Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani DIcembre 2016... · Il criterio dell’amore...

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“Un amore che non riconosce che Gesù è venuto in Carne, nella Carne, non è l’amore che Dio ci comanda. E’ un amore monda- no, è un amore filoso- fico, è un amore a- stratto, è un amore un po’ venuto meno, è un amore soft. No! Il criterio dell’amore cristiano è l’Incarnazione del Verbo. Chi dice che l’amore cristiano è un’altra cosa, questo è l’anticristo! Che non riconosce che il Ver- bo è venuto in Carne. E questa è la nostra verità: Dio ha inviato suo Figlio, si è incar- nato e ha fatto una vita come noi. Amare come ha amato Ge- sù; amare come ci ha insegnato Gesù; a- mare dietro l’esempio di Gesù; amare, cam- minando sulla strada di Gesù. E la strada di Gesù è dare la vi- ta”. “Questo andare oltre è un mistero: è uscire dal Mistero dell’Incarnazione del Verbo, del Mistero della Chiesa. Perché la Chie- sa è la comunità attor- no alla presenza di Cri- sto, che va oltre. Quella parola tanto forte, no? … proagon, chi cammi- na oltre. E da lì nasco- no tutte le ideologie: le ideologie sull’amore, le ideologie sulla Chiesa, le ideologie che tolgono alla Chiesa la Carne di Cristo. Queste ideologie scarnificano la Chiesa! ‘Sì, io sono cattolico; sì sono cristiano; io amo tutto il mondo di un amo- re universale’… Ma è tanto etereo. Un amore è sempre dentro, concreto e non oltre questa dottri- na dell’Incarnazione del Verbo”. “Preghiamo il Signore perché il nostro cammi- nare nell’amore mai – mai! – faccia di noi un amore astratto. Ma che l’amore sia concreto, con le opere di misericordia, che si tocca la Carne di Cristo lì, di Cristo Incar- nato. E’ per questo che il diacono Lorenzo ha detto ‘I poveri sono il tesoro della Chiesa!’. Perché? Perché sono la carne sof- ferente di Cristo! Chiedia- mo questa grazia di non andare oltre e non entra- re in questo processo, che forse seduce tanta gente, di intellettualizza- re, di ideologizzare que- sto amore, scarnificando la Chiesa, scarnificando l’amore cristiano. E non arrivare al triste spettacolo di un Dio senza Cri- sto, di un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo”. (Papa Francesco 11.Novembre 2016) L’INCARNAZIONE DEL VERBO L’INCARNAZIONE DEL VERBO L’INCARNAZIONE DEL VERBO Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani DICEMBRE 2016, ANNO VI

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“Un amore che non riconosce che Gesù è venuto in Carne, nella Carne, non è l’amore che Dio ci comanda. E’ un amore monda-no, è un amore filoso-fico, è un amore a-stratto, è un amore un po’ venuto meno, è un amore soft. No! Il criterio dell’amore cristiano è l’Incarnazione del Verbo. Chi dice che l’amore cristiano è un’altra cosa, questo è l’anticristo! Che non riconosce che il Ver-bo è venuto in Carne. E questa è la nostra verità: Dio ha inviato suo Figlio, si è incar-nato e ha fatto una vita come noi. Amare come ha amato Ge-sù; amare come ci ha insegnato Gesù; a-mare dietro l’esempio di Gesù; amare, cam-minando sulla strada di Gesù. E la strada di Gesù è dare la vi-ta”. “Questo andare oltre è un mistero: è uscire dal Mistero dell’Incarnazione del

Verbo, del Mistero della Chiesa. Perché la Chie-sa è la comunità attor-no alla presenza di Cri-

sto, che va oltre. Quella parola tanto forte, no? … proagon, chi cammi-na oltre. E da lì nasco-no tutte le ideologie: le ideologie sull’amore, le ideologie sulla Chiesa, le ideologie che tolgono

alla Chiesa la Carne di Cristo. Queste ideologie scarnificano la Chiesa! ‘Sì, io sono cattolico; sì sono cristiano; io amo tutto il mondo di un amo-re universale’… Ma è tanto etereo. Un amore è

sempre dentro, concreto e non oltre questa dottri-na dell’Incarnazione del Verbo”. “Preghiamo il Signore perché il nostro cammi-nare nell’amore mai – mai! – faccia di noi un amore astratto. Ma che l’amore sia concreto, con le opere di misericordia, che si tocca la Carne di Cristo lì, di Cristo Incar-nato. E’ per questo che il diacono Lorenzo ha detto ‘I poveri sono il tesoro della Chiesa!’. Perché? Perché sono la carne sof-ferente di Cristo! Chiedia-mo questa grazia di non andare oltre e non entra-re in questo processo, che forse seduce tanta gente, di intellettualizza-re, di ideologizzare que-sto amore, scarnificando la Chiesa, scarnificando l’amore cristiano. E non

arrivare al triste spettacolo di un Dio senza Cri-sto, di un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo”. (Papa Francesco 11.Novembre 2016)

L’INCARNAZIONE DEL VERBOL’INCARNAZIONE DEL VERBOL’INCARNAZIONE DEL VERBO

Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani

DICEMBRE 2016, ANNO VI

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UN CANTO DI VITA... Iniziano proprio oggi i giorni dell’Avvento che ci preparano immediatamente al Natale del Signore: sia-

mo nella Novena di Natale che in tante comunità cristiane viene celebrata con liturgie ricche di testi biblici, tutti orientati ad alimentare l’attesa per la nascita del Salvatore. La Chiesa intera in effetti concentra il suo sguardo di fede verso questa festa ormai vicina predisponendosi, come ogni anno, ad unirsi al cantico gio-ioso degli angeli, che nel cuore della notte annunzieranno ai pastori l’evento straordinario della nascita del Redentore, invitandoli a recarsi nella grotta di Betlemme. Là giace l’Emmanuele, il Creatore fattosi creatu-ra, avvolto in fasce e adagiato in una povera mangiatoia (cfr Lc 2,13-14).

Per il clima che lo contraddistingue, il Natale è una festa universale. Anche chi non si professa credente,

infatti, può percepire in questa annuale ricorrenza cristiana qualcosa di straordinario e di trascendente, qualcosa di intimo che parla al cuore. E’ la festa che canta il dono della vita. La nascita di un bambino do-vrebbe essere sempre un evento che reca gioia; l’abbraccio di un neonato suscita normalmente sentimenti di attenzione e di premura, di commozione e di tenerezza. Il Natale è l’incontro con un neonato che vagisce in una misera grotta. Contemplandolo nel presepe come non pensare ai tanti bambini che ancora oggi ven-gono alla luce in una grande povertà, in molte regioni del mondo? Come non pensare ai neonati non accolti e rifiutati, a quelli che non riescono a sopravvivere per carenza di cure e di attenzioni? Come non pensare anche alle famiglie che vorrebbero la gioia di un figlio e non vedono colmata questa loro attesa? Sotto la spinta di un consumismo edonista, purtroppo, il Natale rischia di perdere il suo significato spirituale per ridursi a mera occasione commerciale di acquisti e scambi di doni! In verità, però, le difficoltà, le incertez-ze e la stessa crisi economica che in questi mesi stanno vivendo tantissime famiglie, e che tocca l’intera l’umanità, possono essere uno stimolo a riscoprire il calore della semplicità, dell’amicizia e della solidarie-tà, valori tipici del Natale. Spogliato delle incrostazioni consumistiche e materialistiche, il Natale può di-ventare così un’occasione per accogliere, come regalo personale, il messaggio di speranza che promana dal mistero della nascita di Cristo.

Tutto questo però non basta per cogliere nella sua pienezza il valore della festa alla quale ci stiamo pre-

parando. Noi sappiamo che essa celebra l’avvenimento centrale della storia: l’Incarnazione del Verbo divi-no per la redenzione dell’umanità. San Leone Magno, in una delle sue numerose omelie natalizie, così e-sclama: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, ed apriamo il nostro cuore alla gioia più pura. Perché è spunta-to il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso, all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Homilia XXII). Su questa verità fondamen-tale ritorna più volte san Paolo nelle sue lettere. Ai Galati, ad esempio, scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge…perché ricevessimo l’adozione a figli» (4,4). Nella Lettera ai Romani evidenzia le logiche ed esigenti conseguenze di questo evento salvifi-co: «Se siamo figli (di Dio), siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (8,17). Ma è soprattutto san Giovanni, nel Prologo del quarto Vangelo, a meditare profondamente sul mistero dell’Incarnazione. Ed è per questo che il Prologo fa parte della liturgia del Natale fin dai tempi più antichi: in esso si trova infatti l’espressione più autentica e la sintesi più profonda di questa festa e del fondamento della sua gioia. San Giovanni scrive: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

A Natale dunque non ci limitiamo a commemorare la nascita di un grande personaggio; non celebriamo semplicemente ed in astratto il mistero della nascita dell’uomo o in generale il mistero della vita; tanto me-no festeggiamo solo l’inizio della nuova stagione. A Natale ricordiamo qualcosa di assai concreto ed im-portante per gli uomini, qualcosa di essenziale per la fede cristiana, una verità che san Giovanni riassume in queste poche parole: “il Verbo si è fatto carne”. Si tratta di un

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….IL NATALE evento storico che l’evangelista Luca si preoccupa di situare in un contesto ben determinato: nei giorni in

cui fu emanato il decreto per il primo censimento di Cesare Augusto, quando Quirino era già governatore della Siria (cfr Lc 2,1-7). E’ dunque in una notte storicamente datata che si verificò l’evento di salvezza che Israele attendeva da secoli. Nel buio della notte di Betlemme si accese realmente una grande luce: il Crea-tore dell’universo si è incarnato unendosi indissolubilmente alla natura umana, sì da essere realmente “Dio da Dio, luce da luce” e al tempo stesso uomo, vero uomo. Quel che Giovanni, chiama in greco “ho logos” – tradotto in latino “Verbum” e in italiano “il Verbo” - significa anche “il Senso”. Quindi potremmo intende-re l’espressione di Giovanni così: il “Senso eterno” del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla no-stra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo (cfr 1Gv 1,1). Il “Senso” che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una “Parola” rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chia-ma, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo, ma è una Per-sona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme.

A molti uomini, ed in qualche modo a noi tutti, questo sembra troppo bello per essere vero. In effetti, qui

ci viene ribadito: sì, esiste un senso, ed il senso non è una protesta impotente contro l’assurdo. Il Senso ha potere: è Dio. Un Dio buono, che non va confuso con un qualche essere eccelso e lontano, a cui non sareb-be mai dato di arrivare, ma un Dio che si è fatto nostro prossimo e ci è molto vicino, che ha tempo per cia-scuno di noi e che è venuto per rimanere con noi. E’ allora spontaneo domandarsi: “E’ mai possibile una cosa del genere? E’ cosa degna di Dio farsi bambino?”. Per cercare di aprire il cuore a questa verità che illumina l’intera esistenza umana, occorre piegare la mente e riconoscere la limitatezza della nostra intelli-genza. Nella grotta di Betlemme, Dio si mostra a noi umile “infante” per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo.

Cari fratelli e sorelle, il Natale è un’opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della no-

stra esistenza. L’approssimarsi di questa solennità ci aiuta a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia nella quale gli uomini, feriti dal peccato, sono perennemente alla ricerca della felicità e di un senso appagante del vivere e del morire; dall’altra, ci esorta a meditare sulla bontà misericordiosa di Dio, che è venuto incontro all’uomo per comunicargli direttamente la Verità che salva, e per renderlo partecipe della sua amicizia e della sua vita. Prepariamoci, pertanto, al Natale con umiltà e semplicità, disponendoci a rice-vere in dono la luce, la gioia e la pace, che da questo mistero si irradiano. Accogliamo il Natale di Cristo come un evento capace di rinnovare oggi la nostra esistenza. L’incontro con il Bambino Gesù ci renda per-sone che non pensano soltanto a se stesse, ma si aprono alle attese e alle necessità dei fratelli. In questa ma-niera diventeremo anche noi testimoni della luce che il Natale irradia sull’umanità del terzo millennio. Chiediamo a Maria Santissima, tabernacolo del Verbo incarnato, e a san Giuseppe, silenzioso testimone degli eventi della salvezza, di comunicarci i sentimenti che essi nutrivano mentre attendevano la nascita di Gesù, in modo che possiamo prepararci a celebrare santamente il prossimo Natale, nel gaudio della fede e animati dall’impegno di una sincera conversione.

Buon Natale a tutti!

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SI E’ FATTO UOMO “

Cari fratelli e sorelle, in questo tempo natalizio ci soffermiamo ancora una volta sul grande mistero di Dio che è sceso dal suo Cielo per entrare nella nostra carne. In Gesù, Dio si è incarnato, è diventato uomo come noi, e così ci ha aperto la strada verso il suo Cielo, verso la comunione piena con Lui. In questi giorni, nelle nostre chiese è risuonato più volte il termine “Incarnazione” di Dio, per esprimere la realtà che celebriamo nel Santo Natale: il Figlio di Dio si è fatto uomo, come recitiamo nel Credo. Ma che cosa significa questa parola centrale per la fede cristiana? Incarnazione deriva dal latino “incarnatio”. Sant'Ignazio di Antiochia - fine del primo secolo - e, soprattutto, sant’Ireneo hanno usato questo termine riflettendo sul Prologo del Vangelo di san Giovanni, in particolare sull’espressione: “Il Verbo si fece car-ne” (Gv 1,14). Qui la parola “carne”, secondo l'uso ebraico, indica l’uomo nella sua integralità, tutto l'uo-mo, ma proprio sotto l’aspetto della sua caducità e temporalità, della sua povertà e contingenza. Questo per dirci che la salvezza portata dal Dio fattosi carne in Gesù di Nazaret tocca l’uomo nella sua realtà concreta e in qualunque situazione si trovi. Dio ha assunto la condizione umana per sanarla da tutto ciò che la separa da Lui, per permetterci di chiamarlo, nel suo Figlio Unigenito, con il nome di “Abbà, Padre” ed essere ve-ramente figli di Dio. Sant’Ireneo afferma: «Questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell’uomo: perché l’uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio» (Adversus haereses, 3,19,1: PG 7,939; cfr Catechismo della Chiesa Catto-lica, 460). “Il Verbo si fece carne” è una di quelle verità a cui ci siamo così abituati che quasi non ci colpisce più la grandezza dell’evento che essa esprime. Ed effettivamente in questo periodo natalizio, in cui tale espressio-ne ritorna spesso nella liturgia, a volte si è più attenti agli aspetti esteriori, ai “colori” della festa, che al cuore della grande novità cristiana che celebriamo: qualcosa di assolutamente impensabile, che solo Dio poteva operare e in cui possiamo entrare solamente con la fede. Il Logos, che è presso Dio, il Logos che è Dio, il Creatore del mondo, (cfr Gv 1,1), per il quale furono create tutte le cose (cfr 1,3), che ha accompa-gnato e accompagna gli uomini nella storia con la sua luce (cfr 1,4-5; 1,9), diventa uno tra gli altri, prende dimora in mezzo a noi, diventa uno di noi (cfr 1,14). Il Concilio Ecumenico Vaticano II afferma: «Il Figlio di Dio … ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Cost. Gaudium et spes, 22). E’ importante allora recuperare lo stupore di fronte a questo mistero, lasciarci avvolgere dalla grandezza di questo evento: Dio, il vero Dio, Creatore di tutto, ha percorso come uomo le nostre strade, entrando nel tempo dell’uomo, per comunicarci la sua stessa vita (cfr 1 Gv 1,1-4). E lo ha fatto non con lo splendore di un sovrano, che assoggetta con il suo potere il mondo, ma con l’umiltà di un bambino. Vorrei sottolineare un secondo elemento. Nel Santo Natale di solito si scambia qualche dono con le persone più vicine. Talvolta può essere un gesto fatto per convenzione, ma general-mente esprime affetto, è un segno di amore e di stima. Nella preghiera sulle offerte della Messa dell’aurora della Solennità di Natale la Chiesa prega così: «Accetta, o Padre, la nostra offerta in questa notte di luce, e per questo misterioso scambio di doni trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria». Il pensiero della donazione, quindi, è al centro della liturgia e richiama alla nostra coscien-za l’originario dono del Natale: in quella notte santa Dio, facendosi carne, ha voluto farsi dono per gli uo-mini, ha dato se stesso per noi; Dio ha fatto del suo Figlio unico un dono per noi, ha assunto la nostra uma-nità per donarci la sua divinità. Questo è il grande dono. Anche nel nostro donare non è importante che un regalo sia costoso o meno; chi non riesce a donare un po’ di se stesso, dona sempre troppo poco; anzi, a volte si cerca proprio di sostituire il cuore e l’impegno di donazione di sé con il denaro, con cose materiali. Il mistero dell’Incarnazione sta ad indicare che Dio non ha fatto così: non ha donato qualcosa, ma ha dona-to se stesso nel suo Figlio Unigenito. Troviamo qui il modello del nostro donare, perché le nostre relazioni, specialmente quelle più importanti, siano guidate dalla gratuità dell'amore.

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Vorrei offrire una terza riflessione: il fatto dell’Incarnazione, di Dio che si fa uomo come noi, ci mostra l’inaudito realismo dell’amore divino. L’agire di Dio, infatti, non si limita alle parole, anzi potremmo dire che Egli non si accontenta di parlare, ma si immerge nella nostra storia e assume su di sé la fatica e il peso della vita umana. Il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo, è nato dalla Vergine Maria, in un tempo e in un luogo determinati, a Betlemme durante il regno dell’imperatore Augusto, sotto il governatore Quirino (cfr Lc 2,1-2); è cresciuto in una famiglia, ha avuto degli amici, ha formato un gruppo di discepoli, ha istru-ito gli Apostoli per continuare la sua missione, ha terminato il corso della sua vita terrena sulla croce. Que-sto modo di agire di Dio è un forte stimolo ad interrogarci sul realismo della nostra fede, che non deve es-sere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza, deve toccare cioè la nostra vita di ogni giorno e orientarla anche in modo pratico. Dio non si è fermato alle parole, ma ci ha indicato come vivere, condividendo la nostra stessa esperienza, fuorché nel peccato. Il Ca-techismo di san Pio X, che alcuni di noi hanno studiato da ragazzi, con la sua essenzialità, alla domanda: «Per vivere secondo Dio, che cosa dobbiamo fare?», dà questa risposta: «Per vivere secondo Dio dobbiamo credere le verità rivelate da Lui e osservare i suoi comandamenti con l'aiuto della sua grazia, che si ottiene mediante i sacramenti e l'orazione». La fede ha un aspetto fondamentale che interessa non solo la mente e il cuore, ma tutta la nostra vita. Un ultimo elemento propongo alla vostra riflessione. San Giovanni afferma che il Verbo, il Logos era fin dal principio presso Dio, e che tutto è stato fatto per mezzo del Verbo e nulla di ciò che esiste è stato fatto senza di Lui (cfr Gv 1,1-3). L’Evangelista allude chiaramente al racconto della creazione che si trova nei primi capitoli del Libro della Genesi, e lo rilegge alla luce di Cristo. Questo è un criterio fondamentale nel-la lettura cristiana della Bibbia: l’Antico e il Nuovo Testamento vanno sempre letti insieme e a partire dal Nuovo si dischiude il senso più profondo anche dell’Antico. Quello stesso Verbo, che esiste da sempre presso Dio, che è Dio Egli stesso e per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato creato (cfr Col 1,16-17), si è fatto uomo: il Dio eterno e infinito si è immerso nella finitezza umana, nella sua creatura, per ricondurre l’uomo e l’intera creazione a Lui. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: «La prima cre-azione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova creazione in Cristo, il cui splendore supera quello della prima» (n. 349). I Padri della Chiesa hanno accostato Gesù ad Adamo, tanto da definirlo «secondo Adamo» o l’Adamo definitivo, l’immagine perfetta di Dio. Con l’Incarnazione del Figlio di Dio avviene una nuova creazione, che dona la risposta completa alla domanda «Chi è l’uomo?». Solo in Gesù si manifesta compiu-tamente il progetto di Dio sull’essere umano: Egli è l’uomo definitivo secondo Dio. Il Concilio Vaticano II lo ribadisce con forza: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo... Cristo, nuovo Adamo, manifesta pienamente l’uomo all’uomo e gli svela la sua altissima vo-cazione» (Cost. Gaudium et spes, 22; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 359). In quel bambino, il Fi-glio di Dio contemplato nel Natale, possiamo riconoscere il vero volto, non solo di Dio, ma il vero volto dell’essere umano; e solo aprendoci all’azione della sua grazia e cercando ogni giorno di seguirlo, noi rea-lizziamo il progetto di Dio su di noi, su ciascuno di noi.

Cari amici, in questo periodo meditiamo la grande e meravigliosa ricchezza del Mistero dell’Incarnazione, per lasciare che il Signore ci illumini e ci trasformi sempre più a immagine del suo Figlio fatto uomo per noi. (Benedetto XVI, 12 Gennaio 2013)

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E’ GESU’ CRISTO

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1. La verità dell’annuncio Fa da riferimento immediato il mistero dell’Incarnazione così come è proposto dal Papa nella Tertio millennio adveniente. 1.1. Prima che una dottrina, l’Incarnazione del Verbo, è un evento del tutto gratuito di Dio verso il mondo, il cuore anzi di tutti i grandi atti del suo progetto di salvezza, l’espressione più alta del suo amore verso l’umanità e verso tutta la creazione (cf. Gv 3,16). 1.2. L’evento dell’Incarnazione è anzitutto rivelazione del mistero stesso di Dio, della comunione trini-taria, cioè dell’essere e dell’opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Nell’Incarnazione si mani-festa il volto di Dio nella sua profonda verità e, nel contempo, dal volto genuino di Dio cogliamo il si-gnificato profondo dell’Incarnazione: "In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha man-dato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui" (1Gv 4,9). Da allo-ra, da quando il Verbo si è incarnato, riconoscere e incontrare Dio attraverso Gesù e riconoscere e in-contrare Gesù alla luce del mistero di Dio diventa congiuntamente la grazia e la logica suprema della fede (cf. Mt 11,27). 1.3. L’avvenimento dell’Incarnazione non si limita al primo apparire del Figlio unigenito di Dio sulla terra, ma si prolunga e dunque comprende la totalità dell’opera di Gesù, la sua missione redentrice e i suoi frutti nell’opera dello Spirito Santo e della Chiesa, che ha in Maria l’immagine e il modello e dal Signore è sempre guidata (cf. Mt 28,16-20). 1.4. Rivelazione dell’amore di Dio all’uomo, l’Incarnazione è anche rivelazione dell’uomo a se stesso, alla luce di Cristo, l’Uomo perfetto (cf. Gaudium et spes, 22 e 41). In Gesù, vero Dio e vero uomo, tutti gli uomini e le donne diventano "familiari", in certo modo si appartengono come figli dell’unico Padre, grazie al comune Spirito (cf. Gal 4,4-7). 1.5. Compiutasi una volta per sempre nel tempo, l’Incarnazione del Verbo rimane un evento di grazia per tutti e per sempre: "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8). L’Incarnazione del Figlio di Dio si incrocia con tutti gli eventi della storia e interpreta tutti i fatti, grandi e piccoli, del cammino della Chiesa, delle vicende umane e della stessa storia biblica, tra cui specificamente l’evento del Giu-bileo. Questa dimensione temporale dell’Incarnazione riceve dal Papa una particolare sottolineatura per la congiuntura straordinaria del bimillenario dell’avvenimento, per cui possiamo e dobbiamo considerare l’evento cristiano nel vivo di questa lunga, complessa, difficile eppur gloriosa storia. Storia che è stata fecondata da questo evento con una ricchezza di doni, da cui sono scaturiti effetti spirituali, etici e culturali; ma purtroppo anche inquinata dal peso di rifiuto e di peccato espresso nel corso del tempo dall’umanità. La memoria celebrativa che sta al cuore del Giubileo, riafferma la centralità del mistero del Cristo vivente in eterno. In sintesi: una incomparabile eredità ricevuta, da consegnare al mondo che viene. 2. Un originale e denso itinerario di fede La presentazione del mistero dell’Incarnazione come il "dono bimillenario" del Verbo fatto uomo, e-vento compiuto i cui frutti continuano nel presente e nel futuro fino alla consumazione dei secoli, co-stituisce la via della sua accoglienza da parte dei giovani. Ciò provoca la messa in evidenza di alcuni obiettivi e contenuti, da compaginare in un itinerario di fede ben strutturato, esigente nella considera-zione del mistero e, dunque, anche nelle domande che certamente suscita. Proponiamo alcuni ele-menti di orientamento. 2.1. Non si tratta di un cammino caratterizzato da un qualsiasi contenuto religioso, ma di un itinerario che mette al suo centro la ricerca, il dono, l’esperienza della stessa fede, matura, piena, vitale e aper-ta al futuro grazie all’Incarnazione del Verbo. È in certo modo la fede colta al "punto di partenza", alla sorgente, sia per quanti hanno già fatto una scelta cristiana, sia per i tantissimi, i più, che attendono di ascoltarne l’annuncio di nuovo, anzi, non di rado, per la prima volta.

IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE

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TERZIO MILLENNIO ADVENIENTE

2..2. Tale annuncio, se è fedele al mistero dell’Incarnazione, non si limita a constatare rigorosamente una serie di verità per quanto alte, ma fa entrare nel dinamismo che esso irresistibilmente determina, cioè il suo impulso missionario verso il mondo. Lo possiamo sintetizzare nel compito di accogliere e trasmettere l’eredità di Gesù ed enfatizzare con questa proposizione-guida: Dio ci chiede di "aiutarlo" a restare nella storia con il volto di Gesù di Nazaret, per continuare la salvezza del mondo, di fronte a sfide culturali del tutto inedite, talora cosparse di incognite che generano paura, ma anche contrasse-gnate, in modo esplicito o implicito, da domande di senso e da tentativi di ricerca, in particolare pro-prio da parte dei giovani. 2.3. Questo quadro globale di riferimento porta con sé una vasta, ardita e coraggiosa meditazione della presenza ed opera di Dio, in Cristo, nella storia. Emergono i nuclei tematici considerati dal Papa nella Tertio millennio adveniente, che si possono ulteriormente sviluppare, secondo uno spessore di fede e di cultura proporzionato agli uditori, ma sempre mantenendo come punto focale il mistero cen-trale: - cogliere il volto di Dio alla luce dell’Incarnazione, secondo il tragitto proposto da Giovanni Paolo II in preparazione al Grande Giubileo, e cogliervi la grazia di cui Dio vuol far dono agli uomini mediante la celebrazione di esso (cf. TMA, 29-55); - leggere nell’Incarnazione del Verbo il piano di Dio per la salvezza del mondo e vedere in questa sto-ria di salvezza l’azione del Risorto, che si manifesta con la potenza dello Spirito, in particolare nella Chiesa; - dal mistero del Verbo Incarnato, centro della storia, giungere alla comprensione del significato del tempo, come storia della condiscendenza che Dio manifesta nei confronti dell’uomo, il quale, da parte sua, lo invoca e lo attende; - discernere in tale luce il significato della creazione, il valore delle grandi religioni e del dialogo inter-religioso, la verità donata in pienezza nella rivelazione cristiana che ha al suo centro l’evento storico di Gesù di Nazaret; - riconoscere come "nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo" (Gaudium et

spes, 22), dunque il senso della vita, della morte, del dolore, del destino supremo di ciascuno; - comprendere come il mistero del Figlio di Dio incarnato spinge a fare sintesi armonica tra fede ed esistenza quotidiana, tra fede e attività professionale, tra fede e ambienti di vita; - illuminare la persona e la missione di Maria, Madre del Verbo Incarnato, nella storia della Chiesa e del singolo cristiano. 2.4. Il cammino di fede privilegia tre segni tipici, grazie ai quali il Verbo Incarnato continua la sua presenza: - la parola di Dio, espressa dalla Sacra Scrittura, in particolare dai Vangeli, e spiegata nella Tradizione della Chiesa, alla cui conoscenza sono guida preziosa la catechesi e i testi di catechesi, tra cui in parti-colare il Catechismo della Chiesa Cattolica e i catechismi delle Chiese locali; - il Corpo e Sangue di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, Sposa del Verbo; - il cuore di Cristo, manifestato nella comunione fraterna tra di discepoli di Gesù e nella compassione e nel servizio concreto ai poveri.

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NATALE IERI….

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NATALE OGGI...

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È morto ieri, 20 novembre, dopo una lunga malattina, padre Nello Morrea. Il religioso, facente parte dell’ordine dei Chierici regolari minori, ha legato il suo nome alla comunità parrocchia-le degli Angeli Custodi dove, giovane sacerdote, fu destinato dai superiori.

Qui ha svolto il suo servizio per 25 anni, prima come vicario parrocchiale e poi come parroco. Obiettivo primario del suo im-pegno – si legge nel giornale parrocchiale: «costruire una co-munità impegnata nel rinnovamento conciliare».

È stato anche prefetto della X prefettura e Preposito generale dell’Ordine.

«Padre Nello – scrivono i confratelli – è passato attraverso la dura strettoia della croce e ne ha sentito spiritualmente e fisica-mente il peso, giorno dopo giorno, fino al terimne della sua vi-ta.

Ma la fede e una forza morale straordinaria lo hanno sorretto e guidato. La nostra Famiglia religiosa nella preghiera di suffragio rende grazie al Signore per averlo avuto come figlio, fratello, guida e maestro di vita.

Il bene seminato nel corso della sua esistenza terrena nel mini-stero religioso-sacerdotale sia per lui pegno di vita nuova».

La comunità Parrocchiale di Sant’Alessandro assicura la Pre-ghiera di suffragio per questo Sacerdote caracciolino da molti parrocchiani conosciuto e tanto apprezzato.

Padre Nello è stato ricordato nelle Sante Messe della Comunità parrocchiale per tutta la settimana.