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1 IL TRATTAMENTO NEUROCHIRURGICO DEGLI ASTROCITOMI GIGANTOCELLULARI SUBEPENDIMALI (SEGA) NELLA SCLEROSI TUBEROSA DI BOURNEVILLE. UNA SERIE DI 44 PROCEDURE CHIRURGICHE IN 31 PAZIENTI. Flavio Giordano a , Caterina Stafuzza a , Barbara Spacca a , Manuela Grandoni a , Marta Baggiani a , Regina Mura a , Gabriella Bartalini b , Maurizio Lucchesi c , Iacopo Sardi c , Anna Maria Buccoliero d , Chiara Caporalini d , Francesco Mari e , Carmen Barba e , Giuseppe Oliveri f , Renzo Guerrini e , Lorenzo Genitori a a UOC Neurochirurgia – Ospedale Meyer - Firenze b Clinica Pediatrica – Policlinico Le Scotte – Siena c Unità di Neurooncologia – Ospedale Meyer – Firenze d Unità di Anatomia Patologica - Ospedale Meyer – Firenze e UOC Neurologia Pediatrica – Università di Firenze - Ospedale Meyer f UOC Neurochirurgia - Policlinico Le Scotte – Siena Corrispondenza: Dr Flavio Giordano UOC Neurochirurgia – Ospedale Meyer Viale Pieraccini 24 – 50139 FIRENZE [email protected] Introduzione Le lesioni cerebrali osservate nella Sclerosi Tuberosa o Tuberous Sclerosis Complex (TSC) includono tuberi corticali, noduli subependimali (SENs), astrocitoma subependimale a cellule giganti (SEGA) e anomalie della sostanza bianca [1, 3, 9, 12, 16, 18, 25-31]. I SEGA colpiscono il 5-20%

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IL TRATTAMENTO NEUROCHIRURGICO DEGLI ASTROCITOMI

GIGANTOCELLULARI SUBEPENDIMALI (SEGA) NELLA SCLEROSI TUBEROSA DI

BOURNEVILLE. UNA SERIE DI 44 PROCEDURE CHIRURGICHE IN 31 PAZIENTI.

Flavio Giordanoa, Caterina Stafuzzaa, Barbara Spaccaa, Manuela Grandonia, Marta Baggiania,

Regina Muraa, Gabriella Bartalinib, Maurizio Lucchesic, Iacopo Sardic, Anna Maria

Buccolierod, Chiara Caporalinid, Francesco Marie, Carmen Barbae, Giuseppe Oliverif, Renzo

Guerrinie, Lorenzo Genitoria

aUOC Neurochirurgia – Ospedale Meyer - Firenze

bClinica Pediatrica – Policlinico Le Scotte – Siena

cUnità di Neurooncologia – Ospedale Meyer – Firenze

dUnità di Anatomia Patologica - Ospedale Meyer – Firenze

eUOC Neurologia Pediatrica – Università di Firenze - Ospedale Meyer

fUOC Neurochirurgia - Policlinico Le Scotte – Siena

Corrispondenza:

Dr Flavio Giordano

UOC Neurochirurgia – Ospedale Meyer

Viale Pieraccini 24 – 50139 FIRENZE

[email protected]

Introduzione

Le lesioni cerebrali osservate nella Sclerosi Tuberosa o Tuberous Sclerosis Complex (TSC)

includono tuberi corticali, noduli subependimali (SENs), astrocitoma subependimale a cellule giganti

(SEGA) e anomalie della sostanza bianca [1, 3, 9, 12, 16, 18, 25-31]. I SEGA colpiscono il 5-20%

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dei pazienti con TSC e sono i tumori cerebrali più comuni (90%), tipicamente intraventricolari,

localizzati a livello del nucleo caudato, e a lenta crescita [1, 3, 9, 12, 16, 18, 21, 25-31]. Si tratta di

neoplasie caratterizzate da elevata mortalità (quasi il 50%) in caso di emorragia, cistizzazione

intratumorale, e idrocefalo acuto [6, 8-9, 10, 15, 17, 25, 27, 35]. Anche se recentemente sono stati

proposti nuovi trattamenti con farmaci inibitori m-TOR (Everolimus, Sirolimus, Tacrolimus) [2, 5,

12-13, 18-20, 24-25, 29, 32, 36], la asportazione chirurgica presso centri specializzati e

adeguatamente pianificata può permettere un controllo efficace e rappresenta ancora la loro terapia

di prima scelta [3, 5, 18-20, 25, 29, 34]. In questo studio vengono presentati i risultati di una serie

chirurgica di 31 pazienti portatori di SEGA, sottoposti ad un totale di 44 procedure chirurgiche per il

trattamento della malattia.

Serie Chirurgica

Tra il 1994 e il 2015, abbiamo osservato presso la Neurochirurgia Pediatrica dell’Ospedale

“Meyer” di Firenze e del Policlinico “Le Scotte” di Siena 89 pazienti con TSC, di cui 38 portatori di

SEGA (42,7%). Trentuno pazienti (81,6%) sono stati sottoposti ad asportazione chirurgica, per un

totale di 44 interventi; la popolazione era costituita da 17 maschi e 14 femmine con età media 11,3

anni (range 6 mesi - 34,3 anni). Quattordici pazienti erano affetti da TSC famigliare. Mutazioni del

gene Tsc1 e Tsc2 erano presenti rispettivamente in uno (3,2%) e 13 (41,9%) pazienti. In sette e due

casi i SEGA erano rispettivamente bilaterali (22,6%) e multipli (6,4%). La sede maggiormente

interessata è stata la testa del nucleo caudato (41/38; 86,8%), seguita da localizzazioni meno comuni

come il corno occipitale (1; 2,3%) e temporale (1), e il trigono ventricolare (1) [Figura 1].

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Figura 1 – Esempi di SEGA in sede tipica e atipica, e di SEGA bilaterali e multipli.

Le manifestazioni cliniche associate alle TSC includevano epilessia (28/31; 90,3%), farmaco-

resistente in nove casi (32,1%), ritardo neuropsicomotorio (19/31; 61,3%), ipertensione endocranica

(13/31; 41,9%), deficit neurologici (6/31; 19,3%). In 14/31 (45,2%) pazienti era presente idrocefalo

pre-operatorio associato a sintomi di ipertensione endocranica, in 11/31 (35,4%) ventricolomegalia

senza aumento di pressione liquorale. L’indicazione chirurgica è stata posta in presenza di crescita

tumorale (22), ipertensione endocranica (13), SEGA a rischio di idrocefalo (12), comparsa e/o

peggioramento della sintomatologia (6), lesioni di almeno 20 mm di diametro in assenza di rischio

anestesiologico significativo (5), cistizzazione tumorale (2) ed emorragia acuta intratumorale (1). In

14/31 pazienti (45,2%) è stato necessario eseguire un primo intervento urgente per il controllo

dell’ipertensione endocranica mediante drenaggio ventricolare esterno (DVE) (4), procedura

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endoscopica (3), derivazione liquorale ventricolo-peritoneale (DVP) (1), o posizionamento di

reservoir intraventricolare di Ommaya per aspirazione del liquor (1) [Figura 2].

Figura 2 – Esempi di idrocefalo acuto associato a cistizzazione (A) ed emorragia intratumorale (B); paziente

sottoposto a drenaggio liquorale ventricolo-peritoneale (DVP) per idrocefalo secondario a cistizzazione

tumorale (C).

Sono stati eseguiti un totale di 44 interventi e i pazienti sono stati seguiti con un follow-up

clinico e neuradiologico medio di 4,9 anni (6 mesi – 17,6 anni). La asportazione è stata

macroscopicamente radicale (GTR) nel 86,4% delle procedure (38/44); parziale (STR) nel 13,6%

(8/44). I SEGA bilaterali sono stati asportati in due (5/7) e un tempo chirurgico (2/7). L’approccio

microchirurgico più utilizzato è stato la via transcallosa in 38 pazienti (30 GTR, 8 STR) [Figura 3]

seguita dalla via transcorticale-transventricolare in 6 (6 GTR) [Figura 4].

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Figura 3 – Asportazione radicale microchirurgica per via transcallosa (freccia rossa): RM encefalo T1 con

mdc in scansione sagittale pre- (A) e post-operatoria (C); visione intraoperatoria microchirurgica del SEGA

(B).

Figura 4 – Asportazione radicale microchirurgica per via transcorticale transventricolare (freccia rossa): RM

encefalo T1 con mdc pre-operatoria in scansione coronale (A) e sagittale (B); RM encefalo T1 con mdc post-

operatoria in scansione coronale (C) e sagittale (D).

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L’esame istologico ha confermato la diagnosi di SEGA in tutti i 44 interventi; l’indice di

proliferazione cellulare (MIB-1) è risultato basso (1-3) nella maggioranza dei pazienti (29/44),

seguito da forme a medio (MIB-1 4-5 in 10/44 casi) ed elevato tasso di crescita (MIB-1 > 6 in 5/44

casi) [Figura 5].

Figura 5 – Istologia in microscopia ottica di Astrocitoma Subependimale a Cellule Giganti (SEGA): il tumore

è costituito da cellule di grossa e media taglia e abbondante citoplasma (colorazione Ematossilina – Eosina).

Sono state osservate 11 recidive in 31 tumori operati (35,5%) successive ad asportazione

parziale (6 casi dopo STR) e radicale (5 casi dopo GTR), dopo un follow-up medio di 29,7 mesi (2

mesi – 6,2 anni). In due recidive erano presenti all’esame istologico un MIB-1 > 6 (1) e atipie nucleari

(1). Il trattamento delle recidive è stato chirurgico (9/11) e medico con farmaci inibitori mTOR

(Everolimus) (2/11). I due pazienti trattati con Everolimus avevano una superficie corporea di almeno

2,2 m2; la dose iniziale è stata di 5 mg/die, poi aumentata fino ad ottenere una concentrazione sierica

di Everolimus pari a 5-15 ng/mL ottenendo dopo 20 mesi di terapia una stabilizzazione della recidiva.

Due pazienti colpiti da recidiva di SEGA, affetti da epilessia farmaco-resistente e già portatori di

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stimolatore vagale (VNS), sono stati sottoposti ad aportazione radicale e callosotomia totale, nella

stessa procedura, ottenendo un miglior controllo delle crisi epilettiche toniche/atoniche con caduta.

Il tasso di mortalità è stato di 1 su 33 pazienti operati (2,3%), dovuto a infarto miocardico

acuto in SEGA sottoposto ad intervento urgente per emorragia intratumorale intraventricolare

determinante idrocefalo. Le complicazioni chirurgiche hanno interessato dieci procedure (22,7%) in

forma di igroma subdurale (3) drenato chirurgicamente, idrocefalo acuto (2) controllato mediante

EVD, infezione chirurgica (1), edema cerebrale (1), deficit della memoria (1) ed emiparesi (1).

All’ultimo follow-up, 27 pazienti su 30 (90%) non mostravano evidenza di malattia, mentre

in un paziente (3,3%) il tumore era stabile ed in due (6,7%) in progressione. Il quadro clinico è

migliorato (18/30; 60%) e rimasto stabile (10/30; 33,3%) in quasi tutti i pazienti; un peggioramento

persistente (3/30; 6,7%) si è osservato a causa di deficit neurologici permanenti come emiparesi (1),

deficit di memoria (1) e cecità sopraggiunta nel follow-up per idrocefalo tardivo (1). In 12/30 (40%)

pazienti si è osservato un miglior controllo dell’epilessia dopo intervento esclusivo di asportazione

del SEGA (8), asportazione tumorale associata a callosotomia totale e impianto VNS (2), asportazione

tumorale e VNS (2). All’ultimo follow-up il 40% (12/30) dei pazienti operati ha uno shunt liquorale:

fra questi nove presentavano idrocefalo e ventricolomegalia pre-operatoria, mentre uno era già stato

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sottoposto all’impianto della DVP prima dell’intervento di asportazione del tumore [Figura 6].

Figura 6 – Tabella e grafici riassuntivi delle condizioni cliniche, dell’incidenza dell’idrocefalo e dei risultati

nel controllo della malattia tumorale e dell’epilessia all’ultimo follow-up, e relativa morbilità chirurgica

(NED= Not Evidence of Disease: assenza di tumore nelle RM encefalo di controllo; PFD= Progression Free

Disease: residuo e/o recidiva stabile nelle RM encefalo di controllo; PD= Progression of Disease: residuo e/o

recidiva in crescita nelle RM encefalo di controllo).

Discussione

La nostra serie di 44 interventi neurochirurgici in 31 pazienti con TSC conferma l’efficacia a

lungo termine della chirurgia dei SEGA: il 90% dei pazienti è senza evidenza di malattia dopo un

follow-up medio di 4,9 anni.

Nel nostro studio è emersa una prevalenza del 42,7% (38 casi di SEGA su un totale di 89

pazienti con TSC), valore superiore rispetto alla letteratura (5-20%) [1-3, 5-6, 8, 11, 14-15, 17-19,

21-23, 25-31, 34], mentre l’età media di 11,3 anni è in linea con le principali casistiche [1-3, 5-6, 8,

11, 17-19, 21-23, 25-31, 34]; il più piccolo paziente è un bambino di sei mesi di vita. Non sono state

osservate differenze di sesso (19 maschi, 19 femmine, ratio 1 : 1). Come descritto in letteratura [1-3,

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5-6, 8, 11, 17-19, 21-23, 25-31, 34], la sede maggiormente interessata è il solco talamo/caudato e la

testa del nucleo caudato in prossimità del forame di Monro (41/38; 86,8%), seguita da localizzazioni

meno comuni come il corno occipitale (1; 2,3%) e temporale (1), e il trigono ventricolare (1); SEGA

bilaterali e multipli sono stati osservati in sette (22,6%) e due casi (6,4%) rispettivamente. I SEGA

sono la neoplasia cerebrale più comune del sistema nervoso centrale nei pazienti affetti da TSC e

colpiscono in media il 5-20% dei pazienti, con picco di incidenza dei primi due decenni di vita, anche

se sono descritti casi sporadici durante la vita fetale e in utero [1, 3, 8-9, 12, 16, 18, 21, 25-31]. Nel

56,7% si associa mutazione del gene Tsc2, la cui positività spesso determina crescita più rapida dei

SEGA, nel 15% la mutazione del gene Tsc1 [1, 3, 8-9, 12, 16, 18, 21, 25-31]. I SEGA sono tumori

intraventricolari, prevalentemente localizzati a livello del solco tra talamo e nucleo caudato in

corrispondenza del forame di Monro, ma possono anche svilupparsi in sedi atipiche come il trigono

ventricolare, e del corno occipitale e temporale; nel 30-35% sono bilaterali [21, 25, 27, 29, 30-31, 34-

35]. La frequente localizzazione in prossimità del forame di Monro spiega l’elevata incidenza di

idrocefalo ostruttivo [1-3, 6, 8, 10-11, 14-19, 21-23, 25-31, 34-35]. Data la medesima localizzazione,

è importante distinguire i SEGA dai noduli subependimali (SEN), presenti fino al 95% dei pazienti

con TSC [1-3, 6, 8, 10-11, 14-19, 21-23, 25-31, 34-35]: i SEN sono solitamente privi di captazione

del mezzo di contrasto, di diametro inferiore a 13 mm, e raramente causa di idrocefalo; i SEGA hanno

diametro superiore a 15 mm, impregnazione contrastografica, calcificazioni incomplete e spesso

causa di idrocefalo [1-3, 6, 8, 10-11, 14-19, 21-23, 25-31, 34-35]. Anche se tumori di solito non

aggressivi e a lenta crescita (grado WHO), i SEGA sono responsabili del 25% del tasso di mortalità

associata a TSC, secondi alle patologie renali, percentuale che aumenta al 50% in caso di idrocefalo

acuto ed emorragia intratumorale [1-3, 8-9, 25-27, 35].

In questa serie, il 41,9% (14/31) e il 90,3% (28/31) dei pazienti presentavano rispettivamente

ipertensione endocranica associata a idrocefalo ed epilessia (28/31; 90,3%), in nove soggetti

l’epilessia era farmaco-resistente (32,1%). Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura: la

clinica dei SEGA è per lo più rappresentata da sintomi e segni di ipertensione endocranica come

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cefalea, vomito, e calo del visus (35%), epilessia (86,8%), e, più raramente deficit neurologici focali

[1-3, 4-8, 10-11, 17-19, 21-23, 25-31, 34]. L’ipertensione endocranica è solitamente dovuta

all’idrocefalo ostruttivo associato, l’epilessia alle malformazioni di sviluppo corticale (tuberi,

displasie corticali focali) spesso presenti, anche se è stato osservato un peggioramento delle crisi

epilettiche in caso di crescita tumorale [1-3, 4-8, 11, 17-19, 21-23, 25-31, 34].

Il trattamento di scelta dei SEGA è l’asportazione chirurgica [1-3, 4-8, 10-11, 17-19, 21-23,

25-31, 34] anche se l’uso di farmaci inibitori del pathway di m-TOR (Everolimus, Sirolimus,

Tacrolimus) ha permesso di ottenere una riduzione del volume dei SEGA mentre più dubbi appaiono

i risultati sulla frequenza e gravità delle crisi epilettiche [2, 5, 12-13, 18-20, 24-25, 29, 32, 36]. La

chirurgia diretta permette un buon controllo della lesione tumorale e dell’idrocefalo ostruttivo

associato anche se talvolta esso costituisce un’urgenza prioritaria alla asportazione [2, 4, 6, 10-11,

14-15, 17, 18, 23, 33, 35]. Secondo le attuali raccomandazioni, l’intervento chirurgico è consigliato

in presenza di crescita tumorale, ipertensione endocranica dovuta a idrocefalo ostruttivo, emorragia

o cistizzazione tumorale, SEGA a rischio di idrocefalo, comparsa e/o peggioramento del quadro

clinico, lesioni di almeno 20 mm di diametro in assenza di rischio anestesiologico significativo [2,

17, 19, 22, 25, 29, 34]. Nella nostra serie la principale indicazione all’intervento è stata la crescita

tumorale (22), seguita dalla presenza (16) o dal rischio elevato (12) di ipertensione endocranica per

idrocefalo, provocato in tre casi da emorragia (1) e cistizzazione tumorale acuta (2). Sei e cinque

pazienti sono stati operati per peggioramento dei deficit neurologici focali e per SEGA di diametro

pari ad almeno 20 mm. Come descritto in letteratura in caso di idrocefalo sintomatico a rischio di

scompenso, è consigliabile eseguire una procedura endoscopica o di diversione liquorale prima della

asportazione tumorale per porre in sicurezza il paziente e rendere più agevole l’intervento successivo

[2, 4, 6, 10-11, 14-15, 17, 18, 23, 33, 35]. Questa strategia è stata applicata in 14 pazienti (45,2%), di

cui quattro e tre sottoposti a DVE e procedura endoscopica, uno a impianto diretto di DVP, e uno a

posizionamento di catetere intraventricolare connesso a reservoir per sottrazione periodica del liquor.

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Gli approcci microchirurgici utilizzati per l’asportazione dei SEGA sono rappresentati dalla

via transcallosa e della via transcorticale-transventricolare: la via transcallosa è più frequentemente

applicata, e trova indicazione soprattutto in presenza di piccoli tumori localizzati a livello del terzo

anteriore del ventricolo laterale; la via transcorticale-transventricolare è realizzabile solo con

ventricoli sufficientemente dilatati, ma è efficace nel controllo di tumori più voluminosi localizzati

in altri distretti del sistema ventricolare [1-3, 5-6, 8, 11, 14-15, 17-19, 21-23, 25-31, 34]. Nella nostra

serie, trentuno pazienti hanno ricevuto un totale di 44 interventi per asportazione del tumore dopo

prima diagnosi (31), recidive (11), SEGA bilaterali (7) e multipli (2). La asportazione è stata

macroscopicamente radicale (GTR) nella maggior parte dei casi (38/44; 86,4%), parziale (STR) nel

13,6% (8/44). L’approccio microchirurgico più utilizzato è stato la via transcallosa in 38 pazienti (30

GTR, 8 STR), seguito dalla via transcorticale-transventricolare in 6 (6 GTR) riservata a SEGA

voluminosi, in sede atipica e associati a taglia ventricolare aumentata. I nostri risultati in termine di

asportazione radicale (86,4%) e parziale (13,6%) sono in linea con i dati della letteratura (55-95% e

10-20%) [1-3, 5-6, 8, 11, 14-15, 17-19, 21-23, 25-31, 34].

L’esame istologico ha sempre confermato la diagnosi di SEGA, riscontrando rispettivamente

in dieci e cinque casi un indice di proliferazione medio (MIB-1 4-5) ed elevato (MIB-1 > 6).

All’esame istologico i SEGA mostrano caratteri quanto mai variabili sia per la morfologia delle

cellule tumorali (fusate, poligonali, neurono-simili) che per il modo in cui esse si dispongono

(architettura perivascolare, papillare, solida); generalmente non si osservano mitosi, la frazione di

crescita (MIB-1) è bassa e la trasformazione anaplastica è eccezionale [1, 3, 5, 12, 16, 25, 28-30].

Dopo un follow-up medio di 4,9 anni (6 mesi – 17,6 anni), sono state diagnosticate 11 recidive

(35,5%), comparse soprattutto dopo asportazione parziale (6 casi dopo STR) rispetto a quella radicale

(5 casi dopo GTR), osservazioni in linea con il tasso medio di recidiva riportato in letteratura (6-34%)

[1-3, 5-6, 8, 11, 14-15, 17-19, 21-23, 25-31, 34]. Sebbene la non radicalità della asportazione

costituisca il principale fattore di rischio per le recidive [1-3, 5-6, 8, 11, 14-15, 17-19, 21-23, 25-31,

34], in due dei nostri pazienti l’esame istologico aveva documentato un indice di proliferazione

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elevato (MIB-1 > 6) e atipie nucleari. Il trattamento delle recidive è stato chirurgico (9/11) e medico

mediante trattamento con Everolimus (2/11). Gli inibitori di mTOR (Everolimus, Sirolimus,

Tacrolimus) sono efficaci nel determinare la riduzione (30%) e la stabilizzazione dei SEGA sia alla

diagnosi che in caso di recidiva, e mostrano un effetto curativo anche sulle altre lesioni viscerali

associate alla TSC (angiomiolipomi renali) e sull’epilessia (65%), ma l’effetto curativo cessa alla

sospensione della terapia che è associata a tossicità ed effetti collaterali (stomatiti, disturbi

gastrointestinali) [2, 5, 12-13, 18-20, 24-25, 29, 32, 36], pertanto la chirurgia diretta rimane tuttora il

trattamento standard. L’uso degli inibitori m-TOR può essere considerato in soggetti di età superiore

ai tre anni, come prima scelta in caso di tumori piccoli (< 5 mm diametro) e non a rischio di idrocefalo,

o in caso di rischio chirurgico elevato [3, 25, 19-20, 29, 34]. I due pazienti sottoposti a terapia con

Everolimus hanno mostrato una stabilizzazione della recidiva dopo 20 mesi. In uno di loro si è

verificata un’ulteriore progressione tumorale alla sospensione del farmaco che ha richiesto un

successivo intervento di asportazione della massa.

La chirurgia dei SEGA è associata a mortalità e morbilità non trascurabili, essendo riportati

in letteratura valori di incidenza media pari rispettivamente allo 1-25% e 5-50% [1-3, 5-6, 8, 10-11,

17-19, 21-23, 25-31, 35]. Nella nostra esperienza, l’unico decesso perioperatorio (2,3%) è avvenuto

a causa di infarto miocardico acuto, e non è stato quindi direttamente collegato alla procedura

neurochirurgica. La morbilità è risultata del 22,7% (10/44), dovuta per lo più a igroma subdurale

(3/10) e idrocefalo (2/10); solo in due casi è stata provocata da deficit neurologici di nuova

osservazione come deficit irreversibile della memoria (1) ed emiparesi (1).

All’ultimo follow-up la maggior parte dei pazienti (27/30; 90%) non mostrava evidenza di

malattia, in confronto alla presenza di tumori stabili (1/30; 3,3%) e in progressione (2/30; 6,7%). Il

quadro clinico è migliorato (18/30; 60%) e rimasto stabile (10/30; 33,3%) in quasi tutti i pazienti; il

peggioramento persistente (3/30; 6,7%) si è osservato a causa dei deficit neurologici permanenti di

emiparesi (1), deficit di memoria (1) e cecità sopraggiunta nel follow-up per idrocefalo tardivo (1).

In 12/30 (40%) pazienti si è osservato un miglior controllo dell’epilessia dopo intervento esclusivo

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di asportazione del SEGA (8), asportazione tumorale, callosotomia totale e impianto VNS (2),

asportazione tumorale e VNS (2). Le sequele neurologiche permanenti corrispondono in letteratura

ad un valore medio del 10-20% [1-3, 5-6, 8, 10-11, 17-19, 21-23, 25-31, 35] superiore quindi alle

nostre osservazioni.

Secondo i dati della letteratura, l’incidenza di idrocefalo post-operatorio con necessità di shunt

liquorale (DVP) è pari al 6-55% [1-3, 5-6, 8, 10-11, 17-19, 21-23, 25-31, 35]. Nella nostra casistica,

all’ultimo controllo il 40% (12/30) aveva una DVP, di cui una posizionata prima dell’intervento di

chirurgia maggiore, valore sovrapponibile quindi alle altre casistiche. Fattori di rischio sono

l’idrocefalo pre-operatorio, l’asportazione parziale, l’età inferiore ai 2 anni [1-3, 5-6, 8, 10-11, 17-19,

21-23, 25-31, 35].

Sulla base della nostra esperienza, i migliori fattori predittivi del successo della chirurgia dei

SEGA sembrano essere: età del paziente inferiore a undici anni, asportazione radicale, diametro

inferiore a 20 mm, lesioni unilaterali, assenza di idrocefalo e di ipertensione endocranica. Sono quindi

fondamentali la diagnosi precoce ed un follow-up prolungato almeno fino ai venti anni di età mediante

RM encefalo annuali con mezzo di contrasto: dopo questa età recidive e comparsa di nuovi SEGA

sono infatti rari [9].

Conclusioni

La nostra esperienza dimostra che il trattamento chirurgico radicale degli Astrocitomi

Gigantocellulari Subependimali (SEGA) nei pazienti affetti da Sclerosi Tuberosa (TSC) è efficace

nel controllo a lungo termine del tumore (90% dei pazienti senza evidenza di malattia all’ultimo

follow-up) ed è associato ad un basso tasso di sequele neurologiche permanenti (6,7%). La chirurgia

può essere associata alla terapia farmacologica con inibitori del pathway di mTOR (Everolimus,

Sirolimus, Tacrolimus), ma il trattamento medico esclusivo non è sempre sufficiente e non deve

essere considerato come prima scelta salvo casi specifici: tumori di diametro inferiore ai 20 mm,

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controindicazioni chirurgiche per rischio di complicanze elevato. Non esiste un approccio standard,

ma ogni caso deve essere valutato singolarmente e la tecnica di approccio chirurgico è basata sulla

localizzazione e dimensione del tumore. La neuroendoscopia può essere utilizzata in casi selezionati,

per il trattamento dell’idrocefalo e per la asportazione diretta del tumore. L'idrocefalo è

frequentemente associato ai SEGA e può richiedere richiedere un trattamento pre- e post-operatorio

sotto forma di procedure neuroendoscopiche e derivazione liquorale ventricolo-peritoneale;

all’ultimo follow-up il 40% dei nostri pazienti è portatore di shunt liquorale. La recidiva tumorale è

possibile (35,5%), soprattutto dopo asportazione non radicale, ma è possibile sottoporre i pazienti a

trattamento medico con inibitori mTOR e/o a trattamento chirurgico con buoni risultati e senza

aumento significativo del rischio di complicazioni. I dati della nostra serie sono in linea con quelli

consegnati alla letteratura [Figura 7].

Figura 7 – Confronto dati della nostra serie con la letteratura relativa al trattamento chirurgico degli

Astrocitomi Gigantocellulari Subependimali (SEGA) nella Sclerosi Tuberosa di Bourneville (TSC).

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