IL RESTO DEL TEMPO. Pratiche di abbandono e di lontananza

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IL RESTO DEL TEMPO PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

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An exhibition project at Jerago’s Castle, April 18th to 26th, 2009, with the participation of Sergio Braviario, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Daniele Giunta, Julia Krahn, Michele Lombardelli, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli, Elisa Vladilo.

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IL RESTO DEL TEMPOPRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

IL RESTO DEL TEMPO

PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

A CURA DI ALESSANDRO CASTIGLIONI

SERGIO BREVIARIO

UMBERTO CAVENAGO

ERMANNO CRISTINI

DANIELE GIUNTA

JULIA KRAHN

MICHELE LOMBARDELLI

GIANCARLO NORESE

LUCA SCARABELLI

ELISA VLADILO

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IL RESTO DEL TEMPO

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CASTELLO VISCONTEO DI JERAGO

18-26 aprile 2009

con il patrocinio di

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IL RESTO DEL TEMPO

PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

A CURA DI ALESSANDRO CASTIGLIONI

SERGIO BREVIARIO

UMBERTO CAVENAGO

ERMANNO CRISTINI

DANIELE GIUNTA

JULIA KRAHN

MICHELE LOMBARDELLI

GIANCARLO NORESE

LUCA SCARABELLI

ELISA VLADILO

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Comune di Jerago con OragoSindacoGiorgio GinelliAssessore alla CulturaEmilio Aliverti

Associazione Culturale AlephPresidenteVincenzo BonfaciniVicepresidenteDaniela Aliverti

Castello Visconteo di JeragoCamillo e Maria Antonietta Paveri Fontana

IL RESTO DEL TEMPOPratiche di abbandono e lontananzaa cura di Alessandro Castiglioni18-26 aprile 2009

Sergio BreviarioUmberto CavenagoErmanno CristiniDaniele GiuntaJulia KrahnMichele LombardelliGiancarlo NoreseLuca ScarabelliElisa Vladilo

Catalogo a cura di Alessandro Castiglioni e Michele LombardelliFotografie di Julia Krahn

In occasione di: Terra, arte e radici18 aprile - 5 giugno 2009nei comuni di: Arsago Seprio, Besnate, Cardano al Campo, Casorate Sempione, Cassano Magnago, Cavariacon Premezzo, Gallarate, Jerago con Orago

© 2009 agli autoriPRINTED IN ITALY

EDIZIONI NLF

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Giovani e brillanti visionari, un luogo ispirante e senza tempo, un gruppo di persone coraggiose eappassionate. Da qui nasce la mostra il resto del tempo. Dalla volontà concorde dell’AssociazioneCulturale Aleph e dell’Amministrazione Comunale che i luoghi simbolo del nostro paese siano valo-rizzati, cioè conosciuti e sperimentati. Dall’incontro tutto speciale di questo straordinario gruppo diartisti con un luogo simbolo del nostro Comune, il Castello Visconteo di Jerago.Un incontro che ha suscitato emozioni e visioni, che ha ispirato interventi e che vede nelle espe-rienze qui raccolte e rappresentate, il risultato ultimo. Ospitare in un castello come il nostro, cosìimponente e al contempo fuori dal tempo, una mostra di arte contemporanea è certamente unascelta coraggiosa.Nessun luogo, come questo castello, è segno dell’appartenenza al nostro comune: elemento divanto, perché preziosamente esclusivo, culla di tanti ricordi condivisi, perché vissuto da tutti noi,sin dall’infanzia. Un luogo che si trasforma ancora una volta, ma oggi in maniera inconsueta einattesa, in ambasciatore e strumento di riscoperta delle bellezze del nostro territorio.Questa mostra, le cui opere sono state concepite e costruite specificatamente per queste mura, ècertamente origine di emozioni e sentimenti contrastanti per chiunque la visiti. E questo già signi-fica aver raggiunto l’obiettivo: significa, aver introdotto il visitatore in modo improvviso ed ina-spettato nel mondo e nello stile proprio dell’arte del ventunesimo secolo.Il mio personale ringraziamento va poi all’ideatore e curatore della mostra, Alessandro Castiglioni,che con coraggio, pazienza e passione ha saputo condurre tanto noi quanto gli artisti qui rap-presentati, in questo percorso originale e stimolante. A lui il merito di aver riconosciuto nei nostriluoghi uno spazio ideale per dar vita a nuove esperienze. A lui la riconoscenza per il tempo dedi-cato nell’individuare spazi e idee caratterizzanti. A lui infine il plauso per aver brillantemente gui-dato a quanto oggi possiamo tutti condividere e sperimentare.

L’Assessore alla CulturaEmilio Aliverti

L’Amministrazione Comunale di Jerago con Orago non può che essere grata al curatore dellamostra, Alessandro Castiglioni della Galleria d’Arte Moderna di Gallarate, all’AssociazioneCulturale Aleph e alla famiglia Paveri Fontana per quanto oggi realizzato. A Castiglioni per averda subito accettato la scommessa e sostenuto l’iniziativa mettendo a disposizione tutta l’espe-rienza, la competenza e le capacità maturate presso un’istituzione tanto prestigiosa come la GAM,da anni guida nella scena nazionale.Ad Aleph, che da 10 anni ci stupisce e arricchisce con iniziative sempre originali, di qualità eccel-lente e livello impareggiabile. Alla famiglia Paveri Fontana, che con entusiasmo e generosità havoluto ancora una volta condividere con tutti noi le bellezze misteriose del Castello Visconteo diJerago, di sua proprietà. Questa mostra, che dà lustro indiscusso al nostro Comune, è frutto diun lavoro di squadra che orgogliosamente riconosco e indico come riferimento per tutti coloroche, come il sottoscritto, amano Jerago con Orago e lo desiderano culturalmente vivace, semprericco di nuove iniziative e al contempo fiero delle proprie tradizioni.

Il Sindaco di Jerago con OragoGiorgio Ginelli

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Con molta gioia ospito a Jerago queste opere di arte contemporanea. Ho seguito le varie fasidel progetto di questi artisti che hanno saputo trovare un punto di ispirazione per le lorocreazioni anche in un ambiente antico.

La severità delle mura di questo luogo e la natura rigogliosa che lo circonda si sposanobenissimo con le installazioni contemporanee, le une mettono in risalto le altre e viceversa.

Il percorso secolare dell'uomo lascia le sue tracce; è giusto mantenere le tradizioni,ricordarsidel passato che fa parte del nostro essere e nello stesso tempo favorire l'espressione dellasensibilità dell'uomo di oggi.

Raccomando a questi artisti di proseguire con tenacia nella ricerca del bello e auguro loroun futuro pieno di soddisfazioni.

Grazie

Castello Visconteo di JeragoMariantonietta Paveri Fontana Bruni

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Morii per la bellezza – ma non m’eroancora abituata alla mia tomba

quando un altro – morto per la verità –nel sepolcro vicino fu adagiato –

Piano mi domandò perché ero morta –“Per la bellezza” – gli risposi – e lui:“io per la verità – è una sola cosa”

disse “siamo fratelli.”

Così, come congiunti che di notte s’incontrino –dall’una all’altra stanza conversammo –

finché le nostre labbra raggiunsero il muschio –e coprì i nostri nomi –

Emily Dickinson, Tutte le poesie, n. 449

Quando l’estate scorsa proposi ad Alessandro Castiglioni, per conto dell’AssociazioneCulturale Aleph, il progetto di una mostra di arte contemporanea come evento inauguraledella manifestazione Terra, arte e radici, quest’anno incentrata sul tema della bellezza, eradel tutto chiaro il significato di sfida e di apertura di uno spazio di riflessione circa il bino-mio bellezza/arte contemporanea. Conosco Alessandro, giovane critico d’arte, fin da quan-do, ancora liceale, era già evidente il segno di una passione che ne avrebbe tracciato ilpercorso. Non potevo del tutto quantificare la reale dimensione che avrebbe assunto il pro-getto, né l’impegno che ha richiesto l’allestimento di una mostra site specific che coin-volge ben nove artisti, realizzata in un luogo così ‘delicato’ come il Castello Visconteo diJerago. È stata una scoperta per me bellissima la naturalezza con la quale i tanti proble-mi che l’intervento ha comportato sono stati risolti da così numerosi attori, Alessandro, gliartisti, ma anche Maria Antonietta Paveri Fontana, proprietaria del castello e l’amministra-zione comunale, che ha mostrato in questa occasione capacità organizzative e flessibilitàper nulla scontate.Perché una mostra di arte contemporanea come Il resto del tempo. Pratiche di abbandono elontananza come evento inaugurale di Terra, arte e radici 09?

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Si tratta di una scelta coerente con una politica culturale che l’Aleph e l’Assessorato alla cul-tura hanno condiviso in molti progetti comuni, progetti nei quali anche a costo della rinun-cia a un consenso plebiscitario si è fatta delle occasioni di riflessione e di approfondimentouna consuetudine, meglio una tradizione. Parlare allora di bellezza attraverso l’arte contem-poranea è una scelta coraggiosa, in primo luogo perché costituisce un evidente sgancia-mento dall’onnipresente riferimento alla forma fisica o all’industria dello spettacolo, maanche e più propriamente perché l’attacco che l’arte contemporanea ha diretto contro lanozione di bellezza si può dire mortale. Barnett Newman, astrattista americano nel ’48 affer-mava: “L’impulso dell’arte moderna consisteva in questo desiderio di distruggere il bello”.Stefano Chiodi, critico e storico dell’arte, attribuisce alla Pop Art la rottura definitiva tra artecontemporanea e bellezza: con Andy Warhol la bellezza non appartiene più, né all’essenza,né alla definizione dell’arte e tuttavia essa, dal dominio dell’arte, non può essere del tuttoestromessa (La bellezza difficile, Le lettere, 2008). La paradossalità di tale affermazione puòtrovare un’esplicitazione nelle parole del critico e filosofo dell’arte americano Arthur Danto ilquale, spiegando perché con l’arte contemporanea non possiamo più avere un’arte bella,dice: “Considero la scoperta che si possa fare buona arte senza farla bella uno dei più gran-di chiarimenti concettuali della filosofia dell’arte del XX secolo” (L’abuso della bellezza,Postmedia, 2008).Certo, la posizione non priva di punti problematici di Danto passa attraverso la distinzionetra bellezza estetica, quella che appartiene alla sfera del sentimento, e bellezza artistica chenella contemporaneità ha ri-flesso l’arte, ripiegandola su se stessa e distaccandola dalla per-cezione del bello. "ll risultato, in ogni caso, è che l’ingresso nella contemporaneità implicache non possiamo più semplicemente fare uso della bellezza, siamo costretti a distorcereogni rapporto equilibrato col bello – siamo, per così dire, condannati all’eccesso, al dise-quilibrio, alla violazione di senso e all’abuso” (Marco Senaldi, ibid. Prefazione).Nel mondo postmoderno la bellezza come ricerca di armonia totale e di durata eterna è stataaggressivamente riscritta; nondimeno rappresenta un terreno dove il rapporto di significa-zione con del reale costituisce un potenziale di trasformazione del reale stesso che dischiu-de per l’arte e per l’artista un’inedita relazione con il mondo. Così conclude Chiodi “forse èprecisamente in questa oscillazione che l’arte può ancora rappresentare nel tempo che attra-versiamo la nostra coscienza infelice” (ibid.)La riflessione artistica può quindi assumere un ruolo di risignificazione e di comprensionedel nostro tempo, ma a mio avviso l’arte può rappresentare un’ulteriore straordinaria risor-sa, una funzione di natura pedagogica. Il nostro tempo, in particolare nel nostro paese, èinvestito da profonde e traumatiche trasformazioni, è un tempo di crisi, insomma, che richie-de idee e la capacità di trasformare queste idee in innovazione. Come scrive l’economistaPier Luigi Sacco nel Domenicale del Sole 24 Ore del 1 marzo scorso “le idee richiedono unostato mentale e psicologico che può essere indotto solo parzialmente e che si nutre di inte-resse genuino, spontaneo, nei confronti delle cose, di curiosità e capacità di sorprendersi, diuna mente aperta alle possibilità non conosciute e non familiari”. L’arte è allora da guarda-re come un ambiente che stimola la curiosità, la disponibilità a recepire l’inatteso, quelloscarto di senso che richiede uno sguardo con occhi diversi; l’arte rappresenta in sostanza“una palestra di pre-innovazione”.

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Quanto è importante per il nostro sistema paese una mentalità aperta, diffusa, responsabi-le e consapevole? A raggiungere questo difficile obiettivo è chiamata in prima battuta l’i-struzione pubblica nella difficile sfida, come dice Edgar Morin, a “educare al pensiero del-l’incertezza”, ma lo sono anche le istituzioni e gli enti che svolgono una politica culturale. Ècertamente un vanto per un’amministrazione comunale come Jerago mostrare una sensibilitàculturale che altre realtà, ben più titolate, non manifestano affatto.Vorrei esprimere la mia riconoscenza agli artisti Sergio Breviario, Umberto Cavenago,Ermanno Cristini, Daniele Giunta, Michele Lombardelli, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli,Elisa Vladilo e Julia Krahn per l’armoniosa collaborazione con la quale hanno dato vita all’e-vento. Un particolare ringraziamento, infine, a Alessandro Castiglioni per l’instancabile epacata sollecitudine con cui ha orchestrato l’intera operazione.

Associazione Culturale AlephDaniela Aliverti

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IL RESTO DEL TEMPO

PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

JULIA KRAHN

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DANIELE GIUNTA

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DANIELE GIUNTA

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DANIELE GIUNTA

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DANIELE GIUNTA

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MICHELE LOMBARDELLI

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MICHELE LOMBARDELLI

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LUCA SCARABELLI

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SERGIO BREVIARIO

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UMBERTO CAVENAGO

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UMBERTO CAVENAGO

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ERMANNO CRISTINI

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ERMANNO CRISTINI

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ERMANNO CRISTINI

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ELISA VLADILO

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GIANCARLO NORESE

Ditemi cosa devo fare, ditemi dove devo andare

Giancarlo NoreseJulia Krahn

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GIANCARLO NORESE

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GIANCARLO NORESE

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GIANCARLO NORESE

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ELENCO DELLE OPERE ESPOSTE

SERGIO BREVIARIOP.E.P.E., 2007, materiali vari, 112x47x47 cm1960 TTM project, 2005, 6 vestitiVista catoptrica dellʼinterno di P.E.P.E., 2009, stampa lambda, 18x24 cm

UMBERTO CAVENAGOLa 74, 2006, acciaio CorTen, 216x205x300 cm

ERMANNO CRISTINISurplace 14+4+1 su 14, 2009, lamiera zincata, carta, site specific

DANIELE GIUNTADistanza Abbandono Desiderio Tempo, 2009, cenere e materiale organico, site specific(courtesy arsprima, Lecco)

MICHELE LOMBARDELLIJerago Corner, 2009, cartoncino Black Black, 70x50x70 cmDoppio Sguardo, 2009, cornice in metallo, vetro, legno, cartoncino Black Black, feltro, ceramica, dimensioni variabiliApocalisse, 2009, ink-jet e matita su carta, cartoncino Black Black, 10x13 cmApocalisse, 2009, installazione sonora(tutte le opere courtesy AMT | ALBERTO MATTEO TORRI, Milano)

GIANCARLO NORESEDitemi cosa devo fare, ditemi dove devo andare, 2009, dimensioni variabili

LUCA SCARABELLIIl passare delle ore (suggestione cromatica), 2008, vasi in vetro da farmacia, hula hop, dimensioni variabiliUn poʼ lontano (riposizionamento di un paesaggio), 2009, frammenti di pagine di riviste illustrate,dimensioni variabiliTrascendere lʼorizzonte, 2009, cornice in legno, fotocopia su carta ruvida, cartoncino colorato, 25x21 cm

ELISA VLADILODebole sistro al vento, 2009, seta e metallo, site specific

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IL RESTO DEL TEMPO

PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

ALESSANDRO CASTIGLIONI

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Sabato 31 gennaio 2009

L’idea di una mostra negli spazi di un castello medievale, anzi per essere piùprecisi una fortificazione Viscontea del XIII secolo, nasce assieme all’idea discoprire e lasciar scrivere una storia. Immaginavo un Castello dei destini incro-ciati, con le proprie carte da mescolare, ogni volta in modo diverso, ogni voltaper storie diverse.Questa idea un po’ confusa e astratta, si è subito scontrata con un’evidenzamolto potente. Intendo ovviamente la forza visiva, forse addirittura ingom-brante che caratterizza il Castello di Jerago. Uno spazio dove il passato misembra allo stesso tempo lontano e intatto, a tratti abbandonato a se stesso,al proprio microuniverso. Bastano pochi passi oltre una strada sterrata pertrovarsi altrove.Seconda questione è stata capire come costruire le trame di questi intrecci distorie, se decidere di trovarle in modo chiaro e determinato, o lasciare chenascessero in modo libero, casuale e scostante, strada facendo.Ho optato così per la seconda soluzione, invitando diversi artisti, amici con cuicondivido ricerche e di cui apprezzo e studio il lavoro, per proporre loro la ste-sura di una sorta di racconto collettivo.A sottolineare ulteriormente questo aspetto, il fatto che in parallelo (e non diconseguenza) alla mostra venga progettato un libro, in cui presentare questopercorso, la sua progettazione, le diverse fasi, l’esito conclusivo. Tengo moltoa questa dimensione di attraversamento temporale come elemento di conti-nuità tra castello e interventi, tra aspetto progettuale e risultato finale.Gli elementi su cui infatti ho invitato tutti gli artisti a riflettere sono proprio ladistanza, la lontananza e l’abbandono e di contro l’attraversamento, il ritrova-mento, l’archeologia; e sviluppare queste idee nella dimensione del tempopiù che in quella dello spazio.

Bene. Come mi ha detto Giancarlo Norese Venerdì scorso lasciando il castello:“Allora il racconto inizia qui.”

ALESSANDRO CASTIGLIONI

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ALESSANDRO CASTIGLIONI

Appunti su un romanzo inesistente

Fu la letteratura, ancor prima delle arti visive, ad accorgersi della potenza evocativa dialcune semplici operazioni retoriche e linguistiche, atte a destrutturare la composizio-ne. Bastò un Forse perchè… incipitario a instillare un dubbio, a stimolare una riflessio-ne, a costruire una cornice, un metatesto. Da Foscolo la strada è stata lunga ma, inqualche modo, poi, tutta la poesia dei secoli successivi, ha lavorato attorno a questesuggestioni: la decontestualizzazione, lo straniamento, l’ermetismo. Raccontare leparti di una storia che non c’è diventa, non solo un’attitudine estetica, ma una vera epropria posizione culturale e sociale, immagine della civiltà occidentale.Per quanto riguarda le arti visive, questo processo è stato senza dubbio più lento e tra-vagliato, segnato da continui contrasti e ripensamenti. Le prime esperienze volte aquesta ridefinizione del rapporto tra oggetto artistico, pubblico e percezione del reale,sono indubbiamente segnate dalla ricerca di Marcel Duchamp. Il ready made, ovverol’oggetto reale, della nostra quotidianità, nella sua disarmante semplicità, sposta ilcentro dell’attenzione. Si tratta di una vera e propria scossa, capace di rivoluzionare ilmodo di concepire l’arte in occidente. Duchamp afferma in questo modo che la veraoperazione dell’artista consiste nell’osservazione del reale, scegliere e spostare.Tutto qui.Dagli anni Sessanta, poi, diverse sono le correnti concettuali in cui questa risignifica-zione del quotidiano passa attraverso oggetti e azioni semplici, decontestualizzati,frammentati, ancora parti di un racconto inesistente o solo lontanamente intuibile. Inproposito mi vengono in mente gli archivi di Joseph Kosuth, le catalogazioni di EdRuscha e John Baldessari, le fotografie di Sophie Calle, tanto per citare i casi più notia livello internazionale. L’idea di documentare, soprattutto attraverso la fotografia,una storia che non c’è, invisibile, intuibile oppure nemmeno accennata, diventa dun-que, a partire dagli anni Settanta, una linea di ricerca ben definita.In particolare in Italia, questa riflessione in bilico continuo tra racconto e suggestio-ne, tra senso e non senso, ha ibridato le arti visive e quelle letterarie facendo sboc-ciare, sempre negli stessi anni, una serie di esperienze basate sul rapporto traimmagine e parola in cui, questo disorientamento semantico, diviene elementostrutturale. Il fascino di queste operazioni, di fondamentale importanza per il nostroprogetto, risiedono tutte qui, in un ricordo che non sappiamo tracciare con precisio-ne, dove il segreto e il non detto costituiscono un universo ancor più denso di quel-lo effettivamente presente.Altro riferimento che vorrei citare, tra le diverse esperienze che poi a livello letterario

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si inseriscono in questa riflessione, è Il Castello dei Destini Incrociati di Italo Calvino.In particolare trovo interessante lo spunto da cui questo romanzo è nato, l’idea di pren-dere queste carte, i tarocchi, così profondamente connotati e liberarli da qualsiasiimplicazione, senza “mettersi a interrogare l’avvenire dato che d’ogni avvenire sem-bravamo svuotati, sospesi in un viaggio né terminato né da terminare. Era qualcos’al-tro che vedevamo in quei tarocchi…”Ed è in questa direzione, come si legge anche nella lettera che apre il testo, che è natoil progetto di una mostra fatta di racconti che si inseriscono uno dentro l’altro, svilup-pati in modo parallelo e autonomo durante quasi un anno di lavoro.

Un castello, otto tarocchi, due racconti

Il resto del tempo è dunque un romanzo, nato come una mostra, in cui diverse storie siintrecciano e sovrappongono: il castello con la sua storia, i progetti dei diversi artisti,il racconto fotografico di Julia Krahn, il mio racconto, la mostra, questo libro.A intrecciare questi fili sono alcuni temi che si sono ripresentati con casualità, in modoparticolarmente intenso come frutto della riflessione e del dialogo che in questi mesihanno sostenuto il progetto. Desiderio, attesa, abbandono, lontananza. Sono questicrocevia, i punti d’incontro a cui tutte le diverse parti della mostra fanno riferimento.

Un castello

Il castello di Jerago non è solo il nostro scenario, un luogo silente e spento, una for-tezza occupata. Anzi, il peso drammatico della storia che porta con sé è stato il veromotivo scatenante della mostra. Ogni idea, ogni scelta e ogni progetto nasce dal con-tatto con questa fonte. Tutte le opere scelte hanno infatti una particolare natura sot-trattiva, discreta e silenziosa, atta a valorizzare gli ampi ambienti del castello, più cheoccuparli. Ogni intervento sembra fare un passo indietro, nascondersi, confondersi,spostarsi in questo spazio che si configura come una sorta di archetipo, insomma nonun luogo, ma il luogo.

Otto tarocchi

Come nel romanzo di Calvino, dove la vicenda prende le mosse dall’incrocio e l’abbi-namento di queste misteriose carte, così la mostra si sostanzia degli interventi, deidiversi artisti che come tarocchi, intrecciano le loro storie per generarne di nuove.

ALESSANDRO CASTIGLIONI

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Ognuna di esse è un piccolo universo, che scioglie le spirali della propria nebulosa perfondersi e ibridarsi con gli altri: le pagine di Sergio Breviario ospitano una piccola“opera scritta” di Luca Scarabelli, e lo stesso Scarabelli interviene nello spazio internode La 74 di Umberto Cavenago; Julia Krahn compare nelle fotografie di Elisa Vladiloindossando gli abiti parte di un’installazione di Sergio Breviario e Giancarlo Noreseinterviene su frammenti di immagini di Julia Krahn. Daniele Giunta confonde il propriolavoro con gli elementi naturali che circondano il castello; Cristini e Scarabelli hannosviluppato con me la riflessione teorica. E sempre insieme a me, Michele Lombardelliha progettato la struttura di questo libro. È il racconto nel racconto, e (come scrissi aLuca) la storia che genera storie e storie di storie.

Due racconti

I narratori di questi microaccadimenti sono due. Queste pagine conclusive del libropresentano il materiale che ho scelto e raccolto per documentare la genesi e la storiadei diversi lavori, uno dopo l’altro, in modo diverso per ogni artista, presentando boz-zetti, appunti, scambi mail e foto di backstage, dosando, forse con un po’ di divertitaconfusione, altre storie e altri racconti insieme alla nostra mostra.L’altro racconto è il suggestivo viaggio di Julia Krahn, documentato nella prima impor-tante sezione del libro. L’artista, per questo progetto, non ha solo studiato gli spaziespositivi e i diversi interventi. Infatti Julia ha costruito la propria esperienza vivendoqualche giorno, quasi in completa solitudine, tra le opere e le mura del castello. Nenasce così un racconto affascinante, fatto di frammenti emozionali e passaggi caratte-rizzati da una geografia interiore, tutta da ricostruire. La forza di questo racconto ècostituita proprio da queste immagini, dall’espressività profonda, capace di ritrarredettagli, silenzi e vuoti, parti di una narrazione aperta e non univoca, che lascia spazioall’immaginazione e ancora… al desiderio, l’attesa, l’abbandono, la lontananza.

ALESSANDRO CASTIGLIONI

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SERGIO BREVIARIO

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PP..EE..PP..EE

Da questo momento in poi, lo giuro, sono una semplice combinazione. Una formula critica tripartita. Sono fuorie dentro di me. Sono il limite superato, un artificio naturalizzato.Inizia così, una dichiarazione d’intenti di P.E.P.E, approntata per specificare il suo congedo, le sue dimissionidalla società delle imprese e delle costruzioni.Le sue, sono parole decise e sicure che rivendicano autonomia e l’ipostatizzazione dell’ente. È risentito e sec-cato per com’ è stato trattato. Il suo contributo alla formulazione di una nuova dimoranza per il seme ordinato-re, non a sortito gli esiti sperati e quindi si sente abbandonato, deluso e in difficoltà, ed è arrabbiato. Non hopietà del vostro soffrire! La mia brama di libertà ha forzato le serrature e le catene che mi tenevano legato a voi,la mia riprovazione è autentica e motivata. Voi siete una pietra fredda che per notti e giorni ha trasudato solodolore. Siete un motivo omologato e comune. Siete una sterile ripetizione.Non è mai stato così duro. E continua…Sono una diffida.Non posso e non desidero essere più considerato la vostra ombra, la soglia da attraversare. Io sono il nuovo cen-tro, il fulcro dove vomita il cuore, il chiasmo dell’universo, il nuovo corpo. Non sono semplicemente l’epifania diun’ idea. Farò ricadere su voi i miei controsensi. Dimenticate quello che è stato. Sente il fluido seme transgeni-co crescere dentro di se. Fortissimamente. Non si sente più inerte. Ora gli piace essere il centro dell’attenzionee gli piace rimanere in bilico tra il femminile e il maschile, giocando a far l’eroe, ad incitar la folla. Per entrare nella mia nuova dimora non passerete più sotto di me, ma sarete in me e io sarò in voi, attraverse-rete l’oriente e l’occidente. Il mio io non è la finestra attraverso la quale il mondo guarda il mondo. Lo spazio nonmi contiene, è la mia presenza a fondare lo spazio.Annuncia così, con slancio cristologico, la nuova condizione del suo esistere. Un Palomar alla rovescia, si direb-be, con la pelle color nero come la notte, nero come il profondo vuoto della malachite più scura. Il disegno delsuo corpo è ieratico, rigido e marziale. Il suo contatto con il mondo è un grande orifizio tondo e due ferite. E unaluce interiore. Ha il vigore e la spregiudicatezza della giovinezza, l’eleganza e la grazia del seminatore, delfecondatore e un profilo da assassino. È pronto ad eiaculare verità scomode. Ha abbandonato Bisanzio per ger-mogliare e fruttificare. È diventato un evento, la cui misura non ha la distanza.E non crediate che solo perché sono un acronimo anonimo, un novizio…non crediate che mi sia facile prenderequesta decisione. Dentro di me c’è un fuoco che arde, la luce che segna il futuro, c’è l’innocenza, c’è quello chenon potete sapere. Mi divido da voi per far crescere la mia centralità, per sfuggire alla clausura. Io sono il prin-cipio. Sono il nuovo distruttore, il nuovo fecondatore, sono un tentatore e l’oggetto della vostra venerazione. Lamia verità è quella del sangue. Le polarità in me finalmente sono unite.In questo punto, si scorge, nel decifrare la sua scrittura mossa e ritmata, un sussulto, delle macchie d’inchiostroche segnano il foglio, rompono la sequenza logica della lettura, come a sottolineare un fremito, una possibilesvista, un artifizio. Si sente che si è mosso, che un tempo è passato prima della ripresa delle parole.Che si sia allontanato da sé? Si è allontanato dal suo corpo? La mia materia desidera la forma. La forma e la bel-lezza.Questo ci permette di pensare che forse P.E.P.E è uno scrigno, una forma prestata dalla legge dell’istante, del-l’hic et nunc, una forma fondatrice di una nuova geometria catastale. Come in ogni modello di spazio-tempo,ogni punto dello spazio ha quattro coordinate (x.y.z.t oppure p.e.p.e), tre delle quali rappresentano un puntodello spazio, e la quarta un preciso momento temporale: ciascun punto rappresenta un evento, un fatto acca-duto in un preciso luogo in un preciso istante. P.E.P.E si è mosso. Sono il nido che accoglie la tua crescita. La mialegge è l’unità di misura per la tua esperienza. Siete in me quando siete fuori di me. Lo spazio che finalmenteconquista P.E.P.E è lo spazio della dimensione morale, è un luogo reale che ingloba lo spazio interiore di ognu-no di noi, in lui puoi espanderti e ritrovare le coordinate per muoverti sicuro. Ciò ha un prezzo e costa una fati-ca. Nato da uno schema, aumenta la distanza dal suo luogo d’origine e comincia a prendere coscienza delle pro-prie possibilità. È un amuleto incantatore. Un angelo e un demone. La venerazione che gli si deve è quella dellinga e deve essere officiata attraverso l'offerta di fiori freschi, infiorescenze, acqua pura, foglie, frutta e risoessiccato al sole. Sono un pilastro…a lei di fare al bel fianco colonna , sono un senza uguale, sono il più gran-de. La sua dimoranza non può più essere rinchiusa e determinata da categorie prestabilite. La legge che dispo-ne a protezione del suo io, è il suo limite e la chiave del nostro rapporto con lui. Attraverso l’esperienza entria-mo in contatto con il suo essere oggetto, il suo essere nido, fallo, misura, realtà, idea.Il resto potete e dovete portarlo voi, attingendo al “vostro” spazio: portategli la passione da condividere, undesiderio da realizzare, un’arte da apprendere, un senso da scoprire, una serie da finire. Portategli la follia e una

SERGIO BREVIARIO

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visione del mondo da censurare. Portategli la voglia di crescere e il suo prossimo passo sarà l’esperienza dellapercezione senza l’oggetto del percepito.“Lei non sa chi sono io”, potrebbe chiuderla lì, con questa formula, ma non lo fa.

Luca Scarabelli

1) a lei di fare al bel fianco colonna (Petrarca).

SERGIO BREVIARIO

P.E.P.E., 2007, materiali vari, 112x47x47 cm

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LL’’aallccoovvaa dd’’aacccciiaaiioo ,, FFiilliippppoo TToommmmaassoo MMaarriinneettttii,, 11991188

L’alcova d’acciaio, romanzo di Marinetti scritto sul finire della Prima Guerra Mondiale,si struttura attorno a elementi caratteristici dell’estetica futurista. In particolare l’au-tore si riferisce a un enorme carro armato, modello “74”, autoblindo Lancia-Ansaldo1ZM, capace di sbaragliare il nemico e contemporaneamente essere perfetto riparo peruna notte d’amore e passione. Di questa invincibile macchina, Umberto Cavenago ripercorre le fattezze, con la pro-pria La 74, enigmatico elemento in acciaio CorTen, in apparenza inaccessibile e com-pletamente defunzionalizzato. La struttura infatti, più che un veicolo bellico, sembraessere una sorta di rifugio, volto più a proteggere che non attaccare. Inoltre, il parti-colare posizionamento pensato per il Castello di Jerago (tra l’altro è inspiegabile comequesta scultura, pesante più di tre tonnellate, sia riuscita a raggiungere, attraversopiccolissime porte, questa terrazza interna), un nascondiglio tra mura e vegetazione,amplifica un altro carattere de La 74. La scultura ci appare così come un relitto, unreperto straniante ed ermetico. È la traccia di un’archeologia del presente che dissestae stupisce, ci interroga sul passare del tempo, sul senso di ciò che resta e l’incomuni-cabilità di ciò che trascorre.

UMBERTO CAVENAGO

La 74, fase di montaggio, Castello Visconteo di Jerago

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UMBERTO CAVENAGO

FTM, il kit di montaggio per La 74 in scala 1:35, ABS, 5,5 x 5,5 x 8,5 cm;Installazione per ROAMING, La Rada Locarno

La 74, 2006, acciaio CorTen, 216x205x300 cm; Foto di A. Zambianchi - Simply.it, Milano

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UMBERTO CAVENAGO

L̓ automitragliatrice 1ZM, 1918; su concessione dell’Archivio Storico della Fondazione Ansaldo, Genova

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AAssppeettttaannddoo GGooddoott ,, SSaammuueell BBeecckkeetttt,, 11995522

Non c’è nulla da fare, solo attendere. Vladimiro ed Estragone aspettano, in undramma senza inizio e senza fine, spezzato a tratti da un umorismo glaciale.Loro due seduti su una panchina, nel mezzo del nulla. A più di cinquant’annidalla sua prima messa in scena, l’opera di Beckett conserva intatto questosguardo perplesso sul mondo e questo senso di vuoto drammaticamente teso.

E: AndiamoceneV: Non si puòE: Perché?V: Aspettiamo Godot.E: Già è vero. Sei sicuro che sia qui?V: Che cosa vorresti insinuare, che ci siamo sbagliati di posto?E: Dovrebbe già essere quiV: Non ha detto che verrà di sicuroE: E se non viene?V: Torneremo domani.

Il Castello di Jerago ha proprio l’aria di essere il luogo dell’attesa infinita.Ermanno Cristini si ispira a questa condizione con un intervento progettato perle diverse panchine presenti nel parco del Castello stesso. L’artista, con mate-riali a lui cari, quali la carta e la lamiera zincata, costruisce delle piccole pan-chine in precisa proporzione rispetto agli spazi cui si riferiscono, lasciandonascere così delle piccole storie, delicati scenari per microaccadimenti casua-li e invisibili.Non solo l’elemento dell’attesa caratterizza l’operazione, infatti anche la com-ponente casuale, il caso, connota fortemente il lavoro; questa emerge attraver-so l’apparente libertà con cui ogni piccola scultura è disposta nello spazio e dalfatto che questi frammenti vengano lasciati e abbandonati sui marmi e suimuri: “magari sarà lasciato un foglio con un piccolo disegno, precariamentetenuto con un vetro”, racconta Cristini, “elementi che stanno lì per un attimodisposti a farsi spostare dal vento, consumare dalla pioggia, per praticarenomadicamente lo spazio lasciandosi trascinare dal tempo”. Senza mai riusci-re a costruire un finale dunque, senza sapere se mai qualcuno riuscirà ad arri-vare.

ERMANNO CRISTINI

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SSuurrppllaaccee,, 1144++44++11 ssuu 1144,, 22000099

“…bastano pochi passi oltre una strada sterrata per trovarsi altrove…”

Qui l’altrove è un anacronismo, nel senso etimologico del termine: (Anà) avanti oindietro nel tempo. Entrare nel Castello è allora consumare un’intempestività, unasfasatura. Nei cortili interni del Castello ci sono delle panchine. La panchina è un rallentando edunque, ancora, una sfasatura temporale.Se il Castello è un “altrove” che è un anacronismo, la panchina è un anacronismo nel-l’anacronismo.Pietro Paladini, il protagonista di CAOS CALMO, fermo sulla sua panchina scopre pocoa poco il lato nascosto degli altri e delle cose. Dentro un’intempestività è tempestivorispetto al proprio presente.

ERMANNO CRISTINI

Surplace 14+4+1 su 14, 2009, work in progress

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Dunque abbandonarsi a una lontananza può essere il modo per essere dentro una vici-nanza temporale.Osserva Agamben: “La contemporaneità è, cioè, una singolare relazione col propriotempo, che aderisce ad esso e, insieme, ne prende le distanze; più precisamente, essaè quella relazione col tempo che aderisce a esso attraverso una sfasatura e un ana-cronismo”.

Ermanno Cristini

ERMANNO CRISTINI

Surplace 14+4+1 su 14, 2009, work in progress

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In termini generali questa mostra parla di diversi rapporti sussistenti tra passato e pre-sente. Ma anche tra staticità e movimento. Ci tengo a questa premessa perché desideroparlare con attenzione dell’installazione di Daniele Giunta. Daniele essenzialmente operain due ambiti tutto sommato ben definiti, da una parte quello della pittura, dall’altro quel-lo della musica. Sono stato io a chiedergli, durante un viaggio che abbiamo fatto insieme in macchina (chepoi..viaggio..eravamo bloccati nel traffico milanese e Daniele era in ritardo perché dovevapartire per Feltre), un intervento site specific, per il Castello, un luogo particolarmente affi-ne all’estetica del suo lavoro che già conoscevo bene.Per molte settimane abbiamo riflettuto su questi elementi di costante ricerca per il nostroartista: l’idea di natura e di paesaggio interiore e la possibilità di legare le esperienze pas-sate a un determinato spazio fisico.Dal nostro dialogo è nata questa forma ibrida, Distanza Abbandono Desiderio Tempo.Un elemento bianchissimo, completamente ricoperto di cenere, una creatura autogenera-tasi che sembra spuntare dal nulla e lentamente ampliarsi e intaccare tutto ciò che staintorno. La metamorfosi di un paesaggio che diventa immagine di un personalissimo sen-timento del tempo.

DANIELE GIUNTA

d1 [psycogenesis], 2009, stilografica su carta, 14x18 cm(courtesy arsprima, Lecco)

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DANIELE GIUNTA

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DANIELE GIUNTA

Distanza Abbandono Desiderio Tempo, 2009, cenere e materiale organico, site specific (particolari)(courtesy arsprima, Lecco)

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MICHELE LOMBARDELLI

Jerago Corner, 2009, cartoncino Black Black, 70x50x70 cm(courtesy AMT | ALBERTO MATTEO TORRI, Milano)

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MICHELE LOMBARDELLI

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…Si perché l’opera di Michele Lombardelli vive di tensioni e contrasti. Sceltesottrattive e minimali, quasi criptiche, caratterizzano le installazioni in cui ele-menti apparentemente in opposizione convivono in continuo equilibrio. Biancoe nero, carta e ceramica, ordine geometrico e casualità si fondono intimamentelasciandoci delle piccole tracce, piccole luci accese che segnano la strada per-corsa dall’artista. Forse un invito a seguirlo … (continua)

MICHELE LOMBARDELLI

Apocalisse, 2009, ink-jet e matita su carta, cartoncino Black Black, 10x13 cm(courtesy AMT | ALBERTO MATTEO TORRI, Milano)

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Giancarlo Norese è sempre in viaggio, in particolar modo in questo periodo. Pensavo che il suo pere-grinare, costante e faticoso, lo rendesse perfetto per partecipare a questo progetto dedicato alladistanza e l’abbandono. Anche perché l’elemento centrale nella ricerca di Norese è proprio il conti-nuo slittamento, sovrapposizione tra pratica artistica e vita quotidiana, attitudine relazionale e solu-zioni momentanee. È per questo motivo che durante la preparazione della mostra (di questa ma inrealtà di qualsiasi altra) in qualche modo riesce sempre a porre interrogativi sul senso e la direzioneche il lavoro sta prendendo. Forse un giorno mi deciderò a invitare Giancarlo a qualsiasi mostra chefaccio.Tornando al nostro progetto, vorrei solo aggiungere che, a un certo momento, vedendo Giancarlosempre sfuggente e di corsa, addirittura ho pensato che avesse deciso di abbandonare la mostra.L’operazione Ditemi cosa devo fare ditemi dove devo andare, nasce dunque così, tra contatti eassenze, ordini e disordini, che caratterizzano così tanto la mostra stessa, da farci decidere di recu-perarli uno a uno.

8/11/2008Workshop Name is a name is a name is a nameGAM GallarateInizio a parlare a Giancarlo dell’idea di fare una mostra in uncastello.

22/11/2008Apartment Art, Solbiate ArnoGiancarlo, Umberto, Luca ed Ermanno partecipano a questa mostrainvitati da Elisa; inizio a elaborare qualche idea attorno al progetto.

27/11/2008Careof, Milano

Andiamo con Francesca e Lorena all’asta per Careof, incontriamo Ferdinando, Umberto, Pierpaolo,Rita… troppa gente con cui chiacchierare… di Jerago neanche un accenno.

31/12/2008Casa di Francesca, Busto ArsizioPer festeggiare capodanno, mangiamo del peperoncino piccantissimo. Io e Giancarlo poi parliamodel progetto. Gli dico del budget per il catalogo e lui mi risponde che con quei soldi potremmo com-prare un sacco di gelati per tutti e questo sarebbe il suo lavoro. Gli dico che l’idea mi piace, ma iovoglio fare un catalogo. Allora ci accordiamo per incontrarci a metà gennaio e parlare del progetto.

21/1/2009TelefonoChiamo Giancarlo, ci sentiamo e decidiamo di andare a visitare ilcastello la settimana dopo.

31/1/2009Castello di JeragoSiamo per la prima volta al castello con Sergio, Luca, Umberto eFrancesca; Giancarlo fa molte foto.

GIANCARLO NORESE

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2/2/2009MailGiancarlo mi invia le foto scattate qualche giorno prima e mi dice che inizia a pensare a qualcosa.

24/2/2009MailChiedo a Giancarlo se ha iniziato a pensarci.

27/2/2009Mail e telefonoGiancarlo, dopo aver saputo che Umberto porterà La 74, decide di documentare tutto il lavoro di tra-sporto e montaggio del pezzo.

9/3/2009Castello di JeragoInizia il montaggio de La 74, di Giancarlo nessuna notizia.

10/3/2009Castello di JeragoContinua il montaggio de La 74, di Giancarlo nessuna notizia.

11/3/2009Castello di JeragoContinua il montaggio de La 74, di Giancarlo nessuna notizia.

12/3/2009FacebookParlo con Giancarlo via chat. Mi dice che ha cambiato idea, non documenterà il montaggio de La 74e lavorerà con altre fotografie.

14/3/2009Kunstbrulè, Studio di Umberto Cavenago, BrugherioParliamo del fatto che il giorno dopo Julia sarà al castello. Giancarlo verrà.

15/3/2009Castello di JeragoA metà pomeriggio arriva Giancarlo e fa alcune foto. Comelavoro decide di disturbare Julia mentre scatta, per fardiventare le sue foto mosse. La segue un po’, poi ha paurache Julia lo picchi e smette. Allora decide di lavorare (infi-ne) al montaggio de La 74. Al castello ci sono tutti gli arti-sti tranne Elisa. Arriva anche l’assessore di Jerago e Danieladi Aleph.

GIANCARLO NORESE

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16/3/2009Mail Giancarlo mi invia le foto scattate. Parliamo di un viaggio chefaremo con Luca ed Ermanno a Berlino.

17/3/ 2009Mail“sì, ci faccio qualcosa con le foto. Qualcosa uscirà. G”

18/3/2009MailChiedo a Giancarlo di mandarmi qualche ipotesi su ciò che allora ha intenzione di fare. Ma non ricevorisposta.

21/3/2009GAM GallarateSono in ufficio per finire alcune cose, c’è anche Giancarlo che deve accompagnare Francesca in aero-porto (parte per la Colombia). Mi dice che dopo passerà al castello per fare il suo intervento, vistoche anche questo week end Julia è là a fotografare. Poi non si presenta.

22/3/2009TelefonoGiancarlo vorrebbe vedere le foto di Julia, per usare quelle foto. Mando a Giancarlo il numero di Juliama lui si dimentica di chiamarla.

24/3/2009TelefonoGiancarlo si scusa, in questo periodo è sempre in viaggio.

26/3/2009TelefonoMichele chiama Giancarlo per chiedergli del lavoro. Ricevute le foto di Julia, Giancarlo fa il suo inter-vento direttamente sugli scatti della fotografa, utilizzando le macchie di polvere e i pelucchi sullestampe b/n (“li clono e formo delle parole”). Giancarlo reinvia il materiale a Michele. Poi dovrebbechiamare Julia ma è sera tardi, allora le manda un sms scrivendo “ti chiamo domani”.

27/3/2009Ufficio di Michele, Castelvetro PiacentinoVedo il lavoro di Giancarlo, sento Julia che è curiosa di vederlo anche lei. Giancarlo non ha chiamatoJulia.

28/3/2009Ufficio di Michele, Castelvetro PiacentinoCerco di chiamare Giancarlo per l’impaginazione del lavoro ma non risponde.

GIANCARLO NORESE

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LL’’uuoommoo ssuullllaa LLuunnaa,, 11996699

Uno dei più discussi e dibattuti “misteri” della nostra contemporaneità riguarda il fantomaticosbarco sulla Luna del 20 luglio 1969. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’uma-nità. Chissà se è avvenuto davvero… se il limite tra sogno, realtà e finzione è stato varcato o soloun po’ confuso. Negli anni Settanta credo sia stato Andy Kaufman il più bravo a raccontare que-sta storia, come una piccola fiaba comica, a cui poi i REM nel 1992 hanno dedicato una canzo-ne e Milos Forman nel 1999 un film, entrambi intitolati Man on the Moon.Mi immagino l’opera di Luca Scarabelli come una nuova rilettura di questo racconto.L’installazione è infatti una sorta di sguardo misterioso sull’universo, uno sguardo di passag-gio e ignoto. Così, attraverso differenti modalità espressive, oggetti, pagine di giornale, strap-pi da vecchi libri di scuola, una costante forma circolare si ripresenta di intervento in interven-to. L’archetipo della ciclicità qui si sovrappone all’immagine di una spirale, che riavvolgendosisu se stessa ci fa perdere qualsiasi riferimento. Come sempre l’opera di Scarabelli nasce da una rielaborazione del quotidiano a noi più prossi-mo. Strappi, vasi di vetro e hula hop si trasformano in criptiche formule alchemiche, segni mini-mi di un racconto complesso e articolato, da ricostruire passo per passo: un prato, una galle-ria, una costellazione, una galassia. E poco importa se l’uomo non è andato per davvero sullaLuna, è abbastanza crederci.

LUCA SCARABELLI

Un po ̓lontano (riposizionamento di un paesaggio), 2009, dimensioni variabili (particolare)

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Una volta sono tornato a vedere il punto di partenza (è la terra vista dallo spazio). LL..SS..

LUCA SCARABELLI

Trascendere lʼorizzonte, 2009, collage, 23,5x29,5 cm

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LUCA SCARABELLI

Un po ̓lontano (riposizionamento di un paesaggio), 2009, dimensioni variabili (particolare)

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Cara ElisaCome va con la progettazione del lavoro?Per telefono mi avevi detto di voler installare dei fili a cui legare piccoli sonagli.Funziona l’idea? Di che colore devo prendere le strisce? Io inizierei a fare qualche prova;a prestoAlessandro

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Caro Alessandro,il nostro lavoro, visivamente, l’ho concepito come un colpo d'occhio, una linea arancione;i campanellini, vanno messi a grappolo in fondo nell'estremità bassa. Penso sia meglio prima fare il grap-polo di sonagli tra loro, al telefono ho detto usando un filo di nylon....ma forse ancora meglio usando unpezzo dello stesso filo arancione....una volta fatto il grappolo, si lega alla sommità bassa della stri-scia...passando sempre nelle asole dei sonagli il filo stesso. La striscia, sarebbe bene distasse da terraalmeno 80 cm....come dire che i campanelli siano a portata di mano circa....e volendo si possono far suo-nare. La posizione della striscia rispetto alla parete del castello, sarebbe ideale, all'inizio del secondoriquadro a rombi dallo spigolo della parete, in prossimità dell'entrata ma non troppo affinché campeggibene sulla parete....; e nel secondo riquadro posizionata sul secondo rombo, in pratica come nella simu-lazione Photoshop, dove si vede la prima linea arancione da destra a più tardigrazie di tuttosalutonielisa

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Ciao Elisa, come mi dicevi questa idea di precarietà è molto bella. Ho trovato una poesia di Montale, è inOssi di seppia, mi sembra perfetta:

ELISA VLADILO

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Debole sistro al vento d'una persa cicala, toccato appena e spento nel torpore ch'esala. Dirama dal profondo in noi la vena segreta: il nostro mondo si regge appena. Se tu l'accenni, all'aria bigia treman corrotte le vestigia che il vuoto non ringhiotte. Il gesto indi s'annulla, tace ogni voce, discende alla sua foce la vita brulla.

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ciao AlessandroLa poesia è bellissima,,, perfetta, credo possiamo anche usarla per il titolo del lavoro.

Poi volevo dirti che sono molto contenta di come si sia sviluppato l'intervento al Castello di Jerago; l'ideainiziale si è trasformata nel corso delle nostre conversazioni per definirsi poi quando ho potuto vedererealmente il castello. Devo dire che rispetto al mio modo solito di lavorare questa versione è più leggerae minimale, quasi una rivelazione.... nel senso che il dover in qualche modo essere meno evidente e piùmimetica con l'ambiente, mi ha fatto trovare una dimensione che utilizzo meno, ma che per me è stata unapiacevole scoperta... direi una liberazione. La leggerezza è certamente una delle qualità che perseguo dasempre, ma la mia leggerezza è spesso frutto di un certo travaglio che leggero non è... in questo caso inve-ce, l'aver in qualche modo condiviso con te lo sviluppo del lavoro, mi ha alleggerito e quasi senza accor-gemene... me se son accorta solo a lavoro installato....trovo anche proprio interessante questo fatto, che ci sia stato questo scambio avvenuto in un gradevolee stimolante rispetto reciproco...almeno per me lo è...il risultato finale direi che corrisponde alla mia idea iniziale.... un leggero soffio di sonagli che echeggiaed evoca vari mondi..... appartenenti all'epoca del castello ma non solo....

per favore inviami un ok di risposta se ricevi questa email;grazie di tuttoelisa

ELISA VLADILO

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ELISA VLADILO

Debole sistro al vento, 2009, seta e metallo, site specific

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finito di stampare nel mese di aprile 2009 presso la nuovalitoeffe snc di castelvetro piacentino, piacenza

edizioniNLF

www.nuovalitoeffe.com

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IL RESTO DEL TEMPOPRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

IL RESTO DEL TEMPO

PRATICHE DI ABBANDONO E LONTANANZA

A CURA DI ALESSANDRO CASTIGLIONI

SERGIO BREVIARIO

UMBERTO CAVENAGO

ERMANNO CRISTINI

DANIELE GIUNTA

JULIA KRAHN

MICHELE LOMBARDELLI

GIANCARLO NORESE

LUCA SCARABELLI

ELISA VLADILO

ILRESTO

DEL

TEMPO

PRATICHE

DI

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