Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po” 5, 30 www.ilsommelier.com Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010 ® speciale Sicilia

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Il Sommelier la rivista bimestrale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010

®

speciale Sicilia

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Incontro con Valerie Lavigne - Nicola Masiello Pag. 8

Montepulciano e Montalcino: assegnate le stelle - Nicola Masiello 10

India: tradizioni a tavola e in famiglia - Gudrun Dalla Via 18

Il Paese dei mille laghi - Enza Bettelli 21

Vino Cileno - Breno Raigorodsky 25

Il Veneto: una storia enogastronomica di eccellenza Saverio Scarpino 27

I vini del Lazio si presentano a Vienna - Maria Luisa Doldi 32

Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV 34

Fare sistema per competere - a cura della redazione di Quality ADV 38

Agricola Brandini - La Morra - a cura della redazione di Quality ADV 42

44

2010 - Mario Del Debbio 86

A Castelbrando, nel Congresso Autunnale, la verifica dei nostri impegni - Mario Del Debbio 88

Il Principe dei vini Trentini: Il Teroldego Rotaliano Luca Iacopini e Massimo Bracci 90

L’opinione del Presidente Pag. 2

Territorio, qualità del vivere e turismo - Roberto Rabachino 4

L'opinione di Marcello Masi 6

La Biblioteca di Gladys 92

News dall’Italia 94

In famiglia 95

ComuniCazione istituzionale

ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

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speciale Siciliavinitaly 2010 La F.I.S.A.R. protagonista 84

diVinando

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 32

Si spengono le luci sulla grande kermesse enologica veronese e una volta calato il sipario si traggono le conclusioni circa il successo

della manifestazione; sono in tanti a sbandierare cifre altalenanti sulla sempre crescente partecipazione alla Fiera, sia da parte degli espositori che dei visitatori. Dalla nostra postazione del Centro Servizi Arena, affollatissimo corridoio di collegamento tra i padiglioni. 6 e 7, dal quale transitano in tanti, quest’anno invece ho avuto la netta sensazione che la tanto decantata affluenza non ci sia stata, così come non mi è sembrata granché la “qualità” della folla, allegra e sbevazzata che ciondolava tra gli stand. A parte qualche Regione, come ad esempio la Sicilia, presa d’assalto come sempre dai visitatori, ho visto padiglioni desolatamente vuoti con espositori annoiati e sonnacchiosi. Ho l’impressione, leggendo e cogliendo commenti entusiasti, che si voglia far passare a forza la notizia di un trionfo, che forse grande successo non è stato; ci sono i problemi di sempre irrisolti, sia all’interno che all’esterno della Fiera, un Vinitaly a due dimensioni, dove da una parte ci stanno gli espositori che lamentano disservizi quali la pulizia dei calici, la refrigerazione dei vini negli stand, il ghiaccio che a metà giornata termina, e dall’altra gli operatori che sperano in una Fiera dove sia possibile discutere, assaggiare, trovare prodotti vecchi e nuovi da confrontare, senza dovere spartire l’esiguo spazio con l’euforico avventore in cerca di alcoliche emozioni. Tuttavia posso comunque affermare che i nostri stand sono stati molto e ben frequentati, sia dai nostri Soci provenienti da tutta Italia che sono “passati” per un saluto, compresa una folta delegazione di associati brasiliani sia da visitatori occasionali che hanno chiesto informazioni sulle nostre attività nelle varie città della penisola; ho usato il plurale perché quest’anno abbiamo dedicato uno stand alla nostra rivista. Dal 23 al 26 di aprile la Comunità Fisariana si è riunita in Versilia, in quel di Forte dei Marmi, per la consueta Assemblea annuale, della quale troverete la dettagliata

cronaca in altre pagine di questo giornale, puntualmente

vergata da Mario Del Debbio.

In contemporanea, ma in Sicilia, Palermo ha ospitato

il Concours Mondial de Bruxelles, uno dei maggiori

appuntamenti enologici che ha visto, a far parte della

giuria, la partecipazione di circa 300 tra sommelier,

giornalisti ed esperti giunti da tutto il mondo e fra questi

anche una rappresentanza di sommelier Fisar (Claudia

Marinelli e Davide Cecio). Il risultato della “sfida” tra

quasi 7mila etichette in concorso provenienti da tutto

il mondo, vede l’Italia posizionarsi al terzo posto,

dopo Francia e Spagna, che conquista ben 228

medaglie aggiudicate su circa 950 etichette inviate

per le degustazioni e in ambito nazionale, tra le Regioni

partecipanti, la Sicilia conquista il gradino più alto del

podio. Scorrendo la lista dei premiati, la cosa che mi

colpisce sono proprio i nomi dei vini e delle Aziende: vini

e cantine che di solito non sono presenti sulle Guide.

Visto che le degustazioni sono state effettuate con

campioni anonimi, considerato che i giudici provenivano

da svariati Paesi e certamente senza interessi di sorta,

a me un dubbio viene. E a Voi?

Capita a proposito questa considerevole performance

siciliana, visto che con questo numero de Il Sommelier

inizia lo Speciale Regione, dedicato proprio alla Trinacria,

terra dal cuore aspro e possente, dove la natura ha

un fascino ardente e nello stesso tempo irruente,

dove le pietre accatastate dall’uomo per dare vita ad

una viticoltura estrema, di montagna, lascia spazio ad

una terra bruna dalle mille tonalità cromatiche, dove il

verde smeraldo delle vigne e degli agrumeti si alterna

al turchese del firmamento che appare statico ed

irreale, in attesa di un candido cirro che lo porti in una

dimensione terrestre, mentre il sole incide volti e braccia

nell’orgoglioso gesto di un primitivo sodalizio con la

natura. Anche questa è Sicilia. Ed è con il profumo della

zagara in fiore che mi congedo auspicando serenità e

che il vostro calice sia sempre colmo.

Presidente Vittorio Cardaci Amaper comunicare con il Presidente:

[email protected]

Un mese di Aprile denso di impegni e attività enologiche

“”

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 3

Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier

Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01

Editore: Vittorio Cardaci AmaPresidente Nazionale FISARe-mail: [email protected]

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Distribuzione della rivistaLa rivista viene inviata a tutti i soci Fisar, a tutti gli organi di informazione, atutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni,a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta

tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.

La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Hanno collaborato a questo numeroMarcello Masi, Giancarlo Roversi,

Enza Bettelli, Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati,Luca Iacopini, Massimo Bracci, Silvana Delfuoco,

Cinzia Tosetti, Attilio L. Vinci

Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,

Roberto Rabachino, Enza Bettelli, Alberto Doriae immagini di Redazione.

Per la vostraPUBBLICITÀ

Responsabile Piemonte e Valle d'AostaAlessandro MACCHI

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Responsabile TrivenetoMarilena ANDREATTA

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www.ilsommelier.com

In copertina il Conte Lucio Tasca d'Almerita

Page 6: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Questa teoria porta alla conclusione

che esistono semplicemente persone

normali che si spostano dalla propria

abitazione verso altri luoghi per i più svariati

motivi.

Tutti coloro che si sono impegnati e si

impegneranno sul turismo e nel turismo devono

effettuare un’approfondita considerazione sul

tipo di cultura economica a cui il turismo si deve

ispirare, partendo dall’assioma che l’economia

classica, governata da rigidi principi di causa ed

effetto, non si applica ad un bene come il turismo,

al quale si associa una dimensione di gusto, di

affettività, di propensione che non è codificabile.

Si deve comprendere principalmente che l’offerta

turistica va al di là di quella genericamente

conosciuta come “produzione turistica”, in quanto

racchiude l’utilizzazione di tutte le attività di un

territorio, delle risorse naturali, culturali, artistiche,

aventi la natura di beni pubblici.

Per questo motivo è il territorio la risorsa turistica

essenziale, la base da cui partire per produrre

turismo e la qualità del vivere offerta agli abitanti

del territorio diventa “qualità turistica”.

Fondamentale è comprendere che, in un

paese senza le fabbriche, il territorio diventa

la risorsa essenziale, e che è indispensabile

armonizzare e coordinare tre settori tra loro

indivisibili: industria del turismo (intesa come

sistema produttivo), centralità del consumatore,

protezione del patrimonio naturale e culturale.

Il peso che il turismo rivendica oggi nelle politiche

comunitarie, nazionali e regionali è strettamente

correlato alla sua capacità di creare nuovi posti

di lavoro.

Nel Documento Comunitario sui “nuovi giacimenti

di posti di lavoro” vien detto che gli orientamenti

che emergono per lo sviluppo delle iniziative locali

vedono il turismo protagonista dei cambiamenti

auspicati verso una società di iniziative.

Il punto cruciale è capire cosa si intenda con il

termine turismo.

Al contrario delle altre attività economiche, infatti,

il turismo non si presta ad essere compreso

facendo riferimento ai prodotti e servizi generati o ai

Territorio, qualità del vivere

e turismo

Il territorio con tutte le sue attività, la sua popolazione e le sue risorse costituisce l’offerta cosiddetta turistica,

che è semplicemente l’offerta di qualità del vivere che un territorio offre ai suoi abitanti

“”

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 34

per comunicare con il Direttore:[email protected]

di Roberto Rabachino

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 5

processi produttivi. Le sue molteplici sfaccettature

comprendono i beni e servizi che possono essere

utilizzati sia dai turisti (residenti provvisori) che dai

residenti abituali, come i trasporti, la ristorazione,

l’industria alimentare, ecc.

Tutto questo obbliga a cambiare la metodologia

degli studi economici sul turismo, poiché

elimina i concetti di consumo turistico, di spesa

turistica e di occupazione prodotta dal turismo,

dal momento che tutti lavorano per il turismo

e più aumentano le presenze turistiche, più

cresce il lavoro e l’occupazione in tutti i settori.

In sintesi, il turismo è un motore per lo sviluppo

economico-sociale di un’area e per la creazione

di posti di lavoro, non solo negli alberghi e nelle

attività considerate storicamente turistiche, ma in

tutte quelle collegate allo sviluppo del territorio.

La capacità di un’area di attrarre turisti è data da

diversi fattori: beni culturali, ambientali, climatici,

ecc. ma, prima ancora, dalla qualità del vivere

offerta dal territorio.

Non si può costruire una qualità per uso esclusivo

del forestiero per attrarre i turisti, occorre invece

migliorare la qualità del vivere della popolazione

locale per raggiungere, anche, una giusta qualità

del vivere turistico.

Costiera Amalfitana

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 36

Il futuro, per definizione, ha contorni un po’

vaghi. C’è chi lo teme e chi lo invoca. Troppe

volte, invece, il passato è esaltato come un

bene perduto per sempre.

Su questo vorrei fare qualche riflessione insieme

a voi. Non c’è dubbio che, per chi non è più

un bambino, il passato ha il grande fascino dei

vent’anni andati, il profumo dell’incoscienza e

della presunta immortalità. Sono motivi naturali

per rimpiangerlo, non c’è dubbio, ma a ben

vedere questi sono frammenti esistenziali

non generalizzabili e personali. Diversa è la

valutazione fatta con criteri oggettivi e generali.

Bene, cominciamo dai nostri avi. I latini ai tempi di

Cicerone e Cesare, dunque nel massimo fulgore

della magnificenza romana, usavano scrivere

spesso: mala tempora currunt che tradotto in

linguaggio corrente significa tira una brutta aria.

Insomma duemila anni fa si indulgeva a ricordare il

passato, anche recente, con una certa nostalgia.

Eppure, la vita in quei tempi non era tanto facile.

Se perdevi una battaglia in una delle innumerevoli

guerre, bene che andava finivi a fare lo schiavo

in Mesopotamia. Ma, soprattutto, si moriva per

un’indigestione di fichi e il vino simile all’aceto si

annacquava o si mischiava con il miele. Il cibo per

Il terroir non si clona

di Marcello MasiVice Direttore TG2 RAI

e responsabile rubrica Eat Parade

I latini ai tempi di Cicerone e Cesare, dunque nel massimo fulgore della magnificenza romana, usavano scrivere spesso: mala tempora currunt che tradotto in linguaggio corrente significa tira una brutta aria

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 7

la gente comune era decisamente scarso, mentre

i ricchi si permettevano piatti che oggi farebbero

inorridire. Su tutti, interiora di pesce fatte marcire

per bene in una pseudo salamoia. Inoltre si andava

al bagno tutti insieme in simpatici luoghi affollati

e la carta igienica non esisteva. Per carità l’aria

non era inquinata dalle industrie, in compenso si

moriva di malaria in un batter d’occhio. Stesso

ragionamento per i secoli di mezzo. Nel medioevo

si gettavano gli escrementi dalla finestra e colera

e peste festeggiavano più volte durante l’anno.

Vogliamo parlare poi di quei romanticoni di Renzo

e Lucia ? Sempre peste, sempre fame, e molte

angherie sparse

qua e là. Sono

stato frettoloso

n e l l ’ a n a l i s i ,

evidentemente è

così, ma parliamo

allora di un dato

incontrovertibi le:

l’aspettativa di vita.

Ebbene qualche

anno fa in Etiopia

in Africa fu scoperta

Lucy, definita dagli

antropologi la nostra

comune mamma.

Attraverso la datazione

con il carbonio il suo

corpo mummificato è stato

datato a 3,2 milioni di anni fa.

Sempre attraverso l’uso dei

più sofisticati mezzi scientifici è

stato stabilito che la signora Lucy

morì all’età di 42 anni. All’inizio

del secolo scorso l’aspettativa di

vita per una donna caucasica non

arrivava a cinquant’anni. In poche

parole, 3,2 milioni di anni hanno portato

un beneficio inferiore alle otto primavere.

Oggi l’aspettativa di vita per una donna nel

nostro Paese è di oltre 76 anni. In cento anni

abbiamo guadagnato 26 estati e relativi inverni. 26

vendemmie ed innumerevoli annate eccezionali.

Sinceramente non mi sento di aggiungere altro. E

visto che il vino non ci lascia indifferenti, parliamo

anche di questo nostro presunto passato dorato.

In Italia fino al metanolo praticamente non esisteva

un’economica enologica. Il consumo pro capite

era sì decisamente maggiore di oggi, ma la qualità

del prodotto era decisamente inferiore. Il famoso

vino contadino nella stragrande maggioranza dei

casi era un prodotto al limite dell’accettabilità. In

cantina avvenivano alchimie alquanto discutibili,

sicuramente non controllate e con forti dubbi

sulla loro salubrità. Senza citare il metanolo,

basterebbe sapere che fino a pochi anni fa le

molecole chimiche usate in vigna erano più di

mille ora sono state ridotte a trecento. Inoltre,

ai controlli per forza maggiore superficiali del

passato oggi i truffatori devono fare i conti con

laboratori di analisi che rintracciano ogni sostanza

lecita e non. A guadagnarci è tutta la filiera del

vino che guarda caso ha incrementato non

solo le esportazioni, ma soprattutto la qualità e

la credibilità internazionale. Infine, ma non meno

importante, il nostro presente e cioè il futuro del

passato ci permette di gustare ogni qualità di vino

proveniente da ogni parte del mondo cosa che

solo qualche decennio fa era solo impossibile.

Certamente nel futuro c’è anche la clonazione dei

nostri vitigni. In Cina sembrano prossimi a copiare

geneticamente i vitigni dell’Amarone, l’allarme

viene dall’autorevole Università di Verona. La

cosa mi lascia indifferente se avremo definita ed

applicata la sacrosante legislazione di tutela dei

prodotti, di tutti i prodotti italiani. Se, insomma,

sulla bottiglia cinese sarà evidenziato che si tratta

di una imitazione io non mi preoccuperei più di

tanto. Quello che conta è il terroir, sono sicuro

che Dio, dopo aver creato i nostri paesaggi ha

distrutto lo stampo. I cinesi prima o poi, sono

convinto, si rassegneranno e cominceranno

a guardare al passato dei Ming con una certa

nostalgia.

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 38

Abbiamo incontrato Valerie nel suo

primo giorno di lavoro in Italia, presso la

Fattoria Casato Prime Donne Montalcino

di Donatella Cinelli Colombini, naturalmente

entusiasta dell’esperienza appena iniziata,ma con

le idee ben chiare per il futuro.

Quale è stato lo stimolo per venire in Italia?

Sono una donna che accetta le sfide globali

riguardo sempre al mio campo d’azione che è il

vino in tutte le sue componenti, dalla storia del

vitigno, al terreno, ai sistemi di allevamento fino ad

arrivare al prodotto finito. Voglio sottolineare che

non sono sola in questo progetto, ma siamo in

tre e tutti condividiamo la stessa filosofia che è:

CONOSCERE PER MIGLIORARE.

Perché Montalcino?

Crediamo e credo che ogni regione del mondo

ha nella storia di un vitigno tutta l’essenza

del territorio. Per questo abbiamo focalizzato

Montalcino con il suo Sangiovese grosso

Enologa, complice dell'ultima scommessa di Donatella Cinelli Colombini“ ”

Incontro con Valerie Lavigne

di Nicola Masiello

Valerie Lavigne

Page 11: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 9

quale massima espressione del Sangiovese

in Toscana.Questa la scelta, da ora in avanti

cercherò di studiare attraverso la conoscenza del

terreno, la conoscenza delle pratiche enologiche

e soprattutto tanti assaggi di vino mirati a capire le

sfumature del vino prodotto da questo vitigno.

I prossimi passi quali saranno?

Saranno quelli di entrare nel sistema “Montalcino”

e questo grazie a Donatella ed al suo staff mi

riuscirà nel migliore dei modi. Fatto questo

studieremo i punti deboli che riscontreremo

e cercheremo di risolvere o migliorare questi

punti. Tutto questo senza cambiare gli usi e le

tradizioni locali,ma cercheremo di contribuire ad

un innalzamento della qualità.

Non si corre il rischio così facendo di globalizzare

il Brunello?

Assolutamente no, il nostro compito è appunto

quello di contribuire al miglioramento dei caratteri

di un vino, abbassando le negatività nel rispetto

del territorio e del vino stesso. Se passasse

un concetto diverso da questo tutto il lavoro

sarebbe inutile, penso solo a tutte le ricerche

fatte in Francia nelle zone storiche dell’enologia,

Alsazia, Bourgogne, Bordeaux solo per citarne

alcune e quelle fatte in altre parti del mondo dalla

Spagna al Portogallo, alla California ed all’Italia.

In ognuna di queste andiamo a studiare prima,

per migliorare dopo, lasciando ad ogni vitigno le

proprie peculiarità.

La curiosità che ci ha destato è tanta,a quando il

primo assaggio?

Non sono in grado al momento di dare una data

certa, ma di sicuro, nel rispetto dei disciplinari

di produzione e delle tradizioni aziendali, faremo

il massimo per essere pronti a questo evento,

quindi la vendemmia 2009 sarà l’annata di lancio

di tutti i vini dell’Azienda.

Alla prima degustazione!!!

Con tantissimo interesse e curiosità.

Valeriè Lavigne è nata a Chateauroux il 29 ottobre 1966,

sposata e madre di due figli. Diplomatasi in enologia nel

1989, continua la specializzazione presso l’Università di

Bordeaux; nel 1991 si specializza in “studio e ricerca”

dove continua la collaborazione di ricercatrice fino al

1996, quando raggiunge il Dottorato in scienze biologiche

e medicinali,con la menzione di “Molto onorevole”.

L’attività di ricercatrice ed enologa consulente la porta

a collaborare dal 1990 ad oggi con il Prof.ri Denis

Debordieu e Christophe Olivier sia a livello tecnico che

pratico in alcune delle cantine più importanti al mondo

quali: Chateaux d’Yquem, Margaux, Cheval Blanc.

La passione per il vino la porta a collaborare anche a

fianco di personaggi eccellenti dell’enologia mondiali quali

Ribereau-Gayon e Glories in oltre 40 conferenze

scientifiche ed in altrettanti manuali di applicazione

delle ricerche effettuate. La ricerca, la voglia di scoprire

e la curiosità la portano a studiare alcuni tra i vitigni più

importanti e conosciuti nel mondo al fine di migliorarne la

qualità tra questi lo Chardonnay, il Sauvignon, il Merlot, i

Cabernet ed il Sangiovese.

Page 12: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

In entrambi i comprensori le stelle sono state

quattro. I presidenti dei rispettivi consorzi hanno

commentato positivamente queste valutazioni

effettuate da commissioni miste composte da

Enologi, Sommelier, Degustatori e Produttori.

Facendo una valutazione sull’andamento

climatico dell’annata 2009 (simile nei due territori)

dobbiamo ricordare un Gennaio-Febbraio e

Marzo, molto freddi e piovosi a cui sono seguiti

due mesi asciutti e con temperature sopra i valori

stagionali che hanno favorito la fase vegetativa

forse in modo anche troppo voluminoso. Un

giugno piovoso, ha ristabilito l’equilibrio creando

le condizioni ottimali per il proseguo della fase

vegetativa e produttiva. I mesi di Luglio ed Agosto

molto caldi, hanno garantito la salubrità delle uve

che grazie ad un Settembre alternato fra brevi

piogge e momenti soleggiati, hanno portato

le uve ad una buona maturazione ed in modo

corretto, con graduale accumulo zuccherino

e polifenolico. La vendemmia del sangiovese

si è svolta tra l’ultima settimana di Settembre e

la prima di Ottobre. All’assaggio dei campioni

da botte, si nota un bel punto di colore rosso

violaceo, all’olfatto profumi primari, con floreale e

fruttato, leggermente ridotti e poco netti, al gusto

è caldo, con acidità in evidenza e una tannicità

non molto pronunciata, ma comunque presente

e sufficiente ad affrontare il periodo di affinamento

previsto dal disciplinare di produzione.

La vendemmia 2007

Vino nobile di Montepulciano

La vendemmia 2007 rispetta la valutazione data a

suo tempo dell’annata ed è riconducibile ad una

grande annata. All’assaggio sono vini di qualità

con una generale tendenza al ridotto,ancora poco

propensi ad aprirsi nell’immediato, per mostrare

tutta la potenzialità. Il punto di colore è buono,

con riflessi interessanti dati da una buona

estrazione in fase fermentativa, la limpidezza è

buona (ed accettabile nei campioni da botte),

con punte alte su alcuni campioni con periodo

di bottiglia più lungo. Al naso i profumi sono

Sono state assegnate nei rispettivi territori le stelle all’annata 2009“ ”

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 310

Montepulciano e Montalcino:

assegnate le stelledi Nicola Masiello

Page 13: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010
Page 14: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 312

intensi, netti, si evidenziano piacevoli note di

frutta rosa matura tendente alla confettura, il

legno contribuisce ad una speziatura garbata

a cui seguono note minerali e talvolta anche

vegetali,quando il legno domina, attutisce le note

floreali tipiche, penalizzando il vino. Al gusto si

riscontra una buona alcolicità che in alcuni casi

penalizza la freschezza acida dando la sensazione

di un vino corto e poco persistente. Quando

si riesce ad equilibrare l’alcolicità,l’acidità e la

spalla tannica, la piacevolezza sale decisamente.

Questa situazione e più marcata nei vini prodotti

nella parte più alta della zona di produzione e forse

sono dovute anche all’andamento stagionale del

2007.

Gli assaggi più interessanti

Rosso di Montepulciano 2008Podere Le BerneColore netto, deciso, limpido; al naso

intenso con richiami alla frutta rossa matura,

persistente; al gusto leggera disarmonia per

acidità in eccesso, buona la parte di alcol.

Ben predisposto agli abbinamenti territoriali.

Az. Ag. La CiarlanaColore intenso, limpido al naso frutta matura a

bacca rossa molto persistente al gusto molto

caldo con acidità marcata, buon corpo; manca di

equilibrio sicuramente longevo.

Podere SangalloColore rosso rubino, con bei riflessi violacei,

limpido; al naso intenso, fruttato, con note floreali

piacevoli; al gusto caldo, leggermente tannico

con buona acidità.

Nobile 2007Az. Agr. DeiGrande concentrazione cromatica, limpido; al

naso molto intenso, fine con sentori marcati di

frutta rossa, leggera speziatura; al gusto caldo,

di corpo, leggermente tannico, chiude con una

buona acidità.

Az. AvignonesiDi un bel rubino carico, limpido; al naso

piacevolmente floreale di mammolo, frutta matura

e speziatura elegante; al gusto caldo, rotondo,

buona acidità, sapido di piacevole beva.

Az. CannetoDi un bel rosso rubino, limpido al naso intenso,

con richiami di fiori e frutta matura, una leggera

nota speziato gradevole al gusto caldo, rotondo,

con la componente acida presente, lunga

persistenza.

Fassati “Pasiteo”Rosso rubino con riflessi che tendono al granato,

limpido al naso molto intenso e persistente, con

note fruttate piacevoli al gusto caldo, rotondo,

giustamente tannico, sapido buono l’equilibrio.

ContucciRosso rubino, scorrevole, limpido al naso è

intenso, schietto con bella frutta matura rossa

al gusto caldo, leggermente acidulo, buona

tannicità e persistenza un classico per

Montepulciano.

Tenimenti AngeliniRosso rubino, riflesso granato, limpido al naso

intenso persistente, fragrante al gusto caldo,

rotondo, morbido, tannicità in evidenza, sapido.

Nobile 2007 selezione

Poggio alla Sala “Parceto”Rosso rubino carico, limpido al naso molto

intenso, persistente, fragrante, con leggero boisè

al gusto caldo, rotondo, morbido, leggermente

tannico, buona sapidità appena nato, ma già fra

i grandi!!

Page 15: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Anch’io.

Ho scelto il Pinot GrigioSanta Margherita.

Pinot Grigio Alto Adige Impronta del Fondatore 2008 Santa Margherita:vincitore della Gran Medaglia d’Oro al Primo Palio del Pinot Grigio.

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Page 16: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 314

Vecchia cantina “Cantina del Redi” Rosso rubino con riflesso aranciato, brillante al

naso intenso, fruttato, richiami floreali piacevoli,

leggermente speziato al gusto rotondo, caldo,

con buona tannicità, equilibratoe lungo al palato.

Nobile 2006 selezione

Fattoria del Cerro “Antica Chiusina”Rosso aranciato con riflessi netti, brillante

al naso è intenso, persistente, frutti a bacca rossa

maturi con note di confettura eleganti, speziato

al gusto caldo, rotondo, morbido, tannini evoluti e

puliti, buona sapidità e persistenza.

Villa S. Anna “Poldo”Rosso rubino con riflessi aranciati, brillante

al naso complesso, intenso con richiami alla

frutta rossa e sottobosco maturi al gusto caldo,

leggermente tannico, buona acidità e sapidità.

Nobile 2006 riservaAz. Agr. CannetoRosso aranciato, brillante al naso intenso,

complesso con note speziate leggere e richiami

balsamici, fragrante al gusto è caldo, rotondo con

acidità bilanciata, giustamente tannico e sapido.

Nobile 2005 selezione

Salcheto “Salco selezione”

Rosso granato con riflessi arancio, limpido,

intenso al naso molto intenso, complesso, con

note minerali e frutta a bacca rossa cotta, boisè

al gusto è strutturato, caldo, rotondo con tannini

evoluti e puliti, sapido e persistente.

Nobile 2005 riserva

Az. Agr. Nottola “Riserva il fattore”Rosso aranciato, limpido al naso è molto intenso,

persistente, con frutta matura e confettura a

bacca rossa, piacevole speziatura al gusto

caldo, rotondo, acidità bilanciata, equilibrato.

La vendemmia 2005

Brunello di Montalcino

Qualità dei vini molto buona, quasi ottima che

riserva delle piacevoli sorprese. Personalmente

ho notato due linee di brunello; la prima da

sangiovese grosso classico con tonalità di colore

non molto intense, i riflessi tendenti all’aranciato,

al naso netti con qualche peccato veniale che

penalizza un po’ la pulizia olfattiva a scapito

della nota floreale; al gusto alcol in dominanza

ben supportato da tannini puliti ma non

completamente evoluti. Acidità presente

e piacevole, dovuta forse alla possibilità di

“ringiovanire o rinfrescare” il brunello con

annate più giovani. Tanto per non destare

inutili supposizioni, detta pratica è prevista dal

disciplinare di produzione. Buona la sapidità.

La seconda linea è quella di un brunello di qualità

alta, tutto preciso e confezionato, senza spunti di

piacevolezza o spunti di durezza evidenti, quasi

lineari nella loro complessità. Sono risultati intensi

nel colore, con riflessi aranciati, limpidi - al naso

profumi netti persistenti, con la frutta rossa di

sottobosco matura, talvolta verso la confettura,

speziati, eleganti. Al gusto, rotondi, equilibrati,

buona acidità, sapidi e persistenti.

Gli assaggi più interessanti

Rosso 2008

BaricciColore rosso rubino, trasparente al naso intenso,

fruttato, leggermente pungente per l‘alcolicità,

al gusto, caldo, tannico, buona acidità vestita,

persistente.

Canalicchio di SopraUn bel rubino con riflessi granati, limpido

al naso complesso fragrante con note di frutta

rossa matura, al gusto, caldo, poco morbido

per accesso di tannino sapido, persistente

non ancora pronto, con grandi potenzialità.

Page 17: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010
Page 18: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

16 Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

Castello TricerchiRosso rubino carico, intenso al naso complesso

con frutta matura in evidenza ed un floreale

piacevole al gusto molto caldo, di corpo, tannicità

pronunciata in bilanciamento con l’alcol, fresco di

acidità, sapido.

Brunello 2005

Pacenti Franco - Canalicchio Rosso aranciato con riflessi aranciati, limpido

al naso caratteristico sentore di frutta

rossa cotta e di sottobosco matura,

speziatura elegante, non aggressiva, intenso

al gusto caldo, poco morbido per acidità

pronunciata, tannini puliti, sapido e persistente.

Villa i CipressiRosso granato con riflessi aranciati, limpido

al naso netto, persistente, con frutta rossa cotta,

speziato con pepe in evidenza, legno pulito

al gusto molto caldo, rotondo, equilibrato,

giustamente tannico.

Siro PacentiDi colore rosso aranciato, brillante al naso,

complesso con sentori di fruttato piacevoli,

speziatura da botte grande elegante, note

minerali piacevoli al gusto molto caldo, rotondo

con tannino ancora da maturare, sapido, molto

persistente.

LisiniRosso aranciato, limpido al naso molto intenso,

complesso, frutta rossa matura con richiamo

alla prugna cotta, floreale con richiamo alla rosa.

al gusto, caldo, di corpo, morbido, giustamente

tannico.

Castiglion del BoscoRosso granato con riflessi aranciati, limpido

al naso, complesso intenso, persistente con

piacevole note di frutta rossa cotta, legno pulito

al gusto molto caldo, rotondo, di corpo,

leggermente spigoloso per tannicità pronunciata,

sapido.

Val di SugaRosso aranciato, brillante al naso intenso,

schietto, fruttato, floreale con speziatura elegante

al gusto, caldo, rotondo di corpo, equilibrato,

giustamente tannico.

BanfiColore rosso granato con riflessi aranciati, limpido

al naso, poco intenso, fruttato con note di

confettura matura, richiami minerali, leggermente

ridotto al gusto, caldo, di corpo, schietto,

leggermente tannico, con acidità presente.

CastelgiocondoRosso granato con riflessi aranciati, limpido

al naso, intenso complesso, fruttato con note

speziate leggermente pungenti, persistente

al gusto molto caldo, rotondo, schietto e

persistente.

La PoderinaRosso granato, intenso, limpido al naso,

complesso, schietto, con piacevole speziatura

dolce e frutta rossa cotta, leggere note floreali

al gusto, molto caldo, morbido, giustamente

tannico, persistente, sapido.

Brunello 2004 riserva

TalentiRosso aranciato, brillante al naso, complesso,

intenso, fine nelle note balsamiche e minerali

accompagnate da una bella fragranza al gusto

molto caldo, strutturato, rotondo, giustamente

tannico, molto persistente.

Page 19: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Sasso di SoleRosso aranciato, brillante al naso,

complesso, intenso con ciliegia e prugna

cotta in evidenza, boisè, persistente

al gusto, caldo, strutturato, equilibrato con acidità

vestita e tannicità in equilibrio, molto persistente,

sapido.

Il PoggioneRosso granato scarico con riflessi aranciati,

brillante al naso, intenso, persistente con note

speziate dolci, note di sottobosco cotte, leggera

mineralità al gusto, molto caldo, equilibrato,

giustamente tannico, molto persistente.

Poggio Antico Rosso aranciato, con riflessi sempre arancio,

brillante al naso, molto intenso, persistente,

fragrante, con note boisè piacevoli e pulite

al gusto molto caldo, strutturato, rotondo, tannicità

elegante e piacevole.

Moscadello di Montalcino

Villa Poggio SalviColore giallo dorato carico, limpido al naso,

complesso, molto intenso, floreale di fiori bianchi,

frutta gialla matura, mieloso al gusto molto

caldo, pastoso, dolce, con acidità vestita, molto

equilibrato, persistente.

Tenute Silvio NardiColore giallo dorato carico, molto limpido

al naso molto intenso, molto fine, molto schietto,

con frutta gialla matura, in evidenza l’albicocca

e fiori bianchi, note balsamiche molto piacevoli

al gusto, robusto, caldo, pastoso, sapido, dolce

con buona aciditàì, molto persistente, una vera

chicca come si dice in Toscana.

Valdobbiadene,3-6 settembre 2010

www.brindalavita.it

Comune di Valdobbiadene

in collaborazione con:

Page 20: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Tuttavia, l’India, e non solo quella rurale,

conserva alcuni rituali legati al cibo e alla

coppia o alla famiglia da offrire spunti per

numerose riflessioni.

Un subcontinente con più di un miliardo di abitanti

e una grande varietà di climi; varie etnie con

diverse abitudini alimentari. Eppure vi sono delle

caratteristiche che accomunano larga parte degli

indiani.

Il 60 % di loro è vegetariano, da molte

generazioni.

Le spezie sono una prerogativa di tutti i pasti

indiani: se un ingrediente viene servito “al

naturale”, gli indiani sicuramente lo ravvivano con

uno dei numerosi intingoli, chutney o curry che

danno calore e colore ad ogni tavola.

Un’altra caratteristica infatti è il colore, anzi, i colori.

Così come i meravigliosi, luminosi

sari, nel bel portamento delle

donne indiane riempiono di

gioia, allo stesso modo

vedere i piatti indiani

gratifica l’occhio

ancora prima del

palato. Spesso

servito in numerosi

piattini separati, il pasto propone una gamma di

colori allettante ed appetitosa. Il riso è presente

spesso, ma lo è anche la pasta, e non manca mai

il dhal, un piatto preparato con una delle decine di

varietà di lenticchie.

Anche se in India ci sono sicuramente territori

molto adatti alla viticoltura, questa è per ora poco

diffusa, così come è pochissimo diffuso il consumo

del vino. Lo è un poco di più la birra, mentre il

consumo di superalcolici costituisce davvero

l’eccezione. Il caffè, nelle famiglie, è bevuto poco

o per nulla, mentre il tè è una consuetudine

quotidiana, riservata però agli adulti.

Caposaldo della famiglia

In India, come forse in nessun altro paese,

persistono innumerevoli tradizioni. Tradizioni che

riguardano il cibo, e tradizioni che riguardano la vita

familiare, sia quella quotidiana sia quella

delle feste. Le une e le altre sono

indissolubilmente legate tra

loro. Qualcuno potrebbe

considerare il perdurare

di molte tradizioni

come una forma di

superstizione. Gli

indiani infatti a volte

India: tradizioni a tavola

e in famiglia

Sicuramente in tutto il mondo, vi sono molte tradizioni che vengono tuttora osservate, specie nei giorni di festa,

per sentire la famiglia unita“”

di Gudrun Dalla Via

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 318

Page 21: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

le migliori bollicineemiliane

Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: [email protected] - http://www.tenutafarne.it

Page 22: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

dicono “Lo facciamo perché siamo convinti che

il non farlo porterebbe disgrazia per i nostri figli,

e sarebbe davvero l’ultima cosa che vorremmo”.

Gesti scaramantici dunque? Forse, ma a guardar

bene costituiscono proprio il cemento per l’armonia

familiare e danno certezze e serenità a grandi e

piccoli. Gesti non necessariamente legati ad un

credo religioso (anche se la spiritualità si respira

ovunque, in India – è una presenza davvero forte),

ma a rituali, legati a precisi momenti del mese,

dell’anno o della vita.

Ecco alcuni esempi.

Plenilunio – Nei giorni intorno al plenilunio è

la padrona di casa a cucinare, anche se è di

famiglia molto agiata e dispone di tanta servitù

da delegare normalmente questo compito. In

questa consuetudine si possono trovare diversi

spunti, magari anche per il mondo femminile

occidentale.

Tutte le ragazze indiane, di ogni ceto sociale,

imparano a cucinare. Già le bambine piccole si

ammoniscono spesso, curiosamente non tanto

con la prospettiva di dover accudire in futuro alla

loro famiglia, ma… alla figura che farebbero con

la potenziale futura suocera quando questa verrà

a fare visita alla

famiglia con la quale intende imparentarsi. Ed in

quella occasione è la futura sposa ad esibire le

sue capacità culinarie.

Oggi non c’è più il costume di fidanzare i propri

figli quando sono ancora bambini. Tuttavia, le

famiglie, soprattutto fuori dalle grandi città, hanno

tuttora un forte ruolo nel proporre, nel suggerire

il futuro sposo alla sposa, dopo aver raccolto

informazioni, scambiato opinioni ecc.

Ma… anche i maschi imparano a cucinare!

Nei giorni del mestruo la donna indiana deve,

secondo la tradizione, riposare. Quindi sarà il

marito a provvedere a mensa e cucina.

Poi ci sono delle ricorrenze legate alle stagioni. Per

esempio, per la festa della primavera, la moglie

dedica molta attenzione alla cucina; tuttavia

digiuna tutto il giorno, fino al rientro del marito.

Allora sarà lui ad imboccarla amorevolmente,

secondo una sequenza ben stabilita, iniziando

con l’acqua. È facile intuire come questi teneri

gesti, ripetuti con ritualità e devozione, rafforzino il

legame coniugale e siano di esempio anche per

la prole.

Le nozze poi sono occasione per grandi

feste che si protraggono per giorni e giorni,

consumando pasti in compagnia passando per

le case di tutti i parenti. Poi la giovane coppia

compie un pellegrinaggio in diversi templi prima

di “consumare” le nozze.

L’India non conosce fine settimana; in compenso

vi è un grande numero di feste, durante tutto

l’anno. Molte di queste feste sono di origine

religiosa: indù, buddhista, javaista, musulmana

o cristiana. Gli appartenenti alle varie religioni

convivono così pacificamente che… le feste

diventano comunitarie, interreligiose, così come

lo diventa il consumare il cibo insieme, nel pieno

rispetto delle rispettive usanze dietetiche. L’indù

per esempio non consuma carne di manzo (salvo

pochissime, precise eccezioni); il musulmano

non mangia maiale. Eppure nei pasti delle feste e

cerimonie, si trovano le soluzioni per accontentare

gusti ed esigenze di tutti.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 320

Page 23: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 21

Le strade della Finlandia corrono per la

maggior parte tra due ali di foreste che di

tanto in tanto si aprono su ampie distese

d’acqua e, anche se ovviamente l’andatura non è

quella dell’autostrada, a volte può passare anche

mezz’ora prima di incrociare un’altra macchina o

intravedere una casa o un villaggio. Un paesaggio

incontaminato dove crescono molti frutti che

vengono poi utilizzati per fare il “vino” finlandese.

Una regione particolarmente vocata per questa

produzione è quella dei Mille Laghi con il lago

Saimaa che è il più grande della Finlandia.

Il Paese dei mille laghi

La caratteristica connotazione del territorio finlandese è il risultato del lavoro del tempo che da un’immensa area ghiacciata ha fatto

nascere migliaia di laghi, fiumi e ruscelli in un verde paesaggio da fiaba“

di Enza Bettelli

Page 24: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Attualmente sono in attività una cinquantina di

aziende che producono il vino con vari tipi di frutti

spontanei e altri coltivati in modo assolutamente

naturale nei grandi spazi annessi alle fattorie.

Questo vino può essere venduto direttamente dai

produttori perché ha un grado alcolico massimo

di 13 gradi, mentre i vini con gradazione superiore

e i superalcolici sono venduti solo nei negozi di

proprietà dello Stato che ha il monopolio sulle

bevande alcoliche. Presso le aziende munite

di regolare licenza è possibile inoltre fare

degustazioni accompagnate da uno spuntino di

prodotti locali.

Una volta era proibito produrre vino casalingo

e la gente andava quindi di notte nelle foreste

per lavorare le bacche e poter così disporre di

qualche bottiglia per la famiglia. Col tempo, e

chiedendo la necessaria licenza governativa,

il vino viene prodotto con tecniche moderne

che tuttavia non si discostano molto da quelle

tradizionali. La frutta, soprattutto ribes e mele,

viene sottoposta a una congelazione preventiva

e, una volta estratto il succo, vi si aggiungono

zucchero e l’acqua purissima presa da fiumi

e torrenti, quindi si aggiunge anche il lievito e

si lascia fermentare in grandi vasche di acciaio

e al momento opportuno il vino viene filtrato e

imbottigliato. A questo punto le bottiglie vengono

trasferite in cantina in attesa della vendita. Questi

vini hanno raggiunto un livello di qualità davvero

significativo e sempre più spesso, con una

degustazione alla cieca, vengono scambiati per

vino di uva. È stato possibile arrivare a questo

grazie alla instaurazione in Finlandia di un sistema

di controllo che stabilisce standard di qualità per

colore, profumo e sapore dei vini di bacche e di

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 322

Page 25: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010
Page 26: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 324

frutta, con un contrassegno speciale per i prodotti

che rispettano questi standard. Il vino finlandese si

beve ai pasti, al naturale o diluito con acqua, ma è

anche un eccellente aperitivo e in stagione viene

servito con le profumatissime fragole locali da

intingere nella densa e burrosa panna di giornata.

C’è anche la birra

La birra in Finlandia si produce da sempre, una

volta con il luppolo che cresceva spontaneo

nelle foreste, ora anche con quello coltivato

appositamente. Sono molti gli eventi dedicati a

questa bevanda ed è molto diffusa la moda delle

birrerie che mettono a disposizione degli avventori

la birra della casa assieme ad altre artigianali e

industriali, servite con semplici spuntini o a tutto

pasto. La birra viene spesso bevuta nei caratteristici

boccali di ceramica e ai Finlandesi piace gustarla

anche all’aperto, nei locali che si affacciano di solito

sugli specchi d’acqua. Soprattutto nella regione

di Saimaa lungo le sponde intorno allo stupendo

castello medioevale di Olavinlinna, sede agli inizi

di agosto di un famosissimo festival internazionale

di musica. La birra e il vino di bacche e di frutta

accompagnano molto bene la cucina del territorio,

ancora molto naturale grazie ai prodotti locali che

crescono in ambiente incontaminato. Molto pesce

di acqua dolce, ovviamente, ma anche selvaggina

di varie dimensioni, dall’anatra selvatica all’orso,

oltre ai prodotti della foresta, dai funghi alle bacche

che compaiono in tavola già alla mattina per la

tradizionale e sostanziosa prima colazione con

salmone, aringhe, salsicce e pancetta. Questo

è un pasto importante e in molte strutture per

vacanza è possibile ordinare la prima colazione,

che verrà consegnata all’ora prestabilita presso il

proprio cottage, e gustarsela sulla terrazza vista

lago.

Page 27: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 25

Il Cile è l’unico pease produttore di vino che

è stato risparmiato dalla peste distruttiva della

fillossera, un insetto del vino che per 40 anni ha

devastato le vigne europee trapiantate in tutto il

mondo: partendo dal Rodano francese nel 1863,

per arrivare fino in Algeria, agli inizi del ventesimo

secolo.

Oggi il Cile gode del sostegno e della solidarietà

dell’intero mondo a causa del recente terremoto

accompagnato da uno tsunami nello scorso

febbraio. La natura toglie, la natura dà: allora

perché non fare un brindisi con un buon vino

cileno per tutte le numerose vittime cilene?

Grazie alle uve francesi coltivate in Cile, oggi

abbiamo la fortuna di gustare un vino non per

forza fatto di uve americane, le sole graziate dal

parassita devastatore, come la varietà brasiliana

Isabel, con una percentuale di alcohol del

10,5%.

Le uve cilene sono fortunatamente vissute

indistrubate grazie alla protezione di due deserti,

delle Ande e dell’Oceano Pacifico: la medesima

natura che, come sappiamo, può provocare

anche tanti morti.

Quando fu poi possibile ritrapiantare la vite

francese in Europa grazie alle tecniche del

portoghese Joaquim Pinheiro de Azevedo Leite

Pereira, le uve erano quasi introvabili, soprattutto

le varietà Cabernet Sauvignon, Merlot e altre uve

di Bordeaux. In quel preciso momento storico,

le viti delle colline cilene, vive a riparo da tutto,

acquistarono una fondamentale importanza.

Il vino del Cile non esiste però solo nella storia. Il

paese non è più solo rappresentato dalle riserve

di rame, dalle riforme di Allende, dal sanguinario

capitolo di Pinochet. Il Cile è un produttore di vino

con la P maiuscola, il paese in cui vengono prodotti

vini fra i migliori del pianeta, secondo i critici e

anche secondo il mercato nordamericano.

Il Cabernet Sauvignon ad esempio ha sposato a

pieno i gusti degli americani, che lo trovano un

vino dalla buona consistenza, facile da gustare e

soprattutto a buon prezzo.

Il Cile è il secondo, dopo l’Australia, esportatore di

Vino Cileno

Quando si stappa una bottiglia di vino cileno, occorre ringraziare il Cile e l’amore che i cileni hanno per il vino:

tradizione che ha inizio nei primi del Novecento“

di Breno Raigorodosky

Page 28: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 326

vino del “Nuovo Mondo” e con l’Almavida e il Don

Melchor è entrato nell’immaginario comune degli

appassionati come un buon vino, ma si è anche

inserito nella lista dei 100 migliori vini del pianeta.

Sulla scia del Cabernet Sauvignon, brillano

anche i Bordolesi, le varietà di Merlot, di Syrah e

infine il Carmenère, spesso erroneamente preso

per Merlot, che a partire dagli anni 70 divenne

il simbolo delle uve native cilene, proprio perché

non fu riprodotto in Europa.

La Aconchagua Valley è ritenuta dal “Wine

Spectator” la migliore “Via del Vino” del continente

e la più attrezzata del mondo, smitizzando un po’

i rinomati itinerari francesi, italiani e spagnoli. Nella

Aconchagua, come in altre valli, la primavera del

2009 è stata caratterizzata da fredde notti;

El Niño sembra rivelarsi ancora una volta il

responsabile dell’instabilità termica, che ha portato

un’estate molto più calda del normale, oltre i 30 °

C, ma ha anche dato vita a vere e proprie gelate

nelle ultime settimane dell’anno. I bruschi sbalzi

che vanno dai 30°C ai 2 °C in pochi giorni hanno

causato la perdita di oltre il 10% del raccolto.

In ogni caso, il 2009 non può certo dirsi un anno

cattivo per il vino, la riduzione di produzione può

essere assorbita da un lieve aumento dei prezzi,

un incremento più che accettabile per il mercato...

anche se la Nuova Zelanda sta guidando tutti

nella direzione del vino più economico.

Page 29: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

La storia della cucina veneta è molto antica, essa appartiene alla storia stessa dell’uomo e della sua cultura e si intreccia con quella

dell’arte, della poesia, del teatro, della musica e persino della religione. La cucina veneta, sebbene abbia origini rustiche, si presenta oggi con un ricettario molto vasto e variegato. Un gran contributo al cambiamento è stato dato dai traffici dei mercanti che durante lo splendido periodo dominato dalla Repubblica della Serenissima hanno percorso con lunghi viaggi l’intero Oriente portando in laguna il sale, il pepe, lo zenzero e perfino lo zafferano: spezie conosciute che hanno

fatto la felicità dei cuochi veneti per la preparazione di piatti unici. Oggi si può ben dire che dopo diversi secoli la cucina veneta ha trovato il giusto amalgama per regalare al palato dei gourmet una cucina unica nel suo genere, espressione di una sintesi dell’incontro avvenuto tra i sapori semplici dei contadini e le raffinatezze della nobiltà. Per il turista enogastronomico, mangiare in Veneto significa innanzitutto gustare il pesce dell’Adriatico, pescato in gran quantità e portato principalmente nel mercato di Chioggia per essere poi trasferito alle tavole dei migliori ristoranti. Avere dunque tanto pesce significa avere grandi variazioni

Il Veneto: una storia enogastronomicadi eccellenza

Oggi si può ben dire che dopo diversi secoli la cucina veneta ha trovato il giusto amalgama per regalare al palato

dei gourmet una cucina unica nel suo genere“

Vigneti in Valdobbiadene

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 27

di Saverio Scarpino

Page 30: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 328

gastronomiche con granchi, polipi, capesante, seppie e la speciale granceola che da sola diventa un prelibato antipasto, e sebbene sia un piatto raffinato è molto semplice nella preparazione e non manca mai nei menu veneziani. Continuando col pesce non si può fare a meno di menzionare un altro famoso antipasto, tipicamente marinaresco: le “Sarde in saor” ovvero le sarde marinate in cui l’ingrediente base è la cipolla. Passando ai primi piatti della cucina veneta si deve assolutamente parlare dei “bigoi”: spaghettoni rugosi che sono generalmente preparati in salsa oppure con l’anatra. I bigoi, introdotti dalla Cina da Marco Polo tra il XIII e XIV secolo, continuano ad essere fatti a mano con farina e uova, secondo l’antica tradizione. Altro piatto famoso, che veniva offerto al Doge il 25 di aprile in occasione della festa di San Marco, Patrono della città lagunare, è un primo di riso: “risi e bisi”. E’ un piatto diffuso in tutta la regione perché contiene il riso e i piselli delle colture venete. Per quanto riguarda invece i secondi piatti della cucina veneta, il fritto misto è ormai un classico, ma il baccalà è sicuramente quello più rappresentativo. Il Baccalà, giunto in veneto nell’alto medio evo con i mercanti dal Nord Europa, viene cucinato in vari modi ma quelli più

conosciuti e ricercati dai gastronauti sono alla

vicentina e mantecato. Genericamente il nome

baccalà indica il merluzzo ed è presente sia in

forma salata che essiccato (stoccafisso). Ma se

la cucina veneziana si basa prevalentemente sulla

valorizzazione del pesce dell’Adriatico, quella

dell’entroterra è più variegata ed è orientata alla

valorizzazione del riso e della polenta. Anche il

riso trova nel Veneto svariate modalità per essere

preparato: con verdure come le zucchine, i cavoli,

gli asparagi, i piselli e i cavolfiori oppure con la

carne d’anatra, con l’anguilla o con la tinca del

lago di Garda. La polenta, invece, è spesso

proposta come piatto unico, insieme con

un’adeguata farcitura di carni particolari come gli

“osei” che dopo essere stati insaporiti con lardo e

salvia e conditi con olio d’oliva completano la

cottura con una rosolatura a fuoco lento. Ma la

cucina tipica veneta non finisce qui, tra le altre

portate che si possono, a pieno titolo, ancora

menzionare ci sono i secondi piatti di cacciagione:

la faraona con la salsa “peverada” – il nome deriva

dal pevere (pepe) che ne costituisce l’ingrediente

principale, la gallina padovana, razza a petto

largo, famosa in tutto il mondo, la trippa alla

trevigiana e svariati preparati con carni di maiale e

di manzo. Il Veneto è anche grande scuola di

carni conservate: salami, salsicce e prosciutti.

Eccellenti sono le luganeghe e la soppressa

vicentina. Molto interessante è la tavolozza dei

formaggi proposta dalla cucina veneta. L’arte

casearia, di primaria importanza, e gli straordinari

vini, rappresentativi in tutto il territorio veneto, dal

Garda alle Dolomiti, consolidano quel

riconoscimento generale sulla bontà delle

specialità tipiche della cucina veneta. Quasi tutti i

settori dell’alimentazione, in questi ultimi anni di

grande competività dei mercati, si sono

riorganizzati e hanno istituito specifici disciplinari

di produzione consentendo l’inserimento di molte

tipicità sia negli elenchi delle denominazioni

d’origine sia in quelle delle indicazioni geografiche.

Volendo invece dare anche una valutazione

Bigoi in salsa

Page 31: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 29

quantitativa sull’istituzione delle tipicità nella cucina veneta di questi ultimi decenni, il settore agroalimentare annovera ben 12 prodotti DOP e 9 IGP, così distinti: 9 nei formaggi, 5 negli ortaggi, 2 nella frutta, 2 nell’olio, e 2 nelle carni trasformate. Sono numeri significativi che da soli ci danno l’idea della straordinarietà di un settore enogastronomico particolarmente sviluppato e curato nei minimi particolari. Un altro grande contributo alla valorizzazione della cucina veneta è dato dal “vigneto veneto” con una produzione di vini straordinari capaci di continuare a destare interesse a consistenti masse di turisti enogastronomici che in ogni periodo dell’anno, per il bene anche del conto economico regionale, attraversano in lungo e in largo questi territori con l’obiettivo primario di scoprire il senso intimo dei luoghi, dei prodotti e della cultura che li circonda. Non a caso abbiamo parlato di “vigneto veneto” perché questo angolo del nord-est italiano è proprio così, tutto così, tutto un vigneto. Il Veneto è la regione italiana che più di ogni altra è stata “baciata” dalla natura. La sua conformazione geografica è molto interessante proprio per il suo carattere variegato che nella stessa regione comprende pianura, collina, montagna e laghi che occupano tre fasce ben distinte da nord a sud. Veneto e Vinum è un binomio che vive in perfetta simbiosi da tempi immemorabili. E non poteva essere diversamente, visto che le prime barbatelle di vitis vinifera si riscontrarono in questi territori già diversi millenni addietro, ormai remoto passato. Da allora molte cose sono cambiate. Si è coltivata la vite in ogni angolo del Veneto sfruttando al meglio le qualità dei terreni con impianti di vitigni ad essi più congeniali. Sono stati valorizzati i vitigni autoctoni ed impiantati altri, i cosiddetti vitigni internazionali. Gran parte del territorio della regione è dunque ad alta vocazione vinicola. Su circa 80.000 ettari di superficie coltivata, ben 25.000 sono le aziende agricole iscritte all’albo dei vigneti di vini a denominazione di origine per una produzione mediamente di

circa 9 milioni di ettolitri di vino di cui 2 milioni nelle

zone DOC e DOCG. Il Veneto è quindi

oggettivamente una delle regioni più significative

dell’enologia italiana. Questo è un segno evidente

di una volontà sinergica regionale che mira

costantemente alla crescita di una produzione di

alta qualità, ottenuta grazie all’armonizzazione

delle peculiarità del territorio ed alla valorizzazione

delle varietà autoctone tra le quali spiccano i

vitigni: Raboso, Corvina, Rondinella, Prosecco,

Garganega, Vespaiola e Verdisio) e al

miglioramento dei vitigni internazionali come il

Merlot, il Cabernet, Il Sauvignon, Il Pinot, il Riesling.

Oggi la Regione Veneto vanta 3DOCG, 22 DOC

e 9 IGT. I vini sono molto diversificati e

rappresentativi dei terroir dell’intera regione.

Troviamo, infatti, nella parte occidentale, la zona

del Bardolino, con terreno collinare, sciolto e

Polenta e Osei

Page 32: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

spesso ciottoloso nello straordinario scenario del

Lago di Garda. Al confine con il

comprensorio del Lago di Garda troviamo la

Valpolicella, caratterizzata dalla produzione di uve

provenienti principalmente dai vitigni Corvina

veronese, Rondinella, Molinara, simili a quelli del

Bardolino, ma con una muscolatura più

pronunciata in virtù del terroir che, oltre agli influssi

climatici lacustri, beneficia dell’ambiente

pedemontano della Lessinia. I vini prodotti in

questo comprensorio si distinguono, con le

dovute sottodenominazioni di classico e

Superiore, in Valpolicella, Recioto e Amarone

della Valpolicella. A seguire in direzione da ovest

verso est, dopo la Valpolicella, sempre in provincia

di Verona, troviamo la zona del Soave. Questo

territorio è vocato principalmente alla produzione

di grandi vini bianchi, e comprende tredici comuni

incluso quello di Soave da cui il vino prende il

nome. A Nord della zona del Soave troviamo la

Lessinia, ovvero il comprensorio del Durello dei

Monti Lessini. La denominazione “Lessini Durello”

è riservata ai vini ottenuti con l’utilizzo di uve

Durello, coltivate soltanto in queste zone delle

province di Verona e Vicenza. Adiacente alla zona

del Soave troviamo il comprensorio di Gambellara

che comprende quattro comuni della provincia di

Vicenza. Procedendo verso il centro del Veneto

troviamo i Colli Euganei dove la produzione dei

vini non è fatta soltanto con i vitigni autoctoni

come il Garganega, il Tocai Friulano e il Moscato,

ma anche con uvaggi di vitigni internazionali

(Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc,

Chardonnay e Pinot). Spostandoci infine verso la

parte più orientale della regione, troviamo

l’eccellenza vinicola assoluta del Veneto: il

Prosecco. L’area di produzione del Prosecco si

estende sulla fascia collinare della provincia di

Treviso, detta anche Marca Trevigiana, e oltre a

Conegliano e Valdobiadene, comprende anche i

comuni di Vittorio Veneto, Pieve di Soligo e Vidor.

Il Prosecco prodotto con uve provenienti dalla

frazione S.Pietro di Barbozza è denominato

Cartizze con diritto anche alla sottodenominazione

“Superiore di Cartizze”. Quando parliamo del

Cartize sicuramente identifichiamo il vino bianco

più famoso in Veneto e forse anche in Italia. Ormai

tutto il bacino enogastronomico del Veneto è in

continua evoluzione e sicuramente, anche nei

prossimi anni, continuerà a destare curiosità e

sorpresa: ingredienti essenziali per donare gioia a

tutti gli eno-gastronauti.

VistidaVicino

a cura della redazione di

A dicembre 2007 presso il castello Generale Cantore di Aosta, sede della prestigiosa scuola militare alpina, è stato presentato un nuovo marchio sul panorama enologico valdostano:

Quatremillemètres Vins d’Altitude. Espressione della sinergia tra tre storiche cantine valdostane: Coopérative de l’Enfer, Cave du Vin Blanc de Morgex et La Salle e Crotta di Vegneron, consociatesi per produrre vini spumanti realizzati con Metodo Classico, Italiano ed Ancestrale, con sede presso lo stabile della Co-Enfer ad Arvier. Non si tratta di una fusione delle tre cooperative ma di una joint venture volta a far crescere l’offerta commerciale al fine di individuare nuovi sbocchi di mercato. Con l’obiettivo di coordinare la produzione delle tre aziende, ridurre i costi di gestione sul lungo termine, integrare la commercializzazione evitando inutili concorrenze Quatremillemètres ha come principale scopo il mantenimento della redditività dei 65 ettari coltivati sulle tre zone. L’orgoglio di una storia enologica antica, la consapevolezza e la responsabilità di gestire un patrimonio viticolo unico sul panorama enologico europeo per la sua bellezza e fragilità, ha spinto i presidenti

delle tre cooperative a trovare una base comune di lavoro che verrà scritta e costruita nei prossimi anni non a caso ad Arvier. A marchio Quatremillemètres Vins d’Altitude vengono prodotti e commercializzati i seguenti vini spumanti: Fripon, Refrain, Ancestrale, Caronte, 4478, Cuvée des Guides; “bollicine” di montagna”, i cui vigneti crescono ad un’altitudine compresa tra i 650 metri s.l.m. e i 1225 metri s.l.m. L’ultimo nato “La Cuvée des Guides” è prodotto nella cantina presso il Rifugio Franco Monzino a 2590 m di quota in Val Veny.

Quatremillemètres Vins d’Altitude

Quatremillemètres Vins d’Altitude scarlVia Corrado Gex, 52 - 11011 Arvier (AO)

Tel. 0165 929805 - Fax 0165 929808 - www.4000metres.net

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Page 34: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Sarà un caso, ma le prime giornate

tiepide di questa primavera viennese

che tardava ad arrivare sono coincise

proprio con l’arrivo in città di 20 viticoltori del

Lazio che, nel contesto di una manifestazione

promossa dall’Arsial (Agenzia Regionale per

lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del

Lazio), hanno potuto presentare al pubblico

viennese i vini della propria regione, qui ancora

poco conosciuta.

La manifestazione – tenutasi il 18 marzo nella

cornice di Palais Coburg, uno dei palazzi più

eleganti della capitale austriaca – porta il nome

intrigante di “I castelli di Bacco” e si trova alla

sua seconda edizione. Come spiega il critico ed

enologo Ian D’Agata, che ha guidato le degustazioni:

“L’idea da cui è nata questa manifestazione è quella

di fare conoscere il Lazio e i suoi vini più tipici a

mercati importanti ed emergenti”. Quest’anno, oltre

che a Vienna, i viticoltori hanno fatto tappa anche a

Stoccolma e Londra.

Che il Lazio sia un grande produttore di vino, è noto:

la regione fornisce circa il 5% del prodotto nazionale e

possiede ben 26 zone D.O.C.

Meno nota è l’evoluzione che la viticoltura della

regione sta subendo da dieci anni a questa parte: da

una produzione mirata soprattutto alla quantità ad una

viticoltura di qualità, che cerca di esprimere nei suoi vini

I vini del Lazio si presentano

a Vienna

Che il Lazio sia un grande produttore di vino, è noto:la regione fornisce circa il 5% del prodotto nazionale

e possiede ben 26 zone D.O.C.“di Maria Luisa Doldi

32

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

Page 35: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

le peculiarità del territorio e le potenzialità dei suoi

vitigni.

Terra capace di dare grandi vini anche da vitigni

internazionali – ad esempio i Cabernet e Merlot

della zona di Atina (Frosinone) - sono però i tanti

vitigni autoctoni che fanno della regione un piccolo

gioiello nel vasto panorama enologico italiano.

Tra i rossi si citi ad esempio il Cesanese, diffuso

soprattutto intorno ai comuni di Olevano, Affile

e Piglio, al confine tra la provincia di Roma e

di Frosinone. Si tratta di un vitigno difficile – in

vigneto sensibile alla Peronospora, in cantina

arduo da domare nei tannini – ma se il viticoltore

riesce ad assecondarlo, allora è in grado di dare

vini dai tipici sentori fruttati di lampone e bacche

di bosco, ben adatti anche per “monologhi” da

selezione e invecchiamento. Su questo vitigno vi

è ancora molto da sperimentare e da scoprire,

ma già oggi esso rivela di avere grossi potenziali.

Secondo Ian D’Agata sarà “un hot spot della

viticoltura italiana dei prossimi anni”.

Tra i bianchi, degni di nota sono i vitigni Passerina,

Moscato di Terracina, Malvasia del Lazio (o

puntinata), Bellone, Bombino, Trebbiano giallo. Gli

ultimi quattro in particolare sono vitigni complessi,

sensibili alle malattie e di basse rese, ma in grado

di dare uve di alta qualità e grande aromaticità.

Sono proprio queste uve che, in concerto, danno

origine ai Frascati migliori, vini cioè di corpo,

carattere e spiccato aroma.

I vini del Lazio prodotti da uve native locali aprono

un universo di aromi e sentori completamente

nuovo, diverso da quello a cui ci ha abituato il

mercato internazionale, o da quello più riservato

e spigoloso degli autoctoni austriaci, ma proprio

per questo ancora più affascinante.

Per un pubblico straniero, che quando sente Italia

capisce Toscana e Piemonte, i vini del Lazio sono

stati una vera e propria rivelazione.

L’entusiasmo non si è manifestato solo per la

novità sensoriale e la forte espressione territoriale

di questi vini, ma anche per il loro ottimo rapporto

prezzo/qualità, anche questo un aspetto non

secondario.

Palais Coburg di Vienna

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 33

Page 36: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

CAMBRAGO e il Soave D.O.C Classico“I Cèrceni”È un’azienda giovane ma determinata ad affermarsi nel mondo vinicolo di qualità. E di qualità ce n’è tanta nei loro vigneti posti su terreni di origine vulcanica a Costeggiola, nei pressi di Soave, ben esposti al sole e particolarmente vocati per la coltivazione di uve pregiate che permettono di ottenere vini qualitativamente superiori: dal Recioto di Soave al Soave Classico, dal Soave Superiore DOCG al Brut di Soave fino ad un Vino Rosso del Veronese, tutti ottenuti da vitigni autoctoni. Il terreno vulcanico

trasmette a questi vini caratteristiche organolettiche di eccellenza, finezza ed eleganza. Da una particolare zona coltivata a garganega viene ricavato il Soave d.o.c. Classico “I Cèrceni”. Dopo un’accurata raccolta tardiva, effettuata completamente a mano, l’uva garganega dei “Cèrceni”, viene lavorata con

una pressatura soffice e lasciata fermentare a temperatura controllata. L’imbottigliamento viene effettuato dopo 6 mesi e l’affinamento (3 mesi) in bottiglia rende il vino pronto per essere degustato al meglio. Ricco di profumi e caratterizzato da un elegante retrogusto di mandorla che lo rende ottimo con tutta la grande cucina internazionale, va servito alla temperatura di 10°C e si abbina elegantemente soprattutto con i grandi piatti a base di pesce e le carni bianche. Recentemente è stato premiato con la Medaglia di Bronzo nel Decanter World Wine Awards 2009.

Casa Vinicola Cambrago S.r.l - www.cambrago.it

CECCHI presenta COEVOCoevo è un vino, pensato, sentito e tanto desiderato da Andrea e Cesare Cecchi. “Volevamo dare un forte segnale di svolta

alla nostra più che centenaria storia enologica, - dice Cesare Cecchi - Creare un momento che fosse sintesi del nostro

passato, memoria della nostra tradizione, testimonianza del

nostro territorio, riferimento per il presente ma soprattutto per

il futuro”. L’annata è il 2006. L’uvaggio è composto da quattro vitigni provenienti da zone diverse della Toscana. La percentuale più alta è di Sangiovese per determinarne il carattere. Vitigno che insieme al Cabernet Sauvignon proviene dalla sede storica di Castellina in Chianti. Gli altri due vitigni sono Petit Verdot e Merlot dai vigneti della tenuta di famiglia in Maremma, Val delle Rose. La filosofia con cui nasce questo vino è semplice e chiara: il

le notizie di enogastronomia e turismo

IL CIPRESSO UN VALCALEPIO DA MEDAGLIA D’OROPoco più di quattro ettari di vigneto sulle soleggiate colline di

Scanzorosciate (il Comune alle porte di Bergamo celebre per il

suo splendido vino passito, il Moscato di Scanzo Docg): l’azienda

agricola “Il Cipresso”

si caratterizza per una

produzione limitata di

alta qualità. «In totale

- afferma la titolare

Angelica Cuni (nella

foto insieme al marito

Alfonso Esposito)

- siamo intorno alle

15-16 mila bottiglie

tra Valcalepio bianco

Doc, Valcalepio rosso Doc, Valcalepio rosso Riserva Doc

e Moscato di Scanzo Docg. Facciamo poche bottiglie ma

le vogliamo fare al massimo della qualità». L’acquisto della

Tenuta Il Cipresso da parte della famiglia Cuni-Esposito ha

coinciso con il rilancio paesaggistico ed enologico di questa

bellissima zona collinare. Nella conca naturale dove sono i

vigneti del “Cipresso” se ne può ammirare uno di oltre 25 anni,

uno splendido impianto a ritocchino che stupisce per l’ardita

geografia. I fatti stanno dando soddisfazione anche nel settore

enologico a questa donna manager, da anni alla guida di una

importante azienda meccanica. A conferma come al “Cipresso”

ogni anno di produzione sia al massimo della qualità, sono arrivati

lusinghieri riconoscimenti anche quest’anno dal 49° Concorso

enologico nazionale di Pramaggiore (Ve) e dal Vinitaly di Verona.

I due vini presentati a Pramaggiore hanno meritato il diploma

di medaglia d’oro. Si tratta del Valcalepio Rosso doc Riserva

“Bartolomeo” 2006 e del Valcalepio bianco Doc “Melardo”

2009. «Un en plein che ci fa piacere - commenta Angelica

Cuni - ma che non ci fa dormire sugli allori. L’impegno è sempre

tanto, anche per dimostrare nei fatti che i premi sono veritieri». Al

18° Concorso enologico internazionale abbinato al Vinitaly 2010,

il Valcalepio Rosso riserva Doc “Bartolomeo” 2005 dell’Azienda il

Cipresso ha meritato la “Gran Menzione”. Riconoscimento non da

poco, vista la grande selezione che gli enologi-degustatori fanno tra

le migliaia di campioni presentati in fiera.

Azienda agricola Il Cipresso - www.ilcipresso.info

a cura della redazione di

Page 37: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

massimo della qualità per ogni annata. “La realizzazione

di un sogno, - dice Andrea Cecchi - Abbiamo voluto,

enologicamente, vivere il nostro tempo. Siamo partiti

dal concetto di contemporaneità perché volevamo

essere ‘coevi’ nell’esprimere la qualità. Qualità

organolettica, gusto moderno, cultura, sono

elementi dinamici, che si evolvono, e grazie all’uomo

variano nel tempo”. Per questo motivo l’uvaggio di Coevo potrà variare a seconda della vendemmia mantenendo comunque sempre l’elemento base che lega la famiglia Cecchi al proprio territorio, il Sangiovese: “Pensare di poterci muovere su

queste basi è stato ed è stimolante”, continua Andrea Cecchi. “Coevo non ha compromessi, - spiega Cesare Cecchi - Frutto di un lavoro duro e

lento che mio fratello ed io stiamo portando avanti

con passione e orgoglio da tanti anni con l’obiettivo di creare un

vino che racconti il territorio e che in qualche modo esprima la

‘saggezza’ del tempo agrario”. Ed è dal concetto di tempo che nasce la filosofia di questo progetto, espresso già nell’etichetta da un pensiero di Sant’Agostino, graficamente stilizzato in forma di clessidra. “Per noi il tempo è circolare. Non c’è un prima e un

dopo”, concludono i fratelli Cecchi. Casa Vinicola Luigi Cecchi e Figli - www.cecchi.net

NAWÀRI - IL PINOT NOIR SECONDO DUCA DI SALAPARUTAUn nuovo progetto che ha puntato sulle peculiarità del territorio, la sperimentazione e l’unicità del vitigno. Il Pinot Noir coltivato nella tenuta Vajasindi alla pendici dell’Etna è quindi la grande sfida di quest’anno per Duca di Salaparuta, un progetto enologico voluto fortemente dall’azienda che si basa sulla profonda conoscenza del territorio siciliano e sulla sperimentazione portata avanti da decenni. L’altitudine, il terreno ricco di minerali e le forti escursioni termiche dell’Etna creano le condizioni ideali per il Pinot Noir, vitigno capriccioso ed esigente, che su questa terra riesce ad esprimersi e a regalare emozioni uniche. Nasce così Nawari, un Pinot Noir in purezza che matura per circa dodici mesi in piccoli fusti di selezionato rovere e poi in bottiglia per almeno sei mesi, riposando in fresche

le notizie di enogastronomia e turismo

cantine per permettere la perfetta evoluzione del bouquet. Nawari, un nome arabo che identifica il popolo nomade, è stato scelto per rappresentare questo vitigno proprio perché il Pinot Noir è un “viaggiatore”, coltivato in molte parti del mondo dove si esprime in maniera differente in base alle caratteristiche del territorio che lo ospita.www.duca.it - www.vinicorvo.it - www.cantineflorio.it

IL FORUM SBARCA A VENEZIAIl Forum Spumanti d’Italia ha presentato il nuovissimo programma, che vedrà la Città di Venezia futura capitale dello spumante italiano. Dal 16 al 18 ottobre la città lagunare sarà la vetrina nazionale ed internazionale degli spumanti di casa nostra, una scelta accolta con favore dagli operatori che intuiscono la possibilità di lanciare l’intero comparto riuscendo a far collaborare le diverse aree di produzione. “Ringrazio quanti

hanno profuso fino ad oggi il proprio

impegno per sostenere e creare le

fondamenta del Forum Spumanti

d’Italia – spiega il Direttore Luca Giavi – Oggi abbiamo la maturità

per creare un grande evento

nazionale a Venezia sfruttandone

caratteristiche e fama mondiale. Il

Forum favorirà i processi di informazione e comunicazione legati

al mondo spumantistico”. Tra i promotori anche il Sindaco di Valdobbiadene Bernardino Zambon: “Il Prosecco Superiore, in

continua crescita nel mercato, avrà ancora più chances all’interno

dell’azione del comparto spumantistico italiano. Villa dei Cedri

rappresenta l’inizio dell’avventura dello spumante italiano, ora

però occorre un luogo capace di mettere in evidenza l’eccellenza

italiana e ognuno sente che Venezia può rappresentare al

meglio quest’esigenza. Venezia sarà il trampolino di lancio per

gli spumanti nel mondo, Valdobbiadene resterà la casa natale

dell’evento, il luogo in cui la comunità continuerà a festeggiarne

la nascita e la felice rinascita.” Forum Spumanti d’Italia - www.forumspumantiditalia.it

a cura della redazione di

Luca Giavi

Page 38: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

di un albero, la marula, che

cresce spontaneo in gran parte

dell’Africa australe. Quando

giungono a maturazione hanno

la forma e la dimensione

delle nostre prugne con

una polpa bianca interna di

grande profumo e dolcezza.

Sottoposti a fermentazione e

poi a distillazione, producono

un’acquavite che viene affinata

in legno e quindi addizionata di

crema di latte, per dar luogo

al prodotto finito a 17 gradi

alcolici. Amarula può essere

consumata liscia, con ghiaccio o soda. È anche base di svariati

cocktail. Deliziosa come correzione del caffè, è ideale sui gelati

e come guarnizione di molti dessert. Alcuni chef innovativi la

utilizzano con successo su insalate e piatti riccamente conditi. La

sua bottiglia scura, molto elegante, reca in etichetta l’immagine

dell’elefante, simbolo del Sud Africa e animale eponimo della

marula. In Sud Africa questo albero è infatti conosciuto da

millenni come “l’albero degli elefanti”.

Fratelli Rinaldi Importatori - www.rinaldi.biz

MAGNIFICA - LA BOTTE DEL GUINNESS WORLD RECORD“MAGNIFICA”, la botte da affinamento più grande del mondo,

è stata presentata al Vinitaly presso lo stand di Garbellotto

alla presenza di un giudice ufficiale del GWR, che ha sancito

l’omologazione del record. La botte del Guinness è costruita

con 5.000 kg del miglior rovere, per un volume complessivo di

40 mc. ed una capacità di 33.300 litri, rappresenta la massima

espressione tecnica dell’Arte del Bottaio. Legname proveniente

da una foresta con più di 200 anni di vita è stato utilizzato per

produrre le doghe spesse da 85 a 110 mm e lunghe 360 cm.

Tommasi Viticoltori, storica cantina del territorio veronese, ha

collaborato con un’altrettanto storica azienda, la Garbellotto

Spa, nata nel lontano 1775 come azienda artigianale per la

produzione di botti e manufatti in legno e che produce bottame

per 45.000 hl l’anno. “Sono diversi anni - afferma l’enologo

Giancarlo Tommasi - che lavoriamo in collaborazione con

Garbellotto per selezionare le migliori tipologie di legno, che

meglio si adattino all’affinamento dei vini della Valpolicella, ed in

le notizie di enogastronomia e turismo

PALAZZO ROCCABRUNA UN GIUGNO RICCODI INIZIATIVE “GUSTOSE”Con l’arrivo della bella stagione entrano nel vivo le iniziative di

Palazzo Roccabruna: dal vino ai salumi, dal formaggio al pesce.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta: Palazzo Roccabruna con

l’Enoteca provinciale del Trentino propone un fitto calendario di

eventi per tutti i gusti. Nel corso della settimana ogni giovedì e

sabato dalle 18 alle 22 gli ospiti dell’Enoteca potranno scegliere

fra oltre cento etichette di vini trentini in degustazione: dalle

raffinate bollicine del TRENTODOC al carattere intenso e deciso

del Teroldego, dall’eleganza del Marzemino alla freschezza del

Müller Thurgau, dalla delicatezza della Nosiola alla dolcezza

ammaliante del Vino Santo Trentino. Nel fine settimana tante

iniziative per parlare di qualità e di prodotti tipici. Dal 3 al 6 giugno in

occasione del Festival

dell’Economia che

fa di Trento ogni

anno la capitale

d e l l ’ e c o n o m i a

mondiale, Palazzo

Roccabruna propone

“Sulle vie del gusto”: quattro giorni

di appuntamenti

per scoprire i sapori

del territorio. Ospite d’onore della manifestazione l’Enoteca italiana di Siena con le specialità enogastronomiche più

rappresentative del Paese (5-6 giugno). Dal 10 al 13 giugno

vanno in scena i vini rosati con “Rosati trentini: emozioni d’estate”. Una quattro giorni di degustazioni, abbinamenti,

approfondimenti su un vino fresco e leggero, ideale per i brindisi

estivi. Dal 24 al 27 giugno è la volta del pesce con “Il pesce del

Trentino a Palazzo Roccabruna”: saranno protagonisti i prodotti

ittici della provincia (trote, trote salmonate e salmerini). Tante

valide ragioni per una gita nella città di Trento alla scoperta di

sapori unici e inconfondibili.

Per il calendario delle iniziative www.enotecadeltrentino.it

AMARULA - MARULA FRUITAND CREAMAmarula è una crema di liquore prodotta in Sud Africa a partire

dal 1989 ed è oggi nella sua categoria il secondo prodotto più

venduto al mondo, dietro soltanto a Baileys. È ottenuta dai frutti

a cura della redazione di

Page 39: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

particolare al nostro Amarone. I vini

della Valpolicella Classica, infatti,

non prediligono affatto maturazioni

in legni “aggressivi” come quelli

delle barrique, ma richiedono un

affinamento lento e sapiente in legni

morbidi, neutri e dolci, che lascino

al vino la possibilità di evolversi

al meglio mantenendone intatta

l’integrità e l’espressività. Avere

dunque una botte da 33.300 litri,

dove l’Amarone matura e affina in

modo uniforme per più di 3 anni è la

garanzia per avere poi in bottiglia un

vino unico, elegante ed eccellente”.

L’Amarone Tommasi è vellutato,

corposo e di grande eleganza.

Grazie all’estrema cura dei vigneti,

alla selezione dei migliori grappoli, al

tradizionale metodo di appassimento

e al paziente affinamento in botte,

Tommasi ha fatto della qualità un

dovere morale.

TOMMASI Viticoltori - www.tommasiwine.it

FRANCIACORTA ’61 SATÈN LE NUOVE BOLLICINE DI BERLUCCHI

Dopo l’ottima accoglienza riservata a ’61 Brut e Rosè,

Berlucchi propone Satèn, Chardonnay in purezza

affinato sui lieviti 24 mesi, il Franciacorta più raffinato

per antonomasia, tipologia esclusiva del territorio

franciacortino. ’61 Satèn riprende il packaging

vintage della linea, in una elegante tonalità d’azzurro.

La gamma ’61, che celebra il Pinot di Franciacorta

1961, primo metodo classico del territorio, nato

proprio nelle cantine dell’azienda, rappresenta

“il nuovo modo di essere Berlucchi”: fresco e

complesso insieme, giovane ma ricco di storia,

euforico anche nell’immagine. Giallo paglierino

intenso con spuma soffice e cremosa e perlage

sottile e continuo, profumo ricco, elegante con

sentori di frutta matura gialla tropicale che si

evolvono in note di agrume candito, di spiccata

acidità e sapidità, presenta grande struttura e

le notizie di enogastronomia e turismo

finale lungo. È ottimo come aperitivo, ideale con risotti delicati

e piatti a base di pesce o con prosciutto crudo e formaggi non

troppo stagionati. Si serve a 8 °C.

GUIDO BERLUCCHI & C S.p.A. - www.berlucchi.it

AZIENDA AGRICOLA PROVENZA - UN CONVEGNO SUL LUGANA DOCIl prossimo 19 giugno ricorrono i 300 anni della Cantina Cà

Maiöl, una struttura costruita nel 1710 nel territorio di Desenzano

dal notaio Sebastiano Maioli, circondata da 12 ettari di terreno

vitato, proprio nel cuore della Lugana. Ma è nel 1967 che la

storica cantina inizia una nuova “vita”, quando Walter Contato,

membro di una famiglia di antiche origini provenzali con una

grande passione per il vino, l’acquista e decide di fondare

l’Azienda Agricola Provenza. La felice intuizione del fondatore,

i primi riconoscimenti e i premi, fanno crescere l’Azienda, sia

qualitativamente sia quantitativamente, portandola a 120 ettari

con l’acquisizione della cascina Molino, Rocchetta e Storta.

Oggi l’azienda, immersa nell’incantevole scenario delle Colline

Moreniche a sud di Sirmione, dove gode di un clima temperato

in inverno e d’estate non manca mai il ristoro della brezza

che viene dal lago, è diventata una dei migliori produttori di

pregiati vini doc del comprensorio. Questo lo si deve in parte

al suo fondatore Walter, scomparso nel 1996, e poi al figlio

Fabio Contato che con il “progetto-qualità”, volto al costante

miglioramento del prodotto e a tutti i valori ancora inespressi, è

riuscito ad interpretare al meglio

le richieste del mercato oramai

globalizzato, le nuove tendenze

di consumo e cambiamenti

di stile di vita puntando sulla

promozione e valorizzazione

del Lugana doc in Italia e

all’estero con determinazione e

consapevolezza della bontà del

prodotto, perchè “Dopo anni di

ricerca e sperimentazioni siamo riusciti a tirare fuori tutte le risorse

del Lugana, un vino di grande struttura e corpo che esprime

il carattere del Trebbiano e la sua potenzialità”. In ricordo del

fondatore Walter Contato e dei 300 anni dell’antica Cantina

Cà Maiöl, l’Azienda Agricola Provenza organizzerà nel mese di

settembre un importante convegno, “Il Lugana doc a tavola”.

Azienda Agricola Provenza - www.provenzacantine.it

a cura della redazione di

Page 40: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Dietro i successi del vino italiano che ha

conquistato i primi posti nelle classifiche

internazionali più prestigiose c’è una

tradizione magnifica, fatta di uomini, paesaggi, vitigni,

tecniche, conoscenze, ed arricchita da una passione

antica. Da oltre 50’ anni Bayer CropScience ha un

posto in questa tradizione, si è posta infatti al fianco

di viticoltori, enologi, sommeliers, consumatori, per

accompagnare la vite ed il vino italiani verso successi

sempre più importanti, in campo agronomico,

enologico e sui mercati del mondo. Terreni e clima

diversi in ogni angolo dello stivale, vitigni unici al

mondo, imprenditori capaci e creativi, mezzi tecnici

di assoluta avanguardia, sono la migliore garanzia

per guardare con fiducia ad un grande futuro.

Grazie alle innovazioni introdotte negli ultimi anni e

il forte impegno delle aziende nell’utilizzo di prodotti

efficaci contro le avversità, sicuri dal punto di vista

ambientale e che offrono le massime garanzie sulla

sanità del vino possiamo fare un punto di forza della

nostra vitivinicoltura di eccellenza, che trova riscontro

anche nell’innalzamento della qualità enologica delle

uve perchè un buon vino inizia nel vigneto e si

valorizza in cantina.

“L’impegno per la sostenibilità delle produzioni vitivinicole”Continuano le sfide per le nostre produzioni viticole

che oggi devono rispondere sempre di più a

requisiti di qualità e di prezzo in grado di soddisfare

le richieste del consumatore e rispettando le

sempre più stringenti normative italiane ed europee

volte alla tutela dell’ambiente e della salute sia

del consumatore sia degli operatori della filiera. In

questo panorama divengono sempre più importanti

Fare sistemaper competere

Un calice di vino racconta nei suoi aromi, nei suoi profumi, millenni di storia e di attività sia della natura sia dell’uomo“ ”

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 338

a cura della redazione di Quality ADV

Page 41: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

gli aspetti legati all’etica delle produzioni e alla loro

sostenibilità ambientale e sociale; per rispondere

a queste esigenze Bayer CropScience sostiene

Magis, progetto volto a migliorare la competitività

delle aziende attraverso la creazione di valore e

l’ottimizzazione delle risorse. Tale progetto si pone

l’obiettivo di andare incontro nel modo più concreto

alle richieste di viticoltori e consumatori di differenziare

la produzione italiana in base a parametri oggettivi di

qualità.

“L’impegno nella comunicazione delle filiere strategiche”Il valore del vino è sempre più legato anche

all’informazione. Per saper produrre uve più sane.

Per conoscere i mercati. Per far conoscere le

eccellenze italiane. Per trasmettere ai consumatori

una corretta informazione aggiornata sui progressi

che sono costantemente introdotti nella filiera

dell’uva, Bayer CropScience sta coinvolgendo il

mondo giornalistico in momenti di formazione con i

maggiori esperti della filiera a livello nazionale.

La collana “Coltura&Cultura”.La percezione del consumatore

è ancora molto lontana

dall’agricoltura vera e soprattutto

da che cosa c’è dietro ad un

prodotto agricolo.Promuovere storia e cultura

della vite e dei suoi prodotti,

oltre che sottolineare il valore

tecnico che c’è all’interno di

una bottiglia, significa valorizzare

le conoscenze di un settore

agroalimentare trainante per l’Italia. Per la prima

volta dopo moltissimi anni, “La vite e il vino” della

collana “ Coltura & Cultura” di Bayer CropScience,

un libro scritto dai migliori esperti della ricerca, della

produzione e della comunicazione, si rivolge proprio

al consumatore e al vasto pubblico. Il volume parla

di botanica, di coltivazione, di cantina, ma anche

di storia, arte, paesaggi, cucina, alimentazione

ed economia legati al vino. E lo fa con linguaggio

semplice e piacevole da leggere, con l’aiuto di un

ricco e ben impaginato repertorio iconografico. Da

qui nasce il nome della collana: la cultura nasce infatti

quando le conoscenze vengono riunite, collegate

tra loro e condivise con chi ne ha bisogno.

Il libro La vite e il vino, ha ricevuto il premio mondiale

O.I.V. (ORGANISATION INTERNATIONALE DE LA

VIGNE ET DU VIN) 2008 per la categoria

Monografie e studi a carattere

descrittivo e promozionale.

Incontri e Convegni.Il destino della nostra viticoltura

dipende anche dalle decisioni

sulle normative prese a livello

internazionale, soprattutto europeo.

Ma come orientarsi su temi spesso

lontani dalla realtà delle aziende? Il

sistema più semplice è ascoltare i

bisogni dei protagonisti della filiera

vitivinicola nazionale, che Bayer

CropScience raccoglie in vista delle

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 39

Page 42: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 340

scadenze più importanti, lo è stato l’approvazione

dell’Ocm vino, o in vista di cambiamenti per il vino

italiano sui temi dell’innovazione, dei mercati,

degli orientamenti dei consumatori, delle

normative, Valori e Valore del vino Italiano e

Valori e Valore dell’uva italiana a cui hanno

partecipato esponenti delle associazioni

vinicole, enologi, enotecnici e ministeriali,

grandi produttori, singoli ed associati, scienziati

e ricercatori, tutti con l’obiettivo comune di fare

sistema ed affrontare con sinergia le nuove

sfide e rendere competitivo il settore vitivinicolo

a livello mondiale.

Emozioni e cultura in video.

Il valore che trasmette un calice di vino nasce

anche dal paesaggio, dalla storia, dalle persone

che lo producono. Ma come comunicare queste

emozioni? Le immagini dei nostri paesaggi viticoli

sono forse il mezzo migliore per parlare, sia alla testa

sia al cuore dei consumatori, soprattutto se di altri

paesi. Per questo Bayer CropScience, ha raccolto

una documentazione visiva dei luoghi e dei paesaggi

di tutte le regioni del vino italiano, dal lavoro in vigna

alla testimonianze della storia, visite in cantina,

interviste vanno a costituire filmati, raccolti in Dvd, di

grande suggestione. Inoltre per conoscere i mercati

internazionali dove il vino italiano deve continuare ad

espandersi, sono nati i viaggi di studio in diverse

aree del mondo che coinvolgono ricercatori, tecnici

e produttori per poter toccare con mano le diverse

realtà economiche e colturali e capire in presa diretta

le dinamiche di produzione e consumi. A seguito

di questi viaggi, Bayer CropScience ha iniziato la

produzione di reportage video dal mondo, iniziando

dal Sud Africa, un importante competitore dove

la viticoltura vanta già quattro secoli di storia. Per

continuare in Cina, per scoprire l’altra faccia, per così

dire, della tumultuosa crescita del gigante asiatico

che ha iniziato una lunga rincorsa alla qualità ed in

Cile un esempio di competitività dal punto di vista

economico che ha origine nella cultura italiana.

Ma è sufficiente tutto questo?•Rimettere al centro la ricerca per rispondere con

oggettività alle richieste del consumatore, dei

mercati e delle normative future e misurare i valori

veri e distintivi delle produzioni italiane;

•Centralizzare nel nostro modo di operare la

condivisione della conoscenza e del linguaggio

(le pubblicazioni www.colturaecultura.it, i filmati

www.bayercropscience.it);

• Fare sistema, mettendo insieme tutti gli attori della

filiera per lavorare in sinergia con un obiettivo

comune: il successo delle nostre produzioni.

La formazione continua di ogni componente della

filiera riveste un ruolo strategico per il futuro del vino

italiano.

Viale Certosa, 130MILANO

Tel. 02.39721

Bayer CropScience Italia

Organo Ufficiale della FISARFederazione ItalianaSommelier Albergatori Ristoratori

Concessionaria esclusiva�di pubblicità per l'Italia10137 Torino • Corso Siracusa, 152tel. 011.3119090 • fax 011.3119548�[email protected]

Nell'ambito del potenziamento della nostra divisione advertising selezioniamo agenti o procacciatori per lavendita di spazi pubblicitari. Il candidato ideale è una persona determinata, dinamica, abile nello stabilire egestire i contatti interpersonali. Costituisce il titolo preferenziale l'esperienza lavorativa maturata presso Agenziadi Comunicazione o Marketing e conoscenza di enologia.Ai sensi della normativa vigente l'offerta si intende estesa ad entrambi i sessi. (L.903/77)

CERCHIAMO PERSONE CHE ABBIANO TALENTO... DA VENDERE!

CONTATTACI PER UN COLLOQUIO!

Page 43: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Organo Ufficiale della FISARFederazione ItalianaSommelier Albergatori Ristoratori

Concessionaria esclusiva�di pubblicità per l'Italia10137 Torino • Corso Siracusa, 152tel. 011.3119090 • fax 011.3119548�[email protected]

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Page 44: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Entrata a fine 2007 a far parte del gruppo

delle Cantine di Eataly, l’Agricola Brandini

ha da subito cercato una propria

forte identità trovandola nella certificazione di

Agricoltura Biologica, strada a dire il vero

facilitata dalla conduzione dei vigneti, volta

da sempre al lavoro attento verso l'agricoltura

integrata. Sono circa 9 gli ettari vitati e attualmente

l’azienda produce circa 35.000 bottiglie di Barolo

docg, 10.000 di Langhe Nebbiolo doc, 5.000 di

Brandini & Brandini Langhe rosso doc 10.000 di

Barbera d’Alba Superiore doc e 5.000 di Dolcetto

doc. Il progetto aziendale verso l’eccellenza ha

portato a consolidare il rapporto di consulenza con

Beppe Caviola, Enologo di fama internazionale il

quale ha lavorato seguendo le tradizioni di Langa

con grande attenzione e cura nella produzione

dei vini usando moderne attrezzature, affinandoli

però solo in grandi botti di rovere nelle fresche

cantine dell’azienda. Sono arrivati nel 2009 i

primi risultati con l’ambito riconoscimento di Slow

Food “Etichetta” nella guida “Il vino quotidiano”

al Langhe Rosso quale miglior vino della propria

tipologia nel rapporto qualità-prezzo. Un ulteriore

motivo di soddisfazione è il premio speciale

“CARISTUM” per la categoria “Vini Rossi D.O.C.

- vendemmia 2008” al LANGHE DOC Rosso

BRANDINI E BRANDINI 2008 recentemente

conseguito nel maggio 2010 al “XXX Concorso

Enologico Città di Acqui Terme - 13ª Selezione

Regionale Vini del Piemonte". Produrre vini puliti

e buoni con l’uva proveniente da agricoltura

biologica da vendere a prezzi equilibrati, questo

è l'obiettivo dell'Azienda. Agricola Brandini

quest’anno ha partecipato a Vinitaly di Verona

con proprio stand ottenendo un grandissimo

Quando un’azienda agricola prende la strada giusta“ ”

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 342

a cura della redazione di Quality ADV

BrandiniAgricolA

lA MorrA

E

Page 45: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

successo commerciale sia in Italia sia all’Estero.

L’azienda ha appena lanciato un nuovo progetto

per produrre un grande bianco di Langa con uve

biologiche e sta per mettere a dimora un ettaro di

sauvignon e riesling.

Nel 2009 l’azienda è stata visitata

da migliaia di persone che

hanno potuto degustare i vini in

modo professionale godendo

del fantastico panorama e della

nuovissima sala degustazione

costruita nel 2008.

I vini dell’Agricola Brandini sono

distribuiti in Italia dagli agenti di

Fontanafredda nel catalogo “IL

VINO E” (www.ilvinoe.it)

Elisabetta Manzone accoglienza e negozio interno

AgricolaBrandiniBorgata Brandini, 16 - La Morra (CN)

Tel. 0173 50266

[email protected]

www.agricolabrandini.it

Nasce nel 2010 un’altra azienda legata all’ormai

famoso nome, la Commerciale Brandini srl con

l’intento di distribuire nel mondo gli altri eccellenti vini

delle cantine del gruppo Eataly, presentandoli al mer-

cato con una nuova imma-

gine completamente

diversa da quella

dell’Agricola ed il-

lustrando in modo

chiaro e traspa-

rente la cantina

di produzione in

controetichetta.

Carlo Cavagnero - produttore

Erica Tallone amministrazione e commerciale

Page 46: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Al-Cantara: un pontetra poesia, cultura e vino

di Roberto Rabachino - Fotografia di Daniela D’Arrigo

Ogni bottiglia è intrinsecamente �letteraria,

martogliana per la precisione, nella sua denominazionee artistica nella sua etichetta.

Dalla felice intuizione di

Pucci Giuffrida che un

buon vino è �poesia�, e

per farlo ci vuole “arte” nasce

l’ azienda Al-Cantàra. Seppur

giovanissima, sono riusciti in

poco tempo ad affermarsi sul

mercato sia per il connubio,

unico e prezioso nel suo genere,

tra uva, versi e pastelli, sia per

la qualità dei vini, riconosciuta

con alcuni premi di portata

nazionale e internazionale.

L’azienda prende il nome dal

fiume che lambisce la Contrada

Feudo a Randazzo (Ct), presso

la quale si trovano i terreni.

Hanno voluto denominarla

Al-Cantàra non solo per

sottolineare il legame con la

terra siciliana, ma soprattutto

perché �al-cantàra� in arabo

significa �ponte: e proprio come

con un ponte, tradizionale

simbolo di unione, l’azienda

vuole collegare arte, vino e

poesia. Il ponte, che collega

un volto femminile con l’acqua

fiumana, è peraltro diventato il

nostro logo.

Ogni bottiglia è intrinsecamente

letteraria, martogliana per

la precisione, nella sua

denominazione e artistica

nella sua etichetta. Il poeta

belpassese del secolo

scorso è stato, infatti, la musa

ispiratrice del giovane artista

catanese Alfredo Guglielmino,

che ha letto le opere di

Martoglio, cui i vini si ispirano,

ricreandone sapientemente

l’atmosfera e riproponendo, in

modo elegante e raffinato, il

particolare sapore di ciascuna

di esse in chiave figurativa. Per

l’implementazione dell’aspetto

culturale dei prodotti si sono

avvalsi del prezioso aiuto di

Sarah Zappulla Muscarà,

Ordinaria di Letteratura Italiana

presso l’Università degli Studi

di Catania, occupatasi sia della

consulenza letteraria sia della

cura della stampa anastatica

delle poesie martogliane.

Per l’aspetto più propriamente

enologico l’Azienda si è

servita del valido aiuto

dell’enologo Vincenzo Angileri e

dell�agronomo Nunzio Puglisi.

L’arte e la cultura di questa

azienda è stata premiata.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 344

spec

iale

Sicili

a

Page 47: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

speciale Sicilia

Al Vinitaly 2010 l�etichetta del

vino �Occhi di Ciumi è stata

premiata come miglior etichetta

nella categoria vini bianchi

ricevendo l’ambito premio

“Etichetta d’Oro 2010”�.

Il Territorio: Randazzo

Sul versante nord-occidentale

dell�Etna, il vulcano chiamato

persino da Dante Mongibello,

altrimenti noto in dialetto come

a� muntagna, non lontano da

luoghi impregnati di mitologia

classica (Aci e Galatea, Vulcano

e i Ciclopi, Ulisse e Polifemo,

Scilla e Cariddi), lambita dal

fiume Alcantara, sorge la città

di Randazzo, la più vicina al

cratere centrale dell�Etna. Il

nome Randazzo� potrebbe

essere una forma derivata

(Randacium), in seguito a

diverse modifiche e storpiature,

da �Trinacium, la più antica

città che sorse in questo sito,

oppure potrebbe prendere il

nome da un qualche parente

non meglio identificato del

governatore di Taormina, di

cognome �Randas� appunto,

mandato a morte nel 934.

Anche le origini di Randazzo,

nonostante i numerosi studi,

sono ancora ammantate dal

dubbio.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 45

speciale Sicilia

... e proprio come con

un ponte, tradizionale

simbolo di unione,

l’azienda vuole

collegare arte, vino e

poesia...

Page 48: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Etna tra naturae leggenda

ricerca di Roberto Rabachino

L’Etna è il vulcano più alto d’Europa,si trova nella Sicilia nord orientale

ed è attivo da tempo immemorabile.

Con la sua enorme mole si affaccia sul

mare Jonio ad est, a nord è delimitato dal

fiume Alcantara, il quale scavando il suo

letto su terreno lavico ha dato origine a stupende

strette gole, le cosidette “Gole dell’Alcantara”. Ad

ovest e sud ovest l’Etna è invece delimitato dal

fiume Simeto. L’Etna è attualmente alto circa 3330

metri, si estende su un perimetro di circa 210 Km

e su una superfice di 1600 chilometri quadrati.

Durante i periodi di intensa attività eruttiva, la lava

può fuoriuscire da centinaia di crateri avventizi

che si trovano sui fianchi del vulcano, questi

crateri sono raccolti in oltre 260 sistemi eruttivi.

In tempi storici la più grande eruzione fu quella

che avvenne nel 1669. La colata lavica, distrusse

molti paesi e terreni agricoli, seppellendo in parte

la stessa città di Catania e raggiungendo il mare.

Parco dell’Etna

La prima volta che si pensò all’istituzione di un

Parco dell’Etna, fu intorno agli anni sessanta,

quando cominciò ad affermarsi, fra gli appassionati

della Muntagna, la necessità di tutelare la natura

dalla invasione del turismo di massa portato

dalla diffusione dei mezzi di trasporto personali.

Sull’argomento si discusse molto sia fra la

popolazione che fra i politici

e si andò avanti fino agli

anni ottanta quando,

finalmente, una legge, (n.

98 del maggio 1981) della

Regione Siciliana, istituì

tre Parchi Regionali e fra

questi quello dell’Etna.

Per arrivare però alla

reale costituzione

del Parco, occorse

attendere ancora altri

sei anni ed arrivare al

marzo 1987. Seguì poi

nel corso dello stesso

anno la costituzione

dell’Ente Parco

dell’Etna con sede a

Nicolosi, presso l’antico

monastero di San Nicolò

l’Arena.Lo scopo del

Parco è quello di tutelare

il patrimonio boschivo

e la conservazione e

lo sviluppo delle specie

floreali e faunistiche

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 346

Castagno dei Cento Cavalli

spec

iale

Sicili

a

Page 49: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

speciale Siciliaspecifiche dei luoghi e di regolamentare e

coordinare lo sviluppo di quelle attività turistiche

che possano dare fruibilità ai luoghi e benessere

alle popolazioni insediate nell’ambito territoriale.

Nella zona sommitale del vulcano non vi

è alcun tipo di vegetazione in quanto sulle

lave recenti nessun seme può germogliare.

Scendendo intorno ai 2400 metri si incontrano la

saponaria (Saponaria sicula), l’astragalo siciliano

(Astragalus siculus) e qualche muschio e lichene.

Già intorno ai 2000 metri si possono incontrare,

su alcuni versanti, il pino loricato, la Betula

aetnensis e il faggio ed ancora più in basso

anche castagno e ulivo. Assieme a questa

vegetazione convive la ginestra dell’Etna che con

i sui fiori gialli crea, nel periodo della fioritura, un

bel cromatismo con il nero della lava vulcanica.

Nella zona collinare delle falde si incontrano

i vigneti di Nerello, dai quali si produce

l’Etna vino DOC della zona pedemontana.

Nel versante nord-ovest del vulcano, dai 600

agli 850 metri di altitudine, prosperano i pistacchi

(Bronte) e le fragole (Maletto) unici per il loro

sapore e colore dovuti alla tipicità del territorio

e del microclima. Altra notevole produzione è

quella delle pere di vario tipo e delle pesche,

tra cui spicca fra tutte la “tabacchiera dell’Etna”.

Circa un secolo e mezzo fa Galvagni, descrivendo

la fauna dell’Etna, raccontava della presenza di

animali ormai scomparsi e divenuti per noi mitici:

lupi, cinghiali, daini e caprioli. Ma l’apertura di

nuove strade rotabili, il disboscamento selvaggio e

l’esercizio della caccia hanno portato all’estinzione

di questi grandi mammiferi e continuano a

minacciare la vita delle altre specie. Nonostante

ciò sul vulcano vivono ancora l’istrice, la volpe,

il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre

e, fra gli animali più piccoli, la donnola, il riccio, il

ghiro, il quercino e varie specie di topo, pipistrello

e serpente.

La leggenda

Il Castagno dei Cento Cavalli è un albero di

castagno plurimillenario, ubicato nel Parco

dell’Etna in territorio del comune di Sant’Alfio (CT).

Il castagno, considerato come il più famoso

d’Italia, è stato studiato da diversi botanici e

visitato da molti personaggi illustri; la sua storia

si fonde con la leggenda di una misteriosa regina

e di cento cavalieri con i loro destrieri, che,

si narra, vi trovarono riparo da un temporale.

Si narra che una Regina, con al seguito cento

cavalieri e dame fu sorpresa da un temporale,

durante una battuta di caccia, nelle vicinanze

dell’albero e proprio sotto i rami trovò riparo con

tutto il numeroso seguito. Il temporale continuò

fino a sera, così la regina passò sotto le fronde

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 47

Etna in eruzione

speciale Sicilia

Page 50: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

del castagno la notte in compagnia, si dice, di

uno o più amanti fra i cavalieri al suo seguito.

Non si sa bene quale possa essere la regina,

secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna

d’Aragona, secondo altri Giovanna I d’Angiò

ed è così che la leggenda verrà collegata

all’insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo).

Ma è tutto, molto probabilmente, frutto della

semplice fantasia popolare. Ad esempio la

regina Giovanna d’Angiò, pur essendo nota

per una certa dissolutezza nelle relazioni

amorose, è quasi certo che non fu mai in Sicilia.

Traendo spunto dalla leggenda, alcuni poeti

cantarono del castagno e della regina, fra questi

vanno citati Giuseppe Borrello e Giuseppe

Villaroel che furono fra i maggiori poeti dialettali

catanesi del XIX secolo, e Carlo Parini.

Il castagno, (Castanea sativa), misura circa 22 m

di circonferenza del tronco, per 22 m d’altezza.

In realtà, oggi si presenta costituito da tre polle

(fusti), rispettivamente di 13, 20 e 21 m; su queste

polle è vivo il dibattito sulla unicità della pianta.

Negli ultimi anni il libro dei Guinness dei primati ha

registrato il Castagno come l’albero più grande del

mondo, per la rilevazione del 1780, quando furono

misurati ben 57,9 m di circonferenza con tutti i rami.

L’albero si trova nel bosco di Carpineto,

nel versante orientale del vulcano Etna, in

un’area tutelata dal Parco Regionale dell’Etna.

Diversi botanici concordano che avrebbe dai due

ai quattro mila anni di vita e secondo il botanico

torinese Bruno Peyronel è l’albero più antico

d’Europa ed il più grande d’Italia.

Le prime notizie storiche certe sul Castagno dei

Cento Cavalli furono fornite dal De Amodeo,

Carrera e da altri nel XVI secolo. Pietro Carrera

ne «Il Mongibello» (1636), descrisse maestoso

il tronco e l’albero «...capace di ospitare nel

suo interno trenta cavalli». Successivamente

ne parlerà anche Antonio Filoteo (1611).

Il 21 agosto 1745 venne emanato un primo atto

dal «Tribunale dell’Ordine del Real Patrimonio di

Sicilia» che tutelava istituzionalmente il Castagno

dei Cento Cavalli ed il vicino Castagno Nave.

Visto il periodo (fine del XVIII secolo) è un atto da

annoverare fra i primati della tutela ambientale.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 348

spec

iale

Sicili

a

Il Castagno dei 100 CavalliIl Castagno dei 100 Cavalli

Page 51: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Mi chiamo Pino Cutaia. Ho 41 anni e 3 figli ed ho aperto

la Madia a Licata insieme a mia moglie Loredana nel 2000, e abbiamo ricevuto la stella Michelin nel 2006. Sono nato a Licata, e da bambino ho seguito la famiglia nel nord Italia. Ho vissuto a Torino, e dopo gli studi ho cominciato a lavorare in fabbrica. Nel fine settimana cucinavo, per distrarmi. Poi la distrazione si è trasformata in lavoro, con lunghi soggiorni nelle cucine di ristoranti importanti (Il Sorriso a Soriso, Novara; Il Patio a Pollone, Biella). Al nord ho imparato la precisione

nel lavoro.Al sud ho ritrovato il calore, la passione, gli ingredienti e le ricette della mia infanzia. Quel

concorso di cose che tutte insieme si chiamano “identità”. Ed è proprio questo che mi dà la libertà di reinventare, di cucinare ricordando momenti passati, stagioni, simboli della storia gastronomica della mia gente.

Ed adesso parliamo della mia seppia.

La seppia con i suoi colori, che vanno dal marrone al grigio al nero; il candore del manto, che appena pescato è fosforescente, ha sempre esercitato su di me un certo fascino.Nessuno dei miei piatti è stato creato se non dietro una precisa

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 49

speciale Sicilia Pino Cuttaia,

premiato chef siciliano grida: Ho fatto l’uovo!

con la seppia.di Roberto Rabachino

Molte sono le cose che si possono raccontare su questo importante ed innovativo chef siciliano.

Ho scelto, però, di lasciare a lui la parola in prima persona. Di presentarsi e di parlarci di questa nuova, innovativa,

affascinante ricerca che ha fatto.

Pino Cuttaia

Page 52: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

suggestione, il cucinare tanto per cucinare non mi appartiene, non ne sono capace.Ma nel caso della preparazione della seppia, non ho inseguito soltanto una seduzione. In questo caso si è trattato di una necessità, fare i conti con qualcosa che porto dentro di me: ricordi, legami con la mia terra, con la mia gente.Per questo la cucina è cultura: quando si prepara e quando si consuma. È il frutto della identità di ognuno di noi. La cucina è uno strumento per esprimere e comunicare la propria identità e la propria cultura.Dietro ogni piatto c’è una narrazione, che parla di noi. In questi piatti che vi propongo ci sono ricordi di infanzia, episodi di vita siciliana. Quando decido di cucinare qualcosa, il processo che porta alla creazione di un piatto non è diverso dalla sfida che quotidianamente tutte le massaie siciliane affrontavano, o affrontano, per portare in tavola qualcosa di buono ai propri familiari.I gesti forse sono più attenti e le tecniche esasperate. Ma il modo in cui si arriva ad un piatto finito, da poter inserire in menù, è assolutamente identico, anche se richiede molta più fatica: una infinita serie di esperimenti e prove. Esperimenti e prove che ci sono anche nella cucina tradizionale. Una ricetta della tradizione è il frutto di una ricerca

corale, che si è svolta in tutte le case, nel corso di secoli. Un piatto della cucina tradizionale si evolve nel corso del tempo, anche attraverso il confronto fra diversi modi di prepararlo, con i suggerimenti ed i consigli che ci si scambia, con i segreti ed i trucchi che ci si tramanda di generazione in generazione.Non conosco la chimica o la fisica. I miei gesti non sono molto diversi da quelli che ognuno può compiere nella propria cucina di casa, i miei attrezzi non sono quelli di un chimico, non ho microscopi o cose del genere, la mia cucina può ricordare la bottega di un artigiano.Come un artigiano, non sempre ho consapevolezza, dei processi che giustificano una determinata preparazione di un prodotto, cerco di assecondarne la natura, ed osservo le reazioni a determinati processi. Attraverso gesti comuni, con attrezzi semplici, un approccio di curiosa conoscenza cerco di esaltare le caratteristiche e le qualità di un prodotto.Cerco di dare a ricette della tradizione siciliana nuove forme, nel tentativo di coniugare creatività e semplicità.

La stagionalità

Le massaie cosa portavano in tavola? Quello che il mercato offriva loro a basso prezzo. Quindi era la stagionalità ad imporre il menù in tutte le case.La stagione di un determinato pesce o di un prodotto della terra, veniva attesa lungo tutto l’anno. Questo creava la memoria di un sapore, di un profumo che era tipico di quel periodo, e nel resto dell’anno veniva evocato, ricordato, desiderato.Un profumo che si imprimeva inevitabilmente nella memoria di tutti, perché non era una singola massaia a cucinare quel prodotto. Preparare i prodotti di stagione era un rito collettivo, in ogni tavola di ogni casa, in un determinato periodo, si trovavano gli stessi prodotti.In primavera, a Licata la seppia era la regina incontrastata delle tavole. Costava poco ed era disponibile in grandi quantità.Mia madre cucinava le seppie, le madri dei miei cugini cucinavano le seppie, le madri dei miei amici cucinavano le seppie. C’erano periodi in cui non c’era modo di sfuggire alla dieta a base di seppie, neanche facendosi invitare a pranzo

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da qualcuno. Quando fra bambini ci incontravamo in strada per giocare, negli assolati pomeriggi siciliani, spesso ci chiedevamo a vicenda “cosa hai mangiato?”, in primavera era un coro unanime: seppia! Cambiavano le preparazioni, le varianti erano infinite, ma sempre seppia era.

L’abbondanza

Le seppie in primavera si avvicinano alla costa per deporre le uova, rimangono sotto costa fin quando l’acqua è sufficientemente calda, anche fino a novembre. In questo periodo, dunque, riempivano le reti, anche delle barche più piccole che pescavano sottocosta. Persino i ragazzi (i carusi), con nasse o con vari arnesi di fortuna, riuscivano a pescarle. Un marinaio con una piccola lancia a remi (lancitedda) poteva pescarne grandi quantità. Che venivano riversate sul mercato abbassandone drasticamente il prezzo. Anche nelle case più povere poteva arrivare una intera cassetta di seppie. Ed i soldi che un marinaio guadagnava dalla vendita delle seppie li utilizzava per comprare dal contadino qualcosa, che di solito non si poteva permettere, con cui avrebbe accompagnato le seppie. Così le seppie arrivavano nelle case di tutti. Nelle case dei pescatori, come in quelle dei contadini e degli operai. La seppia si presta a numerose preparazioni sia nei primi che nei secondi e le casalinghe siciliane, nei secoli, hanno dovuto esplorare tutte queste possibilità che il prodotto offriva loro, perché dovevano affrontare questa abbondanza, dovevano riuscire ad inventare sempre nuovi modi di cucinare la seppia. In cucina la seppia non perde la capacità di mimetizzarsi e di nascondersi che ha in natura: si può preparare in tanti modi. Le casalinghe utilizzavano vari espedienti, ed illusioni: cambiavano la forma, la cottura o gli accostamenti per evitare che la famiglia si lamentasse che si mangiava sempre la stessa cosa. Quindi la ricerca di preparazioni nuove e diverse, il tentativo di dare alla seppia anche una forma differente era una necessità, era un espediente con cui le massaie gestivano l’abbondanza. Anche i ristoratori avevano la necessità di gestire l’abbondanza. Le trattorie proponevano numerosi piatti a base di seppie, sviluppando una

artigianalità legata alla preparazione di un pesce povero ma che consentiva una ricca varietà di utilizzi, piegandosi a varie modalità di cottura.Ho cercato di non smarrire questo approccio semplice, artigianale, al quale ho soltanto aggiunto la creatività e la voglia di comunicare un ricordo.

La seppia, però, non ha avuto grande fortuna tra i ristoratori. Non ha mai avuto troppi onori, è un pesce popolare: più presente sulle tavole che nei banchetti.Era il pesce che arrivava nelle case dei poveri, ai palati raffinati poteva risultare stopposo. La seppia, infatti, nella cottura esige attenzioni, va cotta con estrema delicatezza, ad alte temperature si ossida, e ne risultano compromessi consistenza e gusto, superati i 65 gradi subisce un processo di solidificazione che la rende dura, diventa croccante, anche per questo non ha mai avuto grande successo nei ristoranti.Paradossalmente la seppia è più famosa per il nero, che è entrato in tante preparazioni, anche in alcune particolarmente raffinate.Poteva capitare che i ricchi mangiassero il risotto al nero di seppia, magari con qualche tentacolo, mentre ai meno fortunati era riservato il resto del pesce.

Carbone di nero di seppiaConfrontarmi con la seppia era inevitabile: un prodotto del territorio, un pezzo della tradizione gastronomica siciliana, una parte della mia cultura, della mia identità.Sono partito dal legame con la memoria, che mi riporta ai piatti che mangiavo da bambino e che mi piacevano, agli odori che si percepivano in quegli anni, per le strade. Mi sono confrontato con il territorio, con le ricette della tradizione che si tramandavano di madre in figlia.Sono partito da queste ricette: nella tradizione c’erano molte varianti.Ho cominciato quindi ad accostarmi al prodotto.Come tutti sono partito dal nero di seppia. Essiccando e disidratando il nero sono riuscito ad ottenere una sorta di carbone, l’aspetto è quello di un minerale. Polverizzando il carbone ho scoperto che la polvere è molto aromatica, come una spezia, la fragranza della tostatura ha forti sentori di caffè o fave di cacao.

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Qui c’è una prima sorpresa. Il nero, sempre

utilizzato come colorante, nella preparazione

della pasta o nel risotto, o per dipingere un

piatto, cambia forma è può essere utilizzato

per aromatizzare, per insaporire e profumare un

piatto. Ha subito una metamorfosi che ne ha

esaltato l’aroma.

Popcorn di seppiaLe seppie in primavera vengono pescate in grande

quantità perchè le femmine si avvicinano alla

costa per deporre le uova di cui sono cariche. E

qui ritorna la gestione dell’abbondanza, dovendo

gestire tanta abbondanza, gettare via una grande

quantità di uova di seppie era uno spreco che

non ci si poteva permettere. Della seppia, come

per il maiale, non si butta niente, era una sorta

di comandamento. Quindi le massaie, attraverso

varie prove ed esperimenti, sono arrivate ad

utilizzare anche le uova che venivano aggiunte

sia nel sugo al nero di seppia che in altre

preparazioni.

Le uova hanno le dimensioni ed il colore di grossi

chicchi di riso. Ricordando il maiale le abbiamo

fritte, come se si trattasse dei ciccioli. A contatto

con l’olio abbiamo ottenuto dei popcorn che

per profumo, sapore e consistenza ricordano

prepotentemente la seppia fritta.

Gnocchi di seppiaDal nero, passando per le uova sono arrivato al

mantello bianco.

La parte bianca della seppia, l’ho sempre vista

come un qualcosa di candido, di puro, era

un peccato farla ossidare con delle cotture

aggressive. Ho pensato, che per preservarne

il candore fosse necessario compiere un

cambiamento della forma.

Attraverso un lungo e faticoso processo di

lavorazione ho trovato che nella gran quantità

di proteine presenti nella seppia c’era anche

l’albumina che, proprio come nell’uovo, si

solidifica e che diventa bianca ed esalta il suo

candore. Ed allora ho sfruttato queste proprietà

del prodotto. Pulisco la seppia, la frullo, ottenendo una consistenza molle e collosa, quindi facilmente plasmabile. Con un sacco a poche, da pasticciere, ottengo dei piccoli bignè che ricordano la forma degli gnocchi.Li spruzzo con acqua di mare e li spadello velocemente a fiamma alta, così da formare un sottile strato croccante all’esterno che consente di mantenere i liquidi all’interno donando agli gnocchi particolare morbidezza.A questi gnocchi bianchi aggiungo, a mo’ di spezia, il carbone di nero di seppia ottenendo un piatto che, per sapore, e profumi, rinvia alla seppia fritta, ma con una rinnovata eleganza perché, sia dal punto di vista della presentazione che della consistenza, rimanda a preparazioni più raffinate.

Una ricetta della tradizione:

Pasta con il sugo di seppie ripiene.Una ricetta tradizionale con le seppie è la pasta con il sugo di seppie ripiene. Così il menù del giorno era assicurato, con il sugo si condiva la pasta, per secondo c’erano le seppie.Un piatto molto rustico, tipico anche delle trattorie. Era un modo di realizzare con un’unica preparazione sia il primo che il secondo.In questo caso ognuno aveva la propria ricetta, che cambiava da quartiere a quartiere, di casa in casa: il ripieno, la farcia, variava a seconda dei gusti. Di solito, però, non mancavano i tentacoli della stessa seppia, il

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pangrattato (per dare compattezza) ed il tritato di maiale. La seppia ed il maiale può sembrare un connubio curioso, ma ha una giustificazione. Veniva utilizzato il maiale, o la pancetta o la salsiccia, perché la seppia non ha parti grasse, non ha grassi. La fusione di questi due elementi, tanto diversi tra loro, produceva però un connubio perfetto: l’unione fra le proteine, della seppia, ed i grassi, del maiale.Le seppie, farcite con il maiale, venivano cotte nel sugo, in cui erano aggiunti anche i tentacoli e le parti rimanenti della seppia, in alcuni casi anche le uova della seppia oppure delle uova sode.Nella mia memoria, come in quella di molti miei conterranei, questa ricetta occupa un posto molto importante. Il piatto che ho realizzato rappresenta un esempio di come partendo da un prodotto tipico, da un piatto della tradizione, attraverso la ricerca, e con degli adattamenti di una ricetta antica, si può giungere ad un approdo inaspettato.

Sono passato quindi a riadattare la ricetta, influenzato dalle scoperte che ho compiuto lungo il percorso di ricerca. Ho tritato i tentacoli e, mischiati con del macinato di maiale, li ho inseriti in un budello di maiale. Ho cotto questa salsiccia di seppia, nel

sugo, insieme ad altri pezzi di seppia. In questo modo il sugo ha assunto il sapore della seppia. La salsiccia risulta ammorbidita dalla cottura, una volta macinata è perfetta per farcire la seppia.Ho riadattato la farcia, ora dovevo riadattare la seppia, dovevo dare alla seppia una forma che ne esaltasse la consistenza ed il sapore.

Ho fatto l’uovo! con la seppia

Le possibilità potrebbero sembrare infinite, io ho cercato la soluzione nella memoria, nella tradizione, e nel percorso di ricerca che ho compiuto attorno alla seppia.La parte bianca della seppia mi riporta alla mente il bianco dell’uovo sodo. E le uova sode potevano stare nel sugo della seppia o nel loro ripieno.Nella seppia, mentre provavo le varie preparazioni, ho trovato l’albumina. Il bianco della seppia, l’albumina: questi elementi, che mi avevano suggestionato molto, sono diventati predominanti e mi hanno portato a compiere la scelta di questa forma originale. Con la seppia… ho fatto l’uovo!

Ora il problema era realizzare questa suggestione: dare alla seppia la forma dell’uovo.Ho preso un uovo di gallina. La seppia dopo aver incontrato il maiale, incontra la gallina. Fare entrare una seppia in un uovo non è operazione facile. Ho praticato un piccolo foro nel guscio attraverso cui ho svuotato l’uovo. Ho riempito il guscio dell’uovo con la pasta di seppia, la stessa che ho usato per fare gli gnocchi. Ho lasciato una cavità che poi ho provveduto a riempire con la farcia, ottenuta dalla salsiccia di seppia.

Ho sigillato l’uovo con la seppia. E l’ho sottoposto ad una cottura delicata, 60° per 20 minuti.A questo punto ho una sorta di uovo sodo, a tutti gli effetti, che viene sgusciato e portato a tavola.La forma è originale ma è possibile ritrovare nell’uovo le consistenze, i colori, i sapori ed i profumi di un piatto della tradizione che, attraverso una forma insolita, scopre un’eleganza nuova.

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Pasta al pescePer giungere a questo piatto ho dovuto fare i

conti anche io con l’abbondanza. La necessità

di gestire l’abbondanza è un problema che

ho dovuto affrontare, come lo affrontavano le

massaie, non nelle stesse forme, e con esiti

diversi.

I numerosi tentativi per giungere al piatto finito, mi

hanno donato l’abbondanza delle altre parti della

seppia. Prima di tutto la testa.

La testa è una parte che si utilizza poco, è una

parte dura, ricca di nervature.

Nelle cucine dei ristoranti era riservata al

personale. Anche i miei collaboratori, in questo

periodo, sono stati sottoposti ad una ferrea dieta

a base di teste di seppie.

Quindi ho iniziato a cucinare le teste, ho dovuto

cucinarle considerata l’abbondanza. Quando il

personale ed io eravamo sfiniti dalle seppie, dopo

la cottura le ho essiccate ed infine polverizzate.

Ho così ottenuto una polvere di pesce, una sorta

di farina dal forte aroma di pesce fritto e dal colore

della farina integrale.

A questo punto si è posto il problema di

come utilizzare questa farina, per quale tipo di

preparazione.

Dapprima abbiamo provato a fare il couscous,

arrivare all’idea di fare la pasta è stato un attimo.

Però, si poneva una questione di non poco conto:

nella farina, il glutine dona tempra alla pasta, che

consente di ottenere i vari formati che resistono

alla cottura.

Bisognava trovare, nella seppia, una proteina che

svolgesse la stessa funzione del glutine.

Anche qui non ho fatto analisi al microscopio

per trovare la proteina. Ho messo a frutto la mia

conoscenza del prodotto e l’esperienza artigianale

delle varie preparazioni.

Ho pensato di utilizzare le ghiandole della seppia,

che sono delle sacche bianche e gommose. Si

poteva utilizzare questa loro compattezza, per

donare resistenza alla farina: la stessa funzione

che ha il glutine nel grano.

Ho marinato le sacche, rigenerandole hanno

una consistenza gommosa, hanno resistenza

ma anche elasticità. Alcune caratteristiche che

possono tornare utili per fare della pasta. Per

trasferire queste caratteristiche nella farina ho

dovuto polverizzarla, ed una volta aggiunta alla

farina di pesce, ottenuta in precedenza, ne ha

aumentato la compattezza.

È stato così possibile fare un vero e proprio

impasto ed ottenere degli spaghetti: una pasta

al pesce.

Così ho riadattato, in tutte le sue parti, l’antica

ricetta della pasta al sugo di seppie ripiene. Ho

una pasta alla seppia da condire con il sugo delle

seppie ripiene.

Credo che questi piatti possano ben

rappresentare il lavoro di un cuoco che, oggi,

non consiste soltanto nel compiere i gesti della

tradizione culinaria. Oggi un cuoco esplora un

prodotto in maniera diversa dal passato. La

ricerca gastronomica porta a compiere diversi

tentativi e, a volte, dagli errori possono nascere

creazioni nuove.

Anche in cucina, a volte, la fortuna arriva

inaspettata; e viaggiando fra i fornelli si scoprono

continuamente, per caso o per intuito, cose

che non si stavano assolutamente cercando.

Si riceve il dono di trovare cose buone e belle

anche senza averle mai cercate, sta alle capacità

del cuoco trasformare in buone e belle cose che

non lo sono o che non appaiono come tali.

Può capitare, ed è un dono che si riceve per

l’impegno e la fatica che si mette nella ricerca,

ed è una cosa che insegna ad amare la cucina

e ci consegna una lezione che può tornare utile

anche lontano dai fornelli.

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Degustando

La degustazione dei vini che a nostro giudizio rappresentano e caratterizzano la Sicilia è stata fatta allo Sheraton Hotel di Catania da un panel composto da 12

degustatori FISAR.

Tasca d’Almerita

Rosso del Conte

Sicilia DOC 2005

Nero d’Avola

Colore rosso vivo dalle

sfumature violacee, profumo

di ciliegie succose, frutti di

bosco, vaniglia e cannella,

al palato una sensazione di

freschezza, di fruttato e di

floreale intensa.

www.tascadalmerita.it

Fondo Antico

Grillo Parlante

Sicilia IGT 2007

Grillo in purezza

Colore giallo paglierino

con riflessi verdognoli, profumi

delicati di fiori, fresco con una

buona sapidità, equilibrato

con una piacevole sensazione

acida.

www.fondoantico.it

Gulfi

Nerobaronj 2005 - Sicilia IGT

Nero d’Avola in purezza

Colore rosso rubino carico

intenso con riflessi violacei,

profumo intenso, tipico, di

frutta rossa e di vaniglia,

sapore fruttato, armonico, di

struttura, molto persistente al

gusto.

www.gulfi.it

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Murgo

Extra Brut 2004

Nerello Mascalese in purezza

Colore giallo paglierino, di

buon perlage, fruttato con una

buona sensazione di lieviti,

fresco con una piacevole

nota di frutta secca e una

persistente sensazione sapida.

www.murgo.it

Azienda Agricola COS

Cerasuolo di Vittoria Classico

2007 DOCG

60% Nero d’Avola, 40%

Frappato di Vittoria

Colore rosso ciliegia, profilo

aromatico ricco, fruttato con

un sapore caldo, armonico,

pieno.

www.cosvittoria.it

Barone di Villagrande

Etna bianco sup. 2008 DOC

Carricante in purezza

Colore giallo tenue con riflessi

verdi, profumo fine di mela e

biancospino, sapore fresco,

persistente, armonico.

www.villagrande.it

Girolamo Russo

Feudo

Etna rosso IGT 2007 DOC

98% Nerello Mascalese e 2%

Nerello Cappuccio

Colore rubino con riflessi

porpora, l’impatto olfattivo è

di piacevole sentori floreali

di rosa, fruttati di marasca,

ribes, eucalipto, con cornice

minerale e speziata, di grande

struttura.

Girolamo Russo -

Passopisciaro

AVIDE

Riflessi di Sole

Vittoria DOC 2007

Insolia in purezza

Colore giallo paglierino carico,

olfatto di legno tostato e

vaniglia con frutti esotici

prevalentemente banana e

ananas, al gusto presenta

struttura piena con un giusto

equilibrio.

www.avide.it

Barone di Villagrande

Malvasia delle Lipari - Passito -

DOC 2005

Malvasia delle Lipari 95% e

Corinto Nero 5%

Colore ambrato, profumo

intenso di fiori di ginestra ed

erbe aromatiche, sentori di

albicocca matura e miele,

sapore pieno, gradevolmente

persistente.

www.villagrande.it

Marco De Bartoli

Bukkuram - Passito di

Pantelleria - DOC 2006

Zibibbo in purezza

Colore oro/ambra ha eccellenti

sensazioni aromatiche di frutta

esotica candita, fichi secchi e

liquirizia, in bocca è dolce ma

non sciroppo, caldo equilibrato

con una buona acidità,

persistente.

www.marcodebartoli.com

Cantine Pellegrino

Vino Marsala Vergine

Riserva DOC 1962

Grillo e Catarratto

Colore ambrato e integro, il

profumo è etereo, speziato

quasi balsamico, gusto secco,

asciutto e armonico con una

ancora presente vivacità.

www.carlopellegrino.it

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aCalatrasiTerre di Ginestra - Sicilia IGT 2008

Nero d’Avola in purezza

Colore rosso carico con profumi

di frutta matura a bacca rossa, al

palato intenso e persistente, ricco

di sentori di ciliegia e piacevolmente

tannico alla fine.

www.calatrasi.it

Duca di SalaparutaDuca Enrico - Sicilia IGT 2008

Nero d’Avola in purezza

Colore rosso rubino con riflessi

granato, profumi di frutti maturi,

iris e spezie. Al palato possente,

rotondo con sensazione di legno

ben fusa nell’insieme. Elevata

persistenza.

www.duca.it

NicosiaFondo Filara - Sicilia IGT 2007

Nerello Mascalese in purezza

Colore rosso rubino tenue,

elegante con note speziate e di

liquirizia, al palato caldo, intenso

con retrogusto balsamico, ben

equilibrato.

www.cantinenicosia.it

FazioBagli Catarratto - Sicilia IGT 2009

Catarratto in purezza

Colore giallo paglierino con riflessi

verdognoli con profumi di frutta

esotica e crosta di pane, al palato

fresco e persistente con sentori di

frutta esotica.

www.faziowines.it

FirriatoQuater - Sicilia IGT 2006

Nero d’Avola, Perricone, Frappato

e Nerello Cappuccio

Rubino fitto con tonalità violacee

e profumi di ciliegie sotto spirito,

frutti neri con sentori di cioccolato,

spezie, di grande struttura ed

eleganza.

www.firriato.it

Viticultori Associati Canicattì Aynat - Sicilia IGT 2008

Nero d’Avola in purezza

Colore rosso intenso, quasi nero

con riflessi purpurei, sentori di

prugna, ciliegia nera sotto spirito e

note di liquirizia, gustoso al palato

e con delicati tannini.

www.viticultoriassociati.it

PlanetaPassito di Noto - DOC 2007

Moscato Bianco in purezza

Colore giallo oro brillante con

ricchi profumi di frutti esotici,

albicocche e marmellata di agrumi,

in bocca è dolce, denso e di lunga

persistenza.

www.planeta.it

RalloGrillo - Sicilia IGT 2009

Grillo in purezza

Colore giallo paglierino con

riflessi verdastri, al naso

presenta spiccati sentori di

pompelmo, piacevoli note di

ananas, agrumi e frutti tropicali,

in bocca è pieno e ben

equilibrato.

www.cantinerallo.it

Milazzo

Duca di Montalbo - IGT 2007

Nero d’Avola, Nerello Cappuccio,

Inzolia Rossa

Colore porpora scuro con riflessi

violacei, al naso note di frutti di

bosco, menta, liquirizia e spezie,

sapore caldo, armonico e di

grande persistenza.

www.milazzovini.com

Donnafugata

Ben Ryè

Passito di Pantelleria DOC 2008

Zibibbo in purezza

Colore giallo ambrato lucente con

intense note di albicocca e pesca,

profumi dolci di fichi secchi e miele,

erbe aromatiche, complesso per

dolcezza, sapidità e morbidezza.

Finale lungo.

www.donnafugata.it

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I vini dell’Etna: una storia che viene

da lontano di Antonio Iacona

Antichissimi ritrovamenti alle falde dell’Etna farebbero risalire la presenza viticola addirittura all’età terziaria.

Qualunque settore si

tocchi, si sfiori o si

approfondisca del

vulcano attivo più alto d’Europa,

la parola d’ordine sembra essere

una e una soltanto: “unico” nel

suo genere. È anche la realtà

del vino dell’Etna, un prodotto

che negli ultimi decenni

ha conosciuto una nuova,

importante diffusione, grazie a

caratteristiche, appunto, uniche

dei sui vitigni, tanto che gli

stessi vini etnei si distinguono

nettamente anche da tutti gli

altri vini siciliani e sono ormai in

molti gli studiosi e i cultori che

definiscono il territorio catanese

“un’isola nell’isola”. Se è vero,

come qualcuno ha scritto, che

“ogni bottiglia di vino è un libro”

da leggere con attenzione,

allora l’Etna, con i suoi profili,

i suoi paesaggi, la sua storia,

le sue tradizioni, ha molto,

moltissimo da raccontare,

anche e soprattutto in fatto di

vini. È una storia che parte da

lontano, che affonda le radici

nell’età classica greca e latina,

e forse ancora prima, quando

la realtà dei popoli oscillava

piacevolmente tra il mito, la

leggenda, la cultura, la religione.

Antichissimi ritrovamenti alle

falde dell’Etna farebbero risalire

la presenza viticola addirittura

all’età terziaria. Ma è nel Neolitico

che le popolazioni dell’isola si

dedicano alla viticoltura. Sarà

con i Greci che compariranno

i primi, veri protagonisti del

vino, in particolare tra i paesi

etnei, ed essi ebbero anche il

merito di trasferire sulle coste

joniche l’arte del bere, come

testimoniano i molti recipienti

rinvenuti. Un gran bevitore di

vino, come racconta Omero

nell’Odissea, fu il ciclope

Polifemo, ubriacato e accecato

dalla furbizia di Ulisse. Anche

grazie ai Romani, giunti subito

dopo i Greci, la produzione di

vino conobbe nuovo vigore. Da

lì, nel corso dei secoli, il prestigio

delle viti dell’Etna fu un continuo

crescendo. Dopo lo splendore

del periodo Aragonese e dei

Vicerè, tra il 1700 e il 1800 in

quello che era considerato uno

dei più importanti porti del mare

Jonio, Riposto, arrivavano tutti i

vini prodotti sull’Etna per essere

commercializzati fuori dalla

Sicilia. Non è la prima volta

che la storia del vino ricorre a

poeti e scrittori per testimoniare

la grandezza delle produzioni.

Così avviene che poeti come

Giovanni Meli o Domenico

Tempio, conosciuti per la loro

arguzia, abbiano elogiato in

più di un’occasione il “sangue

di Bacco” sgorgante dai paesi

etnei.

Unica nel suo genere, e nel

corso dei secoli, è stata ed è

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Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 360

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tutt’oggi anche la tenacia dei

produttori di vino dell’Etna, che

hanno sempre trovato dinanzi a

sé un ostacolo fatto di lava, di

un terreno aspro e selvaggio,

a tratti lunare. A dimostrarlo

sono le grandi opere di

terrazzamento, con i muri

paraterra a secco, nati dallo

sforzo di uomini e muli. Anche

questa architettura rurale fa del

paesaggio etneo uno sfondo

unico del mondo del vino, dove

natura della terra, esposizione

delle viti e altitudine denotano

le caratteristiche dei vitigni: dal

Nerello Mascalese (Niureddu

Mascalisi, si presume originario

della piana di Mascali, da cui

il nome, dove è coltivato da

almeno 4 secoli) al Nerello

Cappuccio (Mantiddatu Niuru

o Niureddu Ammantiddatu,

coltivato esclusivamente nelle

province di Catania, Messina,

Reggio Calabria e Catanzaro),

dal Carricante (Carricanti,

presente, in particolare,

nei territori di Viagrande e

soprattutto di Milo; il nome

indicherebbe la tendenza di

questo vitigno a dare sempre

abbondanti produzioni e, fino

agli anni ’50, è stato il vitigno

ad uva bianca più diffuso nella

provincia etnea) al Catarratto

(molto diffuso, oltre che

sull’Etna, anche nella provincia

di Trapani). Un vitigno a bacca

bianca, anch’esso autoctono

e coltivato esclusivamente

nella zona etnea, è il Minnella

(Minnedda Janca, si trova, in

particolare, nei vecchi vigneti, e

viene utilizzato per l’Etna D.o.c.

assieme agli altri vitigni).

I vini dell’Etna si distinguono

da tutti gli altri vini siciliani per

due fondamentali motivi: per le

loro caratteristiche chimiche e

sensoriali, dovute all’ambiente

pedoclimatico e ai vitigni

autoctoni; e per la loro naturale

capacità di conservare l’originaria

piattaforma ampelografica, che

proprio dai vitigni autoctoni

deriva e che è stata regolata,

Un Vigneto a “terrazza” sull’Etna (Az. Barone di Villagrande)Un Vigneto a “terrazza” sull’Etna (Az. Barone di Villagrande)

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con il riconoscimento dell’Etna

D.o.c. l’11 agosto del 1968, dal

disciplinare di produzione con

decreto di riconoscimento del

Presidente della Repubblica.

Così, i “biglietti da visita” del

vulcano, nei calici di siciliani

e di turisti, sono costituiti

dall’Etna Rosso (dal colore

rosso rubino, poi granato

quanto più passano gli anni,

caldo, robusto, secco, pieno,

armonico); dall’Etna Rosato

(vivace, spesso fruttato, gentile,

morbido); dall’Etna Bianco

(giallo paglierino, quasi dorato,

fresco, armonico). L’Etna

Bianco, inoltre, prodotto nella

zona di Milo, con la presenza

di almeno l’80% di uva di

Carricante, prende il nome

di Etna Bianco Superiore.

Sono 20, infine, i Comuni etnei

della provincia di Catania,

che rientrano nella zona di

produzione (Biancavilla, Santa

Maria di Licodia, Paternò,

Belpasso, Nicolosi, Pedara,

Trecastagni, Viagrande, Aci

Sant’Antonio, Acireale, Santa

Venerina, Giarre, Mascali,

Zafferana, Milo, Sant’Alfio,

Piedimonte, Linguaglossa,

Castiglione, Randazzo).

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 362

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Sicili

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Veduta dell’Etna dal vigneto dell’Azienda Tenuta San MicheleVeduta dell’Etna dal vigneto dell’Azienda Tenuta San Michele

Page 65: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 63

speciale Sicilia Quantico,

un vino siciliano dell’agricoltura quantistica

di Gladys Torres

Le recenti scoperte della fisica considerano l'uomo, gli animali ed i vegetali

immersi in un campo quantico universale.

Gli squilibri vibrazionali

che attualmente

si individuano e si

curano per gli umani possono

essere similmente analizzati

e curati anche per piante ed

animali. Utilizzando particolari

apparecchiature innovative

e tecniche diagnostiche non

invasive è possibile analizzare

oltre che gli animali, anche

terreni e colture nella profondità

delle loro strutture atomico

molecolari, individuandone gli

squilibri e pianificando terapie

mirate che utilizzano, oltre

a rimedi frequenziali, anche

opportuni omeopatici testati

al momento e per il caso

specifico, che danno quindi,

una percentuale di efficacia

vicina al 100% delle proprie

capacità curative. Queste

metodiche rendono possibile

la riduzione e l'eliminazione

di anticrittogamici, concimi di

sintesi, pesticidi, fitofarmaci,

con conseguente

detossificazione dei

terreni e delle colture ed

immediato miglioramento

della produzione sia dal

punto di vista qualitativo che

quantitativo, con una evidente

riduzione dei costi.

Così come negli ultimi

decenni, accanto alla medicina

ponderale, si è sviluppata una

medicina energetica, si ritiene,

alla luce delle conoscenze

acquisite, si svilupperà

l'agricoltura energetica, ovvero

l'agricoltura quantistica.

Il principio di base prevede

il passaggio dall'approccio

chimico, fondato sull'uso

di materiali e sostanze che

promuovono processi di tipo

biochimico, all'approccio

dinamico-energetico, che

utilizza apporti di varie forme

di energia, quali le onde

Page 66: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

elettromagnetiche e le

interazioni energetiche della

fisica quantistica.

L'agro ecosistema agricolo,

oltre a presentare una

complessa rete di interazioni

e processi biochimici dei vari

elementi abiotici e biotici,

presenta una complessa rete

di interazioni e flussi energetici

di vario tipo.

In effetti sono questi ultimi

che regolano ed indirizzano gli

stessi processi biochimici. Uno

squilibrio a livello energetico è

la causa prima di problemi

che successivamente si

evidenziano, poi, a livello

biochimico e fisico.

La stessa vitalità di tutti gli

organismi viventi ha alla base

processi di tipo energetico.

Con l'agricoltura quantistica si

mira al riequilibrio, prima, ed allo

stimolo, successivamente, dei

processi energetici regolatori.

I processi energetici complessi

sono oggi più compiutamente

descritti non solo dalla fisica

Newtoniana, per quanto

riguarda le energie di tipo

elettrico e di tipo magnetico,

ma dalla fisica quantistica che

prende in considerazione anche

le interazioni più sottili fra le

particelle subatomiche. Queste

ultime sono le più importanti

nei fenomeni regolatori e di

stimolo dei processi biologici

più sottili. Sono oggi disponibili

apparecchiature che utilizzano

processi fisici quantistici

con protocolli applicativi per

l'agricoltura.

Agendo principalmente a

livello di riequilibrio e stimolo

energetico, gli interventi sono

intesi come trattamento di

fondo. Il loro risultato può

essere variabile a secondo

della situazione di partenza.

È, quindi, importante poter

effettuare una “diagnosi”

approfondita di tutte le

componenti dell’ecosistema;

oggi possibile soltanto

con l’utilizzo della nostra

strumentazione quantistica.

Rivolgiamo alcune do-

mande specifiche al Dr.

Michelangelo Catalano,

proprietario dell’azienda.

In cosa consiste questa

tecnica?

Si tratta di un sistema

tecnologico che prevede

l'utilizzo di varie forme di energia,

quali le onde frequenziali e le

interazioni energetiche della

fisica quantistica, basato sulle

scoperte di Max Planck (Nobel

per la fisica nel 1918), il quale

rilevò che il nostro universo

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 364

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Sicili

a

Page 67: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

è formato da energia sottile (i cd. quanti) che

compongono la materia visibile ed invisibile.

Un hardware gestito da un sofisticatissimo

software consente di pervenire all’analisi e alla cura

delle “anomalie” funzionali dell’agroecosistema,

senza l’utilizzo di composti chimici.

Perché avete sentito la necessità di

sperimentare questo innovativo sistema?

La globalizzazione dei mercati ha reso difficile

per molti agricoltori produrre in modo competitivo,

con la conseguenza che gli stessi sono sempre

più spinti a preferire le monocolture intensive

al fine di ridurre i costi, o a lasciare incolti i

terreni. Questo sistema innovativo permette,

particolarmente in un Paese come l'Italia che

fa della tipicità il suo cavallo di battaglia, di

accentuarne le caratteristiche aumentandone la

forza di penetrazione nei mercati internazionali.

Che tipo di interesse suscita una sperimentazione

del genere nel consumatore finale ?

Questo metodo rende possibile la riduzione e

l’eliminazione di anticrittogamici, migliorando

le caratteristiche organolettiche del prodotto

e riducendone i possibili effetti allergenici.

Il QUANTICO, primo vino prodotto senza solfiti,

può essere consumato in tutta tranquillità

anche da chi presenta allergie a questo tipo di

sostanza.

Può avere uno sviluppo su larga scala una

produzione con queste caratteristiche?

Certamente. La rivoluzione tecnico-scientifica

dell�inizio di questo millennio basata sui quanti�

ha una potenzialità pressoché infinita, quindi

sfruttabile sia in piccola che in larga scala. Il nostro

progetto, con l'appoggio già in atto di alcune

Università Italiane, è finalizzato a diffondere

nella misura più ampia possibile, tale

metodica.

Che tipo di difficoltà ha dovuto

affrontare?

La maggior difficoltà è stata la difesa del

vino dai processi ossidativi. È importante,

quindi, curare tutte le fasi con estrema

attenzione.

Le caratteristiche organolettiche

variano?

No. Il vino è interessante ed unico

sia nei profumi (si percepisce una

leggera nota di aldeide abbinata

a sentori di mela cotogna). Al

sapore è assai interessante,

sapido, lungo con una buona

mineralità.

Il vino prodotto con questo

sistema è longevo?

E quali sono i vitigni più indicati ?

Siamo al primo anno di

sperimentazione e, quindi,

non sappiamo ancora quanto

potrà essere lunga la sua

conservazione. Il futuro ce

lo dirà. Tutti i vitigni possono

essere utilizzati per essere

vinificati con questo sistema.

Noi per il Quantico abbiamo

utilizzato: Caricante 70%,

Cataratto 20%, Grillo 10%.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 65

speciale Siciliada sinistra verso destra: Sig. Pennisi, Sig. Di Giovanni (enologo), Dott. Catalano, Sig. Raiti (prorpietario terreni, e seduta Sig. Pennisi (designer)

Page 68: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

gNuovi orizzonti del bere in Sicilia

Nikao e Rodio: la scommessa vincente del Barone La Lumia b di Giancarlo Roversi

Il barone Nicolò coltiva un’altra ambizione: quella di creare a Licata una realtà vinicola che per qualità e sfruttamento del

terreno faccia a gara con gli Chateaux francesi.

Nikao (dal greco

vincitore, con una

sottile allusione a

Nicolò, il nome del barone La

Lumia che nè è l’appassionato

creatore) è il primo passito di

Nero d’Avola al mondo. In un

momento come l’attuale in cui

i passiti mostrano un trend di

consumo in aumento, il Nikao

rappresenta un’autentica rarità

del gusto. Del resto i passiti

rossi (da non confondere

con i vini liquorosi che hanno

avuto un’aggiunta di alcol),

sono un’autentica eccezione.

A paragonarlo ai normali

passiti si è completamente

fuori strada perchè il Nikao

più che un vino da chiusura

di un pasto importante, è

soprattutto un’emozione, un

vino da meditazione intensa.

È il frutto della tenacia e

dell’entusiasmo di Salvatore

figlio del barone Nicolò La

Lumia, una casata di antico e

illustre lignaggio il cui superbo

palazzo baronale troneggia

nel cuore di Licata la storica

città dell’Agrigentino. Dopo

instancabili sperimentazioni

di appassimento delle uve

e di vinificazione il caparbio

Salvatore, uno dei giovani più

preparati del mondo del vino

siciliano è riuscito a stillare

dalle botti di Nero d’Avola in

purezza la sua essenza più

intima e intrigante, il Nikao, un

vero capolavoro enologico.

Per realizzare questo prodigio

ha impiegato i sapidi grappoli

provenienti dai vigneti a spalliera

della tenuta baronale situata ai

piedi delle colline di Licata in

faccia al mare dove sfocia il

fiume Salso (l’antico Himera).

Le uve sono lavorate e vinificate

secondo la “manualità greca”.

Sulla base di un meticoloso

lavoro di ricerca e di verifica

sul campo e su antichi testi

enologici, il rampollo dell’antico

casato di Licata si è reso conto

di aver individuato il metodo di

produzione degli antichi Greci,

i quali scelsero queste stesse

terre accarezzate dalla brezza

del mare africano (i Campi

Geloi che includevano l’odierna

piana e parte della collina di

Licata) per dar vita a quei vini

che la resero ricca e famosa.

Le uve vengono fatte

interamente appassire al

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 366

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Sicili

a

Page 69: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

gsole. La maturazione in vasca

d’acciaio si protrae per almeno

due anni mentre l’affinamento

in bottiglia raggiunge i 12 mesi.

Ma non basta: il Nikao si fregia

in etichetta della dicitura “ad

alto contenuto di resveratrolo”,

una sostanza contenuta nei

vini rossi che esercita benefici

effetti a livello cardiocircolatorio.

Un privilegio che spetta

anche agli altri intriganti vini

rossi delle cantine La Lumia

(Signorio, Stemma, Torreforte,

Cadetto rosso, Delizia del

Conte, Don Totò, Limpiados)

perchè le analisi di laboratorio

hanno accertato che, grazie

alle particolari condizioni

pedoclimatiche dei terreni della

tenuta, possono vantare un

contenuto di resveratrolo 3-4

volte superiore a quello degli altri

rossi in commercio. Insomma

una specie di toccasana !

Il barone Nicolò coltiva un’altra

ambizione: quella di creare a

Licata una realtà vinicola che

per qualità e sfruttamento del

terreno faccia a gara con gli

Chateaux francesi.

Il Nikao ha un colore rosso

rubino carico con riflessi

violacei e all’esame olfattivo

presenta una gamma aromatica

non riconducibile a nessun

altro prodotto ove spiccano

il glicine la marasca ed i fichi.

Al gusto si rivela dolce ma non

stucchevole, complesso e

perfettamente equilibrato. Un

vino deliziosamente seducente

e non soverchiante insomma.

L’epoca di massimo godimento

per gustarlo nella sua pienezza

inizia dal secondo anno in

avanti con una temperatura di

servizio ideale sui 22°.

Rodio: il vino di Federico II

Per la casa baronale di Licata

la ricerca di nuovi orizzonti

enologici o meglio la riscoperta

di quelli sepolti nel tempo non

si limita al Nikao ma riguarda

un altro straordinario nettare, il

Rodio. Anche in questo caso

il tenace Salvatore La Lumia è

andato a scavare nella storia e

si è imbattuto nel “Grecisco”,

il vino prediletto da Federico

II. Veniva prodotto nelle tenute

reali di Licata secondo una

tradizione tramandata dalle

popolazioni rodio-cretesi che

si erano insediate lungo la

costa meridionale della Sicilia

nell’attuale territorio di Agrigento.

Questo nettare elegante e di

nobile blasone, idolatrato nel

mondo greco e nell’antica

speciale Sicilia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 67

Il barone Niccolò La Lumia e suo figlio Salvatore

Page 70: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 368

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Sicili

a

Roma, rivive oggi gli antichi

splendori grazie alle cantine

del barone La Lumia. Con una

paziente quanto meritoria opera

di recupero è riuscito a farlo

sgorgare dalle sue vigne che

parlano con la brezza del mare,

mettendolo a disposizione degli

intenditori in una limitatissima

scorta di bottiglie da mezzo litro

per esaltarne le sue profonde

radici.

Contrassegnato dal marchio

IGT Sicilia è un rosso

ottenuto da Nero D’Avola in

purezza, naturalmente dolce

invecchiato per dieci anni in

barrique di ottavo passaggio

e straordinariamente ricco di

resveratrolo, quindi – giova

ripeterlo - se consumato in

giuste dosi, utile per prevenire

l’invecchiamento delle cellule

e arginare il colesterolo.

La tecnica di produzione

prevede l’appassimento delle

uve sulla pianta mediante

torsione del peduncolo su

grappoli selezionati. Il tempo

di disidratazione medio degli

acini si aggira sui diciotto-venti

giorni.

Ad appassimento completo

si procede alla raccolta e alla

diraspatura manuale quindi alla

fermentazione in contenitori di

acciaio e alla follatura manuale.

Si passa poi alla pigiatura con

torchio manuale e a un’ulteriore

fermentazione di tre mesi del

mosto pulito in barrique dove

avviene l’invecchiamento per

dieci anni.

Il Rodio appartiene alla ristretta

cerchia dei vini rari, dei vini che

vanno goduti in letizia e con

sorsi lenti e estatici per coglierne

tutte le nobili sfumature olfattive

e di sapore. Insomma un vino

per veri intenditori.

L’azienda agricola del barone Nicolò La Lumia venne fondata

nel 1883 nella piana di Licata e comprende una superficie

di 150 ettari di ottima terra di Sicilia, di cui 50 destinati alla

vite, tutti favoriti da un microclima unico per luminosità,

giusta vicinanza al mare ed escursione termica. L’azienda

vinifica esclusivamente uve proprie, che hanno origine da

vitigni autoctoni tra i migliori di Sicilia, da cui ottiene vini unici

per intensità di aromi e di gusto quali: Nero d’Avola, Inzolia,

Nerello Mascalese e Frappato commercializzati con le

etichette Stemma, Cadetto Rosso,Cadetto Bianco, Signorio

Rosso, Gloria Bianco, Delizia del Conte Rosso, Sogno Di

Dama Bianco, Don Toto’ Rosso, Torreforte Rosso, Limpiados

Rosso, Halykàs Bianco, Nikao Rosso, Rodio Rosso, tutti IGT

Sicilia.

Il casale di stile arabeggiante dove ha sede l’azienda, è stato

edificato alla fine del ‘700 dalla famiglia La Lumia e costituisce

una delle proprietà vinicole più affascinanti dell’isola.

LA LUMIA fattoriaLA LUMIA fattoria

Page 71: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

L’orgoglio di un grande prodotto:

il Marsala di Attilio L. Vinci

Fotografie: Comune di Marsale e Walter Lunardi

La storiaIl Marsala per le sue origini, la

storia e la fama è il “Principe”

dei vini italiani da dessert.

Uno dei vini mito dell’enologia

italiaca che ha avuto, ad onor

del merito ed in più occasioni,

anche tante visite reali.

Teste coronate, d’ogni angolo

del mondo, per interesse,

curiosità, e per il fascino che

ha varcato già secoli fa i confini

di tutti i continenti, hanno

voluto visitare il suo incantevole

territorio di produzione, ricco

di siti naturalistici, storici,

archeologici e di coinvolgenti

tradizioni enogastronomiche.

L’ultima visita straordinaria è

quella della regina di Danimarca,

Margrehte II.

In vacanza in Italia, volle

dedicare una giornata alla zona

di produzione del Marsala ed alle

secolari cantine Florio. La figlia di

Federico IX era accompagnata

dal principe consorte, il conte

francese Henrik di Laborde di

Montpezat, grosso produttore

di vini francesi e personaggio

assai competente.

Tracce sulle origini del Marsala

si trovano già nei primi secoli

del Cristianesimo: in una lettera

indirizzata a Decio, Vescovo

di Lilybeo, S. Gregorio Papa

raccomandava di dotare il

costruendo convento di una

superficie vitata. Il nuovo

convento si stava costruendo

sul podere della nobildonna

lilybetana Adeodata, che aveva

voluto farne il dono al vescovo

concittadino per costruirvi,

appunto, un convento.

E siccome Papa Gregorio

assieme alla notizia del gentil

pensiero della nobile ricevette

anche vino ed uva prodotti da

quelle parti, che giudicò ottimi,

nell’inviare il suo messaggio di

ringraziamento pensò bene di

raccomandare il vescovo Decio

di impiantare un vigneto.

Nel 1560 Carlo V concesse

dei privilegi a favore della

produzione vinicola del territorio

di Marsala.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 69

speciale Sicilia

Cantina Storica

Marsala

Page 72: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Tra il 1590 ed il 1640, Pierre

Paul Rubens, incuriosito dal

fatto che il vino di Marsala era

noto alla corte di alcuni potenti,

volle assaggiarlo, e ne divenne

fedele consumatore.

Ma, il più antico riscontro, che si

collega all’industria del Marsala,

è una spedizione fatta nel 1773

da un commerciante inglese di

Liverpool, John Woodhouse.

Dal porto di Trapani, il

commerciante venuto in Sicilia

per acquistare ceneri di soda,

finì con lo spedire nella sua

madrepatria 60 pippe (botti), da

412 litri ciascuna, del vino che

casualmente aveva avuto modo

di assaggiare e di apprezzare

molto, in una bettola vicino al

porto di Marsala; aggiungendovi

un po’ di acquavite da vino per

salvaguardarlo da sofferenze e

da alterazioni da viaggio (circa

due litri per ettolitro di vino).

Fu un grande successo e

l’inizio dell’ascesa alla notorietà

internazionale.

Persino l’ammiraglio Horatio

Nelson, eroe del tempo,

richiese ai Woodhouse una

grossa fornitura di vino Marsala

per la sua flotta.

A titolo di curiosità storica

riportiamo il testo del primo

contratto stipulato nel marzo

del 1800 tra il Woodhouse

e l’ammiraglio Nelson: “Una

convenzione fu fatta e redatta

fra l’onorevole Contro-

Ammiraglio Orazio Lord Nelson

(K.B.), cavaliere dell’Ordine

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 370

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Sicili

a

Cattedrale di Marsala

Page 73: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 71

speciale Sicilia

del Bagno, in Sicilia, ecc.,

con Giovanni e Guglielmo

Woodhouse, negozianti di vino

Marsala, a Palermo, il giorno 19

marzo 1800, per fornire le navi

di S.M. nella rada di Malta di 500

pipe del miglior vino Marsala

ed essere consegnato libero

di nolo e di ogni altra spesa,

senza perdita di tempo, ad

uno scellino e cinque pence di

sterlina per ogni gallone, misura

di vino, ed essere pagato in

cambiali sui Commissari per

la Provveditoria della flotta di

S.M. alla consueta data, a firma

dei pagatori dei bastimenti di

S.M. ai quali il vino sarà stato

consegnato, e nel caso che i

fusti siano trattenuti con il vino

sarà aumentata una spesa

addizionale di una lira sterlina

per ciascuna pipa.

Il vino dovrà essere consegnato

quanto più speditamente si

può, e tutto essere consegnato

nello spazio di cinque settimane

da quella data; una scorta sarà

necessaria per il bastimento

che parte da Marsala, …”.

Il contratto è firmato da

Bronte Nelson e da Giovanni

Woodhouse per sé ed il

fratello.

Bottaio al lavoro

Page 74: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il successo del Marsala è

travolgente, e si afferma

sempre più nel mondo intero,

contro la concorrenza degli

altri vini stranieri della stessa

natura quali di Jerez, il Madera,

il Porto, il Malaga.

Nel 1880, in provincia di

Trapani, i grandi stabilimenti

di Marsala sono 18. E se

teniamo conto anche di quelli a

conduzione familiare il numero

sale a 40.

Il proliferare di tante aziende,

però, accende un’accanita

concorrenza, e la mancanza

di leggi che disciplinano la

produzione di Marsala induce

molte ditte poco scrupolose

a non seguire più nei dovuti

modi i metodi di lavorazione

e soprattutto i tempi di

invecchiamento introdotti ed

applicati dei prodotti seri.

All’inizio del ‘900 e nei successivi

due decenni tale fenomeno

degenerativo si accentua.

I vini spagnoli e portoghesi

recuperano in breve tempo gli

spazi portati via loro dal Marsala,

e riprendono ad imporsi in tutto

il mondo.

Le conseguenze dell’ultimo

conflitto mondiale accentuano

ancor più i mali del Marsala.

Vengono invocate leggi più

severe che disciplinano la pro-

duzione e la commercializza-

zione.

Leggi di tutelaMa si riesce solo nel 1950, e

con non poche difficoltà, ad

ottenere un decreto, il n. 1069

del 4.11.1950, che sancisce

una serie di disposizioni

concernenti i metodi di

preparazione del Marsala, i

tempi d’invecchiamento e la

classificazione degli stessi.

La legge, però, rimane

inoperante per 11 anni, poiché

non viene emanato il relativo

regolamento di esecuzioni.

È con il DPR n. 1644 del

20.10.1961 che finalmente

viene emanata la prima legge

sul Marsala.

Purtroppo in sede di conversione

della legge, vengono apportati

alcuni cambiamenti al testo

originale, che finiscono con

lo snaturare i principi basilari

su cui poggia tutto lo spirito

dell’autodisciplina che si voleva

dare. Ad esempio, Marsala

aromatizzati possono essere

prodotti al di fuori della zona

tipica di produzione, cosa che

in breve tempo apre la strada

ad ampie contraffazioni e ad

ulteriori svilimenti della qualità e

dell’immagine.

La DOCNel 1969, precisamente con il

DPR n. 143 del 2 aprile 1969,

il Marsala ha riconosciuto la

Denominazione di Origine

Controllata.

Ma, anche questo decreto

non porta alcun concreto

vantaggio al miglioramento della

produzione e quindi ad innalzare

la scarsa considerazione il cui

il Marsala è finito. Così, dopo

altri 15 anni di inutili tentativi

di rilancio, si arriva alla Legge

851 del 28 novembre 1984

che, definisce la zona di

produzione (la sola provincia

di Trapani con esclusione dei

comuni di Alcamo, Favignana e

Pantelleria), dei vitigni ammessi

(Grillo, Inzolia e Catarratto con

Pignatello, Calabrese, Nerello

mascalese e Nero d’Avola),

dei metodi di preparazione,

dei tempi di invecchiamento

in fusti di legno (da 1 anno per

il Fine ai 10 anni per il Vergine

Soleras Stravecchio o Riserva),

della classificazione per colore

(oro – ambra - rubino), per

contenuto zuccherino ( secco

– semisecco - dolce), delle

caratteristiche a seconda

dei tipi prescritti (quanta

gradazione alcolica, estratto

secco netto, acidità fissa e

volatile), dell’imbottigliamento

obbligatorio in zona tipica senza

possibili deroghe inquinanti.

La Legge del 1984 punta

all’effettivo rilancio, come i più

seri produttori dell’industria

marsalista auspicano da

tempo. L’immagine generale

che ha oggi il Marsala è

quella di un prodotto vecchio,

superato nei confronti del

gusto dei consumatori; di

un prodotto troppo dolce e

del convincimento che molto

sovente ci si trovi di fronte a

qualcosa di contraffatto.

Contrariamente a quel che si

potrebbe pensare, i volumi

di vendita non hanno subito

grandi flessioni, ma, non sono

cresciuti come è avvenuto per

tutti i prodotti alcolici e per i vini

liquorosi in particolare.

Cosa invece molto grave è il

prezzo basso cui sono esitati i

Marsala, conseguenza sempre

del modesto apprezzamento

riservato loro, che consente una

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 372

spec

iale

Sicili

aM

arsa

la

Page 75: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 73

speciale Siciliamodestissima remunerazione e

che mortifica le aziende serie

che nel Marsala hanno sempre

creduto, e che in tale attività

hanno profuso e profondono le

proprie energie e risorse.

Possibilità di rilancio

Visti gli elementi negativi è

doveroso aggiungere che

esistono diverse premesse per

rilanciare il Marsala.

Per esempio è facile evidenziare

la mancanza di un “efficace”

supporto pubblicitario.

Sicuramente un’ottima promo-

zione fortificherebbe la fedeltà

dei consumatori ed ampliereb-

be gli spazi di mercato.

Il Consorzio Volontario per la

Tutela del Vino Marsala, istituito

il 27 dicembre del 1962 (che

da qualche mese ha rinnovato

il consiglio di amministrazione,

eleggendo Presidente il rag.

Giuseppe Ingargiola, già in

Florio) può fare la sua parte di

primo piano nel programmare

e concretizzare una grande

campagna promozionale,

effettuando un tipo di

operazione analoga a quella

attuata per la valorizzazione

dello Spumante italiano nei

confronti dello Champagne,

puntando a riproporre il Marsala

in alternativa al Porto ed allo

Sherry.

Aneddoto storico non

trascurabile: la campagna pro

Spumante ha fatto effettuare

il sorpasso nelle vendite sullo

Champagne.

Dunque, sarebbe bene

profittare “legittimamente” del

momento di favore che stanno

vivendo all’estero i prodotti

made in Italy.

La produzioneCon uve bianche: Catarratto,

Grillo, Inzolia e Damaschino.

Uve rosse (consentite solo

per la produzione del Marsala

rubino): Pignatello, Nero

d’Avola e Nerello Mascalese.

Tecnica di preparazione La tecnica di base per il Marsala

fine superiore: vino base DOC

alcolizzato, aggiunto di mosto

concentrato ( o di sifone) e di

mosto cotto(che è ottenuto dalle

uve destinate alla preparazione

del Marsala). Quest’ultimo viene

posto in caldaie di rame dai 15

ai 40 ettolitri e concentrato a

fuoco diretto o a vapore per

24 ore; fino a ridursi a circa 1/3

ed a caramellizzarsi. Durante la

cottura viene continuamente

agitato e schiumato (la schiuma

viene poi utilizzata per preparare

la concia).

Il mosto cotto conferisce

sapidità al Marsala, sapore

di cotto, e per i prodotti

caramellizzati, il caratteristico

amarognolo.

Il sifone o mistella è un mosto

concentrato addizionato di

acquavite di vino, il cui insieme

è chiamato concia. Si ottiene

partendo dal mosto fiore

aggiunto alla prima frazione

del mosto di pressatura, con

aggiunta di alcol di vino sino

a valori di 20 gradi. Quindi

rimane in botti di rovere da 20

a 60 ettolitri da 6 mesi a 2 anni.

Entro i tempi di stazionamento

nelle botti viene travasato a

causa delle precipitazioni.

Dopo viene aggiunto al vino

base in proporzioni varie.

Classificazioni

L’art. 2 della Legge 851 del

28 novembre 1984 enuncia

le classificazioni: il MARSALA

FINE è quello invecchiato

almeno 1 anno; il MARSALA

SUPERIORE è invecchiato

almeno 2 anni; il MARSALA

SUPERIORE RISERVA almeno

4 anni; il MARSALA VERGINE

e/o SOLERAS almeno 5

anni; il MARSALA VERGINE

STRAVECCHIO RISERVA

almeno 10 anni.

La stessa Legge distingue i 5

tipi di Marsala per il “colore”

in: Oro, Ambra e Rubino. E

per il “contenuto zuccherino”

in: Secco, con zuccheri

riduttori inferiori a 40 grammi/

litro; semisecco, con zuccheri

superiori a 40 ma inferiori

a 100 grammi/litro; dolce,

con zuccheri superiori a 100

grammi/litro.

Cantine a Marsala Marsala

Page 76: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

La storia dell’azienda

inizia nel 1830 quando

i fratelli Don Lucio e

Don Carmelo Mastrogiovanni

Tasca acquistarono l’ex feudo

Regaleali, circa 1200 ettari nelle

campagne di Sclafani, al confine

della provincia di Palermo con

quella di Caltanissetta. Lucio

Tasca diresse l’intera proprietà

e, con il suo esempio, impresse

uno sviluppo decisivo all’intera

industria agraria siciliana.

L’erede e nipote omonimo,

Lucio Tasca, primo Conte

d’Almerita, allo stesso modo

si appassionò alla conduzione

dell’impresa agricola: sugli

Annali dell’Agricoltura

Siciliana nella seconda metà

dell’Ottocento i tecnici agrari

più autorevoli dell’epoca citano

la fattoria come un modello da

seguire per tutta la Sicilia. Suoi

successori a Regaleali furono il

figlio secondogenito Giuseppe

Amore per la Sicilia:il Conte Lucio

Tasca d’Almerita

di Roberto Rabachino - fonte Studio Suitner

Disponibilità ed interazione di diversi fattori, ambientali, genetici, umani, il tutto legato da una sola parola: Amore.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 374

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Page 77: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Tasca Lanza, Senatore del

Regno e due volte Sindaco di

Palermo, e poi il nipote Lucio

Tasca Bordonaro, con lo stesso

grande amore e competenza

dell’omonimo nonno:

“Era stato don Lucio Tasca,

Barone di Regaleali, a spingere

il sistema della masseria

a latifondo verso un vero

progresso agricolo in Sicilia”

affermava il Prof. A. Scifò “e il

giovane Lucio Tasca Bordonaro

Cavaliere del Lavoro, oltre

alla fortuna nel 1922, aveva

ereditato il talento ad occuparsi,

a pubblica utilità, di una vasta

impresa rurale”.

L’unico figlio, il Conte Giuseppe

Tasca d’Almerita anche lui

Cavaliere del Lavoro, ereditò

tutta la terra e l’amore per

essa.

A partire dal 1957 il Conte

Giuseppe Tasca, coadiuvato

dalla moglie Baronessa Franca

Cammarata, assunse l’intera

responsabilità della conduzione

aziendale, dedicandovi tutto il

suo amore. Quattro i loro figli:

Anna, Costanza, Rosemarie

e Lucio, che oggi presiede

l’azienda.

Il Conte Lucio - così è chiamato

da amici e collaboratori - è

il simbolo del rinnovamento

dell’intero sistema aziendale.

A metà degli anni Ottanta,

grazie agli impianti sperimentali

di alcuni vitigni alloctoni,

presenta, primo in Sicilia,

un Cabernet Sauvignon e

uno Chardonnay vinificati in

purezza, pluripremiati nelle

diverse annate che seguirono,

e con il Rosso del Conte è uno

dei primi produttori del Nero

d’Avola in purezza, portando

così, per la prima volta, la

Sicilia all’attenzione del mondo

vitivinicolo internazionale e

aprendo la strada a quelli che

sarebbero stati i cambiamenti

e le innovazioni della viticultura

sull’isola.

Nei primi anni del 2000 decide

di acquisire direttamente

il controllo dei mercati in

cui sono presenti la marca

Regaleali ed i prodotti Tasca

d’Almerita, attraverso la

creazione di una S.r.l, società

del gruppo alla quale affida la

commercializzazione in Italia

e negli oltre 50 mercati esteri.

Alla vecchia struttura esterna

sostituisce una moderna e

completamente automatizzata

organizzazione interna, dotata

di strumenti tecnologici avanzati

per il controllo di gestione e

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 75

speciale Sicilia

Le vigne a triangolo Regaleali

Page 78: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

le procedure amministrative,

affidata a personale scelto e

motivato, con la supervisione

del figlio Alberto. Al primogenito

Giuseppe, laureato in agraria,

affida la gestione delle cantine

e della Tenuta di Regaleali.

Lucio Tasca vive tra la residenza

cittadina di Villa Camastra

Tasca, dimora settecentesca

collocata tra i giardini della

Conca d’Oro e gestita dalla

figlia Franca, e la Tenuta di

Regaleali, dove accoglie amici,

clienti e gruppi di turisti attirati

dalla magia del luogo e dalla

cucina della Marchesa Anna

Tasca Lanza, conosciuta in

tutto il mondo per i suoi corsi

di cucina tenuti all’interno della

masseria di Case Vecchie.

Ha recentemente acquistato

la Tenuta di Capo Faro, dove

è sorto un resort ed è iniziata

la produzione di una Malvasia

D.o.c. delle Lipari.

Tra i numerosi riconoscimenti ai

vini e all’azienda spicca quello

tributato all’imprenditore: nel

1997, il Conte Lucio, riceve il

“Premio Speciale Gran Vinitaly”;

nello stesso anno l’azienda

Tasca d’Almerita ottiene il

“Premio Internazionale Vinitaly”.

La Famiglia Tasca da sempre

cura la terra con passione,

attenzione all’innovazione

tecnologica e profondo rispetto

per il territorio. Inserita in un

contesto paesaggistico di

rara bellezza, ad un’altezza

media compresa tra i 400 ed

i 750 metri s.l.m., la Tenuta di

Regaleali gode naturalmente

di un microclima vocato

alla viticoltura, che viene

qui praticata fin dal 1.100.

L’insistere di temperature

atte alla perfetta maturazione

dei frutti e la fondamentale

escursione termica giorno-notte

di oltre 15° C. consentono la

salvaguardia del patrimonio

aromatico delle uve. Apripista

in Sicilia nell’introdurre tecniche

di potatura corta per ottenere,

attraverso basse rese, uve

con elevate caratteristiche

organolettiche, nel valorizzare

i vitigni autoctoni - Inzolia e

Nero d’Avola - nell’introdurre

proprio con il Nero d’Avola un

uso moderato della barrique

e nello sperimentare sull’isola

Chardonnay e Cabernet-

Sauvignon. Il terreno di

proprietà, oltre 500 ettari di

cui 400 coltivati a vigneto,

di differente composizione

geologica, rappresenta un

patrimonio di grande versatilità

rendendo possibile la selezione

della varietà ideale di uva da

porre a dimora in funzione delle

caratteristiche di ciascun suolo.

Ai vigneti si alternano alberi di

mandorle, distese di grano,

avena, uliveti vecchi e nuovi; e

le pecore, antico “diserbante”

naturale permettono la

produzione di ottime ricotte

e formaggi, guarniti con un

prelibato miele di rosmarino o

con marmellate fatte in casa.

Piante di ginestre, rosmarino

ed eucalipti crescono attorno

le riserve di acqua piovana che

durante il periodo invernale sono

affollate da anatre selvatiche

e da aironi grigi. La caccia è

bandita, e non è difficile dopo il

tramonto incontrare istrici, lepri,

conigli selvatici e porcospini.

In tale contesto l’apporto

dell’uomo sta nello stabilire le

tecniche colturali prima e nella

conduzione e vinificazione

poi. Da quell’oasi ecologica

di oltre cinquecento ettari la

Tasca d’Almerita oggi produce

quattro vini bianchi (Regaleali,

Leone d’Almerita, Nozze d’Oro

e Chardonnay), cinque vini

rossi (Regaleali Nero d’Avola,

Camastra, Cygnus, Rosso del

Conte, Cabernet Sauvignon),

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 376

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Il trasporto dall'Isola di Mozia

Page 79: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

un rosato (Rose di Regaleali) e due spumanti;

completano la gamma le specialità: le Grappe

(di Chardonnay e di Rosso del Conte) e l’Olio

ExtraVergine di Oliva Regaleali. Sperimentazione

e ricerca, nella vigna come in cantina sono

espressione di una tendenza alla qualità totale che

si concretizza nella finalizzazione dei prodotti.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 77

speciale Sicilia

Villa Tasca

Il Conte Lucio e le sue tenute

Intervista al Conte Lucio Tasca d’Almerita

Passato e presente: cosa desidera ancora per se

e per la sua azienda?

Non è mia abitudine guardarmi indietro perché niente ho da

farmi perdonare sia come uomo sia come imprenditore. Il

presente, poi, mi interessa relativamente.

Il futuro, quello mi affascina. Vedere la mia Sicilia crescere e

progredire all’insegna di quel progresso che passa per un

percorso dove legalità e tradizione sono le pietre fondanti, mi

entusiasma e mi da la forza giornaliera per migliorarmi.

Legalità. È il live motiv di Tasca d’Almerita.

Certamente. Noi da tempo abbiamo adottato un codice etico e

di comportamentale molto rigido. Legalità e trasparenza sono

i principi che regolano tutti i rapporti tra noi, i nostri dipendenti

e i nostri fornitori.

Parliamo della secolare filosofia produttiva della

Famiglia Tasca d’Almerita.

La nostra filosofia è molto semplice: innovazione nella

tradizione.

Oggi i miei figli Giuseppe e Alberto sono, con me, i custodi

di queste tradizioni e mai, per nessuna ragione al mondo,

cambieremo questa nostra strategia dove viene premiato prima

su tutto il territorio con le sue peculiarità e poi la strategica

ricerca di perfezionamento in vigna e in cantina.

Page 80: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

I vini della Provinciadi Messina

di Irene Picciolo

La Provincia di Messina produce vini riconducibile al proprio territorio dove premiata è sempre la tipicità e la tradizione.

DOC FARO

Il Faro Doc è un vino rosso prodotto nel territorio del comune di Messina sulle colline sovrastanti lo stretto, un’ area della

Sicilia che vanta un’antichissima vocazione vitivinicola. Veniva prodotto già durante l’età Micenea (XIV secolo a.C. circa), come

attestano alcuni reperti rinvenuti soprattutto nelle isole Eolie.

Il processo di vinificazione del Faro Doc prevede la fermentazione del mosto a contatto con la vinaccia, che durante questa fase

rilascia parte delle sostanze in essa contenute, quali antociani e tannini. Il processo di fermentazione dura generalmente oltre i

15 giorni. Seguono la fase della svinatura, con la separazione della vinaccia dal mosto, i travasi, l’affinamento e l’invecchiamento

obbligatorio per un anno almeno. Al termine di questo periodo il vino viene stabilizzato ed, infine, imbottigliato.

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NotizieFaro

Uve: Nerello Mascalese (45-60%),

Nocera (5-10%), Nerello Cappuccio (15-30%)

ed eventuale aggiunta di Calabrese

e/o Gaglioppo e/o Sangiovese (max 15%)

Colore: rosso rubino intenso tendente al rosso mattone

con l’invecchiamento

Profumo: delicato, etereo, persistente,

Sapore: secco, armonico di medio corpo, caratteristico

Salame Sant’AngeloIl salame Sant’Angelo si sposa felicemente con vini amabili e corposi, e lo si apprezza per un alto contenuto proteico ed una facile digeribilità. Autentico capolavoro della civiltà contadina, il salame Sant’Angelo è molto apprezzato in tutto il mondo per la sua particolare bontà, frutto del sapiente lavoro dei produttori artigiani, delle particolari condizioni climatiche, dell’umidità e ventosità che facilitano la stagionatura dell’insaccato. Il Salame Sant’Angelo nasce probabilmente intorno all’XI secolo, come conseguenza della colonizzazione da parte dei normanni che introdussero nuove abitudini alimentari e il consumo della carne suina. Viene ottenuto con un impasto di carni di prima scelta di coscia, lombata, costata e pancetta tagliate a punta di coltello a grana grossa, lavorate ed impastate con sale marino grosso e pepe nero a mezza grana per favorirne una migliore conservazione. Insaccati sapientemente in budella di suino, i salami si fanno stagionare in sale arieggiate, per un periodo che và dai 30-100 giorni, secondo la pezzatura.

Suino Nero dei NebrodiI suino neri sono allevati allo stato semibrado e brado

sui monti Nebrodi. I prodotti realizzati con suino nero

quali il salame Sant’Angelo, il prosciutto e la salsiccia

dei Nebrodi, i salami, i capicolli e le pancette presentano

una particolare intensità aromatica e si prestano a lunghe

stagionature.

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Page 81: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

DOC MAMERTINOLe prime testimonianze storiche sulla produzione del vino Mamert ino

risalgono al 289 a.C., quando i Mamertini piantarono nel territorio di Milazzo “una

pregevole vite per la produzione di un pregevole vino”. Tale era la bontà di questo vino già

all’epoca romana che, si narra, venne offerto da Giulio Cesare per celebrare il suo terzo consolato poi

raccontato anche nel “De Bello Gallico”. Nel Mamertino Rosso e Rosso Riserva è presente l’uva Nocera che fino agli anni 60 era

un vitigno ampiamente diffuso nella provincia di Messina ma col tempo è andato perduto perché soppiantato da altre varietà che

negli ultimi decenni hanno costituito le basi per la produzione di rossi importanti allargando la piattaforma ampelografica. Il metodo

di produzione del Mamertino di Milazzo Rosso Doc prevede la pigiatura delle uve, poi messe a fermentare e a macerare assieme

alla vinaccia. Con la successiva svinatura, si separa la vinaccia dal mosto e, dopo l’affinamento e l’invecchiamento, il vino viene

stabilizzato e imbottigliato. Questa Doc comprende le varietà di vino: Bianco, Bianco Riserva, Rosso, Rosso Riserva, Calabrese o

Nero d’Avola, Calabrese o Nero d’Avola Riserva, Grillo-Ansonica o Inzolia. Per tutti i tipi l’affinamento in bottiglia è obbligatorio per

3 mesi prima della messa in commercio.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 79

speciale Sicilia

NotizieMamertino di Milazzo o Mamertino Bianco

Uve: Grillo e Ansonica o Inzolia (minimo 35%), Catarratti

(minimo 45%)ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca

bianca della zona

Colore: paglierino più o meno intenso, talvolta con riflessi

verdolini

Profumo: gradevole, fino, fruttato

Sapore: secco, equilibrato

Mamertino di Milazzo o Mamertino Bianco Riserva

Uve: Grillo e Ansonica o Inzolia (minimo 35%), Catarratti

(minimo 45%)ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca

bianca della zona

Colore: giallo dorato, talvolta con riflessi ambrati

Profumo: etereo, pieno, passito

Sapore: dal secco, all’amabile, al dolce, gradevole, tipico

È obbligatorio l’invecchiamento di 24 mesi di cui 6 mesi in

legno.

Mamertino di Milazzo o Mamertino Rosso

Uve: Calabrese o Nero d’Avola (minimo 60%), Nocera

(minimo 10%) ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca

rossa della zona

Colore: rubino tenue, tendente al rosso mattone con

l’invecchiamento

Profumo: tipico, lievemente fruttato, tipico, delicato

Sapore: secco, corposo, sapido

Mamertino di Milazzo o Mamertino Rosso Riserva

Uve: Calabrese o Nero d’Avola (minimo 60%), Nocera

(minimo 10%) ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca

rossa della zona

Colore: rubino intenso, tendente al rosso mattone

Profumo: caratteristico, vinoso, armonico

Sapore: secco, corposo, pieno

È obbligatorio l’invecchiamento di 24 mesi di cui 6 mesi in

legno.

Provola dei Nebrodi

La provola dei Nebrodi è un formaggio a pasta filata famosa per la

dimensione, ed inoltre è l’unica provola ad essere stagionata. La

forma è la tipica “a pera” con un’appendice, la classica “testina”

dei cacicavalli, fatta apposta per legare e appendere le forme.

La provola dei Nebrodi presenta le caratteristiche di crosta sottile

di colore giallo paglierino tendente al giallo ambrato con l’avanzare

della stagionatura. Di consistenza morbida e a sfoglie, sua peculiare

caratteristica, dal sapore dolce per il fresco, moderatamente

piccante e deciso nello stagionato, ottima da degustare, oltre che

col vino, accompagnata dal miele di castagno tipico dei Nebrodi.

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ti Milazzo

Page 82: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 380

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a Mamertino di Milazzo o Mamertino Calabrese

o Nero d’Avola

Uve: Calabrese o Nero d’Avola (minimo 85%)

ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca rossa

della zona

Colore: rubino intenso

Profumo: caratteristico, gradevole, fruttato

Sapore: asciutto, pieno, armonico

Mamertino di Milazzo o Mamertino Calabrese

o Nero d’Avola Riserva

Uve: Calabrese o Nero d’Avola (minimo 85%)

ed eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca rossa

della zona

Colore: rubino intenso tendente al rosso granato

Profumo: caratteristico, gradevole, fruttato

Sapore: asciutto, corposo, armonico

È obbligatorio l’invecchiamento di 24 mesi di cui 6

mesi in legno.

Mamertino di Milazzo o Mamertino Grillo

Ansonica o Inzolia

Uve: Grillo e Ansonica o Inzolia (minimo di ciascuno

del 20%)

Colore: paglierino più o meno intenso, talvolta con

riflessi verdolini

Profumo: caratteristico, fruttato, delicato

Sapore: secco, armonico, fresco

MaiorchinoÈ uno dei più grandi pecorini d’Italia sia qualitativamente

che in senso fisico, il suo peso infatti va dai 10 ai 18 chili.

Sembra sia comparso intorno al ‘600, in occasione della

sagra chiamata “Maiorchina”. Tutt’oggi a carnevale, in alcuni

comuni messinesi, con i Maiorchini stagionati si effettua

la tradizionale “ruzzola”, gara consistente nel far rotolare le

forme del formaggio il più lontano possibile. Si produce da

febbraio a metà giugno con latte crudo di pecora al quale

viene aggiunto caglio in pasta di capretto o agnello. Del tutto

particolare la consuetudine dei casari di bucherellare la pasta

con una sottile asta metallica o di legno per favorire l’uscita del

siero. L’attrezzo si chiama minacino. Dopo quarantotto ore,

il maiorchino viene salato a secco, con sale marino, per un

periodo di venti-trenta giorni. La stagionatura avviene in locali

di pietra interrati, a volte in grotte o cantine che garantiscono

temperatura costante. Durante questo periodo, che dura

otto mesi almeno, il prodotto viene pulito, deterso, girato più

volte, poi trattato con olio d’oliva. Da assaporare abbinato

alle tipologie di Mamertino rosso.

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Cappero di SalinaI capperi di Salina sono i migliori del mondo per qualità, uniformità, compattezza e profumo. La varietà più diffusa è la “nocellara” o “tondino” che dà boccioli rotondi e compatti, e un profumo forte

e aromatico. Durante la raccolta,che avviene da fine maggio ad agosto, i capperi vengono stesi su teli di juta all’ombra. Dopo qualche ora vengono salati, con sale marino grosso, nelle “tine” e travasati ogni giorno per otto o dieci giorni, per arieggiare il prodotto, evitando che l’azione combinata del sale e del calore li rovini. Infine, dopo circa un mese sono pronti per il consumo quindi sono selezionati nei diversi calibri, conditi, se necessario, invasettati e pronti per insaporire insalate, sughi a base di pesce, bruschette e abbinato alle tipologie di Mamertino Bianco.

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Page 83: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 81

speciale SiciliaDOC MALVASIA DELLE LIPARILa bellezza delle spiagge e delle grotte, la dolcezza del clima, la storia millenaria danno il benvenuto alle isole Eolie (o Lipari).

Le fertili terre in cui crescono olivi, capperi e frutta, ospitano i vitigni della Malvasia di Lipari,da cui la DOC omonima trae

origine. Lipari subì la colonizzazione greca nel IV secolo a.C. periodo in cui si attribuisce l’importazione nell’isola del vitigno

Malvasia che si produce principalmente nell’isola di Salina. Il terreno vulcanico dona al vino particolari e raffinati sentori.

Il sistema di allevamento della vite a spalliera bassa, unito alla preziosità dei radi grappoli e alla loro tarda vendemmia,

conferiscono alla DOC un sapore pieno: le uve vengono lasciate più a lungo sulla pianta così da consentirne un primo

moderato appassimento, portato a termine poi, una volta raccolte, quando le si fa riposare al sole sui tipici graticci di canna.

Due sono le varietà di uve utilizzate: la malvasia di Lipari per il 95% e Corinto nero. È uno dei grandi vini dolci mediterranei,

oggi interpretato nelle tre versioni previste dal disciplinare: naturale, passito e liquoroso.

Malvasia delle Lipari Naturale

Uve: Malvasia di Lipari (massimo95%), Corinto nero(dal 5 all’8%)

Colore: dorato vivo

Profumo: morbidi di fiori bianchi e frutta gialla

Sapore: aroma dolce di pesca, susina e albicocca corretta da una leggera nota salmastra

Malvasia delle Lipari Passito

Uve: Malvasia di Lipari (massimo95%), Corinto nero(dal 5 all’8%)

Colore: ambrato

Profumo: frutta dolce, fichi, datteri e agrumi canditi

Sapore: sentori di eucalipto e di miele, mandorla, marmellata di arance

Malvasia delle Lipari Liquoroso

Uve: Malvasia di Lipari (massimo95%), Corinto nero(dal 5 all’8%)

Colore: giallo dorato

Profumo: albicocca matura

Sapore: dolce e aromaticoCannolo SicilianoDolce costituito da un

involucro cilindrico di pasta fritta, farcito con un impasto di

ricotta, zucchero e frutta candita.

PignolataSi presenta come un mucchietto di pigne di varie dimensioni

ricoperte di glassa bianca al limone e scura al cioccolato e

dall’odore di essenza di limone (o bergamotto) e cioccolato

vanigliato. La pignolata glassata deriva direttamente

dalla pignolata al miele, che prevedeva un mucchietto

di “pigne” fritte ricoperte da miele. La pignolata glassata

nasce nel periodo della dominazione spagnola, quando

su commissione di famiglie nobili si rielaborò la precedente

ricetta “povera” sostituendo la copertura con una dolcissima

glassa aromatizzata al limone ed al cacao. Oggi la pignolata,

che nel corso dei secoli si è diffusa in tutta l’Area dello Stretto,

è il dolce tipico più apprezzato della zona e vi è prodotto

in grandi quantità per l’esportazione in Italia e all’estero.

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Piparelle

Biscotti croccanti al cacao con mandorle, leggermente

piccanti per l’aggiunta di spezie. Forma a fetta tagliata di

sbieco.

Paste di mandorla

La pasta di mandorla è un impasto dolce tipicamente

siciliano che serve a confezionare diversi tipi di dolciumi. I

maestri pasticcieri lavorano la mandorla in maniera artigianale

con il miele, fino ad ottenere una pura pasta di mandorla

che può inoltre essere aromatizzata al limone o all’arancia

oltre che essere ricoperta di zucchero a velo. Una delle

più note applicazioni dolciarie della pasta di mandorle è la

cosiddetta frutta Martorana o pasta reale, ossia i “finti frutti”:

vero capolavoro dell’artigianato dolciario siciliano.

Vigneti di Malvasia delle Lipari

Page 84: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Una delizia: il Ragusano DOP

di Roberto Rabachino

In Sicilia è considerato il simbolo della tradizione e della genuinità.

È l’orgoglio delle mas-

serie, i complessi

architettonici della

campagna iblea costruiti su

pietra bianca calcarea, al

tempo stesso abitazione

del massaro e piccolo ca-

seificio dove viene prodotto

artigianalmente, secondo una

ricetta che si tramanda da gen-

erazioni, il prezioso formaggio.

Il Ragusano D.O.P. è un

formaggio prodotto nell’intero

territorio della provincia di

Ragusa e nei comuni di Noto,

Palazzolo Acreide e Rosolini

in provincia di Siracusa. È

un formaggio a pasta filata

derivante da latte di vacca

intero crudo. Ha la caratteristica

forma parallelepipeda a sezione

quadrata con angoli smussati:

per tale motivo viene chiamato

in dialetto anche scaluni, perché

la sua forma ricorda il gradino

di una scalinata, o pruvuluni.

La crosta è liscia, sottile,

compatta e di colore giallo

dorato o paglierino tendente

al marrone con il protrarsi

della stagionatura. La pasta è

compatta e al taglio si presenta

di colore bianco tendente al

giallo paglierino più o meno

intenso. Per la stagionatura,

le forme del Ragusano D.O.P.

vengono legate a coppia con

sottili funi e poste a cavallo

di appositi sostegni, così

da garantire una perfetta

aerazione dell’intera forma. La

maturazione può durare per

un periodo che va da quattro

mesi ad oltre un anno, in base

al tipo desiderato: la qualità di

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 382

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Marchiatura del Ragusano DOP Masseria nel Ragusano

Page 85: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

questo formaggio è tale che

la complessità di sapori e di

profumi aumenta con il passare

del tempo e il miglior Ragusano

ha dagli otto ai ventiquattro

mesi di stagionatura. Il prodotto

può essere affumicato solo

con procedimenti naturali

e tradizionali; in tal caso la

denominazione di origine deve

essere seguita dalla dicitura

affumicata.

Vini consigliati per l’abbinamento:per il prodotto meno stagionato

Cerasuolo di Vittoria, Etna

Rosso, Faro; per quello

stagionato Marsala; mentre ad

un Ragusano con stagionatura

oltre i diciotto mesi si può

piacevolmente accostare del

miele di carrubo (o castagno)

abbinando un Moscato Passito

di Pantelleria.

Caratteristiche e fasi

di produzione

Il caciocavallo Ragusano

DOP ha una tipica forma

rettangolare (altezza 13-15 cm

e lunghezza 40-45 cm), pesa

normalmente più di 10 chili.

Tipo di formaggio: a pasta

compatta morbida. Il latte viene

filtrato in un grande recipiente

di legno - spesso fasciato in

rame - e viene aggiunta la

pasta di caglio d’agnello o di

capretto. La cagliata è pronta

dopo più di un’ora: viene rotta

in granuli della dimensione di

una lenticchia con un’asta di

legno che termina a forma di

disco. Contemporaneamente,

viene aggiunta acqua a 80°C,

per una prima cottura; quindi,

la cagliata viene depositata

dentro dei canestri da cui viene

fatto uscire il siero. Di seguito,

viene eseguita una seconda

cottura della cagliata, sempre

a 80°C, che termina dopo

un paio d’ore, utilizzando la

scotta, residuo della ricotta.

Infine, la cagliata viene riposta

nei canestri per completare il

filtraggio del siero e qui viene

lasciata riposare per venti

ore per far maturare il giusto

grado di acidità e il sapore.

Dopo questo tempo la pasta

densa viene tagliata a fette e

posta nello staccio, un altro

recipiente in legno o in rame su

cui viene versata acqua calda

che serve a far filare la pasta.

Le forme vengono immerse,

poi, in piccole vasche di acqua

e di sale per la prima salatura.

Possono restare in questo

stato di salamoia da due o otto

giorni, a seconda del peso delle

forme. Infine, vengono portati

alla stagionatura (spesso in

locali ricavati da grotte naturali).

Nei centri di stagionatura avviene

la seconda salatura, che dura

circa trenta giorni. Al termine di

questa fase le forme vengono a

coppie a cavallo di travi di legno

e controllate periodicamente.

Il “Ragusano” viene lasciato

maturare per un periodo che va

da quattro mesi ad un anno, in

base al tipo desiderato.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 83

speciale Sicilia

Page 86: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Segretario in compagnia dei sommelier della FSI-BRASIL

Luigi Mastrocicco all'assaggio

Graziella Cescon

L'arrivo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

La delegazione dei Sommelier Brasiliani Lo stand della nostra rivista

Cristiano Ribeiro, Roberto Rabachino, Jefferson Nunes, Pres. FSI-Brasil, Vittorio Cardaci, Marcio Muller, e Mario Del Debbio

Page 87: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

F.I.S.A.R.

protagonista

vinitaly 2010 Il Conte Lucio Tasca con Vittorio Cardaci

Tiziana Baldassari alla postazione FISAR allo stand di Toscana Promozione

Il Presidente Cardaci con Lucia Buffo capo redattore RAI TG2 premio Carpenè Malvolti

Il nostro stand istituzionale Francesca, Lavinia, Enza e Giusy hanno accolto i visitatori agli stand

Page 88: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 386

diVinandoDIVINANDO IVINANDO

Presentata al Vinitaly la nuova edizione con una sfida tutta al femminile.

Domenica 11 aprile al Vinitaly la Giornata del Sommelier FISAR allo stand di Carpenè

Malvolti con il Grande Slam Carpenè e le nostre sommelier Fisar che si sono sfidate in una

edizione straordinaria di Divinando.

Tre squadre, rappresentate da tre donne capitane dei rispettivi team sfidanti, ovvero Giusy Certo di

Messina, Michela Taffarel di Treviso e Stefania Sforzi di Montecarlo di Lucca, si sono affrontate in

una sfida-degustazione “all’ultima bollicina” per identificare il neonato Petit Manseng tra quattro vini de

L’Arte Spumantistica Carpenè Malvolti attraverso le caratteristiche organolettiche distintive.

Ad aggiudicarsi la gara è stata la giovane Giusy Certo, ventottenne di Milazzo (ME) che si è abilmente

destreggiata tra le fini differenze individuando le note sensoriali del Petit Manseng Carpenè Malvolti nella

prima sfida e del Viognier nello spareggio.

Prima della premiazione, il Presidente Nazionale FISAR - Vittorio Cardaci Ama, ha pubblicamente

ringraziato la Rosanna Carpenè per la manifestazione che, ormai da quattro anni, vede la FISAR

festeggiare i propri associati alla Carpenè Malvolti durante la kermesse veronese.

Durante la manifestazione, il Segretario Nazionale Mario Del Debbio ha presentato al pubblico la prossima

terza edizione del Trofeo Divinando, torneo a squadre tra le delegazioni Fisar dedicato al vino in tutte le

sue sfaccettature, attraverso quesiti teorici sulle caratteristiche dei vini e prove di “abilità” di varia difficoltà.

Teatro della fase finale del concorso, come avviene già da due edizioni, sarà - l’ultima

settimana di ottobre - una cantina storica di Conegliano Veneto, ovvero quella di Carpené.

Le iscrizioni al torneo inizieranno il 15 maggio, per chiudersi il 20 giugno, mentre le eliminatorie si terranno

nella prima settimana di settembre.

Nalla stessa giornata, Carpené

Malvolti ha consegnato il “Premio

Carpené Malvolti ai protagonisti della

comunicazione” a Lucia Buffo,

capo redattore RAI del TG2 e

inviata per le Rubriche “Eat Parade”.

La vincitrice, intervistata dal direttore

della rivista Il Sommelier Roberto

Rabachino, è stata premiata con

una Magnum dorata di Prosecco

Carpené Malvolti e con una

pergamena attestante il premio

ricevuto.

2010

2010

Giusy Certo tra Laura Sandoli e Rosanna Carpenè

Giusy Certo tra Laura Sandoli e Rosanna Carpenè

Page 89: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

diVinandodiVinando2010

FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI

®

Page 90: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 388

Forte dei Marmi ha accolto

con entusiasmo gli amici

fisariani regalandogli una

calda domenica di primavera. Lo

splendido scenario di Villa Bertelli

ha fatto da sfondo alle interessanti

degustazioni che i banchi di

assaggio della manifestazione

FORTE DIVINO offrivano ai

partecipanti. Ma è nella mattinata,

durante i seguitissimi lavori, che la

FISAR ha dimostrato il suo oramai

conclamato rinnovamento. Un

rinnovamento iniziato nel 2003

e che ha portato la Federazione

ad occupare in modo stabile

un posto di primaria importanza

nella sommellerie italiana. Un

successo testimoniato dal

continuo e crescente interesse

che il mondo dell�enogastronomia

rivolge ai nostri sommelier. La

nostra professionalità è ormai

partner ufficiale di tantissime

manifestazioni. Ciò nonostante

sono molti gli impegni che

ancora dobbiamo affrontare.

Per questo, domenica mattina,

una sala gremita di soci in

rappresentanza della grande

maggioranza delle Delegazioni

italiane, ha registrato la volontà di

fare un ulteriore sforzo. Quello di

percorrere questi ultimi metri che

devono portarci definitivamente

nel futuro, con un impegno ed

un�attenzione ancora maggiori.

Sappiamo tutti benissimo che,

dopo una corsa lunghissima,

trovare la forza per alzarsi ancora

sui pedali è prerogativa solo dei

grandi campioni, ma è proprio

questo che i soci presenti in

assemblea hanno promesso

di voler dimostrare. Ognuno di

noi si è assunto un impegno

preciso con la consapevolezza

che il tempo per attuarlo è molto

breve. Ad autunno ci ritroveremo

tutti a Castelbrando (TV). Lo

splendido castello medievale

accoglierà infatti il Congresso

annuale al quale sicuramente

saranno abbinate riunioni

tecniche ed organizzative. Quello

che riusciremo a fare in questi

pochi mesi è fondamentale per

decretare fin da subito un grande

exploit nel 2011 ed arrivare

pronti e decisi all�organizzazione

dei festeggiamenti dei 40 anni

di FISAR nel 2012 con evento

veramente memorabile. Un

ringraziamento alla Delegazione

Fisar Versilia per l�impegno

profuso nell�organizzazione

di questa Assemblea e un

ringraziamento particolare anche

al comitato organizzativo di

FORTE DIVINO per la splendida

accoglienza che ci hanno riservato

coronata dal Premio giornalistico

internazionale FORTEDIVINO

2010 che lo stesso comitato ha

deciso di assegnare a ROBERTO

RABACHINO, presidente ASA e

Direttore della nostra rivista.

A CASTELBRANDO, NEL CONGRESSO AUTUNNALE, LA VERIFICA DEI NOSTRI IMPEGNI.

Speciale Assemblea

Appena il tempo di archiviare la bella assemblea

di Forte dei Marmi e già si pensa al prossimo appuntamento.

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 388

Page 91: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 89

Speciale AssembleaIl delegato Flavio Nuti durante il suo intervento

Luisella Rubin parla

delle DONNE della FISAR

Baglietti, Del Debbio, Priscilla Occhipinti e Vittorio Cardaci

I sommelier della Delegazione Versilia

Il "grande" MarzioRoberto Rabachino con il Premio Fortedivino 2010

I Soci in sala

Carlo Stasi apre le danze

Grappa Nannoni con etichetta

personalizzata

Del Debbio impegnato

con il distintivo FISAR

donato a Priscilla OcchipintiL'inizio dei lavori dell'assemblea

FORTE DIVINOMagiche Degustazioni

I Soci in assemblea

Page 92: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Quante volte abbiamo percorso l’autostrada

del Brennero in direzione nord, che dopo

il lago di Garda si incunea nella catena

delle Prealpi; Questi monti hanno sempre suscitato

un fascino particolare perché difficilmente capita

di poter ammirare così tanti rilievi, molte volte

imbiancati dalla neve, comodamente seduti in

macchina, e così vicini; un paesaggio fiabesco

che non smette mai di meravigliarci ogni volta che

la percorriamo. Dopo la città di Trento la valle si

apre, e gli osservatori più attenti, non si saranno

fatti sfuggire le distese di vigneti a pergola trentina

che caratterizzano la Piana Rotaliana. Siamo nel

regno del Teroldego: Il vino rosso che identifica

questa terra. Il fiore all’occhiello del Trentino è lo

spumante metodo classico, il vino più esportato

in tutto il mondo con quelle fragranti bollicine

oramai riconosciute su qualsiasi tavola, ma i

trentini definiscono il Teroldego come il “principe

dei vini trentini”: quel bel rosso di corpo, pieno ma

elegante. Il vino è prodotto esclusivamente con le

uve del vigneto omonimo. È un vitigno autoctono

e recenti studi hanno individuato molte affinità

con il Lagrein e il Marzemino, “cugini” di casa che

danno eccellenti risultati in aree attigue. Cresce

solo in questa zona, se infatti viene coltivato in

altre zone, pur con lo stesso sistema di impianto

e di cure colturali, produce risultati deludenti e

Il Principe dei vini Trentini: Il Teroldego

Rotaliano

Un vino di montagna profumato ed elegante“ ”

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 390

di Luca Iacopini e Massimo Bracci

Page 93: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 91

completamente diversi, ne sono un esempio in

Veneto, in Lombardia e in altre zone del Trentino.

Quindi la piana Rotaliana con il suo territorio e il

suo microclima è l’habitat ideale.

Il nome sembra derivi da Tirodola, una modalità

di coltivazione che prevede l’uso delle tipiche

“tirelle” che costituivano il tutore vivo a cui si

reggeva la vite. Vi è anche una tesi più mitica

che vuole il nome derivato da “Tiroler Gold”, l’oro

del Tirolo, così come il vino veniva chiamato alla

corte di Vienna, infatti era estremamente popolare

in Austria, Germania e Svizzera alla fine del XVIII

secolo, ma più realisticamente l’origine sembra sia

da ricercare sul nome di un posto locale, la località

Teroldeghe, nel comune di Mezzolombardo.

Grappoli grandi affusolati capaci di produrre il

doppio di un normale vitigno autoctono italiano. Il

Teroldego con un buon livello qualitativo riesce a

dare anche dieci tonnellate di uva per ettaro.

Attualmente il sistema di allevamento più usato è

la pergola trentina caratterizzata dal tetto inclinato

leggermente verso l’alto di 20-30° rispetto al palo

verticale. La pergola trentina necessita di una

palificazione complessa e piuttosto onerosa ma

è stata pensata per ottimizzare l’esposizione al

sole e il perfetto circolo dell’aria tra i filari dove si

possono produrre frutti asciutti e sani. I capi della

vite vengono appoggiati a raggiera sul tetto della

pergola e potati a Guyot.

Il Campo Rotaliano su cui si coltiva la vite è una

zona pianeggiante che ricade nei comuni di

Mezzacorona, Mezzolombardo e San Michele

all’Adige tutti in provincia di Trento. Il territorio è

caratterizzato da una struttura alluvionale formatasi

con le frequenti esondazioni del fiume Noce, con

presenza di limo e ghiaia in superficie, sabbia e

ciottoli in profondità, quindi un ottimo drenaggio

anche se variabile da zona a zona. Dal punto di vista

climatico questa “piana” è protetta dai venti grazie

a queste alte pareti rocciose. Il vino è prodotto

esclusivamente con le uve del vigneto omonimo,

può essere anche nella tipologia Superiore se

ha una gradazione alcolica minima di 12 gradi e

riserva se invecchiato almeno due anni in cantina

prima della sua commercializzazione. Esiste anche

la versione rosato che deve avere una gradazione

minima di 11,5 gradi.

Abbiamo degustato un vino fra i vini simbolo di

questa terra: Teroldego Rotaliano 2005 della

cantina Foradori di Mezzolombardo con gradazione

alcolica

di 13°.

Si presenta con

un colore quasi impenetrabile, rubino carico con

sfumature violacee.

Al naso si caratterizza da profumi intensi e fini.

All’inizio predomina la frutta rossa come la ciliegia

e la mora, dopo pochi secondi si apre con uno

spettro di profumi variegato dovuto anche al

passaggio in barrique come la noce moscata e

sentori di sottobosco: humus. In bocca è fresco,

sapido e morbido, lungamente fruttato che

confermano i sentori olfattivi. Ha un ottima acidità

che fa da giusto contrasto con la sua struttura,

equilibrato. Il tannino è setoso, in bocca sentiamo

dei sentori minerali e della buona sapidità,

caratteristica principale di questi terreni. È un vino

di ottima struttura e ci lascia la bocca in perfetta

sintonia.

È un da servire ad una temperatura di 14-16° e

magari alcune versioni come il superiore o vecchie

annate anche a 18°. I Teroldego giovani sono

ideali da abbinare ai primi piatti semplici ma saporiti

come i piatti trentini, ottimo anche con frittate

farcite e affettati. Le versioni invecchiate e

strutturate prediligono la carne e i formaggi

stagionati. Possiamo solo concludere

confermando che da questa meravigliosa valle

nasce un vero vino principe.

Page 94: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 392

Collana Coltura & Cultura

Editore: Bayer CropScience

Autore: vari

L’agricoltura italiana ha oggi due necessità non sempre facili da conciliare: saper innovare ed avere la fiducia dei consumatori. Come comunicare dunque l’innovazione? Non solo attraverso un’informazione tecnico-scientifica, ma piuttosto con una comunicazione “integrata” che preveda di comunicare le ragioni ed i benefici dell’innovazione, la cultura e i valori della nostra agricoltura, senza appiattirsi sulla retorica dei “buoni sapori di una volta”, e, che sappia affiancare innovazione ad altri aspetti dell’agricoltura, sicuramente apprezzati dai consumatori; in altre parole che rimetta l’agricoltura nella cultura, e la cultura nell’agricoltura.In linea con questi principi, Bayer CropScience ha reso possibile la realizzazione della collana “Coltura & Cultura”, che ha come primo scopo quello di far conoscere i valori della produzione agroalimentare italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio.

Info: www.colturaecultura.it

ladi

Biblioteca di Gladys Torres

Gladys

Page 95: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 93

L’Atlante dei vini Spumanti Editore: Carlo Cambi Editore

Autore: Andrea Zanfi

Costo: 130,00 euro

L’Atlante degli Spumanti d’Italia (due volumi indivisibili in prestigioso cofanetto: “Metodo Classico di Territorio” e “Metodo Classico di Vitigno”) è un’opera importante, completa, informativa e didattica, che pensiamo contribuirà a fornire chiarezza e un’ulteriore promozione al movimento produttivo delle bollicine italiane. Un lavoro di grande pregio, in conformità agli alti standard qualitativi delle pubblicazioni della Carlo Cambi Editore. Il lettore potrà scoprire in quest’opera le migliori aziende produttrici di Spumante Metodo Classico - interpretate da Andrea Zanfi con la sua solita metodologia originale - e attingere altresì le informazioni complete sulla produzione degli Spumanti, sui territori, sui vitigni utilizzati, sulle fasi della vinificazione, le caratteristiche dei vini selezionati, la degustazione e molto altro... Hanno collaborato per i testi inseriti all’interno del doppio volume il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano, la Ager s.c. Agricoltura e Ricerca, Giampietro Comolli del Forum degli Spumanti d’Italia, gli enologi Stefano Capelli e Mattia Vezzola. Un libro da leggere, da consultare, da tenere in biblioteca, ma anche semplicemente da sfogliare e da gustare con gli occhi - grazie anche alle splendide fotografie inedite di Giò Martorana. Un nuovo e importante tassello che consente a tutti i lettori, siano essi semplici appassionati o professionisti del mondo del vino, di avere una fotografia dettagliata del movimento spumantistico italiano e dei suoi protagonisti.

Raboso del Piave - Fascino della terra Editore: Dario De Bastiani

Autore: vari

Costo: 25,00 euro

Vitigno autoctono della Marca Trevigiana, coltivato da sempre lungo le rive del fiume Piave, dal quale si ricava un grande vino da invecchiamento ricco di personalità e fascino, espressione di storia, cultura e tradizione. Scritto in italiano ed inglese, questo testo è un progetto volto a rivalutare l’autenticità del Raboso del Piave, in cui si alternano le immagini di viti e cantine, con antiche scene rupestri e rare cartine topografiche del bacino della zona “DOC Piave”. Si rievocano le usanze paleovenete, con uno sguardo che attraversa il presente e si protrae al futuro, inseguendo gli aspetti tecnologici più raffinati. Lo sguardo è concentrato sulla cultura più vera di un popolo in cui si basano le tradizioni e le radici di un’epoca che non potrà essere dimenticata. Nel libro “Il Raboso del Piave (207 pagine) sono raccolte le preziose testimonianze degli autori sul tema Raboso: Antonio Calò, già direttore dell’Istituto Sperimentale per la viticoltura; Francesco Francini, nutrizionista e docente all’Università di Padova; Paolo Lauciani, giornalista della rubrica Gusto del Tg5; Giampiero Rorato, studioso di enogastronomia; Diego Tomasi ricercatore del Centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano (TV).

ladi

BibliotecaGladys

Page 96: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

news dall'Italia

94

Vinitaly caput mundi dell’enologia,

con un incremento del 4,4% de-

gli operatori esteri per un totale di

47.000 provenienti da oltre 110

Paesi e soprattutto da nuovi merca-

ti, per un totale di 152.000 presen-

ze. Oltre 2.500 giornalisti accredita-

ti, in arrivo da oltre una cinquantina

di Paesi. “La mia soddisfazione più

grande – afferma Ettore Riello, pre-

sidente di Veronafiere – è aver visto

ritornare la fiducia sul volto degli

espositori, che hanno potuto con-

statare il lavoro svolto dalla squadra

di Vinitaly per incrementare la pre-

senza di operatori”. “Per raggiunge-

re questo risultato – dice Giovanni

Mantovani, direttore generale di

Veronafiere - Vinitaly ha realizzato

massicce azioni di marketing diret-

to sui principali mercati e ha porta-

to a Verona delegazioni qualificate

da Nord, Centro ed Est Europa,

Russia, ma anche da Usa, Canada

e Australia, Paesi mediterranei, Asia,

Estremo Oriente, America Centrale

e Meridionale”.

“Storica per questo Vinitaly la visita

del presidente della Repubblica

Giorgio Napolitano – ricorda Riello

– che ha dato al settore la misura

dell’attenzione delle istituzioni e uno

sprone a guardare avanti. Per questo

è di buon auspicio l’idea condivisa

con il presidente della

Repubblica di indire un concorso

per realizzare la bottiglia celebrativa

del 150° dell’Unità d’Italia, da

presentare insieme al Vinitaly del

prossimo anno (7-11 aprile 2011)”.

“Questo è stato il Vinitaly della

serenità, abbiamo lavorato fin dal

primo giorno di manifestazione e

c’è la coscienza che il settore può

uscire più velocemente di altri dalla

crisi”. Lo dice Sandro Boscaini

della Masi, ma dello stesso parere

sono altri storici produttori, da

sempre presenti al salone del vino

di Verona. “Un Vinitaly di successo,

con una buona affluenza di operatori

italiani e stranieri», dice Lamberto

Vallarino Gancia, e Andrea

Sartori conferma, sottolineando

“l’ottimismo che si respira e che

rassicura sulla volontà di

lasciare alle spalle un periodo

difficile”. Molto bene anche per

Francesco Zonin: “Al di là

dei numeri, l’aspetto più

positivo è proprio l’ottimismo.

Ben organizzato Vinitaly, che

ha visto gli operatori stranieri

concentrati soprattutto nei primi

due giorni”.

“È andata benissimo, abbiamo

visto i nostri importatori, ma ne

abbiamo incontrati anche di nuovi,

tra i quali anche cinque-sei società

russe”, dice Jacopo Biondi Santi.

Molto soddisfatta pure Francesca

Planeta, che ha visto spazzata via

la paura che aleggiava nel 2009:

“Buona l’affluenza dai mercati esteri”,

confermata da Lorenzo Biscontin di

Santa Margherita: “Parecchi i contatti

di business senza appuntamento

e ho sentito che anche altre

cantine hanno fatto affari. Presenti

quest’anno Sudamerica, Turchia,

ma anche Nord Europa”.

“Il segnale di questo Vinitaly è che i

mercati stanno andando bene, con

la presenza qui a Verona di tutti i

principali partner stranieri asiatici e

nordamericani, ma abbiamo avuto

anche nuovi contatti da Ungheria,

Ucrania e Kazakistan. La crisi c’è

ancora, la differenza – spiega Alberto

Chiarlo – è che adesso il mercato

si concentra sui marchi che danno

garanzie e sicurezza, così c’è una

dicotomia sempre più accentuata

fra cantine che vanno bene e

quelle che fanno fatica”. Nuovi

contatti pure per Masciarelli: “Siamo

soddisfatti dell’andamento generale

e dei contatti con italiani e operatori

internazionali. Sull’organizzazione,

poi – dice Rocco Cipollone – nulla

da eccepire”. “Complimenti al

presidente di Veronafiere Ettore

Riello” li fa Gianluca Bisol, “per

l’intensità di eventi e incontri

importanti di grande forza attrattiva.

Qualificata la presenza di importatori

con la firma di accordi di distribuzione

per i mercati dell’Est europeo e

dell’America Latina”.

Un Vinitaly 2010 da recordRecord storico di visitatori stranieri alla rassegna, che ha visto anche per la prima volta nella sua storia la visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Torna la fiducia tra i produttori.

Ufficio Stampa Verona Fiere

Page 97: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

in famiglia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 95

La Delegazione di Milano consegna gli attestai di 1° livello20 nuovi aspiranti sommelier hanno ultimato con impegno

e ottimo profitto il corso di 1° livello nella Delegazione

di Milano e hanno ricevuto il 27 aprile gli attestati di

partecipazione durante una cena al ristorante “Lo

Chalet” di Opera, dove lo chef Stefano Jelo ha proposto

un menu di sua creazione: Theobroma l’alimento degli

Dei, accostando tradizione e innovazione. Tema della

serata cioccolato “dolce e salato”, un accostamento

audace ma molto interessante che è stato apprezzato e

discusso dai commensali, abbinato con insolia Principi

di Butera, aglianico del Vulture delle cantine Maschito e

un zibibbo liquoroso.

Si è poi proceduto alla consegna degli attestati dal

delegato Gianni Longoni e dal segretario Carlo Boggero,

presente il consigliere di delegazione Emanuela Terrazzini

Zini ai soci:

Bonanno Oscar, Invernizzi Mauro, Colombo Franco,

Geraci Lucrezia, Versari Silvia, Tuason Margarita,

D’agata Francesco, Melli Matteo, Gallo Silvia, Graziano

Giovanni, Meneghini Barbara, Suardi Elisa, Bellone

Filippo, Boggero Dario, Gabbioneta Giovanna, Rosa

Luigi, Garbarino Alice.

Con l’occasione sono stati consegnati anche gli attestati

ai seguenti partecipanti di un minicorso che si è svolto

nel mese di aprile: Vanni Di Giustino, Elena Ricci, Fabio

Di Petrillo, Marco Prato, Damiano Baccelloni, Darya

Deliyeva, Edoardo Sforza, Carmen Canillas, Enea Da

Olio, Daniela Lipari. La serata si è conclusa con un

brindisi augurale e un arrivederci al prossimo corso di

2° livello.

Notizia inviata dalla segreteriadella Delegazione FISAR di Milano

Consegnati a Milano gli attestati di 2° livelloIl 26 marzo al ristorante Café Canottieri Milano, storico

luogo d’incontro milanese tra sport e buona cucina

gestito dal socio Vittorio Zaccagni, sono stati consegnati

gli attestati ai partecipanti al corso di secondo livello

della delegazioone di Milano. Il tema della serata è

stato il Veneto ed il menù è stato rispettoso della

tradizione gastronomica della regione, accompagnato

dai vini delle Tenute Zonin proposti dall’amico sommelier

Bartolomeo Mansi.

Agazzi Tiziano, Barbieri Giovanna, Bulgheroni Emanuele,

Contrafatto Omar, Crovetto Mario, Danelli Daniele,

Delduca Igino, Fachini Maria Teresa, Guidara Massimo,

Hassmueller Cornelia, Longoni Cristina, Nannini

Leandro, Olewczyska Ewa, Pintos Sinai, Rizzi

Carolina, Boselli Enrico, Santoro Francesco,

Terrazzini Zini Emanuela, Uberti Anna, Venagli

Laura, Zaccagni Vittorio, Zaccagni Andrea,

Zerbini Mario hanno superaro con ottimo profitto

il test di verifica e la consegna degli attestati da

parte del delegato Gianni Longoni e del segretario

Carlo Boggero ha coronato una serata all’insegna

della cordialità e amicizia.

Notizia inviata dalla segreteriadella Delegazione FISAR di Milano

Page 98: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

in famiglia

96

Se fosse stata a Hollywood, cuore del mondo

cinematografico, il premio sarebbe certamente

stato un Oscar. Del resto, fantasia e creatività

ci sono tutte. Il prestigio, anche, e a vincerlo

per ben due volte (caso unico per un’azienda

vitivinicola siciliana) è stata “Al-Cantàra” del

produttore Pucci Giuffrida di Randazzo, sull’Etna.

I premi, assegnati all’azienda pochi giorni prima

dell’apertura del Vinitaly 2010, sono la Medaglia

d’Oro per l’etichetta “Occhi di ciumi” e la

Gran Menzione per l’etichetta

“La fata galanti”, nell’ambito del “Concorso

internazionale Packaging”.

Ad affascinare la qualificata giuria del concorso è

stato il messaggio culturale, fortemente legato alla

qualità dei vini siciliani, che “Al-Cantàra” da anni ha

messo in commercio, gettando un ponte ideale

tra vino, arte e poesia. Una mission vincente,

visto che già al Vinitaly 2008 la Gran Menzione

era andata a un’altra etichetta dell’azienda, “O’

scuru o’ scuru”, annata 2005.

Il messaggio culturale è già nella presentazione

delle bottiglie dell’azienda, con etichette tratte da

opere di scrittori siciliani, come Nino Martoglio

e Luigi Pirandello, e illustrate da insigni pittori. I

nomi sono significativi: “Luci luci”, “Cappiddazzu

paga tuttu”, “ ‘A nutturna”, “Lu disìu”, con il merito

di esportare l’arte siciliana, oltre al prodotto dei

rinomati vitigni del vulcano.

Anche la storia di Pucci Giuffrida è interessante,

un po’ da self made man siciliano: commercialista,

appassionato di vino, introdottosi nel mondo

enoico con un corso per sommelier F.i.s.a.r. (di

cui è ancora orgogliosamente socio!), da alcuni

anni ha deciso di investire nella produzione

vitivinicola, ottenendo prestigiosi successi in

manifestazioni internazionali come il Vinitaly. E

proprio la “sua” delegazione F.i.s.a.r., quella

etnea, ha deciso nei giorni scorsi di festeggiare

le etichette “Al-Cantàra” con una piacevole serata

di degustazione e di letture di poesie organizzata

al Katane Palace Hotel di Catania, alla presenza

del presidente nazionale F.i.s.a.r., Vittorio Cardaci

Ama, del delegato provinciale, Gaetano Prosperini,

del segretario di delegazione, Carlo Guzzardi, e di

numerosi soci. Ad essere degustate sono state

le produzioni vecchie e nuove dell’azienda, a cui

è andato l’augurio F.i.s.a.r. per sempre più grandi

successi ( nella fotografia Pucci Giuffrida con il

Presidente Cardaci).

La Delegazione di Catania festeggia Pucci Giuffrida

Notizia inviata da Antonio Iacona Delegazione di Catania

Page 99: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

XXVII Primavera in Valdichiana.La Delegazione FISAR Valdichiana a Montefollonico

Un piccolo ma accogliente borgo medievale,

Montefollonico di Torrita di Siena ha ospitato sabato 27

marzo 2010, al Ristorante “Il Medioevo”, la Delegazione

FISAR Valdichiana che ha celebrato la sua ”Primavera in

Valdichiana“ sposando una fresca aria di montagna ad

una invitante cena di pesce calabrese. La Manifestazione,

che da 27 anni si rinnova puntualmente in vari locali del

territorio, mira a valorizzare ogni anno la cucina tipica di

una regione italiana in abbinamento ai rispettivi vini.

La Delegazione consegna, in questa occasione, un

premio di riconoscimento per l’attività svolta nel campo

enogastronomico da un giornalista, un enologo o

un cuoco e quest’ anno il premio è stato assegnato

al Commendatore Pierluigi Stiaccini, cuoco di fama

internazionale che in Castellina in Chianti

opera nel locale di famiglia l’ “Antica

Trattoria la Torre“ risalente al 1860.

Lo spirito avventuroso e creativo di Pierluigi

lo ha portato e lo porta tuttora in giro per

il mondo quale testimone e maestro della

cucina italiana e prevalentemente toscana

di cui ci rende grandemente fieri.

Non sono comunque mancati altri

ospiti quali giornalisti, personalità

dell’Amministrazione comunale di

Torrita e Sinalunga,rappresentanti

dell’AICOO, e poi i Soci fisariani che

hanno degnamente fatto onore ai

cuochi calabresi Biagio e Umberto Di

Marco che dalla Trattoria di famiglia

“A’ Campagnola” in Gallina Di Reggio

Calabria hanno portato e cucinato i loro succulenti piatti

di pesce caduto nella rete solamente il giorno prima. È

stato un cammino di sapori marini fatto di stocco, alici,

cozze, gamberoni, pesce spada,moscardini ed altri

manicaretti che accostati ai vini calabresi della Casa

Vinicola CRISERA’ di Reggio Calabria hanno regalato

ai commensali una serata particolare, terminata da un

brindisi finale con un Moscato d’Asti D.O.C.G. “Castello

del Poggio“ di Portocomaro d’Asti.

Durante la cena si è rinnovato l’appuntamento per la

consegna dei tulipani che quest’anno si sono vestiti

solamente d’oro. L’ambito traguardo è stato raggiunto da:

Masiello Claudia, Palmerini Luciana, Senserini Roberto.

Ad essi vanno le nostre più sentite congratulazioni.

A complemento della Manifestazione non poteva

logicamente mancare il servizio dei Sommelier della

Delegazione Valdichiana: Palmerini Luciana (responsabile

Sommelier), Laurini Giorgio, Sensi Marilena, Senserini

Roberto, Passeri Michela, Magi Leonardo hanno fatto

da Tutor ai Neo Sommelier, Del Buono Luca, Farfarini

Sabrina, Morello Simona, Paoloni Roberto, che durante

la cena sono stati investiti ufficialmente dello stemma

F.I.S.A.R. e del tasteven insieme agli altri diplomati del

corso di 3° livello conclusosi il 25 febbraio 2010: Spada

Pierluigi, Baldini Giorgio, Tedeschi Marco, Paoloni Marco,

Mannucci Federico, Silvi Gabriele, Liccardi Mario,

Ca rnasc i a l i

Giuseppe, La Fauci Sara, Menchini Fabiana,

Pietrini Pierangelo, Presenti Andrea; hanno premiato il

Vicepresidente Masiello Nicola, Il Delegato Emma Lami,

Il Consigliere nazionale Franco Rossi,il segretario Magi

Leonardo, Il Tesoriere Esposito Amedeo, Il Resposabile

dei Sommelier Palmerini Luciana, il Direttore di Corso

Senserini Roberto.

La serata si è conclusa con il gentile omaggio alle signore

di una rosa nella calda atmosfera della sala medievale

del Ristorante.

in famiglia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 97

La notizia è inviata dal Delegato Emma Lami

Page 100: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

in famiglia

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“Ad Maiora!” L’evento nei Castelli di Jesi

Notizia inviata da Giovanni Elce Fabbretti della Delegazione dei Castelli di Jesi

Si è svolto sabato, nell’elegante

cornice del Ristorante dell’Hotel

Federico II di Jesi l’evento “Ad

Maiora!” organizzato dalla

Federazione Italiana Sommelier

Albergatori Ristoratori (F.I.S.A.R.)

Delegazione dei Castelli di Jesi,

per festeggiare la qualifica dei

primi Sommelier che hanno

frequentato i corsi interamente

nella Delegazione stessa, nata

a Maiolati Spontini nel dicembre

del 2007 per iniziativa di un

gruppo di appassionati e che

conta oramai 100 soci nella

provincia di Ancona.

I Sommelier hanno fatto il loro

percorso di formazione nel 2008

e 2009 ed hanno sostenuto

l’esame, estremamente

selettivo, il 18 gennaio 2010

presso l’Albergo la Torre di Moie

di Maiolati Spontini. Questo a

coronare un percorso di studi

certo non facili ma nel quale

gli allievi si sono impegnati

fortemente e con passione

per conseguire la preziosa

qualifica; grande soddisfazione

anche nel Consiglio Direttivo

della Delegazione che ha fatto

un grosso sforzo organizzativo

per poter permettere questo

risultato, coronato anch’esso

dalla valutazione positiva del

corso data dalla Commissione

di Valutazione Nazionale.

L’evento intitolato “Ad Maiora!”

proprio come auspicio per più

grandi futuri traguardi si è svolto

nel Ristorante dell’Hotel Federico

II di Jesi con un menù a base di

carne sapientemente preparato

dallo chef in abbinamento ai vini

di una delle realtà emergenti più

importanti dell’attuale panorama

enologico marchigiano ovvero

la Cantina Cològnola (Az.

Agraria Lombardi Antonietta),

presentati da Corrado Drudi,

titolare dell’azienda.

Al termine dell’evento, prima

della consegna delle qualifiche

e dell’ambito tastevin, ormai

simbolo internazionale dei

professionisti del settore,

il Delegato Giovanni Elce

Fabbretti ha voluto ringraziare

gli organizzatori dell’evento i

Sommelier Stefano Cantarini e

Luciano Todisco, il Consigliere

Nazionale Franco Rossi ed ha

quindi augurato ancora una

volta un percorso professionale

pieno di grandi successi ai

nuovi Sommelier: Barbara

Scaloni, Francesca Perini, Paola

Balducci, Andrea Bonvecchi,

Sauro Bini, Silvano Zannotti,

Paolo Sartini, Stefano Argentati,

Matteo Sticozzi, Alberto Cerreti,

Flavio Maria Federici.

Page 101: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Alla scoperta della Lunigiana con la Delegazione di Pisa e litoraleLa delegazione di Pisa e litorale, sempre alla ricerca

di nuovi vini da proporre ai suoi soci, ha organizzato

una degustazione di vini della Lunigiana.

Questa storica regione, a cavallo tra Toscana e

Liguria, incastonata come un gioiello dai dolci riflessi

del mare della Versilia, tra l’Appennino, le Alpi Apuane

e il Mar Ligure, produce vini poco conosciuti, ma

dalle interessanti potenzialità. Attualmente i suoi

confini includono 14 comuni della media e alta Val di

Magra in Toscana e in Liguria, la cittadina di Sarzana,

Luni e tre comuni alla sinistra del Magra. Boschi,

colline, aspre montagne, caratterizzano il paesaggio

dove antichi borghi testimoniano le

antiche vicissitudini della regione.

Molti i popoli che hanno cercato

di dominare queste terre partendo

proprio dall’antico porto di Luni, che

a partire dal II secolo avanti Cristo,

ha visto succedersi il domino dei

Romani, dei Liguri e dei Longobardi.

Gli antichi borghi e le storiche dimore

dei Malaspina, che nel medioevo

estesero il loro dominio su queste

terre, testimoniano le mille vicissitudini

della Lunigiana.

In un territorio così variegato per

condizioni podologiche e climatiche,

nascono varietà antiche, recuperate

solo in tempi recenti, per dare vini

fortemente ancorati ad una terra dalle forti tradizioni

rurali, come la Pollera nera, la Durella, il Vermentino

nero, la Masseretta. I vini di Lunigiana appartengono

alla IGT Val di Magra e alla DOC Colli di Luni.

Il locale che ha ospitato la degustazione, organizzata

dal sommelier e consigliere Luca Barsanti, si chiama

Modus Bibendi di cui è titolare col suo socio, l’amico

Stefano Micheletti, che ha brillantemente conseguito

l’anno scorso il titolo di sommelier professionale nei

corsi Fisar. Il locale, situato in Via Cavalca a Pisa, nel

centro storico vicino al mercato delle Vettovaglie,

mantiene la vecchia architettura con i soffitti a volta di

mattoni rossi, ma con uno sguardo alle linee moderne

più attuali, buona musica di sottofondo, ottima

ospitalità, cucina ben curata e una bella varietà di vini.

Il cuoco ha voluto affidarsi alle ricette lunigianesi per

accompagnare i vini in degustazione.

Il primo vino, a base di uve Ruzzese bianco, storica

varietà a bacca bianca, parente prossima del più noto

Rossese del Ponente ligure, di cui divide l’origine, è

stato abbinato con bordatino tagliato a tocchetti e

fritto. Il vino è prodotto dall’azienda dei Conti Picedi

Benettini, il Chioso di Baccano d’Arcola, in provincia

di Spezia. Azienda dalle origini secolari che ha

creduto fortemente nel recupero

di questa varietà che però, al

momento, non è ancora iscritta

al registro nazionale dei vitigni da

vino. Il vino, vendemmia 2008,

12,5 gradi alcol, è un bianco

dal colore paglierino carico, di

spiccata acidità e sapidità, che

ben si è sposato col primo piatto

proposto.

Come secondo vino è stato

proposto un rosso a base di uve

Pollera, prodotto dal Podere Benelli

della località Oppilo, antico borgo

a pochi chilometri da Pontremoli.

Vino della indicazione Val di Magra,

vendemmia 2007, 13 gradi alcol,

dal colore rosso rubino, spiccata acidità e tannini

ancora vivi. Vino ancora fresco abbinato ottimamente

alla torta d’erbe, a base di finocchio selvatico, carote

e patate.

Terzo vino la Masseretta dell’azienda Cima, nota

azienda di Massa, che produce vini di taglio moderno

con un calibrato uso della barrique per i rossi più

potenti come questo. La Masseretta è coltivata

sporadicamente e quasi esclusivamente nel massese

come testimonia anche il suo nome.

Vino di buona struttura, annata 2007, 13,5 gradi. Il

vino ha accompagnato i coi pieni, involtini di cavolo

in famiglia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 99

Page 102: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

in famiglia

100

verza con carne e aromi.

Infine il Vermentino nero, sempre

di Cima. Vino rosso di struttura,

vendemmia 2006, anch’esso sui

13,5 gradi, con aromi di piccoli frutti

rossi, ribes, mirto e una leggera

nota di legno. L’abbinamento col

coniglio in salsa di pomodoro.

Forse un piatto un po’ delicato di

fronte a un tale vino.

I commenti ai vini hanno animato

la serata e hanno garantito il suo

successo. Lo spirito dell’iniziativa

è stato rispettato grazie anche alla

collaborazione del socio Micheletti

che non tarderà ad ospitare

nuovamente gli amici sommelier e

tutti gli appassionati di Bacco.

Notizia inviata da Simone Canton della Delegazione di Pisa e litorale

La FISAR di Pisa e Litorale

consegna gli attestati di primo

livello nel corso di una cena

organizzata all’ “Osteria La

Madia”in via Che Guevara, 17 a

Pontasserchio. Si è iniziato con gli

antipasti di Barchette di verdure

con mousse di funghi e formaggio,

Bresaola al pompelmo e crostini

toscani con polenta gratinata

accompagnati dal Fiano

d’Avellino DOCG 2008

dell’Azienda Cantina di Tufo.

Ai primi piatti di Caserecce

alle melanzane e Pappardelle

al coniglio è stato abbinato il

Chianti Clemente VII DOCG

2007 dell’Azienda Castelli

del Grevepesa che ha anche

accompagnato il successivo

Cosciotto di maiale e patate

al forno. Per finire, frittelle

dolci, con Passito liquoroso

Pantelleria DOC Buvl’re 2007.

Ottimo il servizio vini eseguito

dai sommelier FISAR, Roberto

Menichetti e Piero Ristori. La

conviviale si è conclusa con

la consegna degli attestati da

parte del delegato Maria Cristina

Messina ai bravi corsisti che hanno

superato l’esame : Alessandra

Bartoli, Alda Battini, Simona Bettini,

Sandro Buchignani, Marika Calò,

Marco Cuocci, Lorenzo Cutelli,

Nicola De Bartoli, Paola Donati,

Anita Falezza, Antonio Filippone,

Simona Fiori, Stefania Ghelardi,

Massimiliano Guerrini, Giada Guidi,

Daniel Manetti, Mariù Masucci,

Mariangela Mazzillo, Melissa Mei,

Stefano Pagani, Carla Ramacciotti,

Amanuel Sikera, Antonio Tosciri,e

Bruna Vinci.

La FISAR di Pisa e Litorale consegna i diplomi

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale

Page 103: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

in famiglia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 101

Martedì 22 febbraio alle ore

21,00 nella sede formativa della

Delegazione FISAR di Vercelli, presso

la sala conferenze dell’Agenzia

formativa CO.VER.FO.P., si è tenuta

una lezione – degustazione dal titolo

“Barolo e Barbaresco: i signori del

Piemonte” con la partecipazione di 25

sommelier, vari corsisti di secondo

livello e altri ospiti. I vini degustati

sono stati forniti dall’Azienda

“Poderi Colla” e presentati dal dott.

Fiorenzo Cirio, agronomo e Direttore

Commerciale dell’Azienda e dalla

sig.ra Luisa Pezzia, agente di zona.

Sono stati degustati Dardi Le

Rose – Barolo 1996 e 2004 di

Monforte e il Barbaresco di Tenute

Roncaglia annate 1997 e 2005.

Al termine sono stati consegnati

gli attestati e tastevin a 19

nuovi sommelier del corso

terminato nel dicembre scorso.

I nuovi sommelier: Marco Rondinelli,

Andrea Carpani, Fulvio Bovolenta,

Carlo Franciscone, Ambra Bonato,

Paola Ghittino, Milena Armignago,

Maria Rita Cedone, Mario Martinetti,

Luca Campana, Antonio Mordanini,

Massimo Calliera, Roberto

Villarboito, Massimiliano Bellini,

Stefano Monfermoso, Robert

Kennedy Tagliafierro, Roberto

Graziano, Matteo Zingarelli, Davide

Grosso.

Notizia inviata da Claudio Valenza

della Delegazione di Vercelli

Serata di aggiornamento e consegna dei diplomi alla Delegazione di Vercelli

Domenica 7 e Lunedì 8 Marzo

si è svolta a Lido di Camaiore

(Lu), la terza edizione di “Terre di

Toscana” organizzata dal periodico

on line di cultura enogastronomica;

L’AcquaBuona. La manifestazione

si è svolta presso UNA Hotel, un

prestigioso hotel del lungomare

della Versilia durante due bellissime

giornate baciate dal sole. Una

manifestazione di riferimento per

tecnici di settore, i neofiti, i wine-

lovers, gli operatori e gli addetti

ai lavori. Un appuntamento di

alta qualità a livello nazionale.

Cento delle più grandi e storiche

aziende vitivinicole toscane hanno

presentato le ultime annate e non

solo. Le due giornate hanno visto

un grande afflusso di persone.

Grande novità di quest’anno, il

“Come eravamo” con tante vecchie

annate proposte dai produttori la

domenica dalle 14 alle 17, una

sorta di “ricapitolazione” della storia

del vino toscano dalla sua rinascita

in poi con qualche intrigante salto

nelle sue radici profonde. Sono state

degustate bottiglie oramai uniche

come: Badia a Coltibuono Chianti

riserva 1970, Chianti Selvapiana

1979, Castello Monsanto 1982,

Sassicaia 1984, Chianti Grosso

Sanese 1982/1990, Rocca di

Montegrossi 1990, Vin Santo Villa

Petriolo 1968 e molte altri grandi

nomi. Una grande retrospettiva

di vecchie annate selezionate dai

produttori stessi di Terre di Toscana.

Una occasione più unica che rara

per capire percorsi, stili, orizzonti

e vertici. Nella sera di domenica si

è svolta la cena, in compagnia dei

produttori con le oltre 150 etichette

da abbinare liberamente ai piatti

ispirandosi anche al proprio gusto,

a disposizione degli ospiti e di tutti i

vignaioli. Il servizio è stato effettuato

dalla Delegazione Fisar Versilia con

15 sommelier per coprire tutte le

degustazioni e i servizi richiesti

dall’organizzazione.

Notizia inviata da Luca Iacopini

Grande Evento in Versilia a Lido di Camaiore

Page 104: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

in famiglia

102

Un bel successo di adesioni ha

avuto il Corso riservato ai soci

sommelier che si è tenuto nei

giorni 3 e 16 dicembre 2009 e

13 e 26 gennaio 2010 presso

l’Istituto Berna di Mestre.

Nato da un idea del

Consigliere Nazionale Giorgio

Pennazzato il corso è stato

creato in collaborazione con

la Dr.ssa Deborah Franceschi

del C.I.R.V.E. (Centro

Interdipartimentale per la Ricerca

in Viticoltura ed Enologia)

della sede di Conegliano

dell’Università degli Studi di PD.

Scopo del corso è stato

approfondire le conoscenze dei

metodi di analisi e di ricerca che

vengono utilizzati in campagna

ed in cantina per arrivare ad un

prodotto finale, il vino, di qualità.

La Dr.ssa Franceschi, ha trattato

i seguenti argomenti:

•La qualità delle uve

analisi tecnica e sensoriale

•La qualità del vini

analisi chimico-fisica

•La qualità del vini

analisi sensoriale

•La produzione degli spumanti

Nel corso dei quattro incontri

sono state illustrate, tra l’altro,

le tecniche di raccolta dei dati

sul campo, cioè in vigna, e gli

strumenti utilizzati come anche

i metodi matematico - numerici

e gli strumenti utilizzati in

laboratorio. Il corso si è chiuso

con la consegna degli attestati

ai partecipanti, che si sono

portati a casa pure un notevole

arricchimento “enotecnico”.

Finalmente i numeri che

accompagnano certe schede

dei vini (pH, estratto, polifenoli,

SO2 libera…) non hanno più

segreti; le indicazioni di carattere

“edonistico” sono state così

collegate con i vari parametri

enotecnici, utili ad offrire una

base oggettiva di valutazione.

Notizia inviata da Lucio Chiaranda - Delegazione di Venezia

Corso di perfezionamento in enotecnica alla Delegazione di Venezia

Page 105: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

in famiglia

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3 103

Nella sala degustazioni della Regione

del Veneto, nel 4° Padiglione del

Vinitaly, il Consorzio Doc Corti

Benedettine del Padovano ha

organizzato, nell’ultima giornata del

Vinitaly, dedicata agli operatori, di

fronte ad un pubblico molto attento

e interessato, una degustazione

di quattro vini Doc selezionati

presso la “Sansovino Vigneti e

Cantine Sca” di Conselve (PD).

Ha introdotto l’incontro, che ha

visto la collaborazione del Delegato

Fisar di Padova, Andrea Zampieri,

il Presidente del Consorzio Onorio

Finesso, che ha ricordato come i vini

che portano le insegne delle Corti

Benedettine del Padovano, abbiano

da poco conquistato la DOC, pur

vantando una storia molto lunga e

importanti riconoscimenti ottenuti a

livello anche internazionale grazie

ad un’indiscussa qualità. La

degustazione è stata introdotta

da una relazione storica del giornalista

e scrittore Giampiero Rorato, che ha

ricordato in particolare il ruolo svolto,

soprattutto fra il XII e il XIX secolo,

dai grandi monasteri benedettini del

Padovano, che avevano il loro centro

nel monastero di Santa Giustina, nel

cuore di Padova, sorto già nel VI

secolo ai tempi di San Benedetto,

da cui dipendevano importanti

complessi monastici a Legnaro,

ad Anguillara, a Correzzola e in

altre località della zona. Da queste

storiche realtà religiose iniziarono

delle autentiche opere faraoniche

di bonifica di un vasto territorio a

sud di Padova, prima paludoso,

poi fertilissimo e a cui si è ispirata e

ha preso nome il nuovo Consorzio

Vini DOC, che ha sede legale

proprio all’interno del meraviglioso

complesso Benedettino “Grande

Vanezza” di Correzzola, antico

centro amministrativo dei monaci,

recentemente restaurato, all’interno

del quale sono stati ritrovati antichi

carteggi e manoscritti, fedelmente

r i p r o d o t t i ,

nelle etichette

dei vini Corti

Benedet t ine.

Oltre ai vitigni

internazionali,

di recente

introduzione,

il vitigno

p r i n c i p e

di questa

r e c e n t e

DOC, è da

sempre il

Raboso, prodotto anche nella forma

passita, che anche anticamente

dalle cantine dei monasteri passava

a Venezia, essendo considerato

il miglior vino da viaggio per

nave. La degustazione di quattro

vini: Chardonnay 2008, Merlot

2007. Cabernet 2007 e Raboso

2006, è stata guidata con grande

competenza e professionalità dal

sommelier Fisar Andrea Da Ros, che

si è soffermato sulle aristocratiche

caratteristiche dei quattro vini,

in particolare sull’eleganza e sui

profumi raffinati del Chardonnay,

la signorile personalità del Merlot,

la forte struttura del Cabernet

dal bouquet inconfondibile e la

straordinaria armonia del Raboso,

frutto di vendemmia tardiva (inizio

novembre) con aggiunta di uve

passite in fruttaio, uno dei veri grandi

vini rossi italiani.

Dopo la degustazione è intervenuto

anche il Presidente della “Sansovino

Vigneti e Cantine”, Nicola Zaggia,

che ha illustrato l’enorme impegno

della Cantina Sociale di Conselve

che dal 1950 opera coi suoi tecnici

anche in campagna, presso i soci,

per ammodernare la viticoltura e

portare quindi ad alto livello qualitativo

i vini prodotti. “Ed il mercato”, ha

concluso, “ci sta dando ragione,

privilegiando i nostri vini ancora poco

conosciuti ma di sicuro avvenire,

come abbiamo visto in questi giorni

al Vinitaly, per l’interesse dimostrato

da tanti operatori italiani e stranieri.”

Ha concluso l’incontro il Presidente

del Consorzio Finesso, ringraziando

la Fisar per il prezioso e competetene

contributo dato alla manifestazione,

ottimamente riuscita grazie al

Delegato di Padova Andrea Zampieri

e ai relatori, Giampiero Rorato e

Andrea da Ros, entrambi soci e

docenti dei corsi Fisar.

Presentati al Vinitaly i Vini delle Corti Benedettine del Padovano

Notizia inviata dalla Delegazione di Padova

Page 106: Il Sommelier n.3 - maggio giugno 2010

Il Sommelier Maggio-Giugno 2010 • n. 3

in famiglia

104

La FISAR di Pisa e Litorale, nel

quadro delle iniziative primaverili

per la riscoperta dei sapori della

cucina locale, ha organizzato

una riuscitissima conviviale

al ristorante “La Buca” di via

D'Azeglio, 2 a Pisa. La cena è

iniziata con un ventaglio di squisiti

antipasti : cozze ripiene, crostini

con cacciucchino, insalata

di mare, gamberi gratinati ed

involtini di pesce spada, il tutto

bagnato da un Prosecco IGT

della Cantina Sociale La Marca

dal profumo fruttato e sottile. Per

i primi piatti di Risotto di mare,

mantecato al punto giusto, e

sedanini alla polpa di dentice,

risultati veramente eccezionali,

è stato abbinato il Vermentino

di Sardegna DOC dell'Az. Agr.

Santadì, dai delicati sentori

floreali e fruttati.

Particolarità di questo vino è il 15

% circa di Nuragus, antico vitigno

autoctono, presente una volta,

in tutti gli appezzamenti dediti

alla vigna delle antiche famiglie

del Sulcis e dintorni. Inoltre tutte

le uve vengono vendemmiate a

mano e pressate sofficientemente

per ottenerne il mosto che viene

fatto fermentare in acciaio inox

termocontrollato. Il vino viene

tenuto per qualche mese con i

lieviti e quindi imbottigliato

per la distribuzione. Il

colore lucente paglierino

assume leggeri riflessi

verdognoli e dorati

mentre i profumi

risultano freschi e

piacevoli con delicata

continuità in bocca

accompagnata da

stuzzicante mineralità,

dovuta ai terreni

t e n d e n z i a l m e n t e

di medio impasto

sabbioso e argilloso in cui

le vigne vengono allevate in

controspalliera. Ma la vera

meraviglia dello chef Carmine

Jovine è stata la presentazione

della successiva fantasia di mare

alla griglia:

scampi, gamberoni, totani e

filetto di pesce che ha deliziato i

palati dei convenuti in un tripudio

di sapori esaltati dagli aromi e

dai sentori del Pradalupo Roero

Arnés DOCG 2008 dell'Az. Agr.

Fontanafredda. Questo bianco

in purezza, fermo e secco,

piemontese autoctono, viene

prodotto nel cuore delle Langhe

e, vinificato in acciaio inox, matura

un profilo aromatico intenso

che ci ricorda i frutti tropicali e

a tratti la pera matura. Ottimo

l'abbinamento che ne esplicita

la sapidità, la morbidezza,la

rotondità e la freschezza in

bocca. Ha degnamente chiuso

il menù il Tortino di pasta fillo con

crema pasticcera e pere che ha

suscitato grande apprezzamento

in un bridisi finale di calici colmi

di Strevi Moscato d'Asti DOCG

dell'Az. Agr. Marenco. Al termine,

la delegata Maria Cristina Messina

ha ringraziato, tra fragorosi e

partecipati applausi, la brigata di

cucina ed il rango di servizio per

l'impegno profuso e la bravura

dimostrata. Un riconoscimento

particolare è andato al Sommelier

Roberto Menichetti per l'ottimo

servizio vini effettuato.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa

La Fisar Pisana esplora “LA BUCA”

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