“Il RUOLO COMPETENZE E RESPONSABILITA” aspetti medico-legali della professione infermieristica...

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“Il RUOLO COMPETENZE E RESPONSABILITA” aspetti medico-legali della professione infermieristica Profilo professionale dell’infermiere Consenso ed informativa sui trattamenti sanitari Tutela della riservatezza e segreto professionale Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali Dr.ssa Annalia Del Monaco Dirigente medico ASUR Zona7 Responsabile U.O. Medicina Legale Centro

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“Il RUOLO COMPETENZE E RESPONSABILITA”

aspetti medico-legali della professione infermieristica

Profilo professionale dell’infermiereConsenso ed informativa sui trattamenti sanitariTutela della riservatezza e segreto professionale

Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali

Dr.ssa Annalia Del MonacoDirigente medico ASUR Zona7

Responsabile U.O. Medicina Legale Centro

“Conoscere la propria storia è la radice ed il cuore

dell’identità”

“Ognuno con ogni diligentia possibile si guarderà di non trattare li poveri

Infermi con mali portamenti, cioè usandoci male parole, et altre cose simili, ma

più presto trattare con mansuetudine et charità...”

(San Camillo De Lellis)

Il Profilo professionale dell’infermiere

La Legge 26/02/99 n°42 recante “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” ha abrogato il mansionario di cui al DPR 225/74.

DM.14/09/94 n°739 art.1 comma 1 ”L’infermiere è l’operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”comma 2 ”L’assistenza infermieristica preventiva,curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa”

Le competenze dell’IP sono definite dal profilo professionale, dagli ordinamenti didattici e dal codice deontologico.

DM739/94 art.1 comma3 “L’infermiere:

a) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività;

b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi;

c) pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico;

d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;

e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali

f) per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto;

g) svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell’assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale.

L’infermiere professionale ha una sua autonomia ed un suo ambito proprio di responsabilità puntualmente

individuato dal profilo professionale e sarà chiamato a rispondere direttamente delle proprie azioni, non più orientate al compimento di un atto tecnico quale uno di quelli individuati nel mansionario, bensì orientate al

risultato assistenziale con le inevitabili conseguenze in sede penale, civile, disciplinare.

Anche nel codice deontologico vengono esplicitate le qualità formali e l’oggetto dell’attività professionale.

DM 739/94

Inquadramento giuridico dell’attività infermieristica

Codice deontologico

L’infermiere dipendente, in quanto responsabile dell’assistenza, svolge un’attività tecnica per incarico dell’azienda sanitaria, attività svolta per soddisfare i bisogni dei cittadini e di cui lo Stato ha assunto la tutela, perciò, agli effetti della legge penale, assume la qualifica giuridica di …..

Nel caso fosse autorizzato a svolgere la libera professione nei confronti di clienti privati (intramoenia) potrebbe assumere la qualifica di esercente un servizio di pubblica necessità.

L’infermiere dipendente, in quanto responsabile dell’assistenza, svolge un’attività tecnica per incarico dell’azienda sanitaria, attività svolta per soddisfare i bisogni dei cittadini e di cui lo Stato ha assunto la tutela, perciò, agli effetti della legge penale, assume la qualifica giuridica di incaricato di pubblico servizio.

Nel caso attenda a funzioni direttive può assumere la qualifica di pubblico ufficiale.

Art. 357 c.p. “Sono pubblici ufficiali coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa. E’ pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi”

Pubblica funzione: attività alla quale sono collegati i poteri dello Stato o di altro Ente pubblico, compresa nella sfera legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Art. 358 c.p. “Sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione d’opera meramente materiale”

Pubblico servizio: attività tecnica, a prevalente carattere d’impresa che lo Stato o altro Ente svolge direttamente o per mezzo di persone incaricate, allo scopo di soddisfare i bisogni utili alla collettività ed agevolare i cittadini al conseguimento dei loro scopi (SSN, poste, telecomunicazioni, ferrovie, elettricità, acqua, luce e gas).

La differenza tra pubblica funzione e pubblico servizio non ha nulla in comune con la nozione di pubblico impiego, ma consiste nella natura

dell’attività esercitata e nella sua finalità.

Agli effetti della legge penale sono invece esercenti un servizio di pubblica necessità (art.359 c.p.) “I privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi; i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della Pubblica Amministrazione”

Servizio di pubblica necessità : attività socialmente utile che non si riferisce direttamente, né indirettamente allo Stato o altro Ente pubblico, ma viene svolta da liberi professionisti, abilitati ad esercitare la professione libera, alla cui opera ricorre il pubblico in caso di bisogno.

L’infermiere dipendente potrebbe essere chiamato, in qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, a rispondere

del reato di omissione di atti d’ufficio?

Ed ancora in quale condizione potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di rivelazione di segreto d’ufficio?

L’infermiere dipendente potrebbe essere chiamato, in qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, a rispondere del reato di omissione di atti d’ufficio (art.328 c.p.), per omessa informazione al pz sull’assistenza da lui prestata.

Ed ancora essere chiamato a rispondere del reato di rivelazione di segreto d’ufficio (art.326 c.p.) nel caso rivelasse notizie d’ufficio che devono rimanere segrete o ne agevolasse in qualche modo la conoscenza.

Codice deontologico dell’infermiere

Oggetto dell’attività professionale dell’infermiere

Il codice deontologico precisa che l’infermiere “ è responsabile dell’assistenza infermieristica” e che tale attività è “servizio alla persona ed alla collettività attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura tecnica, relazionale ed educativa”

Dovere di tutelare la salute

Per l’infermiere vengono esplicitate le differenti forme dell’intervento assistenziale:•specificità•autonomia•complementarietà

Art.2.1 codice deontologico ”il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per l’assunzione della responsabilità delle cure infermieristiche”

In caso di volontà profondamente in contrasto con i principi etici della professione e con la coscienza

personale

Obiezione di coscienza

art.5.3 codice deontologico ” L’infermiere ha il dovere di autovalutarsi e di sottoporre il proprio operato a verifica, anche ai fini dello sviluppo professionale”

Art.3.1 codice deontologico “L’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua competenza. L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze valide ed aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l’assistenza più efficaci.L’infermiere partecipa alla formazione professionale, promuove ed attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati, al fine di migliorare l’assistenza infermieristica”

art.5.1 codice deontologico “L’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori, di cui riconosce e rispetta lo specifico apporto all’interno dell’èquipe…”

Art.4.2 codice deontologico “L’infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all’assistito di esprimere le proprie scelte.”

Art.6.1 codice deontologico “L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l’equo utilizzo delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.”

Quello descritto dal codice è dunque un professionista che si fa carico dell’assistenza ed è impegnato a promuovere iniziative utili per migliorare la risposta assistenziale.

Il codice deontologico dell’infermiere individua un percorso comune per il professionista e per il cittadino, pur essendo entrambi titolari di diritti (libertà ed indipendenza della professione e rispetto dei diritti della persona), per valutare insieme i bisogni assistenziali.

L’art.4 del codice deontologico darà le indicazioni operative assegnando al professionista la competenza di:

•individuare i bisogni assistenziali,•ascoltare, informare, sostenere la persona nelle scelte terapeutiche•tutelare la riservatezza delle informazioni relative alla persona,•garantire la continuità assistenziale,•promuovere le migliori condizioni possibili di sicurezza psico-fisica dell’assistito e dei familiari,•rilevare maltrattamenti o privazioni ed allertare, ove necessario, l’autorità competente.

Art.1.3 codice deontologico “La responsabilità dell’infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”

Il codice deontologico ha valore di regolamento interno del corpo infermieristico, costituito nel corpo professionale, che gli iscritti all’albo sono tenuti ad osservare nell’esercizio della loro attività.

Il codice deontologico non ha in Italia valore di legge, alla quale il professionista sia obbligato a sottostare per imposizione dello Stato, ma non è neppure una semplice dichiarazione di principi liberamente accettabile nel rapporto professionista della salute - paziente

I Collegi Ipasvi esercitano il potere disciplinare e comminano sanzioni in caso d’inadempienza.

L’inosservanza delle norme deontologiche, oltre alle sanzioni disciplinari, può risolversi in un addebito di

colpa specifica penalmente rilevante ai sensi dell’art.43 del c.p. perché viene a configurare la

trasgressione di regolamenti appositamente dettati per disciplinare la condotta professionale dei destinatari e prevenire le conseguenze dannose per la salute degli

assistiti.

Tutela della salute, informazione e consenso

Altra fonte di legittimità dei trattamenti sanitari sono le leggi ordinarie dello Stato mediante le quali è previsto, autorizzato, disciplinato e finanziato il SSN (L.833/78)

Costituzione della Repubblica art.32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”

Costituzione della Repubblica art. 13 “La libertà personale è inviolabile”

Art.50 c.p. “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della

persona che può validamente disporne”

La salute è un diritto tutelato

L’attività sanitaria non è legittima per sé stessa, ma lo diventa se risponde alla domanda di salute dell’interessato e ne rispetta la libertà di scelta.

Art.5 c.c. “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge o al buon costume”

L’attività sanitaria trova legittimità nel consenso dell’interessato. Può essere lesiva di un bene disponibile, la integrità fisica, ma il professionista opera a tutela di questo bene, dopo aver fornito adeguata informazione al titolare del bene ed aver ottenuto il consenso al trattamento.

Non quella relativa all’atto medico, ma quella che riguarda il suo specifico ambito professionale, ossia l’assistenza infermieristica prestata.

N.B. E’ importante perseguire una reale collaborazione tra tutti gli operatori dell’èquipe e le decisioni sulle modalità di rendere le informazioni al pz vanno prese nell’ambito dell’èquipe medesima.

Che tipo d’informazione dovrà dare l’infermiere al paziente?

• completa, comprensibile, esplicita • diritto soggettivo del cittadino-utente• atto funzionalmente collegato alla tutela della salute e prestazione sanitaria essa stessa• doverosa anche quando non sia orientata ad ottenere il consenso e non comporti conseguenze dirette sullo stato psico-fisico del pz

Perciò è più corretto parlare di informazione e consenso piuttosto che di consenso informato.

Informazione al paziente

Legge 28/03/01 N°45 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina, fatta a Oviedo il 04/04/97, nonché del Protocollo addizionale del 12/01/98 N°168, sul divieto di clonazione di esseri umani”

art. 10 Vita privata e diritto all’informazioneart. 5 e art.6 Consenso e tutela delle persone che non hanno la capacità di dare il consenso

Fonti giuridiche e deontologiche del dovere di informare ed acquisire il consenso

“Patto infermiere – cittadino” dichiarazione d’intenti stipulata il 12/05/96 ai punti 5 e 10 recita:

Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a:• fornirti informazioni utili a rendere più agevole il tuo

contatto con l’insieme dei servizi sanitari• individuare i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te,

proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi.

Fonti giuridiche e deontologiche del dovere di informare ed acquisire il consenso

Codice deontologico dell’infermiereArt.4.2 “L’infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all’assistito di esprimere le proprie scelte”Art.4.5 “L’infermiere nell’aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinchè la persona disponga d’informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato”Art.4.11 “L’infermiere si adopera affinchè sia presa in considerazione l’opinione del minore rispetto alle scelte terapeutiche, in relazione all’età ed al suo grado di maturità”

Fonti giuridiche e deontologiche del dovere di informare ed acquisire il consenso

Art.328 c.p.Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione Il pubblico ufficiale, o l’incaricato di pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di… igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

I professionisti della salute dipendenti da enti pubblici che svolgono una pubblica funzione o sono incaricati di un pubblico servizio possono essere chiamati a rispondere, per omessa informazione al pz, di omissione d’atti d’ufficio.

Fonti giuridiche e deontologiche del dovere di informare ed acquisire il consenso

Tribunale di Pordenone 18/03/92 “L’informazione al pz costituisce una vera integrazione della prestazione sanitaria finalizzata alla tutela della salute e trova in tale diritto (art.32 della Costituzione) il suo fondamento.Essa è parte integrante della prestazione medica primaria e nei confronti di essa il pz vanta un diritto soggettivo perfetto. Nella fattispecie il medico aveva l’obbligo di fornire le informazioni sul reale andamento della gravidanza richieste dai coniugi; il rifiuto di informazioni che il medico omise volutamente di indicare, alla 30esima settimana di gestazione, la presenza di gravi malformazioni fetali, appare indebito”

Anche la giurisprudenza ha confermato il dovere d’informare il paziente.

E’ necessario fornire informazioni su:•modalità di esecuzione•finalità•eventuali effetti collaterali dell’assistenza

in modo che il pz possa accettare o rifiutare quanto gli viene proposto.

A quale grado di dettaglio occorre spingere l’informazione?

Il consenso del pz può essere giudicato valido se:

• libero • personale e reale• consapevole• specifico• revocabile• informale

Legge 833/78 “Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari”

Il consenso è valido se:

•relativo a bene disponibile•raccolto in forma scritta e firmato dal diretto interessato, ma anche registrato nella documentazione sanitaria

E’ opportuno altresì tener conto di eventuali direttive anticipate se esistenti, come pure è doveroso tener

conto della volontà del minore o maggiorenne infermo di mente

art.54 c.p. –Stato di necessità- Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Trattasi di norma scriminante non tipicamente rivolta all’attività sanitaria, ma può essere invocato dal

professionista sanitario che ha agito senza chiedere il consenso al pz.

•il consenso riguarda un bene disponibile

• la persona che esprime il consenso deve esserne legalmente capace (art.2 c.c. “Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere atti per i quali non sia stabilita un’età diversa”)

Fondamenti giuridici del consenso:Costituzione della repubblica articoli 32 e 13Codice penale art.50Codice civile art.5

Nel caso d’infermità che interferisce sulla capacità del pz di esprimere il consenso si può richiedere al giudice tutelare la

nomina dell’amministratore di sostegno?

No, se la capacità di autodeterminarsi è abolita.

Esempi: • tetraplegico impossibilitato ad attendere ai propri interessi, ma capace di attendere ai propri interessi.• malattia mentale in compenso farmacologico, insufficienza mentale lieve con una residua capacità che va preservata.

Laddove c’è totale incapacità, ossia è attinta la capacità di autodeterminarsi, la tutela più adeguata è l’interdizione.

Amministratore di sostegno

residua capacità

L’amministratore di sostegno non può agire contro la volontàdell’interessato, quindi non può dare il consenso ad un trattamento che il pz rifiuta

Legge 09/01/04 N°6 art.406 “I responsabili dei servizi sanitari e sociali impegnati nella cura e assistenza delle persone, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso all’art.407 o a fornire comunque notizia al pubblico ministero”

I Responsabili dei servizi sanitari possono fare ricorso diretto al Giudice tutelare, o, se la situazione non è così urgente, possono fare la segnalazione al PM che valuterà se chiedere amministrazione di sostegno (necessità di supporto, ma residue capacità) o interdizione.

Il Responsabile del servizio segnala al PM il quale si assumerà le indagini del caso.

C’è una disabilità, ma la famiglia si oppone ad avviare il procedimento d’interdizione.

I familiari che intendono avviare il procedimento d’interdizione sono obbligati alla difesa legale con gli oneri relativi, quindi conviene loro fare la segnalazione al PM.

Una condotta arbitraria (mancato consenso o dissenso), pur non produttiva di conseguenze dannose può integrare il delitto di:• Violenza privata o procurato stato d’incapacità• Sequestro di persona

Il consenso dell’avente diritto è il fondamento giuridico della liceità dell’attività sanitaria, infatti tale attività al pari di qualsiasi atto lesivo dell’integrità fisica, è di per sé atto antigiuridico a meno che non si svolga nel rispetto di limiti ben precisi: il limite soggettivo del consenso del pz ed il limite rappresentato dalle conoscenze tecniche.

Il professionista della salute sa che il suo operato non è insindacabile, ma deve attendersi di essere chiamato a rispondere delle proprie azioni, quando queste non siano conformi alle regole dell’arte ed abbiano conseguenze dannose per il pz

Il trattamento sanitario che produca conseguenze dannose può integrare il delitto di:• lesione personale• omicidio preterintenzionale

L’orientamento giurisprudenziale nell’ultimo decennio:

Corte di Assise di Firenze, 18 ottobre 1990 (Cassazione n. 5639 del 13 maggio 1992) Qualsiasi forma di trattamento medico-chirurgico richiede l’esplicito consenso del paziente, senza che possa avere rilevanza un consenso meramente presunto: risponde quindi del reato di lesioni volontarie (o, in caso di conseguente morte del paziente, di

quello di omicidio preterintenzionale), il chirurgo che, senza che ricorrano i presupposti dello stato di necessità, cambi il tipo di operazione e sottoponga il paziente ad intervento più cruento di quello consentito ed inizialmente intrapreso. (Cassazione sez. IV penale, 2001) “…..se durante un intervento programmato e per il quale era stato acquisito il consenso per quel tipo di intervento, viene accertata la presenza di una concomitante altra patologia non prevedibile, il chirurgo è autorizzato a eseguire anche l’intervento per questa ulteriore imprevista patologia seppur in mancanza dell’esplicito consenso, rispondendo in caso di insuccesso solo per lesioni (o omicidio) colpose, qualora venga accertata una colpa del medico…..”  

L’orientamento giurisprudenziale nell’ultimo decennio:

Cassazione 11 luglio 2002Il medico è sempre legittimato a effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alla sue cure, anche in mancanza di un esplicito consenso. E ciò in considerazione dell'intrinseca liceità penale della attività sanitaria. Ciononostante al medico è proibito intervenire in presenza di un espresso, libero e consapevole rifiuto alle terapie, chiaramente manifestato dall'ammalato maggiorenne e capace di intendere e volere. E ciò vale anche nel caso in cui l'omissione dell'intervento possa aggravare lo stato di salute dell'infermo o anche portare a morte.

La Corte di Cassazione è tornata a riconoscere legittimità al medico che interviene per salvaguardare la salute del pz affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso, mentre proibisce al medico d’intervenire in caso di dissenso.

Modulo di consenso sottoscritto dal paziente

Pur rispondendo all’opportunità di documentare l’avvenuto processo di comunicazione tra professionista della salute e pz non può essere giudicato prova corretta

ed adeguata del processo comunicativo avvenuto, né dell’effettiva comprensione dell’oggetto della

comunicazione

Può invece essere riconosciuto valore probatorio, circa l’informazione data ed il consenso ottenuto, ad

indicazioni riportate in cartella e magari reiterate durante il ricovero.

Modulo di consenso sottoscritto dal paziente

Tutela della riservatezza e segreto professionale

Costituisce segreto ciò che non deve essere

divulgato ed in particolare quel fatto o notizia che una persona vuole sottrarre alla conoscenza

di altri.Il segreto è tale se concerne una cosa attinente

alla sfera intima del soggetto (salute, onore, famiglia, credo religioso, ideologia politica etc.).Diviene un vincolo che impegna a non rivelare ciò che si è appreso confidenzialmente, oppure

per ragioni di ufficio, professione od arte.

Il segreto si dice professionale in quanto l’apprendimento di una notizia è collegato con l’esercizio della professione stessa.

Il malato, costretto a ricorrere al professionista della salute, si trova nella necessità di rendere noti fatti personali, sui quali in altre circostanze avrebbe preferito tacere.

Il segreto professionale è rilevante sia per la deontologia che per il dirittoL’obbligo di mantenere il segreto è sempre un imperativo morale, ma la rivelazione di segreto senza giusta causa è punita da norme penali.

E’ possibile rivelare ai familiari le notizie apprese dall’assistito ?

La rivelazione di notizie riservate può essere fatta con scritti, parole, cenni, gesti o allusioni mettendone al corrente persone estranee al rapporto confidenziale; è sufficiente la rivelazione ad una sola persona per tradire il segreto.

Il titolare del segreto è soltanto la persona assistita che potrebbe avere interesse a celare ai familiari taluni fatti della sua vita privata (es. contagio venereo, perduta verginità, IVG, uso di contraccettivi)

Il sanitario non è tenuto a rivelare ai genitori i segreti del minore.

Potranno essere informati i genitori o il tutore se la rivelazione venga fatta nell’interesse dell’assistito, ad esempio per consentire ai genitori del minore di esercitare il diritto di querela che a lui non compete.

Norme deontologiche

art.4.6 “L’infermiere assicura e tutela la riservatezza delle informazioni relative alla persona. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio dei dati, si limita a ciò che è pertinente all’assistenza”Art.4.8 “L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l’assistito ripone in lui”

Il codice deontologico dell’infermiere non aggiunge altro lasciando intendere come assoluto il precetto di mantenere il segreto, con possibilità di derogare solo per obbligo di legge.

Norme giuridiche

Art. 622 c.p. Rivelazione del segreto professionale “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 60.000 ad 1 milione. Il delitto è punibile a querela della persona offesa”

La violazione del segreto professionale può avverarsi in due modi: rivelando il segreto senza una giusta causa oppure impiegandolo a proprio o altrui profitto.

Rivelazione senza giusta causa

Il segreto viene comunicato a persona estranea al rapporto confidenziale, senza trovare giustificazione in una norma di diritto o in un’altra ragione plausibile (giustificazione legale, deontologica, morale) e per effetto della stessa rivelazione (nesso causale) la notizia viene divulgata a voce o per iscritto oppure, trattandosi di documenti (cartelle cliniche, esami di laboratorio) quando si permetta a persone estranee di prenderne visione.

L’impiego a proprio o altrui profitto

Il sanitario, senza rivelare ad alcuno la notizia appresa nell’esercizio professionale, cerca di trarne un utile personale, ad esempio compiere una speculazione finanziaria a vantaggio proprio e a danno del cliente dal quale ha avuto l’informazione.L’impiego a profitto altrui può aversi qualora il sanitario, senza trarre vantaggi personali, ma per pura compiacenza o per scarsa avvedutezza, risponda a sollecitazioni di terzi, interessati a conoscere le condizioni di salute di un suo cliente in vista di fidanzamenti, matrimoni, pericoli di contagio, prognosi gravi o imminenza di morte, recando con la rivelazione la possibilità di un danno al proprio assistito.

La rivelazione del segreto richiede il dolo che consiste nella volontà di rivelare un notizia che si sa essere segreta o di impiegarla a proprio o altrui profitto, con la consapevolezza di agire senza una giusta causa, prescindendo dall’intenzione di recare nocumento.Tuttavia il nocumento o la possibilità di nocumento deve sempre sussistere ed è sufficiente che dalla rivelazione sorga il pericolo anche remoto di un danno ingiusto, materiale o morale, per il titolare del segreto.

Se dalla rivelazione deriva diffamazione (art. 595 c.p.) o ingiuria (art. 594 c.p.) il sanitario risponderà anche di questi reati.

Giuste cause di rivelazione:

•legali•deontologiche•morali

La violazione del segreto non sussiste quando ricorra la giusta causa o si abbia trasmissione del segreto.

Le giuste cause legali provengono dal diritto positivo:

imperative (disposizioni di legge che obbligano il sanitario al dovere di informativa mediante denunce, referti, dichiarazioni o relazioni su fatti di natura professionale altrimenti coperti dal segreto);

scriminative (consenso, caso fortuito o forza maggiore, esercizio di un diritto o adempimento di un dovere imposto dalla legge, violenza fisica, errore di fatto, errore dall’altrui inganno, stato di necessità, legittima difesa).

Condizioni essenziali per la trasmissione di segreto:• che il passaggio di notizie sia reso necessario da motivi sanitari, organizzativi o amministrativi;• che la trasmissione avvenga col consenso dell’assistito e nel suo esclusivo interesse;• che la trasmissione avvenga tra persone abilitate a conoscere il segreto e tutte vincolate al segreto medesimo.

La trasmissione di segreto, esigenza della professione moderna, consiste nel rendere partecipi del segreto altre persone o enti interessati allo stesso caso, a loro volta vincolati al segreto per ragione di professione o ufficio.

Quando vengono a conflitto l’interesse privato del pz e l’interesse pubblico della collettività, se il sanitario decide di parlare, potrebbe giustificare la rivelazione invocando la causa socialmente rilevante.

Il segreto professionale e la testimonianza sono regolati dal codice di procedura penale (art.200 c.p.p.) che riconosce il diritto di astenersi dal testimoniare ai medici, ai farmacisti, alle ostetriche e ad ogni altro esercente la professione sanitaria.Essi non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione, né davanti all’autorità giudiziaria, né davanti ad altra autorità.

Art. 326 c.p. Rivelazione di segreti d’ufficio “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino ad 1 anno”

La rivelazione di segreti d’ufficio è punita con pene più gravi, è procedibile d’ufficio, anziché a querela di parte e ne è prevista l’agevolazione

colposa.

Quando i sanitari hanno la qualifica di pubblico ufficiale, di pubblico impiegato o di incaricato di pubblico servizio (art.201 c.p.p.) sono vincolati dal segreto d‘ufficio ed hanno l’obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che debbono rimanere segreti, tranne i casi in cui abbiano il dovere di riferire all’autorità giudiziaria (denuncia all’A.G. di reato, sia delitto che contravvenzione, procedibile d’ufficio di cui hanno avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio).

Tutela della riservatezza e trattamento dei dati personali

•Raccomandazione del Consiglio d’Europa N°81 del 23/01/81

•Raccomandazione del Consiglio d’Europa N°83 del 23/09/83

•Raccomandazione del Consiglio d’Europa N°89 del 18/01/89

•Direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa del 24/10/95

•Legge N°675 del 31/12/96

•D.Lgs N°135 dell’11/05/99

•D.Lgs 30/06/03 N°196 consolidato con Legge 26/02/04 N°45 (“Codice privacy”)

I dati comuni sono una categoria residuale in quanto il loro trattamento espone gli interessati a rischi minori (es. dati anagrafici).

I dati sensibili sono i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, le adesioni a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute o la vita sessuale degli interessati.

La legislazione italiana, in analogia con la disciplina comunitaria, distingue i dati personali in dati comuni e dati

sensibili.

Gli articoli 22 e 23 della 675/96 trattano specificamente i dati sensibili, ivi comprendendo quelli inerenti la salute, e sono stati oggetto di particolare dibattito in ambito medico e medico-legale in riferimento all’interpretazione ed alla portata degli stessi; in questi due articoli il legislatore ha astrattamente considerato categorie di soggetti, di atti o di operazioni che non riescono a ricomprendere tutte le attività e posizioni riscontrabili in ambito sanitario. Inoltre non appare facile individuare il confine tra tutela della riservatezza prevista da questa legge e quella espressa dal codice deontologico e dal codice penale in quanto i diversi piani culturale, giuridico e deontologico spesso si sovrappongono.

La stessa legge 675 richiama altresì altre problematiche relative al consenso, al diritto dell’interessato ad essere informato, alla natura e modalità d’informazione, alla comunicazione e diffusione dei dati inerenti la salute che sono disciplinate già da norme etiche, giuridiche e deontologiche.

Il comma 3 dell’art.22 specifica che il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici “è consentito solo se autorizzato da espressa dichiarazione di legge nella quale siano specificati i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite”.

Per i dati attinenti alla salute e per gli operatori e le strutture del settore (medici, infermieri, ospedali, cliniche universitarie, istituti di ricovero e cura, soggetti che hanno come fini istituzionali la tutela della salute e quindi devono necessariamente trattare dati inerenti alla salute) il legislatore che ha redatto la L. 675 ha previsto una trattazione peculiare nell’art.23 che al comma 1 prevede:“Gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici possono, anche senza l’autorizzazione del Garante, trattare i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, limitatamente ai dati ed alle operazioni indispensabili per il perseguimento di finalità di tutela dell’incolumità fisica e della salute dell’interessato. Se le medesime finalità riguardano un terzo o la collettività, in mancanza del consenso dell’interessato, il trattamento può avvenire previa autorizzazione del Garante.”

Tra le finalità di rilevante interesse pubblico (ne qualifica 17), riportate nel decreto 135/99 compare, all’art.17 la tutela della salute.

Il D.Lgs. 11/05/99 N°135 interviene a colmare la mancanza delle disposizioni, previste dall’art.22 comma3, individuando le attività di rilevante interesse pubblico.

Quindi in base alle norme fin qui citate il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è possibile: - in presenza di disposizioni primarie che specifichino i tipi di dati trattabili, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite; -  in presenza di una legge in forza della quale una determinata attività può dirsi di rilevante interesse pubblico (D.L.gs N°135/99): -  previa autorizzazione del Garante.I dati sensibili devono essere trasformati in modo da risultare anonimi. Possono rimanere nominativi solo se ciò risulta essenziale alla finalità del trattamento.In particolare i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale devono essere conservati separatamente da ogni altro dato personale trattato per finalità che non richiedano l’utilizzo di dati sensibili.I dati sensibili non possono essere utilizzati nell’ambito di test attitudinali volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato.

Il codice “privacy” conferma la necessità del consenso e prevede ipotesi di esonero in riferimento a settori specifici.

CODICE “PRIVACY”

Il testo unico in materia di trattamento dei dati personali di cui al D.Lgs. N°196 del 30/06/03 riunisce oltre alla legge 675/96, altri decreti legislativi, regolamenti e codici deontologici, le pronunce del Garante e la direttiva Ue 2000/58 sulla riservatezza nelle comunicazioni elettroniche.

Qualunque trattamento di dati personali (cosiddetti comuni, diversi da quelli sensibili e giudiziari) da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo svolgimento di funzioni istituzionali ed in tale eventualità non è necessario richiedere il consenso all’interessato ed il trattamento è consentito anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente.

I soggetti pubblici sono autorizzati a trattare i dati sensibili, essenziali per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute utilizzando dati anonimi, in presenza di espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità d’interesse pubblico perseguite; è comunque vietata la diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute.

In mancanza invece di una disposizione di legge che oltre ad indicare la finalità di rilevante interesse pubblico non specifichi i tipi di dati sensibili e le operazioni eseguibili è necessario chiedere il parere del Garante ed adottare atto regolamentare conforme a quanto prescritto dal Garante medesimo.

Trattamento dei dati personali in ambito sanitario(titolo V del codice “privacy”)

art.76 “gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, anche nell’ambito di una attività di rilevante interesse pubblico (ex art.85) trattano i dati idonei a rivelare lo stato di salute:

a) con il consenso dell’interessato e anche senza l’autorizzazione del Garante, se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire una finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato;

b) anche senza il consenso dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, se la finalità di cui alla lettera a) riguarda un terzo o la collettività.

Trattamento dei dati personali in ambito sanitario(titolo V del codice “privacy”)

L’art. 81 precisa che il consenso al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, previsto, ai sensi del codice, quando ricorre la finalità di tutela della salute ed incolumità fisica dell’interessato, può essere manifestato con un’unica dichiarazione, anche oralmente. In tal caso il consenso è documentato, anziché con atto scritto dell’interessato, con annotazione dell’esercente la professione sanitaria o dell’organismo sanitario pubblico, riferita al trattamento dei dati effettuato da uno o più soggetti e all’informativa resa all’interessato, nei modi indicati negli articoli 78,79,80.

Vengono individuate dal codice modalità semplificate per fornire l’informativa ed ottenere il consenso al trattamento dei dati (art.78).

Trattamento dei dati personali in ambito sanitario

Riassumendo l’esercente la professione sanitaria e gli organismi sanitari pubblici che, per finalità di tutela della salute ed incolumità fisica dell’interessato, hanno necessità di trattare dati sensibili dovranno adeguatamente informare l’interessato ed ottenere il consenso al trattamento; il consenso prestato dall’interessato potrà essere documentato, anziché con atto scritto dell’interessato, con annotazione dell’esercente la professione sanitaria o dell’organismo sanitario pubblico contenente un richiamo all’art.78 comma 4 del codice.

Finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato

•Obbligo d’informativa

•Consenso dell’interessato, anche orale, per dati ed operazioni indispensabili per tutelare la salute od incolumità

•Documentazione del consenso orale con annotazione dell’esercente la professione sanitaria o dell’organismo sanitario pubblico contenente un richiamo all’art.78 comma 4 codice privacy.

Finalità di tutela della salute o incolumità fisica di un terzo o della collettività

•Previa autorizzazione del Garante

•Anche senza il consenso dell’interessato

Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali

“Trattamento dati sensibili da esercenti professioni sanitarie ed organismi sanitari pubblici nell’ambito di attività di rilevante interesse pubblico”

Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali

Sulla base di quanto fin qui argomentato si ritiene che il trattamento dei dati ed il trattamento diagnostico-terapeutico, pur rilevandosi operazioni ed interessi comuni, sono da considerarsi beni specifici, richiedenti entrambi specifico consenso dopo adeguata informazione.

Il trattamento illecito di dati personali è disciplinato dall’art. 2050 del c.c. (risarcimento danni cagionati per effetto del trattamento dati) e dall’art.622 del c.p. (rivelazione di segreto professionale)

 In particolare in caso di diffusione dei dati inerenti lo stato di salute viene richiamata l’ipotesi delittuosa di rivelazione di segreto. Il delitto è punibile, se dal fatto può derivare danno, a querela della persona offesa, in base a quanto previsto dall’art. 622 del codice penale.

La giusta causa di rivelazione riguarda finalità di prevenzione,

accertamento o repressione di reati.

Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali

Perciò comportamenti a rischio per la tutela dei dati inerenti la salute (modalità di raccolta delle informazioni anamnestiche, aggiornamento del diario clinico durante visite di corsia di fronte ad altri pz, trasmissione di dati clinici non rilevanti ad altri colleghi in ambito di consulenza, non adeguata custodia delle cartelle

cliniche etc) che già non avevano ragione di esistere sotto l’aspetto deontologico, ma che potevano trovare giustificazione nell’assenza di sanzioni e nell’interpretazione riduttiva dell’obbligo al segreto professionale, con le ultime disposizioni a tutela dei dati personali sono da considerarsi non legittimi e quindi sia gli operatori che le strutture possono essere chiamati a risponderne.

Tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali

Fonti bibliograficheFonti bibliografiche Conzut L. “Conoscenza e professionalità nel prendersi cura” in Atti del Congresso di Medicina e Persona “E’ ancora possibile prendersi cura? L’infermiere ed il contesto sanitario” 1-2 aprile 2004 Cingolani M. “I codici deontologici del medico e dell’infermiere a confronto: tutela della salute ed autodeterminazione dell’assistito” Boll Fac Med Chir Ancona, 3 (1), 2000 Decreto Legislativo 11/05/99 N°135 “Disposizioni integrative della legge 31/12/96 N°675 sul trattamento dei dati sensibili da parte dei soggetti pubblici” Decreto Legislativo 30/06/03 N°196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”Fattorini P,, Fedel E. M., Giuriato C. “Dalla Formazione all’Organizzazione- dalla teoria alla pratica. L’infermiere e il consenso al trattamento sanitario nei day hospital chirurgici” intervento ad Aggiornamento ECM Collegio IPASVI di Gorizia giugno 2005 Legge 05/06/90 N°135 “Piano degli interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all’AIDS” Legge 31/12/96 N° 675 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” Puccini C. “Istituzioni di Medicina Legale” 3° edizione 1993 Casa Editrice Ambrosiana Tagliabracci A. “Trattamento dei dati inerenti alla salute e privacy” Riv. It. Med. Leg. XXI, 1087, 1999 Tezuolo G. “La responsabilità giuridica dell’infermiere” Edizione Sorbona Milano