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IL RICICLAGGIO DI DENARO NELLA LEGISLAZIONE ITALIANA: EVOLUZIONE ALLA LUCE DELL’ESPERIENZA INTERNAZIONALE A cura del Gruppo di Lavoro "Lotta al crimine economico" Consigliere nazionale delegato Lucia Starola Componenti: Pietro Portaluppi, Simone Nepote, Pietro Savarino, Francesco Saverio Soverini Consulenti: Gaetano Caputi, Francesco Tavone

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IL RICICLAGGIO DI DENARO NELLA LEGISLAZIONE ITALIANA:

EVOLUZIONE ALLA LUCE DELL’ESPERIENZA INTERNAZIONALE

A cura del Gruppo di Lavoro "Lotta al crimine economico" Consigliere nazionale delegato Lucia Starola

Componenti: Pietro Portaluppi, Simone Nepote, Pietro Savarino, Francesco Saverio Soverini

Consulenti: Gaetano Caputi, Francesco Tavone

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Roma, gennaio 2003 SOMMARIO

1. PREMESSA 2. L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL RICICLAGGIO 3. EVOLUZIONE IN AMBITO INTERNAZIONALE DELLA DISCIPLINA PER IL CONTRASTO DEL RICICLAGGIO

3.1 La raccomandazione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio e la dichiarazione di

principi di Basilea.

3.2 Il Gruppo d’azione finanziaria per la repressione del riciclaggio. 3.3 La Convenzione di Strasburgo. 3.4 La direttiva CEE n.308/91. 3.5 L’ulteriore evoluzione della disciplina antiriciclaggio in campo internazionale. 3.6 Le politiche internazionali degli inizi del XXI secolo: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. 3.7 Segue: la Direttiva CE n. 97/2001.

4. DISAMINA DEI DELITTI DI RICICLAGGIO E DI IMPIEGO DI DENARO, BENI O ALTRE UTILITÀ DI PROVENIENZA ILLECITA

4.1 Il soggetto attivo. Il caso specifico dell’esercizio della professione. 4.2 I comportamenti costituenti reato: la condotta attiva ed i reati di ostacolo. 4.3 L’elemento psicologico – Il dolo ed il dolo eventuale. 4.4 Tentativo e sanzioni. 4.5 Casi pratici di riciclaggio e di reati di ostacolo.

4.5.1 Contrabbando valutario. 4.5.2 Interposizione personale fittizia. 4.5.3 False operazioni commerciali con l’estero. 4.5.4 Utilizzo del mercato immobiliare ed assicurativo. 4.5.5 Sistema delle compensazioni. 4.5.6 Microframmentazione dei proventi illeciti. 4.5.7 Riciclaggio di denaro proveniente da reati tributari.

4.6 Reimpiego di denaro – residuale autonomia della fattispecie.

5. L’IMPIANTO AMMINISTRATIVO ANTI-RICICLAGGIO 5.1 Trasferimento di denaro, titoli e valori di importo superiore a 12.500 euro. 5.2 Gli obblighi di identificazione e di registrazione. 5.3 Gli obblighi dettati dal d.l. n. 167/90 in materia di monitoraggio fiscale. 5.4 Le operazioni frazionate. 5.5 La segnalazione di operazioni sospette. 5.6 Segue: le istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette emanate dalla Banca d’Italia. 5.7 La trasmissione delle segnalazioni all’UIC. 5.8 La riservatezza delle segnalazioni ed il segreto professionale. 5.9 L’attività dell’Ufficio italiano dei cambi e degli organi investigativi. 5.10 Le sanzioni.

ALLEGATI: - 1. le quaranta raccomandazioni del GAFI; - 2. testo vigente della direttiva 91/308/CEE relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite; - 3. testo vigente del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, re cante: “provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.”; - 4. provvedimento della Banca d'Italia del 12 gennaio 2001 (cosiddetto Decalogo), recante: “istruzioni operative per l'individuazione di operazioni sospette”.

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IL RICICLAGGIO DI DENARO NELLA LEGISLAZIONE ITALIANA:

EVOLUZIONE ALLA LUCE DELL’ESPERIENZA INTERNAZIONALE 1. PREMESSA

È noto a tutti il significato dell’espressione “riciclaggio di denaro”, nell’accezione

comunemente usata per indicare il trasferimento di capitali allo scopo di nasconderne l’illecita

provenienza. La definizione rinvenibile in diversi dizionari della lingua italiana 1 descrive

l’operazione del riciclaggio come quella serie di atti che permette di rimettere in circolazione

banconote di provenienza illecita (denaro sporco). Si delinea, cioè, una operazione finanziaria che

richiede una conversione delle banconote stesse (perché ad esempio segnate o altrimenti

identificabili) che permetta di sostituirle con denaro "non sporco" cioè non noto nei numeri di serie

come quello proveniente da attività illecite. Altri testi si riferiscono al riciclaggio come attività di

trasformazione di proventi di origine illecita in beni leciti o denaro o ancora come il processo

attraverso cui il responsabile nasconde l'esistenza, la fonte illegale, o l'illegale utilizzo di redditi o

altri proventi, e poi maschera questi proventi per farli apparire legittimi.

Tuttavia, un’analisi del fenomeno che parta da tali considerazioni, benché contribuisca a

tratteggiarne gli elementi essenziali, è senza dubbio parziale e, per certi versi, non del tutto soddisfacente. Il riciclaggio è fenomeno assai più complesso, il cui fondamento su di una base operativa finanziaria è molto più che una semplice materiale sostituzione di banconote ovvero un camuffamento della effettiva provenienza. Esso, infatti, non è facilmente riconducibile a una serie tassativamente indicata di comportamenti, motivo per il quale non si presta facilmente ad essere racchiuso entro uno schema rigido che consenta di delinearne una netta definizione.

A dimostrazione della difficoltà di stabilire nettamente cosa si intenda per riciclaggio si segnala la definizione contenuta in un rapporto della commissione presidenziale statunitense sulla criminalità organizzata2, che delinea il fenomeno quale “processo attraverso cui qualcuno nasconde l'esistenza, la fonte, il legale o l'illegale utilizzo di redditi e poi camuffa questi redditi per farli apparire legittimi”. Infatti, pur potendo apprezzare taluni spunti contenuti nella suddetta definizione, non possono sottacersi le difficoltà che derivano dall’utilizzo del termine redditi e dalla conseguente considerazione che possa trattarsi di attività finanziarie ascrivibili direttamente ad un determinato soggetto.

Un primo approccio al riciclaggio finalizzato allo studio del fenomeno, tuttavia, può partire

dall’identificare l’illecito con qualsiasi operazione, o complesso di operazioni capaci di dissimulare 1 Il vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2003 (dodicesima edizione - Bologna), definisce il riciclaggio come attività volta a “rimettere in circolazione denaro o beni specialmente di provenienza illecita, mediante operazioni finanziarie, commerciali o investimenti consentiti dalla legge.” L’enciclopedia del Diritto dell’Istituto Geografico De Agostini descrive, invece, il fenomeno come l’attività di “trasformazione di numerario o di proventi di origine illecita in beni leciti o denaro. Figura vicina è l'impiego, in attività economiche e finanziarie, di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.” E ancora, in quest’ultima viene individuata la condotta “nell’effettuare comportamenti diretti a sostituire il denaro o i valori ‘sporchi’ con altro denaro o con altri valori”. Infine, l’Enciclopedia Zanichelli (Bologna 1995) definisce il fenomeno come “impiego di investimenti legali di denaro proveniente da attività criminose”. 2 La definizione in esame è tratta da un rapporto della “US President’s Commission on Organised Crime”, presentato nel 1984.

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la illecita provenienza di denaro, beni o utilità, per consentirne l'impiego in circuiti economici legittimi. In questo senso va anche la definizione adottata dalla Interpol3 e dal Gruppo d’Azione di Investigazione Finanziaria (GAFI)4 che pure si limitano a fornire una nozione non giuridica della fattispecie.

Contemporaneamente occorre essere consapevoli che un simile approccio non può

considerarsi universalmente valido e cioè correttamente applicabile allo stesso modo e nei medesimi termini in qualsiasi contesto normativo del panorama mondiale. A titolo di esempio, nella gran parte dei paesi europei le ipotesi di riciclaggio sono limitate al reimpiego di denaro proveniente dalla produzione o dal traffico di stupefacenti.

E ciò costituisce particolare di non poco conto, considerato che il riciclaggio è sempre più

un fenomeno transnazionale che poggia le proprie fondamenta sui disallineamenti legislativi esistenti tra i diversi paesi attraverso i quali chi si rende responsabile di riciclaggio intende far correre il cosiddetto paper trail5.

Tali cenni introduttivi mirano a mettere in luce la caratteristica sostanziale del riciclaggio che necessariamente ne condiziona la definizione: l’essere un fenomeno in continua evoluzione, come del resto è ben testimoniato dalla stessa legislazione italiana che ha saputo adeguarsi alle mutevoli condizioni economico-finanziarie da cui il delitto trae fondamento, dotandosi di un dispositivo antiriciclaggio in assoluto tra i più avanzati.

2. L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL RICICLAGGIO Il reato in esame è delineato dall’articolo 648-bis del codice penale ed è stato introdotto per

la prima volta nel nostro ordinamento dall’articolo 3 del decreto legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191.

Con tale articolo, che nella stesura del 1978 recava il titolo di “sostituzione di denaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”, il legislatore ha inteso prevedere una specifica figura di reato che punisse espressamente l’ipotesi di sostituzione di attività finanziarie.

Nella versione originaria del codice Rocco, infatti, tale reato non era previsto a titolo di fattispecie tipica, ancorché l’illecito comportamento del trasferimento di denaro proveniente da illecito potesse trovare tutela giuridica nella previsione legislativa delle disposizioni riguardanti la fattispecie della ricettazione ovvero del favoreggiamento personale e reale6.

3 “Any act or attempted act to conceal or disguise the identity of illegally obtained proceeds so that they appear to have originated from legitimate sources.” 4 La definizione adottata è la seguente: “the processing of criminal proceeds (profits or other benefits) in order to disguise their illegal origin”. Il GAFI (o FATF - Financial Action Task Force, nella dizione anglosassone), è un organismo internazionale creato nel 1989 a Parigi, nell’ambito del Summit G-7 al fine di sviluppare una coordinata politica di antiriciclaggio. 5 Il termine, comunemente usato dalla letteratura internazionale in materia di riciclaggio, indica “il percorso cartolare” che è stato seguito dai capitali e che, ricostruito a posteriori dagli inquirenti, consente di dimostrare il collegamento esistente tra le attività finanziarie oggetto del riciclaggio ed il delitto dal quale queste prendono origine. 6 Le ipotesi delittuose descritte trovavano, anche in presenza di comportamenti non necessariamente complessi, la difficoltà di specificare i casi concretizzanti il riciclaggio che potessero rientrare nella portata delle rispettive norme incriminatici. Infatti, il primo comma dell’articolo 648 c.p., recante disposizioni in materia di ricettazione, prevede che “Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da lire un milione a venti milioni.” In tale contesto, potevano ravvisarsi gli estremi per configurare la punibilità di taluni comportamenti grazie ai quali ovvero attraverso i quali, concretamente, si realizzava il riciclaggio di denaro. L’analogo profilo del favoreggiamento rappresentava l’ipotesi conclusiva e ontologicamente successiva all’evento costituente illecito punito a titolo principale, stabilendo, in

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Il legislatore decise, già nel 1978 e, quindi, con circa un decennio di anticipo rispetto alle normative straniere, di introdurre nel codice penale una fattispecie esplicitamente volta a sanzionare comportamenti di riciclaggio. L’introduzione nel codice dell’articolo 648-bis7 fu, inoltre, determinata dalla consapevolezza che la norma incriminatrice della ricettazione era insufficiente rispetto a comportamenti come la "sostituzione di denaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione"8, con particolare riguardo ai comportamenti idonei a confondere le tracce dell'origine criminosa di denaro o valori.

La norma, che non recava il titolo di riciclaggio, era concepita come una sorta di fattispecie

aggravata di particolari casi di ricettazione e la particolare costruzione della fattispecie in termini di attentato comportava una anticipazione del momento consumativo del delitto: veniva, infatti, punito il semplice compimento di fatti o atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti da determinati reati ovvero altro denaro o altri valori. La nuova fattispecie, in particolare, chiariva che i valori oggetto della sostituzione dovessero provenire esclusivamente dai delitti di rapina aggravata, estorsione aggravata e sequestro di persona a scopo di estorsione. Questa precisazione attuava una precisa individuazione dei reati presupposti, delle fattispecie, cioè, suscettibili di confluire nella ipotesi del riciclaggio (ante litteram) più gravemente sanzionata rispetto ai delitti di ricettazione o di favoreggiamento. Fin da questa primitiva versione della norma, inoltre, veniva esplicitamente esclusa la responsabilità di chi avesse concorso nel reato base. La pena edittale era stabilita nella reclusione da quattro a dieci anni unitamente alla multa da uno a venti milioni di lire, sanzioni, per l’appunto, più gravi rispetto sia all’ipotesi di ricettazione che a quelle di favoreggiamento.

L'elemento soggettivo richiedeva che si realizzasse il dolo specifico, caratterizzato dalla

consapevolezza che il denaro o i valori provenissero dai gravi reati in esame, unitamente al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, ovvero di aiutare gli autori dei citati delitti presupposti. Tale impostazione ne evidenziava ancora una volta la diretta derivazione dalle fattispecie di ricettazione e favoreggiamento, potendo, cioè, sussistere, alternativamente, lo scopo tipico di ciascuno di questi due reati9.

Tuttavia, solamente dopo diversi anni l’articolo 379 c.p. è stato modificato, ad opera dell'art. 25, della legge 19 marzo 1990, n. 5510, che intervenendo in tema di criminalità mafiosa, ha previsto espressamente la specificità delle ipotesi delittuose del riciclaggio rispetto alla previsione generale del favoreggiamento che, conclusivamente, nel testo ora vigente stabilisce che “chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis, 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da lire centomila a due milioni se si tratta di contravvenzione.”

ordine al delitto del favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), che “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce [la pena di morte] o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni.”. Infine, per quanto riguarda l’ipotesi di favoreggiamento reale, l’articolo 379 c.p. stabiliva che “chiunque fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da lire centomila a due milioni se si tratta di contravvenzione.” 7 L’originaria formulazione dell’articolo 648-bis recitava: “fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata o di sequestro di persona a scopo di estorsione, con altro denaro o altri valori, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di aiutare gli autori dei delitti suddetti ad assicurasi il profitto del rato è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da lire un milione a lire venti milioni.” 8 Sull'originaria figura del riciclaggio, si veda Dalia, "L'attentato agli impianti ed il delitto di riciclaggio", Milano 1979. 9 Al riguardo, si veda Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale I, Milano, 1986 (ma anche successive ed.). 10 Recante “Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”.

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In vero, tale aggiustamento dell’impianto punitivo attuato con la legge n. 55/90 è soltanto il minore degli aspetti toccati dalle modifiche apportate dal provvedimento stesso, che costituisce un vero e proprio strumento di riforma del sistema antiriciclaggo. Infatti, con l'articolo 23 della citata legge è stato novellato e profondamente rinnovato l'articolo 648 bis del codice penale, che ha assunto la definitiva ed attuale rubrica di riciclaggio.

Per comprendere bene i motivi dell’evoluzione legislativa legata al fenomeno in esame occorre tenere conto di quanto accadeva in ambito internazionale tra gli anni ’80 ed i primi degli anni ’90. La comunità internazionale, iniziando a registrare una crescente insidiosità del crimine organizzato che si spingeva oltre gli stretti confini delle nazioni di propria appartenenza, acquisiva una sempre più chiara coscienza della pericolosità derivante dall’utilizzo da parte di tali organizzazioni dei sistemi finanziari ufficiali allo scopo di riciclare denaro proveniente da delitto. Tali istanze sono state avvertite anche dall’Italia con il conseguente adeguamento del nostro ordinamento giuridico ancor prima dell’adozione, in ambito comunitario, della ormai nota direttiva CEE n. 308/9111 in materia di contrasto del riciclaggio di denaro, il cui recepimento costituiva un obbligo derivante dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea (per un più completo esame del panorama giuridico internazionale, si rinvia al paragrafo successivo).

In tale contesto è stata adottata la legge n. 55/90, foriera di importanti elementi di riforma della materia, i cui aspetti centrali nell’ottica del delitto di riciclaggio sono stati l'eliminazione della struttura di attentato e del dolo specifico, oltre all’ampliamento delle fattispecie delittuose costituenti reati presupposti cui venivano aggiunti i delitti di produzione e traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope. Quest’ultimo, in particolare, è aspetto non indifferente, considerato che i reati in questione sono tuttora quelli unanimemente riconosciuti come la maggiore delle fonti del riciclaggio di denaro. Al riguardo, inoltre, non può sottacersi che proprio nel corso degli anni ’80, importanti operazioni delle forze di polizia avevano consentito di sconfiggere una ramificata organizzazione criminale di stampo mafioso avente la propria base logistica in Italia ed operante negli Stati Uniti. A ciò, si aggiunga che proprio nel periodo di adozione della citata legge n. 55/90, sono stati numerosi gli impulsi provenienti dal campo internazionale affinché il maggior numero di paesi possibile adeguasse la propria legislazione in funzione dei concreti rischi connessi al riciclaggio di denaro derivante dal traffico internazionale di sostanze stupefacenti, profilo per il contrasto del quale si sono impegnati molti paesi, tra i quali anche l’Italia, fin dal 1988, con la firma della Convenzione di Vienna (al riguardo, in particolare, si veda infra).

Le modifiche apportate dalla citata legge n. 55/90 introducevano, poi, accanto alla condotta

attiva di sostituzione di denaro, la condotta alternativa di ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del denaro o dei beni. Per quanto concerne la pena edittale, ne veniva aumentato il massimo che passava da dieci a dodici anni mentre la multa era stabilita nel minimo in due milioni di lire ed in trenta milioni di lire nel massimo. Compariva, inoltre, una importante circostanza aggravante prevista a carico di chi commettesse il delitto di riciclaggio nell'esercizio di un'attività professionale.

Le novità introdotte con il suddetto provvedimento erano, infine, completate con la

previsione di una nuova fattispecie delittuosa, inserita all’articolo 648-ter del codice, subito dopo il reato di riciclaggio, con la quale si intendeva punire l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Si tratta di fattispecie considerata espressamente sussidiaria rispetto alle ipotesi di riciclaggio o ricettazione, tant’è che sia la condotta attiva, costituita dall'impiego in attività 11 Direttiva del Consiglio n. 91/308/CEE del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, pubblicata nella G.U.C.E. 28 giugno 1991, n. L 166 ed entrata in vigore il 13 giugno 1991. Il testo del provvedimento, come da ultimo modificato, è riportato in allegato.

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economiche o finanziarie di beni provenienti dagli stessi delitti riportati come presupposto del riciclaggio, sia la pena erano del tutto assimilate a quelle previste dall'articolo 648 bis.

Nel corso dei primi anni ’90, l’ulteriore evoluzione del fenomeno nell’ambito dello scenario internazionale e le scelte comuni adottate al riguardo da numerosi paesi, ancora una volta, hanno determinato le condizioni favorevoli per una revisione della disciplina del riciclaggio. Lo spunto risolutivo è stato fornito dalla Convenzione del consiglio d'Europa sul riciclaggio12 cui l’Italia ha aderito e che ha successivamente ratificato con la legge 9 agosto 1993, n. 328.

Con quest’ultimo provvedimento legislativo sono state modificate entrambe le norme sinora

descritte del codice penale. Le nuove fattispecie, in particolare, sono quelle tuttora vigenti, anche in considerazione del fatto che si prospettano come la soluzione punitiva definitiva in un’ottica di piena punibilità delle ipotesi di riciclaggio di denaro proveniente da delitto. Infatti, il nuovo testo dell'articolo 648 bis del codice penale, anticipando ogni successiva istanza di riforma, fa scomparire dal testo della norma il riferimento ai reati presupposti, ampliando la gamma dei reati i cui proventi possono essere oggetto di riciclaggio a tutte le fattispecie di delitto non colposo. Tale soluzione cosiddetta “aperta” consente di includere automaticamente tra le possibili offese criminali qualsiasi nuova fattispecie che venga introdotta dalla legge penale e che sia punita a titolo di delitto ovvero l’uscita di reati che il legislatore intenda punire meno gravemente rispetto al passato, declassandone la sanzione al titolo contravvenzionale (reati puniti con l’arresto e l’ammenda, anche disgiuntamente).

La scelta legislativa operata, in altri termini, costituisce un segnale forte che va nella

direzione della piena criminalizzazione dei più gravi illeciti che danno luogo al riciclaggio di denaro, unitamente al mantenimento della pena base da 4 a dodici anni, e dell'aggravante per il riciclaggio nell'esercizio di attività professionale.

Il quadro punitivo è completato dalla introduzione, accanto alla condotta di sostituzione, di

quella di trasferimento di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, nonché dall'ulteriore condotta del compimento di altre operazioni, non tassativamente individuate, finalizzate ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni oggetto di riciclaggio.

La particolare severità che discende dai tratti sopra delineati ha imposto, di converso, la necessità di prevedere una specifica circostanza attenuante, stabilita a favore dei casi di riciclaggio di denaro proveniente da delitti puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni, per i quali la pena è ridotta.

Le disposizioni dell'articolo 648 ter del codice penale sono state modificate in modo

conseguente, prevedendo la punibilità della condotta dell'impiego in attività economiche o finanziarie di denaro, beni o un utilità provenienti da qualsiasi delitto che non costituiscano ipotesi di ricettazione e riciclaggio ovvero di concorso nel reato. Simili anche le previsioni in termini di aggravanti (aver commesso il fatto nell’esercizio di un’attività professionale) ed attenuanti per le quali si applica quanto previsto dell'articolo 648 del codice13 in materia di ricettazione. La pena, pertanto, è diminuita in caso di particolare tenuità dei fatti costituenti reato 12 Si tratta della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. 13 Per opportunità si riporta il testo dell’articolo 648 del codice penale, come modificato dall'art. 3 della legge 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990: “Art. 648. (Ricettazione). Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da lire un milione a venti milioni. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a lire un milione, se il fatto è di particolare tenuità.

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3. EVOLUZIONE IN AMBITO INTERNAZIONALE DELLA DISCIPLINA PER IL CONTRASTO DEL RICICLAGGIO Il delitto del riciclaggio, proprio in funzione della sua struttura di reato complesso, deve la propria determinazione alla sorte dei reati presupposti dai quali trae origine il capitale oggetto di reimpiego. In particolare, l’aumento nel tempo dell’allarme economico e sociale connesso al traffico di sostanze stupefacenti ha concentrato specifica attenzione su tale reato, prima limitata all’ambito nazionale, per poi scoprire che si trattava di fenomeno di ben più ampia portata riguardante molto spesso più Stati, di sovente localizzati in diversi continenti, con sistemi economici e giuridici del tutto differenti tra loro. Il traffico internazionale di sostanze stupefacenti è stato allora oggetto di studio e di impegni in campo mondiale, con particolare riguardo alle possibili metodologie che riuscissero a contrastarlo efficacemente. È il caso della Convenzione unica sugli stupefacenti, siglata a New York il 30 marzo 196114 e di quelle riguardanti la medesima materia, concluse a Vienna il 21 ottobre 197115 ed il 20 dicembre 198816.

Tuttavia, malgrado gli sforzi di tutti i paesi interessati alla repressione del traffico di sostanze stupefacenti, il fenomeno ha visto un costante incremento in termini di diffusione ed importanza e con esso sono divenuti smisurati i proventi derivanti dall’illecita attività. Ciò ha messo in luce anche un profilo di debolezza del sistema economico-finanziario, parallelo a quello legale, messo in piedi dalle organizzazioni criminali; il punto debole è costituito dalla necessità di reimpiegare i capitali del narcotraffico nel circuito economico legale. La strategia investigativa e repressiva ha, quindi, focalizzato l’attenzione sul fenomeno parallelo del riciclaggio di denaro “sporco” che in numerosi ordinamenti giuridici ha preso forma in un autonoma fattispecie costituente reato. In particolare, come si è già detto più innanzi, il nostro ordinamento è stato tra i primi a procedere in tal senso, seppur va rilevato che nella originaria stesura della fattispecie incriminatrice del delitto non era previsto il reimpiego di denaro proveniente proprio dal traffico di sostanze stupefacenti.

3.1 La raccomandazione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio e la dichiarazione di

principi di Basilea.

La comunità internazionale divenuta cosciente della necessità di adottare strumenti capaci

di colpire il profilo economico dell’intero fenomeno organizzativo criminale, mette a punto

provvedimenti convenzionali capaci di coinvolgere il più ampio numero di paesi. Il Consiglio

d’Europa, ad esempio, produce una raccomandazione nel giugno del 1980, invitando i paesi

membri ad adottare misure per l’identificazione dei clienti delle banche in relazione a particolari

operazioni “sensibili” nonché a procedere alla registrazione delle banconote di cui avessero

costituito riserva. Un altro esempio significativo è dato dalla prefata Convenzione delle Nazioni

Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, con annesso atto finale e

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.” 14 La Single Convention on Narcotic Drugs del 1961, successivamente integrata da un protocollo modificativo adottato a Ginevra il 25 marzo 1972, è stata ratificata dall’Italia con la legge 5 giugno 1974, n. 412. 15 Convenzione sulle sostanze psicotrope adottata dalle Nazioni Unite a Vienna il 21 ottobre 1971 e ratificata, dall’Italia, con legge 25 maggio 1981, n. 385. 16 Quest’ultima, nota come Convenzione ONU di Vienna sulla prevenzione del narcotraffico, è stata ratificata dall’Italia con la legge 5 novembre 1990, n. 328.

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relative raccomandazioni, fatta a Vienna il 20 dicembre 1988, con la quale, tra l’altro, i paesi

firmatari si sono impegnati adottare le misure di assistenza nel campo investigativo e giudiziario

che consentono la confisca dei profitti e delle proprietà frutto del traffico di droghe. Si tratta di un

ulteriore passaggio verso il moderno dispositivo antiriciclaggio.

Un punto di svolta nella strategia internazionale contro il riciclaggio è costituito, a livello

europeo, dalla dichiarazione di principi per la prevenzione dell’utilizzo del sistema bancario per il riciclaggio di denaro proveniente da atti illeciti, fatta a Basilea il 12 dicembre 198817. In quella sede, infatti, fu unanimemente accettato che l’approccio con il fenomeno del riciclaggio dovesse necessariamente passare attraverso il coinvolgimento del sistema bancario e finanziario, quale anello di obbligato transito dei capitali illeciti verso il reinserimento nel circuito finanziario ufficiale. Inoltre, si puntualizza che le banche, in considerazione del rapporto diretto che generalmente hanno con la clientela, si trovano nella condizione di poter sapere circa la motivazione economica sottostante ciascuna operazione. Per questo motivo viene assunto che esse dovrebbero garantire la identificazione dei propri clienti e fornire assistenza diretta agli organi investigativi (Autorità giudiziaria e organi di polizia) in tutti i casi in cui vi siano elementi che facciano ritenere possibile una forma di riciclaggio di denaro nonché assicurasi che all’interno della propria organizzazione amministrativa vi sia la scrupolosa osservanza delle leggi che regolano l’attività di intermediazione finanziaria.

In sintesi, viene introdotto per la prima volta il concetto di “due diligence” da parte del

sistema bancario e finanziario e cioè quell’insieme di norme di comportamento che le banche dovrebbero osservare a salvaguardia della propria reputazione nei confronti della clientela, al fine di evitare l’inconsapevole utilizzo del sistema finanziario quale intermediario per il trasferimento di denaro proveniente da gravi delitti. Benché la dichiarazione di Basilea non sia un documento a carattere normativo ma una mera dichiarazione d’intenti, essa fornisce gli elementi cardinali per lo sviluppo dei principi fondamentali del contrasto del riciclaggio che avrebbero occupato la discussione della complessa problematica nel successivo decennio. 3.2 Il Gruppo d’azione finanziaria per la repressione del riciclaggio.

Nell’ambito del Summit G-7, nel 1989, venne creato a Parigi il Gruppo d’azione finanziaria per la lotta al riciclaggio di denaro (GAFI ovvero FATF secondo l’acronimo inglese18). Si tratta di una istituzione intergovernativa i cui compiti e finalità sono lo sviluppo e la promozione di efficaci politiche di contrasto del riciclaggio di denaro (definito dal GAFI come il reimpiego di proventi illeciti con il fine di dissimularne la loro origine illegale). Queste politiche, il cui contenuto è di natura non regolamentare, hanno lo scopo di prevenire che i proventi illeciti siano utilizzati in future attività criminali e che in questo modo alterino il sistema economico ufficiale.

Al gruppo d’azione finanziaria attualmente aderiscono due organizzazioni internazionali19 e 29 paesi20, tra i quali i più importanti paesi sotto il profilo finanziario d’Europa, nord e sud America

17 Adottata dal Comitato per la regolamentazione e la vigilanza bancaria della Banca dei regolamenti internazionali. 18 Nella lingua italiana si preferisce utilizzare l’acronimo GAFI derivante dal francese Groupe d’action financière sur le blanchiment de capitaux, che ha una corrispondente traduzione in Gruppo d’Azione Finanziaria, piuttosto che quello inglese FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering). 19 Le due organizzazioni in questione sono la Commissione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo. 20 I 29 paesi membri del GAFI sono: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Finlandia,

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nonché dell’Asia. Si tratta di una istituzione multidisciplinare, ancorché essenzialmente incentrata nella lotta al riciclaggio di denaro, ed al suo interno è composta dai maggiori esperti in campo internazionale in materia giuridico- legislativa, finanziaria e giudiziaria. Lo sviluppo e l’affinamento dei moderni sistemi antiriciclaggio, oggi adottati dai maggiori paesi industrializzati, deve essere riconosciuto proprio agli spunti propulsivi del GAFI, il quale nel 1990 ha adottato un documento denominato “le quaranta raccomandazioni”, ove sono sintetizzate le misure che la task force di comune accordo ha deciso di recepire e che tutti i paesi aderenti sono espressamente invitati ad adottare.

Le quaranta raccomandazioni costituiscono un vero e proprio punto di riferimento da parte dei legislatori nazionali considerato che, lungi dall’essere un corpus regolamentare, sono state concepite per essere universalmente applicate. In esse si riconosce che i paesi hanno sistemi giuridici e finanziari differenti tra loro, motivo per il quale non è possibile che tutti adottino identiche misure. Le raccomandazioni, pertanto, piuttosto che prescrivere ogni dettaglio forniscono ai paesi aderenti delle misure flessibili; in altri termini, si pongono come principi per muoversi in questo campo, elaborati in modo che i paesi stessi possano recepirne i contenuti, tenuto conto delle loro carte costituzionali ed impostazioni giuridiche. Questi ultimi investono un campo di operatività molto ampio che va dai profili penalistici alle regole del sistema finanziario fino ad arrivare alla trattazione di problematiche di cooperazione internazionale21.

Il sistema delle quaranta raccomandazioni è completato dall’obbligo da parte dei paesi che aderiscono al GAFI di sottoporsi alla sorveglianza multilaterale nonché ad ispezioni effettuate dagli esperti della task force. Ciò significa che per tutti i paesi membri esiste un monitoraggio della legislazione nazionale con il quale viene valutato il grado di recepimento delle quaranta raccomandazioni. La verifica è attuata attraverso un doppio approccio: il primo riguarda la redazione di un documento annuale relativo all’evoluzione del fenomeno del riciclaggio mentre il secondo prevede il più dettagliato processo di mutua valutazione, attraverso il quale ogni paese è sottoposto ad una ispezione sul luogo. 3.3 La Convenzione di Strasburgo.

Nello stesso periodo in cui il GAFI ha adottato le sue quaranta raccomandazioni, ha visto la luce un altro importante documento in materia: la Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. Si tratta del rilevantissimo provvedimento adottato dal Consiglio d’Europa il 12 settembre 1990, che ha anticipato di quache mese l’adozione della direttiva della Comunità europea n. 308/91. In particolare, l’8 novembre 1990, la Convenzione di Strasburgo è stata sottoposta alla firma dei Paesi membri del citato Consiglio, unitamente a tre Stati non membri che hanno comunque partecipato alla redazione del documento: Stati Uniti d’America, Canada e Australia22.

La Convenzione muove i suoi passi sulla base del documento costituente la Convenzione

delle Nazioni Unite sulla prevenzione del narcotraffico, stipulata a Vienna nel 1988, incentrando

Francia, Germania, Grecia, Hong-kong, Cina, Irlanda, Islanda, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Singapore, Spagna, Svezia , Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti d'America. 21 Tra il 1990 ed il 1995, il GAFI ha altresì elaborato varie note interpretative che sono state concepite per chiarire l'applicazione di specifiche raccomandazioni. 22 L’Italia non ha firmato da subito la Convenzione, riservandosi di farlo dopo avere adeguato le proprie procedure interne. La firma è avvenuta successivamente mentre la ratifica è stata effettuata con la legge 9 agosto 1993, n. 328.

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l’attenzione sulla cooperazione internazionale nell’esecuzione di indagini, ricerche, sequestro e confisca dei proventi derivanti da qualsiasi tipo di attività criminale, con particolare riguardo ai reati considerati gravi, tra i quali spiccano il traffico di sostanze stupefacenti, il terrorismo, la tratta di persone, il commercio illegale di armi. Nel suddetto provvedimento convenzionale viene richiesto agli Stati firmatari di adottare nei rispettivi ordinamenti disposizioni volte alla criminalizzazione del riciclaggio di denaro e beni di provenienza illecita, con la conseguente confisca dei proventi derivanti da tale illecito. In tale contesto, inoltre, si inseriscono le previsioni finalizzate a stabilire e realizzare la reciproca cooperazione tra Stati nel contrasto del riciclaggio che, in considerazione della natura del provvedimento in cui si inserisce, viene definito utilizzando una formula ampia e strutturata in quattro punti, che consenta agli Stati firmatari della Convenzione di mantenere margini di discrezionalità nel recepimento delle norme in esame.

In particolare, si segnala l'articolo 6 della Convenzione che, definendo l’ambito di

applicazione del provvedimento con riferimento al riciclaggio, stabilisce che la repressione

dell’illecito debba essere obbligatoriamente prevista dai Paesi firmatari, anche se solamente con

riferimento alle seguenti ipotesi:

• quando si tratti di conversione ovvero di trasferimento di beni illecitamente prodotti; • quando siano occultati o dissimulati la natura, l’origine e l’ubicazione di atti di disposizione

o del movimento di beni di origine illecita nonché di diritti di proprietà ovvero di altri diritti reali relativi. Per le ipotesi limitate all’acquisizione, possesso ovvero utilizzo dei proventi di reato, la

perseguibilità è rimandata all’apprezzamento dei rispettivi ordinamenti giuridici degli Stati aderenti, secondo le modalità proprie di questi ultimi. Analoghe considerazioni, infine, sono rivolte alle ipotesi di concorso nel reato di riciclaggio, l’associazione a delinquere finalizzata a tale illecito, il tentativo, il favoreggiamento.

Altro profilo di rilievo concerne la previsione di configurabilità del reato di riciclaggio

anche nel caso in cui lo Stato aderente alla Convenzione non abbia giurisdizione penale in ordine al reato-presupposto. Infine, viene espressamente stabilito che gli Stati aderenti possano prevedere delle riserve alla applicabilità delle ipotesi di riciclaggio definite dalla Convenzione, limitandone l’operatività della fattispecie a determinate categorie di reati-presupposti.

Oltre che in campo internazionale, la Convenzione di Strasburgo riveste particolare importanza anche ai fini della legislazione italiana, giacché proprio a seguito della firma della citata Convenzione il nostro ordinamento ha apportato significative modifiche sia in ordine alla disciplina riguardante gli illeciti penali del riciclaggio e dell’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, sia avuto riguardo alle procedure da seguire al fine di attuare la cooperazione internazionale e la mutua assistenza investigativa in materia.

3.4 La direttiva CEE n.308/91. Agli inizi degli anni novanta la Comunità economica europea avviò un processo di

produzione normativa, partendo dalla valutazione che era necessario adottare un provvedimento che

uniformasse la disciplina vigente in ciascuno Stato membro in materia di riciclaggio di denaro.

Infatti, non tutti i paesi aderenti alla Comunità avevano firmato la Convenzione di Strasburgo ed il

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panorama legislativo in ambito comunitario era piuttosto variegato e tale da sollevare diverse

preoccupazioni sul rischio che si potessero concretizzare ipotesi di riciclaggio, che sfruttassero,

appunto, tale disomogeneità normativa.

Fu così che il 10 giugno 1991 il Consiglio CEE adottò la direttiva n. 91/308 relativa alla

prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Si

tratta di un provvedimento che, come è noto, è diretto agli Stati membri vincolandoli a recepire nei

rispettivi ordinamenti e nelle forme proprie di ciascuno, le disposizioni che si intende costituiscano

base normativa comune.

La direttiva era volta soprattutto alla definizione di disposizioni destinate al settore

finanziario, con particolare attenzione alle istituzioni creditizie, destinatarie di specifici obblighi di

informazione e di collaborazione con le autorità di vigilanza. La consapevolezza della gravità del

fenomeno del riciclaggio, aveva in altri termini traslato su tale settore delle funzioni tipicamente

pubblicistiche che consentissero di avanzare la soglia di prevenzione del fenomeno, attraverso la

collaborazione dei soggetti e dei canali tradizionalmente suscettibili di essere (inconsapevolmente)

utilizzati a scopo di riciclaggio.

Da questo punto di vista, la Comunità ha ritenuto di dover intervenire facendo leva su uno

degli aspetti fondanti l’unione stessa, vale a dire il mercato comune, al fine di garantirne il corretto

funzionamento, considerato che, ove gli enti creditizi fossero utilizzati a scopo di riciclaggio di

proventi illeciti, ne deriverebbero gravi conseguenze per l’intero sistema economico in termini di

solidità, stabilità e trasparenza oltre che di libera concorrenza e libertà di stabilimento.

Le disposizioni delineate dalla direttiva sono quindi essenzialmente dirette a regolare tali

profili, posto che la salvaguardia degli interessi del mercato comune ha imposto la individuazione di

obblighi a carico del sistema finanziario e creditizio. Esse riprendono, in larga parte, gli stessi

principi contenuti nelle Convenzioni di Vienna e di Strasburgo e quelli ricordati nelle quaranta

raccomandazioni adottate dal GAFI. In particolare, la direttiva si discosta dalla citata Convenzione

di Strasburgo per la scelta in termini definitori dell’illecito del riciclaggio, del quale viene fornito un

quadro ampio e generale, pur sempre determinato dalla necessità di tenere conto delle esigenze

legislative degli Stati membri, ma tuttavia mai espressamente ricondotto alla fattispecie penale. In

vero, questo passaggio è stato frutto di un ampio compromesso considerato che l’allora vigente

Trattato istitutivo della Comunità economica europea23 non prevedeva che questa potesse avere

23 Trattato di Roma del 1956.

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competenze in materia penale 24. Né fu possibile adottare un’azione comune dei vari Stati al fine di

stabilire la criminalizzazione, nei rispettivi ordinamenti, dell’illecito del riciclaggio di denaro

proveniente da qualsiasi reato grave, considerato che taluni Stati reclamavano per tale caso una

indebita ingerenza nel diritto penale nazionale25.

La formula utilizzata nella direttiva riassume le considerazioni appena esposte giacché

prevede per ciascuno Stato membro l’obbligo di adottare le misure volte a garantire la piena

applicabilità di tutte le disposizioni contenute nella direttiva 91/308, lasciando a ciascuna la libertà

di stabilire “le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni adottate in esecuzione

della medesima” direttiva.

Va, comunque, segnalato che in calce alla direttiva, quale sorta di dichiarazione di intenti

degli Stati membri, fu aggiunta una formula secondo la quale gli Stati medesimi si impegnavano ad

adottare, entro il 31 dicembre 1992, le misure necessarie “per mettere in vigore una legislazione

penale che permetta di soddisfare gli obblighi che derivano loro da detti strumenti”.

In sostanza, la direttiva prescriveva, nella formulazione originaria, solamente il divieto del

riciclaggio dei proventi del traffico di stupefacenti, come previsto dalla convenzione di Vienna, incoraggiando gli Stati membri ad applicare l'impostazione raccomandata dalla convenzione di Strasburgo, ovvero a combattere il riciclaggio dei proventi di una gamma più ampia di reati.

Nei confronti degli operatori finanziari la direttiva prevede degli specifici obblighi che si

dipanano entro tre direzioni: la disciplina dei rapporti con la clientela, la collaborazione con le

autorità nazionali, i contenuti minimi dell’organizzazione interna. Circa il primo aspetto, viene

stabilito l’obbligo per gli operatori creditizie finanziari di identificare i soggetti con i quali

intercorra un qualsiasi rapporto economico o d’affari, con particolare attenzione ai casi di apertura

di un conto corrente ovvero di altra forma di deposito o investimento di denaro o valori. L’obbligo

di identificazione si estende, inoltre, alle operazioni effettuate da chiunque, anche se non titolare di

conto o altro rapporto, che superino l’importo 15.000 ECU26 (fatta salva la facoltà degli Stati

membri di prevedere un limite inferiore, come nel caso dell’Italia dove l’obbligo di identificazione

riguarda operazioni di importo superiore a 12.500 euro). Tali dati devono, poi, essere registrati e

conservati per un periodo minimo di cinque anni.

Oltre a quello di identificazione, sussiste per gli operatori finanziari l’obbligo di

segnalazione, alle autorità responsabili del contrasto del riciclaggio, delle operazioni sospette, 24 Le modifiche apportate con il Trattato di Amsterdam, conferiscono all’Unione europea competenza anche in ordine alla cooperazione giuridica in materia penale. 25 Al riguardo si veda, in particolare, Cortese e Santoro, “Il riciclaggio del denaro nella legislazione civile e penale”, Milano, 1996. 26 ECU è l’acronimo di European Currency Unit, che con l’adozione della moneta unica è stato sostituito dall’Euro.

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intendendo con tale termine le operazioni di per sé stesse idonee ad avere una connessione con il

riciclaggio. Infine, gli enti finanziari devono dotarsi di adeguate procedure di controllo interno, al

fine di prevenire ed individuare operazioni di riciclaggio.

Per quanto riguarda la particolare situazione dell’ordinamento giuridico italiano con riferimento alla materia del riciclaggio, alla luce del quadro normativo internazionale delineatosi e degli obblighi derivanti dall’appartenenza del nostro Stato alla Comunità economica europea, va evidenziato che già dal 1990 la legislazione nazionale era in larga parte in linea con i principi e gli obblighi imposti a seguito della firma della Convenzione di Strasburgo (che per molti versi è molto più rigorosa, in termini di repressione del fenomeno, di quanto sia la direttiva n. 91/308). Infatti, con l’adozione della legge n. 55/90, era già stata prevista la punibilità del riciclaggio di proventi derivanti da gravi delitti. La successiva adozione del decreto- legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 143, di fatto, anticipava la stessa direttiva n. 91/308, mentre la legge n. 328/93, recante la ratifica della Convenzione di Strasburgo contro il riciclaggio di denaro, assicurava l’adozione delle più ampie forme di tutela penale contro il descritto illecito. Tuttavia, la direttiva n. 91/308 costituisce un punto fondante della politica CEE di repressione del riciclaggio, dal momento che si focalizza l’attenzione sul sistema creditizio e finanziario affidando ad esso i compiti più delicati e rilevanti, in ciò aderendo in pieno alle numerose indicazioni pervenute dalla comunità internazionale e non da ultimo dal GAFI, con le sue raccomandazioni.

3.5 L’ulteriore evoluzione della disciplina antiriciclaggio in campo internazionale. Nel periodo successivo, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, si è assistito ad un

incremento della sensibilità verso il riciclaggio da parte di tutti gli organismi internazionali interessati alla repressione del fenomeno.

In particolare, nel 1996 il GAFI ha opportunamente rivisto ed aggiornato la stesura delle quaranta raccomandazioni al fine di tener conto dell'esperienza forte dei sei anni trascorsi dalla loro originaria stesura ed allo scopo di riflettere i cambiamenti che nel frattempo erano emersi in ordine alla problematica del riciclaggio di denaro27. L’aspetto di maggior interesse che si evince a seguito del processo di revisione riguarda il rafforzamento della formula della raccomandazione concernente la perseguibilità del reato di riciclaggio, la quale ora prevede che “ciascun paese non dovrebbe limitare il reato di riciclaggio ai proventi del traffico di stupefacenti, bensì dovrebbe estenderlo ai proventi dei reati gravi".

Questa esigenza di maggiore severità rappresentata dal GAFI trova riscontro nell'evoluzione

del fenomeno, dovuta all'incremento esponenziale della criminalità organizzata non legata al

traffico di stupefacenti, in ordine alla quale si è unanimemente ritenuto necessario prevedere

un'ampia gamma di reati presupposti quale elemento di avanzamento della soglia di punibilità e di

segnalazione delle operazioni sospette. Tuttavia, tale impostazione, come segnala il citato

organismo, deve essere congiunta alla cooperazione internazionale tra autorità giudiziaria e forze di

polizia dei diversi paesi.

27 Data l’importanza del documento, si ritiene opportuno allegarne una copia, nella versione risultante dopo le modifiche apportate nel 1996.

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Il 3 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato un'azione comune sul riciclaggio di denaro e

sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e

dei proventi di reato in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea28. Con questa

iniziativa comune, gli Stati membri hanno convenuto che non sia fatta o accolta alcuna riserva

rispetto all'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo in caso di reati gravi.

Come segnalato innanzi, l'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo si occupa della

definizione del riciclaggio dei proventi di attività illecite, definendone il campo d’azione entro due

distinti ambiti, il primo, di carattere obbligatorio e vincolante per tutti i paesi firmatari della

Convenzione, riguardante la provenienza del denaro e delle attività da qualsiasi reato. Il secondo,

lasciato al libero apprezzamento dei paesi medesimi, concernente la possibilità di limitare

l’applicabilità delle ipotesi di riciclaggio a determinate categorie di reati-presupposti. Per questa

ragione l'adozione dell'azione comune da parte degli Stati membri dell’Unione europea costituisce

un passo avanti rispetto sia alla direttiva n. 91/308, sia avuto riguardo alla stessa Convenzione di

Strasburgo29. Infatti, l’impegno che i paesi membri si sono assunti è quello di garantire la

previsione a titolo di reato della fattispecie del riciclaggio del denaro e dei proventi comunque

derivanti da tutti i reati gravi.

Inoltre, l’ampia definizione entro la quale rientrano i suddetti “reati gravi”, comprendente gli illeciti punibili con una pena detentiva massima superiore ad un anno o con una pena minima superiore a sei mesi30, fa in modo da considerare tale ogni comportamento doloso di rilievo. Di fatto, si intende perseguire il fine di considerare nel novero dei reati-presupposti le fattispecie che il nostro ordinamento riconduce ad ogni delitto non colposo31.

Va, comunque, ricordato che l’azione comune non modifica in alcun modo la direttiva n.

91/308, né va ad incidere sulla definizione data da quest’ultima al fenomeno del riciclaggio. Ne

consegue, in termini pratici, che non necessariamente gli obblighi di informazione imposti al settore

finanziario debbano coprire esattamente la medesima gamma di attività criminose e, cioè, tutti i

reati gravi. L’impegno, quindi, a modificare in senso più ampio la definizione di riciclaggio non

comporta la diretta conseguenza di dover modificare l’impianto amministrativo costituito dagli 28 Si tratta dell'azione comune 98/699/GAI, adottata dal Consiglio nel dicembre 1998. 29 A maggior ragione, se si considera che taluni paesi aderenti all’Unione europea non hanno ancora ratificato la Convenzione di Vienna contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope ovvero quella di Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. 30 I reati gravi sono definiti in termini di durata massima o minima della pena privativa della libertà personale prevista

da ciascun ordinamento. 31 Principio così definito dall’articolo 648-bis del codice penale. Più ampia, invece, la portata del successivo articolo 648-ter.

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obblighi di segnalazione delle operazioni sospette posti a carico degli operatori finanziari32, anche

in considerazione del fatto che gli enti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva n.

91/308 hanno l'obbligo di informare le autorità di qualunque operazione sospetta che potrebbe

essere legata al riciclaggio dei proventi di attività illecite.

In sintesi, considerato che l'efficacia del dispositivo di lotta al riciclaggio dipende in gran

parte dalla buona volontà e dagli sforzi del settore finanziario e che quest'ultimo ha espresso

notevoli resistenze rispetto ad un obbligo di segnalazione esteso ad una gamma eccessivamente

ampia di reati comprendente anche reati minori, in funzione delle difficoltà di applicazione della

disciplina, direttamente traslata sugli stessi operatori, si assiste ad un punto di apparente massima

evoluzione della materia.

3.6 Le politiche internazionali degli inizi del XXI secolo: la Convenzione delle Nazioni

Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e la Direttiva CE n. 97/2001. Con il nuovo millennio, si va sempre di più diffondendo il convincimento che la lotta al

crimine organizzato non sia questione che possa essere limitata alla dimensione nazionale, specie

dopo i tragici fatti dell' 11 settembre. Una efficace politica di contrasto della criminalità come del

terrorismo internazionale, infatti, va affrontata, secondo il sentire comune, su di un piano superiore

che coinvolga tutti i possibili interlocutori e che vada oltre gli stretti confini del singolo Paese.

Seguendo questo ordine di considerazioni, tra il 12 ed il 15 dicembre 2000 è stata firmata dai

rappresentanti di 140 Paesi riuniti a Palermo la Convenzione delle Nazioni Unite contro la

criminalità organizzata transnazionale.

Il documento convenzionale, che è stato adottato dall’Assemblea Generale del Millennio nel

mese di novembre 2000 a New York, segue lo schema ormai comune in materia di diritto

internazionale; diventerà vincolante quando sarà firmata e ratificata da almeno quaranta Paesi

firmatari, obbligando gli Stati aderenti a modificare le proprie legislazioni in modo da armonizzarle

ai contenuti e ai dettami della Convenzione medesima.

La convenzione non riguarda solo la cooperazione nel campo della lotta contro il traffico di stupefacenti, ma comporta l’impegno per ogni Governo contro ogni forma di reato grave, con particolare attenzione al riciclaggio del denaro, alla semplificazione delle procedure di estradizione ed alla maggiore cooperazione in campo giudiziario.

32 Tale sovrapposizione esiste in taluni Stati membri, ma non in altri.

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Ai sensi del trattato, gli Stati aderenti si impegnano a prevedere che nei rispettivi ordinamenti le seguenti quattro fattispecie siano punite a titolo di reato:

• la partecipazione ad un gruppo criminale organizzato; • il riciclaggio dei proventi di reato; • la corruzione; • l’intralcio alla giustizia.

L’allineamento delle legislazioni nazionali è vis to come l’elemento chiave per il funzionamento della convezione, considerato che una volta che questi reati saranno puntiti in maniera uniforme ovunque, i criminali non potranno più rifugiarsi in paesi dove i loro crimini resterebbero impuniti. Un esempio concreto di tale importante profilo innovativo nella lotta al crimine organizzato è fornito proprio dalla fattispecie di riciclaggio di denaro, che, in alcuni paesi, è prevista a titolo di reato solamente in relazione ai proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti. Nel caso in esame, per effetto della convenzione, dovranno essere considerati ai fini del riciclaggio i proventi di tutte le attività criminali.

Malgrado quanto appena esposto costituisca un traguardo di assoluto rilievo, l'elemento forse più importante e, per certi versi, clamoroso di questa Convenzione è costituito dall'indiretta abolizione di quello che era considerato la “roccaforte inviolabile” di ciascun ordinamento: il segreto bancario. Infatti, le conclusioni cui si è giunti con il documento partono proprio dalla osservazione dei comportamenti adottati dalla criminalità organizzata transnazionale nel riciclaggio dei propri enormi proventi, effettuato tramite società legali o attraverso depositi su conti ‘sicuri’.

L’adozione di riferimenti giuridici comuni tendenti ad impedire queste pratiche garantirebbe un

sicuro successo contro il circuito criminale. Pertanto, con il documento convenzionale, i paesi si sono impegnati a:

• istituire le necessarie procedure per regolamentare gli istituti finanziari, la concessione delle autorizzazioni e le procedure di controllo;

• abolire il segreto bancario in ordine alle necessità di prevenzione e intercettazione delle attività legate al riciclaggio di denaro sporco;

• vietare i conti bancari anonimi o intestati a nomi falsi;

• istituire servizi speciali per raccogliere, analizzare e diffondere le informazioni sul reato di riciclaggio di denaro sporco o di altri reati di tipo finanziario.

La convenzione fornisce, poi, un’ampia definizione del concetto di transnazionalità, dando alle autorità giudiziarie la possibilità di avvalersi del trattato per rintracciare e catturare i criminali.

Secondo il trattato, un reato ha carattere transnazionale qualora:

• sia commesso in più di uno Stato; • si verifichi in uno Stato pur essendo pianificato o controllato nel territorio di un altro; • si perfezioni in uno Stato diverso da quello in cui ricadono gli effetti; • sia commesso in uno Stato da un’associazione criminale che opera in più paesi.

Per i profili appena esposti, contenuti nel documento convenzionale, il nostro sistema

antiriciclaggio non necessita di particolari adeguamenti normativi per la ratifica del provvedimento. La materia, infatti, può nel suo complesso ritenersi esaurientemente coperta dalla nostra legislazione

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nazionale, anche in considerazione della previsione, nel nostro sistema, sin dal 1993, di un catalogo aperto alla provenienza "da qualunque delitto non colposo"33.

3.7 La Direttiva CE n. 97/2001. La tendenza registrata verso una definizione più ampia dell’ambito del riciclaggio di denaro,

basata su una gamma più vasta di reati presupposti34 ha attivato anche le procedure interne della Unione europea. Dapprima, come si è detto innanzi, il Consiglio ha proposto l’adozione di un’azione comune, accolta dai Paesi membri dell’Unione. In una fase successiva, la Commissione ha proposto l’adozione di uno specifico provvedimento la cui discussione ha condotto all’approvazione della direttiva CE n. 97/2001 recante modifica della ormai nota direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991.

Il provvedimento del 2001, adottato dopo un esame di circa due anni, parte

dall’osservazione che, a seguito dell'intensificazione dei controlli nel settore finanziario, i

professionisti del riciclaggio di denaro si sono avvalsi in misura sempre crescente di enti non

finanziari.

Al riguardo, la direttiva 2001/97 adotta una serie di contromisure, nel senso di accrescere il

sistema di protezione del settore finanziario e di altre attività suscettibili di essere interessate da

attività criminose, tenendo conto delle descritte tendenze, prevedendo che gli obblighi stabiliti dalla

direttiva in materia di identificazione dei clienti, tenuta delle registrazioni e segnalazione delle

operazioni sospette siano estesi ad un numero limitato di attività e di professioni che si sono

rivelate suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio.

Partendo da quelle che, secondo chi scrive, sono le più significative, si tratta di:

• revisori, contabili esterni e consulenti tributari; • notai e altri liberi professionisti legali; • agenti di mediazione immobiliare; • commercianti di oggetti di valore elevato quali:

⇒ pietre preziose; ⇒ metalli preziosi; ⇒ opere d'arte.

• gestori di case d'asta; • gestori di case da gioco.

33 Occorrerebbe solamente un chiarimento circa la idoneità dei reati commessi all’estero di rientrare tra i reati presupposti del riciclaggio. Tuttavia, questo aspetto si trova già indicato nella Convenzione di Strasburgo (art. 6 par. 2, lett. a), che prevede l’irrilevanza del fatto che il Paese aderente alla Convenzione non abbia giurisdizione penale in relazione al reato presupposto. 34 A tale proposito, va ricordato che il GAFI, organismo del quale la Commissione è membro a pieno titolo, nel 1996 ha rivisto le quaranta raccomandazioni proprio suggerendo un ampliamento dei reati presupposti.

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Tuttavia, va ricordato che, anche prima delle modifiche da ultimo apportate, la direttiva

91/308 stabiliva sul tema criteri piuttosto flessibili, atteso che l’articolo 12 del provvedimento

stesso invitava gli Stati membri ad estendere la disciplina antiriciclaggio “ad altre attività

professionali e categorie di imprese diverse dagli enti creditizi e finanziari”.

Il testo conclusivo di questa previsione normativa è stato frutto di una lunga elaborazione in

sede comunitaria, vista la necessità di prevedere meccanismi applicativi appropriati per salvaguardare le specifiche prerogative delle professioni legali35. Sulla particolare questione si è registrato il differente orientamento del Parlamento europeo e del Consiglio. Infatti mentre il primo si era più volte espresso a favore dell'assoggettamento dei notai e dei professionisti legali alla disciplina antiriciclaggio, a condizione di apportare appropriati correttivi36, il Consiglio è giunto, nel corso del 2000, alla definizione di una posizione comune, prevedendo invece di non poter escludere la consulenza fornita nel corso del procedimento giudiziario, dagli obblighi imposti alle professionali legali. Si prospettava, piuttosto l’attribuzione agli Stati membri di una facoltà di esonero in tali casi.

Allo scopo di contemperare le due esigenze è stato adottato un Comitato di Conciliazione, grazie al quale è stato possibile giungere ad una posizione di compromesso, confluita nel progetto comune di direttiva. Tale posizione, mantenuta anche nel testo approvato definitivamente dal Parlamento e dalla Commissione, garantisce la disciplina del segreto professionale vigente negli Stati membri, prevedendo che essi non siano tenuti ad applicare gli obblighi di segnalazione per i notai, i professionisti legali indipendenti, i revisori, i contabili esterni e i consulenti tributari “con riferimento alle informazioni che essi ricevono da, o ottengono su, un loro cliente, nel corso dell'esame della posizione giuridica del loro cliente o dell'espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso”.

L’attenzione ne i confronti di queste particolari categorie trova, poi, ulteriori precisazioni nei confronti, questa volta, dei soli notai e professionisti legali indipendenti, per i quali gli Stati membri possono designare un organismo di autoregolamentazione della profe ssione come autorità cui vanno comunicati i fatti che possano costituire indizio di riciclaggio. In questo caso devono essere stabilite anche le forme appropriate di collaborazione fra tale organismo e le autorità responsabili per la lotta al riciclaggio.

35 Infatti, ai sensi dell’articolo 2-bis della direttiva 91/308, solamente per queste professioni vengono previste espresse condizioni di applicabilità della disciplina antiriciclaggio, limitata ai casi in cui i professionisti prestino la loro opera:

“a) assistendo i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti: i) l'acquisto e la vendita di beni immobili o imprese commerciali; ii) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti; iii) l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli; iv) l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società; v) la costituzione, la gestione o l'amministrazione di trust, società o strutture analoghe;

b) o, agendo in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare.” 36 L’esigenza rappresentata a favore di tali professioni era limitata solo in relazione a determinate attività relative alla sfera finanziaria e al diritto societario, dove è più elevato il rischio di riciclaggio, escludendo, quindi, l'obbligo di segnalazione da parte degli avvocati nei casi di rappresentanza e di difesa del proprio cliente nei procedimenti giudiziari.

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Sul piano della normativa nazionale, va segnalato, invece, che molte delle novità introdotte a livello comunitario dalla direttiva 2001/97 sono state anticipate dall’adozione del decreto legislativo n. 374 del 1999, emanato in attuazione della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (legge comunitaria per il 1994). Contale provvedimento, il cui contenuto è meglio illustrato nel successivo paragrafo 5, l’applicazione della disciplina per la prevenzione dell’utilizzo del sistema economico e finanziario a scopi di riciclaggio è stata estesa ad una ampia serie di categorie di professioni. Ai fini della nostra legislazione, dunque, le novità sostanziali derivanti dall’adozione della citata direttiva sono costituite dall’estensione ai revisori, ai contabili esterni, ai consulenti tributari, ai notai e ad altri liberi professionisti legali della disciplina antiriciclaggio.

Le altre principali modifiche alla direttiva 91/308 riguardano l'ampliamento della

definizione di riciclaggio di denaro, avuto riguardo delle fattispecie criminose considerate "base" o

"presupposto". Nella definizione vanno ora compresi non solo i delitti di traffico di sostanze

stupefacenti ma tutti i reati gravi, con particolare attenzione a quelli riguardanti la criminalità

organizzata, ritenute suscettibili di ledere gli interessi economici e finanziari dell'Unione e dei

singoli Stati membri. Questo, almeno, è il contenuto minimo prescritto dalla direttiva, atteso che gli

Stati membri resteranno liberi di estendere la propria legislazione nazionale contro il riciclaggio di

denaro a qualsiasi altra forma di attività criminale.

Pertanto, secondo la nuova formulazione dell’articolo 1 della direttiva, costituiscono reati gravi almeno:

- i reati di traffico di sostanze stupefacenti;

- le attività delle organizzazioni criminali;

- la frode grave;

- la corruzione,

- un reato che possa fruttare consistenti proventi e sia punibile con una severa pena detentiva in base al diritto penale dello Stato membro.

Altra modifica operata dalla direttiva è stata l’adeguamento della definizione di "ente

creditizio" e "ente finanziario" ad una esigenza di maggiore chiarezza circa l’ambito applicativo

della stessa, in modo da comprendervi espressamente talune attività quali le imprese d'investimento,

i cambiavalute e le imprese di trasferimento fondi.

Da ultimo, un particolare profilo contenuto nella direttiva 2001/97 che merita un cenno

consiste nella previsione che gli Stati membri adottino misure specifiche dirette a compensare il maggior rischio di riciclaggio derivante dall'instaurazione di rapporti di affari o dall'effettuazione di operazioni con un cliente che non è fisicamente presente e che non possa essere immediatamente identificato. La perifrasi sta ad indicare le "operazioni a distanza", la cui importanza è di diretta percezione considerata la diffusione di tecnologie che consentono tali operazioni.

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Sul punto, la direttiva prevede che gli Stati membri provvedano ad adottare misure idonee a garantire che l'identità del cliente sia stabilita attraverso strumenti certi ed, al riguardo, fornisce una serie di esemplificazioni che indicano al legislatore nazionale la direttrice comune da seguire. È riposta, quindi, una maggiore attenzione verso questa tipologia emergente di operazioni, anche in considerazione della particolare facilità con la quale potrebbe essere attuata la declinazione di false generalità da parte del cliente. Delle procedure ritenute adeguate allo scopo sono individuate, ad esempio:

• nella richiesta di fornire prove documentali supplementari o misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti;

• nella certificazione di conferma di un ente cui si applica la direttiva; • attraverso l'effettuazione del primo pagamento relativo all'operazione tramite un

conto aperto a nome del cliente presso un ente creditizio cui si applica la direttiva.

Il termine stabilito per il recepimento da parte degli Stati membri della direttiva in

questione è il 15 giugno 2003. Il provvedimento con il quale la nuova disciplina dovrebbe essere

introdotta nel nostro ordinamento è costituito da uno o più decreti legislativi che, verosimilmente,

andranno nella medesima direzione del citato decreto legislativo n. 374/9937. Lo strumento, com’è

noto, necessita di una delega al Governo all’adozione del provvedimento, sulla base di specifici

criteri direttivi. Tali aspetti sono contenuti nel disegno di legge comunitaria per il 2002,

recentemente approvata dal Parlamento (legge 3 febbraio 2003, n. 14, pubblicata nella Gazzetta

Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2003, S.O. n. 19).

Al riguardo, il Parlamento, già in occasione dell’adozione della direttiva comunitaria

2001/97, si era espresso in senso unanimemente favorevole in ordine al coinvolgimento di altre

categorie di soggetti nell'attività di segnalazione delle operazioni sospette. Particolare attenzione

era stata rivolta proprio ai notai, in relazione alle specifiche competenze in materia di trasferimenti

immobiliari, e alle professioni legali, in considerazione del fatto che il campo di azione delle

attività di riciclaggio si è esteso oltre l'ambito finanziario e creditizio, laddove si concentra

maggiormente il sistema di prevenzione e di accertamento.

Considerato, dunque, che i tempi di adozione dei necessari provvedimenti di recepimento

appaiono verosimilmente brevi, si può prevedere che entro pochi mesi entri in vigore

l’ampliamento della disciplina antiriciclaggio attualmente vigente, i cui contenuti si presentano

fortemente innovativi sul piano dei soggetti interessati al più efficace contrasto del fenomeno.

Conclusivamente, va segnalato che nel corso del 2002 il GAFI ha avviato la procedura per la

revisione delle 40 raccomandazioni, iniziata con la presentazione, il 30 maggio 2002, del

37 Quest’ultimo provvedimento, come esposto al paragrafo 5, ha apportato modifiche al decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15.

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Consultation paper38, documento contenente le linee guida del processo di revisione. In esso è focalizzata l’attenzione proprio sulle professioni legali, sui revisori contabili e sui notai, coerentemente con quanto indicato dalla direttiva 2001/97/CE, quali soggetti potenzialmente destinatari delle richieste di consulenza da parte dei gruppi criminali organizzati.

4. DISAMINA DEI DELITTI DI RICICLAGGIO E DI IMPIEGO DI DENARO, BENI O ALTRE UTILITÀ DI PROVENIENZA ILLECITA

Come si è detto innanzi, il riciclaggio di denaro è previsto nell’ordinamento giuridico

italiano quale fattispecie costituente reato ai sensi degli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Si tratta di norme che prevedono due distinte fattispecie delittuose. Considerato che il riciclaggio consta, normalmente, di più falsi in successione, la scelta del legislatore è stata quella di considerare una bipartizione dei momenti rilevanti ai fini della qualificazione del fenomeno in esame. Lo schema seguito, in altri termini, è stato quello prevalentemente adottato nella letteratura internazionale verso la fine degli anni '80, che analizzava la fattispecie considerandone due aspetti essenziali: il lavaggio o riciclaggio propriamente detto (diretta derivazione nel linguaggio comune del termine anglossassone di money laundering) e l’impiego dei proventi criminali (o recycling).

La differenza tra i due momenti va individuata, per il primo, nelle operazioni a breve termine volte a camuffare per quanto possibile l'origine illecita dei beni, mentre per il secondo consiste nell’adozione di operazioni a medio lungo termine volte a rimettere i capitali, oggetto del processo del riciclaggio, nel sistema economico ufficiale.

Tale impostazione è chiaramente visibile nella disciplina penalistica nazionale di cui agli articoli 648-bis e 648-ter che prevedono rispettivamente la fattispecie del riciclaggio e quella di impiego di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto39.

Le norme citate vanno quindi lette congiuntamente al fine di chiarire quale sia la logica

punitiva che soggiace allo loro stesura. Tuttavia un’attenta disamina sotto il profilo giuridico-interpretativo, giunge immediatamente alla conclusione di una rilevanza meramente residuale della fattispecie di cui all’articolo 648-ter. Per tale ragione, maggiore attenzione verrà posta nell’analisi di quanto disposto dall’articolo 648-bis del codice, recante disposizioni penali in materia di riciclaggio.

38 Il GAFI ha invitato ogni interessato al provvedimento ad inviare, entro il 31 agosto 2002, i propri commenti e suggerimenti. 39 Negli ultimi anni, alla luce dell’evoluzione delle tecniche adottate dalla criminalità organizzata, la letteratura internazionale sembra, invece, preferire la strutturazione del fenomeno in tre momenti: placement, layering, e integration . Il primo, che letteralmente significa piazzamento, consiste nella materiale collocazione dei capitali provenienti da reato, solitamente presso intermediari finanziari tradizionali, decontestualizzandoli dalla località geografica da cui provengono, con particolare preferenza per i paradisi finanziari off shore. Il momento successivo, detto layering ovvero stratificazione, consiste nel compimento di una serie di operazioni finanziarie per frammentare il più possibile l’unitarietà dei capitali illeciti in modo da renderne difficile la individuazione della provenienza. Tale operazione è attuata, il più delle volte, utilizzando le istituzioni finanziarie di diversi paesi del mondo e servendosi quale riparo del segreto bancario ovvero della possibilità di utilizzare conti, titoli e altre forme di pagamento cifrati o anonimi. La terza fase è quella di più diretta percezione ed è detta integration. Essa consiste nella integrazione dei capitali oggetto del riciclaggio nei circuiti dell'economia lecita attraverso le comuni forme di impiego e di investimento.

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Questa norma, nel testo ora vigente, dispone che “fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni.”

4.1 Il soggetto attivo. Il caso specifico dell’esercizio della professione

Le disposizioni hanno chiaramente portata generale e sono dirette a chiunque, cioè, ad una platea indistinta di soggetti, potenziali autori del reato in esame. Un discorso a parte va, invece, fatto in merito alla previsione dell’aggravante specifica nei confronti dei soggetti che si rendano responsabili di riciclaggio agendo nell’esercizio di un’attività professionale. Al riguardo, il secondo comma della norma in esame prevede un aumento generico della pena (stabilendo che: la pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di una attività professionale) nel presupposto che l’attività di riciclaggio venga più facilmente posta in essere da chi, trovandosi nella posizione privilegiata di operatore professionale, abusi della professione stessa. Un esempio concreto del caso in esame è senza dubbio costituito dal soggetto riciclatore che eserciti l’attività di intermediario finanziario. Tuttavia, ad avviso di chi scrive, analoghe considerazioni possono essere svolte verso quei soggetti che esercitino altro tipo di intermediazione, come ad esempio quella immobiliare ovvero verso quelle persone responsabili della conduzione di una casa da gioco, per citare solamente due dei punti maggiormente sensibili al fenomeno del riciclaggio. Infatti, anche in questi casi andrebbero sanzionate adeguatamente le maggiori possibilità di intervento che la competenza professionale consente loro e la violazione del dovere di correttezza che generalmente vi si connette. In ogni caso, secondo quanto previsto dalla norma con l’inciso “fuori dei casi di concorso”, il soggetto attivo deve essere persona che non abbia partecipato direttamente al reato presupposto. Diversamente, infatti, il responsabile risponderebbe di concorso nel reato base e non anche di riciclaggio. Sul punto, vale la pena di ricordare che il delitto in esame concerne denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo. Questo significa che può trattarsi anche di denaro proveniente da reati di moderato allarme sociale, quali ad esempio il furto o la truffa, delitti puniti molto meno gravemente rispetto al riciclaggio. La conseguenza che ne deriva, per effetto di espressa scelta legislativa, è l’adozione di una sanzione penale potenzialmente meno grave per i reati presupposti; questo perché il legislatore ha valutato molto più gravemente la condotta fraudolenta del trasferimento di denaro piuttosto che il comportamento illecito adottato dai responsabili per ottenerne il profitto40. Ragionando astrattamente, al soggetto incolpato di riciclaggio di denaro converrebbe, ai fini sanzionatori, riconoscersi responsabile del delitto base, circostanza che escluderebbe automaticamente l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 648-bis. Tuttavia, i delitti che generano il denaro illecito da trasferire nel circuito economico e finanziario ufficiale non sono mai eventi singoli, ma generalmente fanno capo ad un complesso disegno criminoso adottato da più persone. Per queste ragioni, non è infrequente che l’incriminazione per il reato presupposto possa essere quella di associazione a delinquere.

4.2 I comportamenti costituenti reato: la condotta attiva ed i reati di ostacolo. Il presupposto fondamentale affinché si concretizzi il delitto in esame è che il denaro, i beni o le altre utilità provengano da delitto non colposo. Deve, cioè concretarsi un reato a monte del riciclaggio che sia qualificabile come delitto (punito cioè con le sanzioni della reclusione o della

40 Non così, invece, nel caso del delitto di ricettazione, di cui all’articolo 648 del codice penale, dove la sanzione della reclusione da due ad otto anni rimane più equilibrata rispetto a quella prevista per i reati suscettibili di produrre il denaro o le cose oggetto della ricettazione stessa.

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multa) commesso intenzionalmente41 e che costituisca, pertanto, reato presupposto o base. Deve poi realizzarsi ed essere conseguito un prodotto o profitto del reato, costituito, indifferentemente, da denaro, beni o altre utilità; come dire, data l’estensione di que st’ultima, qualsiasi valore suscettibile di un qualche utilizzo economico.

L’ulteriore condizione prevista dall’articolo 648-bis è costituita da tre possibili condotte che possono integrare la fattispecie del riciclaggio. Esse sono:

• la sostituzione; • il trasferimento; • il compimento di altre operazioni.

In ogni caso, la condotta deve essere attuata in modo tale da ostacolare l’identificazione

della provenienza delittuosa. Deve, in altri termini, essere idonea a confondere.

Apparentemente, le tre condizioni delimitano un ambito circoscritto di ipotesi attraverso le quali si configura il reato. Ad un’analisi più approfondita, si deve rilevare, anche in questo caso, l’ampiezza della formula utilizzata per la terza delle ipotesi che la giurisprudenza42 ha ricondotto a mera formula di chiusura, atteso che essa incrimina qualsiasi condotta distinta dalla prime due, che sia tale da frapporre ostacoli all’identificazione del parer trail. Con essa si costruisce una formula decisamente aperta che consente di ricomprendervi una serie indefinita di azioni che siano tutte comunque idonee a costituire un ostacolo ed a rendere difficile ovvero scarsamente probabile il diretto accertamento della illiceità. Si tratta, quindi, di comportamenti di ostacolo che non vanno però confusi con i cosiddetti reati di ostacolo all’identificazione del riciclaggio. In vero, su tale profilo occorre preliminarmente sottolineare quanto sia labile il confine esistente tra i comportamenti in esame.

I reati di ostacolo, infatti, sono previsti dall’articolo 13 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n.

625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 1543 e dall’articolo 5 del decreto- legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. Essi riguardano sostanzialmente i soggetti destinatari degli obblighi in materia di riciclaggio e consistono nella:

• omessa identificazione del soggetto che esegue l’operazione (comma 1 dell’art. 13);

• mancata individuazione di operazioni frazionate, complessivamente superiori al limite previsto (comma 2 dell’art. 13);

• omessa installazione ovvero adozione degli strumenti tecnici idonei a conoscere, in tempo reale, le operazioni eseguite dal cliente nel corso della settimana precedente (comma 3 dell’art. 13);

• omessa registrazione, entro i termini di legge, dei dati sensibili nell'archivio unico informatico ovvero mancato aggiornamento dell’archivio (commi 4 e 5 dell’art. 13);

• mancata conservazione delle informazioni e dei dati per la durata di dici anni (comma 6 dell’art. 13);

• omessa ovvero falsa indicazione delle generalità del soggetto per conto del quale è eseguita l’operazione.

41 In realtà, la previsione di “delitto non colposo” equivale alla formula di delitto doloso ovvero preterintenzionale. Data la scarsa rilevanza, nell’ordinamento penale, di quest’ultimo elemento, ci si limita a considerare il caso dell’intenzionalità dell’azione. 42 Così, ad esempio, in Cass., sez. I, n. 7558, del 03.08.1993. 43 Come sostituito dall’ articolo 2 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, e resi esecutivi grazie al rimando a provvedimenti regolamentari, attraverso il ricorso alla tecnica del rinvio recettizio a contenuti extra-penali.

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Le suddette violazioni, costituenti tutte delitto, sono sanzionate con la multa da 2.582,28 a

12.911,42 euro44, ad eccezione dell’ultima fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da 516,46 a 5.164,57 euro45. Il citato articolo 5 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, infine, prevede le ipotesi contravvenzionali dell’omessa istituzione dell’archivio unico informatico (sanzionata con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da 5.164,57 a 25.822,84 euro46) e della violazione del divieto di comunicazione dell’avvenuta segnalazione di operazione sospetta (arresto da sei mesi ad un anno o ammenda da 5.164,57 a 51.645,69 euro47).

Tuttavia, queste stesse azioni od omissioni, in presenza dell’elemento psicologico del dolo, possono dimostrarsi validamente strumentali per pratiche di riciclaggio del denaro sporco, e quindi suscettibili di essere sanzionate a tale titolo.

Per quanto concerne, invece, le ipotesi di sostituzione e di trasferimento, si tratta delle più

classiche operazioni attraverso le quali si realizza il riciclaggio. In particolare, la sostituzione è la primitiva48 e quanto ormai desueta condotta del cambio materiale delle banconote o dei valori provenienti da delitto con altri beni o valori. Essa corrisponde alle primarie necessità di individuare una particolare forma di ricettazione che si distingua da questa per l’adozione di forme tendenti ad ostacolare l’identificazione dell’illecita provenienza.

Il trasferimento, invece, costituisce il quid novi della riforma della materia, adottata con la legge

n. 328/93. Il termine trova una espressione identica sia nella Convenzione di Strasburgo (articolo 6) sia nella direttiva 91/308/CEE. Quest’ultima, in particolare, all’articolo 1 prevede che per riciclaggio si intenda anche “la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza del fatto che essi provengono da un'attività criminosa”. L’opportunità dell’inserimento di tale condotta sembra da porre in relazione con le più sofisticate pratiche di riciclaggio concernenti la movimentazione di ingenti somme di denaro attraverso numerose operazioni finanziarie, utilizzando diversi operatori bancari. Tuttavia, non può escludersi l’ipotesi di un trasferimento (non necessariamente materiale) di un bene, attuato, ad esempio, con il cambiamento di intestazione. Come può accadere nel caso di trasferimento di un immobile.

Questa elaborazione trova conforto nella migliore giurisprudenza della Suprema Corte che ha

ritenuto sussistere il reato di riciclaggio (e non quello di ricettazione semplice) anche nel caso in cui taluno riceva un bene ed adotti un qualsiasi comportamento finalizzato ad impedire l’accertamento della provenienza delittuosa del bene stesso, atteso che il delitto in questione può avere ad oggetto oltre al denaro anche beni o altre utilità49.

4.3 L’elemento psicologico – Il dolo ed il dolo eventuale

44 La norma prevede ancora gli importi espressi in lire, pari rispettivamente a 5 e 25 milioni. Tali importi devono ritenersi così convertiti in euro, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. 45 Pari, rispettivamente, a 1 milione e 10 milioni di lire. 46 Pari, rispettivamente, a 10 milioni e 50 milioni di lire. 47 Pari, rispettivamente, a 10 milioni e 100 milioni di lire. 48 Prevista fin dall’adozione dell’originaria formulazione dell’articolo 648-bis, introdotta dal d.l. 21 marzo 1978, n. 59. In principio, infatti, le esigenze di contrasto del riciclaggio erano limitate all’adozione di strumenti che consentissero, prevalentemente, di distinguere il denaro proveniente da delitti come il sequestro di persona a scopo di estorsione e la rapina aggravata. In questa stessa direzione erano state emanate, nel 1980, le raccomandazioni del Consiglio d’Europa affinché fossero identificati i numeri di serie delle banconote, attraverso la preventiva registrazione da parte delle banche delle riserve da esse costituite. 49 Al riguardo, si veda Cass. Pen., sez. I, n. 3373 del 21.06.1997, Cass. Pen., sez. II, n. 9026 del 03.10.1997 e Cass. Pen., sez. I, n. 5030 del 10.12.1998, che fanno riferimento all’ipotesi di trasferimento di un’autovettura.

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Per il perfezionamento del delitto è necessario il dolo dell’agente. Come dire la coscienza e la volontà di sostituire i valori oggetto del riciclaggio ovvero di adottare comportamenti idonei ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita. Allo scopo è sufficiente che il responsabile del delitto abbia adottato una condotta astrattamente idonea a configurare il reato, con la consapevolezza della provenienza dei valori da un qualsiasi delitto non colposo e che con la sua azione se ne sta ostacolando l’accertamento.

Prima della legge n. 328/93 la verifica dell’elemento psicologico era più difficoltosa, essendo necessario accertare, oltre alla componente dolosa, che il responsabile avesse agito conoscendo della provenienza del denaro riciclato da uno degli specifici reati previsti quali delitti presupposti.

Ora, invece, è sufficiente accertare la sussistenza del dolo, circa il quale rimane solamente da

chiarire la rilevanza del dolo eventuale. Con tale formula si intende indagare nell’elemento psicologico dell’autore fino a considerarne il livello di coscienza circa la provenienza illecita del bene o del denaro oggetto del trasferimento o di altra operazione; esso comporta la volontarietà dell’azione, con la percezione della possibilità che si tratti di beni provenienti da delitto e l’accettazione del conseguente rischio che il comportamento comunque adottato costituisca ostacolo alle indagini. Certo si tratta di casi di scuola che aiutano, tuttavia, a comprendere l’ambito di operatività della norma e le eventuali disposizioni che ne fanno da corollario.

Nell’ipotesi in esame, si deve ritenere che la colpa che può essere mossa al soggetto responsabile dell’azione illecita è quella di aver agito con leggerezza, senza la volontà di creare un ostacolo alla ricostruzione dell’origine delittuosa dei beni ed indipendentemente dalla sussistenza del fine specifico di procurare a sé o ad altri un profitto (caratteristico, invece, del reato di ricettazione). L’agente può, allora, essersi reso responsabile del reato contravvenzionale (assai meno grave del delitto di riciclaggio) di acquisto di cose di sospetta provenienza (comunemente detto incauto acquisto), di cui all’articolo 712 del codice penale50.

Può essere chiamato a rispondere di tale fattispecie l'operatore bancario che in presenza di

una operazione di trasferimento di una somma consistente di denaro della cui legittima provenienza sospetti, esegua comunque l’operazione, accettandone così il rischio. Non vale a sua discolpa, ai fini di tale contravvenzione, il fatto che il soggetto abbia tempestivamente informato l’autorità, segnalando l’operazione sospetta. Questa, infatti, è attività cui l’operatore è obbligato per legge 51 e anche quando non si tratti di operatore bancario, sussiste in capo a chiunque il dovere (sanzionato penalmente in caso di inosservanza) di avvisare l’autorità, una volta venuti a conoscenza di essere in possesso di cose provenienti da delitto52. L’esecuzione della segnalazione di operazione sospetta sarà utile per escludere il fine del riciclaggio, giacché, in ipotesi estrema, l'operatore bancario potrebbe non solo sospettare, bensì essere certo della provenienza illecita dei beni, risultando, in tal caso, passibile della più grave responsabilità per riciclaggio.

50 Si riporta il testo dell’articolo 712 c.p.: “Art. 712. (Acquisto di cose di sospetta provenienza). Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire ventimila. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza. 51 Ai sensi dell’articolo 3 del D.L. 03/05/1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. In caso di inosservanza di tale obbligo, e salvo che il fatto costituisca reato, è prevista la sanzione pecuniaria fino alla metà del valore dell'operazione, ai sensi dell’articolo 5, comma 5 del medesimo provvedimento. 52 È quanto stabilito dall’articolo 709 del c.p., di cui si riporta il testo: “Art. 709. (Omessa denuncia di cose provenienti da delitto).

Chiunque, avendo ricevuto denaro o acquistato o comunque avuto cose provenienti da delitto, senza conoscerne la provenienza, omette, dopo averla conosciuta, di darne immediato avviso all'Autorità è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione

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In quest’ultima ipotesi, indagando circa l’elemento psicologico del soggetto, occorrerà verificare il grado di volontarietà dell’azione di ostacolo (la semplice operazione di trasferimento) desumendolo dagli altri elementi a disposizione dell’organo accertatore, quali la eventuale stretta conoscenza ed il rapporto con il soggetto richiedente il trasferimento, l’aver agito dietro pagamento di un lauto compenso (profilo, quello del fine di lucro, tipico del delitto di ricettazione), la misura e la frequenza dell’operazione, l’adozione di ulteriori misure di ostacolo all’accertamento della provenienza delittuosa del denaro o dei valori (omissione della segnalazione di operazione palesemente sospetta, falsa indicazione dell’identità del soggetto che ordina l’operazione, malgrado se ne conoscano i dati identificativi corretti).

Inoltre, ai fini della valutazione della posizione soggettiva dell’operatore in questione, va

considerato che si tratta di figura professionale, sulla quale, se trovata responsabile del delitto di riciclaggio, pesa anche l’aggravante specifica dell’abuso della professione.

4.4 Tentativo e sanzioni Il riciclaggio è configurabile anche quale delitto tentato. Precedentemente alle modifiche

apportate, prima dalla legge n. 55/90 e poi dalla legge n. 328/93, il tentativo non era ammissibile, in considerazione della costruzione del delitto come a consumazione anticipata.

Per quanto riguarda le sanzioni prescritte in caso di violazione della norma, è prevista la

reclusione da 4 a 12 anni e la multa da 1.032,91 a 15.493,71 euro (da 2 a 30 milioni di lire). Come segnalato innanzi, il reato è aggravato quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

È prevista, inoltre, un’attenuante nel caso di ipotesi di particolare tenuità, quando, cioè, il riciclaggio attiene denaro proveniente da delitti per i quali sia stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni e, quindi, nel caso di reati considerati non gravi. In questa circostanza, la pena è diminuita di un terzo.

4.5 Casi pratici di riciclaggio e di reati di ostacolo Nel proporre alcuni casi pratici che prospettano l’integrazione della fattispecie del

riciclaggio, va osservato che questo reato non richiede necessariamente un materiale contatto del responsabile del delitto con il denaro oggetto dell’operazione di riciclaggio, atteso che è sufficiente che vi sia un rapporto causale che abbia consentito all’operazione stessa di realizzarsi in modo tale da ostacolare la provenienza illecita del denaro. È anzi richiesto che il responsabile dell’illecito comportamento non abbia partecipato ai reati presupposti del riciclaggio.

Di seguito, si riportano alcuni esempi di casi di riciclaggio individuati in diversi Stati dalle autorità competenti, tratti dai resoconti annuali del GAFI.

4.5.1 Contrabbando valutario La tecnica in esame è piuttosto antica e semplice. Forse per quest’ultima ragione non è da

considerare superata. Essa si basa sul trasporto al seguito di valuta, trasferita da un paese all’atro senza essere denunciata al momento dell’attraversamento delle frontiere53. Il denaro o altri strumenti di pagamento vengono celati nei veicoli e in alcuni casi anche nelle spedizioni di merci. Una volta giunto nel paese di destinazione, il denaro viene impiegato attraverso più operazioni che ne consentano la reimmissione nel circuito economico lecito.

53 Sull’obbligo di denuncia, si veda infra, relativamente alle previsioni del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale.

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4.5.2 Interposizione personale fittizia In tale tipologia rientra il comportamento di chi consenta l’utilizzo del proprio nome al fine

dell’esecuzione di una o più operazioni finanziarie. Si tratta di prestanomi attraverso i quali possono essere gestite complesse transazioni di diversa natura; trasferimento di denaro, investimento in titoli ed altri valori, compravendita di immobili. In alcuni casi può trattarsi anche di società costituite ad hoc (società di capitali a bassa capitalizzazione, società semplici, società fiduciarie), che operano realizzando molteplici operazioni finalizzate a mascherare l’origine illecita dei capitali.

4.5.3 False operazioni commerciali con l’estero È stato accertato come dietro operazioni commerciali con operatori esteri apparentemente

lecite si nascondesse una vera e propria attività di riciclaggio. L’illecito veniva attuato mediante la fittizia esportazione di prodotti di grande valore avvalorata da regolari fatture commerciali di vendita. A fronte delle cessioni di beni veniva effettuato il pagamento con consistenti somme di denaro di provenienza illecita, utilizzando il normale canale degli istituti di credito che erano indotti in errore dalla apparente liceità dell’operazione.

4.5.4 Utilizzo del mercato immobiliare ed assicurativo L’elevato valore dei beni oggetto di trasferimento immobiliare è il motivo principale che

attira i criminali professionisti del riciclaggio. A ciò si aggiunga che, in taluni Stati, i conti in valori immobiliari possono essere gestiti da società fiduciarie che costituiscono un notevole filtro per la identificazione dei reali beneficiari delle transazioni.

4.5.5 Sistema delle compensazioni Consiste nell’utilizzo di operatori commerciali che esercitano la propria attività in più paesi

ovvero che hanno rapporti commerciali con l’estero tali da consentire la compensazione di crediti esteri . Grazie all’ausilio di costoro, ai quali viene riconosciuta una provvigione per il loro operato, i soggetti che dispongono di capitali illeciti consegnano del denaro nel paese in cui hanno origine, per tornarne in possesso nel paese di destinazione; la retrocessione avviene ad opera di un soggetto debitore dell’operatore commerciale del paese di provenienza al quale questi abbia dato disposizioni. In questo modo, la compensazione del credito con il debito consente di evitare il materiale attraversamento del confine.

4.5.6 Microframmentazione dei proventi illeciti Un sistema adottato per riciclare denaro, spesse volte proveniente dallo spaccio di sostanze

stupefacenti, consiste nella costituzione di numerosi conti bancari intestati ad una pluralità di soggetti (anche prestanome), collegati tra loro. In questi conti viene effettuato il deposito di modiche somme di denaro, di ammontare inferiore alle soglie previste per la registrazione delle movimentazioni bancarie54. Con molteplici operazioni il denaro viene fatto confluire in un conto bancario aperto presso un paese estero, per essere nuovamente frammentato attraverso successivi trasferimenti in molteplici altri conti, aperti nello Stato in cui il soggetto destinatario delle somme le preleva come denaro contante.

4.5.7 Riciclaggio di denaro proveniente da reati tributari La violazione della normativa fiscale può costituire elemento per la integrazione di diversi

delitti tributari. La costituzione, infatti, di capitali illeciti direttamente connessa alla violazione di 54 In Italia, la soglia è stata da ultimo stabilita in 12.500 euro, ai sensi del D.M. 17 ottobre 2002. Al riguardo, si veda quanto riportato al paragrafo 5 del presente documento.

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questo particolare profilo della legge penale, genera automaticamente il quesito riguardante la destinazione successiva di tale denaro.

Il trasferimento, il reimpiego ovvero l’utilizzo in qualsiasi forma di dette utilità invade, poi, apertamente il campo di applicazione del delitto di riciclaggio. Si ricorda ancora una volta che il soggetto responsabile di riciclaggio che abbia partecipato anche al delitto presupposto risponderà solamente di quest’ultimo.

Sulla base della definizione normativa di riciclaggio come delitto generato dal trasferimento

di proventi derivanti da qualsiasi delitto non colposo, si comprende come esso possa configurarsi

anche a seguito dell’accumulo di denaro proveniente da delitti tributari. A tal fine, si segnalano,

quali possibili reati presupposti, tutti quelli di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74,

recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Si tratta

dei delitti di:

• Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2);

• Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici(art. 3); • Dichiarazione infedele(art. 4); • Omessa dichiarazione (art.5); • Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8); • Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10); • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11).

Analogo ragionamento va ripetuto con riferimento ai delitti societari, previsti dal codice

civile agli articoli 2622 e seguenti.

4.6 Reimpiego di denaro – residuale autonomia della fattispecie L’articolo 648-ter descrive la seconda fattispecie riconducibile ad ipotesi di lavaggio di

denaro o money laundering, articolata come impiego di denaro, beni o utilità di provenienza

illecita. Essa è concepita quale fattispecie sussidiaria sia a quella del riciclaggio che a quella della

ricettazione55, fatto salvo, altresì, il caso del concorso nel reato base. Ai fini della configurabilità

del reato, occorre che sia previamente esaminata la sussistenza o meno di una triplice clausola di

salvaguardia, superata la quale è possibile valutare l’integrazione del delitto in esame. Occorre,

dunque, che l’autore del reato non abbia:

• partecipato ad uno dei delitti presupposti (qualsiasi delitto anche colposo);

• adottato comportamenti costituenti reato di riciclaggio ovvero di ricettazione.

55 Si veda, al r iguardo, la nota n. 6.

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La norma è formulata secondo uno schema molto simile a quello delineato dall’articolo

648-bis56, stabilendo che: “chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli

articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità

provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due

milioni a lire trenta milioni.”

Il comportamento costituente reato è quello dell’impiego di denaro, beni o altre utilità in

attività economiche o finanziarie, con la consapevolezza (dolo generico) che si tratti di valori

provenienti da delitto. È sufficiente, quindi, il compimento di una qualsiasi attività che consenta di

reimmettere i beni illeciti nel circuito economico-finanziario ed in questo senso la norma

sembrerebbe voler colpire profili altrimenti non sanzionabili ai sensi dell’articolo 648-bis. Rispetto

alla fattispecie del riciclaggio si nota, inoltre, l’assenza del requisito dell’ostacolo all’idenficazione

della effettiva provenienza dei beni ovvero della specifica finalità di confonderne le origini, al fine

di non consentire la ricostruzione del paper trail.

Ma non sono solamente queste le differenze rilevabili. Infatti, i beni oggetto di impiego

possono provenire da qualsiasi delitto, anche non colposo. E sembra proprio questo l’elemento che

distingue la fattispecie (sussidiaria) in esame da quelle analoghe del riciclaggio e della

ricettazione. Tale ultimo delitto somiglia particolarmente a quello in esame, atteso che punisce

chiunque acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque

si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, col fine specifico di procurare a sé o ad

altri un profitto. La necessità di verificare prima che i comportamenti adottati dal reo non

configurino né il riciclaggio né la ricettazione rende particolarmente ristretti gli spazi di

operatività del delitto di impiego di denaro. Ciò in quanto, sembra piuttosto difficile che si

realizzino comportamenti che non rientrino nel campo di applicazione dei primi due delitti citati e

che siano nel contempo privi di modalità di ostacolo e di specifiche finalità di lucro. Una ipotesi

plausibile, per quanto di portata piuttosto ridotta, potrebbe essere quella del riciclaggio di beni

provenienti da delitto colposo.

Per la violazione delle disposizioni dettate dell’articolo 648-ter si applicano le stesse pene

previste per il riciclaggio (reclusione da quattro a dodici anni e multa da 1.032,91 a 15.493,71), ivi compresa l’aggravante dell’aver commesso il fatto nell'esercizio di un'attività professionale. La pena è, invece, diminuita se il fatto è di particolare tenuità. 56 Come segnalato innanzi, le previsioni normative di cui all’articolo 648-ter rispondono all’esigenza di prevedere la punibilità dei comportamenti ricadenti in una fase successiva a quella del riciclaggio propriamente detto.

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5. L’IMPIANTO AMMINISTRATIVO ANTIRICICLAGGIO L’efficacia della legislazione antiriciclaggio adottata da uno Stato, come suggerito dai

documenti internazionali in materia, è data oltre che dalla previsione di adeguate sanzioni penali per i responsabili del reato in esame, anche dalla impostazione di una efficiente struttura preventiva in grado di evitare l’utilizzo a fini di riciclaggio del sistema finanziario. Da queste considerazioni si sviluppa il complesso di norme giuridiche che fanno da corollario al principio della criminalizzazione del riciclaggio e che traggono le proprie origini fin dall’adozione del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15. L'articolo 1357 di questo provvedimento riveste particolare importanza, ai fini della presente trattazione, nei termini entro i quali stabilisce l’obbligo di identificazione ed archiviazione dei dati relativi a possibili operazioni di riciclaggio, delimitando le categorie chiamate ad assolvere tali obblighi strumentali.

La successiva evoluzione in campo internazionale della normativa in materia di

antiriciclaggio ha portato, come si è esposto innanzi, all’adozione, in ambito comunitario, della direttiva 91/308/CEE del 10 giugno 1991 del Consiglio, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Questo provvedimento, vera e propria pietra miliare dell’ordinamento comunitario, ha rappresentato il motivo principale dell’affinamento della normativa nazionale riguardante la materia, anche se i principali provvedimenti di necessaria modifica del nostro ordinamento hanno preceduto l’adozione della citata direttiva.

Ad ogni modo, il provvedimento comunitario è stato recepito con diversi provvedimenti di

natura legislativa e regolamentare, adottati a partire dal 199058. Il primo di essi è il decreto- legge 28 giugno 1990, n. 16759, recante disposizioni per la rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, noto anche come decreto sul monitoraggio fiscale, che si occupa della disciplina dei trasferimenti esterovestiti di denaro, titoli o certificati in serie o di massa. Lo scopo del provvedimento è quello di conservare traccia di tutti i trasferimenti di denaro effettuati in qualsiasi modo da o verso l’estero, in modo che tali transazioni non possano costituire motivo di elusione dei controlli fiscali e che l’Amministrazione finanziaria sia nelle condizioni di poter ricostruire la capacità contributiva dei soggetti che effettuano queste operazioni. Tale decreto-legge, tuttavia, pur essendo stato adottato per aderire ad esigenze di natura fiscale, esplica i propri effetti anche ai fini antiriciclaggio. Infatti, l’obbligo di comunicazione dei movimenti di valori verso l’estero riguarda anche i casi particolarmente sensibili ai fini della disciplina in esame, primo tra tutti il trasferimento al seguito nonché quello effettuato attraverso soggetti non residenti, senza il tramite degli intermediari finanziari.

57 La norma ha subito molteplici modifiche, essendo stata sostituita, prima, dall'art. 30 della legge 19 marzo 1990, n. 55, poi dall'art. 2 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, e da ultimo integrata dall'art. 56 della legge 1° marzo 2002, n. 39 - Legge comunitaria 2001. 58 In particolare, a quell’anno risale la legge del 19/03/1990 n. 55, recante nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, con la quale sono state apportate le prime modifiche all’articolo 648-bis del codice penale ed è stato introdotto il successivo articolo 648-ter. 59 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 1990, n. 227. Il comma 2 dello stesso art. 1, ha inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni dettate dal decreto-legge 27 aprile 1990, n. 91, non convertito in legge, con il quale sono state dettate simili disposizioni in materia di “Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori”.

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Il più importante dei provvedimenti che compongono il quadro della disciplina amministrativa antiriciclaggio è, però, costituito dal decreto- legge 3 marzo 1991, n. 14360, recante provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. In esso trovano corpo importanti disposizioni per la limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore, in materia di obblighi di identificazione e registrazione 61.

I successivi provvedimenti di recepimento della citata direttiva 91/308/CEE sono:

• i decreti del Ministro del Tesoro del 19 dicembre 1991 e del 29 ottobre 199362, relativi alle modalità di attuazione delle disposizioni di cui all'art. 2 del decreto- legge 3 maggio 1991, n. 143;

• la legge 9 agosto 1993, n. 328, recante ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 199063;

• il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, recante norme in materia di circolazione transfrontaliera di capitali in attuazione della direttiva 91/308/CEE;

• il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153, recante integrazione dell'attuazione della direttiva 91/308/CEE in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita64;

• la circolare n. 153/D del Ministero delle Finanze del 4 giugno 1997 (Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette Direzione Centrale dei Servizi Doganali).

L’analisi complessiva dei provvedimenti sinora citati delinea il quadro di riferimento della normativa nazionale antiriciclaggio.

5.1 Trasferimento di denaro, titoli e valori di importo superiore a 12.500 euro. L’articolo 1, comma 1, della legge n. 197/91 stabilisce alcune limitazioni dell’uso del

contante e dei titoli al portatore che per loro natura intrinseca di valori fungibili e, dunque, non strettamente legati ad un determinato soggetto, sono suscettibili di costituire veicolo privilegiato del riciclaggio di denaro. Queste limitazioni hanno carattere strumentale rispetto alle due figure di reato di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale, al fine di impedire che il sistema bancario e finanziario siano utilizzati a fini di riciclaggio.

In particolare, la norma in esame prevede il divieto di trasferire denaro contante e titoli al

portatore tra soggetti diversi, quando il valore del trasferimento superi 12.500 euro. Tale tipo di trasferimento può avvenire solamente per il tramite di un intermediario creditizio-finanziario, il quale, nel dare seguito alle operazioni, è tenuto all’osservanza di particolari prescrizioni.

Un esempio degli effetti diretti di tale limitazione è data dallo strumento creditizio dei

libretti di risparmio al portatore, i quali non possono superare un limite di saldo massimo di 12.500 euro. Il titolo in esame, infatti, può essere trasferito da una persona all’altra con la semplice 60 Convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n.197. Il provvedimento è meglio noto con ques t’ultimo riferimento normativo, motivo per il quale nel prosieguo della presente trattazione verrà citato come legge n. 197/91. 61 L’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 143/91 sostituisce interamente l’articolo 13 del decreto-legge n. 625/79 che già stabiliva specifici obblighi di identificazione e registrazione. 62 Quest’ultimo decreto modifica il precedente del 19 dicembre 1991. 63 Benché la legge ratifichi la Convenzione di Strasburgo, il provvedimento implementa le misure antiriciclaggio contenute nel codice penale e nel codice di procedura penale e può, quindi, contemporaneamente considerarsi anche quale misura di recepimento della direttiva 91/308/CEE. 64 I profili più significativi dettati dai decreti legislativi n. 125/97 e 153/97 consistono nelle modifiche apportate alla legge n. 197/91.

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consegna del libretto. Pertanto, il portatore del documento è legittimato ad ottenere, con uno o più prelevamenti65, il denaro contante depositato presso l’intermediario, dal momento che il contratto sottostante prevede che la banca conosca soltanto il cliente che ha aperto il libretto, ma non chi ne sia il legittimo portatore. In questo modo, il titolo diviene strumento assimilato al denaro contante e, quindi, potenziale veicolo di pratiche illecite.

Per i certificati di deposito ed i titoli obbligazionari al portatore, a differenza del libretto di

risparmio al portatore, è possibile l’emissione anche in tagli di importo superiore a 12.500 euro. In questo caso la limitazione al trasferimento del denaro contante o dei titoli al portatore comporta l’impossibilità di effettuare transazioni mediante semplice consegna del titolo, e la necessità di rivolgersi ad un intermediario abilitato.

Il comma 2 del citato articolo 1, poi, stabilisce per i vaglia postali e cambiari e gli assegni

postali, bancari e circolari emessi per importi superiori a 12.500 euro l’obbligo di indicare il nome o la ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Si tratta di una previsione la cui violazione è sanzionata con una sanzione pecuniaria amministrativa, a carico di chi emette il titolo, fino al 40% dell’importo trasferito. Dato il comune utilizzo dei titoli in esame ed, in particolare, dell’assegno bancario, questa è la più frequente delle violazioni degli obblighi strumentali riscontrabile in materia. In gran parte dei casi, tale violazione è commessa verosimilmente per motivi estranei al riciclaggio di denaro, come nel caso di mera disattenzione. Inoltre, in caso di infrazione, le segnalazioni devono essere effettuate dall'azienda di credito che accetta in versamento i titoli e da quella che ne effettua l'estinzione, procedimento che garantisce il controllo incrociato delle rispettive posizioni e la certezza (o quasi) di perseguire le violazioni66.

5.2 Gli obblighi di identificazione e di registrazione. Uno dei profili fondamentali ai fini dell’applicazione della disciplina antiriciclaggio è quello

riguardante l’identificazione e l’indicazione per iscritto delle complete generalità di chiunque compia, anche per interposta persona, operazioni che comportano trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo che siano di importo superiore a 12.500 euro.

L’obbligo di identificazione e registrazione è strumentale alla prevenzione delle pratiche di

lavaggio del denaro sporco basate sull’esecuzione di molteplici operazioni tramite gli intermediari creditizi ovvero attraverso tutti gli altri operatori del mercato finanziario. Queste operazioni, infatti, consentono trasferimenti di enormi somme di denaro con relativa semplicità; in assenza di registrazione delle stesse sarebbe praticamente impossibile ricostruirne il paper trail.

Pertanto, quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a 12.500 euro (soglia

oltre la quale, come detto, sussiste l’obbligo di rivolgersi agli intermediari abilitati), chi compie l'operazione presso gli uffici di determinati operatori (non solo banche ed intermediari finanziari) deve essere identificato e tutti i dati relativi all'operazione stessa devono essere inseriti in un archivio unico informatico. Gli obblighi sussistono, altresì, in sede di accensione di ogni conto67, deposito68 o altro rapporto continuativo 69, nominativo o al portatore, in danaro o in titoli, di qualunque importo. 65 Per poter effettuare operazioni, in molti casi è necessario conoscere una parola chiave concordata con il soggetto che ha aperto il rapporto. 66 Sono previste sanzioni a carico degli intermediari che non effettuino la segnalazione al Ministro dell’economia e delle finanze. 67 Ad esempio, quali il conto corrente e conti analoghi; sono, invece, esclusi i conti transitori bancari. 68 Con esclusione dei certificati di deposito e titoli analoghi. 69 Rientrano in tale contesto i rapporti relativi a cassette di sicurezza e a depositi chiusi; sono invece esclusi i rapporti di garanzia.

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Gli uffici, ovvero il personale da essi incaricato, chiamati ad osservare l’obbligo di

identificazione sono espressamente individuati dall’articolo 13 del d.l. n. 625/79 nei seguenti: a) uffici della pubblica amministrazione, ivi compresi gli uffici postali; b) enti creditizi; c)

società di intermediazione mobiliare; d) società commissionarie ammesse agli antirecinti alle grida delle borse valori; e) agenti di cambio; f) società autorizzate al collocamento a domicilio di valori mobiliari; g) società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare; h) società fiduciarie; i) imprese ed enti assicurativi; l) società Monte Titoli S.p.A.; m) intermediari che hanno per oggetto prevalente o che comunque svolgono in via prevalente una o più delle seguenti attività: concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compresa la locazione finanziaria; assunzione di partecipazioni; intermediazioni in cambi; servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi anche mediante emissione e gestione di carte di credito; m-bis) istituti di moneta elettronica.

Il decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, ha esteso l'applicazione degli obblighi di identificazione ad undici nuove categorie chiamate professionalmente a svolgere attività a rischio di riciclaggio 70. Si tratta dei soggetti che esercitino le seguenti attività:

il recupero di crediti per conto terzi, la custodia ed il trasporto di denaro contante e di titoli o valori, con o senza l’impiego di guardie particolari giurate, l’agenzia di affari in mediazione immobiliare, il commercio di cose antiche, l'esercizio di case d'asta o di gallerie d'arte, il commercio, l’esportazione e l’importazione di oro, la fabbricazione di oggetti preziosi da parte di imprese artigiane, la gestione di case da gioco, la mediazione creditizia, l'esercizio professionale dell'agenzia in attività finanziaria, le attività di promotore finanziario e di agente di assicurazione.

Per le suddette categorie, gli obblighi si assolvono con specifiche modalità che tengono conto della particolare attività svolta dalla tipologia dei soggetti interessati.

Inoltre, per le ultime due categorie, che agendo generalmente per conto di un intermediario dovevano già ritenersi comprese tra i soggetti obbligati alle operazioni di identificazione e registrazione, l’estensione normativa dettata dal decreto legislativo 374/99 consiste nell’applicazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette (meglio delineato in uno dei paragrafi successivi) che i soggetti in esame devono inviare all’intermediario, ente creditizio o finanziario, per il quale il segnalante agisce.

Per quanto riguarda gli elementi che debbono essere rilevati ai fini della identificazione e registrazione, l’articolo 13, comma 4, del decreto-legge n. 625/79 ed il relativo provvedimento di attuazione (D.M. 19 dicembre 1991 e successive modifiche) stabiliscono che essi siano:

• la data e la causale dell'operazione; • l'importo dei singoli mezzi di pagamento71; • il codice fiscale per le operazioni effettuate per contanti; • le complete generalità72 ed il documento di identificazione di chi effettua

l'operazione; • le complete generalità dell'eventuale soggetto per conto del quale l'operazione stessa

viene eseguita.

70 Tali nuove categorie sono indicate alle lettere da a) a n) dell’articolo 1, comma 1, nonché dall’articolo 7, comma 2 del citato decreto. 71 È richiesto, in particolare, che sia distinta, con apposito codice, la parte del pagamento effettuata in contanti. 72 Nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo.

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A ciò si aggiunga che qualora si tratti di ordini di accreditamento o di pagamento, i dati dovranno essere integrati con l’indicazione dell’ordinante, il beneficiario e gli estremi degli intermediari che hanno dato corso all’operazione.

Considerate le finalità per le quali devono essere raccolte le suddette informazioni, il citato

articolo 13 stabilisce che esse siano facilmente reperibili. A tale scopo, è previsto, altresì, che gli intermediari indicati nel predetto articolo istituiscano un archivio informatico73 che è definito dalla legge “unico” in quanto, per ogni soggetto obbligato alla registrazione dei dati, ciò deve avvenire in un sistema unitario di pertinenza del medesimo soggetto pubblico o privato presso il quale l'operazione viene eseguita. L'archivio è formato e gestito a mezzo di sistemi informatici74 e deve essere aggiornato e ordinato in modo da facilitare eventuali ricerche e, comunque, in modo da garantire che le registrazioni siano effettuate entro 30 giorni dalla data in cui sono state eseguite le operazioni ovvero sono stati accesi i rapporti continuativi. Le informazioni archiviate devono essere conservate per un periodo di almeno dieci anni.

5.3 Gli obblighi dettati dal d.l. n. 167/90 in materia di monitoraggio fiscale. Simile prescrizioni di identificazione e registrazione ricorrono nel caso di trasferimenti da o

verso l'estero di denaro, titoli o certificati in serie o di massa, di importo superiore a 12.500 euro, effettuati in qualsiasi forma. Per tali fattispecie, il decreto-legge n. 167/90 stabilisce in capo alle banche ed alle società di intermediazione mobiliare l’obbligo della tracciatura, anche mediante rilevazione elettronica, delle evidenze contabili relative a tali trasferimenti, effettuati per conto o a favore di soggetti residenti in Italia che siano persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici75.

Tali evidenze riguardano i dati identificativi del soggetto residente in Italia per conto o a

favore del quale è effettuato il trasferimento quali: • le generalità o la denominazione o la ragione sociale; • il domicilio; • il codice fiscale.

Gli ulteriori elementi concernenti l’operazione sono:

• la data; • la causale; • l'importo del trasferimento; • gli estremi identificativi degli eventuali conti di destinazione.

Quando, invece, i medesimi soggetti sopra descritti (residenti in Italia) effettuano operazioni

da o verso l'estero senza il tramite degli intermediari, sono obbligati a indicare la misura e la natura dei trasferimenti nella dichiarazione annuale dei redditi, nel caso in cui sia superato il limite dei 12.500 euro.

73 Va segnalato che l’istituzione dell’archivio unico informatico è obbligatoria solamente per tali soggetti e non anche per le categorie indicate dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 374/99. 74 L'Archivio, che secondo la terminologia tecnica correntemente utilizzata è individuato con l’acronimo AUI (archivio unico informatico), deve essere gestito da un software munito di dichiarazione di conformità, rilasciata dal produttore, che attesti la rispondenza dei parametri richiesti dal Ministero del Tesoro (D.M. 7/7/1992). Esso, inoltre, deve gestire le tabelle di codifica dettate dell’Ufficio Italiano dei cambi (UIC) per le categorie anagrafiche dei soggetti e deve consentire ricerche di massa ed aggregate delle informazioni nonché l’interrogazione dell'anagrafe dei rapporti. 75 Nonché a favore di associazioni equiparate alle società semp lici ai sensi dell'articolo 5 del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi).

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Infine, limitatamente ai trasferimenti di attività finanziarie effettuati da e verso l'estero da parte di chiunque al seguito ovvero mediante spedizione con plico, sussistono particolari obblighi determinati dalla speciale natura del trasferimento in questione. I soggetti in esame, infatti, qualora sia superato il limite dei 12.500 euro, devono dichiarare il trasferimento all'Ufficio italiano dei cambi (UIC), con apposita dichiarazione da depositare presso gli uffici doganali, in caso di trasferimento verso paesi extracomunitari, ovvero presso una banca o ufficio postale, un ufficio doganale, un comando della Guardia di finanza, in caso di passaggi entro i paesi comunitari76.

5.4 Le operazioni frazionate. Ai fini della determinazione del limite dei 12.500 euro, occorre tenere conto della possibilità

che siano effettuate più operazioni costituenti, per loro natura e modalità di esecuzione, parti di un’unica operazione, attuate, in momenti diversi e in un circoscritto periodo di tempo, allo scopo di eludere il suddetto limite. Quelle appena descritte sono comunemente definite operazioni frazionate e per esse ricorrono i medesimi obblighi di identificazione e registrazione (nonché, come si dirà più innanzi, ricorrendone i presupposti, di segnalazione).

A tal fine, i soggetti destinatari degli obblighi in questione devono mettere a disposizione del personale incaricato gli strumenti tecnici idonei a conoscere in tempo reale le operazioni eseguite dal cliente presso la stessa dipendenza dell'ente o istituto nel giorno dell'operazione e nei giorni lavorativi ricompresi nei sette giorni precedenti. Gli strumenti citati hanno lo scopo di consentire al personale incaricato di valutare se si tratti di parti di un'unica operazione.

5.5 La segnalazione di operazioni sospette. Tutto il complesso sistema antiriciclaggio si basa sulla previsione di precise prescrizioni poste a carico degli operatori, che si traducono in un vero e proprio obbligo di collaborazione attiva con le autorità investigative, nella prevenzione e repressione del fenomeno illecito. Il nodo centrale ed al tempo stesso più delicato di questa impostazione consiste nell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette. Quelle operazioni, cioè, che per le caratteristiche che le contraddistinguono inducano a ritenere che il denaro, i beni o le utilità con le quali sono attuate possano provenire dai delitti di riciclaggio di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Questo profilo è delineato dall’articolo 3 della legge n. 197/9177 che si preoccupa di definire dettagliatamente cosa debba intendersi per operazione sospetta. Ciò nonostante ed esclusi i casi più evidenti, l’individuazione di tali operazioni rimane l’aspetto più problematico anche per l’operatore più esperto. L’articolo in esame stabilisce che il responsabile di un qualsiasi ufficio operativo degli intermediari abilitati, presso il quale sono compiute operazioni sospette, deve darne comunicazione al titolare, al legale rappresentante ovvero ad un suo delegato. Pertanto, i soggetti obbligati a tali segnalazioni sono gli intermediari in quanto soggetto giuridico. Essi operano attraverso i propri dipendenti che sono le persone che conoscendo direttamente la clientela sono anche in possesso delle informazioni più significative ai fini della normativa in esame. Per queste ragioni, gli intermediari devono attuare specifici programmi di addestramento e di formazione del personale, potenziando, altresì, il sistema dei controlli e dei riscontri interni78. 76 Per i trasferimenti comunitari, la dichiarazione deve essere depositata entro le 48 ore successive all’ingresso nel territorio dello Stato ovvero almeno 48 ore prima dell’espatrio. Nel caso, invece, del trasferimento (improbabile) con plico postale, la dichiarazione deve essere depositata contestualmente alla spedizione, presso l’ufficio che accetta il plico. Infine, se quest’ultimo è ricevuto nel territorio dello Stato (ed è, appunto, di provenienza estera), diviene nuovamente applicabile il criterio delle 48 ore successive (al ricevimento). 77 Le disposizioni sono ulteriormente integrate dal decreto del Ministro del Tesoro del 19 dicembre 1991. 78 Oltre ai doveri di internal auditing , la legge n. 197/91 prevede all’articolo 10 lo specifico dovere di vigilanza del collegio sindacale degli intermediari, ai fini dell’applicazione della stessa legge. Inoltre, gli atti di accertamento e di contestazione redatti dal collegio in ordine alla violazione degli obblighi ivi stabiliti devono essere trasmessi entro dieci

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Inoltre, l’articolo 4 del decreto legislativo n. 374/99 ha esteso l’obbligo di segnalazione di

operazioni sospette alle seguenti categorie professionali79:

• recupero di crediti per conto terzi; • custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori con o senza l’impiego di guardie

particolari giurate; • agenzia di affari in mediazione immobiliare; • commercio, comprese l'esportazione e l'importazione, di oro per finalità industriali o di

investimento; • gestione di case da gioco; • mediazione creditizia.

A questo punto, occorre chiarire quali siano le operazioni che destano il sospetto di riguardare denaro o beni provenienti dai delitti di riciclaggio o di impiego di valori di provenienza illecita. In merito, l’articolo 3 della legge n. 197/91 chiarisce che il sospetto viene riferito a ogni operazione che per:

• caratteristiche, • entità, • natura • per qualsiasi altra circostanza, • tenuto anche conto della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui attiene,

induca a ritenere possa dipendere da riciclaggio.

La descrizione operata dalla norma individua, inoltre, il caso della pluralità di operazioni effettuate da una persona, dai suoi familiari, dipendenti o per interposta persona, che non sia giustificata dall’attività svolta dal soggetto stesso. Un esempio può essere dato da un artigiano titolare di una modesta attività imprenditoriale che riceva, in un breve arco temporale, versamenti a proprio favore per somme molto rilevanti che poi le investa per acquistare un maxi esercizio commerciale).

5.6 Segue: le istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette emanate dalla Banca d’Italia.

L’importanza della materia concernente la segnalazione delle operazioni sospette è di tale rilievo da aver indotto il legislatore a prevedere l’adozione di istruzioni applicative, di ausilio al personale degli intermediari, emanate dalla Banca d’Italia, sentito l’UIC e d’intesa con le altre autorità di vigilanza competenti per il settore interessato.

La centralità del settore bancario e creditizio ha decretato l’opportunità che tale compito di

raccordo fosse assegnato alla Banca d’Italia, quale organo di vigilanza sui predetti settori, ma anche in considerazione delle funzioni di politica monetaria e di stabilità dei mercati. Nel 1993, è stato emanato il primo provvedimento recante “indicazioni operative per la segnalazione di operazioni sospette”, aggiornato nel 1994 ed integrato nel 1999 da un provvedimento contenente le indicazioni specificamente indirizzate al settore assicurativo. Infine, d’intesa con la CONSOB e l’ISVAP80, è giorni al Ministro dell’economia e delle finanze a pena dell’applicazione delle sanzioni penali della reclusione fino ad un anno e della multa da 103,29 a 1.032,29 euro. 79 Cui vanno ulteriormente aggiunte le categorie dei promotori finanziari e gli agenti di assicurazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 374/99 citato. 80 La CONSOB e l’ISVAP sono le autorità di vigilanza competenti, rispettivamente, per la borsa valori e per il settore assicurativo.

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stato emanato il provvedimento della Banca d’Italia 12 gennaio 2001, recante “istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette” che aggiorna i precedenti, ricomprendendo anche le specifiche disposizioni dirette al settore assicurativo.

Pur essendo formalmente dirette agli operatori dei settori bancario, finanziario e

assicurativo, le istruzioni si propongono di fornire istruzioni utili per l’individuazione e la segnalazione di operazioni sospette anche da parte di soggetti diversi dai precedenti, ivi comprese le categorie che svolgono le attività individuate dal decreto legislativo n. 374/99. Esso si pone, dunque, come uno strumento di potenziale utilizzo anche da parte di ulteriori categorie di soggetti che dovessero essere successivamente previste dalla legge quali destinatarie degli obblighi di collaborazione attiva ai fini antiriciclaggio ed, in particolare, di quelli di segnalazione 81.

Il provvedimento, dopo aver introdotto il quadro generale di applicazione della disciplina

delle segnalazioni di operazioni sospette, si compone di due parti che forniscono chiarimenti in ordine:

• alle regole organizzative e procedurali; • agli indici di anomalia.

Nella prima delle due parti si delineano le regole fondamentali ai fini dell’adempimento

degli obblighi segnaletici con particolare attenzione alla necessità di valutazione ed analisi di tutte le operazioni anche se al di sotto del limite di identificazione ed all’importanza della conoscenza della clientela. Sono poi affrontati i temi della formazione del personale, dei controlli interni, della procedura di segnalazione e della sospensione delle operazioni.

Nella seconda parte sono invece delineati gli indici di anomalia relativi a tutte le categorie di

soggetti obbligati ovvero ad alcune di esse nonché gli indici rilevabili dai comportamenti della clientela.

In particolare, tra gli indici comuni a tutte le categorie professionali nonché relativi alle operazioni in contanti, si segnalano:

• l’effettuazione di ripetute operazioni della stessa natura non giustificate dall’attività svolta dal cliente;

• il ricorso a tecniche di frazionamento dell’operazione; • le operazioni di ingente ammontare, inusuali rispetto a quelle comunemente

effettuate dal cliente; • le operazioni di prelevamento o versamento di denaro contante per importi rilevanti,

in assenza di plausibili giustificazioni; • le operazioni palesemente illogiche ovvero miratamente svantaggiose per il cliente

sotto il profilo economico; • frequenti operazioni effettuate dal cliente a nome di terzi ovvero da questi ultimi a

favore del cliente, in assenza di apparenti rapporti; • le operazioni con controparti situate in Stati esteri, con particolare attenzione alle

località indicate come paradisi fiscali e finanziari 5.7 La trasmissione delle segnalazioni all’UIC. Il soggetto (titolare, legale rappresentante ovvero un suo delegato) che riceve le segnalazioni

è tenuto a trasmetterle, senza ritardo, all'Ufficio italiano dei cambi. Come segnalato nelle istruzioni della Banca d’Italia, la mancanza di un termine specifico entro il quale effettuare la segnalazione non può interpretarsi come la possibilità di superare ogni ragionevole limite temporale nella 81 Il riferimento è chiaramente rivolto alle prossime integrazioni della normativa nazionale, che dovranno essere adottate in recepimento delle disposizioni contenute nella direttiva 2001/97/CE.

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trasmissione delle informazioni all’UIC. Il termine senza ritardo deve allora essere interpretato con riferimento all’insieme di operazioni che la segnalazione è in grado di mettere in moto, avuto riguardo a quanto previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge n. 197/91 che prevede la possibilità per l’UIC di sospendere l’operazione per un massimo di 48 ore, a meno che la sospensione non determini pregiudizio per il corso delle indagini e per l’operatività degli intermediari. Al riguardo, le istruzioni della Banca d’Italia mettono in luce il principio del contemperamento tra le esigenze di tempestività e di corretta valutazione dell’operazione, in modo da limitare i rischi di affrettate segnalazioni, che non abbiano poi corso, ovvero di segnalazioni tardive che compromettano il potere dell’UIC di sospendere l’operazione.

Secondo quanto disposto dall’articolo 3, comma 2, della legge citata, oltre che senza ritardo, la segnalazione deve essere trasmessa, ove possibile, prima di effettuare l’operazione, mentre le istruzioni della Banca d’Italia chiariscono che gli intermediari possono preavvisare telefonicamente o con strumenti telematici l’UIC, anche al fine di ricevere istruzioni sul comportamento da tenere. Quanto all’operazione, questo significa che l’intermediario potrà accettarla ma, in caso di dubbio, sarà opportuno che prima di eseguirla attenda le istruzioni dell’UIC.

Il suddetto articolo 3, comma 2, prevede, inoltre, che la trasmissione propriamente detta

all’UIC sia effettuata solamente qualora le segnalazioni siano da ritenere fondate, tenendo conto degli elementi a disposizione dell’ufficio del segnalante stesso, anche sulla base di quanto rilevabile dall’archivio unico informatico. Sembrerebbe sussistere, quindi, una vera e propria discrezione valutativa in favore del soggetto obbligato alla segnalazione. In realtà si tratta di una prima stima dell’indice di sospetto dell’operazione, il cui unico scopo è quello di filtrare le segnalazioni che palesemente non presentino anomalie ovvero siano state effettuate per mero errore. Infatti, l’imperatività dell’obbligo di segnalazione e le sanzioni previste a carico di chi non ottemperi inducono, piuttosto, a valutazioni prudenziali da parte del soggetto o dell’organo conclusivamente delegato alla trasmissione all’UCI. 5.8 La riservatezza delle segnalazioni ed il segreto professionale.

Le segnalazioni devono giungere all’Ufficio italiano dei cambi82 prive di indicazioni relative ai nominativi dei segnalanti. Questo perché, ai fini del corretto funzionamento dell’intero sistema, è assolutamente indispensabile garantire la riservatezza delle segnalazioni, in modo da scongiurare ipotesi di ritorsioni contro gli operatori che le effettuano. E tale principio deve essere rispettato sia dalle autorità investigative che dai segnalanti medesimi, tanto che il comma 8 dell’articolo 3 citato prevede espressamente il divieto ai soggetti tenuti alle segnalazioni e a chiunque ne sia comunque a conoscenza, di darne comunicazione fuori dei casi prescritti dalla legge n. 197/91 in commento.

A fronte dell’obbligo di segnalazione esiste anche un obbligo di riservatezza che per molti tratti ricorda il segreto d’ufficio83. Neppure in caso di denuncia all’Autorità giudiziaria può essere menzionata l’identità delle persone e degli intermediari che hanno effettuato le segnalazioni. Essa potrà essere rivelata solamente quando la stessa A.G. adotti un decreto84 motivato dalla indispensabile necessità di conoscerla ai fini dell’accertamento dei reati per i quali si procede (art. 3-bis). Inoltre, il comma 5 dell’articolo 3-bis, prevede che gli intermediari adottino adeguate misure per assicurare la massima riservatezza dell’identità delle persone che effettuano le segnalazioni, con l’obbligo di diretta custodia dei documenti ove le generalità di tali soggetti siano indicate.

82 Di regola con l’utilizzo di procedure informatiche e telematiche. 83 Al riguardo, preme qui chiarire come, ad avviso di chi scrive, debba escludersi la qualifica di pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio in capo agli operatori obbligati alla segnalazione di operazioni sospette, qualifica che prima della riforma del sistema creditizio e bancario era riconosciuta a tali soggetti. Una diversa opinione porterebbe alla conseguente applicazione delle norme sanzionatorie di cui all’articolo 326 c.p., riguardanti la rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio. 84 Verosimilmente, si tratta del Giudice per le indagini preliminari e dell’organo giudicante.

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Da ultimo, appare opportuno chiarire quale rapporto esista tra l’obbligo di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette ed il segreto professionale. Tale termine sembrerebbe direttamente riferito a ciò che viene comunemente indicato come segreto bancario, anche alla luce del rilievo che assume il sistema creditizio nell’ambito della disciplina in esame. Tuttavia, prescindendo da un esame esaustivo della fattispecie, deve osservarsi come esso sia una forma specifica del più generale segreto professionale che sussiste in relazione a molteplici categorie professionali che, in funzione della sensibilità dei dati e delle informazioni che sono contrattualmente chiamati a trattare, devono garantire al fruitore delle prestazioni e dei servizi resi, in termini di riservatezza. Al riguardo, pertanto, occorre considerare tutte le diverse categorie obbligate alla segnalazione delle operazioni sospette.

In merito, l’articolo 3, comma 7 della legge n. 197/91 in commento, stabilisce che le

segnalazioni effettuate ai sensi dello stesso articolo 3 non costituiscono violazione degli obblighi di segretezza. In questo senso, è la stessa legge a dettare un criterio di deroga al principio di stretta osservanza del segreto professionale, che a seconda delle diverse categorie interessate, assume rilievo nel nostro ordinamento a livello di regolamento, codice deontologica, prassi consuetudinaria.

La norma aggiunge anche che la segnalazione operata correttamente non comporta

responsabilità di alcun tipo. Questo concetto, ripreso direttamente dalla formulazione della direttiva 91/308/CEE, non sembrerebbe di per sé necessario, atteso che dall’osservanza di un obbligo sancito dalla legge non può derivare una responsabilità verso terzi. Tuttavia, la formula utilizzata dalla medesima direttiva che si riferisce alle segnalazioni effettuate “in buona fede” fa comprendere come il principio vada inteso in senso contrario, considerando la possibilità che taluno utilizzi la segnalazione in mala fede, come strumento di cui abusare al fine di arrecare un danno ad altri (si pensi all’ipotesi di una segnalazione attivata dal pretesto dell’operazione sospetta ma mirata esclusivamente a generare sospetti di riciclaggio nei confronti di qualcuno).

5.9 L’attività dell’Ufficio italiano dei cambi e degli organi investigativi. A seguito delle modifiche apportate alla disciplina dal decreto legislativo n. 153/97, l’UIC è la Financial intelligence unit italiana (FIU – unità di investigazione finanziaria), ossia l’autorità responsabile dell’attività investigativa in materia di antiriciclaggio. L’ufficio costituisce il punto raccordo di tutte le segnalazioni per operazioni sospette che giungono dai vari operatori. Effettua un primo esame dell’operazione sospetta, tenendo conto delle ragioni economiche che la hanno generata, acquisendo, quindi, ulteriori dati e informazioni presso gli intermediari segnalanti e scambiando notizie con gli organi di vigilanza e con le FIU estere. Compie, inoltre, gli altri accertamenti opportuni, utilizzando i dati contenuti nell'anagrafe dei conti e depositi recentemente istituita85, per avere un quadro generale dei relativi movimenti, e svolgendo gli approfondimenti del caso. Altro potere dell’UIC è quello di sospendere le operazioni sospette per 48 ore, agendo d’iniziativa ovvero su richiesta degli organi investigativi di cui si dirà meglio oltre.

Inoltre, l’Ufficio può compiere gli accertamenti relativi alla consistenza dell'attività di

riciclaggio svolta in determinate zone del territorio nazionale, anche mediante accessi diretti agli archivi informatici delle banche e altri istituti obbligati ad attivarli. Una volta eseguiti gli approfondimenti, si profilano per l’UIC due possibili soluzioni:

• la trasmissione delle segnalazioni, complete delle elaborazioni e corredate di una relazione tecnica, alla direzione investigativa antimafia (DIA) e al nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza;

85 L’adozione di strumenti per istituire l’anagrafe di conti e di depositi è prevista dall’articolo 20, comma 4, della legge 30 dicembre 1991,n. 413, cui è stata data attuazione con il D.M. 4 agosto 2000, n. 269.

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• l’archiviazione delle segnalazioni prive di interesse, informandone gli organi investigativi di cui sopra.

Da quanto precede si evince che solamente la DIA e il nucleo speciale di polizia valutaria

della Guardia di finanza sono gli organi investigativi deputati all’esecuzione degli approfondimenti successivi nonché dei controlli sul campo, ai fini dell’eventuale comunicazione all’autorità giudiziaria della notizia di reato. La mera segnalazione, infatti, quasi mai costituisce elemento sufficiente tale da poter configurare una concreta ipotesi di riciclaggio o di altro illecito penale. Con tale premessa, il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che ne venga a conoscenza non è obbligato alla denuncia per iscritto, salvo che la segnalazione non fornisca elementi così chiari e precisi da determinare concretamente una notizia di reato perseguibile di ufficio. In questo caso, il predetto pubblico ufficiale dovrà operare osservando le prescrizioni dell’articolo 331 del c.p.p., comunicandone gli estremi all’A.G. Se le segnalazioni riguardano, invece, sospetti in materia di criminalità organizzata, gli organi investigativi provvedono a portarne a conoscenza il Procuratore nazionale antimafia. Per quanto riguarda i poteri degli organi investigativi, è previsto, in particolare, che gli appartenenti al nucleo speciale di polizia valutaria operino avvalendosi anche delle facoltà loro attribuite dalla disciplina valutaria, con la possibilità di delegare gli ufficiali di polizia tributaria dei nuclei regionali e provinciali. Una volta verificata positivamente la sussistenza di una ipotesi di reato, l’attività investigativa concerne profili di polizia giudiziaria, il cui coordinamento spetta all’A.G.

Ulteriori poteri attribuiti agli organi sopra esaminati riguardano i controlli che gli stessi possono effettuare nei confronti degli intermediari abilitati e degli altri soggetti tenuti all’osservanza delle disposizioni per prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a scopi di riciclaggio. Al riguardo, l'Ufficio italiano dei cambi, cura la verifica dell'adeguatezza delle procedure di segnalazione di operazioni sospette e l’osservanza delle norme in tema di trasferimento di valori da parte degli intermediari abilitati, operando d'intesa con le autorità preposte alla vigilanza di settore. Al controllo nei riguardi di tutti gli altri soggetti provvede il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.

Da ultimo, si segnala che l’UIC è responsabile anche del cosiddetto feedback. Questo

processo consente di avere un ritorno di informazioni verso il segnalante, allo scopo di affinarne la conoscenza in ordine alle prassi seguite da quanti riciclano denaro e sugli indizi che consentono di riconoscere operazioni sospette. In questo senso si muovono le indicazioni contenute nella direttiva comunitaria 91/308/CEE. Al riguardo, il nostro ordinamento prevede che, qualora le segnalazioni non abbiano ulteriore corso, gli organi investigativi devono darne comunicazione all’UIC che a sua volta ne dà notizia all’intermediario che ha effettuato la segnalazione. Non è, invece, possibile la comunicazione agli intermediari di notizie riguardanti segnalazioni che hanno ulteriore corso, considerato che le attività svolte dagli stessi organi sono coperte dal segreto d'ufficio86.

5.10 Le sanzioni. I profili sanzionatori concernenti la violazione delle disposizioni riguardanti la materia sono

state già anticipate nei paragrafi precedenti, con riferimento ai comportamenti illeciti, diversi dai delitti di cui agli articoli 648-bis e 648-ter, costituenti reato. In questa sede, pertanto, oltre a

86 Una diversa impostazione del sistema di feedback consentirebbe di comunicare agli intermediari i dati conservati nel sistema informativo dell’UIC, relativi a soggetti nei cui confronti sia stato emanato un provvedimento sanzionatorio definitivo.

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delineare le ipotesi costituenti illecito amministrativo, si propone un breve schema riassuntivo delle fattispecie sinora esaminate.

In particolare, in caso di violazione degli obblighi di identificazione e registrazione delle operazioni sinora richiamate, si applicano le disposizioni sanzionatorie dell'articolo 13, commi 7 ed 8, del decreto-legge n. 625 del 1979, per tutte le categorie di soggetti obbligati. Queste norme sanzionano con la multa da 2.582,28 a 12.911,42 euro il personale incaricato dell'operazione che contravvenga alle disposizioni dettate per prevenire l'eventuale riciclaggio di denaro e di altre utilità provenienti da delitto. Nei confronti dell'esecutore dell'operazione che ometta di indicare le generalità del soggetto per conto del quale esegue l'operazione o le indichi falsamente, è applicabile la sanzione penale della reclusione da sei mesi ad un anno e la multa da 516,45 a 5.164,57 euro.

Per le altre violazioni sono, invece, previste specifiche sanzioni dall’articolo 5 della legge n. 197/91. Cominciando da quelle più gravi, si tratta del reato di omessa istituzione dell'archivio unico informatico, punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da 5.164,56 a 25.822,84 euro. La violazione del divieto di divulgare il contenuto delle segnalazioni sospette è punita con l'arresto da sei mesi ad un anno o con l'ammenda da 5.164,56 a 51.645,69 euro.

In materia di sanzioni amministrative, il profilo forse di maggiore interesse è contenuto al comma 5 dell’articolo 5 della legge n. 197/91 e concerne la sanzione relativa all'omissione delle segnalazioni di operazioni sospette. La violazione in esame è punita molto gravemente e salvo che il fatto costituisca reato, applicando una sanzione pecuniaria fino alla metà del valore dell'operazione. Si applica, invece, una sanzione pecuniaria fino al 40% dell'importo trasferito per la violazione delle disposizioni per la limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore.

Inoltre, a carico dei funzionari delle amministrazioni pubbliche, dei pubblici ufficiali e degli intermediari abilitati che omettano di comunicare (entro 30 giorni) al Ministro dell’economia e delle finanze le infrazioni di cui abbiano notizia, è posta una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 30% dell'importo dell’operazione.

È bene precisare che tutte le sanzioni sopra delineate si applicano solo laddove l'inosservanza delle disposizioni richiamate non integri un più grave reato, come nella ipotesi di concorso nella attività di riciclaggio posta in essere da altri soggetti.

Per l'irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative, è competente il Ministro dell’economia e delle finanze, che provvede dopo aver udito il parere della commissione Ministeriale prevista dal testo unico delle norme di legge in materia valutaria.

Infine, i provvedimenti con i quali sono state irrogate le sanzioni pecuniarie agli intermediari abilitati iscritti in albi od altri soggetti sottoposti ad autorizzazione amministrativa sono comunicati, altresì, alle autorità vigilanti e, ove opportuno, agli ordini professionali per le iniziative di rispettiva competenza.

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ALLEGATI: 1)

LE QUARANTA RACCOMANDAZIONI

DEL GRUPPO DI AZIONE FINANZIARIA (GAFI) (Traduzione non ufficiale)

A) QUADRO GENERALE DELLE RACCOMANDAZIONI

1. Ogni Paese dovrebbe prendere provvedimenti immediati per ratificare e attuare pienamente il Trattato delle Nazioni Unite del 1988 contro il Traffico Illecito di Narcotici e Sostanze Psicotrope del 1988 (Convenzione di Vienna ).

2. Le leggi sul segreto bancario dovrebbero essere concepite in modo tale da non impedire l’attuazione di queste Raccomandazioni.

3. Un efficace programma antiriciclaggio dovrebbe prevedere una maggiore cooperazione multilaterale e un'assistenza legale reciproca nelle indagini, nei procedimenti giudiziari e, ove possibile, nell'estradizione.

B) RUOLO DELLE LEGISLAZIONI NAZIONALI NELLA LOTTA AL RICICLAGGIO DI DENARO

Fattispecie del reato di riciclaggio di capitali

4. Ogni Paese dovrebbe prendere le misure necessarie, incluse quelle legislative, per criminalizzare il riciclaggio di capitali come stabilito dalla Convenzione di Vienna. Ogni Paese dovrebbe estendere la fattispecie di reato di riciclaggio a tutti i reati gravi e non solo a quelli collegati alla droga. Ogni paese dovrebbe determinare quali reati gravi devono essere considerati fattispecie di reato di riciclaggio di capitali.

5. Come previsto dalla Convenzione di Vienna, il reato di riciclaggio dovrebbe essere applicato almeno alle attività di riciclaggio accertate, ove per accertate si intende anche dedotte da circostanze oggettive.

6. Ove possibile, le società per azioni stesse -non solo i loro impiegati- dovrebbero essere soggette a responsabilità penale.

Provvedimenti cautelativi e confisca

7. I Paesi dovrebbero adottare provvedimenti simili a quelli previsti nella Convenzione di Vienna, quando necessario, inclusi i provvedimenti legislativi, per permettere alle autorità competenti di confiscare i valori patrimoniali riciclati, i proventi, i mezzi usati o destinati ad essere usati nella perpetrazione di un qualsiasi reato di riciclaggio di capitali, o gli averi patrimoniali di valore corrispondente, senza pregiudicare il diritto dei terzi in buona fede. Tali provvedimenti dovrebbero prevedere il potere di:

1) identificare, accertare l'origine e valutare i valori patrimoniali soggetti a confisca; 2) prevedere provvedimenti cautelativi, come il blocco e il sequestro, per prevenire qualsiasi compravendita, trasferimento o riciclaggio di tali valori; 3) prendere qualsiasi misura investigativa appropriata.

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Oltre alla confisca e le sanzioni penali, i paesi dovrebbero anche considerare sanzioni civili e pecuniarie, e/o azioni legali incluse quelle civili, per annullare i contratti sottoscritti dalle parti, in cui le parti sapevano o avrebbero dovuto sapere che, come risultato del contratto, lo Stato sarebbe stato pregiudicato nel recuperare i suoi diritti finanziari, ad es. attraverso la confisca o la riscossione di multe e ammende. C. RUOLO DEL SISTEMA FINANZIARIO NELLA LOTTA AL RICICLAGGIO DI

CAPITALI

8. Le raccomandazioni da 10 a 29 non dovrebbero essere applicate solo alle banche, ma anche agli istituti finanziari non bancari. Anche per gli istituti finanziari non bancari che non sono soggetti in tutti i paesi ad un sistema formale di controllo cautelativo, per esempio gli uffici di cambio, i governi dovrebbero garantire che tali istituti finanziari siano soggetti alle stesse leggi o norme contro il riciclaggio di capitali come tutti gli altri istituti finanziari e che queste leggi o nome siano realmente osservate.

9. Le Autorità nazionali competenti dovrebbero applicare le raccomandazioni dalla 10 alla 21 e 23 nella conclusione di attività finanziarie quali quelle commerciali, da parte di società o professioni non finanziarie, nei paesi in cui tale attività è permessa o non è proibita. Le attività finanziarie includono, ma non sono limitate a, quelle indicate nell'accluso allegato. Ad ogni paese è lasciata la libertà di decidere quando, per speciali situazioni, non è necessaria l'applicazione di misure contro il riciclaggio di capitali, come per esempio, quando l'attività finanziaria venga condotta su base limitata e occasionale.

Identificazione del cliente e nome per l'allestimento e la conservazione della documentazione

10. Gli istituti finanziari non dovrebbero tenere conti anonimi o chiaramente pseudonimi, ma dovrebbero essere obbligati (per legge, per norme, per accordi tra le autorità di supervisione e gli istituti finanziari o per accordi auto-normativi tra gli istituti finanziari ) ad identificare, sulla base di un documento ufficiale o altro documento di identificazione affidabile, e a registrare l’identità dei loro clienti, sia noti che occasionali, quando intrattengono relazioni di affari o effettuano transazioni (in particolare l'apertura di conti o libretti di banca, l'ingresso in transazioni fiduciarie, affitto di cassette di sicurezza, l'esecuzione di transazioni considerevoli in contanti).

Al fine di soddisfare l'obbligo di identificazione concernente le persone giuridiche, gli istituti finanziari dovrebbero, se necessario, prendere provvedimenti al fine di:

(i) verificare l’esistenza e la struttura giuridica del cliente ottenendo sia da un pubblico registro oppure dal cliente o da entrambi, prova della costituzione della società, ed anche informazioni sul nome del cliente, la forma giuridica, l'indirizzo, il consiglio di amministrazione e le clausole che ne regolano il potere di vincolare la società;. (ii) verificare che qualsiasi persona che pretenda di agire per conto del cliente sia autorizzata a far ciò e identificare detta persona.

11. Gli istituti finanziari dovrebbero adottare delle misure ragionevoli per ottenere informazioni sulla vera identità delle persone a vantaggio delle qua li viene aperto un conto o viene condotta una transazione se ci sono dubbi che questi clienti stiano agendo per proprio conto, come nel caso di società domiciliarie (per esempio istituzioni, società, fondazioni, associazioni, ecc. che non conducono alcuna attività commerciale o industriale o né altra forma di operazione commerciale nella nazione in cui si trova la loro sede legale).

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12. Gli istituti finanziari dovrebbero conservare, per almeno cinque anni, tutta la documentazione sulle transazioni, sia nazionali che internazionali, per poter soddisfare rapidamente le richieste di informazioni da parte delle autorità competenti. Tale documentazione deve poter permettere la ricostruzione di transazioni individuali (compresi, se ci fossero, gli importi e i tipi di valuta impiegata) al fine di fornire, se necessario, la prova per l'accusa di condotta illecita.

Gli istituti finanziari dovrebbero conservare una documentazione per porte identificare il cliente (per es. copie o registrazioni di documenti di identificazione ufficiali come passaporti, carte di identità, patenti di guida, simili), gli schedari dei conti e la corrispondenza commerciale per almeno cinque anni dopo che il conto viene chiuso. Questi documenti dovrebbero essere disponibili alle autorità nazionali competenti contestualmente ai procedimenti penali e alle indagini di rilievo.

13. I Paesi dovrebbero prestare particolare attenzione alle minacce di riciclaggio di capitali provenienti da tecnologie nuove o in via di sviluppo che potrebbero favorire l’anonimato; e adottare, se necessario, misure per evitare la loro utilizzazione a fini di riciclaggio.

Maggior diligenza degli Istituti finanziari

14. Gli istituti finanziari dovrebbero prestare particolare attenzione a tutte le transazioni complesse, insolite e considerevoli, e a tutte le transazioni insolite che chiaramente non hanno scopi economici e legali. L'effettuazione di tali transazioni dovrebbe, per quanto possibile, essere controllata, i risultati dovrebbero essere registrati e messi a disposizione dei supervisori, dei revisori di conti e degli organi inquirenti.

15. Se gli istituti finanziari sospettano che i fondi provengano da attività illecite, dovrebbero segnalare immediatamente i loro sospetti alle Autorità competenti .

16. Gli istituti finanziari, i loro direttori, i funzionari e gli impiegati dovrebbero essere tutelati da procedimenti che ne esimano la responsabilità penale o civile per la violazione di qualsiasi disposizione sulla divulgazione di informazioni imposta dal contratto o da qualsiasi noma legislativa, regolamentare o amministrativa, nel caso in cui comunichino i loro sospetti in buona fede alle autorità competenti, senza conoscere precisamente quale sia l'attività illecita e se effettivamente si sia svolta.

17. Gli istituti finanziari, i loro direttori, i funzionari e gli impiegati, non dovrebbero o, se è il caso non dovrebbero essere autorizzati ad avvisare i loro clienti quando le informazioni che li riguardano vengono segnalate alle autorità competenti.

18. Gli istituti finanziari che denunciano i loro sospetti dovrebbero attenersi alle istruzioni delle autorità competenti.

19. Gli istituti finanziari dovrebbero sviluppare dei programmi contro il riciclaggio di capitali. Questi programmi dovrebbero includere, come minimo:

(i) lo sviluppo di politiche, di procedure di controlli interni, inclusa la designazione di funzionari preposti alla verifica degli obblighi di ottemperanza a livello dirigenziale, e adeguate procedure di controllo per assicurare alti standard nell'assunzione degli impiegati; (ii) un aggiornamento continuo per gli impiegati; (iii) una funzione di controllo per testare il sistema.

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Provvedimenti per far fronte ai problemi dei Paesi con nessuna o insufficiente normativa contro il riciclaggio di capitali

20. Gli istituti finanziari dovrebbero garantire, per quanto permesso dalle leggi e norma locali, che i principi summenzionati siano applicati a filiali e consociate di cui si detiene la maggioranza delle azioni situate all'estero, specialmente nei paesi che non si attengono, o lo fanno in modo insufficiente, a queste raccomandazioni. Quando le leggi o le norme locali impediscono tale applicazione, le autorità competenti del paese della società madre dovrebbero essere informate dagli istituti finanziari di non poter applicare queste raccomandazioni.

21. Gli istituti finanziari dovrebbero riservare una particolare attenzione ai rapporti d’affari e alle transazioni con soggetti, incluse le società e le istituzioni finanziarie, di Paesi che non applicano o applicano in modo insufficiente queste raccomandazioni. Ogni qual volta queste transazioni hanno uno scopo legale ed economico chiaro, la loro effettuazione dovrebbe, per quanto possibile , essere controllata, i risultati dovrebbero essere registrati e essere a disposizione dei supervisori ,dei revisori di conti e degli organi inquirenti.

Altri provvedimenti per evitare il riciclaggio

22. I Paesi dovrebbero prendere provvedimenti per scoprire o monitorare il trasporto transfrontaliero di contanti e di titoli al portatore, che saranno soggetti a stretta vigilanza per assicurare un uso proprio delle informazioni e senza impedire in nessun modo la libertà di circolazione di capitali.

23. I Paesi dovrebbero prendere in considerare la fattibilità e l’utilità di un sistema in cui le banche e le altre istituzioni finanziarie e gli intermediari denunciassero tutte le transazioni internazionali e nazionali in valuta al di sopra di un certo ammontare, ad un organismo centrale nazionale che abbia una base di dati computerizzata, a disposizione delle autorità competenti nei casi di riciclaggio di capitali, soggetta a stretta vigilanza per garantire un uso proprio delle informazioni.

24. I Paesi dovrebbero promuovere ulteriormente lo sviluppo di tecniche moderne e sicure di gestione dei capitali, tra cui un'utilizzazione maggiore degli assegni, delle carte di credito, degli accrediti diretti degli stipendi e dei registri per le transazioni in titoli, come mezzo per incoraggiare la sostituzione del trasferimento dei liquidi (contante).

25. I Paesi dovrebbero badare al potenziale abuso di società di copertura da parte di professionisti del riciclaggio e dovrebbero considerare se siano necessarie misure addizionali per prevenire un uso illecito di tali società.

Costituzione e ruolo delle Autorità competenti e amministrative

26. Le autorità competenti che controllano le banche o altri istituti finanziari o intermediari, o altre autorità competenti, dovrebbero garantire che gli istituti ispezionati abbiano programmi adeguati per difendersi dal riciclaggio di capitali. Queste autorità dovrebbero cooperare e scambiarsi informazioni spontaneamente o su richiesta di altre autorità nazionali giudiziarie o inquirenti nelle indagini e nei procedimenti giudiziari in materia di riciclaggio di capitali.

27. Come previsto da ciascun paese, le autorità competenti dovrebbero garantire una effettiva applicazione di tutte queste raccomandazioni, attraverso un controllo e un ordinamento amministrativo, in tutte quelle professioni che implicano un uso di contante.

28. Le autorità competenti dovrebbero formulare dei principi generali che assistano gli istituti finanziari nel denunciare comportamenti sospetti dei loro clienti. E' chiaro che tali principi devono svilupparsi nel tempo, e non saranno mai esaustivi. E' anche evidente che tali principi dovranno principalmente servire ad istruire il personale degli istituti finanziari.

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29. Le autorità competenti che regolano o supervisionano gli istituti finanziari dovrebbero adottare provvedimenti legislativi o regolamentari necessari per evitare che gli istituti stessi siano controllati o acquisiti dai criminali e dai loro complici.

D. RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Cooperazione amministrativa Scambio di informazioni generali

30. Le amministrazioni nazionali dovrebbero registrare, almeno nell'insieme, i movimenti internazionali di contanti in qualsiasi valuta, in modo che possano essere effettuate stime di flussi e riflussi di contanti da varie fonti estere, e che tutto ciò si integri con le informazioni della banca centrale. Tali informazioni dovrebbero essere rese disponibili per Fondo Monetario Internazionale e per la Banca per i Pagamenti Internazionali al fine di facilitare lo studio del fenomeno a livello internazionale.

31. Alle autorità internazionali competenti, quali ad esempio l’Interpol e l'Organizzazione Doganale Mondiale, dovrebbero raccogliere e fornire le informazioni sugli sviluppi più recenti in fatto di riciclaggio e tecniche di riciclaggio. Lo stesso potrebbero fare le banche e le autorità regolatorie del settore. Le autorità nazionali in vari ambiti, in consultazione con le associazioni commerciali, potrebbero poi divulgare queste informazioni agli istituti finanziari di ogni paese.

Scambio di informazioni relative alle transazioni sospette

32. Ogni Paese dovrebbe cercare di promuovere uno scambio internazionale di informazioni sia spontaneo che "su richiesta" tra le competenti autorità circa le transazioni sospette, le persone e le società coinvolte in queste transazioni. Una stretta vigilanza dovrebbe garantire che questo scambio di informazioni sia in armonia con le norma nazionali e internazionali sulla segretezza e la protezione dei dati.

Altre forme di collaborazione Basi e mezzi per la cooperazione riguardo la confisca, l'assistenza reciproca e l'estradizione

33. I Paesi dovrebbero cercare di garantire, su base bilaterale o multilaterale, che le varie normative nelle diverse formulazioni nazionali - per esempio le diverse normative riguardanti l'elemento internazionale dell'infrazione- non compromettano la loro capacità o la volontà di fornire una assistenza legale reciproca.

34. La cooperazione internazionale dovrà essere sostenuta da una rete di accordi e progetti bilaterali e multilaterali basati sulle nozioni giuridiche comunemente riconosciute allo scopo di fornire provvedimenti pratici che possano garantire una considerevole assistenza reciproca.

35. I Paesi dovrebbero essere incoraggiati a ratificare e attuare trattati internazionali rilevanti sul riciclaggio di capitali come la il Trattato del Consiglio d'Europa del 1990 sul Riciclaggio, la Ricerca, il Sequestro e Confisca dei Proventi di Reato.

Maggiore assistenza reciproca sui problemi di riciclaggio di capitali

36. Si dovrebbero incoraggiare le indagini in cooperazione con le autorità competenti dei cari paesi. Una tecnica di investigativa valida ed efficace a questo riguardo è la consegna

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sorvegliata relativa ai valori patrimoniali che sono sicuramente o presumibilmente di provenienza illecita. Ove possibile, i paesi vengono incoraggiati a utilizzare questa tecnica.

37. Si dovrebbe fornire un'assistenza reciproca in materia penale riguardo all’utilizzazione di provvedimenti obbligatori concernenti la produzione di una documentazione da parte di istituti finanziari e di altre persone, la ricerca di persone e locali, il sequestro e l'ottenimento delle prove per le indagini e i procedimenti sul riciclaggio di capitali e per le relative azioni nelle giurisdizioni straniere.

38. Si dovrebbe poter agire rapidamente in risposta a richieste da parte di Paesi stranieri di identificare, bloccare, sequestrare e confiscare i proventi o altri beni di valore corrispondente rivenienti da riciclaggio di denaro o da reati collegati all’attività del riciclaggio. Inoltre si dovrebbero prendere accordi per coordinare i procedimenti di sequestro e di confisca che potrebbero includere la ripartizione dei valori patrimoniali confiscati.

39. Per evitare conflitti di giurisdizione, si dovrebbero studiare e applicare dei metodi per determinare, nell'interesse della giustizia, la migliore sede per il processo degli imputati nei casi soggetti a processo in più di un paese. Allo stesso modo ci si dovrebbe accordare per coordinare i procedimenti di sequestro e di confisca che possono includere la ripartizione dei valori patrimoniali confiscati.

40. I Paesi dovrebbero avere procedure adeguate per estradare, ove possibile, individui accusati di reato di riciclaggio di capitali o simili. Tenendo conto del proprio sistema giuridico nazionale, ogni Paese dovrebbe riconoscere il riciclaggio di capitali come reato che implichi l’estradizione. Secondo i propri ordinamenti giuridici, i paesi possono considerare di semplificare l’estradizione consentendo la trasmissione diretta delle richieste di estradizione tra ministeri appropriati, estradando persone solo su mandato di cattura o sentenze, estradando i loro cittadini, e/o introducendo una estradizione semplificata per le persone consenzienti che rinunciano ai procedimenti di estradizione formale.

Allegato alla Raccomandazione 9: lista di attività finanziarie intraprese da società o professioni non finanziarie

1. Raccolta di depositi o di altri tipi di fondi rimborsabili. 2. Attività creditizia (1). 3. Leasing finanziario. 4. Servizi di trasmissione di capitali. 5. Emissione e gestione di mezzi di pagamento (tra cui carte di credito e di debito, assegni,

traveller’s cheques e effetti bancari) 6. Garanzie finanziarie e pegni finanziari. 7. Negoziazioni per conto di clienti (a pronti, a termine, swaps. futures, options...) in:

a) strumenti del mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito ecc.); b)valuta estera; c) tassi di interesse e di cambio; d) titoli trasferibili; e) compravendita di contratti a termine in borsa merci.

8. Partecipazione in emissione di titoli e prestazione di servizi finanziari connessi a tali emissioni;

9. Gestione individuale e collettiva di portafoglio; 10. Conservazione e gestione di contanti e di attività liquide per conto cliente; 11. Assicurazioni sulla vita e altri tipi di polizze assicurative; 12. Cambio di valute.

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(1) Inclusi tra gli altri: -credito al consumo; -credito ipotecario; -factoring con o senza regresso; -finanziamento di transazioni commerciali (incluse quelle forfettarie). 2) DIRETTIVA 91/308/CEE DEL 10 GIUGNO 1991 (1) DEL CONSIGLIO, RELATIVA ALLA PREVENZIONE DELL'USO DEL SISTEMA FINANZIARIO A SCOPO DI RICICLAGGIO DEI PROVENTI DI ATTIVITÀ ILLECITE (2). (testo vigente, come modificato dalla dir. 2001/97/CE)

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, prima e terza frase e l'articolo 100A,

vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che nel caso in cui gli enti creditizi e finanziari vengano utilizzati per riciclare i proventi di attività illecite (operazione in appresso denominata "riciclaggio") possono risultare gravemente compromesse la solidità e la stabilità dell'ente coinvolto e la credibilità dell'intero sistema finanziario, che perderebbe di conseguenza la fiducia del pubblico;

considerando che l'assenza di iniziative comunitarie contro il riciclaggio potrebbe indurre gli Stati membri, allo scopo di proteggere il proprio sistema finanziario, ad adottare provvedimenti che potrebbero essere in contrasto con il completamento del mercato unico; che, per facilitare le proprie attività criminose, coloro che procedono al riciclaggio potrebbero, se non si adottano alcune misure di coordinamento a livello comunitario, tentare di trarre vantaggio dalla libertà dei movimenti di capitali e dalla libera prestazione dei servizi finanziari che lo spazio finanziario integrato comporta;

considerando che il riciclaggio incide palesemente sull'aumento della criminalità organizzata in generale e del traffico di stupefacenti in particolare; che vi è una sempre maggiore consapevolezza che la lotta al riciclaggio costituisce uno dei mezzi più efficaci per opporsi a questa attività criminosa che rappresenta una particolare minaccia per le società degli Stati membri;

considerando che il riciclaggio deve essere combattuto prevalentemente con strumenti di natura penale e nel quadro di una cooperazione internazionale tra autorità giudiziarie e autorità di polizia, come è previsto, nel campo degli stupefacenti, dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope adottata a Vienna il 19 dicembre 1988 (in appresso denominata "Convenzione di Vienna") ed estesa a sua volta a tutte le attività criminose

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dalla Convenzione del Consiglio d'Europa su riciclaggio, identificazione, sequestro e confisca dei proventi di reato, aperta alla firma l'8 novembre 1990 a Strasburgo;

considerando che gli strumenti di natura penale non dovrebbero però costituire l'unico modo per

combattere il riciclaggio, dato che il sistema finanziario può svolgere un ruolo estremamente efficace;

che, in questo contesto, è opportuno far riferimento alla raccomandazione del 27 giugno 1980 del Consiglio d'Europa e alla dichiarazione di princìpi adottata nel dicembre 1988 a Basilea dalle autorità di vigilanza bancaria dei Paesi del gruppo dei dieci, strumenti che rappresentano entrambi progressi considerevoli in ordine alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio:

considerando che, di norma, il riciclaggio viene effettuato a livello internazionale in modo da poter occultare meglio l'origine criminosa dei fondi; che misure adottate esclusivamente a livello nazionale, senza tenere conto del coordinamento e della cooperazione internazionale, avrebbero effetti molto limitati;

considerando che le misure adottate in materia dalla Comunità devono essere coerenti con le altre iniziative assunte in altre istanze internazionali; che, a tal fine, ogni iniziativa della Comunità dovrebbe segnatamente tener conto delle raccomandazioni della task force finanziaria contro il riciclaggio, istituita nel luglio 1989 dal vertice di Parigi dei sette Paesi più industrializzati;

considerando che il Parlamento europeo, in varie risoluzioni, ha chiesto l'elaborazione di un programma comunitario globale di lotta al traffico di stupefacenti che comprenda disposizioni sulla prevenzione del riciclaggio;

considerando che nella presente direttiva è ripresa la definizione di riciclaggio che figura nella Convenzione di Vienna; che, dato tuttavia che il fenomeno del riciclaggio riguarda non soltanto i proventi di reati connessi con il traffico di stupefacenti ma anche i proventi di altre attività criminose (quali la criminalità organizzata e il terrorismo), è auspicabile che gli Stati membri estendano, ai sensi della loro legislazione, gli effetti della direttiva ai proventi di tali attività, dal momento che essi possono dar luogo a operazioni di riciclaggio che è giustificato reprimere in quanto tali;

considerando che il divieto di riciclaggio contenuto nella legislazione degli Stati membri, che si basa su misure adeguate e sanzioni, costituisce una condizione necessaria nella lotta contro tale fenomeno;

considerando che è necessario garantire che gli enti creditizi e finanziari esigano l' identificazione dei clienti che allacciano rapporti di affari o eseguono operazioni che oltrepassano un certo valore onde evitare che coloro che procedono al riciclaggio approfittino dell'anonimato per svolgere le proprie attività criminose; che è necessario estendere tali disposizioni, nella misura del possibile, a qualsiasi beneficiario;

considerando che gli enti creditizi e finanziari devono conservare per almeno cinque anni le copie o i riferimenti dei documenti di identificazione richiesti nonché le scritture e le registrazioni, consistenti nei documenti originali o nelle copie di analoga forza probatoria in base al diritto nazionale concernenti le transazioni perché possano costituire elementi di prova in qualsiasi indagine in materia di riciclaggio;

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considerando che, per preservare la solidità e l'integrità del sistema finanziario e contribuire alla lotta contro il riciclaggio, è necessario provvedere a che gli enti creditizi e finanziari esaminino con particolare attenzione ogni transazione che essi considerino particolarmente atta, per la sua natura, ad avere una connessione con il riciclaggio; che a tal fine essi devono esaminare con particolare attenzione le operazioni con Paesi terzi che non applichino norme per la prevenzione del riciclaggio comparabili a quelle stabilite dalla Comunità o ad altre norme equivalenti emanate in sedi internazionali e recepite dalla Comunità;

considerando che a tal fine gli Stati membri possono chiedere agli enti creditizi e finanziari di esporre per iscritto i risultati delle inchieste alle quali sono tenuti e di assicurare che le autorità responsabili della lotta contro il riciclaggio possano accedervi;

considerando che il compito di difendere il sistema finanziario dal riciclaggio non può essere svolto dalle autorità responsabili della lotta contro tale fenomeno senza la cooperazione degli enti creditizi e finanziari e delle loro autorità di vigilanza; che il segreto bancario deve essere abolito in tali casi; che un sistema obbligatorio di segnalazione delle operazioni sospette che assicuri la trasmissione delle informazioni alle autorità sopra menzionate senza mettere in allarme i clienti interessati e il modo più efficace per realizzare tale cooperazione; che è necessaria una particolare clausola di salvaguardia per esonerare gli enti creditizi e finanziari, i loro dipendenti e amministratori da responsabilità per la violazione del divieto di divulgare le informazioni;

considerando che è necessario limitare unicamente alla lotta contro il riciclaggio l'uso delle informazioni ricevute dalle autorità in conformità della presente direttiva; che gli Stati membri possono tuttavia prevedere che tali informazioni siano eventualmente utilizzate ad altri fini;

considerando che l'istituzione, da parte degli enti creditizi e finanziari, di procedure di controllo interno e di programmi di formazione in questo campo rappresenta una misura complementare senza la quale le altre misure previste dalla presente direttiva potrebbero rivelarsi inefficaci;

considerando che, data la possibilità di procedere al riciclaggio non soltanto per il tramite di enti creditizi e finanziari, ma anche di altri tipi di attività professionali e categorie di imprese, gli Stati membri devono estendere, totalmente o parzialmente le disposizioni della presente direttiva a quelle professioni e imprese che svolgono attività particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio;

considerando che è necessario che gli Stati membri vigilino in modo particolare affinché nella Comunità siano adottate misure coordinate quando, sulla base di indizi gravi, si può ritenere che professioni o attività le cui condizioni di esercizio hanno formato oggetto di armonizzazione a livello comunitario siano utilizzate a fini di riciclaggio;

considerando che l'efficacia degli sforzi compiuti per abolire il riciclaggio dipende essenzialmente dal regolare coordinamento e dall'armonizzazione delle misure nazionali di applicazione; che un coordinamento ed un'armonizzazione del genere effettuati in vari ambiti internazionali richiedono, a livello comunitario, una concertazione tra Stati membri e Commissione nell'ambito di un Comitato di contatto;

considerando che spetta a ciascuno Stato membro adottare i provvedimenti adeguati nonché sanzionare adeguatamente le infrazioni a tali provvedimenti per garantire la completa applicazione delle disposizioni della presente direttiva,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1 (3)

Ai fini della presente direttiva si intende per:

A) "ente creditizio": un ente definito a norma dell'articolo 1, punto 1), primo comma della direttiva 2000/12/CE, nonché una succursale, quale definita all'articolo 1, punto 3), della direttiva suddetta e situata nella Comunità, di un ente creditizio che abbia la sede sociale all'interno o al i fuori della Comunità;

B) "ente finanziario":

1) un'impresa diversa da un ente creditizio, la cui attività principale consista nell'effettuare una o più operazioni menzionate ai punti da 2 a 12 e 14 dell'elenco che figura nell'allegato I della direttiva 2000/12/CE; sono incluse le attività degli uffici dei cambiavalute (bureau de change) e delle imprese di trasferimento di fondi ("money transmission/remittance offices");

2) un'impresa di assicurazione debitamente autorizzata in conformità della direttiva 79/267/CEE, nella misura in cui svolga attività che rientrano nel campo di applicazione di detta direttiva;

3) un'impresa di investimento ai sensi dell'articolo 1, punto 2 della direttiva 93/22/CEE;

4) un organismo di investimento collettivo che commercializza le sue quote o azioni.

La presente definizione di ente finanziario comprende anche le succursali, situate nella Comunità, di enti finanziari che hanno la sede sociale all'interno o al di fuori della Comunità;

C) "riciclaggio": le seguenti azioni commesse intenzionalmente:

- la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza del fatto che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni,

- l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza del fatto che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività,

- l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività,

- la partecipazione ad uno degli atti di cui ai trattini precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.

La conoscenza, l'intenzione o la finalità, che debbono costituire un elemento degli atti sopra specificati, possono essere dedotte da circostanze di fatto obiettive.

Il riciclaggio comprende anche i casi in cui le attività che hanno dato origine ai beni da riciclare sono compiute nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo;

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D) "beni": i beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili e i documenti o gli strumenti legali che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi;

E) "attività criminosa": qualsiasi tipo di coinvolgimento criminale nella perpetrazione di un reato grave.

Costituiscono reati gravi almeno:

- ognuno dei reati definiti nell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a) della convenzione di Vienna,

- le attività delle organizzazioni criminali quali definite nell'articolo 1 dell'azione comune 98/733/GAI,

- la frode, perlomeno la frode grave, quale definita nell'articolo 1, paragrafo 1 e nell'articolo 2 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee [1],

- la corruzione,

- un reato che possa fruttare consistenti proventi e sia punibile con una severa pena detentiva in base al diritto penale dello Stato membro (4).

Anteriormente al 15 dicembre 2004 gli Stati membri modificano la definizione di cui al presente trattino per allinearla alla definizione di reato grave di cui all'azione comune 98/699/GAI del 3 dicembre 1998. Il Consiglio invita la Commissione a presentare, anteriormente al 15 dicembre 2004, una proposta di direttiva recante modifica in tal senso della direttiva 91/308/CEE.

Gli Stati membri possono indicare ogni altro reato come attività criminosa ai fini della presente direttiva;

F) "autorità competenti": le autorità nazionali responsabili, in forza di leggi o regolamenti, della vigilanza sull'attività degli enti e delle persone cui si applica la presente direttiva.

___________

[1] Pubblicata nella G.U.C.E. 27 novembre 1995, n. C 316.

Articolo 2

Gli Stati membri provvedono a che il riciclaggio, quale definito nella presente direttiva, sia vietato.

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Articolo 2 bis (5)

Gli Stati membri provvedono affinché gli obblighi stabiliti dalla presente direttiva vengano imposti ai seguenti enti:

1) enti creditizi ai sensi dell'articolo 1, lettera a);

2) enti finanziari ai sensi dell'articolo 1, lettera b);

nonché alle seguenti persone giuridiche o fisiche quando agiscono nell'esercizio della loro attività

professionale:

3) revisori, contabili esterni e consulenti tributari;

4) agenti immobiliari;

5) notai e altri liberi professionisti legali, quando prestano la loro opera:

a) assistendo i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

i) l'acquisto e la vendita di beni immobili o imprese commerciali;

ii) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti;

iii) l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

iv) l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società;

v) la costituzione, la gestione o l'amministrazione di trust, società o strutture analoghe;

b) o, agendo in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare;

6) commercianti di oggetti di valore elevato quali pietre o metalli preziosi o opere d'arte e case d'asta, ogniqualvolta il pagamento sia effettuato in contanti e per un importo pari o superiore a 15.000 EUR;

7) case da gioco.

Articolo 3 (6)

1. Gli Stati membri garantiscono che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva provvedano all'identificazione dei loro clienti mediante documento probante quando allacciano rapporti di affari, ed in particolare, nel caso degli enti, quando aprono un conto o libretti di deposito o offrono servizi di custodia dei beni.

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2. L'identificazione è altresì richiesta per tutte le operazioni con clienti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, il cui importo sia pari o superiore a 15.000 EUR, a prescindere dal fatto che siano effettuate con un'unica operazione o con più operazioni tra le quali sembri esistere una connessione. Qualora l'importo non sia noto nel momento in cui è avviata l'operazione, l'ente o la persona in questione procederà all'identificazione non appena l'importo sia conosciuto e si constati che il limite è raggiunto.

3. In deroga ai precedenti paragrafi, l'identificazione, nei contratti assicurativi conclusi da imprese di assicurazione autorizzate in virtù della direttiva 92/96/CEE del Consiglio, del 10 novembre 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (terza direttiva assicurazione vita), nella misura in cui svolgano attività che rientrano nel campo d'applicazione della stessa direttiva, non è richiesta qualora l'importo del premio o dei premi periodici da versare nel corso di un anno non ecceda i 1.000 EUR o qualora sia versato un premio unico di importo non superiore a 2.500 EUR. L'identificazione è effettuata qualora successivamente il premio o i premi periodici da versare nel corso di un anno vengano aumentati e eccedano il limite di 1.000 EUR.

4. Gli Stati membri possono prevedere che l'identificazione non sia obbligatoria per i contratti di assicurazione-pensione sottoscritti in virtù di un contratto di lavoro o dell'attività professionale dell'assicurato, a condizione che tali contratti non comportino clausole di riscatto e non possano servire da garanzia di un prestito.

5. In deroga ai precedenti paragrafi, è accertata l'identità di ogni cliente di una casa da gioco che acquista o vende fiches di valore pari o superiore a 1.000 EUR.

6. L'obbligo di identificazione previsto dalla presente direttiva si considera comunque assolto dalle case da gioco soggette a controllo pubblico allorché procedono alla registrazione e identificazione dei clienti fin dal momento dell'ingresso, indipendentemente dall'importo dei gettoni da gioco acquistati.

7. Qualora sia dubbio se i clienti di cui ai paragrafi precedenti agiscano per proprio conto o qualora sia certo che essi non agiscono per proprio conto, gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva adottano congrue misure per ottenere informazioni sull'effettiva identità delle persone per conto delle quali questi clienti agiscono.

8. Gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva sono tenuti a procedere all'identificazione anche nel caso in cui l'importo dell'operazione sia inferiore ai valori di cui sopra, qualora vi sia sospetto di riciclaggio.

9. Gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva non sono soggetti agli obblighi di identificazione previsti nel presente articolo qualora il cliente sia anch'esso un ente creditizio o finanziario cui si applica la presente direttiva o un ente creditizio o finanziario situato in un paese terzo che imponga, a parere degli Stati membri interessati, requisiti equivalenti a quelli previsti dalla presente direttiva.

10. Gli Stati membri possono prevedere che l'obbligo di identificazione per quanto riguarda le operazioni di cui ai paragrafi 3 e 4 è soddisfatto quando è accertato che il pagamento relativo all'operazione stessa sarà addebitato ad un conto aperto a nome del cliente presso un ente creditizio soggetto all'obbligo di cui al paragrafo 1.

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11. In ogni caso, gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva adottino misure specifiche e adeguate intese a compensare il maggior rischio di riciclaggio derivante dall'instaurazione di rapporti di affari o dall'effettuazione di un'operazione con un cliente che non è fisicamente presente a fini di identificazione ("operazioni a distanza"). Tali misure dovrebbero garantire che l'identità del cliente sia stabilita, ad esempio, attraverso la richiesta di fornire prove documentali supplementari o misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti, o ancora una certificazione di conferma di un ente cui si applica la presente direttiva, oppure attraverso l'effettuazione del primo pagamento relativo all'operazione tramite un conto aperto a nome del cliente presso un ente creditizio cui si applica la presente direttiva. Le procedure di controllo interno di cui all'articolo 11, punto 1, tengono specificamente conto di tali misure.

Articolo 4

Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva (7) conservino, affinché possano costituire un elemento di prova in qualsiasi indagine in materia di riciclaggio:

- per quanto riguarda l'identificazione, la copia o i riferimenti dei documenti richiesti, per un periodo di almeno cinque anni dalla fine delle relazioni con il loro cliente;

- per quanto riguarda le operazioni, le scritture e le registrazioni, consistenti nei documenti originali o nelle copie aventi analoga efficacia probatoria in base al diritto nazionale, per un periodo di almeno cinque anni dall'esecuzione delle operazioni.

Articolo 5

Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva (8) esaminino con particolare attenzione ogni operazione che essi considerino particolarmente atta, per la sua natura, ad avere una connessione con il riciclaggio.

Articolo 6 (9)

1. Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva nonché i loro amministratori e dipendenti collaborino pienamente con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio:

a) comunicando a tali autorità, di propria iniziativa, ogni fatto che possa costituire indizio di riciclaggio;

b) fornendo a queste autorità, a loro richiesta, tutte le informazioni necessarie in conformità delle procedure stabilite dalla legislazione vigente.

2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse alle autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio dello Stato membro nel cui territorio è situato l'ente o la persona che trasmette le

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informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate dagli enti e dalle persone cui si applica la seguente direttiva, secondo le procedure previste all'articolo 11, punto 1, lettera a.

3. Nel caso dei notai e dei professionisti legali indipendenti di cui all'articolo 2 bis, punto 5, gli Stati membri possono designare un organismo adeguato di autoregolamentazione della professione in oggetto come autorità cui vanno comunicati i fatti di cui al paragrafo 1, lettera a) ed in tal caso stabiliscono le forme appropriate di collaborazione fra tale organismo e le autorità responsabili per la lotta al riciclaggio.

Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare gli obblighi di cui al paragrafo 1 ai notai, ai professionisti legali indipendenti, ai revisori, ai contabili esterni e ai consulenti tributari con riferimento alle informazioni che essi ricevono da, o ottengono su, un loro cliente, nel corso dell'esame della posizione giuridica del loro cliente o dell'espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Articolo 7 (10)

Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva si astengano dall'eseguire l'operazione che sanno o sospettano abbia rapporto con il riciclaggio prima di avere informato le autorità di cui all'articolo 6. Tali autorità possono, alle condizioni stabilite dal diritto nazionale, impartire l'istruzione di non eseguire l'operazione. Qualora si sospetti che l'operazione in questione concreti un caso di riciclaggio e detta astensione non sia possibile o possa impedire il perseguimento dei beneficiari dell'operazione sospettata di riciclaggio, gli enti e le persone di cui trattasi comunicano l'informazione richiesta immediatamente dopo aver eseguito l'operazione in questione.

Articolo 8

1. Gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva (11), i loro amministratori e dipendenti non possono comunicare al cliente interessato o a terzi che sono state trasmesse informazioni alle autorità in applicazione degli articoli 6 e 7 o che è in corso un'inchiesta in materia di riciclaggio (12).

2. La presente direttiva non impone agli Stati membri di applicare l'obbligo di cui al paragrafo 1 alle professioni indicate al secondo comma dell'articolo 6, paragrafo 3 (13).

Articolo 9 (14)

La comunicazione in buona fede alle autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio, da parte degli enti o delle persone cui si applica la presente direttiva ovvero dei loro dipendenti o amministratori, delle informazioni di cui agli articoli 6 e 7 non costituisce violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni

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legislative, regolamentari o amministrative, e non comporta responsabilità di alcun tipo per gli enti o le persone ovvero per i loro dipendenti o amministratori.

Articolo 10

Gli Stati membri provvedono a che le competenti autorità informino le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio, qualora nel corso di ispezioni da esse effettuate presso gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva (15), oppure in qualsivoglia altro modo, scoprano fatti che potrebbero costituire prova di riciclaggio.

Gli Stati membri provvedono affinché le autorità di vigilanza cui una legge o un regolamento conferisce la facoltà di vigilare sulla borsa, sul cambio estero e sui mercati dei derivati finanziari informino le autorità responsabili per la lotta al riciclaggio di proventi di attività illecite qualora vengano a conoscenza di fatti che possano costituire una prova di riciclaggio di tali proventi (16).

Articolo 11 (17)

1. Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva:

a) instaurino adeguate procedure di controllo interno e di comunicazione intese a prevenire e impedire la realizzazione di operazioni connesse con il riciclaggio;

b) adottino misure adeguate affinché i loro dipendenti siano a conoscenza delle disposizioni della presente direttiva. Dette misure comprendono la partecipazione dei dipendenti più direttamente interessati a specifici programmi di formazione per aiutarli a riconoscere le attività che potrebbero essere connesse al riciclaggio e per istruirli sul modo di procedere in tali casi.

Allorché una delle persone fisiche elencate ai punti da 3 a 8 dell'articolo 2 bis svolga la propria attività professionale quale dipendente di una persona giuridica, gli obblighi di cui all'articolo 11 si applicano a detta persona giuridica anziché alla persona fisica.

2. Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva possano accedere a informazioni aggiornate sulle prassi seguite da quanti riciclano denaro e sugli indizi che consentono di riconoscere operazioni sospette.

Articolo 12

Gli Stati membri provvedono ad estendere, in tutto o in parte, le disposizioni della presente direttiva ad attività professionali e categorie di imprese diverse dagli enti e le persone di cui all'articolo 2 bis (18), le quali svolgono attività particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio.

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Articolo 13

1. Presso la Commissione è istituito un Comitato di contatto, qui di seguito denominato "Comitato", con il compito di:

a) agevolare, fatti salvi gli articoli 169 e 170 del trattato, l'applicazione armonizzata della presente direttiva mediante regolare concertazione sui problemi concreti sollevati dalla sua applicazione e sui quali si giudichino opportuni scambi di opinioni;

b) agevolare una concertazione tra gli Stati membri sulle condizioni e sugli obblighi più severi o supplementari che essi imporranno su un piano nazionale;

c) consigliare, se necessario, la Commissione sui complementi od emendamenti da apportare alla presente direttiva o sugli adattamenti giudicati necessari, in particolare per armonizzare gli effetti dell'articolo 12;

d) esaminare l'opportunità di includere una professione o categoria di imprese nel campo di applicazione dell'articolo 12, se si constata che in uno Stato membro tale professione o categoria di imprese è stata utilizzata ai fini di un riciclaggio.

2. Il Comitato non ha il compito di valutare la fondatezza delle decisioni prese in casi singoli dalle autorità competenti.

3. Il Comitato è composto da persone designate dagli Stati membri e da rappresentanti della Commissione. Il segretariato è assicurato dai servizi della Commissione. Il Comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione e si riunisce su iniziativa di questo o su richiesta della delegazione di uno Stato membro.

Articolo 14

Ciascuno Stato membro prende le misure atte a garantire la piena applicazione di tutte le disposizioni della presente direttiva e, in particolare, stabilisce le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni adottate in esecuzione della medesima.

Articolo 15

Gli Stati membri possono adottare o mantenere nel settore disciplinato dalla presente direttiva disposizioni più rigorose per impedire il riciclaggio di proventi di attività illecite.

Articolo 16

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1993.

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2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 17

La Commissione elaborerà dopo un anno dalla data del 1° gennaio 1993, e in seguito quando necessario, ma comunque almeno ogni tre anni, una relazione sull'applicazione della presente direttiva e la sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio.

Articolo 18

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 1991.

Per il Consiglio il presidente J.-C. Juncker

Dichiarazione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio

I rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, ricordando che gli Stati membri hanno firmato la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, adottata il 19 dicembre 1988 a Vienna;

ricordando altresì che la maggior parte di essi ha già firmato, l'8 novembre 1990 a Strasburgo, la Convenzione del Consiglio d'Europa su riciclaggio, identificazione, sequestro e confisca dei proventi del reato;

consapevoli che la descrizione di riciclaggio di cui all'articolo 1 della direttiva 91/308/CEE è desunta dalle disposizioni corrispondenti delle convenzioni summenzionate, si impegnano a prendere al più tardi il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per mettere in vigore una legislazione penale che permetta di soddisfare gli obblighi che derivano loro da detti strumenti.

Note: ________________________________

(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 28 giugno 1991, n. L 166. Entrata in vigore il 13 giugno 1991.

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(2) Termine di recepimento: 1 gennaio 1993. Direttiva recepita con L. 4 agosto 1990, n. 227; L. 9 agosto 1993, n. 328; D.M. 29 ottobre 1993, D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 125 e D.Lgs. 26 maggio 1997.

(3) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(4) Vedi l'articolo 2 della direttiva 2001/97/CE.

(5) Articolo inserito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(6) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(7) Testo così modificato dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(8) Testo così modificato dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(9) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(10) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(11) Testo così modificato dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(12) Il presente testo è divenuto paragrafo 1 in base a quanto disposto dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(13) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(14) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(15) Testo così modificato dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(16) Comma aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(17) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

(18) Testo così modificato dall'articolo 1 della direttiva 2001/97/CE.

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3)

TESTO VIGENTE DEL DECRETO-LEGGE 3 MAGGIO 1991, N. 143 (PUBBLICATO NELLA GAZZ. UFF. 8 MAGGIO 1991, N. 106 E CONVERTITO IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 5 LUGLIO 1991, N. 197), RECANTE:

“PROVVEDIMENTI URGENTI PER LIMITARE L'USO DEL CONTANTE E DEI TITOLI AL PORTATORE NELLE TRANSAZIONI E PREVENIRE L'UTILIZZAZIONE DEL SISTEMA FINANZIARIO A SCOPO DI RICICLAGGIO.”

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di assoggettare i trasferimenti di denaro contante ad obblighi di registrazione e di identificazione per prevenire il riciclaggio dei proventi delle attività criminose, nonché di prevedere una disciplina volta all'ordinamento delle attività finanziarie e di introdurre sanzioni per l'illecito uso di carte di credito;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 maggio 1991;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, delle finanze, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle poste e delle telecomunicazioni;

Emana il seguente decreto- legge:

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Capo I

Art. 1.

(Limitazione dell'uso del contante e dei titoli al portatore).

1. È vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in lire o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a 12.500 euro. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite degli intermediari abilitati di cui all'articolo 4; per il denaro contante vanno osservate le modalità indicate ai commi 1-bis e 1-ter.

1-bis. Il trasferimento per contanti per il tramite di intermediario abilitato deve essere effettuato mediante disposizione accettata per iscritto dall'intermediario, previa consegna allo stesso della

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somma in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello dell'accettazione il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del proprio domicilio.

1-ter. La comunicazione da parte del debitore al creditore dell'accettazione di cui al comma 1-bis produce l'effetto di cui al primo comma dell'articolo 1277 del codice civile e, nei casi di mora del creditore, anche gli effetti del deposito previsti dall'articolo 1210 dello stesso codice.

2. I vaglia postali e cambiari e gli assegni postali, bancari e circolari per importi superiori a 12.500 euro devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Il Ministro del tesoro può stabilire limiti per l'utilizzo di altri mezzi di pagamento ritenuti idonei ad essere utilizzati a scopo di riciclaggio.

2-bis. Il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere superiore a 12.500 euro.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai trasferimenti in cui siano parte uno o più intermediari abilitati, nonché ai trasferimenti tra gli stessi effettuati in proprio o per il tramite di vettori specializzati.

4. Restano ferme le disposizioni relative ai pagamenti effettuati allo Stato o agli altri enti pubblici ed alle erogazioni da questi comunque disposte verso altri soggetti. È altresì fatta salva la possibilità di versamento prevista dall'articolo 494 del codice di procedura civile.

5.[soppresso].

6.[soppresso].

7. Il richiedente di assegno circolare, vaglia cambiario o mezzo equivalente, intestato a terzi ed emesso con la clausola «non trasferibile», può chiedere il ritiro della provvista previa restituzione del titolo all'emittente.

8.[soppresso].

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Art. 2.

(Obblighi di identificazione e di registrazione).

1. L’articolo 13 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15,.è sostituito dal seguente: “Art. 13.

1. Deve essere identificato a cura del personale incaricato e deve indicare per iscritto, sotto la propria personale responsabilità, le complete generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l'operazione, chiunque compie operazioni che comportano trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo che siano di importo superiore a 12.500 euro presso:

a) uffici della pubblica amministrazione, ivi compresi gli uffici postali;

b) enti creditizi;

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c) società di intermediazione mobiliare;

d) società commissionarie ammesse agli antirecinti alle grida delle borse valori;

e) agenti di cambio;

f) società autorizzate al collocamento a domicilio di valori mobiliari;

g) società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare;

h) società fiduciarie;

i) imprese ed enti assicurativi;

l) società Monte Titoli S.p.a.;

m) intermediari che hanno per oggetto prevalente o che comunque svolgono in via prevalente una o più delle seguenti attività: concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compresa la locazione finanziaria; assunzione di partecipazioni; intermediazione in cambi; servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi anche mediante emissione e gestione di carte di credito;

m-bis) istituti di moneta elettronica.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche allorquando per la natura e le modalità delle operazioni poste in essere si può ritenere che più operazioni effettuate in momenti diversi e in un circoscritto periodo di tempo, ancorché singolarmente inferiori al limite di importo indicato nel comma 1, costituiscano nondimeno parti di un'unica operazione.

3. Ai fini dell'applicazione del comma 2, i soggetti di cui alle lettere da a) ad m-bis) del comma 1 devono mettere a disposizione del personale incaricato gli strumenti tecnici idonei a conoscere, in tempo reale, le operazioni eseguite dal cliente presso la stessa sede dell'ente o istituto, nel corso della settimana precedente il giorno dell'operazione.

4. La data e la causale dell'operazione, l'importo dei singoli mezzi di pagamento, le complete generalità ed il documento di identificazione di chi effettua l'operazione, nonché le complete generalità dell'eventuale soggetto per conto del quale l'operazione stessa viene eseguita, devono essere facilmente reperibili e, comunque, inseriti entro trenta giorni in un unico archivio di pertinenza del soggetto pubblico o privato presso il quale l'operazione viene eseguita. Gli intermediari di cui al comma 1 sono tenuti ad identificare mediante un apposito codice le operazioni effettuate per contanti. Per le imprese e gli enti assicurativi, il termine decorre dal giorno in cui hanno ricevuto i dati da parte degli agenti e degli altri collaboratori autonomi, i quali, a loro volta, devono inoltrare i dati stessi entro trenta giorni. A decorrere dal 1° gennaio 1992, i dati relativi alle operazioni effettuate per contanti di importo superiore a 12.500 euro sono integrati con il codice fiscale, quando attribuibile, del soggetto che effettua l'operazione e di quello eventuale per conto del quale l'operazione viene eseguita. Gli stessi dati, compreso il codice fiscale, verranno acquisiti a decorrere dal 1° gennaio 1992 in sede di accensione di ogni conto, deposito o altro rapporto continuativo. Per i conti, depositi e rapporti continuativi in essere alla data predetta, tali dati saranno compiutamente integrati entro il 31 dicembre 1992. Le imprese e gli enti assicurativi acquisiscono il codice fiscale nei termini sopra indicati; limitatamente ai rapporti già in essere, il codice fiscale è acquisito soltanto nei casi in cui l'importo complessivo dei premi è superiore a 12.500 euro annui. I dati di cui al presente comma sono utilizzabili ai fini fiscali secondo le disposizioni vigenti.

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5. L'archivio è formato e gestito a mezzo di sistemi informatici e deve essere aggiornato e ordinato in modo da facilitare eventuali ricerche. Con decreto del Ministro del tesoro, da emanare entro il 30 giugno 1992 e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, verranno stabilite le modalità di acquisizione e archiviazione dei dati, nonché gli standards e le compatibilità informatiche da rispettare. Sino alla costituzione del suddetto archivio, che deve avvenire entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto, le informazioni di cui al comma 4 devono risultare da apposito registro.

6. I dati e le informazioni di cui ai commi 4 e 5 vanno conservati per la durata di dieci anni.

7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il personale incaricato dell'operazione che contravviene alle disposizioni di cui ai commi precedenti è punito con la multa da lire cinque milioni a lire venticinque milioni.

8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, l'esecutore dell'operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l'operazione o le indica false è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da lire un milione a lire dieci milioni”.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, e le relative norme di attuazione trovano applicazione anche con riferimento ai trasferimenti di cui all'articolo 1 del presente decreto e hanno effetto dal trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Gli strumenti tecnici di cui al comma 3 del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 625 del 1979 devono essere messi a disposizione del personale incaricato entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

3. Il Ministro del tesoro presenta alle competenti Commissioni parlamentari, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sull'applicazione delle norme relative all'obbligo di registrazione delle transazioni di cui al citato articolo 13 del decreto- legge n. 625 del 1979, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo.

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Art. 3.

(Segnalazioni di operazioni).

1. Il responsabile della dipendenza, dell'ufficio o di altro punto operativo di uno dei soggetti di cui all'articolo 4, indipendentemente dall'abilitazione ad effettuare le operazioni di trasferimento di cui all'articolo 1, ha l'obbligo di segnalare senza ritardo al titolare dell'attività o al legale rappresentante o a un suo delegato ogni operazione che per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il danaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possano provenire dai delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Tra le caratteristiche di cui al periodo precedente è compresa, in particolare, l'effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall'attività svolta da parte della medesima persona, ovvero, ove se ne abbia

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conoscenza, da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa o comunque da parte di interposta persona.

2. Il titolare dell'attività, il legale rappresentante o un suo delegato esamina le segnalazioni pervenutegli e, qualora le ritenga fondate tenendo conto dell'insieme degli elementi a sua disposizione, anche desumibili dall'archivio di cui all'articolo 2, comma 1, le trasmette senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l'operazione, anche in via informatica e telematica, all'Ufficio italiano dei cambi senza alcuna indicazione dei nominativi dei segnalanti.

3. Il Ministro del tesoro, sentita la commissione di cui all'articolo 3-ter, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia e delle finanze, emana con proprio decreto disposizioni sull'utilizzo delle procedure informatiche o telematiche per la trasmissione delle segnalazioni all'Ufficio italiano dei cambi. L'Ufficio italiano dei cambi emana le relative istruzioni applicative.

4. L'Ufficio italiano dei cambi:

a) effettua i necessari approfondimenti sulle segnalazioni di cui al comma 2, ivi compresi quelli relativi ad omesse segnalazioni di cui sia venuto a conoscenza in base alle informazioni e ai dati contenuti nei propri archivi;

b) può avvalersi ove necessario, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del tesoro, sentita la commissione di cui all'articolo 3-ter, di concerto con i Ministri delle finanze, di grazia e giustizia e dell'interno, dei dati contenuti nell'anagrafe dei conti e dei depositi di cui all'articolo 20, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 413;

c) può acquisire ulteriori dati e informazioni presso i soggetti di cui all'articolo 4 in ordine alle segnalazioni trasmesse;

d) può utilizzare i risultati delle analisi effettuate ai sensi dell'articolo 5, comma 10, della presente legge, nonché delle analisi concernenti anche singole anomalie, utilizzando ove necessario informazioni che possono essere chieste ai soggetti di cui all'articolo 4;

e) effettua gli approfondimenti che coinvolgono le competenze delle autorità di vigilanza di settore con la partecipazione di rappresentanti delle autorità medesime, le quali integrano le segnalazioni con gli ulteriori elementi desumibili dagli archivi in loro possesso;

f) fermo restando quanto previsto dall'articolo 331 del codice di procedura penale, trasmette senza indugio le segnalazioni, completate ai sensi del presente comma e corredate di una relazione tecnica, alla Direzione investigativa antimafia e al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, che ne informano il Procuratore nazionale antimafia, qualora siano attinenti alla criminalità organizzata ovvero le archivia, informandone gli stessi organi investigativi. Per effettuare i necessari approfondimenti e per il controllo previsto dall'articolo 5, comma 10, gli appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria esercitano anche i poteri loro attribuiti dalla normativa in materia valutaria. Tali poteri sono estesi agli ufficiali di polizia tributaria dei nuclei regionali e provinciali di polizia tributaria della Guardia di finanza, ai quali il Nucleo speciale di polizia valutaria può demandare l'assolvimento dei compiti di cui al presente decreto.

5. Ferme restando le disposizioni sul segreto per gli atti di indagine, qualora la segnalazione non abbia ulteriore corso gli organi investigativi di cui al comma 4, lettera f), informano l'Ufficio italiano dei cambi, che ne da notizia al titolare dell'attività, al legale rappresentante o al suo delegato. Le autorità inquirenti informano l'Ufficio italiano dei cambi di ogni altra circostanza in cui

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emergano fatti e situazioni la cui conoscenza può essere comunque utilizzata per prevenire l'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.

6. L'Ufficio italiano dei cambi, anche su richiesta degli organi investigativi di cui al comma 4, lettera f), può sospendere l'operazione per un massimo di quarantotto ore, sempre che ciò non possa determinare pregiudizio per il corso delle indagini e per l'operatività corrente degli intermediari, dandone immediata notizia agli organi investigativi medesimi.

7. Le segnalazioni effettuate ai sensi e per gli effetti del presente articolo non costituiscono violazione di obblighi di segretezza. Le segnalazioni e i provvedimenti di cui al comma 6, posti in essere in conformità del presente articolo e per le finalità da esso previste, non comportano responsabilità di alcun tipo.

8. È fatto, in ogni caso, divieto ai soggetti tenuti alle segnalazioni di cui al comma 1, e a chiunque ne sia comunque a conoscenza, di darne comunicazione fuori dai casi previsti dal presente articolo.

9. I soggetti di cui all'articolo 4 devono dotarsi, nel rispetto dei criteri che potranno essere impartiti con le disposizioni di attuazione dello stesso articolo 4, comma 3, lettera c), di adeguate procedure volte a prevenirne il coinvolgimento in operazioni di riciclaggio, potenziando a tal fine il sistema dei controlli e dei riscontri interni e attuando programmi specifici di addestramento e di formazione del personale.

10. Tutte le informazioni in possesso dell'Ufficio italiano dei cambi e degli altri organi di vigilanza e di controllo, relative all'attuazione del presente decreto, sono coperte dal segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni. L'Ufficio italiano dei cambi può comunque scambiare informazioni in materia di operazioni sospette con le altre autorità di vigilanza di cui all'articolo 11 della presente legge, nonché con ana loghe autorità di altri Stati che perseguono le medesime finalità, a condizioni di reciprocità anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni. Restano ferme le disposizioni della legge 31 dicembre 1996, n. 675, in materia di trattamento dei dati personali. Gli organi investigativi di cui al comma 4, lettera f), forniscono all'Ufficio italiano dei cambi le notizie in proprio possesso necessarie per integrare le informazioni da trasmettere alle medesime autorità di altri Stati; al di fuori dei casi di cui al presente comma, restano applicabili le disposizioni di cui agli articoli 9 e 12 della legge 1º aprile 1981, n. 121.

11. Tutti i flussi informativi di cui al presente articolo avvengono di regola con l'utilizzo di procedure informatiche o telematiche.

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Art. 3-bis.

(Riservatezza delle segnalazioni).

1. In caso di denuncia o di rapporto ai sensi degli articoli 331 e 347 del codice di procedura penale, l'identità delle persone e degli intermediari di cui all'articolo 4 che hanno effettuato le segnalazioni, anche qualora sia conosciuta, non è menzionata.

2. L'identità delle persone e degli intermediari può essere rivelata solo quando l'autorità giudiziaria, con decreto motivato, lo ritenga indispensabile ai fini dell'accertamento dei reati per i quali si procede.

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3. Fuori dalle ipotesi di cui al comma 2, in caso di sequestro di atti o documenti si adottano le necessarie cautele per assicurare la riservatezza dell'identità dei soggetti che hanno effettuato le segnalazioni.

4. Gli intermediari di cui all'articolo 4, nell'ambito della loro autonomia organizzativa, assicurano omogeneità di comportamento del personale nell'individuazione delle operazioni di cui all'articolo 3, comma 1, e possono predisporre procedure di esame delle operazioni, anche con l'utilizzo di strumenti informatici e telematici, di ausilio al personale stesso, sulla base delle evidenze dell'archivio unico informatico previsto dall'articolo 2 e secondo le istruzioni applicative emanate dalla Banca d'Italia, sentito l'Ufficio italiano dei cambi, d'intesa con le autorità di vigilanza di settore nell'ambito delle rispettive competenze.

5. Gli intermediari di cui all'articolo 4 adottano adeguate misure per assicurare la massima riservatezza dell'identità delle persone che effettuano le segnalazioni. Gli atti e i documenti in cui sono indicate le generalità di tali persone sono custoditi sotto la diretta responsabilità del titolare dell'attività o del legale rappresentante o del loro delegato.

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Art. 3-ter.

(Commissione di indirizzo).

1. Per l'esercizio delle funzioni di indirizzo sulle attività svolte dall'Ufficio italiano dei cambi, limitatamente alle materie di cui all'articolo 3 del presente decreto e ferma restando l'autonomia funzionale, organizzativa ed operativa dell'Ufficio italiano dei cambi nell'esercizio delle proprie competenze istituzionali, è istituita presso il Ministero del tesoro una commissione presieduta dal direttore generale del tesoro e composta da un rappresentante della Banca d'Italia con qualifica di direttore centrale e da un rappresentante dei Ministeri dell'interno, delle finanze, di grazia e giustizia e del commercio con l'estero con qualifica non inferiore a dirigente generale o equiparata. Alle riunioni della commissione partecipa il direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. I componenti della commissione sono tenuti al segreto d'ufficio in relazione alle informazioni e ai dati dei quali vengono comunque a conoscenza quali componenti della commissione stessa.

2. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto, stabilisce le modalità di funzionamento della commissione di cui al comma 1, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

3. La commissione effettua, annualmente, un esame complessivo dell'attività svolta dall'Ufficio italiano dei cambi in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 del presente decreto, allo scopo di valutare l'andamento e i risultati dell'attività stessa e di formulare le eventuali proposte dirette a rendere più efficace il perseguimento dei fini di contrasto al riciclaggio dei proventi di provenienza illecita.

4. L'Ufficio italiano dei cambi invia alla commissione, di cui al comma 1, una relazione semestrale sull'attività svolta e fornisce, inoltre, tutte le informazioni necessarie per l'esercizio delle funzioni della commissione stessa, ivi comprese quelle relative a scambi di informazioni con le autorità di altri Stati che perseguono le medesime finalità.

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Art. 4.

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(Disposizioni applicative).

1. Gli intermediari abilitati, nei limiti delle proprie attività istituzionali, ad effettuare le operazioni di trasferimento di cui all'articolo 1 sono gli uffici della pubblica amministrazione, ivi compresi gli uffici postali, gli enti creditizi, gli istituti di moneta elettronica, le società di intermediazione mobiliare, le società commissionarie ammesse agli antirecinti alle grida delle borse valori, gli agenti di cambio, le società autorizzate al collocamento a domicilio di valori mobiliari, le società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare, le società fiduciarie, le imprese e gli enti assicurativi e la società Monte Titoli S.p.a. di cui alla legge 19 giugno 1986, n. 289, nonché gli altri intermediari abilitati ai sensi del comma 2.

2. Il Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, delle finanze e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentite la Banca d'Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), determina le condizioni in presenza delle quali altri intermediari possono, su richiesta, essere abilitati dal Ministro del tesoro ad effettuare le operazioni di trasferimento di cui all'articolo 1. Tali intermediari devono comunque avere per oggetto prevalente o svolgere in via prevalente una o più delle seguenti attività: concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compresa la locazione finanziaria; assunzione di partecipazioni; intermediazione in cambi; servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi anche mediante emissione e gestione di carte di credito.

3. Il Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, delle finanze, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, ha facoltà di provvedere con proprio decreto, di cui viene data comunicazione alle competenti commissioni parlamentari, a:

a) modificare i limiti d'importo indicati nell'articolo 1 del presente decreto e nell'articolo 13 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, come da ultimo sostituito dall'articolo 2, comma 1, del presente decreto;

b) stabilire i casi in cui la circolazione dei titoli di cui all'articolo 1, comma 2, non sia condizionata alla clausola di non trasferibilità;

c) emanare disposizioni applicative delle norme del presente capo, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, prevedendo adeguate forme di pubblicità dei soggetti di cui ai commi 1 e 2.

4. Per le materie riguardanti gli uffici postali, le disposizioni di cui al comma 3 sono emanate di concerto anche con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.

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Art. 5.

(Sanzioni, procedure, controlli).

1. Fatta salva l'efficacia degli atti, alle infrazioni delle disposizioni di cui all'articolo 1 si applica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 40 per cento dell'importo trasferito.

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2. I funzionari delle amministrazioni pubbliche, i pubblici ufficiali e gli intermediari abilitati ai sensi dell'articolo 4, che, in relazione ai loro compiti di servizio, e nei limiti delle loro attribuzioni, hanno notizie delle infrazioni di cui all'articolo 1, commi 1, 2 e 2-bis, ne riferiscono entro trenta giorni al Ministro del tesoro per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari o titoli similari, le segnalazioni devono essere effettuate dall'azienda di credito che li accetta in versamento e da quella che ne effettua l'estinzione.

3. La violazione dell'obbligo indicato al comma 2 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 30 per cento dell'importo dell'operazione.

4. L'omessa istituzione dell'archivio di cui all'articolo 2, comma 1, è punita con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da lire dieci milioni a lire cinquanta milioni.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, l'omissione delle segnalazioni previste dall'articolo 3 è punita con una sanzione pecuniaria fino alla metà del valore dell'operazione.

6. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione del divieto di cui all'articolo 3, comma 7, è punita con l'arresto da sei mesi ad un anno o con l'ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni.

7. Alle infrazioni delle disposizioni impartite con il decreto previsto dall'articolo 4, comma 3, lettera c), si applica una sanzione amministrativa pecuniaria fino a lire cento milioni.

8. All'irrogazione delle sanzioni provvede, con proprio decreto, il Ministro del tesoro, udito il parere della commissione prevista dall'articolo 32 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148. Si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, ad esclusione di quelle contenute nell'articolo 16.

9. Il Ministro del tesoro determina con proprio decreto i compensi per i componenti della commissione di cui al comma 8.

10. L'Ufficio italiano dei cambi, d'intesa con le autorità preposte alla vigilanza di settore, verifica l'osservanza da parte degli intermediari abilitati delle norme in tema di trasferimento di valori di cui al presente capo, nonché, sulla base di criteri selettivi, il rispetto e l'adeguatezza delle procedure di segnalazione di cui all'articolo 3 da parte dei soggetti ad esse tenuti. Il Ministro del tesoro determina con proprio decreto, i criteri generali con cui l'Ufficio italiano dei cambi effettua, allo scopo di far emergere eventuali fenomeni di riciclaggio nell'ambito di determinate zone territoriali, analisi dei dati aggregati concernenti complessivamente l'operatività di ciascun intermediario abilitato. L'Ufficio italiano dei cambi è autorizzato a raccogliere i dati predetti, anche mediante accesso diretto, dall'archivio di cui all'articolo 2, comma 1. L'Ufficio italiano dei cambi, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Ministro del tesoro stabilisce le prescrizioni attuative di carattere tecnico, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, che gli intermediari abilitati sono tenuti ad osservare. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 331 del codice di procedura penale, qualora emergano anomalie rilevanti per l'eventuale individuazione di fenomeni di riciclaggio, l'Ufficio italiano dei cambi, effettuati i necessari approfondimenti di carattere finanziario, d'intesa con l'autorità di vigilanza di settore, ne informa gli organi investigativi di cui all'articolo 3, comma 4, lettera f). Al controllo dell'osservanza delle disposizioni di cui al presente capo nei riguardi di ogni altro soggetto provvede il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.

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11. Informazioni e dati relativi a soggetti nei cui confronti sia stata effettuata contestazione di infrazioni alle disposizioni del presente decreto sono conservati nel sistema informativo dell'Ufficio italiano dei cambi sino alla definizione del procedimento.

12. Informazioni e dati relativi a soggetti, nei cui confronti sia stato emanato provvedimento sanzionatorio definitivo in base al presente articolo, sono conservati nel sistema informativo dell'Ufficio italiano dei cambi per il periodo di cinque anni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 8.

13. Qualora le irregolari operazioni di trasferimento di valori siano state effettuate per il tramite di enti creditizi ovvero di altri intermediari abilitati iscritti in albi o soggetti ad autorizzazione amministrativa, i provvedimenti con i quali sono state irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto sono comunicati alle autorità vigilanti e, se del caso, agli ordini professionali per le iniziative di rispettiva competenza.

14. Nel primo comma dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1982, n. 463, le parole: «acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri e facoltà di polizia giudiziaria e valutaria» sono sostituite dalle seguenti: «acquisiti nei confronti dell'imputato, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, anche al di fuori dei casi di deroga previsti dall'articolo 51-bis».

15. Nel terzo comma dell'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come sostituito dall'articolo 2 del D.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, le parole: «acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e valutaria» sono sostituite dalle seguenti: «acquisiti nei confronti dell'imputato, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, anche al di fuori dei casi di deroga previsti dall'articolo 35».

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4)

PROVVEDIMENTO DELLA BANCA D'ITALIA DEL 12 GENNAIO 2001 (PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE 14 FEBBRAIO 2001, N. 37). RECANTE: “ISTRUZIONI OPERATIVE PER L'INDIVIDUAZIONE DI OPERAZIONI SOSPETTE”.

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IL GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA

Visto il decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni e integrazioni dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, così come successivamente modificato e integrato dal decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153 (infra legge n. 197 del 1991), e dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388;

Visti gli articoli 3, 3-bis e 3-ter della legge n. 197 del 1991 che disciplinano gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette;

Visto, in particolare, l'art. 3-bis, comma 4, della legge n. 197 del 1991, in base al quale la «Banca d'Italia, sentito l'Ufficio italiano dei cambi, d'intesa con le autorità di vigilanza di settore nell'àmbito delle rispettive competenze», emana istruzioni applicative volte ad agevolare i compiti degli intermediari nell'assicurare «omogeneità di comportamento del personale nell'individuazione delle operazioni» sospette e nel predisporre «procedure di esame delle operazioni, anche con l'utilizzo di strumenti informatici e telematici»;

Ritenuta la necessità di impartire istruzioni uniformi per gli operatori dei settori bancario, finanziario e assicurativo al fine di ottenere una piena attuazione dell'obbligo di segnalare le operazioni sospette da parte di tutti i destinatari;

Avuto presente il contenuto delle «indicazioni operative per la segnalazione di operazioni sospette» emanate nel febbraio 1993 e aggiornate nel novembre 1994, nonché delle «indicazioni operative per l'individuazione di operazioni sospette riservate sia alle imprese che alle strutture di vendita - settore assicurativo», emanate nel gennaio 1999;

D'intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa e con l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo;

Sentito l'Ufficio italiano dei cambi;

Emana le accluse «Istruzioni operative per l'individuazione di operazioni sospette».

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Premessa

Con il presente provvedimento la Banca d'Italia, sentito l'UIC, d'intesa con l'Isvap e la Consob, detta istruzioni - ai sensi dell'art. 3-bis, comma 4, della legge 5 luglio 1991, n. 197, come modificata e integrata dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 153 e dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388 - agli operatori

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dei settori bancario, finanziario e assicurativo tenuti alla segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio.

L'atto aggiorna le indicazioni diffuse a partire dal febbraio 1993 in relazione alle modifiche nel frattempo intervenute nella regolamentazione nazionale e internazionale e nell'operatività degli intermediari bancari e finanziari; esso ricomprende anche le indicazioni specificamente indirizzate al settore assicurativo nel gennaio 1999.

Le «Istruzioni» contengono regole operative volte a ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali, a contribuire al contenimento degli oneri e ad assicurare la piena collaborazione con le autorità preposte alla prevenzione del riciclaggio. La prospettazione di indicazioni uniformi per tutti gli intermediari tende a evitare forme di arbitraggio normativo dirette a eludere gli obblighi di legge.

Il documento comprende una introduzione, nella quale viene descritto l'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette e sono indicati i destinatari delle disposizioni, e un compendio di istruzioni operative articolato in due parti. La prima prescrive canoni e linee di comportamento per gli organi decisionali e per le strutture di controllo interno di ciascun intermediario e indica la procedura di segnalazione, ponendo in evidenza l'importanza della conoscenza della clientela e l'esigenza di disporre di adeguati strumenti organizzativi e di procedure di riscontro. Nella seconda parte è riportata una casistica esemplificativa di indici di anomalia, in presenza dei quali si deve prestare particolare attenzione all'operazione e valutare se procedere alla segnalazione.

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Introduzione

1. La segnalazione delle operazioni sospette

Il riciclaggio di denaro proveniente da azioni illegali rappresenta uno dei più gravi fenomeni criminali nel mercato finanziario ed è un settore di specifico interesse per la criminalità organizzata. Esso costituisce un fattore di forte inquinamento per l'intero sistema economico: il reinvestimento dei proventi illeciti in attività legali e la presenza di operatori e di organismi economici collusi con la criminalità alterano profondamente i meccanismi di mercato, inficiano l'efficienza e la correttezza dell'attività finanziaria, indeboliscono lo stesso sistema economico.

La globalizzazione dell'attività finanziaria e il rapido sviluppo delle tecnologie dell'informazione aprono nuove opportunità operative e possibilità di crescita dell'economia, ma aumentano nel contempo i rischi di inquinamento connessi con il riciclaggio di capitali illeciti.

Alla complessità e pericolosità del fenomeno gli intermediari devono rispondere in modo responsabile, dedicando maggiore attenzione agli strumenti di contrasto, nella consapevolezza che la ricerca della redditività e dell'efficienza va coniugata con il presidio continuo ed efficace dell'integrità della struttura aziendale.

Impedire che gli intermediari bancari, finanziari e assicurativi siano coinvolti in operazioni che originano da attività criminose è coerente con la tutela della sana e prudente gestione degli operatori, della trasparenza e correttezza dei comportamenti e della stabilità complessiva, del buon funzionamento e della competitività del sistema.

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Le norme di vigilanza di settore mirano ad assicurare l'efficienza dei mercati, la promozione della concorrenza, la correttezza dei comportamenti, l'onorabilità degli esponenti aziendali, la trasparenza degli assetti proprietari e dei rapporti con la clientela, l'efficacia dell'assetto organizzativo e dei controlli interni, contribuendo a ostacolare l'utilizzo dei meccanismi finanziari per operazioni di riciclaggio.

Gli oneri connessi con il rispetto della normativa anti riciclaggio si inseriscono nel solco dei presìdi organizzativi per una corretta gestione aziendale e costituiscono elementi importanti per l'esercizio dell'impresa; essi vanno valutati alla stregua di investimenti in grado di generare risultati positivi in termini di stabilità e di reputazione.

L'evoluzione dell'ordinamento bancario e finanziario - culminata nell'emanazione del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 («Testo unico bancario») e del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 («Testo unico della intermediazione finanziaria») - valorizza i temi organizzativi e dei controlli interni ai fini della sana e prudente gestione degli operatori. In tale àmbito, risulta fondamentale che l'organizzazione operativa e il sistema dei controlli sia in grado di preservare gli intermediari da commistioni e da comportamenti di tolleranza verso forme di illegalità che possono pregiudicarne la stabilità.

In mercati sempre più aperti la criminalità può con maggiore facilità approfittare dei varchi nella rete di protezione predisposta dai vari paesi. L'esigenza di attirare capitali può indurre ad adottare regolamentazioni permissive determinando, in tal modo, una impropria concorrenza tra sistemi. Si rende, quindi, necessaria l'adozione di una comune regolamentazione di base da parte di tutti i paesi.

L'attenzione della comunità internazionale alla materia dell'antiriciclaggio è testimoniata da numerosi atti emanati in diverse sedi.

L'Unione Europea ha approvato una direttiva (91/308/CEE del 10 giugno 1991) che indica i presìdi minimali atti a prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopi di riciclaggio; è allo studio una proposta di modifica e integrazione della disciplina tesa a estendere l'àmbito oggettivo delle operazioni da segnalare e il novero dei soggetti tenuti al rispetto degli obblighi.

Il passaggio alla moneta unica appare, in sé, neutrale in termini di rispetto della normativa antiriciclaggio, anche se la fase di conversione delle banconote potrebbe comunque rappresentare l'occasione per «ripulire» proventi illeciti.

Un'essenziale opera di sensibilizzazione e di indirizzo è condotta dal Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), costituito dal vertice dei G7 nel 1989. Le raccomandazioni adottate dal Gruppo individuano i presidi fondamentali: l'identificazione e la conoscenza della clientela, la conservazione delle informazioni, la valutazione attenta di tutte le operazioni, la segnalazione di quelle sospette. Il GAFI ha poi avviato un'attività di valutazione delle diverse soluzioni ordinamentali.

La globalità dell'azione di prevenzione del riciclaggio richiede una particolare attenzione all'attività che coinvolge intermediari insediati in paesi caratterizzati da basso grado di regolamentazione, ridotta efficacia dei controlli e forte tutela della riservatezza accompagnata da una imposizione

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fiscale contenuta. L'esigenza di una risposta congiunta a livello internazionale ha indotto il GAFI a identificare i paesi che non cooperano adeguatamente all'azione di contrasto87.

La normativa italiana in tema di prevenzione del riciclaggio è incentrata nella legge 5 luglio 1991, n. 197, che prevede norme tese a ostacolare le pratiche di riciclaggio, vietando l'effettuazione di operazioni di trasferimento di ammontare rilevante con strumenti anonimi e assicurando la ricostruzione delle operazioni attraverso l'identificazione della clientela e la registrazione dei dati in appositi archivi informatici.

L'obbligo per gli intermediari di segnalare le operazioni che destano sospetto circa la provenienza illecita dei fondi trasferiti ha introdotto il principio di «collaborazione attiva», che richiede un impegno concreto e costante in termini di formazione del personale e di adeguamento delle strutture organizzative. L'esperienza mostra come tale impegno si traduca in una migliore conoscenza della clientela e in minori rischi di coinvolgimento in operazioni illecite, che hanno gravi ripercussioni, oltre che sulla reputazione, anche sulla regolare operatività aziendale.

La novità dell'obbligo ha determinato alcune difficoltà applicative, superate con l'estensione dei reati presupposto del riciclaggio a tutti i delitti non colposi disposta dalla legge 9 agosto 1993, n. 328, e con l'introduzione di misure a tutela della riservatezza della fonte e l'eliminazione del transito diretto della segnalazione dall'intermediario agli organi investigativi operata dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 153.

La segnalazione dell'operazione sospetta, dopo la valutazione interna dell'intermediario, viene oggi indirizzata all'UIC, che la esamina tenendo anche conto delle possibili ragioni economiche sottostanti: in tale contesto, l'Ufficio acquisisce ulteriori dati e informazioni presso gli intermediari, utilizza i risultati delle analisi dei flussi finanziari, scambia informazioni con le autorità di vigilanza e le omologhe autorità estere. Al termine degli approfondimenti, le segnalazioni sono trasmesse, unitamente a una relazione tecnica, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e alla Direzione Investigativa Antimafia, competenti a effettuare gli eventuali accertamenti di carattere investigativo. La procedura rappresenta un opportuno «filtro», che contribuisce ad accentuare il carattere oggettivo della segnalazione e consente di sfruttare appieno le opportunità offerte dall'analisi finanziaria.

Per assicurare l'adempimento dell'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette occorre garantire l'anonimato del segnalante, a tutela dell'immagine dell'intermediario e di possibili effetti ritorsivi sul personale.

Questa finalità è perseguita dal D.Lgs. n. 153/1997. L'interposizione dell'UIC contribuisce a sfumare il collegamento tra la segnalazione e la relativa fonte; gli intermediari sono tenuti ad adottare misure volte ad assicurare la massima riservatezza dell'identità delle persone che effettuano le segnalazioni. Gli organi investigativi sono tenuti a omettere, nella denuncia eventualmente trasmessa all'autorità giudiziaria, ogni indicazione delle persone e dell'intermediario che hanno

87 Nel giugno 2000 il GAFI ha individuato i seguenti «Paesi e territori non cooperativi»: Bahamas, Cayman Islands,

Cook Islands, Dominica, Israel, Lebanon, Liechtenstein, Marshall Islands, Nauru, Niue, Panama, Philippines, Russia, St. Kitts and Nevis, St. Vincent and the Grenadines. Il Gafi si è riservato di valutare le iniziative assunte da tali Paesi per superare le carenze rilevate e di esaminare altre giurisdizioni. Alle valutazioni del GAFI sarà data adeguata diffusione da parte delle Autorità nazionali.

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inviato la segnalazione. In tal modo dagli atti processuali non dovrà emergere la fonte da cui promana l'informativa di un'operazione sospetta.

Solo all'autorità giudiziaria è attribuito il potere di chiedere, con decreto motivato, l'identità della persona e dell'intermediario segnalanti; tale misura è volutamente limitata a casi del tutto eccezionali, in quanto il giudice deve ritenere l'acquisizione della notizia «indispensabile ai fini dell'accertamento dei reati per i quali si procede». Specifiche cautele sono previste anche relativamente alle ipotesi di sequestro di atti e documenti.

Il D.Lgs. 25 settembre 1999, n. 374 ha esteso l'applicazione delle disposizioni in tema di identificazione e registrazione nonché di segnalazione delle operazioni sospette alle attività ritenute suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio per il fatto di realizzare l'accumulazione o il trasferimento di ingenti disponibilità economiche o finanziarie o di risultare comunque esposte a infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.

Tali attività possono essere ripartite in due gruppi: a) quelle non finanziarie il cui esercizio è sottoposto a licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri ovvero dichiarazioni di inizio di attività ai sensi di leggi in tema di pubblica sicurezza o di altre norme di settore. In tale àmbito rientrano: il recupero di crediti; la custodia e il trasporto valori; il commercio di cose antiche; la fabbricazione e il commercio di oro e oggetti preziosi; la gestione di case d'asta, gallerie d'arte o di case da gioco; la mediazione immobiliare; b) quelle di natura finanziaria, quali la mediazione creditizia e l'agenzia in attività finanziaria.

In materia tributaria, il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rivisitando le sanzioni penali, ha ridotto il novero dei «delitti fiscali» - che, in quanto tali, configurano reati presupposto del riciclaggio - a un ristretto numero di fattispecie gravi. Il rinnovato impianto repressivo è incentrato su tre fattispecie criminose che fanno riferimento alle imposte sui redditi e all'IVA: dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele e omessa dichiarazione; a esse si affiancano altre figure di rilevante attitudine lesiva, tra le quali l'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Le violazioni delle norme tributarie sono strumento utilizzato per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito economico ovvero possono rappresentare una delle manifestazioni di più articolate condotte criminose volte a immettere in attività economiche apparentemente lecite disponibilità derivanti da altri illeciti. Operazioni connesse a condotte che non costituiscono delitto sotto il profilo fiscale possono comunque costituire strumento per occultare attività criminose di altra natura.

2. I destinatari del provvedimento

Le «Istruzioni» sono rivolte ai seguenti soggetti tenuti agli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette:

- le banche

- le imprese di assicurazione

- le Poste Italiane S.p.A.

- le imprese di investimento

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- le società di gestione del risparmio e le SICAV

- gli intermediari finanziari

- i soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell'elenco generale degli intermediari finanziari previste dagli artt. 113 e 155 del D.Lgs. n. 385 del 1993

- gli agenti di cambio

- le società fiduciarie

- la società Monte Titoli e le società di gestione accentrata di strumenti finanziari

- gli uffici della pubblica amministrazione che svolgono operazioni di contenuto finanziario; in tale contesto, rilevano anche le società che svolgono attività in regime di concessione, quali le società di riscossione dei tributi.

Tutti questi operatori - nel provvedimento indicati riassuntivamente con il termine «intermediari» - sono tenuti ad attivarsi al fine di adempiere correttamente agli obblighi segnaletici, a prescindere dalle peculiarità dell'attività svolta.

Il documento fornisce, in ogni caso, indicazioni utili per l'individuazione e la segnalazione di operazioni sospette da parte di soggetti diversi, ivi compresi quelli che svolgono le attività individuate dal D.Lgs. n. 374/1999.

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Parte prima

Regole organizzative e procedurali

1. L'adempimento degli obblighi segnaletici

Gli intermediari adottano politiche aziendali coerenti con le regole e i princìpi della disciplina antiriciclaggio, che costituiscono un aspetto rilevante dell'affidabilità nella presentazione sul mercato e nei rapporti con la clientela.

Al fine di assicurare il corretto adempimento dell'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette gli intermediari:

- si rifiutano di effettuare operazioni ritenute anomale per tipologia, oggetto, frequenza o dimensioni e di instaurare o mantenere rapporti che presentano profili di anomalia;

- prestano particolare attenzione a tentativi di operazioni e a operazioni proposte da utenti occasionali, specie qualora esse siano di rilevante ammontare o presentino modalità di esecuzione anomale;

- inoltrano una segnalazione all'UIC anche con riferimento alle operazioni rifiutate o comunque non concluse;

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- considerano che l'obbligo di effettuare le segnalazioni vige per l'intera durata della relazione con il cliente e non è limitato, quindi, alle sole fasi di instaurazione o di chiusura del rapporto; la decisione dei clienti di interrompere un rapporto non rappresenta, di per sé, elemento di sospetto;

- valutano i profili di eventuale anomalia anche con riferimento all'operatività di altri intermediari, nazionali ed esteri; in tale contesto, particolare attenzione va prestata all'attività che interessa intermediari di non elevata reputazione ovvero soggetti operanti in Paesi segnalati come «non cooperativi».

L'obbligo di segnalazione sussiste anche con riferimento a operazioni prive di importo. Per le operazioni che comportano movimenti finanziari, gli intermediari possono individuare una soglia minima di attenzione in base a criteri di funzionalità, economicità ed efficacia. Specifico rilievo è attribuito alla movimentazione del contante per importi non usuali.

La segnalazione è un atto distinto dalla denuncia di fatti penalmente rilevanti e costituisce una comunicazione funzionale all'avvio di approfondimenti sul piano economico e finanziario e, successivamente, di eventuali indagini investigative. L'adempimento degli obblighi segnaletici non esclude, quindi, che l'intermediario denunci fatti ritenuti penalmente rilevanti all'Autorità Giudiziaria.

Le operazioni di natura illecita che non presentano profili di sospetto su una connessione con fenomeni di riciclaggio, ma sono finalizzate a procurare un danno all'intermediario sono valutate ai fini di una segnalazione alla sola Autorità Giudiziaria.

Particolare attenzione è richiesta nella valutazione dell'operatività anomala riconducibile a soggetti in relazione ai quali sono pervenute richieste di informazioni nel quadro di indagini penali o per l'applicazione di misure di prevenzione. In tale àmbito, gli intermediari va lutano se integrare il contenuto delle informazioni trasmesse all'Autorità Giudiziaria con riferimento a tali nominativi ovvero se procedere alla segnalazione di una operazione sospetta con la massima tempestività (cfr. infra, 4.3).

Gli intermediari si dotano di adeguate procedure interne atte a evitare il coinvolgimento, anche inconsapevole, in fatti di riciclaggio. Il «rischio di riciclaggio» aumenta quando è minore la conoscenza del cliente e risultano inadeguati i controlli interni: tali elementi pregiudicano la capacità degli intermediari di assolvere correttamente agli obblighi in materia di segnalazione delle operazioni sospette e possono, in ultima analisi, minare la reputazione dell'intermediario.

2. La conoscenza della clientela

2.1. L'importanza di una approfondita conoscenza della clientela

Gli intermediari effettuano l'analisi del grado di anomalia di una operazione con riferimento alle caratteristiche del cliente che la pone in essere88. Il dato oggettivo va integrato con le informazioni

88 Nel documento con le locuzioni «clienti» o «clientela» si ricomprendono tutti i soggetti che hanno rapporti con gli

intermediari bancari, finanziari e assicurativi nonché con gli altri destinatari degli obblighi di segnalazione, normalmente individuati con altri termini, quali utenti, investitori, assicurati, contraenti, acquirenti, affidati, ecc.

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sul cliente in possesso dell'intermediario, nel valutare la coerenza e la compatibilità dell'operazione con il profilo economico-finanziario che deve essere dichiarato dal cliente medesimo; particolare attenzione è richiesta qualora risulti che il cliente non svolge attività con rilievo economico.

Ingiustificate incongruenze rispetto alle caratteristiche soggettive del cliente e alla sua normale operatività - sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello degli schemi contrattuali utilizzati - richiedono l'attivazione della procedura di segnalazione.

La valutazione delle operazioni è effettuata in base al patrimonio informativo sulle capacità e sulle necessità economiche del cliente in possesso degli intermediari; questi ultimi, pertanto, non devono farsi carico di ulteriori attività di accertamento, di competenza delle Autorità di ciò istituzionalmente incaricate.

Una approfondita conoscenza del cliente costituisce, da un lato, un momento fondamentale del percorso logico che porta alla valutazione dell'operazione ai fini dell'inoltro di una segnalazione di operazione sospetta, dall'altro, un requisito essenziale dell'attività di intermediazione, in quanto consente di individuare i profili di rischio e le possibilità di sviluppo della relazione d'affari.

Gli intermediari assumono ogni opportuna iniziativa per affinare la conoscenza della clientela e cogliere eventuali contraddizioni tra il profilo economico del cliente e le prestazioni da questo richieste.

Gli intermediari si adoperano per instaurare con la clientela un rapporto di comunicazione in un clima di reciproca fiducia. I clienti sono resi edotti degli obblighi della normativa antiriciclaggio, delle finalità che questa si prefigge e della riservatezza nell'utilizzo delle informazioni raccolte; ciò favorisce la collaborazione nelle procedure di identificazione e nell'ottenere chiarimenti, ulteriori informazioni ovvero i documenti necessari. In tale contesto, qualora un cliente proponga modalità operative poco trasparenti l'intermediario deve illustrarne i possibili rischi e prospettare modalità corrette.

Gli organi aziendali devono predisporre misure atte ad assicurare che alla corretta identificazione anagrafica si accompagni l'acquisizione di informazioni esaurienti e veritiere sulla situazione economica e finanziaria del cliente nonché sulle motivazioni economiche sottostanti alle operazioni richieste o eseguite e alla relazione finanziaria nella quale esse si iscrivono.

Particolari cautele devono essere adottate nelle relazioni intrattenute mediante il canale telefonico o telematico per le operazioni che si configurano come particolarmente irrituali o che comportano rilevanti movimentazioni; in tali ipotesi andranno previsti specifici oneri informativi a carico della clientela.

La normativa antiriciclaggio prevede che, qualora la segnalazione non abbia ulteriore corso, gli organi investigativi informino l'Ufficio italiano dei cambi che, a sua volta, ne dà notizia all'intermediario segnalante.

La conoscenza dell'eventuale esito negativo di una segnalazione consente all'intermediario di rimuovere i motivi di sospetto sull'operatività del cliente, preservando così le proprie relazioni commerciali con il medesimo. Il processo di feedback produce anche effetti positivi di carattere più generale, consentendo di affinare i processi valutativi in essere presso gli intermediari.

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2.2. Gli strumenti per migliorare la conoscenza della clientela

La rilevazione e l'organizzazione accentrata dei dati relativi ai rapporti con il cliente costituiscono il presupposto per un compiuto esame del suo profilo economico - finanziario. Oggetto di rilevazione devono essere tutte le informazioni raccolte in ordine all'attività svolta, al contesto economico in cui si colloca, al fabbisogno di servizi finanziari, agli eventuali rapporti con altri intermediari.

Il necessario punto di partenza è rappresentato dai dati contenuti nell'anagrafe, che ricomprendono informazioni su tutti i rapporti direttamente e/o indirettamente intrattenuti con l'intermediario, le garanzie prestate e ricevute e le deleghe a operare rilasciate a terzi. Su tale livello di base si innestano, a seconda della complessità e dell'articolazione operativa degli intermediari, ulteriori livelli informativi attinenti alla situazione economica, finanziaria e patrimoniale.

Nell'organizzare le proprie evidenze sulla clientela, gli intermediari tengono conto delle informazioni sui collegamenti significativi che i clienti intrattengono tra di loro e con altri soggetti. Assumono in proposito rilievo non solo l'esis tenza di relazioni societarie di gruppo, ma anche i legami contrattuali, finanziari, commerciali o di altra natura che consentono di cogliere la giustificazione di operazioni che devono essere inquadrate in un contesto più ampio.

Elementi di giudizio sulla clientela devono essere acquisiti attraverso lo scambio di informazioni con altri intermediari appartenenti al medesimo gruppo o rientranti nell'àmbito della vigilanza consolidata.

Gli intermediari tenuti alle segnalazioni devono acquisire le informazioni anche da soggetti esterni che gestiscono funzioni aziendali in outsourcing ovvero che svolgono attività di provider; la delega di funzioni aziendali a società o collaboratori esterni non può in ogni caso incidere negativamente sulla conoscenza della clientela da parte di ciascun intermediario e non può giustificare la mancata percezione di sintomi di anomalia di una operazione o di un rapporto.

Adeguate procedure assicurano l'utilizzo delle informazioni che la clientela è tenuta a fornire con riferimento alla propria situazione finanziaria e alla propensione al rischio nell'àmbito della prestazione di servizi di investimento nonché delle comunicazioni che i clienti effettuano relativamente all'operatività con l'estero.

Il quadro conoscitivo deve essere costantemente aggiornato con le evidenze relative alle operazioni progressivamente poste in essere e con le informazioni provenienti dai vari punti della struttura operativa dell'intermediario.

Gli accertamenti bancari e gli ulteriori provvedimenti disposti dall'Autorità Giudiziaria (misure di prevenzione, rinvii a giudizio, ecc.) sono utilizzati per la valutazione sulla qualità dei clienti così come le notizie di stampa, specie se relative a operazioni finanziarie internazionali irregolari, le comunicazioni pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e tutte le altre informazioni desumibili sulla piazza.

Nella tenuta e nell'aggiornamento delle evidenze sulla clientela gli intermediari si avvalgono di idonei sistemi informatici.

Le evidenze devono consentire di individuare il profilo economico-finanziario del cliente e di determinare una fascia di operatività normale che abbia riguardo a parametri sia quantitativi, quali l'importo o la frequenza delle operazioni, sia qualitativi, come la tipologia e le condizioni di

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utilizzazione dei servizi: in tale àmbito particolare attenzione è prestata alle operazioni concluse con il canale telefonico o telematico.

La gestione accentrata delle evidenze integrate provenienti da tutti i settori operativi consente di soddisfare con un unico strumento sia le tradizionali esigenze di cautela e di contenimento dei rischi verso la clientela, sia quelle di sviluppo dell'attività e di marketing, sia infine quelle connesse a un ordinato e corretto svolgimento dell'attività, tra cui si collocano i compiti di contrasto al riciclaggio.

L'estensione su scala internazionale del fenomeno del riciclaggio richiede che gli intermediari coinvolgano anche i punti operativi esteri, assoggettati alla normativa antiriciclaggio del Paese di insediamento, nella formazione del patrimonio informativo relativo alle persone che hanno relazioni d'affari con l'intermediario.

Gli intermediari devono pertanto favorire lo scambio di informazioni utili per la compiuta conoscenza della clientela, sia fornendo alle strutture insediate all'estero notizie sui clienti che intendono svolgere oltre frontiera la loro attività, sia richiedendo alle strutture estere informazioni sulla loro operatività; inoltre, i sistemi informatici devono garantire l'utilizzo di un patrimonio informativo adeguato e aggiornato e consentire la possibilità di trarre evidenze integrate.

Ciascun intermediario è invitato a valutare se le iniziative assunte dai clienti per ampliare la propria attività a livello internazionale siano coerenti con l'attività economica svolta e i suoi possibili sviluppi; in tale àmbito va prestata particolare attenzione alle operazioni che coinvolgono soggetti insediati in Paesi segnalati come «non cooperativi» ovvero realizzate mediante transazioni commerciali o finanziarie non giustificate.

Per garantire l'adempimento degli obblighi di collaborazione attiva, particolare rilievo assume l'ordinata tenuta dell'Archivio Unico Informatico previsto dalla normativa antiriciclaggio. Un archivio nel quale siano correttamente registrate le informazioni previste dalla legge costituisce il presupposto per consentire la ricostruibilità dell'operatività della clientela.

Eventuali categorie di operazioni segnalate nell'Archivio Unico Informatico ancora manualmente devono essere inserite con procedure automatizzate nel più breve tempo possibile. Le procedure di registrazione devono consentire in ogni momento di effettuare ricerche.

3. I controlli interni

3.1. Il sistema dei controlli interni

Al fine di assicurare l'integrità e l'autonomia gestionale, alcune discipline di settore richiedono agli intermediari sottoposti a vigilanza di predisporre un efficace sistema dei controlli interni per la rilevazione e la gestione dei rischi; in tale àmbito rientra anche il «rischio di ricic laggio».

Il sistema dei controlli interni costituisce in ogni caso un presidio insostituibile per difendere l'integrità e l'autonomia aziendale.

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La predisposizione di adeguate misure organizzative e la corretta attuazione delle procedure di analisi delle operazioni sospette forma oggetto dei controlli, anche ispettivi, da parte delle autorità di vigilanza di settore e dell'UIC 89.

I controlli maggiormente coinvolti ai fini antiriciclaggio sono quelli di linea, diretti a garantire la corretta esecuzione delle operazioni e l'affidabilità dei flussi informativi, e quelli periodici, affidati al collegio sindacale e, laddove presenti, ai revisori interni ed esterni.

I controlli di linea devono individuare i presìdi necessari per garantire la presenza di adeguate procedure di acquisizione ed elaborazione di tali informazioni. Tali procedure devono essere periodicamente verificate.

Flussi informativi tempestivi ed esaurienti, capaci di rappresentare correttamente i fatti di gestione, risultano di cruciale importanza per il rispetto della normativa antiriciclaggio. Il patrimonio dei dati raccolto nell'anagrafe dei clienti - primario archivio elementare che censisce gli utenti, anche occasionali, degli intermediari - deve essere attentamente tutelato; ogni intervento suscettibile di inficiare il mantenimento dei dati nell'archivio va precedentemente sottoposto al vaglio di una struttura di controllo.

Il crescente utilizzo in campo finanziario di canali distributivi basati su forme di comunicazione a distanza, tra i quali la rete Internet, può aumentare il rischio di un coinvolgimento degli intermediari in fenomeni di riciclaggio; la delocalizzazione geografica e la spersonalizzazione del rapporto rendono più difficile conoscere le condizioni economiche della clientela e le motivazioni delle operazioni richieste.

Gli intermediari verificano che i sistemi informativi adottati consentano l'immediato aggiornamento dell'andamento della relazione con il cliente, la tempestiva informazione degli organi decisionali e una tendenziale condivisione delle conoscenze all'interno dell'azienda. Gli intermediari che operano diffusamente in tali comparti devono pertanto attivare gli opportuni controlli per verificare, specie in caso di importi significativi, la provenienza delle disponibilità finanziarie e acquisire le informazioni di base sulla natura dell'operazione.

Il collegio sindacale è chiamato a svolgere un ruolo attivo e propositivo nella formulazione di adeguati programmi e procedure di accertamento per verificare l'osservanza dell'intera normativa antiriciclaggio e, in particolare, degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette. I sindaci devono periodicamente controllare la funzionalità e l'efficienza di tali meccanismi e valutare il permanere delle condizioni di qualità in relazione all'evoluzione dell'operatività aziendale, della struttura organizzativa e dell'articolazione dei canali distributivi.

Per lo svolgimento delle proprie funzioni in materia, il collegio sindacale deve avvalersi di tutte le unità organizzative deputate, all'interno dell'organizzazione aziendale, allo svolgimento di funzioni di controllo, prima tra tutte l'internal audit.

Anche i revisori esterni, laddove presenti, rivestono un ruolo essenziale; per programmare e svolgere efficacemente le proprie valutazioni sull'attendibilità delle informazioni contabili e di

89 Per gli intermediari non abilitati a effettuare operazioni di trasferimento di importo rilevante i controlli sono svolti dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza.

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bilancio, infatti, essi devono conoscere il sistema dei controlli interni dell'azienda presso la quale svolgono l'incarico. Il collegio sindacale stabilisce collegamenti funzionali con tali soggetti al fine di essere informato su eventuali disfunzioni e anomalie gestionali che dovessero emergere nell'esercizio delle loro funzioni e che potrebbero costituire un utile elemento di valutazione per i sindaci ai fini dello svolgimento dei compiti di pertinenza.

3.2. La formazione del personale

Gli intermediari pongono in essere una attenta opera di addestramento e di formazione del personale sugli obblighi di segnalazione. Le presenti «Istruzioni» devono essere divulgate e opportunamente illustrate a tutto il personale, a prescindere dal titolo giuridico in base al quale presta l'attività lavorativa o la collaborazione.

Un'efficace applicazione della normativa antiriciclaggio presuppone la piena consapevolezza delle finalità e dei princìpi che ne sorreggono l'impianto. Il personale deve essere portato a conoscenza degli obblighi e delle responsabilità aziendali che possono derivare dal mancato adempimento dei medesimi.

L'addestramento e la formazione del personale devono riservare particolare cura allo sviluppo di una specifica preparazione dei dipendenti e dei collaboratori che sono a più diretto contatto con la clientela. Tale attività deve essere estesa, su un piano più generale, all'importanza del principio della conoscenza del cliente, per consentire la ricostruzione del suo profilo finanziario.

Specifici programmi di formazione appaiono opportuni per il personale appartenente alla struttura deputata a tenere i rapporti con l'UIC. A tali dipendenti si richiede un continuo aggiornamento in merito all'evoluzione dei rischi di riciclaggio e agli schemi tipici delle operazioni finanziarie criminali.

L'attività di qualificazione del personale deve rivestire carattere di continuità e di sistematicità e va svolta nell'àmbito di programmi organici, che tengano conto dell'evoluzione della normativa e delle procedure predisposte dagli intermediari. Annualmente deve essere sottoposta al Consiglio di amministrazione di ciascun intermediario una relazione in ordine all'attività di addestramento e formazione in materia di normativa antiriciclaggio.

Gli intermediari invitano il personale a verificare, prima di instaurare nuovi rapporti, l'effettiva iscrizione delle controparti negli albi previsti dalla legge per le varie forme di operatività. Non devono essere intrattenuti rapporti con soggetti abusivi, anche per la concorrenza sleale svolta nei confronti degli operatori legali; particolare attenzione va prestata al fenomeno dell'usura. In tale contesto va richiamata l'attenzione sulla figura di reato introdotto dall'art. 16, comma 9, della legge 7 marzo 1996, n. 108, che punisce i dipendenti che indirizzano una persona, per operazioni bancarie o finanziarie, a un soggetto non abilitato all'esercizio dell'attività bancaria o finanziaria.

Il personale deve essere sensibilizzato affinché nell'anagrafe clienti e nell'Archivio Unico Informatico siano esattamente inseriti tutti i dati anagrafici della clientela e correttamente riportata l'indicazione dell'attività economica svolta.

Gli intermediari devono diffondere l'informativa ricevuta dall'UIC in merito all'eventuale esito negativo della segnalazione tra gli addetti alla struttura delegata a scambiare informazioni con l'UIC. Possono inoltre prevedere canali informativi interni diretti ai dipendenti che hanno contribuito alla valutazione preliminare alla segnalazione.

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Un supporto all'azione di formazione del personale e di diffusione della complessiva disciplina può essere fornito dalle associazioni di categoria o da altri organismi esterni, attraverso iniziative volte ad approfondire la normativa, a studiarne le modalità di applicazione e a diffonderne la conoscenza in modo chiaro ed efficace.

3.3. I controlli sull'operato di dipendenti e di collaboratori

I competenti organi aziendali delineano una struttura dei controlli volta a prevenire o a far emergere tempestivamente eventuali episodi di infedeltà da parte dei dipendenti o degli altri collaboratori.

Con riferimento a singole strutture operative o aree di lavoro devono essere poste in evidenza operazioni ripetitive riconducibili agli indici di anomalia.

Vanno rilevate eventuali anomalie connesse alla assidua e non giustificabile presenza in azienda dei responsabili di settori considerati nevralgici ovvero al tenore di vita del tutto incoerente con i redditi percepiti.

Opportuni controlli devono essere previsti nel caso di trasferimento dei rapporti presso altra succursale del medesimo intermediario in occasione di correlati trasferimenti di dipendenti o collaboratori. Nel caso di clientela acquisita in relazione all'assunzione di dipendenti o alla stipula di contratti di collaborazione con personale proveniente da altri intermediari deve essere assicurato un attento ed esaustivo vaglio iniziale della clientela eventualmente acquisita.

La mancata comunicazione ai competenti organi aziendali di nuovi e significativi elementi negativi di valutazione della clientela va inquadrata come fenomeno di infedeltà da parte dei dipendenti o dei collaboratori, specie se con funzioni a rilevanza esterna.

Devono essere poi monitorate le ipotesi in cui singole succursali degli intermediari richiedano alla direzione generale approvvigionamento di contante o presentino transazioni in contante per importi non proporzionati rispetto alle presumibili esigenze dell'area di insediamento o della clientela servita.

Gli intermediari adottano strumenti atti a consentire la costante verifica dell'attività che transita per i collaboratori esterni, anche in un'ottica tesa a rilevare eventuali operazioni sospette poste in essere dai loro clienti, e prestano attenzione alla regolarità del comportamento dei promotori finanziari, degli agenti assicurativi e dell'altro personale non dipendente.

3.4. La moneta elettronica

L'evoluzione in atto nei sistemi di pagamento richiama l'attenzione sulla possibilità di utilizzo a fini di riciclaggio della moneta elettronica90. Gli orientamenti maturati in àmbito europeo e le linee

90 La moneta elettronica consiste in un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente, memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso dietro ricezione di fondi corrispondenti e accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall'emittente. Tale strumento si può ricondurre a due principali tipologie: la card-based money (caricata su una carta di pagamento dotata o meno di microprocessore) e la software-based money (che si basa su software e viene caricata nella memoria del personal computer). La moneta elettronica costituisce uno strumento di pagamento sostitutivo del denaro contante che gli operatori, eventualmente protetti dalla garanzia di anonimato, possono scambiare anche a notevole distanza, localizzandosi in Paesi carenti di adeguati controlli.

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guida della Banca d'Italia91 prevedono l'adozione di specifiche cautele sia nella definizione delle caratteristiche dello strumento di pagamento, sia relativamente alle modalità del suo utilizzo nell'àmbito del circuito di riferimento.

Tali cautele vanno individuate con riguardo agli schemi operativi utilizzati in concreto, suscettibili di continui sviluppi indotti dall'innovazione tecnologica, e possono, ad esempio, riguardare: l'apposizione di limiti al valore degli acquisti; l'impossibilità di trasferire somme da un dispositivo elettronico a un altro ovvero, ove ciò sia consentito, la tracciabilità di detti trasferimenti92; la determinazione di limiti di avvaloramento per un singolo dispositivo elettronico (ad esempio, per la singola carta) in linea con l'ammontare massimo presente nella scala dei tagli delle banconote; forme di controllo sui distributori di carte di pagamento e sugli esercizi convenzionati per il perfezionamento di transazioni concluse con l'utilizzo di tale strumento; la registrazione di richieste di rimborso anomale, per frequenza ovvero per ammontare, di somme relative a crediti in moneta elettronica.

4. La procedura di segnalazione

4.1. L'iter segnaletico interno all'intermediario

Ogni intermediario definisce e formalizza nella normativa interna una procedura per la segnalazione delle operazioni sospette allo scopo di garantire certezza di riferimento per il personale, omogeneità nei comportamenti, applicazione generalizzata all'intera struttura.

L'iter della segnalazione prevede una doppia valutazione delle operazioni sospette; tale procedura è strutturata sul modello operativo tradizionale delle banche e va interpretata alla luce dell'evoluzione tecnica dell'attività bancaria e delle modalità operative tipiche degli altri intermediari.

La procedura individuata da ciascun intermediario prevede un contenuto numero di livelli attraverso i quali transita la segnalazione prima di giungere al «responsabile aziendale dell'antiriciclaggio», indicato dalla normativa come «titolare dell'attività, rappresentante legale o suo delegato»; va assicurata celerità, riservatezza e facilità di confronto tra chi matura il sospetto e tale responsabile.

Nel percorso possono contemplarsi momenti di verifica e di controllo, eventualmente con l'ausilio di funzioni di supporto e di consulenza interna, senza che da ciò derivi pregiudizio per la riservatezza e l'efficienza della procedura.

91 Contenuti rispettivamente, nel Rapporto sulla moneta elettronica della Banca Centrale Europea del 1998 e nel Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti del 1999.

92 Tali trasferimenti di somme possono essere consentiti, per esempio, per utilizzare il credito residuo in un dispositivo di moneta elettronica, che potrebbe risultare non sufficiente per concludere una nuova transazione. Anche in questo casi, peraltro, è necessario adottare cautele atte a impedire l'avvaloramento senza limiti di un unico dispositivo elettronico; a tal fine, può tra l'altro essere prevista l'impossibilità di effettuare un nuovo trasferimento di somme prima di essere esaurito il credito residuo caricato su un diverso dispositivo.

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L'iter valutativo seguito deve essere sempre ricostruibile su base documentale, specie qualora si sia pervenuti alla conclusione di non effettuare la segnalazione. Ciò agevola i controlli interni e assicura la ricostruibilità a posteriori delle motivazioni che hanno determinato le decisioni assunte dai soggetti responsabili.

I competenti organi aziendali adottano misure tese ad assicurare che il personale a diretto contatto con la clientela sia pronto a dare impulso alla segnalazione. Va comunque sollecitata la sensibilità di tutto il personale che cura i rapporti con la clientela, sia esso addetto alle strutture centrali o a singoli punti operativi e senza distinzioni basate sulla tipologia del rapporto giuridico in base al quale è legato all'intermediario.

Il crescente ricorso da parte degli intermediari all'instaurazione e alla gestione di rapporti «a distanza» impone di prestare particolare attenzione alla definizione di procedure idonee. Nel caso di rapporti mediati da persone incaricate delle fasi di sviluppo e mantenimento delle relazioni a diverso titolo legate all'intermediario, l'impulso alla segnalazione deve partire proprio da tali collaboratori93.

Qualora il rapporto con la clientela transiti unicamente per il personale con il qua le non si instaurano relazioni continuative (ad es. addetti al call center o cc.dd. phone banking) ovvero attraverso il canale telematico (cc.dd. e-banking o internet banking) gli intermediari assumono iniziative volte comunque ad assicurare una adeguata conoscenza del cliente e della sua operatività. L'analisi del cliente prevede il ricorso a procedure di esame su base statistica delle operazioni effettuate e possono contemplare visite da parte di collaboratori esterni.

Il «responsabile aziendale dell'antiriciclaggio», prima di inoltrare la segnalazione, compie una valutazione globale dell'operazione sulla base di tutti gli elementi conoscitivi disponibili; in ogni caso è tenuto a valutare le operazioni che presentano profili di eventuale anomalia anche in assenza di un impulso riveniente dalla struttura operativa.

La procedura deve prevedere momenti di scambio informativo tra i distinti livelli e una valutazione dell'operazione da parte di tutto il personale comunque coinvolto.

Nello svolgimento dei propri compiti è possibile che la funzione di internal auditing, anche se affidata a collaboratori esterni, e il collegio sindacale rilevino operazioni che, per caratteristiche economico-finanziarie, manifestano profili di anomalia. In tali ipotesi devono essere raccolte le informazioni rilevanti, anche avvalendosi delle strutture operative dell'intermediario e deve essere effettuata una prima valutazione sulla natura di tale operatività, procedendo, ove del caso, a trasmettere un'adeguata informativa al responsabile aziendale dell'antiriciclaggio. In ogni caso, l'iter valutativo seguito deve essere ricostruibile su base documentale.

Tale procedura potrà essere seguita anche dal personale delle società incaricate della revisione contabile per le operazioni anomale eventualmente riscontrate nell'àmbito della loro attività.

4.2. La tutela della riservatezza

93 Il coinvolgimento diretto dei promotori e degli agenti nella procedura di analisi delle operazioni sospette è stato sancito dall'art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 374/1999.

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Nell'àmbito della procedura di segnalazione, gli intermediari adottano misure volte ad assicurare la massima riservatezza dell'identità delle persone che effettuano le segnalazioni; in tale àmbito sono previste specifiche forme per la custodia degli atti e dei documenti in cui sono contenute le loro generalità.

La segnalazione inoltrata all'UIC deve essere priva di qualsiasi riferimento al nominativo della persona fisica segnalante. Nella segnalazione sono riportati solo gli estremi della struttura che fa capo al responsabile aziendale dell'antiriciclaggio.

Ogni diffusione non necessaria delle informazioni deve essere evitata all'interno dell'intermediario e all'esterno; la violazione di tale divieto è punita penalmente dalla legge n. 197/91.

4.3. La sospensione delle operazioni

La normativa antiriciclaggio prevede che le segnalazioni siano inoltrate all'UIC «senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l' operazione». Gli organi aziendali impartiscono quindi istruzioni idonee a consentire un equo contemperamento tra l'esigenza di tempestività e quella di effettuare un'adeguata valutazione dell'operazione.

La mancanza di un termine specifico entro il quale effettuare la segnalazione non può interpretarsi come possibilità di informare l'UIC oltre ogni ragionevole lasso di tempo. Un iter valutativo non pienamente giustificato può infatti inficiare la previsione normativa che consente la sospensione delle operazioni, per un massimo di quarantotto ore, per consentire il coordinamento con gli organi investigativi.

Gli intermediari predispongono pertanto adeguate procedure operative per valutare le operazioni in corso di esecuzione e garantire una pronta ed esaustiva informativa dell'UIC.

Massima tempestività nella segnalazione è assicurata ove l'operazione preveda il rilascio al cliente di contante o di valori assimilabili, per significativo ammontare, soprattutto se la medesima è effettuata da soggetti sottoposti a indagini penali o a misure patrimoniali di prevenzione ovvero da soggetti agli stessi collegati.

Gli intermediari possono preavvisare telefonicamente, via telefax o con strumenti telematici l'UIC, anche per ricevere istruzioni sul comportamento da tenere.

4.4. Il ricorso a programmi informatici di selezione delle operazioni

La scelta in merito all'adozione di programmi informatici di ausilio alla valutazione delle operazioni in base a parametri prefissati è rimessa all'autonomia organizzativa degli intermediari.

L'individuazione su base automatica di operazioni anomale non può che svolgere esclusivamente un ruolo di ausilio nella valutazione di operazioni con caratteristiche anomale in considerazione sia della possibilità di utilizzare standard prefissati solo per taluni indici di anomalia, sia della costante evoluzione delle tecniche di riciclaggio.

Resta in ogni caso ferma la responsabilità dell'intermediario per l'adeguatezza delle procedure interne di valutazione a garantire il rispetto degli obblighi imposti dalla legge. La mancata selezione automatica non esclude la responsabilità dell'intermediario per l'omessa segnalazione di una operazione che si presentava sospetta.

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Devono essere utilizzate procedure informatiche per l'individuazione automatica di indicatori di anomalia per l'operatività che transita su canali telefonici o reti telematiche.

Strumenti di rilevazione statistica sono infatti idonei a monitorare le operazioni effettuate sotto il profilo della ripetitività e della significatività di importo, avendo presente che tale operatività è caratterizzata da numerosi trasferimenti. Le operazioni evidenziate devono essere poi sottoposte ad analisi secondo l'ordinaria procedura di valutazione.

4.5. La trasmissione della segnalazione e il rapporto con l'UIC

Per la trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette all'UIC vanno applicate le disposizioni emanate dall'Ufficio (cfr. G.U. n. 201 del 29 agosto 1997).

La circolare dell'UIC specifica il contenuto della segnalazione indicando uno schema segnaletico articolato che gli intermediari devono compilare per fornire le informazioni necessarie per la qualificazione dell'operazione. Al fine di agevolare il compito dei segnalanti e ridurre i costi della procedura, l'UIC distribuisce a tutti gli intermediari un software di supporto alla produzione delle segnalazioni che ne consente l'invio anche in forma cifrata.

Il rapporto tra gli intermediari e l'UIC è incentrato su collaborazione, confidenzialità e fiducia. Le segnalazioni sono corredate da dettagliate informazioni sul profilo economico e finanziario del soggetto segnalato e sugli eventuali collegamenti (operativi, societari, ecc.) con altri soggetti.

Gli intermediari forniscono pronta ed esaustiva risposta alle eventuali richieste di informazioni; laddove emergano elementi ulteriori, integrano l'informativa già trasmessa.

Ciascun intermediario individua al proprio interno una struttura accentrata delegata a scambiare con l'UIC tutte le comunicazioni relative alle segnalazioni, compresi gli eventuali approfondimenti richiesti dall'Ufficio; tale struttura fa capo al responsabile aziendale dell'antiriciclaggio.

Per gli intermediari di rilevanti dimensioni non può escludersi la possibilità di designare più delegati responsabili dei rapporti con l'Ufficio italiano dei cambi; in tali ipotesi va comunque assicurato il coordinamento dell'attività dei delegati e il loro accesso a tutte le informazioni in possesso dell'intermediario. Peraltro, i benefìci che appaiono riconducibili allo sviluppo di una relazione costante tra l'Ufficio e il responsabile presso l'intermediario induce a limitare l'utilizzo di tale possibilità.

Gli intermediari organizzati in forma di gruppo possono adottare procedure unitarie e devono assicurare forme di collaborazione operativa che utilizzino le informazioni disponibili presso l'intero gruppo.

Nel caso di intermediari di ridotte dimensioni, potrebbe rilevarsi l'opportunità di condurre approfondimenti con l'ausilio degli organismi di categoria; all'interno di tali organismi potrà quindi essere individuata una struttura che effettui il vaglio di secondo livello sulle operazioni ritenute anomale e rivesta il ruolo di delegato nei rapporti con l'UIC.

Per la trasmissione delle segnalazioni gli intermediari devono utilizzare di regola procedure informatiche o telematiche.

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Parte seconda

Indici di anomalia

Introduzione alla casistica

La normativa antiriciclaggio stabilisce l'obbligo per gli intermediari di segnalare le operazioni sospette di riciclaggio, muovendo dalla considerazione dei connotati oggettivi delle operazioni (caratteristiche, entità, natura), dei profili soggettivi del cliente (capacità economica e attività svolta) e di ogni altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate.

Con il termine «operazione» si intende non solo l'effettuazione di un determinato atto, ma anche un insieme di movimentazioni che appaiono tra loro funzionalmente ed economicamente collegate.

Il metodo valutativo muove dalla considerazione che, nella maggior parte dei casi, la configurazione oggettiva dell'operazione è di per sé neutra e quindi non consente di individuare con immediatezza le finalità sottostanti. Operazioni che - per importo, modalità, canale distributivo, localizzazione territoriale - sono normali se effettuate da un cliente con determinate caratteristiche, possono risultare di valore sproporzionato o comunque economicamente non giustificabili se richieste da un altro cliente. Allo stesso modo, comportamenti in linea con la capacità economica e l'operatività svolta possono risultare anomali alla luce di altre notizie di cui l'intermediario dispone in virtù della propria attività.

La casistica fornisce indicazioni esemplificative di anomalia che attengono alla forma oggettiva dell'operazione in presenza delle quali l'intermediario, sulla base di tutte le altre informazioni di cui dispone, deve procedere a ulteriori approfondimenti al fine di formulare una valutazione sulla natura dell'operazione.

L'elencazione contiene in primo luogo indicazioni di anomalia riferite a tutte le categorie di operazioni. Sono poi precisati ulteriori indici classificati secondo la tipologia degli strumenti utilizzati. È infine dedicata specifica attenzione ai comportamenti dei clienti che effettuano operazioni che per tipologia, oggetto, frequenza e dimensioni risultano incoerenti con l'attività svolta o con la propria situazione economico-patrimoniale.

Per agevolare la lettura e la comprensione degli indicatori, vengono forniti taluni sub- indici esemplificativi, normalmente collegati alla specificità operativa degli intermediari.

L'elenco non deve essere considerato esaustivo, anche in considerazione della continua evoluzione delle modalità di svolgimento delle operazioni finanziarie. Gli intermediari, sulla base della propria esperienza e del segmento di mercato nel quale operano, devono quindi integrare o specificare gli indicatori di anomalia. A tal fine potranno avvalersi dei criteri riportati nella prima parte del presente documento.

La casistica non va intesa come un insieme di controlli meramente formali, ma come strumento operativo da utilizzare per le verifiche aziendali, tenendo presente che l'assenza dei profili di anomalia individuati nelle Istruzioni non è sufficiente, di per sé, a escludere il sospetto che un'operazione possa essere connessa con fatti di riciclaggio.

Gli indicatori sono formulati con riferimento all'ipotesi che il cliente sia conosciuto dall'intermediario, indipendentemente dal canale distributivo utilizzato (dipendenze, promotori finanziari, agenti assicurativi, canali telefonici o telematici, ecc.).

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Per quanto concerne le operazioni sospette ricollegabili a profili fiscali, vanno tenute presenti le recenti modifiche al regime penale in materia tributaria. In tale contesto, per configurare l'ipotesi di illeciti penali connessi alle dichiarazioni fiscali, occorrerebbe conoscere, non solo i corrispettivi non dichiarati, ma anche la situazione soggettiva del contribuente per «ricostruire» l'ammontare dell'imposta evasa, ovvero essere venuti a conoscenza dell'inserimento di eventuali fatture false in dichiarazione. Viceversa, il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti è considerato delitto indipendentemente da qualsiasi soglia quantitativa; nella valutazione dei profili di sospetto in quest'ultimo caso va considerato che l'emissione di tali documenti, oltre a essere ritenuta una violazione di particolare gravità, può anche costituire un mezzo per celare altre fattispecie di natura delittuosa.

Nel caso di operazioni richieste da utenti occasionali, la valutazione - qualora le informazioni sulla capacità economica e l'attività svolta risultino insufficienti - deve concentrarsi soprattutto sulle caratteristiche tecniche dell'operazione, e in particolare sulla sua entità.

Nella fase di avvio di un nuovo rapporto l'intermediario deve assumere un atteggiamento improntato a maggiore prudenza. Qualora sia utilizzato il canale telematico o quello telefonico, un elemento di valutazione significativo è costituito dalle modalità dell'afflusso iniziale dei mezzi finanziari; qualora vi siano operazioni di importo rilevante e non suffragate da adeguate informazioni, l'intermediario può giungere fino a non accettare le operazioni richieste.

Qualora non si dia corso all'operazione e l'intermediario abbia comunque acquisito significativi elementi di sospetto, la segnalazione deve essere comunque inoltrata.

1. Indici di anomalia relativi a tutte le categorie di operazioni

1.1. Ripetute operazioni della stessa natura non giustificate dall'attività svolta dal cliente ed effettuate con modalità tali da denotare intenti dissimulatori

- frequenti afflussi di disponibilità finanziarie che vengono trasferite, dopo un breve intervallo di tempo, con modalità o destinazioni non ricollegabili alla normale attività del cliente, soprattutto se provenienti o destinate all'estero

- alimentazione dei rapporti con strumenti (contante, titoli di credito, bonifici) che non appaiono coerenti con l'attività svolta dal cliente

1.2. Ricorso a tecniche di frazionamento dell'operazione, soprattutto se volte a eludere gli obblighi di identificazione e registrazione

- frequenti operazioni per importi di poco inferiori al limite di registrazione, soprattutto se effettuate in contante o per il tramite di una pluralità di altri intermediari, laddove non giustificate dall'attività svolta dal cliente

- accensione di più libretti di deposito bancari o postali al portatore o di altri titoli equivalenti per importi di poco inferiori al limite di registrazione

- prelevamento di ingenti somme mediante richiesta non motivata di assegni circolari di importo di poco inferiore al limite di registrazione

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- liquidazione di contratti aventi a oggetto strumenti finanziari ovvero di polizze assicurative effettuata richiedendo denaro contante o frazionamento dell'importo complessivo in numerosi titoli di credito

- frequenti operazioni di disinvestimento di strumenti finanziari o di riscatto su polizze assicurative per importi unitari inferiori al limite di registrazione

- alimentazione di conti in essere presso società fiduciarie tramite frequenti afflussi di disponibilità soprattutto se provenienti da una pluralità di intermediari e con modalità tali da eludere l'obbligo di registrazione

1.3. Operazioni di ingente ammontare che risultano inusuali rispetto a quelle di norma effettuate dal cliente, soprattutto se non vi sono plausibili giustificazioni economiche o finanziarie

- apertura e chiusura di rapporti utilizzati unicamente per l'esecuzione di specifiche operazioni

- afflussi finanziari di ingente ammontare, soprattutto se provenienti dall'estero, su rapporti per lungo tempo inattivi o poco movimentati

- versamenti ingenti su conti intestati a società effettuati dai soci o da soggetti a questi collegati con disponibilità non riconducibili all'attività della società stessa, soprattutto se in contante

1.4. Operazioni con configurazione illogica, soprattutto se risultano svantaggiose per il cliente sotto il profilo economico o finanziario

- acquisto, per importi rilevanti, di strumenti finanziari, polizze assicurative ovvero beni in leasing a prezzi non coerenti con i correnti valori di mercato o con il loro prevedibile controvalore

- estinzione anticipata di un contratto avente a oggetto strumenti finanziari o polizze assicurative, soprattutto se effettuata dopo poco tempo dalla stipula o con richiesta di liquidazione in contante

- stipula di un contratto di compravendita avente ad oggetto strumenti finanziari seguito da un successivo, ravvicinato, contratto uguale ma di segno contrario e di prezzo difforme fra i medesimi clienti

- piani di investimento o polizze di assicurazione sulla vita di tipologia non coerente con l'età del cliente

- versamento di anticipi relativi a premi assicurativi o canoni di leasing che risultano, senza plausibili giustificazioni, di entità notevolmente superiore a quella normalmente richiesta

- stipula di più contratti assicurativi sulla vita della medesima persona in un arco temporale ristretto

1.5. Operazioni effettuate frequentemente da un cliente in nome o a favore di terzi, qualora i rapporti non appaiono giustificati

- utilizzo da parte di imprese o enti di conti intestati a amministratori, dipendenti o clienti, per effettuare operazioni di natura finanziaria o assicurativa

- rilascio di garanzie per la concessione di finanziamenti ad altri soggetti, qualora il rapporto tra garante e beneficiario non appaia giustificato

92

- stipula di contratti aventi a oggetto strumenti finanziari ovvero di polizze assicurative con vincoli o pegni a favore di terzi ovvero con beneficiari non appartenenti al nucleo familiare del contraente o non legati a questo da rapporti idonei a giustificare tali operazioni

1.6. Operazioni effettuate da terzi in nome o a favore di un cliente senza plausibili giustificazioni

- prestazioni di garanzie, soprattutto se provenienti dall'estero, da parte di terzi non conosciuti dei quali non vengono fornite dal cliente sufficienti indicazioni in ordine ai rapporti commerciali o finanziari idonei a giustificare tali garanzie

- garanti, fornitori di beni in leasing o soggetti estranei al rapporto che, spontaneamente, intervengono se si verifica l'inadempimento del debitore e provvedono direttamente alla copertura dell'esposizione

- operazioni effettuate da delegati che, per frequenza o per ammontare, non sono ricollegabili all'attività economica o alle caratteristiche del delegante

1.7. Operazioni richieste con indicazioni palesemente inesatte o incomplete, tali da far ritenere l'intento di occultare informazioni essenziali, soprattutto se riguardanti i soggetti interessati dall'operazione

1.8. Operazioni con controparti insediate in aree geografiche note come centri off-shore o come zone di traffico di stupefacenti o di contrabbando di tabacchi, che non siano giustificate dall'attività economica del cliente o da altre circostanze

2. Indici di anomalia relativi alle operazioni in contante e con moneta elettronica

2.1. Prelevamento di denaro contante per importi rilevanti, salvo che il cliente non rappresenti particolari esigenze

2.2. Versamento di denaro contante per importi rilevanti, non giustificabile con l'attività economica del cliente

2.3. Ricorso al contante in sostituzione degli usuali mezzi di pagamento utilizzati dal cliente

- richieste frequenti e per importi significativi di assegni circolari contro versamento di denaro contante, anziché con l'utilizzo delle disponibilità presso l'intermediario

- utilizzo frequente di contante per importi consistenti per effettuare, entro un breve intervallo di tempo, trasferimenti di fondi, soprattutto se con controparti insediate in paesi esteri

- rilevanti e/o frequenti versamenti di premi assicurativi per contante, privi di apparente giustificazione, soprattutto nel caso di stipulazione di più rapporti

- pagamento in contanti, per importi di rilevante ammontare, di somme dovute a seguito dell'utilizzo di carte di credito, specialmente se senza limitazioni di spesa

2.4. Cambio di banconote con banconote di taglio diverso e/o di altre valute, soprattutto se effettuato senza transito per il conto corrente

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- cambio di banconote per importi significativi effettuato in un'unica soluzione o con cadenze ravvicinate, soprattutto se di taglio elevato

- cambio di banconote in lire o valuta comunitaria con valuta di Paesi non comunitari effettuato nel periodo transitorio di introduzione dell'EURO, soprattutto se con elevata frequenza e per importi significativi

- cambio di banconote in lire o valuta comunitaria con EURO effettuato nel periodo transitorio di introduzione dell'EURO, soprattutto se con elevata frequenza e per importi significativi

2.5. Operazioni aventi a oggetto l'utilizzo di moneta elettronica che, per importo o frequenza, non risultano coerenti con l'attività svolta dal distributore o dal merchant ovvero con il normale utilizzo dello strumento da parte della clientela

- richieste eccessive di moneta elettronica ovvero reiterate richieste di rimborso del valore non speso di moneta elettronica da parte di singoli distributori

- volumi di vendita anomali rispetto al tipo di attività esercitata da parte di un singolo merchant

- richieste di rimborso frequenti o di elevato ammontare, anche se frazionato, da parte di clientela relative a somme concernenti crediti in moneta elettronica non utilizzati

3. Indici di anomalia relativi alle operazioni in strumenti finanziari e alle polizze assicurative

3.1. Negoziazione di strumenti finanziari senza che l'operazione transiti sul conto corrente del cliente

- presentazione di strumenti finanziari per l'incasso in contanti o per l'acquisto di altri strumenti finanziari, senza l'utilizzo del proprio conto corrente

- acquisti frequenti per importi significativi o immotivatamente frazionati di strumenti finanziari pagati con denaro contante

- disinvestimento parziale o totale di strumenti finanziari con trasferimento di somme in piazze diverse da quelle indicate nel contratto o a favore di soggetti diversi dagli intestatari ovvero a cointestatari inseriti solo negli ultimi mesi nel contratto d'investimento

3.2. Negoziazioni di strumenti finanziari aventi scarsa diffusione tra il pubblico, ripetute con elevata frequenza e/o di importo rilevante, soprattutto se concluse con controparti insediate in Paesi non comunitari ovvero non appartenenti all'OCSE

3.3. Ricorso a tecniche di cointestazione dei contratti aventi a oggetto strumenti finanziari o delle polizze assicurative ovvero variazioni delle intestazioni degli stessi senza plausibili giustificazioni

- immotivata richiesta di frazionamento dell'investimento in più operazioni della stessa tipologia con diversi cointestatari, non giustificato da una logica di ripartizione del rischio ovvero di diversificazione dell'investimento

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- ricorrenza di uno stesso nominativo come cointestatario di più contratti aventi a oggetto strumenti finanziari o di polizze assicurative con intestatari diversi

- inusuale frequenza nelle variazioni degli intestatari dei contratti aventi a oggetto strumenti finanziari o delle polizze assicurative ovvero variazioni contestuali alla liquidazione dell'investimento

- cambio del contraente e/o del beneficiario di polizze assicurative a favore di terzi non appartenenti al nucleo familiare del contraente o non legati a questo da rapporti idonei a giustificare la va riazione

4. Indici di anomalia relativi alle polizze assicurative vita e ai rapporti di capitalizzazione

4.1. Stipulazione di diverse polizze di assicurazione con pagamento dei relativi premi mediante assegni bancari che presentano molteplici girate

4.2. Stipulazione di polizza di assicurazione sulla vita con beneficiario il portatore della polizza

4.3. Nomina di più beneficiari di polizze assicurative in modo tale che l'importo da liquidare risulti frazionato in tranche, non giustificata dai rapporti tra il cliente e i beneficiari

4.4. Liquidazione in un arco temporale ravvicinato di prestazioni relative a molteplici polizze sottoscritte da clienti diversi e aventi come beneficiario la stessa persona

4.5. Rilevanti e/o contemporanee richieste di riscatto e/o di prestito relative a più polizze assicurative, soprattutto qualora comportino l'accettazione di condizioni non convenienti, ovvero frequenti operazioni di riscatto parziale relative a polizze a premio unico di rilevante importo

4.6. In caso di pagamento di premi di rilevante importo, esercizio del diritto di revoca o del diritto di recesso di cui agli artt. 111 e 112 del D.Lgs. 174/95.

4.7. Stipulazione di un contratto di capitalizzazione con consegna da parte del contraente di titoli o altri beni (v. art. 40 D.Lgs. 174/95) il cui possesso non sia giustificato dalla capacità economica e dall'attività svolta dallo stesso

5. Indici di anomalia relativi alle operazioni in altri prodotti e servizi

5.1. Presentazione di libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo superiore al limite di legge ancora in circolazione, senza che il cliente fornisca adeguate spiegazioni sulla tardiva presentazione degli stessi

5.2. Utilizzo di lettere di credito e altri sistemi di finanziamento commerciale per trasferire somme tra Paesi, senza che la relativa transazione sia giustificata dall'usuale attività economica del cliente

5.3. Intestazione fiduciaria di beni e/o di strumenti finanziari qualora gli stessi risultino in possesso del cliente da un breve intervallo di tempo quando ciò non appaia giustificato in relazione alla situazione patrimoniale del cliente o all'attività svolta

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5.4. Ripetuti utilizzi di cassette di sicurezza o di servizi di custodia o frequenti depositi e ritiri di plichi sigillati, non giustificati dall'attività o dalle abitudini del cliente

5.5. Rilascio di deleghe a operare su cassette di sicurezza a terzi non facenti parte del nucleo familiare o non legati da rapporti di collaborazione o di altro tipo idonei a giustificare tale rilascio

5.6. Acquisto o vendita di rilevanti quantità di monete, metalli preziosi o altri valori, senza apparente giustificazione e/o non in linea con le condizioni economiche del cliente

5.7. Rapporti che presentano una movimentazione non giustificata dall'attività svolta dal cliente e che risultano caratterizzati da: versamenti frequenti di assegni o presentazione allo sconto di titoli, soprattutto se in cifra tonda, con pluralità di girate, con altri elementi ricorrenti ovvero emessi al portatore o a favore dello stesso traente; richiami dei titoli e ritorni di insoluti a volte seguiti da protesto; sostanziale pareggiamento degli addebiti e degli accrediti

6. Indici di anomalia relativi al comportamento della clientela

6.1. Clienti che si rifiutano o si mostrano ingiustificatamente riluttanti a fornire le informazioni occorrenti per l'effettuazione delle operazioni, a dichiarare le proprie attività, a presentare documentazione contabile o di altro genere, a segnalare i rapporti intrattenuti con altri intermediari, a dare informazioni che, in circostanze normali, renderebbero il cliente stesso idoneo a effettuare operazioni bancarie, finanziarie o assicurative

6.2. Clienti che chiedono di ristrutturare l'operazione quando la configurazione originariamente prospettata implichi forme di identificazione o registrazione oppure supplementi di istruttoria da parte dell'intermediario

6.3. Clienti che evitano contatti diretti con i dipendenti o i collaboratori dell'intermediario rilasciando deleghe o procure in modo frequente e ingiustificato

6.4. Clienti che presentano materialmente titoli o certificati per ingenti ammontari, soprattutto se al portatore, ovvero che, a seguito di operazioni di acquisto, ne richiedono la consegna materiale

6.5. Clienti che senza fornire plausibili giustificazioni si rivolgono a un intermediario o a un suo collaboratore lontani dalla zona di residenza o di attività, soprattutto se richiedono la domiciliazione della corrispondenza presso lo stesso

- clienti che per l'effe ttuazione di pagamenti derivanti da contratti aventi a oggetto strumenti finanziari o da polizze assicurative si appoggiano a punti operativi lontani dalla zona di residenza o di attività ovvero variano frequentemente il punto operativo utilizzato

6.6. Clienti che effettuano operazioni di importo significativo con utilizzo di contante o strumenti al portatore quando risulti che gli stessi sono stati recentemente sottoposti ad accertamenti disposti nell'àmbito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione

6.7. Clienti in situazione di difficoltà economica che effettuano operazioni di rilevante ammontare senza fornire plausibili giustificazioni in ordine all'origine dei fondi utilizzati

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- clienti che provvedono inaspettatamente a estinguere totalmente o parzialmente proprie obbligazioni

- clienti che chiedono la stipulazione di contratti assicurativi che comportano il versamento di premi di importo rilevante

- clienti che acquistano strumenti finanziari per importi significativi

6.8. Clienti che richiedono di effettuare operazioni con modalità inusuali, soprattutto se caratterizzate da elevata complessità, o di importo rilevante

- clienti che chiedono di non far transitare nel proprio conto somme affluite su conti transitori e/o di attesa dell'intermediario

6.9. Clienti, o garanti di clienti, che frequentemente e senza fornire plausibili giustificazioni chiedono la restituzione dei valori dati in garanzia previa costituzione della provvista necessaria all'acquisto di altri strumenti finanziari

6.10. Clienti che richiedono o intrattengono con gli intermediari rapporti con configurazione illogica

- apertura di numerosi conti presso il medesimo intermediario senza apparente giustificazione

- instaurazione di rapporti con numerosi intermediari nella stessa zona senza logica giustificazione

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