IL SENSO DEL LAVORO È ANCHEQUESTO · vi guidiamo su rotte tracciate da efficienza, partnership e...

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La sfida del futuro? Una funzione HR in grado di stimolare e motivare le persone, rimettendo al centro delle organizzazioni il lavoro IL REPORTAGE DEL CONGRESSO AIDP CON I CONTRIBUTI DI GIULIANO POLETTI, GIOVANNI COSTA, STEFANO VENTURI, PIER LUIGI CELLI, ENZO SPALTRO, GIUSEPPE VARCHETTA, ROBERTO CINGOLANI, MAURIZIO SACCONI, SALVATORE PIRRONE } { LA GRANDE SCOMMESSA TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE NUMERO settembre 2016 178 dal 1980

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VI GUIDIAMO SU ROTTETRACCIATE DA EFFICIENZA,PARTNERSHIP E TECNOLOGIA.IL SENSO DEL LAVOROÈ ANCHE QUESTO.

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La sfida del futuro? Una funzione HR in grado di stimolare e motivare le persone, rimettendo al centro delle organizzazioni il lavoro

IL REPORTAGE DEL CONGRESSO AIDP CON I CONTRIBUTI DI GIULIANO POLETTI, GIOVANNI COSTA, STEFANO VENTURI, PIER LUIGI CELLI, ENZO SPALTRO, GIUSEPPE VARCHETTA, ROBERTO CINGOLANI, MAURIZIO SACCONI, SALVATORE PIRRONE }{

LA GRANDE SCOMMESSA

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE

NUMEROsettembre 2016 178

dal 1980

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Labour is a hard job

sommario

Direttore Responsabile Maria Emanuela Salati - Direttore Scientifico Paolo Iacci - Coordinamento Redazionale Sonia RausaRubrica Mondo Legale a cura di Paola De Gori - Comitato di Redazione Filippo Abramo • Domenico Butera • Andrea Camera • Lara Carrese • Enrico Cazzulani •

Isabella Covili Faggioli • Paola De Gori • Massimo Ferrario • Julio Gonzalez • Marco Lombardi • Ernesto Longo • Ezio Nardini • Marina Pastorelli • Pietro Santi • Massimiliano Santoro • Gilda Serafini • Giancarlo Traini • Claudio Tronconi • Giuseppe Varchetta • Luca Villani • Cristina Volpi • Elio Vera • Danilo Villa

Proprietà AIDP Registrazione Tribunale di Milano n. 386 del 17 ottobre 1981 - Periodicità trimestraleDirezione Redazione Pubblicità Via Cornalia, 26 - 20124 Milano tel. 02 6709558 - 02 67071293 - email [email protected] Progetto grafico e impaginazione Pub - The Van Group - www.thevan.it - Stampa Rubbettino print - Soveria Mannelli (Cz)

ABBONAMENTIRinnovo Italia 70 euro - Estero 90 euro - Nuova sottoscrizione Italia 80 euro - Estero 100 euro

Arretrati (a copia) Italia 20 Euro - Estero 30 Euro - Gratuita per i Soci AIDPCHIUSO IN REDAZIONE A LUGLIO 2016

DirezionedelPersonale

Reportage del Congresso AIDP 2016con le fotografie di Saverio Damiani Photographer

02. Scommettiamo su Persone e Lavoro di Isabella Covili Faggioli 14. Intervento del Ministro Giuliano Poletti

16. Nuovo perimetro di gioco per l’HR di Giovanni Costa18. Intervista a Stefano Venturi La terza rivoluzione digitale di Luca Villani21. Liliana Gorla a colloquio con Maurizio Sacconi Dialoghi istituzionali

sulle relazioni industriali a cura della Redazione24. La certificazione delle competenze HR il giorno dopo di Luigi Guarise27. Disruptive innovation, crescita e lavoro di Umberto Bertelè30. A colloquio con Roberto Cingolani Istituto Italiano di Tecnologia di Andrea Del Chicca34. Il futuro della professione HR di Filippo Abramo36. Interventi di Enzo Spaltro, Pier Luigi Celli e Giuseppe Varchetta Dedicato ai Responsabili delle Relazioni Umane a cura della Redazione41. AIDP Award 2016 a cura di Sonia Rausa46. Gestire il cambiamento senza lasciare indietro nessuno di Enrico Sassoon48. Il lavoro contrattato di Massimo Mascini51. Politiche attive del lavoro: ne parliamo con Salvatore Pirrone a cura della Redazione56. Il lavoro digitale di Raffaele De Luca Tamajo59. Flessibilità, employability e generazioni a confronto di Francesco Amendolito62. Scommettiamo su Persone e Lavoro per il cambiamento della PA di Donato Madaro

Idee66. Coaching: come trasformare individui e organizzazioni di Giuseppe Varchetta69. Per le classi dirigenti di Luciano Martinoli70. Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimento di Valentina Vinotti72. Sapere cosa si vuole di Marco Lombardi

AIDPnews73. Un nuovo servizio per i Soci. AIDP ORE 9.30 Rassegna stampa e web74. I Pomeriggi del Lavoro di David Trotti78. SAVE THE DATE Convegno “WelFare che fare”79. Passaggi di testimone dai Gruppi regionali AIDP

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Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia.

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SCOMMETTIAMO SU PERSONE E LAVOROEmozioni, immagini, commenti e approfondimenti dal 45° Congresso nazionale AIDP

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Nella pagina a fianco una suggestiva vista della Villa Romanazzi Carducci, sede del 45° Congresso nazionale AIDP.Qui di fianco l’apertura del Congresso con Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia.

l Congresso di quest’anno ha un titolo già molto impegnativo: scommettere significa impegnarsi e credere in quello per cui si scommette.

Un titolo semplice e diretto, che ci è piaciuto subito perché dà il senso di quello

che intendiamo come unica strada possibile per lo sviluppo del nostro Paese. Le persone e il lavoro devono essere rimesse al centro, sostenendo l’e-conomia reale contro lo strapotere della finanza che negli ultimi anni l’ha fatta da padrone.

E i manager e i professionisti HR, hanno una grande sfida davanti a sé perché sono quelli che possono invertire la rotta e dimostrare, anche al top management, che fare il bene delle perso-ne non è inconciliabile con la profittabilità delle

aziende e con il risanamento dell’economia. Anzi.Ma occorre coraggio per scommettere su questi

temi. E occorre coraggio tutti i giorni per mettere in pratica questa scommessa, per non dimenti-care mai che il benessere delle persone passa attraverso la loro possibilità e capacità di esprimersi. E che se lo fanno si sentono parte di un progetto e danno quel valore aggiunto di cui tanto hanno bisogno le aziende per sopravvivere alla competizione mondiale. Occorre coraggio e responsabilità per uscire dai menù ufficiali dei saperi e per andare a scoprire come le persone possono dare il massimo.

Il 5% delle persone sono fenomeni e se la cave-ranno da soli. Il 5% sono non recuperabili. Ma i risultati del 90% dipendono da chi ha il compito

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di Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP

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Ricordo i tanti dubbi e le preoccupazioni che mi hanno accompagnato negli ultimi giorni prima del Congresso che si sono immedia-tamente dissolti quando sono arrivato vener-dì mattina a Villa Romanazzi ed ho visto per prima cosa il desk della Segreteria nazionale con le nostre fantastiche “3 S” (Sonia Rausa, Sabrina Benedetto Mas e Susanna Lucarelli) che dispensavano informazioni e consigli a centinaia di convegnisti; poi ho percorso il tragitto del parco fino alla villa antica tra gli alberi e gli stand degli sponsor (che tante volte avevo fatto nei mesi precedenti....) salutando colleghi ed amici che venivano da ogni parte d’Italia. Ciò che non scorderò mai però è stata la profonda emozione ed anche un pizzico di paura che ho provato salendo sul palco della sala Europa insieme ad Isabella per aprire, in qualità di Presidente del gruppo ospitante, il 45° Congresso, a distanza di dieci anni esatti dall’ultimo svoltosi in terra di Puglia, quando ero un giovane neo associato alle prime armi! Che dire poi della location, del buffet di gala e di Sala Zonno dove abbiamo fatto festa fino a tarda notte ascoltando l’infrangersi delle onde del mare sugli scogli e respirando il profumo della salsedine... Un grazie ancora una volta va a tutti i partecipanti, al Comitato Organizzativo e al mio splendido gruppo regionale per il successo di questo Congresso!

Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia

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1. Maria Cristina Origlia Direttore Editoriale L’Impresa Giornalista Il Sole 24 Ore. 2. Giuliano Poletti Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. 3. Giovanni Costa Università di Padova, Management Board Banca Intesa Sanpaolo 4. Stefano Venturi AD e Corporate VP Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia, e Luca Villani Giornalista economico The Van 5. Nicola Costantino Ordinario Ingegneria Economico-gestionale Politecnico di Bari.

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di valorizzarli: il 90% darà il massimo se ci sono le condizioni perché lo dia. Dipende dalla fami-glia professionale che Voi tutti rappresentate, con la consapevolezza che la vitalità di un sistema deriva molto poco dalle regole e dalle procedure ma molto dalla motivazione delle persone, dalla creazione di un ambiente in cui rendere libere e demanding le loro teste, dove gli stimoli e la curiosità hanno diritto di cittadinanza.

Chi aiuta gli altri ad avere successo ha suc-cesso e chi sta bene produce ricchezza per gli altri. Dobbiamo avere un orizzonte temporale ampio e guardare agli effetti “lunghi” di tutte le nostre azioni.

Per questo porta più risultati il premio della

punizione, il perdono della vendetta, la ne-goziazione della contrattazione.

Prendersi cura delle persone per prendersi cura delle aziende. È un mestiere difficile in cui non si può mai abbassare la guardia perché le persone osservano come ci si muove, non solo quello che si dichiara. Il lavoro per le persone è importante, la soddisfazione e la frustrazione del lavoro si porta a casa e fa la differenza anche nella vita privata. Per questo occorre saper ascoltare le persone e i loro bisogni, ed anche amarle. D’altronde è il momento giusto per fare queste riflessioni, per un’inversione di paradigma che ci consenta di uscire dall’epoca dei guerrieri per entrare nell’e-poca delle connessioni. Il contagio positivo ➤

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6. Giancarlo Tanucci Ordinario Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Università di Bari 7. Enrico Cazzulani Segretario Generale AIDP 8. Even Bolstad Managing Director HR Norge 9. Umberto Bertelè Professore Emerito di Strategia Politecnico di Milano 10. Liliana Gorla Directrice des Ressources Humaines France Siemens e Maurizio Sacconi Presidente Commissione Lavoro Senato della Repubblica 11. Severino Salvemini Ordinario Organizzazione Aziendale Università Bocconi 12. Gruppo AIDP Liguria: Congresso AIDP 2017.

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che sprigionano le testimonianze dei tanti protagonisti che hanno già intrapreso questa strada e che abbiamo portato al Congresso ci può aiutare e incoraggiare.

Ed è facile capire come finalmente il Direttore del Personale è l’erede naturale del CEO perché sa gestire il capitale dell’azienda.

Anche questa è una scommessa.Mi piace pensare che la funzione del personale

prende corpo, si espande e diventa strategica. Lo so che è una visione alta ma il processo di

alimentazione delle qualità delle persone è ine-vitabile per la vita dell’azienda. L’alternativa è che queste qualità vengano espresse all’esterno.

Ma che spreco!Non è che non sappia che la vita di tutti i

giorni in azienda è complicata, ma occorre cre-dere e dimostrare che può anche essere diversa. Il lavoro deve essere un bel lavoro non solo un buon lavoro.

Per questo scommettiamo.E lo abbiamo fatto a Bari, in tanti, perché in-

sieme le sfide si vincono meglio.E se continuiamo ad essere tanti ne vinceremo

ancora. Anche l’anno prossimo, sul mare, ripartendo

da Genova. n

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1. Andrea Del Chicca Direttore Risorse Umane, Organizzazione, Relazioni Esterne Ansaldo Energia e Roberto Cingolani Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia 2. Pier Luigi Celli Senior Advisor AD Poste Italiane, Enzo Spaltro Presidente Fondazione Enzo Spaltro e Responsabile Scientifico UP e Giuseppe Varchetta Psicosocioanalista, Past President Ariele con Paolo Iacci Presidente AIDP Promotion 3. Gustavo Bracco Senior Advisor HR Pirelli, Stefano Franchi DG Federmeccanica, Paolo Pirani Segretario Generale UILTEC – UIL, Cesare Stefano Ranieri Direttore Risorse Umane, Organizzazione e Sistemi ILVA con Massimo Mascini Direttore della rivista on line Il diario del Lavoro 4. Salvatore Pirrone Direttore Generale Ministero del Lavoro 5. Gruppo AIDP Puglia.

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“Scommettiamo su Persone e Lavoro!”: con questo titolo intendiamo indicare la sola possibile via per la ripresa dello sviluppo del Paese. Crediamo infatti che la crisi si sia evidenziata su tre livelli paralleli e intersecantisi tra loro. • Sul versante macroeconomico la finanza spe-culativa ha preso il sopravvento sull’economia rea-le. Negli ultimi 15 anni il rapporto tra l’ammontare complessivo dei prodotti finanziari c.d. derivati e il PIL mondiale si è quasi quadruplicato, passando da 2,6 a 9,6. Contemporaneamente a tutt’oggi il valore dei derivati è pari a circa 10 volte il PIL mondiale.

• Ma la crisi non può essere compresa solo su questo versante, soprattutto nel nostro Paese. Mol-te imprese italiane hanno per lo più modalità di funzionamento inadeguate alle nuove contingenze di mercato: piccole e poco patrimonializzate, se-guono strategie per lo più di breve periodo, con un mercato di riferimento non internazionale. Non puntano su competenze distintive e infatti gli inve-stimenti in formazione sono sempre più esigui. Il sindacato ha perso potere e si consuma su battaglie di retroguardia e in molti casi i lavoratori non hanno rappresentanze credibili e in grado di affrontare i problemi gravi che la crisi impone.

• Vi è infine un terzo livello: quello individuale. Le persone sembrano oggi smarrite, ripiegate su se stesse, senza punti di riferimento credibili: non a caso il Papa ha parlato di un’inedita “crisi antropo-logica”, ad un tempo causa ed effetto della crisi che si è manifestata sugli altri due piani che abbiamo ricordato. Anche nelle imprese si avverte un clima difficile, di mancanza di fiducia, spesso di preoc-cupazione generalizzata.

Per invertire questa situazione sempre più com-plessa e difficile occorre rimettere al centro della nostra azione il lavoro e le persone. Vi può essere convergenza tra i bisogni delle persone, gli obiettivi delle imprese e il risanamento delle economie.

Occorre però sostenere l’economia reale contro lo strapotere della finanza speculativa e quindi porre al centro della nostra azione il valore del lavoro e delle persone, come un tutt’uno inscindibile.

Per questo Scommettiamo su Persone e Lavoro.

Gustavo Bracco e Paolo IacciComitato Scientifico Congresso AIDP 2016

IL CONGRESSO

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6. Gabriele Gabrielli Presidente Commissione AIDP AWARD e Mariagrazia Bonzagni Capo Area Personale e Organizzazione Comune di Bologna 7. Sara Salvarani Consulente formatrice Gruppo LEN 8. Clemente Perrone VP Head of Organization & Transformation Dept. Sirti, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi e Alberto Fusi Chief Human Capital Officer ERG 9. Ilaria Lagona HR Business Partner 3M Italia, Marta Signore Direttore Risorse Umane e Organizzazione KOELLIKER, Rachele Monaco HR Manager PURO 10. Bernardo Quaranta Responsabile Personale e Organizzazione Enel Italia, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi, Francesca Pasinelli DG Fondazione Telethon e Mauro Sirani Fornasini AD Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna con Enrico Sassoon Direttore Responsabile Harvard Business Review 11. Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vito Carnimeo Congress Officer.

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Organizzare un Congresso AIDP è un’esperienza unica e straordinaria.Si inizia di buona lena un anno prima, convincendosi di prevedere e organizzare tutto, per scoprire, gli ultimi giorni, l’ossessione dietro ogni dettaglio, primo fra tutti, il meteo (pioverà o ci sarà il sole? E il vento?). Perché tutto sarebbe stato diverso, senza il sole… e nessun piano B, per quanto ben congeniato, avrebbe regalato tanto.

L’emozione del “contatore dei partecipanti” che a un mese dall’evento ha cominciato a girare a tutta forza è stata da cardiopalma. La partecipazione così massiccia e il desiderio di esserci da parte dei colleghi di tutta Italia così forte che per evitare di non accoglierli abbiamo trasformato la tradizionale cena di gala in un più moderno buffet di gala, con tanto di musiche e danze. Sperimentazione riuscita!

Porto dentro di me alcune immagini indelebili: centinaia di congressisti, allegri, fra le aiuole soleggiate, scambiarsi abbracci e saluti, commenti sulle relazioni, ipotesi di lavoro; scatenati balli notturni, davanti a un luccicante lungomare di Bari; e soprattutto la com-movente standing ovation ai tre “grandi maestri” (Celli, Spaltro e Varchetta) dai quali tutti abbiamo imparato qualcosa e verso cui ci sentiamo in debito di riconoscenza. Oltre al loro spessore culturale e professionale, la dimensione etica ed emotiva dei loro interventi ha saputo parlare al cuore!

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112studenti del Master in

gestione delle risorse umane dell’Università LUM Jean Monnet di Bari attivi nell’organizzazione (giovani AIDP crescono!)

partner, sponsor e media partnerpartecipanti

protagonisti di eccezione

tappe del roadshow organizzate dai gruppi AIDP

200articoli stampa e passaggi radio-tv prima, durante e post evento

diretta Twitter: in 254 hanno condiviso il congresso con 5.030 tweet letti da più di

480.000 persone!

Vito CarnimeoCongress Officer

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Flessibilità, employability e generazioni a confrontoAndrea Orlandini Presidente AIDP Lombardia, Fiorella Ferri Responsabile delle Relazioni Industriali Banca MPS, Francesco Amendolito Founding & Managing Partner Amendolito & Associati, Simonetta Cavasin AD OD&M Consulting, Francesca Gaspardo Group HRD Pianoforte Holding e Simona Franzetti National Sales Director Gi Group.

Analogico e digitale nella gestione HRLuca Vignaga HR Director Gruppo Marzotto, Emilio Orlandini Direttore Generale Allos, Nicola Rossi Country Manager Monster Italia Pietro Iurato Human Resources Director SAP Italia e Francesco Basile Direttore Risorse Umane Bosch Bari.

Smart working, sharing economy e nuove forme di organizzazione

Giuditta Alessandrini Ordinario Pedagogia Sociale e del Lavoro Università Roma TRE, Paolo Vasques Global Director for Industrial Relations

Benetton Group, Domenico Favuzzi Chairman and CEO Exprivia, Rossella Seragnoli HR Manager Crown Aerosols Italia, Roberto Mattio Direttore

Risorse Umane e Organizzazione Pininfarina e Raffaele De Luca Tamajo Senior Partner Toffoletto De Luca Tamajo e Soci.

Innovazione e integrità nella pubblica amministrazione e nelle aziende a capitale pubblico

Luigi Maria Vignali Dirigente Diplomatico, Coordinatore nazionale AIDPpa, Francesco Paolo Romanelli Procuratore regionale Corte dei Conti Puglia, Pietro

Scrimieri Direttore Servizi Centrali Risorse Umane, Organizzazione e Lavoro Acquedotto Pugliese, Antonino Costantino Dirigente Servizio trattamento giuridico

del personale Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Mochi Sismondi Presidente FPA e Gianfranco Grandaliano Vice Presidente Nazionale UTILITALIA

Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali.

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PARTNER

SPONSOR

MEDIA PARTNER

CON IL PATROCINIO DI

C0/M0/Y0/K85

C100/M65/Y10/K45

R75/G75/B77

R0/G56/B102

Quest’anno hanno scelto di scommettere su Persone e Lavoro, insieme a noi, Aziende che rappresentano l’eccellenza del mercato HR. Ne siamo orgogliosi

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le opportunità e le condizioni nelle quali le per-sone possano esprimere se stesse attraverso il lavoro, in un contesto caratterizzato da grande cambiamento e trasformazione.

Le leggi possono fare molto ma non produ-cono gli effetti auspicati se non sono in grado di stimolare una riflessione e una capacità di analisi e valutazione di ciò che sta accadendo, di muovere sul piano culturale. Dobbiamo mette-re in relazione il tema dell’innovazione con il cambiamento delle dinamiche personali e sociali e con il sistema di relazione tra lavoro e impresa. Abbiamo bisogno di riflettere insieme su come questi cambiamenti impattano sulla realtà e su come possiamo agire perché diano il meglio di sé. Se, ad esempio, non si colgono i nuovi posti di lavoro che l’innovazione produce, si finisce per pagare solo il dazio delle grandi trasformazioni in atto, assistendo alla scomparsa di vecchi lavori, bruciati dall’innovazione stessa.

I cambiamenti tecnologici vanno a una velocità clamorosamente superiore alla nostra capacità di gestire i cambiamenti sociali e di cambiare le regole della nostra vita.

Mentre appare sul nostro tablet un’applicazio-ne che inventa un nuovo mestiere (o un nuovo servizio)... pensiamo a quanto tempo serve per cambiare un contratto di lavoro? Se ci mettiamo

commettere su Persone e Lavoro è di fatto il tema sul quale oggi come

Governo stiamo lavorando in maniera molto intensa.

È del tutto evidente che il lavoro non è soltanto reddito, ma è l’elemento

costitutivo dell’identità di una persona, della sua dignità, è la sede e l’opportunità

per esprimersi pienamente. Dobbiamo quindi lavorare tutti insieme per migliorare

3 anni a scrivere una norma, quando sarà pronta, quel tipo di mestiere (o servizio) potrebbe già essere superato.

La nostra scelta come Governo, è di accom-pagnare questo processo nel migliore dei modi possibili. Investendo su competenze, sapere, ricerca, formazione e innovazione. Se vogliamo evitare il rischio di finire tra le economie che soffrono di più.• Tutto il lavoro che abbiamo fatto sul tema al-ternanza scuola-lavoro e la riforma profonda dell’apprendistato, corrisponde a questa esigen-za. Anche se scontiamo un gravissimo ritardo, oggi la legge c’è: la possibilità per i nostri studenti di fare esperienze di alternanza scuola-lavoro è oggi un obbligo di legge. Ma la legge da sola non basta, per ottenere i risultati desiderati occorre che le scuole si organizzino, che le imprese si met-tano nelle condizioni di accogliere i giovani con laboratori dedicati, tutor, progetti e programmi

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INTERVENTO DEL MINISTRO POLETTIIn questo e nei prossimi articoli riprendiamoe approfondiamo alcuni temi proposti dai protagonisti di Scommettiamo su Persone e Lavoro. Iniziamo con le parole con cui il Ministro Poletti ha avviato i lavori congressuali

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e che le istituzioni pubbliche cerchino di non far pesare questi costi in maniera eccessiva sull’im-presa piuttosto che sull’organizzazione scolastica. • In questi due anni ci siamo dedicati alle poli-tiche del lavoro. E penso che si possa dare un giudizio positivo della riforma del mercato del lavoro soprattutto in vista del cambiamento cul-turale necessario sopra descritto. Vogliamo che il lavoro stabile diventi e torni ad essere la forma normale di assunzione. È chiaro che per ottenere questo dobbiamo garantire un costo del lavoro a tempo indeterminato significativamente più basso del costo delle altre tipologie contrattuali, insieme a buone regole e flessibilità. Dovremo quindi lavorare a una riduzione del costo del lavoro, che riguarda il cuneo fiscale e il cuneo previdenziale.

Ogni tanto sono criticato come Ministro perché mi occupo “un po’ troppo delle imprese”, ma penso che l’unica fonte da cui possano arrivare posti di lavoro siano le imprese appunto, quindi mi pare

di fare esattamente il mio mestiere.Lavoro perché cresca una cultura positiva

dell’impresa nel nostro Paese. Voglio bene alle imprese che rispettano le leggi. Abbiamo bisogno che il lavoro, oltre che legale, abbia tutta la sua dignità e lavoriamo perché questo accada.

Abbiamo molti stimoli davanti.

• Stiamo lavorando sui Centri per l’impiego. Siamo in una fase molto difficile perché prevede un passaggio costituzionale, da gestire in col-laborazione con le Regione e con le istituzioni competenti in materia. • In Parlamento abbiamo in discussione una pro-posta di legge sul lavoro agile, mentre la legge di stabilità affronta problematiche per promuovere i contratti aziendali e le politiche di welfare. Gli stimoli non mancano, le occasioni per un con-fronto su questi temi coi Direttori del Personale, altrettanto. n

INTERVENTO DEL MINISTRO POLETTI

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Giuliano Poletti Ministro del Lavoro e delle Politiche SocialiImola, 1958. Perito agrario, in gioventù esercita l’attività di tecnico agricolo. Nel 1975 è consigliere comunale a Imola. Poi assessore alle attività produttive e consigliere provinciale a Bologna.All’impegno politico-amministrativo affianca quello professionale, esercitato in qualità di presidente dell’ESAVE (Studi e promozione della viticoltura e dell’enologia per l’Emilia Romagna). Eletto presidente della Legacoop di Imola nel 1989, lascia l’incarico nel 2000 per assumere quello di Presidente Regionale Legacoop e Vicepresidente Nazionale.Dal 1992 al 2000 è, inoltre, presidente di EFESO, l’Ente di Formazione della Legacoop Emilia Romagna.Prima di assumere l’incarico di Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (22 febbraio 2014) è stato Presidente di Legacoop Nazionale, Presidente di Coopfond e Presidente dell’Alleanza delle Cooperative, il coordinamento unitario nazionale costituito dalle organizzazioni di rappresentanza della cooperazione AGCI, Confcooperative e Legacoop.

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Demografia aziendaleSiamo abituati a considerare la demografia aziendale chiusa entro i confini organizzativi in termini di equilibrio tra generi, integrazione delle minoran-ze, conflitti generazionali, famiglie professionali. Mentre è necessario un confronto con la demografia più generale con le sue stratificazioni reddituali, comportamentali, identitarie, etniche e così via.

Per gestire questo confronto il professionista HR deve allargare il perimetro della demografia aziendale fino a ricomprendere i vertici azienda-li e l’esterno. Finora l’imprenditore si è considerato al di sopra delle attenzioni dell’HR manager, salvo invocarne l’intervento in sede di passaggio genera-zionale. Lo stesso discorso vale per i CdA considerati, soprattutto nelle medie aziende familiari, organi di rappresentanza piuttosto che organi di governo. Solo di recente è stata dedicata attenzione alla de-mografia del CdA, considerata fonte di stimoli che si propagano su tutta l’organizzazione. Essere HR manager come business partner significa occuparsi di queste dinamiche demografiche.

Performance management Grande attenzione è stata dedicata alle misure istituzionali e organizzative volte ad aumentare la produttività del lavoro attraverso una maggio-re flessibilità. I miglioramenti di efficienza che ne sono derivati sono dovuti a un aumento dell’in-tensità di lavoro il cui impatto sulla produttività resta comunque limitato e non idoneo a competere con i Paesi a minor costo del lavoro. Un vantaggio competitivo sostenibile passa per un aumento della forza produttiva del lavoro che è funzione

della qualità del capitale umano e del contesto tecnologico e organizzativo.

Affidare la ripresa dell’occupazione e della pro-duttività alle sole riforme del mercato del lavoro o alle pratiche aziendali di performance management è del tutto insufficiente se non si accompagna il pro-cesso con investimenti volti a creare competitività strutturale. I tradizionali strumenti di performance management (valutazione, retribuzione variabile e così via) possono, quando funzionano, influire sull’intensità del lavoro ma non sulla sua forza produttiva. Si apre un orizzonte sterminato per chi voglia innovare il performance management agendo sulle variabili strutturali.

TecnologiaLa tecnologia appartiene senz’altro alla categoria delle variabili strutturali. Per capire il contributo della tecnologia è utile distinguere tra le attività di trasformazione e di interazione transazionale e le attività di interazione tacita (Polanyi, Nonaka, Takeuchi). Le prime sono facilmente automatizzabili e standardizzabili attraverso dispositivi sui quali le persone non presentano alcun vantaggio com-petitivo. Le seconde, più complesse, producono più valore e richiedono persone in grado di affrontare situazioni ambigue nelle quali non possono essere usate procedure o algoritmi, ma occorre esercitare discrezionalità e disporre di capacità di giudizio. Il massimo dell’interazione tacita si ha nei servizi ad alto impatto esperienziale. È qui che le persone pre-sentano un vantaggio competitivo sulle macchine.

Nella struttura occupazionale delle nostre aziende si nota ancora una prevalenza delle

NUOVO PERIMETRO DI GIOCO PER L’HR

GIOVANNI COSTA

Il contributo dell’HR Manager al vantaggio competitivo richiede che il ruolo di business partner di Ulrich superi la fase dell’enunciazione retorica e sia riempito di contenuti in grado di saldare la business idea con una sostenibile people idea. Nella sua relazione introduttiva al Congresso Giovanni Costa propone alcuni temi di frontiera da ripensare radicalmente

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“La business idea vince se c’è una people idea alla base”

Giovanni CostaProfessore emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale Università di Padova, membro del Management Board Intesa SanpaoloHa insegnato a Ca’Foscari, alla SDA Bocconi, al Cuoa, all’Essec di Parigi. Ha svolto attività di consulenza direzionale partecipando a vari programmi di sviluppo delle risorse umane. Autore di numerosi volumi e saggi di management, è membro del Comitato scientifico di Enter - Centro di Ricerca Imprenditorialità e Imprenditori dell’Università Bocconi e di varie riviste manageriali tra cui The Journal of Management and Governance. È socio dell’Accademia Italiana di Economia aziendale, dell’Accademia Galileiana e dell’Accademia Olimpica.

attività di trasformazione. Non conviene però aspettare passivamente che la manifattura 4.0 lasci spazio a quelle di interazione tacita per cambiare fin d’ora radicalmente i percorsi for-mativi di inserimento, di sviluppo e di mobilità interna. Vivere il ruolo di HR manager come bu-siness partner significa diventare soggetti attivi di questo cambiamento.

ReshoringLa manifattura torna al centro ma per valorizzar-la bisogna superare i concetti di delocalizzazione, offshoring, reshoring, modi vecchi di chiamare le dinamiche produttive internazionali. Oggi la com-petizione si vince gestendo filiere globali e oc-cupandone le fasi più ricche. È difficile che una filiera importante in termini economici sia contenuta in un territorio ristretto. Stare su filiere lunghe, magari transnazionali, significa attivare processi di “multilocalizzazione produttiva” dove il vero pro-blema è la capacità dell’impresa di muoversi con grande rapidità e flessibilità lungo tutta la filiera,

controllandone soprattutto gli snodi strategici che sono i brand e la distribuzione. L’HR manager come business partner deve orientare queste scelte.

Welfare aziendaleCon questa espressione si ricomprendono sia pra-tiche aziendali e organizzative che tengono effet-tivamente conto del benessere delle persone, in senso ampio, sia pratiche aziendali che sembrano forme di elusione contributiva e fiscale, escogitate con la finalità apparente di allontanare un inelut-tabile processo di disintermediazione. Finalità che sono spiegate, ma non per questo giustificate, dal peso insopportabile assunto dai prelievi pubblici. Poiché urge alleggerire, in generale, questi prelievi e semplificare l’amministrazione della retribuzione e delle relazioni industriali, i professionisti delle risorse umane non dovrebbero avallare operazioni ambigue e poco trasparenti. Sarebbe bello sapere che fine faranno le migliaia di contratti depositati per accedere ai benefici fiscali e contributivi del welfare aziendale. n

GIOVANNI COSTA

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intrattenere con lui sul palco del 45° Congresso nazionale AIDP ha suscitato grande apprezza-mento. Abbiamo diviso il nostro intervento, in apertura della prima giornata, in due parti: la prima dedicata allo scenario del cambiamento tecnologico e al suo impatto sulle nostre vite, la seconda dedicata a quello che intendiamo per cultura aziendale e a come un corpus di valori e di idee possa aiutare chi deve prendere decisioni in azienda.

Stefano, vorrei sfruttare la tua espe-rienza nel campo della tecnologia per provare a interpretare il con-testo globale in cui ci troviamo a vivere e lavorare. Segnalo inoltre, per aggiungere un po’ di pepe alla questione, che proprio stamattina Foxconn, la più grande azienda del mondo, ha annunciato che sosti-tuirà 60 mila addetti con altrettanti

l cambiamento tecnologico che abbiamo vissuto negli ultimi quindici anni,

da quando Internet è entrato nelle nostre vite, è inferiore a quello che ci

aspetta ora. Preparatevi, prepariamoci». Stefano Venturi, Corporate VP e

Amministratore Delegato del gruppo Hewlett Packard Enterprise Italia, non è uno

che si tira indietro. Per questo, credo, la conversazione che ho avuto il piacere di

robot, automi. Allora, in che mondo ci accingiamo a vivere?«Hai ragione, è un tema importantissimo per le nostre vite: stiamo parlando della terza grande rivoluzione tecnologica del nostro tempo. La pri-ma, a metà degli anni Novanta, è stata l’avvento del World Wide Web – chiamato erroneamente Internet – che posso definire il primo grande fenomeno di disintermediazione. A essere sta-to disintermediato è stato il nostro accesso alle informazioni. Sono nati tanti business e tante nuove modalità di raggiungere i clienti, abbiamo avuto accesso a una mole di informazioni mai vista prima, imparato a usare i motori di ricer-

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LA TERZA RIVOLUZIONE DIGITALE

INTERVISTA A STEFANO VENTURI

«Internet of Things, Big Data, Cloud: segnatevi queste tre cose». Stefano Venturi, Corporate VP e Amministratore Delegato Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia, spinge lo sguardo su un futuro che è già cominciato. «Miliardi di dati, come una telemetria del pianeta: vince chi li sa usare». E l’Italia? Non è esclusa dalla partita, anzi

Luca VillaniPartner e Managing Director The Van

di Luca Villani [email protected]{

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Sguardo in avanti Stefano Venturi, a colloquio con Luca Villani, delinea il mondo del lavoro del prossimo futuro nel corso del Congresso AIDP di Bari.

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ca. Abbiamo fatto appena in tempo ad abituarci quando, a metà del decennio scorso, è arrivata la seconda rivoluzione digitale: il cosiddetto web 2.0. In questo caso la disintermediazione ha riguardato i rapporti tra le persone: abbiamo cominciato a produrre e scambiarci informazioni, e le aziende sono state spinte a parlare con i propri dipendenti in maniera partecipativa, abbattendo lo steccato tra comunicazione interna ed esterna».

E con l’avvento di quella che tu chiami terza rivoluzione, cosa ci aspetta?«Un cambio di paradigma incredibilmente più po-tente dei precedenti. Assisteremo alla convergenza di tre elementi. Segnatevi queste tre espressioni: Internet of Things, Big Data e Cloud. Il primo, l’Internet of Things, è già in atto: tutti i sensori oggi sono collegati in rete, e anche le persone sono dei sensori. Quando giriamo con i nostri smartphone c’è chi studia – in modo aggregato – i nostri flussi, in una specie di telemetria del pianeta fatta di miliardi di dati collegati. Il punto è: come li usiamo? Per questo qualcuno ha inven-tato la seconda forza, i software di analisi di Big Data, algoritmi che leggono in tempo reale questi

eventi e ne traggono dei significati. Chi sa padro-neggiare questi algoritmi non è l’informatico, ma il data scientist, una figura ancora relativamente rara ma dalle potenzialità immense: è colui che conosce bene quel settore di business e sa come interpretare quella miriade di informazioni, com-binandola con il suo know-how. La terza forza che fa detonare il tutto si chiama Cloud: parliamo della disponibilità di capacità elaborativa idealmente illimitata e a costi accessibili per tutti, grazie alle modalità di utilizzo as a service».

In questa fase, insomma, a essere disintermediato è l’accesso a infor-mazioni che prima non potevamo avere: la vera sfida è saperle usare.«Queste tre forze domineranno la disruption che stiamo vivendo, e tra poco cominceranno a vedersi i risultati di business. Per fare solo un esempio, la ricerca farmaceutica è un settore che potrà essere molto disintermediato; si potrà realizzare una ricerca che parte da milioni di cartelle cliniche studiando e correlando i dati reali, superando la ricerca tradizionale di laboratorio che si basa ovviamente su un modello teorico. È insomma un’enorme opportunità per chi ha voglia di

LA TERZA RIVOLUZIONE DIGITALE

INTERVISTA A STEFANO VENTURI

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reportagedelcongresso

studiare e possiede questa capacità di combina-re l’analisi dei dati con le conoscenze specifiche della materia».

A questo punto viene naturale do-mandarsi quanto l’Italia sia pronta a cogliere questa opportunità. Ti chiederei di provare a guardare al futuro del nostro Paese sfuggendo alle due retoriche uguali e opposte: quella del “va tutto male” e quella dello stellone, della creatività ita-liana che alla fine vince sempre. In sostanza, un Paese come il no-stro, fatto da tante imprese piccole e medie e che quindi non può fare enormi investimenti, in questo sce-nario che prospettive ha?«La buona notizia è che gli investimenti per co-gliere queste sfide non sono enormi. E gli im-prenditori italiani hanno dimostrato che quando hanno dovuto fare cose innovative hanno trovato i fondi. E poi dobbiamo anche sfatare alcuni luo-

ghi comuni: oggi le nostre fabbriche del settore manifatturiero sono tra le più automatizzate al mondo, per quanto sembri incredibile. Se le aziende hanno la cultura per capire dove an-dare, la sfida si può vincere. Certo, negli anni Sessanta la cultura aziendale era più semplice: si fabbricava, si costruiva, spesso gli imprendi-tori erano operai che uscivano dalla fabbrica con una nuova idea sulla manifattura, era insomma un Paese che viveva ancora sulla scia della sua lunga tradizione artigianale. Adesso il quadro è più complesso, e quello che mi fa essere un po’ meno ottimista è il terreno perduto dall’Italia negli ultimi anni nel legame tra cultura digitale e business. È questa la parola chiave: cultura digitale. Se investiamo nel modo giusto, anche un Paese con limitate possibilità economiche può giocarsi questa partita».

Hai posto l’accento sull’importan-za della cultura aziendale, che in un’altra occasione hai definito “il libretto delle istruzioni del mana-ger”. Del resto vivi in un’azienda, Hewlett Packard, con una cultura solidissima che parte da lontano. Puoi spiegarci che cos’è, in con-creto, la cultura aziendale?«È il fondamento di ogni azienda. È, come dicevi tu, quel libretto di istruzioni che ci aiuta quando una scelta manageriale non è certa, cioè nell’80% delle volte: con la cultura aziendale si possono prendere decisioni che un computer non potrebbe prendere. L’azienda che abbandona la sua cul-tura viene spazzata via alla prima variazione di mercato. L’importante è che questa cultura sia portata avanti da tutti, dal top management, a chi gestisce le risorse umane. E il veicolo migliore per promuoverla è l’esempio. Hewlett Packard Enter-prise, ad esempio, si fonda sul lavoro di squadra, sulla promozione della diversity in azienda, sulla fiducia nelle persone, sull’accesso informale ai vari livelli di management: tutte cose che oggi possono essere condivise, quasi scontate, ma che al momento della sua fondazione, nel 1939, erano visionarie. Sono convinto che il lavoro di gruppo sia fondamentale non solo per un buon clima aziendale, ma anche per la competitività sul mercato. La responsabilità dei manager e dei direttori HR è proprio quella di tirare fuori il meglio dalle persone, le cose positive che ognuno ha e che può mettere al servizio dell’azienda». n

In questa posizione, che ricopre da dicembre 2011, ha la responsabilità di guidare le attività del gruppo e di indirizzarne la crescita nel mercato italiano. Formatosi in Olivetti dal 1979 al 1984, è rientrato in Hewlett-Packard come Amministratore Delegato dopo essere cresciuto all’interno dell’azienda dal 1984 al 1991. In seguito, ha ricoperto il ruolo di Country Manager di Wyse Technology Italy, Managing Director EMEA South in Sun Microsystems, Amministratore Delegato di Cisco in Italia per 13 anni e, sempre in Cisco, di Vice President Europe per il Public Sector.Venturi è Presidente della American Chamber of Commerce in Italy e membro del Consiglio di Presidenza di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, con delega “Agenda Digitale e Start up”, nonché membro dell’Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria. Ricopre, inoltre, il ruolo di Vice Presidente di Assinform con delega all’Education ed è Consigliere Incaricato e membro del Consiglio di Presidenza di Confindustria Digitale con l’incarico di Presidente dello Steering Committee “Competenze Digitali”.

STEFANO VENTURIAmministratore Delegato e Corporate Vice President del Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia

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Con questo comunicato Feder-meccanica sostiene che le rela-zioni industriali sono costituite sia dalle relazioni sindacali che dalle relazioni con la persona, e che la persona, il lavoratore, deve tornare al centro. Credo che il modo con cui Federmeccanica stia portando avanti la discussione sul tema dei rinnovi con le parti sindacali sia uno degli elementi più interessanti del panorama della contrattazione degli ultimi anni. Cosa ne pensa?«La piattaforma di Federmeccanica è l’unico elemento di novità in un quadro di relazioni industriali opache e spesso collusive e soprattutto lontane dai bisogni del lavoro e dell’impresa in un tempo di grande cambiamento, in una sorta di tornante della storia che enfaticamente chia-miamo della “4° rivoluzione industriale” o della “2° rivoluzione delle macchine”.

Spesso nelle relazioni industriali ha preval-so molto opportunismo da parte di coloro che gestiscono la rappresentanza collettiva, più

«La Federmeccanica ha confermato la propria disponibilità a proseguire il confronto per giungere ad un rinnovamento del Contratto nazionale che abbia come pilastri la formazione professionale, il welfare e che chiarisca i compiti dei due livelli di contrattazione in materia salariale: da un lato il C.C.N.L. che svolgerà un ruolo di garanzia mentre sarà la contrattazione aziendale a distribuire la ricchezza dopo che essa sia stata prodotta. Le Organizzazioni Sindacali hanno dichiarato la propria indisponibilità a raggiungere un’intesa su tali basi e hanno riaffermato che il Contratto nazionale deve continuare a difendere il potere d’acquisto dei salari e deve essere fonte di rico-noscimenti economici per tutti i lavoratori della categoria».

preoccupati a difendere gli altri dall’impresa piuttosto che l’impresa dagli altri, perché si fa prima, non perché ci sia un’ideologia alla base di questi comportamenti nella rappresentanza collettiva...

Il sindacato ha inoltre il limite dell’effettiva base sociale: è fortemente minoritario, è attestato su alcuni segmenti del mercato del lavoro e non riesce ad avere un progetto di allargamento della sua capacità di rappresentanza ai più giovani,

Liliana GorlaDirectrice des Ressources Humaines France SiemensDopo 4 anni in qualità di Head of HR di Siemens Italia, dal 2015 è Directrice des Ressources Humaines Siemens France. Inizia nel 2001 come responsabile Development & Compensation, per poi assumere nel 2003 fino al 2007 la carica di HR Director per una società del Gruppo Siemens. Dopo 3 anni in Casa Madre a Monaco, dal 2010 al 2012 ha ricoperto in Italia la carica di Head of Talent Acquisition and Employer Branding. Precedentemente ha sviluppato competenze e ricoperto diverse posizioni nella funzione risorse umane, tra cui il ruolo di Manager all’interno di Ernst & Young e una prima responsabilità in 3M Italia. ➤

Dalla piattaforma di Federmeccanica al ruolo dell’HR per relazioni industriali più vicine ai bisogni del lavoro e dell’impresa. Novità, stimoli e confronti

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DIALOGHI ISTITUZIONALI SULLE RELAZIONI INDUSTRIALI

LILIANA GORLA A COLLOQUIO CON MAURIZIO SACCONI

a cura della Redazione – [email protected]

reportagedelcongresso

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alle imprese di minore dimensione e al tessuto più innovativo.

Questo ha determinato relazioni industriali tendenzialmente opache e rinnovi contrattuali che non si apprezzano neanche dal punto di vista macroeconomico.

Se Federmeccanica riuscisse a realizzare il suo progetto, la massa salariale crescerebbe molto di più di quanto non sia cresciuta quella di settori che hanno, pigramente, rinnovato il contratto secondo il modulo vecchio, ovvero secondo mode-sti aumenti uguali per tutti, che hanno sottratto spazio alla dimensione aziendale.

Sono convinto che Federmeccanica possa far-cela, per il lavoro egregio che è stato condotto, perché ci sono stati attori della rappresentanza che si sono posti il problema di difendere le im-prese e il lavoro da coloro che non hanno questa capacità. Condivido la piattaforma di Federmec-canica dalla prima all’ultima riga, anzi vorrei si osasse di più. Penso all’idea di un Contratto nazionale come ombrello per ciò che riguarda tutti i lavoratori come persone e alla speranza di costruire un welfare della persona. Auspico un’integrazione dei pilastri con sanità, previden-za, assistenza e che il secondo pilastro diventi

universale, che accompagni fino alla pensione e oltre, che sia modulabile nel seno di quello complementare...

Tornando ad oggi, le nuove tecnologie che sconvolgono pervasivamente, in modo veloce e imponderabile, il tradizionale modo di produrre e di lavorare mettono in discussione tutto un im-pianto di regolazione del rapporto di lavoro che è stato costruito sulla difesa passiva del contraente debole e che voleva una rigida separazione fra lavoro dipendente e lavoro indipendente.

Si sta realizzando, in fondo, la visione di Bia-gi che immaginava una confusione progressiva tra lavoro dipendente e lavoro indipendente: il lavoro dipendente si caratterizza sempre più per ampi spazi di autonomia e responsabilità e “meriterà” di essere remunerato in base ai risul-tati; il lavoro indipendente ci chiederà sempre di più anche l’accesso a tutele che avevamo fino a ieri attribuito soltanto al lavoro dipendente. Da un lato si fanno largo concetti legati a una nuova agilità e a una nuova responsabilità nel lavoro, dall’altro la consapevolezza che le leggi non possono più tipizzare e fissare una realtà che muta così velocemente e che conviene rinviare quanto più la regolazione del rapporto di lavoro

Maurizio SacconiPresidente Commissione Lavoro, Senato della RepubblicaLaureato in Giurisprudenza è stato docente di Economia del Lavoro all’Università degli studi di Roma. Entra in politica nel ‘79 con il PSI e 5 anni più tardi è Vicepresidente del gruppo alla Camera. Sottosegretario al Tesoro è Consigliere economico della Presidenza del Consiglio del Berlusconi I. Dal ‘95 al 2001 è Branch Office Director presso l’OIL di Ginevra. Nel 2001 aderisce a FI e torna al governo da Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Eletto per FI al Senato. Dal 2008 al 2011 è Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Dal 2013 è Presidente della Commissione Lavoro del Senato.

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alla sede in cui le persone si guardano negli occhi, si capiscono e condividono un destino comune.

La regolazione pubblica deve essere quindi quanto più contenuta e quanto più cedevole nei confronti dell’accordo più prossimo tra persone e non più tra entità astratte.

Dovremo sempre più immaginare questa ce-devolezza in modo che le parti, a partire dall’ac-cordo individuale: • si adattino reciprocamente in funzione dell’im-piego migliore di tecnologie che, giorno dopo giorno, danno nuove opportunità;• si regolino per rendere effettivi e sostanziali i nuovi diritti del lavoro - che io considero in primis la salute e la sicurezza ma con un approccio sostanzialista, non formalista, non fondato cioè sugli adempimenti formali, ad esempio un diritto alla salute sul luogo di lavoro anche in senso lato, come prevenzione non solo di specifici rischi, ma anche di patologie che riguardano più in generale la persona. Perché l’impresa è sempre più comunità, e deve soddisfare anche il diritto all’apprendimento continuo, alla certificazione delle competenze... Io credo che da lavoratore, oggi, vorrei non esse-re inchiodato dentro un inquadramento del 1973 (accordo metalmeccanici), ma piuttosto avere l’ac-cesso continuo alle abilità, alle conoscenze e alle competenze utili, essere periodicamente certificato nel progresso realizzato ed essere remunerato te-nendo conto di questo mio progresso. E… vorrei contribuire a regolare anche il modo di essere tu-telato rispetto alle nuove tecnologie (ad esempio

il diritto alla disconnessione). Insomma l’articolo 8 del decreto legge 138 con-vertito in legge 148 “è vivo e lotta insieme a noi”. La legge Macron francese, secondo cui l’accordo più prossimo, ovvero quello aziendale, prevale su quello territoriale e soprattutto su quello na-zionale, è l’articolo 8»!

In questo panorama, come vede l’evoluzione del nostro ruolo?«Io credo che l’HR non possa più considerare i collaboratori dell’azienda come una massa in-determinata ma che occorra quella adattabilità reciproca che - in uno spirito di coesione ov-viamente - colga tutte le specificità di ciascuna persona, le attitudini e i problemi che vive. È questa la sfida ma anche il passaggio a una di-mensione molto più gratificante di questo lavoro che per molto tempo, in passato, è stato un me-stiere di resistenza e di opposizione. In questo momento siete chiamati a un lavoro fortemente intrecciato con la conduzione più complessiva dell’azienda, della gestione della produzione e a un ruolo propulsivo. Federmeccanica ha svolto un lavoro molto interessante quando ha analiz-zato direttamente i bisogni dei lavoratori e ha invitato a fare altrettanto in ciascuna azienda. Non è un modo di scavalcare il sindacato ma è un modo di sviluppare appartenenza, condivi-sione, comunità, sollecitando anche l’evoluzione stessa del sindacato affinché avverta il dovere di rappresentare tutti e insieme ciascuno per aspirazione e problemi». n

“L’articolo 8 è vivo e lotta insieme a noi!”

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diversi livelli di responsabilità: da attività tecni-ca/di supporto ad attività decisionale/strategica.

Al Congresso di Bari, al Consiglio Direttivo nazionale e in Assemblea dei Soci, sono stati il-lustrati i primi risultati.

Il titolo del Congresso, Scommettiamo su Per-sone e Lavoro, è stato anche il contenitore del nostro Progetto. La voce dei primi candidati-certificatiIl vissuto dei candidati è di segno positivo. Sul metodo. Sull’efficacia dell’esperienza.

Il processo certificativo visto come percorso

’11 Maggio, a Genova presso la sede di Rina Services SpA, si è tenuta la

prima sessione di Certificazione. Quattro candidati. Quattro Certificati.

Quattro Commissari: due attivi, due osservatori. Due esperti Rina.

La metodologia è stata scelta focalizzando in modo pragmatico un approccio sulle

capacità operative di utilizzare saperi ed esperienze su casi vissuti in relazione ai

che pone l’enfasi sulla capacità di saper gestire processi complessi e diversi per la loro natura: normativo-contrattuale, governo e sviluppo delle persone, comunicazione e relazioni interpersonali.

In sintesi, “conoscersi, farsi conoscere, farsi valutare, farsi scegliere”.

Si intravede, come altro obiettivo, la valoriz-

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LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE HR IL GIORNO DOPO

Luigi Guarise Consulente di Management, membro del gruppo di lavoro sul Progetto di Certificazione competenze HR, Vice Presidente Gruppo AIDP Piemonte e Valle d’Aosta

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zazione e la visibilità della funzione, del ruolo HR verso gli stakeholder interni alle aziende/organizzazioni, verso quelli esterni alla comuni-tà HR, cioè la Società, il Mercato, le Istituzioni.

Da un punto di vista operativo, la metodologia è stata percepita come strumento utile per definire e darsi regole di miglioramento attraverso il con-fronto. Cioè mettersi in discussione costruttiva. L’esperienza, il vissuto dei Commissari-valutatoriLa giornata si può esprimere in tre dimensioni:EmozioniGiornata intensa, piena di responsabilità.Si passa dal progetto all’attuazione: funzionerà tutto bene?AtteggiamentoRapporto tra professionisti e riconoscimento di comune pratica ed esperienza.Risultato - EfficaciaIl percorso funziona. È un confronto , un “dialogo” tra professionisti.Far capire alla comunità HR e alla Società-Mercato il significato profondo di quello che si sta facendo.

Anche Bob Morton, Presidente EAPM, ci supporta circa la dimensione strategica del Progetto“I am therefore delighted that AIDP is launching its HR Certification scheme. This will support the advancement of the profession in Italy. The future of HR certification looks bright, as long as the nature of Certification evolves to reflect the changing HR function. Most positively of all, certification will become more and more relevant in the increasingly competitive workplace of today, particularly in international companies that want to be able to compare staff across bor-ders and will demand a more internationalised certification”. A conclusioneIl Progetto ha un doppio obiettivo strategico, in ottica di medio-lungo termine:• il rafforzamento della Cittadinanza AIDP, come Cittadinanza attiva, titolare di doveri e diritti.• lo sviluppo dell’appartenenza ad AIDP, come la Casa delle Risorse Umane. n

LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE HR IL GIORNO DOPO

OGGI UNA REALTÀLa certificazione delle competenze HR è uno strumento di terza parte, sviluppato da AIDP e Rina Services volto a garantire al mercato le competenze professionali in un’area vastissima e non ragolamentata in ordini o collegi. Un elemento distintivo di competitività. Rilevante per la nostra Professione e la nostra reputazione professionale. Maggiori informazioni (regolamento, requisiti di certificazione, questionario informativo e link utili) sono disponibili sul sito dell’Associazione www.aidp.it

Enrico Cazzulani, Segretario Generale AIDP, ha presentato al Congresso il progetto della Certificazione delle Competenze HR giunto, dopo un lungo processo di analisi, definizione dei contenuti e la costruzione del disciplinare, alla fase operativa. Qui si propone un sintetico resoconto della prima sessione di esame

pubbliredazionale

TAX EQUALIZATION POLITICHE DI NEUTRALITÀ FISCALE PER IL PERSONALE ESPATRIATOUn’attenta pianificazione fiscale è uno dei fattori critici di successo di un’azienda che deve inviare all’estero un proprio manager: già in fase di definizione del pacchetto retributivo da offrire bisogna tener conto della fiscalità del Paese di assegnazione, così da ottimizzare il rapporto fra i costi sostenuti dall’azienda e il netto al dipendente

l dipendente assegnato all’estero sarà quasi certamente tenuto al pagamento di imposte personali sui redditi ivi pro-dotti, con il rischio di incorrere in una

doppia imposizione sul proprio reddito da lavoro dipendente in caso di mantenimento della residenza fiscale nel Paese di origine.

Come attenuare questo duplice impatto fiscale? La ratio delle politiche di neutralità fiscale è appunto evitare che il dipendente con incarico stabile all’estero, per la modifica dei rapporti tributari connessi all’assegnazione, debba sopportare un aggravio patrimoniale.

La policy fiscale più diffusa - al netto del-le numerose “variazioni sul tema” - è la tax equalization basata su un principio di no loss no gain: il dipendente non dovrà sopportare alcun danno, ovvero trarre alcun beneficio economico dall’assegnazione all’estero. So-sterrà infatti un onere fiscale pari a quello che avrebbe sostenuto se avesse continuato a lavorare nel Paese di origine: il datore di lavoro opererà in tal senso una trattenuta fittizia-figurativa (hypothetical withholding tax), per un ammontare pari all’ordinario de-bito fiscale nel Paese di partenza. Al momento della liquidazione delle imposte nello Stato estero, l’azienda utilizzerà tale ammontare trattenuto; eventuali differenze tra gli im-porti effettivamente versati e quelli trattenuti rimarranno a carico/beneficio della stessa. È possibile applicare sistemi estremamente com-plessi di full equalization (che include tutti i

redditi del lavoratore, anche quelli personali) o, come prassi più frequente, adottare politiche di partial equalization (“equalizzando” i soli redditi di lavoro dipendente, escludendo le componenti strettamente legate all’assegna-zione internazionale e applicando le detrazioni standard per lavoro dipendente e familiari a carico).

Pros… L’assegnazione all’estero è assolu-tamente indifferente ai fini fiscali per il la-voratore. L’azienda potrà finanziare il carico tributario dovuto in Paesi a elevata fiscalità attingendo alle trattenute ipotetiche effettuate nei confronti dei dipendenti inviati in Paesi a fiscalità inferiore.

…and con’s: elevato investimento iniziale/costi di implementazione: nuova policy, nuovo contratto di distacco, review accordi infra-gruppo, procedure amministrative e contabili più complesse, ricorso a una rete internazio-nale di consulenti fiscali esterni.

La fotografia fornita rende pienamente l’idea di quanto complesso risulti essere il tema della pianificazione fiscale transnazio-nale: saperla preventivare è una “issue” che non può sfuggire all’agenda di un HR Mana-ger che ha nello sviluppo internazionale uno degli asset di riferimento del business dove è inserito. Dotarsi delle tecnologie adeguate diventa uno dei fattori critici di successo a supporto della Direzione Risorse Umane e non potrà che essere l’HR il Key Player di questo challenge. n

IAndrea Benigni AD di ECA ItaliaECA Italia, dal 1994, è un gruppo leader nella consulenza e servizi per la gestione del personale espatriato.Ha un partner di riferimento in ECA International, società di diritto inglese che opera dal 1971 sul mercato dell’International HR con un database di informazioni Paese disponibile on line. Dal 2005 ha costituito Expatriates Key Solutions, società di servizi al 100% controllata che si occupa di gestire in outsourcing i processi di mobilità internazionale delle risorse umane.

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modalità innovative di lettura del mercato o da innovazioni tecnologiche: quando queste ultime permettono lo sviluppo di prodotti in grado di soddisfare nuovi bisogni o l’introduzione di busi-ness model in grado di spiazzare quelli esistenti.

È quanto sta accadendo, in questa fase storica, con i processi di digitalizzazione (digitization) in atto in tutta l’economia a livello mondiale. Non c’è impresa o istituzione, in nessun settore, che non si stia chiedendo (o che dovrebbe chiedersi) quali ricadute potrà avere la digitalizzazione per il suo futuro e quali azioni - difensive e/o offen-sive - intraprendere: per non essere (in gergo) disrupted o per essere essa stessa disruptive o per offrire funzionalità completamente nuove.

Esempi di disruptive innovationPochi esempi tra i tantissimi che potrei citare.

• Con il passaggio al formato digitale sfumano i confini fra operatori televisivi, operatori telecom e operatori OTT-Over The Top (quali Netflix o

ome nei campionati di Formula Uno, dove ogni anno vengono

modificate le regole che le scuderie in gara devono rispettare, così

– anche se con una cadenza più irregolare – accade nell’economia.

Ove le nuove regole del gioco possono essere il frutto di scelte prevalentemente

politiche oppure possono provenire da innovazioni organizzativo-gestionali, da

Umberto Bertelè Professore emerito di Strategia e Chairman degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano

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Umberto Bertelè

STRATEGIA

SECONDA EDIZIONE

di Umberto Bertelè{

Esempi ed effetti dei processi di digitalizzazione sull’economia e sulle organizzazioni

DISRUPTIVE INNOVATION CRESCITA E LAVORO

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Il testo è tratto dall’Introduzione alla seconda edizione del mio libro Strategia, edito da Egea, che uscirà entro fine anno, un’anticipazione per i lettori di Direzione del Personale.

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Amazon) nella distribuzione dei film e dei pro-grammi televisivi, ed è guerra tutti contro tutti. • Con la crescita dell’offerta gratuita online di news, calano drasticamente sia le vendite del cartaceo sia la pubblicità, costringendo molti dei principali giornali a ristrutturazioni talora vio-lente e abbattendo il numero di edicole: “mai così tanti lettori come ora, ma mai così pochi soldi”. • L’e-commerce, con la sua espansione continua (sempre più via mobile), mette in crisi le grandi catene distributive tradizionali: costringendole negli USA a ridurre i punti vendita, limitandone fortemente in Cina l’apertura di nuovi rispetto alla dinamica della domanda. • La sharing economy, seppur oggetto di forti contrasti, sta modificando profondamente – con società come Uber e Airbnb e con i loro cloni – le regole del gioco della mobilità e dell’ospitalità.• Il sistema bancario-finanziario, storicamente fra i primi a informatizzarsi, è oggetto di una nuova pressione innovativa: con l’entrata degli OTT (quali Apple, Google, Facebook, Alibaba e Tencent) nei pagamenti, nei trasferimenti di da-naro e (in Paesi come la Cina) nella gestione del risparmio e nella creazione di banche esclusiva-mente online; con l’introduzione (anche da parte del più grande fondo di asset management del mondo) di robo-advisor per la piccola consulenza

finanziaria, di software cioè in sostituzione degli umani; con il lancio di piattaforme (marketplace lending) per l’erogazione di mutui e finanziamenti alle imprese minori in tempo reale, mediante il ricorso ad algoritmi per la valutazione del merito di credito; con il crowdfunding. • Nemmeno i grandi costruttori di auto possono dormire sonni tranquilli, anche se hanno ancora molte carte da giocare: cambia la scala delle preferenze degli acquirenti, meno interessati alle prestazioni dei motori e più alla connettività, all’infotainment e alle funzioni di supporto alla guida (con il self-driving car all’orizzonte); cresce conseguentemente l’incidenza dell’elettronica, prossima alla metà del costo di produzione, con un ovvio impatto sui profitti; acquista un rilievo crescente la shared mobility, soprattutto nelle grandi aggregazioni urbane, con un impatto sul-le vendite; esce dall’irrilevanza l’auto elettrica, portando alla ribalta nuovi attori (come Tesla) in un contesto ove l’esperienza accumulata conta molto meno. • E con Industry 4.0 si prospetta una nuova ondata di cambiamenti, questa volta nel ma-nufacturing: con una combinazione di cloud computing, big data analytics, intelligenza ar-tificiale, IoT-Internet of Things, robotica avanzata e stampa 3D.

Umberto Bertelè Chairman degli Osservatori Digital Innovation al Politecnico di Milano Tra i fondatori dell’Ingegneria Gestionale, ha ricoperto le cariche di Prorettore delegato, Presidente della School of Management e Presidente del MIP. Ha fatto parte del Collegio per il controllo interno del Ministero del Tesoro e di delegazioni ufficiali in sede GATT, OCSE e G-7. È stato consulente del Servizio Studi di Bankitalia. Ha presieduto per nove anni TAV-Treno Alta Velocità. Già editorialista de Il Sole 24 Ore, è opinionista in diversi programmi radiotelevisivi.

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• Per non parlare di quelli in atto nella PA, nella sanità e nella formazione.

“Today every business is a digital business: non esiste comparto dell’economia in cui non sia presente qualche componente in formato digitale (o digitalizzabile) su cui costruire busi-ness model alternativi, con impatti spesso de-vastanti per le imprese incumbent”, scrivevano Downes e Nunes nel loro libro seminale “Big Bang Disruption. Strategy in the Age of Devastating Innovation” (2013).

“Digitization, like electricity, is a general-purpose technology that underpins a huge share of economic activity”, sosteneva più di recente il McKinsey Global Institute (Digital America, 2015), “Digitization is changing the dynamics in many industries. New markets are prolifera-ting, value chains are breaking up, and profits are shifting. Businesses that rely on playing an intermediary role in a given market are parti-cularly vulnerable. In some markets, there is a winner-take-all effect. For companies, this is an opportunity to reinvent every process with a fresh focus on the customer”.

Sulla digitalizzazione scommette il mercato finanziario. Apple, Google e Microsoft occupa-no le prime tre posizioni per capitalizzazione a livello mondiale; Amazon e Facebook sono nelle top-7. Alibaba - leader cinese nell’ecommerce - è la società che ha raccolto la cifra più alta della

storia in sede di IPO: 25 miliardi di dollari. Mentre Uber è la società che è riuscita a raccogliere il capitale di rischio più elevato – 12,9 miliardi – fra le non (ancora) quotate, seguita dalla rivale diretta cinese Didi Chuxing con 8,5. Il nervosismo del mercato, comprensibile per i numeri in gioco, crea però oscillazioni da “montagne russe”. Apple ad esempio, che nel febbraio 2015 “valeva” 775 miliardi di dollari (oltre il 40 per cento del PIL italiano), ne ha persi ben 250 in meno di un anno, per poi invertire di nuovo la rotta.

Qual è il ruolo e quale il futuro delle risorse umane in questo processo? La risposta non può essere univoca. Le risorse umane sono allo stesso tempo le maggiori vittime e le protagoniste del processo di digitalizzazione.• Sono le principali vittime, perché rischiano l’espulsione dal sistema non solo quando la digital disruption colpisce le imprese in cui operano, ma anche quando un processo di digital transforma-tion – vitale per la sopravvivenza delle imprese o addirittura per la conquista di una posizione di leadership – comporta un significativo ricambio nelle competenze necessarie. • Sono le principali protagoniste perché è loro compito – a partire dalle posizioni di vertice – individuare creativamente i cambiamenti più o meno radicali da apportare al business model e/o al portafoglio di business, affinchè la digita-lizzazione generi valore. n

Mobile internet and cloud technology 34

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What do you see as the three most significant drivers of change that will affect your future working life up to the year 2020?

Artificial intelligence and machine learning

The rise of big data

The internet of things

Advanced robotics and autonomous transport

Advanced manufacturing and 3D printing

Shifts in gender equality

Source: Infosys 2016, based on 8.700 interviews

% who ranked the driver in their top three

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reportagedelcongresso

del sistema giuslavoristico e della burocrazia italiana a persone che vengono da Paesi molto più agili del nostro.

L’istituto svolge un ruolo pionieristico non solo dal punto di vista scientifico ma anche dal pun-to di vista dell’organizzazione della ricerca. IIT recluta ricercatori con un meccanismo che è as-solutamente innovativo in Italia, ed è usato negli USA e in pochi altri posti nel mondo, le cosiddette call internazionali. Funziona tutto sulla base di un progetto, di un’idea, che scherzosamente chia-miamo “il viaggio su Marte”. Per andare su Marte servono tante competenze specifiche, tutte fonda-mentali, serve un esperto di alimentazione, uno di motori, uno di gravità, uno di energia... Servono profili molto diversi, senza barriere disciplinari: psicologi, etici, fisici, chimici, ingegneri, medici, tutto quello che ci serve culturalmente per portare avanti il programma. Il reclutamento viene fatto attraverso mezzi di informazione digitale da stampa scientifica internazionale. Individuato il profilo si attiva la ricerca e si crea il search committee, panel di esperti (nessuno dei quali lavora in Italia, per evitare conflitti di interesse), viene fatta una short list delle candidature, i migliori 4 o 5 vengono con-vocati a Genova dove fanno una presentazione sia

iò che rende unico l’IIT nel panorama nazionale e fra i pochi in

Europa, è il fatto di essere una comunità fortemente multietnica.

Abbiamo un’età media di 34 anni, ragazze e ragazzi provenienti da

56 nazioni, il 47% del personale viene dall’estero. Abbiamo problemi che vanno

dalla multietnicità alla multi-religiosità, dalla mensa allo spiegare la complessità

agli scienziati sia al panel. Dunque si fa l’offerta al migliore in graduatoria, poi al secondo e al terzo... un po’ come nello sport: ci si permette il calciatore migliore in funzione del budget che si ha».

Come si seleziona e come si ri-conosce il talento in un mondo globalizzato? Come lo si gestisce e lo si valorizza e che rapporto c’è tra il turnover e la retention dei talenti?«Qui il turnover è un elemento essenziale. Gli istituti come il nostro sono a permanenza quinquennale, dopo 5-6 anni il 70% delle persone deve andare via. L’età media della struttura deve rimanere di 34-35 anni. Abbiamo addirittura un vincolo: non superare i 38 anni di età media, tra 15 anni. I permanenti sono quelli che chiamiamo principal investigator: non possono superare il 15% dello staff totale, sono le menti più prestigiose e ricoprono anche incarichi direttivi.Quanto al talento, lo individuiamo e riconosciamo attraverso il meccanismo di reclutamento che ho

C

A COLLOQUIO CON ROBERTO CINGOLANI

IIT - ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA

Le sfide gestionali di un importante player mondiale della ricerca. Dialogo sull’innovazione, sul talento e sul merito che serve per competere in ambito internazionale

Andrea Del ChiccaDirettore Risorse Umane, Organizzazione, Relazioni Esterne Ansaldo Energiae Presidente AIDP Liguria

di Andrea Del Chicca{«

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Andrea Del Chicca e Roberto Cingolani

già descritto e attraverso l’azione dei search com-mittee. Poi, bisogna dar modo a questi talenti, per gli anni di permanenza, di esplodere. Come? Gli si dà un budget di cui sono 100% responsabili, totale autonomia, nessun capo e, triennalmente, sono va-lutati da panel esterni, valutiamo perfino ogni anno la corrispondenza tra previsione e consuntivo del budget (e normalmente i nostri scienziati sbagliano del 2%). Chi performa va avanti. Il nostro salario ha una parte variabile che dipende dalla perfor-mance, pratica che è normale in azienda, ma non negli istituti di ricerca. Insomma ai migliori viene consentito di emergere, e prima lo fanno, meglio è, e di usare la loro permanenza come un trampolino. I ricercatori lo sanno. Per questo siamo attrattivi».

Lei è professore e manager di organizzazioni. Quali capacità saranno necessarie sempre più in futuro a chi gestirà persone e talenti?«Il nostro comparto è un po’ particolare, la strategia risorse umane delle grandi aziende qui è difficile da applicare secondo canoni standard. C’è un misto di competizione sportiva e di arte in questo me-stiere, non c‘è un HR manager che ci può aiutare in questo tipo di reclutamento. Il meccanismo che funziona in ambito scientifico è il peer review, ovvero la valutazione tra pari, con tutti i limiti che

ciò comporta: sono gli altri scienziati che devono riconoscere il talento e farlo maturare. Da un altro punto di vista però ci sono dei criteri aziendali che devono essere portati nella ricerca. Lo scienziato non deve pensare di essere un soggetto che vive in un mondo scevro dalle regole del reale. La ge-stione delle risorse umane poi non è solo talento ma è anche integrazione, soprattutto nei progetti interdisciplinari come quelli che noi sviluppiamo. La vera difficoltà è mettere insieme - in un tavolo di lavoro - un fisico, un chimico, un ingegnere, un medico, un filosofo, un matematico, un computer scientist: quello che succede normalmente, in un mondo competitivo e individualista come quello della ricerca, è che ciascuno ritiene che gli altri siano sostanzialmente un gradino sotto. L’abilità è convincerli e aiutarli a raggiungere quella con-dizione di serenità per… andare su Marte. Deve funzionare tutto altrimenti su Marte non ci si arriva. Quindi la team building capability, che dipende dalle competenze e dalla pura forza intellettuale. Qui è rispettato, comanda e ha carisma, chi merita, quello che vede prima il futuro, che ha le risposte più sostenibili e che sa gestire i rapporti tra le “prime donne” della scienza».

Qual è il rapporto tra le nuove tec-nologie e la vita nelle organizza-zioni? Come lo vede in futuro?

IIT - ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA

Roberto CingolaniDirettore Scientifico dell’Istituto Italiano di TecnologiaÈ professore di Fisica con diploma di perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Fondatore del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia a Lecce, è Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. È stato membro dello staff del Max Planck Institut di Stoccarda e Visiting Scientist all’Universitàdi Tokyo. È autore di oltre 46 famiglie di brevetti e 750 articoli scientifici per le più prestigiose riviste e conferenze internazionali. È stato insignito dei titoli di Alfiere del Lavoro (1981)e Commendatore della Repubblica Italiana (2006).

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reportagedelcongresso

Quali minacce e opportunità per chi lavora in azienda?«La tecnologia come sempre non è una minaccia ma è un’opportunità. È sempre la stupidità dell’es-sere umano che rende una tecnologia pericolosa. Il rischio che avverto in questo momento è che, in questo fiorire di digitale e digitalizzazione, si perda un po’ il fuoco. Io ricevo circa 600 mail al giorno, a cui devo dedicare statisticamente 5-6 secondi ciascuna. Se l’informazione fosse luce, oggi ne saremmo completamente abbagliati. E non si può portare gli occhiali da sole tutto il giorno né vivere, dal punto di vista dell’informazione, in un sistema ridondante. Credo che questo sia un proble-ma molto serio in istituti complessi come il nostro. Non mi riferisco alla limitazione dell’utilizzo della posta elettronica, ma alla capacità di selezionare la rilevanza delle informazioni. È diventato così semplice e poco costoso mandare messaggi che ormai anche cose irrilevanti occupano spazio di memoria e tempo dell’utente.A volte mi trovo a rimpiangere quando, dovendo scrivere a mano, ci si doveva un po’ applicare e si tendeva a dare delle priorità, alle cose da dire. Oggi in un istituto come questo è pazzesca la quantità di informazione inutile che circola».

Quali le innovazioni più disruptive nell’ambito della nostra vita quo-tidiana e nelle organizzazioni. E come potranno le nuove tecnolo-gie migliorare la vita che viviamo e la vita dell’azienda?«Quello che credo potrà generare grossi cambiamenti è l’intelligenza artificiale, il machine learning, appli-cato alla soluzione di problemi e ai benchmark, alle analisi di mercato e di opinione. Il fatto di disporre di sistemi in grado di navigare in immense masse di dati e di tracciare correlazioni apparentemente introvabili, che un essere umano non troverebbe mai o impiegherebbe migliaia di anni di studio, questo è qualcosa che rivoluzionerà il nostro modo di lavorare. Dovremo abituarci all’idea che tutto quello che ci circonda (comportamenti, malattie, ecc.) sarà predittivo. Quando i sistemi predittivi inizieranno a lavorare bene, effettivamente il la-voro e le nostre vite cambieranno radicalmente».

Stop the clock for maternity. Come funziona e perché è considerata una best practice a livello interna-zionale?«IIT ha fatto una politica di genere molto forte.

Abbiamo il 41% di donne, un record internazionale. È ovvio che, trattandosi di ricercatrici molto gio-vani, la permanenza spesso coincide con il periodo di fertilità. Ci siamo posti il problema di come non discriminare la carriera della donna. Ci sono infatti ragioni di sicurezza chimica e strumentale per cui una donna incinta non può stare in laboratorio e questo è un danno enorme per una ricercatrice. Lo stop the clock for maternity prevede che per ogni figlio si sconti un anno dal curriculum: la persona torna più giovane di 1 anno. Statisticamente abbia-mo visto che, in un meccanismo di reclutamento come il nostro, ciò rende i curricula tra ricercatrici e ricercatori effettivamente comparabili, relativa-mente all’età. Lo stop the clock for maternity uni-tamente al lavoro da casa che concediamo è stato una grande risorsa per attrarre le ricercatrici.Altra cosa che aiuterebbe molto è l’asilo. Stiamo cercando una soluzione logistica per un asilo in-terno che in un istituto di ricerca è una cosa molto innovativa. Essendo struttura statale, però, la bu-rocrazia complica molto».

A suo avviso quale dovrebbe es-sere il giusto rapporto tra ricerca-tempi-investimenti e le ricadute sull’azienda e sull’industria?«La risposta va modulata in funzione dell’azienda. Nell’high tech non si può assolutamente prescin-dere da corposi investimenti in R&D e anche da corposi investimenti pubblici perché bisogna creare ecosistema, l’azienda non può e non deve fare tutto da sola. Per le aziende che hanno un contenuto di tecnologia più basso, l’impatto dell’investimento è più mitigato. Purtroppo sulle alte tecnologie con i numeri piccoli non si va lontano. E in Italia, con più del 70% di PMI, dobbiamo fare i conti con investimenti minori, rispetto a grandi paesi strutturati come Germania, USA e Giappone che hanno grandissime aziende che, oltre a essere di-sponibili ad investire, sanno generare un indotto molto forte».

Un’ultima domanda. Dalla frontie-ra tecnologica al campo operati-vo delle organizzazioni: qual è il suo messaggio ai partecipanti del Congresso AIDP?«C’è bisogno di grande intelligenza e di meno bu-rocrazia. Sono 10 anni che lavoro in questo istituto e le norme giuslavoristiche sono cambiate 4 o 5 volte. È stato difficile e costoso da spiegare anche ai nostri ricercatori. Nel comparto ricerche forse è

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la serie B internazionale nell’arco di due decenni. Quindi, forse, il messaggio potrebbe essere quello di far sentire una voce unita: che pubblico e privato vadano d’accordo nei rispettivi ruoli e richiedere che l’innovatore e il ricercatore siano trattati a li-vello sociale in maniera riguardosa della propria specificità. Questo mestiere è di pura competizione: il contratto deve essere strutturabile per consentire la migliore competizione se non vogliamo perdere tutte le gare». n

necessaria una contrattualistica di stampo generale, europea, fuori dalla contrattazione pubblica che renda il mestiere del ricercatore e dell’innovatore più attrattivo, anche perché un paese che non investe sui suoi talenti è un paese condannato ad arretrare. Questa cosa la capiamo nel calcio, in cui parliamo di vivaio, ma non la capiamo quando parliamo del futuro della nostra società. Se continueremo a per-dere posizioni in tutte le classifiche (investimento, apporto tecnologico, brevetti) sprofonderemo nel-

L’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT)

È una fondazione, istituita con D.L. 269/03, convertito con Legge n. 326/2003, finanziata dallo Stato per lo svolgimento di attività di ricerca scientifica di interesse generale, per fini di sviluppo tecnologico. Promuove l’eccellenza nella ricerca di base e in quella applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale.

Lo staff complessivo: 1470 persone. L’area scientifica è rappresentata da circa l’85% del personale. Il 47% dei ricercatori proviene dall’estero, da oltre 50 Paesi. Il personale scientifico è composto da 60 principal investigators, 140 ricercatori e tecnologi di staff, 500 post doc, 400 studenti di dottorato e borsisti, 160 tecnici. Oltre 300 posti creati su fondi esterni. Età media 34 anni. 41% donne / 59 % uomini (dati al 31/12/2015).

La produzione di IIT (a giugno 2016) vanta oltre 6990 pubblicazioni, 130 progetti Europei e 11 ERC, 350 domande di brevetto attive, 13 start up costituite e altrettante in fase di lancio. Dal 2009 l’attività scientifica è stata ulteriormente rafforzata con la creazione di undici centri di ricerca IIT nel territorio nazionale (a Torino, due a Milano, Trento, Parma, Roma, due a Pisa, Napoli, Lecce, Ferrara) e due outstation all’estero (MIT ed Harvard negli USA).

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anni e rappresenta un barometro interessante per misurare lo stato della professione a livello internazionale. AIDP vi ha partecipato per l’Italia, e i risultati sono stati presentati al Congresso Na-zionale di Bari. Riteniamo possa essere di grande utilità, per tutti coloro che non hanno potuto partecipare al Congresso, conoscere alcuni dei principali risultati rinviando, per la presentazione completa, agli atti congressuali disponibili sul sito dell’Associazione - www.aidp.it.

Cosa influenza la performance percepita dei singoli professionisti HR?La ricerca ha evidenziato che circa il 50% della performance percepita dei professionisti HR vie-ne dalle loro competenze percepite. Vale a dire che il successo nel business arriva quando si è capaci di trasmettere la strategia aziendale in azioni concrete. A questo scopo i professionisti HR devono essere STRATEGIC POSITIONER, cioè

a ricerca HRCS - Human Resource Competency Study - è stata con-

dotta nel 2015 da Dave Ulrich dell’Università del Michigan e da EAPM

(European Association for People Management) ed è parte di uno stu-

dio mondiale a cui hanno contribuito più di 4.000 professionals HR appartenenti

ad oltre 1.500 aziende. Tale ricerca viene realizzata periodicamente da circa 25

devono conoscere il contesto del proprio business, la relativa strategia aziendale ed essere, quindi, sicuri di muovere le persone nella giusta direzione.Per potere muovere le persone, devono essere CREDIBLE ACTIVIST, cioè devono avere rapporti di fiducia e di influenza con le persone chiave della propria organizzazione.Entrambe queste competenze sono chiave per elevare le performance di tutta l’azienda.Ad esse va aggiunta una terza competenza che Ulrich chiama PARADOX NAVIGATOR, cioè l’a-bilità di navigare in situazioni complesse e piene di tensione (es. lungo termine vs breve termine, centralizzazione vs decentramento, interno vs esterno). I professionisti HR si trovano spesso ad operare in reali situazioni contraddittorie che devono comunque essere risolte: navigare con sagacia in mezzo a queste turbolenze è la terza competenza chiave per l’HR.

La ricerca identifica altre tre competenze ag-

L

IL FUTURO DELLA PROFESSIONE HRLa ricerca HRCS guidata da Dave Ulrich, a cui AIDP ha partecipato e che è stata presentata al Congresso da Even Bolstad, Managing Director HR Norge, fornisce valide indicazioni per un modello di riferimento che aiuti i professionisti HR a tradurre in azioni concrete la loro, ormai antica, aspirazione a ricoprire un ruolo strategico all’interno dell’impresa. Eccone una sintesi per i nostri lettori

Filippo AbramoPast President AIDP e EAPMUna carriera in grandi aziende italiane e multinazionali, dal commercio al dettaglio, all’elettronica ai settori alimentare, chimico, farmaceutico e bancario (Banco di Sardegna, Recordati, WRGrace, Boston, Telettra, Rinascente), ricoprendo tutte le posizioni nell’area risorse umane e organizzazione dall’ufficio di selezione a HR Director Centrale. Presidente EAPM (2011 – 2013), Presidente Nazionale AIDP (2011 -2014), dal 2014 è Presidente di Federmanagement.

di Filippo Abramo{

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giuntive che possiamo definire “facilitatrici”, vale a dire che aiutano a trasformare la strategia in azioni concrete. Esse sono:• Culture and Change Champion: abilità ad attivare dei processi di cambiamento, anche ri-spetto alla cultura aziendale;• Human Capital Curator: abilità a gestire il capitale umano dell’impresa sviluppando il ta-lento, la leadership e le competenze tecniche a tutti i livelli;• Total Rewards Steward: abilità a gestire e sviluppare il benessere aziendale tramite ricom-pense monetarie e, soprattutto, non monetarie.

Un set finale di altre tre competenze ha carat-teristiche più di natura tattica:• Technology and Media Integrator: abilità a utilizzare al meglio la tecnologia e i social media;• Analytics Designer and Interpreter: abilità a usare i dati per la presa delle decisioni;• Compliance Manager: abilità a conformarsi a direttive e linee guida.

Cosa influenza la performance percepita dei reparti/team HR?Un dato importante emerso dalla ricerca è che per i vari stakeholders interni, le attività rivolte ai gruppi e team HR sono molto più importanti delle competenze espresse dai singoli professionisti HR.Questo sottolinea che il team HR è molto più importante dei singoli: gli stakeholders apprez-zano i risultati forniti dalla squadra HR più che dei singoli operatori e le attività maggiormente apprezzate sono:• Employer performance HR practices: le atti-vità HR che aiutano le persone a sviluppare le loro abilità e competenza (formazione, engagement, performance appraisal);• Integrated HR practices: attività HR che of-frono soluzioni integrate e innovative ai problemi aziendali complessi (sviluppo di una strategia HR, coerente con la strategia organizzativa, fornire un modello di cambio o di crescita, ecc.);• HR Analytics practices: trarre valore aggiunto dalla gestione dei dati e delle informazioni, sia interne che esterne. n

PARADOXNAVIGATOR

TECHNOLOGY AND MEDIA

INTEGRATOR

CREDIBLEACTIVIST

TOTAL REWARDSSTEWARD

HUMAN CAPITAL

CURATOR

CULTURE AND CHANGE

CHAMPION

STRATEGIC POSITIONER

COMPLIANCE MANAGER

ANALYTICSDESIGNER AND INTERPRETER

2016 HR COMPETENCY MODELIl grafico e la presentazione completa sono disponibili negli atti congressuali sul sito AIDP.

ENZO SPALTROLa funzione personale nasce dagli ex militari in pensione che facevano paghe e contributi e svolgevano un’attività di vigilanza e controllo sul personale. Una lunga storia dunque, eppure possiamo dire che la professione non è an-cora nata.

La professione si crea quando c’è un’origine esterna e una interna del sapere e del vantaggio che questa professione genera. Per ora i direttori del personale hanno tratto la loro legittimità so-prattutto da origini esterne. Si sono spesso iden-tificati con la normativa, con una direzione del personale sindacale, conflittuale e meno con gli aspetti più soggettivi, interni, che ancora ven-gono considerati come utopistici, sottovalutando l’aspetto relazionale e sopravvalutando l’aspetto giuridico e formale del lavoro, nonostante alcuni grandi sforzi e pregevoli tentativi.

Questo orientamento non ha tenuto conto anche

del radicale cambiamento in corso nel lavoro: il passaggio dalla millenaria società bellico-quanti-tativa-economica alla nuova società connettiva-qualitativa-soggettiva. Le speranze risiedono nella possibilità che il raggio d‘azione della funzione personale si espanda, e che il lavoro sia la futura moneta per la produzione di bel-lessere per la promozione di una società be-nestante. Sono convinto che occorre ri-centrarci sul Benessere che il lavoro può e deve produrre, diffondendo l’idea per cui chi sta bene produce ricchezza per tutti i protagonisti del lavoro.

I cardini per lo sviluppo di benessere nel mondo del lavoro sono: l’idea di cittadinanza d‘impresa; la gestione in termini non bellici del negoziato; l’utilizzo del premio piuttosto che del castigo, del perdono (che ci consente di affrontare conflitti tradizionalmente insolubili, come quello tra uomo e donna) piuttosto che della vendetta; l’attenzio-ne alle attitudini e ai sentimenti piuttosto che all’omologazione; l’ampliamento dell’orizzonte

DEDICATO AI RESPONSABILI DELLE RELAZIONI UMANENella partitura congressuale un momento indimenticabile ed emozionante: l’intervento di Pier Luigi Celli, Enzo Spaltro e Giuseppe Varchetta sui temi caldi della professione, moderato da Paolo Iacci, Presidente AIDP Promotion, e il riconoscimento, sul palco di Villa Romanazzi Carducci, del titolo di Socio Onorario AIDP

“Il benessere dipende dalla possibilità di esprimersi” E. Spaltro

a cura della Redazione – [email protected]

reportagedelcongresso

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POLITICA E DIRITTO

DEDICATO AI RESPONSABILI DELLE RELAZIONI UMANE

Giuseppe VarchettaPsicosocioanalista, Past President Ariele, consulente di formazione e sviluppo organizzativoPsicologo dell’organizzazione di formazione psico-socioanalitica, socio fondatore e past president di Ariele, dopo una lunga esperienza nell’area della formazione, dello sviluppo organizzativo e della gestione del Personale, è stato Professore a contratto presso l’Università Statale Bicocca di Milano, dove ora collabora come cultore della materia. Consulente di formazione e sviluppo organizzativo, membro della redazione della rivista Educazione sentimentale, ha al suo attivo molte pubblicazioni in tematiche di formazione e sviluppo organizzativo.

Enzo SpaltroPresidente Fondazione Enzo Spaltro e Responsabile Scientifico UP - Università delle PersoneMedico, laureato in clinica medica e specializzato in medicina del lavoro. È considerato il pioniere della Psicologia del lavoro in Italia. È stato per due volte Presidente della SIPS (Società Italiana Psicologia). È lo studioso italiano più conosciuto al mondo nel campo della psicologia del lavoro e delle relazioni industriali. Ha insegnato in molte università straniere, dagli Stati Uniti al Sud America, all’Europa. È stato Professore ordinario per trenta anni presso l’Università di Bologna. Dirige l’Università delle Persone a Bologna. Ha scritto più di 80 libri e moltissime pubblicazioni scientifiche. Ha fondato nel 1968 con Alberto Mondatori e Caio Primo Odescalchi la Rivista “Psicologia e Lavoro” di cui è Direttore. Ha collaborato con più di duecento prestigiose imprese italiane, fra le quali Eni, Barilla, Ferrero, Italsider, Alitalia. È consulente di prestigiose Istituzioni ed Associazioni.

Pier Luigi CelliSenior Advisor AD Poste ItalianeLaureatosi in Sociologia all’Università di Trento, matura significative esperienze come responsabile della gestione, organizzazione e formazione delle risorse umane in grandi gruppi. Nel 1998 è Direttore Generale della RAI. Dopo aver ricoperto ruoli fondamentali nello start up di nuove attività per la telefonia mobile (Wind e Omnitel) è stato, per un breve periodo, alla guida di Ipse 2000, società di telefonia per l’UMTS. Dal 2002 al 2005 è in Unicredito Italiano come Responsabile della Direzione Corporate Identity. Dal 2005 al 2013 è Direttore Generale dell’Università LUISS Guido Carli e dal 2013 a 2014 è in Unipol come Senior Advisor Corporate Identity, Comunicazione e Relazioni Istituzionali. È Presidente dell’Enit dal 2012 al 2014. Dal 2014 è in Poste Italiane in qualità di Senior Advisor dell’Amministratore Delegato.

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temporale e infine il passaggio dal lavoro buo-no al lavoro bello. Così potremo decretare la fine dell’era delle Risorse Umane e centrare la funzione personale sul benessere e sulla connessione continua tra PERSONE, IDEE e INNOVAZIONI. Il passaggio dalla cultura della guerra alla cultura delle connessioni è uno dei criteri fondamentali a cui la professione dei direttore del persona-le – o meglio dei Responsabili del benessere lavorativo – si dovrebbe ispirare per il proprio sviluppo. Consentendo alla dimensione umana di puntare chiaramente all’equazione bellessere = benessere + sicurezza.

Il mio invito quindi è a non perdere l’occasione del rilancio di una professione (strategica, impren-ditoriale, manageriale o consulenziale) che sta oggi nel vortice, ansiogeno ma affascinante, del passaggio dalla cultura bellica alla cultura con-nettiva. Una professione dedicata alla creazione di benessere nel e dal lavoro potrebbe diventare il centro del vivere benestante e il segreto per passare da un lavoro etico e buono a un lavoro estetico e bello. n

PIER LUIGI CELLIHo iniziato ad occuparmi di personale quando sono arrivato all’ENI. Venivo dal Pubblico, dalla direzione degli studi economici della Provincia di Bolzano. Ho avuto un maestro straordinario che mi ha dato alcune dritte che mi sono poi molto servite nei 20 anni successivi in cui mi sono occupato di personale.

Mi aveva dato quattro consigli. I primi 3 li

ho capiti subito perché me li faceva praticare nel durante:1) Le riunioni non devono durare mai più di un’ora. Nella seconda ora, in genere, si distrugge quanto combinato nella prima.2) Un libro e un viaggio non si negano mai a nessuno. Ricordati che è la curiosità che salverà il mondo.3) Quando avrai la possibilità di trovarti dei collaboratori scegli quelli che parlano poco e che non hanno bisogno di dover dimostrare sempre qualcosa.

Il quarto consiglio l’ho capito dopo. 4) Scegli gli esperti per fargli fare il mestiere che sanno fare, ma mettiti attorno gli uomini che hanno dei saperi perché questi ti danno il senso delle cose che stanno capitando.

Quando sento insistere sulle competenze, ho qualche prurito. Ho sempre pensato che è il sapere quello che aiuta in azienda, più che la compe-tenza esplicita. Se la competenza non trasloca nell’area del sapere e quindi, in qualche modo, si connòta, si “sporca” nel saper fare, nel dare il senso, il suono e il sapore di quello che uno fa, in realtà il mestiere lo si fa male.

Tornare a valorizzare i saperi, allargati, anche spuri, non riconducibili a semplici competenze ed expertise, credo sia qualcosa che meriti di essere riconsiderato.

I principali paradossi della funzione HR oggi.Un AD di un grande gruppo, interrogato in una

nota università su come si fa il cambiamento, sostanzialmente ha detto “mettendo al muro le persone che non ci stanno”.

Ho sempre creduto che un capo del personale, per fare bene il suo mestiere, deve volere bene alle persone con cui lavora. Mi sembra invece che si è diventati più esperti nel soddisfare quel-li che ci stanno sopra piuttosto che nel capire quelli che ci stanno sotto. Io credo che un capo del personale – una volta capito quello che vo-gliono quelli che stanno sopra – per fare bene il suo mestiere, debba appunto preoccuparsi più di quelli che stanno sotto.

Questo aiuta a risolvere un sacco di problemi, al di là delle competenze che uno ha. Fare questo comporta un sacrificio in termini di tempo de-dicato. E il tempo manca a tutti, o almeno così sembra. L’innovazione sembra che bruci il tempo,

“Non possiamo avere persone flessibili in organizzazioni rigide” P. L. Celli

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reportagedelcongresso

quando invece dovrebbe consentirci di disporne di più. La mattina, siamo già in ritardo! È una sensazione che ci accompagna sempre e che non ci consente di recuperare uno spazio fondamen-tale: l’attesa. Ovvero la capacità di riflettere, di perdere quel tempo necessario per guadagnarlo nel medio-lungo termine.

Questo è un altro dei paradossi che ha di fron-te il capo del personale, perché le aziende ormai sono organizzate per gestire solo le aspettative delle persone. L’attesa è diventata una perdita di tempo. Campiamo tutti di aspettative. Ma se non c’è la capacità di attendere, di educare all’attesa... avere solo delle aspettative è un fatto enormemente egoistico, individualistico, personale che non porta quasi mai bene alle aziende nel loro complesso.

La seconda considerazione credo sia ancora più difficile da maneggiare. C’è all’interno delle nostre organizzazioni un eccesso di sofferenza delle per-sone (che porta anche ad ammalarsi) che deriva dal fatto fondamentale che si chiede flessibilità e adattamento, mentre le organizzazioni tendono ad essere rigide e gerarchiche. Come facciamo a conciliare la flessibilità delle persone e la gerarchia delle procedure che le ingabbiano?

Capisco che l’organizzazione rigida salva e tu-tela la gerarchia ma credo che i nuovi mestieri, le nuove tecnologie e i nuovi tipi di sfide che abbiamo davanti se richiedono flessibilità non possono richiederla solo alle persone ma anche alle strutture, alle organizzazioni e quindi anche a quelli che comandano che in qualche modo hanno, nella linea gerarchica, tutelata o iper-tutelata la possibilità di mettersi al riparo da quanto succede, più di quanto non mettano al riparo quelli che lavorano con loro. n

GIUSEPPE VARCHETTAIl paradosso che riguarda l’HR è come conciliare l’uno, la specificità, la differenza, la soggettività, la peculiarità in una unità. Queste differenze hanno diritto a una casa comune, e spetta al direttore HR costruirla. È una conquista della post-modernità.

Propongo una piccola idea che ci può aiutare: la differenza tra sostanza e intensità. Le sostanze hanno confini, cartografie, topologie molto precise. Il marketing, le vendite, la produzione, la logistica ottimizzata, la finanza, sono sostanze. La direzione del personale è un’intensità: non ha un ufficio, non ha una scrivania, ha i pattini, va in giro per l’azienda e regala a tutti tensione, intensità, amore e cura. Non c’è nulla di paradossale e non c’è nulla di retorico. È estremamente operativo non avere un ufficio, non avere una scrivania e avere i pattini, non avere dei confini, non aver un punto sulla carta geografica ma essere ovunque.

Vi faccio un augurio dunque: smettetela di essere quelli delle risorse umane e, come ha detto Spaltro, tornate ad essere quelli delle relazioni umane! n

“Le HR non hanno confini, scrivanie o uffici. Hanno i pattini, per poter essere dappertutto” G. Varchetta

Il momento altissimo del riconoscimento a Socio Onorario AIDP di Pier Luigi Celli, Enzo Spaltro e Giuseppe Varchetta ci ha regalato pensieri e sollecitazioni che da sole valgono il Congresso. Sono molto orgogliosa. La standing ovation e i 10 minuti di applausi hanno commosso di affetto più di un partecipante, per questi maestri che ci onorano, ma soprattutto di gratitudine per quello che ci hanno dato e che ci continuano a dare. È merito del loro pensiero se continuiamo a crescere individualmente e come categoria. E, grazie alla loro vicinanza e all’entusiasmo con cui hanno accolto il nostro riconoscimento, AIDP è un punto di riferimento indiscusso.

SOCIO ONORARIO AIDP

DI ISABELLA COVILI FAGGIOLI / PRESIDENTE NAZIONALE AIDP

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POLITICA E DIRITTO

reportagedelcongresso

PREMIATE 7 AZIENDE CHE SCOMMETTONO SU PERSONE E LAVORO!

AIDP AWARD 2016

Premio speciale della Giuria per la PA

Innovazione e sviluppo dell’Organizzazione Comune di Bologna

1° classificato

FlexAbility 3M Italia

2° classificato

One week in your shoes Koelliker

3° classificato APP Però Puro

4° classificati (ex aequo)

• HCC Human Capital Coverage ERG

• Workday Sanofi

• “Organized” Business Transformation Sirti

R AGILITY è la parola chiave che AIDP ha proposto quest’anno alle Direzioni del Personale come esercizio di sfida. Il round finale e la premiazione si sono svolti nella seconda giornata congressuale, il 28 mag-

gio scorso. Obiettivo e spirito del concorso: condividere, raccontare e promuovere la professione (anche al di fuori dell’ambito HR), attraverso i suoi esempi più belli e sugge-stivi. Le schede progetto, le interviste ai vincitori, e tutto su AIDP AWARD sono disponibili sul sito dell’Associazione, nella sezione degli Atti Congressuali. Di seguito la sintesi dei progetti premiati e i commenti dei protagonisti.

“In quest’epoca contrassegnata dalla digital transformation le donne e gli uomini del Personale hanno una nuova sfida da affrontare: comprendere, immaginare e governare le implicazioni di un cambiamento della società, del business e delle persone a cui viene chiesta agilità organizzativa. E la responsabilità di prendersi cura e accompagnare le persone allenandole a tutto questo, a modelli di business inusuali, alle possibilità offerte dalla tecnologia” – Gabriele Gabrielli, Presidente Commissione AIDP Award – “Pensiamo a un’agilità sapiente, che si ottiene facendo lavorare molti muscoli, alcuni più intensamente che nel passato per sfruttarne elasticità e resilienza”.

HA cura di Sonia Rausa

Responsabile Comunicazione AIDP

COMMISSIONE DI VALUTAZIONE

Gabriele Gabrielli Docente Università LUISS Guido Carlie Presidente Fondazione LavoroperlapersonaGustavo Bracco Coordinatore Comitato Scientifico Nazionale AIDP e Senior Advisor Risorse Umane Pirelli Enrico Cazzulani Segretario Generale AIDPe Partner Arethusa Roberto Ferrari Senior Partner ISMO Alessio Tanganelli Regional Director Spain, Italy, Brazil, Top Employers Institute

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PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA PER LA PA INNOVAZIONE E SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE COMUNE DI BOLOGNAIn un contesto in cui occorre “fare di più con meno” (spen-ding review, norme sulla semplificazione e dematerializza-zione di procedure…) si è favorita la crescita dell’efficienza ed efficacia dell’amministrazione applicando la metodologia della partecipazione, con un modello di leadership basato sulla centralità della ‘relazione’ e del ‘co-sviluppo’, inco-

raggiando in modo innovativo le persone a partecipare alle attività di miglioramento (social intranet, cantieri dell’in-novazione, carta dei valori, sistema di misurazione e valu-tazione della performance…). Investendo in un percorso partecipato di sviluppo del benessere organizzativo in cui i protagonisti sono tutte le Persone dell’Ente.

“Nel 2011 sono stati bloccati i contratti dei dipendenti pubblici, le progressioni di carriera e posto un li-mite al tetto della premialità. Avevamo meno risorse, meno persone, sempre più anziane, e cittadini con bisogni crescenti. Dovevamo scegliere se giocare in difesa o se andare in direzione ostinata e contraria. La

decisione è stata facile. Le parole chiave erano chiare dall’inizio: coinvolgere - ascoltare - parteci-pare. Volevamo migliorare i processi organizzativi e quindi i servizi ai cittadini utilizzando le idee delle persone. Abbiamo scommesso sulle persone:• mettendo le loro competenze a servizio dell’organizzazione con i Laboratori di Miglioramento;• rendendole i primi attori del cambiamento con la creazione della rete degli Agenti del Cambiamento;• costruendo la Carta dei Valori con un cantiere di discussione e confronto;• rilevando il Benessere Organizzativo con la definizione partecipata del questionario e delle azioni di miglioramento;

• pianificando una comunicazione interna che facilita la creazione, lo scambio, la condivisione di informazioni, conoscenze, valori;• sostenendo le persone più fragili e in difficoltà con l’ascolto e l’at-tività di mediazione della rete dei Consiglieri di Fiducia”.

Mariagrazia BonzagniCapo Area Personale e Organizzazione Comune di Bologna

1premio speciale della Giuria per il miglior progetto in ambito

PA al Comune di Bologna

7progetti premiati39grandi aziende in gioco

2gradi di giudizio la Giuria di esperti e la comunità HR

convenuta al Congresso

5commissari

1parola chiave: HR Agility

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reportagedelcongresso

2° PREMIO ONE WEEK IN YOUR SHOES KOELLIKER Le persone sono state chiamate (per una settimana) a vestire i panni degli altri, scambiandosi di ruolo. Ampi i risultati a cascata: aumento del rispetto e della comprensione del

lavoro altrui, della fiducia reciproca, del problem solving, della collaborazione e del lavoro di squadra.

“L’intuizione è innovativa quanto banale: solo mettendosi nei panni degli altri si può capire, entrare in sintonia, smontare i preconcetti. Tanto banale che non si fa. E allora ci pensano quei matti dell’HR che … con gentile ma ferma imposizione lo mettono in pratica.

E ciò che accade, alla fine, ha del sorprendente. Canali di comunicazione che si spalancano, amicizie che nascono, la voglia di aiutarsi che sorge spontanea. Si comprende il motivo di alcune risposte o non risposte del collega, i picchi e le difficoltà, che il lavoro degli altri è non meno complicato del proprio, il front office inoltra le proprie richieste sapendo cosa comportano per chi “sta dentro”. I capi apprezzano di più i collaboratori, e questi si rendono conto che le giornate dei capi sono

da mal di testa”. Marta Signore

Direttore Risorse Umane e Organizzazione Gruppo Koelliker

1° PREMIO FLEXABILITY 3M ITALIA È un modello di gestione dell’organizzazione che inseri-sce nuove forme di flessibilità e nuove tipologie di lavoro (es. remote working, aspettativa non retribuita di lunga

durata). Le persone possono gestire il proprio tempo nella maniera più produttiva, con strumenti semplici e acces-sibili, bilanciando vita privata e lavorativa.

“Il modello FlexAbility reputa importante tutto ciò che va a toccare il piano personale, emotivo e sociale. Richiede inoltre la responsabilizzazione di tutti i supervisori e i dipendenti. Tutto ciò si svi-luppa in un contesto che lavora sempre più in una matrice internazionale, fluida e in trasformazione,

comunque molto attenta alle persone. Ci siamo concentrati, tra gli altri, sugli aspetti di gestione dell’orario di lavoro e di modalità della prestazione lavorativa, introducendo alcune importanti innovazioni, tra cui: FlexTime: no timbratura per i Quadri. Massima flessibilità giornaliera per i non Quadri (con presenza minima di 3 ore). RemoteWorking: possibilità di lavorare in maniera personalizzata da qualunque luogo senza restrizioni! Holiday Purchase: possibilità di “acquistare” fino a due settimane aggiuntive di ferie. Career break: aspettativa non retribuita di lunga durata. Questi

strumenti si aggiungono al telelavoro già in uso in azienda per alcune fasce della popolazione aziendale.Nel riconoscere flessibilità, l’azienda pone inoltre particolare attenzio-ne alle persone con problemi personali e alle neomamme (es. progetto Moms & Maternity). Ulteriore elemento di innovazione è che FlexA-bility è diventata per tutti argomento di cui parlare nell’ambito della valutazione della performance del dipendente”.

Gianluca Liotta Country Head HR and Legal Affairs 3M Italia

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3° PREMIO

4° PREMIO EX AEQUO

APP PERÒ PURO

HCC HUMAN CAPITAL COVERAGE ERG

La Direzione Risorse Umane offre una serie di risposte concrete “smart” ai dipendenti relative allo sviluppo di carriera e ai servizi di welfare premiando i comportamenti virtuosi e attenti alle tematiche ambientali e alla mobilità

sostenibile (pool-car/APP wecity), coerenti con la mission e la tipologia dei prodotti aziendali. I dipendenti fruisco-no dei servizi con APP e smartphone, con leggerezza, agilità e simpatia.

Il progetto sviluppa uno strumento in grado di fornire una misurazione del rendimento del capitale umano, legitti-mando l’azione HR nella logica dell’investimento e non del costo. HCC genera un algoritmo di calcolo utile per la

misurazione degli intangibili: una chiave di volta nella gestione finanziaria di ogni azienda e uno strumento per introdurre nei bilanci aziendali il valore del capitale umano.

“Mi chiamo Rachele, sono pugliese ed ho 36 anni. Dal 7 gennaio 2016 sono HR Manager di PURO SPA. Il progetto APP Però è una delle più importanti scommesse della mia vita. Al momento dell’assunzione, Aurelio Goldoni, titolare e fondatore dell’Azienda, mostrandomi un foglio bianco,

mi disse: «Lo vede questo foglio? Questa e la situazione delle Risorse Umane da noi. Questo foglio lo deve riempire Lei». Mi sono chiesta allora, cosa posso fare nei primi 60 giorni per dare subito un senso al mio ruolo in questa Azienda? Il primo obiettivo è stato quello di far capire alle persone quanto erano importanti e che l’Azienda contava su di loro. È venuto facile, così, pensare cosa loro avrebbero gradito oltre all’attenzione dell’Azienda nei loro confronti. Sono partita dai prodotti che fa la PURO e dal mondo degli Iphone e delle APP, ovviamente a tutti familiari, insieme a uno

studio sui dipendenti (che avevano le “batterie scariche”). Da qui è nato il progetto APP Però e la costruzione di una serie di APP e servizi per loro che potete vedere sparando il QR Code qui sotto”.

Rachele MonacoHR Manager PURO

“Diciamo la verità: quante volte, nei consigli di amministrazione o nei comitati di direzione, ci siamo sentiti in condizione di inferiorità davanti agli approcci (pseudo) quantitativi delle altre direzioni aziendali? Combattere ad armi pari. Per portare la Direzione del Personale sempre nel cuore

dei meccanismi decisionali dell’Azienda. È questa l’istanza fondamentale alla base del progetto HCC del Gruppo ERG.Il progetto è partito con la fotografia dei 147 ruoli organizzativi e delle 362 Skills necessarie per la loro copertura. Si è quindi passati a definire i profili di competenza target poi, con l’assessment a definire il livello di copertura di ogni posizione e il gap esistente tra profilo atteso e agito. Si è quindi definito un algoritmo di calcolo che ha generato come risultato il livello di copertura in-

dividuale e per ogni unità organizzativa in termini di punteggio assoluto e percentuale da rapportare al Costo del Lavoro. Il progetto ha avuto una rilevanza strategica nell’ambito del processo di business turnaround del Gruppo ERG che si è trasformato da azienda OIL a primario operatore della CleanTech industry.Il logo HCC è stato registrato presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti”.

Alberto FusiChief Human Capital Officer ERG

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reportagedelcongresso

4° PREMIO EX AEQUO

4° PREMIO EX AEQUO

WORKDAY SANOFI

“ORGANIZED” BUSINESS TRANSFORMATION SIRTI

La digital & social transformation è il volano per promuo-vere il cambiamento culturale ed organizzativo. Agisce sui processi, sulle competenze e sulla passione dei singoli per costruire team efficaci e allenare o reclutare abilità profes-sionali specialmente in area digital, proponendo pratiche più

aperte e trasparenti fondate su condivisione, reputazione e forte collaborazione. Molteplici gli interventi: webinar, open session, training, social academy, assessment... che hanno coinvolto circa 110.000 dipendenti Sanofi nel mondo.

Il programma di Sirti, azienda leader nel mercato del-le infrastrutture TLC, lavora sull’identità organizzativa aziendale, in linea con il Piano Strategico. Da un lato, un “incubatore” di progetti innovativi fa evolvere i modelli di funzionamento interni (organizzazione, processi e sistemi)

in logica agile e lean. Dall’altro lato, percorsi di empower-ment e di rafforzamento delle competenze massimizzano il contributo delle risorse alla realizzazione della trasfor-mazione aziendale in termini di efficacia.

“L’obiettivo è quello di migliorare gli standard e la qualità di vita dei pazienti, ma anche di-ventare un polo di attrazione per talenti, dove le persone possano mettere a frutto il proprio talento e sviluppare le proprie competenze. Questa trasformazione culturale dell’organizzazione richiede, da parte dei dipendenti, un rafforzamento dei team e una maggior collaborazione trasver-sale. Servono le persone giuste al posto giusto e un sistema di gestione che possa aiutare l’azienda a valorizzare al meglio le proprie risorse, per condividere e mettere a fattor comune competenze e aspettative in modo più efficiente. Workday rappresenta la risposta delle Risorse Umane a questa necessità di innovazione: una piattaforma web dedicata ai dipendenti, con una connotazione attuale e intuitiva, in grado di coinvolgere e ingaggiare le persone nella sfida quotidiana al

miglioramento di qualità ed efficienza“. Laura Bruno

Direttore HR Italia Malta Sanofi

“Organized Business Transformation è una piattaforma che lavora sull’identità organizzativa aziendale, agendo sulla trasformazione del modello di funzionamento interno e sullo sviluppo continuo delle competenze distintive. Il programma opera su due direttrici:• Transformation Management System: guidato da HR, un team multifunzionale che implementa soluzioni evolutive e misurabili attraverso l’analisi delle organizzazioni e dei relativi processi di lavoro. I risultati ottenuti in termini di semplificazione dei processi di supporto (approccio lean) e di incremento di efficacia e produttività dei processi core, portano benefici tangibili all’azienda. Queste success story sono fonte di ispirazione e alimentano il ciclo stesso della trasformazione perché infondono nelle risorse consapevolezza ed engagement.

• Performance Journey: un percorso di empowerment delle risorse e di rafforzamento delle competenze. Un solido sistema professionale abilita percorsi formativi

integrati, con benefici diretti in termini di rapido e mirato sviluppo di competenze, nonché di contributo attivo alle iniziative di trasformazione”.

Clemente PerroneVice President, Head of Organization

& Transformation Dept Sirti

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reportagedelcongresso

E una realtà è risultata evidente: in un periodo che assomma una crisi economica strisciante e un cambiamento tecnologico in continua accelera-zione, le persone fanno sempre più la differenza. Non solo i talenti, le rising star, gli alti potenziali, ma ogni persona perché ciascuno, a suo modo, ha dentro un talento e compito del management, specie dei direttori HR, è quello di creare lo spazio affinché emerga e si possa esprimere.

Certo, come dice il titolo della tavola rotonda, tra affermare questo obiettivo e realizzarlo c’è un mare di cose da fare e di politiche da inventare e realizzare. Che non dipendono solo dalla capacità dei responsabili delle risorse umane, ma anche dalle persone stesse, singolarmente prese, dal sistema educativo e di formazione e, in definitiva, da tutto il sistema-Paese che ci circonda.

1) Nel corso del Congresso di Bari un aspetto è risultato evidente: il cambiamento è la regola, il new normal, ed è sempre più rapido. Le compe-

on lasciare indietro nessuno. Se si vuole sintetizzare in una frase,

in un concetto, quanto è emerso nel dibattito tra Ceo e direttori

HR al recente Congresso AIDP di Bari, possiamo scegliere proprio

questa idea centrale, espressa in modi diversi e a fronte di problematiche diffe-

renti. Il tema del dibattito è stato La centralità della persona. Tra il dire e il fare...

tenze richieste cambiano e difficilmente quelle acquisite nel periodo canonico dell’istruzione e della formazione reggono per tempi lunghi. Anzi, occorre abituarsi a un nuovo ritmo che preveda fin dall’inizio l’alternanza di periodi di forma-zione e periodi di lavoro. Organizzare questa alternanza è una sfida, ma può essere vinta a patto che ogni persona sfidi se stessa, investa sulla propria formazione e sull’evoluzione delle proprie competenze. In questo aiutata dall’a-zienda ma anche dal sistema-Paese. E a questo proposito va rilevata una criticità: le norme per far funzionare le politiche attive del la-voro, previste dal Jobs Act, non sono ancora disponibili e tutto il meccanismo permane

N

GESTIRE IL CAMBIAMENTO SENZA LASCIARE INDIETRO NESSUNOCEO E HR A CONFRONTOLa centralità delle persone è il leitmotiv della retorica manageriale e un mantra buono per ogni occasione. Intorno a questo tema abbiamo chiesto a CEO ed HRM di confrontarsi in modo molto concreto, tra il dire e il fare. Molte le convergenze e tre le principali criticità emerse

Enrico SassoonDirettore Responsabile, Harvard Business Review Italia

di Enrico Sassoon{

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bloccato, rendendo arduo portare avanti l’i-dea dell’alternanza, dell’aggiornamento delle competenze e la stessa permanenza in azienda di persone che si avvicinano al termine della loro vita professionale.

2) La seconda criticità è proprio quest’ultima. I direttori HR, anche se collaborano nel modo migliore con il vertice aziendale, devono gestire una situazione nella quale le risorse disponi-bili di norma si contraggono, il numero di dipendenti va ridimensionato, mentre occorre fare spazio ai giovani e nel contempo curare la prolungata presenza e attività di senior la cui età pensionabile tende ad allungarsi. Un’equazione che ha molte variabili, talvolta troppe, e che si può risolvere solo se esiste un contesto interno ed esterno che lo favorisca. Una formula unica – è emerso con evidenza dalla di-scussione fra i direttori HR e i Ceo – non esiste. Ogni azienda fa storia a sé, perché diversi sono il modello di business, la fase attraversata, il tipo di concorrenza, il settore e la dimensione. Le costanti però esistono e riconoscerle può aiutare. In primo luogo occorre riuscire a “dare un senso” alle persone, ingaggiarle, motivarle, consenti-re loro di riconoscere e condividere la visione e l’obiettivo dell’azienda e di coniugarli con il proprio “sogno” personale. Imperativo, come si diceva prima, non isolare il gruppo di testa, ma portare avanti tutti, o il numero più alto possi-bile. Il gap generazionale esiste e non ci si può girare attorno. Oggi, quasi ovunque, convivono quattro generazioni e il tema della trasmissione delle conoscenze è reale e attuale. Ma se occorre che i senior restino focalizzati e motivati, e assu-mano un orientamento da mentore nei confronti dei giovani, va oggi concepito e praticato anche un reverse mentoring, dove i giovani portino la flessibilità di una visione del mondo non ancora

ingessata dall’esperienza e trasmettano le loro capacità digitali avanzate a generazioni che, og-gettivamente, fanno più fatica a impadronirsene. L’azienda, i direttori HR, possono predisporre il contesto in cui questo si verifichi, ma una volta di più occorre un orientamento coerente delle persone e della società nel suo complesso verso l’obiettivo.

3) Una terza criticità va tenuta sempre presente, ed è legata all’evoluzione della tecnologia. Il mondo sta cambiando sempre più velocemente e il primo motore è la tecnologia e, tra le tecno-logie, a condurre la danza è la digitalizzazione sempre più spinta che, a passi da gigante, ci sta portando verso un mondo nuovo in cui le mac-chine saranno sempre più capaci e autonome e in cui l’intelligenza artificiale si avvicinerà sempre più a quella umana. Le implicazioni di tutto ciò per le aziende e le persone sono formidabili, in parte positive e in parte, probabilmente, molto problematiche. Soffermandoci sulle seconde, non possiamo nasconderci che già dalle prime fasi la rivoluzione informatica ha fatto pagare un alto prezzo in termini di posti di lavoro. I be-nefici della tecnologia sono immensi e ci hanno cambiato il modo di vivere e di lavorare. Ma non possiamo ignorare che, anche più che in passato, molte tecnologie sono labour saving, e che il progredire della digitalizzazione porterà le macchine ad affiancare in misura crescente il lavoro intellettuale, in molti casi rimpiazzandolo. È quanto già succede in diversi ambiti (fiscale, amministrativo, legale, medico) ed è destinato a estendersi. Anche in questo caso i responsabili delle risorse umane si troveranno in prima fila ad affrontare in modo creativo problematiche formidabili nel più generale ambito di cambia-mento che ci riguarderà tutti. n

Alla tavola rotonda su La centralità della persona: tra il dire e il fare...coordinata da Enrico Sassoon (nella foto in piedi) hanno partecipato: Bernardo Quaranta Responsabile Personale e Organizzazione Enel Italia, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi,Francesca Pasinelli Direttore Generale Fondazione Telethon e Mauro Sirani Fornasini Amministratore Delegato Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna.

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reportagedelcongresso

È questo il succo della tavola rotonda Il lavoro contrattato emerso al Congresso di AIDP a Bari il 28 maggio. Un confronto difficile, per i temi che venivano trattati e per il momento in cui si svolgeva, otto mesi dopo l’avvio delle trattative per il contratto dei metalmeccanici senza che si intraveda la possibilità di un’intesa. Ma Stefano Franchi, il Direttore Generale di Federmeccanica, è stato chiaro, incisivo.

“Noi” - ha detto - “vogliamo rinnovare il con-tratto nazionale, perché riteniamo che sia uno strumento importante di gestione delle azien-de, ma abbiamo un obiettivo alto, questo nuo-vo rinnovo contrattuale, anzi questo contratto rinnovato deve fissare dei minimi salariali al di sotto dei quali non deve scendere la retribuzione, ma ogni crescita del salario reale deve essere demandata alle trattative in azienda, perché si distribuisca ricchezza solo dopo che la si è prodotta”.

Hanno le loro ragioni gli industriali metalmec-

l contratto dei metalmeccanici si può, anzi si deve rinnovare. Un accordo

è difficile, ma si deve raggiungere non un accordo qualsiasi, ma un buon

accordo, che vada incontro alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. E

se poi non ci si dovesse riuscire, beh, non sarebbe un danno irrisolvibile, si vive

anche senza il contratto nazionale.

canici a ragionare così. In questi anni la crisi si è mangiata 300mila posti di lavoro e il 25% della capacità produttiva. “Siamo alle macerie” - ha det-to Franchi – “e non possiamo non tenerne conto. Dare soldi in più ai lavoratori, sì, ma solo dove si produce e se si produce ricchezza”.

Un cambiamento importante, ma profondo, delle relazioni industriali, di fronte al quale Paolo Pirani, Segretario Generale UILTEC - UIL, non si è tirato indietro. “È possibile – ha detto – puntare molto di più sulla contrattazione aziendale. Noi crediamo molto nella contrattazione aziendale e in quella territoriale per raggiungere le aziende più piccole. Ma non si può abbandonare il livello di contrattazione nazionale, è lì che si deve stabilire l’equa remunerazione. I lavoratori sono pronti a

I

IL LAVORO CONTRATTATODa dicembre i metalmeccanici non hanno un contratto, che riguarda 1,6 milioni di lavoratori. Mentre chiudiamo il numero, continuano le mobilitazioni sindacali. E un accordo sembra sempre più lontano. Un buon contratto è possibile?

Massimo Mascini Direttore della rivista on line Il diario del Lavoro

di Massimo Mascini{

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collaborare con le imprese per una crescita della produttività, lo hanno sempre fatto, ma non di-pende da loro la crescita della produttività o non dipende solo da loro”. E allora va bene riscoprire la dimensione aziendale e farla crescere, ma sen-za dimenticare il ruolo del contratto nazionale.

Il punto è che non bisogna innamorarsi delle formule. Gustavo Bracco, Senior Advisor Human Resources in Pirelli, ha giustamente sottolineato che “si vive anche senza il contratto nazionale, ma allo stesso modo non è indispensabile con-trattare in azienda. Se si fa, e se è utile, va bene, altrimenti si va avanti senza. Molto dipende dal livello di partecipazione: dove è alto trattare di-venta importante e utile, dove non c’è può essere dannoso trattare per forza in azienda”.

Lo stesso consiglio che ha lanciato Cesare Stefano Ranieri, Direttore Risorse Umane, Or-ganizzazione e Sistemi di Ilva. “Non so” – ha detto – “se il sindacato sia utile o no all’azienda, ma cerchiamo di usarlo. Io gestisco un’azienda in amministrazione controllata e non è facile, ma dal sindacato ho avuto un aiuto molto importante. Come avremmo mai potuto gestire la sicurezza in questi mesi senza la collaborazione dei sin-dacati? Se si riesce a realizzare una loro vera corresponsabilizzazione sui problemi dell’azienda il risultato non può che essere positivo per tutti, per l’azienda e per i lavoratori”.

Ma cosa accadrebbe davvero se non si doves-se rinnovare il contratto dei metalmeccanici?

Le aziende sembrano avere una carta di riser-va. Se cedono le relazioni industriali, infatti, si può sempre dare più spazio alle relazioni dirette, quelle tra l’impresa e i lavoratori, senza il tramite dei sindacati.

È una strada percorribile? O si rischia di cadere negli stessi errori compiuti dalla politica: i partiti politici infatti sono caduti, ma il rapporto diretto tra il leader e gli elettori non sembra aver dato buoni frutti se la partecipazione al voto è dram-maticamente calata ovunque ed è salito il numero di chi, anche alla vigilia di elezioni importanti, non sa chi votare, sintomo di scarsa sensibilità e attaccamento al sentire politico. Ma Franchi assicura che non esiste un pericolo del genere.

“Le relazioni dirette sono sempre esistite” – ha detto – “non rappresentano qualcosa che si con-trapponga alle relazioni sindacali. Sono due gambe dello stesso tavolo. E proprio perché sono davanti a un momento difficile, soprattutto con in vista l’appuntamento, che può essere determinante, con Industry 4.0, le imprese devono rafforzare il loro rapporto con i lavoratori”.

Gustavo Bracco ne è certo. “Non saprei se si tratti di vasi comunicanti, per cui, se cadono quelle sindacali, crescono le relazioni dirette. Ma so che avere un rapporto forte con i lavoratori, comunicare con loro in maniera ampia e anche diversa dal passato non è mai una cosa che si fa contro il sindacato, sono due strumenti per gestire al meglio le aziende”. n

Alla tavola rotonda su Il lavoro contrattato condotta da Massimo Mascini (in piedi) hanno partecipato:Gustavo Bracco Senior Advisor Human Resources PirelliStefano Franchi Direttore Generale FedermeccanicaPaolo Pirani Segretario Generale UILTEC - UILCesare Stefano Ranieri Direttore Risorse Umane, Organizzazione e Sistemi ILVA.

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reportagedelcongresso

Il Jobs Act segna una svolta nel diritto del lavoro: si passa dal concetto dell’occupazione all’employa-bility. Il che significa che le persone si devono atti-vare e responsabilizzare nella ricerca dell’impiego e soprattutto del re-impiego, ma significa anche assicurare un percorso fattibile, accettabile, che non si trasformi in una procedura burocratica senza fine e senza successo. L’ANPAL, in questo, gioca un ruolo centrale: è il perno di tutte le politiche attive della riforma. Sorvoliamo sui ritardi, quan-do saremo pronti? E a cosa state lavorando oggi?

«La creazione dell’Agenzia sta prendendo più tem-po del previsto. Questo perché è un processo che ha un impatto rilevante sulle istituzioni e anche sulle vite delle persone, nel senso che persone che oggi lavorano presso alcune istituzioni (come il Ministero del Lavoro o l’ISFOL), saranno trasferite all’Agenzia. È chiaro che processi di questo tipo richiedano un po‘ di tempo.

È anche vero che le procedure amministrati-ve non sono sempre le più rapide, per esempio si tende a far partire le istituzioni con l’apertura di un nuovo anno, così non si sconvolgono i bilanci. Provate a pensare se, per un processo di fusione o di scorporo di un’azienda, si dovesse procedere in questo modo, attendendo l’inizio anno...

Attualmente siamo solo in due nell’ANPAL, il Presidente e il sottoscritto, che fa il Direttore

Generale. Verosimilmente, entro la pausa estiva, potremmo definire i decreti di trasferimento del personale, poi, per le ragioni spiegate prima, il personale passerà a gennaio 2017, ma potremo già iniziare ad operare avvalendoci di strutture del Ministero e della collaborazione dell’ISFOL.

La riforma sulle politiche attive – il decreto legi-slativo 150 – che tra l’altro è stata segnalata dalla Commissione Europea più e più volte come una riforma necessaria per il nostro Paese, è complessa e probabilmente, tra tutte quelle che compongono il Jobs Act, è quella che ha più bisogno di imple-mentazione.

Stiamo ora lavorando in varie direzioni: 1. stiamo cercando di potenziare la rete dei servizi sul territorio. Stiamo discutendo con le Regioni – un dialogo complesso anche politicamente – un piano di rafforzamento delle politiche attive per cercare di mettere a supporto di questa riforma quanto meno le risorse della programmazione dei fondi strutturali. 2. Credo poi che si debba ragionare su servizi innovativi e online che consentano ai lavoratori più pronti e abili di operare con nuove strumenta-zioni, aumentando un po’ il passo, deflazionando anche l’afflusso ai centri per l’impiego.3. In Germania l’agenzia federale per il lavoro ha 100.000 dipendenti, è vero che svolge un pezzo

a cura della Redazione – [email protected]

Il Jobs Act sposta il focus dalle tutele del posto di lavoro alle tutele del mercato. In questa prospettiva l’assenza o l’inefficienza di politiche attive pesa fortemente. Facciamo il punto partendo dalla scommessa dell’ANPAL riprendendo l’intervista di Maria Cristina Origlia, Direttore Editoriale L’Impresa a Salvatore Pirrone, DG Ministero del Lavoro

POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

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di lavoro che da noi fa l’INPS, cioè l’erogazione delle indennità di disoccupazione, però, se la confrontia-mo con gli 8.700 dipendenti dei nostri centri per l’impiego, emerge immediatamente una carenza. Quindi dobbiamo sicuramente mobilitare i soggetti privati, le agenzie per il lavoro, e in quest’ottica l’assegno di ricollocazione è la chiave».

I centri per l’impiego, fino ad oggi, hanno dimo-strato una larga inefficienza (collocando meno del 5%, secondo i dati ufficiali). Lei crede che possano diventare delle strutture efficienti nel giro di 6 mesi? «Abbiamo due questioni: un problema e un’op-portunità. Il problema è che sono effettivamente abbastanza malmessi e, soprattutto, sono molto disomogenei sul territorio. Siamo probabilmente il Paese più in ritardo da questo punto di vista. L’op-portunità: abbiamo grandissimi margini di miglio-ramento e moltissimi esempi virtuosi in Europa e nel mondo a cui ispirarci. Mi conforta che possiamo

attingere dal patrimonio di altri paesi che potranno farci da guida. A livello europeo, ad esempio, esiste un network dei capi dei servizi per l’impiego - di cui facciamo parte - che è un circolo prezioso di scambio di informazioni e buone pratiche e che ha coniato un neologismo, il benchlearning, un incrocio tra benchmarketing e mutual learning. Abbiamo già creato dei gruppi di lavoro a livello nazionale, uno di questi, per esempio, finalizzato a standardizzare le procedure dei centri per l’impiego e quelle della profilazione dell’utenza. In questo caso ci avvarremo della collaborazione dei colleghi tedeschi che ci affiancheranno nello sviluppo».

Dal confronto con le altre esperienze europee, emer-ge che un punto in particolare ha giocato contro il buon funzionamento dei nostri centri per l’impiego: la mancanza di valutazioni di performance. Altro elemento che funziona molto bene, soprattutto nei Paesi del nord Europa, sono le sanzioni nei confronti di uffici e persone inadempienti. Pensa che potrebbero essere introdotte anche da noi, in futuro?«Quello che è mancato fino ad oggi, dal mio punto di vista, è stata soprattutto una strategia nazionale per le politiche attive. Le amministrazioni centrali quando nel ‘97-‘99 hanno decentrato la materia, che poi con la riforma costituzionale del 2001 è diventata di competenza concorrente, si sono in qualche modo spogliate dell’onere di identificare una strategia. Nell’assenza di una strategia di stan-dardizzazione di processi è evidente che mancano le basi per mettere insieme i dati e confrontare le performance.

Credo che il primo passo sarà quello di unificare le banche dati e i sistemi informativi. Soltanto così potremo mettere in comparazione e, in qual-che modo, anche in competizione virtuosa i vari territori. Assegnando a ciascuno degli obiettivi che siano raggiungibili e insieme differenziati da territorio a territorio. Tutto questo ha delle pre-messe nel decreto legislativo 150 ed è quello che effettivamente dobbiamo fare.

C’è un altro aspetto molto rilevante della rifor-ma relativo alle sanzioni – che merita la massima attenzione –, la cosiddetta condizionalità, cioè la verifica dell’attivazione da parte dei lavoratori che ricevono prestazioni a sostegno del reddito (sussidio di disoccupazione)».

Ripercorriamo il percorso che dovrebbe fare un lavoratore. I primi 4 mesi di NASPI presso i centri per l’impiego, sono mesi fondamentali per ritrovare lavoro, non rischiano di diventare 4 mesi persi?

L’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro nasce ufficialmente sulla Gazzetta Ufficiale con la pubblicazione del decreto n. 108 del Presidente della Repubblica del 26 maggio 2016 che ne regola attività e funzionamento.L’ANPAL, istituita dal Ministero del Lavoro con un decreto nel settembre 2015, è una delle riforme previste nell’ambito del Jobs Act, e dal 6 luglio 2016 ha cominciato la sua attività autonoma ponendosi l’obiettivo di dare un senso nuovo e attuale alla parola ‘collocamento’, grazie a politiche mirate anzitutto alla riduzione dei tempi di reimpiego dei lavoratori rimasti disoccupati, con la Naspi.L’ANPAL coordina la nuova Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche Attive del Territorio e coinvolge i principali enti impegnati nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, come INPS, INAIL, le Camere di Commercio, ma anche soggetti operanti come intermediatori nel mondo del lavoro, quali scuole e università. Fra i suoi compiti quello di stabilire i programmi delle politiche attive, finanziati dall’FSE, supervisionare la Rete Nazionale, archiviare tutti i fascicoli personali dei lavoratori e tenere un albo delle agenzie private del lavoro.

L’ANPAL

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«La scelta dei 4 mesi ricalca ciò che fanno alcuni Paesi europei e poggia sull’idea per cui, nei primi mesi di disoccupazione, i lavoratori più forti tro-vano da soli un’altra occupazione. E quindi andare a servire tutti nei primi mesi di disoccupazione, in presenza di risorse scarse, è una perdita di tempo e risorse, meglio concentrare gli sforzi su chi ha già superato questa fase. È evidente che dobbia-mo fare in modo che quei 4 mesi non siano persi, offrendo strumenti ai lavoratori per essere più ef-ficienti nella loro capacità di ricerca. D’altra parte dobbiamo impiegare questo tempo per mapparli, capire chi sono e fornire loro dei servizi “leggeri”, un piccolo plusvalore che li aiuti nel processo di ricollocazione».

E nel campo delle competenze cosa pensate di fare per rendere efficienti i centri?«La parte di rafforzamento delle competenze e quin-di di formazione degli operatori è essenziale. Ma prima di formare gli operatori dobbiamo pensare ai contenuti da trasferire. Prioritario è definire le metodologie e i processi di approccio nei confronti dell’utenza, dunque definire degli strumenti in-formatici che incorporino queste procedure e, al

contempo, partire con processi formativi molto specifici e mirati.

Perché di formazione nei confronti degli opera-tori dei centri per l’impiego ne è stata fatta molta in questi anni, ma tutta formazione di base, poco focalizzata».

Parliamo dell’assegno di ricollocazione. Come fun-ziona? Quali sono i criteri?«Ci stiamo lavorando, è troppo presto per dire quali sono i criteri, però stiamo definendone i ➤

Salvatore PirroneDirettore Generale per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche SocialiÈ responsabile, tra l’altro, per il coordinamento delle politiche attive del lavoro, dei servizi per l’impiego, dell’autorizzazione delle agenzie per il lavoro, per la promozione e il coordinamento delle politiche formative, nonché del coordinamento dei programmi cofinanziati con il Fondo Sociale Europeo. La direzione è inoltre autorità di gestione di due programmi operativi nel ciclo di programmazione 2014-2020, tra cui l’Iniziativa Occupazione Giovani, per l’attuazione della Garanzia Giovani.Ha lavorato per l’INPS dal 2008 al 2012, occupandosi di Mobilità e Cassa integrazione, di entrate contributive dei lavoratori autonomi e dei dipendenti; nella segreteria tecnica del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio; presso il Ministero del Lavoro è stato responsabile dell’ufficio studi e statistiche dal 2000 al 2006. È autore di numerose pubblicazioni in materia di politiche del lavoro.

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contorni. Il primo passo è la definizione dei costi standard. Sfruttando l’esperienza della Garanzia Giovani abbiamo sostanzialmente definito con la Commissione Europea l’identificazione dei costi standard anche per l’attività di intermediazione e di affiancamento dei lavoratori nella ricerca di manodopera. Il corrispettivo da dare alle Agenzie per il Lavoro deve essere appetibile ma non eccessi-vamente generoso, questo è evidente, e d’altra parte tutta la procedura deve tenere in considerazione la necessità di evitare comportamenti opportu-nistici (non dobbiamo pagare per attività che si sarebbero verificate lo stesso) e dobbiamo far sì che sia una procedura non burocratica ma il più flessibile, rapida ed efficiente possibile».

Veniamo alla nozione di offerta congrua che poi è quella che farà scattare la condizionalità. Anche qui state cercando dei livelli minimi che possano essere omogenei in tutta Italia, pur sapendo che ci sono differenze molto grandi tra i vari territori. Come vi state muovendo?«Abbiamo iniziato a condividere con le Regioni, in uno spirito di leale collaborazione, i contenuti di questo provvedimento, anche se la modalità di attuazione e di definizione di quella che è un’offerta congrua è competenza del Ministro del Lavoro e sarà fatta per decreto. Quello su cui è necessario prestare attenzione non è tanto la differenziazione territoriale, quanto la durata della disoccupazio-ne. È chiaro che quella che è un’offerta congrua all’inizio del periodo di disoccupazione sarà si-curamente un po’ più vicina a quelle che sono le caratteristiche professionali e le competenze del lavoratore. Le indennità di disoccupazione servono proprio a evitare che le persone abbiano urgenza di trovare un altro lavoro. Però, man mano che la disoccupazione va avanti, è evidente che l’urgenza è più sentita, e il tempo fa perdere competenze. Quindi possiamo immaginare il concetto di offerta congrua con cerchi concentrici, di raggio e ambito più ampio man mano che passa il tempo.

Un’ultima considerazione di carattere finanziario. State facendo delle simulazioni per capire quan-te richieste potrebbero effettivamente arrivare e di conseguenza quale sarà l’impatto sul bilancio dello Stato?Le nostre stime dicono che i lavoratori che entrano nel 5° mese di NASPI sono circa 900.000 nel corso di un anno, che significa circa 75.000 persone al

mese. La norma è costruita in modo da limitare il flusso di quelli che chiederanno l’assegno di ri-collocazione. La norma infatti prevede assegni di ricollocazione solo per le persone che ne facciano richiesta e prevede sanzioni draconiane (la perdita totale dell’assegno di ricollocazione) nei confronti degli aventi diritto che poi non si presentano ai centri per l’impiego. Questo sarà un forte deter-rente. Come abbiamo riscontrato nelle operazioni fatte, ad esempio, in Alitalia nel Lazio. Pensiamo di iniziare la sperimentazione con 100 milioni di euro e il primo anno è evidente che, se l’importo medio dell’assegno di collocazione dovesse aggirarsi intorno ai 2.500 euro, risulterebbero 50.000 assegni. Se tutti li richiedessero li finiremmo nel 1° mese».

Insomma, tornando al titolo di questo Congresso, è una grossa scommessa! Molto si gioca sulla vostra bravura nel collaborare con tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle Regioni. Come siamo messi da questo punto di vista? E poi le Agenzie per il Lavoro, che molto hanno da insegnare sull’argomento.«Con le Regioni il rapporto è contrastato, non si può negarlo. C’è sempre stata una diffidenza reci-proca su questo campo. Comprensibile. Le Regioni effettivamente hanno lavorato molto in questi 15 anni e noi non ci siamo stati. Questa diffidenza, in qualche maniera, si è un po’ attenuata in que-sti due anni di lavoro comune sul programma di Garanzia Giovani. Un programma a cui abbiamo lavorato in tanti: il Ministero come autorità di gestione, tutte le Regioni e la Provincia autonoma di Trento come organismi intermedi (a cui abbiamo delegato delle risorse), l’INPS, il Dipartimento per le politiche giovanili della Presidenza del Consiglio e il MIUR. Questi due anni ci hanno insegnato un po’ a lavorare insieme. Però credo che sia essen-ziale sfruttare l’occasione per costruire un sistema unitario, non è possibile che una persona debba passare per più siti o attuare modalità diverse di attivazione da regione a regione. Bisogna superare le gelosie territoriali e andare verso un sistema più efficiente.

Con le APL sicuramente ci sarà una collabora-zione, nel rispetto di ruoli differenti. Io credo che gli operatori privati abbiano il dovere di ricercare il profitto e, d’altra parte, che le amministrazioni pubbliche, lo stato, le Regioni abbiano il dovere di cercare la massimizzazione dei servizi. A noi l’onere di trovare il punto d’incontro tra queste opposte esigenze, entrambe assolutamente legittime». n

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informatica che pone in contatto committente con potenziali fornitori di opere o servizi (c.d. crowdsourcing o on demand economy). In ordine alle quali si pone un primo dubbio: se davvero si tratta di “inediti” assoluti rispetto ai quali non è dato rintracciare alcun riferimento nell’arsenale normativo e sistematico preesistente o se, in fon-do, il telelavoro, per un verso, e i c.d. Pony express, per altro verso, non rappresentino una efficace anticipazione dei nuovi modelli, la cui carica di novità, legata prevalentemente alla disponibilità di strumenti informatici evoluti, sarebbe stata, quindi, fin troppo enfatizzata.

La prima ipotesi sembra invero più realistica perché mentre il telelavoro veniva considerato una semplice trasposizione presso l’abitazione del lavoratore del modo di lavorare in azienda, il nuovo lavoro agile presuppone un radicale ri-pensamento delle modalità della prestazione in termini di orari, controllo datoriale, sicurezza,

nterrogare il futuro è sempre esercizio affascinante, ma scoprire che è già

arrivato e che il giurista del lavoro se ne è accorto solo parzialmente è un

po’ frustrante. Alludo in particolare alle nuove forme di lavoro prestato

al di fuori delle tradizionali coordinate spaziali e temporali (il c.d. Smart Work:

lavoro agile, nel lessico del legislatore italiano) o mediato da una piattaforma

misurazione del risultato; quanto al lavoro tra-mite piattaforma digitale, l’evoluzione tecnolo-gica consente di porre in relazione i committenti con una folla di internauti onde individuare le competenze più appropriate, gestire i pagamenti, elaborare i dati relativi alla qualità del risultato, in un orizzonte concettuale e operativo ben più evoluto rispetto a quello dei pony express.

Lo sviluppo dello Smart Work, superiore nelle dimensioni a quanto comunemente si pensa, com-porta una evidente rottura della unità aristotelica di spazio e di tempo propria dell’impresa fordi-sta, al cui interno si consumava l’intero processo produttivo: da una parte entravano i materiali

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IL LAVORO DIGITALE

Raffaele De Luca TamajoSenior Partner di Toffoletto De Luca Tamajo e Soci e Ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Napoli Federico IIGià professore invité di Diritto comparato europeo all’Università di Parigi-Nanterre, membro del Comitato scientifico di AGI, ha fatto parte di numerose Commissioni ministeriali per la consulenza e progettazione legislativa. È stato Presidente dell’AIDLASS, di Forma.Temp, di Bagnoli Spa e dell’Ass. Forense del lavoro di Napoli.

di Raffaele De Luca Tamajo [email protected]{

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e dall’altra usciva il prodotto finito, il tutto con una cadenza temporale fissa e predeterminata. Il modello è stato dapprima scompaginato dai processi di delocalizzazione e di esternalizzazione che hanno comportato la fuoriuscita di segmenti di produzione, con localizzazioni anche molto lontane o talora, viceversa, con attribuzione di diversa titolarità soggettiva ma permanenza en-tro il perimetro aziendale (c.d. esternalizzazio-ni intra moenia o fabbriche multisocietarie). Lo sviluppo della somministrazione di lavoro e dei distacchi ha ulteriormente inciso sulla coinci-denza del luogo di lavoro con la sede del datore di lavoro; fino a giungere allo Smart Work che si caratterizza per lo svolgimento del lavoro par-zialmente o totalmente fuori dalla sede (fabbrica o ufficio) datoriale, mediante l’utilizzo dei canali comunicativi messi a disposizione dall’evoluzione informatica. Il perimetro aziendale perde così il suo significato originario di delimitazione del potere del datore di lavoro e l’orario di

lavoro appanna la sua funzione di misurazione quantitativa della prestazione, che diviene apprezzabile prevalentemente in relazione ai risultati.

Tutto ciò ha un impatto modificativo sulla strut-tura gerarchica dell’impresa, sulle categorie e qualifiche (con riduzione dei quadri intermedi e aumento dei progettisti, dei ricercatori indu-

La tavola rotondaI temi del presente articolo sono stati oggetto del dibattito della tavola rotonda congressuale dedicata a Smart Working, sharing economy e nuove forme di organizzazione, coordinata da Rossella Seragnoli HR Manager Crown Aerosols Italia, Presidente AIDP Emilia Romagna (al centro), a cui hanno preso parte:Giuditta Alessandrini Ordinario di Pedagogia sociale e del Lavoro Università degli Studi Roma TRE,Paolo Vasques Global Director for Industrial Relations Benetton Group,Domenico Favuzzi Chairman and Chief Executive Officer Exprivia,Roberto Mattio Direttore Risorse Umane e Organizzazione Pininfarina, Presidente AIDP Piemonte e Valle d’Aosta,Raffaele De Luca Tamajo Senior Partner Toffoletto De Luca Tamajo e Soci, Ordinario Diritto del Lavoro Università di Napoli Federico II.

striali e degli innovatori), sulle modalità retri-butive, sul ruolo più creativo e meno esecutivo della forza lavoro, sui modelli di sicurezza, ma soprattutto sui tradizionali criteri distintivi tra lavoro autonomo e subordinato, per effetto del minor rilievo delle coordinate spazio-temporali della prestazione lavorativa, che sposta il bari-centro qualificatorio sulla essenza del “potere” datoriale. Questo potere, nelle sue articolazioni di direzione, controllo, potestà disciplinare, resta il fulcro della distinzione e ribadisce la ratio più profonda della disciplina di tutela di un sogget-to non soltanto sfavorito tendenzialmente dallo squilibrio del mercato, ma anche esposto all’e-sercizio di un potere unilaterale legittimato dallo stesso ordinamento giuridico. Che poi il potere datoriale si eserciti non de visu ma attraverso la mediazione dello strumento informatico poco rileva e poco toglie alla sua incisività.

Pur al cospetto dello Smart Work e del lavoro tramite piattaforme, autonomia e subordina-zione restano, dunque, insostituibile criterio selettivo per l’attribuzione delle garanzie del diritto del lavoro, ma perdono alcune carat-teristiche storiche e delineano un processo di graduale accostamento.

E infatti il contratto di lavoro subordinato non si caratterizza più per la mera e passiva messa a disposizione delle energie lavorative, ma sempre più postula una prestazione più responsabile o addirittura creativa, la retribuzione è sempre più variabile e legata alle performances individua-li, di gruppo o aziendali, fino a recepire al suo interno lo Smart Work non ancorato allo spazio fisico dell’azienda e ai classici poteri di controllo

orario della prestazione.Dal canto loro le collaborazioni autonome

sempre più sono integrate con l’organizzazione dell’impresa, non potendo il collaboratore operare su un mercato ampio ed essendo sempre più co-stretto a farsi carico di esigenze di coordinamento funzionale con la singola impresa, secondo un modello che evoca, sia pure in modo attenuato, l’inserimento nell’organizzazione di impresa, tipico indice di subordinazione.

Se, dunque, il lavoro agile presenta almeno tendenzialmente i connotati della subordinazio-ne, il lavoro tramite piattaforme digitali resta nell’ambito dell’autonomia, purché naturalmente il gestore della piattaforma non gli imponga par-ticolari e stringenti modalità della prestazione, una divisa, un preciso obbligo di reperibilità ecc...Tuttavia, anche quando il lavoro in questione si svolge nello schema dell’autonomia, esso resta bisognoso di una rete di garanzie da forgiare sulla specificità della collaborazione richiesta e prestata e nella consapevolezza di una duplice debolezza contrattuale nei confronti del committente e del gestore della piattaforma, che evoca inevitabil-mente forme di responsabilità congiunta.

In definitiva al cospetto delle variegate forme di lavoro digitale le competenze e le funzioni del-la Direzione del Personale si dilatano: oltre alla gestione del classico lavoro subordinato nelle sue varie formulazioni tipologiche, c’è da governare i lavoratori agili, gli autonomi integrati nell’im-presa, gli autonomi eterodiretti quanto a tempo e a luogo, i lavoratori reperiti e operanti tramite piattaforme, ciascuno dei quali richiede strategie e modalità gestionali differenziate e articolate. n

“Al cospetto delle variegate forme di lavoro digitale le competenze e le funzioni della Direzione del Personale si dilatano”

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Se, da un lato, occorre agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, non meno importante è l’esigenza di favorire la permanenza dei lavoratori adulti e il rientro dei disoccupati adulti, in un’ottica di garanzia di una più ampia base contributiva ma, soprattutto, di generale benessere socio-economico, con positive ricadute sullo sviluppo imprenditoriale.

In tale ottica, il Progetto Europeo rivela tutta la sua ambizione finanche nella cosiddetta soft law in materia di occupazione, nel corpo della quale si rinvengono principi peraltro ancorati a norme di rango primario e secondario della medesima Unione Europea: a) Sviluppo delle tran-sizioni lavorative virtuose tramite le politiche attive del lavoro (Comunicazione Commissione Europea 359 del 27.6.2007); b) Modernizzazione del mercato del lavoro attraverso lo sviluppo di servizi che consentano il c.d. lifelong learning; c) Sviluppo di sistemi informativi transnazionali che pongano in contatto efficacemente domanda e offerta (c.d. matching); d) Sostegno all’occu-pazione giovanile soprattutto tramite costante

collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro, al fine di garantire l’alternanza, prima, e l’agevole transizione, poi.

I predetti principi e le corrispondenti aree di intervento sono strettamente connessi e ogni approccio atomistico sarebbe ontologicamente perdente.

La sostenibilità di tutto il sistema lavoro passa attraverso la necessaria valorizzazione delle competenze nonché attraverso l’accre-scimento delle professionalità degli indivi-dui, tanto nella fase preventiva all’ingresso nel mercato del lavoro, con conseguente necessità di garantire una costante osmosi tra scuola e

l sostegno all’occupazione giovanile, da un lato, e le tematiche connesse all’in-

vecchiamento attivo, dall’altro, non sono aspetti dicotomici e contrapposti

del mercato del lavoro; la lettura spesso antinomica di siffatte problematiche

ha condotto alla distorta affermazione di un aprioristico dualismo del mercato

del lavoro, che in realtà, non solo non sussiste, ma non è nemmeno auspicabile.

Francesco AmendolitoFounding & Managing Partner Amendolito & Associati, docente Diritto del Lavoro Facoltà di Economia Università LUM Jean MonnetAvvocato patrocinante in Cassazione e dinanzi alle Magistrature Superiori. Consulente legale delle aziende del Gruppo FCA e di diverse aziende industriali. Nel 2015 ha conseguito il Labour Awards 2015 come miglior avvocato dell’anno per l’innovazione nel Diritto del Lavoro. Direttore Scientifico del Master in Human Resources Management della School of Management dell’Università LUM Jean Monnet.

di Francesco Amendolito{

FLESSIBILITÀ EMPLOYABILITY E GENERAZIONI A CONFRONTO

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lavoro, quanto in costanza di rapporto lavorati-vo e nelle transizioni (che potrebbero divenire fisiologiche) tra un lavoro e l’altro. Certamente lo start point non può non essere un cambio epocale di mentalità in tutti gli attori, ancor pri-ma che l’offerta di strumenti normativi ad hoc, che rischiano di restare involucri vuoti se non opportunamente valorizzati, nella dinamica dei rapporti individuali e collettivi.

Il Jobs Act, come noto, sin dai suoi esordi si è prefissato come obiettivo quello di incrementare l’occupazione e questo scopo è stato perseguito attraverso un incremento della flessibilità nei rapporti di lavoro (flessibilità in entrata, flessi-bilità in uscita e flessibilità in costanza di rap-porto di lavoro mediante la riscrittura dell’art. 2103 del c.c.).

Gli interventi normativi plurimi che si sono susseguiti nell’arco degli ultimi anni, a ben vede-re, potrebbero essere opportunamente valorizzati per ridurre il dualismo del mercato del lavoro, in un’ottica di accrescimento economico, sociale e formativo; tuttavia, per proiettare tali interven-ti normativi in un’ottica di efficace attuazione, occorre una visuale prospettica più ampia e una ancora più marcata facoltà di delega, anche in deroga, alla contrattazione collettiva aziendale.

Si pensi alla previsione normativa che pre-vede la graduale riduzione della durata della prestazione lavorativa dei dipendenti più anziani, coniugando la flessibilità in uscita e quella in entrata. Siffatta previsione dovrebbe avere quale conseguenza il tanto auspicato ricambio genera-zionale, dico dovrebbe, perché questa naturale (?) conseguenza di ricambio non sempre trova

terreno fertile per poter attecchire.Va precisato che il tentativo di realizzare la

c.d. staffetta generazionale passa – come noto – prima dall’art. 41 del d.lgs. 148 del 2015 e, da ultimo, dalla Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) e dal decreto interministeriale di recente emanazione (13 aprile 2016). Nel primo caso il riferimento è ai c.d. contratti di solidarietà espansivi, riesumati da un oblio ultratrenten-nale, nel tentativo di agganciarli, attraverso la riduzione dell’orario di lavoro del personale a cui manchino non più di 24 mesi al pensionamento, a nuove assunzioni in pianta stabile, destinate a “coprire” la riduzione di orario degli altri la-voratori. In particolare, l’art. 41, prima parte, stabilisce che, ove accordi aziendali prevedano una riduzione stabile dell’orario di lavoro con riduzione della retribuzione e contestuale as-sunzione a tempo indeterminato di nuovo per-sonale, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto, un contributo a carico della gestione eventi assistenziali INPS, pari al 15% della retribuzione lorda nel 1° anno e del 10% e 5% per ciascuno dei due anni successivi.

Con la differenza che mentre in tale ipotesi, il contratto collettivo che si stipula prevede in corrispondenza della maggiore riduzione di orario un incremento dell’occupazione, l’accordo sinda-cale deve cioè prevedere a fronte della riduzione oraria che interessa i lavoratori prossimi alla pensione, la contestuale assunzione di giovani sino a 29 anni (un’assunzione ogni part-time), così non è nella seconda ipotesi.

La seconda fattispecie, infatti, prescinde dall’accordo collettivo e prevede che, su base

“Per proiettare gli interventi normativi in un’ottica di efficace attuazione, occorre una visuale prospettica più ampia e una ancora più marcata facoltà di delega, anche in deroga, alla contrattazione collettiva aziendale”

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volontaria, il lavoratore con contratto di lavo-ro a tempo indeterminato che abbia raggiunto entro il 31.12.2018 i requisiti anagrafici e con-tributivi previsti dalla Legge possa stipulare un contratto part-time (con riduzione dell’orario della prestazione lavorativa dal 40% al 60%), con corresponsione mensile, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione per la prestazione lavorativa non effettuata e con riconoscimento della corrispettiva contribuzio-ne figurativa in ragione del contratto part-time agevolato.

Rispetto a tale ultimo atteso intervento, appare doveroso evidenziare alcune criticità.

Innanzitutto, prescindendo dalla portata del budget messo a disposizione dal Governo (sino al 2018), bisognerà verificare sul campo la diffusione che avrà tale istituto: perché la convenienza ad accedere a tale opportunità è prioritariamen-te e soprattutto dei lavoratori, il ritorno per le aziende è tendenzialmente inferiore. Per cui non è da escludersi l’ipotesi in cui i lavoratori ma-nifestino al proprio datore di lavoro la propria disponibilità/volontà di accedere a tale istituto, rectius di fruire del part time agevolato, e che l’imprenditore dal canto suo, risponda con un diniego, perché non ha un concreto interesse in tal senso, infatti, per l’azienda il beneficio è inferiore rispetto al costo.

Inoltre, ammesso che tale istituto decolli, che si sposino i contrapposti interessi delle parti, e, dunque, che datore di lavoro e lavoratore formu-lino un accordo, resta, comunque, da verificare se il ricorso al part-time da parte dei pensionan-di sia in grado di innescare un trend virtuoso che promuova nuova occupazione, in assenza di vincoli in capo all’imprenditore di assumere nuovo personale.

Non di rado, accade, infatti, che le professio-nalità proprie dei lavoratori più anziani, caratte-rizzate magari dalle c.d. competenze routinarie, possono essere sostituite da macchinari per i quali l’investimento è velocemente coperto dal risparmio sul costo del personale. Inoltre, non è affatto scontato, così, che i posti di lavoro a lungo salvaguardati da tutele difficilmente sca-valcabili andranno domani a vantaggio di nuove assunzioni di giovani (si pensi al fenomeno della disoccupazione tecnologica).

È in ogni caso difficile che una politica di pre-pensionamento possa dare lavoro ai giovani e da sola possa arginare in modo im-portante il problema della disoccupazione

giovanile nel nostro paese, se non coniugata con politiche attive di più ampio respiro, che dovrebbero essere calibrate sulla singola re-altà imprenditoriale.

Personalmente da sempre sostengo la necessa-ria valorizzazione, all’interno del sistema lavo-ro, dell’auto-regolamentazione (all’interno della contrattazione individuale e collettiva) che, nel rispetto di principi fondamentali inderogabili, possa adattare l’organizzazione del lavoro alla mutevole, flessibile e volatile realtà imprendi-toriale. In ciò credendo che il mondo del lavoro si muove sempre con largo anticipo rispetto alle aperture legislative.

Si pensi sul versante formativo, ai numero-si esempi di proficui investimenti aziendali in iniziative formative che prevedano l’alternanza scuola-lavoro; un esempio non lontano dal no-stro contesto territoriale è dato dalla Fondazione BOSCH che con la propria scuola di formazione in Italia con sede a Bari e Milano (TEC BOSCH) ha avviato una serie di convenzioni con Istituti Scolastici e con Università locali, secondo gli schemi che ispirano i percorsi duali attuati in Germania.

Si pensi ai numerosi patti generazionali che ancora prima del recente intervento normati-vo, hanno interessato numerose aziende italiane e multinazionali, soprattutto con la finalità di garantire la permeabilità delle conoscenze e la creazione di team di lavoro intergenerazionali.

In tale ottica, l’attribuzione di un ruolo sem-pre più marcato alla contrattazione collettiva aziendale nella scrittura delle regole azienda-li in merito all’organizzazione dell’orario di lavoro, classificazione del personale, mobilità inter-aziendale ed infra-aziendale, incentivi di produzione, welfare aziendale e formazione non deve – e non può – essere letta (come di consueto finora) con ostilità e diffidenza, in un’ottica di mera deregolamentazione di un sistema di ata-viche tutele che peraltro, oramai, sono fonte di un pesante e non più sostenibile irrigidimento del sistema lavoro e che, in un’ottica prospettica rischiano di restare riservate a pochi privilegiati a discapito della comunità di potenziali lavoratori.

È piuttosto necessaria la costruzione di un welfare legato alla persona – giovane o anziana che sia – che privilegi, in luogo del sostegno mone-tario, interventi che promuovano l’employability e la crescita e che, magari, proprio attraverso l’inclusione e l’active ageing, finiscano con il provocare un incremento dell’occupazione. n

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lavoro AIDPpa.I temi principali affrontati nella tavola roton-

da della PA – nuova reputazione dei dipendenti pubblici, ringiovanimento del personale, forte investimento in formazione e tecnologia – e, nell’ambito della sessione “Disruptive Innova-tion, Crescita e Lavoro” (pagina 27), i contenuti della significativa intervista di Andrea Del Chicca al Prof. Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (pagina 30), stimolano alcune riflessioni.

Le riforme amministrative dal 1990 ad oggi e la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, introdotta dal D.Lgs. 29/93 (attuale D.Lgs. 165/2001), non sempre hanno prodotto i risultati attesi per un cambiamento strutturale della PA. Il dibattito congressuale ha sottolineato come i decreti e le facili ricette non bastino a modificare le modalità di funzionamento della PA, se non ac-compagnati da interventi mirati e sperimentazioni pratiche di nuove soluzioni in grado di migliorare

l 45° Congresso nazionale AIDP di Bari ha dedicato una particolare at-

tenzione al lavoro pubblico con le novità del premio AIDP AWARD per la

Pubblica Amministrazione e di una tavola rotonda dal tema “Innovazione

e Integrità nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende a capitale pubblico.

Tendenze evolutive del ruolo del manager pubblico” organizzata dal gruppo di

la qualità dei servizi ai cittadini.Tenendo conto del contesto economico e sociale,

si possono individuare alcuni importanti fattori per il cambiamento della PA:1. sviluppo delle tecnologie digitali necessa-rie per la gestione innovativa dei principali servizi pubblici;2. sistemi di reclutamento con criteri azien-dali, superando le classiche forme di concorso pubblico con prove rivolte prevalentemente a

IDonato Madaro Direttore Area Risorse Umane I.R.C.C.S. “Giovanni Paolo II” di Bari

di Donato Madaro {

SCOMMETTIAMO SU PERSONE E LAVORO PER IL CAMBIAMENTO DELLA PA

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valutare le conoscenze dei candidati sulle ma-terie d’esame; 3. professionalità specializzate per i diversi settori di intervento, con il contenimento delle tradizionali figure amministrative; 4. nuovi standard di prestazione e di qua-lità che le amministrazioni pubbliche devono rispettare con adeguate soluzioni organizzative e protocolli operativi;5. sistemi di controllo e di valutazione più effi-caci, soprattutto in materia di incentivazione alla produttività e di premi legati alla performance.

Per evitare che il cambiamento della PA conti-nui lentamente come “la danza degli elefanti” c’è bisogno di meno decreti, di meno burocrazia, e di liberare gli uffici pubblici dalle montagne di carta.

Servono contestualmente investimenti mirati in formazione, innovazione e ricerca; la capacità di “fare squadra” dipende soprattutto dalle competenze e dal livello di responsabilità e di autonomia dei funzionari pubblici.

La critica sociale che censura i comportamenti negativi delle PA deve esortare il management pubblico a vincere la sfida contro le resistenze al cambiamento e l’inerzia di taluni dipendenti, ad adottare le misure necessarie per premiare il merito, favorire la semplificazione e migliorare la trasparenza.

La funzione HR nelle pubbliche amministrazio-ni, come nel privato, è chiamata ad agire affinché l’organizzazione nella quale opera sia sempre più flessibile, efficiente, in grado di adattarsi ai cam-biamenti della società e alle esigenze degli utenti. È necessaria quindi una particolare attenzione al benessere dei dipendenti pubblici, con la consa-pevolezza che la centralità e lo sviluppo continuo delle persone nelle aziende sono fondamentali per far scoprire nuove motivazioni e aumentare la produttività del lavoro pubblico. n

Il Congresso AIDP ha rappresentato un im-portante momento di confronto tra manage-ment pubblico e privato. Un’occasione per ri-flettere sulle tendenze evolutive e le competenze di gestione dei manager pubblici e anche una grande opportunità per promuoverne il ruolo.

Alla tavola organizzata da AIDPpa e coordinata da Pietro Scrimieri Direttore Servizi Centrali Risorse Umane, Organizzazione e Lavoro Ac-quedotto Pugliese hanno partecipato: Antonio Nunziante Assessore Personale ed Organiz-zazione Regione Puglia, Luigi Maria Vignali Dirigente Diplomatico Ministero Affari Esteri, Coordinatore nazionale AIDPpa, Francesco Pa-olo Romanelli Procuratore regionale Corte dei Conti Puglia, Carlo Mochi Sismondi Presidente FPA, Antonino Costantino Dirigente Servizio trattamento giuridico del personale Presidenza del Consiglio dei Ministri e componente della Commissione per i procedimenti disciplinari, Gianfranco Grandaliano Vice Presidente Na-zionale UTILITALIA Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali.

La missione di AIDP Pubblica Amministra-zione è di promuovere il ruolo dei manager pubblici, sviluppando in particolare le compe-tenze di gestione delle persone, agendo sia dal punto di vista soggettivo, della crescita, sia dal punto di vista del riconoscimento, sociale e nelle organizzazioni. AIDPpa è una sede in cui dirigenti e responsabili di servizio impegnati nelle incombenze interne alla propria organizza-zione possono trovare una finestra sul mondo esterno. Maggiori informazioni sul gruppo di lavoro e sulle iniziative, sul sito dell’Associazio-ne: www.aidp.it

LA PA PROTAGONISTA

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idee{66. Coaching: come trasformare individui e organizzazioni

di Giuseppe Varchetta

{69. Per le classi dirigenti di Luciano Martinoli

{70. Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimento

di Valentina Vinotti

{72. Sapere cosa si vuole di Marco Lombardi}

AIDPnews

{73. Un nuovo servizio per i Soci.

AIDP ORE 9.30 Rassegna stampa e web}

{74. I Pomeriggi del Lavoro di David Trotti}

{78. SAVE THE DATE Convegno “WelFare che fare”}

{79. Passaggi di testimone dai Gruppi regionali AIDP}

«Modernità. Crescita. Giovani. Innovazione. Riforme. Europa. Cambiamento. Rigore.

Mettiamo nel frullatore e serviamo. Beviamo (quasi) tutti»

di Massimo Ferrario

RECENSIONIidee

no dei problemi più gravosi dell’esperienza socio-politica e organiz-zativa contemporanea è

relativo alla difficoltà di conciliare la pluralità nell’uno.

Da una parte si assiste all’esplodere crescente di una soggettualità diffusa, capace in sé di far arretrare ogni ten-sione ad un uno comunitario, dall’altra il pensiero e la ricerca sociale contem-poranei registrano l’esigenza di una integrazione in un terreno comune, in una “casa di tutti”.

La sfida – ricorrente sia per le isti-tuzioni politiche (rimando all’idea di Europa come realtà politica integrata nella condivisione di Nazioni diverse, corrosa oggi da populismi ed estremi-smi diversi) sia per le organizzazioni aziendali – è quella di una ossimorica unitas multiplex “la complessità pri-ma e fondamentale del sistema è di associare in essa da una parte l’idea di unità, dall’altra quella di diversità o molteplicità, che in linea di principio si respingono e si escludono. Una delle caratteristiche fondamentali delle or-ganizzazioni dovrebbe essere quella di trasformare la diversità in unità senza

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COACHINGCOME TRASFORMAREINDIVIDUI E ORGANIZZAZIONI

Giuseppe [email protected], Past President Ariele, consulente di formazione e sviluppo organizzativo

Titolo Coaching: come trasformare individui e organizzazioniA cura di Paolo Bruttini e Barbara SenerchiaAnno 2015Casa editrice Wolters Kluwer, MilanoPrezzo Euro 29

LA SCHEDA annullare la diversità e di creare anche diversità nell’unità e tramite essa” E. Morin (1977), Il metodo, Feltrinelli.

L’esperienza organizzativa con-temporanea è chiamata allo svi-luppo e alla cura di competenze individuali iper-specializzate e contemporaneamente all’organizza-zione intesa come spazio condiviso dell’interazione. L’organizzazione oggi non può non garantire e curare un agire solidale, di esseri unici, spontanei e liberi, su uno spazio condiviso.

Una traccia per affrontare oggi tale sfida è considerare la differenza tra sostanza e intensità (tale distinzione è tratta dall’intervista di Antonio Gnoli al filosofo Giorgio Agamben apparsa su La Repubblica, 15 maggio 2016): le sostanze hanno confini chiari, oggetti specifici e sono caratterizzate da una cartografia e una topologia direttamen-te attribuibili. Sono sostanze nell’espe-rienza aziendale le Funzioni quali la Produzione, il Marketing, le Vendite, l’Amministrazione, la Logistica. L’in-tensità è un non luogo; è un’energia che attraversa le sostanze, mette in

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Giuseppe [email protected], Past President Ariele, consulente di formazione e sviluppo organizzativo

tensione e anima ogni ambito. L’orga-nizzazione oggi ha un forte bisogno di intensità. Il libro che abbiamo in mano offre a questo proposito una duplice te-stimonianza: realizza in sé, attraverso lo sforzo dei due curatori, una unitas multiplex e, contemporaneamente, è ontologicamente in sé una intensità.

Autori diversi, con formazione e storie professionali articolate in sé e molto differenziate l’una dall’altra, concorrono e contribuiscono a rin-forzare una “casa comune”. Manager, psicosocioanalisti, operatori di marke-ting, operatori finanziari, consulenti sistemici, psicometristi, comunicatori, formatori PNL, psicologi del lavoro, psicosociologi dell’organizzazione, in-formatici, hanno contribuito alla scrit-tura di questo libro, testimoniando la peculiarità di ogni singolo approccio, e costruendo contemporaneamente uno spazio condiviso. La “casa comune” è il tentativo di generare una con-trostoria nei confronti della deriva attuale dell’esperienza organizza-tiva. Tale assunto ha tre riferimenti: l’idea dell’organizzazione “open”, aper-ta cioè al cambiamento, alla gestione della complessità data dalle molteplici variabili contemporaneamente in gio-co; assumere il coaching in una logica allargata, di partnership con i clienti/collaboratori, “un processo capace di sviluppare un nuovo tipo di relazione all’interno delle organizzazioni, in cui gli individui sono chiamati ad auto-responsabilizzarsi nell’apprendimento e nel miglioramento di se stessi” (ivi pag 10); la proposta di una “trasmi-grazione” della funzione e dei processi di leadership da vertici pre-definiti a una pluralità di protagonisti capaci di ascoltare la propria auto-organizzazio-ne, di curarne gli echi e di collegarsi in network virtuosamente autonomi.

Il volume è articolato su una intro-duzione di uno dei due curatori che presenta le istanze dell’open leadership e delle attività di coaching orientate all’openess.

open presenta cinque dimensioni che accomunano, nell’ipotesi dell’autore, le esperienze di open leadership raccol-te: l’autenticità e la trasparenza come valori, la passione assistita dalla vita-lità e dalla cura, il circuito del cambia-mento dalla concezione all’execution e ritorno e l’orizzontalità come supera-mento dei confini e della gerarchia con la prevalenza “del codice dei fratelli, codice affettivo orizzontale, nel quale il valore fondante è l’apprendimento dall’esperienza e lo scambio tra pari” (ivi pag. 269).

Il “manifesto” continua proponendo le coordinate per uno sviluppo organiz-zativo open, ripercorre i passi classici dello sviluppo organizzativo per offrire nelle pagine conclusive una rianalisi critica del ruolo del consulente “rivisi-tato” alla luce delle prospettive indicate dell’organizzazione open.

Il volume curato da Paolo Brutti-ni e Barbara Senerchia concretizza metaforicamente da una parte l’obiet-tivo della unitas multiplex offrendo, da prospettive diverse, una confluenza verso una casa comune, e dall’altra è una occasione per un tornare a riflette-re su due problematiche fondamentali dell’esperienza organizzativa contem-poranea: l’esigenza non evitabile del cambiamento attraverso il supera-mento del pregiudizio e della fiducia nelle regole esistenti e l’ascolto di un bisogno profondo – anche se talvol-ta espresso flebilmente e all’interno di rumori discordanti – testimoniato dalle donne e dagli uomini dell’orga-nizzazione contemporanea di un vivere più comunitario, più solidaristico pur nel salvaguardare l’espressione della propria peculiare identità personale. Non vi è identità, in altre parole, al di fuori di pratiche di riconoscimento e spontanee e proposte e sostenute dalla politica aziendale. Questo è con alta probabilità il monito più alto e insieme est-etico che le pagine curate da Bruttini e Senerchia porgono, pur con umiltà, alle lettrici e ai lettori. n

La prima parte del volume, presenta cinque prospettive teoriche tutte orien-tate dall’obiettivo di approfondire le prospettive del coaching, accostate a quelle del counseling, ancorandole entrambe alle ultime ricerche della re-lazione tra lo sviluppo contemporaneo delle neuroscienze e l’apprendimento adulto. Tale prima parte di prospettive teoriche presenta analiticamente con-tributi sul coaching come strumento per la openess, il coaching nel dilemma tra cambiamento e transizione, la relazione nella prospettiva operativa del coaching e in quella del counseling, la narrazione come una via di sviluppo del coaching e, come già accennato, l’apprendimento contemporaneo correlato allo sviluppo delle neuroscienze.

La seconda parte del volume presenta undici casi/esperienze organizzative capaci, nel loro insieme, di articolare uno scenario in grado di offrire un pa-norama dell’operatività del coaching in fattispecie organizzative diverse ma tutte confluenti nel costruire un sense making se non definitivo in ogni caso autorevole di tale metodica che, nel-le pratiche di formazione e sviluppo contemporaneo trova oggi un indubbio sviluppo.

La terza parte, che ha come autore uno dei due curatori del volume, conclude l’itinerario di ricerca offerto alle let-trici e ai lettori, “ritornando” sul tema dell’openess e indicando una concezio-ne dello sviluppo organizzativo di una organizzazione open.

La conclusione del volume ha il passo e la trasparenza di un manifesto valo-riale e insieme operativo sul concetto di openess “e sulle opportune traiettorie da considerare nei programmi di con-sulenza organizzativa, che intendono intraprendere questa prospettiva” (ivi pag. 261).

Il “manifesto” dell’organizzazione

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RECENSIONIidee

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a quelle della competitività a quella del cambiamento organizzativo), non sono efficaci: accelerano il processo di chiusu-ra autoreferenziale e, quindi, di perdita di senso dei sistemi sociali. Questa nuo-va piattaforma di pensiero costituisce il punto di partenza indispensabile per immaginare nuove strategie di governo capaci di riattivare processi di sviluppo nei diversi sistemi sociali.

La teoria di Luhmann si pone, quindi, come strumento indispensabile perché le classi dirigenti attuali riescano ad assolvere la loro responsabilità storica.

La traduzione del libro di Moeller (ti-tolo originale The Radical Luhmann) è arricchita da un’appendice che contiene una prima proposta “di efficacia” (frut-to di un lavoro pluriennale di ricerca) per le strategie di governo di qualsiasi sistema sociale, sia esso un attore econo-mico (azienda con le relazioni con tutti i suoi stakeholder), un’organizzazione aziendale, una pubblica amministrazio-ne. Attenzione però, questa parte non va scambiata per una banale proposta consulenziale. Essa è infatti una ride-finizione del concetto di “governo” di un sistema umano e una metodologia, della quale bisognerebbe ulteriormente dibattere, che propone la possibilità di intervento, o meglio di “indirizzo verso una migliore autopoiesi” coerentemente al pensiero di Luhmann. n

ll’alba del III millennio la complessità del mondo appare alle classi dirigenti sempre più come una ecolo-

gia di tante crisi che colpiscono contem-poraneamente tutti i sistemi sociali: dai macrosistemi (l’economia e la finanza) ai sistemi “intermedi” come, ad esempio, le imprese, i partiti politici e gli attori sociali. Di questa ecologia di crisi non riusciamo a scorgere l’origine e le dina-miche di sviluppo.Una crisi di comprensione genera una crisi di azione: le tradizionali strategie di governo dell’economia, della finanza, della politica, delle imprese e delle or-ganizzazioni interne alle imprese non funzionano più. Il risultato è lo scon-certo, la frustrazione e l’impotenza delle classi dirigenti: l’imprenditore o il CEO, il responsabile HR, il manager pubblico, il politico, eccetera.

Niklas Luhmann (1927-1998), sociolo-go tedesco, utilizzando risorse cognitive prima non considerate, ha rivoluziona-to la sociologia proponendo una “teoria della società” (Teoria dei sistemi socia-li) che riesce pienamente a fornire una spiegazione convincente e sofisticata dell’attuale e problematica complessità della società.

Egli sostiene che tutti i sistemi sociali sono sistemi autopoietici (che si costru-iscono da soli) che sembrano diventare

col tempo completamente autoreferen-ziali e perdere di senso e funzione. Se questo è vero, allora diventa evidente perché le attuali strategie di governo a tutti i livelli (dalla strategia delle riforme

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PER LE CLASSI DIRIGENTIUNA “BOMBA” (ANCORA INESPLOSA) NELLE FONDAMENTA

Luciano Martinoli [email protected]

Titolo Per Comprendere LuhmannAutore Hans Georg Moeller - Professore Ordinario di Filosofia e Studi Religiosi all’Università di Macao e Professore aggiunto alla Qufu Normal University di Qufu, CinaAppendice Francesco ZanottiTraduzione Luciano MartinoliAnno 2016Casa Editrice IPOC, MilanoPagine 200Prezzo 18 euro (ebook 12 euro su www.ipocpress.it)

LA SCHEDA

Per la prima volta un libro in italiano divulgativo, ma rigoroso, sul pensiero del grande sociologo Niklas Luhmann. Osteggiata o ignorata, principalmente perché incompresa, la sua Teoria dei sistemi sociali mina dalle fondamenta il pensiero mainstream

RECENSIONIidee

nella mia proposta non tanto la solu-zione a problemi che l’azione umana porta con sé, quanto piuttosto stimoli a riflettere sulla propria azione profes-sionale e sollecitazioni a porsi sempre nuove domande, a non smettere mai di cercare il senso di ciò che si fa”.

Il libro è suddiviso in tre ambiti tematici: la storia dell’etnografia, la ricerca sul campo e le pratiche for-mative. Il capitolo d’apertura I fonda-menti di un sapere empirico: ambiti di studio, teorie e approcci nel lavoro etnografico scorre veloce lungo i canali teorici e metodologici dell’etnografia. La ricerca qualitativa che acquisisce, con fatica e lentezza, voce in capitolo nel coro egemone delle scienze esatte. Il ruolo del ricercatore – personaggio che mi piace immaginare un po’ a metà tra l’investigatore e il romanziere – e il suo modo di osservare, ascoltare, partecipare, comprendere, interpre-tare, scrivere e restituire gli affreschi verosimili dei suoi incontri con l’Altro. I ricercatori della Scuola di Chicago, che lasciano i bimotori, i caicchi e le canoe per raggiungere quartieri e sob-borghi in metropolitana trasformando, così, l’etnografia classica in etnografia

l volume di Domenico Lipari Dentro la formazione potrebbe apparire come un testo ad uso e consumo esclusivo degli addetti

ai lavori. In realtà, senza negare che i lettori privilegiati siano sia gli esper-ti, gli studiosi e i professionisti della formazione in quanto avvantaggiati da conoscenze culturalmente affini nonché affinate dall’esperienza, sia gli studenti universitari e gli esordienti nel settore, in quanto stimolati dal-la volontà di irrobustire i saperi di una professione alla quale si stanno affacciando, credo che un libro ben strutturato e ben scritto che rivela, al di là delle staccionate disciplinari, come l’uomo si racconta, possa suscita-re l’interesse anche di chi non saprebbe descrivere, a parole, cos’è e di cosa si occupa l’etnografia. Un libro il cui proposito è schiettamente dichiarato dall’autore nelle ultime righe dell’in-troduzione “Il volume dunque, vuole essere un invito all’etnografia rivol-to a chiunque sia interessato ad una comprensione profonda delle pratiche che si addensano attorno ai processi di apprendimento degli adulti, nella speranza che le loro attività trovino

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DENTRO LA FORMAZIONE ETNOGRAFIA PRATICHE APPRENDIMENTO

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Titolo Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimentoAutore Domenico LipariAnno 2016Casa editrice Guerini Next, MilanoPagine 246Prezzo 22 euro

LA SCHEDA

descrivere, comprendere le pratiche di formazione descrive e spiega in che modo l’approccio etnografico entra nei processi formativi e qual è il valore concreto di questo incontro. Lo schema sequenziale della formazione classica analisi dei bisogni – progettazione – realizzazione – valutazione, forse an-cora valido o forse obsoleto in quello che l’autore chiama arcipelago delle pratiche professionali, può acquistare, attraverso l’etnografia, nuovi significa-ti, nuovi orizzonti di senso, soprattutto se pensiamo a quanto la profondità e scrupolosità dell’etnografo nell’os-servare, individuare e narrare i movi-mentati intrecci di relazioni presenti nelle realtà organizzate possa essere cruciale, in particolare, nei momenti in cui si scovano e analizzano i bisogni e in quelli in cui si ha la responsabilità di valutare esiti o propositi. Il capitolo è supportato, considerate le ricadute pratiche e operative derivanti dalla sua lettura, da casi tratti da reali esperien-ze professionali e dalla presentazione di ampi frammenti di testi e resoconti di ricerche. n

sociale. La grounded theory. La svol-ta interpretativa di C. Geertz e quella letteraria di Scrivere le culture di J. Clifford e G. E. Marcus, giusto per ci-tare almeno qualche autore tra tutti quelli presentati ai lettori.

La seconda sezione del volume si concentra sui metodi e sulle tecniche della ricerca etnografica. Risponde in maniera chiara ed esaustiva a tre sem-plici domande: qual è il lavoro dell’et-nografo? Qual è il suo campo d’azione? In che modo raccoglie, studia e conse-gna ai lettori i fatti e i comportamenti che osserva? Un lavoro artigianale e un metodo malleabile, che si adatta agli obiettivi conoscitivi, alle carat-teristiche degli oggetti e dei soggetti che incontra e alla natura del campo di indagine. Un lavoro che si basa sulla capacità di chiedere con pertinenza, di intervistare dialogando, di riflettere con costanza e di comprendere che il proprio registro stilistico è valido proprio in quanto unico. Un capitolo consistente, arricchito anche dalle pro-prietà esplicative e di approfondimento e dalle suggestioni letterarie delle note a piè pagina.

Il terzo e ultimo capitolo Osservare,

Valentina VinottiFormatrice e consulente free-lance. Svolge attività progettuali e didattiche relative alla valorizzazione delle persone, alla comunicazione interna, alla gestione dei gruppi e alle competenze relazionali con particolare interesse all’approccio della comunità di pratica. Collabora con società di formazione, associazioni di categoria e PMI.

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««Immergersi dentro la formazione compor-ta l’andare a vedere come avviene il concre-to configurarsi dell’azio-ne formativa in quanto contesto che fornisce pretesti per la nascita di eventi, racconti, sto-rie che trasformano l’e-sperienza lavorativa e le traiettorie professionali dei soggetti»

Dalla postfazione al volume di Giuseppe Scaratti

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tato di fare un lavoro agghiacciante: sodomizzare le persone che gli vengono “commissionate” al fine di umiliarle. Il suo padrino è un personaggio ambiguo da cui a un certo punto cercherà di affrancarsi, così che il film perde di vista la sua trama malavitosa – fatta di sgarri, omicidi, tradimenti, vendette, verità nascoste – per diventare la (più semplice) storia di un’emancipazione dagli altri verso di sé. Perché questa dovrebbe essere la più importante “competenza”, professionalmente par-lando: sapere che il lavoro che si fa è giusto per noi. Che ci rappresenta, che ci valorizza in quanto persone. Solo così daremo il meglio, le altre “com-petenze” (quelle tecniche) si possono imparare strada facendo. n

olte volte, nel corso delle lezioni di “Cine-ma ed enogastrono-mia” che tengo in varie

università (Suor Orsola Benincasa di Napoli, IULM e Sapienza), quando i ragazzi iniziano a parlarmi del lavoro che non c’è io chiedo loro “Ma se tut-to ti fosse possibile, tu cosa vorresti fare?”. La risposta molto spesso è un imbarazzato silenzio: un po’ perché le passioni richiedono tempo per essere bene riconosciute, un po’ perché è più facile comportarsi della serie “lasciala andare come va” (la vita). Due film re-centi, presentati entrambi al Festival di Cannes 2016, sembrano confermare questa riflessione. Nel primo – Perso-nal shopper, non riuscito, ma corag-

gioso – la giovane protagonista, l’ex Twilight alias Kristen Stewart, lavora per una donna ricca scegliendo per lei vestiti, gioielli e viaggi. È un po’ come se vivesse una vita non sua, regalando a un’altra persona la propria sensibilità e il proprio gusto, invece di metterli a servizio di un progetto che veda al centro se stessa, tant’è che il regista (e sceneggiatore) Olivier Assayas non a caso la fa poi smarrire (e con lei il film) in una storia paranormale di fantasmi che rappresenta simbolicamente il suo personalissimo smarrimento e la sua non realizzata identità. Nel secondo (bel) film – Pericle il nero – il prota-gonista Riccardo Scamarcio è un due di briscola della Camorra in Belgio, nel senso che per sopravvivere ha accet-

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SAPERE COSA SI VUOLE

L’AZIENDA È TUTTA UN FILMidee

Marco [email protected], sceneggiatore, critico

Titolo Personal ShopperNazione BelgioAnno 2016Genere Drammatico/thrillerDurata 110 minutiRegia Olivier AssayasCast Kristen Stewart, Lars Eidinger, Anders Danielsen Lie, Nora von Waldstätten, Sigrid Bouaziz

Titolo Pericle il neroNazione Italia, Belgio e FranciaAnno 2016Genere DrammaticoDurata 105 minutiRegia Stefano MordiniCast Riccardo Scamarcio, Marina Foïs, Valentina Acca, Gigio Morra, Maria Luisa Santella

XCXCXCXCXCXCAIDPnews UN NUOVO SERVIZIO PER I SOCIAIDPnews

a nuova Rassegna Stampa e Web AIDP offre una selezione degli articoli più significativi inerenti il settore delle risorse umane, della formazione e ri-

collocazione professionale, notizie inerenti il mercato del lavoro e le principali novità nor-mative (escluse notizie riguardanti annunci di impiego o richieste di lavoro), oltre a tutti gli articoli che parlano dell’Associazione. Le fonti stampa riguardano i principali quotidiani nazionali comprensivi di inserti di interesse, pubblicazioni economico finanziarie, testate specializzate. Le fonti web, notizie da blog, siti e social.

AIDP ORE 9.30RASSEGNA STAMPA E WEB

L Credenziali di accesso Area Riservata Soci

Niente paura, se non le hai mai usate... recuperarle

è facile: basta richiederle al momento del login e ti verranno inviate

automaticamente. E per ogni problema... puoi contare sempre sulla Segreteria

Nazionale AIDP: [email protected]

tel. 02 6709558

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Un importante nuovo servizio di aggiornamento per i Soci. Una panoramica quotidiana sullo scenario del mercato del lavoro arricchita

dagli articoli che parlano di noi

DELIVERY La rassegna è realizzata dal lunedì al venerdì alle ore 9.30. Eventuali articoli apparsi il sabato e la domenica, ver-ranno ripresi il lunedì successivo. MODALITÀ DI FRUIZIONELa piattaforma web (CercaNotizie 4 AIDP) è accessibile dall’Area Riservata Soci (dall’ho-me page del sito www.aidp.it) inserendo le proprie credenziali. La rassegna è consultabile 24 ore su 24 e da qualsiasi dispositivo. La piattaforma infine consente alcune operazioni utili per ricerche personalizzate (data, testata, keywords,...), per l’editing e l’esportazione dei file.

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XCXCXCXCXCXCAIDPnews ROAD SHOW ISTITUZIONALEAIDPnews

I POMERIGGI DEL LAVORO Un’esperienza concreta sull’alternanza scuola-lavoro

I Pomeriggi del Lavoro si svolgono in partnership con l’università, vedono la presenza di politici ed istituzioni e la partecipazione di tanti professionisti delle risorse umane. Sono un momento di forte crescita e formazione, indipendentemente se chi ascolta vive da anni le problematiche toccate o è appena entrato in una direzione HR. Parlamento, Governo e Società Civile: tre visioni a confronto è il sottotitolo del percorso che riassume quanto finora ho detto. Generalmente prima della discus-sione del tema viene anche lanciato un opinionario tra i soci AIDP e tra gli appartenenti al gruppo su Linkedin (coinvolgendo quindi più di 17.000 persone) che cerca di focalizzare il tema dando voce alla popolazione HR. Quindi, ogni volta, un evento da non perdere. Dopo l’appuntamento si cerca di approfondire il tema attraverso discussioni con tutti gli intervenuti e incontri bilaterali che offrano la nostra vision.

L’ultimo tema toccato è stato quello dell’al-ternanza scuola-lavoro. Lo abbiamo affrontato

Pomeriggi del Lavoro sono una delle attività più concrete messe in campo

da AIDP quest’anno; frutto di quello che sono stati i road show dello scorso

anno. Vogliono portare l’esperienza concreta degli operatori delle risorse

umane su di un argomento con la tecnica del benchmarking ovvero del confron-

to tra coloro che hanno studiato, ragionato e lavorato intorno a una esperienza.

ad aprile ma la discussione e l’evento sono sfociati (nello spirito di quanto scritto) in un confronto al MIUR, tentando di dare il nostro contributo in quell’ottica di costante miglioramento che ci contraddistingue e che la Presidente nazionale Isabella Covili Faggioli ha richiamato a Roma a viale Trastevere (sede del Ministero). Ma tornia-mo al 18 aprile 2016 all’Università di Modena e Reggio Emilia nel corso di uno dei Pomeriggi

IDavid Trotti Coordinatore nazionale Centro Studi AIDP e Presidente AIDP Lazio

di David Trotti [email protected]{

XCXCXCXCXCXCROAD SHOW ISTITUZIONALE

AIDP che ha visto un acceso dibattito e confronto sul tema dell’alternanza suola lavoro. Per parlar-ne utilizzerò la tecnica che sta rendendo questa esperienza ricca e da non perdere, farò parlare i soggetti coinvolti.

Iniziamo cercando di capire cosa è l’alternanza scuola-lavoro.

Il Ministero del Lavoro (cliclavoro.gov.it) lo spiega così:

Realizzare corsi di formazione all’interno del ciclo di studi, sia nel sistema dei licei sia nell’i-struzione professionale, è un modello didattico che si sta radicando sempre di più anche in Italia. Si chiama alternanza scuola-lavoro e intende fornire ai giovani, oltre alle conoscenze di base, quelle competenze necessarie a inserirsi nel mercato del lavoro, alternando le ore di studio a ore di for-mazione in aula e ore trascorse all’interno delle aziende, per garantire loro esperienza “sul campo” e superare il gap “formativo” tra mondo del lavoro e mondo accademico in termini di competenze e preparazione: uno scollamento che spesso carat-terizza il sistema italiano e rende difficile l’inse-rimento lavorativo una volta terminato il ciclo di studi. L’alternanza intende integrare i sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro at-traverso una collaborazione produttiva tra i diversi ambiti, con la finalità di creare un luogo dedicato all’apprendimento in cui i ragazzi siano in grado di imparare concretamente gli strumenti del “me-stiere” in modo responsabile e autonomo. Se per

All’incontro de I Pomeriggi del Lavoro – che si è svolto all’Uni-versità degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il 18 aprile – sul tema Alternanza Scuola-Lavoro hanno partecipato, tra gli altri: Angelo Oreste Andrisano Rettore UNIMORE, Cesare Damiano Presidente Commis-sione Lavoro Camera dei Depu-tati, Presidente Lavoro&Welfare, Isabella Covili Faggioli Pre-sidente Nazionale AIDP, Mi-chele Tiraboschi UNIMORE e ADAPT. Per AIDP Taskforce: Alessandro Chiesa Ferrari, Filippo Di Gregorio Dallara, Luigi Torlai Ducati.

Ha coordinato i lavori Gustavo Bracco Coordinatore Comitato Scientifico AIDP.

Il ciclo I Pomeriggi del Lavoro continua. Prossima tappa il 12 settembre all’Università degli Studi di Torino con Il lavoro nella stabilità: contratto a tutele crescenti versus vou-cher.

I POMERIGGI DEL LAVORO

Parlamento, Governo e Società Civile: tre visioni a confronto

L’evento del 18 aprile

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i giovani rappresenta un’opportunità di crescita e di inserimento futuro nel mercato del lavoro, per le aziende si tratta di investire strategicamente in capitale umano ma anche di accreditarsi come enti formativi. Con la Legge 107/2015 questo nuovo approccio alla didattica, rivolto a tutti gli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno, prevede obbligatoriamente un percorso di orientamento utile ai ragazzi nella scelta che dovranno fare una volta terminato il percorso di studio. Il periodo di alternanza scuola-lavoro si articola in 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i licei. I percorsi formativi di alternanza scuola-lavoro sono resi possibili dalle istituzioni scolastiche, sulla base di apposite convezioni stipulate con imprese, camere di commercio, industria, artigianato, commercio, agricoltura, terzo settore che sono disposti a ospi-tare lo studente per il periodo dell’apprendimento. Affinché si realizzi una convenzione, l’istituzione scolastica si impegna a fare un’attenta e accurata valutazione del territorio in cui va ad inserirsi. Dopo questa fase di studio, le scuole individua-no le realtà produttive con le quali poter avviare collaborazioni concrete: queste assumeranno sia la forma di accordi ad ampio raggio, a valenza pluriennale, sia di convenzioni operative per la concreta realizzazione dei percorsi.

Il Ministero richiama più volte uno dei soggetti coinvolti: la singola scuola, il preside e il corpo insegnante che sono in un luogo e in un territorio su cui opera una singola azienda e che rappresenta dal punto di vista educativo la carta di identità di un territorio. Pensiamo alla differenza cultu-rale tra una scuola sarda e una del Friuli Venezia Giulia, infatti le scuole racchiudono e raccolgono tutto il potenziale di un territorio (dove non ci sono scuole probabilmente non c’è futuro). Questo aspetto particolare dal punto di vista delle aziende

viene percepito in maniera molto forte, anche se tutte le esperienze di scuola-lavoro con cui siamo entrati in contatto ne riconoscono e promuovono il valore intrinseco e assoluto, indipendentemente dal territorio.

L’alternanza scuola-lavoro è un’esperienza non nuova (anzi!) per le Direzioni HR come Dal-lara, Ducati e Ferrari - come hanno ampiamente dimostrato il 18 aprile - e fa parte in maniera consolidata e permanente della cultura aziendale che, del confronto con il proprio territorio di ap-partenenza, fa un punto di forza. Questo concetto è rappresentato in maniera splendida nelle parole di Filippo Di Gregorio HR Director di Dallara Spa: Da alcuni anni Dallara sta lavorando in una logica di rete, guidata da uno dei principi ispiratori che può essere sintetizzato da una frase dell’AD, l’Ing. Andrea Pontremoli: “quello che stiamo facendo, lo stiamo facendo anche per la nostra valle, la Val Ceno, perché crediamo nel Territorio...la diffusione della cultura tecnico-scientifica e l’integrazione tra istruzione, educazione, formazione innovativa e tessuto economico produttivo rappresentano un fattore strategico per accrescere la competitività sui mercati internazionali”.

Eccoci al punto. Una delle cose più concrete che possiamo fare come HR è quella di aiutare i ragazzi e le ragazze a capire il mondo del lavoro che sarà per gran parte un elemento essenziale della loro vita. Da anni i soci AIDP (che ricordiamolo sono anche genitori e molto spesso sono nelle istituzioni scolastiche) entrano nelle scuole per raccontare come si fa un colloquio di lavoro e come si scrive un curriculum. L’alternanza scuola-lavoro offre la possibilità di poter vivere, guidati e all’interno di un progetto, il mondo del lavoro. Alle aziende permette di valutare il potenziale e il talento di coloro che saranno probabilmente un giorno il loro

“Una delle cose più concrete che possiamo fare come HR è quella di aiutare i ragazzi e le ragazze a capire il mondo del lavoro”

XCXCXCXCXCXCAIDPnews ROAD SHOW ISTITUZIONALEAIDPnews

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capitale umano, come ci racconta Luca Battistini nel box qui sotto.

Si tratta di cogliere il valore della sinergia tra istruzione e azienda che oggi coinvolge non solo gli istituti tecnici, ma anche i licei.

Qui la lungimiranza e il progetto a lungo termine sono essenziali, il domani si costruisce nel presente e oggi, investendo qualche risorsa anche econo-mica, sicuramente diminuiremo i costi di domani,

ma soprattutto avremo modo di evitare quei sei mesi “terribilis” che viviamo quando inseriamo una risorsa in azienda che, prima di tutto, deve capire cosa significa lavorare. Poi permettetemi un’annotazione, siamo stati, siamo o saremo tutti padri e madri e con l’alternanza scuola-lavoro aiuteremo i nostri figli, perché se aiutiamo i ragazzi a fare esperienza qualche nostro collega aiuterà i nostri figli a fare la loro. n

XCXCXCXCXCXCROAD SHOW ISTITUZIONALE

Il Gruppo ECV – Elite Club Va-canze – ha aderito con con-vinzione al progetto alternanza scuola-lavoro finalizzando l’in-serimento di tre giovani attra-verso percorsi formativi mirati. Mediante questa esperienza abbiamo avuto l’opportunità di trasmettere agli studenti nozioni riguardanti l’organiz-zazione dell’impresa (funzioni, regole, strut-tura, ruoli, ecc.), dando loro la possibilità di approfondire la conoscenza di un settore professionale, nel nostro caso quello del turismo, così che potessero, alla fine del percorso scolastico, effettuare un’analisi più consapevole delle proprie capacità avendo un’immagine chiara del mondo del lavoro e delle organizzazioni presenti da confrontare con le proprie aspettative. Proprio in virtù dello specifico progetto alternanza scuola-lavoro abbiamo inserito un giovane che adesso riveste in azien-da il ruolo di Sviluppatore Web inoltre, grazie a percorsi formativi strutturati ad hoc in collaborazione con l’Università e altri Enti formativi, abbiamo inserito due nuove risorse adesso assunte a tempo indeterminato.

Per fare questo è stata fondamentale

un’analisi preliminare del fab-bisogno aziendale e la sinergia virtuosa con enti partner che hanno strutturato con noi un percorso che, partito dall’ana-lisi del contesto aziendale, si è focalizzato sull’identificazione

dei profili chiave e delle loro competenze distintive.

La promozione di una transizione age-vole dalla scuola al mondo del lavoro e la finalità di garantire ai giovani l’opportunità di evolvere tanto sotto il profilo professio-nale quanto personale, sono da sempre due questioni fondamentali sia per la no-stra economia che per la nostra società. Oggi queste sfide si rendono ancora più impellenti, in un periodo in cui l’economia globale inizia a riemergere dalla peggiore crisi degli ultimi 50 anni, dove i giovani hanno portato sulle spalle buona parte del peso della recente crisi occupazionale.

Giova osservare, infine, come spesso la prima esperienza lavorativa influisca molto sul futuro della vita professionale, tant’è che un primo lavoro in condizio-ni favorevoli facilita l’integrazione dei giovani nel mondo lavorativo e getta le basi per una buona carriera.

Luca Battistini HR Business Partner Gruppo ECV

L’ESPERIENZA DEL GRUPPO ECV

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AIDPnews

e ne parla al convegno WelFare che fare – Che cosa cambia per aziende e dipendenti. Le potenzialità di un

nuovo mercato, organizzato dal Corriere Economia, che si terrà a Milano, presso la sede del Corriere della Sera in Sala Buzzati, il 20 settembre alle ore 18.00 (registrazioni dalle ore 17.30).

Nel corso dell’incontro saranno presen-tati in anteprima i risultati della ricerca condotta sul campione di 1800 HR Ma-nager e Professional del network AIDP Nuove opportunità di welfare azienda-le, condotta dal professor Luca Pesenti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Tavola rotonda, moderata da Massimo Fracaro, alla presenza del Sottosegreta-rio MEF Pier Paolo Baretta (tbc) e della Presidente nazionale AIDP Isabella Covili Faggioli, con testimonianze delle aziende che hanno più puntato sul welfare.

Quali sono le ultime novità nel settore del welfare aziendale?

Quali le nuove opportunità per aziende e lavoratori?

Programma aggiornato e informazioni sul sito dell’Associazione – www.aidp.it

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DAI GRUPPI REGIONALIAIDPnews

24 giugno 2016 ABRUZZO E MOLISE

“Carissimi, essere Presidente del Gruppo Abruzzo e Molise è stata una palestra di vita oltre che un’esperienza associativa. Sperimentare cose diverse da quelle che possiamo vivere in azienda è un’opportunità che richiede sì molto tempo, impegno, passione, ma ampiamente ripagata dalle rela-zioni che si costruiscono e dalle emozioni che si provano.È questo dunque un invito a trovare la motivazione e il tempo per dedicarsi alla nostra bellissima associazione. Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto insieme a tutta la squadra di AIDP Abruzzo e Molise in questi 6 anni di presidenza e so bene che con Alfonso garantiremo conti-nuità e miglioreremo ulteriormente. Ho trovato amici veri che mi hanno aiutato, supportato e a volte sopportato. Amici che rimangono, indipendentemente da tutto.Ho chiuso il mio intervento della sera in cui c’è stato l’avvi-cendamento tra me e Alfonso parafrasando la famosissima frase di Steve Jobs Stay hungry, stay foolish in Stay angry, stay astonish che descrive bene come abbiamo vissuto gli ultimi anni e come dovremo vivere i prossimi. Dobbiamo credere di poter cambiare il futuro tanto da arrabbiarci quando vediamo che le cose non funzionano, dobbiamo meravigliarci e sognare con gli occhi dei bambini e quindi pensare che ogni cosa sia possibile. Per chi non l’avesse visto, un video per tutti: l’originale dei Coldplay Up&up

(su YouTube e... meravigliatevi!)Buona visione! A presto”.

Raffaele Credidio EMEA HR Operations Director Micron Technology

Alfonso OrfanelliHR Group Director Arti Group Ba-varia e Presidente AIDP Abruzzo e MoliseLaureato in Economia & Mana-gement, master in Crisis Manage-ment e Relazioni Industriali, ha iniziato la sua carriera nel setto-re bancario (Banco di Napoli) per proseguire in Galbani, Coca-Cola, Merker Yshima, Margaritelli SpA, con esperienze che vanno dal set-

tore dei servizi, a quello Commerciale, ICT e HR. Dall’ot-tobre 2015 ricopre la carica di HR Group Director della Arti Group Bavaria, Gruppo internazionale di riferimento nel settore della stampa industriale di libri, rotocalchi, riviste, con oltre 900 dipendenti, la cui Direzione Generale ha base a Bergamo e con filiali in Europa e Sud America. È componente del CdA ricoprendo l’incarico di Datore di Lavoro; fa parte della Giunta Nazionale Assografici e della Commissione Sindacale Nazionale del settore Cartai e Cartografici. Socio AIDP dal 2007, è ora Presidente del Gruppo Abruzzo e Molise.

PASSAGGI DI TESTIMONENei mesi scorsi si sono rinnovate le cariche in quattro Gruppi regionali. Ecco i nuovi Presidenti di AIDP Abruzzo e Molise e di AIDP Lazio, di recente nomina, introdotti dalle parole dei Presidenti uscenti e di AIDP Basilicata e Sicilia. A tutti loro, un grosso benvenuto dalla Redazione di Direzione del Personale

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23 giugno 2016 LAZIO“Cari tutti, con molta soddisfazione e un pizzico di com-mozione, vi informo che l’assemblea soci di AIDP Lazio, pronunciatasi sul rinnovo cariche, al termine del mio secondo mandato triennale, ha eletto David Trotti quale nuovo Presidente. David, che non ha bisogno di presenta-zioni, si è positivamente contraddistinto in associazione in questi anni, sia in ambito regionale che nazionale, e ha mostrato infinita passione oltre che elevatissimo impegno e competenza. Era quindi, senza indugio, la figura più adatta, per know how e per meriti, a prendere in mano le redini del gruppo regionale. Dal canto mio, continuerò a dare il mio fattivo contributo all’interno del nuovo direttivo regionale concepito, come da migliore tradizione AIDP, nell’ottica del “rinnovamento in continuità”. A David e a tutta la squadra auguro, essendone totalmente confidente, i migliori successi per AIDP Lazio”.

Michele Tripaldi HR Manager Interconsulting

David Trotti Partner delle Direzioni HRe Presidente AIDP LazioAppassionato delle risorse umane, affianca le direzioni del personale delle aziende attraverso la condi-visione delle attività dell’ammi-nistrazione del personale e della gestione del capitale umano. Per molti anni Direttore Corporate delle Risorse Umane del Gruppo Mondoconvenienza è anche Con-

sulente del Lavoro. Responsabile del Centro studi AIDP. Giornalista Pubblicista: ha al suo attivo ebook, articoli e video. È Coordinatore scientifico per l’area lavoro della ri-vista Consulenza di Buffetti editore. Professore a contratto presso l’Università Niccolò Cusano di Roma e Commissario Certificatore per le competenze HR di Rina e AIDP.

15 aprile 2016 BASILICATA

Andrea Frascati HR Manager Smart P@per Spae Presidente AIDP BasilicataSmart P@per è una società per azioni con sede nell’area industriale di Sant’Angelo le Fratte (PZ), spe-cializzata nella progettazione, re-alizzazione e gestione di soluzioni per l’archiviazione ed elaborazione elettronica di documenti. Prima della Direzione Risorse Umane (2009) in Smart P@aper, ricopre

il ruolo di General Manager (2008-2009) presso il Gruppo Di Mario Dimatour e in Nicoletti Spa di HR Manager (dal 2006).

1° febbraio 2016SICILIA

Carlo Bruschi Consulente Risorse Umane e Organizzazione SDI Soluzioni d’Impresae Presidente AIDP SiciliaOltre quindici anni di esperien-za all’interno della Direzione Ri-sorse Umane e Organizzazione in primarie società quali Fiat e Finmeccanica, in ruoli di sempre maggiore responsabilità fino a ri-coprire posizioni apicali. Significa-

tive esperienze nello Sviluppo Organizzativo prima e nelle Relazioni Industriali e processi di ristrutturazione poi. Arriva in Sicilia nel 2006 come Direttore Risorse Umane Area Sicilia per Almaviva Contact coordinando tutti i siti produttivi presenti nell’isola. Innamoratosi della terra decide di fermarsi trasformandosi nel 2011 in consulen-te. Da allora opera come Consulente di Direzione nelle tematiche Risorse Umane e Organizzazione affiancando primarie aziende siciliane in processi di efficientamento delle strutture organizzative e dei processi di lavoro. È partner di Soluzioni d’impresa e collabora con Fondirigenti nel progetto “Visite in Itinere”. n

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Labour is a hard job

VI GUIDIAMO SU ROTTETRACCIATE DA EFFICIENZA,PARTNERSHIP E TECNOLOGIA.IL SENSO DEL LAVOROÈ ANCHE QUESTO.

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La sfida del futuro? Una funzione HR in grado di stimolare e motivare le persone, rimettendo al centro delle organizzazioni il lavoro

IL REPORTAGE DEL CONGRESSO AIDP CON I CONTRIBUTI DI GIULIANO POLETTI, GIOVANNI COSTA, STEFANO VENTURI, PIER LUIGI CELLI, ENZO SPALTRO, GIUSEPPE VARCHETTA, ROBERTO CINGOLANI, MAURIZIO SACCONI, SALVATORE PIRRONE }{

LA GRANDE SCOMMESSA

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE

NUMEROsettembre 2016 178

dal 1980