Il Sopralluogo Tecnico Sulla Scena Del Delitto

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2.1 INTRODUZIONE La concezione moderna dell’investigazione scientifica affonda le proprie radici nel perio- do di massima fiducia nella scienza, nella tec- nologia, nella ragione, attraverso le quali ogni cosa, si riteneva, poteva essere spiegata e quindi compresa. Dalla fine dell’800, i pro- gressi tecnologici sono stati tanto dirompenti e invasivi da sembrare quasi fuori controllo, e l’affascinante prospettiva di una scienza con- tro il crimine è stata più che mai in grado di alimentare, a torto o a ragione, il mito della certezza del giudizio, più che quello della pe- na, raccogliendo in questo senso le istanze più sentite e vive espresse in tutti i tempi dal- le comunità civili: la prova scientifica come prova certa. Eppure l’investigazione, pur rap- presentando senz’altro il momento più alto del processo cognitivo umano, appare anco- ra, per usare le parole di Marcello Pera, un tentativo fallibile e precario di ridurre l’incer- tezza, ovvero di passare da un livello più di- sordinato e rischioso di incertezza a un livel- lo più studiato e controllato. Nella scienza quindi, così come nell’investigazione e nel processo, il metodo dovrebbe essere rivolto principalmente, prima che a scoprire la ve- rità, a scoprire l’errore. È il nobile tentativo di trovare simmetrie tra questi concetti, solo apparentemente in contrasto, a ispirare i principi del vigente sistema processuale pe- nale. Mentre, infatti, il sistema inquisitorio procedeva dalla pretesa di conoscere già tut- ta la verità “calandola” come dall’alto all’in- terno del processo sotto forma di prove già accertate, il sistema accusatorio prende in considerazione soltanto le prove regolarmen- te formate (cioè rese meno incerte) nel con- traddittorio tra le parti di fronte a un giudice terzo, dunque l’investigazione condotta se- condo precise regole costituisce una delle idee fondanti del nuovo processo penale. Non c’è quindi investigazione che non sia na- turalmente inserita in un sistema di controlli, pesi e contrappesi. Nell’ambito dell’investigazione giudiziaria, che presuppone il verificarsi di un evento de- littuoso e prende avvio dalla notizia criminis, la prima fondamentale distinzione è quella fra indagini dirette e indagini indirette. Le in- dagini dirette, che costituiscono le “indagini tecniche”, sono dette anche indagini di ac- quisizione probatoria oggettiva, dal momen- to che si svolgono direttamente su cose, luo- ghi o situazioni pertinenti al reato e compor- tano una analisi degli elementi ritrovati sulla cosiddetta scena del crimine, per esempio i rilievi planimetrici, fotografici, gli esami bali- stici, analisi di laboratorio sui reperti e così via. Le indagini indirette invece, o indagini di acquisizione probatoria soggettiva, esplicate successivamente e in parallelo con quelle di- rette, sono quelle che riguardano persone o atti che non promanano direttamente dalla scena del crimine, si pensi all’acquisizione di informazioni, alle sommarie informazioni, agli accertamenti presso pubblici registri ecc. Con la riforma del 1988, come accennato, che ha trasformato il processo da inquisitorio ad accusatorio, con l’introduzione cioè di un im- pianto processuale che prevede la formazione della prova nel corso del dibattimento a se- guito del contraddittorio tra parte pubblica (accusa) e parte privata (difesa), le prove de- sunte da indagini tecniche e da esami di labo- ratorio hanno comprensibilmente acquisito un rilievo sempre più determinante. L’impor- tanza e il ruolo che nell’ambito del processo penale italiano assumono le indagini tecniche si evincono dalla lettura degli artt. 348, 349 e 354, norme che disciplinano l’attività che de- ve essere svolta per garantire l’assicurazione delle fonti di prova, per effettuare l’identifi- cazione delle persone e per eseguire gli accer- tamenti urgenti e i rilievi sullo stato dei luo- IL SOPRALLUOGO TECNICO SULLA SCENA DEL DELITTO SILIO BOZZI, ANDREA GRASSI 2

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Criminalita' forense

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2.1 INTRODUZIONE

La concezione moderna dell’investigazionescientifica affonda le proprie radici nel perio-do di massima fiducia nella scienza, nella tec-nologia, nella ragione, attraverso le quali ognicosa, si riteneva, poteva essere spiegata equindi compresa. Dalla fine dell’800, i pro-gressi tecnologici sono stati tanto dirompentie invasivi da sembrare quasi fuori controllo, el’affascinante prospettiva di una scienza con-tro il crimine è stata più che mai in grado dialimentare, a torto o a ragione, il mito dellacertezza del giudizio, più che quello della pe-na, raccogliendo in questo senso le istanzepiù sentite e vive espresse in tutti i tempi dal-le comunità civili: la prova scientifica comeprova certa. Eppure l’investigazione, pur rap-presentando senz’altro il momento più altodel processo cognitivo umano, appare anco-ra, per usare le parole di Marcello Pera, untentativo fallibile e precario di ridurre l’incer-tezza, ovvero di passare da un livello più di-sordinato e rischioso di incertezza a un livel-lo più studiato e controllato. Nella scienzaquindi, così come nell’investigazione e nelprocesso, il metodo dovrebbe essere rivoltoprincipalmente, prima che a scoprire la ve-rità, a scoprire l’errore. È il nobile tentativodi trovare simmetrie tra questi concetti, soloapparentemente in contrasto, a ispirare iprincipi del vigente sistema processuale pe-nale. Mentre, infatti, il sistema inquisitorioprocedeva dalla pretesa di conoscere già tut-ta la verità “calandola” come dall’alto all’in-terno del processo sotto forma di prove giàaccertate, il sistema accusatorio prende inconsiderazione soltanto le prove regolarmen-te formate (cioè rese meno incerte) nel con-traddittorio tra le parti di fronte a un giudiceterzo, dunque l’investigazione condotta se-condo precise regole costituisce una delleidee fondanti del nuovo processo penale.

Non c’è quindi investigazione che non sia na-turalmente inserita in un sistema di controlli,pesi e contrappesi.Nell’ambito dell’investigazione giudiziaria,che presuppone il verificarsi di un evento de-littuoso e prende avvio dalla notizia criminis,la prima fondamentale distinzione è quellafra indagini dirette e indagini indirette. Le in-dagini dirette, che costituiscono le “indaginitecniche”, sono dette anche indagini di ac-quisizione probatoria oggettiva, dal momen-to che si svolgono direttamente su cose, luo-ghi o situazioni pertinenti al reato e compor-tano una analisi degli elementi ritrovati sullacosiddetta scena del crimine, per esempio irilievi planimetrici, fotografici, gli esami bali-stici, analisi di laboratorio sui reperti e cosìvia. Le indagini indirette invece, o indagini diacquisizione probatoria soggettiva, esplicatesuccessivamente e in parallelo con quelle di-rette, sono quelle che riguardano persone oatti che non promanano direttamente dallascena del crimine, si pensi all’acquisizione diinformazioni, alle sommarie informazioni,agli accertamenti presso pubblici registri ecc.Con la riforma del 1988, come accennato, cheha trasformato il processo da inquisitorio adaccusatorio, con l’introduzione cioè di un im-pianto processuale che prevede la formazionedella prova nel corso del dibattimento a se-guito del contraddittorio tra parte pubblica(accusa) e parte privata (difesa), le prove de-sunte da indagini tecniche e da esami di labo-ratorio hanno comprensibilmente acquisitoun rilievo sempre più determinante. L’impor-tanza e il ruolo che nell’ambito del processopenale italiano assumono le indagini tecnichesi evincono dalla lettura degli artt. 348, 349 e354, norme che disciplinano l’attività che de-ve essere svolta per garantire l’assicurazionedelle fonti di prova, per effettuare l’identifi-cazione delle persone e per eseguire gli accer-tamenti urgenti e i rilievi sullo stato dei luo-

IL SOPRALLUOGO TECNICOSULLA SCENA DEL DELITTO

SILIO BOZZI, ANDREA GRASSI

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ghi e delle cose (figura 2.1). Le indagini tec-niche prevedono due fasi distinte, la fase delrilevamento e quella dell’accertamento. Lafase del rilevamento è quella in cui sostanzial-mente si effettua la “ricerca degli indizi”,quella cioè in cui gli operatori di poliziascientifica si “limitano” alla acquisizione deidati e degli elementi materiali, senza alcunaelaborazione o valutazione critica degli stessi;mentre attraverso la fase dell’accertamento,successiva ed eventuale, gli indizi si trasfor-mano in prove mediante procedimenti anali-

tici e metodiche di laboratorio. Da quantoappena accennato si evince come quasi tuttal’attività dell’operatore di polizia scientificatrovi un momento centrale nell’attività svoltasulla cosiddetta scena del crimine e comequest’ultima ruoti attorno all’indizio, e alquadro più o meno completo che il loro insie-me può fornire. Il termine deriva dal latinoindicium che significa “segnale” o “indicazio-ne”, ma è anche vero che nel diritto romanol’indicium è la denunzia, e in quello medioe-vale lo si ritrova anche come sinonimo di te-stimonianza (Pastena, 2003).Anche in Oratio, nella sua Ars, l’indizio ap-pare come segno in grado di rivelare le cosenascoste (Indiciis mostrare recondita rebus).Anche adesso gli indizi, tecnicamente intesicome evidenza fisica di una qualche materia-lità e sempre presenti sulla scena del crimine,sono in grado di fornire all’investigatore at-tento e preparato, elementi preziosi ai finidella ricostruzione del fatto criminoso e del-l’identificazione dell’autore. È opportuno farpresente che sulla scena del delitto, gli indizi,spesso numerosi, si presentano come collega-ti in una fitta rete di relazioni funzionali e disignificati, spesso all’apparenza anche diso-mogenei; la loro natura o il loro significatonon appaiono sempre immediatamente intel-ligibili, e la loro presenza acquista un sensosolo se inserita e interpretata nel giusto con-testo. In questo senso anche l’assenza di unoggetto, che ci saremmo aspettati di trovaresulla scena del delitto, è in grado di assumereun notevole valore investigativo. Ricordiamoa questo proposito le parole del cosmologoMartin Ress: “L’assenza di prove non è provadi assenza” (Watzlawick, 1996). In una pa-rola, nonostante la ricorrente analogia, vizia-ta forse da uno statico approccio riduzioni-sta, più che tessere di un puzzle, gli indizi sipresentano come elementi posti in dinamicamutua relazione. Proprio come in un sistemache si regge grazie alle interazioni tra le sueparti (O’Connor, McDermott, 2003). Larilevazione di un oggetto, in un determinatoscenario, potrebbe dare o togliere senso allapresenza di un altro oggetto, o giustificarnel’assenza. In questo senso si coglie facilmentecome la “complessità” di una scena del delit-to derivi, in genere, non tanto dal numero dei“tasselli” rilevati ma dall’elevato numero diconnessioni o codici interpretativi possibili(figura 2.2). Si pensi, per esempio, alla pre-senza di un piccolo frammento metallico, ap-parentemente insignificante, e ai più scono-

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Fig. 2.1 Sopralluogo. Lapreparazione del perso-nale di polizia scientificaprima dell’accesso a unascena del crimine indoor.

Fig. 2.2 Impronta insan-guinata di una vittima diomicidio, impressa su unaparete nel tentativo di sfug-gire all’aggressione.

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sciuto, ma che l’esperienza dell’operatore è ingrado di ricondurre al probabile oggetto diprovenienza, orientando così l’attività o per-fino le modalità di ricerca di ulteriori traccein una direzione o addirittura in uno spaziodifferente. Sovente è solo il quadro d’insiemedegli indizi a fornire informazioni significati-ve, altre volte invece la presenza di un solo in-dizio a fornire la chiave di lettura di tutti glialtri e del contesto nel suo complesso. Nondimentichiamo che è la relazione tra i vari in-dizi a creare quel tessuto a volte sottile mapiù spesso resistente in grado di collegare vit-tima, traccia e autore all’interno di una scenadel delitto (linkage). Gli indizi sono solita-mente classificati in determinabili e indeter-minabili. Per indizi “determinabili” vengonointesi quelli che, per la loro evidente naturafisica e struttura, possono essere identificatigrazie a un “semplice” per quanto sempre at-tento esame a “occhio nudo” o con l’ausiliodi lenti d’ingrandimento. Essi in genereesprimono una relazione con l’oggetto o lapersona che li hanno prodotti e il loro rileva-mento permette di determinarne immediata-mente la natura; si pensi alle impronte digita-li, ai bossoli, alle scritture e così via. Gli indi-zi cosiddetti “indeterminabili”, invece, sonoquelli la cui natura o struttura può essere ri-velata solo da analisi complete di laboratorio;si pensi a pillole sconosciute, a sostanze de-positate sul fondo di bicchieri o a macchie disostanze organiche o inorganiche (Donato,2006). Ulteriori distinzioni tra indizi associa-tivi o non associativi, basate sul collegamentoo meno con il fatto per cui si sta procedendo,hanno un valore solamente didascalico, senon addirittura pleonastico, in quanto l’indi-zio è tale solo se e in quanto in qualche modorelazionabile con le finalità delle operazionitecniche che si stanno svolgendo (figura 2.3).

Alla fase di rilevamento appartiene quello cheè considerato uno dei momenti fondamentalidi un’intera indagine, quello del sopralluogotecnico di polizia scientifica. Per sopralluogointendiamo quindi quel complesso di opera-zioni, eseguite con metodo scientifico, il cuiscopo è quello di individuare, raccogliere e fis-sare tutti quegli elementi utili alla ricostruzio-ne dell’evento e alla identificazione del reo(Paceri, Montanaro, 1991). La finalità delsopralluogo è, in sintesi, quella di assicurare lefonti di prova, fare luce sulla dinamica dell’ac-caduto per identificarne l’autore. L’interventodell’operatore di polizia scientifica sulla scenadel crimine rappresenta forse il momento piùdelicato delle indagini, il cui buon esito dipen-de sempre più spesso dalla accuratezza concui le tracce reperite sul luogo o i luoghi in cuisi è svolto il fatto reato sono state rilevate, con-servate e trasmesse. In questo senso appareevidente quale importanza rivesta la cosiddet-ta fissazione del quadro materiale, cioè la co-scienziosa fissazione dello stato dei luoghi incui si è sviluppata la dinamica dell’evento.Ogni errore, in questa fase, anche il più picco-lo, potrebbe compromettere il successo finaledell’indagine. Non dimentichiamo che il so-pralluogo non è solo una importante fase tec-nica dell’indagine, ma rappresenta anche ilprimo momento di imprescindibile contatto,comunicazione e collaborazione tra autoritàgiudiziaria, polizia giudiziaria, medicina lega-le e gli operatori di polizia scientifica interve-nuti per primi sulla scena del delitto.Ma, tenendo per buono il quadro d’insiemeappena delineato, procediamo proprio da que-st’ultima, la scena del delitto, provando a met-terne a fuoco i contorni e le tipologie, e cercan-do di sviluppare, seguendo un ordine cronolo-gico concettuale e operativo, le problematichelegate al primo intervento, alla protezione deiluoghi coinvolti, alla direzione delle operazio-ni, nonché alle tematiche legate all’osservazio-ne e alla descrizione nonché ai rilievi e alle va-rie tecniche di ricerca di tracce e prelievi.

2.2 LA SCENA DEL CRIMINE:CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE

Partiamo da un concetto fondamentale. Ogniscena del crimine, intesa come il luogo in cuiè stato commesso il delitto o i luoghi in qual-che modo riconducibili a questo, è “unica”.Nel senso che non esistono due scene del de-litto uguali. Si potrebbe affermare, con locu-

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Fig. 2.3 Il sopralluogo: delimitazione di una scena del crimi-ne outdoor.

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zione icastica, che la sola coerenza delle scenedel crimine è rappresentata dalla loro incoe-renza e dalla costante evanescenza dei suoiconfini. Questo fa sì che molto spesso lo sfor-zo di trovare classificazioni realmente utili inmerito alle scene del delitto si risolva esclusi-vamente in un tentativo accademico di orga-nizzare concettualmente il bagaglio delle piùsvariate esperienze operative. Alcune classifi-cazioni infatti si basano sul tipo di delittocommesso (omicidio, rapina, violenza sessua-le ecc.); altre sulle condizioni di ritrovamentodi un luogo teatro di un crimine (organizzatao disorganizzata); altre ancora sul sito in cuila scena del crimine si colloca (in esterno, uncampo per esempio, o in un interno, si pensia un appartamento o all’abitacolo di una au-tovettura ecc.), altre infine al tipo di compor-tamento criminale posto in essere (passivo oattivo) (James, Nordby, 2005). La verità èche nessuna di queste classificazioni sarà maiin grado di calzare perfettamente a una scenaparticolare, e la situazione su cui staremo la-vorando sarà piuttosto una “variazione sul te-ma”, per usare un termine musicale, oppureun insieme di combinazioni delle scene deldelitto comunemente classificate sui manuali.Appare molto più interessante la distinzione,cara alla cultura investigativa anglosassone,tra scena del crimine primaria e secondaria.Questa classificazione non deriva dall’ordinedi importanza della scena ma connota sempli-cemente la sequenza dei siti coinvolti dal de-litto. La scena del delitto primaria infatti èquella relativa al luogo o ai luoghi in cui haavuto origine l’attività criminale. La scena se-condaria è invece in qualche modo semplice-mente collegata al delitto. Facciamo due sem-plici esempi; in una rapina la banca rappre-senta la scena del delitto primaria mentrel’auto utilizzata dai malviventi e ritrovata lun-go la via di fuga costituisce quella secondaria.Situazione simile avremo nel caso sicuramen-te più drammatico di un assassino che uccide

la sua vittima all’interno di un appartamentoe poi deposita il cadavere sulla riva di un fiu-me: l’appartamento in cui l’omicidio è avve-nuto è la scena primaria, l’auto impiegata peril trasporto del corpo e il greto del fiume so-no le scene secondarie. Come si vede la di-stinzione non si basa più sul “come” un crimi-ne è stato commesso ma sul “dove” e, conse-guentemente, sul “quando”, dato che la scenaprimaria precede la secondaria (figura 2.4).La distinzione non è priva di importanza, peruna serie di ragioni. Innanzitutto non è sem-pre agevole rendersi conto se ci troviamo aoperare su una scena primaria o su una secon-daria; pensiamo, tanto per rifarci all’esempioprecedente, al cadavere ritrovato lungo il fiu-me, o all’auto abbandonata dai rapinatori.Non sarà poi neanche facile stabilire l’esisten-za o l’intensità del collegamento, anche nelsenso spazio-temporale tra i due tipi di scene,specie nei casi di staging, cioè la cosiddettamessa in scena posta in opera dal criminale oda suoi complici per depistare le indagini o di-sorientare gli investigatori. Molto spesso il col-legamento tra le due scene è suggerito dallapresenza di alcune tracce tipiche, pensiamo aldisegno dei pneumatici dell’auto rilevati sullascena secondaria vicino al fiume, in grado diorientare l’investigatore verso l’autore del rea-to o verso la scena primaria. In linea di prin-cipio la scena del delitto primaria è in gradodi fornire gli indizi più significativi, ma nonsempre. Basti pensare che, più frequentemen-te di quanto si immagini, gli investigatori sitrovano a che fare esclusivamente con scenedel delitto secondarie, pensiamo alle scene deldelitto conseguenti all’attività dei serial killer.Ma le tracce rilevate sul secondo tipo di scenain questo senso non saranno meno importantiai fini dell’identificazione del criminale. Com’èfacile intuire questo tipo di classificazione, seconcettualmente assimilato, è in grado di for-nire all’operatore di polizia, specie quello diprimo intervento, importanti spunti investiga-tivi e utili riferimenti operativi in grado diorientare a volte anche nell’immediatezza lestrategie e le tecniche del proprio comporta-mento; basti pensare all’emergente necessitàdi estendere la ricerca di un determinato tipodi tracce a un luogo vicino a quello più diret-tamente interessato al delitto o ai posti di con-trollo o di blocco che potrebbero essere di-sposti nell’immediatezza del ritrovamento diun’auto sospetta, abbandonata e ritenuta col-legata, dopo una attenta ispezione dell’abita-colo, a una determinata banda di criminali. Le

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Scena del delittoprimaria

Scene del delittosecondarie

Fig. 2.4 Interazione trascena del delitto primariae secondaria.

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informazioni desumibili dalle anche minimetracce fisiche rinvenute sulla scena del delitto,come abbiamo visto, sono numerose e quasitutte importanti. Ma esse, come vedremo, ri-schiano di essere subito compromesse, disper-se o, quel che è peggio, alterate, fin dai primiistanti della cognizione della notitia criminis.Un’attenta analisi della scena del delitto, oltretutto, è in grado di dare informazioni fonda-mentali per mettere a fuoco il cosiddetto “itercriminis” del delitto. In molti manuali (Inti-ni, Casto, Scali, 2006) si legge come questonecessariamente si sviluppi a ritroso; dall’e-vento finale (situazione presente), il delittoper l’appunto, alle cause e alle circostanzedalle quali scaturirono i fatti (c.d. situazionefinale) (Ceccaroli, 2000). Questo concettoera già mirabilmente espresso, sia pur in pro-spettiva teologica, da San Tommaso d’Aqui-no, che ottocento anni fa scriveva: « ... dalletracce che troviamo nel mondo della nostraesperienza si risale, naso a terra come un ca-ne da tartufo, verso l’inizio primo di quellacatena di cause ed effetti, o al primo motoredi tutti i movimenti » (Sidoti, 2003). Mal’andamento “a ritroso” nella ricostruzionedell’iter criminis, in effetti, non è in grado dicogliere la complessa portata omnidireziona-le dell’attività di indagine sulla scena del cri-mine, che deve estendersi non solo dal pre-sente verso il passato, ma anche e soprattuttodal presente verso il futuro, quasi in un dise-gno circolare; si pensi agli accertamenti tecni-ci volti a ricostruire, anche in prospettivaprocessuale, la dinamica degli eventi.

2.3 PRIMO INTERVENTOSULLA SCENA DEL DELITTO:PROBLEMATICHE E MODALITÀOPERATIVE

Non è esagerato affermare che l’attività deglioperatori di polizia che per primi si recano sulscena del crimine, sia delicata e importante al-meno quanto quella degli specialisti che, do-po il loro intervento, eseguiranno il sopralluo-go tecnico propriamente detto. L’attività del-le forze dell’ordine che per prime prendonocognizione dell’evento è troppo spesso postain secondo piano e addirittura, in taluni casi,sottovalutata. I primi passi di una indagine so-no sempre quelli più delicati, i più importan-ti e, talvolta, anche i più incerti. Non è sbaglia-to altresì sostenere che in parecchi casi l’inos-servanza di poche semplici applicazioni ope-

rative e l’intempestività nell’adottare alcuniaccorgimenti tecnici abbiano compromessol’esito di importanti indagini. Il primo inter-vento, la prima presa di cognizione della sce-na del crimine, proprio la prima “percezione”della natura e della gravità dell’evento, le pri-me attività prese nell’immediatezza dell’arrivosul posto segnalato, sono di fondamentale im-portanza (figura 2.5). Una scena del delitto“integra” è in grado di riflettere, talvolta confedeltà, come in uno specchio, le caratteristi-che principali del comportamento del colpe-vole, la sua firma. In questo senso, l’interven-to dei primi operatori giunti sulla scena deveessere funzionale, ma anche in taluni casi pre-paratorio se non addirittura propedeutico aquello dei tecnici della scientifica (figura 2.6).

31capitolo 2 - Il sopralluogo tecnico sulla scena del delitto

Fig. 2.6 La scena del cri-mine: situazioni di parti-colare complessità. L’at-tentato al Giudice Borsel-lino in via d’Amelio a Ro-ma il 19 luglio 1992.

Fig. 2.5 La scena del crimi-ne: situazioni di particola-re complessità. Incendioappiccato per occultareuna scena del crimine.

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Al di là delle poche categoriche e quasi dida-scaliche norme elencate nei manuali e nei te-sti specialistici, solo chi non abbia maturatouna reale esperienza operativa sul campo puòignorare le difficoltà che il primo operatore(che nella metodologia di intervento statuni-tense viene denominato “first responder”) sivede costretto ad affrontare (figura 2.7).Cominciamo dalle osservazioni più semplici,che riguardano i primi istanti in cui viene se-gnalato l’evento: l’indicazione precisa dei luo-ghi e la natura dell’evento, anche se filtrata everificata, per quanto ciò sia possibile, dallasala operativa, assai spesso possiede contornifumosi, se non proprio imprecisi; si pensi allaconcitata segnalazione fatta da un cittadinosotto shock, o dalla stessa vittima del reatooppure, caso non infrequente, dallo stesso au-tore del fatto. Fin dal primo istante gli opera-tori, più spesso di quanto si immagini, nonhanno una precisa cognizione dell’accaduto,in pratica non sanno cosa veramente sia suc-cesso, dove sia successo, quanto estesi siano iluoghi coinvolti nel fatto reato, chi sia la vitti-ma, chi sia da considerare testimone del fattoe chi l’autore; spesso la situazione di fatto èresa convulsa, caotica e drammatica dalla pre-senza dei familiari sia che si tratti di un luogoaperto sia che si tratti di un luogo chiuso, peresempio un appartamento, e il personale nonpuò sapere se entrando in un ambiente stia in-consapevolmente disperdendo le tracce delreato. Consideriamo che l’eventuale presenzadi persone ferite, in attesa dell’arrivo del per-sonale sanitario, impone alla pattuglia unaprima attività di soccorso. Pensiamo anche alfatto che frequentemente le condizioni clima-tiche o di visibilità che accompagnano le ope-razioni sono avverse e la parziale contamina-

zione della scena appare talvolta quasi inevi-tabile. Facciamo l’ipotesi di un intervento,eseguito nottetempo, in un campo in cui è sta-to segnalato un probabile rinvenimento di uncadavere: come fare a non essere sicuri di can-cellare con il proprio inevitabile transito leimpronte dell’assassino? Come abbiamo vistoogni scena del delitto presenta caratteristicheuniche e non ripetibili, quindi difficoltà e pro-blematiche operative sempre nuove, pertantol’osservanza di protocolli operativi standard,quando non sia accompagnata da una notevo-le presenza di spirito e da un adeguato equili-brio psicologico, non è in grado di assicurarei risultati richiesti né quelli sperati.I concetti che devono guidare il primo inter-vento sono essenzialmente due: la scena deldelitto deve essere preservata, evacuata, pro-tetta e controllata fin dai primi istanti, e il pri-mo approccio con i luoghi interessati all’e-vento è spesso decisivo. Avendo ciò premessodiciamo subito che la pattuglia dovrà tenerefondamentalmente due tipi di comportamen-to, entrambi fondamentali, uno passivo e l’al-tro attivo. Nel senso che da una parte non do-vrà toccare nulla (il semplice spostamento diun oggetto potrebbe dare un’immagine di-storta dell’evento), a meno che non debbaprestare soccorso a feriti, come si è detto, oevitare pericoli astenendosi dal compierequalsiasi verifica tecnica collegata al delitto,anche quella ritenuta più semplice, come, perfare un esempio, controllare lo stato della pi-stola usata per il delitto. Dall’altra il persona-le dovrà curare l’evacuazione dei luoghi e im-pedire l’accesso a chiunque al fine di salva-guardare l’integrità della scena. Gli operatoridovranno inoltre identificare al più prestotutte le persone che, inevitabilmente, hannoavuto accesso ai luoghi prima dell’interventoe soprattutto capire quali, tra loro, possanoessere considerati i testimoni utili, in gradocioè di fornire informazioni significative perricostruire l’accaduto. Appare opportuno poiimpedire che i potenziali testimoni entrino incontatto tra di loro, al fine di evitare che le lo-ro percezioni del fatto subiscano, attraversol’inevitabile confronto, un reciproco condi-zionamento. Per ottenere un soddisfacente ri-sultato “conservativo” è indispensabile quin-di procedere a un rigoroso piantonamentodei luoghi, imprescindibile condizione per as-sicurare un efficace sopralluogo tecnico daparte della scientifica; è, in conseguenza diciò, di fondamentale importanza eseguire unadoppia recinzione con paletti e bande bicolo-

32 sezione i - sulla scena del crimine

Fig. 2.7 La scena del crimi-ne: situazioni di particola-re complessità. Il cadaveredi un uomo senza fissa di-mora abbandonato. Si trat-ta della terza vittima di unassassino seriale in edifi-cio abbandonato.

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ri bianche e rosse. L’immotivata “invasione”della scena del delitto da parte di curiosi o daparte degli stessi tutori dell’ordine non auto-rizzati o peggio ancora scarsamente prepara-ti, ha rischiato di compromettere l’esito dimolte importanti indagini, quindi non siporrà mai abbastanza l’accento sulla delica-tezza di questa fase. La prima recinzione, co-me si è detto attentamente piantonata, e chenei limiti del buon senso sarà la più ampiapossibile, dovrà possedere una unica via d’ac-cesso alla scena del crimine (Geberth,1996). Quest’unico varco dovrà essere con-trollato preferibilmente da un operatore ilquale avrà il compito di impedire il transito achiunque non sia stato preventivamente auto-rizzato. Per rendere più efficace il suo inter-vento è opportuno che l’operatore si serva diun semplice registro sul quale annotare i sog-getti transitati prendendo nota degli orari dientrata e uscita. Questa semplicissima pre-cauzione agevolerebbe alcuni aspetti organiz-zativi legati alla gestione della scena del delit-to nel suo complesso, eliminando le purtrop-po croniche difficoltà nel ricostruire a poste-riori il numero, gli orari degli accessi e l’iden-tità dei soggetti autorizzati.La seconda zona recintata deve essere quelladel cosiddetto “epicentro del delitto”, cioèquella circoscritta al sito in cui si è verificato ilfatto. In questa zona potranno accedere esclu-sivamente gli operatori della scientifica edeventualmente il magistrato, i quali entrerannosolo dopo aver indossato le tute e i copricalza-ri del tipo monouso nonché i guanti sottili inlattice. All’interno e in prossimità delle zonerecintate gli operatori di primo intervento do-vranno muoversi con estrema cautela evitandodi spostare oggetti eventualmente presenti edovranno avere cura di interagire il meno pos-sibile con l’ambiente. Gli stessi operatoriavranno cura di identificare le persone even-tualmente presenti prima di allontanarle. Èpossibile che lo stesso personale, qualora ne ri-corrano le condizioni e ve ne sia la necessità,compia tutta una serie di attività ispettive e dicontrollo in alcune zone limitrofe alla scena deldelitto, alla ricerca di oggetti o altre tracce fi-siche immediatamente ricollegabili al fatto, unclassico esempio è rappresentato dalla ricercaeffettuata all’interno dei cassonetti di rifiuti al-la ricerca dell’arma del delitto. Nel caso di unfelice esito della ricerca gli operatori non do-vranno procedere alla raccolta ma dovranno li-mitarsi ad attendere l’arrivo degli specialistiaddetti al rilevamento, cui spettano i compiti

di prelievo e repertazione. In questo senso èauspicabile che il capo pattuglia non esiti a co-municare al personale della polizia scientificatutte le informazioni utili circa lo stato del ri-trovamento della scena del delitto, relazionan-dolo nella maniera più dettagliata possibilesulle modificazioni e le alterazioni avvenute,segnalando per esempio l’eventuale interventodel personale sanitario o le precauzioni even-tualmente prese per preservare l’integrità del-le tracce; ma gli atti brevemente accennati nonesauriscono di certo il novero dei comporta-menti attivi eventualmente richiesti alla pattu-glia intervenuta. Gli operatori, infatti, avendoavuto il primo contatto con lo spazio fisico incui l’evento si è verificato, saranno gli unici apoter e dover mettere in pratica tutti quei sem-plici accorgimenti, dettati tanto dall’esperien-za quanto dal buon senso, volti a salvaguarda-re tracce del delitto e a proteggere luoghi o su-perfici dove queste potranno essere successi-vamente rilevate e repertate da personale spe-cializzato. Facciamo due semplici esempi: inambiente esterno, per proteggere un coltellocon la lama insanguinata dall’azione dilavantedella pioggia incombente sarà sufficiente por-vi sopra una copertura improvvisata, magarianche una semplice sedia di plastica, oppure,al fine di preservare la superficie liscia del ban-cone operativo di una banca dove è stata com-messa una rapina e consentire in tal modo l’e-saltazione delle impronte latenti dei malviven-ti, sarà sufficiente porvi sopra dei fogli di car-ta con la scritta “non toccare”. Alla luce diquanto sopra detto sarebbe forse il caso di for-nire alle pattuglie di primo intervento gli stru-menti video fotografici per documentare ade-guatamente, qualora ve ne sia l’assoluta urgen-za e dopo averne senz’altro data notizia alla sa-la operativa, lo stato dei luoghi (figura 2.8).

33capitolo 2 - Il sopralluogo tecnico sulla scena del delitto

Prima zona

Centro di comando

Ingresso consentitosolo a persone

autorizzate

Media

Fig. 2.8 Rappresentazio-ne ottimale di delimita-zione e protezione dellascena del delitto.

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2.4 LE SQUADRE D’INTERVENTO

Le operazioni di fissazione dello stato deiluoghi e il sopralluogo tecnico nel suo com-plesso vanno eseguiti da personale specializ-zato, che agirà seguendo un piano d’interven-to razionale, strutturato sul modello di un or-dine logico, tecnico e sequenziale: osservazio-ne, descrizione, planimetria, rilievi fotografi-ci, ricerca di tracce e loro prelievo.Per una efficace pianificazione dell’interventoè indispensabile organizzare squadre d’inter-vento “mirato”, all’interno delle quali esisteràuna chiara definizione di competenze e di ruo-li, differenziati ma complementari. L’attivitàdel sopralluogo giudiziario sta sempre più as-sumendo le caratteristiche di una vera e pro-pria specializzazione nell’ambito dell’attivitàdi polizia scientifica e il profilo professionaledi questo cosiddetto “specialista della poliva-lenza”, sotto l’impulso di continue sollecitazio-ni tecniche, metodologiche e culturali, sembracostantemente ridefinirsi. In linea teorica, sot-to il profilo operativo nulla deve essere lascia-to all’improvvisazione. Alla inevitabile com-plessità della scena del delitto si accompagnala complessità nella direzione di un lavoro digruppo, qual è quello delle squadre di tecnicidel sopralluogo che, in quanto tale, prevedespecifiche dinamiche. Non dimentichiamo, in-fatti, che oramai tutta l’investigazione, ma so-prattutto quella che si svolge sulla scena delcrimine, si articola in un lavoro di gruppo e ledinamiche che si vengono a creare generano si-tuazioni complesse e problematiche nuove. Ledecisioni che ne scaturiscono sono spesso il ri-sultato di queste componenti, di fenomeni diinfluenza e di condizionamento reciproco. Il

sopralluogo tecnico di polizia scientifica non èun processo meccanico e, nonostante la previ-sione di rigorosi modelli operativi in grado diassicurare in ogni situazione elevati standarddi efficienza e funzionalità, ad agire sulla sce-na del delitto sono uomini e non macchine, in-dividui e non entità tecniche liberamente inter-cambiabili, e le sfere di attività e conoscenze,quindi, con il loro bagaglio di sensibilità edesperienza, sono necessariamente poste instretto contatto nel corso delle operazioni (Si-doti, 2006). Pensare o dare per scontato ilcontrario porterebbe a conseguenze esiziali.Basterebbe semplicemente riflettere, in questosenso, sulle problematiche legate ai meccani-smi e ai criteri che regolano la composizione equindi anche la stabilità delle squadre d’inter-vento, condizione quest’ultima, in grado di as-sicurare l’affiatamento dei componenti. Anchea questo proposito, per coordinare l’attivitàdel team, in tutte le sue articolazioni, proble-matiche e competenze, dovrebbe essere previ-sta la figura di un Ufficiale, presente sulla sce-na del crimine ma che svolga esclusivamenteun ruolo di direzione delle operazioni, senzaprendere parte al sopralluogo. Egli dovrebbeanche svolgere l’importante compito di coor-dinare l’eventuale avvicendarsi degli specialistisulla scena e quello di rappresentare, in gene-rale, un costante punto di riferimento per lecomunicazioni con gli inquirenti, con gli uffi-ci investigativi, con il medico legale, con i me-dia ecc. Anche in questa prospettiva l’interven-to tecnico sulla scena del delitto, specie per icasi più importanti o complessi, dovrebbe es-sere sempre preceduto da un “briefing” nelcorso del quale procedere a una accurata pia-nificazione strategica dell’intervento e a unaverifica dei protocolli operativi da adottare alcaso concreto. Ancora più importante, sottocerti aspetti, potrebbe risultare un “debrie-fing” a chiusura del sopralluogo, per valutare,in generale e nello specifico, l’esito delle ope-razioni e analizzare le cause di eventuali situa-zioni critiche. Il modello operativo americano,improntato al più rigoroso pragmatismo, pre-vede che all’interno della prima recinzioneoperi un cosiddetto centro di comando costi-tuito da un team di esperti, in continuo contat-to audio-video con gli operatori di polizia den-tro e fuori le zone di sicurezza, con finalità disovracoordinamento e di gestione delle infor-mazioni (figura 2.9). Questa articolata maestremamente razionale catena direttiva, basa-ta sulla semplice idea che ogni sfera operativanecessiti di un esperto operatore in grado di

34 sezione i - sulla scena del crimine

Eventodelittuoso

Ipotesi

Documentazionee repertazione

Accertamentitecnici

Attività diprimo intervento

Briefing

Sopralluogo

Debriefing

Fig. 2.9 Diagramma diflusso delle sequenze ope-rative in una scena del cri-mine.

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gestire situazioni di crisi e informare tempesti-vamente i colleghi sull’andamento e allo svi-luppo delle operazioni al fine di coordinarne leattività, ampiamente consolidatasi nell’espe-rienza statunitense, appare ancora lontana dainostri modelli organizzativi e soprattutto cul-turali. È opportuno sottolineare come la co-municazione, fin dai primi istanti dell’inter-vento e a tutti i livelli di comando, rappresen-ti non solo un’esigenza sempre più avvertitama anche un valido strumento in grado di as-sicurare l’omogeneità funzionale delle molte-plici e complesse attività esperite nel corso delsopralluogo tecnico. L’esperienza americanapotrebbe essere gradualmente introdotta eprevista, con gli opportuni accorgimenti, masoprattutto con originali sviluppi, anche all’in-terno dei nostri modelli organizzativi, forse an-cora troppo compartimentati e strutturalmen-te poco “predisposti” alla gestione del coordi-namento e della condivisione delle informazio-ni nel corso di tutte le fasi dell’investigazione.Appare evidente come l’articolato modellooperativo prospettato debba essere applicabi-le esclusivamente a situazioni di una certa gra-vità e complessità. Nella maggior parte deglieventi criminosi (per esempio furto in abitazio-ne) per cui si procede, due operatori ben affia-tati ed esperti saranno in grado di eseguire unabuona attività di sopralluogo tecnico. Ma mi-nore complessità non vuol dire minore impor-tanza. La sfida dei nostri tempi, da raccoglieresenza esitare, è appunto quella che mira a tro-vare moderne risposte tecniche, metodologi-che e organizzative volte a elevare costante-mente gli standard qualitativi dell’attività diraccolta delle prove su qualunque tipologia discena del crimine, rispondendo con efficaciaalle sempre più sentite aspettative di sicurezzadella società civile e alle nuove esigenze delprocesso penale.

2.5 OPERAZIONI TECNICHEDEL SOPRALLUOGO:OSSERVAZIONEE DESCRIZIONE

Le fasi dell’osservazione e quella della descri-zione sono probabilmente le più importanti edelicate del sopralluogo tecnico, di certo sonoquelle in cui il fattore umano e quello del con-testo assumono inevitabilmente maggior rilie-vo. Tecnicamente possiamo dire che l’osser-vazione e la descrizione della scena del delittorappresentano due momenti consecutivi e lo-

gicamente connessi (se non proprio consu-stanziali) delle operazioni di sopralluogo. I ri-sultati di queste due operazioni confluirannonella compilazione del verbale di sopralluogo,determinandone la qualità e naturalmente an-che l’estensione. È grazie al verbale di sopral-luogo, completo di tutti i suoi elementi de-scrittivi, fotografici, planimetrici ecc. che l’e-vento è destinato, per così dire, a “rivivere” inaltri ambiti di tempo, di spazio e di giudizio.Il verbale di sopralluogo, allora, dovrà essereredatto in modo da consentire, a chi ne pren-da visione, di avere una rappresentazionequanto più fedele possibile dei luoghi e del-l’ambiente, nonché dei suoi contenuti. Attra-verso la lettura del verbale, inoltre, il lettoredovrà esser messo nelle condizioni di poterrievocare l’insieme e le caratteristiche delle at-tività tecnico-scientifiche adottate e svolte nelcorso del sopralluogo. Da tutto ciò si evincecome la stesura di un buon verbale di sopral-luogo rappresenti uno dei passaggi fonda-mentali dell’indagine. Nei testi specialisticiclassici, in linea di massima ci si limita alla ge-nerica raccomandazione affinché nella osser-vazione e nella descrizione si proceda con at-tenzione e accuratezza, nonché usando la ter-minologia appropriata. Con saggezza ed espe-rienza si spiega che, “senza la volontà di scru-tare l’occhio non vede”. Per tale ragione è sta-to elaborato un rigoroso metodo di osserva-zione e descrizione che segue un preciso ordi-ne: dal generale al particolare, da destra versosinistra, dal basso verso l’alto ecc. Di ogni co-sa osservata poi si deve rilevare la sede, la po-sizione, la direzione, la forma, la dimensione,la materia, il colore, l’odore e ogni altra even-tuale qualità che sarà in grado di rendere piùcompleta la descrizione e definizione della co-sa stessa. Dopo lo sguardo d’insieme natural-mente il metodo prevede l’osservazione e ladescrizione dell’oggetto, in tutte le sue parti,procedendo con ordine topografico, sempreindicando la posizione di chi descrive, perchéa esso andranno riferite tutte le indicazioni didestra, sinistra, anteriore, posteriore ecc. Inogni sopralluogo poi formeranno oggetto diosservazione i caratteri generali dell’ambien-te, le sue particolarità, i caratteri generali eparticolari del contenuto. La descrizione do-vrà indicare la data, il luogo e l’ora del sopral-luogo e contenere le generalità degli operato-ri addetti al rilevamento e quella eventual-mente del coordinatore responsabile, nonchésarà data menzione del pubblico ministero edel personale di polizia giudiziaria, se interve-

35capitolo 2 - Il sopralluogo tecnico sulla scena del delitto

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nuti. Da quanto detto si evince come tale mo-do di osservare e descrivere (dall’alto verso ilbasso ecc.) tenda a elaborare un comune lin-guaggio, anzi una vera e propria condivisagrammatica di lettura e rappresentazione del-l’evento, offerta a tutti coloro che nel corsodella vita dell’indagine, dovranno fruirne. Mail metodo in questione, a cui va riconosciutol’indiscutibile merito di limitare fortemente lesciagurate conseguenze di un procedere di-sattento o peggio ancora arbitrario, e di offri-re costantemente omogenei e condivisi stan-dard qualitativi, certo non risolve né esauriscele autentiche problematiche correlate all’os-servazione e alla descrizione della scena deldelitto. Vale la pena di spendere qualche pa-rola sull’argomento. In effetti le cose sonomolto più complesse e i delicati meccanismiche presiedono il rapporto tra osservatore ecosa osservata (Keeney, 1985) e le loro reci-proche influenze rappresentano alcuni dei te-mi di speculazione epistemologica più inte-ressanti e sentiti all’interno della comunitàscientifica e filosofica. Lo sviluppo di questetematiche esula dalla trattazione e dallo scopodi questo breve lavoro ma è evidente che la fa-se analitico-descrittiva di accertamento, voltaalla individuazione e alla ricerca dei dati, nonpuò né deve esaurirsi in una ispezione solopassiva, ovvero limitata a ciò che balza agli oc-chi né a ciò che un astratto o teorico metododi osservazione impone. Questo può signifi-care che non sempre seguire pedissequamen-te la successione ordinata e progressiva delleattività di osservazione e descrizione, previstadal metodo sopra descritto, sia in grado di as-sicurare un risultato soddisfacente. La fase diricerca, dovendosi oltre tutto estendersi atracce non apprezzabili a prima vista o addi-rittura invisibili (es. frammenti di improntepapillari latenti) prevede un comportamento“attivo” da parte dell’operatore che, nell’os-servazione dell’ambiente, anche se in manierainconsapevole e pur rispettando la sequenzametodologica prevista, procederà elaborandouna serie di ipotesi (si spera il maggior nume-ro) che costantemente orienteranno il suo agi-re. In fondo, a ben pensarci, anche il metodosopra descritto (dal generale al particolareecc.) non è che una ipotesi, anzi una sovraipotesi; l’ipotesi che quello sia il modo piùprudente ed efficace di condurre l’osservazio-ne e la descrizione dei luoghi. È ovvio che nelcorso del sopralluogo, in rapporto al tipo direato e al contesto in cui questo è maturato, cisi andrà formando un’idea di cosa si debba

cercare, di dove si debba cercare (per esem-pio estendendo la ricerca e la documentazio-ne a siti adiacenti o limitrofi) e, non è escluso,di come si debba cercare. In questo senso l’at-tività di osservazione sarà anche un’attività diricerca, di selezione, di verifica di una o piùipotesi che inevitabilmente precedono l’os-servazione. L’osservazione, non a caso postacome primo passo della scienza, non può pre-cedere tutti i problemi per ragioni logiche,per quanto ne anticipi talvolta alcuni. L’osser-vazione viene quindi dopo l’ipotesi (Fisher,2004). A una mente, come incredibilmente inalcuni testi specialistici ancora si legge, “pri-va” di pregiudizi, è da preferire una mente“piena” di ipotesi, una mente in grado diospitare il maggior numero di supposizionipossibili e quindi in grado di osservare larealtà da molti punti di vista. Non si può par-tire dall’osservazione: è necessario innanzitut-to sapere cosa osservare, cioè si deve partireda un problema. In secondo luogo le osserva-zioni inevitabilmente interpretate, sono lettealla luce di teorie. “Un’osservazione, deve es-sere interpretata” non a caso scriveva Popper.È altresì evidente che giungere affrettatamen-te a conclusioni sul modus operandi criminale,o il privilegiare una sola ipotesi frutto di in-consapevoli pregiudizi e stereotipi culturali ocomportamentali può comportare una peri-colosa elisione nella documentazione delletracce: un giudizio interpretativo può farle ri-tenere al momento insignificanti con il rischiodi trascurare indizi essenziali che andrannocosì per sempre perduti. Ma lo stesso rischiocorre chi, rinunciando a formulare ipotesi(ammesso che ciò sia possibile), sia mossoesclusivamente dalla volontà di documentareil maggior numero di ambienti e di cose. Percomprendere meglio quanto sopra accennatobasti pensare al fatto che sulla scena o sullescene del delitto non è possibile osservare, ri-levare, descrivere fotografare o repertare tut-to, né sarà possibile ragionare in termini di“quanto più è possibile”. Per questo l’opera-tore di polizia scientifica dovrà necessaria-mente essere selettivo nella sua azione. La se-lezione implica una scelta fra più opzioni. Unsemplice esempio, basato sull’esperienza quo-tidiana, sarà in grado di chiarire quanto ac-cennato. Immaginate una scena del delitto,abbastanza complessa, pensiamo a un appar-tamento in apparente disordine cui siano pre-senti un cadavere, un coltello insanguinato, ivetri di una finestra rotti ecc. Immaginiamo diinviare sulla stessa scena dieci team di opera-

36 sezione i - sulla scena del crimine

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tori che eseguiranno una scrupolosa e diligen-te attività di osservazione e descrizione degliambienti e del loro contenuto. Con intuibilesorpresa, alla fine della redazione dei fascico-li, ci troveremo di fronte a dieci buoni verba-li di sopralluogo, ma essi conterranno rilievidescrittivi e fotografici tutti differenti. Avre-mo un’unica realtà percepita e raccontata dadieci prospettive leggermente diverse. Anchenei vecchi sapienti manuali si legge, infatti:« Durante l’osservazione si descriverà quantodi rilevante è percepibile dall’osservatore... ».La rilevanza o meno di un aspetto della realtà,specie nell’enfatizzazione di specifici contesti,sarà sempre conseguenza di una determinatae unica visione del mondo, di cui l’osservato-re è tanto inconsapevolmente quanto inevita-bilmente portatore. Le problematiche soprasolamente sfiorate portano più che mai in pri-mo piano la centralità del fattore umano, per-ché all’inizio e alla fine dell’investigazione c’èsempre un essere umano impegnato a prende-re e dare informazioni, è un essere umanol’autore del crimine e un essere umano è l’in-vestigatore che cerca le sue tracce, e assiemealla razionalità e alla pianificazione, nella co-noscenza umana sono inevitabilmente rile-vanti schematismi e distorsioni.La descrizione della scena, come raccoman-dato, dovrà essere estremamente accurata, inquesto senso il rispetto di una rigorosa meto-dologia descrittiva mette nelle condizioni l’o-peratore di svolgere un lavoro ordinato al ri-paro da eventuali grossolane disattenzioni (fi-gura 2.10). Per esempio, dopo aver descritto icaratteri generali dei luoghi e le particolaritàdegli stessi, si menzioneranno i caratteri gene-rali delle cose e degli oggetti in essi contenu-ti, aiutandosi con l’apposizione tattica di indi-ci alfa-numerici. Le cose osservate dovrannoessere descritte con completezza e neutralità,evitando cioè di riportare considerazioni ovalutazioni personali. Particolare cura si do-vrà avere nell’adottare, come già accennato esempre in considerazione del raggiungimentodi un “linguaggio” comune, la terminologiaadeguata. Un ambiente, per esempio, può es-sere diviso in sezioni o parti, indicando comegià detto la posizione dello stesso operatore;avremo così una parte anteriore, una poste-riore e una intermedia; ogni sezione poi potràessere, a sua volta, suddivisa in metà destra,metà sinistra e ancora parcellizzata, se serve,in terzo destro e terzo sinistro.È naturale che particolare attenzione sarà de-stinata alla descrizione di tutto ciò che, in un

determinato contesto appaia (ma qui tornia-mo all’ineludibile ambiguità delle tematichesopra appena sfiorate) in posizione anomalao in una situazione di supposta estraneità al-l’ambiente.

2.6 I RILIEVI PLANIMETRICIE FOTOGRAFICI

I rilievi planimetrici e i rilievi fotografici, assie-me a quelli descrittivi, non sono altro che mo-di tecnicamente diversi di rappresentareun’unica realtà. Questo non deve mai esseredimenticato. In questo senso, in un sopralluo-go accuratamente condotto, ogni rilievo deveessere in grado di trovare puntuale riscontronell’altro; per esempio, i rilievi fotografici, serealizzati seguendo lo stesso piano di lavoro,dovranno rappresentare la “lettura” dei rilie-vi descrittivi e viceversa (figura 2.11a-e). Unodei tanti compiti dell’Ufficiale di coordina-

37capitolo 2 - Il sopralluogo tecnico sulla scena del delitto

Particolarie dettagli

Analisi intermedia

Quadro d’insieme

Fig. 2.11a La scena del cri-mine di un caso di omici-dio.

Fig. 2.10 L’interazione trai vari livelli di osservazio-ne della scena del delitto.

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mento, figura di cui abbiamo fatto cenno, do-vrebbe appunto essere quello di armonizzarele attività degli operatori in prospettiva diquell’unità di funzione e di scopo che è pro-

pria di un’attività complessa come quella delsopralluogo tecnico. Gli importanti rilievi pla-nimetrici rappresentano la prima forma di do-cumentazione del quadro d’insieme della sce-na del crimine. Sono costituiti da disegni inscala eseguiti secondo le regole della planime-tria che, com’è noto, considera come postula-to la terra piana entro un raggio di 30 km conla conseguente possibilità di rappresentare inpiano ciò che si vuole disegnare servendosidella semplice misurazione di angoli e distan-ze. È evidente che le misurazioni devono esse-re eseguite tutte con uguale precisione, evitan-do valutazioni approssimative in grado di fal-sare completamente successive attività di rico-struzione delle dinamiche (si pensi a comel’imprecisione di alcune misure possa com-promettere lo studio delle traiettorie balisti-che o inficiare la cosiddetta Bloodstain PatternAnalysis, cioè l’analisi dei quadri ematici ai fi-ni della ricostruzione della dinamica dell’e-vento). Il rilievo deve essere orientato in baseai punti cardinali riportando l’esatta scala diriduzione nonché l’indicazione del luogo, del-la data, dell’ora dell’esecuzione e il nome del-l’operatore che lo ha svolto. I rilievi planime-trici, che devono essere sempre preceduti dauna attenta ricognizione, possono ovviamenteessere eseguiti tanto in luoghi aperti quanto inluoghi chiusi. Non si tratta di una attività com-plessa e non è sempre necessario che la plani-metria venga portata a termine nel corso delsopralluogo. Sarà infatti molto più comodo edefficace redigere la planimetria in laboratoriolavorando su un apposito tavolo da disegnoprofessionale. L’operatore potrà limitarsi a fa-re un semplice schizzo del luogo, l’importan-te è che, si ribadisce, le misurazioni siano com-plete ed effettuate in modo corretto e preciso.Nel corso del sopralluogo primaria importan-za assumono le riprese fotografiche e con vi-deocamera (figura 2.12). L’incomparabile ca-pacità, aumentata a dismisura con l’introdu-zione delle ultime tecnologie, di catturare confedeltà assoluta anche gli aspetti più imper-cettibili della realtà, fa della “fotografia giudi-ziaria” un mezzo decisivo per consentire la ri-costruzione fedele della scena del crimine intutti i suoi aspetti, per diradare eventuali dub-bi sulle dichiarazioni di testi o delle personeindagate ed eventualmente per effettuareconfronti tra scene diverse. L’operatore ad-detto al rilevamento fotografico deve mante-nere, per le ragioni già accennate, lo stessopiano sistematico di lavoro seguito nel corsodei rilievi descrittivi, procedendo dal genera-

38 sezione i - sulla scena del crimine

Fig. 2.11b La vittima. Im-bustamento delle maniper preservare eventualitracce di un contatto conl’aggressore.

Fig. 2.11c Scena del crimi-ne: mozziconi di sigarettada avviare al laboratorioper l’eventuale estrazionedi un profilo genetico.

Fig. 2.11d Scena del cri-mine: l’ispezione dellascena permette di rileva-re, nascosta in un riposti-glio, una busta in plasticarossa.

Fig. 2.11e Scena del crimi-ne: all’interno della bustaviene rinvenuto un coltel-lo avvolto nella plastica,con tracce di presumibilenatura ematica.

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le fino ai minimi dettagli, dall’esterno all’in-terno, da destra verso sinistra, dal basso versol’alto, dopo avere indicato ogni particolare ri-levante con gli appositi riferimenti alfa-nume-rici. Nelle foto dei particolari si usa la “stri-scetta metrica” in modo da ottenere le misuree le proporzioni di ciascuna particolarità.In occasione di eventi particolarmente gravi oche presentano determinate caratteristiche(attentati, esplosioni, calamità ecc.) in cui inormali rilievi fotografici e planimetrici si di-mostrino di impossibile o difficile esecuzione,si potrà utilizzare la speciale rilevazione foto-grammetrica, che consiste nella determinazio-ne delle dimensioni di oggetti lontani median-te fotografie scattate da diverse angolazioni,realizzate con apparecchi posti agli estremi diuna base la cui misura è nota. Da qualche an-no l’uso della videoripresa sulla scena del cri-mine, enfatizzato dall’avvento della tecnologiadigitale, sta affiancando e integrando con suc-cesso il classico rilievo fotografico. Le ragionisono molteplici, innanzitutto si tratta di unmezzo pratico e semplice da maneggiare checonsente, ma sempre nelle mani di un opera-tore esperto, di avere una rappresentazionepiù realistica e dinamica degli ambienti e del-le cose in essi contenuti. Grazie a sapienti spo-stamenti di angolazione, da effettuare semprecon movimenti morbidi e senza mai saltare dauna inquadratura all’altra, sarà possibile co-gliere una ricchissima e utile varietà dei “pun-ti di vista” della scena, che restituiranno laspazialità, la tridimensionalità e sopra tuttol’“atmosfera” sul luogo dell’evento. A propo-sito delle angolazioni di ripresa, è sempre mol-to utile effettuare un accurato filmato dei pos-sibili “punti di vista” della vittima, partendodall’eventuale posizione in cui il corpo è statoritrovato o, a seconda dei casi, dal punto in cuiè cominciata l’eventuale aggressione. La videoripresa è oramai in grado di fornire, oltre tut-to, materiale di elevata qualità da sottoporre averifica e analisi praticamente immediate. Seusata correttamente e con metodo la video ri-presa può essere estremamente utile per docu-mentare, evitando commenti personali, l’atti-vità tecnica svolta dagli stessi operatori nelcorso del sopralluogo; la successiva possibilitàdi verificare le metodologie adottate sarà ingrado di, se non eliminare, ridurre fortemen-te le sempre più frequenti eccezioni o conte-stazioni procedurali. Infine, una attenta ripre-sa video può essere importantissima per filma-re il pubblico eventualmente presente alle fa-si del sopralluogo; in determinate tipologie di

delitti, infatti, può accadere che l’autore delcrimine torni sulla scena del delitto confon-dendosi tra i curiosi presenti per gratificare ilproprio ego e per osservare l’effetto della suacondotta presso l’opinione pubblica.Connessa all’attività del sopralluogo tecnico, èquella volta alla ricostruzione della dinamicadella scena del crimine. Le informazioni docu-mentate e raccolte in sede di sopralluogo pos-sono, in momenti successivi, essere rielabora-te per ricostruire scientificamente la dinamicadegli eventi e l’azione dei soggetti attivi o pas-sivi coinvolti nell’evento o rilevare dei partico-lari precedentemente sfuggiti. Il sopralluogo,quindi, non sarà solo l’attività dei rilievi fin quidescritti, ma anche quella che, oltre a utilizza-re i dati e gli elementi emersi nella classica do-cumentazione e descrizione dello stato dei luo-ghi, consente di lavorare sul concetto di “re-pertazione delle forme”. Grazie a sofisticateapparecchiature (laser scanner), si eseguono ri-costruzioni grafico-digitali tridimensionali,che consentono di “rivivere” la scena del cri-mine, “muoversi” al suo interno, utilizzandoopportuni programmi di grafica digitale.

2.7 LA RICERCA DELLE TRACCEE REPERTAZIONE

La ricerca delle tracce, nella tradizione investi-gativa italiana, si è in linea di massima sempresottratta all’influenza di rigorosi schematismi,ed essa si è spesso, anche con ottimi risultati,basata sull’esperienza, sulla capacità tecnica eorganizzativa della squadra operante di muo-versi e di cogliere il talvolta evanescente tessu-to indiziario all’interno dei vari scenari. La tra-dizione investigativa statunitense, invece, im-

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Fig. 2.12 Sopralluogo. At-tività di documentazionedi una scena del crimineoutdoor.

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prontata al più rigoroso pragmatismo, preve-de la costante applicazione di cinque metodidi ricerca, basati sullo sviluppo di figure geo-metriche, che gli investigatori sceglieranno eadotteranno sulla base della misura, delle ca-ratteristiche e della complessità della scena deldelitto. Senza voler mutuare passivamentemodelli spesso segnati da distanze culturalinon completamente colmabili, è tuttavia inte-ressante valutare con attenzione i vantaggi chealcuni di questi semplici strumenti operativisono probabilmente in grado di offrire. Loscopo principale di questi metodi è quello dirazionalizzare e disciplinare la ricerca, distri-buendo zone, funzioni e compiti; seguendoprecisi percorsi si eviterà inoltre di tornare suipropri passi e sarà più agevole comunicare eindicare con immediata precisione il sito del-l’eventuale ritrovamento.Il cosiddetto Zone Method, o metodo a zoneprevede che l’area sia suddivisa in quadranti

o settori numerati per facilitare l’individua-zione topografica della provenienza dei re-perti, a presidio dei quali è posto un operato-re, esso è particolarmente indicato per la ri-cerca all’interno di garage, interni, palazziecc. (figura 2.13). Questo protocollo operati-vo è, per esempio, quello regolarmente adot-tato dai nostri team in occasione di eventiparticolari che coinvolgono vaste aree, qualiincendi, esplosioni e, in genere, tutte le voltein cui sia necessario raccogliere campionirappresentativi di tutta la zona interessata.Il Whell Method, o metodo a ruota o a raggi,prevede che il gruppo di ricerca si riunisca alcentro dello spazio e proceda nella ricercadall’interno verso l’esterno lungo i raggi o vi-ceversa, è preferito per gli spazi di piccole di-mensioni e di forma circolare (figura 2.14).Lo Spiral Method, o metodo a spirale vieneutilizzato preferibilmente per la ricerca delletracce negli spazi privi di barriere fisiche (fi-gura 2.15).Gli Strip e i Grid Methods metodi a bande ogriglie sono invece ideali per la ricerca in va-sti spazi, o in zone esterne (figura 2.16).La breve descrizione di questi interessantimetodi, anziché indebolire, rafforza la con-vinzione che, nella maggior parte dei casi, lapiù semplice e più produttiva strategia di ri-cerca delle tracce possa essere rappresentatada quella “mirata”, quella ricerca per cuicioè, indipendentemente da un percorso pre-stabilito, attraverso il filtro dell’esperienza,una traccia conduce a un’altra traccia e cosìvia (c.d. linkage method) ricalcando la rete in-visibile fatta di connessioni, analogie, rappor-ti e collegamenti tra vittima, scena e autore.Quale che sia il metodo prescelto, la reperta-

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Fig. 2.13 Zone Method, ometodo a zone.

Fig. 2.14 Whell Method, ometodo a ruota o a raggi.

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zione, in sede di sopralluogo tecnico, deve es-sere la più accurata possibile, evitando, comesi è detto, ogni possibile fonte di contamina-zione. Un’attività di repertazione eseguitacon approssimazione potrebbe compromet-tere l’intera indagine giudiziaria (figura 2.17).Le precauzioni da adottare sono naturalmen-te differenti a seconda del tipo di materialeda repertare. In ogni caso, al fine di evitareuna raccolta indiscriminata di materiale checauserebbe in sede di analisi una grande con-fusione nonché un enorme dispendio di tem-po e di risorse, sarà sempre necessario effet-tuare una preventiva valutazione sulla utiliz-zabilità per gli ulteriori accertamenti di labo-ratorio. In questa prospettiva l’attività di sele-zione, nei casi particolarmente delicati o in-certi, dovrebbe essere condotta dopo averpreso in considerazione le indicazioni delcentro di comando e dopo aver valutato le in-dicazioni del responsabile coordinatore.Uno dei maggiori meriti di Salvatore Ottolen-ghi, padre della scuola di scienze forensi italia-na e fondatore della Polizia Scientifica, fuquello di intuire come l’indagine di polizia do-vesse essere ricondotta nel più generale ambi-to delle scienze naturali, allo stesso modo concui il pensiero positivista stava facendo con di-scipline quali la sociologia e l’economia: letracce presenti sul luogo del delitto sono, infat-ti, “segni naturali”, nel senso di cose, parti del-la realtà dotate in quanto tali di fisicità (non acaso i criminalisti di lingua inglese parlano diphysical evidence per intendere la prova indi-ziaria). Dunque, spingendo un po’ più avantiil nostro discorso, i luoghi e le cose che hannoavuto a che fare con un delitto, se opportuna-mente interrogati, hanno molto da rivelare,

sull’identità della vittima, su quella dell’aggres-sore, sui loro rapporti e più in generale sullepiù labili o profonde interrelazioni tra l’agireumano e l’ambiente. Lo sapeva bene anche ilmedico francese Locard che, nel suo podero-so Traité de criminalistique nel 1931 formula-va il suo celebre principio dell’interscambio,che a parere di molti segna il vero e proprio at-to di nascita delle scienze forensi. Per Locard,infatti, «non è possibile al malfattore di agire,

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Fig. 2.17 Metodi di reper-tazione.

I repertipossono:

Dimostrare che è stato commesso un crimine

Collegare un sospetto alla vittima o al luogo del crimine

Stabilire l’identità delle persone che hanno commesso il reato

Scagionare un innocente

Confermare la deposizione della vittima o di un teste

Indurre il sospettato a fare delle ammissioni o addirittura confessare

Stabilire la dinamica dell’evento

Fig. 2.15 Spiral Method, o metodo a spirale

Fig. 2.16 Strip e i Grid Methods.

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e specialmente di agire con l’intensità richiestadall’azione criminale senza lasciare una molte-plicità di marchi del suo passaggio». In defini-tiva, quando due entità fisiche entrano in con-tatto ciascuna lascia inevitabilmente qualcosadi sé sull’altra (classico è l’esempio del fangosulla scarpa) (Thorwald, 1965). Non è facilecomprendere oggigiorno la portata dell’intui-zione di Locard, fatto sta che sia pur viziato daun certo determinismo il suo “principio” ven-ne inteso da molti epigoni come legge, ossiacome principio universalmente valido, andan-do in questo modo ad accreditare ulteriormen-te la criminalistica come scienza, che sulle leg-gi universali appunto si fonda, e il criminalistacome scienziato.La ricerca delle tracce è principalmente voltaall’individuazione, alla documentazione easportazione dei frammenti di impronte papil-lari, che sulla scena del delitto possono esseredi due tipi: impronte visibili o impronte laten-ti. Le impronte visibili sono quelle che si pro-ducono o per contatto delle superfici digitaliimbrattate di sostanze di varia natura (sangue,inchiostro, vernici ecc.), le cosiddette “im-pronte per sovrapposizione”; o quelle prodot-te dalla pressione o affondamento delle crestepapillari su sostanze malleabili, come cera,plastilina e così via, “impronte per modella-mento”. In genere questi tipi di impronte ri-guardano superfici che possono essere aspor-tate con l’intero substrato su cui sono impres-se e debbono perciò essere fotografate con gliopportuni accorgimenti tecnici, quali filtri, lu-ce polarizzata, luce radente, al fine di esaltareil contrasto con la superficie stessa su cui sitrovano. Le impronte papillari latenti sonoquelle che non si vedono a occhio nudo e siproducono per deposizione dell’essudato se-

creto dalle creste papillari, quando questevengono in contatto con gli oggetti. Nel corsodel sopralluogo le impronte latenti, quelle piùcomuni e frequenti, possono trovarsi su super-fici inamovibili o su superfici trasportabili. Leimpronte su superfici inamovibili sono esalta-te grazie all’impiego di speciali polveri a basedi alluminio, di diverso colore a seconda delsostrato in esame, asportate mediante adesivispeciali e successivamente trattate fotografica-mente (figura 2.18). Dal momento che la pol-vere esaltatrice attecchisce all’essudato papil-lare prodotto dalle parti “vuote” dell’impron-ta, questa, una volta asportata, non è altro cheun “negativo”. Per la qual cosa si rende indi-spensabile un trattamento fotografico d’inver-sione di posto e di colore (chiamato infattipassaggio da “negativo” a “positivo”), al finecioè di rendere omogeneo e quindi compara-bile il frammento con l’impronta assunta inoccasione del fotosegnalamento. È invecepreferibile effettuare la repertazione degli og-getti trasportabili, al fine di adottare le tecni-che più opportune in laboratorio. Qui la ricer-ca viene effettuata con diverse tecniche chimi-che selezionate, anche in questo caso, in fun-zione del tipo di superficie da analizzare e del-la composizione dei reattivi chimici che contale materiale devono interagire. In particola-re l’evidenziazione dei frammenti latenti èpossibile grazie all’impiego di nuovi sofistica-ti strumenti di tecnici, quali il Crimescope CS-16 che consente di esaltare impronte già trat-tate chimicamente con composti fluorescenticome il DFO, grazie alla possibilità di sele-zionare le radiazioni elettromagnetiche emes-se da una lampada allo Xenon, nel campo Ul-travioletto-Visibile-Infrarosso (figura 2.19).Strumento simile è il Scenescope UV Imager,che permette all’operatore, dotato di masche-ra ottica del tipo “realtà virtuale” con visionediretta dell’oggetto in esame, di rinvenireframmenti di impronte su superfici non poro-se non pretrattate chimicamente. La selezionedei reperti da sottoporre a successiva analisi dilaboratorio dovrà ricadere su oggetti traspor-tabili fatti di plastica, vetro metallo e carta. Lacosa più importante è che il materiale sia con-servato in singole buste di carta o di plasticatrasparente e catalogato, in relazione al luogodi rinvenimento, con un numero progressivoche trovi riscontro puntuale nel verbale dei ri-lievi descrittivi e fotografici. Sempre più fre-quenti sono le richieste di intervento volte aesaltare frammenti di impronta sui cruscotti diautoveicoli, costruiti in materiale plastico; la

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Fig. 2.18 La ricerca di im-pronte latenti con l’uso dipolveri.

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tecnica che ha assicurato i migliori risultati èquella che sfrutta la vaporizzazione degli este-ri cianoacrilici, in condizione di temperaturae umidità costanti. Particolari accorgimentinecessita la repertazione di tracce biologiche,quali sangue, sperma e così via. È, infatti, fre-quente individuare in più punti sostanze ap-parentemente simili tra loro e quindi presumi-bilmente appartenenti al medesimo individuo;in questi casi i materiali debbono sempre es-sere posti in contenitori diversi. In particola-re il presumibile materiale biologico non do-vrà mai essere conservato in sacchetti di pla-stica in quanto la mancanza di aerazione, favo-rendo la proliferazione di muffe e batteri, con-tribuisce alla degradazione e alla contamina-zione del reperto. In particolare è opportunorepertare il sangue aspirandolo con una sirin-ga sterile e introdurlo in una provetta chiusaermeticamente, dopo averlo miscelato con unagente anticoagulante. Se il sanguinamento hainteressato strati permeabili, come stoffe e in-dumenti, è opportuno ritagliare la parte mac-chiata o conservare il capo di vestiario per in-tero. Nel caso risulti difficoltoso ritagliare sultessuto la macchia è possibile imbibire dei pic-coli quadrati di stoffa bianca con soluzione fi-siologica per strofinarli sulla macchia di san-gue in modo da asportarne la maggiore quan-tità possibile. Se il sanguinamento interessa

substrati non permeabili, come vetri, pavi-menti, armi bianche, ecc., se si tratta di entitàfisiche o frammenti di esse di piccole dimen-sioni è opportuno repertare e inviare il tuttopresso i laboratori. Qualora questo non siapossibile, si dovrà raschiare con delicatezza lapresunta sostanza ematica, se secca, con unaapposita lametta e riporre il materiale aspor-tato in provette di plastica da conservare in lo-cali appositamente refrigerati. Le medesimeprecauzioni previste per la repertazione di so-stanza ematica si dovranno adottare nel casosi rilevino tracce di fluidi biologici su indu-menti intimi, biancheria, all’interno di profi-lattici ecc. Tracce di saliva possono essere ri-levate su mozziconi di sigaretta, la faccia deifrancobolli adesi alla lettera, sui bordi dellachiusura della stessa, su fazzoletti e così via.Nella repertazione delle formazioni pilifere,da effettuarsi con l’ausilio di apposite pinzet-te, particolare attenzione deve essere posta nelnon rovinare l’eventuale bulbo.Non è possibile, per comprensibili ragioni,proseguire nella descrizione dettagliata dellavasta casistica relativa alle varie metodologiedi repertazione, ma appare opportuno speci-ficare che, al pari delle tecniche di ricerca,anche le tecniche di repertazione si è notevol-mente modernizzata, potendo contare sul-l’impiego di nuove attrezzature in grado diconservare meglio e più a lungo i materialiraccolti, anche quelli maggiormente labili eche tendono a decomporsi (per esempio inoccasione di esplosioni o incendi).Si delinea a questo punto l’importanza delconcetto della cosiddetta “Catena di custodiadei reperti” o “Catena delle prove”. Nel corsodel dibattimento, cioè, è di fondamentale im-portanza garantire sempre l’originalità el’unicità dei reperti raccolti in fase di sopral-luogo e sottoposti ad accertamenti tecnici. Sideve quindi poter sempre documentare:• chi è entrato in contatto con il reperto;• in che tempi;• in quali circostanze;• quali eventuali modifiche siano state ap-

portate allo stesso.

Questa rapida e certamente non esaustiva di-samina di alcune attività poste in essere daglioperatori della scientifica sulla scena del cri-mine, non potendo né volendo aspirare allacompletezza manualistica, ha cercato di met-tere a fuoco, anche dal punto di vista dellevecchie e nuove problematiche, i principiepistemologici e i concetti fondamentali che

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Fig. 2.19 Crimescope.

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ispirano e regolano: ruoli, responsabilità ecoordinamento del personale incaricato, aivari livelli, di svolgere indagini sul luogo deldelitto; le modalità di approccio e preserva-zione della scena del crimine; le modalità diesame e la ricerca delle tracce e la documen-tazione delle attività svolte secondo precisiprotocolli operativi (tabella 2.1). Il tutto nel-la consapevolezza che, al di là dell’afferma-zione di una invocata e spesso demagogica af-fermazione di una “cultura dell’investigazio-ne scientifica”, sono e saranno sempre tre lecomponenti basilari nel profilo professionaledell’operatore di polizia scientifica: la moti-vazione, la formazione e l’efficienza. L’equili-brato, simmetrico sviluppo di questi tre fatto-ri di valorizzazione professionale e umana,sarà in grado di ridurre notevolmente l’inci-denza di errori e imprecisioni in un’attivitàtanto delicata quanto complessa, che imponel’utilizzo sempre più fine di nuovi strumentitecnici, culturali ma anche di comunicazione.

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Tab. 2.1 - Sulla scena del crimine.

Cosa fare

Delimitare la scena del crimine utilizzando l’appositonastro bicoloreCercare di individuare i possibili percorsi utilizzati dalresponsabile del delittoPrendere nota direttamente dei luoghi in cui è statocommesso il criminePrendere nota di eventuali cambiamenti causati dal propriointervento o da altri (es. paramedici)Proteggere le tracce da avverse condizioni ambientali

Effettuare tutte le operazioni burocratiche fuori dalla zonadelimitataAnnotare la posizione delle tracce prima di spostarle

Repertare gli oggetti singolarmente in buste adeguatedimensioni e composizioneAvere mente aperta su possibile valore di alcuni indizi

Essere consapevole di essere una possibile fonte dicontaminazioneRealizzare una completa documentazione fotografica deiluoghi direttamente e indirettamente collegati al delittoutilizzando sempre la striscetta metrica.Eseguire complete riprese video sui luoghi coinvoltidall’evento effettuando movimenti lenti e fluidi

Cosa non fare

Consentire l’accesso alla scena del crimine a persone nonautorizzateUtilizzare gli stessi percorsi del responsabile del delitto

Assumere notizie riportate da altri sullo stato dei luoghi

Trascurare di annotare cambiamenti o contaminazionedella scena del delittoPermettere la dispersione o l’alterazione delle tracce daparte degli eventi naturaliCompiere attività che possano alterare lo stato dei luoghi(es. fumare o utilizzare il telefono della vittima)Rimuovere tracce e repertarle senza aver compilato larelativa documentazioneRepertare più oggetti nello stesso contenitore

Ignorare oggetti che sembrano fuori posto e di cui èdifficile spiegare la presenzaCompiere azioni e toccare gli oggetti in modoindiscriminatoLimitare la documentazione fotografica agli oggettiesclusivamente vicini alla scena del delitto e senzaopportuni riferimenti dimensionaliEseguire riprese video incomplete saltando da una scenaall’altra, e registrare commenti personali e inopportuni

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