per svariatimotivi, di usufruire di un turno di rac-colta. Anche in questo caso, si può ri-

correre alle isole. Ma la principaleforma di differenziata è il porta a porta.Le isole non sono una sostituzione, mauna semplice agevolazione. Sono unostrumento in più a servizio dei citta-dini».

Da Vittoria a Comiso, dove il sistemadi raccolta dei rifiuti ha avuto non pochiproblemi. Resta, però, una larga fettadella popolazione che non differenziacome dovrebbe. Il 25 giugno gli opera-tori ecologici hanno lasciato i sacchineri pieni di rifiuti fuori dalla porta, ap-ponendo un bollino: “rifiuto non con-forme”. Dentro quei sacchi facevanobella mostra di se bottiglie di plastica,barattoli di vetro, carta e cartone. Moltihanno protestato. La giornata del con-ferimento del “secco” non può essereutilizzata come valvola di salvataggioper chi non differenzia come si do-vrebbe. All’esterno della casa bisogneràlasciare i sacchi neri semi-trasparenti edifferenziare bene. Anche in questocaso scatteranno le multe.

Francesca Cabibbo

A Comiso la differenziata è partita beneImportante il senso civico dei cittadini

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Problemi si registrano invece a VittoriaIl Comune pronto a ricorrere alle multe

Una delle isole ecologiche attivivata per le esigenze particolari a Comiso

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L’Italia è spaccata in due. La frat-tura appare abbastanza evidente

tra il Centro Nord e il Mezzogiorno.Certo non è una novità, anzi è una con-ferma. Quello che stupisce è l’incapa-cità storica (o lo scarso impegno?) aridurre le distanze che rendono semprepiù vulnerabile il Paese.

L’immagine di uno stivale diviso ametà sintetizza i risultati de “L’aggior-namento delle misure del Bes” (benes-sere equo e sostenibile) che è statopubblicato recentemente dall’Istat. IlBes è un sistema di indicatori, svilup-pato da studiosi di diversa estrazione eprovenienza, per cercare di fotografa-re lo stato di salute del Paese. Questosuper indicatore è costruito da dodicidiverse dimensioni che vanno dallecondizioni di salute al benessere eco-nomico delle persone, dal patrimoniopaesaggistico e culturale alla qualità deiservizi.

Purtroppo il risultato è duro e ci diceche il problema della distanza tra Cen-

tro Nord e Mezzogiorno è una que-stione di sistema, non solo di lavoro odi economia. Lo riscontriamo dalla let-tura dei principali risultati.

Dice il report che, sebbene la spe-ranza di vita alla nascita sia cresciuta intutto il paese, la distanza tra i territori èforte. La crescita avuto intensità diversementre a Firenze la speranza di vita deicittadini raggiunge intorno agli 84 annia Napoli non si superano gli 81 dimedia. Anche nell’ambito dell’istru-zione il divario è ampio: il tasso di iscri-zione all’Università dei ragazzi, che sisono diplomati, tocca percentuali piùelevate nelle città del Nord a parteL’Aquila, mentre il gruppo delle per-centuali minori è formato da Siracusa,Bari, Napoli, Palermo tutte del Sud aparte Vercelli e Imperia. Stessa situa-zione si ritrova osservando il benessereeconomico: il reddito medio disponi-bile pro capite segna una differenza dicirca 8mila euro tra le aree geograficheconsiderate e discorso simile vale per il

lavoro, da cui il reddito deriva, in molticasi.

Quando passiamo agli indicatoristrutturali, la situazione non migliora.Se si considera l’irregolarità del servi-zio elettrico le interruzioni hanno su-perato i tre minuti per utenti nelMezzogiorno, contro circa il minuto emezzo del resto d’Italia. Per quanto ri-guarda la strutturazione della società ci-vile se ne sono trovate 63 ogni 10 milaabitanti nel centro Nord e 44 su 10 milanel Sud.

Il rapporto evidenzia che le disparitàrintracciate tra i singoli e tra le famiglieaccompagnano quelle che riguardanole comunità. Ridurre la distanza traNord e Sud è essenziale al nostro Paese,anche se sembra un problema semprerimandato, perché più cresce la disu-guaglianza tanto più sarà difficile agirecome sistema.

Andrea Casavecchia

È essenziale per il Paese mettere il Sudnelle stesse condizioni del Centro-Nord

Le disuguaglianze mortificano il SudL’Italia resta ancora spezzata in due

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Nini Ferrara, è un artista siciliano.Si diploma all’INDA di Siracusa, intraprendendo poi, aRoma, una lunga gavetta a fianco di artisti come EnricoMaria Salerno, Giancarlo Sbragia, Gabriele Lavia, AldoNicolaj.È regista, attore, drammaturgo, docente d’arti sceniche.Negli ultimi anni, affianca al Teatro sue vecchie pas-sioni, quali la fotografia e la pittura, continuando e tras-lando in queste forme di espressione artistiche, illinguaggio estremamente aderente all’impressionismoe al simbolismo del XIX secolo che ha già contraddi-stinto gran parte della sua attività di palcoscenico.“La regata” è un acquerello del 2019, ove la vita e le “in-sidie” che essa stessa racchiude, si fondono l’una sul-l’altra, delineando però quella linea d’ombra lungo laquale l’uomo conduce i suoi passi, in un precario equi-librio non dissimile dall’Agostiniana simbiosi tra fede eragione. ([email protected])

in 34 IN COPERTINA

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