IL RUOLO DELL'ASSISTENTE SOCIALE NEL PERCORSO DI CURA...
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Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive
Corso di laurea SCIENZE DEL SERVIZIO SOCIALE
IL RUOLO DELL'ASSISTENTE SOCIALE NEL
PERCORSO DI CURA FRA OSPEDALE E
TERRITORIO.
RIFLESSIONI A PARTIRE DA UNA ESPERIENZA DI
TIROCINIO.
TESI LAUREA DI
MANGINI SILVIA
RELATORE
PROF. A. BILOTTI
Anno Accademico 2015/2016
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare la mia famiglia, in particolare mia madre che mi ha
permesso di concludere il mio percorso; il mio compagno che mi ha
spronato fin dal primo giorno di Università quando mi sentivo
“troppo vecchia” in mezzo a tanta gioventù; il Prof. Bilotti per la
disponibilità nel sopportarmi durante la stesura della tesi; il mio
Tutor, il Dott. Fulvio Fontana, ormai diventato un amico, che mi ha
saputo far “vedere” con gli occhi dell'assistente sociale anche quei
casi che, per vicissitudini personali passate, continuavo a vedere
come utente. Per ultima, ma non per importanza, mia figlia, perché
durante le nostre notti insonni mi ha dato modo di delineare meglio
quale sarebbe stata la mia tesi.
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Indice
Introduzione………………………………………………………...…..7
1 L’ assistente sociale in sanità. ……..………………..….……9
1.1 Concetto di salute………………………………..…..…..9
1.2 Storia del Servizio Sociale in sanità………....…...…….10
1.3 Il Servizio Sociale Ospedaliero…………………..……12
1.4 Integrazione socio-sanitaria e la continuità
assistenziale………………………………….…….….14
1.5 Relazione professionale di aiuto…………...……….…18
1.6 Il lavoro di equipe…………………………...…….…..21
2 Umanizzazione delle cure e centralità della persona..….24
2.1 Diritti umani e dignità della persona……………….....24
2.2 Valori del Servizio Sociale……………………....……26
2.3 Principi del Servizio Sociale………………..…….…..27
2.4 Etica nel Servizio Sociale…………………..…….…..29
2.5 Rispetto della persona e umanizzazione delle cure…..31
3 Agenzia Continuità Ospedale Territorio: una realtà
all’interno della Asl Toscana Sud Est…………….………33
3.1 Asl Toscana Sud-Est…………………………………33
3.2 Agenzia Continuità Ospedale Territorio: normativa
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istituzionale…………………………………………….36
3.3 Dall'ingresso alle dimissioni difficili……………….….38
3.4 Fine percorso: MO.DI.CA e cure intermedie, ingresso
RSA, rientro presso il proprio domicilio………...…….42
3.5 L'assistente sociale nell'ACOT: il lavoro per progetti…43
3.6 Esperienze di tirocinio……………..…………………..45
Conclusioni………………………………………………..…………..51
Allegati…………………………………………………..…………….55
Bibliografia…………………..……………………………..………..56
Sitografia…………………………………………………..…………57
Riferimenti normativi……………..…………………..……………57
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Introduzione
Il lavoro di questa tesi nasce da un’esperienza di tirocinio formativo
molto significativo per me, che ha chiuso un ciclo universitario
all'inizio un po' faticoso per la lontananza dagli studi da diverso
tempo.
Questo tirocinio mi ha permesso di osservare il lavoro dell'assistente
sociale non solo dal punto di vista burocratico con la compilazione
delle schede sociali nel programma Aster in preparazione alle sedute
dell'Unità di Valutazione Multidisciplinare ma anche il lavoro “sul
campo” che l'assistente sociale svolge all'interno dell'Agenzia
Continuità Ospedale Territorio.
All'inizio non è stato facile guardare in modo distaccato i casi che ci
venivano segnalati perché prevaleva la parte emotiva dell'utente
rispetto all'aspetto professionale e anche durante le riunioni di équipe,
il modo freddo e razionale con cui i professionisti parlavano dei casi
in esame mi ha lasciato spesso molto perplessa. Sono state le
riflessioni fatte con il mio Tutor che mi hanno portato a vedere le cose
non più come un utente ma come un (spero) futuro assistente sociale
che ha la possibilità attraverso gli strumenti della professione di
aiutare chi ci veniva segnalato in modo da accompagnarlo durante la
degenza nel suo progetto di cura e nel suo rientro a domicilio o nel suo
trasferimento in struttura.
I due casi presi in esame nel mio elaborato, sono quelli che secondo
me evidenziano meglio il lavoro dell'assistente sociale all'interno
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dell'ACOT, come mediatore e come anello fondamentale di
congiunzione fra sanitario e sociale.
Nel primo capitolo partendo con la nozione di salute, ho cercato di
raccontare la storia del Servizio Sociale Ospedaliero e l'importanza
dell'integrazione socio-sanitaria per ottimizzare l'offerta al fine di
migliorare il progetto di aiuto alla persona ed è proprio la persona con
i suoi problemi sociali e sanitari, intesa come entità complessa ma
unica che l'assistente sociale, facendo parte di un équipe di
professionisti e attraverso l'instaurarsi di una buona relazione di aiuto
cerca di aiutare attraverso l'attuazione di progetti personalizzati.
Nel secondo capitolo invece, ho ritenuto opportuno prima di tutto
definire quali sono i diritti umani per poi esporre i valori ed i principi
del Servizio Sociale, che sono strettamente collegati al senso etico del
lavoro dell'assistente sociale. Questo capitolo si conclude con
l'importanza del rispetto per la dignità e la persona sotto ogni punto di
vista e come, il processo di cura sia cambiato grazie alla visione
dell'assistente sociale nei casi segnalati.
Nel terzo capitolo, ho presentato l'Azienda Toscana Sud Est, per
definire poi l'aspetto normativo dell'Agenzia Continuità Ospedale
Territorio ed il percorso di dimissioni, compreso le possibilità di
trasferimento in alternativa al rientro al domicilio. Ho voluto inoltre
sottolineare l'importanza del lavoro per progetti personalizzati che
l'assistente sociale svolge al suo interno. Il capitolo termina con due
casi complessi, seguiti durante la mia esperienza di tirocinio, dalla
presa in carico alla dimissione.
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1 L'ASSISTENTE SOCIALE IN SANITA'.
“Il servizio sociale professionale assicura l'efficacia e l'efficienza degli
interventi, relativamente alla presa in carico globale della persona al fine
di incidere in modo significativo sul benessere della popolazione”.
(Ministero della Salute)
1.1 Concetto di salute.
L'Organizzazione Mondiale della Salute nel 1948 definisce “La salute
come uno stato di pieno benessere fisico, mentale e sociale e non la
semplice assenza di malattia o di infermità; inoltre afferma che il
godimento di livelli il più possibile elevati di salute è uno dei diritti
fondamentali di ogni essere umano, senza distinzione di razza,
religione, credo politico, condizione economica e sociale”. Questo
concetto è stato molto criticato, poiché la salute non è statica ma va
considerata nella sua importanza di valore globale dove si ritrova non
solo la dimensione fisica ma anche l'aspetto relazionale, emotivo e
psicologico della persona rispetto alla società dove vive.
La salute è un diritto che si ritrova alla base di tutti gli altri diritti
fondamentali che spettano alle persone.
In Italia, tale diritto lo si ritrova nell' Art. 32 della Costituzione, la
quale ufficializza la tutela della salute come un fondamentale diritto
dell'individuo e di interesse per la collettività; lo Stato deve quindi
farsi carico, deve identificare e modificare, attraverso un processo di
integrazione professionale, quelle circostanze che pesano in modo
negativo sulla salute della collettività sostenendo
contemporaneamente quelle favorevoli.
Importante è quindi usare al meglio le risorse del Servizio Sanitario
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Nazionale in modo da riuscire a migliorare i livelli di efficienza.
La concezione della salute data dall' O.M.S. porta a comprendere la
persona sotto ogni sua dimensione, è quindi importante porre
l'attenzione sugli interventi mirati che riguardano i servizi sociali ed i
servizi sociosanitari del territorio e questo fa sì che il servizio sociale
territoriale debba farsi carico anche della parte sanitaria. Tutto questo
va a delineare un nuovo approccio che vede “nascere” una stretta
relazione tra sociale e sanitario sotto il profilo sia professionale che
istituzionale.
1.2. Storia del Servizio Sociale in Sanità.
L'evoluzione del concetto di salute ha aperto alla necessità di nuovi
esperti, fra i quali l'assistente sociale.
La sua figura all'interno del campo sanitario risale alla fine degli anni
sessanta, in seguito alla riforma ospedaliera (L.132/1968) dove,
proprio nell'art.39, fa riferimento alla presenza dell'assistente sociale
all'interno delle strutture ospedaliere.
L'istituzione del nuovo Servizio Sanitario Nazionale avvenuto con la
L.833 del 23 dicembre 1978, tutela la salute in quanto “fondamentale
diritto dell'individuo e interesse della collettività “e, garantisce il
collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di
tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel
settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli
individui e della collettività.”
Importante, oltre all'art.4 del Decreto Ministeriale del 13 settembre
1988, che determina gli standard del personale ospedaliero, è l'art.3
del Decreto Legislativo 229/99 con il quale si stabilisce il concetto di
prestazione sociosanitaria come “ tutte le attività atte a soddisfare,
mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della
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persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di
protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la
continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione” ed inoltre “si
legittima a livello legislativo l' importanza del concorso di una
pluralità di figure professionali, ed in particolare la presenza
dell'assistente sociale come necessaria in ospedale, prevedendola
come figura integrante del personale specializzato” (Dotti, 2005).
Nelle legislazioni più recenti, importante è la presenza dell'assistente
sociale in tutte quelle prestazioni e assegnazione di servizi che
avvengono tramite la valutazione multidisciplinare, dove lo stesso è
tenuto a valutare l'importanza del bisogno per finalizzare poi,
l'attuazione di un piano di lavoro integrato che porterà alla produzione
del Progetto Assistenziale Individuale (PAI), così come viene indicato
nella Legge Quadro 328/2000.
La Legge 328/2000 nell'art.22 afferma che fra i servizi essenziali che
lo Stato è obbligato a garantire ai cittadini vi è il Servizio Sociale
Professionale, con cui si delineano le competenze e le funzioni
dell'Assistente Sociale, il quale tramite il suo mandato istituzionale,
tutela la salute della persona attraverso il riconoscimento e la
realizzazione di azioni finalizzate alla protezione sociale, in modo da
contenere tutti quei rischi legati al disagio sociale che possono
ostacolare l'esito positivo dei trattamenti sanitari.
Il Ministero della Salute, definisce anche lo scopo del mandato del
Servizio Sociale Professionale in Sanità, ovvero “attivare e prendersi
cura delle reti di sostegno per favorire sia i processi di integrazione
interna all'Azienda (Ospedale-Territorio) che esterna (terzo settore,
privato convenzionato etc..)”, contribuendo quindi a realizzare quei
modelli di intervento fondati sull'integrazione inter-professionale e
inter-aziendale; inoltre informa gli utenti sui servizi socio-sanitari-
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assistenziali presenti e, analizzando i bisogni sociali e assistenziali
degli utenti all'interno del percorso sanitario ne favorisce i percorsi
mirati in modo da accompagnare e tutelare la persona in difficoltà.
Il Servizio Sociale ha quindi come scopo la presa in carico a 360 gradi
della persona e questo avviene sostenendola nel percorso sanitario
attraverso la realizzazione di progetti d’ intervento, di cura o di
continuità assistenziale e, per fare questo, oltre a far parte dell'équipe
multi-professionale, coopera, al fine di implementare le reti sociali
con il terzo settore e con il volontariato.
L'obiettivo viene raggiunto attraverso la fusione fra interventi sociali,
socio-assistenziali e sanitari, al cui interno l'assistente sociale è
divenuto con il tempo componente preziosa dell'équipe ospedaliera e
dove, insieme ad essa, ha contribuito alla nascita di nuove reti sempre
più adeguate ai bisogni delle persone.
1.3. Il Servizio sociale Ospedaliero.
I primi assistenti sociali ospedalieri in Italia risalgono al secondo
dopoguerra, in particolare, nel 1945 presso l'Ospedale Gaslini di
Genova.
L'esistenza degli assistenti sociali all'interno degli ospedali viene
sancita con la legge 132 del febbraio 1968 ma, solo un anno più tardi,
con il D.P.R. 128 del marzo 1969 si è delineato il mandato
professionale ed istituzionale che è “rivolto a trattare, in
collaborazione con il personale sanitario, con il personale di assistenza
diretta e con gli altri servizi ospedalieri, i problemi psico-sociali degli
assistiti”. L'assistente sociale diventerà presenza necessaria però solo
in alcune unità specializzate come le Unità spinali e le lungo degenze,
con il D.M. del settembre 1988, dove “è lasciata invece alla
discrezione della direzione la presenza di questo professionista nei
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reparti di cosiddetta “media assistenza”, tra cui la psichiatria,
l'oncologia e la geriatria, dove la richiesta di intervento sociale,
peraltro, è sempre stata massiccia” (Caprini, 2013).
La partecipazione del servizio sociale professionale all'interno della
struttura ospedaliera, sottolinea l'aspetto sociale della persona/malato/
cittadino, fondendosi con la parte clinica, contribuendo al “sistema di
cura”.
Il Servizio Sociale Ospedaliero si è delineato come “un servizio di
supporto a quello prettamente clinico come un'unità operativa che
coadiuva l'intervento cinico al fine di ristabilire il benessere della
persona ricoverata. Si può quindi affermare che il Servizio Sociale, nel
caso costituisca un'unità operativa dentro l'azienda ospedaliera, si
caratterizza per una propria autonomia d'intervento che, secondo
tecniche e metodologie proprie, agisce in un'ottica di rete e in un'area
multilivello, concorrendo al mantenimento o al recupero della salute
dei cittadini” (Caprini 2013).
L'ospedale è il luogo di cura e protezione delle persone ammalate,
dove si intersecano diverse persone, dai pazienti ai loro familiari, al
personale sanitario ed amministrativo ed ognuna di queste persone
porta con se delle aspettative.
Il primo servizio sociale ospedaliero nasce proprio nella prospettiva di
soddisfare tali aspettative, di fatto il suo scopo originario era quello di
sostenere, consigliare, comprendere il malato sostenendo l'attività
medica. Il servizio doveva capire, oltre alla posizione familiare,
sociale ed economica, anche lo stato di animo del paziente aiutandolo
a prendere atto della sua malattia, svolgendo quindi più un ruolo di
comprensione e di mediazione.
Nel corso degli anni la sua presenza è andata affinandosi così come il
suo fine che è divenuto quello di favorire, salvaguardare e restituire al
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paziente la propria dignità di persona che, molto spesso non va di pari
passo con la malattia e con il ricovero.
In ospedale in particolare l'assistente sociale incontra persone molto
fragili e, attraverso la propria valutazione ed il lavoro di équipe deve,
grazie ad interventi socio-sanitari, migliorare la qualità della vita sia
della persona ricoverata sia della sua rete.
“L'obiettivo del Servizio Sociale, dunque, diviene anche quello di
soddisfare le necessità di interventi globali considerando però i limiti
dei tempi di degenza in modo da assicurare risposte adeguate di
continuità delle cure sia dentro che fuori dall'ospedale” (Dotti, 2015).
1.4. Integrazione socio-sanitaria e la continuità assistenziale.
L'integrazione è un problema che si riscontra all'interno di ogni
Welfare.
Nel servizio sociale è il contributo alle diverse competenze
professionali che, attraverso progetti condivisi, guarda ai problemi
delle persone in modo totalitario, investendo tutte le proprie
competenze, le risorse e i metodi che porteranno poi a migliorare la
qualità del lavoro di aiuto.
Nel Piano sanitario nazionale 1998-2000 troviamo sia la definizione
ufficiale sia la divisione fra l'integrazione istituzionale, gestionale e
professionale: “l'integrazione istituzionale si basa sulla necessità di
promuovere collaborazioni fra istituzioni diverse (in particolare
aziende sanitarie, amministrazioni comunali etc..) che si organizzano
per conseguire comuni obiettivi di salute. L'integrazione gestionale si
colloca a livello di struttura operativa: in modo unitario nel distretto e
in modo specifico nei diversi servizi che lo compongono,
individuando configurazioni organizzative e meccanismi di
coordinamento atti a garantire l'efficace svolgimento delle attività, dei
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processi e delle prestazioni. Condizioni necessarie dell'integrazione
professionale sono: la costruzione di unità valutative integrate, la
gestione unitaria della documentazione, la valutazione dell'impatto
economico delle decisioni, la definizione delle responsabilità nel
lavoro integrato, la continuità terapeutica tra ospedale e distretto, la
collaborazione tra strutture residenziali e territoriali, la
predisposizione di percorsi assistenziali appropriati per tipologie
d'intervento, l'utilizzo di indici di complessità delle prestazioni
integrate”.
Da questa i percorsi dell'integrazione si sono poi articolati in:
integrazione e sviluppo comunitario, integrazione e lavoro per
progetti, integrazione socio-sanitaria.
Il tema dell'integrazione è stato affrontato anche nella L.328/2000
(Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali), in particolare facendo riferimento alla
programmazione (art.3), alle funzioni del Comune e delle Regioni
(art.8), ai progetti personalizzati (art.14), alla definizione dei livelli di
assistenza (art.22).
Ci sono vari livelli di integrazione:
• integrazione tra operatore ed utente per l'elaborazione di un
progetto personalizzato condiviso che integri gli obiettivi dei
diversi attori;
• integrazione tra operatori nei gruppi pluriprofessionali sia
all'interno dello stesso ente che tra enti diversi per
l'elaborazione di progetti individuali e progetti di intervento
sociale;
• integrazione tra responsabili e operatori di servizi diversi,
pubblici e privati, al fine di mettere in rete le differenti risorse
sia per progetti individualizzati sia per la progettazione di piani
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socio-sanitari zonali;
• integrazione tra strutture decisionali politiche diverse (Comuni,
Province, Asl, Servizi per l'Impiego etc..) per creare sinergie
attraverso una lenta opera di concentrazione e mediazione fra
orientamenti socio politici e operativi differenti in vista di
accordi di programmi e di piani zonali (Dal Pra
Ponticelli,2002).
Nella Fig.1 viene rappresentato come i vari punti di offerta dei servizi
(ospedale, cure domiciliari, cure residenziali e cure intermedie) sono
collegate fra di loro.
Fig.1 Mappa dei percorsi integrati di cura.
Filo conduttore di questi collegamenti, rimane l'integrazione tra
professioni, dove ritroviamo il lavoro dell'assistente sociale, e la
centralità della persona intesa come l'insieme di tutti i suoi bisogni e i
suoi punti di forza e di debolezza. L'integrazione socio-sanitaria è
prevista dal Servizio Sanitario Nazionale per promuovere, negli utenti,
migliori condizioni di salute e di conseguenza migliorare la loro
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qualità della vita.
L'integrazione porta anche alla definizione di prestazione socio-
sanitaria che, attraverso percorsi assistenziali integrati, fra sanitario e
sociale, vanno a soddisfare i bisogni di salute delle persone e
garantiscono nel tempo la continuità delle cure.
I servizi socio assistenziali e quelli sanitari si combinano insieme per i
più svariati motivi, come ad esempio la crescente complessità dei
bisogni che quotidianamente siamo tenuti ad affrontare oppure il fatto
che le singole competenze professionali sono sempre più limitate e
quindi il lavoro multidisciplinare è fondamentale per risolvere i
problemi; per questo nella società attuale l'integrazione diventa il
mezzo a disposizione dell'assistente sociale per valorizzare l'unicità
della persona attraverso il lavoro condiviso e usando le risorse che si
hanno a disposizione.
Il “bisogno di salute” è alla base dell'unione fra sociale e sanitario.
Tutti i servizi e gli interventi di integrazione socio-sanitaria si
concretizzano quindi, grazie a processi assistenziali che assicurano
l'unitarietà della presa in carico dell'utente; al quale, grazie
all'assistenza socio-sanitaria, dopo una valutazione multiprofessionale
e multidisciplinare, viene garantita la continuità delle cure attraverso
un progetto personalizzato d'intervento.
Il concetto di continuity of care viene definito nella Organizzazione
Mondiale per la Sanità come un “valore” della persona e, la Carta dei
Diritti dei Malati, definisce “il diritto alla continuità delle cure,
compresa la collaborazione tra tutti gli operatori sanitari e/o le
strutture”.
Questo significa quindi, che la continuità delle cure del soggetto è
legata sia al suo bisogno di salute sia al suo contesto familiare e
sociale, è importante quindi avere informazioni circa la storia del
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paziente in modo da disegnare un appropriato progetto di cura che
tenga sempre presente sia il bisogno di salute del soggetto sia i suoi
cambiamenti durante il percorso della malattia, sia la presenza o
meno di una rete familiare e per fare ciò sarà importante, attraverso
una buona relazione di aiuto, instaurare un rapporto di fiducia con
l'utente.
In tale contesto l'assistente sociale divine un case management,
svolgendo la funzione di collegamento e coordinamento per
assicurare, dopo la presa in carico dell'utente, l'accesso ai servizi.
1.5 La relazione di aiuto.
La relazione di aiuto viene considerata uno strumento professionale
trasversale, poiché lo si ritrova nelle visite domiciliari, nei colloqui, ed
è quindi un tema centrale per il servizio sociale.
Carl Rogers nel 1951 ha definito la relazione d'aiuto come "una
relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di
promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il
raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato”.
Nel Servizio Sociale, è il mezzo che l’assistente sociale ha a sua
disposizione per instaurare con l’utente un rapporto empatico, di
fiducia reciproca che va a sostenerlo sia nei suoi lati positivi, sia nelle
sue paure ed incertezze. È attraverso esso che si cerca di far
raggiungere all'utente una maggiore autostima, una maggiore
autonomia, promuovendone la sua autodeterminazione.
Folgheraiter, nel suo libro “Teoria e metodologia del servizio sociale”
afferma che “con il termine relazione di aiuto si intende il legame che
si instaura tra una persona capace di dare aiuto ed un'altra che ha
bisogno di riceverlo”; è quindi un processo di interazione tra le parti
che si inserisce in quei contesti organizzati come il servizio sociale,
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oppure in quelli ambiti territoriali che vanno poi ad influenzare il
lavoro dell'assistente sociale.
“L'assistente sociale aiuta in quanto svolge un ruolo in un servizio,
dentro una politica sociale, in un rapporto di intreccio e meditazione
con diversi soggetti ed opportunità” (Ferrario 2000), ed è qui che la
relazione non è più esclusiva perché si apre verso la rete esterna della
persona.
Nella Fig.2 che segue, vengono schematizzati i vari ambiti della
relazione di aiuto poiché all'interno dei vari servizi e dei territori
cambia la possibilità di operare e, di conseguenza cambiano anche i
caratteri della relazione.
Fig. 2 I contesti della relazione di aiuto.
PROGETTO
COLLOCAZIONE
SERVIZIO TERRITORIO RELAZIONE DI ALTRE RELAZIONI
AIUTO
RISORSE/PROBLEMI
L'idea centrale nella relazione di aiuto è quella che le persone sono
dotate di potenzialità e di risorse che però talvolta, di fronte a
momenti esistenziali difficili, non riuscendo più a percepire la loro
realtà, avvertano il bisogno di ricevere aiuto e lo ricercano nel servizio
sociale.
L'aiuto primario che intende l'utente spesso è quello economico, con
cui si cerca di intervenire nell'immediato sulla situazione difficile; in
realtà egli ha bisogno anche di un intervento relazionale ed emotivo
per essere ricondotto a quella realtà che aveva smarrito e per supporre
poi quelle soluzioni che dovranno essere concretizzate.
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Gli utenti giungono al servizio sociale in molti casi come “ultima
spiaggia”, sovente esausti dopo aver provato a superare la loro
situazione da soli ma, sempre più spesso, privi di fiducia nelle
istituzioni e nel servizio sociale stesso.
La persona che si rivolge al servizio sociale fa conoscere le sue
vicissitudini all'interno di un ambiente istituzionale, ben strutturato e
protetto, dove viene evidenziato il potere istituzionale dato dal ruolo
che l'assistente sociale ricopre, il potere legale, legato alle leggi a cui
l'assistente sociale fa riferimento ed il potere personale-professionale
che si ritrova nella disponibilità dello stesso ad instaurare una positiva
relazione di aiuto.
Nella relazione di aiuto l'utente racconta quindi la sua storia di vita
passata e presente, perché come ci spiega Dotti: “È attraverso una
storia che il percorso di cura può iniziare ed è attraverso una storia o
un intreccio di storie che può essere portata a conclusione. Da un certo
punto di vista, si può dire che la cura inizia sempre con un racconto.
Una persona è in una situazione di non benessere, si rivolge a
qualcuno che suppone essere in grado di aiutarla, e per fare questo
deve raccontare qualcosa di sé. Quando ci raccontiamo, offriamo a chi
ci ascolta un pezzo della nostra vita e se il raccontare deriva da uno
stato di necessità, desideriamo che l'altro raccolga la nostra storia ed
attraverso quella ci aiuti e ci curi. Ogni richiesta di aiuto passa sempre
attraverso il racconto di sé senza il quale non esisterebbe una base per
instaurare una progettualità.”
Il fine è quello, tramite l'ascolto attivo, di comprendere come la
persona di fronte a noi vive la sua situazione, quali sono i suoi punti di
forza e di debolezza, in modo da poter identificare le soluzioni idonee
per coinvolgerlo in un progetto di aiuto personalizzato.
Un aspetto della relazione di aiuto è la capacità professionale
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dell'assistente sociale di utilizzare il colloquio promozionale, ponendo
molta attenzione alle domande da porre all'utente, in modo da non
farlo sentire giudicato oppure sotto accusa.
La relazione professionale di aiuto non si svolge in modo disordinato
ma, segue delle tappe che sono state individuate e così sintetizzate:
• Ascoltare i sentimenti e gli eventi che ci vengono sottolineati
dall'utente durante il suo racconto in modo da fargli capire che lo si sta
ascoltando e che lo si vuole capire e condividere con lui l'importanza
della sua situazione.
• Riflettere insieme su quello che ci viene esposto.
• Sollecitare nell'utente una differente impressione della situazione in
modo da presagire dei possibili obbiettivi da raggiungere mantenendo
sempre ben presente quali sono le motivazioni ed i desideri dell'utente.
• Prendere insieme alcune decisioni dopo aver approfondito i pro e i
contro sostenendo sempre l'utente.
• Valutare insieme gli effetti ottenuti nella relazione di aiuto.
Un lato importante della relazione professionale di aiuto è la sua
conclusione; questa infatti può generare sentimenti positivi e negativi
sia nell'utente che nell'operatore. Una chiusura positiva si ha in modo
graduale dopo aver portato l'utente a consolidare la sua immagine e la
sua capacità di agire; questa diventerà sicuramente un'esperienza
positiva anche per l'assistente sociale; quando invece si arriva a
chiusure brusche, senza considerazioni comuni sul protrarsi della
relazione di aiuto, si giunge il più delle volte a comportamenti
regressivi ed aggressivi.
Concludendo l'assistente sociale non “cura” l'utente ma lo sostiene
durante un nuovo percorso di rinascita, individuato insieme al lavoro
di rete, nel “suo” progetto individualizzato dove fondamentale è la
relazione professionale di aiuto che si instaura fra i due.
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1.6. Lavoro di équipe.
Il lavoro di équipe è un lavoro di gruppo, dove ogni membro concorre
alla realizzazione di un progetto personalizzato a seguito del bisogno
dell'utente.
È “un ambito plurale di relazioni sociali sviluppate tra operatori con
professionalità omogenee o diverse, appartenenti ad una medesima
organizzazione e/o sottosistemi di essa, il cui compito è quello di
lavorare in modo coordinato e integrato per affrontare e trovare
soluzioni a un problema che non sarebbe risolvibile individualmente
dai singoli componenti nelle loro funzioni organizzative” (Zini,
Miodini,1999).
Le persone che fanno parte dell'équipe hanno un fine comune e, per
raggiungere positivamente tale scopo, è necessario che all'interno del
gruppo siano ben delineati sia i ruoli che le regole e che vi siano
positivi fattori relazionali che portino a collaborare in modo
continuativo nel tempo.
In generale con il lavoro di équipe si vanno a trovare le soluzioni a
bisogni sociali complessi ed è per questo che lo si adotta soprattutto in
campo socio-assistenziale, dove è importante costruire e progettare
l'intervento sociale a sostegno della unicità della persona e del
contesto che lo circonda.
L'assistente sociale all'interno di un gruppo di lavoro
multiprofessionale, esercita alcune funzioni:
• Funzione di analisi e di intervento della domanda e del contesto:
grazie al suo “contatto diretto” con l'utente, valuta una risposta
idonea all'esigenza della persona e della circostanza di bisogno
o di disagio in cui questa si trova in quel momento.
• Funzione programmatoria: l'assistente sociale predispone ed
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attua piani di intervento, andando a individuare la rete presente
nella vita dell'utente e mettendo a disposizione le proprie risorse
organizzative, con lo scopo di migliorare la qualità della vita
della persona, all'interno dell'équipe.
Lavorare in équipe significa quindi svolgere le proprie funzioni in
modo complementare, cooperando per raggiungere lo stesso fine, non
perdendo di vista la parte centrale del lavoro ovvero la persona ed il
suo bisogno di aiuto.
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2 UMANIZZAZIONE DELLE CURE E CENTRALITA'
DELLA PERSONA.
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti” (Art.1.
Dichiarazione dell'ONU)
2.1. Diritti umani e dignità della persona.
I diritti umani “sono quei bisogni che devono essere soddisfatti
affinché l'individuo, qualunque individuo, possa godere di vita
dignitosa. Per questo motivo sono definiti “universali”: perché devono
essere garantiti a tutte le persone del mondo”. (Wikipedia)
Tali diritti sono stati definiti nella “Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani” del 10 dicembre 1948, con la quale, dopo un lungo
percorso, gli uomini vengono riconosciuti liberi ed uguali e dove per
la prima volta si va a sottolineare sia l'universalità di questi sia
l'approvazione di tutta l'umanità di questi valori come comuni per
tutti.
Il riconoscimento dei diritti dell'uomo che possono essere diritti civili,
politici, economici, culturali o sociali, vanno di pari passo con
l'accettazione della dignità degli individui; che possono essere diritti
civili, politici, economici, culturali o sociali.
Per il Servizio Sociale sono molto importanti i diritti sociali, i quali
nascono grazie alla visione dell'uomo non più come mezzo ma come
fine.
“I diritti sociali possono leggersi, da un lato, come garanzia per la
persona di vedersi tutelare alcune dimensioni della propria sfera
personale e di vita (la salute, il lavoro, l'istruzione etc..), nel rispetto e
nella prospettiva di realizzazione piena della propria dignità, dall'altro,
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invece, come gli strumenti attraverso cui le istituzioni pubbliche
attuano l'equa ripartizione delle risorse e degli oneri sociali, in
funzione equilibratrice relativamente alle disparità sociali. Non solo,
quindi, diritti dei soggetti deboli, finalizzati all'attuazione del principio
di uguaglianza sostanziale, ma mezzi per garantire ad ogni persona di
poter sviluppare appieno la propria personalità (E. Rossi, E. Vivaldi,
2005).
Tutti i diritti dell'uomo, compresi quindi quelli sociali, fanno
riferimento a un tema centrale che è quello della dignità.
La dignità “è un valore intrinseco dell'esistenza umana che ogni uomo,
in quanto persona, è consapevole di rappresentare nei propri principi
morali, nella necessità di liberamente mantenerli per sé stesso e per gli
altri e di tutelarli nei confronti di chi non li rispetta” (Wikipedia).
Nella dignità ritroviamo il valore delle persone, uno dei valori portanti
del Servizio Sociale; infatti “ il Servizio Sociale si basa sulla
concezione che l'uomo è un valore in quanto dotato di infinite
potenzialità, capace di libertà e di autonomia, in grado di compiere
scelte consapevoli e creative, di assumersi responsabilità e di
prendersi cura degli altri, in grado di dominare le leggi della natura
attraverso studi e attività che esprimono il suo infinito potere di
ricerca” ( M. Dal Pra Ponticelli, 2005).
La dignità della persona è strettamente legata anche al diritto che la
persona ha di autodeterminarsi e tale rimane anche in quei momenti in
cui la persona sta attraversando un periodo di malattia, oppure non è
più in grado di decidere per il proseguimento della propria vita.
Proprio nella visione del concetto di dignità si disegna meglio la
visione sociale da quella sanitaria, dove solo recentemente il termine
dignità ha acquistato spessore e non è più solo quel “avere rispetto e
una buona educazione verso i pazienti”, ma diviene mettere l’utente in
26
primo piano come “valore di cura”.
2.2. Valori del Servizio Sociale.
Concetto centrale del servizio sociale è che “l'uomo è un valore in se
stesso” a prescindere dalle sue condizioni e questo perché gli va
riconosciuta la sua dignità e il suo diritto di essere rispettato, a
prescindere dalla sua cultura, condizione economica o sociale.
“La professione di servizio sociale è al servizio delle persone, delle
famiglie, dei gruppi, della comunità e delle diverse aggregazioni
sociali, per contribuire al loro sviluppo: ne valorizza l'autonomia, la
soggettività, la capacità di assunzione di responsabilità, li sostiene
nell'uso delle risorse proprie e della società, nel prevenire e affrontare
situazioni di bisogno o di disagio, e nel promuovere ogni iniziativa
atta a ridurre i rischi di emarginazione. L'assistente sociale pone la
persona al centro di ogni intervento” (Codice Deontologico, Titolo II,
commi 6 e 7).
I valori fondamentali del servizio sociale possono essere così
delineati:
• Eguaglianza: con cui si rifiuta ogni tipo di discriminazione e,
con la quale il servizio sociale fa sua la parità di diritti e di
opportunità che si ritrova anche nel' Art. 3 della Costituzione
italiana dove “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.”
• Solidarietà: nel lavoro dell'assistente sociale la solidarietà vale
per tutti i cittadini e non solo per quelli più bisognosi.
• Partecipazione: questo valore nel servizio sociale vale sia in
modo individuale, legato all'autodeterminazione della persona
27
singola che chiede aiuto all'assistente sociale e, attraverso la
relazione di aiuto, partecipa in modo attivo alla risoluzione dei
suoi problemi, sia in considerazione della comunità, che vede
tutti i cittadini coinvolti in modo attivo nella loro vita
economica, politica e sociale per il loro benessere individuale e
della società stessa.
• Unicità della persona: ogni individuo viene considerato unico e
quindi diverso dagli altri, sia per il cammino che hanno
percorso durante la loro vita, sia per i bisogni che ognuno
percepisce più o meno pesanti.
• Libertà: poiché ogni singolo individuo ha il diritto di
autodeterminarsi.
• Dignità della persona: poiché ogni uomo ha il diritto di essere
rispettato a prescindere dalle sue condizioni economiche sociali
culturali o religiose.
2.3. Principi del Servizio Sociale.
Il lavoro dell'assistente sociale ha acquisito la propria identità proprio
grazie ai valori e ai principi che hanno portato con la L.84 del 23
marzo 1994, al riconoscimento della stessa professione. In seguito, nel
1998 l'approvazione del Codice Deontologico dell'Assistente Sociale
con il quale si “ giustifica per molte ragioni, in quanto rende pubbliche
e manifeste le norme interne di una professione, forma e stimola una
coscienza deontologica, dirige l'azione in casi concreti, favorisce
l'unità professionale e ne incrementa l'autonomia, protegge gli utenti
ed infine protegge la professionalità, in quanto offre le basi non solo
per le sanzioni, ma anche per l'autodifesa” ( L. Sanicola, 1996).
I principi che di seguito delineerò, sono delle linee guida per il lavoro
dell'Assistente Sociale e sono strettamente collegate ai valori del
28
servizio stesso.
• Principio della valorizzazione delle risorse: questo implica
“professionalità nello scoprire e sostenerle, etica nel credere che
esistano” (E. Busnelli Fiorentino, 1993). Rispetto alla persona e
al processo di aiuto, questo principio guarda ai punti di forza
della persona, alle proprie risorse personali, le quali possono
portare alla crescita delle capacità dell'utente di trovare le
soluzioni ai propri problemi. Questo principio è collegato
all'empowerment della singola persona che cerca attraverso le
proprie risorse di migliorare la propria identità, accrescendo le
proprie abilità e la propria autostima.
• Principio di Autodeterminazione: vale non solo per il singolo
utente, ma anche per la stessa comunità. È uno dei principi
fondamentali del servizio sociale che vede il diritto dell'utente
di decidere su quello che lo riguarda, l’utente ha, infatti, il
diritto di decidere se partecipare al processo di aiuto, ma,
soprattutto ha il diritto della persona di scegliere come vivere la
propria vita. Rispettare la libertà di scelta dell'utente non vorrà
però dire che l'assistente sociale rimarrà impassibile di fronte a
tali scelte, ma vorrà dire impegnarsi per costruire con il
soggetto, attraverso un ascolto attivo e una buona relazione di
aiuto per arrivare insieme, mantenendo centrali i bisogni, le
attese, i desideri e le aspirazioni della persona, a creare un
percorso di rafforzamento dell’individuo.
• Principio rispetto e promozione dell'uguaglianza: questo
principio vale sia per i singoli utenti, sia per la comunità che per
le istituzioni. L'assistente sociale differenzierà il proprio lavoro
secondo chi avrà di fronte, se si parla dell’individuo e della
comunità, dovrà fare molta attenzione che non vengano
29
praticate discriminazioni di nessun genere, mentre per quanto
riguarda il suo lavoro con le istituzioni, dovrà operarsi per fare
in modo che le risorse e le prestazioni siano distribuite in egual
misura a tutti.
• Principio della promozione alla partecipazione: scopo di questo
principio è di coadiuvare la persona o la famiglia a sostenere le
proprie risorse, ad aumentare il proprio empowerment. Perché
questo avvenga, occorre che l'assistente sociale non vada a
sostituirsi alla persona, ma lo renda partecipe in modo attivo
durante il processo di aiuto.
• Principio solidaristico: vede impegnato l'assistente sociale
nell'attivazione delle reti solidaristica sia per il singolo utente
sia per la comunità.
• Principio dell'individualizzazione o della personalizzazione
dell'intervento: parte dal presupposto che ogni persona è unica e
di conseguenza anche l'intervento deve essere “a misura” del
singolo utente e non standardizzato.
• Principio della riservatezza: tale principio è legato al rispetto
della dignità di ogni singola persona e, l'assistente sociale,
durante il suo lavoro, ha il dovere di trattare in modo riservato
le informazioni ed i dati che riguardano gli utenti, facendo
questo si costruiranno le basi affinché si instauri un rapporto di
fiducia fra utente e assistente sociale.
2.4. Etica nel Servizio Sociale.
L'etica si riferisce al comportamento dell'uomo ed ai suoi modi di
agire ed è quindi importante per il lavoro dell'assistente sociale che da
sempre ha messo al centro dei suoi valori l'uomo in quanto essere
unico.
30
Quella che interessa al servizio sociale è l'etica professionale, nella
quale si ritrovano tutti i valori che accompagnano l'assistente sociale
nel suo lavoro e che è legata al Codice Deontologico della
professione, composto da tutte le norme che vanno a definire il
comportamento che l'assistente sociale deve tenere durante il suo
lavoro.
L'aspetto etico accompagna l’operatore in tutte le attività che sono
svolte, dal rapporto con le persone, a quello con la comunità alle
istituzioni; questo fa sì che l'assistente sociale sia costretto ogni
singolo giorno a dover compiere delle scelte morali che, possono
portare a soluzioni positive oppure negative, ma che vanno a tutelare
sia i valori sia i principi morali dell'utente e del professionista.
Importante è quindi che l'assistente sociale abbia una buona capacità
riflessiva, in modo da prendere delle decisioni ragionate durante tutto
il processo di aiuto, riconoscendo l'utente non solo come partecipe ma
anche come autore del progetto.
Eticamente per il servizio sociale, sono importanti anche gli
atteggiamenti professionali che l'operatore adotta e che possiamo così
definire:
• Accettazione di ogni singola persona a prescindere dalla sua
fede religiosa, dalla sua condizione economica o sociale.
• Atteggiamento non giudicante poiché l'assistente sociale non
esprime giudizi morali.
• Riservatezza è sia un obbligo enunciato nel Codice
Deontologico, sia la base per costruire un buon rapporto di
fiducia con l'utente.
• Individualizzazione e particolarizzazione dell'intervento poiché
ogni progetto è “cucito” sulla persona che abbiamo di fronte.
• Flessibilità e tolleranza verso le istituzioni che erogano i
31
servizi.
• Collaborazione non solo con la persona ma anche verso gli altri
colleghi, siano questi assistenti sociali oppure appartenenti ad
altre specializzazioni.
• Riflessività e conoscenza di sé poiché per aiutare gli altri
dobbiamo conoscere bene noi stessi e i nostri mezzi di difesa,
per non lasciarci “travolgere” dalla persona che abbiamo di
fronte.
2.5. Rispetto della persona e umanizzazione della cura.
Il rispetto è sicuramente molto importante nella vita di tutti noi, a
prescindere dal ruolo che ricopriamo.
Il garante per la privacy, nel 2005, ha garantito attraverso un
provvedimento, la riservatezza e la tutela dei diritti e della dignità
delle persone che vengono in contatto con il sistema sanitario e
sociale.
Il rispetto verso la persona che abbiamo di fronte, è certamente un
punto di partenza per costruire una buona relazione di aiuto e un
rapporto di fiducia.
Alla base di un buon progetto individuale, dobbiamo quindi porre il
rispetto che la persona ha per la sua dignità e per i suoi diritti.
Tenere in considerazione l'utente vuol dire offrirgli un percorso di
degenza, dal suo ingresso fino alla dimissione, mettendo al centro il
suo bisogno e ascoltandolo senza tralasciare nessuna sfumatura, vuol
dire anche accompagnarlo in modo dignitoso nelle sue decisioni e
nelle sue ultime volontà, ma vuol dire anche sostenere la famiglia nel
capire la malattia.
In campo sia sociale che sanitario fondamentale è avere rispetto per la
dignità, la qualità della vita, il benessere di ogni persona, come base
32
per una buona progettazione socio-sanitaria in modo da non far sentire
solo né il paziente né la sua famiglia e accompagnarli in un percorso
di cura sempre più vicino alla persona.
Questo avviene con l’“umanizzazione delle cure” con cui si mette al
centro dei percorsi socio-assistenziali la persona nella sua totalità,
riducendo fino ad eliminare del tutto la “disumanizzazione” che
troppo facilmente si ritrova dentro i luoghi di cura.
Rendere umano le cure, non si riferisce però, solo ai degenti e ai loro
familiari, ma deve essere riferito anche agli operatori sia sociali che
sanitari che collaborano fra di loro, in modo da poter formare un
gruppo di lavoro compatto, aperto al confronto, disponibile all'ascolto
ed al sostegno, soprattutto in quei momenti in cui i sentimenti
personali prevalgono sull'aspetto deontologico.
L'ospedalizzazione per il malato è, senza dubbio, un trauma poiché si
ritrova lontano dalla famiglia. Proprio in questo momento molto
delicato, importante è il lavoro empatico dell'assistente sociale, in
modo da instaurare con il paziente e con la famiglia, dove presente, un
rapporto umano, per riportare in modo decisivo al centro
dell'assistenza il malato.
33
3. AGENZIA PER LA CONTINUITA' OSPEDALE E
TERRITORIO: UNA REALTA' ALL'INTERNO DELLA ASL
TOSCANA SUD EST.
3.1. Asl Toscana Sud Est.
Il Servizio Sanitario Toscano è strutturato in 16 aziende sanitarie, 12
sono Aziende Sanitarie Locali; 4 sono Aziende Ospedaliero-
Universitarie; l'Azienda USL 8 è una di queste 16 aziende sanitarie
della Regione Toscana.
Istituita nel 1995, quando sono state unificate le cinque USL nelle
quali era articolata la sanità pubblica della Provincia di Arezzo,
garantisce la tutela ed il diritto alla salute dei cittadini residenti nel
territorio della provincia di Arezzo (350.000 persone).
In particolare l'Azienda, gestisce le attività sanitarie di prevenzione,
cura e riabilitazione, e le attività sociali proprie o delegate dai
Comuni, con l'obiettivo di garantire i livelli di assistenza previsti dal
Piano Sanitario Regionale.
La popolazione assistita è pari a 350.707 persone, distribuite in circa
140.000 famiglie che risiedono nei 39 Comuni della Provincia. (sito
Asl Toscana Sud Est)
Nel gennaio 2016, a seguito della Legge Regionale n.84 del 28
dicembre 2015 “Riordino dell'assetto istituzionale e organizzativo del
sistema sanitario regionale”, che comprende le modifiche alla L.R.
40/2005, il territorio toscano è stato ripartito in 3 aree vaste e,
l’Azienda USL 8 è divenuta Asl Toscana Sud Est, andando a fare
parte di quella che insieme alla Asl 7 di Siena e alla Asl 9 di Grosseto
34
è divenuta l'Area Vasta Sud-Est, una nuova rete territoriale sia clinica
che sociale.
L'Azienda ASL 8 eroga l'assistenza territoriale attraverso le Zone
Distretto, ovvero le articolazioni territoriali e organizzative destinate
ad assicurare alla popolazione l'accesso ai servizi e alle prestazioni
sanitarie e sociali ad elevata integrazione sanitaria.
Sono presenti 5 zone distretto, che ricomprendono i 39 Comuni della
provincia di Arezzo. Alla zona-distretto spetta la valutazione dei
bisogni sanitari e sociali della comunità e la definizione dei servizi
necessari a soddisfarne i bisogni assistenziali.
I Servizi Sociali dell’Asl Toscana Sud-Est si occupano di varie aree di
intervento: materno-infantile, disabili, non autosufficienti, dipendenze,
salute mentale.
Fig. 3 Organigramma Servizi Sociali Asl 8
35
In 3 ambiti territoriali, ovvero nelle zona Valtiberina, Arezzo e
Casentino, il Servizio Sociale lo si trova integrato con i Servizi Sociali
del Comune, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei Sindaci;
mentre negli altri ambiti territoriali, Valdarno e Valdichiana, il
Servizio Sociale “lavora” prettamente nelle aree tematiche
precedentemente elencate; ed è in queste zone che l'assistente sociale
partecipa al Punto Unico di Accesso e, in seguito, attraverso i Punti
Insieme, accoglie la domanda degli utenti e garantisce loro una
valutazione multidisciplinare.
La Asl Toscana Sud-Est, assicura ai propri cittadini l'integrazione
socio-assistenziale attraverso il coordinamento di 3 Presidi
ospedalieri:
• Presidio 1 - per la funzione ospedaliera della Zona Distretto di
Arezzo, costituito dall’Ospedale “San Donato” di Arezzo
• Presidio 2 - per la funzione ospedaliera della Zona Distretto di
Valdarno, costituito dall’Ospedale “S. Maria alla Gruccia” di
Montevarchi
• Presidio 3 - per la funzione ospedaliera delle Zone Distretto di
Valtiberina, Casentino e Valdichiana costituito dai seguenti
stabilimenti: Ospedale di Sansepolcro, Ospedale di Bibbiena,
Ospedale della Valdichiana “Santa Margherita”.
La continuità delle cure dei propri utenti, è garantita durante il ritorno
al proprio domicilio attraverso l'assistenza domiciliare, che offre le
stesse garanzie di quella ospedaliera, anche se a differenza
dell'Ospedale, si svolge all'interno di un luogo protetto e sicuramente
più accogliente per i pazienti dove è possibile riuscire a integrare al
meglio la rete presente composta non solo dai familiari ma anche dai
Medici di Medicina Generale.
36
L'assistenza territoriale si congiunge a quella ospedaliera attraverso:
• Agenzia per la Continuità Ospedale Territorio (ACOT) presente
in tutte le zone Distretto, cui è affidata la gestione delle
dimissioni difficili, non solo dal punto di vista sanitario ma
anche sociale.
• Organizzazione delle Cure Intermedie: Mo.Di.Ca ovvero
Modulo di Continuità Assistenziale, ADI.
Presente sul territorio è anche l'Ospedale di Comunità che, attraverso
il ricovero programmato, cerca di far fronte a quelli che sono i bisogni
assistenziali degli utenti. Il target cui si rivolge, sono anziani non
autosufficienti, totali o temporanei e pazienti che vivono un periodo di
riacutizzazione della malattia come gli oncologici oppure i malati
terminali.
L'Asl 8 inoltre, è anche promotrice di un progetto speciale che
evidenzia l'importanza della dignità non solo dei pazienti ma anche
degli stessi operatori sanitari.
“Dignity Care” è una rete internazionale di organizzazioni, enti e
ospedali che sostengono il principio della “dignità come valore di
cura” e lo fanno promuovendo quei programmi e quei processi che
possono portare a un cambiamento sul piano per l’assistenza.
3.2. Agenzia Continuità Ospedale Territorio: Normativa
Istituzionale.
L'istituzione dell’Agenzia Continuità Ospedale Territorio è stata
prevista nella Delibera GRT n.1010 del 01/12/2008. L'ACOT è
costituita da un’équipe socio sanitaria dove cooperano il Medico di
comunità, l’infermiere, l'assistente sociale, il fisiatra oppure il geriatra
e, svolge il suo lavoro all'interno del presidio ospedaliero.
L'Agenzia Continuità Ospedale Territorio, nasce per favorire
37
l'integrazione tra le attività dei vari servizi ospedalieri e socio sanitari
territoriali nel momento in cui il paziente fragile viene definito stabile,
in modo da garantirgli una continuità nelle sue dimissioni grazie alla
programmazione della stessa.
L'ACOT incentiva l'uso degli strumenti handover standardizzati al
momento della fase di dimissione complessa dell'utente, in modo da
poter garantire uno scambio di informazioni atte a tutelarlo durante il
suo percorso ospedaliero. Tali strumenti sono specificati nella
Delibera n.679 del 12-07-2016, in particolare, nel punto n.28 oltre a
sottolineare i compiti dell’Agenzia Continuità Ospedale Territorio
viene presentata la nuova modulistica per la valutazione
multidimensionale del paziente con dimissione complessa.
La scheda sociale, di interesse per il lavoro dell’assistente sociale,
viene mostrata nell’Allegato A.
Nella Zona del Valdarno, in specifico, è stato adottato un regolamento
per delineare i ruoli e le funzioni a cui ogni singolo operatore si deve
attenere nel momento di una dimissione difficile, la procedura prevede
la gestione di queste, mediante l'attivazione dell'Agenzia Continuità
Ospedale Territorio. In tale regolamento è posto l’accento sui ruoli che
l'ACOT ricopre:
• Gestire il percorso delle dimissioni ospedaliere, con particolare
riguardo per quelle definite “difficili”.
• Programmare l'accesso all'offerta assistenziale territoriale
attraverso un collegamento costante con i Medici di Medicina
Generale, con cui viene condivisa la strategia di percorso.
• Garantire attraverso un adeguato check-out la gestione ottimale
dei pazienti al momento della dimissione.
• Mantenere collegamenti sistematici con Pronto Soccorso,
reparti di degenza, Centrale operativa 118, Farmaceutica
38
territoriale e ospedaliera, strutture intermedie, territoriali,
R.S.A., strutture riabilitative.
• Favorire l'integrazione tra il Presidio Ospedaliero e
l'organizzazione Socio-sanitaria del territorio, in particolare con
la rete dei Punti Unici di Accesso (P.U.A) e con le funzioni
dell'Unità di Valutazione Multidisciplinare (U.V.M.).
• Il MMG attiva tutte le procedure di propria competenza atte a
facilitare la realizzazione del Piano terapeutico assistenziale
elaborato in collaborazione con l'agenzia.
• L'ACOT condivide con il MMG la formulazione del piano
assistenziale personalizzato, nell’ottica di valutazione UVM, e
la programmazione del percorso post-dimissione in accordo con
la struttura di degenza, trascrivendone e firmandone i contenuti
nella scheda prevista.
(Regolamento ACOT Zona Valdarno)
3.3. Dall'ingresso alle dimissioni difficili.
Il momento della dimissione del malato dalla struttura ospedaliera, per
il rientro presso il proprio domicilio o per il trasferimento presso altra
struttura territoriale, come residenza assistenziale oppure ospedale di
comunità, è sempre un istante molto delicato; soprattutto quando
queste interessano gli utenti fragili, ovvero quei pazienti in età
avanzata con condizioni di salute precarie, a rischio perdita della
propria autosufficienza e spesso, a causa anche della attuale situazione
finanziaria, con problemi di tipo socio-economico.
Le fasi del percorso assistenziale delineate nella “Procedura per la
gestione delle dimissioni difficili mediante l'attivazione dell'ACOT”
della Usl 8, viene suddiviso in varie fasi.
• Fase 1: Segnalazione caso complesso.
39
Il Case Manager, che in questo caso viene identificato con l'infermiere
responsabile del reparto di degenza, comunica i soggetti “fragili” che
individua personalmente o che gli vengono segnalati e dispensa loro la
Scala di Flugelman dove vi ritroviamo, oltre agli aspetti sanitari anche
i bisogni sociali ed assistenziali dell'utente.
Dalla somministrazione di questa scala sono poi tratte delle
considerazioni socio-sanitarie e, nel caso in cui emergono dimissioni
difficili, queste sono poi fatte presenti all′ Agenzia Continuità
Ospedale Territorio.
• Fase 2: Valutazione caso complesso
Una volta preso atto dei casi difficili l'Agenzia controlla se vi fosse
una precedente presa in carico territoriale del paziente e se esiste la
presenza di un eventuale PAP (Piano di Assistenza Personalizzato).
I casi complessi sono poi valutati sia durante la riunione di équipe, sia
durante le visite nei reparti che l'ACOT svolge con cadenza
bisettimanale, in modo da poter ottenere maggiori informazioni sulle
condizioni di salute, sui bisogni assistenziali, sul contesto socio-
familiare, sulle probabili difficoltà della gestione al rientro al
domicilio dei pazienti che sono stati “definiti” casi complessi. Le
riunioni che si tengono all'interno dei reparti sono fondamentali per
vedere fisicamente il paziente che viene segnalato e per individuare
insieme al medico responsabile del reparto, il percorso di assistenza
personalizzato, le persone che verranno in seguito spostate
temporaneamente dal reparto di degenza al MO.DI.CA. (Modulo di
Continuità Assistenziale) e, per predisporre i percorsi post-
dimissione.
• Fase 3: Programmazione ed implementazione percorso post-
dimissione.
L'accesso al programma dell'offerta per l’assistenza territoriale è
40
convenuto dall'ACOT o dall'UVM attraverso uno stretto collegamento
con i MMG, gli operatori del reparto dove il paziente è ricoverato, i
servizi sociali territoriali, i servizi infermieristici territoriali e la
famiglia del paziente.
Una volta comunicata la data delle dimissioni, l’Agenzia Continuità
Ospedale Territorio prende in carico il passaggio del paziente
dall'assistenza ospedaliera a quella territoriale, assicurando la
continuità assistenziale all'utente e sostenendo la famiglia come in
precedenza concordato attraverso il Piano Assistenziale
Personalizzato.
Nella figura 4 viene riportato il diagramma del percorso per le
dimissioni difficili adottato presso l'Ospedale La Gruccia di
Montevarchi e presente all'interno del Regolamento dell'Agenzia
Continuità Ospedale Territorio della Asl Toscana Sud Est Zona
Valdarno.
42
3.4. Fine percorso: MO.DI.CA e Cure Intermedie, ingresso
RSA, rientro presso il proprio domicilio.
L'Agenzia Continuità Ospedale Territorio all'interno della Asl 8,
dispone di alcune risorse dove poter ricoverare in modo temporaneo o
permanente i pazienti che vengono dimessi dal reparto di degenza e a
cui occorre un ulteriore periodo di tempo di osservazione o di sollievo
per la famiglia.
Tali risorse sono:
• MO.DI.CA. (modulo di continuità assistenziale) che ha diciotto
posti letto e dove il malato può essere ricoverato dai 7 ai 10
giorni e viene assistito h24.
• Cure Intermedie situato presso la Casa della Salute di Bucine,
dispone di 6 posti letto ed i pazienti possono rimanere in
degenza per 15-30 giorni.
• Hospice situato all'interno del MO.DI.CA. Conta tre posti letti e
vi si accede in accordo con il medico specialista delle cure
palliative.
• ADI e AD sono attivate dall'Agenzia in accordo con il Medico
di Medicina Generale.
• RSA in caso di ricoveri temporanei o definitivi. I pazienti gravi
degenti presso il reparto MO.DI.CA. oppure presso le Cure
Intermedie hanno la precedenza tranne che nei casi di ricovero
programmato per sollievo.
Nello specifico, il MO.DI.CA. è un reparto dell’Ospedale La Gruccia
di Montevarchi che garantisce l’assistenza infermieristica h24, mentre
l’assistenza medica è assicurata, oltre che dal Coordinatore dei Medici
di Medicina Generale, dai Medici di famiglia degli utenti in degenza.
43
Il reparto rappresenta quindi un anello di congiunzione fra le
dimissioni difficili in fase acuta dei reparti ospedalieri e le dimissioni
vere e proprie.
Le Cure Intermedie, si trovano all'interno della RSA Fabbri Bicoli, e
sono una struttura sanitaria atta al ricovero intermedio, ovvero quel
periodo fra la fase intensiva della degenza ospedaliera o post intensiva
del ricovero in MO.DI.CA. e il rientro presso il proprio domicilio.
Le RSA presenti nel territorio del Valdarno sono nove e sono sia
organizzazioni pubbliche sia private in convenzione con l’Asl 8.
Queste strutture rappresentano sia per il malato anziano non
autosufficiente sia per la famiglia una risposta a quelle circostanze
dove non è possibile avere percorsi assistenziali domiciliari.
Il rientro al proprio domicilio rappresenta sicuramente il percorso
migliore affinché il malato recuperi in fretta la propria salute e la
propria autosufficienza anche se non in modo totale, ma al tempo
stesso, per la famiglia è un momento molto delicato e difficile da
affrontare quotidianamente che può creare disagi e difficoltà, poiché si
passa da un’assistenza h24 ospedaliera a una assistenza domiciliare
ridotta, che grava principalmente solo sui familiari. Ed è proprio in
questo passaggio delicato fra ospedale e casa che è importante il
lavoro di équipe dell'Agenzia Continuità Ospedale Territorio.
3.5. L'Assistente Sociale nell'ACOT: il lavoro per progetti.
L'assistente sociale all'interno dell'Agenzia Continuità Ospedale
Territorio svolge un lavoro in un ambiente molto particolare, è a
contatto con il dolore sia dei malati sia delle loro famiglie
costantemente e per ogni persona che incontra, che ha bisogno del suo
aiuto, l'assistente sociale sa che ha di fronte a sé, soprattutto degli
individui unici nel loro essere, che vivono i loro momenti di fragilità
44
in modo molto diverso, e per ognuno di essi, il professionista deve
saper “cucire” addosso un progetto individualizzato che riesca a
sostenere il paziente nel suo percorso sia all'interno della struttura
ospedaliera, sia nel momento delle dimissioni, aiutandolo a prendere
coscienza della sua momentanea situazione di disagio che sta vivendo.
Il progetto personalizzato rappresenta quindi la fase conclusiva del
processo di aiuto, che inizia nel momento dell'incontro fra l'assistente
sociale e il malato. Una relazione di aiuto che può portare proprio per
la particolarità dell’ambito lavorativo, a mettere a dura prova
l’assistente sociale e le sue emozioni, mettendolo molto spesso di
fronte al rischio burnout.
E' importante quindi che “i percorsi di cura tendono a divenire progetti
individualizzati di intervento e non semplici prestazioni assistenziali;
l'operatore non può che costruirli con la persona partendo dal racconto
dei suoi bisogni, delle sue esigenze, sedendosi a fianco a lei,
ascoltandola, rispettando con pazienza i suoi ritmi, riconoscendo il suo
valore e la sua dignità di persona. Si tende quindi a riaffermare
nell'operatività professionale la necessità della valorizzazione della
centralità della persona, della sua autonomia, della sua capacità reale
di scelta attraverso il sostegno ed il monitoraggio di un percorso di
“cura” condiviso.” (Dal Pra Ponticelli, 2004).
“L'operatività dell'assistente sociale, dunque, si traduce in un metodo
di lavoro per progetti dove l'operatore predispone, insieme alla
persona, un piano assistenziale personalizzato finalizzato a un
miglioramento della qualità della vita e non più solo alla soddisfazione
di un determinato bisogno” (Dal Pra Ponticelli,2006).
45
Fig. 5 Schema metodologico di progetto personalizzato.
PERSONA-CONTESTO/AMBIENTE
EVENTO PROBLEMATICO
VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE
PROGETTO PERSONALIZZATO DI INTERVENTO
L'intervento dell'assistente sociale è sempre, anche all'interno del
contesto ospedaliero, finalizzato ad un’ottica trifocale che vede
interagire fra loro la persona e la sua famiglia, il territorio e
l'organizzazione dei servizi.
3.6. Esperienze di tirocinio.
Di seguito saranno descritti due casi che ho avuto modo di seguire
durante il tirocinio del 3° anno svolto presso l'Unità Funzionale Alta
Integrazione del Distretto di San Giovanni Valdarno insieme al mio
tutor, l'Assistente Sociale Fulvio Fontana.
• Caso 1
Uomo del 1962, ricoverato presso il reparto CRT dell'Ospedale La
Gruccia di Montevarchi a seguito di infarto ed episodi di ischemia,
viene segnalato all'ACOT dal reparto sia per le condizioni sanitarie
difficili, sia per la situazione familiare complessa.
L'assistente sociale dell'ACOT, in accordo con gli altri membri
dell'équipe, decide di convocare il collega di riferimento del Comune
di Cavriglia, poiché qui risulta l'ultima residenza ufficiale dell'uomo,
in modo da fare un colloquio con il degente, il quale a causa della
46
malattia si trova in carrozzina e fatica molto sia a parlare sia a farsi
capire.
A.A. cerca di spiegarci la situazione sia lavorativa (è operaio presso
una ditta di vetreria della zona) sia familiare. L'utente è, infatti,
separato e deve dare circa metà stipendio per coprire gli alimenti del
figlio non ancora maggiorenne, ci racconta anche che in questo
momento non ha una fissa dimora, e che provvisoriamente si appoggia
alla nuova compagna che a sua volta è ospite di alcuni amici in un
paese della zona.
Terminato il colloquio, facendo il punto della situazione, l’assistente
sociale del Comune ci riferisce che dopo la separazione dalla moglie,
affetta da SLA, e la morte di entrambi i genitori in tempi brevi,
l'utente ha avuto un crollo emotivo, sembra infatti, che nell'ultimo
periodo abusasse di alcool e non avesse una fissa dimora; la collega
inoltre, ci racconta che ha dormito prima in macchina poi da alcuni
amici e infine dall’attuale compagna, la quale però, nella complessità
della situazione, non può essere molto di aiuto principalmente perché
anche lei è ospite presso amici e poi perché lavora in fabbrica tutto il
giorno e non potrebbe quindi sopperire alle esigenze dell'utente.
L'assistente sociale di Cavriglia ci informa che è presente una zia
dell'utente con la quale in precedenza, dopo la morte della mamma,
A.A. non aveva più contatti e che solo per caso è venuta a conoscenza
del ricovero del nipote in Ospedale la quale però sembra essere al
momento molto presente. Viene concordato che l’assistente sociale
del territorio chiamerà a colloquio la zia alla quale sarà proposto di
avviare la procedura per l'assegnazione dell'amministratore di
sostegno al fine di definire meglio il quadro economico dell'utente, in
quanto sembra che vi siano situazioni debitorie aperte.
Nelle riunioni settimanali con il personale del CRT, siamo informati
47
che l'utente sta facendo miglioramenti e che probabilmente a breve
sarà dimesso, è lo stesso medico del reparto che ci evidenzia
l’importanza, al fine di garantire una nuova ripresa e una continuità
assistenziale al paziente, di trovare una struttura idonea prima del
rientro presso il domicilio.
Nella riunione di équipe dell'ACOT viene concordato inoltre, che
l'assistente sociale dell'Agenzia organizzi un ulteriore colloquio con la
collega di riferimento e con la zia dell'utente per fare un nuovo punto
sulla situazione dell'utente che, a distanza di giorni sta migliorando sia
dal punto di vista motorio sia dal punto di vista cognitivo. Durante la
riunione si propone il trasferimento presso una struttura convenzionata
situata nel Comune di Bibbiena “Il Villaggio della Consolata”, una
struttura dotata di personale h24 dove è presente una palestra per la
riabilitazione, fondamentale per la sua ripresa. La zia mostra molte
perplessità sulla scelta perché principalmente questa si occupa di
soggetti psichiatrici e, non ritiene opportuno l'inserimento del nipote,
il quale messo a conoscenza del target di persone presenti, mostra dei
dubbi ma, dopo avergli fatto presente che nella zona non vi sono
strutture idonee per la sua situazione in quanto a lui serve una degenza
lunga con fisioterapisti e logopedisti per ottimizzare la sua ripresa,
non fa obbiezioni.
L'assistente sociale dell'Agenzia Continuità Ospedale Territorio
prende quindi contatti con i responsabili della struttura che
compiranno, presso il reparto CRT dell'Ospedale La Gruccia di
Montevarchi, un colloquio conoscitivo per valutare la possibilità di
prendere presso la loro struttura il nostro utente. A fine colloquio è
fissato l'appuntamento per eseguire il PARG dove saranno presenti
A.A., la zia, l'assistente sociale del Comune, la Coordinatrice del
PARG, l'assistente sociale dell'ACOT, due responsabili della struttura
48
di Bibbiena i quali fanno subito delle domande all'utente per capire
bene quale sia il suo grado di autonomia. A.A., ancora in carrozzina,
ha una buona autodeterminazione, in queste settimane ha fatto
notevoli progressi, ha iniziato a riacquistare il movimento della parte
più colpita dall'ischemia, è migliorato nel parlare, riesce a fare le
scale.
La zia, concorde nel trasferimento ma ancora scettica sul fatto che
questo tipo di struttura sia adeguata alla ripresa del nipote, evidenzia
l’importanza di spiegare bene ad A.A. in che tipo di struttura verrà
trasferito. I responsabili ci assicurano che lui avrà una camera singola,
continuerà a fare fisioterapia e a fare esercizi con il logopedista per
assicurargli una continuità nella sua ripresa e cercare di raggiungere
un percorso di vita il più autonomo possibile.
Il PARG termina quindi con il progetto approvato e con l'ingresso
entro pochi giorni all’interno del Villaggio della Consolata, dove il
nostro utente avrà modo di migliorare ulteriormente e dove vi resterà
all'incirca fino alla fine dell’anno.
• Caso 2
B.B. è un anziano non autosufficiente affetto da esiti di ictus e
sindrome di immobilizzazione, obeso, disorientato, si trova ricoverato
presso il reparto di Medicina dell'Ospedale La Gruccia di
Montevarchi, che ci segnala il caso sia per la situazione sanitaria sia
per la situazione familiare complessa. Si decide quindi di
programmare il trasferimento presso il reparto MO.DI.CA.
La famiglia è già conosciuta ai servizi sociali del Comune di
Terranuova Bracciolini per vicende riguardanti i figli dei Signori
entrambi deceduti per tossicodipendenza in giovane età e perché in
passato, l’utente ha usufruito sia dell'assistenza domiciliare,
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dell'ingresso in RSA, e del contributo alla famiglia ancora attivo.
Durante il colloquio che la moglie dell'utente ha con l'équipe
dell'ACOT, chiede di poter aumentare i giorni di degenza presso il
reparto MO.DI.CA. perché sono in corso dei lavori di ristrutturazione
della casa per abbattere le barriere architettoniche presenti e poter così
gestire ed occuparsi del marito presso la loro abitazione.
Nella riunione di équipe sugli aggiornamenti dei casi è quindi deciso,
da tutti i membri, di convocare la moglie, la nuora e la signora che
sembra aiutare la donna a casa e in ospedale.
L'assistente sociale dell'Agenzia si mette in contatto con la collega
territoriale di riferimento e viene quindi organizzato il colloquio.
Viene ulteriormente evidenziato che le condizioni mediche di B.B.
siano notevolmente peggiorate e che questo comporta quindi, un
grande carico di assistenza che graverà principalmente sulla moglie
una volta a casa.
La Signora è sicuramente un buon cargiver ma è visibilmente provata,
sia fisicamente sia psicologicamente, da questa situazione e ha
bisogno di un sostegno psicologico che la aiuti ad accettare il
peggioramento del coniuge.
Durante il colloquio, sia l'assistente sociale dell’Agenzia sia il medico
responsabile dei medici di famiglia, evidenziano la gravità della
situazione ma la donna più volte sottolinea di voler riportare a casa
propria il marito, dicendo che troverà delle persone per aiutarla
nell'igiene quotidiana dell'utente ma che non ha intenzione di inserirlo
in RSA. Non è stato semplice far riflettere la donna sulla complessità
in cui si era evoluta la situazione del marito.
A fine colloquio, la Signora, accetta sia di valutare la proposta di
assistenza h24 al domicilio sia di inserire il marito in graduatoria per
entrare in modo definitivo in RSA quindi, si procede all’inserimento
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nelle graduatorie delle liste di attesa, con priorità poiché in dimissioni
ospedaliere, come stabilito dal regolamento adottato.
B.B. verrà dimesso dal reparto e portato presso la propria abitazione.
Le condizioni del paziente, purtroppo si aggraveranno e verrà di
nuovo ricoverato presso il reparto di Medicina dell'Ospedale la
Gruccia di Montevarchi, da qui sarà nuovamente segnalato all'ACOT.
Durante il colloquio è evidente come la moglie sia peggiorata
fisicamente e crollata emotivamente, ed è sempre più consapevole di
non essere in grado di gestire a casa il marito. Chiede quindi la
possibilità di inserire in struttura B.B. in modo definitivo.
L'Agenzia, vista la complessità del caso, ritiene opportuno l'ingresso
in RSA e l'assistente sociale, medierà il passaggio dal reparto di
medicina alla struttura, in modo che la Signora possa avere un
concreto aiuto e l'utente possa ricevere adeguate cure mediche.
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Conclusioni
Il report della Asl Toscana Sud Est al 30 ottobre 2016, riferisce che
sono quasi duemila i pazienti che fra il 2015 ed il 2016 risultano
essere stati in carico dall'Agenzia Continuità Ospedale Territorio. Il
target di interesse dell' ACOT, sono per il 90% pazienti che hanno
più di 65 anni e, nel caso di ultraottantenni, questi sono
prevalentemente utenti affetti da patologie croniche; il 65% circa
presenta limitazioni funzionali o disabilità e, per circa il 10% sono
persone che vivono soli, senza alcun sostegno o solo con l'aiuto di
persone conoscenti; ad esempio nel 2015, il 60 % dei pazienti presi in
carico ha potuto continuare le cure a domicilio e il 40% ha fatto
ricorso all'assistenza residenziale.
La riforma sanitaria avvenuta con la L.833/1978, ha come fondamento
il diritto alla salute, da qui sono andate poi delineandosi nel tempo, sia
le prestazioni sociosanitarie, sia la presenza dell’assistente sociale
all’interno della struttura ospedaliera.
Fondamentale, nella crescita dal punto di vista sociale, del rapporto fra
sanitario-sociale e pazienti, è stato l'apporto del servizio sociale con il
suo valore fondamentale che vede l'uomo nella sua unicità, questo ha
permesso di considerare la persona degente nella sua complessità fatta
dalle sue fragilità e dalla sua forza, dai suoi cambiamenti di umore
dovuti all'evolversi della malattia che, non essendo statica, pone
l'utente di fronte a numerose prove sia fisiche che mentali.
La presenza dell’assistente sociale è risultata fondamentale per
coordinare e mediare i progetti individuali, in modo che il malato sia
posto al centro del suo bisogno. La funzione programmatoria viene
ben evidenziata all’interno dell’équipe multiprofessionale
52
dell’Agenzia Continuità Ospedale Territorio.
All'interno dell'équipe multidisciplinare dell'Agenzia, il lavoro
sanitario si fonde con quello sociale e anello di congiunzione è
l'assistente sociale che, attraverso gli strumenti in uso alla sua
professione accompagna i pazienti e le loro famiglie nel loro percorso
di cura.
Nella realtà ospedaliera, l’assistente sociale, si trova molto spesso di
fronte a situazioni molto complesse e, solo facendo riferimento agli
strumenti, ai valori, ai principi ed agli atteggiamenti in uso al servizio
sociale può aiutare concretamente il paziente, senza calpestarne la
dignità e, supportandolo durante tutto il suo percorso assistenziale,
fatto di alti e bassi, non facendolo sentire mai solo.
Altro tema importante, oltre alla dignità della persona è il rispetto.
Questo concetto troppo spesso dimenticato, non solo in ambito socio
assistenziale ma anche nella vita quotidiana. Rispettare la persona,
vuol dire farle evitare situazioni sgradevoli durante il ricovero, vuol
dire ascoltare il suo bisogno, vuol dire lasciare che la persona che
abbiamo di fronte, pur nella sofferenza, scelga come continuare a
vivere la propria vita.
Il rispetto però è fondamentale anche fra professionisti, sia che essi
facciano parte della stessa Agenzia, sia fra questi ed il personale dei
vari reparti.
Tutti questi valori, concorrono a rendere sia i servizi sociali, sia i
servizi socio assistenziali più umani; rende più umana una prestazione
oppure un servizio significa che la persona nel momento del bisogno
potrà contare sulla competenza dei professionisti, su una struttura
adeguata alle sue esigenze e, su degli operati coscienti di svolgere una
professione di aiuto e capaci di far sentire il paziente “bene” durante
tutto il periodo di ricovero.
53
Personalmente, credo la presenza dell’assistente sociale all’interno
dell’Ospedale sia importante per garantire ai pazienti, attraverso la
fusione del sanitario e del sociale insieme, la loro continuità socio
assistenziale. Obbiettivo comune sarà mettere la persona, nella sua
totalità, prima di tutto e, per fare questo occorre una visione più
sociale del malato, rispettando prima di tutto l’uomo nella sua dignità
di paziente, nel suo dolore, nei suoi momenti di negazione della
malattia e, aiutando la famiglia nel percorso di accettazione del
malato, sostenendola.
Durante il tirocinio presso l’Agenzia Continuità Ospedale Territorio,
ho visto la professionalità di molti ma, ho anche visto come spesso, la
mancanza di una chiara comunicazione, fra reparti o fra i reparti e
l’Agenzia, porti ad un mal funzionamento del servizio, a discapito
solo degli utenti.
La presenza del reparto MO.DI.CA. come passaggio fra le dimissioni
ed il rientro, molto spesso in RSA, sottolinea come al suo interno, si
trovino soprattutto anziani e, di questi, la maggior parte una volta
dimesso fa rientro in struttura e non al proprio domicilio; infatti,
nonostante i contributi ai familiari, sono sempre di più le famiglie che
preferiscono il ricovero presso la struttura al rientro a casa,
probabilmente perché non si sentono in grado di gestire nel quotidiano
il malato e, credo che tutto ciò sia dovuto al fatto che, troppo spesso,
queste persone non sono ben informate o sono state lasciate sole.
Posso concludere questo mio percorso universitario, ritenendomi
soddisfatta per entrambe le mie esperienze di tirocinio, sia quella di
questo ultimo anno, sia quella precedente presso la Fondazione
Territori Sociali Altavaldelsa, in quanto sono state entrambe molto
importanti, credo anche di essere stata fortunata nel trovare in
entrambi i casi, due assistenti sociali tutor capaci di trasmettermi la
54
passione verso questo lavoro e insegnarmi a guardare oltre i miei
sentimenti per cercare di aiutare al meglio la persona che mi troverò di
fronte.
55
ALLEGATO A: Scheda sociale per la valutazione
multidimensionale del paziente con dimissione complessa.
56
Bibliografia
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Sitografia
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Normativa
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• Legge 328/200 “Legge quadro per la realizzazione del sistema
58
integrato di interventi e servizi sociali”.
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• Decreto Ministeriale 13/09/1988 “Determinazione degli standard del
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• L.R. 84 del 28/12/2015 “Riordino dell’assetto istituzionale e
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gestione delle liste di attesa.
• Procedura per la gestione delle dimissioni difficili mediante
l’attivazione dell’Agenzia per la Continuità Ospedale e Territorio
della Zona Distretto Valdarno.
• Regolamento Agenzia Aziendale per la Continuità Ospedale
Territorio (ASL 8).
• Ministero della salute “Funzioni del servizio sociale professionale in
sanità”29/10/2010.