Il team odontoiatrico al lavoro

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514 | DENTAL CADMOS | 7/2014 Speciale Dental Team 1. INTRODUZIONE Gli odontoiatri, gli igienisti dentali, gli assistenti di studio odontoiatrico (ASO), gli odontotecnici fanno tutti parte di una squadra, il team odontoiatrico, che ha come mission quel- la di “generare un servizio globale che produca prevenzione, assistenza e salute” [1]. In questa definizione, che risale ad alcuni anni fa, figura il concetto di “servizio” inteso come uno degli elementi costitutivi del “prodotto” messo in vendita dal- lo studio. Con il concetto di servizio si esclude l’idea, prece- dentemente dominante, secondo cui lo studio odontoiatrico è un luogo dove si vendono otturazioni, estrazioni ecc. Sempre con il concetto di servizio si introduce l’idea della continui- tà nel rapporto con il cliente, della sua fidelizzazione: come afferma il professor Guastamacchia, si propone il concetto di alleanza terapeutica con il paziente, cioè si stabilisce un rapporto continuativo responsabilizzando e coinvolgendo il cliente nell’articolato ruolo di prevenzione e mantenimento della salute orale, corporale e psicologica. Ed è proprio grazie a questo secondo concetto, la prevenzio- ne come pilastro portante del servizio, che lo studio odonto- iatrico entra nella modernità. Prevenzione per la salute del cavo orale ma anche contro i danni prodotti a distanza dalla placca batterica. Prevenzione contro i danni causati da stili di vita scorretti, come per esempio la dipendenza dal fumo e l’in- sufficiente attività fisica. Lo studio odontoiatrico diventa così luogo di salute e per la salute, capace di discutere, motivare, coinvolgere il cliente/paziente in un processo di maturazione e consapevolezza (fig. 1). Tramonta dunque l’idea di un cliente che deve sottostare, che deve essere curato, che spesso non capisce bene e con il quale allora è inutile insistere, mentre si afferma il modello del cliente come soggetto attivo e col- laborante. L’idea della prevenzione al primo posto, dello studio come luogo di sviluppo delle conoscenze e della partecipazione dei Il team odontoiatrico al lavoro Giulio C. Leghissa a , Federica Demarosi a , Fulvia Magenga b a Liberi professionisti in Milano b Assistente di studio odontoiatrico (certificata Regione Lombardia) in Milano clienti fa sì che immediatamente emerga il ruolo centrale, de- cisivo, indispensabile che in questo progetto assumono i colla- boratori: igienisti e ASO innanzitutto. Torna in mente un incontro pubblico di qualche anno fa nel quale un relatore, dirigente di un importante sindacato di odontoiatri, sosteneva piccato: “Ma smettiamola con questa storia dello studio odontoiatrico come azienda. Non c’è niente di aziendale, il mio rapporto con i miei pazienti è personale, li conosco tutti e non c’è nessun bisogno di scrivere tante cose: fanno quello che io suggerisco perché si fidano di me”. In que- sto modo si confondono i concetti più elementari. Il rapporto con i pazienti deve essere gestito con i carat- teri del rapporto azienda-cliente, poiché tale è la relazione economica esistente tra studio e paziente. “Un’impresa è ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica […] Sono considerate impre- se i lavoratori autonomi, le imprese familiari, le partnership Fig. 1 Lo studio odontoiatrico è un luogo di salute e per la salute, capace di coinvolgere il cliente/paziente in un processo di maturazione e consapevolezza

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1. INTRODUZIONEGli odontoiatri, gli igienisti dentali, gli assistenti di studio

odontoiatrico (ASO), gli odontotecnici fanno tutti parte di

una squadra, il team odontoiatrico, che ha come mission quel-

la di “generare un servizio globale che produca prevenzione,

assistenza e salute” [1]. In questa definizione, che risale ad

alcuni anni fa, figura il concetto di “servizio” inteso come uno

degli elementi costitutivi del “prodotto” messo in vendita dal-

lo studio. Con il concetto di servizio si esclude l’idea, prece-

dentemente dominante, secondo cui lo studio odontoiatrico è

un luogo dove si vendono otturazioni, estrazioni ecc. Sempre

con il concetto di servizio si introduce l’idea della continui-

tà nel rapporto con il cliente, della sua fidelizzazione: come

afferma il professor Guastamacchia, si propone il concetto

di alleanza terapeutica con il paziente, cioè si stabilisce un

rapporto continuativo responsabilizzando e coinvolgendo il

cliente nell’articolato ruolo di prevenzione e mantenimento

della salute orale, corporale e psicologica.

Ed è proprio grazie a questo secondo concetto, la prevenzio-

ne come pilastro portante del servizio, che lo studio odonto-

iatrico entra nella modernità. Prevenzione per la salute del

cavo orale ma anche contro i danni prodotti a distanza dalla

placca batterica. Prevenzione contro i danni causati da stili di

vita scorretti, come per esempio la dipendenza dal fumo e l’in-

sufficiente attività fisica. Lo studio odontoiatrico diventa così

luogo di salute e per la salute, capace di discutere, motivare,

coinvolgere il cliente/paziente in un processo di maturazione e

consapevolezza (fig. 1). Tramonta dunque l’idea di un cliente

che deve sottostare, che deve essere curato, che spesso non

capisce bene e con il quale allora è inutile insistere, mentre

si afferma il modello del cliente come soggetto attivo e col-

laborante.

L’idea della prevenzione al primo posto, dello studio come

luogo di sviluppo delle conoscenze e della partecipazione dei

Il team odontoiatrico al lavoroGiulio C. Leghissaa, Federica Demarosia, Fulvia Magengab

a Liberi professionisti in Milano b Assistente di studio odontoiatrico (certificata Regione Lombardia) in Milano

clienti fa sì che immediatamente emerga il ruolo centrale, de-

cisivo, indispensabile che in questo progetto assumono i colla-

boratori: igienisti e ASO innanzitutto.

Torna in mente un incontro pubblico di qualche anno fa nel

quale un relatore, dirigente di un importante sindacato di

odontoiatri, sosteneva piccato: “Ma smettiamola con questa

storia dello studio odontoiatrico come azienda. Non c’è niente

di aziendale, il mio rapporto con i miei pazienti è personale, li

conosco tutti e non c’è nessun bisogno di scrivere tante cose:

fanno quello che io suggerisco perché si fidano di me”. In que-

sto modo si confondono i concetti più elementari.

Il rapporto con i pazienti deve essere gestito con i carat-

teri del rapporto azienda-cliente, poiché tale è la relazione

economica esistente tra studio e paziente. “Un’impresa è

ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che

eserciti un’attività economica […] Sono considerate impre-

se i lavoratori autonomi, le imprese familiari, le partnership

Fig. 1

Lo studio odontoiatrico è un luogo di salute e per la salute, capace di coinvolgere il cliente/paziente in un processo di maturazione e consapevolezza

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e le associazioni che esercitano regolarmente un’attività

economica” [2]. Rientra dunque in una concezione ottocen-

tesca l’idea che “non c’è bisogno di scrivere tante cose”.

Al contrario, c’è bisogno di scrivere tutto: programma degli

appuntamenti, consenso informato e soprattutto preventivo

dettagliato. E a questo percorso, che dalla prima visita porta

al piano terapeutico e alla fidelizzazione del cliente, parte-

cipano in modo decisivo tutte le componenti della squadra.

I pazienti “si fidano di me…”: ci mancherebbe che i pazienti

non si fidino del proprio medico. Questo però non ha nulla

a che vedere con un corretto rapporto medico-paziente. La

fiducia deve essere conquistata sul campo, con la spiegazione,

il confronto, la disponibilità, la dedizione e… la trasparenza

del rapporto economico. La fiducia non è, e non deve essere,

basata sul rapporto fideistico e autoritario.

2. LA PREVENZIONE AL PRIMO POSTORiprendiamo i concetti precedenti: “Il prodotto venduto dallo

studio odontoiatrico, dunque, non è una terapia, ma un servi-

zio che comprende la terapia e che in essa non si esaurisce. È

il livello del servizio che determina la qualità del prodotto for-

nito dallo studio, ma è come il paziente percepisce tale livello

che determina il grado di qualità che il paziente attribuisce al

prodotto stesso” [3].

Il grado di qualità che il paziente riconosce al servizio rice-

vuto si basa quindi sulla sua percezione di qualità (fig. 2a,b).

Tale percezione è determinata da numerosi fattori tra cui le

aspettative, il livello culturale, le esperienze precedenti, la

comprensione della comunicazione del team. Il cliente ana-

lizza le impressioni che riceve dall’accoglienza e le somma

alla valutazione (emotiva!) sia della struttura, dell’igiene,

della pulizia e dell’ordine dell’ambiente, sia della squadra:

dalla sua capacità e rapidità di risposta a un’esigenza alla

disponibilità ad accogliere particolari richieste. Dunque

oggi, nel mondo medico, va imponendosi l’idea che la sod-

disfazione del paziente possa essere considerata “uno de-

gli esiti desiderati della cura e l’informazione riguardo alla

soddisfazione del paziente dovrebbe essere un elemento in-

dispensabile tanto per valutare la qualità quanto per pro-

gettare e gestire i sistemi sanitari […]. Aver raggiunto e

prodotto salute e soddisfazione […] è la convalida definitiva

della qualità della cura” [4].

Il primo passo per raggiungere questo risultato consiste,

come si è detto, nel mettere la prevenzione al primo posto.

Ciò significa che tutta l’azienda deve essere strutturata e

organizzata, tutta la squadra deve essere addestrata, mo-

tivata, costantemente formata sulla prevenzione. Per dirla

con Guastamacchia, che in Italia è stato padre, madre e zio

dell’ergonomia e del lavoro di squadra: “Le previsioni per

l’avvenire sono ottime, a patto che si comprenda e soprat-

tutto si insegni e si insista su un concetto fondamentale, cioè

che la vera, unica ragione della nostra professione, per noi e

per i nostri collaboratori, è la prevenzione, la prevenzione e

ancora la prevenzione” [5].

Bisogna allora organizzare l’azienda in modo tale che la pre-

venzione risulti effettivamente al primo posto.

Fig. 2a,b Procedure di igiene, pulizia e ordine dell’ambiente sono tutti fattori che il cliente valuta nel giudicare il livello di qualità dello studio odontoiatrico

2a 2b

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Progettazione e realizzazione della struttura devono ri-

spondere a questa esigenza. Lo spazio alberghiero della

struttura va separato nettamente dal settore clinico, nel

quale pareti, pavimenti, arredi, organizzazione delle sale

di igiene professionale dicono in coro la stessa cosa: qui la

prevenzione è la cosa più importante.

L’impatto visivo del cliente deve ricevere continui stimoli:

opuscoli, poster, carta dei servizi, spazi dedicati alla pre-

venzione ecc.

L’organizzazione dell’attività preventiva richiede la realiz-

zazione di misure concrete: protocolli precisi per la pre-

venzione dell’infezione crociata dei quali il paziente deve

essere reso partecipe; protocolli precisi per la prevenzione

delle malattie dento-parodontali nei quali il cliente deve

essere coinvolto come attore protagonista; protocolli per

l’intercettazione precoce del cancro orale; protocolli per

la lotta al fumo; protocolli per la prevenzione degli infor-

tuni e degli incendi.

La gestione delle risorse umane deve reggere l’impegno

di quest’attività: in primo luogo l’igienista dentale (fig. 3).

Senza igienista non si fa prevenzione in modo continua-

tivo e prioritario. Nulla vieta che l’odontoiatra si occupi

dell’igiene orale professionale. Ma l’odontoiatra tenderà

sempre a vedere quest’attività come secondaria, non sod-

disfacente, riduttiva e non dedicherà tutta l’attenzione e la

dedizione necessarie.

L’intera squadra deve essere formata sui principi della

prevenzione affinché ne diventi artefice.

3. LA SQUADRA ODONTOIATRICA AL LAVORO PER LA PREVENZIONE E LA SALUTE AL PRIMO POSTOTutta la squadra deve essere motivata e rimotivata sul concet-

to della prevenzione al primo posto (fig. 4).

Gli igienisti sono, istituzionalmente, i responsabili del repar-

to di prevenzione orale. Il reparto deve essere visivamente

identificabile all’interno dell’area operativa perché i pazienti

devono immediatamente percepire il fatto che alla preven-

zione si dedica spazio (dunque struttura, dunque denaro…).

Questo spazio deve essere attrezzato in modo adeguato e con

strumentazione idonea (per esempio scaler ultrasonici) all’o-

peratività, alla comunicazione (per esempio videocamera in-

traorale), alla propaganda (opuscoli, modelli esplicativi ecc.).

Il cliente deve conoscere la propria igienista, che a sua volta

conosce la sua bocca, i suoi problemi, i suoi punti deboli.

Alle sedute di igiene orale professionali va dedicato tutto il

tempo necessario (60-75 minuti per paziente) in modo da

poter “comunicare” con il cliente, motivarlo e rimotivarlo,

verificare con lui il lavoro svolto, complimentarsi per i suc-

cessi e incoraggiare nuovi traguardi. L’addestramento alle

manovre di igiene orale domiciliare – che andrebbe fatto

concentrandosi su pochi, validi strumenti (spazzolino elet-

trico e scovolino interdentale) – deve trovare tutto il tempo

necessario affinché il paziente capisca e si addestri. E dove

si trova questo tempo se non nell’appuntamento dedicato

all’igiene orale professionale?

L’igienista deve avere il tempo di mostrare al paziente la

situazione con la videocamera intraorale, di spiegare l’uso Fig. 3 L’igienista dentale è la figura professionale indispensabile

per fare prevenzione in modo continuativo e prioritario

Fig. 4 Tutta la squadra deve essere motivata sul concetto della prevenzione al primo posto

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degli strumenti nelle zone più scomode. E all’appuntamento

successivo, grazie ancora alla videocamera, potrà mostrare i

progressi e i difetti. Sempre incoraggiando, sempre accom-

pagnando il paziente a capire e migliorare. Servono tempo e

pazienza, tempo e tenacia, tempo e chiarezza. Il cliente non

sa nulla della bocca, nemmeno la differenza tra un canino e

un premolare, tra infiammazione e infezione ecc. Spetta all’i-

gienista avvicinarlo via via alla conoscenza e alla consapevo-

lezza. E questo è compito di tutta la squadra: gli ASO sono

fondamentali per continuare a stimolare il paziente, spiegare

ancora e ancora, motivarlo e rimotivarlo.

È un complesso gioco di squadra che coinvolge tutti e al quale

tutti devono partecipare. È ragionevole pensare che i colla-

boratori si impegnino con entusiasmo e professionalità per

grazia ricevuta? No. Bisogna organizzare riunioni (nell’orario

di lavoro) per spiegare, informare, rendere partecipi. Ancora

una volta servono tempo e pazienza, tempo e tenacia, tempo

e chiarezza. E siccome nessuno, all’università, ha insegnato ai

collaboratori la scienza delle comunicazione, né la scienza del

comportamento umano, il management aziendale e il marke-

ting, bisogna studiare e imparare. E se ancora non ci si sente

sicuri si può chiedere a esperti in queste materie di venire

nello studio a tenere corsi a tutta la squadra.

È un impegno gravoso, ma è la strada per il successo. Tutto si

risolve quando la squadra capisce fino in fondo due concetti:

la soluzione delle malattie parodontali si basa non su ri-

medi fantasiosi o applicazioni tecnologiche, ma sulla rea-

lizzazione di un rigoroso quanto sistematico protocollo

igienico. E il paziente continuerà a chiedere: “Sì dottore,

va bene, ma poi cos’altro posso fare per la mia malattia?”.

La risposta è: “Deve seguire i protocolli d’igiene, perché

l’igiene orale (professionale e domiciliare) è la terapia”;

la prevenzione e la terapia parodontale si basano sull’ap-

plicazione di un rigoroso protocollo. Perché questo proto-

collo venga applicato è necessario che la squadra lo cono-

sca e s’impegni. E affinché la squadra possa esprimere il

proprio potenziale comunicativo e motivazionale, affinché

il protocollo possa essere realizzato servono persone dedi-

cate, struttura e attrezzatura.

In sintesi: la prevenzione e la terapia parodontale sono orga-nizzazione del lavoro della squadra.

E tutto ciò ancora non basta: pilastro della prevenzione è la

lotta alla dipendenza dal fumo. Basta con i ragionamenti ap-

prossimativi: il fumo non è un vizio, è una dipendenza e come

tale va trattata. La squadra deve conoscere i danni provocati

dal fumo ed essere istruita sulle conseguenze perniciose della

nicotina a livello della microcircolazione, della chemiotassi

dei polimorfonucleati, della fagocitosi ecc. E tutta la squadra

deve lavorare il paziente ai fianchi spiegando e rispiegando,

informando del fatto che l’igienista ha seguito un apposito

corso per aiutarlo a smettere e che l’odontoiatra può contri-

buire prescrivendo farmaci e cerotti alla nicotina. È dimostra-

to che un attento lavoro compiuto dal team può portare alla

cessazione del fumo il 10-15% dei pazienti: una percentuale

elevata e un risultato importante. E quando un paziente smet-

te di fumare deve essere festeggiato e incoraggiato da tutti.

4. LA SQUADRA E LA PREVENZIONE DEL CANCRO ORALECosì come per il tabagismo, anche la prevenzione del cancro

orale è un compito di grande rilevanza. Viene portato avanti

con l’educazione alimentare (riduzione del consumo di alcol)

e i regolari controlli. Sul vassoio per visita e controlli deve

sempre esservi la garza, in modo che l’odontoiatra possa

prendere la lingua e spostarla per verificare lo stato di muco-

se e rivestimenti.

E se l’odontoiatra per una volta lo dimenticasse l’ASO può

porgergli la garza con un sorriso, “Dottore, la garza che mi ha

chiesto”, e richiamare la sua attenzione sul dovere da assol-

vere senza assolutamente suscitare nel paziente la sensazione

che ci si sia dimenticati questo controllo.

Igieniste e ASO devono essere state motivate e devono sape-

re come si presenta una precancerosi o un cancro in situ, in

modo da osservare sempre con attenzione, rilevare e segnala-

re immediatamente qualunque sospetto.

5. LA SQUADRA E LA PREVENZIONE NEL BAMBINOI primi lavori che hanno dimostrato che la somministrazione

di fluoro nel bambino e l’impiego di prodotti al fluoro nell’a-

dulto sono strumenti efficaci nella prevenzione della carie

batterica risalgono agli anni Sessanta e sono stati confermati

da numerosissimi studi scientifici in tutto il mondo. Eppure

ancora oggi i pazienti chiedono all’odontoiatra se sia corretto

assumere fluoro in gravidanza, somministrare le gocce o le

pastiglie di fluoro ai propri bambini o usare dentifrici e col-

lutori al fluoro.

Servizio e qualità della prestazione significano anche for-

nire al paziente informazioni corrette e aggiornate su ciò

che domanda. Sull’argomento fluoro il paziente spesso rice-

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ve informazioni molto diverse da pediatra, medico di base e

odontoiatra. Chi ha ragione? Per il paziente sono tutti e tre

professionisti di cui si fida. Il paziente pretende e ha diritto

a una risposta corretta. Questa è frutto dell’istruzione degli

operatori, quindi di tutto il team, e dell’aggiornamento con-

tinuo. La risposta dell’odontoiatra, che sarà uguale a quella

dell’ASO e dell’igienista, deve basarsi sulle linee guida, se

esistono, sui documenti ufficiali e sulla letteratura interna-

zionale. La risposta corretta però non vale per sempre. Per

quanto riguarda il fluoro il Ministero della Salute nell’otto-

bre 2008 ha stilato linee guida che sono state aggiornate nel

novembre 2013 [6]. In definitiva il team deve riportare al

paziente il contenuto delle linee guida ed essere a conoscen-

za degli aggiornamenti.

Per esempio, il team deve informare non solo sull’importanza

della somministrazione di fluoro nei bambini di età inferiore

a 3 anni ma anche sul danno causato ai denti dall’assunzione,

fuori dei pasti principali, di bevande e cibi contenenti carboi-

drati semplici. E ancora, il consumo elevato e frequente di

zuccheri oltre a essere un fattore di rischio per le malattie del-

la bocca lo è anche per le malattie cardiache e il diabete. Per

fare prevenzione nel bambino bisogna prima fare prevenzione

nell’adulto. Esistono infatti forti evidenze scientifiche che lo

stato della salute orale di chi si occupa del bambino e lo stato

socioeconomico della famiglia influiscano sul suo rischio di

sviluppare lesioni cariose. La presenza di alte concentrazioni

di batteri cariogeni associata o meno a un’elevata esperienza

di carie nella madre influenzerà la precoce colonizzazione di

tali batteri nel cavo orale del bambino.

Quindi, fare prevenzione in età pediatrica significa curare il

più precocemente possibile la carie perché la presenza anche

di un solo dente cariato è un fattore di rischio per l’insorgenza

di nuove lesioni cariose; fare le sigillature dei solchi dei mola-

ri permanenti per prevenire la carie delle superfici occlusali;

consigliare l’impiego di composti fluorati; promuovere una

dieta appropriata e stili di vita salutari; fare prevenzione nel

contesto della famiglia. Tutto ciò per favorire e mantenere nel

tempo una buona salute orale e generale (fig. 5).

6. IL CLIENTE ARRIVA IN STUDIOQuando un paziente contatta per la prima volta lo studio

odontoiatrico può presentarsi di persona o al telefono. In tutti

e due i casi, quasi sempre, il primo operatore con cui entra in

contatto è l’ASO o la segretaria; quest’ultima, spesso, è anche

una delle assistenti dello studio.

Tutti sappiamo che la prima impressione è quella che conta e,

per dirla con Guastamacchia e Tosolin, “non ci sarà mai una

seconda occasione per dare una prima buona impressione”

[7]. Dunque la persona che riceve il cliente dovrà presentarsi

in ordine, essere sorridente, esprimere sicurezza e competenza.

Farà sentire l’interessamento dello studio ponendo domande

aperte (quelle che iniziano con “come”, “dove”, “chi”, “per-

ché” e “quando”) che diano la possibilità al nuovo arrivato di

aprirsi alla comunicazione.

L’ASO deve conoscere la qualità del servizio erogato dallo

studio per poterlo spiegare in modo efficace al cliente.

È compito dell’assistente interpretare eventuali difficoltà del

paziente a comprendere quanto richiesto nella raccolta dei dati

anamnestici, in modo da mettersi a disposizione per spiegare il

significato di alcune domande e consegnare all’odontoiatra più

informazioni possibile riguardo la salute generale, l’eventuale

assunzione di farmaci ecc. Particolare attenzione va posta ad

allergie, problemi cardiocircolatori e assunzione di bifosfonati.

Quando la raccolta dei dati (anamnestici e anagrafici) sarà

completata spetterà all’ASO accompagnare il paziente nell’a-

rea operativa, dove verrà visitato e dove si completerà la tra-

smissione di fiducia/empatia da parte di tutto il team. Per

conquistare la fiducia del paziente è fondamentale, in questa

fase, la comunicazione. Parlare con il cliente, spiegare e so-

prattutto ascoltare. Ascoltare ciò che il paziente desidera dire

e ciò che non dice verbalmente ma esprime con atteggiamenti,

mimica, silenzi, posture difensive ecc.

Fig. 5

Fare prevenzione in età pediatrica significa anche fare prevenzione nel contesto della famiglia per favorire e mantenere nel tempo una buona salute orale e generale

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È bene che l’ASO inviti il paziente a visitare tutto lo studio.

Il padrone di casa accompagna l’ospite a vedere la casa, per-

ché mai in uno studio odontoiatrico, che diventerà una delle

dimore temporanee del paziente, ci si dovrebbe comportare

diversamente? Così il cliente potrà osservare le attrezzature

delle quali si dispone proprio per offrire un servizio di qualità,

la pulizia assoluta di tutti i reparti, l’ordine e l’organizzazio-

ne, in particolare in linea di sterilità. È un po’ come in quei

ristoranti nei quali, entrando, si vede la cucina attraverso una

parete a vetri: tutti i mobili in acciaio brillante, gli addetti

pulitissimi, ogni oggetto al suo posto. L’impressione che se ne

ricava è immediatamente positiva e ci accompagnerà per tut-

to lo svolgimento del pranzo. Nello studio non basta mostrare,

passando, l’ordine e la pulizia. Il cliente deve essere invitato a

osservare come vengono archiviati tutti i controlli quotidiani

del funzionamento delle autoclavi, come vengono registrati

tutti i controlli effettuati dalle diverse ASO che firmano ciò

che hanno fatto ecc.

A questo punto al cliente verrà consegnata una cartellina in

cartoncino leggero contenente:

la carta dei servizi, documento indispensabile perché spie-

ga chi sono, uno a uno, i membri del team odontoiatrico e

quali titoli hanno, quali sono gli orari e i tempi dello studio,

come viene gestita la prevenzione, quali attività cliniche

vengono svolte, quali attrezzature sono disponibili ecc.;

un semplice foglio esplicativo sull’importanza della pre-

venzione;

un dépliant sui danni specifici che il fumo determina a li-

vello del cavo orale;

il modulo del consenso informato per le eventuali radio-

grafie;

il modulo del consenso informato per le anestesie.

Solo a questo punto viene conclusa la prima visita con la

presentazione del preventivo che la segreteria avrà preparato

sulla base delle proposte terapeutiche indicate dall’odonto-

iatra. Preventivo che deve comprendere tutte le singole voci

del trattamento proposto, il costo di ciascuna voce, il perio-

do di validità a partire dalla data di stampa, le condizioni di

pagamento ecc. Intendiamoci: “Se la compilazione del pre-

ventivo è compito esclusivo della segreteria, la presentazione del preventivo è compito dell’odontoiatra, non nel senso che

all’odontoiatra tocca discutere con il cliente le condizioni di

pagamento ecc., ma nel senso che a lui compete spiegare le

voci che singolarmente lo compongono e la visione d’assieme

che tutto il preventivo rappresenta” [1].

A questo punto si è sicuri che il paziente accetterà il preventi-

vo? No. Il paziente non accetta mai un preventivo. Il paziente

è stato convinto – da tutto ciò che ha visto, dalla comunica-

zione avuta con la squadra, dall’atteggiamento di tutti i suoi

membri, dall’insieme delle sensazioni ricevute – che è proprio

quello lo studio adatto alla soluzione dei suoi problemi. “Il

paziente non accetta la terapia in quanto tale: accetta o ri-

fiuta le modalità di comunicazione con cui la terapia gli viene

proposta […] Far scegliere il trattamento al paziente, come se

ci limitassimo a informarlo sul ventaglio di possibilità cliniche

e di servizio disponibili, è una presa in giro del paziente” [7].

7. LA SQUADRA AL LAVORO IN SALA OPERATORIAL’esecuzione della terapia è il momento nel quale la squadra

esprime il massimo livello di coesione, formazione, addestra-

mento continuo, attitudine psicologica.

Tutto ciò che serve è stato preparato. Alla mattina, prima di

incominciare, è stata fatta una riunione di 10 minuti durante

i quali si è analizzato il programma di lavoro per ogni cliente

e si è rivisitato, rapidamente, ogni percorso terapeutico con

il materiale necessario. Dunque è tutto pronto, il paziente è

stato fatto accomodare, si somministra l’anestesia e si inizia.

A questo punto qualcuno pronuncia la frase che fa infuriare

anche un santo: “Stia calmo, non abbia paura”. Il paziente

non ci pensa neanche a stare calmo, è in apprensione, se non

veramente spaventato, e questo invito lo innervosisce ancora

di più perché di colpo si rende conto di essere nelle mani di

incompetenti. Per tranquillizzare il paziente bisogna parlare

con lui con voce calda e sicura, porre domande aperte (“chi”,

“come”, “dove”, “quando”, “perché”) in modo da distrarlo e

farlo interagire con gli operatori. Sorridere, sorridere, sorride-

re. Non è una possibilità, è un obbligo professionale.

Mai parlare tra operatori di questioni che escludono il cliente.

Lui, e solo lui, è l’argomento del quale chiacchierare. Dei suoi

hobby, dei suoi gusti, delle sue esigenze… Mai essere inter-

rotti da telefonate, domande estranee, riflessioni sul lavoro.

Mai pronunciare termini sgradevoli o terrifici come sangue,

nervo, bisturi, taglio, sutura ecc. Insomma il cliente è al centro

dell’attenzione della squadra, lui lo sa e vuole averne costan-

temente conferma. Si esegue la terapia lavorando a quattro o

sei mani e poi si riordina.

“Ma come, 150 euro per un’otturazione che ha richiesto 20

minuti?”, questo pensa il paziente. Siamo da capo. Il cliente

non sa quanto lavoro ci sia prima, durante e dopo quei 20

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minuti. E come potrebbe saperlo? Non è la sua professione.

Invece di guadagnare stima e riconoscenza perché si è riusciti

a tagliare i tempi e tutto è scivolato via senza intoppi e sere-

namente, si fa la parte dei disonesti che chiedono tanto per un

lavoro “semplice” e della durata di pochi minuti.

La soluzione è forse quella di tirare in lungo pasticciando e

causando un po’ di dolore? No. La soluzione consiste nello

spiegare al cliente che cosa è stato fatto, quanto lavoro sia

servito per preparare l’intervento, quanta attenzione durante

e quanta ne servirà dopo per riordinare, pulire e sterilizza-

re. E chi darà tali informazioni al cliente? L’ASO, che deve

curare molto bene questi aspetti comunicazionali cogliendo-

ne appieno l’importanza e il profondo impatto che produr-

ranno sulla percezione di qualità da parte del cliente. Non è

sufficiente fare un lavoro di qualità, è necessario che il cliente

percepisca questa qualità e ne sia soddisfatto. La qualità del

servizio non si esaurisce nella qualità esecutiva professionale,

ma si completa e si integra proprio con la percezione che ne

ha il cliente.

8. CONCLUSIONIL’odontoiatra assolve al doppio ruolo di leader della squadra,

perché spetta a lui guidare, trascinare, stimolare tutti i com-

ponenti trasformando i singoli in un gruppo compatto e, con-

temporaneamente, di manager poiché sua è la responsabilità

di gestire i rapporti del e nel gruppo e organizzarne obiettivi

e strategie.

L’odontoiatra perciò deve conoscere i valori fondamentali

dell’azienda: clienti, personale, fornitori. Stabilito l’ordine dei

valori si può decidere quali siano le priorità dell’azienda e

come guidare la squadra per raggiungere gli obiettivi prefissa-

ti sulla base delle priorità stabilite. Dunque si fanno scelte. Le

scelte sono la conseguenza della determinazione dei valori e

dell’individuazione delle priorità. E si sceglie continuamente:

scegliere è dirigere. Questo è il cuore del problema. Le scelte

sono continue e, a volte, difficili. Ma come si fa a valutare

la loro validità? Con un sistema di Verifica e Revisione della

Qualità (VRQ).

Come sostengono Carrassi et al. [8], il problem solving

counselling si basa fondamentalmente sul principio che ogni

situazione problematica, per quanto complessa, possa esse-

re scomposta in elementi più semplici, in sottoproblemi che

risultano più facilmente affrontabili se ordinati in base alle

priorità dettate dalla situazione. Una volta chiarito il proble-

ma principale, e definita la sua portata, si passa alla fase più

delicata: aiutare la persona a stabilire con precisione quali

obiettivi si devono raggiungere per risolvere il problema. So-

stanzialmente sono gli stessi principi sui quali si basa la VRQ,

che non parte mai dall’analisi delle problematiche globali ma

le scompone in problemi più semplici, di cui analizza i singoli

aspetti per svilupparsi in fasi sempre più complesse. La VRQ

va impostata con tutta la squadra.

Per esempio: lo studio è frequentemente in ritardo, perché?

Si considera allora quanti pazienti si visitano, quanto tempo

richiede ogni specifica terapia, quante ASO vengono utiliz-

zate, quante sale operatorie sono disponibili ecc. E alla fine

emergono le idee: non si tiene conto del tempo necessario al

riordino immediato e si fissano gli appuntamenti uno in fila

all’altro; oppure non si considera che per utilizzare veramen-

te le due sale operatorie serve un adeguato numero di ASO

disponibili. Una volta individuate le possibili cause, si cercano

le soluzioni.

Questo sistema, se applicato correttamente e con costanza,

offrendo realmente a tutti i membri della squadra l’opportu-

nità di esprimersi, senza attuare tattiche repressive ma con-

sentendo la libera circolazione delle idee, conduce a continui

innalzamenti dei livelli di qualità, rinforza lo spirito di squa-

dra, favorisce l’entusiasmo e la disponibilità a impegnarsi.

BIBLIOGRAFIA1. Leghissa GC, Moretti S, Palerma C, Buzzi G. La gestione pratica del

paziente odontoiatrico. Milano: Elsevier, 2007.2. Comunità Europea. La nuova definizione di PMI. Guida dell’utente e

modello di dichiarazione. 2006. http://ec.europa.eu/enterprise/policies/sme/files/sme_definition/sme_user_guide_it.pdf

3. Leghissa GC, Moretti S. Lo studio odontoiatrico. Protocolli clinico-ope-rativi per il team. Torino: Utet, 1999.

4. Donabedian A. The quality of care. How can it be assessed? JAMA 1988;260(12):23-30.

5. Guastamacchia C. Prevenzione e Assistenza Dentale compie trent’anni. Giornale dell’Odontoiatra 2005; gennaio.

6. Ministero della Salute. Linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva. Ag-giornamento. Novembre 2013. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pub-blicazioni_2073_allegato.pdf

7. Guastamacchia C, Tosolin F. Gestione della pratica professionale odon-toiatrica. Milano: Masson, 1997.

8. Carrassi A, Bellani ML, Pezzotta P. Comunicazione e counselling in odontoiatria. Milano: Masson, 1999.