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    IL SABATO SANTO Sintesi del capitolo terzo del libro di Xavier Tilliette S.J. La Settimana Santa dei filosofi di FRANCESCO CUCCARO Il tema della silenziosita' del Sabato Santo, aderente allidea di un Cristo che permane in un abisso di solitudine dopo l'agonia del Getsemani e la crocifissione, e' stato trattato ampiamente da filosofi e letterati. Per il carattere paradossale che assume un tale evento, l'inumazione, di fronte ad un 'Logos' che proclama di essere la 'Vita', il gesuita padre Tilliette ci invita a meditare su questo grande mistero : il 'Sabato Santo'. Apparentemente sono vuote le ore che separano il decesso dalla Resurrezione. per che' in esse si svolge un processo dinamico che si puo' tutt'al pi percepire, ma non comprendere senza l'ausilio di una fede profonda. Il noto teologo svizzero,Hans Urs von Balthasar, riprendendo le suggestioni mistiche di Adrienne von Speyr, sostiene che il 'Sabato Santo' non ha interrotto o sospeso il processo salvifico operato dal Cristo. Sulla croce Ges grida: "Dio mio! Dio mio, perche' mi hai abbandonato?" (Mc. 15,34). Questa esclamazione esprime un senso di abbandono e di sconforto di fronte alla 'assenza di Dio'. E lo iato sepolcrale sembra suggerire piuttosto un tempo pi o meno indefinito e senza contenuto, do ve tutto sembra essere sospeso. Ma il Cristo nella tomba evoca anche il suo soggiorno presso i morti. Si badi bene ! Non il dato tradizionale che ce lo fa vedere come il liberatore dei giusti che hanno credu to nel Messia ancora da venire, prigionieri di forze tenebrose. Nell'Inferno, stato e/o luogo della danna zione eterna, e' discesa l'anima umana di Cristo, creata dal nulla da Dio ( la natura divina del Logos e' ancora unita ad un corpo inanimato ). Ges ha toccato il fondo della derelizione dell'uomo, dell'abie zione pi totale. Ha sperimentato, solo per un momento, la dannazione eterna, l'assenza di Dio pi pro pria che la caratterizza.Ma Ges,uomo senza peccato,doveva vincere la morte ed essere il vero signo re dell'Inferno.Aveva superato questa terribile condizione che, per un peccatore perduto, e' senza spe ranza. Non e' mancato, tra letterati e studiosi, chi ha suggerito il Sabato Santo come il prolungamento del Venerdi' di Passione. Avendo la consapevolezza che non si tratti di un semplice "iato" che collega male due episodi cosi' importanti per noi credenti, vivere questo "tempo del Sabato Santo" significa viverlo non con una rassegnazione di fronte ad una disgrazia ineluttabile e trionfante, ma come un momento di raccoglimento e di attesa. Padre Tilliette indica un'analogia tra la morte e l'inumazione del Ges terreno, da un lato, e la vita sacramentale e la vita della Chiesa ( che poi sono la stessa cosa ). dall'altro.Anche l'Eucaristia e' silenziosa. Eppure -per chi crede- sembra produrre effetti di grazia, in pri mo luogo la crescita di una comunita' di fede. Il mistero di questa apparente discontinuita' rende pi serio il problema della morte di Ges, ma anche quello della morte di ogni uomo. Quando discettiamo di questo episodio, non possiamo non affrontare il tema della passibilita' di Dio. La morte del Redentore e' un evento trinitario, ma anche un fatto empiri camente accaduto, a dispetto di tutte le interpretazioni di tipo gnostico. Poniamoci un interrogativo provocatorio.Se Cristo fosse risuscitato subito dopo la trafissione del costa to da parte del soldato romano, che differenza ci sarebbe tra la resurrezione e una semplice rianima zione del cadavere ? Queste "ore vuote" ci danno un'idea di come Ges abbia sperimentato la 'morte' in tutta la sua tremenda e distruttiva realta'. Si tratta di un evento e non di un simbolo. Come del resto, la 'Resurrezione' non sembra essere accettata dallo stesso Hegel che collega diretta mente il decesso del Redentore con l'effusione dello Spirito Santo e la nascita ufficiale della Chiesa. Contemplare i 'Misteri della vita di Ges' vuol dire, in un certo modo, contemplare la vita di ognuno di noi che si trova a dover fare i conti con la sofferenza, con i propri fallimenti, con la ricerca di un signifi cato su cui fondare il proprio esistere, alle prese con il problema della morte e dell'oltretomba. Quest'ultimo e' insormontabile e non fa altro che generare angoscia. Il 'Sabato Santo' ci induce a riflettere su questo dramma esistenziale. E lo studioso gesuita sottolinea quanto sia stato imbarazzante, anche per Dostoevskij, il tema della 'tumulazione del Cristo' : "la morte dell'Uomo-Dio, grido spavento so, impone una realta' non meno sconvolgente, lo spettacolo del giacente" ( 1 ). Per una persona in crisi di fede, un tale evento, preso seriamente in considerazione, sembra genera re sconforto. Addirittura per un ateo -o per un agnostico- suscita indignazione, magari mista ad ironia, piuttosto che indifferenza. Da' fastidio solo la rappresentazione del Dio inerte e cadaverico. Anche per un ateo non si puo' concepire un Dio che si lasci soggiogare dalle inesorabili leggi di natu ra. Il romanzo "L'idiota" rispecchia un orientamento nichilistico.Se Dio si arrende di fronte a questa Na tura inesorabile, e' segno che non e' Dio. Una pura illusione ! Il Sabato Santo non e' semplicemente un evento che ha interessato solo Ges, la Vergine Maria, gli Apostoli. Puo' anche essere interiorizzato da ognuno di noi, perche' il senso ultimo di questo giorno non e' un cadavere tumulato, ne' il dolore provato nella cerchia dei suoi pi intimi. Ma e' la 'ricerca del Dio perduto', cioe' un giorno contrassegnato dalla tristezza e dalla malinconia. Letterati non credenti, come i 'poets maudits' (i 'poeti maledetti') hanno scritto opere dove la figura di Cristo viene esaltata come quella di un grande

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    rinnovatore spirituale ma che ha fallito,immaginando che questi discenda agli Inferi solo per consolare i defunti, aspettando la decomposizione della sua salma. Il 'Sabato Santo speculativo' sembra adombrare l'ateismo, un tormentato umanesimo senza Dio. Tale orientamento, pero', non respinge la figura di Ges Cristo, sia che venga presentata come quella di un promotore di un messaggio di riscatto sociale, o come l'ultimo credente che si era illuso di trovare o di es sere Dio. Non si puo' attribuire a G.W.F. Hegel ( 1770 - 1831 ) la deriva atea e l'origine dell'apostasia della cultura moderna. Anche se e' vero che l'insistenza sul Venerdi' Santo speculativo vanifica l'evento della Resur rezione, nel quale il filosofo di Stoccarda ravvisa una immagine prettamente allegorica. Il pi grande interprete dell'Idealismo classico tedesco e' un sostenitore convinto della luterana 'Teologia della Croce'. Alla luce di questa prospettiva, ma interpretando dialetticamente la 'morte di Cristo', la 'rime morazione del fatto' viene qualificata come la 'negazione della negazione'. Rimemorazione operata dalla 'comunita' dei credenti' della quale lo 'Spirito' e' la 'autocoscienza universale'. Di fronte allo stato cadaverico del Cristo, Dio nella sua esteriorita', da un lato, l'uomo Ges nella sua indi vidualita' concreta, dall'altro, sembrano, per cosi' dire, "volatilizzati". Tutto questo discorso ci fa prendere consapevolezza di come Hegel abbia concentrato la sua attenzione sull'estrema serieta' dell'evento della morte del Redentore. Che puo' richiamare due condizioni : tanto lo stato cadaverico del Figlio di Dio; quanto la coscienza umana rimasta orfana, cioe' la 'coscienza infelice'. Con la nascita ufficiale della Chiesa quest'ultima non viene superata. Escludendo l'evento reale della Resurrezione di Ges, Hegel non intende, pero', offrire una interpretazio ne di tipo gnostico degli episodi evangelici. Una comunita' di fede e' cementata sulla 'rimemorazione', nutrendosi di un passato sacrificale che perdu ra. Pertanto, sarebbe un discorso ortodosso ( si cfr. la meditazione sulla Sacra Scrittura e la liturgia euca ristica ) se Hegel non avesse negato il carattere ontologico della Resurrezione. Tuttavia, per lui, non c'e' Redenzione al di la' del dolore, della sofferenza e della solitudine. Ma come si puo' giustificare una fede cosi dinamica in un uomo morto, anche se il suo messaggio e le sue opere sono caricati di precise valen ze soprannaturali? Il filosofo di Stoccarda attribuisce il luogo speculativo del Sabato Santo al fenomeno medioevale delle 'Crociate'. Vediamo come. Quello delle spedizioni guerresche europee in Oriente e' un argomento trattato nella Fenomenologia del lo Spirito,quando l'Autore descrive il 'passaggio dalla autocoscienza alla ragione'.Un fatto storico talmen te emblematico da suggerire l'idea di un mutamento di coscienza, tale da essere inserito come un mo mento nell'articolazione dialettica della realta'. Alla luce di questa prospettiva si puo' ritenere che il 'Sabato Santo' non sia stato affatto un giorno supera to dalla domenica di Pasqua. Una tesi teologica azzardata quella di Hegel ! Il 'Sabato Santo' e' conti nuato anche nell'epoca di Pietro l'Eremita e di Goffredo di Buglione. Sul "libro nero della Chiesa Cattoli ca", scritto non solo oggi, ma gia' da alcuni secoli fa ( uno degli autori e' stato Voltaire ) non potevano mancare le 'Crociate', spesso ritenute una delle degenerazioni segnate dal cieco fanatismo. A dispetto di tanti letterati romantici che, invece, hanno rivalutato questo fenomeno storico. Hegel -da non cattolico- sembra aver reso giustizia a quel passato un po' torbido, ravvisando in esso l'espressione di un grande dinamismo interiore. Le Crociate vengono da lui rivisitate come "grandi migra zioni della Fede". 'Crociata' come sinonimo di 'pellegrinaggio', anche se armato. I secoli medievali, cosi pregni di religiosita', sono i secoli della coscienza infelice, vale a dire della co scienza dolorosa e nostalgica del Totalmente Altro. E che ancora non si e' elevata allo stadio di una reli gione spirituale ed interiorizzata. I crociati eran