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SABBATO SANCTO DE VIGILIA PASCHALI ebdomada Sancta

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SABBATO SANCTODE VIGILIA PASCHALI

ebdomadaSancta

INTRODUZIONE

l Cristo sulla Croce, nel Venerdì Santo, si è rivestito per noi di male-dizione; è morto su un infame patibolo, abbandonato qual reo al-l’inesorabile giustizia di Dio, non meno che alla rabbia dell’inferno

e all’odio dei suoi nemici. Egli è morto, e con Lui è morta tutta l’umanità, laquale, come morì già una prima volta alla santità e all’innocenza originale acagione del peccato di Adamo, così adesso nel Cristo e per il Cristo muore alpeccato e alla vecchia Legge, rendendosi per mezzo della Fede solidale dell’e-spiazione e del Sacrificio di Gesù. Egli dunque è morto, come insegna l’A-postolo, a causa dei nostri peccati, ed è Risorto onde distruggerne gli effetti,reintegrandoci nella grazia, nella giustizia e nei diritti della Gloria. La Pasquadi Gesù, dunque, è la nostra Pasqua, perché se nel Vespro della Parasceve tut-ti quanti morimmo con Lui sulla Croce, questa notte in Lui risorgiamo a vitanuova secondo Dio.

* * *La tradizione di trascorrere in preghiera la notte tra il sabato e la domeni-

ca di Pasqua è antichissima. Tertulliano ne discorre come di una legge di cuisi ignora l’istituzione, e dalla quale nessuno poteva esimersi. Fu solo nel tar-do Medio Evo che la cerimonia venne anticipata definitivamente al pomerig-gio, e poi alla mattina del Sabato Santo per essere infine riportata alla notte.

La più antica descrizione della Veglia Pasquale ci è fornita da san GiustinoMartire nella sua Apologia, nella quale il Battesimo e la Messa che seguivadovevano essere precisamente i riti che stiamo descrivendo, giacché essi se-guivano un digiuno solenne e pubblico, non solo dei Catecumeni, ma dell’in-tera comunità cristiana; digiuno che, a quel tempo, non potrebbe venir iden-tificato che con il digiuno precedente la Solennità della Risurrezione delSignore.

La sacra cerimonia che sta per svolgersi sotto i nostri sguardi, e che esprimecon colori tanto suggestivi e smaglianti una santa e tremenda realtà, laRisurrezione cioè del Cristo e della Chiesa, consta di cinque parti distinte: laBenedizione del nuovo fuoco e dei grani d’incenso; il Cero pasquale; le Pro-fezie; le Litanie e La Messa solenne della Veglia Pasquale.

Originariamente, tranne il Battesimo, l’ordinaria Pannuchis (Veglia), che nelIII secolo santificava in ciascuna settimana la notte tra il sabato e la domenica,non doveva comprendere riti molto diversi da quello che il Messale Romanoprescrive per la Vigilia Pasquale. Anzi, prima che la pietà monastica creasse,verso il V secolo, il tipo dell’Ufficio notturno contenuto nei nostri Breviarî, lapiù remota antichità cristiana, nelle sue ordinarie veglie domenicali e negli an-niversari dei Martiri nelle cripte dei cimiteri e nei Titoli urbani, non conoscevaaltro schema d’Ufficio vigilare che quello secondo il quale è stata appunto re-datta la solenne preparazione liturgica alla solennità di Pasqua; in modo chel’odierna funzione del Messale in Vigíliis Paschæ rappresenta e conserva intattoil tipo primitivo dell’Ufficio notturno secondo l’uso Romano.

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I PARTE: IL FUOCO NUOVO E I GRANI D’INCENSO

SABATO SANTOLa Veglia Pasquale

BREVI CENNI STORICILa prima parte dell’odierna cerimonia ha per oggetto la benedizione del fuoco e poi

del Cero pasquale. Essa però non è altro che un’alterazione della primitiva Eucharistía lu-cernáris, che venne introdotta nella Liturgia Romana in epoca carolingia.

Era usanza dei primi secoli cavare, ogni giorno, il fuoco da un ciottolo, prima dei Ve-spri, e con esso accendere le lampade e i ceri che dovevano ardere durante l’Ufficio e rima-nere accesi in chiesa fino ai Vespri del giorno seguente. La Chiesa di Roma praticava taleusanza con maggior solennità il mattino del Giovedì Santo; in tal giorno il nuovo fuoco ri-ceveva una benedizione speciale. In seguito ad un’istruzione, che il Papa san Zaccaria fe-ce per lettera a san Bonifacio, Arcivescovo di Magonza nell’VIII secolo, venivano accesecol fuoco tre lampade, che poi erano custodite con diligenza in un luogo segreto. Ad esses’attingeva la luce per la notte del Sabato Santo. Quel lume, acceso all’inizio della vegliadomenicale in memoria della Risurrezione di Gesù, suggerì subito l’idea che quella lampa-da risplendente simboleggiasse il Cristo. Nel secolo seguente, sotto il Papa san Leone IV,nell’847, la Chiesa di Roma finì per estendere anche al Sabato Santo l’usanza degli altrigiorni dell’anno, consistente nell’ottenere il nuovo fuoco da una pietra.

È dunque giusto che questo fuoco misterioso, chiamato a fornire la luce al Cero pa-squale, e più tardi all’Altare stesso, riceva una benedizione particolare, e che sia accoltocon trionfo dal popolo cristiano.

L’estinzione di ogni luce, in questo momento, significa l’abrogazione dell’anticaLegge, che è cessata quando venne scisso il velo del Tempio; la pietra da cui si ricava ilnuovo fuoco, rappresenta Cristo che in molti luoghi della Scrittura è chiamato “pietra”, dalQuale uscirono – a causa dei cuori duri e ostinati degli Ebrei che lo percossero fino a far-lo morire – cinque fornaci d’amore, che furono le sue cinque Piaghe, dalle quali si acce-se un “fuoco nuovo”, simbolo della misericordiosa promulgazione della nuova Legge cheGesù Cristo ha portato, dissipando tutte le ombre della prima Alleanza.

Al lume, in seguito, ma assai tardi, venne unita anche l’offerta dell’incenso per un riav-vicinamento suggerito dal Salmo 140, destinato appunto dai primi cristiani all’Ufficio se-rale, dove il sacrificio vespertino del Golgota viene paragonato ai vapori dell’incenso chesalgono fino al trono di Dio.

In sostanza, si tratta di una cerimonia giudaica, che presso i primi fedeli ha acquistatoun delicatissimo significato cristiano, quello di Cristo risuscitato da morte e diradante le te-nebre dell’umanità; infatti, la sinassi vespertina era stata come il punto di partenza di tuttoil rituale cristiano, quando a Gerusalemme gli Apostoli, dopo il sacrificio pomeridiano nelTempio, al calar del giorno raccoglievano i fedeli in casa di qualche facoltoso, e lì, accesala rituale lucerna, predicavano, pregavano e celebravano insieme l’Agape Eucaristica.

Col passar del tempo ed il trionfo definitivo della Liturgia Romana, il rito dell’anticoLucernario scomparve per sopravvivere solo nella Veglia Pasquale.

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Sabato Santo - Il fuoco nuovo e i grani d’incenso

Prima che cominci la funzione, fuori della chiesa, oppure, se il tempo non lo permette, dentro la me-desima, si prepara un tavolino coperto di tovaglia senza croce e senza candelieri, e sopra il medesi-mo, quasi in cornu Evangélii, si pone una dalmatica con stola e manipolo di color bianco; un altro ma-nipolo violaceo per il Suddiacono quasi in cornu Epístolæ; una candela, alquanti zolfanelli e un Messale.Viene inoltre preparata anche la legna per il fuoco, che si ricava dalla pietra, e le molle per prenderei carboni benedetti che si metteranno nel turibolo. (La rubrica particolare del Messale prescrive il mo-do di accendere il nuovo fuoco da benedirsi, dichiarando: “Interim excútitur ignis de lápide foris ecclé-siam, et ex eo accendúntur carbónes”. Parimenti il Memoriále Rituum (tit. VI, cap. II § 1, n. 1) stabilisce:“Extra ecclésiam excútitur novus ignis e sílice, et accendúntur carbónes in fóculo”. Inoltre nella primaOrazione, con cui si benedice il nuovo fuoco, si leggono le parole “prodúctum e sílice,... novum huncignem sanctífica”).Vicino al tavolino, si prepara l’arundine ornata di fiori, alla cui sommità vi siano tre candele bianche,nel principio unite e poi diramate.All’ora stabilita, il Celebrante e i Ministri sacri si vestono con i paramenti violacei senza manipoli; ilSuddiacono prende la Croce astile, mentre due Accoliti portano il vaso dell’acqua santa e il vassoio coni grandi di incenso, e si ordina la Processione per la benedizione del fuoco nuovo. Il Celebrante e ilDiacono stanno con le mani giunte e coperti di berretta. Il Celebrante dice con le mani giunte e sen-za canto il Dóminus vobíscum e le tre Orazioni seguenti ordinate alla benedizione del fuoco. Questa be-nedizione non può tralasciarsi. Alla fine di ciascuna Orazione si risponde Amen.

DICHIARAZIONELa luce, il calore e il fuoco, soprattutto il fuoco, questa forza così necessaria alla vita,

così bella, eppur così terribile, tra gli antichi popoli vennero considerati il simbolo o addi-rittura la stessa divinità. Dio parla a Mosè attraverso un roveto in fiamme; il fuoco di Iahvèconsuma le vittime sull’altare e discende dal cielo alle preghiere di Elia; presso i Profeti, ilfuoco forma quasi un muro di difesa attorno al trono di Dio; i Cherubini di Ezechiele e gliAngeli di Daniele sono di fuoco; fiamme, folgori e tuoni rendono terribile nell’Apocalisseperfino la sede del mite Agnello di Dio, immolato per i peccati del mondo. Dio è “fuoco di-voratore”, ci dice la Scrittura, e come la sua parola, così tutto quello che lo circonda ne par-tecipa la natura, tanto che non solo gli Angeli ci vengono descritti come vampe di fuoco,ma perfino il volto di Mosè è irradiato dai fulgori divini del Sinai, in conseguenza del lun-go conversare con Dio.

La pietra da cui si ricava il fuoco nuovo è simbolo di Cristo, nella quale il Salmista giàintravedeva la dolorosa Passione del futuro Messia, allorché scrisse che “la pietra, scartatadai costruttori, sarebbe divenuta testata d’angolo” (cf Sal 117,22). Gesù durante la suaPassione è stato “scartato” dal popolo giudaico che non lo accolse come vero Messia eRedentore, ma lo fece morire crudelmente fuori le mura della città di Gerusalemme; mapoi, con la sua gloriosa Risurrezione, è divenuto “testata d’angolo”, Vincitore della mortee Capo invisibile della sua Chiesa.

La parola pietra ci rammenta anche quelle altre parole della Sacra Scrittura proferite daldivin Salvatore, quando, rivolgendosi a san Pietro, nella regione di Cesarèa di Filippo, dis-se: «E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli in-feri non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18). La pietra, quindi, rievoca alla nostra men-te la nascita della Chiesa, su cui essa poggia e dalla quale scaturiscono, come dardi infuo-cati d’amore, i Sacramenti.

Questo altissimo simbolismo, in cui ci si rappresenta l’infinita santità di Iahvè, non po-teva essere affatto trascurato nei secoli aurei della primitiva Liturgia cattolica.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

Orémus. Oratio

Deus, qui per Fílium tuum, angu-lárem scílicet lápidem, claritátis

tuæ ignem fidélibus contulísti: pro-dúctum e sílice, nostris profutúrumúsibus, novum hunc ignem sanctí +fica: et concéde nobis, ita per hæc fe-sta paschália cœléstibus desidériis in-flammári; ut ad perpétuæ claritátis,puris méntibus, valeámus festa per-tíngere. Per eúndem Christum. Dómi-num nostrum.

R. Amen.

Orémus. Oratio

Dómine Deus, Pater omnípotens, lu-men indefíciens, qui es cónditor

ómnium lúminum: béne + dic hoc lu-men, quod a te sanctificátum, atque be-nedíctum est, qui illuminásti omnemmundum: ut ab eo lúmine accendá-mur, atque illuminémur igne claritátistuæ: et sicut illuminásti Móysen exeún-tem de Ægýpto, ita illúmines corda, etsensus nostros; ut ad vitam, et lucemætérnam perveníre mereámur. PerChristum Dóminum nostrum.

R. Amen.

Orémus. Oratio

Dómine sancte, Pater omnípotens,ætérne Deus: benedicéntibus no-

bis hunc ignem in nómine tuo, et uni-géniti Fílii tui, Dei ac Dómini nostriIesu Christi, et Spíritus Sancti, coope-rári dignéris; et ádiuva nos contraigníta tela inimíci, et illústra grátiacælésti: Qui vivis et regnas cum eó-dem Unigénito tuo, et Spíritu Sancto,Deus: per ómnia sæcula sæculórum.

R. Amen.

V. Il Signore sia con voi.R. E con il tuo spirito.

Preghiamo. Orazione

ODio, che per mezzo del vostro Figlio,pietra angolare, procuraste ai fedeli il

fuoco del vostro splendore, santi + ficatequesto fuoco novello, prodotto dalla pietra edestinato ai nostri usi; e concedeteci che,per mezzo di queste feste pasquali, siamoinfiammati di celesti desiderî, così da giun-gere con animo puro alle feste della luceperpetua. Per lo stesso Cristo nostro Si-gnore.

R. Così sia.

Preghiamo. Orazione

Signore Iddio, Padre onnipotente, luceinestinguibile e fonte di ogni lume, be-

ne + dite questa luce, Voi che illuminasteil mondo intero, affinché dal medesimo lu-me e dalla fiamma del vostro splendore sia-mo illuminati. E, come illuminaste Mosèuscente dall’Egitto, così illuminate i no-stri cuori e i nostri pensieri, affinché meri-tiamo di giungere alla vita e alla luce del-l’eternità. Per nostro Signore Gesù Cristo.

R. Così sia.

Preghiamo. Orazione

Signore santo, Padre onnipotente, eter-no Iddio, degnatevi cooperare alle be-

nedizioni che a questo fuoco noi diamo ilvostro Nome e in quello del vostro unicoFiglio, nostro Dio e Signore, Gesù Cristo,e dello Spirito Santo; proteggeteci contro idardi infuocati del nemico e illuminatecicon la grazia celeste. Voi che vivete e re-gnate con questo vostro Unigenito e conlo Spirito Santo in tutti i secoli dei secoli.

R. Così sia.

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La Settimana Santa

V éniat, quæsumus, omnípotensDeus, super hoc incénsum larga

tuæ bene + dictiónis infúsio: et huncnoctúrnum splendórem invisíbilis re-generátor accénde; ut non solum sacri-fícium, quod hac nocte litátum est, ar-cána lúminis tui admixtióne refúlgeat;sed in quocúmque loco ex huius san-ctificatiónis mystério áliquid fúerit de-portátum, expúlsa diabólicæ fraudisnequítia, virtus tuæ maiestátis assístat.Per Christum Dóminum nostrum.

R. Amen.

V i supplichiamo, onnipotente Iddio,concedete che l’effusione della vostra

bene + dizione scenda copiosamente suquesto incenso, e, invisibile rigeneratore,accendete la luce che deve illuminare que-sta notte, affinché non soltanto il sacrificioofferto questa notte splenda della vostra lu-ce misteriosa, ma dovunque il mistero diquesta benedizione sia recato, le astuziedella diabolica malizia siano sventate, etrionfi la potenza della vostra maestà. Pernostro Signore Gesù Cristo.

R. Così sia.

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Sabato Santo - Il fuoco nuovo e i grani d’incenso

Il Celebrante benedice i cinque grani d’incenso da porsi nel Cero, e dice senza canto la quartaOrazione, mentre il turiferario pone dei carboni benedetti nel turibolo.

Terminata la sopradetta Orazione, il Celebrante pone nel turibolo l’incenso more sólito. Poi asperge trevolte con l’acqua benedetta, prima i cinque grani d’incenso e poi il fuoco dicendo: Aspérges me, Dómine,senza canto e senza Salmo; poi, ricevuto dal Diacono il turibolo, incensa le medesime cose tre volte.Frattanto si estinguono i lumi della chiesa, per accenderli, poi, con il fuoco nuovo. Dopo che il Ce-lebrante ha incensato i cinque grani d’incenso e il fuoco, il primo Accolito accende con il fuoco bene-detto, mediante uno zolfanello, la piccola candela. Il Diacono depone i paramenti violacei e, indossata una dalmatica bianca, prende l’arundine con am-bedue le mani, all’estremità della quale sono poste a triangolo tre candele separate, simbolo delle TrePersone Divine. Precede il turiferario, muovendo leggermente il turibolo, e alla destra di lui il secon-do Accolito, che porta il vassoio con i cinque grani d’incenso; segue il Suddiacono con la Croce e iCorali a due a due; poi viene il Diacono con l’arundine, avendo alla sinistra il primo Accolito con lacandela accesa; e infine il Celebrante, con le mani giunte, e il Cerimoniere vicino a lui. Tutti vanno conil capo scoperto, eccetto il Celebrante. Entrato il Celebrante in chiesa, il Diacono abbassa l’arundine eil primo Accolito accende, con il fuoco nuovo, una delle tre candele della medesima. Poi il Diacono,rialzata l’arundine, si inginocchia único genu e tutti fanno lo stesso, eccettuato il Suddiacono che por-ta la Croce; il Celebrante, prima di genuflettere si scoprirà il capo. Il Diacono canta allora Lumen Christie tutti rispondono risponde Deo grátias. Dopo di ciò si tutti alzano e la Processione avanza.

DICHIARAZIONEOltre al nuovo fuoco, la santa Chiesa benedice oggi anche l’incenso. Questo incenso

rappresenta i profumi che la Maddalena e le altre sante donne hanno preparato per imbal-samare il corpo del Redentore. Esso è in cinque grani, a richiamo delle cinque Piaghe delSalvatore. L’Orazione che il Celebrante pronuncia su questo incenso c’insegna i rapportiche esso deve avere con la luce; e nello stesso tempo c’istruisce sulla potenza di questi di-versi elementi sacri contro le insidie degli spiriti delle tenebre.

V. Lumen Christi.R. Deo grátias.

V. Luce di Cristo.R. Rendiamo grazie a Dio.

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V. Lumen Christi.R. Deo grátias.

V. Luce di Cristo.R. Rendiamo grazie a Dio.

V. Lumen Christi.R. Deo grátias.

V. Luce di Cristo.R. Rendiamo grazie a Dio.

La Settimana Santa

DICHIARAZIONEIl Diacono riveste una dalmatica di colore bianco, che sembra in contrasto con il pivia-

le viola del Celebrante. Quest’ornamento di gioia si spiega con la funzione piena d’alle-grezza di cui è incaricato il Diacono.

L’arundine è un ricordo della Passione del Salvatore e della debolezza della natura allaquale s’è degnato unirsi con l’Incarnazione. Essa è sormontata da un triplice cero che èchiamato a significare la gloriosa Trinità alla quale partecipa il Verbo Incarnato.

DICHIARAZIONEQuesta prima apparizione della luce proclama la divinità del Padre che si è manifesta-

to a noi attraverso Gesù Cristo: «Nessuno conosce il Padre – ha detto Gesù – se non ilFiglio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo» (Mt 2,27).

DICHIARAZIONEQuesta seconda ostensione della luce ci parla della divinità del Figlio che si manifestò

agli uomini nell’Incarnazione, rivelando loro la sua uguaglianza di natura col Padre.

DICHIARAZIONEQuesta terza ostensione della luce proclama la divinità dello Spirito Santo che ci è sta-

to rivelato da Gesù Cristo quando impose agli Apostoli il solenne precetto che la Chiesa staper mettere in pratica questa notte: «Andate ed ammaestrate tutte le genti, battezzandolenel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). Per mezzo del Figlioche è “luce del mondo”, gli uomini hanno conosciuto la Santissima Trinità.

Il Diacono avanza fino al centro della chiesa, fa accendere la seconda candela posta sull’arundine e, in-ginocchiatosi di nuovo come sopra, canta con un tono più alto:

Per la terza volta il Diacono avanza fino all’Altare, fa accendere la terza candela, e, inginocchiandosisempre come prima, canta con un tono ancora più alto:

Dóminus sit in corde tuo et in lábiistuis: ut digne, et competénter annún-ties suum paschále præcónium: In nó-mine Patris, et Fílii, + et Spíritus San-cti. Amen.

Il Signore sia nel tuo cuore e sulle tuelabbra, affinché tu possa annunziare inmodo degno e conveniente il suo pasqualeelogio: Nel nome del Padre, e del Figlio, +e dello Spirito Santo. Così sia.

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Sabato Santo - Il Cero pasquale

Il Diacono consegna l’arundine al primo Accolito, che nel frattempo ha estinto la sua candela, e si ri-tira alquanto in cornu Epístolæ, lasciando passare il Celebrante che sale all’Altare, il quale lo bacia alcentro e si ritira anch’egli in cornu Epístolæ. Poi il Diacono, ricevuto il Messale dal Cerimoniere e genu-flesso sull’orlo della predella, senza dire il Munda cor meum, chiede la benedizione al Celebrante comeper il Vangelo, ma non gli bacia la mano; quindi il Celebrante dice:

Il Diacono sale sul pulpito (o leggio) in cornu Evangélii, vi depone il Messale e lo incensa. Alla destra delDiacono stanno, in piedi, il Suddiacono con la Croce e il Turiferario, alla sua sinistra i due Accoliti:quello che porta l’arundine e quello che tiene in un vassoio i cinque grani d’incenso. Tutti allora si al-zano, restando in piedi come per il Vangelo, mentre il Diacono canta l’Exúltet con le mani giunte. IlCero sarà stato collocato prima della funzione a parte Evangélii, dove si canterà l’Exúltet.

II PARTE: IL CERO PASQUALE

BREVI CENNI STORICIL’accendere il Cero per la Veglia è ufficio del Diacono; quindi è riservata a lui anche

la declamazione che, in occasione della Veglia Pasquale, accompagna questo simbolico ri-to del tramonto sabbatico. È inutile dire che anche questo rito del Lucernario deriva dal-l’uso della Sinagoga.

Questa composizione diaconale ha un carattere tutto speciale, e la tradizione liturgicavoleva che il testo fosse recitato da un rotolo di pergamena, che il Diacono svolgeva manmano dall’alto dell’ambone. Esso generalmente era istoriato, ma con le scene capovolte,affinché, nello spiegarsi del rotolo-volumen, potessero essere vedute dal popolo.

La maestà di questo simbolo è così grande che la santa Chiesa impiega tutte le magni-ficenze del suo linguaggio ispirato, per eccitare a suo luogo l’entusiasmo dei fedeli.

A partire dal V secolo, si vede il Papa san Zosimo estendere a tutte le chiese della cit-tà di Roma il privilegio di benedire oggi questo Cero, benché il Battesimo si amministras-se solo al battistero del Laterano. È per la stessa intenzione che la cerimonia del Cero pa-squale può compiersi oggi in tutte le chiese, anche in quelle che non possiedono il fontebattesimale.

DICHIARAZIONEQuesta grande “torcia”, tutta d’un pezzo, a forma di colonna, è chiamata a rappresenta-

re il Cristo. Prima d’essere accesa, essa era simboleggiata nella colonna di nube che avvol-se la partenza degli Ebrei all’uscita dall’Egitto; sotto questa prima forma, figura il Cristo

Exsúltet iam Angélica turba cæló-rum: exsúltent divína mystéria: et

pro tanti Regis victória, tuba ínsonetsalutáris. Gáudeat et tellus tantis irra-diáta fulgóribus: et ætérni Regissplendóre illustráta, totíus orbis seséntiat amisísse calíginem. Lætétur etmater Ecclésia, tanti lúminis adornátafulgóribus: et magnis populórum vó-cibus hæc áula resúltet. Quaprópteradstántes vos, fratres caríssimi, adtam miram huius sancti lúminis clari-tátem, una mecum, quæso, Dei omni-poténtis misericórdiam invocáte. Ut,qui me non meis méritis intra Levitá-rum númerum dignátus est aggregá-re: lúminis sui claritátem infúndens,Cérei huius laudem implére perfíciat.Per Dóminum nostrum Iesum Chri-stum Fílium suum: qui cum eo vivit etregnat in unitáte Spíritus Sancti Deus.

Per ómnia sæcula sæculórum.

R. Amen.V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.V. Sursum corda.R. Habémus ad Dóminum.V. Grátias agámus Dómino Deo no-

stro. R.Dignum et iustum est.

Esultino ormai gli angelici cori celesti,siano celebrati nel gaudio i divini mi-

steri, e risuoni la tromba sacra per la vitto-ria del gran Re. Si rallegri la terra irradiatadagli splendori di un tanto trionfo e, illumi-nata dal fulgore dell’eterno Re, comprendache il mondo intero è liberato dalle tenebre.Si rallegri la Chiesa nostra Madre, cinta deiraggi di così grande luce ed echeggi questotempio delle alte voci dei popoli. Perciò, odilettissimi fratelli, qui presenti allo splen-dore mirabile di questa luce santa, vi sup-plico di unirvi a me per implorare la mise-ricordia di Dio onnipotente, affinché, dopoavermi accolto nel numero dei suoi Leviti,senza alcun mio merito, mi conceda un rag-gio della sua luce e mi accordi la grazia didegnamente cantare le lodi di questo Cero.Per nostro Signore Gesù Cristo Figlio suo,che essendo Dio, vive e regna con Lui nel-l’unità dello spirito Santo.

Per tutti i secoli dei secoli.

R. Così sia.V. Il Signore sia con voi.R. E con il tuo spirito.V. In alto i cuori.R. Sono rivolti al Signore.V. Rendiamo grazie al Signore nostro

Dio. R. È cosa degna e giusta.

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La Settimana Santa

EXSULTET

nella tomba, morto e sepolto. Quando riceverà la fiamma, vedremo in essa la colonna difuoco che rischiarò i passi del popolo santo: è l’aspetto di Cristo, raggiante degli splendo-ri della sua Risurrezione. Infatti, come nel Cero vi è il lucignolo, la cera e il lume, così sitrova in Cristo l’anima, il corpo e la divinità.

Il Cero, inoltre, è posto in luogo eminente per significare che il Signore è pervenuto aduna vita eterna e sopra ogni mortalità; si accende per mostrare ch’Egli è vivente nellaGloria; si benedice, perché non può l’esser suo naturale significar Cristo risuscitato.

Il Diacono, nel momento in cui canta Exsúltet, rappresenta la Maddalena e le altre piedonne, che per prime ebbero l’onore d’essere edotte da Gesù sulla sua Risurrezione e fu-rono da Lui incaricate, malgrado l’inferiorità del loro sesso, d’avvertire gli Apostolich’Egli era uscito dalla tomba e li avrebbe preceduti in Galilea.

Vere dignum et iustum est, invisíbi-lem Deum Patrem omnipoténtem, Fi-liúmque eius unigénitum, Dóminumnostrum Iesum Christum, toto cordisac mentis afféctu, et vocis ministériopersonáre. Qui pro nobis æterno PatriAdæ débitum solvit: et véteris piáculicautiónem pio cruóre detérsit. Hæcsunt enim festa paschália, in quibus ve-rus ille Agnus occíditur, cuius sángui-ne postes fidélium consecrántur. Hæcnox est, in qua primum patres nostrosfílios Israël edúctos de Ægýpto, MareRubrum sicco vestígio transíre fecísti.Hæc ígitur nox est, quæ peccatórum té-nebras, colúmnæ illuminatióne purgá-vit. Hæc nox est, quæ hódie per uni-vérsum mundum in Christo credéntes,a vítiis sæculi, et calígine peccatórumsegregátos, reddit grátiæ, sóciat sancti-táti. Hæc nox est, in qua destrúctis vín-culis mortis, Christus ab ínferis victorascéndit. Nihil enim nobis nasci pró-fuit, nisi rédimi profuísset. O mira cir-ca nos tuæ pietátis dignátio! O inæsti-mábilis diléctio caritátis: ut servum re-dímeres, Fílium tradidísti! O certe ne-cessárium Adæ peccátum, quod Chri-sti morte delétum est! O felix culpa,quæ talem ac tantum méruit habéreRedemptórem! O vere beáta nox, quæsola méruit scire tempus et horam, inqua Christus ab ínferis resurréxit! Hæcnox est, de qua scriptum est: Et nox si-cut dies illuminábitur: Et nox illuminá-tio mea in delíciis meis. Huius ígitursanctificátio noctis fugat scélera, culpaslavat: et reddit innocéntiam lapsis, etmæstis lætítiam. Fugat ódia, concór-diam parat, et curvat impéria.

È veramente degno e giusto celebrarecon tutto il nostro cuore e con tutta l’ani-ma nostra Iddio invisibile, Padre onnipo-tente, e il suo unico Figlio nostro SignoreGesù Cristo. Egli, per noi, pagò al Padreeterno il debito di Adamo e con le sue sof-ferenze cancellò la pena dell’antico peccato.Queste sono, infatti, le feste pasquali, du-rante le quali fu immolato il vero Agnello,il cui sangue consacra le porte dei fedeli.Questa è la notte nella quale facesti passa-re a piedi asciutti il Mar Rosso ai nostri pa-dri, i figli d’Israele, che uscivano dall’E-gitto. Questa è la notte che dissipò le tene-bre del peccato con la colonna di fuoco.Questa è la notte che in tutto il mondo, og-gi, ai fedeli di Cristo sottratti ai vizî delmondo e alle tenebre della colpa, ridona lagrazia e fa ritrovare la santità. Questa è lanotte in cui, infranti i vincoli della morte,Cristo risorge vittorioso dagli inferi, dopoaver spezzato i vincoli della morte. Infatti anulla avrebbe giovato il nascere se non fos-simo stati redenti. O mirabile degnazionedella tua misericordia verso di noi! O in-comprensibile eccesso della tua carità per laquale sacrificasti il Figlio per riscattare loschiavo! O certamente necessario peccatod’Adamo, cancellato mediante la morte delCristo! O felice colpa che ci procurò un ta-le e tanto Redentore! O notte veramentebeata che, sola, conobbe il tempo e l’ora nel-la quale il Cristo risorse dagli inferi! Diquesta notte è scritto: La notte sarà illumi-nata come il giorno, la notte mi è luce nel-le mie delizie. Perciò la santità di questanotte cancella i delitti, purifica le colpe, ri-dona l’innocenza ai colpevoli, agli afflitti lagioia. Fa dileguare gli odî, ristabilisce laconcordia, sottomette gli imperi.

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Sabato Santo - Il Cero pasquale

Il Diacono infigge nel Cero pasquale i cinque grani d’incenso benedetti, in forma di croce, seguendoquest’ordine:

Il Clero siede, non però il Celebrante.

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In huius ígitur noctis grátia, súsci-pe, sancte Pater, incénsi huius sacrifí-cium vespertínum: quod tibi in hacCérei oblatióne solémni, per ministró-rum manus de opéribus apum, sacro-sáncta reddit Ecclésia. Sed iam colúm-næ huius præcónia nóvimus, quam inhonórem Dei rútilans ignis accéndit.

In questa notte di grazia ricevi, o Pa-dre santo, il sacrificio vespertino di questoincenso, che la santa Chiesa ti offre per lemani dei tuoi ministri, nell’oblazione so-lenne di questo Cero, opera delle api. Magià noi conosciamo la gloria di questa co-lonna di cera, che sta per accendere unafiamma brillante in onore di Dio.

Qui licet sit divísus in partes,mutuáti tamen lúminis detriméntanon novit. Alitur enim liquántibusceris, quas in substántiam pretiósæhuius lámpadis, apis mater edúxit.

O vere beáta nox, quæ exspoliávitÆgýptios, ditávit Hebræos! Nox, inqua terrénis cæléstia, humánis divínaiungúntur. Orámus ergo te, Dómine:ut Céreus iste in honórem tui nóminis

Mentre questo lume viene diviso inparti, non è affatto diminuito comunican-dosi agli altri; in realtà esso è alimentatodalla cera che la madre ape ha prodottoper formare la sostanza preziosa di questalampada.

O notte veramente felice, che ha spo-gliato gli Egiziani per arricchire gliEbrei! Notte nella quale il cielo è legatoalla terra, le cose divine sono unite alleumane! Perciò noi ti preghiamo, o Si-

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La Settimana Santa

DICHIARAZIONEIl numero di questi grani d’incenso, così innestati nella cera, rappresenta le cinque pia-

ghe di Cristo sulla Croce; e nello stesso tempo indica l’uso dei profumi che la Maddalenae le compagne avevano preparato, mentre Gesù riposava nella tomba.

Il Diacono va ad accendere il Cero con una delle tre candele dell’arundine, quindi torna, e prosegue ilcanto.

Si accendono le lampade, poi il Diacono riprende il canto.

DICHIARAZIONEQuesto simbolico atto riproduce l’istante della Risurrezione di Cristo, quando la virtù

divina venne tutto ad un tratto a rianimare il suo corpo, riunendo all’anima santissima chela morte aveva separata. Ecco ormai inaugurata la fiaccola, immagine del Cristo-Luce. Lasanta Chiesa si rallegra al pensiero che fra poco rivedrà il suo celeste Sposo trionfante del-la morte.

Il Diacono si ferma alquanto, mentre il primo Accolito accende o all’arundine o al Cerola sua candela e con questa accende le luci della chiesa (e le altre luci). Tale accensione haluogo subito dopo quella del Cero pasquale, perché la conoscenza della Risurrezione delSalvatore si diffuse successivamente, fino a che tutti i fedeli non ne furono rischiarati. Talesuccedersi ci dimostra inoltre che la nostra risurrezione sarà la continuazione e l’imitazio-ne di quella di Gesù Cristo il quale ci apre la via da percorrere per riacquistare l’immorta-lità, dopo essere come lui passati nella tomba.

consecrátus, ad noctis huius calíginemdestruéndam, indefíciens persevéret.Et in odórem suavitátis accéptus, su-pérnis lumináribus misceátur. Flam-mas eius lúcifer matutínus invéniat.Ille, inquam, lúcifer, qui nescit occá-sum. Ille, qui regréssus ab ínferis,humáno géneri serénus illúxit. Pre-cámur ergo te, Dómine: ut nos fámu-los tuos, omnémque clerum, et devo-tíssimum pópulum: una cum beátissi-mo Papa nostro N. et Antístite nostroN., quiéte témporum concéssa, in hispaschálibus gáudiis, assídua prote-ctióne régere, gubernáre, et conserváredignéris. * Per eúndem Dóminum no-strum Iesum Christum, Fílium tuum:Qui tecum vivit et regnat in unitáteSpíritus Sancti Deus: per ómnia sæcu-la sæculórum. R. Amen

gnore, affinché questo Cero consacrato adonorare il tuo nome, per dissipare le tene-bre di questa notte, bruci senza posa. Lasua luce, ricevuta come profumo soave, simescoli alle luci celesti. Le sue fiamme leritrovi ancora l’astro mattutino; quel-l’astro che ignora il tramonto e che, usci-to dagli inferi, brillò sereno al genere u-mano. Ti preghiamo dunque affinché noituoi servi, il Clero tutto, il devotissimotuo popolo, insieme al beatissimo nostroPapa N., e con il Vescovo nostro N., con-cessa la pace dei tempi, ti degni durantequesti gaudi pasquali, reggere governaree conservare con assidua protezione. *Per il medesimo nostro Signore GesùCristo che con te e lo Spirito Santo vive eregna per tutti i secoli. R. Così sia.

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Sabato Santo - Le Profezie

* Si tralasciano le parole che riguardano l’Imperatore Romano (Decr. 1827, II, et 3103, III).

III PARTE: LE PROFEZIE

BREVI CENNI STORICITerminata l’Eucharistía lucernáris, che corrispondeva in parte, come ora canonica e

significato, al preludio del Vespro, seguono immediatamente le Vigilie, che nei tre primisecoli a Roma consistevano esclusivamente in una serie di pericopi scritturali, intercalateda Collette e dal canto responsoriale dei Salmi. Solo in seguito, l’influenza monastica hadato all’Ufficio Divino uno schema e un tipo tutto differente.

Un’antichissima tradizione riservava all’Ufficio del mattino anche il canto di una se-rie di Odi Profetiche, già derivate alla Chiesa dalla Sinagoga; ed è questa la ragione percui oggi, nella Veglia di Pasqua, dopo le Lezioni, i canti responsoriali non sono già toltidal Salterio, ma dall’antica raccolta delle Odi Mattutinali. In definitiva, la Veglia Pasqualedescritta nel Messale Romano è di capitale importanza, giacché conserva ancora quasi in-tatto il tipo primitivo della Vigilia domenicale romana, seguita dal Sacrificio Eucaristico,così come era in uso nei primi secoli della Chiesa.

San Gregorio ridusse a sei il numero delle Lezioni o Profezie; ma dopo qualche tempoprevalse anche a Roma l’antica tradizione duodenaria del Sacramentario Gelasiano, cheera tanto diffuso in Francia e in Italia. Le Collette che seguono le Lezioni sono importan-tissime, poiché con una brevità scultorea ne spiegano il significato mistico.

PROPHETIA PRIMAGen. 1,1-31 et 2,1-2

In princípio creávit Deus cælum, etterram. Terra autem erat inánis, et

vácua, et ténebræ erant super fáciemabýssi: et Spíritus Dei ferebátur superaquas. Dixítque Deus: Fiat lux. Et factaest lux. Et vidit Deus lucem quod essetbona: et divísit lucem a ténebris. Ap-pellavítque lucem Diem, et ténebrasNoctem: factúmque est véspere et ma-ne, dies unus. Dixit quoque Deus: Fiatfirmaméntum in médio aquárum: etdívidat aquas ab aquis. Et fecit Deusfirmaméntum, divisítque aquas, quæerant sub firmaménto, ab his, quæerant super firmaméntum. Et factumest ita. Vocavítque Deus firmaméntumCælum: et factum est véspere, et mane,dies secúndus. Dixit vero Deus: Con-gregéntur aquæ, quæ sub cælo sunt, in

PRIMA PROFEZIAGn 1,1-31 e 2,1-2

In principio Dio creò il cielo e la terra.Ora la terra era informe e deserta, e le

tenebre ricoprivano l’abisso, e lo spirito diDio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Siala luce!”. E la luce fu. Dio vide che la lu-ce era cosa buona e separò la luce dalle te-nebre e chiamò la luce giorno e le tenebrenotte. E fu sera e fu mattina: primo gior-no. Dio disse: “Sia il firmamento in mez-zo alle acque per separare le acque dalleacque”. Dio fece il firmamento e separò leacque, che sono sotto il firmamento, dalleacque, che son sopra il firmamento. E cosìavvenne. Dio chiamò il firmamento cielo.E fu sera e fu mattina: secondo giorno.Dio disse: “Le acque, che sono sotto il cie-lo, si raccolgano in un solo luogo e appaial’asciutto”. E così avvenne. Dio chiamòl’asciutto terra e la massa delle acque ma-

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La Settimana Santa

Terminata la benedizione del Cero pasquale, il Diacono depone la dalmatica bianca per riprendere iparamenti violacei; poi si reca vicino al Celebrante, che, dopo aver deposto il piviale, riveste il mani-polo con la pianeta violacea. Quindi si cominciano le Profezie senza titolo e senza rispondere alla fi-ne: Deo grátias. Il Celebrante le legge a voce bassa, all’Altare, dal lato dell’Epistola. Mentre si cantanole Profezie, il Clero siede, e si alza alle Orazioni che il Celebrante canta in tono feriale e con le manistese. Le Profezie devono cantarsi integralmente.

DICHIARAZIONEL’insieme di tutta la funzione presenta l’aspetto d’un’austera gravità: l’ora in cui Cristo

risusciterà nei suoi fedeli non è ancora scoccata. Le frequenti genuflessioni, il colore scurodei paramenti sacri continuano a far contrasto con lo splendore del Cero misterioso, chespande silenziosamente la sua luce sull’assemblea, ancora emozionata dagli accenti ditrionfo che il Diacono ha fatto risuonare, e avida di vedere l’ora in cui il Cristo risusciterà.

Le Profezie sono dodici, a richiamo dei dodici Apostoli che predicarono tale dottrina;si dicono senza titolo perché il nostro Capo e Redentore non è ancora risuscitato da morte.

* * *La prima Profezia è tratta dal Genesi e in essa vi si descrive l’opera della creazione. Il

cosmo è il capolavoro della Sapienza di Dio, ed ogni cosa è bella perché è uscita dalle suemani. Il mondo quindi è come un immenso tempio che Dio stesso si è eretto a propria glo-ria, e noi, pur servendoci per concessione di Dio delle creature inferiori, lo dobbiamo farecon gran riguardo e rispetto, servendocene sempre per il fine per cui Dio ce le ha concesse.

La Redenzione può paragonarsi ad una seconda creazione, giacché per essa l’uomo, chesi era dato schiavo al demonio, viene restituito alla primitiva dignità di figlio di Dio.

locum unum: et appáreat árida. Et fa-ctum est ita. Et vocávit Deus áridam,Terram: congregationésque aquárumappellávit Mária. Et vidit Deus quodesset bonum. Et ait: Gérminet terra her-bam viréntem, et faciéntem semen, etlignum pomíferum fáciens fructumiuxta genus suum, cuius semen in se-metípso sit super terram. Et factum estita. Et prótulit terra herbam viréntemet faciéntem semen iuxta genus suum,lignúmque fáciens fructum, et habensunumquódque seméntem secúndumspéciem suam. Et vidit Deus quod es-set bonum. Et factum est véspere, etmane, dies tértius. Dixit autem Deus:Fiant luminária in firmaménto cæli, etdívidant diem, ac noctem, et sint in si-gna, et témpora, et dies, et annos: ut lú-ceant in firmaménto cæli, et illúminentterram. Et factum est ita. Fecítque Deusduo luminária magna: lumináre ma-ius, ut præésset diéi: et lumináre mi-nus, ut præésset nocti: et stellas. Et pó-suit eas in firmaménto cæli, ut lucérentsuper terram, et præéssent diéi ac no-cti, et divíderent lucem, ac ténebras. Etvidit Deus quod esset bonum. Et fa-ctum est véspere, et mane, dies quar-tus. Dixit étiam Deus: Prodúcant aquæréptile ánimæ vivéntis, et volátile su-per terram sub firmaménto cæli. Crea-vítque Deus cete grándia, et omnemánimam vivéntem atque motábilem,quam prodúxerant aquæ in spéciessuas, et omne volátile secúndum genussuum. Et vidit Deus quod esset bo-num. Benedixítque eis, dicens: Crésci-te, et multiplicámini, et repléte aquasmaris: avésque multiplicéntur superterram. Et factum est véspere, et mane,dies quintus. Dixit quoque Deus: Pro-dúcat terra ánimam vivéntem in géne-re suo: iuménta et reptília, et béstiasterræ secúndum spécies suas. Factúm-que est ita. Et fecit Deus béstias terræ

re. E Dio vide che era cosa buona. E Diodisse: “La terra produca germogli, erbeche producono seme e alberi da frutto, chefacciano sulla terra frutto con il seme, cia-scuno secondo la sua specie”. E così av-venne: la terra produsse germoglî, erbeche producono seme, ciascuna secondo lapropria specie e alberi che fanno ciascunofrutto con il seme, secondo la propria spe-cie. Dio vide che era cosa buona. E fu serae fu mattina: terzo giorno. Dio disse: “Cisiano luci nel firmamento del cielo, per di-stinguere il giorno dalla notte; servano dasegni per le stagioni, per i giorni e per glianni e servano da luci nel firmamento delcielo per illuminare la terra”. E così av-venne: Dio fece le due luci grandi, la lucemaggiore per regolare il giorno e la luceminore per regolare la notte, e le stelle.Dio le pose nel firmamento del cielo per il-luminare la terra e per regolare giorno enotte e per separare la luce dalle tenebre.E Dio vide che era cosa buona. E fu sera efu mattina: quarto giorno. Dio disse: “Leacque brulichino di esseri viventi e uccel-li volino sopra la terra, davanti al firma-mento del cielo”. Dio creò i grandi mostrimarini e tutti gli esseri viventi che guiz-zano e brulicano nelle acque, secondo laloro specie, e tutti gli uccelli alati secondola loro specie. E Dio vide che era cosa buo-na. Dio li benedisse: “Siate fecondi e mol-tiplicatevi e riempite le acque dei mari; gliuccelli si moltiplichino sulla terra”. E fusera e fu mattina: quinto giorno. Dio dis-se: “La terra produca esseri viventi secon-do la loro specie: bestiame, rettili e bestieselvatiche secondo la loro specie”. E cosìavvenne: Dio fece le bestie selvatiche se-condo la loro specie e il bestiame secondola propria specie e tutti i rettili del suolosecondo la loro specie. E Dio vide che eracosa buona. E Dio disse: “Facciamo l’uo-mo a nostra immagine, a nostra somi-glianza, e domini sui pesci del mare e su-gli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte

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Sabato Santo - Le Profezie

iuxta spécies suas, et iuménta, et omneréptile terræ in génere suo. Et viditDeus quod esset bonum, et ait: Faciá-mus hóminem ad imáginem, et simili-túdinem nostram: et præsit píscibusmaris, et volatílibus cæli, et béstiis, uni-versæque terræ, omníque réptíli, quodmovétur in terra. Et creávit Deus hómi-nem ad imáginem suam: ad imáginemDei creávit, illum, másculum et fémi-nam creávit eos. Benedixítque illisDeus, et ait: Créscite, et multiplicámini,et repléte terram, et subiícite eam, etdominámini píscibus maris, et volatíli-bus cæli, et univérsis animántibus, quæmovéntur super terram. Dixítque De-us: Ecce dedi vobis omnem herbam af-feréntem semen super terram, et uni-vérsa ligna, quæ habent in semetípsisseméntem géneris sui, ut sint vobis inescam: et cunctis animántibus terræ,omníque vólucri cæli, et univérsis, quæmovéntur in terra, et in quibus est áni-ma vivens, ut hábeant ad vescéndum.Et factum est ita. Vidítque Deus cuncta,quæ fécerat: et erant valde bona. Et fa-ctum est véspere, et mane, dies sextus.Igitur perfécti sunt cæli, et terra, et om-nis ornátus eórum. Complevítque De-us die séptimo opus suum, quod féce-rat: et requiévit die séptimo ab univér-so ópere quod patrárat.

le bestie selvatiche e su tutti i rettili chestrisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo asua immagine; a immagine di Dio lo creò;maschio e femmina li creò. Dio li benedis-se e disse loro: “Siate fecondi e moltiplica-tevi, riempite la terra; soggiogatela e do-minate sui pesci del mare e sugli uccellidel cielo e su ogni essere vivente, che stri-scia sulla terra”. Poi Dio disse: “Ecco, iovi do ogni erba che produce seme e che èsu tutta la terra e ogni albero in cui è ilfrutto, che produce seme: saranno il vo-stro cibo. A tutte le bestie selvatiche, atutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseriche strisciano sulla terra e nei quali è ali-to di vita, io do in cibo ogni erba verde”.E così avvenne. Dio vide quanto avevafatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fusera e fu mattina: sesto giorno. Così furo-no portati a compimento il cielo e la terrae tutte le loro schiere. Allora Dio, nel set-timo giorno portò a termine il lavoro cheaveva fatto e cessò nel settimo giorno daogni suo lavoro.

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La Settimana Santa

Finita la lettura, il Celebrante dice: Orémus; il Diacono: Flectámus génua; e il Suddiacono: Leváte. E cosìper tutte le altre Orazioni.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, qui mirabíliter creásti hómi-nem, et mirabílius redemísti: da

nobis, quæsumus, contra oblectamén-ta peccáti, mentis ratióne persístere;ut mereámur ad ætérna gáudia perve-níre. Per Dóminum nostrum.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

ODio che in modo mirabile creaste l’uo-mo, e ancor più mirabilmente lo avete

redento, concedete, vi supplichiamo, di re-sistere alle attrattive del peccato, seguendoi dettami della ragione, così da meritare digiungere alle gioie celesti. Per nostro Si-gnore.

PROPHETIA SECUNDAGen. 5; 6; 7 et 8

Noë vero cum quingentórum essetannórum, génuit Sem, Cham et

Iapheth. Cumque cœpíssent hóminesmultiplicári super terram, et fílias pro-creássent, vidéntes fílii Dei fílias hómi-num, quod essent pulchræ, accepéruntsibi uxóres ex ómnibus, quas elége-rant. Dixítque Deus: Non permanébitspíritus meus in hómine in ætérnum,quia caro est: erúntque dies illíus cen-tum vigínti annórum. Gigántes autemerant super terram in diébus illis.Postquam enim ingréssi sunt fílii Deiad fílias hóminum illæque genuérunt,isti sunt poténtes a sæculo viri famósi.Videns autem Deus, quod multa malí-tia hóminum esset in terra, et cunctacogitátio cordis inténta esset ad malumomni témpore, pænítuit eum, quodhóminem fecísset in terra. Et tactus do-lóre cordis intrínsecus: Delébo, inquit,hóminem, quem creávi, a fácie terræ,ab hómine usque ad animántia, a rép-tili usque ad vólucres cæli; pœnitetenim me fecísse eos. Noë vero invénitgrátiam coram Dómino. Hæ sunt ge-neratiónes Noë: Noë vir iustus atqueperféctus fuit in generatiónibus suis,cum Deo ambulávit. Et génuit tres fí-lios, Sem, Cham, et Iapheth. Corrúptaest autem terra coram Deo, et replétaest iniquitáte. Cumque vidísset Deusterram esse corrúptam (omnis quippecaro corrúperat viam suam super ter-ram), dixit ad Noë: Finis univérsæ car-

SECONDA PROFEZIAGn 5; 6; 7 e 8

Noè aveva cinquecento anni quandogenerò Sem, Cam e Iafet. Quando gli

uomini cominciarono a moltiplicarsi sullaterra e nacquero loro figlie, i figli di Diovidero che le figlie degli uomini erano bel-le e ne presero per mogli quante ne volle-ro. Allora il Signore disse: “Il mio spiritonon resterà sempre nell’uomo, perché egliè carne e la sua vita sarà di centoventi an-ni”. C’erano sulla terra i giganti a queitempi – e anche dopo – quando i figli diDio si univano alle figlie degli uomini equeste partorivano loro dei figli: sono que-sti gli eroi dell’antichità, uomini famosi.Il Signore vide che la malvagità degli uo-mini era grande sulla terra e che ogni di-segno concepito dal loro cuore non era al-tro che male. E il Signore si pentì di averfatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò incuor suo. Il Signore disse: “Stermineròdalla terra l’uomo che ho creato: con l’uo-mo anche il bestiame e i rettili e gli uccel-li del cielo, perché sono pentito d’averlifatti”. Ma Noè trovò grazia agli occhi delSignore. Questa è la storia di Noè. Noèera uomo giusto e integro tra i suoi con-temporanei e camminava con Dio. Noègenerò tre figli: Sem, Cam, e Iafet. Ma laterra era corrotta davanti a Dio e piena diviolenza. Dio guardò la terra ed ecco essaera corrotta, perché ogni uomo aveva per-vertito la sua condotta sulla terra. AlloraDio disse a Noè: “È venuta per me la finedi ogni uomo, perché la terra, per causaloro, è piena di violenza; ecco, io li di-

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Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONELa seconda Profezia è in intima relazione con la prima, e quindi con l’opera della

Redenzione. Come al principio Dio aveva tratto dal nulla l’universo, così ora, per mezzodell’arca di Noè, che conserva le riserve della creazione, lo ricrea. Come l’arca del patriar-ca Noè rinnovò la vita di tutto il mondo, così ora il santo Battesimo viene a sommergere ea porre fine ad uno stato di cose ormai intollerabile, inaugurando il Testamento Nuovo dipace e di amore.

nis venit coram me: repléta est terrainiquitáte a fácie eórum, et ego dispér-dam eos cum terra. Fac tibi arcam de li-gnis lævigátis: mansiúnculas in arcafácies, et bitúmine línies intrínsecus etextrínsecus. Et sic fácies eam: Trecen-tórum cubitórum erit longitúdo arcæ,quinquagínta cubitórum latitúdo, ettrigínta cubitórum altitúdo illíus.Fenéstram in arca fácies, et in cúbitoconsummábis summitátem eius: ó-stium autem arcæ pones ex látere: de-órsum cœnácula et trístega fácies in ea.Ecce ego addúcam aquas dilúvii superterram, ut interfíciam omnem carnem,in qua spíritus vitæ est subter cælum.Univérsa quæ in terra sunt, consumén-tur. Ponámque fœdus meum tecum: etingrediéris arcam tu, et fílii tui, uxortua, et uxóres filiórum tuórum tecum.Et ex cunctis animántibus univérsæcarnis bina indúces in arcam, ut vivanttecum: masculíni sexus, et feminíni. Devolúcribus iuxta genus suum, et de iu-méntis in génere suo, et ex omni répti-li terræ secúndum genus suum: binade ómnibus ingrediéntur tecum, utpossint vívere. Tolles ígitur tecum exómnibus escis, quæ mandi possunt, etcomportábis apud te: et erunt tam tibi,quam illis in cibum. Fecit ígitur Noëómnia, quæ præcéperat illi Deus.Erátque sexcentórum annórum, quan-do dilúvii aquæ inundavérunt superterram. Rupti sunt omnes fontes abýs-si magnæ, et cataráctæ cæli apértæsunt: et facta est plúvia super terramquadragínta diébus, et quadragíntanóctibus. In artículo diéi illíus ingrés-sus est Noë, et Sem, et Cham, et Ia-pheth, fílii eius, uxor illíus, et tres uxó-res filiórum eius cum eis in arcam: ip-si, et omne ánimal secúndum genussuum, universáque iuménta in géneresuo, et omne, quod movétur super ter-ram in génere suo, cunctúmque voláti-

struggerò insieme con la terra. Fattiun’arca di legno levigato; dividerai l’arcain scompartimenti e la spalmerai di bitu-me dentro e fuori. Ecco come devi farla:l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza,cinquanta di larghezza e trenta di altezza.Farai nell’arca un tetto e a un cubito piùsopra la terminerai; da un lato metterai laporta dell’arca. La farai a piani: inferiore,medio e superiore. Ecco io manderò il di-luvio, cioè le acque, sulla terra, per di-struggere sotto il cielo ogni carne, in cui èalito di vita; quanto è sulla terra perirà.Ma con te io stabilisco la mia alleanza.Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli,tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Diquanto vive, di ogni carne, introdurrainell’arca due di ogni specie, per conser-varli in vita con te: siano maschio e fem-mina. Degli uccelli secondo la loro specie,del bestiame secondo la propria specie e ditutti i rettili della terra secondo la lorospecie, due d’ognuna verranno con te, peressere conservati in vita. Quanto a te,prenditi ogni sorta di cibo da mangiare eraccoglilo presso di te: sarà di nutrimentoper te e per loro”. Noè eseguì tutto; comeDio gli aveva comandato, così egli fece.Noè aveva seicento anni, quando venne ildiluvio, cioè le acque sulla terra. Nell’an-no seicentesimo della vita di Noè, nel se-condo mese, il diciassette del mese, pro-prio in quello stesso giorno, eruppero tut-te le sorgenti del grande abisso e le cate-ratte del cielo si aprirono. Cadde la piog-gia sulla terra per quaranta giorni e qua-ranta notti. In quello stesso giorno entrònell’arca Noè con i figli Sem, Cam e Iafet,la moglie di Noè, le tre mogli dei suoi trefigli: essi e tutti i viventi secondo la lorospecie e tutto il bestiame secondo la suaspecie e tutti i rettili che strisciano sullaterra secondo la loro specie, tutti i volatilisecondo la loro specie, tutti gli uccelli,tutti gli esseri alati. Le acque divenneropoderose e crebbero molto sopra la terra e

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La Settimana Santa

le secúndum genus suum. Porro arcaferebátur super aquas. Et aquæ præva-luérunt nimis super terram: opertíquesunt omnes montes excélsi sub univér-so cælo. Quíndecim cúbitis áltior fuitaqua super montes, quos operúerat.Consumptáque est omnis caro, quæmovebátur super terram, vólucrum,animántium, bestiárum, omniúmquereptílium, quæ reptant super terram.Remánsit autem solus Noë, et qui cumeo erant in arca. Obtinuerúntque aquæterram centum quinquagínta diébus.Recordátus autem Deus Noë, cuncto-rúmque animántium et ómnium iu-mentórum, quæ erant cum eo in arca,addúxit spíritum super terram, et im-minútæ sunt aquæ. Et clausi sunt fon-tes abýssi, et cataráctæ cæli: et prohíbi-tæ sunt plúviæ de cælo. Reversæquesunt aquæ de terra eúntes, et redeún-tes: et cœpérunt mínui post centumquinquagínta dies. Cumque transís-sent quadragínta dies, apériens Noë fe-néstram arcæ, quam fécerat, dimísitcorvum, qui egrediebátur, et non re-vertebátur, donec siccaréntur aquæ su-per terram. Emísit quoque colúmbampost eum, ut vidéret, si iam cessássentaquæ super fáciem terræ. Quæ cumnon invenísset ubi requiésceret peseius, revérsa est ad eum in arcam:aquæ enim erant super univérsam ter-ram: extendítque manum, et ap-prehénsam íntulit in arcam. Exspe-ctátis autem ultra septem diébus áliis,rursum dimísit colúmbam ex arca. Atilla venit ad eum ad vésperam, portansramum olívæ viréntibus fóliis in oresuo. Intelléxit ergo Noë, quod cessás-sent aquæ super terram. Exspe-ctavítque nihilóminus septem áliosdies: et emísit colúmbam, quæ non estrevérsa ultra ad eum. Locútus est au-tem Deus ad Noë, dicens: Egrédere dearca, tu, et uxor tua, fílii tui, et uxóres

l’arca galleggiava sulle acque. Le acque siinnalzarono sempre più sopra la terra ecoprirono tutti i monti più alti che sonosotto tutto il cielo. Le acque superarono inaltezza di quindici cubiti i monti che ave-vano ricoperto. Perì ogni essere viventeche si muove sulla terra, uccelli, bestiamee fiere e tutti gli esseri che brulicano sullaterra e tutti gli uomini. Rimase solo Noè echi stava con lui nell’arca. Le acque resta-rono alte sopra la terra centocinquantagiorni. Dio si ricordò di Noè, di tutte lefiere e di tutti gli animali domestici cheerano con lui nell’arca. Dio fece passareun vento sulla terra e le acque si abbassa-rono. Le fonti dell’abisso e le cateratte delcielo furono chiuse e fu trattenuta la piog-gia dal cielo; le acque andarono via via ri-tirandosi dalla terra e calarono dopo cen-tocinquanta giorni. Trascorsi quarantagiorni, Noè aprì la finestra che aveva fat-ta nell’arca e fece uscire un corvo per ve-dere se le acque si fossero ritirate. Essouscì andando e tornando finché si pro-sciugarono le acque sulla terra. Noè poifece uscire una colomba, per vedere se leacque si fossero ritirate dal suolo; ma lacolomba, non trovando dove posare lapianta del piede, tornò a lui nell’arca, per-ché c’era ancora l’acqua su tutta la terra.Egli stese la mano, la prese e la fece rien-trare presso di sé nell’arca. Attese altrisette giorni e di nuovo fece uscire la co-lomba dall’arca e la colomba tornò a luisul far della sera; ecco, essa aveva nel bec-co un ramoscello di ulivo. Noè compreseche le acque si erano ritirate dalla terra.Aspettò altri sette giorni, poi lasciò anda-re la colomba; essa non tornò più da lui.Dio ordinò a Noè: “Esci dall’arca tu e tuamoglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figlicon te. Tutti gli animali d’ogni specie chehai con te, uccelli, bestiame e tutti i retti-li che strisciano sulla terra, falli uscirecon te, perché possano diffondersi sullaterra, siano fecondi e si moltiplichino su

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Sabato Santo - Le Profezie

PROPHETIA TERTIAGen. 22,1-19

I n diébus illis: Tentávit Deus A-braham, et dixit ad eum: Abraham,

TERZA PROFEZIAGn 22,1-19

I n quei giorni Dio mise alla prova A-bramo e gli disse: “Abramo, Abramo!”.

filiórum tuórum tecum. Cuncta ani-mántia, quæ sunt apud te, ex omni car-ne, tam in volatílibus, quam in béstiis,et univérsis reptílibus, quæ reptant su-per terram, educ tecum, et ingredíminisuper terram: créscite, et multiplicámi-ni super eam. Egréssus est ergo Noë, etfílii eius, uxor illíus et uxóres filiórumeius cum eo. Sed et ómnia animántia,iuménta, et reptília, quæ reptant superterram, secúndum genus suum, egrés-sa sunt de arca. Ædificávit autem Noëaltáre Dómino: et tollens de cunctis pe-córibus, et volúcribus mundis, óbtulitholocáusta super altáre. Odoratúsqueest Dóminus odórem suavitátis.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, incommutábilis virtus, et lu-men ætérnum: réspice propítius

ad totíus Ecclésiæ tuæ mirábile sacra-méntum, et opus salútis humánæ, per-pétuæ dispositiónis efféctu tranquíl-lius operáre; totúsque mundus expe-riátur et vídeat, deiécta érigi, inveterá-ta renovári, et per ipsum redíre ómniain íntegrum, a quo sumpsére princí-pium: Dóminum nostrum Iesum Chri-stum Fílium tuum: Qui tecum vivit.

di essa”. Noè uscì con i figli, la moglie e lemogli dei figli. Tutti i viventi e tutto il be-stiame e tutti gli uccelli e tutti i rettili chestrisciano sulla terra, secondo la loro spe-cie, uscirono dall’arca. Allora Noè edificòun altare al Signore; prese ogni sorta dianimali mondi e di uccelli mondi e offrìolocausti sull’altare. E il Signore gradì ilsoave odore.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

ODio, potenza immutabile e lume eter-no, riguardate propizio al mistero am-

mirabile di tutta la vostra Chiesa, e l’operadell’umana salvezza degnatevi di effettua-re in più tranquille condizioni, mediantel’efficacia della vostra eterna disposizione;tutto il mondo veda e riconosca le cose ab-battute rialzarsi, le invecchiate rinnovarsi,e tutte le cose ritornare alla loro integrità,per mezzo di Colui dal quale trassero prin-cipio: nostro Signore Gesù Cristo vostroFiglio: il quale con Voi vive.

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La Settimana Santa

DICHIARAZIONELa terza Profezia ci narra la commovente storia di Abramo che sacrifica il figlio Isacco,

e per la sua fede merita di divenire il prototipo ed il Patriarca di uno sterminato popolo dicredenti. Il sacrificio d’Isacco simboleggia quello di Gesù, che l’Eterno Padre consegna al-la morte per nostro amore.

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Sabato Santo - Le Profezie

Abraham. At ille respóndit: Adsum.Ait illi: Tolle fílium tuum unigénitum,quem díligis, Isaac, et vade in terramvisiónis: atque ibi ófferes eum in holo-cáustum super unum móntium, quemmonstrávero tibi. Igitur Abraham denocte consúrgens, stravit ásinum su-um: ducens secum duos iúvenes, etIsaac fílium suum. Cumque concidís-set ligna in holocáustum, ábiit ad lo-cum, quem præcéperat ei Deus. Dieautem tértio, elevátis óculis, vidit lo-cum procul: dixítque ad púeros suos:Exspectáte hic cum ásino: ego, et puerilluc usque properántes, postquamadoravérimus, revertémur ad vos.Tulit quoque ligna holocáusti, et impó-suit super Isaac fílium suum: ipse veroportábat in mánibus ignem, et glá-dium. Cumque duo pérgerent simul,dixit Isaac patri suo: Pater mi. At illerespóndit: Quid vis, fili? Ecce, inquit,ignis, et ligna: ubi est víctima holocáu-sti? Dixit autem Abraham: Deus provi-débit sibi víctimam holocáusti, fili mi.Pergébant ergo páriter: et venérunt adlocum, quem osténderat ei Deus, inquo ædificávit altáre, et désuper lignacompósuit: cumque alligásset Isaac fí-lium suum, pósuit eum in altáre superstruem lignórum. Extendítque ma-num, et arrípuit gládium, ut immoláretfílium suum. Et ecce Angelus Dóminide cælo clamávit, dicens: Abraham, A-braham. Qui respóndit: Adsum. Dixí-tque ei: Non exténdas manum tuamsuper púerum, neque fácias illi quid-quam: nunc cognóvi, quod timesDeum, et non pepercísti unigénito fíliotuo propter me. Levávit Abraham ócu-los suos, vidítque post tergum aríeteminter vepres hæréntem córnibus, quemassúmens óbtulit holocáustum pro fí-lio. Appellavítque nomen loci illíus,Dóminus videt. Unde usque hódie dí-citur: In monte Dóminus vidébit. Vo-

Rispose: “Eccomi!”. Riprese: “Prendi tuofiglio, il tuo unico figlio che ami, Isacco,va’ nel territorio di Moria e offrilo in olo-causto su di un monte che io ti indicherò”.Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’a-sino, prese con sé due servi e il figlioIsacco, spaccò la legna per l’olocausto e simise in viaggio verso il luogo che Dio gliaveva indicato. Il terzo giorno Abramo al-zò gli occhi e da lontano vide quel luogo.Allora Abramo disse ai suoi servi: “Fer-matevi qui con l’asino; io e il ragazzo an-dremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritor-neremo da voi”. Abramo prese la legnadell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco,prese in mano il fuoco e il coltello, poi pro-seguirono tutt’e due insieme. Isacco si ri-volse al padre Abramo e disse: “Padremio!”. Rispose: “Eccomi, figlio mio”. Ri-prese: “Ecco qui il fuoco e la legna, ma do-v’è l’agnello per l’olocausto?”. Abramo ri-spose: “Dio stesso provvederà l’agnelloper l’olocausto, figlio mio!”. Proseguironotutt’e due insieme; così arrivarono al luo-go che Dio gli aveva indicato; qui Abramocostruì l’altare, collocò la legna, legò il fi-glio Isacco e lo depose sull’altare, sopra lalegna. Poi Abramo stese la mano e prese ilcoltello per immolare suo figlio. Ma l’an-gelo del Signore lo chiamò dal cielo e glidisse: “Abramo, Abramo!”. Rispose: “Ec-comi!”. L’angelo disse: “Non stendere lamano contro il ragazzo e non fargli alcunmale! Ora so che tu temi Dio e non mi hairifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio”.Allora Abramo alzò gli occhi e vide unariete impigliato con le corna in un cespu-glio. Abramo andò a prendere l’ariete e looffrì in olocausto invece del figlio. Abramochiamò quel luogo: “Il Signore provvede”,perciò oggi si dice: “Sul monte il Signoreprovvede”. Poi l’angelo del Signore chia-mò dal cielo Abramo per la seconda volta edisse: “Giuro per me stesso, oracolo delSignore: perché tu hai fatto questo e nonmi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico fi-

cávit autem Angelus Dómini Abrahamsecúndo de cælo, dicens: Per memetí-psum iurávi, dicit Dóminus: quia fecí-sti hanc rem, et non pepercísti fílio tuounigénito propter me: benedícam tibi,et multiplicábo semen tuum sicut stel-las cæli, et velut arénam, quæ est in lít-tore maris: possidébit semen tuumportas inimicórum suórum, et benedi-céntur in sémine tuo omnes gentes ter-ræ, quia obœdísti voci meæ. Revérsusest Abraham ad púeros suos, abierún-tque Bersabée simul, et habitávit ibi.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, fidélium Pater summe, quiin toto orbe terrárum, promissió-

nis tuæ fílios diffúsa adoptiónis grátiamultíplicas: et per paschále sacramén-tum, Abraham púerum tuum univer-sárum, sicut iurásti, géntium éfficispatrem; da pópulis tuis digne ad grá-tiam tuæ vocatiónis introíre. Per Dó-minum nostrum.

glio, io ti benedirò con ogni benedizione erenderò molto numerosa la tua discenden-za, come le stelle del cielo e come la sabbiache è sul lido del mare; la tua discendenzasi impadronirà delle città dei nemici. Sa-ranno benedette per la tua discendenzatutte le nazioni della terra, perché tu haiobbedito alla mia voce”. Poi Abramo tor-nò dai suoi servi; insieme si misero incammino verso Bersabea e Abramo abitò aBersabea.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

ODio, Padre sommo dei fedeli, che conil diffondere la grazia dell’adozione,

moltiplicate su tutta la terra i figli dellavostra promessa e, mediante il mistero pa-squale, fate, come prometteste, di Abramovostro servo, il padre di tutte le nazioni,accordate ai vostri popoli di risponderedegnamente alla grazia della vostra voca-zione. Per nostro Signore.

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PROPHETIA QUARTAEx. 14,24-31 et 15,1

In diébus illis: Factum est in vigíliamatutína, et ecce, respíciens Dómi-

nus super castra Ægyptiórum per co-lúmnam ignis, et nubis, interfécit exér-citum eórum: et subvértit rotas cúr-ruum, ferebantúrque in profúndum.Dixérunt ergo Ægýptii: Fugiámus I-

QUARTA PROFEZIAEs 14,24-31 e 15,1

In quei giorni non era ancora spuntato ilmattino che il Signore dalla colonna di

fuoco e di nube gettò uno sguardo sulcampo degli Egiziani e lo mise in rotta.Frenò le ruote dei loro carri, cosicché astento riuscivano a spingerle. Allora gliEgiziani dissero: “Fuggiamo di fronte a

La Settimana Santa

DICHIARAZIONELa quarta Profezia, tratta dall’Esodo, è stata posta qui, sia perché servisse di preambo-

lo al Cantico di Mosè, che in antico faceva parte delle Odi da cantarsi nell’Ufficio Mat-tutinale, sia perché il passaggio prodigioso degli Israeliti attraverso il Mar Rosso è uno deisimboli del santo Battesimo, perché rievoca il Sangue preziosissimo del Divin Redentore,da cui l’uomo è stato salvato.

sraélem: Dóminus enim pugnat proeis contra nos. Et ait Dóminus ad Mó-ysen: Exténde manum tuam supermare, ut revertántur aquæ ad Ægý-ptios super currus et équites eórum.Cumque extendísset Móyses manumcontra mare, revérsum est primo dilú-culo ad priórem locum: fugientibú-sque Ægýptiis occurrérunt aquæ, etinvólvit eos Dóminus in médiis flúcti-bus. Reversæque sunt aquæ, et ope-ruérunt currus, et équites cuncti exér-citus Pharaónis, qui sequéntes ingrés-si fúerant mare: nec unus quidem su-pérfuit ex eis. Fílii autem Israël perre-xérunt per médium sicci maris, et a-quæ eis erant quasi pro muro a dextriset a sinístris: liberavítque Dóminus indie illa Israël de manu Ægyptiórum.Et vidérunt Ægýptios mórtuos superlittus maris, et manum magnam,quam exercúerat Dóminus contra eos:timuítque pópulus Dóminum, et cre-didérunt Dómino, et Móysi, servoeius. Tunc cécinit Móyses, et fílii Israëlcarmen hoc Dómino, et dixérunt:

Israele, perché il Signore combatte per lo-ro contro gli Egiziani!”. Il Signore disse aMosè: “Stendi la mano sul mare: le acquesi riversino sugli Egiziani, sui loro carri ei loro cavalieri”. Mosè stese la mano sulmare e il mare, sul far del mattino, tornòal suo livello consueto, mentre gli Egi-ziani, fuggendo, gli si dirigevano contro.Il Signore li travolse così in mezzo al ma-re. Le acque ritornarono e sommersero icarri e i cavalieri di tutto l’esercito del fa-raone, che erano entrati nel mare dietro aIsraele: non ne scampò neppure uno.Invece gli Israeliti avevano camminatosull’asciutto in mezzo al mare, mentre leacque erano per loro una muraglia a de-stra e a sinistra. In quel giorno il Signoresalvò Israele dalla mano degli Egiziani eIsraele vide gli Egiziani morti sulla rivadel mare; Israele vide la mano potente conla quale il Signore aveva agito control’Egitto e il popolo temette il Signore ecredette in lui e nel suo servo Mosè. Al-lora Mosè e gli Israeliti cantarono questocanto al Signore e dissero:

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Sabato Santo - Le Profezie

Tractus Exodi 15,1 et 2 Cantémus Dómino: glorióse enim

honorificátus est: equum, et ascensó-rem proiécit in mare: adiútor, et pro-téctor factus est mihi in salútem. V.Hic Deus meus, et honorificábo eum:Deus patris mei, et exaltábo eum. V. Dó-minus cónterens bella: Dóminus no-men est illi.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.

Tratto Esodo 15,1 e 2 Cantiamo al Signore, poiché ha fatto

splendere la sua gloria: ha gettato in ma-re cavallo e cavaliere. Egli si è fatto miadifesa e mio protettore per la mia salvezza.V. Egli è il mio Dio e lo voglio lodare,è il Dio di mio padre e lo voglio esal-tare! V. Il Signore fa dileguare le guerre,Signore è il suo nome.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.

DICHIARAZIONESegue il famoso Cantico di Mosè, intonato all’uscita del popolo israelitico dal Mar

Rosso. La mano di Dio si è manifestata terribile con gli Egiziani idolatri ed ostinati, men-tre è stata d’una tenerezza veramente materna verso il popolo che ad essa si affidava.

Oratio

Deus, cuius antíqua mirácula é-tiam nostris sæculis coruscáre

sentímus: dum, quod uni pópulo, apersecutióne Ægyptíaca liberándo,déxteræ tuæ poténtia contulísti, id insalútem géntium per aquam regene-ratiónis operáris: præsta; ut in Abrá-hæ fílios, et in israëlíticam dignitátem,totíus mundi tránseat plenitúdo. PerDóminum nostrum.

Orazione

O Dio, le cui antiche meraviglie vedia-mo ancora risplendere ai nostri gior-

ni, quando per mezzo dell’acqua della rige-nerazione operate in favore dei popoli tut-to ciò che con la potenza della vostra de-stra compiste in favore di un sol popolo, li-berandolo dalla schiavitù egiziana, conce-dete che tutti i popoli della terra diventinofigli di Abramo e partecipi della grandezzadel popolo d’Israele. Per nostro Signore.

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PROPHETIA QUINTAIs. 54,17 et 55,1-11

Hæc est heréditas servórum Dómi-ni: et iustítia eórum apud me, di-

cit Dóminus. Omnes sitiéntes, venítead aquas: et qui non habétis argéntum,properáte, émite, et comédite: veníte,émite absque argénto, et absque ullacommutatióne, vinum, et lac. Quareappénditis argéntum non in pánibus,et labórem vestrum non in saturitáte?Audíte audiéntes me, et comédite bo-num, et delectábitur in crassitúdineánima vestra. Inclináte aurem ve-stram, et veníte ad me: audíte, et vivetánima vestra, et fériam vobíscum pa-ctum sempitérnum, misericórdias Da-vid fidéles. Ecce testem pópulis dedieum, ducem, ac præceptórem génti-bus. Ecce gentem, quam nesciébas, vo-cábis: et gentes, quæ te non cognové-runt, ad te current propter DóminumDeum tuum, et sanctum Israël, quiaglorificávit te. Quærite Dóminum,dum inveníri potest: invocáte eum,dum prope est. Derelínquat ímpiusviam suam, et vir iníquus cogitatiónes

QUINTA PROFEZIAIs 54,17 e 55,1-11

Questa è la sorte dei servi del Signore,quanto spetta a loro da parte mia, di-

ce il Signore. O voi tutti assetati veniteall’acqua, chi non ha denaro venga ugual-mente; comprate e mangiate senza denaroe, senza spesa, vino e latte. Perché spende-te denaro per ciò che non è pane, il vostropatrimonio per ciò che non sazia? Su, a-scoltatemi e mangerete cose buone e gu-sterete cibi succulenti. Porgete l’orecchioe venite a me, ascoltate e voi vivrete. Iostabilirò per voi un’alleanza eterna, i fa-vori assicurati a Davide. Ecco l’ho costi-tuito testimonio fra i popoli, principe e so-vrano sulle nazioni. Ecco tu chiameraigente che non conoscevi; accorreranno ate popoli che non ti conoscevano a causadel Signore, tuo Dio, del Santo di Israele,perché egli ti ha onorato. Cercate il Si-gnore, mentre si fa trovare, invocatelo,mentre è vicino. L’empio abbandoni la suavia e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritornial Signore che avrà misericordia di lui e alnostro Dio che largamente perdona. Per-ché i miei pensieri non sono i vostri pen-

La Settimana Santa

DICHIARAZIONELa quinta Profezia è tratta da Isaia e si riferisce alla vocazione dei Gentili, grazie alla

fede e al lavacro battesimale. Per conseguirla, non è necessaria, come nell’Antico Testa-mento, la giustizia legale e la consanguineità con Israele, ma basta la viva fede in CristoRedentore.

suas, et revertátur ad Dóminum, et mi-serébitur eius, et ad Deum nostrum:quóniam multus est ad ignoscéndum.Non enim cogitatiónes meæ, cogitatió-nes vestræ: neque viæ vestræ viæmeæ, dicit Dóminus. Quia sicut exal-tántur cæli a terra, sic exaltátæ suntviæ meæ a viis vestris, et cogitatiónesmeæ a cogitatiónibus vestris. Et quó-modo descéndit imber, et nix de cælo,et illuc ultra non revértitur, sed iné-briat terram, et infúndit eam, et ger-mináre eam facit, et dat semen serénti,et panem comedénti; sic erit verbummeum, quod egrediétur de ore meo:non revertétur ad me vácuum, sed fá-ciet, quæcúmque vólui, et prosperábi-tur in his, ad quæ misi illud: dicit Dó-minus omnípotens.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

O mnípotens sempitérne Deus,multíplica in honórem nóminis

tui, quod patrum fídei spopondísti: etpromissiónis fílios sacra adoptióne di-láta; ut, quod prióres sancti non dubi-tavérunt futúrum, Ecclésia tua magnaiam ex parte cognóscat implétum. PerDóminum nostrum.

sieri, le vostre vie non sono le mie vie di-ce il Signore. Quanto il cielo sovrasta laterra, tanto le mie vie sovrastano le vostrevie, i miei pensieri sovrastano i vostripensieri. Come infatti la pioggia e la nevescendono dal cielo e non vi ritornano sen-za avere irrigato la terra, senza averla fe-condata e fatta germogliare, perché dia ilseme al seminatore e pane da mangiare,così sarà della parola uscita dalla mia boc-ca: non ritornerà a me senza effetto, senzaaver operato ciò che desidero e senza avercompiuto ciò per cui l’ho mandata, dice ilSignore onnipotente.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

Dio onnipotente ed eterno, moltiplica-te, a gloria del vostro nome, quella

posterità che prometteste alla fede dei pa-dri nostri; e con la sacra adozione molti-plicate i figli della promessa; affinché lavostra Chiesa veda già in parte compiutoquanto i santi Patriarchi non dubitaronoche sarebbe avvenuto. Per nostro Signore.

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Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONELa sesta Profezia è tratta da Baruch ed è tra le più profonde pagine della Bibbia. È co-

me un accurato esame di coscienza. Che cosa ha guadagnato Israele tenendo dietro alla po-tenza, alla gloria, e alla civiltà pagana? È crollata.

PROPHETIA SEXTABar. 3,9-38

Audi, Israël, mandáta vitæ: áuribuspércipe, ut scias prudéntiam. Quid

est, Israël, quod in terra inimicórum es?Inveterásti in terra aliéna, coinquinátuses cum mórtuis: deputátus es cum de-

SESTA PROFEZIABar 3,9-38

Ascolta, Israele, i comandamenti dellavita, porgi l’orecchio per intender la

prudenza. Perché, Israele, perché ti troviin terra nemica e invecchi in terra stranie-ra? Perché ti contamini con i cadaveri e

scendéntibus in inférnum. Dereliquístifontem sapiéntiæ. Nam si in via Deiambulásses, habitásses útique in pacesempitérna. Disce ubi sit prudéntia, ubisit virtus, ubi sit intelléctus: ut scias si-mul ubi sit longitúrnitas vitæ, et victus,ubi sit lumen oculórum, et pax. Quisinvénit locum eius? et quis intrávit inthesáuros eius? Ubi sunt príncipes gén-tium, et qui dominántur super béstias,quæ sunt super terram? qui in ávibuscæli ludunt, qui argéntum thesaurí-zant, et aurum, in quo confídunt hómi-nes, et non est finis acquisitiónis eó-rum? qui argéntum fábricant, et sollíci-ti sunt, nec est invéntio óperum illó-rum? Extermináti sunt, et ad ínferosdescendérunt, et álii loco eórum surre-xérunt. Iúvenes vidérunt lumen, et ha-bitavérunt super terram: viam autemdisciplínæ ignoravérunt, neque intelle-xérunt sémitas eius, neque fílii eórumsuscepérunt eam, a fácie ipsórum lon-ge facta est: non est audíta in terraChánaan, neque visa est in Theman.Fílii quoque Agar, qui exquírunt pru-déntiam, quæ de terra est, negotiatóresMerrhæ, et Theman, et fabulatóres, etexquisitóres prudéntiæ, et intellegén-tiæ: viam autem sapiéntiæ nesciérunt,neque commemoráti sunt sémitas eius.O Israël, quam magna est domus Dei,et ingens locus possessiónis eius! Ma-gnus est, et non habet finem: excélsus,et imménsus. Ibi fuérunt gigántes no-mináti illi, qui ab inítio fuérunt, statúramagna, sciéntes bellum. Non hos elégitDóminus, neque viam disciplínæ inve-nérunt: proptérea periérunt. Et quó-niam non habuérunt sapiéntiam, inte-riérunt propter suam insipiéntiam.Quis ascéndit in cælum, et accépit eam,et edúxit eam de núbibus? Quis tran-sfretávit mare, et invénit illam? et áttu-lit illam super aurum eléctum? Non estqui possit scire vias eius, neque qui ex-

sei annoverato fra coloro che scendono ne-gli inferi? Tu hai abbandonato la fontedella sapienza! Se tu avessi camminatonei sentieri di Dio, saresti vissuto semprein pace. Impara dov’è la prudenza, dov’èla forza, dov’è l’intelligenza, per com-prendere anche dov’è la longevità e la vi-ta, dov’è la luce degli occhi e la pace. Machi ha scoperto la sua dimora, chi è pene-trato nei suoi forzieri? Dove sono i capidelle nazioni, quelli che dominano le belveche sono sulla terra? Coloro che si diver-tono con gli uccelli del cielo, quelli cheammassano argento e oro, in cui confida-no gli uomini, e non pongono fine ai loropossessi? Coloro che lavorano l’argento elo cesellano senza rivelare il segreto dei lo-ro lavori? Sono scomparsi, sono scesi ne-gli inferi e altri hanno preso il loro posto.Nuove generazioni hanno visto la luce esono venute ad abitare il paese, ma nonhanno conosciuto la via della sapienza,non hanno appreso i suoi sentieri; neppu-re i loro figli l’hanno raggiunta, anzi, sisono allontanati dalla sua via. Non se n’èsentito parlare in Cànaan, non si è vistain Teman. I figli di Agar, che cercano sa-pienza terrena, i mercanti di Merra e diTeman, i narratori di favole, i ricercatoridell’intelligenza non hanno conosciuto lavia della sapienza, non si son ricordati deisuoi sentieri. Israele, quanto è grande lacasa di Dio, quanto è vasto il luogo delsuo dominio! È grande e non ha fine, è al-to e non ha misura! Là nacquero i famosigiganti dei tempi antichi, alti di statura,esperti nella guerra; ma Dio non scelse co-storo e non diede loro la via della sapien-za: perirono perché non ebbero saggezza,perirono per la loro insipienza. Chi è sali-to al cielo per prenderla e farla scenderedalle nubi? Chi ha attraversato il mare el’ha trovata e l’ha comprata a prezzo d’oropuro? Nessuno conosce la sua via, nessu-no pensa al suo sentiero. Ma colui che satutto, la conosce e l’ha scrutata con l’in-

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La Settimana Santa

quírat sémitas eius: sed qui scit univér-sa, novit eam, et adinvénit eam pru-déntia sua: qui præparávit terram inætérno témpore, et replévit eam pecú-dibus, et quadrupédibus: qui emíttit lu-men, et vadit: et vocávit illud, et obœditilli in tremóre. Stellæ autem dedéruntlumen in custódiis suis, et lætátæ sunt:vocátæ sunt, et dixérunt: Adsumus: etluxérunt ei cum iucunditáte, qui fecit il-las. Hic est Deus noster, et non æstimá-bitur álius advérsus eum. Hic adinvé-nit omnem viam disciplínæ, et trádiditillam Iacob púero suo, et Israël diléctosuo. Post hæc in terris visus est, et cumhomínibus conversátus est.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, qui Ecclésiam tuam sempergéntium vocatióne multíplicas:

concéde propítius; ut, quos aqua bap-tísmatis ábluis, contínua protectiónetueáris. Per Dóminum nostrum.

telligenza. È lui che nel volger dei tempiha stabilito la terra e l’ha riempita d’ani-mali; lui che invia la luce ed essa va, chela richiama ed essa obbedisce con tremore.Le stelle brillano dalle loro vedette e gioi-scono; egli le chiama e rispondono: “Ec-coci!” e brillano di gioia per colui che le hacreate. Egli è il nostro Dio e nessun altropuò essergli paragonato. Egli ha scrutatotutta la via della sapienza e ne ha fatto do-no a Giacobbe suo servo, a Israele suo di-letto. Per questo è apparsa sulla terra e havissuto fra gli uomini.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

Dio, che senza tregua moltiplicate lavostra Chiesa con la vocazione dei

Gentili, concedete benigno, a coloro chesono da Voi purificati con l’acqua del Bat-tesimo, l’assistenza della vostra continuaprotezione. Per nostro Signore.

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PROPHETIA SEPTIMAEz. 37,1-14

In diébus illis: Facta est super memanus Dómini, et edúxit me in spí-

ritu Dómini: et dimísit me in médiocampi, qui erat plenus óssibus: et cir-cumdúxit me per ea in gyro: erant au-tem multa valde super fáciem campi,

SETTIMA PROFEZIAEz 37,1-14

In quei giorni la mano del Signore fu so-pra di me e il Signore mi portò fuori in

spirito e mi depose nella pianura che erapiena di ossa; mi fece passare tutt’intornoaccanto ad esse. Vidi che erano in gran-dissima quantità sulla distesa della valle e

Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONELa settima Profezia descrive la tragica visione di Ezechiele. Dio per mezzo del Profeta

infonderà movimento, spirito e vita su quegli scheletri e ne comporrà un enorme esercitoche formerà il nuovo popolo della sua predilezione: il popolo di Dio. Questo cambiamen-to ha un senso interamente spirituale: Dio risarcirà le rovine di Sion per mezzo dei Gentilii quali nel Battesimo riceveranno la grazia dello Spirito Santo e ricomporranno la progeniespirituale di Abramo. Questa risurrezione mistica dei popoli, per l’effusione del dono delParaclito, adombra a sua volta il miracolo della finale risurrezione dei morti.

síccaque veheménter. Et dixit ad me:Fili hóminis, putásne vivent ossa ista?Et dixi: Dómine Deus, tu nosti. Et di-xit ad me: Vaticináre de óssibus istis:et dices eis: Ossa árida, audíte ver-bum Dómini. Hæc dicit DóminusDeus óssibus his: Ecce ego intromít-tam in vos spíritum et vivétis. Et dabosuper vos nervos, et succréscere fá-ciam super vos carnes, et superextén-dam in vobis cutem: et dabo vobisspíritum, et vivétis, et sciétis quia egoDóminus. Et prophetávi sicut præcé-perat mihi: factus est autem sónitusprophetánte me, et ecce commótio: etaccessérunt ossa ad ossa, unumquód-que ad iunctúram suam. Et vidi, et ec-ce super ea nervi et carnes ascendé-runt: et exténta est in eis cutis désu-per, et spíritum non habébant. Et dixitad me: Vaticináre ad spíritum, vatici-náre, fili hóminis, et dices ad spíri-tum: Hæc dicit Dóminus Deus: Aquátuor ventis veni, spíritus, et insúf-fla super interféctos istos, et reviví-scant. Et prophetávi sicut præcéperatmihi: et ingréssus est in ea spíritus, etvixérunt: steterúntque super pedessuos exércitus grandis nimis valde. Etdixit ad me: Fili hóminis, ossa hæcunivérsa, domus Israël est: ipsi dicunt:Aruérunt ossa nostra, et périit spesnostra, et abscíssi sumus. Proptéreavaticináre, et dices ad eos: Hæc dicitDóminus Deus: Ecce ego apériam tú-mulos vestros, et edúcam vos de se-púlcris vestris, pópulus meus: et in-dúcam vos in terram Israël. Et sciétis,quia ego Dóminus, cum aperúero se-púlcra vestra, et edúxero vos de tú-mulis vestris, pópule meus: et déderospíritum meum in vobis, et vixéritis,et requiéscere vos fáciam super hu-mum vestram: dicit Dóminus omní-potens.

tutte inaridite. Mi disse: “Figlio dell’uo-mo, potranno queste ossa rivivere?”. Iorisposi: “Signore Dio, tu lo sai”. Egli mireplicò: “Profetizza su queste ossa e an-nunzia loro: Ossa inaridite, udite la paro-la del Signore. Dice il Signore Dio a que-ste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lospirito e rivivrete. Metterò su di voi i ner-vi e farò crescere su di voi la carne, su divoi stenderò la pelle e infonderò in voi lospirito e rivivrete: saprete che io sono ilSignore”. Io profetizzai come mi era statoordinato; mentre io profetizzavo, sentî unrumore e vidi un movimento fra le ossa,che si accostavano l’uno all’altro, ciascu-no al suo corrispondente. Guardai ed eccosopra di esse i nervi, la carne cresceva e lapelle le ricopriva, ma non c’era spirito inloro. Egli aggiunse: “Profetizza allo spiri-to, profetizza figlio dell’uomo e annunziaallo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito,vieni dai quattro venti e soffia su questimorti, perché rivivano”. Io profetizzai co-me mi aveva comandato e lo spirito entròin essi e ritornarono in vita e si alzaronoin piedi; erano un esercito grande, stermi-nato. Mi disse: “Figlio dell’uomo, questeossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco,essi vanno dicendo: Le nostre ossa sonoinaridite, la nostra speranza è svanita, noisiamo perduti. Perciò profetizza e annun-zia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io aproi vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostretombe, o popolo mio, e vi riconduco nelpaese d’Israele. Riconoscerete che io sonoil Signore, quando aprirò le vostre tombee vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popo-lo mio. Farò entrare in voi il mio spirito erivivrete; vi farò riposare nel vostro paese;saprete che io sono il Signore. L’ho detto elo farò”. Oracolo del Signore Dio.

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La Settimana Santa

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, qui nos ad celebrándum pa-schále sacraméntum, utriúsque

Testaménti páginis ínstruis: da nobisintellígere misericórdiam tuam; ut experceptióne præséntium múnerum,firma sit exspectátio futurórum. PerDóminum nostrum.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

Dio, che con le pagine dell’Antico eNuovo Testamento, ci insegnate a ce-

lebrare il mistero pasquale, concedeteci dicomprendere la vostra misericordia, affin-ché, dal ricevere i beni presenti, più fermadiventi la speranza dei futuri. Per nostroSignore.

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PROPHETIA OCTAVAIs. 4,1-6

Apprehéndent septem mulíeres vi-rum unum in die illa, dicéntes:

Panem nostrum comedémus, et vesti-méntis nostris operiémur: tantúmmo-do invocétur nomen tuum super nos,aufer oppróbrium nostrum. In die illaerit germen Dómini in magnificéntia,et glória, et fructus terræ sublímis, etexsultátio his, qui salváti fúerint de Is-raël. Et erit: Omnis qui relíctus fúerit inSion, et resíduus in Ierúsalem, sanctusvocábitur, omnis qui scriptus est in vi-ta in Ierúsalem. Si ablúerit Dóminussordes filiárum Sion, et sánguinemIerúsalem láverit de médio eius, in spí-ritu iudícii, et spíritu ardóris. Et creábitDóminus super omnem locum montisSion, et ubi invocátus est, nubem perdiem, et fumum, et splendórem ignisflammántis in nocte: super omnemenim glóriam protéctio. Et tabernácu-lum erit in umbráculum diéi ab æstu,et in securitátem, et absconsiónem atúrbine, et a plúvia.

OTTAVA PROFEZIAIs 4,1-6

Sette donne afferreranno un uomo solo,in quel giorno, e diranno: “Ci nutriremo

del nostro pane e indosseremo le nostre ve-sti; soltanto, lasciaci portare il tuo nome.Toglici la nostra vergogna”. In quel giorno,il germoglio del Signore crescerà in onore egloria e il frutto della terra sarà a magnifi-cenza e ornamento per gli scampati di I-sraele. Chi sarà rimasto in Sion e chi saràsuperstite in Gerusalemme sarà chiamatosanto, cioè quanti saranno iscritti per resta-re in vita in Gerusalemme. Quando il Si-gnore avrà lavato le brutture delle figlie diSion e avrà pulito l’interno di Gerusalemmedal sangue che vi è stato versato con lo spi-rito di giustizia e con lo spirito dello stermi-nio, allora verrà il Signore su ogni puntodel monte Sion e su tutte le sue assembleecome una nube e come fumo di giorno, co-me bagliore di fuoco e fiamma di notte, per-ché sopra ogni cosa la gloria del Signore sa-rà come baldacchino. Una tenda fornirà om-bra contro il caldo di giorno, e rifugio e ri-paro contro i temporali e contro la pioggia.

Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONENell’ottava Profezia, tratta da Isaia, si tratta del ripudio dell’Antico Patto e della pro-

mulgazione del Nuovo. Il Signore punirà Israele prevaricatore e, distruttone il Regno, quan-do le molte nazioni cominceranno ad unirsi ad un unico Sposo, Gesù Cristo, Dio ristoreràin senso spirituale le rovine dell’antico dominio di Giuda. Laverà le macchie dei suoi cre-denti, e con il fuoco dello Spirito Santo le purificherà. Con questo si annunziano, in termi-ni espressi, il Battesimo e la Cresima.

Tractus Is. 5,1 et 2 Vínea facta est dilécto in cornu, in

loco úberi. V. Et macériam circúmdedit,et circumfódit: et plantávit víneam Sorec,et ædificávit turrim in médio eius. V. Ettórcular fodit in ea: vínea enim Dómi-ni Sábaoth, domus Israël est.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, qui in ómnibus Ecclésiæ tuæfíliis, sanctórum Prophetárum vo-

ce manifestásti, in omni loco domina-tiónis tuæ, satórem te bonórum sémi-num, et electórum pálmitum esse cul-tórem: tríbue pópulis tuis, qui et vineá-rum apud te nómine censéntur, et sé-getum; ut, spinárum, et tribulórumsqualóre resecáto, digna efficiánturfruge fecúndi. Per Dóminum nostrum.

Tratto Is 5,1 e 2 Il mio diletto possedeva una vigna so-

pra un fertile colle. V. La cinse di murae di fossati; vi piantò dei ceppi eletti, evi innalzò nel mezzo una torre. V. E vicostruì un torchio. Ora la vigna del Si-gnore degli eserciti è la casa d’Israele.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

Dio, che con la voce dei vostri santiProfeti, dichiaraste a tutti i figli della

Chiesa esser Voi, in ogni luogo di vostrodominio, il seminatore del buon seme e ilcoltivatore delle piante elette, concedete aivostri popoli, da Voi designati con il nomedi vigna e di seme, che, liberi dallo squal-lore di spine e di triboli, divengano fecon-di di frutti copiosi. Per nostro Signore.

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PROPHETIA NONAEx. 12,1-11

I n diébus illis: Dixit Dóminus adMóysen et Aaron in terra Ægýpti:

Mensis iste, vobis princípium mén-sium: primus erit in ménsibus anni.

NONA PROFEZIAEs 12,1-11

In quei giorni il Signore disse a Mosè ead Aronne nel paese d’Egitto: “Questo

mese sarà per voi l’inizio dei mesi, saràper voi il primo mese dell’anno. Parlate a

La Settimana Santa

DICHIARAZIONESegue il Cantico di Isaia alla vigna del Signore, vigna sterile e ingrata, la quale, alle di-

ligenze del vignaiolo nel coltivarla, ha corrisposto col produrre spine e frutti di amarezza.Questa vigna di riprovazione è la casa di Israele, ma, in senso lato, può essere applicata an-che ad ogni anima infedele.

DICHIARAZIONENella nona Profezia si descrivono i riti mosaici dell’immolazione dell’agnello e del con-

vito pasquale. L’agnello simboleggia Gesù, il quale lava nel suo Sangue i peccati del mon-do. L’agnello viene immolato e imbandito in un banchetto religioso, a significare la nostraincorporazione ed unione con il Redentore in grazia del Sacramento. L’atteggiamento degliEbrei, mentre mangiavano l’agnello, era come di chi stesse per intraprendere un lungo viag-gio, perché l’Eucaristia è il viatico di questo mortale pellegrinaggio, per attraversare la ter-ra e giungere al Cielo.

Loquímini ad univérsum cœtum filió-rum Israël, et dícite eis: Décima diemensis huius tollat unusquísque a-gnum per famílias et domos suas. Sinautem minor est númerus, ut suffícerepossit ad vescéndum agnum, assúmetvicínum suum, qui iunctus est dómuisuæ, iuxta númerum animárum, quæsuffícere possunt ad esum agni. Eritautem agnus absque mácula, máscu-lus, annículus: iuxta quem ritum tollé-tis et hædum. Et servábitis eum usquead quartam décimam diem mensishuius: immolabítque eum univérsamultitúdo filiórum Israël ad vésperam.Et sument de sánguine eius, ac ponentsuper utrúmque postem, et in super-limináribus domórum, in quibus có-medent illum. Et edent carnes nocte il-la assas igni, et ázymos panes cum lac-túcis agréstibus. Non comedétis ex eocrudum quid, nec coctum aqua, sedtantum assum igni: caput cum pédibuseius et intestínis vorábitis. Nec rema-nébit quidquam ex eo usque mane. Siquid resíduum fúerit, igne comburétis.Sic autem comedétis illum: Renes ve-stros accingétis, et calceaménta habébi-tis in pédibus, tenéntes báculos in má-nibus, et comedétis festinánter: estenim Phase (id est tránsitus) Dómini.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Omnípotens sempitérne Deus, quiin ómnium óperum tuórum di-

spensatióne mirábilis es: intélligantredémpti tui, non fuísse excelléntiusquod inítio factus est mundus, quamquod in fine sæculórum Pascha no-strum immolátus est Christus: Qui te-cum vivit.

tutta la comunità di Israele e dite: Il diecidi questo mese ciascuno si procuri unagnello per famiglia, un agnello per casa.Se la famiglia fosse troppo piccola per con-sumare un agnello, si assocerà al suo vici-no, al più prossimo della casa, secondo ilnumero delle persone; calcolerete come do-vrà essere l’agnello, secondo quanto cia-scuno può mangiarne. Il vostro agnello siasenza difetto, maschio, nato nell’anno; po-trete sceglierlo tra le pecore o tra le capre elo serberete fino al quattordici di questomese: allora tutta l’assemblea della comu-nità d’Israele lo immolerà al tramonto.Preso un po’ del suo sangue, lo porrannosui due stipiti e sull’architrave delle case,in cui lo dovranno mangiare. In quellanotte ne mangeranno la carne arrostita alfuoco; la mangeranno con azzimi e con er-be amare. Non lo mangerete crudo, né bol-lito nell’acqua, ma solo arrostito al fuococon la testa, le gambe e le viscere. Non nedovete far avanzare fino al mattino: quel-lo che al mattino sarà avanzato lo bruce-rete nel fuoco. Ecco in qual modo lo man-gerete: con i fianchi cinti, i sandali ai pie-di, il bastone in mano; lo mangerete infretta. È la pasqua del Signore!

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

ODio onnipotente ed eterno, che sietemirabile nella disposizione di tutte le

vostre opere, comprendano i vostri reden-ti che la creazione del mondo, avvenuta inprincipio, non fu cosa più eccellente del-l’immolazione che, nella pienezza dei tem-pi, operò il Cristo, nostra Pasqua; che conVoi vive e regna.

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Sabato Santo - Le Profezie

PROPHETIA DECIMAIon. 3,1-10

In diébus illis: Factum est verbumDómini ad Ionam Prophétam secún-

do, dicens: Surge, et vade in Nínivencivitátem magnam: et prædica in eaprædicatiónem, quam ego loquor adte. Et surréxit Ionas, et ábiit in Níniveniuxta verbum Dómini. Et Nínive eratcívitas magna itínere trium diérum. Etcœpit Ionas introíre in civitátem itíne-re diéi uníus: et clamávit, et dixit: A-dhuc quadragínta dies, et Nínive sub-vertétur. Et credidérunt viri Ninivítæin Deum: et prædicavérunt ieiúnium,et vestíti sunt saccis a maióre usque adminórem. Et pervénit verbum ad re-gem Nínive: et surréxit de sólio suo, etabiécit vestiméntum suum a se, et in-dútus est sacco, et sedit in cínere. Etclamávit, et dixit in Nínive ex ore regiset príncipum eius, dicens: Hómines, etiuménta, et boves, et pécora non gu-stent quidquam: nec pascántur, etaquam non bibant. Et operiántur sac-cis hómines, et iuménta, et clament adDóminum in fortitúdine, et converta-tur vir a via sua mala, et ab iniquitáte,quæ est in mánibus eórum. Quis scit,si convertátur et ignóscat Deus: et re-vertátur a furóre iræ suæ, et non perí-bimus? Et vidit Deus ópera eórum,quia convérsi sunt de via sua mala: etmisértus est pópulo suo, Dóminus,Deus noster.

DECIMA PROFEZIAGio 3,1-10

In quei giorni fu rivolta a Giona una se-conda volta questa parola del Signore:

“Alzati, và a Ninive la grande città e an-nunzia loro quanto ti dirò”. Giona si alzòe andò a Ninive secondo la parola del Si-gnore. Ninive era una città molto grande,di tre giornate di cammino. Giona comin-ciò a percorrere la città, per un giorno dicammino, e predicava: “Ancora quarantagiorni e Ninive sarà distrutta”. I cittadinidi Ninive credettero a Dio e bandirono undigiuno, vestirono il sacco, dal più grandeal più piccolo. Giunta la notizia fino al redi Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse ilmanto, si coprì di sacco e si mise a sederesulla cenere. Poi fu proclamato in Ninivequesto decreto, per ordine del re e dei suoigrandi: “Uomini e animali, grandi e pic-coli, non gustino nulla, non pascolino,non bevano acqua. Uomini e bestie si co-prano di sacco e si invochi Dio con tutte leforze; ognuno si converta dalla sua con-dotta malvagia e dalla violenza che è nellesue mani. Chi sa che Dio non cambi, siimpietosisca, deponga il suo ardente sde-gno, sì che noi non moriamo?”. Dio videle loro opere, che cioè si erano convertitidalla loro condotta malvagia, e Dio si im-pietosì riguardo al male che aveva minac-ciato di fare loro e non lo fece.

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La Settimana Santa

DICHIARAZIONELa decima Profezia, dal libro di Giona, è identica alla Lezione della Messa del lunedì

dopo la domenica di Passione. Giona, come ebbe a far rivelare Gesù stesso nel Vangelo, èil simbolo del Salvatore sepolto nel cuore della terra, e poi tornato nuovamente alla vita ealla luce. Giona predica la penitenza ai Niniviti, e questi, prestando fede alle parole delProfeta, indicono un digiuno collettivo, al quale, oltre ai cittadini, devono partecipare anchei giumenti. Questa forma paradossale è propria dell’anima semitica. Essa tuttavia ci rivelache non soltanto l’individuo, ma anche la nazione in quanto tale deve esprimere socialmen-te la propria devozione a Dio; il che si compie egregiamente per mezzo della sacra Liturgia.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

Deus, qui diversitátem géntium inconfessióne tui nóminis aduná-

sti: da nobis, et velle, et posse, quæpræcipis; ut, pópulo ad æternitátemvocáto, una sit fides méntium et píe-tas actiónum. Per Dóminum nostrum.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

ODio, che nella confessione del vostronome riuniste la diversità dei popoli,

concedeteci di volere e potere ciò che Voi co-mandate, affinché nel popolo chiamato allavita eterna una sia la fede delle menti, unala santità delle opere. Per nostro Signore.

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PROPHETIA UNDECIMADeut. 31,22-30

In diébus illis: Scripsit Móyses canti-cum, et dócuit fílios Israël. Præce-

pítque Dóminus Iósue, fílio Nun, etait: Confortáre, et esto robústus: tuenim introdúces fílios Israël in terram,quam pollícitus sum, et ego ero te-cum. Postquam ergo scripsit Móysesverba legis huius in volúmine, atquecomplévit: præcépit Levítis, qui por-tábant arcam fœderis Dómini, dicens:Tóllite librum istum, et pónite eum inlátere arcæ fœderis Dómini Dei vestri:ut sit ibi contra te in testimónium. Egoenim scio contentiónem tuam, et cér-vicem tuam duríssimam. Adhuc vi-vénte me, et ingrediénte vobíscum,semper contentióse egístis contra Dó-minum: quanto magis cum mórtuusfúero? Congregáte ad me omnes ma-ióres natu per tribus vestras, atquedoctóres, et loquar audiéntibus eissermónes istos, et invocábo contra eos

UNDICESIMA PROFEZIADt 31,22-30

In quei giorni Mosè scrisse un cantico elo insegnò agli Israeliti. Poi il Signore

comunicò i suoi ordini a Giosuè, figlio diNun, e gli disse: “Sii forte e fatti animo,poiché tu introdurrai gli Israeliti nel pae-se, che ho giurato di dar loro, e io sarò conte”. Quando Mosè ebbe finito di scriveresu un libro tutte le parole di questa legge,ordinò ai Leviti, che portavano l’arca del-l’alleanza del Signore: “Prendete questolibro della legge e mettetelo a fianco del-l’arca dell’alleanza del Signore vostroDio; vi rimanga come testimonio controdi te; perché io conosco la tua ribellione ela durezza della tua cervice. Se fino ad og-gi, mentre vivo ancora in mezzo a voi, sie-te stati ribelli contro il Signore, quantopiù lo sarete dopo la mia morte! Radunatepresso di me tutti gli anziani delle vostretribù e i vostri scribi; io farò udire loroqueste parole e prenderò a testimoni con-tro di loro il cielo e la terra. So infatti che,

Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONEL’undicesima Profezia contiene quasi il testamento di Mosè nel quale sembra rinnega-

re il popolo israelitico a causa delle sue infedeltà verso il Signore. Egli fa questa protestain una forma assai solenne, alla presenza degli anziani e degli scribi, ed impreca contro diloro ogni sorta di mali. Ma di quale orribile delitto si era reso reo il popolo giudaico? Tuttala presente scena è simbolica. Mosè dichiara di sapere che l’infedeltà accadrà dopo la suamorte, anzi, in extrémo témpore, cioè nell’età estrema del mondo, quando gli Ebrei rinne-gheranno Gesù Cristo, il Profeta per eccellenza preannunziato dallo stesso Mosè, il qualeaveva ordinato a Israele di prestargli ascolto, come avevano ascoltato lui.

cælum et terram. Novi enim, quodpost mortem meam iníque agétis etdeclinábitis cito de via, quam præcépivobis: et occúrrent vobis mala in ex-trémo témpore, quando fecéritis ma-lum in conspéctu Dómini, ut irritétiseum per ópera mánuum vestrárum.Locútus est ergo Móyses, audiénteunivérso cœtu Israël, verba cárminishuius, et ad finem usque complévit.

dopo la mia morte, voi certo vi corrompe-rete e vi allontanerete dalla via che vi hodetto di seguire; la sventura vi colpirà ne-gli ultimi giorni, perché avrete fatto ciòche è male agli occhi del Signore, provo-candolo a sdegno con l’opera delle vostremani”. Poi Mosè pronunziò innanzi atutta l’assemblea d’Israele le parole diquesto canto, fino al loro termine.

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Tractus Deut. 32,1-4 Atténde, cælum, et loquar: et áu-

diat terra verba ex ore meo. V. Exspe-ctétur sicut plúvia elóquium meum: et de-scéndant sicut ros verba mea. V. Sicutimber super gramen, et sicut nix su-per fænum: quia nomen Dómini invo-cábo. V. Date magnitúdinem Deo nostro:Deus, vera ópera eius, et omnes viæ eiusiudícia. V. Deus fidélis, in quo non estiníquitas: iustus et sanctus Dóminusnostrum.

Orémus.Flectámus génua.

R. Leváte.Oratio

D eus, celsitúdo humílium, et forti-túdo rectórum, qui per sanctum

Móysen, púerum tuum, ita erudírepópulum tuum sacri cárminis tui de-cantatióne voluísti, ut illa legis iterátiofíeret étiam nostra diréctio: éxcita inomnem iustificatárum géntium pleni-túdinem poténtiam tuam, et da lætí-tiam, mitigándo terrórem; ut ómniumpeccátis tua remissióne delétis, quoddenuntiátum est in ultiónem, tránseatin salútem. Per Dóminum.

Tratto Dt 32,1-4 Ascoltate, o cieli: io voglio parlare: oda

la terra le parole della mia bocca! V.Come pioggia si effonde il mio discor-so, e le mie parole scendono come ru-giada. V. Come pioggia sull’erba del pra-to, poiché invocherò il Signore. V. Dategloria al nostro Dio, poiché le sue ope-re sono vere, e giuste tutte le sue vie!V. Dio è fedele e in lui non c’è iniquità;giusto e santo è il Signore.

Preghiamo.Pieghiamo le ginocchia.

R. Alzatevi.Orazione

Dio, grandezza degli umili e fortezzadei giusti, che per mezzo del vostro

santo servo Mosè voleste insegnare al po-polo vostro il canto del vostro sacro car-me, in modo che questa ripetizione dellalegge fosse anche istruzione per noi, faterisplendere la vostra potenza su tutte lenazioni da Voi giustificate e, mitigando ilvostro rigore, permetteteci una santa leti-zia, facendo sì che, cancellati per la vostramisericordia i peccati di tutti, si muti insalvezza il minacciato castigo. Per nostroSignore.

La Settimana Santa

DICHIARAZIONESegue il celebre canto Mosaico del Deuteronomio, il quale nella Liturgia giudaica era

destinato alla solennità sabbatica. Mosè prende il cielo e la terra a testimoni delle sue ma-ledizioni, per non essere solidale con un popolo che sta per consumare un deicidio.

PROPHETIA DUODECIMADan. 3,1-24

In diébus illis: Nabuchodónosor rexfecit státuam áuream, altitúdine cu-

bitórum sexagínta, latitúdine cubitó-rum sex, et státuit eam in campo Duraprovínciæ Babylónis. Itaque Nabucho-dónosor rex misit ad congregándos sá-trapas, magistrátus, et iúdices, duces,et tyránnos, et præféctos, omnésquepríncipes regiónum, ut convenírent addedicatiónem státuæ, quam eréxeratNabuchodónosor rex. Tunc congregátisunt sátrapæ, magistrátus, et iúdices,duces, et tyránni, et optimátes, quierant in potestátibus constitúti, et uni-vérsi príncipes regiónum, ut convení-rent ad dedicatiónem státuæ, quameréxerat Nabuchodónosor rex. Stabantautem in conspéctu státuæ, quam po-súerat Nabuchodónosor rex, et præcoclamábat valénter: Vobis dícitur pópu-lis, tríbubus, et linguis: In hora, qua au-diéritis sónitum tubæ, et fístulæ, et cí-tharæ, sambúcæ, et psaltérii, et sym-phóniæ, et univérsi géneris musicó-rum, cadéntes adoráte státuam áure-am, quam constítuit Nabuchodónosorrex. Si quis autem non prostrátus ado-ráverit, eádem hora mittétur in forná-cem ignis ardéntis. Post hæc ígitur sta-tim ut audiérunt omnes pópuli sóni-tum tubæ, fístulæ, et cítharæ, sambú-cæ, et psaltérii, et symphóniæ, et om-nis géneris musicórum, cadéntes om-nes pópuli, tribus et linguæ adoravé-

DODICESIMA PROFEZIADn 3,1-24

I n quei giorni il re Nabucodònosor ave-va fatto costruire una statua d’oro, alta

sessanta cubiti e larga sei, e l’aveva fattaerigere nella pianura di Dura, nella pro-vincia di Babilonia. Quindi il re Nabuco-dònosor aveva convocato i sàtrapi, i pre-fetti, i governatori, i consiglieri, i tesorie-ri, i giudici, i questori e tutte le alte auto-rità delle province, perché presenziasseroall’inaugurazione della statua che il reNabucodònosor aveva fatto erigere. I sà-trapi, i prefetti, i governatori, i consiglie-ri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte lealte autorità delle province vennero al-l’inaugurazione della statua. Essi si di-sposero davanti alla statua fatta erigeredal re. Un banditore gridò ad alta voce:“Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivoltoquesto proclama: Quando voi udirete ilsuono del corno, del flauto, della cetra,dell’arpicordo, del salterio, della zampo-gna, e d’ogni specie di strumenti musica-li, vi prostrerete e adorerete la statua d’o-ro, che il re Nabucodònosor ha fatto innal-zare. Chiunque non si prostrerà alla sta-tua, in quel medesimo istante, sarà getta-to in mezzo ad una fornace di fuoco ar-dente”. Perciò tutti i popoli, nazioni e lin-gue, in quell’istante che ebbero udito ilsuono del corno, del flauto, dell’arpicordo,del salterio e di ogni specie di strumentimusicali, si prostrarono e adorarono lastatua d’oro, che il re Nabucodònosor ave-va fatto innalzare. Però in quel momento

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Sabato Santo - Le Profezie

DICHIARAZIONELa dodicesima Profezia narra la storia dei tre fanciulli gettati nella fornace di Babilonia

per non aver adorato la statua aurea di Nabucodònosor. La scena era molto familiare agliartisti delle catacombe, i quali la riproducevano sui sarcofaghi, perché essa simboleggiaval’eroica fortezza dei Martiri. I tre fanciulli, liberati dalle fiamme, simboleggiano anche ibattezzati, liberati dall’ardore della concupiscenza che, giurando fedeltà a Dio per mezzodel Battesimo, saranno protetti nei pericoli, proprio come i tre giovani nella fornace.

runt státuam áuream, quam constitúe-rat Nabuchodónosor rex. Statímque inipso témpore accedéntes viri Chaldæiaccusavérunt Iudæos, dixerúntqueNabuchodónosor regi: Rex, in ætér-num vive: tu, rex, posuísti decrétum,ut omnis homo, qui audíerit sónitumtubæ, fístulæ, et cítharæ, sambúcæ, etpsaltérii, et symphóniæ, et univérsi gé-neris musicórum, prostérnat se, et adó-ret státuam áuream: si quis autem nonprócidens adoráverit, mittátur in for-nácem ignis ardéntis. Sunt ergo viriIudæi, quos constituísti super óperaregiónis Babylónis, Sidrach, Misach etAbdénago: viri isti contempsérunt,rex, decrétum tuum: deos tuos non co-lunt, et státuam áuream, quam erexísti,non adórant. Tunc Nabuchodónosorin furóre et in ira præcépit ut adduce-réntur Sidrach, Misach et Abdénago:qui conféstim addúcti sunt in conspéc-tu regis. Pronuntiánsque Nabuchodó-nosor rex, ait eis: Veréne, Sidrach,Misach et Abdénago, deos meos noncólitis, et státuam áuream, quam con-stítui, non adorátis? Nunc ergo si estisparáti, quacúmque hora audiéritis só-nitum tubæ, fístulæ, cítharæ, sambú-cæ, et psaltérii, et symphóniæ, omní-sque géneris musicórum, prostérnitevos et adoráte státuam, quam feci:quod si non adoravéritis, eádem horamittémini in fornácem ignis ardéntis:et quis est Deus, qui erípiet vos de ma-nu mea? Respondéntes Sidrach, Mi-sach et Abdénago, dixérunt regi Na-buchodónosor: Non opórtet nos de hacre respóndere tibi. Ecce enim, Deus no-ster, quem cólimus, potest erípere nosde camíno ignis ardéntis, et de máni-bus tuis, o rex, liberáre. Quod si nolúe-rit, notum sit tibi; rex, quia deos tuosnon cólimus, et státuam áuream, quamerexísti, non adorámus. Tunc Nabu-

alcuni Caldei si fecero avanti per accusarei Giudei e andarono a dire al re Nabuco-dònosor: “Re, vivi per sempre! Tu hai de-cretato, o re, che chiunque avrà udito ilsuono del corno, del flauto, della cetra,dell’arpicordo, del salterio, della zampo-gna e d’ogni specie di strumenti musicali,si deve prostrare e adorare la statua d’oro:che chiunque non si prostrasse per ado-rarla, fosse gettato in mezzo ad una forna-ce con il fuoco acceso. Ora, ci sono alcuniGiudei, ai quali hai affidato gli affari dellaprovincia di Babilonia, cioè Sadrach,Mesach e Abdenego, che non ti obbedisco-no, re: non servono i tuoi dèi e non adora-no la statua d’oro che tu hai fatto innalza-re”. Allora Nabucodònosor, sdegnato, co-mandò che gli si conducessero Sadrach,Mesach e Abdenego, e questi comparveroalla presenza del re. Nabucodònosor disseloro: “È vero, Sadrach, Mesach e Abdene-go, che voi non servite i miei dei e nonadorate la statua d’oro che io ho fatto in-nalzare? Ora, se voi sarete pronti, quandoudirete il suono del corno, del flauto, del-la cetra, dell’arpicordo, del salterio, dellazampogna e d’ogni specie di strumentimusicali, a prostrarvi e adorare la statuache io ho fatta, bene; altrimenti, in quelmedesimo istante, sarete gettati in mezzoad una fornace dal fuoco ardente. QualDio vi potrà liberare dalla mia mano?”.Ma Sadrach, Mesach e Abdenego rispose-ro al re Nabucodònosor: “Re, noi non ab-biamo bisogno di darti alcuna risposta inproposito; sappi però che il nostro Dio,che serviamo, può liberarci dalla fornacecon il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re,che noi non serviremo mai i tuoi dèi e nonadoreremo la statua d’oro che tu hai eret-to”. Allora Nabucodònosor, acceso d’ira econ aspetto minaccioso contro Sadrach,Mesach e Abdenego, ordinò che si aumen-tasse il fuoco della fornace sette volte più

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La Settimana Santa

chodónosor replétus est furóre, et a-spéctus faciéi illíus immutátus est su-per Sidrach, Misach et Abdénago, etpræcépit, ut succenderétur fornax sép-tuplum, quam succéndi consuéverat.Et viris fortíssimis de exércitu suo ius-sit, ut, ligátis pédibus Sidrach, Misachet Abdénago, mítterent eos in forná-cem ignis ardéntis. Et conféstim viri il-li vincti, cum braccis suis, et tiáris, etcalceaméntis, et véstibus, missi sunt inmédium fornácis ignis ardéntis: namiússio regis urgébat: fornax autem suc-cénsa erat nimis. Porro viros illos, quimíserant Sidrach, Misach et Abdénago,interfécit flamma ignis. Viri autem hitres, id est, Sidrach, Misach et Abdé-nago, cecidérunt in médio camínoignis ardéntis colligáti. Et ambulábantin médio flammæ laudántes Deum, etbenedicéntes Dómino.

del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i piùforti del suo esercito, comandò di legareSadrach, Mesach e Abdenego e gettarlinella fornace con il fuoco acceso. Furonoinfatti legati, vestiti come erano, con imantelli, calzari, turbanti e tutti i loroabiti, e gettati in mezzo alla fornace con ilfuoco acceso. Ma quegli uomini, che die-tro il severo comando del re avevano acce-so al massimo la fornace per gettarvi Sa-drach, Mesach e Abdenego, rimasero ucci-si dalle fiamme, nel momento stesso che itre giovani Sadrach, Mesach e Abdenegocadevano legati nella fornace con il fuocoacceso. Essi invece passeggiavano in mez-zo alle fiamme, lodando Dio e benedicen-do il Signore.

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Orémus. Oratio

O mnípotens sempitérne Deus,spes única mundi, qui Prophetá-

rum tuorum præcónio præséntiumtémporum declarásti mystéria: augepópuli tui vota placátus; quia in nullofidélium, nisi ex tua inspiratióne, pro-véniunt quarúmlibet increménta vir-tútum. Per Dóminum nostrum.

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, unica spe-ranza del mondo, che per bocca dei

vostri Profeti annunciaste i misteri pre-senti, accrescete placato, i voti del vostropopolo, poiché in nessuno dei fedeli, senon per vostra ispirazione, può effettuar-si l’incremento di qualsiasi virtù. Per no-stro Signore.

Sabato Santo - Le Profezie

Non si dice il Flectámus génua, ma solamente Orémus.

Kýrie, eléison. Kýrie, eléison.Christe eléison. Christe, eléison. Kýrie, eléison. Kýrie, eléison.Christe, áudi nos. Christe, áudi nos.Christe, exáudi nos. Christe, exáudi nos. Pater de cælis, Deus, miserére nobis.Fili, Redémptor mundi, Deus,

miserére nobis. Spíritus Sancte, Deus, miserére nobis. Sancta Trínitas, unus Deus,

miserére nobis. Sancta María, ora pro nobis. Sancta Dei Génetrix, ora.Sancta Virgo vírginum, ora.Sancte Míchaël, ora.Sancte Gábriel, ora.Sancte Ráphæl, ora.

Signore, pietà. Signore, pietà.Cristo, pietà. Cristo, pietà.Signore, pietà. Signore, pietà.Cristo, ascoltaci. Cristo, ascoltaci.Cristo, esaudiscici. Cristo, esaudiscici.Padre Celeste, Dio, abbi pietà di noi.Figlio, Redentore del mondo, Dio,

abbi pietà di noi.Spirito Santo, Dio, abbi pietà di noi.Santissima Trinità, unico Dio,

abbi pietà di noi.Santa Maria, prega per noi.Santa Madre di Dio, prega.Santa Vergine delle vergini, prega.San Michele, prega.San Gabriele, prega.Santa Raffaele, prega.

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La Settimana Santa

IV PARTE: LE LITANIE

BREVI CENNI STORICINell’antichità, durante la lunga cerimonia del Battesimo, la gran massa del popolo, sen-

za riversarsi tutta nel battistero dove non vi sarebbe stato posto, né sarebbe stato convenien-te – dato che il Battesimo era amministrato per immersione, e quindi si adoperava un cer-to riserbo affinché il pudore cristiano non rimanesse offeso –, rimaneva in chiesa con ilClero inferiore e con i Cantori. A impiegare santamente il tempo, si cantavano tre volte leLitanie, in modo però che dapprima ogni invocazione venisse ripetuta sette volte, quindicinque e da ultimo tre. È questa la ragione perché ancora oggi, al ritorno della processionedal battistero si cantano le Litanie, ripetendo però due volte ciascuna invocazione.

Il testo di queste Litanie, descritto nel Messale, è alquanto più breve di quello delleRogazioni. La ragione – oltre alla grande libertà liturgica che, in fatto di Litanie, regnònella Chiesa sino al secolo XIII – è che le Litanie delle Rogazioni sono un vero canto po-polare processionale a ritornelli, e che perciò può essere allungato in proporzione del tra-gitto da percorrersi, mentre le Litanie del Sabato Santo, che ancor oggi i sacri Ministri re-citano prostrati a terra, innanzi all’Altare, sono una vera e propria supplicátio litánica, equindi ordinariamente non troppo prolissa.

Dove non c’è il fonte battesimale, terminata l’ultima Profezia e la sua Orazione, il Celebrante deponela pianeta e, con i suoi Ministri, si prostra davanti all’Altare, dove sono stati posti tre cuscini violaceia eguale distanza sull’orlo della predella o sul secondo gradino dell’Altare. Tutti gli altri si inginocchia-no, mentre i due Cantori in mezzo al Coro cantano le Litanie dei Santi in rito doppio (cioè ripetendoil Clero tutto ciò che dicono i Cantori, sino alla fine). Alle parole Peccatóres, il Celebrante e i Ministri sialzano e, fatta la debita riverenza alla Croce, vanno in sacrestia, dove indossano i paramenti bianchiper celebrare solennemente la Messa.

LITANIE

Omnes sancti Angeli et Archángeli,oráte pro nobis.

Omnes sancti beatórumSpirítuum órdines, oráte.Sancte Ioánnes Baptísta, ora pro nobis. Sancte Ioseph, ora.Omnes sancti Patriárchæ et Prophétæ,

oráte.Sancte Petre, ora.Sancte Paule, ora.Sancte Andréa, ora.Sancte Ioánnes, ora.Omnes sancti Apóstoli et Evangelístæ,

oráte.Omnes sancti Discípuli Dómini,

oráte.Sancte Stéphane, ora.Sancte Laurénti, ora.Sancte Vincénti, ora.Omnes sancti Mártyres, oráte.Sancte Silvéster, ora.Sancte Gregóri, ora.Sancte Augustíne, ora.Omnes sancti Pontífices et Confessóres,

oráte.Omnes sancti Doctóres, oráte.Sancte Antóni, ora.Sancte Benedícte, ora.Sancte Domínice, ora.Sancte Francísce, ora.Omnes sancti Sacerdótes et Levítæ,

oráte.Omnes sancti Monáchi et Eremítæ,

oráte.Sancta María Magdaléna, ora.Sancta Agnes, ora.Sancta Cæcília, ora.Sancta Agatha, ora.Sancta Anastásia, ora.Omnes sanctæ Vírgines et Víduæ,

oráte.Omnes Sancti et Sanctæ Dei,

intercédite pro nobis.Propítius esto, parce nos, Dómine. Propítius esto, exáudi nos, Dómine.Ab omni malo, líbera nos, Dómine.Ab omni peccáto, líbera.A morte perpétua, líbera.

Voi tutti, santi Angeli ed Arcangeli,pregate per noi.

Voi tutti, santi ordini degli Spiriti beati,pregate.

San Giovanni Battista, prega per noi.San Giuseppe, prega.Voi tutti, santi Patriarchi e Profeti,

pregate.San Pietro, prega.San Paolo, prega.Sant’Andrea, prega.San Giovanni, prega.Voi tutti, santi Apostoli ed Evangelisti,

pregate.Voi tutti, santi Discepoli del Signore,

pregate.Santo Stefano, prega.San Lorenzo, prega.San Vincenzo, prega.Voi tutti, santi Martiri, pregate.San Silvestro, prega.San Gregorio, prega.Sant’Agostino, prega.Voi tutti, santi Pontefici e Confessori,

pregate.Voi tutti, santi Dottori, pregate.Sant’Antonio, prega.San Benedetto, prega.San Domenico, prega.San Francesco, prega.Voi tutti, santi Sacerdoti e Leviti,

pregate.Voi tutti, santi Monaci ed Eremiti,

pregate.Santa Maria Maddalena, prega.Sant’Agnese, prega.Santa Cecilia, prega.Sant’Agata, prega.Sant’Anastasia, prega.Voi tutte, sante Vergini e Vedove,

pregate.Voi tutti, Santi e Sante di Dio,

intercedete per noi.Sii propizio, perdonaci, Signore.Sii propizio, esaudiscici, Signore.Da ogni male, liberaci, Signore.Da ogni peccato, liberaci.Dalla morte eterna, liberaci.

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Sabato Santo - Le Litanie

Per mystérium sanctæ incarnatiónis tuæ,líbera.

Per advéntum tuum, líbera.Per nativitátem tuam, líbera.Per baptísmumet sanctum ieiúnium tuum, líbera.Per crucem et passiónem tuam, líbera.Per mortem et sepultúram tuam, líbera.Per sanctam resurrectiónem tuam,

líbera.Per admirábilem ascensiónem tuam,

líbera.Per advéntum Spíritus Sancti Parácliti,

líbera.In die iudícii, líbera.Peccatóres, te rogámus, áudi nos.Ut nobis parcas, te rogámus. Ut Ecclésiam tuam sanctam régereet conserváre dignéris, te rogámus.Ut domnum apostólicum et omnes ec-clesiásticos órdines in sancta religióneconserváre dignéris, te rogámus.Ut inimícos sanctæ Ecclésiæhumiliáre dignéris, te rogámus.Ut régibus et princípibus christiánispacem et veram concórdiamdonáre dignéris, te rogámus.Ut nosmetípsos in tuo sanctoservítio confortáre et conserváredignéris, te rogámus.Ut ómnibus benefactóribus nostris sem-pitérna bona retríbuas, te rogámus.Ut fructus terræ dare et conserváredignéris, te rogámus.Ut ómnibus fidélibus defúnctisréquiem ætérnam donáre dignéris,

te rogámus.Ut nos exaudíre dignéris, te rogámus.Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,

parce nobis, Dómine. Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,

exáudi nos, Dómine. Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,

miserére nobis. Christe, áudi nos. Christe, áudi nos. Christe, exáudi nos. Christe, exáudi nos.

Per il mistero della tua santa Incarnazione,liberaci.

Per la tua venuta, liberaci.Per la tua nascita, liberaci.Per il tuo santo battesimo e digiuno,

liberaci.Per la tua Croce e Passione, liberaci.Per la tua morte e sepoltura, liberaci.Per la tua santa Risurrezione,

liberaci.Per la tua ammirabile Ascensione,

liberaci.Per la venuta dello Spirito Santo Paraclito,

liberaci.Nel giorno del giudizio, liberaci.Peccatori, ti preghiamo, ascoltaci.Che ci perdoni, ti preghiamo.Che ti degni reggere e conservarela tua santa Chiesa, ti preghiamo.Che ti degni conservare il Sommo Ponteficee tutti gli Ordini Ecclesiastici nella santareligione, ti preghiamo.Che ti degni umiliare i nemici della santa Chiesa, ti preghiamo.Che ti degni donare pace e vera concordiaai re e ai principi cristiani,

ti preghiamo.Che ti degni confortare e conservarenoi stessi nel tuo santo servizio,

ti preghiamo.Che retribuisca a tutti i nostri benefattori ibeni eterni, ti preghiamo.Che ti degni dare e conservarei frutti della terra, ti preghiamo.Che ti degni concedere a tuttii fedeli defunti l’eterno riposo,

ti preghiamo.Che ti degni esaudirci, ti preghiamo.Agnello di Dio, che togli i peccatidel mondo, perdonaci, Signore.Agnello di Dio, che togli i peccatidel mondo, esaudiscici, Signore.Agnello di Dio, che togli i peccatidel mondo, abbi pietà di noi.Cristo, ascoltaci. Cristo, ascoltaci.Cristo, esaudiscici. Cristo, esaudiscici.

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La Settimana Santa

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Sabato Santo - La Messa

V PARTE: LA MESSA

BREVI CENNI STORICIAnticamente la Messa si celebrava a mezzanotte, perché si giudicava che fosse quello

il tempo in cui Gesù era risuscitato da morte, ed era detta dai Padri “Messa dei Ca-tecumeni”, perché poco prima erano stati battezzati i neofiti. Si usano i paramenti bianchiper essere conformi alla purità dei Catecumeni battezzati e anche perché nel Vangelo si de-scrive l’Angelo vestito di bianco.

La Messa non ha l’Introito, al pari di tutte le altre Messe vigiliari, almeno originaria-mente; giacché l’Introito a Roma è d’introduzione assai posteriore, verso i tempi diCelestino I, cioè quando la Messa ordinariamente non era più preceduta dall’Ufficio dellaVeglia. Perciò quest’oggi, dopo la prece litanica e l’Inno mattutinale del Glória in excélsis– che a Roma aveva uno spiccato significato pasquale – il Celebrante canta subito laColletta, che è come la conclusione naturale di tutto il precedente rito vigiliare. Tutto ciòche segue non ha più un carattere catechetico, ma formalmente eucaristico. Tuttavia, poi-ché sin dal VI secolo vennero dimenticate le relazioni d’origine che corrono tra le dodiciLezioni vigiliari e i due piccoli brani dell’Epistola e del Vangelo – giacché questi ultimi rap-presentano l’estrema forma delle Preci vigiliari che in antico precedevano la Messa –, co-sì in epoca posteriore, ma ad ogni modo prima dl VII secolo, vennero aggiunte alla Collettale due consuete Lezioni dell’Apostolo e del Vangelo.

Torna anche a riecheggiare l’Alleluia, il quale per lunghi secoli fu talmente proprio del-la solennità pasquale che a Roma, ai tempi di Sozomeno (V secolo ca.), era divenuto un ar-gomento di maledizione quello di imprecare ad uno che non giungesse più ad ascoltare ilcanto alleluiatico della futura festa di Pasqua. Sant’Agostino attesta che al suo tempo si ri-peteva l’Alleluia durante tutta la cinquantina pasquale, sino a Pentecoste. A Roma fu pro-babilmente san Gregorio Magno che estese questo canto a tutte le domeniche fuori diQuaresima. È possibile tuttavia che, nel IV secolo, anche a Roma l’Alleluia seguisse il can-to del Vangelo, come appunto presso i Greci, e che san Gregorio l’abbia anticipato dopol’Epistola, in grazia delle sue omelie evangeliche.

Non si canta l’Offertorio, perché la Messa della Vigilia Pasquale è assai più antica del-l’introduzione di questo canto a Roma; ma si preparano sul corporale l’Ostia e il Calice,con i riti e le turificazioni consuete sulle Oblate.

Non si recitano né l’Agnus Dei, né il Salmo della Comunione, giacché sono di origineposteriore. L’assenza del versetto dona nobis pacem, nel tardo Medio Evo deve aver con-tribuito a far sopprimere prima della Comunione il bacio di pace che, secondo il Rito Ro-mano, si premetteva sempre alla Sacra Mensa.

Finite le Litanie non si dice l’Introito, ma i Cantori cominciano solennemente il Kýrie, eléison che si ri-pete tre volte. Nel frattempo il Celebrante con i Ministri, indossati i paramenti bianchi, si reca all’Al-tare e recita il Salmo Iúdica me, aggiungendo il Glória Patri; poi, dopo aver incensato l’Altare, intonasolennemente il Glória in excélsis, durante il canto del quale si suonano le campane. L’organo contem-poraneamente comincia a suonare.Le sacre immagini, che sono in chiesa, si scopriranno al Glória in excélsis, se ciò si possa fare comoda-mente; altrimenti si scopriranno dopo la Messa di questo giorno.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

Orémus. Oratio

D eus, qui hanc sacratíssimam noc-tem glória Domínicæ Resurre-

ctiónis illústras: consérva in nova fa-míliæ tuæ progénie adoptiónis spíri-tum, quem dedísti; ut, córpore etmente renováti, puram tibi exhíbeantservitútem. Per eúndem Dóminumnostrum.

LECTIO EPISTOLÆ BEATI PAULIAPOSTOLI AD COLOSSENSES

Col. 3,1-4

Fratres: Si consurrexístis cum Chri-sto, quæ sursum sunt quærite, ubi

Christus est in déxtera Dei sedens:quæ sursum sunt sápite, non quæ su-per terram. Mórtui enim estis, et vitavestra est abscóndita cum Christo inDeo. Cum Christus apparúerit, vitavestra: tunc et vos apparébitis cum ip-so in glória.

V. Il Signore sia con voi.R. E con il tuo spirito.

Preghiamo. Orazione

D io, che illuminate questa santissimanotte con la gloria della Risurrezio-

ne del Signore conservate nei nuovi figlidella vostra famiglia, lo spirito di adozio-ne che Voi gli avete donato, affinché rin-novati nel corpo e nello spirito, vi presti-no un servizio immacolato. Per lo stessoSignore.

DALLA LETTERA DI SAN PAOLOAPOSTOLO AI COLOSSESI

Col 3,1-4

F ratelli, se dunque siete risorti con Cri-sto, cercate le cose di lassù, dove si

trova Cristo assiso alla destra di Dio; pen-sate alle cose di lassù, non a quelle dellaterra. Voi infatti siete morti e la vostra vi-ta è ormai nascosta con Cristo in Dio!Quando si manifesterà Cristo, la vostravita, allora anche voi sarete manifestaticon lui nella gloria.

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V. Allelúia, R. Allelúia.V. Allelúia, R. Allelúia.V. Allelúia, R. Allelúia.

V. Ps. 117,1 Confitémini Dómino, quó-niam bonus: quóniam in sæculum mi-sericórdia eius.

V. Alleluia, R. Alleluia.V. Alleluia, R. Alleluia.V. Alleluia, R. Alleluia.

V. Sal 117,1 Celebrate il Signore perchéè buono: poiché eterna è la sua miseri-cordia.

La Settimana Santa

Finita l’Epistola, il Celebrante comincia l’Allelúia che canta tre volte, alzando ogni volta il tono; il Coro,in piedi, a sua volta lo ripete nello stesso tono del Celebrante. Poi il Coro prosegue cantando il Confi-témini.

DICHIARAZIONEL’Alleluia, che significa “Lodiamo Dio”, è voce di giubilo ed è replicata sei volte, per

dare lode a ciascuna delle Tre Persone Divine, prima dal Celebrante e poi dal popolo, e laragione di tale allegrezza si mostra nel versetto Confitémini che segue l’Alleluia.

Tractus Ps. 116,1-2 Laudáte Dóminum, omnes gentes:

et collaudáte eum, omnes pópuli. V.Quóniam confirmáta est super nos mise-ricórdia eius: et véritas Dómini manet inætérnum.

Tratto Sal 116,1-2 Nazioni tutte, lodate il Signore; lodate-

lo popoli tutti. V. Poiché somma è lasua misericordia verso di noi; e la fe-deltà del Signore dura in eterno.

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SEQUENTIA SANCTI EVANGELIISECUNDUM MATTHÆUM

Matth. 28,1-7

Véspere autem sábbati, quæ lucescit in prima sábbati, venit María

Magdaléne, et áltera María vidére se-púlcrum. Et ecce terræmótus factusest magnus. Angelus enim Dóminidescéndit de cælo: et accédens revól-vit lápidem, et sedébat super eum:erat autem aspéctus eius sicut fulgur:et vestiméntum eius sicut nix. Præ ti-

DAL VANGELOSECONDO MATTEO

Mt 28,1-7

Passato il sabato, all’alba del primogiorno della settimana, Maria di Mà-

gdala e l’altra Maria andarono a visitareil sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran ter-remoto: un Angelo del Signore, sceso dalcielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose asedere su di essa. Il suo aspetto era comela folgore, e il suo vestito bianco come laneve. Per lo spavento che ebbero di lui le

Sabato Santo - La Messa

Al Vangelo non si portano i candelieri ma soltanto l’incenso; il resto come al solito.

Poi il Coro canta il Tratto.

DICHIARAZIONEIl Tratto, che ha un significato malinconico, ci dimostra qui che, sebbene dobbiamo

gioire per la nuova allegrezza che ci ha fatto proferire l’Alleluia, nondimeno in questa vitanon possiamo avere una sincera tranquillità, che godremo solo in Paradiso. Si può ancheasserire che l’Alleluia si riferisce alle donne che videro Cristo Risorto, mentre il Tratto agliApostoli i quali per un po’ di tempo restarono dubbiosi di tale Risurrezione.

DICHIARAZIONEAl Vangelo non si portano i lumi, al qual rito i liturgisti medioevali hanno attribuito un

significato simbolico. È certo che, qualunque ne sia l’origine, il Cero pasquale, eretto alfianco dell’ambone, scusava in questa notte il bisogno di altri candelieri. Ma l’assenza deilumi vuol anche mostrare come la Risurrezione del Signore non sia stata ancora resa pub-blica e che le donne siano venute al sepolcro con i profumi, ma ancora non brilli nelle lo-ro anime la fede della Risurrezione. L’incenso, infatti, rappresenta i loro profumi, mentrel’assenza delle fiaccole significa ch’esse ancora non possedevano questa fede; ma fu daparte delle donne che gli Apostoli ricevettero il primo annuncio della Risurrezione delSignore. Ed era ben giusta tale preferenza accordata all’affetto e alla fedeltà di quelle piedonne. Infatti poiché la donna era stata la prima a piangere dopo il peccato, così doveva es-sere la prima a godere; essa, che aveva recato ad Adamo l’annuncio della morte, doveva es-sere alla Chiesa il primo araldo della Risurrezione.

móre autem eius extérriti sunt custó-des, et facti sunt velut mórtui. Res-póndens autem Angelus, dixit mulié-ribus: Nolíte timére vos: scio enim,quod Iesum, qui crucifíxus est, quæri-tis: non est hic: surréxit enim, sicut di-xit. Veníte, et vidéte locum, ubi pósi-tus erat Dóminus. Et cito eúntes, díci-te discípulis eius, quia surréxit: et ec-ce, præcédit vos in Galilæam: ibi eumvidébitis. Ecce prædíxi vobis.

guardie tremarono tramortite. Ma l’A-ngelo disse alle donne: “Non abbiate pau-ra, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.Non è qui. È risorto, come aveva detto; ve-nite a vedere il luogo dove era deposto ilSignore. Presto, andate a dire ai suoi di-scepoli: È risuscitato dai morti, e ora viprecede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, iove l’ho detto”.

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La Settimana Santa

Non si dice il Credo, ma, finito il Vangelo, il Celebrante dice: Dóminus vobíscum ed Orémus, non leggel’Offertorio e al Lavabo aggiunge il Glória Patri.

Il Celebrante canta il Prefazio di Pasqua, dice il Pax Dómini sit semper vobíscum, ma non dà il bacio dipace. Non si dice l’Agnus Dei né l’Antifona alla Comunione.

DICHIARAZIONENon si dice il Credo perché non tutti i seguaci di Gesù Cristo credevano ancora alla sua

divinità; anzi stavano nascosti per paura dei Giudei. Si tralascia anche l’Offertorio poiché ledonne in silenzio erano andate al sepolcro per ungere il loro Maestro o anche perché, giun-te in quel luogo, non poterono ungerlo e offrirgli i loro unguenti, essendo questi Risorto.

DICHIARAZIONEPer un’usanza che rimonta ai tempi apostolici, i fedeli, prima di accostarsi al Corpo e al

Sangue del Signore, si scambiavano reciprocamente il bacio fraterno, pronunciando le pa-role: “La pace sia con te”. In questa prima Messa pasquale tale costume si omette, perchéfu nella sera del giorno della Risurrezione che Gesù rivolse quelle parole ai discepoli riu-niti. La santa Chiesa, sempre ossequente alle minime circostanze della vita del suo celesteSposo, ama riprodurle nella sua condotta. Per la stessa ragione omette oggi il cantodell’Agnus Dei, che del resto non data prima del VII secolo, e che presenta alla terza ripe-tizione le parole: “Donaci la pace”.

Secreta

Suscipe, quæsumus, Dómine, pre-ces pópuli tui, cum oblatiónibus

hostiárum: ut paschálibus initiáta my-stériis, ad æternitátis nobis medélam,te operánte, profíciant. Per Dóminum.

Orazione sulle offerte

Accogliete, vi supplichiamo, o Signore,le preghiere del vostro popolo con le

offerte che vi presentiamo, affinché i me-desimi doni, consacrati dai misteri pa-squali, ci servano per opera vostra di ri-medio per l’eternità. Per nostro Signore.

Terminata la Comunione, viene intonata l’Antifona Allelúia, dopo la quale si canta il Salmo 150. Si ri-pete l’Antifona Allelúia poi, immediatamente, si canta l’Antifona Et valde mane con il Benedíctus, alla fi-ne del quale si ripete l’Antifona Et valde mane.

Ant.: Allelúia, allelúia, allelúia.

Psalmus 150Laudáte Dóminum in sanctis eius: *

laudáte eum in firmaménto virtútiseius.

Laudáte eum in virtútibus eius, *laudáte eum secúndum multitúdinemmagnitúdinis eius.

Laudáte eum in sono tubæ, * laudá-te eum in psaltério, et cíthara.

Laudáte eum in týmpano, et choro:* laudáte eum in chordis et órgano.

Laudáte eum in cýmbalis beneso-nántibus: † laudáte eum in cýmbalisiubilatiónis: * omnis spíritus laudetDóminum.

Glória Patri, et Fílio, * et SpirítuiSancto.

Sicut erat in princípio, et nunc, etsemper, * et in sæcula sæculórum.

Amen.

Ant.: Allelúia, allelúia, allelúia.

Ant.: Et valde mane * una sabbató-rum, véniunt ad monuméntum, ortoiam sole, allelúia.

Benedíctus † Dóminus, Deus Israël,* quia visitávit et fecit redemptió-

nem plebis suæ:Et eréxit cornu salútis nobis, * in do-

mo David púeri sui.Sicut locútus est per os sanctórum, *

qui a sæculo sunt, prophetárum eius:Salútem ex inimícis nostris, * et de

manu ómnium qui odérunt nos.Ad faciéndam misericórdiam cum

pátribus nostris: * et memorári testa-ménti sui sancti.

Ant.: Alleluia, alleluia, alleluia.

Salmo 150Lodate il Signore nel suo santuario, lo-

datelo nel firmamento della sua potenza.

Lodatelo per i suoi prodigi, lodatelo perla sua immensa grandezza.

Lodatelo con squilli di tromba, lodatelocon arpa e cetra;

lodatelo con timpani e danze, lodatelosulle corde e sui flauti.

Lodatelo con cembali sonori, lodatelocon cembali squillanti; ogni vivente dialode al Signore.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spiri-to Santo.

Come era nel principio, e ora è sempre,nei secoli dei secoli.

Amen.

Ant.: Alleluia, alleluia, alleluia.

Ant.: E di buon mattino, * il primo gior-no dopo il sabato, arrivano al sepolcro, alsorgere del sole, alleluia.

Benedetto Ü il Signore, Dio d’Israele, *perché ha visitato e redento il suo po-

polo,E ha suscitato per noi una salvezza po-

tente * nella casa di Davide, suo servo,Come aveva promesso * per bocca dei

suoi santi profeti, d’un tempo:Salvezza dai nostri nemici, * e dalle ma-

ni di quanti ci odiano.Così egli ha concesso misericordia ai

nostri padri * e si è ricordato della suasanta alleanza,

45

Sabato Santo - La Messa

LODI

Non si dicono né il Capitolo, né l’Inno, né il Versicolo; ma subito il Celebrante intona l’Antifona alBenedíctus. Durante il Benedíctus, il Celebrante incensa l’Altare.

Iusiurándum, quod iurávit ad A-braham patrem nostrum, * datúrumse nobis:

Ut sine timóre, de manu inimicó-rum nostrórum liberáti, * serviámusilli:

In sanctitáte et iustítia coram ipso, *ómnibus diébus nostris.

Et tu, puer, Prophéta Altíssimi vo-cáberis: * præíbis enim ante fáciemDómini paráre vias eius:

Ad dandam sciéntiam salútis plebieius, * in remissiónem peccatórum eó-rum:

Per víscera misericórdiæ Dei nostri:* in quibus visitávit nos, óriens ex al-to:

Illumináre his qui in ténebris et inumbra mortis sedent: * ad dirigéndospedes nostros in viam pacis.

Glória Patri, et Fílio, * et SpirítuiSancto.

Sicut erat in princípio, et nunc, etsemper, * et in sæcula sæculórum.

Amen.

Ant.: Et valde mane una sabbatórum,véniunt ad monuméntum, orto iamsole, allelúia.

Il giuramento, fatto a nostro padreAbramo, * di concederci che

Senza timore, liberati dalla tirannia deinostri nemici * lo serviamo.

Camminando al suo cospetto nella san-tità e nella giustizia * per tutti i nostrigiorni.

E tu, bambino, sarai chiamato profetadell’Altissimo * perché andrai innanzi alSignore a preparargli le strade,

Per dare al suo popolo la conoscenzadella salvezza * mediante la remissione deisuoi peccati,

Grazie alla bontà misericordiosa del no-stro Dio, * per cui verrà a visitarci dall’al-to un sole che sorge,

Per illuminare quelli che stanno nelletenebre e nell’ombra della morte * e diri-gere i nostri passi sulla via della pace.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spiri-to Santo.

Come era nel principio, e ora è sempre,nei secoli dei secoli.

Amen.

Ant.: E di buon mattino, il primo giornodopo il sabato, arrivano al sepolcro, al sor-gere del sole, alleluia.

46

La Settimana Santa

Ripetuta dal Coro l’Antifona del Benedíctus, il Celebrante va nel mezzo e, baciato l’Altare, dice Dóminusvobíscum, e canta la seguente Orazione:

V. Il Signore sia con voi.R. E con il tuo spirito.

Preghiamo. Orazione

I nfondete in noi, o Signore, lo Spiritodel vostro amore, affinché stiano in

perfetta concordia quelli che avete saziatocon i sacramenti pasquali. Per nostro Si-gnore.

V. Il Signore sia con voi.R. E con il tuo spirito.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

Orémus. Oratio

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritá-tis infúnde: ut, quos sacraméntis

paschálibus satiásti, tua fácias pietáteconcórdes. Per Dóminum... in unitáteeiúsdem.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

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Sabato Santo - La Messa

Il Diacono canta l’Ite, missa est con doppio Allelúia, e infine il Celebrante, detto il Pláceat tibi, SanctaTrínitas, dà la Benedizione come al solito e legge il Vangelo di san Giovanni, In princípio.

DICHIARAZIONELa Vigilia Pasquale è il simbolo dell’attesa del Giudice Divino. Questi ci ha avvertito

che verrà quale un ladro di notte, e poiché è in gioco l’affare più importante della nostra vi-ta – la nostra eterna salvezza –, nessuna precauzione è da considerarsi esagerata quando sitratta di ben disporci a quel tremendo istante dal quale dipende la nostra eternità. Gli anti-chi, durante la Veglia Pasquale, attendevano il compimento della desiderata parusía delRedentore.

Del tempo in cui essa verrà noi non sappiamo nulla; solo sappiamo che essa giungeràquando meno ci si penserà. Ma non è solo la parusía che è improvvisa; durante la giorna-ta cristiana, Gesù viene a noi tante volte, improvvisamente, con le sue grazie: guai a lasciar-sele sfuggire! Esse passano e non ritornano. Una grazia che Dio ci offre oggi, e che noi cilasciamo sfuggire, sarà come un prezioso tesoro che – a causa della nostra incorrisponden-za – è perso per sempre.

Ant.: Véspere autem sábbati, * quæ lucéscit in prima sábbati, venit María Magdaléne, et áltera María, vidére sepúlcrum, allelúia.

minum:Magnifícat † ánima mea Dó-

Et exsultávit spíritus meus * in Deo, salutári meo.

Quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ: * ecce enim ex hoc beátam me di-cent omnes generatiónes.

Quia fecit mihi magna qui potens est: * et sanctum nomen eius.

Et misericórdia eius a progénie in progénies * timéntibus eum.

Fecit poténtiam in brácchio suo: *dispérsit supérbos mente cordis sui.

Ant.: But, in the evening of the sabbath * when it began to dawn, towards the firstday of the week, came Mary Magdalen,and the other Mary, to see the sepulchre.Alleluia.

My soul doth magnify the Lord:and my spirit hath rejoiced in God

my Saviour.Because He hath regarded the humility,

of his handmaid: for behold form hence-forth all generations shall call me blessed . Because he that is mighty hath done great things to me: and holy is his name. And his mercy is from generation unto generation, to them that fear him.

He hath shewed might in His arm: He hath scattered the proud in the conceit of their heart.

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VESPERS

Non si dicono né il Capitolo, né l’Inno, né il Versicolo; ma subito il Celebrante intona l’Antifona al Magníficat. Durante il Magníficat, il Celebrante incensa l’Altare.

Ant.: Allelúia, allelúia, allelúia.

Psalmus 116

Laudáte Dóminum omnes gentes: * laudáte eum omnes pópuli.

Quóniam confirmáta est super nos misericórdia ejus: * et véritas Dómini manet in ætérnum.

Glória Patri, et Fílio, * et Spirítui Sancto.

Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sæcula sæculórum.

Amen.

Ant.: Allelúia, allelúia, allelúia.

Ant.: Alleluia, alleluia, alleluia.

Psalm 116

O praise the Lord, all ye nations: praise him, all ye people

For his mercy is confirmed upon us: and the truth of the Lord remaineth for ever.

Glory be to the Father, and to the Son and to the Holy Ghost.

As it was in the beginning, is now and ever shall be , world without end.

Amen.

Ant.: Alleluia, alleluia, alleluia.

La Settimana Santa

Depósuit poténtes de sede, * et exaltávit húmiles.

Esuriéntes implévit bonis: * et diví-tes dimísit inánes.

Suscépit Israël púerum suum, * re-cordátus misericórdiæ suæ:

Sicut locútus est ad patres nostros,* Abraham, et sémini eius in sæcula.

Glória Patri, et Fílio, * et SpirítuiSancto.

Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sæcula sæculórum.

Amen.

Ant.: Véspere autem sábbati, * quæ lucéscit in prima sábbati, venit María Magdaléne, et áltera María, vidére sepúlcrum, allelúia.

He hath put down the mighty from their seat, and hath exalted the humble.

He hath filled the hungry with good things, and the rich he hath sent empty away.

He hath received Israel His servant, being mindful of His mercy.

As He spoke to our fathers; to Abraham and his seed forever.

Glory be to the Father, and to the Son and to the Holy Ghost.

As it was in the beginning, is now and ever shall be , world without end.

Amen.

Ant.: But, in the evening of the sabbath * when it began to dawn, towards the first day of the week, came Mary Magdalen, and the other Mary, to see the sepulchre. Alleluia.

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Ripetuta dal Coro l’Antifona del Magníficat, il Celebrante va nel mezzo e, baciato l’Altare, dice Dóminus vobíscum, e canta la seguente Orazione:

V. The Lord be with you.R. And with thy spirit.

Let us pray. Prayer

P our upon us, O Lord, the spirit of Thylove, to make us on one heart, whom, by

Thy tender mercy, Thou hast filled with Thy paschal sacrament. Though Our Lord.

V. The Lord be with you.R. And with thy spirit.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

Orémus. Oratio

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritá-tis infúnde: ut, quos sacraméntis

paschálibus satiásti, tua fácias pietáteconcórdes. Per Dóminum... in unitáteeiúsdem.

V. Dóminus vobíscum.R. Et cum spíritu tuo.

Sabato Santo - Apendice - La Messa