Il serrano n 133

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.133 Giugno 2014 Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 Per sostenere le vocazioni sacerdotali Speciale Congresso Bologna Entusiasmo per le vocazioni

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IL SERRANO. Organo dell’Associazione Serra International Italia.

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.133Giugno 2014

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Speciale CongressoBologna

Entusiasmoper le vocazioni

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 133ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

II trimestre - giugno 2014 (XXXVIII)sommario

In copertina: L’Ostensorio donato a Serra Italia dal Presidente S. Yeo

Registrato presso il Tribunale di Palermon. 1/2005 del 14 gennaio 2005

Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabileMimmo Muolo

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

Comitato di DirezioneAntonio Ciacci, Presidente del CNISGiampiero Camurati, V. Presidente del C.N.I.S.Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S.Gino Cappellozza, V. Presidente del C.N.I.S.Renato Vadalà, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero:

Elsa Soletta Alda OddoneMaria Silvestrini Lino Sabino

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro enon oltre il 15 Ottobre 2014.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-drati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazione

E-mail: [email protected]

StampaLuxograph s.r.l. - Palermotel. fax 091 546543(e-mail: [email protected])

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Gli articoli pubblicati esprimono il pensierodei rispettivi autori e non rispecchiano neces-sariamente la linea editoriale della testata.La Direzione si riserva di pubblicare in tutto oin parte le foto, gli articoli e i servizi pervenu-ti, secondo le esigenze di spazio. Il materiale,anche se non pubblicato, non sarà restituito.

® 3 Entusiasmo per le vocazionidi Maria Luisa Coppola

editoriale

® 30 Notizie ed iniziativedai club e distretti

® 35 Lettere al Direttorein dialogo

® 4 Dalla Terra Santa ai giardini vaticani per la pacedi Mimmo Muolo

® 6 Sinodo di ottobre e questione famigliadi Stefania Careddu

® 8 Paolo VI, la santità al servizio della Chiesadi Giancarlo Amodio

® 10 Così sta nascendo la “nuova” C.E.I.di Mimmo Muolo

vita della chiesa

® 26 I Seminari secondo Papa Francesco: “Fuori la mediocrità”di Giuseppe Gabriele

vocazioni

® 28 Progetto culturale e teatri della fededi Ernesto Diaco

cultura

® 12 “Cercando la bellezza si incontra Cristo”di Mimmo Muolo

® 14 La bellezza al servizio delle vocazionidi Nico Dal Molin

® 16 C’è uno spazio per l’amore in economiadi Augusto Intermine

® 20 Non solo denaro. Quando il lavoro è anche bellodi Enrico Cheli

® 22 “Ripensare la categoria dell’utile”di Viviana Normando

® 24 Lo stato del Serra: Oltre la crisi con fiduciadi Antonio Ciacci

speciale congresso

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editoriale

Per il prossimo biennio 2014-2016 sono stata chiamata adassumere l’incarico di presidente nazionale del SerraInternational Italia: un onore grandissimo per me! Il cammino intra-

preso molti anni fa nella grande famiglia serrana mi ha riservato questaresponsabilità, dopo la presidenza di Donato Viti e di Antonio Ciacci, mieiillustri predecessori che tanto si sono prodigati per il bene del nostroMovimento. La continuità dell’azione sostenuta dall’amicizia è il primo puntodi partenza per il prossimo biennio: chi ha tanto lavorato “con mente e cuore”ha lasciato orme del suo passaggio ed io come Pollicino raccolgo sulla stra-da i segni dell’impegno che a larghe mani è stato profuso. Fare memoria èstare nella condivisione di un percorso complesso che ha visto però matura-re tanti germogli di Bellezza nei nostri Seminari con l’ingresso di tanti giova-ni in discernimento, di tanti neo sacerdoti che ci considerano laici sodali nel-l’accompagnamento alla loro formazione culturale ed umana ed è bellissimoleggere nei loro occhi uno sguardo di tenerezza e di gioia negli incontri entroe fuori le mura del Seminario. Tempo fa un sacerdote mi rivelò con schiettez-za che sarebbe stato molto contento di conoscere in Seminario amici serra-ni, perché non avendo una sua famiglia si sarebbe fatto adottare da noi.Aveva capito “a pelle” quanto l’amicizia e la sussidiarietà di una “famigliaadottiva” avrebbero avvantaggiato la sua formazione! La cultura vocaziona-le di cui si avverte una gran fame è il progetto di far conoscere il mistero dellachiamata a chi è distante, a chi vive immerso nella quotidianità del vivere emai si interroga sul senso della vita oltre l’orizzonte dell’effimero e dell’imma-nente, mentre il pensare la propria vita in una dimensione di eternità e di tra-scendenza fa acquistare ai nostri giorni la letizia di un bene immenso rice-vuto che in ogni caso si deve rendere: “Gratis accepistis, gratis date” (Mt10,8). In questo cammino comunitario di noi serrani che abbiamo scelto diessere collaboratori con Cristo non si guadagna né in celebrità né in dana-ro ma si presenta agli occhi di Dio un servizio di fede, cultura, carità in nomedel carisma serrano. Della necessità di entusiasmo per le vocazioni PapaFrancesco scrive nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium al numero107 “In molti luoghi scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita con-sacrata. Spesso questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apo-stolico contagioso, per cui esse non entusiasmano e non suscitano attrattiva.Dove c’è vita, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazionigenuine”.Affido nelle mani della Madonna e del Beato Junipero Serra il miomandato, che vogliano suggerirmi timidi passi utili ad una nuova stagione delSerra e confido nella collaborazione fattiva degli amici serrani, che ringraziodi cuore, con cui faremo un’alleanza creativa perché il nostro movimento siapromotore di valide iniziative atte a renderlo al passo con i tempi e concre-tamente al servizio della comunità cattolica.

Entusiasmoper le vocazioni

di Maria Luisa Coppola

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“Il Signore ha messo un seme nella terradel mio giardino”. Mi vengono in mente leparole di un vecchio canto liturgico degli

anni’70 quando ripenso al viaggio del Papa in TerraSanta (24-26 maggio) e ancor più all’incontro di pre-ghiera svoltosi in Vaticano lo scorso 8 giugno allapresenza di Francesco, del presidente israelianoShimon Peres, di quello palestinese Abu Mazen e delpatriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. In effetti unseme, anzi un alberello di ulivo, è stato piantato pro-prio nella terra dei giardini vaticani alla fine di quel-lo storico incontro. E tutti si augurano che la piantadella pace cresca non solo dal punto di vista botani-co, ma anche e soprattutto in senso effettivo, portan-do finalmente alla piena convivenza, in due stati daiconfini internazionalmente garantiti, tra due popoliche si combattono da oltre 60 anni.L’incontro di preghiera nei giardini vaticani è stato

dapprima la sorpresa, quindi il prolungamento e ilprimo frutto maturo di un viaggio già entrato nella sto-ria. Sappiamo infatti che Francesco lo aveva conce-pito per ricordare il 50° anniversario dell’incontro (ilprimo dopo lo scisma d’oriente) tra un Papa (PaoloVI) e un patriarca di Costantinopoli (Atenagora). Eanche sotto questo profilo il viaggio ha detto coseimportantissime. Ma è apparso evidente fin dalleprime battute che l’itinerario papale attraverso tre stati(Giordania, Territori Palestinesi e Israele) aveva ancheun profondo significato politico.Papa Bergoglio ha dato a questo secondo aspet-

to una forza straordinaria già quando era in TerraSanta, attraverso alcuni fuori programma come ledue soste, la prima davanti al Muro della separazio-

ne (eretto dagli israeliani ufficialmente per difendersidagli attacchi terroristici) e la seconda di fronte allastele che commemora le vittime del terrorismo; esoprattutto con questa iniziativa – assolutamenteimprevedibile – dell’invito alla preghiera in Vaticano.Contemporaneamente ha detto cose importanti. Peresempio ha chiesto che ci siano due stati con confinicerti. E ha invitato gli uni e gli altri a guardare avan-ti, a superare cioè lo stallo delle reciproche accuse erecriminazioni, cercando innanzitutto di non porre inatto comportamenti che impediscano di procederelungo la strada della pace.Non era difficile cogliere in queste parole del

Pontefice l’accenno alla politica israeliana di pro-muovere insediamenti di coloni in Cis-Giordania edall’altra parte alla coperture, alla connivenze e talo-ra anche all’aperto appoggio alle frange islamichepiù intransigenti e violente. Preoccupa a tal propositola decisione recente del governo Netanyahu di dareil via libera ad altri 1500 appartamenti di coloninelle zone contestate, mentre sull’opposto versantequalcuno dice che sia una sorta di “provocazione” ilgoverno di unità nazionale tra Al Fatah (il partito diAbu Mazen) e Hamas (al cui interno si annidano i fal-chi dell’estremismo islamico). Insomma, come si puòvedere, la situazione non è facile.In questo scenario, però, l’incontro nei giardini

vaticani ha segnato un passo avanti notevolissimo. Leparole del Papa sono state inequivocabili: “Ci vuolepiù coraggio a fare la pace che a fare la guerra”. Ilche significa “dire sì all’incontro e no allo scontro; sìal dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e noalle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provoca-

vita della chiesa

Dalla Terra Santa

ai giardini vaticani

per la pacedi Mimmo Muolo

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il futuro dei palestinesi sia “prospero e promettente,con libertà in uno stato sovrano e indipendente”,chiedendo anche “sicurezza, salvezza e stabilità”.Insomma nessuno si illude che l’incontro sia stato uncolpo di bacchetta magica, ma per lo meno ha smos-so le acque. E lo ha fatto a partire dalla preghiera.Già la preghiera. Tutto il viaggio in Terra Santa e

il suo prolungamento nei giardini vaticani sono statisotto il segno della preghiera. E non è certo un ele-mento decorativo il fatto che di questa preghiera siastato coprotagonista il patriarca Bartolomeo. La suastraordinaria presenza (dal Santo Sepolcro all’incon-tro dell’8 giugno) ha fatto compiere un passo dagigante all’ecumenismo e ha dato al mondo una pra-tica dimostrazione di quella unità che, al di là delledispute teologiche, già esiste tra Roma eCostantinopoli. Intanto l’ulivo piantato cresce. E chis-sà che i suoi frutti non siano abbondanti anche sottoil profilo dell’unità tra i cristiani. Quando li vedremonon si sa. Ma anche in questo caso bisogna esserefiduciosi. Perché come diceva quel canto anni ’70 “iltempo del germoglio lo conosce il Signore”.

zioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza”. Nellasua preghiera, Francesco ha ripetuto il grido “mai piùla guerra”, perché con essa “tutto è distrutto”. Larichiesta del Papa è stata anche di avere il coraggiodi compiere “gesti concreti per costruire la pace”:insomma di essere “ogni giorno artigiani dellapace”.E i due presidenti? Al di là delle frasi di circostan-

za, nei loro due discorsi si trovano alcune ‘pepite’ dinotevole valore. Peres (che purtroppo ha già di fattoconcluso il suo mandato) ha spiegato che i due popo-li - gli israeliani e i palestinesi – “desiderano arden-temente la pace”, e in particolare una “pace fraeguali” e che bisogna adoperarsi con tutte le forzeper raggiungerla. Per raggiungerla presto. Anche seciò richiede sacrifici e compromessi”.Un’indicazione, questa, anche a chi deve condurre inegoziati.Anche Abu Mazen ha auspicato pace per il suo

popolo e per i suoi vicini (non ha nominato Israeleper nome e cognome, ma l’accenno ai vicini puòessere considerato un passo avanti) e ha pregato che

vita della chiesa

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Papa, al tema dell’evangelizzazione di fronte a que-ste situazioni problematiche della famiglia e del matri-monio. Come annunciare la Buona Novella alle fami-glie che vivono situazioni varie, difficili, diciamo fuoridalle norme della Chiesa?”. “Oggi davvero la fami-glia ha bisogno di tanti aiuti pastorali”, ha ricordatoil Papa. E non è un caso che all’appuntamento diottobre seguirà, nel 2015, un Sinodo ordinario sem-pre sulla famiglia che servirà a dare concretezza aquanto emerso, dati alla mano, dalla discussione diquest’anno. Del resto, l’Instrumentum laboris, cioè ildocumento che sarà alla base della riflessione e chesarà pronto entro l’estate (la prima bozza è stata esa-minata nella riunione del Consiglio del Sinodo, il 13e 14 maggio scorsi), è stato elaborato tenendo inconsiderazione le risposte al questionario compostoda 38 domande, inviato a tutte le diocesi delmondo. Per la prima volta, infatti, le chiese locali cosìcome i singoli fedeli hanno avuto la possibilità di direla loro riguardo ai temi più attuali – e più scottanti –che hanno a che fare con la famiglia attuale, alleprese con problematiche del tutto inedite.“Un’inchiesta/condivisione – ha spiegato il cardina-le Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo- che ha dato a tutti, urbi et orbi, visibilità e voce,opportunità e obbligo di ascoltare ed essere ascolta-ti, in una logica che non è di potere ma di servizio,in una logica che non è quella dell’«io voglio, possoe comando» bensì del «noi cerchiamo», insieme,come Chiesa e come comunità umana e di fede, lesoluzioni possibili per le sfide che, a volte, sembranopersino impossibili, per i problemi, le preoccupazio-ni, i dolori e le sofferenze, ma anche le gioie e lesperanze che viviamo, sperimentiamo, preghiamo econdividiamo”. In Vaticano sono pervenute oltrel’84% di risposte da parte delle Conferenze episco-pali e oltre il 70% dai soggetti aventi diritto, insieme

“Il Sinodo sarà sulla famiglia, sul problemadella famiglia, sulle ricchezze della fami-glia, sulla situazione attuale della

famiglia”. È stato lo stesso Papa Francesco, sull’ae-reo che lo riportava a Roma da Gerusalemme, achiarire il senso e l’orizzonte dell’Assemblea straordi-naria dei vescovi, in programma dal 5 al 19 ottobreprossimi. Occorre, ha sottolineato monsignor BrunoForte, arcivescovo di Chieti- Vasto e segretario spe-ciale del Sinodo, “mettersi in ascolto dei problemi edelle attese che vivono oggi tante famiglie, manife-stando ad esse vicinanza e proponendo loro inmaniera credibile la misericordia di Dio e la bellez-za del rispondere alla sua chiamata”. Nullità matri-moniali, divorziati, unioni gay, contraccezione, maanche matrimoni misti, madri surrogate, sofferenze,speranze e nuove piste pastorali: queste e molte altresono le “sfide pastorali della famiglia nel contestodell’evangelizzazione” che saranno affrontate dalSinodo, senza focalizzarsi cioè sulla questione dellacomunione ai divorziati risposati “come se tutto – hadetto il Papa - si riducesse ad una casistica”. Di fron-te ad una crisi mondiale, economica e valoriale, chemina alla radice le coppie consolidate e dissolve isogni di quelle giovani, non si può infatti ridurre l’ar-gomento ad un solo paragrafo. Tuttavia, l’accessoall’Eucaristia per i divorziati sarà “una delle questio-ni”, ha confermato il cardinale Odilio Scherer, arci-vescovo di San Paolo e membro del Consiglio dellaSegreteria del Sinodo. “La Chiesa – ha osservato -deve, in qualche modo, sì affermare e confermare laParola di Gesù sempre e di nuovo, ma deve ancheandare incontro alle situazioni storiche, concrete, perdare speranza e mostrare la via della misericordia,la via della vita cristiana, anche se con certi limiti chepossono esserci”. Il Sinodo, ha continuato Scherer“dovrà cercare di rispondere, come ha chiesto il

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vita della chiesa

Sinodo di ottobre

e questione famigliadi Stefania Careddu

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a numerosissimi questionari compilati da singoli e dagruppi, da cui “risalta – ha commentato il cardinaleBaldisseri - l’urgenza di prendere coscienza dellerealtà vissute dalla gente, di riprendere il dialogopastorale con le persone che si sono allontanate perdiverse ragioni interne alla Chiesa e esterne dellasocietà”. “La panoramica – ha aggiunto il segreta-rio del Sinodo - è mondiale”. Un ventaglio di vociche ha dato concretezza alle sofferenze, alle storie didisagio dei tanti “irregolari”, ai desideri, alle aspet-tative, alle richieste e alle potenzialità delle famiglie.Che chiedono di essere comprese, accolte, condottealla Verità. “La Chiesa deve essere un po’ come ilSamaritano anche nell’ospedale che è la famiglia.Deve cioè guarire le ferite che ci sono e aiutare”, hasintetizzato il cardinale teologo Walter Kasper cheha tenuto la relazione introduttiva al recenteConcistoro proprio sul tema della famiglia. Cosìcome chiede Papa Francesco, la Chiesa esce. Permettersi in cammino con gli sposi, con le mamme, ipapà e i loro bimbi, con i nonni. Senza paura. .

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vita della chiesa

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Fissate già da ora una data sulla vostraagenda. Il 19 ottobre prossimo PapaFrancesco proclamerà beato Paolo VI. Dunque

non si è ancora spenta l’eco della canonizzazione diGiovanni Paolo II e Giovanni XXIII ed ecco che unaltro Pontefice compie un passo decisivo verso la glo-ria degli altari. La notizia è stata ufficialmente annun-ciata lo scorso 9 maggio, dopo che Bergoglio avevaricevuto in udienza privata il cardinale Angelo Amato,prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi,e aveva autorizzato la Congregazione a promulgare,tra gli altri, il decreto riguardante il miracolo attribuitoall’intercessione del venerabile servo di Dio GiovanniBattista Montini. Proprio in quella occasione ilPontefice aveva anche autorizzato a comunicare cheil rito della beatificazione avrà luogo in Vaticano il 19ottobre 2014.La data non è stata certo scelta a caso, dato che il

19 ottobre è il giorno dopo la conclusione del Sinododei vescovi sulla famiglia. Il Papa ha voluto dunquesottolineare lo stretto legame di Montini con questa

vita della chiesa

di Giancarlo Amodio

Paolo VI,

la santita

a servizio

della

Chiesa

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sua azione. Anche e soprattutto in materie controversecome quelle della morale sessuale (ricordiamo la suasofferta presa di posizione contro l’uso degli anticon-cezionali nella Humanae vitae). E anche il suo pre-sunto immobilismo, quell’atteggiamento di prudenzache – visto con occhio superficiale – poteva sembrareindecisione, vanno compresi alla luce del grandeamore per la Chiesa. Giovanni Battista Montini nonera uomo delle decisioni a cuor leggero. Anzi da fineintellettuale qual era si interrogava fino in fondo suquale fosse la strada migliore da intraprendere.Questo aspetto del suo carattere, ad esempio, è statoapprofondito nel corso dell’iter della causa e ha rive-lato che in lui anche la sua grande cultura era unmezzo a favore dell’azione evangelizzatrice, non unadote fine a se stessa o peggio ancora un motivo diorgoglio e superbia.A lui si deve il rilancio dell’ecumenismo, con lo sto-

rico incontro del 1964 con il patriarca diCostantinopoli Atenagora, ricordato da PapaFrancesco con il suo recente viaggio a Gerusalemme,e anche l’apertura di un nuovo modo di esercitare ilministero di vescovo di Roma, ad esempio attraverso iviaggi apostolici, che oggi sono ormai patrimonioacquisito grazie all’opera dei suoi successori, primatra tutti Giovanni Paolo II. L’attualità del suo magisteroè poi testimoniata dal costante riferimento dei testi,delle omelie e degli interventi di Papa Francesco, chedi lui ha fatto una bussola per il proprio pontificato.Dal 19 ottobre Paolo VI sarà una stella polare ancheper ogni fedele.

assise, la cui istituzione - com’è noto - si deve allavolontà di Paolo VI in applicazione del ConcilioVaticano II.Quanto al miracolo, si sa che è avvenuto nel 2000

e che a beneficiarne è stato un bimbo nel grembomaterno. L’evento straordinario è avvenuto negli StatiUniti, quando il feto era al quinto mese di gravidanzae si trovava in condizioni critiche per la rottura dellavescica fetale. La conseguente presenza di liquido nel-l’addome e l’assenza di liquido nel sacco amnioticoavevano indotto i medici a diagnosticare la mortequasi certa del piccolo o, nella migliore delle ipotesi,sue gravissime malformazioni alla nascita. I sanitari,anzi, avevano consigliato ai genitori di dare l’autoriz-zazione per l’aborto. La mamma però si era rifiutatae, su suggerimento di una suora italiana che l’avevaconosciuto, aveva chiesto l’intercessione di papaMontini. Successive analisi avevano mostrato il miglio-ramento della situazione e la nascita era avvenutaall’ottavo mese tramite parto cesareo e con il neonatoin buone condizioni generali. Il bimbo, del quale nonè stata rivelata l’identità per ovvie ragioni di privacy eprotezione dei minori, è ora un adolescente di 13anni e conduce un’esistenza normale.La causa di beatificazione fu aperta in sede dio-

cesana a Roma dall’allora cardinale vicario del Papaper la diocesi capitolina, Camillo Ruini. Era l’11 mag-gio 1993. Giovanni Paolo II stesso aveva incorag-giato questo passo. Il 20 dicembre 2012 BenedettoXVI, autorizzò a promulgare il decreto riguardante levirtù eroiche di Montini. Il primo postulatore è statopadre Paolo Molinari e, attualmente, padre AntonioMarrazzo che ha completato la positio sulle virtù ecompilato quella sul miracolo.Il processo di beatificazione è anche servito a met-

tere in rilievo le caratteristiche fondamentali della san-tità di Paolo VI e a correggere alcuni luoghi comunisulla sua figura e sul suo operato. <Non fu un Papamesto, ma intimamente partecipe delle vicende delsuo tempo>, ha dichiarato di recente proprio padreMarrazzo in una intervista al quotidiano Avvenire.Paolo VI viveva in profondità la gioia del Vangelo, maera anche capace di chinarsi sui problemi del suotempo, com’è confermato ad esempio dalla costantevicinanza ai problemi del mondo del lavoro e dallasofferenza anche personale per il caso Moro. La sua,ha chiarito il processo, è una santità tutta posta a ser-vizio della Chiesa. Non a caso la sua prima encicli-ca, programmatica dell’intero pontificato, si intitolaEcclesiam suam e ricorda quindi che la Chiesa è diCristo, non del Papa o di questo o quel gruppo eccle-siale. A questa premessa sempre Papa Montini ispirò la

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vita della chiesa

Paolo VI a colloquio con il Cardinale Joseph Ratzinger

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è anche fermato per un “botta e risposta” a tuttocampo con i vescovi che è durato quasi un’ora emezza. Lo stesso Bagnasco ha definito la Cei “spaziovitale di comunione che si nutre di ascolto, di relazio-ni, di prossimità e di condivisione all’interno e tra leConferenze Regionali”. Questa novità introdotta daFrancesco ne è la traduzione più plastica. In tal sensovanno anche interpretate le parole dette a braccio dalPontefice all’inizio del suo discorso: “Ho letto su ungiornale che all’interno della presidenza della Ceiquesto è del Papa, questo non è del Papa. Vi dico chequi sono tutti del Papa”. Espressioni che mettono unapietra tombale sulle dietrologie e le anticipazioni cir-colate a tutta forza sulla stampa nei mesi scorsi. Lodimostra ad esempio la rapidità con cui l’Assembleaha proceduto all’approvazione di alcune significativemodifiche allo Statuto e al Regolamento, che ora sonoalla “recognitio” (cioè all’approvazione, come pre-scrive la legge canonica), della Santa Sede. La piùimportante riguarda senz’altro l’elezione del presiden-te della Cei. I vescovi, sottolinea il comunicato ufficia-le dei lavori, “hanno stabilito che la nomina sia riser-

Un fatto è ormai certo. Sta cambiando anchel’assetto della Conferenza Episcopale Italiana.Ma non nel senso rivoluzionario che alcuni

commentatori si aspettavano. Le trasformazioni in attoassomigliano piuttosto a una riforma progressiva chesegue l’impulso dell’azione pastorale di PapaFrancesco e si attua per effetto della pronta disponibi-lità da parte dei vescovi ad accogliere e fare propriaquesta azione. Ma tutto avviene nel dialogo, nel con-fronto sincero, nel discernimento comunitario. In unaparola all’insegna della comunione e non della rivolu-zione.

I cambiamenti statutari

Lo si è visto chiaramente nel corso dell’incontro conil mondo della scuola (9 maggio) e dell’Assembleagenerale che si è tenuta come di consueto a Roma dal19 al 22 maggio scorso, dove pure le novità nonsono mancate. Innanzitutto, per la prima volta in asso-luto è stato il Papa, e non il presidente della Cei, car-dinale Angelo Bagnasco, ad aprire l’assemblea. Perla prima volta il Papa, oltre a tenere il suo discorso, si

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Così sta nascendo

la “nuova” CEIdi Mimmo Muolo

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vata al Sommo Pontefice, che lo sceglie da una ternadi Vescovi diocesani votati a maggioranza assolutadall’Assemblea Generale”. Anche su questo aspetto,dunque, chi preconizzava l’elezione diretta del presi-dente è stato clamorosamente smentito.

I “luoghi” della Chiesa in uscita

Ma l’assemblea di maggio ha detto anche altrecose. E sono forse le più interessanti. Il Papa, infatti,ha invitato i vescovi a imboccare sempre più e consempre maggiore decisione la via della missionarietà,indicando simbolicamente tre luoghi, “in cui la vostrapresenza mi sembra maggiormente necessaria e signi-ficativa”, pena “la condanna all’irrilevanza”. Questitre ambiti sono famiglia, lavoro e migranti. Il cardina-le Bagnasco ha poi aggiunto che sono spazi che laChiesa intende abitare “con la forza discreta e corag-giosa della nostra identità missionaria, del nostroannuncio di fede e della nostra testimonianza di cari-tà”.Papa Francesco ha detto al proposito parole impor-

tanti a sostegno della famiglia, fortemente penalizza-ta da una cultura che privilegia i diritti individuali e tra-smette una logica del provvisorio. Ha difeso i disoc-cupati, i precari e gli imprenditori che faticano a man-dare avanti l’azienda. Infine ha invitato ad avere par-ticolare cura di quanti giungono in Italia fuggendodalla fame, dall’intolleranza e dalla guerra. Alla suavoce poi si è aggiunto l’appello finale dell’Assembleaaffinché sia riconosciuto il ruolo pubblico della fami-glia e la sua rilevanza per il bene comune, come ladisponibilità a cercare insieme nuove vie di svilupposociale e il richiamo alle Istituzioni a farsi carico deldramma dei migranti.Inoltre c’è da sottolineare la parte del discorso del

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vita della chiesa

Pontefice sulle “tentazioni” che “cercano di oscurare ilprimato di Dio e del suo Cristo”, sulle “divisioni” che“dilaniano la Chiesa” e sulle “miopie” che “ostacola-no il progetto di Dio sulla famiglia umana”. Francescoha parlato di tiepidezza, distrazione, insofferenza; diseduzioni secondo la prospettiva della carriera, lalusinga del denaro e i compromessi con lo spirito delmondo. Ha messo in guardia contro la pigrizia chetrasforma i vescovi in funzionari. Ha quindi esortato anon lasciarsi prendere da «smarrimento, frustrazione»e persino «incredulità», ricordando che di questi senti-menti «approfitta il Nemico, il Diavolo, per isolare nel-l’amarezza, nella lamentela e nello scoraggiamento».Niente meschinità e disfattismo, dunque. Ma preghie-ra e fiducia nella protezione della Vergine. Paroledirette ai vescovi, è vero, ma che è bene tenere pre-senti da parte di ogni fedele.

“Io amo la scuola”.

“Io amo la scuola”, ha detto il Papa. E la scuola haricambiato il suo affetto. Trecentomila in piazza SanPietro, cui Francesco ha regalato parole piene di buonsenso. A partire da quel proverbio africano che dice:“Per educare un figlio ci vuole un villaggio”. In altri ter-mini serve il lavoro di squadra che famiglia e scuoladevono fare. L’educazione, spiega papa Francesco,“non può essere neutra”. La scuola deve educare “alvero, al bene e al bello”. Tre dimensioni che non sonomai separate, tre lingue “quelle della mente, del cuore edelle mani”, che bisogna usare insieme. Perché a scuo-la si possono e si devono “imparare contenuti, averecerte abitudini e assumere valori”. Per crescere insieme.

Indicazioni di prospettiva

Infine non si può non parlare di prospettiva. Per laCei due sono gli appuntamenti importanti a medio ter-mine. L’Assemblea straordinaria di novembre adAssisi, nel corso della quale verrà continuato il lavorodi riforma, e soprattutto il Convegno ecclesiale nazio-nale che si terrà a Firenze del dal 9 al 13 novembre2015. Nel corso dell’Assise di maggio, il Papa ha offerto

una chiara indicazione di metodo e di merito anchesu questo argomento. <Il discernimento comunitario –ha detto – sia l’anima del percorso di preparazione>.E questo discernimento aiuti a non fermarsi sul piano– pur nobile – delle idee, ma inforchi occhiali capacidi cogliere e comprendere la realtà e, quindi, stradeper governarla, mirando a rendere più giusta e frater-na la comunità degli uomini>. Insomma, la strada èlunga, ma il lavoro sembra ben avviato.

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Il Serra Club deve porsi sempre più a servi-zio di una cultura vocazionale. Lo afferma inquesta intervista a Il Serrano il cardinale José

Saraiva Martins, prefetto emerito dellaCongregazione per le cause dei Santi e Consulenteepiscopale di Serra Italia. Ripercorrendo il senso deisuoi interventi nel corso del Congresso di Bologna, ilporporato, parla dell’impegno personale e comunita-rio dei membri del Club e invita ad avviarsi con con-vinzione sulla via della bellezza per portare il Vangeloagli uomini e alle donne del nostro tempo.

Eminenza, che cosa ha detto di nuovo, rispetto all’im-pegno del Serra Italia, il Congresso di Bologna?

Secondo me ha fornito un’ulteriore conferma che sitratta di un’opera preziosissima per la Chiesa delnostro tempo, data la crescente diminuzione, soprat-tutto in alcuni Paesi, di vocazioni consacrate. Direianzi che il Serra Club è una vera oasi di promozionee discernimento vocazionale. I serrani si sono votatialla missione più alta e più meritevole della Chiesa,promuovere con la preghiera, con la testimonianza e

speciale congresso

“Cercando la bellezza

si incontra Cristo”di Mimmo Muolo

Intervista al Cardinale Josè Sarajva Martins

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to di lifting. Tuttavia c’è qualcosa che non funziona. Einfatti oggi che si è tutti giovani e belli, come mai nonsi riesce anche ad essere felici e crescono i ragazziche cadono preda della depressione o addirittura sisuicidano?

E allora?

E allora è evidente che della bellezza dobbiamoritrovare l’esatto concetto. Anzi l’esatto modello.Perché la bellezza non è un’idea, ma una Persona.Quando Dostoevskij afferma che la bellezza salverà ilmondo, aggiunge: “E la bellezza è Cristo”, quelCristo che la Sacra Scrittura definisce “il più bello trai figli dell’uomo”. Dunque la vera bellezza (e la verabontà) è quella di seguire Cristo, affascinati dalla suapersona, dal suo esempio, dal suo insegnamento. Quisi innesta anche il discorso della vocazione. Anzi ilfascino di una vita realizzata come vocazione.

La bellezza ha dunque forza evangelizzatrice?

Certo. La vera bellezza è in fondo quella chenasce da un cuore pieno di Dio, attento ai bisogni ealle necessità dei fratelli, sincero, generoso, cordiale.Chi segue Cristo nell’impegno quotidiano per il beneha una bellezza che traspare naturalmente sul suovolto. Chi crede con fede pura e generosa, capace didare serenità e gioia all’animo, è veramente bello. Ilsorriso di un cuore puro è indimenticabile, non è quel-lo plastificato che ammicca dalle copertine delle rivi-ste, più falso del corpo rifatto dalla chirurgia plastica.In sostanza chi segue Cristo da vicino, chi si è lascia-to attirare dalla sua vita, in una parola, chi ha sentitola sua voce e continua a camminare dietro i suoipassi, realizza se stesso e presenta la bellezza di unavita pienamente realizzata e totalmente donata ai fra-telli. In definitiva la bellezza ci porta a comprenderel’Amore e donare amore. E quale forma di amore piùche non donare agli uomini il Vangelo?

l’azione apostolica propria dei laici, la vocazione alsacerdozio cattolico e alla vita consacrata. Bisognacontinuare su questa strada.

Come farlo, dunque, in un mondo in rapida trasfor-mazione?

Tocca ai serrani la promozione della cultura voca-zionale nei vari campi del sapere, la forte influenzanella società civile attraverso la testimonianza cristianae l’obbedienza al comando del Signore: “Pregate ilSignore della messe”. Oggi più che mai il Serra Clubdeve sentirsi impegnato a darci uomini preparati erisoluti che vogliano far fronte comune per la vita cat-tolica e per una visione sempre più cristiana delle cosedel mondo. Basata su una profonda formazione spiri-tuale, la nostra associazione ha lo scopo di portareuomini e donne capaci ad incarichi che cristianizze-ranno il mondo. Infatti, è nelle grandi finalità del Serradi dare ad ogni membro occasioni particolari di leg-gere, discutere, pregare ed approfondire gli argo-menti fondamentali della vita, al fine di perfezionaregli impegni personali, familiari e sociali.

Si può stilare una sorta di decalogo degli impegni diun Serrano?

Non so se si può parlare di decalogo, ma certoesistono delle priorità. Tra queste ricordo l’impegno diconsegnare ai giovani la bellezza della fede e la sco-perta della vocazione al sacerdozio e alla vita con-sacrata; di ridestare il popolo di Dio alla consapevo-lezza del dovere di incoraggiare e sostenere nellefamiglie, parrocchie e comunità, quegli uomini “voca-ti” che intendono offrire se stessi alla Chiesa per ilministero sacerdotale e la vita consacrata; di avere uneffettivo e non saltuario rapporto d’amicizia con isacerdoti e i consacrati; di offrire volontariamente aivescovi e ai sacerdoti i propri talenti di mente e dicuore, per riparare, edificare, consolidare la Chiesadi Dio nel tempo e nella storia.

Durante il Congresso si è parlato della vita della bel-lezza. In che rapporto stanno bellezza e vocazione?

“La Bellezza salverà il mondo”, afferma il principeMiskin ne L’Idiota di Dostoevskij. Ma dobbiamo inten-derci su quale sia questa bellezza. Anche perché lasocietà contemporanea si basa sul mito della bellez-za: televisione, cinema, giornali, rotocalchi e così vianon fanno che propagandare l’assoluta necessità diessere belli. Di conseguenza la vecchiaia, la malattia,la bruttezza, l’età vengono forzatamente rimossi comele “zampe di gallina”, dopo un appropriato interven-

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l’intervista

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pone con le sue sfilate di vip più o meno tali; con isuoi areopaghi in cui parlare di questo e in cui rita-gliarsi a tutti i costi un pezzetto di visibilità ostentata;con il circo mass-mediatico in cui imperversano gliistrioni dei canoni estetici e le proposte, spesso al dilà di ogni limite della decenza, di lifting, beauty-farm,

Se Erasmo da Rotterdam scrisse “L’elogio

della follia”, credo che tutti noi potremmo scri-vere coralmente “l’elogio della Bellezza”. Ed è

questa straordinaria tematica che costituirà il “filrouge” del nostro prossimo anno di pastorale voca-zionale, per la Chiesa italianaIl ricentrare la pastorale vocazionale attorno alla

figura e al volto di Gesù, come già si è notato, nonè certamente una operazione di particolare novità;ma potrebbe diventarlo, nella misura in cui si metto-no in luce alcuni aspetti particolari del fascino delvolto di Cristo, a cui i giovani oggi possono rivelarsiveramente più attenti e sensibili. Sappiamo benecome i nostri fratelli della Chiesa Orientale hannosempre tenuto in grande considerazione la “dimen-sione del bello” presente nel cammino umano e spiri-tuale di ciascuno. Potrebbero farne fede gli scrittisempre molto affascinanti del teologo orientale PavelEvdokimov . In lui prende risalto tutto lo straordinariomondo della icone, per darci una chiave di letturaquanto mai significativa della “via della bellezza”come via per incontrare il volto di Dio. Anche la teo-logia occidentale, seppur in misura più ridotta e casti-gata, ha avvertito l’importanza di questo sentiero dapercorrere e sicuramente il grande testimone di que-sta modalità di approccio resta il teologo Hans UrsVon Balthasar.La mia suggestione non intende percorrere gli

straordinari abissi di queste vie teologiche. Sto sem-plicemente pensando a quanto sia stata profetica l’af-fermazione di Fedor Dostoevskij, nel suo romanzoL’idiota, quando affermò: “La Bellezza salverà ilmondo”. Non è un riferimento angusto ai canoni este-tici della bellezza che la moda dilagante oggi ci pro-

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speciale congresso

La bellezza al servizio

delle vocazionidi Nico Dal Molin

Riportiamo qui di seguito la seconda parte della relazione di Mons. Nico Dal Molin,   Direttoredell’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni della Cei, sul tema “La bellezza della fede nelmondo governato dall’economia: una vocazione per la vera crescita”.

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creme, pozioni e soluzioni magiche per ogni tipo diproblema fisico.

Come si può arrivare al volto di Gesù, riscoprendo lemolteplici vie della bellezza umana?

Personalmente credo ci sia solo l’imbarazzo dellascelta: la via delle icone a cui ho fatto cenno è certa-mente un approccio suggestivo, anche se richiede unacerta raffinatezza spirituale.Un’altra via possibile da percorrere, e alla portata

di molti, oggi, è quella dell’arte: e non semplicemen-te perché in essa troviamo un’enorme presenza disoggetti religiosi, ma perché la conoscenza dell’arte,antica o rinascimentale, moderna o contemporanea,fornisce dei criteri di lettura straordinari per capire ilcuore dell’uomo. In ogni opera d’arte l’artista celaqualcosa di sublime, che rivela qualche tratto delvolto di Dio. È davvero straordinario girare per i tantimusei e le mostre di arte che sempre con più abbon-danza vengono proposte e trovare famiglie conbimbi anche piccoli, in grado di guardare con pas-sione l’opera dell’artista. E lo stesso si può dire per ilmondo dei giovani, che sempre più trovano nell’artela possibilità di scoprire non solo le risorse straordi-nariamente vive e creative dell’ingegno umano, masoprattutto alcune vie per giungere diritti ai sentimen-ti e al cuore. Oppure, potremmo anche ricordare gliitinerari sempre più frequenti di “arte e spiritualità”,che vengono proposti in città famose come Venezia,Firenze o Roma, tanto per citarne solo qualcuna eche fanno gustare un itinerario interiore che vale tantoquanto una intensa e profonda meditazione…Provare per credere!Vicino all’arte accosterei, poi, la via della musica,

Si può aggiungere la via della danza e di ogniespressione della corporeità che diviene una notevoleopportunità di espressione del linguaggio del corpo edei sentimenti. Ahimè, queste sono delle vie sulle qualispesso noi siamo davvero poco allenati o muniti distrumenti piuttosto inadeguati, se non antiquati.Vorrei qui aggiungere la via della letteratura, della

poesia e del romanzo; molti autori contemporanei aiu-tano, attraverso i loro scritti e le loro intuizioni, a darevoce a quelle che saranno le tendenze di un futuroprossimo e a cogliere spaccati importanti per decodi-ficare la realtà culturale in cui ci si muove.C’è poi tutto il mondo della filmografia e della let-

tura dell’immagine: oggi si comunica moltissimo attra-verso questo mezzo, e una adeguata scelta di quantoviene proposto ci aiuta a tastare il polso della situa-zione su tematiche emergenti, di fronte alle quali spes-

so noi facciamo la figura di “Alice nel paese dellemeraviglie”.E ancora, come non riproporre, attraverso un

contatto diretto e forte, la bellezza della natura edel creato; ci saremo accorti un po’ tutti che i nostristatici campi scuola non trovano molte adesioni, mase si propone un “cammino”, un “pellegrinaggio”che sappia anche gustare la bellezza dei luoghiattraverso i quali si passa, questa opportunità trovamolta più accoglienza e adesione. Anche se dob-biamo sottolineare il rischio di una inflazione di pro-poste, spesso non sempre curate e significative sottoquesto profilo.Non vorrei dimenticare, infine, la via privilegiata

della bellezza: il “miracolo stesso della vita”. È unaspetto che diamo per scontato, ma oggi, in questacultura di cinismo e di morte che come una nebbiaradente avvolge tutto, è importante tornare ad eviden-ziare la bellezza del dono della vita e di come spen-derla con scelte significative: qui diviene piuttostospontaneo e immediato l’aggancio vocazionale conla figura di Gesù, con le sue varie “chiamate” rac-contate nel Vangelo. Questa è la via della bellezza,che può diventare un cantiere vocazionale sempreaperto e nuovo.

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vita del serra

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speciale congresso

donar loro un dodicesimo cammello. È l’apologo rac-contato dal professor Stefano Zamagni, economista edocente in numerose università italiane e straniere, perraccontare alla platea del XIV Congresso nazionaledel Serra Italia l’essenza dell’economia del dono.Quel cammello in più sblocca infatti la situazione.Dodici diviso due fa sei, dodici diviso quattro fa tre.Dodici diviso sei fa due. E tutti possono prendere laloro parte. Ma ecco il “miracolo”: sei più tre più duefa undici. E a quel punto il cammelliere può riavereindietro il cammello donato. Guadagnandoci in cam-bio la riconoscenza e l’amicizia dei tre fratelli, con i

Un cammelliere aveva 11 cammelli.Sentendosi prossimo alla morte, fece testamen-to e divise la sua eredità tra i tre figli. Al primo

lasciò un mezzo della sua ricchezza, al secondo unquarto e al terzo un sesto. Ma dopo la sua scompar-sa, cominciarono i problemi. Dividere undici cammel-li per due non era possibile. E il figlio grande ne pren-deva sei, mentre gli altri due avrebbero voluto asse-gnargliene cinque. I tre passarono ben presto dalleparole alle vie di fatto e sarebbero probabilmentegiunti all’irreparabile, se non fosse passato di lì unaltro cammelliere, che del tutto gratuitamente decise di

C’e uno spazio

per l’amore in economia?di Augusto Intermine

Mimmo Muolo presenta il Prof. Zamagni

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di potentati economici, che hanno reagito cercando discreditare lui e la Chiesa Cattolica sul piano morale.La via di uscita è quella di rimettere le cose nella giu-

sta ottica. Ad esempio, ha suggerito Zamagni, ritor-nando a parlare di bene comune piuttosto che di benetotale. Anche qui la differenza è enorme. “Il bene tota-le – ha ricordato il professore – è dato dalla sommadei beni di tutti gli attori della società. Ma se in unasomma un addendo si azzera (ad esempio un gruppodi lavoratori esce dal ciclo produttivo per licenziamen-ti e cassa integrazione) non si azzera la somma. Ilbene comune invece è un prodotto e quando un fatto-re si azzera anche il prodotto è zero. Questo implicala necessità di prendersi cura di tutti gli attori dellasocietà”. Soprattutto, il ragionare in quest’ottica inseri-sce il dono all’interno del ciclo economico, respingen-do la logica del “gli affari sono affari e dopo viene lafilantropia”. E si ritorna all’esempio degli 11 cammelli.“Chi pratica il dono - ha concluso Zamagni – non cirimette. Anzi. Basta dunque con i disfattismi e con lateoria dei cantori del declino. Esempi di economia del-l’amore ci sono e funzionano. L’invito che ci viene dallaDottrina sociale della Chiesa è quello di abbandonareanche nel mondo degli affari la religione immanentistache sostituisce a Dio il vitello d’oro e aprirsi a una visio-ne fondata sull’antropologia cristiana”.

quali magari potrà avviare una nuova e fiorente attivi-tà economica.Zamagni ha preso spunto da questa storia per

rispondere alla domanda che faceva da titolo alla suarelazione: “C’è spazio oggi per l’amore in econo-mia?”. Ed è del tutto evidente che la risposta non puòche essere positiva. Non solo c’è spazio, ma guai senon ci fosse. A patto però di sgombrare il campo daun equivoco: “Dono non è donazione – ha spiegato ilprofessore – Perché la donazione riguarda un oggetto,mentre il dono implica una relazione tra le persone erichiede un’accettazione”. L’economia del dono, intro-dotta dall’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in verita-te, è un reale passo avanti nella scienza economica. Ela differenza fondamentale Zamagni l’ha spiegatasgombrando il campo da un altro equivoco. Quelloche per più di due secoli ha governato l’economia stes-sa. In sostanza il “dogma” secondo cui gli affari sonoaffari e non si guarda in faccia a nessuno. Dopo, sem-mai, entra in gioco la filantropia e si cerca di salvareil salvabile. Con tutti i problemi che conosciamo. Lacrisi economica mondiale che stiamo attraversandoaffonda le radici proprio in questo tipo di ragiona-mento. Benedetto XVI, dunque, ne ha indicato le causedi fondo e – a parere dell’economista bolognese – hafinito per intaccare i pilastri sui quali si reggono i gran-

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minazione (possibilmente a luce naturale) e di clima-tizzazione; disporre di apparecchiature e arredi ergo-nomici; e soprattutto essere immersi in una positivaatmosfera relazionale, caratterizzata da buone rela-zioni con le persone con cui siamo in contatto. Avererelazioni poco gratificanti – se non addirittura freddeo ostili – con i colleghi e/o con i superiori non aiutaa lavorare bene.Svolgere un lavoro che piace e stare bene nell’or-

ganizzazione di cui si fa parte sono esigenze com-prensibili se ci mettiamo nei panni dei lavoratori; maquali conseguenze possono comportare per le orga-nizzazioni? È possibile conciliare il benessere dei

Trascorriamo quasi un terzo della nostravita lavorando, ed è comprensibile che illavoro rivesta per ognuno di noi una

grande importanza. Tuttavia, pochi amano il lavo-ro che fanno, e anche tra quelli che avrebbero unlavoro potenzialmente realizzante, molti non riesconoa ricavarne una reale soddisfazione, tutti presi dallacompetizione, dalla frenesia del successo, dagli obiet-tivi materiali e sociali. Tuttavia nel corso del XX secolovi sono state tre trasformazioni da questo punto divista.1) La prima è consistita nel passaggio dall’idea

che si debba “vivere per lavorare”, cioè che il lavorosia tutto, o quasi, nella vita di una persona, ad unaconcezione secondo cui nella vita ci sono altre coseimportanti oltre al lavoro e che è giusto e utile averedel tempo libero per dedicarvisi. Il tempo libero.2) La seconda è stata quella che lo vede non solo

come un mezzo per guadagnarsi il pane quotidiano,ma anche come via per realizzare se stessi. Una novi-tà rivoluzionaria se rapportata ai valori dominantidella cultura capitalistica, ma non una novità in sensoassoluto, se consideriamo che già Confucio, oltre duemillenni fa sosteneva: “Fai un lavoro che ti piace e nondovrai mai lavorare”. 3) La terza trasformazione, da poco iniziata, è

quella che ci porta a desiderare di lavorare in condi-zioni di benessere: stare in un ambiente sano, acco-gliente, stimolante; avere un adeguato grado di illu-

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speciale congresso

Non solo per denaro,

quando il lavoro

e anche bellodi Enrico Cheli

“Non solo per denaro: imprenditorialità e lavoro come espressioni creative dell’essere umano estrumenti per la sua realizzazione” era il tema dell’intervento del Prof. Enrico Cheli, docente disociologia delle relazioni interpersonali e psicologia delle comunicazioni all’Università di Siena.Pubblichiamo qui di seguito una sintesi della sua relazione.

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tanti in una organizzazione sono quelle interpersona-li: con i colleghi, con i superiori e/o i sottoposti, coni clienti/utenti, con i fornitori. Invece molti dirigentisono stati formati all’insegna della sola razionalità edella conseguente rimozione (illusoria) dell’intimitàrelazionale e dei connessi vissuti emotivi. In realtà lepiù recenti scoperte di neuropsicologia, neuro-biolo-gia e psiconeuroendocrinoimmunologia dimostranol’esatto contrario e rivalutano ampiamente il ruolodella componente emozionale e relazionale.Si rende dunque necessario un cambiamento di

prospettiva. Un cambiamento che veda il benessere ela salute non solo come una assenza di malattia emalessere ma come la risultante armonica di un com-plesso di fattori quali: vivere con ritmi che rispettano inostri limiti, abitare in un ambiente sano e accoglien-te, svolgere un lavoro che ci realizza e gratifica, nutri-re il corpo e la mente di cibi sani, avere buone rela-zioni con le persone con cui siamo in contatto, nellavita privata come in quella lavorativa, stare bene conse stessi, stimarsi, amarsi, rispettare i propri bisogni,coltivare i propri interessi, sviluppare i propri talenti.

primi con il buon funzionamento delle seconde oppu-re si tratta di esigenze del tutto antagonistiche? Finoa tempi recenti prevaleva (e in parte prevale ancora)quest’ultima ipotesi. Ne conseguiva un’organizzazio-ne del lavoro altamente settoriale e spesso disuma-nizzante, che teneva conto solo ed esclusivamentedel buon funzionamento dell’organizzazione, dellaproduttività, dell’efficienza, ritenendo che il benesse-re dell’individuo non avesse rilevanza ai fini dell’enteo impresa in cui opera e dovesse quindi rimanereconfinato al tempo libero e alla vita privata. Questaimpostazione – pur se stabilita unilateralmente daidatori di lavoro – è stata a lungo condivisa, o quan-to meno tollerata, anche dai lavoratori stessi e dacoloro che li rappresentavano. Secondo un ingegne-re degli stabilimenti Ford, Frederick Taylor, la cuiopera principale, The Principles of ScientificManagement, fu pubblicata nel 1911, i principibase erano la divisione razionale del lavoro e il mas-simo adattamento del lavoratore alle modalità delciclo produttivo. In seguito, però, tramite alcuni studi si arrivò a capi-

re che a) il livello di produttività è determinato danorme sociali più che dalle capacità fisiologiche deglioperai; b) le ricompense non economiche sono dellamassima importanza nel determinare la motivazione ela soddisfazione dei lavoratori; c) un elevato livello dispecializzazione non è necessariamente la forma piùefficiente di divisione del lavoro; d) gli operai non rea-giscono nei confronti dei dirigenti e delle norme daessi emanate come singoli, isolati individui, ma comemembri di gruppi sociali.A partire dagli anni ’70, l’ambito di interesse di

questa disciplina si ampliò considerevolmente, pas-sando ad occuparsi anche della qualità delle relazio-ni che intercorrono tra i lavoratori e l’ambiente circo-stante. Da allora è emerso con sempre maggior chia-rezza che un ambiente di lavoro caratterizzato da unclima interpersonale “freddo”, scarsamente collabora-tivo o peggio ancora conflittuale, può produrre, nonsolo nei lavoratori ma anche nei quadri e nei mana-ger di quella organizzazione, stati di calo motivazio-nale e di malessere, che in alcuni soggetti più espostio più deboli possono sfociare in vere e proprie pato-logie psichiche o anche psicosomatiche. Dunque unapolitica organizzativa che persegue un maggiorbenessere negli ambienti di lavoro non produce solovantaggi per i lavoratori ma anche per le stesse orga-nizzazioni e per l’intera società.Il benessere sul lavoro non dipende da aspetti

quantitativi ma dalla qualità delle relazioni che sussi-stono tra un elemento e l’altro, e le relazioni più impor-

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buono, come la luce non è il buio e viceversa. Ma l’u-tile si comprende proprio in considerazione dell’inuti-le, non solo come opposizione ma in quanto supposi-zione. L’utile è un aggettivo ove si deve inquadrare unsostantivo. Tutti gli oggetti utili e inutili devono racco-gliersi in un’unica idea che sarà allora il bene dell’uti-le. Nel quadro dei mezzi che garantiscono la vitaassociata si nota che il mezzo non è forse al serviziodello scopo? Il mezzo è ciò che occorre per realizza-re lo scopo, che non è un mezzo di cui ci si deve ser-vire, proprio in quanto scopo. Il Bene utile si può rag-giungere con il mezzo ma non può essere a sua voltamezzo. Allora ci occorrerebbe maggiormente il fineovvero il ‘a cosa serve?’ per gli economisti. Il beneriesce ad inquadrare e a rendere nobile l’utile che di

“Il bello è la lode del bene per un ripensa-

mento dell’utile”. Questo è il titolo dell’inter-vento di Padre Giuseppe Barzaghi, in sede di

Congresso Nazionale, il quattordicesimo di SerraInternational Italia, il movimento laico a sostegno dellevocazioni sacerdotali, che come quadro generale hapreso in esame “La bellezza della fede nel mondogovernato dall’Economia: una vocazione per la veracrescita”. Padre Barzaghi, Docente presso la Facoltà

Teologica dell’Emilia Romagna e lo Studio FilosoficoDomenicano di Bologna, per la sua relazione, nelcontesto della convention, propone il tema dell’ideadel Bello, la lode del Bello, non in quanto concettoastratto ma come riferimento al fine del ripensamentodell’utile, che nella società attuale si rivela essere uncriterio sbilanciato e che va rivisitato per riprendere acamminare per la giusta via non solo in economia maproprio nella vita.“La situazione economica culturale finanziaria –

dice Padre Barzaghi – ci mostra l’economia comelegge per cui la casa, intesa come domestica o insenso più ampio come stato, può essere governatasecondo il meglio, all’interno dei mezzi che favorisco-no la vita associata. L’economia in sostanza è ilmeglio dell’utile; sembra sostituire e identificare l’ideadel bene. È necessario riconsiderare però il concettodi utile che diventa inutile e va ripensato, per essereBene, secondo la caratteristica dell’essenziale. Piùche gli economisti oggi ci vorrebbero gli esperti del-l’utile. Nei concetti propinati dagli economisti, infatti,l’utile è profittevole e si studia o si applica in qualemaniera ricavare profitto personale, societario, socia-le, ciò che dà convenienza. Se si parla di oggettopositivo nell’utile dove l’antagonista è l’inutile, ne deri-va che l’utile è vantaggioso o conveniente, l’inutile èinvece svantaggioso o sconveniente. Per pensare all’u-tile bisogna pensare all’inutile che è l’opposto del

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speciale congresso

Barzaghi: “Ripensare

la categoria dell’utile”di Viviana Normando

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Italia 2012-14 Antonio Ciacci, Mauro Tangerinimoderatore del dibattito Governatore del Distretto 76,ha ricordato che il Padre domenicano, uno dei filoso-fi e teologi italiani più noti con innumerevoli pubblica-zioni, ogni domenica nella Basilica di S. Domenico,alle ore 22.00, spiega il Vangelo in una Chiesa “sti-pata” di persone, tra cui anche tanti atei che ascolta-no con attenzione, “pungolati da Dio”.Incredibile. Con parole semplici, ripetute ed effi-

caci Padre Barzaghi ha incastonato tra l’utile e l’inu-tile, tra le valutazioni dei punti forza e di debolezzatipica dell’analisi economica S.w.o.t., il Modo ovve-ro la maniera cui si raggiunge il bene ultimo e il Belloche è buono per sé e per gli altri. Non più solostrenghts, punti di forza o weaknesses, punti di debo-lezza oppure opportunities, opportunità o threats,minacce, per una valutazione strategica ma nell’or-ganizzazione della vita associata è da valutare ilModo che attinge all’Essenziale e il Bello utile, attosupremo per il bene comune. Tali espressioni esostantivi, in quanto ripensamento dell’utile, risultanobasilari per tutti gli stakeholders, per tutti coloro chebeneficiano di un progetto, in questo caso di vita,direttamente o indirettamente.Per informazioni e approfondimenti sul congresso

tra fede ed economia, che è stato possibile visionareper la prima volta in diretta streaming sul portale diSerra International Italia, è possibile consultare IlSerrano on line, www.serraclubitalia.it.

per sé non ha nobiltà e riceve il bene che lo inquadrae che non riceve utilità. Il bene è la condizione per uti-lizzare altri beni. È necessario che tutti abbiano ladignità del bene. Bisogna pensare il bene utile conl’aureola”.“Cito – continua Padre Barzaghi – il testo evangeli-

co bellissimo di Giovanni (14,8-9) in cui Filippo chie-de a Gesù: ‘Signore mostraci il Padre e ci basta’. Gesùallora lo redarguisce dicendo: ‘È tanto tempo che sonocon voi e tu non mi hai conosciuto?’. La parola di Dioè la parola di Dio, studiata dai teologi, non dagliscienziati della religione, che sottolineano se ci si rife-risce agli efesini oppure no, ma comunque trattasi sem-pre della parola di Dio. Se si è con Gesù da tantotempo allora si è da lui ‘trascinati’ e se si è trascinati losi conosce. Lo sapevano o no che Gesù era figlio diDio? “Lo sapevano ma non sapevano di saperlo” dico-no S. Agostino e S. Tommaso D’Aquino. Innanzi almezzo allora servitene e ne trarrai vantaggio. Ma l’e-spressione del Bello e l’idea della Bellezza, comunica-ta anche in questi versi, non è possibile da esprimeredi per sé perché riguarda il bene ultimo, un alto asso-luto che da uno passa a tanti beni”.“‘Bonum laudatum pulchrum’, ‘Sia lodato il Buono

e il Bello’, recita S. Tommaso. Ed ‘Excellere pulchrumputamus’. Tra gli aggettivi e i sostantivi, tra il mezzoe lo scopo vi è il modo. Quando la parola di Dio(Giovanni 13, 1-15) ci parla di ‘spezzare i pani’non è perché la divisione è uguale alla moltiplica-zione: i cinque pani spezzati non sono stati moltipli-cati ma spezzati per sfamare cinquemila persone.Eppure la briciola ha saziato. L’economia domesticao no è il verde perduto. Gesù sfama cinquemilauomini, ai quali toccano briciole, ma salito sullamontagna fa sedere comodi i suoi discepoli e gliuomini in quel posto, sul verde prato, dove c’eramolta erba, un segno estetico di cui ci parlaGiovanni (6, 1-13), fondamentale, che raggiunge ilculmine con il capitolo VI (30-44) di Marco, dove sispiega come Gesù indica agli uomini di porsi agruppi di cinquanta o di cento sull’erba verde asaziarsi. E gli uomini si sfamano perché è bello eumano. È una valutazione che ci induce a non esse-re attratti dal bene utile di per sé ma nel considerar-lo all’interno di un apprezzamento più esteso, utiliz-zando ciò che c’è e così, con il modo, dando damangiare agli affamati, dando da bere agli assetatie vestendo gli ignudi”.Tra le diverse domande che sono state rivolte a

Padre Barzaghi, a partire dalla direttrice delCongresso Maria Gemma Sarteschi, presentate insie-me alla relazione dal Presidente del Biennio di Serra

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vita del serra

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comportamenti eticamente ineccepibili come può pre-tendere di essere attrattivo per nuovi soci? Forse puòesserlo (attrattivo) per chi nel club cerca, impropria-mente, appoggi o scorciatoie, ma non rende un buonservizio alla causa. Ognuno di noi ha una famiglia: ebbene se all’in-

terno della propria famiglia il socio del Serra non vivela comunione con il proprio coniuge, i propri figli, ipropri genitori, i parenti tutti, se non vede nella comu-nità familiare il riflesso di quella di Nazareth comepuò pretendere di predicare i principi teologici, oggimessi violentemente in discussione, che riconoscononella famiglia cristiana la prima cellula della Chiesavivente? Tutti, ogni giorno, viviamo a contatto con lepovertà e le miserie, morali e materiali, vecchie enuove, con gli scandali, con le violenze: se ci limitia-mo a condannare, da benpensanti, senza capire lecause di tanto disordine, senza agire per rimuoverel’ingiustizia che origina il male, come possiamo assol-vere alla missione di vicinanza alle periferie delmondo tanto cara a papa Francesco? Ecco, allora,che un buon serrano è tale se, da buon cristiano, sisforza sinceramente di vivere concretamente, con tuttii propri limiti, gli ideali evangelici.

Essere serrani, poi, vuol dire aver capito benecosa sia il Serra, saper vivere il nostro specifico servi-zio.Il Serra è un movimento laico, di cattolici, che testi-

moniano nel loro quotidiano la propria fede e opera-no per la diffusione di una cultura vocazionale costi-tuendo, al contempo, una rete di sostegno, morale emateriale, ai seminaristi ed alle persone consacrate.Dobbiamo sfuggire alle contaminazioni negative;

non siamo il “Seminario invisibile” o la stampella delVescovo, non aspiriamo ai primi posti nelle sinago-

Lo stato di un movimento come il nostro losi analizza partendo dai dati numerici, passan-do per quelli economici ed arrivando a quelli

contenutistici che, cioè, attengono a ciò che il movi-mento è ed a quello che il movimento fa, qui ed ora.Per i primi due aspetti, numerico ed economico,

posso dirvi, in sintesi, che i numeri sono dolorosi: daanni abbiamo un saldo negativo tra soci cessati e socientrati, così come molti Club si estinguono per i pochiche nascono.Non è un problema solo nostro, tutto l’associazio-

nismo è un po’ in difficoltà, specie quello dei c.d. clubservice. Di conseguenza meno soci, meno quote,meno possibilità di avere un bilancio all’altezza deinostri obbiettivi. Tuttavia in questo biennio ho trovatorealtà vivacissime, impegnatissime, contagiosamentepositive, che manifestano un crescente entusiasmo peril Serra.Allora, mi sono detto, la crisi non è irreversibile. Se

il Serra riesce ad essere davvero quello che vuoleessere non c’è problematica, contingente o di sistema,che non possa essere superata.Il nostro futuro, allora, parte da qui: dal chiedersi

quale sia il grado di consapevolezza delle nostre radi-ci e dei nostri scopi, quale la cura e la passione concui manifestiamo la nostra adesione al Serra, qualel’intensità del nostro impegno, quale, in una parola,l’entusiasmo che anima il nostro essere serrani. Essere serrani, quindi, vuol dire, prima di tutto,

essere buoni cristiani, fedeli agli insegnamenti diCristo.Molti di noi hanno ruoli di un certo rilievo nella vita

sociale; è questo un tratto caratteristico del movimen-to: ebbene se un professionista, un insegnante, unimprenditore, un medico è socio del Serra e non tiene

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speciale congresso

Lo stato del Serra:

Oltre la crisi con fiduciadi Antonio Ciacci

Riportiamo qui ampi stralci della relazione conclusiva del XIV Congresso Nazionale tenuta dalPresidente nazionale uscente, Antonio Ciacci.

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con due obbiettivi strategici: semplificare il governodel Serra Italia (governo nel senso che prima ho deli-neato) per renderlo più efficiente e dunque più effica-ce, e avvicinare maggiormente la base al contestonazionale ed internazionale, perché anche di questofondamentale e ambizioso connotato (l’universalitàgeografica) si nutre il Serra.Confido che nel biennio prossimo si prosegua il

cammino ponendo mano alla revisione, condivisa contutti, del Regolamento e si possa arrivare ad una piùconsapevole armonia e ad una maggiore unità.Dunque testimonianza cristiana, senso della nostra

specificità, formazione, praticità e unità siano i nostricostanti riferimenti. Ed a tutto si aggiunga l’amicizia.

ghe, alla visibilità, ma vogliamo concretamente ope-rare per il conseguimento delle finalità che i nostripadri, in quel lontano 1934, sulla costa est degli StatiUniti, disegnarono ai nostri passi. In particolare dob-biamo evitare due derive: il clericalismo e l’autorefe-renzialità.Ho notato, infatti, nella mia esperienza serrana,

che inizia nel 1989 una progressiva clericalizzazionedei Club; beninteso, siamo al servizio della Chiesa ea favore delle Vocazioni, non possiamo essere che afianco dei Vescovi, dei Sacerdoti, delle Religiose, deiReligiosi. Dobbiamo esserlo, però, secondo le pecu-liari modalità che vollero i nostri fondatori: obbedientialla gerarchia ma autonomi, pronti a sovvenire allenecessità ma vagliando criticamente ogni richiesta,solidali con le persone consacrate ma pronti a sugge-rire la correzione se le vediamo sbagliare, vicini aiVescovi ma senza piaggeria, assidui nella Preghierama infaticabili nell’azione, attenti ai temi religiosi macapaci di trasfonderli nella realtà della nostra vitalavorativa, fermi nella difesa dei principi ma capaci didialogare apertamente con chi la pensa diversamen-te. Il tutto con il nostro stile, conviviale e gioioso, con-siderandoci persone non limitate ma espanse dallaFede. Inoltre, a proposito della autoreferenzialità,forse non ce ne accorgiamo, ma molte delle nostrediscussioni, delle nostre prese di posizione, dellenostre iniziative, non rispondono che a logiche interneal Club, spesso legate a disdicevoli personalismi edestinate a produrre i loro effetti solo all’interno deinostri gruppi. Visto, allora, cosa dovremmo fare, vediamo come

imparare a farlo e parliamo di formazione: MarcoCrovara in questo biennio ha sapientemente rielabo-rato il “Manuale del Presidente e del Governatore”sulla base di quello redatto oltre dieci anni fadall’Amm. Brauzzi, uno dei grandi padri nobili diSerra Italia: abbiamo, quindi, un linguaggio comune,una didattica da seguire, una traccia precisa da per-correre.Percorriamola, non ci lasciamo travolgere dalla

pigra cialtroneria che ci induce a trattare tutto consuperficialità, dedichiamo alcune delle nostre riunionialla formazione, non diamo incarichi direttivi al primoche passa tanto perché è l’unico che non dice di no,non lanciamo meteore appena entrate in un club adincarichi distrettuali o, addirittura, nazionali, facciamoesperienze graduali, assennate, spedite ma prudenti ecreiamo persone che, nei Club, diano solide fonda-menta al Serra.Nel biennio precedente ed in questo abbiamo una-

nimemente dato vita ad importanti modifiche statutarie

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vita del serra

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arrivare al cammino completo; hanno qualcosa deifunzionari, qualche dimensione burocratica e questonon fa bene alla Chiesa. Voi state diventando pastoriad immagine di Gesù Buon Pastore, per essere comelui e in persona di lui in mezzo al suo gregge, perpascere le sue pecore».Secondo elemento: Per non essere mediocri o preti

Le omelie e i discorsi di Papa Francescosono spesso degli inviti a un approfonditoesame di coscienza. E questo avviene soprat-

tutto quando il Pontefice parla ai sacerdoti o ai semi-naristi. Emblematico in questo senso è il discorso concui qualche tempo fa si è rivolto ai seminaristi delPontificio Collegio Leoniano di Anagni, dove si formala gran parte dei futuri presbiteri del Lazio. Possiamoanzi considerare questo discorso come parte inte-grante di quella “enciclica di fatto” sul sacerdozioministeriale che il Papa sta scrivendo questa primafase del suo Pontificato.Francesco in questo discorso dice sostanzialmente

tre cose. La prima: il seminario, e quindi poi il sacer-dozio, non è un posto per persone mediocri. «Nellasequela ministeriale di Gesù non c’è posto per lamediocrità – sottolinea -, quella mediocrità che con-duce sempre ad usare il santo popolo di Dio a pro-prio vantaggio. Guai ai cattivi pastori che pascolanose stessi e non il gregge».Questa lotta alla mediocrità, dunque, si deve tra-

durre in uno slancio missionario. Andare fuori. E per-ciò occorre qualità. Sia dal punto di vista psicologico,sia sotto il profilo dell’atteggiamento. «Il seminario –ha sottolineato il Papa – non è un rifugio per tante limi-tazioni che possiamo avere, un rifugio di mancanzepsicologiche o un rifugio perché non ho il coraggio diandare avanti nella vita e cerco lì un posto che midifenda». Quindi bisogna affrontarlo (e poi continuarecon la vita sacerdotale) con un atteggiamento e unospirito diversi. «Cari seminaristi – ha detto a tal pro-posito il Pontefice – non vi state preparando a fare unmestiere, a diventare funzionari di un’azienda o di unorganismo burocratico. Abbiamo tanti, tanti preti ametà cammino. È un dolore che non siano riusciti ad

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I Seminari

secondo Papa Francesco:

“Fuori la mediocrita”di Giuseppe Gabriele

vocazioni

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In un’altra occasione, poi, Papa Francesco haricordato che la formazione dei futuri sacerdoti non èsolo di tipo intellettuale. «In tal senso, sono quattro i“pilastri” su cui si basa la formazione sacerdotale,secondo il Papa: la formazione “spirituale”, “accade-mica”, “comunitaria” e “apostolica”. «Qui a Roma - haosservato - si coltiva molto “la formazione intellettua-le”; ma non bisogna trascurare gli altri tre pilastri per-ché “tutti e quattro interagiscono tra di loro». «Io – ha detto Bergoglio – non capirei un prete che

venga a prendere una laurea qui, a Roma, e che nonabbia una vita comunitaria o non cura la vita spiritua-le – la Messa quotidiana, la preghiera quotidiana, lalectio divina, la preghiera personale con il Signore –o la vita apostolica”. Da solo “il purismo accademiconon fa bene. Il Signore vi ha chiamati ad essere sacer-doti, ad essere presbiteri: questa è la regola fonda-mentale”, ha ribadito il Santo Padre.E ha ammonito anche da un altro rischio: “Se sol-

tanto si vede la parte accademica, c’è pericolo di sci-volare sulle ideologie, e questo ammala. Anche,ammala la concezione di Chiesa”. Per capire laChiesa, infatti, “c’è bisogno di capirla dallo studio maanche dalla preghiera, dalla vita comunitaria e dallavita apostolica”.Infine Francesco ha parlato dell’importanza del

seminario. Citando le parole di un anziano vescovodell’America Latina, ha detto: «È molto meglio il peg-giore seminario che il non-seminario. Se uno si prepa-ra al sacerdozio da solo, senza comunità, questo famale. La vita del seminario, cioè la vita comunitaria, èmolto importante”, perché “c’è la condivisione tra i fra-telli, che camminano verso il sacerdozio, ma anche cisono i problemi, le lotte di potere, lotte di idee, anchelotte nascoste; e vengono i vizi capitali: l’invidia, lagelosia. Allo stesso tempo, però, «vengono le cosebuone: le amicizie, lo scambio di idee». «Potremmodire che la vita comunitaria non è il paradiso – ha con-cluso Francesco - ma almeno, il purgatorio».

funzionari bisogna offrire se stessi al Signore e lasciar-si plasmare da Lui, come se fosse un vasaio. «Nonsono più io che vivo, ma Cristo che vive in me», hadetto citando San Paolo. In altri termini fare di tutto percorreggere i propri difetti e le umane debolezze.L’esempio di Giacomo e Giovanni e degli altriApostoli è illuminante in questo senso. «Uno volevadiventare il primo ministro e l’altro il ministro dell’eco-nomia – ha fatto notare il Papa chiosando una famo-sa pagina del Vangelo –. Ma il Signore con tantapazienza ha fatto la correzione dell’intenzione e allafine era tanta la loro rettitudine che hanno dato la vitanella predicazione e nel martirio».Infine il Papa sottolinea con quali mezzi si può arri-

vare ad essere veri sacerdoti. «Meditare il Vangelo,per trasmetterlo con la vita e la predicazione». E anco-ra: «Confessarsi sempre», cioè «sperimentare la mise-ricordia di Dio nel sacramento della Riconciliazioneper esserne ministri generosi e misericordiosi». Quindi«cibarsi con fede e con amore dell’Eucaristia, pernutrire di essa il popolo cristiano». E infine «essereuomini di preghiera, per diventare voce di Cristo cheloda il Padre e intercede continuamente per i fratelli».Regole auree che valgono da duemila anni ma che èsempre bene ripassare e mettere in pratica.

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vocazioni

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Forti del successo della terza edizione delFestival di Lucca e delle numerose replichedegli spettacoli lì presentati, i “Teatri del

Sacro” si ripresentano sulla scena italiana con un nuovobando ricco di novità. Avviato sei anni fa, il progettovoluto da Federgat e dalla Fondazione“Comunicazione e cultura”, insieme agli uffici per il pro-getto culturale e per le comunicazioni sociali della CEIe l’Acec, torna a rivolgersi alle compagnie teatrali pro-fessionistiche e amatoriali, in cerca di nuovi spettacoli sutemi inerenti la tradizione religiosa e la spiritualità.Dal 2008 ad oggi i numeri sono costantemente

cresciuti, fino a registrare, nell’edizione appena con-clusa, 250 progetti inviati alle selezioni e 150 repli-che in tutta Italia delle 20 opere vincitrici, a cui si sonoaperte le porte dei teatri pubblici, delle sale dellacomunità – gli antichi cinema parrocchiali – e dellerassegne promosse lungo la penisola. L’ultima in ordi-ne di tempo – “Teatri del Sacro verso Sud” – si èmossa fra la Puglia e la Campania, privilegiando il lin-guaggio narrativo e composizioni musicali e icono-grafiche.All’origine dell’iniziativa sta la convinzione che l’ar-

te teatrale sia uno straordinario veicolo per dare vocealla domanda di senso che interroga l’uomo di frontealle speranze e alla fragilità del vivere, al misterodella vita e dell’amore, della malattia e della morte.Senza per questo venire ridotto a un mero strumento,il teatro si offre come mezzo privilegiato di comunica-zione del vissuto religioso e dell’intuizione spirituale,come dimostra, fra le molte testimonianze, il rifioriredelle sacre rappresentazioni: un patrimonio tutt’altro

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Progetto

culturale

e teatri

della fededi Ernesto Diaco

cultura

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l’Apocalisse, il Cantico dei Cantici e il libro diGiobbe, la storia di Ruth, quella di Tobia e diAbramo. Il Vangelo è “visto da un cieco” e da Orfea,ipotetica vicina di casa della Sacra Famiglia.Accanto alle “parabole di un clown”, non manca l’i-deale – e paradossale – continuazione del miracoloraccontato da Giovanni: “Lazzaro, vieni dentro!”.Numerose sono anche le produzioni che vedono alcentro la figura di Maria e le trasposizioni delle vitedei santi. Da Francesco a Giuliano, da Rosa adAlessandro, fino ai tempi più recenti, con le vicendedi Bakhita e Massimiliano Kolbe. Santuari e pellegri-naggi compaiono in più di una produzione, cosìcome gli echi delle antiche laude e delle sacre rap-presentazioni della Passione.Non manca la danza e la musica elettronica. Si

ride e ci si commuove, in un vero “corpo a corpo –per citare la definizione del noto critico teatraleDomenico Rigotti, scomparso di recente – libero e sin-cero, con le domande della fede”.

che confinato nel passato, ma tuttora vivo e di forteimpatto popolare.Sulla scena prende forma l’appartenenza a una

comunità, la fede della gente, la preghiera, la suppli-ca e perfino l’abbandono mistico. Tra corpo e parola,la scena è culla di una spiritualità incarnata, capacedi rispondere a un sempre più diffuso bisogno di iden-tità e di legame.Il progetto “I Teatri del Sacro” ruota attorno a un

bando a cadenza biennale. Gli spettacoli individuati,dopo un’articolata fase di valutazione, debuttano nelcorso di un Festival nazionale. Anche per la quarta edi-zione, in calendario nel giugno 2015, sarà la città diLucca ad aprire le porte delle sue chiese e dei teatri, non-ché delle piazze, agli spettacoli della manifestazione. Le novità del bando presentato nel maggio scorso

riguardano soprattutto le compagnie teatrali amatoria-li, per le quali viene istituito il premio intitolato a“Mario Apollonio”, indiscusso protagonista della sto-ria del teatro italiano nel Novecento. In questa sezio-ne, il concorso è aperto a spettacoli inediti o realizzatinell’ultimo anno, una facoltà non concessa invece aiprofessionisti, le cui proposte non devono essere stateancora rappresentate. Per tutti, la data entro cui invia-re la domanda di partecipazione è il 15 settembre2014, secondo le modalità illustrate nel sito www.fed-ergat.it.Scorrendo l’album degli spettacoli che hanno vinto

le passate edizioni, colpisce la varietà dei temiaffrontati e delle modalità espressive. Molte opererimandano a testi biblici: ci sono la Genesi e

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cultura

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Viterbo 433

Sono passati 5 secoli da quando in Europa, nel tripudio creativo rinascimentale, venivano alla luce capolavori artistici, letterari, sociali e,nel campo religioso, si manifestava in tutta la sua crudezza la Riforma della Chiesa, aiutata dalla comparsa dei primi libri stampati. L’Europaaffrontava così le nuove battaglie con lo sguardo rivolto al nuovo mondo al di là dell’Oceano. Protagonisti in queste lontane terre erano i duePaesi che si affacciano sull’Atlantico, Portogallo e Spagna. In quest’ultima Nazione nel Cinquecento sbocciava una fioritura di giovani anima-ti da spirito d’infinito e di fede concreta: Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Xavier (Saverio). Tutti e tre saranno canonizzati nellostesso giorno, il 12 Marzo 1622, da Papa Gregorio XV e gli Ordini da loro fondati saranno così robusti da sfidare i secoli.Ignazio, nato in Spagna nel 1491, è il fondatore dell’Ordine dei Gesuiti, detto Compagnia di Gesù. La parola “compagnia” va letta nel senso

militare e questa definizione era consona a chi, come Ignazio, aveva passato la prima parte della sua giovinezza militando da cavaliere. Eglisentiva che quella era la sua strada, ma Dio aveva stabilito diversamente. Nella battaglia per la difesa della città di Pamplona. assediata daifrancesi, egli perse una gamba e l’evento pose fine alla sua carriera militare. Dovevano essere due libri regalatigli dalla cognata durante laconvalescenza ad indirizzarlo verso una nuova strada, “La vita di Gesù” e “La leggenda aurea”. Indossò il saio e partì per la Terra Santa dovevisse per qualche anno da eremita. Comprese poi che questa vita ascetica non gli aveva insegnato né la pazienza né l’umiltà, i capisaldi dellafede. Fece ritorno in Spagna dove si dedicò agli studi e scrisse le sue teorie teologiche che non furono accettate e gli procurarono la con-danna al carcere e alla tortura dei ceppi. Tornato in libertà andò a Parigi , riprese gli studi alla Sorbona ed ottenne il titolo di “Maestro infilosofia”. Le sue idee religiose furono condivise da un bel gruppo di studenti e con questi egli costituì la prima Compagnia di Gesù con ilmotto “Ad majorem Dei gloriam”. Cristo era al centro di tutto il suo spirito di devozione e questa atmosfera “cristica” è presente nel suofamoso libriccino “Gli esercizi spirituali” nel quale brilla la gioia di conoscere Cristo “con todo el core, con toda l’anima, con toda la volunta-

de”, come allegramente, mescolando italiano e spagnolo, diceva Ignazio dopo il sog-giorno italiano.Quando a Parigi s’iscrisse alla Sorbona aveva vari anni più degli altri studenti.

Accanto a lui sedeva un ragazzo che provava ammirazione per le idee che Ignaziomanifestava. Questo sarebbe poi diventato uno dei più forti “soldati” nellaCompagnia di Gesù: Francesco Xavier (Saverio), anche lui spagnolo e di nobile fami-glia. Ignazio comprese subito le grandi qualità di Francesco e gli disse: “La tua ambi-zione deve essere la gloria che dura per l’eternità”e questa profezia li legò per lavita.Il 25 Agosto 1534 i due studenti insieme ad altri cinque giovani fecero i tre voti

di castità, povertà ed ubbidienza nella cripta della Chiesa di Montmartre a Parigi.Abbandonata l’idea di partire subito come missionari per la Terrasanta, decisero diricevere prima la consacrazione a sacerdoti. La cerimonia ebbe luogo a Venezia e latappa successiva fu di presentarsi al Papa per l’approvazione delle “Costituzioni”della Compagnia di Gesù che Ignazio e Francesco avevano preparato in collabora-zione. Ognuno di loro prese poi la propria strada per portare al mondo la BuonaNovella. Francesco fu mandato missionario nelle Indie Orientali, poi si spinse fino alGiappone dove pose i1 primo presidio cristiano. Morì ancora giovane in Oriente dopoaver dato il battesimo a più di 30 mila persone.Dopo l’approvazione delle “Costituzioni” effettuata dal Papa Paolo III con Bolla

Pontificia del 1540, la Compagnia di Gesù nel 1511 dette vita, con grande soddi-sfazione del suo Fondatore Ignazio, ad una istituzione dove preparare i suoi “solda-ti-missionari” all’evangelizzazione, il “Collegio Romano”. Qui l’insegnamento era basa-to prevalentemente sul dialogo intorno ai valori universali di fede, giustizia, rispet-to, solidarietà. Questo percorso pedagogico comportava un confronto aperto contutte le religioni e culture, un impegno quotidiano per i giovani studenti che doveva-no maturare intellettualmente per saper leggere i mutamenti della società.L’esperienza del Collegio Romano prosegue attualmente nella Pontificia UniversitàGregoriana.Oggi Papa Francesco ci da la gioia di ascoltare, nelle sue quotidiane omelie,passi

preziosi di quegli “Esercizi Spirituali” che da circa 500 anni illuminano il cammino difede dell’umanità.

Elsa Soletta Vannucci

La “Compagnia di Gesù”da S. Ignazio a Papa Francesco

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Ai primi di maggio il Serra Club di Viterbo ha effettuato un pellegrinaggio ad Orvieto e Bolsena in occasione del Giubileo Eucaristico com-memorativo del 750° anniversario dell’evento che diede al mondo la festa del Corpus Domini. Un folto gruppo di serrani viterbesi con la loroPresidente Mariaester Semprini Ancarani ha attuato questo iter di fede per le due località , dove le celebrazioni giubilari erano iniziate giànel 2013 e si protrarranno fino al novembre 2014.Dietro il presente Giubileo c’è una storia che comprende ben due miracoli (cui fa da sfondo il lago di Bolsena)distanti nel tempo l’uno dal-

l’altro di ben mille anni: l’uno risale al tempo dell’impero romano, l’altro al 13° secolo della nostra era. Le notizie inerenti questi mirabili even-ti ci sono state fornite via via per tutta la giornata dalla nostra guida Enzo Ancarani, past governatore del Distretto 72 e coniuge della nostraPresidente.Il primo miracolo, risalente al periodo romano, riguarda la vita di S.Cristina di Bolsena, intorno alla quale vi sono notizie ammantate da

leggenda, che poi nel tempo si sono in parte rivelate affidabili anche attraverso studi archeologici, come quelli del 1880, quando fu ritrova-to un sarcofago contenente un’urna di marmo con le ossa di una giovane tra gli undici e i quattordici anni attribuite da esperti alla santa fan-ciulla martirizzata, per essere diventata cristiana, su ordine del padre “Magister militum” di Bolsena, che la fece gettare nel lago omonimocon una pietra al collo. Questa, invece di portare la vittima al fondo del lago, la sostenne ponendosi sotto ai suoi piedi e così salvandola.Seguirono altri tormenti, ma ella ne uscì varie volte indenne , finchè poi finì i suoi giorni di dolore trafitta da due frecce, come viene raffigu-rata nelle diverse iconografie.Quando l’Italia fu attaccata impietosamente dai barbari e dai saraceni nel Medioevo, le reliquie dei Santi divennero preda di trafugamenti

e fu appunto per queste contingenze che le spoglie mortali di S.Cristina furono portate nell’isola Martana (isola del lago di Bolsena), da dovevennero successivamente rimosse e riportate nel borgo nativo, Bolsena, nel 1084 ad opera di Papa Gregorio VII in collaborazione dellaContessa Matilde di Canossa. Le sacre reliquie furono poste momentaneamente in una grotta (oratorio precristiano), sulla quale sorse poiil Santuario del secondo grande miracolo di Bolsena. Dopo circa 180 anni dai fatti inerenti l’isola Martana, Bolsena era destinata a regi-strare un altro clamoroso fatto soprannaturale. Era il 1263 allorchè un sacerdote boemo, Pietro da Praga, tormentato dai dubbi sulla trans-ustanziazione, decise di recarsi in pellegrinaggio a Roma a pregare sui luoghi del martirio degli Apostoli,nella speranza di essere aiutato arisolvere i suoi angosciosi problemi. Lungo l’itinerario verso Roma si trovò a passare da Bolsena e qui volle rendere omaggio alla Santa delluogo. Chiese di celebrare la S.Messa a quell’altare sotto al quale oggi si può vedere la pietra basaltica che porta impressi i piedi diS.Cristina. Mentre il dubbioso sacerdote elevava in alto l’Ostia consacrata, un copioso sangue incominciò a sgorgare tra le mani tremantidel celebrante, bagnando il telo di lino sottostante ed anche il pavimento sul quale poggiava l’altare.Il Papa Urbano IV , che in quei giorni soggiornava ad Orvieto, informato del prodigioso evento, accorse a venerare il santo Corporale, pro-

gettando di metterlo al sicuro ad Orvieto. Questo avvenne mediante una solenne processione da Bolsena ad Orvieto, dove il Papa accolsenelle sue mani il telo di lino bagnato dal Preziosissimo Sangue di Gesù.L’anno seguente, 1264, Urbano IV volle istituire la festa del Corpus Domini estendendola a tutta la Chiesa. In occasione della prima solen-

ne processione eucaristica fu dato a S.Tommaso d’Aquino di scrivere inni e preghiere per l’ufficio liturgicoDopo aver visitato il Duomo di Orvieto dove i serrani viterbesi sono rimasti tutti colti da vera commozione nella Cappella del Santo

Corporale e dopo avere ammirato gli affreschi di Luca Signorelli nella Cappella di S.Brizio, protettore di Orvieto , ci si è recati nel pomerig-gio dopo il pranzo a Bolsena, al Santuario di S.Cristina, per prender parte alla S.Messa celebrata espressamente per il Serra Club dalRettore del Seminario di Viterbo, don Luigi Fabbri.Il Santuario è diviso in tre parti: la Chiesa romanica, la Cappella del Miracolo con frammenti di pavimento macchiati dal sangue di Gesù,

incastonati da piccoli riquadri dietro l’altare, sul quale troneggia il pezzo di pavimento più consistente ed in cui le preziose macchie sono piùevidenti; infine la Cappella di S.Michele dalla quale si accede alle grotte precristiane. Dopo la S.Messa i serrani hanno singolarmente reci-tato le preghiere giubilari e così si è concluso il pellegrinaggio eucaristico. Il viaggio di ritorno è stato sereno ed invitante a pensieri gioiosie fraterni.

Elsa Soletta Vannucci

Giubileo a Orvieto e Bolsena

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Acqui 690

A cinque mesi dalla morte di Marco Zanirato rimane il dolore, soprattutto dei genitori, affrontato con tanta forza nella fede e nella spe-ranza, e il conforto di tante dimostrazioni di affetto. Tra queste l’esperienza allo Stadio Olimpico per la 37a Convocazione del Rinnovamentonello Spirito Santo con Papa Francesco, avvenuta a Roma 1 e 2 Giugno. Vi ha partecipato anche un gruppo della Valle Bormida.Ecco cosa scrive la mamma di Marco: “Non ci sono parole per descrivere le due giornate passate a Roma per “IL RINNOVAMENTO NELLO

SPIRITO SANTO“. Eravamo cinquantaduemila. Un’emozione unica... non avevo mai visto tanta fede, tanta gioia, tanto amore nel cuore e nelvolto delle persone presenti allo Stadio Olimpico. Avevo proprio bisogno della forte carica che mi è arrivata dallo Spirito Santo. Marco losentivo così vicino... è proprio un grande angelo!” È stato davvero un momento straordinario di preghiera e di grazia quello vissuto allo StadioOlimpico!Giornata importante anche quella trascorsa a Rivalta Bormida, dove per due anni Marco ha prestato servizio in aiuto al carissimo Don

Roberto. Qui è stata inaugurata la targa per dedicare i saloni parrocchiali a Marco.Riconoscenza e affetto verso Marco è stata manifestata anche dalla Parrocchia di Altare, come non ricordare Marco nei suoi pellegri-

naggi a Lourdes con Don Paolo! Anche le Parrocchie di Rocchetta di Cairo e di Ferrania con Don Massimo, lo hanno ricordato nella SantaMessa e con il canto, lui con competenza dava consigli preziosi al “coro”.Inoltre i genitori di Marco hanno presenziato all’incontro delle famiglie, presso il Seminario Interdiocesano di Valmadonna: anche qui a

Marco con una targa è stata dedicata la biblioteca. A questo ricordo commemorativo ha presenziato anche il vescovo di Acqui.Anche la parrocchia di Cairo ha dedicato una targa a Marco Zanirato. Ecco le parole del papà: “Oggi un altro bellissimo ricordo per Marco!!

È stata benedetta una targa che sarà posta alle OPES, dove Marco ha passato bellissimi momenti!!“ e della mamma: “Bravi ragazzi!!! Oggiinizia il GREST, vi auguro di trascorrere giornate colme di gioia trasmettendo ai ragazzi che vi saranno affidati, quei valori che oggi stannoscomparendo, con i giochi e l’allegria che il grest sa dare. Grazie don Mario, grazie don Ico, per aver ricordato il nostro Marco con un bel-lissimo gesto... una targa a lui intitolata, che sarà posta alle OPES, dove, come molti degli animatori, ha trascorso innumerevoli giornate.Sicuramente Marco sarà sempre con voi, aiutandovi nei momenti di difficoltà e condividendo l’amore e l’entusiasmo... come lui sapeva fare“.

Alda Oddone

Ricordando Marco Zanirato

Napoli 421

È ancora vivo il ricordo dello scorso anno, quando tutto il Club partecipò alla solenne ordinazione sacerdotale di Giuseppe Dente Gattola,figlio dei soci Orazio e Ida; E sempre più intenso resta – oggi - l’impegno del Club nelle settimane dedicate alle vocazioni. L’11 maggio di quest’anno, infatti, la Chiesa di Napoli ha visto ben sedici nuovi diaconi ricevere da Sua Eminenza il Cardinale Sepe l’ordi-

nazione sacerdotale; un evento che non accadeva da quasi cinquant’anni. Don Carmine Nappo (per qualche anno assistente anche del Serra Club napoletano e per anni dedito alla pastorale vocazionale diocesa-

na) ha così dichiarato «Sono “figli” di San Giovanni Paolo II. Entrati in Seminario nel 2007 hanno iniziato il discernimento l’anno successivoalla morte del Papa, che incoraggiava a non esitare a “prendere il largo”, nel senso di rispondere senza paura alla chiamata del Signore».Una nuova sensibilità vocazionale dunque, e soprattutto una sempre più matura scelta di seguire Cristo. I Seminari di Posillipo e di

Capodimonte hanno entrambi superato il centinaio di candidati al sacerdozio, e molte sono le realtà diocesane da cui provengono, che abbrac-ciano le diocesi campane (con qualche presenza anche di altre regioni come la Calabria).Il proposito che il Serra di Napoli ha avuto per la giornata vocazionale di quest’anno è in linea con le proposte formulate dal Serra nazio-

nale, ed è consistito nella promozione nelle chiese dei manifesti editi dalla all’UNPV (Ufficio Nazionale per la Pastorale Vocazionale) con l’aiu-to del Serra Italiano. Tutti i manifesti ricevuti sono stati consegnati dai soci del Club alle realtà ecclesiali napoletane (in particolare, oltrealle parrocchie: sedi decanali, basiliche diocesane e pontificie, rettorie e confraternite), con una presentazione del movimento. Tutti hannoaccettato il manifesto, con il proposito di esporlo, e in tanti hanno chiesto notizie del Serra Club. La settimana dopo, il 18 maggio, il Serra di Napoli e il Serra del Miglio d’Oro hanno animato l’eucaristia domenicale della parrocchia di

San Luigi Gonzaga, celebrata dal Rettore del Seminario p. Roberto Del Riccio che ha fatto conoscere la preghiera del Serrano all’assemblea,poi recitata come antifona alla comunione. Il discernimento vocazionale è poi proseguito con l’incontro avuto nella Sala dei Vescovi del Seminario pontificio, presieduto dal Rettore

stesso. Sempre più persone partecipano agli incontri, aspiranti, amici e anche vecchi soci che si riavvicinano al movimento, catturati forsedal clima di sincera amicizia e di spontanea vicinanza che animano gli incontri, senza alcuna differenza di età (“Se due o tre si riuniscono perinvocare il mio nome, Io sono in mezzo a loro”).

P-B.

Promozione vocazionale

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dai club e distretti • dai club e distretti • dai club e distretti • dai club e distretti • dai club e distretti • dai club e distretti •

Taranto 509Giornata di festa al XVI Circolo Europa-Basile per la visita del nostro Arcivescovo mons. Filippo Santoro. Nell’auditorium piccoli e grandi

si sono ritrovati per parlare di “Famiglia: cellula della società” grazie ad una iniziativa del Club di Taranto.Che cosa è il Serra? Perché chiede di entrare nelle scuole con temi sensibili alla formazione dei ragazzi? Lo ha spiegato il presidente, l’av-

vocato Marino Liuzzi, che ha sottolineato l’origine ecclesiale e missionaria dell’associazione e la necessità di diffondere la conoscenza di unprofondo vissuto religioso come matrice di una società capace di far crescere valori comuni. Dall’iniziativa del Serra club sul tema della‘Famiglia’ si sono fatte coinvolgere numerose scuole della nostra città che hanno partecipato ad un concorso a premi con elaborati scritti econ numerosi cartelloni costruiti con viva partecipazione da diversi gruppi classe. Oltre alla Scuola Europa, sede della manifestazione, eranopresenti con docenti, alunni e ragazzi, l’Istituto XXV Luglio e la scuola media Bettolo con gli insegnanti Benedetto Mainini e PasquaCampanella, l’Istituto Comprensivo ‘Gemelli’ di Leporano con la professoressa Angela Buttiglione, il Liceo Aristosseno con la professoressaJosè Minervini.Il benvenuto all’Arcivescovo è venuto dal rumoroso applauso dei ragazzi e dalle parole del dirigente del XVI Circolo Francesco Urso che lo

ha presentato ai ragazzi come l’uomo della parola e dell’esempio nelle realtà difficili della nostra città. Un pastore venuto da un Paese lon-tano che ha fatto del popolo di Taranto il suo popolo percorrendo in lungo e in largo i luoghi delle nuove e vecchie povertà, mostrando quan-to sia necessaria la vicinanza personale per essere testimoni di speranza.Mons. Filippo non ha smentito il suo tratto familiare ed attento ai problemi di ciascuno. Si è fatto giovane in mezzo ai ragazzi ed ha mostra-

to come la famiglia sia luogo di insegnamento e formazione attraverso una serie di brevi aneddoti personali che hanno toccato il cuore deipresenti. Si può e si deve educare con amore dicendo dei no al momento opportuno, accompagnando i figli nell’abitudine alla carità e all’ac-coglienza, nella preghiera costante, nella capacità di ascolto. La famiglia è il luogo dove ci si deve sentire accolti ma non protetti senza giu-dizio o senza capacità critica, è il luogo dove l’ordine e la bellezza si formano attraverso semplici gesti e attenzione reciproca. I ragazzi hannopotuto intravedere l’infanzia di dom Filippo in bicicletta nei momenti di svago e nella bottega da fotografo del papà a dare una mano for-mandosi all’idea del bello e dell’utile, in chiesa con la mamma, in casa con i fratelli. Immagini inusuali di un Pastore che insegna attraversotestimonianze concrete di vita.Poi la consegna dei premi e degli attestati da parte della professoressa Mariangela Tarantino, delegata del Serra Club per la scuola, ai

tanti ragazzi presenti. Un momento di incontro e di riflessione che il presidente Marino Liuzzi ha creato con grande attenzione intorno ad unargomento chiave della nostra vita sociale: la famiglia.

Maria Silvestrini

La famiglia al centro

Acireale 1035 Concorso scolasticoÈ stata una serata all’insegna della gioia e dell’amicizia quella che il 13 maggio ha siglato la fase diocesana del Concorso riservato agli alunni

delle scuole di ogni ordine e grado, bandito dal Serra Italia,presso il Seminario Vescovile di Acireale.Accolti come sempre con grande cordialità dal Rettore Don Angelo Milone e dai tanti soci del club presenti,numerosi alunni tra i tanti che hanno

preso parte al concorso hanno affollato il salone accompagnati da dirigenti scolastici, docenti e familiari; il Rettore si è compiaciuto per l’interes-se dimostrato e ha espresso la sua gioia nel vedere gremita la sala destinata ,quando fu inaugurato il Seminario ad aula studio: ha ringraziato quan-ti si sono adoperati per indurre i giovani ad una riflessione su uno dei temi scottanti del nostro tempo, la famiglia, e ha poi ceduto la parola alPresidente del Club Mario Sciuto.Il Presidente ha messo in risalto la spontaneità e l’entusiasmo dimostrati da tutti i giovani partecipanti nonché l’originalità e l’alta valenza degli

elaborati che hanno messo in seria difficoltà i componenti la Commissione incaricata di effettuare la selezione; ha dichiarato la propria emozionenel vedere tanti ragazzi provenienti da scuole diverse accomunati dalla voglia di mettersi in gioco esprimendo le proprie considerazioni sulla fami-glia nella società contemporanea. Sono stati ben centosettantaquattro gli alunni di scuole medie di primo e secondo grado, che si sono cimentatie rappresentano una gioventù seria pensosa capace di soffermarsi a riflettere sui valori. Non è stato semplice formulare una graduatoria tanto èvero che la Commissione del club presieduta dal Prof. Casimiro Nicolosi e composta dai Proff. Anna Bella, Dora Pennisi, Antonino Pulvirenti e dalSegretario Prof. Salvino Patanè ha ritenuto opportuno attribuire un merito speciale a un gruppo di elaborati e tra i vincitori indicare alcuni ex aequo.Prima dei saluti finali e della foto di rito,il presidente ha dato a tutti i presenti una bella notizia appena comunicategli dalla Segreteria Nazionale

del Serra Italia:due alunni vincitori e premiati stasera,sono stati inseriti nell’elenco dei vincitori a livello nazionale e saranno premiati in occasionedel Congresso Nazionale di Bologna, domenica 1 giugno 2014: per la scuola media di 1° grado: Giulio Arrigo della classe IIIA ICS “Guglielmino”Acicatena che si è classificato al secondo posto; per la scuola media di secondo grado Simone Cardaci della IV Liceo Scientifico Archimede diAcireale che si è classificato al terzo posto ex aequo.La soddisfazione per il risultato conseguito è resa ancora più grande dal fatto che questi due alunni sono gli unici premiati del Distretto 77 in

sede nazionale a dimostrazione che nella nostra regione ci sono tanti giovani seri, impegnati e motivati. Un grande applauso ha concluso la mani-festazione che è stata una grande festa di gioventù.

M.S.

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Matera 463

Il Serra Club di Matera ha ospitato il cardinale Salvatore De Giorgi che ha tenuto nella “Casa Cava”, bella e singolare struttura diretta-mente scavata nell’interno tufaceo, una sua elegante e dotta riflessione sul tema: “LA BELLEZZA DI ESSERE CHIAMATI A CRISTO COMEESEMPIO CONCRETO DI VERITÀ E DI AMORE”La bellezza in sé suscita sempre stupore ed ammirazione. Ammiriamo un’opera d’arte, ammiriamo lo splendore del sorgere del sole e la

delicatezza del suo tramonto. La luna, le stelle del firmamento e tanti altri aspetti della natura ci affascinano nel loro incanto. È il “Creato”fatto da Dio nella sua perfezione”.Prima della conversazione del Cardinale, il nostro Presidente dott. Salvatore Milanese si è soffermato con un breve, ma esauriente excur-

sus, sulla storia e sulle attività svolte dal Club di Matera, nonché sulla bella figura del beato Junipero. Il Presidente ha precisato che l’in-contro serrano rientra tra le attività per la candidatura della città di Matera inclusa nella short list delle sei città finaliste candidate al tito-lo di capitale europea della cultura per il 2019.Successivamente il cappellano del Club di Matera, don Mimì Falcicchio, ha ringraziato il Cardinale per l’attenzione e la benevolenza mostra-

ta, con la sua presenza, alla Diocesi di Matera-Irsina ed al Serra Club. Ha espresso anche alcune sue riflessioni in ordine all’argomento datrattare, significando che proprio la specificità della bellezza “indica la strada della ricerca di Dio, disponendo il cuore e la mente all’incon-tro con Cristo, bellezza della santità incarnata”.Dopo il cappellano sono brevemente intervenuti con i loro saluti, il Governatore del Distretto n. 73 Angelo Pomes, il past President nazio-

nale Donato Viti ed il Presidente dell’Amministrazione Provinciale Franco Stella.La parte introduttiva che ha preceduto la prolusione del Cardinale è stata conclusa dal nostro Arcivescovo, S. Ecc. Mons. Salvatore

Ligorio. Egli ha fatto memoria del passato ed ha ricordato quando lo stesso De Giorgi, non ancora porporato, con il cardinale Giordano,hanno tenuto in Matera corsi di aggiornamento a catechisti ed insegnanti di religione ed hanno curato gli esercizi spirituali presso il cleromaterano. La scelta del luogo, la particolare struttura della “Casa Cava”, ha precisato l’Arcivescovo, è stata operata anche per fare memo-ria del passato e continuare ad attingere oggi da quelle esperienze per un dialogo aperto.Il cardinale Salvatore De Giorgi, a cui da parte dei numerosi presenti in sala è stata riservata un’accoglienza veramente calorosa, dopo i salu-

ti che ha rivolto alle autorità civili, religiose e serrane presenti alla manifestazione, ha tracciato un profilo più profondo e significativo sul valoredella bellezza. La fede, l’amore, la misericordia, la gioia sono simboli della “Bellezza” che ci mettono in grado di praticare modelli di sviluppo chederivano dal dono che Dio, nel suo grande amore, concede all’uomo. Dono che è in contrasto con la società dell’utilità e del profitto. Abbiamoricevuto un grande insegnamento morale. S. Eminenza ci ha indicato un significativo percorso di riflessione, facendoci capire che la bellezza spi-rituale è “Verità”, è la ricerca di Dio nella virtù del vero cristiano, con la ricerca del “Cristo” che è la bellezza della santità incarnata.S. Em. il Cardinale De Giorgi è sempre stato, come lui stesso ha detto, un convinto assertore dell’importanza del Serra Club, che ritiene

una realtà ecclesiale essenziale nella sua opera istituzionale. Nella sua conversazione ha fatto più volte riferimento all’opera missionaria svol-ta dal beato Junipero Serra, nella cui figura ha colto un vero segno concreto della bellezza della fede. Ha definito il beato “annunciatore entu-siasta della verità del vangelo con l’amore di Cristo”.L’esortazione di S. Eminenza a cogliere con fede, con convinzione, con gioia ed entusiasmo la nuova evangelizzazione non vuole significare

che egli proponga un nuovo vangelo, ma il proposito di annunciare lo stesso vangelo in un mondo che cambia e che, purtroppo, non sempremuta in meglio. Il suo discorso è stato incentrato su tre punti fondamentali: “la bellezza della vocazione a Cristo come dono”, “Cristo Veritàda annunciare”, “Gesù Cristo amore da testimoniare”, con il postulato che la bellezza della vocazione è un dono. Un dono che, però, pre-suppone la collaborazione attiva del chiamato. Il Cardinale ha poi illustrato in dettaglio questi passaggi. Punto di partenza, per il Cardinale,è la chiamata di Gesù, “segno perfetto, concreto, intramontabile, antico e sempre nuovo della verità e dell’amore”, chiamata che rivolge aciascuno di noi per collaborare con lui nell’opera della salvezza. È importante riconoscere, ha voluto precisare lo stesso prelato, che questoè un dono, ma che viene affidato alla nostra responsabilità.Le altre due riflessioni concernenti il Cristo come “Verità” da annunciare e come “Amore” da testimoniare, si possono tradurre, in sinte-

si, nella bellezza della vocazione cristiana quale comunione con Dio che rende efficace la missione. L’accettazione della chiamata non è unobbligo da eseguire, ma è una “risposta gioiosa, generosa ed audace”da parte del chiamato. La Chiesa è tutta missionaria ed è l’unica deten-trice della “Verità” nel “Credo”, e missionari dovremmo esserlo anche noi, tutti attivi nell’annuncio della “Verità”, con la consapevolezza cheè il Signore che ci ha chiamati.Durante il convegno, da parte del pubblico, sono state poste domande e proposte osservazioni rivolte al Presule per conoscere indicazioni

per nuove strategie da individuare e seguire nell’insegnamento scolastico, per quei ragazzi molte volte distratti da sollecitazioni non semprepositive della società contemporanea. È intervenuta anche una signora che ha chiesto sino a che punto si può veramente ambire al ruolocompleto ed efficace di genitori in una società in cui manca l’amore e l’altruismo. Il Presule, in risposta, ha tracciato un profilo della situa-zione. Oggi la idolatria del danaro sta producendo tante sofferenze perché la moneta, che dovrebbe essere al servizio della società, invece,la governa. Oggi v’è un’ ingiustizia che genera violenza e il consumismo sfrenato provoca danni al tessuto sociale. “Siamo stati noi adulti acostruire una società sbagliata”. Quindi, ha risposto il Cardinale, occorre una forte interazione tra la famiglia, la chiesa e la scuola. Se que-ste istituzioni seguono indirizzi diversi, creano nei giovani solo confusione. In modo particolare la famiglia, però, ha bisogno di ricostruirsi,diversamente la società ne risentirà negativamente.A conclusione della “lectio magistralis” S.Em. il Cardinale ha offerto un messaggio di speranza radicato nella bellezza della fede: “la gran-

dezza e la bellezza del cristiano non sta nella funzione, ma nella traduzione del Vangelo, perché quando noi leggiamo il Vangelo gustiamo labellezza dell’Uomo-Dio che ci ha redenti” ed ha invitato i Serrani a recitare ogni giorno il S. Rosario.Alla manifestazione erano presenti anche il Prefetto di Matera Luigi Pizzi; il V. Questore dr. Nicola Modarelli; il Ten col. della Legione

Carabinieri di Matera Antonio Russo; S.Ecc. mons. Michele Scandiffio, vescovo emerito di Acerenza; S.Ecc. mons. Rocco Favale vescovoemerito di Vallo della Lucania.

Lino Sabino

Con il Cardinale De Giorgi

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Economia e fede?Gentile Direttore,ancora una volta il tema del Congresso ha colpito nel segno. All’apparenza un titolo improbabile e pro-

vocatorio – come è possibile coniugare fede ed economia, vocazione e finanza, servizio e un mondo domi-nato dall’egoismo? – è poi risultato essere estremamente concreto e stimolante. Grazie quindi agli orga-nizzatori, ma soprattutto grazie all’abilità e alla preparazione dei conferenzieri.In particolare mi ha sorpreso e stupito il Cardinale Saraiva che ha saputo inquadrare e spiegare con

grande chiarezza e lucidità le realtà della finanza e dell’economia in tutte le sue facce, incluse quelle cat-tive purtroppo oggi dominanti. Dopo aver individuato l’uomo e il suo egoismo quale principali cause di que-sto malessere, l’antidoto evidente non può che essere appunto la fede, la carità e il servizio. Non tutta la Chiesa preparata a parlare di economia e di finanza in modo così lucido (e semplice!)

senza usare slogan o cadere in credenze e modi di pensare spesso convenzionali e superficiali. Credo cisia in questo senso ancora molto lavoro da fare nel campo della formazione dei seminaristi e del clero. Nonpotrebbe essere anche questo un contributo che noi serrani, laici, inseriti nella società e nel mondo del lavo-ro, dovremmo dare alla Chiesa e ai nostri amati sacerdoti?

Manuel Costa

VISITATE IL PORTALE: www.serraclubitalia.it ovvero com

La questione da lei sollevata, caro Manuel Costa, mi sembra oltremodo centrata e pertinente. La affido,dunque, insieme con la sua lettera, alla nuova presidenza del Cnis, che - a partire dal presidente nazio-nale, Maria Luisa Coppola - mi sembra però già ben convinta di dover procedere in questa direzione.Stare vicino ai seminaristi negli anni della formazione e poi ai sacerdoti è tra i compiti più importanti delSerra Club. Un compito assolto già da tempo con abnegazione e impegno. Ma naturalmente in tutte lecose umane si può migliorare. Anzi, sulla base della spinta missionaria di Papa Francesco, si DEVEmigliorare. Siamo chiamati, dunque, a un rinnovato sforzo di apostolato secondo le finalità proprie delClub, interpretate magari in maniera creativa alla luce dei cambiamenti che stiamo vivendo. In partico-lare bisogna sottolineare che la nostra aggregazione ecclesiale è composta per lo più da uomini e donnedotati di cultura e professionalità superiori alla media. Sono tra noi medici, ingegneri, avvocati, com-mercialisti, esperti di finanza, giornalisti, docenti universitari e medi. Tutte persone che possono dare ungrande contributo sia all'affermarsi della Dottrina Sociale della Chiesa di cui si è detto nel Congresso diBologna, sia nell'invogliare i futuri sacerdoti a conoscerla sempre meglio e ad assumerla come parteimportante della loro formazione. Verremmo meno alla nostra vocazione, è proprio il caso di dirlo, senon lo facessimo. Ecco perché il recente Congresso è stato importante. Perché ci ha fatto prenderecoscienza di un compito che non sempre affiora nei nostri dibattiti con tanta chiarezza. Aiutiamo i sacer-doti affinché essi stessi aiutino il mondo a diventare più cristiano. Cioè semplicemente più umano.

Lettere al Direttore • Lettere al Direttore

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CEI_ilserrano_210x280_exe.pdf 1 24/10/12 10.40ALLA CHIESA CATTOLICAPER LA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE: www.8xmille.it

5x1000 alla nostra fondazione

beato junipero serrati chiediamo di confermare la tua firma anche nel 2014 per sovvenire a necessità di seminari e seminaristi

(non dimenticare il codice fiscale della Fondazione qui di seguito riportato)

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