Il resto dell'ernesto - WordPress.com · Bloglab 2015, il Blog dell’Ernesto . di Viola Santini ....
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Il Resto dell'Ernesto
Dicembre 2015
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IL RESTO DELL'ernesto
Dicembre 2015
INDICE
EDITORIALE
ATTUALITA’
- Venti di crisi
- Renzi: contro il terrore la cultura
- Bloglab, Il Blog dell'Ernesto
- Soluzioni semplici a problemi
complessi
- Dell'Africa e degli altri demoni
SCUOLA
COSA PENSI
LINEE
Sulla Strada L'ANGOLO ARTISTICO
LA LIBRERIA DELL’ERNESTO
- Il seggio vacante
- Free Bird
- Deep Blue
NUOVO CINEMA CAIROLI
- Il sapore del successo
- Tutti i battiti del mio cuore MUSICA
VENTO DI EVENTI
Arte
VASO DI PANDORA
MESSAGGERIA
VOX VOCIS
IL MURO
REDAZIONE
Caporedattori:
Mauro Mazzucchi, II B
Giulia Calvi, II D
Impaginatore:
Leonardo Cenacchi, II D
Disegnatore:
Michel Litt, I D
Redattori:
Elena Rondini, IV A
Francesca Deghi, IV A
Bianca Monica, IV A
Viola Santini, I A
Margherita Cerati, I A
Elettra Aldinio, V B
Eva Gusmeroli, II B
Selene Conti, II B
Caterina Beregonzo, II B
Edoardo Zanzi, I C
Alberto Gervasini, V D
GABriele franchi, i d
Leonardo Cenacchi, II D
Elena Penazzi, IV E
Federica Ambrosetti, IV e
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EDITORIALE
Ma tu che vai, ma tu rimani/vedrai la neve se ne andrà domani/
rifioriranno le gioie passate/col vento caldo di un'altra estate
Rieccoci con questo secondo numero prodotto in tempo record causa interruzione nel
mese di novembre dovuta alla partecipazione della nostra redazione al concorso
annuale BlogLab indetto da Varese News, e annunciamo con fierezza che ci siamo
classificati al primo posto!
Senza dilungarci troppo, all'interno troverete un articolo a questo proposito, ma anche
la solita Libreria dell'Ernesto, il Nuovo (e vecchio) Cinema Cairoli, Sulla Strada,
riapriamo finalmente la rubrica Linee e questo mese troverete anche un'ampia sezione
dedicata all'attualità di cui siamo molto soddisfatti.
La Messaggeria e il Vox Vocis hanno come sempre bisogno di voi per esistere (potete
mettere i vostri bigliettini nella cassetta verde della posta di fianco alla fotocopiatrice
per gli alunni o mandarceli direttamente per mail), mentre per chi di voi volesse
pubblicare un proprio disegno o un racconto all'interno della rubrica Linee, le
modalità sono le stesse citate sopra.
Cogliamo l'occasione per augurarvi Buon Natale e Buon Anno, perchè al Cairoli di
questi auguri ne abbiamo sempre bisogno.
Per qualunque cosa, consigli e critiche, ci trovate qui: [email protected]
Giulia & Mauro
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Venti di crisi
di Elena Rondini e Francesca Deghi
La crisi tra Turchia e Russia diventa sempre più profonda, con scambi di minacce e accuse
dai toni sempre più accesi. Le tensioni, già presenti a causa dei diversi schieramenti delle
nazioni all’interno della guerra che sta sconvolgendo la Siria (Mosca è ormai una convinta
sostenitrice di Assad, mentre Ankara è uno dei membri dell’opposizione) e del progetto di
un nuovo gasdotto che si dovrebbe chiamare Turkish Stream, si stanno inesorabilmente
amplificando. Ad inasprire i rapporti è stato in primis l’incidente diplomatico causato
dall’abbattimento di un caccia russo da parte di due caccia turchi: “non è stato intenzionale”
ha dichiarato il presidente turco Erdogan, volendo specificare che “sono state applicate le
norme prestabilite” dato che il velivolo russo ha oltrepassato i confini dei cieli di sovranità
nazionale, anche se per poco, ma alla luce degli eventi Putin non è sembrato disposto a
perdonare questo evento così facilmente. Infatti Putin, consapevole che la Turchia dipende
dalla Russia per l’approvvigionamento energetico (il 55% del fabbisogno di gas turco
proviene da Mosca), non ha esitato a interrompere i fruttuosi scambi commerciali con
Ankara, imponendo una sanzione che danneggia il settore del turismo, dell’export e
dell’energia che causa non pochi problemi all’economia turca, la quale probabilmente vedrà
il suo Pil diminuire.
In secondo luogo il presidente russo ha trovato il momento giusto per sfoderare prove contro
la Turchia, accusata dal Cremlino di aver colpito il caccia russo per nascondere le tre rotte di
petrolio che la Turchia comprerebbe dallo Stato Islamico, sostenendolo. Infatti è dimostrato
che gli introiti derivanti dalla vendita del petrolio, circa due miliardi di dollari, sono il
principale finanziamento per l’attività terroristica. Una calunnia, così è stata definita da
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Ankara, che vede inoltre coinvolta tutta la famiglia del presidente Erdogan, che ha in mano
compagnie e ministero dell’energia: forse il punto di non ritorno per i rapporti
estremamente tesi tra i due paesi, questa diffamazione che lo colpisce così in prima persona.
E, secondo Mosca, tutto questo sarebbe attentamente documentato da video e immagini
satellitari. Ovviamente Erdogan non può accettare questo affronto e ha subito replicato,
smorzando le polemiche e lanciando una sfida: “se le accuse si riveleranno fondate, sarò
pronto a dimettermi”. E comunque non si limita a questo, tramutando le prove russe in un
boomerang che rischia seriamente di tagliare ogni legame con il Cremlino. Infatti ora la
Turchia è pronta a sostenere il contrario, ovvero che i russi sono coinvolti nel commercio
del petrolio degli jihadisti e non ha intenzione di ascoltare le minacce di Mosca a riguardo di
ritorsioni di tipo economico, peraltro già avvenute. Inoltre, in questi giorni, il passaggio di
una nave da guerra russa sul Bosforo, simbolo per eccellenza della posizione strategica della
Turchia, munita di alcuni missili pronti al lancio, ha ulteriormente raggelato i rapporti e la
possibilità di intesa tra le due nazioni, anche in una logica di coalizione anti-ISIS in cui
Ankara ha deciso di interrompere i voli verso la Siria per evitare nuovi incidenti
diplomatici, che riprenderanno con la riapertura dei canali di dialogo fra entrambi gli stati.
L’unica cosa che li accomuna, forse, è la non particolare considerazione per il Califfato
Islamico, che, finché rimarrà confinato in quella zona desertica del pianeta, verrà reputato
secondario dalla Russia rispetto al conflitto di Crimea e non pericoloso dalla Turchia, che
punta a trasformarsi nel punto di riferimento dei paesi arabi: entrambi sembrano interessati
all’ISIS unicamente per soffocare la
questione curda e per avere poi un
ruolo chiave nella successiva
ricostruzione della Siria.
Da questa situazione alquanto intricata
si nota immediatamente quanto
l’imperativo del guadagno sia la
condanna del nostro mondo e dimostra
quanto sia difficile per le nazioni
odierne subordinare i propri interessi a
vantaggio di una proficua
convergenza che garantisca stabilità
allo scenario geopolitico.
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Renzi: contro il terrore la cultura
di Giulia Calvi Il 23 Novembre, presso la Sala degli Orazi e dei Curiazi dei Musei Capitolini, il
Presidente del Consiglio Matteo Renzi è intervenuto sul tema “Italia, Europa. Una
risposta al terrore” con una proposta di legge che ci tocca molto da vicino: l'idea è
rispondere al terrorismo con la cultura e l'arte.
"Per ogni euro in più investito sulla sicurezza ci deve essere un euro in più investito
sulla cultura. Per ogni intervento sulla cyber security deve crescere una startup. Ci
deve essere più pulizia nelle nostre periferie. La risposta non può essere solo
securitaria"
La proposta, che di per sè è tutt'altro che stupida, da parte mia fa sorgere la
constatazione che sono stati necessari gli eventi di Parigi per formularla, ma vediamo
in cosa consiste:
• Due miliardi in sicurezza: Renzi propone di posticipare al 2017 la diminuzione
dell'Ires (Imposta sul REddito delle Società) per stanziare due miliardi di euro in
sicurezza, dei quali 150 milioni andranno alla cybersecurity.
• Un'estensione della legge di stabilità che prevede un bonus di 80 euro per tutti
coloro che lavorano con le forze dell'ordine
• Cinquecento milioni alle metropoli per intervenire sulle periferie con iniziative
di riqualificazione che dovranno essere presentate entro il 31 dicembre 2015.
E infine, iniziativa che ci tocca da vicino, "I 550mila italiani che compiono diciotto
anni potranno usufruire di una carta, un bonus di 500 euro per poter
partecipare a iniziative culturali. Stanzieremo 150 milioni di euro per poter
donare il due per mille a una specifica associazione culturale, cinquanta milioni
di euro vanno alle borse di studio, chi è meritevole di studiare non può essere
fermato per questioni di reddito, anche questo è un pezzo della risposta al
terrore".
Quest'ultimo punto è stato fin da subito fortemente criticato come iniziativa volta alla
propaganda: i 550mila italiani che compiono diciotto anni tra la fine del 2015 e il
2016 -classe 1997 e '98- potranno infatti votare alle prossime elezioni politiche.
Siamo ancora in attesa di conferme definitive per quanto riguarda l'attuazione
completa della proposta di legge.
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Bloglab 2015, il Blog dell’Ernesto
di Viola Santini
Il “Resto dell’Ernesto” non demorde e, anche quest’anno, ha partecipato al concorso di
giornalismo digitale, indetto da Varesenews, durante il festival annuale Glocal. Dopo tre
intensi giorni di lavoro, la nostra redazione, composta da Giulio Maccari, Mauro
Mazzucchi, Leonardo Cenacchi e Viola Santini, ha conquistato primo posto.
Il concorso, aperto a studenti dell’università e dell’ultimo biennio di scuola superiore,
consisteva nel creare e portare avanti un blog, al quale, oltre agli articoli, era fondamentale
aggiungere materiale multimediale.
A tutte le squadre partecipanti è stato chiesto di scrivere rispettando cinque temi obbligatori,
stabiliti dalla giuria, tra cui le suggestioni in seguito alla visita della mostra “Missoni: l’arte
e il colore”.
Inoltre, per seguire il filo conduttore del festival, cioè quello della cultura e
dell’informazione legate al nostro territorio, abbiamo scelto di intervistare una figura di
rilievo nel panorama varesino, il fotografo Carlo Meazza.
Tra le numerose conferenze proposte dagli organizzatori, invece, abbiamo deciso di
prendere parte a “Lercio vs Spinoza”, un faccia a faccia tra le due principali testate di satira
italiana.
Insieme agli articoli appena citati, abbiamo realizzato, come richiesto dal regolamento, una
galleria fotografica e video, che è stata curata in particolare da Leonardo.
Così come avevamo ipotizzato all’inizio di questa esperienza, la nostra arma vincente si è
rivelata l’eterogeneità del gruppo che, sfruttata in modo costruttivo, ci ha permesso di
raggiungere la vetta più alta.
Al di là del soddisfacente risultato raggiunto, questo laboratorio ci ha dato la possibilità di
ampliare le nostre capacità, sperimentando attivamente cosa vuol dire e cosa comporta fare
informazione e rielaborare le notizie in modo efficace e rapido.
Per chi non avesse ancora visto il blog in questione, lo trovate al link
http://bloglab.festivalglocal.it/ilblogdellernesto/
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Soluzioni semplici a problemi complessi
di Mauro Mazzucchi
Le reazioni della Francia e del mondo occidentale agli attentati parigini sono state
altrettanto violente, risultando tuttavia più funzionali allo scopo dello Stato islamico
che alla sicurezza degli stati europei e all’annullamento dell’ISIS. Il presidente
francese Hollande ha immediatamente sguinzagliato i suoi cacciabombardieri su
Raqqa, capitale del califfato, ne ha distrutto alcuni obiettivi sensibili, ma non ha
certamente risolto il problema. I bombardamenti in Siria infatti erano iniziati il 27
settembre scorso, proprio con l’obiettivo di impedire allo Stato islamico di
organizzare altri attentati sul suolo europeo: ciò che è successo il 13 novembre ne
dimostra l’efficacia. Ma se le azioni militari finora portate avanti non hanno prodotto
il risultato sperato, buona parte dell’opinione pubblica e alcune forze politiche
continuano ad invocare a gran voce ulteriori interventi in Siria ed in Libia, campagne
per “sradicare con la forza il terrorismo islamico” e misure di protezione
eccezionali alle frontiere, illudendosi del fatto che una loro eventuale chiusura possa
rendere l’Europa un posto più sicuro.
Ed è proprio chi porta avanti queste idee, dividendo la popolazione, che rende il
nostro continente sempre più vulnerabile; dal partito xenofobo al cittadino che si
indigna e sbraita su Facebook contro i musulmani (o gli arabi, gli stranieri, gli
africani o che importa, qualcuno), fino al giornale che titola “Bastardi islamici” la
mattina dopo gli attentati. L’atteggiamento opportunista di chi, per ottenere consenso,
sfrutta la paura e l’insicurezza presenti tra la popolazione e la sua irrazionale reazione
interventista, dovuta più agli sconvolgenti avvenimenti che ad una accurata
valutazione politica e militare, si macchia di una colpa a mio parere gravissima,
quella dell’eccessiva, astuta, semplificazione delle dinamiche, quella di fingere di
trovare una soluzione semplice ad un problema che è estremamente complesso.
Non intendo entrare nel merito della questione siriana, ma basti pensare che sul suo
territorio sono presenti militarmente, oltre all’IS, la Russia, la Turchia, il popolo
curdo, Hezbollah, gli Stati Uniti; è necessario rispondere con intelligenza politica,
conoscenza della storia recente (il post-11/09 ricorda qualcosa?) e valutare ogni
possibile opzione non in base agli interessi dei singoli stati ma all’interesse comune
di una risoluzione del “problema siriano/mediorientale”. Utopia?
Anche per quanto riguarda la politica interna, buona parte delle possibilità che ha
l’occidente di uscire da questa situazione passa attraverso le politiche di
integrazione che, si spera, sceglierà di attuare. Come sappiamo da tutti i media, gli
attentatori di Parigi erano cittadini francesi o belgi e avevano la loro base a
Molenbeek, a Bruxelles, un quartiere ghetto di etnia quasi totalmente araba. Ciò
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conferma che la vera sfida che deve affrontare l’Europa è all’interno dei suoi confini.
Bisogna abbandonare, almeno in parte, logiche militari e che contrappongono
l’occidente al mondo arabo (lo stesso Hollande dopo i fatti di Parigi ha dichiarato che
la Francia è in guerra); in questo modo stiamo realizzando i sogni dello Stato
Islamico, abbiamo ammesso la guerra, abbiamo realizzato la fantomatica opposizione
tra noi, i cattolici ipocriti occidentali, e loro, gli integralisti islamici. Nelle periferie e
nelle zone al di fuori del tessuto sociale presenti ovunque in Europa, abbiamo
regalato ai jihadisti il terreno ideale per la proliferazione di cellule terroristiche e
foreign fighters. In un momento di paura generalizzata come questo, scegliere di
portare avanti politiche anti-islam ed anti-immigrazione è la peggiore delle soluzioni.
Una consistente parte della comunità musulmana europea vive infatti nelle periferie
povere ed isolate, con alti tassi di disoccupazione, impossibilitata a migliorare le
proprie condizioni di vita ed a realizzare i propri progetti. Ed è proprio
sull’esclusione sociale che fa leva il progetto jihadista: l’affiliato all’IS medio è
infatti un giovane che non studia, non lavora, non ha un’approfondita conoscenza
teologica ed è entrato in contatto con il radicalismo islamico su internet (non nelle
moschee) e si è convertito. La proposta da parte dello Stato islamico di un obiettivo
importante come la guerra all’occidente, ai suoi valori, l’illusione di una causa che
viene abilmente mostrata come giusta e necessaria attecchisce facilmente su queste
classi sociali, deluse, rassegnate e pertanto vulnerabili.
I governi europei dovrebbero quindi attuare politiche di riqualificazione delle zone
periferiche delle città, di integrazione e partecipazione sociale effettiva (non
permettere che quartieri come Molenbeek diventino una colonia araba) per rafforzare
il senso di appartenenza alla comunità occidentale senza tuttavia negare le diversità
che presenta. Il fenomeno jihadista rispecchia fedelmente gli errori che l’occidente
ha commesso in questi anni e che è necessario correggere per favorire l’unità interna,
indispensabile per fermare la barbarie dello Stato islamico.
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Dell'Africa e degli altri demoni di Margherita Cerati
Tre anni fa io e la mia famiglia abbiamo raggiunto mio zio, un missionario
comboniano che vive in Kenya da sette anni. Lì, per due settimane, ho potuto
confrontarmi con una realtà diversa da quella che viviamo ogni giorno e, ora, scrivere
un articolo a riguardo. Avrei voluto intervistarlo, ma non aveva corrente elettrica.
È difficile anche per me, che ci sono stata, descrivere una realtà come quella di
Korogocho. Potrei partire col dire che è una delle 200 baraccopoli che ci sono a
Nairobi, la capitale del Kenya, dove 200.000 persone vivono ammassate in 1,5
chilometri quadrati di terra.
Potrei descrivere la miseria. Uomini che, pur di avere la speranza di un lavoro a
giornata, camminano per 12 km fino al centro della città. Donne che cercano tra i
rifiuti qualsiasi cosa possa aiutarle a procurarsi un pasto, perché sanno che quei 3000
scellini al mese (circa 30 euro), guadagnati lavando i panni di altre donne, non
basteranno a sfamare i loro bambini. Gli stessi bambini che, con le loro preziosissime
uniformi sgualcite, ogni giorno vanno alla scuola dello slum, per cercare di cambiare
il loro futuro apparentemente già segnato. Potrei descrivere l’impatto visivo tra gli
alti grattacieli della metropoli e i molto più numerosi tetti di lamiera, che di anno in
anno aumentano insieme alle persone che in quelle baracche ci vivono.
Sì, potrei farlo.
Non posso di certo spiegare, però, la nausea che si prova quando per la prima volta
metti piede in quel posto, la nausea dovuta alla puzza acre e terribile, proveniente
dalla vicina discarica, di cui, da troppo tempo, è intrisa quell’aria polverosa.
Non posso descrivere il senso di impotenza di fronte ai bambini che giocano nel
rigagnolo di acqua putrida che scorre sul ciglio di quella che dovrebbe essere la
strada, né il dolore lancinante che ti prende lo stomaco, il sapore salato delle lacrime
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in gola, quando vedi per la prima volta gli occhi, ormai inespressivi, di un vecchio
accasciato su un cumulo di rifiuti, o quelli arrossati di un ragazzo che ha fatto della
strada la sua casa perché la famiglia non aveva abbastanza soldi per mantenerlo.
Quando sai che quegli occhi rossi sono dovuti all’abuso di droga. Perché è questo
quello che rimane: sniffare per dimenticare che bisogna mangiare, per dimenticare
che sognare è un diritto di tutti, non solo dei più ricchi.
Eppure tra tutto ciò, che molto tranquillamente potrei definire l’inferno, c’è il sorriso
di un bambino, di tantissimi bambini che in quell’inferno vedono la loro casa, il loro
futuro, la loro famiglia. Perché Korogocho è anche questo: è un’insieme di persone
che sognano un mondo diverso, come Coleter che si è laureata in psicologia o
Wilkister, laureata in legge. Allora cosa vuol dire, veramente, essere diverso? Cos’è
diverso, se non un’etichetta data da noi per sentirci superiori e migliori? Ma cosa vuol
dire essere migliori in un mondo che non sa neanche più cosa vuol dire essere buoni?
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SCUOLA
Intervista ai prof: Stefania Bonuomo
Di Caterina Bergonzo, Eva Gusmeroli ed Elettra Aldinio
Da quanto tempo si trova qui al Cairoli, e come si trova?
Fai il conto... Dal 2001... Quindi... (suggeriamo che sono effettivamente 14 anni) da
quattordici anni, e mi trovo benissimo per i ragazzi, mi trovo bene, molto bene
Una canzone, un libro e un film.
Quella dei Beatles... Come si chiama..."Let it be".
Libro... Che mi ha lasciato il segno? Tanti... Devo pensarne uno... "Gita al faro" di
Virginia Woolf, "to the light house", tu de ligt ouse, Caterina.
Film "Once upon a time in America" , "C'era una volta in America" con Robert
Deniro perché è ***o. No, non scrivete perché è ***o, per carità, perché è bello... È
bellissimo, anche da vecchio.
Qual'è l'episodio più divertente che le è successo qui a scuola?
Più divertente... Ogni giorno ho qualcosa di divertente, non ne ho uno in particolare.
No davvero, ogni giorno.
Una curiosità: qual'è il voto più basso che abbia mai preso come studentessa?
Io? Due in matematica.
Alla fine dell'intervista
Ciao ragazze! Ce l'ho fatta? (Se ne va dopo la rassicurazione di avere passato il test)
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Cosa Pensi di Caterina Beregonzo, Selene Conti , Eva Gusmeroli
Marvel o DC
Chiara, scorpione: Marvel perché è più bella, ci sono supereroi che mi piacciono.
Interviene Alessandra, leone: tipo Robert Downey Jr!!
Fabrizio, gemelli: Dico DC solo per Batman.
Valeria, leone: Marvel, c’è Thor! C’è la vedova nera, non rossa vero? Però nella DC
c’è Catwoman, è una bella lotta...
Michele, toro: Marvel perché Batman sembra un morto in piedi e non ha nessun
potere.
Margherita, acquario: Marvel perché si…
Martina, vergine: Perché queste domande esistenziali???? Non so rispondere…
Virginia, sagittario: Marvel, ha più supereroi e sono più belli…
Sofia, scorpione: Marvel perché ti coinvolge di più.
Alessandro, toro: Marvel perché è più conosciuta
Andrea, ariete: Marvel ovviamente.. perché si!
Vittorio, gemelli: Marvel perché i personaggi hanno un carattere, hanno poteri che
fanno immaginare di essere loro.
Greta, capricorno: mi piace Thor.
Jacopo, vergine: Marvel è quella di Spiderman.
Davide, ariete (domanda rivoltagli quando aveva addosso una maglia della
Marvel): DC .. eh lo so, sono un c******e, ma… Deadpool è della Marvel?
*annuiamo* allora cambia!
Sarah, gemelli: Io Batman perché è figo.
Virginia e Margherita, cancro e gemelli: Iron Man perché è recitata da quello bello.
Matilde, capricorno: Marvel perché c’è Spiderman!
Martina, toro: DC perché mi piace Batman
Benedetta, ariete: Marvel perché vedo i film e c’è scritto Marvel!
Chiara, bilancia: Marvel perché l’altra non la conosco.
Daniele, cancro: Marvel perché Tony Stark (RDJ) è un f*** della Madonna
Tommaso, acquario: Marvel tutta la vita! Perché c’è Spiderman
Alice, scorpione: non so cosa sia DC * Tommaso la fulmina con lo sguardo *
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LINEE (come foglie sopra i rami)
La cosa principale da dire su questa rubrica è che, come per molti altri ambiti del giornalino,
per esistere ha bisogno di voi.
Avete mai desiderato vedere pubblicato un vostro racconto o una vostra poesia, oppure un
vostro disegno? E quale mezzo migliore potete utilizzare a questo scopo se non il nostro
beneamato giornalino? Chiunque volesse partecipare non deve fare altro che inserire il
proprio disegno/racconto/poesia nella cassetta della messaggeria (che ricordiamo essere
quella verde di fianco alla sala stampa) oppure spedirlo/a a [email protected]
Nello specifico, per quanto riguarda i disegni raccomandiamo di utilizzare:
1) Uno scanner
2) La fotocamera del vostro cellulare
3) Una Canon o una Nikon ultimo modello che potete impiegare per altri scopi
che non siano quelli di fotografare tombini e poi postarli su Facebook
4) Qualunque altro strumento tecnologico rivoluzionario in grado di farci avere il
vostro capolavoro
A causa degli avanzati mezzi di cui disponiamo per la stampa –ovverosia il ciclostile-, per il
momento non abbiamo la possibilità di avere il giornalino a colori (ma ci stiamo
lavorando). Raccomandiamo quindi per il momento a limitarvi a disegni in bianco e nero,
meglio se con contorni abbastanza definiti.
Ricordiamo di segnare nome o nome e cognome o tag o pseudonimo (qualunque cosa
che vi identifichi insomma!) e un eventuale titolo e/o descrizione
Sabbia tiepida. Non era troppo calda nonostante il forte sole.
Ero disteso, gli abiti tutti bagnati aderenti alla pelle. Quella strana sensazione claustrofobica
di sicurezza.
Stavo bene.
Le gambe ancora nel loro sonno profondo in balìa del risveglio, un dolce risveglio, allegre
nel loro silenzio.
Gli uccelli e i loro versi sopra lo scroscio delle onde.
Le onde.
Alcune raggiungevano i piedi, altre arrivavano alle ginocchia, le più ambiziose al bacino.
C'era la sabbia, attaccata alle mani bagnate, alle gambe, ai vestiti fin troppo aderenti sotto la
tranquillità del mare, c'era la sabbia ma non me ne importava.
I miei occhi aperti all'orizzonte focoso del sole sotto l'ombra degli uccelli che passavano con
fare sbarazzino.
Non avevano fretta.
E nemmeno io.
Gli avvoltoi stavano già godendo della mia milza.
Andrea Piumino, VE
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Sulla Strada The thistle grows everywhere other plants usually don't
Impressioni from Hastings' East Hill di Giulia Calvi
Out of a cell into this darkened space-
The end at twenty-five!
My tongue could not speak what stirred within me,
And the village thought me a fool.
(Frank Drummer
– The Anthology of Spoon River, Edgard Lee Masters)
“The thistle grows everywhere other plants usally don't”.
The thistle, il cardo, è un fiore selvatico, oserei dire quasi un vero e proprio arbusto. È una
pianta orgogliosa, le sue foglie sono acuminate e si erge a sovrastare tutto ciò che gli sta
attorno con dei fiori viola così intensi e penetranti che nella nebbiolina tipica dei Borders,
quella regione di confine tra Scozia e Inghilterra, emergono con decisione.
Non so se vi è mai capitato di passare per le Highlands, quella zona fortemente montuosa a
Nord e a Ovest della Gran Bretagna.
A me è capitato una volta sola, quest'estate, tra fine luglio e inizio agosto. Probabilmente era
anche un particolare periodo dell'anno, non so, ma mi sono trovata davanti una vera e
propria distesa di cardi viola, si estendevano per chilometri. Era impressionante.
In quelle zone lo chiamano “Guardian Thistle”, il cardo protettore scozzese.
Io però non mi trovavo esattamente in Scozia in quei giorni -lì ci ero arrivata dopo quasi sei
ore di treno, una cosa allucinante-, ma in Inghilterra.
Ero in vacanza studio per un paio di settimane ad Hastings, una piccola cittadina all'estremo
sud dell'isola, in East Sussex, dove vi è uno spirito patriottico molto sentito ed è
estremamente frequente trovarsi in mezzo a piccole folle urlanti “1-0-6-6” e diretti in una
zona della città nota appunto come “The battle”. È una città di pescatori con un centro
urbano diviso fra New e Old Town, con un'atmosfera medievaleggiante molto caratteristica.
Gli abitanti tendono ad inglobare all'interno dell'estensione di Hastings anche la vicina St.
Leonards, che sulla carta è indicata come realtà a sé stante. Ma ad Hastings nessuno fa
troppo caso a quello che dice la carta.
È circondata da due colline che la chiudono in una piccola conca sul mare, la East e la West
Hill.
La West Hill è la più frequentata delle due, si gode di un panorama stupendo e si può
assistere allo spettacolo delle rovine del castello di William the Conqueror che emerge tra la
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nebbia che lo avvolge in ogni giorno
dell'anno, senza eccezione.
È un posto meraviglioso dove passare
qualche ora, io ci sono stata un paio di
volte.
Quella che porto nel cuore però è la
East Hill. Tutte le sere salivo il sentiero
e mi appollaiavo sul sasso di John il
Matto a godermi uno spettacolo
davvero extra-ordinario, perchè quella
infinita distesa di cardi scozzesi che
avevo trovato nelle Highlands l'ho
ritrovata lì: su quella collina
completamente, totalmente ricoperta di questi arbusti arroganti, e non c'era niente lassù,
nient'altro che cardi. Cardi, e il sasso di Mad John, intitolato così in onore di un vecchio
pazzo che soleva raccontare la leggenda di quei cardi scozzesi nel sud dell'Inghilterra.
E un po' a ricalcare questa figura, in quelle serate tutto sommato tiepide ho conosciuto un
anziano signore che aveva le rughe dell'espressione talmente evidenti e profonde e scavate e
una barba così bianca che pareva aver l'età dell'umanità intera ed anche qualcosa in più.
Si chiamava William -Mad Bill lo chiamavano giù nella Old Town-, era il custode della
funicolare che portava alla collina per quelli che al contrario di me non preferivano seguire
quel sentiero stretto e contorto, e parlava un inglese con un accento scozzese così marcato
che dovevo farmi ripetere più volte quello che diceva per comprenderlo del tutto.
Una di quelle sere mi ha offerto una tazza di tè, rigorosamente “with a splash of milk”, e mi
ha raccontato attraverso le sue parole la leggenda che a sua volta raccontava Mad John un
secolo prima: c'era una ragazza, nella punta più estrema della Scozia, innamorata di un
uomo che non parlava mai. Non sapeva come questo si chiamasse, nessuno lo conosceva,
ma aveva gli occhi blu come l'acqua delle Orcadi e a lei questo bastava, era un uomo che
sapeva di casa.
Una mattina l'uomo partì senza dire dove
sarebbe andato e le lasciò una piccola sacca
con all'interno dei semi e un biglietto nel
quale le chiedeva di seminare, ogni giorno,
un seme di quel fiore forte che lui
chiamava cardo e che lei non conosceva,
ogni giorno discendendo un poco di più
lungo la costa frastagliata dell'isola.
Quando fosse giunta all'estremo sud del
Paese e avesse piantato l'ultimo seme di
cardo, allora lui sarebbe apparso e avrebbe
parlato.
E lei lo fece, e ogni giorno seminò un seme di quel fiore forte che lui chiamava cardo e che
lei non conosceva, e ogni volta che si guardava indietro lungo la sua discesa riusciva a
scorgere dietro di sé una distesa di fiori viola che si ergevano fieri, come a indicarle la via
del ritorno, come a ricordarle dove fosse quel posto che lei chiamava casa.
E la leggenda narra che, infine, l'ultimo cardo venne piantato proprio lì, sulla East Hill.
Era il tramonto, e quando lei alzò lo sguardo lui era accanto a lei. Si chiamava John.
<<But somethimes they call me mad, you can too>>
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L’ANGOLO ARTISTICO
Slevin - Patto Criminale
- Paul McGuigan
1984 - George Orwell
More - Pink Floyd
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LA LIBRERIA DELL’ERNESTO
Il seggio vacante - J.K. Rowling (2012) di Elettra Aldinio
Un capolavoro drammatico di straordinaria efficacia che può
piacere o non piacere, ma di sicuro non può lasciare nessuno
indifferente.
La storia di un improvviso decesso che scatena le reazioni più
variegate in due piccole comunità inglesi e il lento processo di
ripresa delle azioni quotidiane, la disperazione delle periferie
e il fermento della borghesia: tutto questo in un’incessante
atmosfera di tensione e drammaticità che J.K. Rowling,
l’autrice di Harry Potter, porta avanti fino all’ultima,
straziante, pagina.
Dopo la saga tra le più amate degli ultimi anni, la Rowling ci
dona un’altra meraviglia letteraria che è stata riprodotta
recentemente in una breve mini serie televisiva di tre puntate.
Free Bird - Vittorio Piazza (2015) di Elettra Aldinio
Free bird, come afferma l’autore Vittorio Piazza, è una storia
rock. Una storia rock meravigliosa agli occhi di chi di musica
un po’ ne sa, che riesce a intrecciare perfettamente un mistero
e la storia degli anni migliori per il rock.
Durante il piacevole colloquio che sono riuscita ad ottenere
con il dottor Piazza, scrittore e assessore alla cultura di
Cantello, è venuta a galla la straordinarietà di questo romanzo:
l’atmosfera di aggregazione di quando ci si ritrovava di sera
con una chitarra in mano e tanta voglia di condividere le
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bellezze musicali degli anni ’80 e le note di Sweet home Alabama e Free bird che
scandiscono l’aura di mistero che si percepisce durante tutta la storia.
Questo brillante romanzo fresco fresco di stampa è “un saluto agli amici e un invito
per le nuove generazioni ad ascoltare la musica che negli anni ’80 è riuscita a portare
un forte legame tra i giovani presenti allora”.
Quindi, Cairolini, mettete su una bel brano rock ed immergetevi nella lettura di Free
bird, non vi deluderà.
Deep Blue - Jennifer Donnelly (2014) di Elena Penazzi e Federica Ambrosetti
Serafina è una sirena, ha sedici anni ed è la figlia di
Isabella, regina di Miromara. Anche lei, come la
madre, è destinata a governare uno dei più antichi
regni degli abissi. Per diventare sovrana deve
affrontare il “Dokimì” , una crudele prova che ha
origini molto antiche. Ma la sera prima è colta da un
incubo riguardante il ritorno di un demone, Abbadon.
Il giorno seguente deve incontrare la sua migliore
amica Neela, ma ancora non sa che anche lei ha fatto
lo stesso terribile sogno. Come se tutta questa
tensione non bastasse, Mahdi, il promesso sposo di
Serafina, non sembra più essere il principe dolce e
affettuoso che la sirena aveva conosciuto. Durante lo
svolgimento apparentemente tranquillo del Dokimì,
la madre di Serafina viene colpita da una freccia avvelenata e Sera e Neela sono
costrette a scappare. Durante il lungo viaggio che intraprendono le due sirene
scoprono di aver fatto lo stesso sogno, che in realtà è un richiamo. Infatti sono state
prescelte dalle Iele, le streghe del fiume, insieme ad altre quattro sirene per trovare i
sei amuleti nascosti in tutto il mondo da Merrow, una grande maga. Questo è l'unico
modo per sconfiggere il terribile Abbadon. Ce la faranno queste sei coraggiose sirene
a vincere il male?
LA STORIA DI IQBAL - Francesco D'Adamo
Un romanzo che denuncia lo sfruttamento minorile nel
mondo. Iqbal, il protagonista, riuscirà a liberarsi e a far
arrestare il suo padrone. Un romanzo emozionante e che fa
riflettere su quanto siamo fortunati a possedere la libertà.
SHADOWHUNTERS - Cassandra Clare Un romanzo incentrato sulla lotta tra il bene e il male, ricco
di suspance e avvincenti combattimenti tra gli
Shadowhunters, cacciatori di demoni e i demoni stessi.
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NUOVO CINEMA CAIROLI
Il sapore del successo - John Wells (2015)
di Leonardo Cenacchi
Adam Jones (Bradley Cooper) è uno chef che ha
distrutto la sua carriera per problemi di alcol e droga.
Decide di cambiare vita, si trasferisce a Londra, e sa
cosa vuole: ottenere tre stelle Michelin, la massima
riconoscenza della bravura di uno chef.
Per merito tanto della sceneggiatura (semplice ma
intrigante) quanto della regia (dinamica e sempre
appropriata), "Il sapore del successo" è un film che
diverte e allo stesso tempo coinvolge. Dal primo
momento conosciamo l'obiettivo di Adam, proviamo
una grande empatia per lui, continuiamo a sperare nel
suo successo fino alla fine. Non solo nel
protagonista, ma anche negli altri personaggi
vediamo il talento del regista John Wells : in poche e brevi scene di presentazione li
caratterizza e li colloca in un ruolo ben specifico all'interno della trama.
Bradley Cooper si dimostra ancora una
volta un attore eccellente: pur
interpretando un personaggio che è una
bomba di personalità riesce a essere
sempre appropriato e vero.
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Tutti i battiti del mio cuore - Jacques Audiard (2005)
di Gabriele Franchi
Il ventottenne Thomas lavora in una società immobiliare, e si
occupa di sfratti. Dopo la morte della madre concertista,
dieci anni prima, ha deciso di smettere di suonare il piano,
per cui era decisamente portato. Il suo vecchio insegnante,
incontrato per puro caso, lo convince a riprendere a suonare.
Sempre piu’ indeciso su quale sia la strada seguire, tra quella
dell’ arte e quella del profitto, Thomas scopre però che il
padre ha seri guai con dei delinquenti.
Partendo dal soggetto un misconosciuto thriller americano
del 1978 (Rapsodia per un killer) il regista costruisce un dramma metropolitano
profondamente realistico e attento al contesto sociale: Il rapporto con il padre, la
dolorosa realtà degli sfratti, la ruvida nevrosi del protagonista sono raccontati
minuziosamente così come l’ambiente, una Parigi irriconoscibile, cupa, sporca come
poche altre volte si era visto al cinema. Audiard, premiato con la Palma d’oro
quest’anno a Cannes per Dheepan, non è un autore “freddo” o inutilmente
virtuosistico: si percepisce l’emozione in ogni gesto, di ogni dialogo recitato,
nell’uso della musica quando le parole non bastano. E i temi di fondo (l’arte, la
bellezza come riscatto sociale; i legami di sangue: quello con il padre, l’affinità con la
defunta madre) non appesantiscono il crescendo emotivo della trama.
E’ un’ opera cruda, dolente, talvolta anche sgradevole, ma intensa e sincera,
valorizzata da ottime performance da parte di tutto il cast, in primis l’attore
protagonista, Romain Duris.
Il titolo italiano, piuttosto ingannevole,
vuole ricordare quello originale (De
battre mon coeur s'est arrêté) , preso da
un verso di una canzone di Jacques
Dutronc.
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Musica
Time Has Told Me: la malinconia di Nick Drake
di Gabriele Franchi
E’ il 25 novembre 1974 quando Nick Drake viene trovato morto nel suo letto. Sul
comodino c’è il mito di Sisifo di Albert Camus, sul giradischi i concerti Brandeburghesi di
Bach. Morte per overdose di antidepressivi. Forse si è trattato di un semplice errore nel
dosaggio delle pillole, di cui faceva uso da diverso tempo. Forse , ed è l’opinione del
medico che esegue l’autopsia, è un suicidio.
Si conclude così la troppo breve esistenza di Drake, nato in Birmania da genitori inglesi il
19 giugno 1948. Trascorre un’ infanzia serena immerso nella natura, nella tranquilla
Tanworth-in-Arden, nel Warwickshire.
Timido ragazzo di provincia, ha una forte vocazione alla solitudine e all’isolamento.
Durante gli anni del liceo comincia a interessarsi alla musica, dedicando ore a comporre alla
chitarra e a scrivere le prime canzoni. Ad un audizione, un importante produttore si accorge
delle sue doti. Si chiama Joe Boyd e ha prodotto gli album di Incredible String Band e
Fairport Convention, nomi sacri del folk britannico alla fine degli anni sessanta. Arriva così
il contratto con la Island, che riconosce nel giovane artista una grande linfa creativa e una
vena poetica decisamente degna di nota.
“Life is but a memory/Happened long ago.
Theatre full of sadness/For a long forgotten show”.
da Fruit Tree
Five Leaves Left è un esordio ispiratissimo. E’ il 1969 e Nick Drake ha 21 anni, una fragile
voce e una notevole sensibilità chitarristica. L’album contiene già alcuni classici. River Man
, in particolare , è una delle sue canzoni più note e significative, dai delicati intarsi jazzati.
L’inquietudine è la cifra stilistica del cantautore, e lo dimostra con i tenui colori di Three
Hours, Way To Blue , Fruit Tree. Sono maliconici quadretti di folk acustico, magistrali nella
loro limpidezza. E così anche le più serene Cello Song e Thoughts of Mary Jane, tutte
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canzoni valorizzate dai raffinati intrecci di archi e chitarra. Il riscontro commerciale è
tuttavia deludente.
“Please give me a second face/I've fallen far down/
The first time around/Now I just sit on the ground in your way”
Da Fly
Bryter Layter esce l’anno successivo. E’, nelle intenzioni dell’autore, un album più
commerciale del precedente. Alle registrazioni partecipano infatti nomi importanti del folk e
del rock di quegli anni, come John Cale e Richard Thompson. Altre meravigliose canzoni si
aggiungono al songbook dell’autore: la sincera commozione di brani come One Of These
Things First e Fly, ma soprattutto quel capolavoro musicale che è Northern Sky, esempio
lampante delle capacità creative del giovane musicista . Curiose poi, composizioni come
Hazey Jane II e la latineggiante Poor Boy. Nonostante i propositi, anche questo disco
venderà molto poco.
“ And now we rise/ And we are everywhere”
da From the morning
Pink Moon del 1972 è il suo disco più famoso. Sarà anche l’ultimo. Dura poco più di
ventotto minuti ed è, a differenza dell’album precedente, molto scarno negli arrangiamenti:
solo chitarra acustica e voce. Contiene però anch’esso gemme di immenso valore, quali
Pink Moon, Place to be, la toccante Things behind the sun. Sono fragili frammenti di parole
e musica, che vivono di uno spleen forse non molto diverso da quello degli amati simbolisti
francesi. Nasce dalla depressione la scheletrica bellezza di Know e Road, di Which Will e
From the morning, la stessa da cui non saprà guarire e che gli sarà fatale.
Poco noto in vita, Nick Drake aveva un talento cristallino e un mal de vivre da cui forse non
era possibile fuggire, una depressione cronica che lo costrinse anche ad un breve soggiorno
in un ospedale psichiatrico. Artista di culto, riscoperto dal grande pubblico anni dopo la sua
morte, viene da tempo citato come fonte di ispirazione da decine di artisti.
E’ uno dei tanti artisti che non hanno potuto invecchiare, che vivono in una gioventù eterna
dovuta ad una morte prematura. Il suo volto rimarrà per sempre quello, angelico e triste,
della giovinezza.
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VENTO DI EVENTI
a cura di Viola Santini
“Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau” (Palazzo Reale, Milano, fino
al 20 marzo 2016)
“La Belle Époque. La Parigi di Boldini, De Nittis e Zandomeneghi” (Gam,
Milano, fino al 21 febbraio 2016)
“Wildt, l’ultimo simbolista.” Mostra fotografica (Galleria d’Arte Moderna,
Milano, fino al 14 febbraio 2016)
“D'après Michelangelo.” Mostra di disegni dell’artista toscano (Ospedale
Spagnolo del Castello Sforzesco, Milano, fino al 10 gennaio 2016)
“Matisse e il suo tempo.” Opere di Matisse e di contemporanei, tra i quali
Picasso, Renoir, Modigliani, Miró (Palazzo Chiablese, Torino, fino al 15
maggio 2015)
“Da Raffaello a Schiele” (Palazzo Reale, Milano, fino al 17 febbraio 2016)
“Giotto, l’Italia” (Palazzo Reale, Milano, fino al 10 gennaio 2016)
“Gauguin – Racconti dal paradiso” (MUDEC, Milano, fino al 28 gennaio
2016)
“Hayez” (Gallerie d’Italia, Milano, fino al 21 febbraio 2016)
“Claude Monet” (GAM, Torino, fino al 31 gennaio 2016)
“Dagli Impressionisti a Picasso” (Palazzo Ducale, Genova, fino al 10
aprile 2016)
Steve McCurry, “Icons and women” (Museo S. Domenico, Forlì, fino al 10
gennaio 2016)
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ARTE
Van Gogh: pennellate di un’anima folle
di Margherita Cerati e Viola Santini
De André cantava "Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le
parole". Van Gogh, però, ci riesce con un pennello. Le sue non sono solo composizioni e bei
colori, ma un vero e proprio autoritratto senza faccia. Nelle dense pennellate riversa
brandelli della sua anima, rendendo la tempera viva, vibrante.
Ci fa vedere strade, bar, campi e cieli con i suoi occhi, ce li presta. Non si ferma qui: si
spinge, ci spinge, oltre la sola percezione visiva, aprendo una finestra sul mondo che
dipinge, sul calore del sole giallo, pulsante, sull’odore dei campi di grano, sulla fatica e la
fame nera che segnano le facce e le mani dei suoi contadini olandesi.
Il sottile confine che separa l’io interiore, il suo lavoro e la realtà esterna è sfocato, a volte
scompare del tutto, mosso da un vento senza posa che è la sua malattia.
La descrive così al fratello Theo “Dentro di me ci dev’essere stata qualche emozione troppo
grande che mi ha fregato in questo modo… C’è effettivamente un non so che di rotto nel
mio cervello.”
Oltrepassa il punto di non ritorno ad
Arles. Dopo una sofferta convivenza
di diversi mesi con l’amico e pittore
Paul Gauguin, cede alle allucinazioni
e agli istinti. Una sera del 1888, la
schizofrenia lo spinge a desiderare di
uccidere il coinquilino. Non arriva a
compiere effettivamente il gesto, ma
tormentato da questi pensieri di
violenza contro il prossimo, decide,
paradossalmente, di punire
fisicamente se stesso.
Van Gogh si mutila un orecchio,
quasi a voler smettere di sentire i pensieri irrazionali che non gli danno pace, con la stessa
arma che aveva intenzione di usare contro Gauguin, un rasoio da barbiere. Avvolge con cura
il lobo reciso in un foglio di giornale, poi lo porta in dono a Rachel, una prostituta del luogo.
Poco dopo è il turno della psicosi, la totale perdita di coscienza dell’io. Vincent (nella
speranza di recare sollievo al suo animo, di placare il dolore, racconterà dopo) mangia la
felicità. Un intero tubetto di tempera giallo cromo. Dovete immaginarvelo aggrapparsi
all’ultimo disperato tentativo di trovare la tranquillità, steso in un campo di Auvers-sur-
Oise, le mani, la bocca e la barba rossa sporche del colore che tanto lo ossessionava.
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Se da una parte la vita del pittore è fortemente influenzata dalla malattia, dall’altra lo
accompagna costantemente da un solido credo religioso. Inizia a dipingere solo a 27 anni,
perché prima il suo sogno è un altro: diffondere il Vangelo tra i poveri, come predicatore
laico. Non realizzò mai questo proposito, ma fino alla fine fu sostenuto da una fede che non
sottostava a nessuna Chiesa e a nessun dogma.
La sua religiosità stava nella forza della natura che soprassiede le cose, nell’energia del
cosmo: è lì, il suo Dio, nascosto tra le nuvole, tra i campi di grano, nel cielo stellato.
Così, per raccontare l’episodio del Getsemani, dipinge solo un campo di ulivi: la
contorsione drammatica dei tronchi era per lui la metafora più rappresentativa della reale
condizione di Cristo.
L’unica volta in cui decide di affrontare direttamente la figura del Signore, lo fa copiando
un’opera di Eugene Delacroix: “la pietà”.
Aggiunge solo due dettagli: il sole che scivola all’orizzonte, in un tramonto giallo,
struggente e impassibile e una barba rossa. Una barba rossa sul volto di Gesù al calvario, a
raccontarci del dolore vero e umano del suo Dio.
A 37 anni ha realizzato più di mille disegni e 867 tele. La prima e ultima volta che riesce a
vendere un suo lavoro è nel 1890. Un amico acquista “Il vigneto rosso”, in un atto più di
carità che di reale interesse. Nello stesso anno muore: si ipotizza subito un suicidio, che,
effettivamente, non sarebbe un finale sorprendente, considerata la vita misteriosa e
travagliata di Vincent. Un colpo di rivoltella al petto e due giorni di agonia, prima di morire,
disteso in un campo di grano, a luglio. L’ultima notte sotto le sue stelle, in tasca una lettera
per il fratello Theo, sul cavalletto un quadro che racconta un paesaggio funesto, il cielo in
tempesta e uno stormo di corvi sul giallo di un campo incolto.
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IL VASO DI PANDORA
a cura di Leonardo Cenacchi
- Il Taipei 101, il grattacielo più alto del
Taiwan e quarto più alto al mondo (508
metri) , sotto le pressione dei forti venti
(anche 200 km/h ai piani più alti) arriva ad
oscillare anche di 1,5 metri.
- L'Adamantio, metallo virtualmente
indistruttibile dell'universo Marvel, prende
il nome dall'Adamante della mitologia
greca. Di questo materiale era costituita la
falce di Gaia, che, come leggiamo nella Teogonia di Esiodo fu usata dai suoi figli, i
Titani, per vendicarsi del padre Urano.
- I "Mangiatori di uomini dello Tsavo" furono due leoni che nel 1898, durante la
costruzione di un ponte ferroviario sul fiume Tsavo in Kenya, uccisero e divorarono
gran parte degli operai tra marzo e dicembre. L'assiduità degli attacchi e l'inefficacia
delle recinzioni spinsero i lavoratori locali a credere che si trattasse di due spiriti,
causando quasi l'arresto dei lavori. A dicembre dello stesso anno l'ingegnere capo del
progetto riuscì ad abbattere i due leoni, che in pochi mesi avevano fatto più di
cinquanta vittime.
- La macchina di Anticitera, nota anche come meccanismo di Antikythera, è il più
antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 150-100 a.C. Si tratta di
un sofisticato planetario, mosso da ruote
dentate, che serviva per calcolare il sorgere
del sole, le fasi lunari, i movimenti dei
cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi,
i mesi, i giorni della settimana e – secondo
uno studio pubblicato su Nature – le date
dei giochi olimpici. Trae il nome
dall'isola greca di Anticitera, presso cui è
stata rinvenuta nel relitto di una nave che
trasportava statue e altri oggetti in bronzo.
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MESSAGGERIA
La setta MICHEL4LIFE non si estinguerà nemmeno quando te ne andrai, Michel!!!
X chiunque si senta tirato in causa: ovunque tu sia, qualunque cosa tu stia facendo o
pensando, ricorda che c’è sempre qualcuno che ti sta ancora aspettando e non smetterà mai
di farlo.
X Riccardo Sommaruga di 3°: sei il supercattivo da cui anche la più buona delle eroine
vorrebbe essere salvata! <3 F <3 <3
X Jacopo di IID, brillano gli occhi tuoi più che le stelle
X Luisa Campane 3F
Oggi ti vidi con un all black/
sei molto intelligente ma meno del Giack/
quando abbiamo passato quella notte sul divano/
mi ricordo solamente del tuo amico gitano/
è bello il tuo amico Riccardo Somma/
soprattutto quando dell’auto cambia la gomma/
poiché quest’ode devo terminare/
sull’altare ti voglio portare!
X scuola: Diffondete a tutti i vostri amici, parenti, a chiunque! Il giorno 11/02/2016 alle ore
21.00 presso il locale LEGEND 54 a Milano (Via Enrico Fermi 98), i JOHN DOE
suoneranno, insieme ad altri sette gruppi, in occasione del festival “Emergenza”. Il prezzo
del biglietto alla cassa è 15€, ma non vi offriamo la prevendita a soli 8€. Genere BLACK
PUNK.
Per maggiori informazioni scrivete a Edoardo Rizzi (3483770882) o Enrico Roselli
(3884457627), componenti dei John Doe assieme a Simone Salvini.
X anonimo: Siamo le amiche della ragazza “con l'occhiale nero”. È arrivato il momento di
rilevarsi! Donaci degli indizi, please :)
Agli alunni che mi hanno chiesto in prestito il coltello per tagliare le torte: ne mancano 3 !!
Chiedo la restituzione, altrimenti la prossima volta la torta la mangiate intera! Grazie, Paola
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FRAPICCINI:
-Alla lavagna vi ho scritto alcune delucidazioni grammaticali... “Un asino” non ha
l'apostrofo, quando invece è femminile lo ha. E no, l'esempio non era casuale.
-Sento un mormorio levarsi dalle province dell'impero...
-Se voi dite ad una ragazza che è bella, lei vi ringrazia ma la cosa finisce lì. Se invece
le dite che è bella come una stella, è tutta un’altra cosa. Da baci perugina proprio.
-Se cappuccetto rosso avesse dato ascolto a sua madre, non si sarebbe trovata nei
guai. Francamente io l’avrei lasciata lì a morire.
-Ragazzi, che caldo! Inizia anche oggi lo strip-tease
-Certo che con tutte quelle visioni doveva avere proprio un buon pusher Dante!
PISCINELLI:
-La pappa è quella, alla fine... certo, forse è un po' indigesta!
-Alunno: prof, siamo fusi!
Prof: eh…volete fondere anche me?
-Prof: alunno x, ti ammazzo!
Alunni: ma prof?!?
Prof: ti abbraccio, ho detto, hai capito male
-Avete visto? Sono meglio del libro!
-Prof: Serena!
Alunna: prof, mi chiamo Maria…
Prof: hai cambiato nome??
PIZZOCRI:
-Uno la mattina si sveglia e dice: “Oh, che bello: oggi c'è chimica e lo spin è verso
l'alto!”
-A questo punto qualcuno potrebbe dirmi: “Ma scusi prof, aggiungiamo un altro
elettrone, un altro... posto a tavola!
-(All'uscita da scuola) Alunno: Arrivederci prof!
Prof: Eh, speriamo!
VOX VOCIS
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-Io non resto neanche un anno in più. I piccioni mi aspettano al parco, ho anche già
comprato il bastone!
-Per Natale prendete la tavola periodica degli elementi e aprite ogni giorno una
casella, come il calendario dell’avvento!
MARTINI:
-Il numero di punti esclamativi che troverete è proporzionale a quanto mi sono
arrabbiato quando l'ho corretto
-(Sta per interrogare una ragazza) Prof: Va beh ma non lasciamola sola... mi serve un
cavaliere valente.. Io so chi si proclama cavaliere, ma ora finge indifferenza
Carletti: Chi, io?
Prof: Ecco, ora fa finta di risvegliarsi... forza cavaliere valente, fai il gentiluomo e
salva la principessa dal drago!
Carletti: Ma io non sono un gentiluomo!
Prof: E io che pensavo che appena avessi detto cavaliere avresti sguainato la spada!
-(Mentre corregge la versione) Questo l'hanno tradotto “i nemici provocavano i nostri
dolcemente”... Ma voi ce li vedete i Galli che dicono ai Romani “Dai cari, venite a
combattere!”
-(Una compagna stava male ed era uscita dalla classe)
Alunna: Prof, Chiara è fuori da molto tempo, la lasciamo lì?
Prof: (con faccia attonita) No dai...
-(mentre interroga in latino) No, non è possibile, ora mi butto giù! (Si avvicina alla
finestra) Beh, se non fossimo stati al piano terra mi sarei suicidato volentieri!
BORGIA:
-Ragazzi è meglio che non portiate fuori le radici quadrate... non siete mica dei
califfi!
-C'è uno stupido raggio di sole che mi colpisce negli occhi. Ma cosa dico? I raggi di
sole non sono mai stupidi
-(Al figlio della Borghi) La vuoi smettere di tenere un comizio? Guarda che ti porto
in città con tua madre!
LA FORGIA:
-Sì, perchè adesso c'è la moda di andare a piedi! Secoli per inventare la macchina
andati in fumo, ma va beh
STRADA:
-Per esempio per andare dalla Terra a Marte e ritorno ci vogliono sei anni. Ora,
immaginatevi di farli con uno che vi sta pure antipatico!
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TANCO:
-Rimanete tutti nella vostra ignoranza. Nella vita avete contribuito solo a popolare il
pianeta e va bene così.
-Prof: Non si siedono mai i proff. vicino a voi?
Alunno: Di solito Martini e La Forgia non si avvicinano
Prof: Ma io non sono Martini o La Forgia, gli assomiglio? (Toccandosi i capelli)
DI TONDO:
-Praticamente Afrodite dice a Paride di starsene a letto perchè indubbiamente lì ha più
utilità con Elena che nel campo di battaglia
-Alunno (in panico per l'interrogazione): Gli Assiri erano un popolo...
Prof: Me ne compiaccio oltremodo.
-Zerba: Ti ricordi quando siamo andati in gita ad Angers?
Prof: Certo... Com'eravamo giovani, ricchi e felici!
-Prof: Lo avete ripetuto a qualcuno?
Alunna: Sì, al cane!
Prof: Brava, perchè il cane sarà l'unico amico nella tua vita al quale puoi dire tutte le
baggianate che vuoi ma ti vorrà sempre bene
-Alunna: Venne alla luce in un periodo di instabilità
Prof: A casa mia vengono alla luce solo i bambini!
-Alunno: Non avendo nulla da offrirle le offrì il suo uccello
Prof: Questa frase è tantomeno impropria.
-Perchè quando scrivi fai questi incisi da psicologa de noartri, o meglio da zittella di
paese?
BARBIERI:
-Prof: (correggendo le verifiche) Bacco balla con i satiri...
Alunno: Non era con le scimmie?
MANFRIN
-Prof: qual è l’albero tipico del paesaggio africano?
Alunna: la palma
Prof: ma scusa, hai mai visto una giraffa sotto una palma?
LAFORGIA
-Prof: ci stai lasciando?
Alunno: no, è che mi fa male la pancia…
Prof: e che possiamo fare?
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a cura di Giulia Calvi
Le domande consuete
Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande.
(Charlie Brown)
Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde. (Alessandro Baricco)
La domanda circa lo scopo della vita umana è stata posta innumerevoli volte; non ha ancora mai trovato una risposta soddisfacente, forse non
la consente nemmeno. (Sigmund Freud)
L’assurdo nasce dal confronto tra la domanda dell’uomo e
l’irragionevole silenzio del mondo. (Albert Camus)
La cosa importante è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando
si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere
soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità. (Albert Einstein)
Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente come se il tempo per noi non costasse l' uguale, come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.
(Francesco Guccini, canzone delle domande consuete)