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NUCLEO TERRITORIALE N. 1 GIOVANNI D’AURIA ELISA M. MOSCONI AGNESE VISCONTI Consorzio per l’incremento della Irrigazione nel territorio Cremonese (Ente Morale) AGENDA 21 Provincia di Cremona Settore Ambiente IL NODO IDRAULICO DELLE TOMBE MORTE IL TERRITORIO COME ECOMUSEO

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NUCLEO TERRITORIALE N. 1

GIOVANNI D’AURIAELISA M. MOSCONIAGNESE VISCONTI

Consorzio per l’incremento della Irrigazionenel territorio Cremonese

(Ente Morale)

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Provinciadi CremonaSettore Ambiente

IL NODO IDRAULICO DELLE TOMBE MORTE

IL TERRITORIO COME ECOMUSEO

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Fotografie: Le fotografie e i disegni sono degli Autori a esclusione della foto di copertina e della foto di pag. 43, con-cesse dal Consorzio per l’incremento della Irrigazione nel territorio Cremonese, della foto di pag. 7 e dipag. 9, concessa da Immagine TerraItalyTM - Compagnia Generale Ripreseaeree S.p.A. Parma - www.ter-raitaly.it, delle foto di pag. 31, concesse dalla società GenHydro di Padova.

Coordinamento: Valerio Ferrari - Provincia di Cremona, Settore Ambiente

Cura redazionale: Valerio Ferrari e Alessandra Zametta - Provincia di Cremona, Settore Ambiente

Fotocomposizione e fotolito: Prismastudio - Cremona

Coordinamento editoriale: Bruno Paloschi

Stampa: Fantigrafica s.r.l. - Cremona - Finito di stampare nel mese di novembre 2004

I documenti conservati nell’Archivio di Stato di Cremona pubblicati nel Capitolo 3 (Catasto, Genivolta, cart. 302: fogli di mappa n. 15, 16,20, 21, 27, 28, secolo XVIII; Catasto, Genivolta, cart. 305: fogli di mappa n. 13, 14, 18, 19, 20, 25, anno 1901) sono riprodotti con auto-rizzazione n. 7/2004 del 21/4/2004.

Non è consentita la riproduzione anche parziale del testo senza citare la fonte

Pubblicazione fuori commercio

Stampato su carta ecologica riciclata bipatinata Symbol Freelife Fedrigoni

1a ristampa: Dicembre 2005

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Introduzione

1. Navigli, rogge e canali

2. Il nodo idraulico delle Tombe Morte: inquadramento territo-riale

3. Evoluzione del territorio negli ultimi tre secoli attraverso lacartografia storica

4. I diversi ruoli dell’acqua nella storia della pianura cremonese

5. Siepi e filari, fontana Delma, cascine, santuario di Ariadello,deposito di sabbia e ghiaia e centrale idroelettrica

6. La passeggiata da Tredici Ponti alle Tombe Morte

Appendice: Agenda 21 e sviluppo sostenibile: dal summit diRio de Janeiro al Museo del Territorio della Provincia di Cre-mona

Bibliografia e fonti d’archivio

pag. 1

pag. 3

pag. 7

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INTRODUZIONE

“Il territorio come ecomuseo”: una proposta per percorrere e scoprire il pae-saggio, risultato delle relazioni tra gli uomini e l’ambiente, per leggere e com-prendere quell’insieme di segni, impronte ed interventi che sono sedimentazioninel presente di sistemi ereditati dal passato e tasselli di un mosaico in continuodivenire.

Il progetto è stato ideato al fine di presentare una serie di nuclei territoriali - di-stribuiti tra Cremasco e alto Cremonese - da frequentare, apprezzare e capirecome un enorme museo vivente creato nel tempo dalla natura e dall’uomo ed incontinua evoluzione.

Un museo “diffuso”, non collocato all’interno di un edificio, la cui esplorazionerisulta però affascinante quanto quella delle raccolte tradizionali: dedicato al pae-saggio, mostra come l’ambiente naturale si è modificato per opera delle societàumane nel corso del tempo.

Nell’area interessata sono perciò messi in evidenza gli elementi ambientali tipi-ci e le componenti antropiche, memoria del lavoro di centinaia di secoli (il “depo-sito di fatiche” di cui scriveva Carlo Cattaneo): insediamenti, campi, manufatti, edi-fici, vie terrestri e vie d’acqua, fabbriche, macchinari e apparecchiature di ognigenere, toponimi, segni di ripartizioni e di processi di appropriazione del territorio,bonifiche, acquedotti e irrigazioni…

Le risorse biologiche, gli spazi, i beni e gli oggetti sono segnalati al fine di pro-muoverne la conservazione, il restauro, la conoscenza, la fruizione e lo svilupposecondo criteri di sostenibilità.

Il “territorio come ecomuseo” riguarda la porzione settentrionale della provin-cia di Cremona, situata tra i confini fisici dell’Adda a ovest, dell’Oglio a est, dellaprovincia di Bergamo a nord, con una linea spezzata a sud, che segue alcuni con-fini comunali.

L’area dell’ecomuseo può essere percorsa, esplorata e goduta da ogni generedi fruitore, purché responsabile e consapevole: la struttura - nella quale le diversezone sono opportunamente distinte secondo il valore e la fragilità - è infatti facil-mente accessibile al pubblico grazie ad un’apposita segnaletica sulle strade, aduna funzionale e mirata cartellonistica, alle piazzole di “sosta istruttiva”, alle siepie ai boschetti didattici, alle tabelle toponomastiche e idronomastiche commentate.

I nuclei territoriali individuati costituiscono quindi un campo d’indagine privilegia-to per il mondo della scuola nonché un’area per la sperimentazione di interventi

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NAVIGLI, ROGGE E CANALI

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Il nodo idraulico delle Tombe Morte-Tredici Ponti costituisceil più importante concentramento di CORSI D’ACQUA ARTIFICIALI del-la provincia di Cremona, irrigando circa 85.000 ha di campa-gna. Qui si riuniscono i navigli civico di Cremona e Grande Pal-lavicino, tratti dall’Oglio, le rogge originate dai fontanili posti lun-go la linea di confine tra le attuali province di Cremona e Ber-gamo e il canale Vacchelli, che porta le acque dell’Adda. L’ap-pellativo di Tombe Morte deriva, con ogni probabilità, dalla pre-senza in tale sito di uno o più manufatti (tombe, tombini) cadu-ti in disuso.

Durante il XII secolo una cospicua quantità di acqua pro-veniente da fontane aperte nei territori di Isso, Barbata, Covoe Romano (allora appartenenti al territorio cremonese) venneconvogliata nel naviglio Vecchio in direzione di Cremona. Ilcanale, a cui si aggiunse in seguito acqua estratta dall’Oglio aCalcio (BG), venne nel XIV secolo adattato alla navigazione,divenendo l’attuale naviglio civico di Cremona. Esso si divideal Forcello di Fontanella (BG) in due rami, Melotta e Casalet-to, che si riuniscono al Forcello di Salvirola; da qui raggiungeCremona.

Il naviglio Grande Pallavicino è il canale principale della reteirrigua del Condominio Pallavicino, costituita da un insieme dicorsi d’acqua aventi origini diverse e riuniti in un’unica proprie-tà da Galeazzo I Pallavicino nel XVI secolo. Alimentato dall’O-glio tra Calcio e Pumenengo (BG), esso ricevette in seguito l’ap-porto di vari fontanili aperti lungo la striscia oggi individuatacome Basso Bergamasco (fascia di passaggio dall’alta alla bas-sa pianura lombarda).

Il canale Vacchelli venne progettato negli anni immediata-mente successivi la proclamazione dell’Unità d’Italia ed ultima-to, con il decisivo contributo di Pietro Vacchelli, nel 1893. Essoorigina in località Marzano (LO) con presa d’acqua dall’Adda etermina alle Tombe Morte dopo 34 chilometri di percorso. Lasua costruzione fu accompagnata da proteste e opposizioni daparte di parecchi comuni del Lodigiano e della Gera d’Adda,che temevano l’impoverimento delle acque dell’Adda, di molti pro-prietari del Cremasco, che paventavano il dissesto delle lorocampagne divise dal nuovo manufatto, e infine dei cremonesidella “bassa”, zona per sua natura afflitta da problemi di bonifi-ca idraulica dei quali si temeva l’aggravamento per l’apporto dinuove acque irrigue. Alle Tombe Morte il canale dispensa le sueacque ai navigli civico e Grande Pallavicino, nonché ad un fasciodi rogge a questi affiancate, trasformando così l’Adda nella fon-te di approvvigionamento idrico più generosa per la terra cre-monese. Un canale scolmatore, noto con il nome di SCOLMATO-RE DI GENIVOLTA, riversa nell’Oglio in caso di piene le maggioriportate.

Le numerose rogge secondarie (Frata, Gallarana, Castelvi-sconta, Tinta, ecc.), che scorrono parallele fin oltre la localitàTredici Ponti e i cui nomi richiamano quelli dei casati aristocra-

CORSI D’ACQUA ARTIFICIALI

Ci limitiamo in questa sede a segnalare leespressioni più frequentemente utilizza-te del ricco linguaggio specifico. Il voca-bolo acquedotto, oltre che nel correntesignificato di condotta per l’approvvigio-namento di acqua potabile alla popola-zione, nella terminologia di carattere idro-logico indica anche un qualsiasi canaleadduttore la cui portata idrica può esse-re destinata a vari scopi, tra i quali quel-lo irriguo è senza dubbio il più diffuso danoi. Canale e fosso sono termini generi-ci; si tende ad usare il primo per indicareun’opera realizzata prevalentemente dal-l’uomo; il secondo quando lo scavo è pro-dotto perlopiù dallo scorrere naturale del-le acque superficiali: conseguentementeesso ha in genere funzione di colatore oraccoglitore delle acque reflue. Il fosso dilimitate dimensioni utilizzato per condur-re le acque destinate all’irrigazione si chia-ma genericamente roggia o, un tempo especie nel Cremasco, seriola. I proprie-tari dei terreni irrigati costituiscono uncomizio e sono organizzati, giuridicamentee di fatto, nella cosiddetta utenza, chegestisce la parte comune della roggia.L’acqua è dispensata ai partecipanti, pre-via misurazione accurata della quantitàprelevata da ciascuno al fine di consen-tire il calcolo dell’importo dovuto, secon-do orari e turni ancora oggi assai rigidi; iltempo totale di un ciclo di dispensa a tut-ti gli aventi diritto è detto “ruota”.

SCOLMATORE DI GENIVOLTA

La prima traccia di tale manufatto risale al1948, quando l’Amministrazione provin-ciale di Cremona decise di risolvere il pro-blema dello scarico delle acque dell’AltoCremonese con la costruzione di una nuo-va opera idraulica, il cui progetto esecu-tivo, predisposto nel 1960, fu approvatodal Magistrato del Po nel 1964. Nel 1968si passò alla realizzazione del primo trat-to del canale, che fu terminato l’anno suc-cessivo; seguì quindi una lunga battutad’arresto dei lavori, che ripresero solo nel1978, dopo la drammatica alluvione diCremona del 1972, e che si concluseroinfine nel marzo del 1981.

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CONDOTTI DI ADDUZIONE

CONDOTTI DI SMALTIMENTO

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tici e delle famiglie religiose che le avevano aperte fin dai seco-li medievali per l’irrigazione di vaste proprietà, subirono nel tem-po svariate e molteplici modificazioni.

Le seguenti parole di Carlo Cattaneo, profondo conoscitoredell’idrografia lombarda, ci offrono un vivace e movimentatoquadro della situazione negli anni Quaranta dell’Ottocento: «Leacque sotterranee, tratte per arte alla luce del sole, poi raccol-te di nuovo e diffuse sopra campi più bassi, scorrono a diversilivelli con calcolate velocità, si incontrano, si sorpassano a pon-tecanale, si sottopassano a sifone si intrecciano in mille modi.Nello spazio di soli duecento passi, presso Genivolta, la stradada Bergamo a Cremona incontra tredici acquedutti e li acca-valca coi Tredici Ponti». Il sito è ricordato anche dal grande inge-gnere idraulico Elia Lombardini che così lo descrive: «Le dira-mazioni del Naviglio Civico e del Pallavicino sono assai nume-rose, e basti dire che sulla strada da Cremona a Bergamo, traCasal-Morano e Genivolta, un breve tratto di 160 metri, ossia due-cento passi o poco più, si chiama i Tredici Ponti perché attra-versato da tredici aquedutti, tra i quali i due stessi Navigli». Infi-ne, pochi decenni più tardi, l’economista Stefano Jacini sintetizzain questo modo il risultato del lavoro di generazioni di contadi-ni, agrimensori e ingegneri lombardi: «Ogni palmo di terreno èstato predisposto in pendii artificiali acciocché potesse riceve-re le acque irrigatrici a periodi determinati e trasmetterle ulte-riormente al fondo vicino; e ciò nel modo più economico e inarmonia colla vasta rete e col complicato sistema dei condottiidraulici derivatori, dispensatori, scaricatori, raccoglitori e resti-tutori, i quali, coll’aiuto di chiuse, di chiaviche, d’incastri, di tom-bini, di ponti canali, di sifoni sono destinati a distribuire le acquesulla maggior superficie possibile». Il quadro offerto da Jacini illu-stra in maniera efficace sia la secolare opera di livellatura dei ter-reni, consistente nell’immane attività di spianatura dei dossi, dicolmatura degli avvallamenti e di sistemazione a giacitura oriz-zontale o a pendenza regolare dei singoli campi, sia la com-plessità della duplice rete di CONDOTTI - DI ADDUZIONE e DI SMAL-TIMENTO - che, ancora oggi, costituisce il fondamento dell’irri-gazione negli impianti collettivi del Cremonese.

I primi convogliano e utilizzano l’acqua e in ordine di impor-tanza decrescente sono: il derivatore o adduttore che originada un corso d’acqua perlopiù naturale, i ripartitori, ai quali fan-no capo i dispensatori, generalmente rogge, su cui si aprono lebocchette di utenza attraverso le quali l’acqua, previa accura-ta misurazione al fine di calcolare l’importo dovuto, viene con-segnata all’azienda irrigua. I secondi, elencati in ordine di impor-tanza crescente, sono invece: le colatrici o scoline che raccol-gono direttamente le acque di supero del terreno e le immetto-no nei colatori, i quali avviano le acque di rifiuto fuori dall’a-zienda, versandole in canali di interesse collettivo, che si distin-guono in collettori (primari, secondari e terziari) ed emissarioche si riversa infine in un corso d’acqua naturale.

corso d’acqua o invaso

derivatore

ripartitore (condotto principale)

diramatore (condotto secondario)

dispensatore (condotto terziario)

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Al fine di consentire il funzionamento dell’intricata rete deicanali e di evitare nello stesso tempo che essa crei intralcio allibero flusso delle acque, nonché all’esercizio dell’agricoltura,dell’industria e del commercio locale, i vari percorsi dell’impiantodi irrigazione sono resi indipendenti, o comunque disciplinati,da appositi manufatti che possono essere suddivisi in:● opere di derivazione, che regolano, consentono o impedi-

scono il passaggio delle acque. Possono essere costruite tra-sversalmente nell’alveo di un fiume (traverse o chiuse), alloscopo di mantenere sufficientemente alto il suo pelo liquidoe alimentare quindi un canale principale o una roggia (deri-vatore), oppure nella sponda di un condotto, quando occor-re disciplinare il flusso dell’acqua da tale conduttura ad altro:in questo caso si ha un edificio (chiavica), in legno o in mura-tura, che consiste in una o più aperture munite di paratoie chescorrono in apposite guide;

● attraversamenti, che si distinguono in sottopassaggi e sopra-passaggi e possono riguardare strade ordinarie o ferrovia-rie, corsi d’acqua naturali o artificiali. Quando il canale devesuperare un altro corso d’acqua, si impiegano i tombini a sifo-ne, all’interno dei quali l’acqua scorre in pressione, nel casodi sottopassaggi oppure i ponti-canali nel caso di soprapas-saggi;

● partitori e incastri, finalizzati a suddividere la portata di uncanale tra due o più canali minori; i primi si impiegano nelpassaggio dai dispensatori multipli a quelli con semplice por-tata di dispensa, mentre i secondi si costruiscono quando,nello spostamento dalla rete di distribuzione collettiva a quel-la di irrigazione aziendale, si rende necessario ricorrere, neglistessi dispensatori, a due o più ramificazioni affinché l’acquapossa raggiungere tutte le utenze interessate.

Oggi la situazione è immutata dal punto di vista della com-plessità dell’edificio idraulico, anche se vi sono state parecchietrasformazioni nell’assetto degli acquedotti originari. Nel corsodel XX secolo il nodo idraulico delle Tombe Morte-Tredici Pon-ti è stato infatti oggetto di ripetute modifiche rispetto alla dispo-sizione degli invasi. In particolare sono stati realizzati nuovi cor-si d’acqua (Nuova Canobbia, Alta e Nuova Aldovina, canale diSoresina), mentre l’alimentazione dei canali Cavallera, Tala-mazza, Tinta, Castelvisconta, Gallarana, Mancina e Cavallinaè stata portata più a valle.

Tali lavori hanno accelerato il processo di artificializzazionedell’ambiente, spogliando quest’ultimo di gran parte del corre-do arboreo e arbustivo, senza riuscire però ad impedire del tut-to la persistenza di qualche isola incolta di elevato interessenaturalistico, dove sopravvivono ancora specie normalmenterarefattesi nel resto del territorio, quali il frassino orniello, il piop-po gatterino, i viburni, l’erba cornetta e il corniolo, che offronorifugio a una fauna minore straordinariamente concentrata.

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IL NODO IDRAULICO DELLE TOMBE MORTE:INQUADRAMENTO TERRITORIALE

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CARTA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI IL NUCLEO TERRITORIALE

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CANALI, NAVIGLI E ROGGE IN LOCALITÀ TOMBE MORTE

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EVOLUZIONE DEL TERRITORIO NEGLI ULTIMI TRE SECOLI ATTRAVERSO

LA CARTOGRAFIA STORICA

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Mappa del Catasto Teresiano(1760)

LOCALITÀ TOMBE MORTE

Mappa del cessato Catasto (1901)

L’immagine riprodotta è ottenuta dall’u-nione di quattro fogli (n. 15, 16, 20 e 21)della cartografia del “Territorio di Genivol-ta - Provincia Superiore di Cremona” dise-gnata, sotto la direzione del geometra Isi-doro Brambilla, tra il 9 novembre 1722 e il20 marzo 1723, in occasione della predi-sposizione del nuovo Estimo Generale del-lo Stato di Milano. L’unità di misura dellacartografia, riprodotta in origine in scala1:2.000, è il trabucco milanese pari a metri2,901. Il territorio è per lo più coltivato adaratorio, anche se sono ancora evidentiestese aree boscate, soprattutto all’inter-sezione dei due canali principali (navigliocivico di Cremona e naviglio Grande Pal-lavicino).

Anche in questo caso l’immagine è otte-nuta dall’unione di quattro fogli (n.13, 14,18 e 19) della cartografia del “Comune diGenivolta - Mandamento di Soresina - Pro-vincia di Cremona” rilevata nel 1868, consuccessivi aggiornamenti del 1889 e 1891,per la predisposizione del primo Catastounitario. La rappresentazione cartograficadiviene molto schematica: i diversi tipi diuso del suolo non sono più disegnati conun tratto grafico. Nell’area scompaiono leestese aree boscate, mentre viene carto-grafato il canale Marzano (attuale naviglioVacchelli); si segnala inoltre, in uscita daquest’ultimo canale, l’edificazione di unparticolare manufatto adibito alla misuradell’acqua: la presa a pozzo della roggiaAldovina.

Mappa del Catasto attuale(1958)

Nell’ultimo aggiornamento disponibile del-la cartografia catastale si nota la presen-za di numerosi edifici di modellazione astramazzo per la misura dell’acqua in usci-ta dal tratto terminale del canale Vacchel-li. Inoltre si evidenzia la costruzione di uncanale di connessione tra i due antichi navi-gli (naviglio Grande Pallavicino e navigliocivico di Cremona).

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Mappa del Catasto Teresiano(1760)

Mappa del cessato Catasto(1901)

Carta Tecnica Regionale(1994)

Lo stralcio della Carta Tecnica Regionale,realizzata tramite interpretazione dell’ae-rofotogrammetria del 1994, mostra l’as-setto attuale dell’area. In particolare si rile-va la presenza del nuovo scolmatore diGenivolta, che raccoglie le acque in esu-bero provenienti dai tre principali canaliconvogliandole nel fiume Oglio.

L’immagine ottenuta dall’unione di due fogli(n. 27 e 28) della cartografia del “Territoriodi Genivolta - Provincia Superiore di Cre-mona” rappresenta la località negli anni1722-1723. In particolare il disegno fu redat-to in occasione della predisposizione delnuovo Estimo Generale dello Stato di Mila-no tra il 9 novembre 1722 e il 20 marzo1723. Tale carta, a differenza delle carto-grafie attuali, riporta l’orientamento riferitosolamente al nord magnetico. Si dovràattendere infatti almeno la metà dell’Otto-cento per ritrovare nelle cartografie cata-stali l’orientamento riferito al nord geogra-fico. Sono ben visibili le 13 rogge scaval-cate da una corrispondente serie di ponti.

Anche in questo caso l’immagine è otte-nuta dall’unione di due fogli (n. 20 e 25)della cartografia del “Comune di Genivol-ta - Mandamento di Soresina - Provinciadi Cremona” rilevata nel 1868, con suc-cessivi aggiornamenti del 1889 e 1891,per la predisposizione del primo Catastounitario. La rappresentazione cartograficadiviene molto più schematica: i diversi tipidi uso del suolo non sono più disegnati conun tratto grafico. Il territorio non presentasostanziali modifiche, ad eccezione del-l’accorpamento di due rogge a sud del navi-glio Pallavicino. Si arricchisce invece il reti-colo viario con la comparsa della stradadel Brugnano, verso la cascina omonima,e di una strada consorziale.

LOCALITÀ TREDICI PONTI

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Mappa del Catasto attuale(1958)

Carta Tecnica Regionale(1994)

Lo stralcio della Carta Tecnica Regionale,realizzata tramite interpretazione della fotoaerea del 1994, mostra l’assetto attualedell’area. Mentre la trama particellare del-le aree coltivate è pressoché immutata, sievidenzia invece un continuo incrementodelle aree urbanizzate, sia ad uso civileche industriale, giunte ormai a ridosso del-la località Tredici Ponti. Tali ponti, pur modi-ficati nel corso dei secoli, sono tuttora esi-stenti.

L’ultimo aggiornamento della cartografiacatastale non mostra sostanziali modifi-cazioni del territorio ad esclusione di unnotevole incremento delle aree urbaniz-zate nei dintorni della località.

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I DIVERSI RUOLI DELL’ACQUA NELLA STORIA DELLA PIANURA CREMONESE

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La parte meridionale della pianura padana è da sempre con-traddistinta dall’abbondanza di acque. È inopportuno tuttaviacollegare questa caratteristica ad una situazione di fertilità, poi-ché per lungo tempo l’acqua costituì piuttosto un ostacolo. Quel-la che oggi noi chiamiamo pianura irrigua rimase, fino all’XIsecolo - pur con qualche eccezione soprattutto per il periododel dominio romano che ebbe inizio nel 218 a.C. con la dedu-zione della colonia di Cremona - un ambiente palustre, coper-to di grandi boschi di latifoglie (ontani, farnie, olmi, tigli, salici epioppi). Piccole radure erano organizzate secondo un’AGRICOL-TURA DI SUSSISTENZA per la produzione di cereali. A quei tempiera la parte alta della pianura, oggi meno redditizia, a caratte-rizzarsi per una migliore vocazione agricola, in quanto territoriomeno impaludato e inoltre più adatto, per la sua costituzionemorfologica e pedologica, a soddisfare le esigenze materialidelle società ivi stanziate.

A partire dall’XI secolo, con l’affermazione dei MONASTERI

benedettini riformati, l’avvento dell’età comunale e l’avvio di unaproduzione non più solo di sussistenza per gli abitanti delle cam-pagne, ma anche, e soprattutto, di mercato per gli abitanti del-le città, si realizzarono vaste opere di BONIFICA, anche sfruttan-do la presenza dei FONTANILI, che apportarono profonde modi-fiche al territorio. Da questi insediamenti ebbe inizio l’opera didiboscamento, di arginatura e di incanalamento delle acque cherese gradualmente fertili i terreni un tempo paludosi. Una delletecniche adottate fu la colmata, sistemazione territoriale consi-stente nel riempire con un procedimento di alluvione un’area abassa quota e invasa da paludi, facendo spandere in essa, permezzo di un canale costruito a tal fine, le acque torbide deriva-te da un fiume. In altre parti del territorio si adottò invece la tec-nica del drenaggio naturale, la cui pratica era conveniente ovela zona da prosciugare fosse ubicata a quota più alta di quelladel recipiente in cui far pervenire le acque. Al drenaggio si ricor-se inoltre per far arrivare l’acqua dove essa era utile: per l’irri-gazione, la NAVIGAZIONE e la generazione di energia mediante imulini.

Al XII secolo datano i primi interventi da parte del Comunedi Cremona di captazione delle acque nel Basso Bergamascoe nell’Alto Cremonese, che avrebbero costituito i presuppostiper la realizzazione del naviglio civico di Cremona e del navi-glio Grande Pallavicino (XVI secolo), in entrambi i casi attra-verso l’adeguamento di corsi d’acqua minori preesistenti. Il com-pimento di tali opere, che avevano come obiettivo primario quel-lo di favorire la navigazione, portò anche ad un forte incremen-to dell’irrigazione e alla conseguente sostituzione del pascolo (ter-reno incolto) con il prato (terreno coltivato a foraggio), che ven-ne incluso nella ROTAZIONE AGRARIA. Da tale profondo mutamentoderivò una decisa crescita dell’allevamento bovino, il quale, a suavolta, determinò un notevole aumento dei prodotti alimentari(carne e latticini) destinati al mercato, con conseguente svilup-

AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA

L’agricoltura di sussistenza consiste per-lopiù nella produzione di derrate alimen-tari e di materie prime per la creazione dimanufatti artigianali, volti a soddisfare leesigenze di sopravvivenza del nucleofamiliare agricolo. È caratterizzata daibassi livelli di investimenti di capitali e dal-l’impiego predominante di manodoperafamiliare, nonché dalla diversità delle col-ture per ridurre al minimo i rischi e garan-tire una produzione varia, sia dal puntodi vista alimentare sia da quello manifat-turiero. Le aziende agricole si distinguo-no per le dimensioni ridotte. È nota anchecon il termine di agricoltura estensiva, inquanto applicata su vaste superfici, macon scarsa produttività totale. Attualmenteè limitata ai paesi in via di sviluppo. Alcontrario, l’agricoltura di mercato è quel-la adeguata alla produzione per un utilein contanti, estraneo ai fabbisogni disopravvivenza del lavoratore. È una carat-teristica comune dei sistemi agricoli avan-zati di molti paesi industrializzati nei qua-li la maggior parte della produzione agri-cola viene venduta. È anche definita inten-siva, in quanto praticata con tecniche col-turali tendenti ad ottenere la migliore resapossibile delle colture per unità di super-ficie. Si distingue per gli alti impieghi dicapitale, di concime organico e di com-posti agrochimici e per le avanzate for-me di tecnologia (irrigazione, meccaniz-zazione, ibridazione, ingegneria geneti-ca).

MONASTERI

Insieme di costruzioni (chiesa, abitazio-ni, ricovero per i pellegrini, altri edifici aduso economico) destinate ai monaci. Sidiffusero in Europa a partire dal V seco-lo con l’affermarsi del cenobitismo cheproponeva l’ideale di una vita comunita-ria praticata sotto la guida di un’autoritàspirituale, secondo una disciplina fissatain regola, in contrapposizione alle prece-denti forme individuali di isolamento mona-stico. I monasteri furono centri di irradia-mento di cultura, tecniche, libri e idee. Inparticolare quelli dei benedettini, suddi-visi in varie congregazioni (cluniacensi,cistercensi, silvestrini, celestini, oliveta-ni), furono centri economici importanti chefavorirono la sperimentazione tecnica inagricoltura e svolsero un ruolo di rilievonella riorganizzazione delle aziende agri-cole e, più in generale, nella ripresa eco-nomica. Sorti in ambiente rurale, essi siaffermarono anche in quello comunale apartire dal XII secolo.

BONIFICA

Processo storico di modificazione ambien-tale, idraulica e agronomica inteso a ren-dere produttivo un terreno, prosciugan-dolo artificialmente ed eliminando le con-dizioni nocive e malsane. Riuscire a tra-

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po demografico e socioeconomico. Riflesso - dal punto di vistaabitativo - di tale modo di produzione, fortemente innovativo eunico in Europa a quell’epoca, fu la CASCINA, che si diffuse nel-la forma simile a quella attualmente intesa e in maniera gene-ralizzata su tutto il territorio a partire dal Cinquecento.

Man mano che i canali si moltiplicavano, gli ambienti natu-rali e gli habitat forestali si indebolivano, fino alla scomparsa diogni traccia della fauna selvatica maggiore (come cervi, caprio-li, cinghiali, lupi, volpi, tassi, ecc.) e alla sostituzione di essa conspecie tipiche degli incolti pascolivi.

A partire dal XVIII secolo numerosi fattori determinarono unulteriore infittirsi della rete irrigua. Particolarmente significativaa riguardo fu l’entrata in vigore (1760) del censimento genera-le, più comunemente noto come CATASTO Teresiano, le cui pre-visioni tributarie favorirono gli investimenti intesi ad incremen-tare le superfici irrigate al fine di ottenere una maggior redditi-vità agricola. Al catasto fecero seguito le grandi riforme ammi-nistrative, legislative e finanziarie di Maria Teresa e GiuseppeII d’Asburgo che costituirono la base per l’avvio da parte delloStato di una moderna politica di gestione delle acque, prose-guita da Napoleone negli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX seco-lo e portata a compimento dallo Stato unitario.

La proclamazione dell’Italia unita segnò un cambiamentoprofondo per l’economia dell’intera penisola. All’unificazionepolitica si accompagnarono infatti due fenomeni di grande rilie-vo: la costruzione delle ferrovie e l’abbattimento delle barrieredoganali. All’interno di questa nuova situazione il Cremonesetrovò la sua vocazione nel settore della ZOOTECNIA, quale pun-to d’arrivo del cammino avviato fin dal XV secolo. Si investiro-no capitali e lavoro nell’irrigazione al fine di poter estendere eincrementare ulteriormente la coltura dei foraggi e, con essa,la produzione di carne e latticini per l’intero mercato nazionale.

All’interno delle varie iniziative miranti alla crescita del settoredell’allevamento, grande rilievo rivestirono gli studi, effettuati findagli anni immediatamente successivi l’unificazione, per aumen-tare e razionalizzare ulteriormente la distribuzione dell’acqua.

Si pensò così di far leva sulle disponibilità dell’Adda attra-verso la costruzione di un canale da questo derivato e destina-to, oltre che ad impinguare lungo il proprio corso una trentina cir-ca di rogge, a riversare la sua massima portata nei navigli civi-co e Grande Pallavicino. Tra i progetti proposti venne sceltoquello degli ingegneri Fieschi e Pezzini. A partire dagli anni Set-tanta si istituì un comitato promotore e quindi il Consorzio deiComuni per l’incremento della Irrigazione nel territorio Cremo-nese; a capo di essi venne eletto l’avvocato, poi senatore, Pie-tro Vacchelli, che diede un forte contributo alla raccolta dei fon-di mediante i quali si realizzò il canale, terminato nel 1893. Ipresupposti necessari per la specializzazione cremonese incampo zootecnico erano così definitivamente gettati. Nel corsodel XX secolo seguirono nuovi investimenti di capitali per la

sformare corsi d’acqua divaganti e conchepaludose in terreni fertili fu già impegnoetrusco e romano; se ne occuparono quin-di monasteri e comuni, che avviarono lacostruzione di grandi canali richiedentiinvestimenti cospicui. Nel Settecento i varisistemi dei secoli precedenti furono razio-nalizzati e trasformati in una vera e pro-pria scienza idraulica. A partire dai decen-ni successivi la proclamazione dell’Unitàd’Italia, l’utilizzo delle idrovore a vaporeconsentì, soprattutto nella pianura pada-na, il sollevamento dell’acqua in prece-denza espulsa per semplice gravità e laconseguente acquisizione di nuovi spaziper l’agricoltura e gli insediamenti. Ingen-te fu il contributo finanziario e ammini-strativo fornito dallo Stato per la costru-zione delle opere, per la formazione deitecnici e per l’elaborazione delle legginecessarie.

FONTANILI o risorgive

All’origine del fenomeno dei fontanili stala diversa struttura della pianura padana.L’alta pianura, sede dell’accumulo detri-tico delle conoidi prodotte dai corsi d’ac-qua che scendono dalle Alpi, è costituitaprevalentemente da ghiaie ad elevata per-meabilità che consentono l’infiltrazionenel sottosuolo delle acque superficiali,dando origine ad estese falde. Proce-dendo verso la bassa pianura, con la pro-gressiva diminuzione della granulometriamedia dei depositi alluvionali, si riducegradualmente anche la loro permeabili-tà, cosicché, entro la fascia di transizionefra le due aree, ove la componente sab-biosa e quella limosa diventano rilevanti,le acque di falda tendono ad innalzarsispontaneamente, fino ad affiorare nei pun-ti a quota più depressa. Le acque emer-genti costituiscono quindi una serie di sor-genti di pianura denominate risorgive,mentre col termine fontanile si intendeper lo più l’area ove il fenomeno ha luo-go. Qualora l’emergenza non si verifichispontaneamente, le acque possono esse-re raggiunte attraverso scavi di limitataprofondità, nell’intento di raccogliere lamaggior quantità della risorsa: si realiz-za così la testa di fontanile, dalla quale sisviluppa verso valle un canale di scolo,cui viene attribuita la denominazione diasta.

NAVIGAZIONE

Per tutta l’età medioevale e moderna lanavigazione che aveva luogo sui naviglifu, a differenza di quella sul Po, di mode-sta stazza, compatibile con le economieprecedenti il processo di industrializza-zione: si trattava perlopiù di spostamen-ti brevi che venivano effettuati su piccoleimbarcazioni o chiatte. A lato dei fiumi edei navigli correvano le cosiddette stra-de alzaie, sulle quali si spostavano gliuomini e gli animali addetti al traino del-

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costruzione di moderne strutture produttive, la sistemazione diterreni, l’acquisto di macchine, bestiame, ecc. Le foraggerediventarono allora la coltura di gran lunga principale e con essesi sviluppò considerevolmente l’allevamento, per la massimaparte bovino. Nel 1960 l’82% della superficie totale della regio-ne era coltivato a foraggio. Pochi anni dopo però la situazionemutò all’improvviso: infatti, con l’introduzione del petrolio, qua-le nuova fonte energetica, e con la conseguente MECCANIZZA-ZIONE della produzione agricola, i prati vennero sostituiti da gran-di monocolture di mais che si rivelarono assai più redditizie diquelle a foraggio, in quanto più adatte ad essere lavorate conle macchine. Si ridussero, quasi fino a scomparire, gli ultimi ele-menti di carattere naturale: FILARI, SIEPI, BANDE ALBERATE, BOSCHET-TI, alberi isolati e piccoli stagni.

Al processo di meccanizzazione e alla scomparsa delle forag-gere si accompagnò il fenomeno dello spopolamento delle casci-ne, dei poderi e dei villaggi, nonché l’esodo dei contadini versole città e la trasformazione del territorio in una popolosa regio-ne industriale, un reticolato di città, fabbriche e strade. L’incre-mento della monocoltura di mais determinò inoltre l’integrazio-ne e poi la sostituzione dei bovini con i suini (il settore centro-meridionale della pianura padana è oggi l’ambito di massimaproduzione suinicola, più del 70% di quella nazionale). Per quan-to riguarda la rete irrigua, una delle conseguenze più signifi-cative della massiccia introduzione del mais fu il cessato usoattivo dell’irrigazione invernale, che fino agli anni Sessanta eraservita per la produzione di foraggio anche d’inverno su cam-pi chiamati MARCITE o prati marcitoi. L’irrigazione invernale eraanche utilizzata per animare i MULINI, che continuarono a esi-stere anch’essi fino alla fine degli anni Cinquanta, ossia finoall’introduzione del petrolio come fonte energetica alternativaall’acqua.

A tale cambiamento di situazione è conseguita una minoreattenzione alla rete dei canali e quindi la diminuzione degli inve-stimenti e delle opere di manutenzione della rete stessa. Sonod’altra parte aumentati i pozzi di prelevamento, scavati per con-sentire ai proprietari di procurarsi liberamente la portata d’acquavoluta nei tempi preferiti, evitando così di sottostare alle rigidescadenze della dispensa dalle rogge. Questa nuova situazio-ne reca con sé il rischio che l’ingente quantità di lavoro umanoaccumulatasi nei secoli non sia preservata, che le acque non sia-no sufficientemente controllate e che la vigilanza si indebolisca,fino all’abbandono dei manufatti costruiti dall’uomo. Le conse-guenze di questo disinteresse si sono già ripetutamente mani-festate con tracimazioni ed esondazioni di acque di piena dei fiu-mi che hanno travolto a varie riprese case, officine, strade, CAVE

E DEPOSITI DI GHIAIA, ferrovie, CENTRALI ELETTRICHE e hanno spar-so sui campi i rifiuti e i veleni delle città e delle fabbriche. Ovun-que c’è qualcosa da allagare, non solo sulla superficie del suo-lo, ma anche sotto di essa, tra sottopassaggi, parcheggi sot-

le imbarcazioni contro corrente.ROTAZIONE AGRARIA

Pratica agraria consistente nel coinvolgi-mento contemporaneo di più porzioni diterreno nelle quali, per non esaurire la fer-tilità del suolo, ogni anno si alternano col-ture diverse. A quelle di maggior valorealimentare (cereali), ma impoverenti il ter-reno, seguono il maggese (riposo perio-dico) o le colture rigeneratrici (legumino-se). La rotazione biennale (cereali, mag-gese) era praticata già nell’antica Grecia;ad essa subentrò in seguito la triennale(cereali invernali, cereali primaverili, mag-gese) e poi, nel Settecento e nell’Otto-cento, il maggese fu sostituito con i pratie con la coltura delle leguminose e delleforaggere, che non solo incrementaronola produttività agricola rigenerando il ter-reno, ma soprattutto inclusero nella pra-tica rotatoria l’allevamento con conse-guente diversificazione dei prodotti ali-mentari (carni e latticini). A partire dallaseconda metà del XX secolo la rotazio-ne decadde, sostituita dalla monocolturaintegrata con fertilizzanti chimici.

CASCINA

Tipo di insediamento agricolo dell’Italiasettentrionale costituito da un comples-so di fabbricati raccolti attorno ad un gran-de cortile. Elemento tipico dell’architettu-ra rurale cremasca è la dimora, tipologiaedilizia in totale armonia con modelli distruttura aziendale di piccole dimensioniorganizzati su base familiare nei quali l’a-bitazione ospita il conduttore-lavoratore.La cascina cremasca è quasi semprecostituita da corpi di fabbrica giustappo-sti uno all’altro, di cui il più importante, asviluppo longitudinale con orientamentoest-ovest, offre un ampio fronte rivolto amezzogiorno e segue la direzione dei ven-ti dominanti. Esso ospita solitamente lacasa del contadino che si sviluppa su dueo tre piani e la stalla con fienile sovrap-posto. La parte di questa lunga steccache si affaccia sull’aia è spesso dotata diun porticato che può arrivare a raddop-piarne la superficie coperta. Nella mag-gioranza dei casi la cascina cremascanon è solo un elemento isolato distribui-to sul territorio, essa costituisce un tas-sello che si ripete con poche varianti nel-le aggregazioni che formano i piccoli pae-si. In questi ambiti i poderi di pertinenzadi ogni azienda sono frammentati e spar-si intorno agli agglomerati urbani.

CATASTO

Inventario generale delle proprietà immo-biliari (terre ed edifici) di un’area, compi-lato allo scopo di sottoporle a tassazio-ne. I precedenti storici risalgono all’Egit-to dei Faraoni, alla Grecia di Solone e allaRoma imperiale, quindi all’iniziativa deicomuni e, in seguito, di Carlo V. Nel Set-tecento gli Stati europei sostennero un

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terranei, tubi dell’acqua e del gas, cavi elettrici e telefonici. Diven-ta allora chiaro ed evidente che in un contesto di così elevata,o meglio eccessiva, artificialità la sorveglianza del movimentodelle acque dovrebbe essere non solo continua ed efficace, maanche, e forse soprattutto, attenta alla salvaguardia delle ultimetracce di naturalità esistenti sul territorio.

Le questioni poste dal movimento delle acque sono oggimateria di studio dell’ingegneria idraulica che consente l’effet-tuazione di calcoli matematici e rende di conseguenza possibi-le la realizzazione degli strumenti necessari alla moderna gestio-ne delle acque.

L’inizio dell’idraulica moderna è tradizionalmente fissato al1639, quando l’abate bresciano Benedetto Castelli, allievo diGalileo, dimostrò che la portata dipende dalla velocità mediadella corrente e non solo dalle dimensioni dei canali o delleparatoie. Egli risolse in tal modo un problema che per secoli erastato affrontato in maniera più o meno imprecisa. Tra i più evo-luti strumenti di misurazione della portata dell’acqua nei canaliprima dell’inizio dell’idraulica moderna, ossia dell’introduzionedelle formule matematiche per esprimere il moto delle acque,segnaliamo le bocche alla cremonese, elaborate da AdalbertoPallavicino tra il 1559 e il 1561: esse danno una misura corret-ta nel solo caso in cui il livello d’acqua sovrasti l’apertura nel

forte sforzo per realizzare con strumentidi misurazione moderni catasti aggiorna-ti, sui quali si sono esemplati quelli suc-cessivi fino ai nostri tempi. In Lombardiail Catasto Teresiano, entrato in vigore nel1760, costituì una rilevante innovazionesia per la precisione tecnica, dovuta all’im-piego di una misurazione uniforme, siaper l’introduzione di un’equa distribuzio-ne fiscale tra i sudditi, con l’abolizione deiprivilegi di cui avevano fino ad allora godu-to le proprietà nobiliari ed ecclesiastiche.Esso si rivelò inoltre un incentivo all’in-vestimento fondiario perché la lunga dura-ta delle stime sottraeva dall’imposta gliaumenti del reddito fondiario.

ZOOTECNIA

Con questo termine si intende l’alleva-mento come attività che si svolge in un’a-zienda agraria allo scopo di ottenere pro-dotti animali (p. es. alimenti), servizi (p.es. lavoro) e risorse potenziali (p. es. deie-zioni) atti a soddisfare le esigenze uma-ne e il funzionamento dell’azienda stessa.I fabbisogni alimentari degli animali in alle-vamento possono essere totalmente, par-zialmente o per nulla soddisfatti attraver-so le produzioni delle colture agrarie del-l’azienda. Nel primo caso il numero deicapi allevati deve essere commisuratoalla capacità produttiva delle coltivazio-ni; nel secondo il fabbisogno alimentaredegli animali obbliga all’acquisto di man-gimi dal mercato, ossia all’importazionenell’azienda agricola di energia ausiliaria;nel terzo - che rappresenta quello di estre-ma specializzazione produttiva (alleva-mento senza terra) - l’impresa zootecni-ca sussiste nella dimensione aziendalesenza il supporto di campi coltivati, percui l’alimentazione è sostenuta esclusi-vamente da mangimi acquistati. Casicome quest’ultimo sono frequenti nellaprovincia di Cremona per bovini, suini eavicoli. Di tali allevamenti è caratteristicala mancanza di riciclo delle deiezioni incampo. Ciò pone il problema di smaltirecome rifiuto un potenziale di risorse chepotrebbe invece essere destinato all’im-piego agronomico. Considerato l’impattoambientale cui dà luogo, questa tipologiadi allevamento è soggetta a una legisla-zione in continuo sviluppo che pone vin-coli, controlli e divieti.

MECCANIZZAZIONE

Si intende con questo termine il proces-so che a partire dalla metà dell’Ottocen-to, e poi soprattutto nel corso del Nove-cento, ha portato all’utilizzo di strumentimeccanici in agricoltura. Insieme ai ferti-lizzanti chimici essi hanno contribuito adeterminare uno straordinario aumentodella produttività della terra e una forteriduzione della forza lavoro impiegataall’interno del ciclo di produzione agrico-la. Con l’introduzione, negli anni imme-diatamente successivi la Seconda guer-

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Bocca alla cremonese della roggia Frata

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ra mondiale, del nuovo schema energe-tico basato sul doppio binomio petrolio-motore a scoppio e petrolio-chimica indu-striale, si è assistito a un salto di qualitànel campo della meccanizzazione. Finoad allora infatti le macchine si eranomodellate sugli assetti agrari e aziendaliesistenti; da quel momento invece furonoesse stesse (imballatrici, carri autocari-canti, macchine a raccolta integrale) adeterminare gli ordinamenti produttivi,orientando l’agricoltura e le scelte impren-ditoriali verso forme produttive fortemen-te specializzate e imponendo agli opera-tori agricoli non solo una nuova sistema-zione del territorio ma addirittura l’ab-bandono dei luoghi dove esse non pote-vano venire utilizzate in modo redditizio.Anche la struttura del paesaggio agrarioè stata fortemente condizionata dalle esi-genze della meccanizzazione, che ha con-tribuito alla rimozione delle siepi, alla dif-fusione del modello monocolturale conl’integrazione di additivi chimici e conse-guente decadenza delle rotazioni e infi-ne all’aumento della dimensione mediadelle aziende agricole. La meccanizza-zione porta con sé il rischio dell’eccessodi sfruttamento del suolo e dell’esauri-mento della sua fertilità, nonché il peri-colo di erosione e di calo della resa deiraccolti.

FILARI, SIEPI, BANDE ALBERATE, BOSCHETTI

Per siepe campestre si intende una stret-ta banda di vegetazione formata da unaparte legnosa (arborea e arbustiva) e daun sottostante fondo erbaceo. Spessoabbondante è anche la componente ram-picante che si avviluppa ad alberi e arbu-sti. Tutti questi strati fungono da fonte dinutrimento e riparo per una diversificatacomunità di animali (vertebrati e inverte-brati) e microrganismi. Le attuali siepi cheimprontano la campagna cremasca sonoin gran parte di origine antropica. Nonmancano peraltro esempi di siepi resi-duali, ultimo ricordo di estese aree untempo boscate. L’importanza attribuitaalla siepe nei secoli passati è stata laragione principale del suo mantenimentoe della sua diffusione. Tali valori, perdutinegli ultimi decenni del Novecento, sem-brano ora riprendere vigore sulla base divalutazioni scientifiche, tese ad eviden-ziare l’importanza di tale habitat nel con-testo agricolo, e di motivazioni sociali vol-te alla ricerca di spazi extraurbani piace-voli e fruibili.

MARCITA

Speciale coltura pratense (ossia forag-gera) diffusa nella pianura padana a val-le della linea delle risorgive permanenti,sulla quale si pratica l’irrigazione anchein inverno adoperando l’acqua delle risor-give stesse (avente temperatura di 8-12°C): questa, scorrendo ininterrotta-mente sul terreno, appositamente siste-

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Edificio di modellazione a stramazzo o misuratore a stramazzo

canale dispensatore di un’oncia, pari a cm 4,029, mentre conlivelli diversi tali bocche diventano assai imprecise. Una testi-monianza di bocca alla cremonese si trova sulla roggia Frata.

Il primo strumento di misura dell’idraulica moderna, in gradodi consentire una misurazione sufficientemente precisa dellaportata d’acqua transitante, è l’edificio di modellazione a stra-mazzo o misuratore a stramazzo. È costituito da una paratoiao bocca di presa che immette l’acqua in una vasca di calma,nella quale la corrente riduce forza e velocità. La precisione del-lo stramazzo dipende anche dalla bassa velocità d’arrivo dellacorrente. La vasca termina con un’apertura costituita da unalama in acciaio, che l’acqua supera “saltando” nel canale diavvio. L’altezza della lama coincide con lo zero dell’asta gra-duata posta nella vasca in una zona non influenzata da ecces-sive onde. La misura dell’acqua - letta sull’asta detta idrometro- consente di calcolare, con tabelle, l’esatto valore della porta-ta d’acqua. Se la misura non è corretta, si procede a regolareil livello della vasca aprendo o chiudendo la paratoia della boc-ca.

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Tra i problemi che nei secoli passati si sono rivelati di più dif-ficile soluzione ricordiamo inoltre quelli derivanti dai diversi di-slivelli dei canali e delle rogge quando le acque entrano in comu-nicazione. A riguardo segnaliamo, per la sua particolarità, lapresa a pozzo della roggia Aldovina. Per smorzare e dissiparel’energia dell’acqua che irrompe con forza dalla paratoia, a cau-sa del notevole dislivello con il canale Vacchelli, si è scelto di rea-lizzare un dissipatore a pozzo che costringe l’acqua a salire ver-ticalmente, prima di superare lo stramazzo (trasformato in sogliasu tre lati della fondazione della casetta che ospita i meccani-smi di regolazione). Oggi la roggia Aldovina è dismessa nel trat-to iniziale, ma la presa viene mantenuta in esercizio, scarican-

mato con pendenze e canalette, impedi-sce il raffreddarsi del rivestimento erbosodel prato, che continua a crescere anchese la temperatura dell’aria è molto bas-sa. Si ottengono così diversi tagli di forag-gio, invernali ed estivi.

MULINI AD ACQUA

Costituiscono la prima integrazione ina-nimata delle macchine viventi (uomini eanimali). I mulini trasformano l’energiacinetica dell’acqua in energia meccanicaordinata, utile per il lavoro. Essi compar-vero nell’Europa meridionale attorno al Isecolo a.C. Inizialmente il loro uso si limi-tò alla macinazione dei cereali. In segui-to la loro applicazione si ampliò, esten-dendosi ad altri fini produttivi, quali la fol-latura della lana, la battitura della canapa,la fabbricazione del tannino, della carta,la torcitura della seta; ad alcune lavora-zioni nel campo delle segherie, della mani-fattura del vetro, del lino, dell’argilla; aimagli per la lavorazione dei metalli. Essipassarono così dal ruolo di appendicedelle attività agricole a quello di strumentodella produzione manifatturiera. NelMedioevo vi era all’incirca un mulino ogni250 persone. I mulini aumentarono a di-smisura alla fine del Settecento per l’e-senzione dalle imposte decretata a lorofavore con l’intento di incrementare l’in-dustria. Nella pianura padana essi conti-nuarono a crescere fino alla Prima guer-ra mondiale, quando la trasformazionedell’energia cinetica dell’acqua in ener-gia meccanica ordinata per il lavorocominciò ad essere trascurata in favoredello sfruttamento del moto dell’acqua perprodurre una nuova forma di energia:quella idroelettrica. Nel Cremonese i muli-ni continuarono a produrre energia mec-canica fino all’introduzione, negli anniimmediatamente successivi la Secondaguerra mondiale, del nuovo schema ener-getico basato sul petrolio.

CAVE E DEPOSITI DI GHIAIA

Le cave sono luoghi a cielo aperto dovesi estraggono materiali inerti (torbe, argil-le, sabbie, ghiaia, pietre da costruzione,ecc.) destinati soprattutto all’uso edilizioo alla costruzione di infrastrutture viarie(strade, ferrovie, ponti, ecc.). La legisla-zione italiana distingue le cave dalle minie-re dalle quali si ricavano materiali di mag-gior pregio quali metalli, grafite, fosfati,pietre preziose, ecc.

CENTRALI ELETTRICHE

Impianti centralizzati di vaste dimensio-ni, capaci di approvvigionare interi grup-pi di utenti, numerosi e diversificati, con-sentendo la produzione e la distribuzio-ne a basso prezzo di grandi quantitatividi elettricità. Le potenzialità dell’energiaelettrica vennero scoperte da AlessandroVolta (1745-1827), ma solo a partire dal-

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Presa a pozzo della roggia Aldovina

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la fine dell’Ottocento l’economia europeacominciò a elettrificare il proprio sistemaenergetico proseguendo, nel corso delNovecento, con la trasformazione in ener-gia elettrica di una frazione sempre mag-giore dell’energia meccanica, originatadall’acqua, e di quella termica, originatadai combustibili fossili, ottenendo nel pri-mo caso energia idroelettrica e nel secon-do energia termoelettrica. Oggi nel mon-do quasi il 40% delle fonti primarie di ener-gia (vento, cadute d’acqua, combustibilifossili, uranio) viene trasformato in elet-tricità. Questa percentuale è destinata acrescere in futuro. Un’elevata penetra-zione elettrica è considerata dagli eco-nomisti un indice di benessere e di svi-luppo; analogamente, la rete elettrica èritenuta, al pari di quella dei trasporti, unindiscusso fattore di civiltà. La possibilitàdi far viaggiare l’elettricità su lunghedistanze consente di rifornirsi da vari pro-duttori situati in paesi diversi e che utiliz-zano fonti differenti. La forte integrazio-ne delle reti elettriche europee costitui-sce il fondamento della proposta avan-zata dall’Unione Europea di un mercatounico dell’energia elettrica.

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Schema di funzionamento della presa a pozzo della roggia Aldovina

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SIEPI E FILARI, FONTANA DELMA, CASCINE, SANTUARIO DI ARIADELLO,

DEPOSITO DI SABBIA E GHIAIA E CENTRALE IDROELETTRICA

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Siepi e filari

Il sistema di siepi presente nel nucleo territoriale, pur diver-sificandosi notevolmente dal punto di vista strutturale (filari aceppaia, capitozzati e d’alto fusto, sieponi di alberi e arbusti, sie-pi ceduate, bande boscate, boschetti, ecc.) è in realtà forma-to da un ristretto numero di specie arboree e arbustive, chevariano localmente dal punto di vista compositivo, soprattuttoin funzione dei caratteri originari, delle cure colturali e dellecondizioni stazionali; spesso rimane invece decisamente diver-sificata la componente erbacea.

Nel complesso si tratta di filari arborei monospecifici, for-mazioni arboreo-arbustive o arbustive miste, in cui dominanoalternativamente specie indigene ed alloctone. Tra le indigenele più frequenti sono la quercia farnia (Quercus robur), l’acerocampestre (Acer campestre), l’ontano nero (Alnus glutinosa),il salice bianco (Salix alba), l’olmo campestre (Ulmus minor), ilpioppo bianco (Populus alba), il pioppo nero (Populus nigra)e, più localizzate, il ciliegio selvatico (Prunus avium), il carpi-no bianco (Carpinus betulus) e l’orniello (Fraxinus ornus).

Tra gli elementi esotici decisamente abbondanti sono il pla-tano (Platanus hybrida), il pioppo euroamericano (Populuscanadensis), anche con diversi ibridi, la robinia (Robinia pseu-doacacia) e, talvolta, il gelso da carta (Broussonetia papyrife-ra), l’ailanto (Ailanthus altissima), lo spino di Giuda (Gleditsiatriacanthos) e il noce nero (Juglans nigra).

La componente arbustiva, pressoché assente nei filari arbo-rei, viene invece ad essere preponderante nelle siepi, anche astruttura complessa; in tale contesto è favorita anche dall’effettomargine che si determina dalla ristrettezza delle formazioni.Essa è dominata, ad eccezione dei polloni di robinia, da elementivegetali autoctoni; tra i più frequenti vi sono il biancospino (Cra-taegus monogyna), il sanguinello (Cornus sanguinea), il sam-buco (Sambucus nigra), il prugnolo (Prunus spinosa) e, piùraramente, il corniolo (Cornus mas), il ligustro (Ligustrum vul-gare), il nocciolo (Corylus avellana), la fusaggine (Euonymuseuropaeus), la lantana (Viburnum lantana) e l’erba cornetta(Coronilla emerus). Inoltre, in condizioni di maggior umidità delsuolo, si incontrano anche la frangola (Frangula alnus) e il pal-lon di neve (Viburnum opulus). Infine è carattere spesso comu-ne uno strato basso arbustivo a rovi (Rubus caesius e Rubusulmifolius).

La componente lianosa, qualora presente, è rappresentatadall’edera (Hedera helix), che si eleva anche per diversi metridi altezza lungo i tronchi degli alberi, dal tamaro (Tamus com-munis), dal luppolo (Humulus lupulus), dalla vitalba (Clematisvitalba) e, più raramente, dal caprifoglio (Lonicera caprifolium).

Lo strato erbaceo si diversifica maggiormente evidenzian-do i tratti più naturali. Infatti nei filari arborei e nelle strette ban-de arbustive ceduate, la componente erbacea è per lo più costi-tuita da specie banali, come Urtica dioica, Parietaria officina-

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lis, Cirsium arvense, Glechoma hederacea, Veronica persica,Oxalis fontana oltre che da alcune graminacee (Agropyronrepens, Dactylis glomerata, Sorghum halepense) e da speciedi maggior pregio solo sporadicamente e per brevi tratti.

Per le bande arboreo-arbustive, più ampie e meglio strut-turate, sviluppate soprattutto lungo le aree residuali tra i nume-rosi corsi d’acqua paralleli, si riscontra invece un corteggio flo-ristico assai più ricco e diversificato, proprio delle cenosi boschi-ve. Qui ritroviamo con maggior frequenza specie quali Primu-la vulgaris, Anemone nemorosa, Vinca minor, Ranunculus fica-ria, Lamium orvala, Pulmonaria officinalis, Leucojum vernum,Galanthus nivalis, Scilla bifolia, Polygonatum multiflorum,Brachypodium sylvaticum, Festuca heterophylla e Poa nemo-ralis.

Siepi e filari, come altri ambienti, mostrano inoltre nella com-ponente vegetale un’ulteriore diversificazione riferibile alla pre-senza di alghe, briofite (epatiche e muschi) e licheni. In talecontesto questi organismi si ritrovano soprattutto sui tronchi dialberi e arbusti di maggiori dimensioni e, assai più raramente,al suolo. In particolare i licheni hanno la capacità di colonizza-re ambienti particolarmente difficili per altri esseri viventi. Ilsegreto di tale capacità si ritrova nella loro natura del tutto par-ticolare che vede l’unione nello stesso “organismo” di un fun-go e di un’alga. Il fungo ottiene l’energia necessaria alla pro-pria sopravvivenza sfruttando le capacità fotosintetiche del-l’alga, mentre quest’ultima trova all’interno del fungo le condi-zioni ideali contro i rischi di disidratazione, tipici degli ambien-ti terrestri. Il lichene acquisisce così caratteristiche assai diver-se da quelle dell’alga e del fungo presi singolarmente riuscen-do a prosperare in condizioni altrimenti proibitive per entram-bi.

Infine le siepi, soprattutto quelle con maggiore complessitàstrutturale e diversità vegetale, ospitano anche una miriade diorganismi animali. Per ricchezza faunistica la siepe è spessoparagonabile ad altri ambienti considerati generalmente piùimportanti come le aree boscate o i prati da sfalcio.

Le siepi, solo considerando i gruppi di animali più noti, costi-tuiscono l’ambiente ideale per una dozzina tra anfibi e rettili,per altrettante specie di mammiferi, per qualche decina di uccel-li e per alcune centinaia di invertebrati tra cui insetti, aracnidie molluschi. Questi organismi tendono ad occupare tutte le nic-chie ecologiche presenti nell’ambiente, distribuendosi nellastruttura vegetale a vari livelli, sia spaziali sia temporali.

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La fontana Delma

Nel nucleo territoriale è presente il fontanile Delma che, ori-ginando la roggia omonima lunga due chilometri, serve un com-prensorio irriguo di circa 22 ha di terreno. Tale fontanile è col-locato in un’area depressa alla base di una scarpata morfolo-gica. Il contesto agricolo è prevalentemente determinato dallacoltura del pioppo.

L’attuale assetto del capofonte, fino ad alcuni decenni facollocato decisamente più a nord, si è andato definendo inseguito a lavori che hanno interessato la costruzione dello scol-matore di Genivolta: le opere idrauliche hanno troncato l’origi-naria roggia trasformando quella che era una testa seconda-ria nel capofonte attuale.

La forma è rettangolare allungata con una larghezza mediadell’asta di circa 1,8 m e una profondità dello scavo di 1,5 m.

Non sono presenti i tipici manufatti di alimentazione (tubi inferro, tini in cemento o legno); probabile è quindi l’esistenza diemergenze naturali dal fondo, prevalentemente ghiaioso-sab-bioso con brevi tratti d’accumulo sabbioso-limosi, o dalle spon-de. La profondità dell’acqua è generalmente limitata a circa0,10 m (dato rilevato il 26/04/2002).

La vegetazione acquatica è nel complesso abbondante concoperture che variano tra il 50% e il 75% della superficie; lespecie più frequenti sono Callitriche sp., Nasturtium officinale,Apium nodiflorum/Berula erecta, Typhoides arundinacea, Myo-sotis scorpioides. La vegetazione erbacea igrofila lungo le spon-de vede il prevalere di Carex acutiformis, Lythrum salicaria,Typhoides arundinacea, Typha latifolia, Cardamine amara, Car-damine hirsuta, Rorippa amphibia, Epilobium hirsutum, Myo-soton aquaticum.

La cortina arboreo-arbustiva di contorno è invece piuttostodiscontinua (coperture al suolo che variano tra il 25% e il 100%)con alberi come Robinia pseudoacacia, Platanus hybrida, Salixalba, Populus canadensis, Ulmus minor e arbusti quali Cornussanguinea, Rubus caesius, Rubus ulmifolius, Crataegusmonogyna, Sambucus nigra. La componente rampicante chesi accompagna a tale struttura è diversificata con Clematis vital-ba, Humulus lupulus, Calystegia sepium, Galium aparine, Tamuscommunis, Solanum dulcamara e Hedera helix. Infine lo stra-to erbaceo è dominato da specie piuttosto comuni: Arrhena-therum elatius, Bromus sterilis, Poa trivialis, Dactylis glomera-ta tra le graminacee, oltre a Glechoma hederacea, Phytolac-ca americana, Cirsium arvense, Silene alba, Urtica dioica,Ranunculus repens, Saponaria officinalis, Cerastium holo-steoides, Rumex obtusifolius, Stellaria media, Ornithogalumumbellatum, Equisetum telmateja, Euphorbia esula, Taraxa-cum officinale, Equisetum arvense e Veronica persica. Anchequi non mancano peraltro elementi di un certo pregio natura-

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listico come Alliaria petiolata, Ranunculus ficaria, Dryopterisfilix-mas, Lamium orvala e Lysimachia vulgaris.La cascina Castelletto Barbò

Sorge alla confluenza tra la roggia Castella e il naviglio civi-co di Cremona e deriva il suo particolare impianto planimetri-co dal tracciato della campagna irrigua. Qui, rispetto alla cam-pagna cremonese disegnata su una maglia regolare, si puòriconoscere una più complessa ed apparentemente casualedistribuzione del taglio dei campi e degli insediamenti rurali dipertinenza che, dovendosi adeguare ad una fitta e complessarete di rogge e canali, non riescono a mantenere i consolidatiorientamenti del resto della pianura. Ricordata col nome diCastelletto degli Avogadri nella carta provinciale disegnata nel1583 dal pittore e cartografo cremonese Antonio Campi, lacascina costituì fino al 1757-1758, quando venne aggregataal territorio del comune di Cumignano sul Naviglio, un nucleoindipendente denominato “Castelletto Barbò, Provincia supe-riore di Cremona” e comprendeva tra i suoi confini ammini-strativi campi, orti, paludi, boschi e canali irrigui. Nel 1809 ilcomplesso diventò proprietà della Mensa Vescovile, subì pro-gressivi interventi di completamento della struttura edilizia ealle soglie del ’900 si presentava poco differente da come lopossiamo osservare oggi. Una cortina continua di edifici piegatia libro si apre sulla tradizionale aia rivolta a mezzogiorno echiude completamente il lato settentrionale dell’insediamento.Questo lungo corpo in linea è costituito dalla successione dicase coloniche e stalle con barchesse e sovrapposto fienile edè caratterizzato dalla presenza di un corpo porticato con alteaperture a tutto sesto. Appena a sud, seguendo il corso delnaviglio, si distribuiscono corpi rustici più recenti, oggi per lopiù sottoutilizzati.

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La cascina Brugnano

La struttura che oggi possiamo osservare è il risultato di unlungo processo di modificazioni che ebbe inizio nel ’500, quan-do la Cassina Brugnano, di proprietà della Mensa Vescovile, erail presidio di un vasto latifondo. L’insediamento è oggi diviso indue distinte proprietà. La parte rivolta verso ovest, ancora lega-ta all’attività agricola, è deturpata dalla presenza di grosse stal-le, tettoie e manufatti in acciaio e lamiera; l’altra, quella rivoltaverso est, lambita da un canale imprigionato in un alveo dicemento, anche se in rovina e in grave stato di abbandono rap-presenta una suggestiva testimonianza del nostro passato. Neiprimi anni del XVII secolo, come si può leggere nei documen-ti dell’epoca, la cascina era abitata da numerose famiglie; uomi-ni, donne e bambini partecipavano attivamente alla vita e allavoro dei campi: coltivavano miglio, riso, segale, lino e avena,allevavano buoi e cavalli e, all’occorrenza, si occupavano del-la manutenzione delle rogge e delle pertinenze irrigue dellaPossessione del Brugnano. Nonostante gli sconsiderati inter-venti edilizi effettuati durante il secolo scorso, ancora leggibi-le resta l’impianto quadrangolare di origine ottocentesca defi-nito dalla presenza di edifici rustici, lunghe stecche di casecoloniche, lunghi porticati e una casa padronale con sviluppoad elle. Nel 1868 la cascina subì, per ragioni legate all’orga-nizzazione produttiva dell’azienda, un intervento che ne modi-ficò totalmente l’impianto. Ciò che oggi resta della grande cor-te è però ancora in grado di rendere alla storia la testimonian-za di un modello di razionalità e funzionalismo, chiaro, logicoe ancora formalmente vicinissimo al gusto contemporaneo.

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Il santuario di Ariadello

Il santuario di Ariadello è legato alla devozione per una anti-ca immagine della Madonna e sorge nel luogo in cui si verifi-cò, intorno alla metà del XVII secolo, una guarigione miraco-losa. Fu infatti edificato nel 1664 con un lascito del marcheseBarbò, feudatario di Soresina, a perpetuo ricordo dell’evento pro-digioso che ridonò voce alla figlia sordomuta dalla nascita. Ilmiracolo fu attribuito all’intercessione della Madonna, raffigu-rata insieme al Bambino Gesù su una parete dell’edificio, situa-to in un campo della “contrada di Ariadello”, ormai ridotto arudere e oggetto di preghiera e devozione da parte dei conta-dini della vicina campagna. Nonostante le profonde trasfor-mazioni subite, il santuario, isolato nella campagna, conservaancora le caratteristiche originali dell’impianto. Il complesso,così come oggi ci appare, offre una sobria ed elegante faccia-ta scandita da quattro lesene di ordine gigante che sorreggo-no un timpano dall’insolito motivo spezzato. Una bella volutaraccorda elegantemente la facciata al portico dei pellegrini chesi sviluppa sul fianco destro del santuario e che si affacciavadirettamente sul cortile di pertinenza di quella che era l’abita-zione del sagrestano e dei religiosi impegnati nelle celebra-zioni del culto della Madonna di Ariadello. La prima pietra fucollocata l’11 maggio del 1664 dall’allora parroco di Soresinae due anni dopo veniva terminato e solennemente benedettoil tempio dedicato alla Madonna di Ariadello con al suo interno,collocata nel muro di fondo proprio sull’altare maggiore, l’effi-gie sacra oggetto di culto.

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Deposito di sabbia e ghiaia

Ai margini della ex strada statale n. 498 “Soncinese”, pocoa nord dell’abitato di Genivolta, è dislocata un’area adibita,almeno in un recente passato, alla lavorazione e al deposito tem-poraneo di sabbia e ghiaia.

La struttura centrale visibile è costituita da un vaglio mec-canico che, mediante l’azione vibrante di lamiere forate e retisovrapposte, seleziona il materiale in funzione delle dimen-sioni dei granuli. Il successivo uso di nastri trasportatori per ladi-stribuzione diversificata dei prodotti così selezionati determinala formazione di cumuli di materiale a differente granulometria:sabbia fine, media, grossa, ghiaia, ecc. L’attuale situazione del-l’area, piuttosto compromessa e in contrasto con il contestoterritoriale contiguo, necessita di un’azione di recupero ambien-tale del sito che ne consenta, ad esempio, anche un utilizzo afini didattico-divulgativi.

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BARILE DI PETROLIO (BBL)

Corrisponde a circa 159 litri di petrolio.Da un barile di petrolio, oltre a catrame,olio e gas, si ricavano circa 55 litri di ben-zina e 55 litri di gasolio.

EFFETTO SERRA

Fenomeno di riscaldamento della Terracollegato ad un aumento della concen-trazione di anidride carbonica (CO2) nel-l’atmosfera derivante soprattutto da atti-vità antropiche dovute alla combustionedi carburanti e combustibili fossili.

CENTRALE IDROELETTRICA

La centrale idroelettrica di Genivolta

È stata realizzata nel 2001, a seguito di un accordo tra ilConsorzio per l’incremento della Irrigazione nel territorio Cre-monese, il Naviglio della Città di Cremona, il Consorzio di Boni-fica Naviglio Vacchelli, il Comune di Genivolta e la societàGenHydro di Padova, proprietaria dell’impianto.

La centrale ha una potenza di 1.500 kilowatt grazie ad un sal-to di 7 metri ed una portata intorno ai 30 metri cubi al secon-do. L’acqua che affluisce attraverso il canale, detto scolmato-re di Genivolta, viene sbarrata da una paratoia a ventola e fat-ta fluire all’interno della turbina posta nell’edificio della centra-le. La turbina, tipo Kaplan a doppia regolazione, scarica poil’acqua, una volta sfruttata la sua energia, ancora nel canale che,in seguito, raggiunge il fiume Oglio.

La centrale è completamente automatica e viene telecon-trollata dalla sede della ditta.

La produzione energetica della centrale, che cessa di fun-zionare nel periodo compreso tra maggio e settembre (quandol’acqua è destinata all’irrigazione), si attesta, in anni di mediadisponibilità d’acqua, intorno ai 7.500.000 kilowattora all’anno,corrispondenti al consumo di circa 2.450 famiglie. La centralefornisce energia pulita da fonte rinnovabile e con il suo funzio-namento permette di risparmiare 3.750 BARILI DI PETROLIO all’an-no e di evitare l’emissione annua di 7.500 tonnellate di anidri-de carbonica (CO2), responsabile principale dell’EFFETTO SERRA.

È costituita dalle seguenti tre parti essenziali:1. l’opera di intercettazione dell’acqua, resa possibile da una

paratoia mobile a ventola inserita nel canale;2. l’edificio della centrale, che si sviluppa su due piani super-

ficiali ed uno interrato e che è dotato di tutte le necessarieapparecchiature per il funzionamento senza il presidio delpersonale;

3. l’opera di restituzione dell’acqua prelevata in concessione,che avviene da sotto l’edificio della centrale attraverso unmanufatto in cemento armato.

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LA PASSEGGIATA DA TREDICI PONTI ALLE TOMBE MORTE

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1. Il naviglio Grande Pallavicino, pocooltre la località Tredici Ponti

2. Colture di pioppo ibrido si alternano aformazioni naturali tra rogge e canali

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3. Località Tredici Ponti: il ponte chesovrappassa il naviglio civico di Cre-mona

4. Paratoia in legno a regolazionemanuale per il deflusso dell’acqua

5. Presa di derivazione lungo la stradaalzaia del naviglio civico di Cremona

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6. Località Tombe Morte: le paratoie diimpinguamento regolano il flusso del-l’acqua dal canale Vacchelli nel navi-glio Grande Pallavicino

7. Località Tombe Morte: l’elevata ener-gia dell’acqua viene in parte dissipa-ta nel passaggio tra i diversi corsid’acqua

8. Località Tombe Morte: il canale Vac-chelli termina qui il suo percorso rifor-nendo di acqua, oltre che numeroserogge minori, anche i navigli Grandee civico

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9. Località Tombe Morte: le acque ineccesso vengono incanalate nelloscolmatore di Genivolta

10. Un ponte canale in mattoni oltrepas-sa il naviglio civico di Cremona

11. Paratoie di scarico: consentono diregolare il deflusso nello scolmatoredi Genivolta dell’acqua in eccesso delcanale Vacchelli e dei due navigli

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12. Nel suo tratto terminale il canale Vac-chelli, dopo aver impinguato i duenavigli, rifornisce altre sette roggeminori attraverso un canale a sezio-ne ridotta

13. Presa di derivazione sul naviglio civicodi Cremona in località Tombe Morte

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AGENDA 21 E SVILUPPO SOSTENIBILE:DAL SUMMIT DI RIO DE JANEIRO

AL MUSEO DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI CREMONA

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La definizione di sviluppo sostenibile universalmente nota èquella data nel 1987 dal Rapporto Bruntland-Our common futu-re, secondo cui esso è inteso come «uno sviluppo che soddi-sfi i bisogni delle generazioni presenti senza comprometterela capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». Que-sta nuova concezione è stata in seguito consacrata dalla Con-ferenza sull’ambiente e lo sviluppo, svoltasi a Rio de Janeironel 1992.

Fra gli atti approvati a Rio, quello che ha assunto maggiorrilievo è l’Agenda 21: il documento programmatico per il XXIsecolo, in cui sono proposte le strategie, le politiche e le azio-ni specifiche che i paesi firmatari si sono impegnati ad attuareper il raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Tre sono i suoicapisaldi. Il primo è l’integrità dell’ecosistema, ossia la salva-guardia della diversità biologica, e la corretta utilizzazione del-le risorse naturali, finalizzata alla conservazione della capaci-tà dell’ambiente di compiere i propri processi biologici. Il secon-do è l’efficienza economica, che va intesa non più come lamaggiore riduzione possibile del rapporto tra costi e ricavi, macome il minore utilizzo di risorse non rinnovabili e il più ampiodi quelle rinnovabili. Il terzo è l’equità sociale, il cui non rag-giungimento è considerato nel contempo causa ed effetto del-l’attuale sistema di sviluppo non sostenibile. Infatti le disugua-glianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza sonola conseguenza di un utilizzo fortemente squilibrato delle risor-se, che alimenta, a sua volta, il depauperamento dell’ambien-te. Da tali principi consegue quello dell’integrazione tra politi-che ambientali, economiche e sociali.

L’Agenda 21 è suddivisa in quaranta capitoli, ognuno dedi-cato ad un insieme di programmi e iniziative o alla trattazionedi una questione intersettoriale. Il capitolo 28, intitolato “Pro-muovere iniziative locali di supporto all’Agenda 21”, si propo-ne di perseguire la sostenibilità a questo livello, invitando tut-te le autorità locali dei paesi firmatari a «dialogare con i citta-dini, le organizzazioni locali e le imprese private e ad adottareuna propria Agenda 21 locale». Quest’ultima può essere defi-nita come «uno sforzo comune, all’interno di una comunità, perraggiungere il massimo consenso possibile tra i diversi attorisociali per la definizione e l’attuazione di un piano di azioneambientale».

Dopo la Conferenza di Rio l’Italia ha assunto l’impegno di ela-borare un Piano nazionale di attuazione dell’Agenda 21 e, condelibera del 28 dicembre 1993, ha approvato il primo Pianonazionale per lo sviluppo sostenibile, che ha prodotto però effet-ti concreti di scarso rilievo. Di maggior valore si sono dimostratiinfatti la legge 344 del 1997 sullo sviluppo sostenibile e la qua-lificazione degli interventi in campo ambientale e il conseguenteProgramma per la pianificazione dell’ambiente, approvato nel1998. Ma l’impulso maggiore alla diffusione dell’Agenda 21 èstato dato dalla nascita del Coordinamento Agende 21 locali

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italiane, costituitosi ufficialmente a Ferrara nell’aprile 1999,quale punto d’arrivo dell’iniziativa spontanea di alcune ammi-nistrazioni, che avevano da tempo manifestato l’esigenza diun più ampio raccordo e confronto fra le varie esperienze loca-li maturatesi a seguito dell’approvazione del Piano nazionale.

L’Agenda 21 locale viene normalmente attivata con riferi-mento ad una scala territoriale corrispondente ai diversi livellidi governo locale: regione, provincia e comune. Essa va inte-sa come un percorso promosso da più attori che condividonoobiettivi di sostenibilità locale, li esplicitano, ne verificano la fat-tibilità e li traducono in concrete linee d’azione che coinvolgo-no nella loro attuazione i diversi soggetti interessati. Primo pas-saggio fondamentale è la costituzione del Forum, rappresen-tativo della comunità locale nella sua totalità, attraverso il coin-volgimento degli attori (stakeholder). Esso è il luogo ove le inte-razioni e gli sforzi negoziali prendono forma e si concretizza-no in interventi e programmi sostenibili ad uso della collettivi-tà. Obiettivo principale del Forum è favorire la più ampia par-tecipazione pubblica alle diverse fasi di discussione, definizio-ne, valutazione, attuazione e revisione del processo di Agen-da 21 locale al fine di riuscire a considerare l’insieme delle pro-spettive di sviluppo di un’area, in una logica d’integrazione trale varie questioni e i diversi soggetti, e raggiungere così lasostenibilità delle scelte anche sul lungo periodo.

Per la partecipazione degli stakeholder l’Agenda 21 localedella Provincia di Cremona prevede Forum specializzati pertemi, i Forum tematici e i Forum territoriali, decentrati nei treambiti storici del territorio provinciale: Cremasco al nord, Cre-monese al centro, Casalasco al sud. I comuni che appartengonoalla zona del Cremasco (56 su 115, per una popolazione cor-rispondente a più del 50% del totale) hanno dato vita, assiemealle associazioni di categoria locali di agricoltura, industria eartigianato, ai consorzi irrigui e alle Pro loco, ad una serie diincontri relativi ai temi dello sviluppo sostenibile e dell’Agenda21 locale. Nel corso di tali incontri è stato elaborato un pro-gramma di lavoro che, fondandosi sul criterio del “doppio bina-rio”, ha messo in campo da subito iniziative concrete di infor-mazione e di sostegno all’Agenda 21 locale e ha nel contem-po definito precisi obiettivi di sostenibilità e piani di azione loca-li.

Tra questi ultimi si colloca il progetto denominato “Il territo-rio come ecomuseo”, che intende attuare la ricognizione del-l’intera zona del Cremasco col duplice fine di metterne in lucel’organizzazione interna, la morfologia, la destinazione d’usoe la funzionalità tradizionali e di aumentarne il tasso di biodi-versità, promuovendo il potenziamento, o il miglioramento, del-le componenti naturali di contesto e di corredo. Il progetto pre-vede inoltre l’indagine degli aspetti economici e sociali del pae-saggio, nella loro evoluzione storica, e l’analisi dei suoi ele-menti portanti (rete irrigua, architetture d’acqua, trama parcel-

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lare agraria, reticolo viario) al fine di evidenziarne l’orditura. Sipropone infine di individuare e censire le strutture edilizie signi-ficative per dignità architettonica intrinseca o per ruolo rivesti-to nell’economia rurale del passato.

Scopo ultimo del progetto è la trasformazione del territorioin un ecomuseo, che possa venir percorso, esplorato e godu-to dall’interno da ogni genere di fruitore e che si ponga inoltrequale base di partenza per uno sfruttamento accettabile dellerisorse, nonché per un miglioramento dell’utilizzo dei manufattie dello stato delle caratteristiche biologiche. Si tratta dunque,a ben vedere, di perseguire una pluralità di obiettivi locali, tut-ti riferibili a tematiche di sostenibilità ambientale, economica esociale, e di ricondurli ad una sintesi globale della realtà terri-toriale, riflettendo così, in maniera esplicita e chiara, le lineeprogrammatiche approvate a Rio de Janeiro per lo svilupposostenibile e per l’attuazione dell’Agenda 21.

La struttura portante deI progetto “Il territorio come Eco-museo”, che è costituito da 12 nuclei territoriali iniziali, è basa-ta su tre principali finalità: la prima è quella di consentire adogni genere di visitatore di avvicinare e conoscere il territorioe di scoprire le sue caratteristiche estetiche, naturali e culturali;la seconda è quella di proporsi quale strumento informativo ecomunicativo per chi, come politici, amministratori e pianifica-tori, opera istituzionalmente sul territorio con lo scopo di adat-tarlo, sperabilmente migliorandolo, alle molteplici esigenze pro-duttive, sociali e ambientali, che di volta in volta si presentano;la terza, infine, di assumere la funzione di mezzo di conoscenzaper i ragazzi delle scuole, allo scopo di aiutarli a leggere il pae-saggio all’interno del quale vivono e a comprenderne quindi ilvalore sia naturale che culturale.

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