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Il Referendum del 17 Aprile 2016 Domenica 17 aprile si svolgerà il referendum abrogativo previsto dall’articolo 75 della Costituzione sulla durata delle trivellazioni in mare, ovvero per l’abrogazione dell’articolo 6, comma 17, terzo periodo, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) Il quesito sul quale saranno chiamati ad esprimersi gli elettori chiede che, al momento della scadenza delle concessioni, vengano fermati gli impianti di estrazione entro le 12 miglia nautiche, anche in caso di presenza di altro gas o petrolio nei giacimenti.

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Il Referendum del 17 Aprile 2016

Domenica 17 aprile si svolgerà il referendum abrogativo previstodall’articolo 75 della Costituzione sulla durata delle trivellazioni inmare, ovvero per l’abrogazione dell’articolo 6, comma 17, terzoperiodo, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme inmateria ambientale)

Il quesito sul quale saranno chiamati ad esprimersi gli elettori chiedeche, al momento della scadenza delle concessioni, vengano fermati gliimpianti di estrazione entro le 12 miglia nautiche, anche in caso dipresenza di altro gas o petrolio nei giacimenti.

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Il comma 17 del DL 152

Il comma 17 dell’art. 6 del DL 152 prevede il divieto di avviare nuove«attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione diidrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine delle acquenazionali italiane, ma anche che gli impianti che esistono già entroquesta fascia possono continuare la loro attività fino alla data discadenza della concessione. Questa concessione può essere prorogatafino all’esaurimento del giacimento.

(ma nessuna concessione di un bene dello Stato

può essere affidata a un privato senza limiti di tempo).

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Descrizione del Quesito

Il quesito è relativo all'abrogazione della previsione che le attività dicoltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori giàrilasciati in zone di mare entro 12 miglia nautiche (circa 20 km)abbiano durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispettodegli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale.

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Cosa non riguarda

Non riguarda:

a) le trivellazioni oltre le 12 miglia

b) la possibilità di creare nuoviimpianti entro le 12 miglia, giàvietati dall'attuale legge.

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Testo del Quesito

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzoperiodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152,“Norme in materia ambientale”, come sostituito dalcomma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015,n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancioannuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per ladurata di vita utile del giacimento, nel rispetto deglistandard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

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Ragioni del referendum

Il divieto entro le 12 miglia è stato posto per la prima volta dal Dlgs128/2010, a seguito dell’incidente di Deepwater Horizon del 2010 nelGolfo del Messico dall’allora Ministro Prestigiacomo, che aveva esteso lafascia di interdizione da 5 a 12 miglia.

2 anni dopo il provvedimento fu rimosso dall’art. 35 del Decreto Sviluppo(cosiddetto Decreto Passera) nel giugno 2012, attuato solo con lamodifica alla Legge di stabilità 2016 (Legge 152/2006).

Il divieto è quindi tornato nuovamente vigente dal 1 gennaio 2016 atutti gli effetti e solo grazie alla pressione del movimento referendario.

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Strategia energetica nazionale

Il Governo Renzi ha proseguito le iniziative in tema di energia varandodapprima la Strategia energetica nazionale (SEN – Decretointerministeriale dell’8 marzo 2013), intesa quale strumento di indirizzoe programmazione a carattere generale della politica energeticanazionale, e, poi, rendendo strategiche, di pubblica utilità, urgenti eindifferibili tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione diidrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale (DL“Sblocca Italia” n. 133/2014, art. 38), con la finalità esplicita di unavalorizzazione delle risorse energetiche nazionali, e inserendo taliattività effettuate sulla terraferma tra i progetti di competenza statalesottoposti a procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA).

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Breve iter del referendum

Un tentativo di far partire 8 referendum (1 riguardante le trivellazioni inmare) era stato fatto da un movimento senza riuscire a raccogliere le firmepreviste. In seguito altre 2 organizzazioni ambientaliste avevano sottopostoalle Regioni una proposta di referendum popolare, da indire senza raccolta difirme ma avvalendosi del potere d'iniziativa attribuito loro dalla Costituzione.

La Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali approvò all'unanimità lapredisposizione di proposta referendaria e la richiesta d'indizione venneapprovata dai rispettivi Consigli Regionali (8 dei quali a maggioranza politicadi centro-sinistra):

Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia,

Sardegna e Veneto (l’Abruzzo si è successivamente ritirato nel gennaio 2016)

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Gli altri 5 Referendum richiestiIl quesito referendario è l'unico rimasto dei 6 richiesti:

1) abrogazione della dichiarazione di strategicità, indifferibilità e urgenza delle attivitàdi prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi

2) abrogazione della nuova procedura di approvazione del cosiddetto «piano dellearee» di estrazione degli idrocarburi

3) abrogazione della nuova disciplina sulla durata delle attività autorizzate dal nuovo«titolo concessorio unico»

4) abrogazione del potere sostitutivo dello Stato di autorizzare, in caso di rifiuto delleamministrazioni regionali, le infrastrutture e gli insediamenti strategici, inclusi quellinecessari per trasporto, stoccaggio, trasferimento degli idrocarburi in raffineria e altreopere strumentali per lo sfruttamento

5) abrogazione del potere sostitutivo dello Stato di autorizzare, senza concertazionecon le regioni, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi

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Legittimità dei Referendum richiesti

L'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione haha giudicato legittimi tutti i 6 quesiti presentati dai Consigli regionali.

In un secondo momento, lo stesso Ufficio è stato chiamato a riesaminarli,respingendo i primi 5 a causa delle modifiche promosse dal Governo Renzi eintrodotte nel frattempo dal Parlamento con la legge di stabilità finanziaria:

• le attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio nel nostro Paese non sono più strategiche;

• si sono riportate le decisioni per le attività a terra in capo alle Regioni e agli enti locali

• si è reso operativo il divieto al rilascio di nuovi titoli abilitativi entro le 12 miglia nel mare italiano.

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Ricorso rigettato

Alcuni fra i Consigli regionali promotori della consultazione hannosollevato un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato allo scopo difar riammettere 2 dei 5 quesiti non accolti, lamentando il fatto che ilParlamento, modificando parte della normativa sulle trivellazioni periniziativa del Governo, avrebbe legiferato su materie di competenzaregionale.

Il ricorso è stato rigettato dalla Corte costituzionale per un mero viziodi forma: i rappresentanti di 5 Consigli regionali sono stati ritenuti «nonlegittimati» a sollevare il conflitto di attribuzione, in quanto carentidelle delibere consiliari che li autorizzavano a stare in giudizio (solol'assemblea del Veneto aveva approvato tale delibera)

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Zone marineLe acque italiane sono distinte in 8 “zone marine”identificate con lettere dell’alfabeto. La ricercadi idrocarburi liquidi e/o gassosi nel mare italianopuò avvenire solo in determinate «zone marine»individuate dal Parlamento.

Ai fini della salvaguardia delle coste e della tutelaambientale sono state introdotte limitazioni allearee in cui è possibile svolgere attività minerarie(DM 9 agosto 2013), riducendo del 44% lasuperficie totale delle zone marine.

Tuttavia tale divieto si applica solo alle istanzepresentate successivamente all’entrata in vigoredel Decreto Prestigiacomo salvando, di fatto,tutte le richieste già presentate e le concessioniprecedentemente autorizzate.

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Zone marine rimodulate

Dal 2013 sono vietate lenuove trivellazioni nel marTirreno, nelle aree marineprotette e nelle acquecomprese entro le 12 miglianautiche dalla coste; tuttavia,le concessioni autorizzateprima del 2013 possonocontinuare fino adesaurimento delle risorse.

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Aree più ricche di petrolio

Le aree più ricche di idrocarburi in Italia sono:

Per gas e petrolio:l’Alto Adriatico e la Pianura Padana, il Bacino di Pescara, l’Adriaticomeridionale, la Fossa Bradanica in PugliaPer petrolio:l’Appennino meridionale, il Bacino PelagicoPer gas:l’offshore calabro, la Sicilia centrale

In Basilicata si estrae oltre il 70% del petrolio nazionale

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Trivelle operative

Nei mari italiani operano in totale 135piattaforme offshore in processi diestrazione di gas e petrolio (Ministerodello Sviluppo Economico)Quelle comprese entro le 12 miglia dallacosta sono 92 (Emilia Romagna, Veneto,Marche, Molise, Puglia, Calabria eSicilia), per la maggior parte nell'Adriaticoe nello Jonio.Di queste solo 48 sono eroganti, quindi inattività, mentre tra non eroganti, nonoperative e di supporto alla produzione,ci sono 40 strutture.Quelle interessate dal Referendum nonsono quindi la maggior parte.

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Piattaforme interessate

Il referendum riguarda in particolare soltanto 21concessioni: Veneto (1), Emilia-Romagna (2),Marche (1), Puglia (3), Calabria (5), Basilicata (2),Sicilia (7).

La compagnia estrattiva principale è l'Eni, titolaredi 76 impianti su 92 accreditati, le restanticoncessioni sono Shell o di compagnie francesi einglesi.

La concessione dura inizialmente 30 anni, poiprorogabile per due volte, cinque anni ciascuna,in totale 40 anni, più altri cinque possibili.

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Quando scadranno?

Le prime concessioni a scadere sarannoquelle degli impianti più vecchi, costruitinegli anni ’70 (la prima piattaformachiuderebbe tra due anni e le altre tra cinqueo dieci anni), mentre la maggior parte degliimpianti, le strutture più moderne,chiuderebbero tra 10-20 anni (l'ultimarimarrebbe in vita fino al 2034, concessioneEni-Edison davanti a Gela in Sicilia).

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Incidenza della produzione

L’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 migliaè molto bassa (circa l’1% rispetto al fabbisogno nazionale per ilpetrolio e del 3% per il gas). Entro le 12 miglia marine si estraeattualmente meno del 20% del gas e del 10% del petrolio totale.

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Riserve di idrocarburi

Non ha molto senso puntare su questigiacimenti per garantire la nostraindipendenza energetica: l’Unmig(Ufficio minerario per gli idrocarburi ele georisorse del MISE) e Assominerariastimano infatti riserve certe sotto ifondali italiani sufficienti (nel caso sidovesse far leva solo su di esse) asoddisfare il fabbisogno di petrolio persole 7 settimane e quello di gas perappena 6 mesi.

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Qualità del petrolio

La qualità del nostro petrolio è medio/bassa e, pertanto, costa molto raffinarlo e non vale tanto sul mercato, essendo soggetto a procedimenti più complessi, lunghi e costosi di raffinazione e smaltimento delle sostanze nocive.

A distinguere la qualità del petrolio sonoprincipalmente due caratteristiche: la densità e lapercentuale di zolfo.I petroli leggeri e dolci (vale a dire con poco zolfo)sono più pregiati e quindi più costosi di quellipesanti o molto solforosi perché possono esserepiù facilmente lavorati per produrre benzina ediesel e la loro raffinazione è meno sofisticata.

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Cosa succede se vince il SI

L'attuale normativa, modificata dalla legge di Stabilità del 2016,prevede che le concessioni petrolifere si estinguano con la fine delgiacimento: se al referendum del 17 aprile vincesse il SI le concessioniavrebbero invece una fine prestabilita.

Al loro termine, le compagnie petrolifere avrebbero l’obbligo di legge diprovvedere allo smantellamento di piattaforme, pozzi ed infrastruttureconnesse con la loro attività o chiedere un nuovo permessoall'estrazione.

Se vince il Sì si avranno molte più garanzie che ciò avvenga, essendo lecompagnie obbligate al ripristino dei luoghi allo scadere delleconcessioni.

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Cosa succede se vince il NOEssendo il referendum abrogativo, un’eventuale bocciatura lascerebbe lasituazione inalterata: le ricerche e le attività petrolifere attualmente incorso potranno proseguire fino alla scadenza, dopo la quale le compagniepotranno presentare una richiesta di prolungamento, che potrà essereapprovata in base a una valutazione di impatto ambientale.

Attualmente la legge, anche se non consente che entro le 12 migliamarine siano rilasciate nuove concessioni, non impedisce tuttavia chenell’ambito di quelle già rilasciate (ove il programma lo preveda) sianoinstallate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi (come nel caso dellapiattaforma Vega B nel canale di Sicilia: se vincerà il SI il titolo andrà ascadenza nel 2022, se vince il No sarà realizzato un secondo impianto).

Con l’attuale norma sono fatti salvi sine die anche alcuni titoli di ricercache in seguito potrebbero trasformarsi in nuove attività.

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Le ragioni del SI1) Non è possibile escludere l’eventualità che accada un incidente: in unmare chiuso come il Mediterraneo le conseguenze di un disastropetrolifero sarebbero molto gravi e praticamente irreversibili, anche i rischidovuti al trasporto verso le raffinerie.

Nessuno può escludere incidenti, come è successo in Tunisia, nel Mar Caspioe nel Golfo del Messico, con danni ambientali irreversibili (in Italia se neverificò uno nel 1965 a largo di Ravenna con danni limitati perché di gasmetano). Inoltre i mari italiani sono mari “chiusi” e un eventuale incidentenei pozzi petroliferi o durante il trasporto sarebbe fonte di danni smisurati.

Secondo il Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamentidi idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti marini di Ispra, letecniche di rimozione delle sostanze sversate consentirebbero di recuperare,al massimo, il 30% del totale.

Inoltre, secondo un rapporto del Parlamento europeo intorno allepiattaforme avvengono piccoli sversamenti costanti.

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Le ragioni del SI

2) Il pericolo è troppo grande per le coste (con effetti su pesca, fauna,turismo) rispetto alla bassa quantità di petrolio estratto.

Le operazioni di routine provocano un inquinamento di fondo: le piattaformesono attività industriali, con tutti gli impatti e i rischi connessi. Le attività diricerca e di estrazione di idrocarburi possono avere un impatto rilevantesull’ecosistema marino e costiero, rilasciando sostanze chimiche inquinanti epericolose come idrogeno solforato e nitrati, oli, greggio, metalli pesanti oaltre sostanze contaminanti, con gravi conseguenze sull’ambiente circostante(i mitili presenti sulle piattaforme sono tutti impregnati di metalli pesanti).

Due terzi delle piattaforme ha sedimenti con un inquinamento oltre i limitifissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa.

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3) Preoccupa anche l’inquinamento prodotto in normali condizionid'utilizzo su pesca e vita marina dai prodotti chimici usati.

L’industria dei combustibili fossili a sua volta fa uso ditantissimi prodotti chimici più o meno tossici, dall’estrazione fino allacombustione.

Ad esempio il benzene, usato come solvente per la loro estrazione elavorazione è un noto cancerogeno. Ma anche la formaldeide, che siusa quando si frattura con acqua a pressione e sostanze chimiche laroccia e l'argilla nel sottosuolo per liberare il gas metano intrappolatonei pozzi.

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4) Sono stati diffusi pochi dati sull'inquinamento nelle aree di estrazione.

L'organizzazione Greenpeace ha pubblicato un report, basato su datidell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), cheafferma come i fondali marini al di sotto delle piattaforme stianosuperando i limiti di inquinamento nel 79% dei casi, con tassi di inquinantinelle cozze più alti del 30% rispetto ad altre aree marine.

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5) Per ricercare i depositi sottomarini di idrocarburi si utilizza la tecnica dell’airgun (arma ad aria compressa) per l’ispezione dei fondali marini

air-gun è una delle tecnologie di prospezione geofisica più diffuse. Utilizza unsistema di tubi per espellere verso il fondale marino un getto di aria compressa ognidieci secondi, per 24 ore al giorno, per diversi giorni.

Le bolle d'aria implodendo generano impulsi sonori ad alta intensità e bassissimafrequenza che, propagandosi attraverso l'acqua, arrivano a colpire il fondalemarino.

Le onde sonore, riflesse e poi rilevate da un sistema di ricezione, permettono diricostruire un’immagine della struttura del fondale, svelando anche la presenza disacche di gas naturale e petrolio.

Il rumore che produce tale metodo è pari a 100.000 volte quello del motore di unjet ed è dannosissimo per la fauna marina, potendo provocare lesioni permanentiletali.

Le perforazioni possono danneggiare inoltre i fondali, in particolare quelli corallini.

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Le ragioni del SI

Da tempo l'utilizzo di questa tecnica è al centro di controversie per i possibili danniche è in grado di arrecare alla fauna marina, in particolare a quei mammiferi,come i cetacei, che sfruttano i suoni a bassa frequenza per la comunicazione,l'orientamento e l'individuazione delle prede.

Ispra elenca i potenziali effetti negativi che le onde sonore potrebbero provocare adiverse specie, da quelli fisiologici (danni al sistema uditivo e altre strutture etessuti corporei) a quelli comportamentali (fenomeni di spiaggiamento dei cetacei),oltre a indebolirne il sistema immunitario.

Secondo l’Istituto norvegese di ricerca marina, inoltre, la quantità di pescatointorno alla sorgente sonora dell’air gun può diminuire fino al 50 per cento.

Il tema è stato al centro del dibattito parlamentare durante l’iter di approvazionedella legge n.68/2015 che inserisce i reati ambientali nel codice penale e irappresentanti di tutti i gruppi parlamentari si sono schierati contro.

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Le ragioni del SI

6) Rischio di subsidenza, l’abbassamento della crosta terrestre dovuto alleestrazioni ed alle trivellazioni, e della conseguente sismicità.Studi commissionati dagli stessi petrolieri confermano che la maggior partedella subsidenza è causata dalle estrazioni metanifere sotto costa che, se nonè l’unico, resta il principale fenomeno antropico causa della perdita divolume del sedimento nel sottosuolo. Esso genera poi un abbassamentodella superficie topografica, un fenomeno irreversibile che sipuò solo rallentare.La subsidenza aumenta l’impatto delle mareggiate e delle piene fluviali,favorendo l’erosione costiera, con perdita di spiaggia ed effetto negativo sulturismo.Una conferma arriva dal Comune di Ravenna che ha chiesto all’Eni di fermareprima del tempo l’attività di una piattaforma molto vicina alla costa proprio acausa dell’elevata subsidenza riscontrata nella zona.Anche la Commissione internazionale incaricata dalla regione Emilia-Romagna di spiegare la causa dei terremoti che la hanno colpito nel maggio2012 è giunta alle conclusione che potrebbero essere stati causatidall’estrazione petrolifera in zona (pubbl. su SCIENCE).

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Le ragioni del SI

7) Per poter estrarre le compagnie petrolifere devono pagare delle royalties; pertrivellare nei mari italiani si pagano i diritti più bassi del mondo.

Il settore degli idrocarburi riceve sussidi diretti e indiretti dallo Stato e gode di privilegi(esenzioni, agevolazioni fiscali, canoni irrisori, royalties molto vantaggiose) non dati adaltri comparti industriali, tanto vantaggiosi da attirare compagnie straniere.

Sono esenti dal pagamento di aliquote per l’estrazione, per ogni concessione, le prime20 mila tonnellate di petrolio estratte in terraferma e le prime 50 mila tonnellateestratte in mare, così come per i primi 25 milioni di Smc di gas estratti in terra e i primi80 milioni estratti in mare. Sono invece gratis le produzioni in regime di permesso diricerca. Irrisorie royalties sono inoltre previste per trivellare entro le 12 miglia, pari al10% per il gas ed al 7% per il petrolio.

Nelle casse pubbliche sono stati versati complessivamente poco più di 350 milioni dieuro, distribuiti tra i pozzi di mare e quelli di terra (Mise, 2015). Delle piattaformeentro le 12 miglia attualmente versano royalties solo 5 per il gas e 4 per il petrolio (38milioni), le altre avendo estratto quantitativi inferiori alla franchigia prevista nonversano nulla.

A questo si aggiungono le detrazioni fiscali che le compagnie hanno sulle royaltiesversate alle Regioni.

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Le ragioni del SI

Al contrario, in questi anni, nulla è stato fatto per promuovere le fonti rinnovabiliche sono state ostacolate nel loro sviluppo, portando alla perdita di migliaia diposti di lavoro nell’ultimo anno (basti pensare che tra il 2011 e 2014 le installazionidi solare fotovoltaico e eolico sono passate da più di 10 GW a meno di 1 MW).

In particolare per il solare fotovoltaico le barriere sono cominciate nel 2013(Governo Letta, che ha cancellato gli incentivi in conto energia, in Germania ancorain vigore togliendoli anche per le famiglie e per la sostituzione dei tetti in amianto)

Per le altre fonti rinnovabili i tagli sono cominciati nel 2012 (Governo Monti) e daallora non vi è stato un solo provvedimento da parte dei vari Governi che ne abbiaaiutato lo sviluppo.

Il Governo Renzi addirittura ha prodotto il decreto “Spalma incentivi” intervenendoin maniera retroattiva sugli incentivi, con nuove tasse per l’autoproduzione da fontirinnovabili, regole penalizzanti per gli oneri di dispacciamento giustificate con lanon programmabilità delle energie pulite.

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Le ragioni del SI

8) Continuare a trivellare i fondali del Mediterraneo non servirà a risolvere ladipendenza energetica da altri Paesi.

Le riserve di petrolio presenti nei mari italiani coprirebbero al massimo 7 o 8 settimanedei consumi nazionali, mentre con il gas si riuscirebbe a tirare avanti per 6 mesi

9) Petrolio e gas sono in tutto il mondo la più grande fonte di corruzione politica.Perché un Paese corrotto come l’Italia dovrebbe essere indenne dalla corruzioneendemica che in tutto il mondo percola dai combustibili fossili? Perché un Paeseconsiderato dai petrolieri l’Eldorado fiscale del pianeta per le scandalose condizioni difavore di cui godono le concessioni per l’estrazione di idrocarburi sarebbe immune?

Il petrolio è il passato, un passato fatto di corruzione, guerre e inquinamento.

10) Non occorre puntare sul petrolio, ma sulla bellezza delle coste, fondamentalianche per la nostra storia e la nostra cultura e sulle fonti rinnovabili.

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Le ragioni del NO1) Il progressivo abbandono delle concessioni causerebbe un’emorragia di posti di lavoro.

Il lavoro estrattivo è altamente automatizzato e sono poche le persone chelavorano sulle piattaforme. Le stime ufficiali riguardanti l’intero settore diestrazione di petrolio e gas in Italia (Isfol, Ente pubblico di ricerca sui temi dellaformazione, delle politiche sociali e del lavoro) parlano di 9 mila impiegati intutta Italia tra attività a terra e a mare, dentro e fuori le dodici miglia (5 mila postidi lavoro sarebbero a rischio con il referendum) e di un settore in crisi da tempo.

Al contrario, i settori delle rinnovabili e dell’efficienza sono in forte crescita e connorme e politiche adeguate potrebbero generare almeno 600 mila posti di lavoro,mentre al contrario, nel 2015 se ne sono persi circa 4 mila nel solo settoredell’eolico e 10 mila in tutto il settore.

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Le ragioni del NO

2) Ci sarà un incremento del trasporto di petrolio su navi dall’estero

Il totale del petrolio oggi estratto da queste piattaforme corrisponde al carico disolo tre navi petroliere in un anno. In ogni caso oggi viene comunque caricato sullepetroliere per essere trasportato agli impianti di raffinazione e trattamento.

3) Le trivellazioni coprono parte del fabbisogno nazionale. Bisognerà poiimportare petrolio

Dopo il rilascio della concessione gli idrocarburi diventano proprietà di chi li estrae.Dunque possono essere portati via e venduti altrove.

4) C'è un controllo costante di Ispra, dell'Istituto Nazionale di geofisica, di quello di geologia e di quello di oceanografia, delle Capitanerie di porto, delle Usl e delle Asl nonché quello dell'Istituto superiore di Sanità e dei Ministeri competenti.

Non sono mai stati segnalati incidenti o pericoli di un qualche rilievo. I rapportievidenziano come il gas non danneggi l'ambiente e le piattaforme siano aree diripopolamento ittico.

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Le ragioni del NO

5) Se l’Italia non trivella, trivellerà qualcun altro, ad es. la Croazia

In Adriatico l’Italia è l’unico paese ad avere decine di concessioni epiattaforme in mare anche a ridosso della costa.

La Croazia, l’altro Paese ad avere piattaforme nel mar Adriatico, ne ha solo 19per l’estrazione di gas al centro dell’Adriatico, a ridosso del confine delleacque di sua competenza.

Ma il Governo croato ha di recente firmato una moratoria contro le nuovetrivellazioni, e due compagnie petrolifere hanno rinunciato a proseguire leattività di ricerca di giacimenti in 7 delle 10 aree in concessione. Una terza hafatto dietrofront rispetto a un permesso di ricerca a largo delle isole Tremiti ela Shell per le sue attività nello Ionio: sono quindi le stesse compagniepetrolifere a non ritenere conveniente puntare su nuove attività estrattivenel mare italiano.