IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE · 2019-01-23 · È stato precisato, a seguito dell’incorporazione...

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IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE TRIBUTARIA

Sommario Premessa ........................................................................................................................................................... 3

Natura giuridica e caratteristiche del reclamo e della mediazione ............................................................. 4

Ambito di operatività ....................................................................................................................................... 5

La tipologia dell’atto impugnato ................................................................................................................... 5

Focus: il caso del diniego espresso o tacito dei rimborsi d’imposta ............................................................. 7

La parte resistente nell’eventuale giudizio .................................................................................................... 8

Il valore della controversia ............................................................................................................................ 8

L’entrata in vigore .......................................................................................................................................... 11

Focus: accertamenti sulle perdite fiscali ...................................................................................................... 11

Rilevanza ai fini contributivi ......................................................................................................................... 14

Effetti penali della procedura di mediazione ............................................................................................... 14

Litisconsorzio necessario nelle società di persone ..................................................................................... 14

Obbligati solidali ............................................................................................................................................ 16

La procedura di mediazione .......................................................................................................................... 16

Chi presenta l’istanza ..................................................................................................................................... 17

La notifica dell’istanza di reclamo ................................................................................................................ 18

Domanda di sospensione amministrativa della riscossione ...................................................................... 19

Tutela cautelare ............................................................................................................................................. 20

Mancata presentazione dell’istanza ............................................................................................................. 21

Gli effetti della presentazione dell’istanza di reclamo ................................................................................ 23

La trattazione dell’istanza ............................................................................................................................. 23

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Accoglimento dell’istanza .............................................................................................................................. 24

L’accoglimento parziale dell’istanza di reclamo .......................................................................................... 25

Il diniego all’istanza di reclamo .................................................................................................................... 26

La mediazione ................................................................................................................................................ 26

L’incertezza delle questioni controverse ..................................................................................................... 27

La sostenibilità della pretesa ....................................................................................................................... 27

L’economicità dell’azione amministrativa ................................................................................................... 27

L’accordo di mediazione ................................................................................................................................ 28

L’applicabilità delle norme sulla conciliazione giudiziale .......................................................................... 28

La limitazione della responsabilità dei funzionari tributari ....................................................................... 30

La cd. mediazione “a zero” ............................................................................................................................ 31

L’instaurazione del giudizio .......................................................................................................................... 34

Il regime delle spese processuali .................................................................................................................. 35

Reclamo e mediazione: primi risultati ......................................................................................................... 36

Il reclamo e gli strumenti deflativi ................................................................................................................ 37

Il reclamo e l’accertamento con adesione: istituti a confronto .................................................................. 39

Il rapporto tra il reclamo e l’accertamento esecutivo ................................................................................. 40

Il reclamo e la cartella di pagamento ........................................................................................................... 42

I dubbi sulla costituzionalità del reclamo .................................................................................................... 45

Conclusioni ..................................................................................................................................................... 47

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Premessa

L’art. 39, comma 9, del D.L. 6/7/2011, n. 98, convertito nella L. n. 111 del 15/7/2011, con

riferimento a determinate liti, ha inserito nel D.Lgs. n. 546 del 31/12/1992, l’articolo 17-bis,

rubricato “Il reclamo e la mediazione”.

Tale disposizione, in linea con l’evoluzione normativa in ambito civilistico e commerciale, introduce

una fase amministrativa che precede il processo tributario vero e proprio prevedendo due nuovi

istituti giuridici: il reclamo e la mediazione. Tali istituti sono tra loro autonomi, anche se

diffusamente sono impropriamente denominati con l’unica accezione di “mediazione tributaria”Si tratta di strumenti riconducibili tra quelli deflattivi del contenzioso per la definizione delle

controversie di modesto importo, con il quale si prevede la presentazione obbligatoria di un’istanza

che anticipa il contenuto del ricorso. L’istanza di reclamo è

.

obbligatoria, costituisce condizione di

procedibilità del ricorso giurisdizionale e contiene la richiesta di annullamento totale o parziale

dell’atto, sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che il contribuente intende portare

all’attenzione della Commissione Tributaria Provinciale nella eventuale fase giurisdizionale. Il

contribuente, in via facoltativaLa finalità, come si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione,

è quella di “offrire un rimedio amministrativo per deflazionare il contenzioso relativo ad atti di valore non elevato, emessi dall’Agenzia delle Entrate”, allo scopo di evitare lunghe e

dispendiose procedure giudiziarie, che potrebbero compromettere la funzionalità del servizio.

, può inserire nell’istanza anche una proposta di mediazione.

L’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti sul nuovo istituto giuridico con le circolari:

- n. 9/E del 19/3/2012;

- n. 22/E dell’11/6/2012;

- n. 25/E del 19/6/2012;

- n. 33/E del 2/8/2012.

È importante segnalare, altresì, la risoluzione n. 37 del 19/4/2012, che ha istituito i relativi codici

tributo.

Dal 1° dicembre 2012, per effetto delle disposizioni dell’art. 23-quater del D.L. n. 95 del 6 luglio

2012, convertito nella L. n. 135 del 7 agosto 2012, l’Agenzia del Territorio è stata incorporata

nell’Agenzia delle Entrate. A riguardo si segnala la circolare n. 49/T del 28 dicembre 2012, che

ha fornito chiarimenti circa la possibilità di estendere la mediazione tributaria anche agli atti emessi

dagli Uffici provinciali del Territorio.

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Natura giuridica e caratteristiche del reclamo e della mediazione

Dai primi commenti emerge come il reclamo abbia i connotati di un’istanza di autotutela obbligatoria, preventiva al ricorso

La nuova procedura, infatti, si configura nell’immediato quale rimedio amministrativo e

successivamente quale presupposto giudiziale con la finalità di far coincidere, in una logica

deflattiva del contenzioso, le necessità del sistema tributario con i diritti dei contribuenti. Sino al

momento in cui non scattano i termini per la costituzione in giudizio, si potrebbe affermare che il

reclamo sia riconducibile all’area amministrativa e che di conseguenza il contenzioso non sia

ancora pendente.

con carattere strumentale con i propositi funzionali della

giustizia tributaria.

Altri autori hanno evidenziato la natura procedimentale di carattere amministrativo di “secondo

grado” del reclamo, in quanto viene avviato alla conclusione di un precedente procedimento

amministrativo (quello che si è concluso con l’emanazione dell’atto ritenuto viziato). In tal ambito, è

stato sottolineato, la mediazione tributaria è definita all’interno delle funzioni tipiche della Pubblica

Amministrazione, pur non costituendo un ricorso gerarchico vero e proprio, senza alcun

pronunciamento da parte di un organo giurisdizionale (Giustizia Amministrativa o Giustizia

Ordinaria).

Uno degli aspetti di maggior rilievo del reclamo è che esso va presentato alla Direzione provinciale

o alla Direzione regionale, che lo affida alle strutture deputate alla gestione del contenzioso per un

esame operato in piena autonomia rispetto alle diverse strutture che hanno curato l’istruttoria degli

atti reclamabili. Tale struttura autonoma farà capo direttamente al direttore provinciale o al direttore

regionale.

Il reclamo appare, così, uno strumento atipico, un rimedio amministrativo paraprocessuale

Di tutt’altro tenore la tesi di altri autori, che sostengono la

,

che attraverso la valutazione, per il tramite di un Ufficio “terzo” collocato all’interno della stessa

amministrazione, del “grado di sostenibilità della pretesa, dell’incertezza della questione

controversa e del principio di economicità dell’azione amministrativa”, consentirebbe, in via

stragiudiziale, la definizione della lite.

natura processuale

Per quanto riguarda, invece, la mediazione, considerato che la disposizione in esame sancisce

per le controversie interessate dal nuovo istituto l’esclusione della conciliazione giudiziale (art. 17

bis, comma 1), verrebbe da pensare che essa sia stata introdotta come alternativa alla stessa e

e non

amministrativa del reclamo, sottolineando il fatto che il reclamo debba essere steso nelle forme del

ricorso, che occorra osservare il termine per l’impugnazione nonché conferire al difensore la

procura alle liti. Inoltre, viene osservato, in caso di esito negativo della mediazione, il reclamo

“produce gli effetti” del ricorso, lasciando intendere così che era tale sin dal momento della notifica,

nonostante il contenzioso fosse “quiescente” nelle more del procedimento di mediazione.

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dunque abbia la medesima natura, ovvero che si tratti non di una definizione transattiva ma di una

congiunta attività di accertamento dell’ente impositore e del contribuente, che consente di

individuare la natura e l’entità del rapporto tributario controverso. Così non è, perché tale

conclusione è smentita dal comma 8 dell’art. 17 bis, secondo cui l’Agenzia delle Entrate formula,

anche d’Ufficio, una proposta di mediazione (laddove non accolga il reclamo) “avuto riguardo

all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al

principio di economicità dell’azione amministrativa”. Le ragioni che, alla stregua del precetto

succitato, devono sorreggere tale proposta rilevano il carattere transattivo del nuovo istituto. In sostanza, la mediazione non sarebbe altro che una conciliazione stragiudiziale facoltativa avente connotati transattivi

Ambito di operatività

.

L’art. 17-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992 sancisce che “Per le controversie di valore non

superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, chi intende proporre

ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizione seguenti …”.

Il legislatore ha individuato specifici criteri per delimitare l’ambito di applicazione della mediazione.

In particolare, i criteri individuati dalla norma attengono:

- alla tipologia dell’atto impugnato: il riferimento è l’art. 19 del D.Lgs. 546/1992;

- alla parte resistente nell’eventuale giudizio, vale a dire l’Agenzia delle Entrate;

- al valore della controversia: liti non superiori ai 20.000 euro (imposta al netto di sanzioni

e interessi.

I requisiti devono coesistere contestualmente

La tipologia dell’atto impugnato

e chi intende proporre ricorso deve esperire

preventivamente e obbligatoriamente la procedura di mediazione.

Dal combinato disposto del comma 1 e del comma 6, dell’art. 17-bis, del D. Lgs. 546/1992 è

possibile individuare gli atti suscettibili di reclamo. Si tratta delle controversie elencate all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, in particolare:

- l’avviso di accertamento e di rettifica;

- gli avvisi di maggior valore e di liquidazione delle imposte d’atto;

- il provvedimento che irroga le sanzioni amministrative;

- gli atti di recupero dei crediti d’imposta;

- gli atti di diniego/revoca di agevolazioni con cui viene contestata una maggiore imposta;

- il ruolo;

- gli atti ex art. 36 del D.P.R. 602/1973 notificati a soci, amministratori e liquidatori di società;

- il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi;

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- ogni atto emanato dall’Agenzia delle Entrate autonomamente impugnabile.

Il riferimento oggettivo agli atti dell’Agenzia consente di affermare che si debba prescindere dalla

tipologia di imposta contestata. Quindi, a titolo esemplificativo, rientrano nel nuovo procedimento

gli atti relativi a imposte sui redditi e sostitutive; addizionali regionali e comunali; IRAP; IVA;

imposte d’atto (registro, successioni, donazioni, ipotecarie e catastali); imposta di bollo; imposta

sulle assicurazioni.

Dal 1° dicembre 2012 sono reclamabili gli atti degli Uffici Provinciali del Territorio (ora Agenzia

delle Entrate) quali gli avvisi di accertamento e liquidazione del tributo, i provvedimenti che

irrogano sanzioni, i ruoli, il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e

interessi o altri accessori non dovuti.

Restano di conseguenza esclusi gli atti emessi da ogni altro ente impositore, quindi, a titolo

esemplificativo, da:

- altre Agenzie fiscali (es. dogane);

- enti locali (es. comune e province);

- Camere di commercio;

- Consorzi di bonifica.

Non rientrano nell’alveo del reclamo, in quanto atti propri dell’Agente della Riscossione, i

seguenti provvedimenti:

- la cartella di pagamento, nella misura in cui si eccepiscono vizi imputabili solamente

all’Agente della Riscossione;

- le intimazioni ad adempiere ex art. 50 del D.P.R. 602/1973;

- i fermi di beni mobili registrati;

- le ipoteche esattoriali.

Le controversie di valore indeterminabile non rientrano nell’ambito del reclamo. La norma in

oggetto, infatti richiede espressamente che la lite sia contraddistinta da un valore.

È possibile annoverare tra i provvedimenti con valore indeterminabile:

- l’atto di revoca delle partite IVA inattive;

- il provvedimento di diniego di iscrizione all’Anagrafe delle Onlus;

- le risposte fornite a seguito di un interpello;

- i dinieghi di agevolazione senza contestazione di una maggiore imposta.

È stato precisato, a seguito dell’incorporazione dell’Agenzia del Territorio in quella delle Entrate,

che gli atti relativi alle operazioni catastali sono esclusi in quanto di valore indeterminabile.

Le controversie sugli atti di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato

comune sono escluse dalla procedura di reclamo. Si precisa che tali atti sono esclusi a

prescindere dal loro valore.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 33/E del 3/8/2012 ha avuto modo di precisare i

seguenti aspetti.

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1. I provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, applicabili agli intermediari (articoli 7-bis

e 39 del D. Lgs. 241/1997) per le violazioni relative alla trasmissione delle dichiarazioni

rientrano tra gli atti per i quali opera la mediazione tributaria. Tali sanzioni, infatti, sono

qualificate di natura amministrativo-tributaria e conseguentemente sono attratte nell’alveo

di applicazione della mediazione tributaria.

2. Le controversie relative alla sanzione con cui viene disposta la sospensione della licenza

o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività (art. 12, comma 2, D.lgs. 471/1997) devono

ritenersi escluse dalla mediazione tributaria, in quanto sono considerate di valore

indeterminabile.

3. È stato precisato che rientrano nella mediazione obbligatoria anche le impugnazioni dei

ruoli derivanti dalla mancata definizione delle comunicazioni di irregolarità (cosiddetti

avvisi bonari ex art. 36 bis del D.P.R. 600/1973). In tal caso l’accordo di mediazione deve

prevedere il versamento, contestualmente, del tributo omesso unitamente alla sanzione del

12% dell’imposta non versata (40% del 30%).

4. Ai provvedimenti che comminano solo sanzioni si ritiene applicabile l’istituto della

mediazione se di importo inferiore alla soglia indicata. Per tali provvedimenti è possibile,

per il contribuente che si convince dell’opportunità di accettare la sanzione irrogata

dall’Ufficio, beneficiare della riduzione della sanzione al 40%. La riduzione della sanzione

non è strettamente legata al tributo oggetto di conciliazione – spiega la circolare – ed è

coerente con il sistema di definizione degli atti impositivi complessivamente delineato dal

legislatore.

Focus: il caso del diniego espresso o tacito dei rimborsi d’imposta È controversa la possibilità di presentare il reclamo anche per quanto concerne il rifiuto espresso o tacito ai rimborsi d’imposta.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in termini positivi, fondando la propria tesi sul

fatto che sia il diniego espresso che il rifiuto tacito costituiscono provvedimenti formali impugnabili

dinanzi al giudice tributario (ex art. 19, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 546/1992).

Parte della dottrina tributaria contesta la posizione assunta dall’Agenzia traendo spunto dall’art. 17-

bis, comma 7, del D.Lgs. 546/1992 secondo cui il reclamo “può contenere una motivata proposta

di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa”. Da una lettura

attenta, è possibile osservare che l’istituto del reclamo sia stato pensato solo per i provvedimenti

attraverso i quali l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori imposte o irroga sanzioni, perché solo

con riferimento a tali atti è possibile parlare di “pretesa tributaria” e, quindi, ipotizzarne una

“rideterminazione” in un’eventuale proposta di mediazione. Altro punto a favore per i sostenitori della non obbligatorietà del preventivo reclamo riguarda la

natura non provvedimentale del “silenzio-rifiuto” opposto ad un’istanza di rimborso. Il silenzio

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rifiuto, infatti, sembra costituire un semplice presupposto processuale a cui subordinare l’azione

giurisdizionale del contribuente una volta decorsi i 90 giorni. La circostanza che il silenzio rifiuto non abbia natura di provvedimento trova conferma nel fatto che

manchi un termine di decadenza entro cui proporre la relativa impugnazione, termine previsto,

invece, per tutti gli atti impositivi. All’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, infatti, è previsto che il ricorso

avverso il rifiuto tacito di rimborso sia proposto nel termine prescrizionale decennale di cui all’art.

2946 c.c.

Altro aspetto di non poco conto è rappresentato dalle difficoltà a cui il contribuente potrebbe

andare incontro nel predisporre l’istanza di mediazione da inserire nell’atto di reclamo avverso un

rifiuto tacito alla restituzione di imposte, per via del fatto che il contribuente, in assenza di un

provvedimento esplicito, non conosce le motivazioni a fondamento del diniego del rimborso, con

l’evidente difficoltà di argomentare in punto di diritto e di fatto la proposta di mediazione.

La parte resistente nell’eventuale giudizio L’art. 17-bis comma. 5 del D.Lgs. 546/92 sancisce che il reclamo deve essere proposto nei

confronti della Direzione provinciale o della Direzione regionale delle Entrate che ha emanato

l’atto o non ha disposto il rimborso richiesto. È la logica conseguenza del fatto che gli istituti in

questione si applicano esclusivamente alle controversie relative agli atti emessi dall’Agenzia delle

Entrate.

Per gli atti emessi dal Centro Operativo di Pescara, l’istanza di reclamo va presentata al citato

Centro solo se si tratta di materie che rientrano nella propria competenza. Negli altri casi il reclamo

va presentato all’Agenzia delle Entrate (cfr. circ. 9/E, § 2.8)

Il valore della controversia Il reclamo e la mediazione si applicano alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro.

Per la determinazione del valore occorre avere riguardo al solo importo dei tributi senza

considerare l’ammontare delle sanzioni e degli interessi. È quanto dispone il comma 5 dell’articolo

12 richiamato dall’art. 17 bis, comma 3, D.Lgs. 546/1992. Si evidenzia infatti che “Per valore della

lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con

l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il

valore è costituito dalla somma di queste.”

Le ipotesi che possono verificarsi, stando a quanto riportato anche nella circolare ministeriale sono

le seguenti:

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Fattispecie Valore della lite

L’atto impugnato si riferisce a

più tributi (es.: Irpef e Irap ovvero

imposta di registro, ipotecaria

e catastale)

Il valore deve essere calcolato con riferimento al totale delle

imposte che hanno formato oggetto di contestazione da

parte del contribuente.

Nel caso di impugnazione cumulativa avverso una

pluralità di atti

Il valore della lite deve essere calcolato con riferimento a

ciascun atto impugnato.

Accertamenti contenenti solo

sanzioni

In caso di controversie relative esclusivamente alle

irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di

queste.

Controversie aventi ad

oggetto il

rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi

Il valore corrisponde all’importo del tributo chiesto a

rimborso, al netto degli accessori. Se l’istanza di rimborso

riguarda più periodi di imposta si deve fare riferimento

all’importo del tributo per ogni singolo periodo di imposta.

(Ad esempio: se per uno solo dei periodi l’importo non

supera i 20.000 euro, per quest’ultimo si deve presentare

l’istanza di mediazione).

Accertamento limitato alla rettifica di perdite

(riduzione o azzeramento

della perdita)

(v. Circolare n. 9/E/2012

(pagg. 20 – 22)

A) Senza accertamento di un reddito: il valore

corrisponde alla sola imposta “virtuale”, che si ottiene

applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta

oggetto di accertamento all’importo risultante dalla

differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o riportabile e

quella accertata (Circ. 18.12.1996 n. 291/E).

B) Qualora, a seguito della rettifica della perdita,

l’avviso di accertamento rechi anche un imponibile ovvero

un’imposta dovuta, il valore è, invece, dato dall’importo

risultante dalla somma dell’imposta “virtuale”, come

prima calcolata, e dell’imposta commisurata al reddito

accertato.

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Accertamenti conseguenti al

diniego o revoca di agevolazioni

Se il provvedimento ha per oggetto esclusivamente il

diniego o la revoca di agevolazioni, la lite è di valore

indeterminabile e quindi non soggetta a mediazione Se

invece a seguito del provvedimento di diniego o revoca di

agevolazioni sia contestualmente richiesta una imposta o

una maggiore imposta di valore non superiore a 20.000 euro

(e le relative sanzioni irrogate), deve essere esperita la fase

della mediazione. Il valore della lite corrisponde all’importo

del tributo o maggiore tributo accertato, al netto degli

interessi e sanzioni.

Acquiescenza

parziale

In caso di acquiescenza parziale di un atto, il valore della

controversia è commisurato alla porzione di provvedimento

impugnato.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 33/E del 3/8/2012 ha avuto modo di precisare i

seguenti casi particolari.

- Il primo caso considera un provvedimento in autotutela parziale che riduce la pretesa

tributaria di un atto, di valore iniziale superiore a 20.000 euro, al di sotto della soglia

indicata nell’istituto del reclamo. Sussistendo i termini per la proposizione del ricorso,

precisa la circolare, il contribuente è tenuto a presentare l’istanza di mediazione.

- L’altro caso considera un provvedimento in autotutela parziale che riduce la pretesa

tributaria di un atto, di valore iniziale superiore a 20.000 euro, al di sotto della soglia

predetta. Il provvedimento però arriva dopo che il contribuente ha notificato il ricorso alla

parte ma non ha ancora effettuato il deposito presso la segreteria della Commissione

Tributaria. L’Agenzia delle Entrate ritiene quell’atto non reclamabile in quanto al momento

dell’impugnazione era di valore superiore alla soglia consentita.

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L’entrata in vigore

I nuovi istituti, ai sensi del comma 11 dell’art. 39 del D.L. n. 98/2011, trovano applicazione con

riferimento “agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012”.

Pertanto, l’elemento dirimente è la data di notifica, momento che, tuttavia, non è il medesimo per

chi notifica (Agenzia delle Entrate) e per chi riceve la notifica (contribuente).

Infatti, per costante giurisprudenza, la notifica si perfeziona:

- per il notificante, al momento di consegna dell’atto all’Agente notificatore o nel momento

della spedizione nelle notifiche a mezzo posta;

- per il notificatario, al momento della ricezione.

Per atti notificati dal 1° aprile 2012, l’Agenzia delle Entrate, conformemente alle indicazioni della

Corte Costituzionale (sentenza n. 28 del 23 gennaio 2001), ha precisato che si intendono gli atti ricevuti dal contribuente a decorrere da tale data

Focus: accertamenti sulle perdite fiscali

.

In ipotesi di avviso di accertamento che si limiti ad azzerare la perdita dichiarata, il valore della lite

è determinato sulla base della sola imposta virtuale, che si ottiene applicando le aliquote vigenti

per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita

dichiarata, utilizzata e/o riportabile e quella accertata.

Se a seguito della rettifica della perdita, l’avviso di accertamento rechi anche un imponibile o,

comunque, un’imposta dovuta, il valore è, invece, dato dall’importo risultante dall’imposta virtuale,

come prima determinata, e dall’imposta commisurata al reddito accertato.

In caso di accertamento che rettifica in aumento l’imposta dovuta da persona fisica che aveva

utilizzato una perdita d’impresa per ridurre altri redditi, il valore della lite è dato dalla maggiore

imposta accertata e dalla imposta virtuale relativa alla eventuale parte di perdita riportabile.

Per una più puntuale comprensione si riportano gli esempi illustrati nella circolare n. 9/E

dell’Agenzia delle Entrate (§ 1.3.1)

Esempio n. 1 Avviso di accertamento con riduzione della perdita dichiarata nel 2008 da una società di capitali.

Perdita dichiarata Perdita accertata

Differenza Valore della lite

– 50.000 – 10.000 40.000 11.000*

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* Pari all’imposta calcolata sulla differenza con l’aliquota proporzionale del 27,5%, applicabile a

decorrere dal periodo d’imposta 2008 per effetto delle modifiche apportate all’art. 77 del TUIR dalla

L. 27.12.2007 n. 244.

Esempio n.2 Avviso di accertamento con recupero della perdita dichiarata nel 2008 da una società di capitali ed

individuazione di reddito imponibile.

Perdita Reddito

imponibile Imposta

Valore della lite

Dichiarato – 50.000 0 0 –

Accertato 0 10.000 2.750* 16.500**

* Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota proporzionale del 27,5%,

applicabile a decorrere dal periodo d’imposta 2008 per effetto delle modifiche apportate all’art. 77

del TUIR dalla L. 244/2007.

** Pari alla somma dell’imposta “virtuale” (27,5% di 50.000 euro) e della maggiore imposta accertata

(2.750 euro).

Esempio n. 3 Avviso di accertamento con recupero della perdita dichiarata nel 2010 da una persona fisica con

altri redditi compensabili (“orizzontalmente”) ed individuazione di reddito imponibile.

Perdita Altri redditi

compensabili

Reddito complessiv

o

Reddito imponibile

Imposta Valore

della lite

Dichiarato – 10.000 20.000 10.000 10.000 2.300 –

Accertato 0 20.000 20.000 20.000 4.800 2.500*

* Il valore della lite sarà dato dalla maggiore imposta accertata (4.800 - 2.300 euro).

Esempio n. 4 Avviso di accertamento con recupero della perdita non riportabile dichiarata nel 2010 da una

persona fisica con altri redditi compensabili (“orizzontalmente”) ed individuazione di reddito

imponibile.

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Perdita Altri

redditi Reddito

complessivo Reddito

imponibile Imposta

Valore della lite

Dichiarat

o

– 30.000 10.000 – 20.000 0 0 –

Accertato 0 10.000 10.000 10.000 2.300* 2.300**

* Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota per scaglioni prevista per

l’anno d’imposta 2010.

**Il valore della lite sarà dato dalla sola maggiore imposta accertata in quanto una parte di perdita (pari

a 20.000 euro) non è stata utilizzata e non è riportabile nelle successive annualità.

Esempio n. 5 Avviso di accertamento con recupero della perdita riportabile dichiarata nel 2010 da una persona

fisica con altri redditi compensabili ed individuazione di reddito imponibile.

Perdita Altri redditi Reddito

complessivo Reddito

imponibile Imposta

Valore della lite

Dichiarato – 30.000 10.000 0* 0 0 –

Accertato 0 10.000 10.000 10.000 2.300** 7.720***

* La parte di perdita (20.000 euro) non compensata nell’anno è riportabile.

** Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota per scaglioni prevista per

l’anno d’imposta 2010.

*** Pari all’imposta “virtuale” calcolata con le aliquote per scaglioni previste per l’anno d’imposta 2010

sulla somma dell’ammontare del recupero della perdita riportabile (20.000 euro) e dell’imponibile

accertato (10.000 euro).

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Rilevanza ai fini contributivi

La procedura produce effetti anche ai fini dei contributi previdenziali. Si tratta dei casi relativi agli

avvisi di accertamento o iscrizioni a ruolo conseguenti a liquidazione o controllo formale delle

dichiarazioni. L’atto di mediazione deve indicare anche i contributi ricalcolati sulla base del reddito

imponibile determinato nell’atto stesso.

Effetti penali della procedura di mediazione

La mediazione non ha effetti sul processo penale dal momento che quest’ultimo continua il suo

corso, né tantomeno può essere considerata una confessione del contribuente.

L’avvenuta mediazione costituisce fattispecie di circostanza attenuante di cui all’art. 13 del D.Lgs.

74/2000, secondo cui le pene previste per i reati fiscali sono diminuite fino ad un terzo se, prima

della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono estinti

mediante pagamento, “anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione

all’accertamento previste dalle norme tributarie”.

È evidente, però, che in molti casi, le ipotesi fiscali che possono dare luogo alla mediazione non

hanno rilievo penale, per via del fatto che si tratta di liti che concernono atti di valore non superiore

a 20.000 euro. Ciò comporta, il più delle volte, il mancato superamento della soglia di punibilità

(per esempio il delitto di dichiarazione infedele, art. 4 D.Lgs. 74/2000). In altri casi, il problema può

rilevare per le fattispecie criminose prive di soglia, come l’utilizzo di fatture inesistenti (art. 2, D.Lgs.

74/2000).

Litisconsorzio necessario nelle società di persone

Nel caso delle società di persone, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le posizioni della

società e dei soci mantengono la loro autonomia, con la conseguenza che, dopo la mediazione

della società, i soci possono decidere a loro volta, se adire o meno le vie previste dal

ricorso/reclamo.

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, conformemente agli indirizzi della Suprema Corte (cfr. Cass.

4.8.2011, n. 16982), i rapporti giuridici tra società e soci sono indipendenti, quindi la società può

concludere la mediazione autonomamente rispetto ai soci.

A loro volta i soci possono:

1. concludere la mediazione tenendo conto di quella conclusa dalla società;

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2. concludere autonomamente la mediazione in relazione al proprio rapporto anche se la

società non ha mediato in ordine al proprio;

3. costituirsi in giudizio dopo aver infruttuosamente esperito la fase amministrativa della

mediazione relativa al proprio reddito;

4. presentare direttamente ricorso al Giudice tributario se il valore della lite relativa ai loro

redditi è superiore a 20.000 euro.

Un aspetto a cui prestare attenzione è l’Ufficio competente. Se lo stesso Ufficio è competente sia

per la società che per i soci, lo stesso Ufficio gestisce e conclude i procedimenti di mediazione in

maniera coordinata nei confronti di tutti gli istanti.

Se, invece, l’Ufficio competente nei confronti della società non è competente nei confronti di uno o

più soci, ciascun Ufficio cura e gestisce gli atti di propria competenza, tenendo presente che:

- l’Ufficio che riceve un’istanza relativa al reddito di partecipazione del socio deve coordinarsi

con quello competente in capo alla società, a prescindere dal fatto che la società abbia

presentato o meno l’istanza di reclamo;

- se il rapporto con la società è definito, la posizione del socio deve essere trattata tenendo

conto della definizione riguardante la società. Ovverossia, l’eventuale annullamento

parziale o totale della pretesa riguardante la società produce effetti sui rapporti riguardanti i

soci.

Un altro rilievo è rappresentato dalla quantificazione del valore della causa in caso di litisconsorzio necessario, in quanto l’atto notificato alla società di persone non tiene conto dei

maggiori tributi imputati in capo ai soci. Sarebbe necessario sul punto un intervento del

Legislatore. Si ritiene di adottare la soluzione offerta dall’Agenzia delle Entrare che consiglia di

prendere in considerazione la maggiore imposta accertata in capo ai singoli soci. Pertanto, la

società potrà definire la propria posizione tramite la mediazione; poi il socio sarà tenuto al reclamo

solo se il proprio accertamento è di valore inferiore a 20.000 euro.

Per esempio: Una società di persone riceve un avviso di accertamento con rilievi su maggiori

ricavi non contabilizzati. La società è partecipata da due soci, ai quali viene richiesta,

rispettivamente, una maggiore IRPEF di 14.000,00 e di 17.000,00 euro. Se si accogliesse la tesi

fatta propria dalla Corte di Cassazione si dovrebbe prendere come riferimento di valore la somma

delle maggiori imposte accertate, vale a dire valore della lite pari a 31.000,00 euro. In tal caso la

causa non sarebbe reclamabile anche se sul punto occorre prestare massima attenzione in quanto

il giudice tributario potrebbe essere di diverso avviso e considerare i ricorsi presentati dai soci

inammissibili per difetto di reclamo. La circolare, invece, sostiene che entrambi i ricorsi avverso

l’avviso sul maggior reddito di partecipazione sarebbero reclamabili, in quanto tutti e due di valore

inferiore a 20.000,00 euro.

Un strategia cautelativa potrebbe essere impostata in questi termini: il difensore della società

potrebbe notificare l’istanza di reclamo e nel contempo costituirsi in giudizio. Se la Commissione

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tributaria dovesse ritenere l’atto reclamabile, il ricorso sarebbe improcedibile e la procedura di

reclamo proseguirebbe il suo corso. In caso contrario la Commissione procederebbe all’istruzione

del processo.

Obbligati solidali

Anche le liti nelle quali sono coinvolti più soggetti legati ex lege da un vincolo di solidarietà sono

mediabili.

In tal caso, l’Ufficio, ove lo ritenga necessario od opportuno, gestisce e conclude i procedimenti di

mediazione in modo coordinato nei confronti di tutti i coobbligati che abbiano o che potrebbero

presentare l’istanza. Tale accorgimento tende ad evitare l’eventuale instaurazione di giudizi da

parte di ciascuno dei coobbligati.

La mediazione perfezionata con uno o più dei coobbligati estingue l’obbligazione tributaria per tutti

gli altri.

La procedura di mediazione

La procedura del reclamo è articolata in due fasi:

1. la prima fase, necessaria e obbligatoria

2. la seconda fase,

, è di carattere amministrativo e si svolge dinanzi

all’Agenzia delle Entrate con la quale si instaura un contradditorio;

eventuale

In relazione a questa duplicità di funzione, l’atto introduttivo del procedimento è denominato

proprio “reclamo”, in quanto ha come primo obiettivo l’accesso alla fase amministrativa, ma è

altresì regolato allo stesso modo del ricorso giurisdizionale, essendo prescritti, attraverso il rinvio

alle norme relative al processo tributario, gli stessi requisiti di contenuto-forma e le stesse modalità

di presentazione del ricorso.

, è invece di tipo processuale ed ha luogo, senza soluzione di

continuità, dinanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale nel caso in cui non

intervenga un provvedimento risolutivo nella prima fase.

È proprio la funzione pre-processuale dell’istituto del reclamo a giustificare l’applicabilità delle

norme del decreto legislativo sul processo tributario (D.Lgs. n. 546/1992) disciplinanti la

proposizione del ricorso. Infatti, l’atto di reclamo è, quantomeno con riferimento alla stesura, un

ricorso. L’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 rinvia ai seguenti articoli del medesimo decreto in quanto

compatibili:

- 12 (obbligo di assistenza tecnica);

- 18 (modalità di stesura del ricorso);

- 19 (provvedimenti e autonomia degli atti impugnabili);

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- 20 (modalità di notifica del ricorso);

- 21 (termine per la notifica del ricorso);

- 22 comma 4 (documenti da depositare in sede di costituzione in giudizio).

Il reclamo deve, a pena di inammissibilità

- la Commissione tributaria cui sarà diretto;

, contenere le indicazioni circa:

- il ricorrente e il suo legale rappresentante;

- la relativa residenza o sede legale;

- il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato;

- il codice fiscale;

- la Direzione Provinciale/Regionale nei cui confronti è proposto;

- l’atto impugnato;

- l’oggetto della domanda;

- i motivi del ricorso;

- il valore della causa;

- il difensore, ivi inclusa la sottoscrizione.

Oltre a ciò, occorre l’indicazione:

- del codice fiscale del difensore;

- della casella PEC e fax del difensore e della parte.

In aggiunta alle suddette indicazioni, comuni al reclamo e al ricorso, l’atto di reclamo può

contenere la proposta di mediazione con rideterminazione della pretesa.

È ammissibile la redazione di un’unica istanza allo scopo di avviare il procedimento di mediazione

con riguardo a più atti impugnabili (in modo speculare al ricorso cumulativo). In tal caso si

instaurano separati procedimenti non trovando applicazione l’art. 29 del D.Lgs. 546/1992 che

disciplina la riunione dei giudizi.

In caso di mancata presentazione dell’istanza di reclamo, il ricorso giurisdizionale è dichiarato

inammissibile e tale inammissibilità è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d’Ufficio

ovvero direttamente dal giudice senza che sia stata sollevata la relativa eccezione da parte

dell’Agenzia delle Entrate.

Chi presenta l’istanza

Per via dello stretto legame tra istanza di mediazione e ricorso giurisdizionale, vi è perfetta

coincidenza tra la legittimazione processuale attiva nel giudizio tributario e la legittimazione a

presentare l’istanza di cui all’art. 17-bis. Anche se non espressamente richiamate dalla norma in

commento, gli articoli 10 (legitimatio ad causam – capacità di essere parte del processo) e 11

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(legitimatio ad processum – attitudine del soggetto titolare dell’azione a compiere validamente gli

atti processuali), del D.Lgs. 546/1992, si ritengono applicabili al nuovo istituto.

L’istanza può essere alternativamente presentata:

1. dal contribuente che ha la capacità di stare in giudizio, sia direttamente che a mezzo di

procuratore generale o speciale. La procura va conferita per atto pubblico o scrittura privata

autenticata;

2. dal rappresentante legale del contribuente che non ha la capacità di stare in giudizio;

3. dal difensore, nelle controversie di valore pari o superiore a 2.582,28 euro.

È importante sottolineare che, sebbene il momento della presentazione dell’istanza di reclamo sia

riconducibile ad una fase amministrativa, il contribuente è tenuto a munirsi di difensore tecnico

(avvocato, commercialista, consulente del lavoro), laddove la causa abbia un valore superiore a

2.582,28 euro.

In conformità al prevalente orientamento della giurisprudenza (cfr. Cass. SS. UU. 2.12.2004, n.

22601), nel caso in cui il reclamo/ricorso sia sottoscritto solo dalla parte, concretizzandosi un

difetto di assistenza tecnica, il giudice deve invitare la parte a regolarizzare la propria posizione

e, in caso di inottemperanza, può dichiararne l’inammissibilità.

La notifica dell’istanza di reclamo

L’istanza di reclamo, ai sensi dell’art. 17 bis comma 6, deve essere notificata con le medesime

modalità del ricorso a norma dell’art. 20, D.Lgs. 546/1992, il quale al primo comma, stabilisce che

“Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16”. Ne

consegue, che per l’articolo 16, commi 2 e 3 del D.Lgs. n. 546/1992 “le notificazioni sono fatte

secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto

dall’art. 17”.

Pertanto, la notifica dell’istanza di reclamo, a pena di decadenza, deve avvenire:

- a mezzo di ufficiale giudiziario;

- mediante consegna diretta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate;

- tramite spedizione a mezzo posta in plico raccomandato con ricevuta di ritorno.

Il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o regionale che ha emanato l’atto, a pena di

inammissibilità, entro il termine di 60 giorni dalla sua notifica o, nel caso di rifiuto tacito, decorsi 90 giorni dall’istanza di rimborso e fino a quando il diritto non risulti prescritto, così come previsto

dall’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, richiamato dall’art. 17-bis al comma 6.

In caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione, ai sensi del comma 3 dell’art.

6 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, il termine per la proposizione (dell’eventuale e successiva)

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istanza di reclamo, è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione da parte del

contribuente dell’istanza di accertamento con adesione.

Al termine di proposizione dell’istanza di reclamo si applicano anche le disposizioni sulla

sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (dal 1° agosto al 15 settembre), di cui

alla Legge 7 ottobre 1969, n. 742, stante lo stretto nesso tra la presentazione dell’istanza e la

proposizione del ricorso giurisdizionale. La sospensione dei termini feriali non si applica nel corso

della procedura di reclamo, che deve concludersi entro 90 giorni, trattandosi di una fase

amministrativa e non processuale.

Si ritiene applicabile l’istituto della rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., nel caso in

cui il reclamo venga presentato tardivamente per caso fortuito o forza maggiore. È il caso del

reclamo notificato oltre il termine consentito dalla legge (per es. evento calamitoso). In tal caso la

Direzione provinciale potrà negare l’annullamento dell’atto sostenendo l’inammissibilità per

mancato rispetto dei termini, mentre il giudice potrà rigettare l’eccezione di inammissibilità

applicando la rimessione in termini.

Domanda di sospensione amministrativa della riscossione

L’atto di reclamo/mediazione può contenere la domanda di sospensione dell’atto impugnato. Ciò in

considerazione del fatto che, secondo l’Agenzia delle Entrate, da un lato, la notifica del reclamo

non sospende la riscossione, dall’altro, non sarebbe possibile invocare la tutela cautelare ex art.

47 del D.Lgs. 546/92 sino al momento di deposito del ricorso che introduce definitivamente la fase

processuale.

Da qui la necessità che il contribuente richieda la sospensione amministrativa ai sensi dell’art. 2-

quater comma 1-bis del D.L. 564/94, che contempla la possibilità di sospensione degli atti che

appaiano illegittimi o infondati.

La sospensione non può comunque protrarsi oltre il tempo necessario alla conclusione della fase

di mediazione. Si possono verificare le seguenti situazioni:

1. se la sospensione è accordata e l’Ufficio annulla totalmente l’atto, non sorgono problemi;

2. se la sospensione è accordata e l’Ufficio annulla parzialmente l’atto, o rigetta totalmente la

domanda:

- nel caso degli accertamenti sulle imposte d’atto, le somme vengono iscritte a ruolo;

- nel caso dei ruoli, la riscossione prosegue;

- nel caso degli accertamenti “esecutivi” ex art. 29 del D.L. 78/2010, le somme sono affidate

in carico ad Equitalia.

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La principale critica che viene mossa alla fattispecie in esame è che la concessione della

sospensione proviene dalla parte in causa con possibile pregiudizio della tutela dei diritti del

contribuente.

Tutela cautelare

In dottrina si discute circa la possibilità che il contribuente possa chiedere immediatamente la

sospensione giudiziale dell’atto impugnato, anche se la costituzione in giudizio avverrà,

eventualmente, solo successivamente alla fase amministrativa.

È stato osservato che nessuna norma prevede, durante la procedura conciliativa, l’inapplicabilità

da parte dell’Amministrazione finanziaria delle misure cautelari ed espropriative. Di conseguenza,

sembra possibile che l’Agenzia delle Entrate possa procedere, sussistendone i presupposti di

legge, mediante fermi e ipoteche, nelle seguenti ipotesi:

- decorso di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (ex art. 25 del D.P.R.

602/1972);

- decorso di 90 giorni dalla notifica dell’accertamento “esecutivo” (ex art. 29 del D.L.

78/2010).

Considerato che i tempi per l’esame del reclamo o della mediazione possono durare fino a 90

giorni, è stato osservato che la difesa del contribuente sarebbe lesa, in quanto, interpretando la

norma secondo il criterio letterale (nonché secondo l’Agenzia delle Entrate), per chiedere la

sospensiva giudiziale occorrerebbe attendere l’esito del reclamo e la successiva costituzione in

giudizio.

La mancata sospensione della fase della riscossione durante il procedimento di mediazione è

fortemente criticata dalla dottrina tributaria. Per superare la possibile lesione dei diritti di difesa del

contribuente è stato osservato quanto segue.

- La procedura del reclamo/mediazione renderebbe ancora pendenti i termini del ricorso con

la conseguenza che il credito erariale non potrebbe essere affidato all’Agente per la

Riscossione.

- Alcuni autori consigliano di presentare un’istanza di tutela cautelare ex art. 47 del D.Lgs.

546/92 prima della costituzione in giudizio con il deposito del reclamo/ricorso. Il

contribuente, potrebbe, secondo tale orientamento, notificare la richiesta di sospensiva e

depositarla presso la segreteria della Commissione tributaria.

All’atto della costituzione in giudizio, che riguarda, come detto, la sola domanda cautelare, bisogna

depositare ovviamente copia dell’atto reclamato, in modo da consentire alla Commissione

tributaria di vagliare se concedere o meno la sospensiva.

In tal caso:

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- se la sospensiva viene accolta, nessuna misura cautelare/esecutiva può essere adottata;

- se la mediazione ha esito positivo, il contribuente deve versare le somme risultanti

dall’accordo; quindi, con il pagamento dell’intero o della prima rata, egli non dovrebbe più

essere considerato inadempiente e la funzione della sospensiva verrebbe meno.

È stato controbattuto che tale orientamento comporterebbe una tutela ante causam ovvero prima

della costituzione in giudizio e pertanto non sarebbe ammessa nel contenzioso tributario.

Si tratta di una questione che riprende il dibattito intorno alla natura giuridica dell’istituto del

reclamo ovverossia della sua natura amministrativa o processuale.

1 Gli autori che sostengono la natura processuale della mediazione tributaria sostengono

che il contribuente dal momento che notifica il reclamo introduce sin da subito la fase

processuale dato che poi il medesimo atto si converte in ricorso. Così argomentando tale

dottrina considera il contenzioso pendente sin dalla presentazione dell’istanza di reclamo.

2 Altra parte della dottrina tributaria (tesi della natura amministrativa) preferisce la tesi

secondo cui la pendenza del giudizio non si realizza con la mera proposizione del reclamo.

È necessario che la proposizione del reclamo sia accompagnata da un ulteriore evento (il

diniego del reclamo, il suo accoglimento parziale o il decorso infruttifero dei 90 giorni)

affinché il reclamo possa produrre gli effetti propri del ricorso. La produzione degli effetti del

ricorso perfeziona la fattispecie della “lite pendente” con effetto retroattivo alla data di

presentazione del reclamo. La lite pendente, quindi, si atteggia a formazione successiva

sottoposta a condizione sospensiva, a seguito del verificarsi dell’evento che commuta

l’istanza di reclamo in un vero e proprio ricorso. Di converso, in mancanza del realizzarsi

del successivo evento non si ha alcuna litispendenza, rimanendo attivata (e perfezionata)

la sola fase amministrativa.

Per dirimere la controversia tra le due tesi che si confrontano (natura amministrativa o processuale

del reclamo), l’unica via percorribile sarebbe quella di sollevare la questione di legittimità

costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale, censurando l’art. 17-bis del D.Lgs. 546/92 nella

parte in cui non prevede la tutela cautelare nelle more del procedimento di reclamo.

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, sino al momento in cui il ricorso non è depositato, ovvero

dopo l’eventuale esito negativo della fase di mediazione, la tutela cautelare non può essere

invocata. L’unica “tutela” per il contribuente consisterebbe nella richiesta, all’Agenzia delle Entrate,

di sospensione degli effetti dell’atto, ai sensi dell’art. 2-quater co. 1-bis del D.L. 564/94.

Mancata presentazione dell’istanza

L’omessa presentazione del reclamo comporta l’inammissibilità del ricorso, rilevabile d’Ufficio in

ogni stato e grado del processo. È la grave sanzione in capo al contribuente nel caso in cui,

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ricorrendone i presupposti di legge, dovesse omettere la presentazione del reclamo.

L’inammissibilità del ricorso comporta la definitività dell’atto che risulterà non impugnabile in

momenti successivi.

Nel caso il contribuente nutra dubbi sulla reclamabilità di un atto, occorre prestare massima

attenzione alla condotta da tenere, in quanto per un atto non reclamabile i termini di costituzione

in giudizio si computano nei modi ordinari previsti dall’art. 22 del medesimo decreto. Pertanto:

- se egli opta per la reclamabilità dell’atto, notifica il reclamo e instaura la fase di mediazione

con l’Ufficio. Se l’atto non rientra tra quelli oggetto del reclamo, il rischio sarà che il

contribuente si trovi a non poter rispettare i 30 giorni per la costituzione in giudizio, con

conseguente inammissibilità del ricorso;

- se egli opta per la non reclamabilità dell’atto, notifica direttamente il ricorso e, ove il giudice

fosse di diverso avviso, dichiarerebbe l’inammissibilità.

Una possibilità sarebbe costituita dal fatto che le Commissioni tributarie, di fronte alle ipotesi di

costituzione in giudizio tardiva derivante dall’errata interpretazione delle norme che disciplinano il

neointrodotto reclamo, possano riconoscere la rimessione in termini ex art. 153 comma 2 c.p.c.

Nei casi dubbi, al fine di evitare potenziali inammissibilità, sarebbe consigliabile procedere,

contestualmente, con la notifica:

- del reclamo alla Direzione Provinciale, come prevede l’art. 17-bis del D.Lgs. 546/92;

- del ricorso sempre alla Direzione Provinciale, provvedendo alla costituzione in giudizio.

Così procedendo:

- in presenza di atto reclamabile, il ricorso viene dichiarato improcedibile. In tal caso il

contribuente procederà con l’azione di reclamo per poi, in caso di esito negativo, instaurare

il giudizio;

- in presenza di atto non reclamabile, il ricorso è stato proposto e il processo seguirà il suo

corso, senza pericolo di essere giudicato inammissibile, in quanto la costituzione in giudizio

è avvenuta nei termini.

Questa strategia potrebbe trovare un limite teorico nel fatto che l’Ufficio possa dichiarare l’atto non

reclamabile e la Commissione Tributaria, invece, al contrario, possa dichiarare il ricorso

inammissibile.

Al riguardo sarebbe opportuno un intervento legislativo, in quanto a detta di molti autori, l’inammissibilità del reclamo (se non viene presentato il reclamo) risulta essere una sanzione sproprorzionata.

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Gli effetti della presentazione dell’istanza di reclamo

L’istanza di reclamo produce sul piano sostanziale l’interruzione del termine di decadenza

dell’impugnazione dell’atto (con l’introduzione di una fase dilatoria di 90 giorni entro cui il

procedimento deve concludersi), nonché l’interruzione del termine di prescrizione del diritto al

rimborso.

Sul piano processuale, il comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, dispone che “Decorsi

novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata

conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23

decorrono dalla predetta data. Se l’Agenzia delle Entrate respinge il reclamo in data antecedente, i

predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento parziale del

reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale”.

Atteso che l’istanza di reclamo produce gli effetti del ricorso giurisdizionale, il termine di 30 giorni,

stabilito dall’art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992 per la costituzione in giudizio mediante il deposito del

ricorso in Commissione Tributaria, va calcolato a partire dai seguenti diversi termini:

1 dal giorno successivo a quello di compimento dei 90 giorni dal ricevimento dell’istanza di

reclamo, senza che sia stato notificato l’accoglimento della stessa ovvero senza che sia

stata conclusa la mediazione;

2 da quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’Agenzia delle Entrate respinge

l’istanza prima del decorso dei predetti 90 giorni;

3 da quello di comunicazione del provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate accoglie

parzialmente l’istanza di reclamo, sempre prima del decorso dei 90 giorni.

La trattazione dell’istanza

Presentata l’istanza di reclamo, l’Ufficio, in via preventiva, con l’obiettivo di evitare il giudizio:

1 procede al suo esame;

2 verifica che l’istanza contenga tutti gli elementi necessari per la sua trattazione;

3 valuta la configurabilità di motivi di inammissibilità dell’istanza stessa quali:

- la tardiva presentazione dell’istanza;

- la mancata sottoscrizione dell’istanza;

- l’impossibilità di individuare l’oggetto.

L’Ufficio, poi, accerta:

- se sussistono i presupposti e i requisiti fissati dall’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992;

- la fondatezza dei motivi in base ai quali l’istante contesta l’atto impugnato con la richiesta

totale/parziale di annullamento ovvero chiedendo la rideterminazione della pretesa;

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- la proposta di mediazione eventualmente formulata dal contribuente se non dovessero

sussistere gli estremi per annullare l’atto;

- la possibilità di pervenire a un accordo di mediazione in caso di assenza di proposta

formulata dal contribuente;

- la possibilità di formulare una proposta di mediazione al solo fine di beneficiare della

conseguente riduzione delle sanzioni irrogate in caso non si ravvisino i presupposti per la

conclusione di una mediazione.

L’assenza di una motivata proposta di mediazione da parte del contribuente non rappresenta

motivo di rigetto dell’istanza, poiché essa è facoltativa.

È anche il caso di precisare:

1 L’assenza di una motivata proposta di mediazione non costituisce motivo di rigetto

dell’istanza. In tal caso, l’Ufficio può invitare il contribuente al contraddittorio e, se ne

ravvisa i presupposti, può formulare una motivata proposta di mediazione completa della

rideterminazione della pretesa.

2 Qualora non si ravvisino i presupposti per la conclusione di una mediazione previa

rideterminazione della pretesa, l’Ufficio ha facoltà di formulare una proposta di mediazione

che consenta al contribuente di accettare l’intero importo del tributo, accertato con l’atto

impugnato, al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione delle sanzioni.

Accoglimento dell’istanza

Ove le motivazioni dell’istanza vengano accolte dall’Ufficio, si determina l’annullamento dell’atto e

di conseguenza l’Ufficio comunica al contribuente il provvedimento di accoglimento dell’istanza di

reclamo.

In caso di accoglimento del reclamo, l’atto viene ritirato in via di autotutela e non costituisce più

titolo per vantare alcuna pretesa verso il destinatario. Nel caso, invece, si tratti di un diniego di

rimborso, l’accoglimento del reclamo obbliga l’Agenzia delle Entrate a restituire al contribuente

quanto da questi richiesto.

L’accoglimento del reclamo determina il venir meno dell’interesse ad agire in giudizio del

contribuente, in virtù dell’avvenuto annullamento dell’atto o del riconoscimento del proprio diritto di

rimborso, rendendo inammissibile in tal modo l’eventuale ricorso giurisdizionale. È quanto si

desume dal comma 9 dell’art. 17 bis del D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui l’istanza di reclamo

produce gli effetti del ricorso nel solo caso in cui il reclamo non si sia concluso positivamente.

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L’accoglimento parziale dell’istanza di reclamo

L’Ufficio potrebbe decidere di accogliere il reclamo solo in parte. Di conseguenza l’Agenzia delle

Entrate rinuncia ad una o più delle richieste impositive o sanzionatorie e procede all’annullamento

parziale dell’atto, che risulta confermato anche se con una portata diversa e ridotta rispetto a

quella iniziale.

Con l’accoglimento parziale dell’istanza di reclamo si esclude che l’Agenzia delle Entrate possa

modificare la motivazione dell’atto già adottato o che le sia consentito avanzare una pretesa

fondata su nuovi presupposti ed argomentazioni.

Il contribuente, a fronte dell’accoglimento parziale della sua istanza di reclamo può:

- prestare acquiescenza;

- costituirsi in giudizio entro 30 giorni decorrenti dalla notifica del provvedimento di

accoglimento parziale così come prescrive il comma 9.

In dottrina si è discusso circa la possibilità per il contribuente di beneficiare, in caso di

accoglimento parziale del reclamo, della riduzione della sanzione prevista, in caso di

acquiescenza, dall’art. 15 del D.Lgs. 218/1997.

Si è dell’opinione di negare tale possibilità, in quanto il comma 1 dell’articolo citato prevede il

pagamento del tributo, degli interessi e della sanzione ridotta “entro il termine per la proposizione

del ricorso”. Tale termine, però, il più delle volte, verrà superato nel momento in cui il contribuente

conoscerà l’esito del proprio reclamo. Per stare nei termini, dovrebbe accadere che, entro 60

giorni dalla notificazione dell’atto, il contribuente proponga il reclamo e l’Amministrazione

finanziaria notifichi l’atto di accoglimento parziale nei termini.

In caso di accoglimento parziale del reclamo, dunque, il contribuente non potrà fruire della

riduzione delle sanzioni con palese discriminazione delle sue ragioni. Infatti, sebbene l’Agenzia

delle Entrate si trovi nella condizione di dover riconoscere che la propria tesi era infondata, al

contribuente non spettano le riduzioni previste in caso di acquiescenza.

Alcuni autori auspicano un intervento normativo che stabilisca che, nel termine di 30 giorni previsto

per la costituzione in giudizio del contribuente, quest’ultimo possa assolvere la pretesa tributaria

beneficiando dell’abbattimento delle sanzioni sancito dall’art. 15. In tal modo, si eviterebbe anche

più efficacemente l’instaurarsi del giudizio.

Nel caso in cui, il contribuente non intenda fare acquiescenza, il comma 9, come già esaminato in

precedenza, prevede che “il reclamo produce gli effetti del ricorso” ed i termini di cui agli articoli 22

e 23 “decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale”.

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Il diniego all’istanza di reclamo

L’Amministrazione finanziaria, entro 90 giorni dal ricevimento dell’istanza, in mancanza dei

presupposti per procedere all’annullamento dell’atto o per concludere la mediazione rigetta

l’istanza di reclamo portando il relativo provvedimento di diniego a conoscenza del contribuente.

Nel provvedimento di diniego vanno esposte in maniera dettagliata le ragioni, di fatto e di diritto,

poste a fondamento della pretesa tributaria, in quanto, in caso di successiva costituzione in

giudizio da parte del contribuente, il contenuto del provvedimento di diniego varrà come atto di

controdeduzioni.

L’atto di diniego non è impugnabile. Il contribuente è tutelato dalla possibilità di costituirsi in

giudizio.

L’eventuale acquiescenza del contribuente esclude che questi possa beneficiare della riduzione

delle sanzioni di cui all’art. 15 del D.Lgs. 218/1997.

Se il contribuente non riceve alcun atto dell’Agenzia delle Entrate nel termine di 90 giorni dalla

notificazione del reclamo si forma il cosiddetto diniego tacito del reclamo. In tal caso il

contribuente potrà adire la Commissione tributaria provinciale entro 30 giorni dal novantesimo

giorno successivo a quello della proposizione del reclamo.

La mediazione

Il contribuente ha facoltà di presentare, unitamente all’istanza di reclamo, una proposta di

mediazione ex art. 17-bis comma 7. Il contenuto della proposta di mediazione è libero e non

vincolato. La proposta deve comunque essere motivata e completa della rideterminazione

dell’ammontare della pretesa. L’eventuale assenza o inesatta determinazione dell’ammontare della

pretesa conseguente alla proposta di mediazione non comporta l’inammissibilità della stessa, in

quanto l’Ufficio, se ritiene che non sussistano i presupposti per l’annullamento dell’atto impugnato,

valuta, anche in assenza di proposta formulata dal contribuente, la possibilità di formulare una sua

proposta di mediazione sulla base dei seguenti requisiti individuati dal comma 8 dell’art. 17-bis:

1) l’incertezza delle questioni controverse;

2) il grado di sostenibilità della pretesa;

3) il principio di economicità dell’azione amministrativa.

Si tratta di requisiti che consentono all’Ufficio di rilevare il rating della controversia con l’intento di

addivenire alla mediazione ogniqualvolta non siano ravvisabili i presupposti per l’avvio del

contenzioso.

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L’Ufficio, qualora verifichi la sussistenza dei citati requisiti, procede accogliendo la proposta di

mediazione presentata dal contribuente oppure nel caso di sua mancanza, formulando d’Ufficio

una propria proposta di mediazione (art. 17-bis, comma 8).

L’incertezza delle questioni controverse Il requisito dell’incertezza delle questioni controverse va riferito alle questioni di diritto. Sul

punto la circolare richiama la riforma del codice di procedura civile attuata con L. n. 69/2009, che

introduce l’art. 360- bis comma 1 n. 1 c.p.c., per effetto del quale il ricorso in Cassazione è

inammissibile “quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo

conforme alla giurisprudenza delle Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o

mutare l’orientamento della stessa”. Ne consegue che in relazione a questioni di diritto può essere

individuata una “certezza”, costituita dalla presenza di un orientamento consolidato

giurisprudenziale della Corte di Cassazione, tale da indurre a ritenere che l’eventuale ricorso

proposto avverso il suddetto orientamento venga dichiarato inammissibile. Ove non siano presenti

decisioni della Suprema Corte sull’argomento, la proposta di mediazione potrà essere motivata

sulla base della presenza di orientamenti giurisprudenziali delle Commissioni Tributarie.

La sostenibilità della pretesa In ordine al requisito della sostenibilità della pretesa va precisato che esso attiene alla

valutazione delle questioni di fatto. L’Ufficio esaminerà tali questioni basandosi sostanzialmente sul

grado di sostenibilità della prova in giudizio della pretesa tributaria e sulla fondatezza degli

elementi addotti dal contribuente. Pertanto, in caso di scarsa sostenibilità della pretesa, tenuto

conto anche della giurisprudenza di merito delle Commissioni tributarie sulla questione, l’Ufficio

avrà interesse a pervenire alla mediazione.

L’economicità dell’azione amministrativa Il requisito del principio di economicità dell’azione amministrativa è legato all’art. 1, comma 1

della L. 241/1990, secondo cui “l’attività amministrativa … è retta da criteri di economicità, di

efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”. Il principio di economicità va, quindi, inteso

come impegno a non gravare il procedimento amministrativo di oneri inutili e dispendiosi, cercando

di realizzare una rapida ed efficiente conclusione della propria attività amministrativa, nel rispetto

degli altri principi di legalità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. In quest’ottica l’Ufficio

dovrà dunque, di fronte ad una scarsa sostenibilità della controversia, procedere a valutare la

possibilità di pervenire alla mediazione.

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L’accordo di mediazione

Conseguentemente alle valutazioni in ordine ai contenuti del reclamo e dell’eventuale istanza di

mediazione, l’Ufficio e il contribuente pervengono ad un accordo che da un punto di vista

procedimentale può scaturire:

- da una proposta del contribuente contenuta nell’atto di reclamo;

- da una controproposta dell’Ufficio.

Se l’istanza presentata dal contribuente contiene una motivata proposta di mediazione, completa

della rideterminazione della pretesa, che presenti i presupposti per l’accoglimento integrale,

l’Ufficio può invitare il contribuente a sottoscrivere il relativo accordo di mediazione nel modo più

celere ed efficace, senza necessità di particolari formalità.

In mancanza di proposta formulata nell’istanza, l’Ufficio, quando opportuno, formula una propria

proposta di mediazione. La proposta contiene la rideterminazione della pretesa unitamente ai

principali elementi per addivenire alla conclusione dell’accordo compresa la possibilità di avviare

un contraddittorio sulla proposta di mediazione. In considerazione del termine di 90 giorni dalla

notificazione dell’atto per la conclusione della procedura, e alla luce del principio di collaborazione

e buona fede ex art. 10 della L. 212/200 (Statuto dei diritti del contribuente) che regola i rapporti tra

Amministrazione finanziaria e contribuenti, l’Agenzia delle Entrate deve comunicare la propria

eventuale proposta di mediazione con un margine di anticipo tale da consentite al contribuente di

poterla esaminare.

La mancata controproposta di mediazione non comporta effetti processuali pregiudizievoli per

l’Agenzia delle Entrate.

È anche possibile per l’Ufficio invitare il contribuente per un contraddittorio, quando non reputi

opportuno o possibile formulare immediatamente una motivata proposta di rideterminazione della

pretesa, a seguito del quale l’Ufficio può valutare la formulazione di una proposta di mediazione.

L’invito che l’Agenzia invia al contribuente non è soggetto a particolari formalità, quindi è possibile

l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata.

Al contraddittorio il contribuente può partecipare personalmente oppure conferire procura al proprio

difensore. L’esito del contraddittorio è descritto in un apposito verbale sottoscritto dalle parti.

L’applicabilità delle norme sulla conciliazione giudiziale

Al procedimento di mediazione si applicano le disposizioni dell’art. 48 in tema di conciliazione

giudiziale, come previsto dal comma 8, ultimo periodo dell’art.17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

Nel caso in cui la mediazione si concluda, le sanzioni amministrative si applicano pertanto nella

misura del 40% delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla

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mediazione. In ogni caso, si precisa, la misura delle sanzioni non può essere inferiore al 40% dei

minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

L’effetto premiale della riduzione delle sanzioni, in caso di perfezionamento della mediazione, è in

sintonia con l’obiettivo di indurre il contribuente a ponderare l’opportunità di evitare l’instaurazione

del giudizio.

La conclusione dell’accordo di mediazione avviene attraverso la sottoscrizione da parte dell’Ufficio

e del contribuente di un atto contenente l’indicazione specifica degli importi risultanti dalla

mediazione e delle modalità di versamento degli stessi.

Una volta sottoscritto l’accordo, la procedura di mediazione si perfeziona con il pagamento

dell’importo dovuto ovvero della prima rata in caso di pagamento dilazionato, effettuato entro 20

giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di mediazione.

Nel caso di rimborso, la mediazione si perfeziona con l’erogazione dello stesso.

A seguito del perfezionamento della mediazione, la pretesa tributaria viene definitivamente

rideterminata nella misura fissata dall’accordo di mediazione e il rapporto giuridico tributario si

intende definito e non ulteriormente contestabile.

La mediazione non è impugnabile in quanto viene meno l’interesse ad agire in giudizio; l’eventuale

ricorso sarebbe inammissibile.

In assenza del versamento integrale delle somme dovute o della prima rata in caso di pagamento

dilazionato, la mediazione non si perfeziona e l’atto, avverso il quale il contribuente ha proposto

istanza, continua a produrre effetti. Conseguentemente, il contribuente può decidere di agire in

giudizio o di desistere dal contenzioso; in tale ultimo caso però l’atto oggetto di istanza diviene

definitivo e l’Ufficio procede alla conseguente riscossione. In caso di omesso versamento alle

scadenze pattuite, l’accordo di mediazione costituisce titolo per l’iscrizione a ruolo (ex art. 48,

comma 3, D.Lgs. 546/1992).

Il versamento delle somme dovute a seguito dell’accordo di mediazione può avvenire in un

massimo di 8 rate trimestrali di pari importo. Il mancato pagamento anche di una sola rata entro il

termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza della rateazione. In tal caso,

l’Agenzia delle Entrate procede con iscrizione a ruolo dell’intero importo residuo con una sanzione

pari al 60% delle somme ancora dovute.

Il pagamento va effettuato mediante modello F24, utilizzando i codici tributo istituiti con la

risoluzione n. 37 del 19/4/2012, anche tramite compensazione.

A proposito dei versamenti è bene sottolineare:

- non è mai necessaria la prestazione della garanzia;

- se il contribuente, per effetto della riscossione frazionata, avesse già corrisposto alcune

somme, queste si scomputano dagli importi dovuti per effetto della mediazione;

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- se le somme già versate per effetto della riscossione frazionata eccedono quelle dovute per

effetto della mediazione, al contribuente dovrebbe spettare il rimborso, come nel caso della

conciliazione giudiziale;

- qualora le somme versate siano lievemente inferiori a quelle dovute per errore del

contribuente, se questi sana l’errore anche oltre il termine di legge, l’Ufficio valuta

l’opportunità di ritenere valido il pagamento, e lo stesso discorso vale per il breve ritardo nel

pagamento.

La limitazione della responsabilità dei funzionari tributari

Per agevolare l’utilizzo della mediazione e favorirne la buona riuscita il Legislatore ha previsto

alcune norme che prevedono una limitazione della responsabilità dei funzionari dell’Agenzia,

in sede di giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica.

La circolare ministeriale ricorda come l’art. 39, comma 10 del D.L. n. 98/2011 dispone che ai

rappresentanti dell’ente che concludono la mediazione, o che accolgono il reclamo, si applicano le

disposizioni di cui all’art. 29, comma 7 del D.L. 78/2010, il quale prevede che, con riguardo alle

valutazioni di diritto e di fatto ai fini delle definizioni tributarie operate nel contesto degli istituti della

transazione fiscale (tra cui le procedure concorsuali, ex art. 182-ter L. fall., l’accertamento con

adesione, ex D.Lgs. n. 218/1997, la conciliazione giudiziale, ex art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992) “la responsabilità di cui all’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata alle ipotesi di dolo”. Ciò riduce la responsabilità dei dipendenti dell’Agenzia impegnati in tali contesti

che, senza detta previsione speciale, sarebbero rimasti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei

Conti non solo in ordine ai “fatti ed alle omissioni commessi con dolo”, ma anche per quelli

commessi “con colpa grave”.

La finalità della citata previsione normativa è quello di proteggere e rimuovere un eventuale

atteggiamento psicologico di soggezione da parte dei funzionari tributari, verso istituti deflattivi

suscettibili di far derivare nei loro confronti rischi di responsabilità erariale che, inevitabilmente,

sono sempre possibili in caso di erronee valutazioni di diritto e di fatto operate nel contesto di

dette procedure. Ogni riduzione transattiva di una pretesa fiscale può, infatti, generare astratte

ipotesi di violazione del principio della c.d. “indisponibilità dell’obbligazione tributaria”.

Si tratta nel complesso di una disciplina garantista che limita la responsabilità del funzionari, in

tema di risarcibilità del danno erariale, ai soli casi di comportamento doloso. Nel caso in cui la

magistratura contabile dovesse rinvenire, in un procedimento di accoglimento di un’istanza di

reclamo/mediazione, un comportamento dei funzionari riconducibile alla colpa grave, per esercizio

di una non diligente discrezionalità tecnica amministrativa, ogni azione di responsabilità nei loro

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confronti sarà comunque inibita ex lege, a meno che, ovviamente, non si ravvisi in detti atti un

comportamento preordinato al danno erariale di tipo doloso.

Nel valutare, quindi, la prospettiva dell’accoglimento delle eccezioni del contribuente, secondo i tre

criteri specifici dell’incertezza delle questioni controverse, del grado di sostenibilità della pretesa

e del principio di economicità, i funzionari hanno una maggiore serenità nella formulazione di

scelte discrezionali amministrative.

Si tratta di una norma che intende superare l’approccio restrittivo da parte dei funzionari intimoriti

dalle possibili ripercussioni patrimoniali personali in caso di valutazioni discrezionali ritenute poi

inadeguate con conseguente risarcimento per danno erariale. La colpa derivante da negligenza,

imperizia ed imprudenza involontaria conserva la possibilità di un addebito di natura disciplinare,

perdendo invece, ogni rilievo di natura patrimoniale.

La cd. mediazione “a zero”

Nel caso in cui non vi siano margini per la riduzione della pretesa, come affermato in tema di

conciliazione giudiziale nella circolare ministeriale 18.12.96 n. 291, è possibile pervenire ad una

mediazione che confermi integralmente quanto richiesto. In questo caso, la mediazione sarebbe

strumentale alla sola riduzione delle sanzioni. È il caso dei controlli automatizzati delle

dichiarazioni (ex art. 36-bis del D.P.R. 600/1973) da cui emerge un omesso versamento. In questo

caso l’Ufficio recupera il tributo non versato e irroga una sanzione pari al 30% (ex art. 2, comma 1,

D.Lgs. 462/1997 e art. 13, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. 471/1997). In tali fattispecie è

applicata la sanzione del 30% riducibile ad un terzo in caso pagamento entro 30 giorni dal

ricevimento della comunicazione ovvero a seguito del pagamento della prima rata in caso di

rateazione.

In assenza di pagamento, l’Ufficio procede all’iscrizione a ruolo, che può essere impugnata con

ricorso. In tale ipotesi, sussistendo i requisiti, il contribuente può presentare l’istanza di reclamo e

pervenire ad un accordo che preveda la riduzione delle sanzioni al 12% dell’imposta non versata

(pari al 40% del 30%).

L’unico limite è costituito dalla circostanza che la mediazione “a zero” non può avvenire nel caso

in cui la riduzione delle sanzioni derivante dalla mediazione sia superiore a quella che sarebbe

spettata al contribuente se avesse optato per altre forme definitorie contemplate dall’ordinamento.

Tale circostanza, precisa la circolare, si verifica ad esempio nel caso di cartelle di pagamento

derivanti da controlli formali delle dichiarazioni (ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973).

Per esempio. Un contribuente riceve un “avviso bonario” derivante da controllo formale della

dichiarazione ex art. 36-ter del D.P.R. 600/73.

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La pretesa si fonda sul disconoscimento di detrazioni d’imposta per spese mediche. Il contribuente

si ritrova sprovvisto di documentazione e non può contestare la pretesa.

Per tale fattispecie è previsto che, se il contribuente versa le somme (per l’intero o la prima rata, in

caso di rateizzazione) entro 30 giorni dalla ricezione dell’avviso, ha diritto di fruire della riduzione delle

sanzioni da omesso versamento (30%) a due terzi (20%), come prevede l’art. 3 del D.Lgs. 462/97.

Il contribuente non aderisce a tale proposta, le somme vengono iscritte a ruolo e la cartella di

pagamento viene notificata, con le suddette sanzioni del 30% in misura piena.

Siccome il valore della lite non supera i 20.000,00 euro, il contribuente notifica reclamo.

In tal caso:

- non è possibile, visti i fatti di causa (mancato possesso dei documenti che certificano il

diritto alla detrazione), che il reclamo venga accolto, nemmeno in parte;

- non è configurabile che la mediazione si chiuda “a zero”, poiché “il pagamento entro 30

giorni dalla comunicazione di irregolarità comporterebbe una sanzione pari al 20 per cento,

mentre la riduzione conseguente alla mediazione sull’iscrizione a ruolo comporterebbe una

sanzione pari al 12 per cento”.

Altro esempio. Un contribuente riceve la notifica di una cartella di pagamento, a seguito di

controllo automatizzato 36-bis del D.P.R. 600/1973, con la richiesta di versare l’IVA per un importo

pari a 15.000 euro oltre le sanzioni del 30% pari a 4.500 euro, interessi e oneri accessori. Il valore

della lite per le sole imposte è di 15.000 euro, pertanto, il contribuente presenta il reclamo

mediazione. In questo caso, il contribuente può definire la mediazione, pagando contestualmente

alle imposte omesse pari a 15.000 euro, la sanzione in misura ridotta (40% del 30%) pari a 1.800

euro, con un risparmio di 2.700 euro, oltre interessi e oneri accessori.

Di grande interesse i casi risolti nella circolare n. 33/E del 3 agosto 2012, sulla base della quale è

possibile affermare:

1. la formulazione di una proposta di mediazione per il pagamento integrale del tributo, con

beneficio della riduzione delle sanzioni, costituisce una facoltà e non un obbligo per

l’Ufficio;

2. la sanzione accertata o rideterminata (nel caso sia stata accertata in misura superiore al

minimo edittale) non ammette l’applicazione di una riduzione diversa (rispetto al 40%) della

sanzione rispettivamente confermata o rideterminata.

Si riportano gli esempi forniti nella circolare.

ESEMPIO 1 – Rideterminazione del tributo e della sanzione Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con sanzione irrogata per 2.000

euro (massimo edittale del 200%).

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In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la possibilità di rideterminare il tributo

da 1.000 a 500 euro e di ridurre la misura della sanzione irrogata al minimo edittale, vale a dire al

100%.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute dal contribuente

risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 500 euro

- a titolo di sanzione: 200 euro (sanzione al 100% del tributo: 500 euro; applicazione del

beneficio della riduzione al 40% della sanzione: 200 euro).

ESEMPIO 2 – Rideterminazione del solo tributo Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con sanzione irrogata per 2.000

euro (massimo edittale del 200%).

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la possibilità di rideterminare il tributo

da 1.000 a 500 euro. Di contro, non ritiene di ridurre la misura della sanzione irrogata, che, quindi,

resta pari al 200% dell’importo del tributo.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute dal contribuente

risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 500 euro

- a titolo di sanzione: 400 euro (sanzione al 200% del tributo: 1000 euro; applicazione del

beneficio della riduzione al 40% della sanzione: 400 euro).

ESEMPIO 3 – Rideterminazione della sola sanzione Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con sanzione irrogata per 2.000

euro (massimo edittale del 200%).

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio non rileva la sussistenza dei presupposti

per procedere a una rideterminazione del tributo. Di contro, ritiene possibile ridurre la misura della

sanzione irrogata al minimo edittale, vale a dire al 100%.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute dal contribuente

risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 1000 euro

- a titolo di sanzione: 400 euro (sanzione al 100% del tributo: 1000 euro; applicazione del

beneficio della riduzione al 40% della sanzione: 400 euro)

ESEMPIO 4 – Rideterminazione della sanzione in relazione a un provvedimento concernente la sola irrogazione della sanzione Provvedimento di irrogazione di sanzione tributaria, emanato ai sensi dell’articolo 8, comma 1,

primo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997, in misura pari al massimo edittale (2.066 euro).

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In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la possibilità di ridurre la misura della

sanzione irrogata al minimo edittale, vale a dire a 258 euro.

Per effetto della conclusione della mediazione, le somme dovute dal contribuente risultano essere

pari a 103 euro, corrispondente al 40% di 258 euro.

ESEMPIO 5 - Provvedimento di sola irrogazione della sanzione e mancanza dei presupposti per la rideterminazione Provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie, emanato ai sensi dell’articolo 8, comma 1,

primo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997, in misura pari al massimo edittale (2.066 euro).

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio non ritiene possibile ridurre la misura della

sanzione irrogata.

In caso di conclusione della mediazione, le somme dovute dal contribuente risultano essere pari a

826 euro, corrispondente al 40% di 2.066 euro.

L’instaurazione del giudizio

L’esito negativo della procedura di reclamo conclude la fase amministrativa e instaura quella

giurisdizionale.

Al comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 si prevede che il reclamo, una volta conclusa la

fase amministrativa, produce gli effetti del ricorso, per cui il ricorrente e l’Ufficio resistente, devono

provvedere alla loro costituzione in giudizio nei termini di 30 o 60 giorni, secondo le modalità

stabilite dagli articoli 22 e 23 del medesimo D.Lgs. Va sottolineato che i termini indicati per la

costituzione in giudizio variano a seconda che sia stato emesso il provvedimento di diniego o di

accoglimento parziale del reclamo o che siano decorsi per inerzia i 90 giorni. Si tratta quindi di un

termine mobile che si definirà caso per caso considerando le vicende della fase amministrativa.

I termini per la costituzione in giudizio, iniziano, dunque, a decorrere o dal giorno successivo alla

scadenza del novantesimo giorno dal ricevimento dell’istanza, nel caso l’Ufficio non abbia emesso

alcun provvedimento né di accoglimento né di rigetto, oppure dal giorno successivo alla data di

notificazione del provvedimento di diniego o di accoglimento parziale dell’istanza, nel caso gli

stessi vengano notificati prima della scadenza del novantesimo giorno.

Le controversie a cui sono applicabili i nuovi istituti del reclamo e della mediazione sono escluse

dalla conciliazione giudiziale. A ben vedere quest’ultimo istituto giuridico, svolgendo una funzione

di conciliazione stragiudiziale facoltativa, presenta la medesima natura giuridica della mediazione.

D’altra parte l’esclusione si spiega col fatto che le parti non devono confidare in un’altra possibilità

per definire le liti laddove le stesse liti possono essere definite con la procedura di reclamo.

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La costituzione in giudizio del contribuente realizza il presupposto per il versamento del contributo

unificato.

Il regime delle spese processuali

In tema di condanna alle spese di giudizio vi sono alcuni aspetti da segnalare.

Il comma 10 dell’art. 17-bis sancisce che il soccombente è tenuto a corrispondere, in aggiunta alle

spese di giudizio, una somma pari al 50% di queste ultime a titolo di rimborso delle spese

procedurali.

Al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, la Commissione tributaria può compensare

parzialmente o per intero le spese solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella

motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione.

Si tratta di una novità: tale precetto introduce una regola peculiare per le spese di lite nel processo

tributario per le materie oggetto di reclamo.

Oltre al caso di soccombenza reciproca, la compensazione può essere sancita dal giudice quando

concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione della

sentenza.

Per le liti per le quali è ora imposto il reclamo e la mediazione, il regime della compensazione delle

spese di giudizio si incentra, quindi, sulla valutazione circa la sussistenza o meno dei giusti motivi sottesi alla valutazione del soccombente di disattendere l’eventuale proposta di mediazione.

È da evidenziare che la “maggiorazione del 50” può applicarsi solo quando una proposta di

mediazione sia stata avanzata. Nel caso in cui, il contribuente abbia presentato istanza di reclamo

priva di proposta di mediazione a cui non è seguita alcuna proposta in ordine ad esso o l’abbia

visto rigettato o solo parzialmente accolta senza che il Fisco abbia accompagnato tale propria

decisione con un’ipotesi di mediazione, opera l’ordinario regime delle spese di giudizio (ex artt. 15

del D.Lgs. n. 546/1992 e 92, comma 2 c.p.c).

È stato ironicamente rilevato che il Legislatore “dimentica” di disciplinare il regime delle spese del

procedimento di reclamo o di mediazione quando il giudizio non si svolge perché il reclamo è stato

accolto oppure perché la mediazione è andata a buon fine. In tali casi il perfezionamento della

mediazione comporta la compensazione fra le parti delle spese del relativo procedimento. Da una

parte le ragioni del contribuente sono legittime in quanto egli vede accolto il proprio reclamo con il

danno di dover sostenere i relativi costi per la difesa. È stato altresì rilevato, d’altra parte, che

l’imputazione di tali costi in capo all’Agenzia avrebbe potuto costituire un ostacolo alla buona

riuscita del nuovo istituto.

La mediazione tributaria potrebbe riguardare almeno il 56% delle liti fiscali. Per la sua importanza,

con la circolare n. 22/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ai suoi Uffici legali le linee guida relative

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alle attività istituzionali, confermando l’impegno già assunto in passato volto a ridurre il contenzioso

fiscale, anche tramite il nuovo strumento della mediazione.

A dimostrazione di quanto sia importante il nuovo istituto giuridico, si segnala il protocollo d’intesa

firmato tra il Presidente del CNDCEC, Claudio Siciliotti, e il Direttore dell’Agenzia, Attilio Befera,

volto a “realizzare una proficua collaborazione nella gestione della mediazione tributaria, per

migliorare i rapporti tra i contribuenti rappresentati dai commercialisti e l’Amministrazione,

attraverso il raggiungimento di soluzione rapide, condivise, legittime e trasparenti”.

Il documento fungerà da “cornice” alle successive intese tra Amministrazioni e Ordini territoriali e

vincolerà le parti ad assumere reciproci impegni “orientati alla cooperazione in sede amministrativa

e alla diffusione del nuovo strumento”.

In particolare, gli ordini locali che firmeranno l’accordo dovranno:

- organizzare iniziative divulgative per informare gli iscritti delle opportunità offerte dal nuovo

istituto;

- sensibilizzare gli iscritti affinché evidenzino il carattere preventivo e obbligatorio della

mediazione;

- sensibilizzare gli iscritti affinché partecipino in modo collaborativo al contraddittorio con

l’Ufficio e garantiscano un rapido scambio di informazioni con l’Ufficio stesso.

D’altro canto l’Ufficio si impegnerà:

- ad esaminare le istanze in modo approfondito e con spirito di collaborazione;

- a concedere la sospensione dell’atto in modo da evitare significativi danni patrimoniali al

contribuente;

- a promuovere il contraddittorio partecipandovi in maniera collaborativa;

- a formulare una proposta di mediazione qualora ve ne siano i presupposti.

Con la sottoscrizione del protocollo d’intesa verrà istituito un osservatorio a cui verrà demandato il

compito di monitorare l’andamento della mediazione tributaria. Sono previsti anche incontri

periodici tra i rappresentanti degli Uffici dell’Agenzia e quelli dell’ODCEC finalizzati alla verifica del

nuovo strumento nonché a risolvere eventuali criticità che dovessero manifestarsi.

Reclamo e mediazione: primi risultati

I primi dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate mostrano un buon successo dell’istituto della

mediazione tributaria. Il tutto è documentato dalla riduzione del flusso delle nuove controversie

relative ad atti emessi dall’Agenzia che risultano inferiori del 30% rispetto all’anno precedente. Si

tratta di circa 50.000 ricorsi in meno presentati nel 2012 rispetto al 2011. Inoltre a fronte delle

istanze di reclamo presentate nel corso del 2012 (circa 48.000), ne sono state esaminate oltre la

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metà di cui il 50% è stato definito in maniera positiva per il contribuente, mentre il 28% delle

istanze è stato respinto e un ulteriore 22% è in fase di definizione.

Si tratta di numeri positivi, che vanno nella direzione voluta dal Legislatore di deflazionare il

contenzioso consentendo alle parti di trovare un accordo prima di intraprendere il giudizio delle

Commissioni tributarie.

Il reclamo e gli strumenti deflativi

Al fine di ridurre la conflittualità tra erario e contribuente, l’ordinamento tributario prevede alcuni

istituti giuridici che, attraverso la rinuncia alla fase giudiziale, permettono al contribuente e al Fisco

di confrontarsi, con relativi effetti positivi, in termini di riduzioni delle sanzioni, di pagare a rate le

somme e, in alcuni casi, di godere di norme esimenti da possibili accertamenti futuri. L’obiettivo

degli istituti deflativi del contenzioso è di minimizzare la conflittualità tra Stato e contribuente,

evitare i costi relativi all’instaurazione di contenziosi inutili e perseguire la strada delle Commissioni

tributarie solo qualora tale scelta sia ragionevolmente opportuna.

L’accertamento con adesione che risulta tra gli strumenti più utilizzati è disciplinato dal D.Lgs. n.

218 del 19.06.1997. Con tale strumento è possibile definire l’accertamento delle imposte sul

reddito e dell’imposta sul valore aggiunto.

In breve, l’accertamento con adesione:

- è un istituto che può precedere l’accertamento vero e proprio;

- evita l’emissione dell’atto impositivo impugnabile innanzi alla commissione tributaria

provinciale;

- oltre a prevedere la rettifica di una dichiarazione già presentata, ammette la possibilità di

definire la posizione del contribuente anche in assenza di dichiarazione;

- è utilizzabile anche in presenza di un atto di accertamento, purché non preceduto dall’invito

ad aderire e purché non impugnato;

- può essere attivato sia dal contribuente che dall’Ufficio;

- evita il contenzioso e comporta, in caso di successo, la riduzione delle sanzioni;

- sospende per un periodo di 90 giorni i termini per l’impugnazione;

- non preclude, in caso di insuccesso, la via giurisdizionale delle Commissioni Tributarie.

L’accertamento con adesione è uno strumento che permette la rideterminazione delle maggiori imposte accertate, attraverso il riesame dell’atto di accertamento, a seguito del contraddittorio tra fisco e contribuente. È stato evidenziato che la mediazione tributaria non si sovrappone all’accertamento con adesione.

L’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 si limita a stabilire che per gli atti reclamabili non è ammessa la

conciliazione giudiziale. La norma prevede, quindi, l’inibizione della conciliazione giudiziale nelle

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cause oggetto di reclamo con la conseguenza che, a seguito del deposito del ricorso, non sarà

possibile produrre alcuna istanza di conciliazione giudiziale. Pertanto, la mediazione, sebbene

riferita alla fase amministrativa, sostituisce la conciliazione, assorbendone la funzione.

In virtù di ciò, l’onere di notificare il reclamo sussiste anche se:

- il contribuente ha presentato istanza di accertamento con adesione, ai sensi dell’art. 6 del

D.Lgs. 218/97, e il contraddittorio ha avuto esito negativo;

- il contribuente ha inviato domanda di autotutela e questa è stata respinta o è ancora sotto

esame da parte dell’ente impositore.

La necessità di proporre reclamo anche ove le parti non siano pervenute ad una soluzione

concordataria nelle more dell’accertamento con adesione appare sostanzialmente inutile. Non si

capisce perché le parti, che non hanno trovato un accordo in sede di accertamento con adesione,

debbano farlo, poi, in sede di reclamo. Oltre a ciò, è bene ricordare che il contribuente è, anche

negli atti reclamabili, indotto a presentare istanza di adesione, in quanto, tra l’altro, in tale

procedura la pretesa può essere diminuita e le sanzioni sono ridotte ad un terzo del minimo

edittale, quindi in una misura maggiore di quella applicabile nella mediazione.

Il contribuente ha 60 giorni di tempo per presentare l’istanza di accertamento con adesione.

L’istanza produce un periodo di sospensione di 90 giorni. Tale periodo di sospensione può

beneficiare altresì di un ulteriore periodo nel caso in cui i giorni vengano a scadere durante il

periodo feriale (1° agosto – 15 settembre).

In caso di esito negativo della procedura di adesione, il contribuente deve presentare istanza di

reclamo con la rideterminazione dell’ammontare delle somme dovute.

Nel caso di adesione alla proposta di mediazione di una delle parti, occorrerà versare la prima o

unica rata nei termini previsti. In caso di insuccesso, considerato che l’istanza di reclamo equivale

a notificazione del ricorso, nel termine di 30 giorni (conteggiato come visto in precedenza)

occorrerà instaurare la lite davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.

Per esempio. Un contribuente riceve il 17 maggio un accertamento IRPEF in cui viene contestata

una maggiore imposta pari a 18.000 euro oltre sanzioni e interessi.

Il contribuente ha 60 giorni di tempo dal 17 maggio 2013 per presentare l’istanza di accertamento

con adesione. Il termine scade il 16 luglio 2012. L’istanza di adesione comporta un periodo di

sospensione di 90 giorni che vengo a cadere nel periodo feriale dal 1° agosto al 15 settembre. In

questo caso i termini per presentare, in caso di esito negativo, il reclamo sono: 60 giorni ordinari +

90 giorni di sospensione + 46 giorni di sospensione feriale, in tutto 196 giorni. Nel nostro caso i

196 giorni scadono il 29 novembre 2013. Il contribuente, entro tale data, in caso di esito negativo

della procedura di adesione, può presentare istanza di reclamo.

L’Ufficio, nel termine di 90 giorni, deve valutare e decidere in merito. È il caso di ricordare che,

trattandosi di una procedura amministrativa, non è possibile applicare l’eventuale sospensione

feriale.

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L’esito positivo della mediazione comporta il pagamento, entro 20 giorni dal perfezionamento, della

prima o unica rata. In caso di insuccesso, dal giorno in cui si forma il diniego all’istanza di reclamo

(90 giorni per inerzia o data antecedente in caso di notifica del provvedimento), il contribuente ha

30 giorni di tempo per costituirsi in giudizio.

Il reclamo e l’accertamento con adesione: istituti a confronto

A seguito di un confronto tra la mediazione e l’istituto dell’accertamento con adesione è possibile

affermare che, sebbene trattasi di due istituti differenti e autonomi, nessuno dei due esclude l’altro.

L’accertamento con adesione si verifica in una fase antecedente al contenzioso e può concludersi

con un accordo stragiudiziale. Il reclamo, seppur beneficiando, come nell’adesione, dell’eventuale

definizione transattiva stragiudiziale, può, effettivamente essere considerato l’anticamera della fase

processuale.

Il reclamo obbligatorio comporta un’ulteriore fase stragiudiziale, eventualmente successiva a quella

concordataria conclusasi negativamente, nella quale è nuovamente possibile ricomporre la

controversia per evitare l’avvio del contenzioso. Si può affermare che il reclamo si inserisce tra

l’esito negativo di un accertamento con adesione e la costituzione in giudizio dinanzi alla

competente Commissione tributaria provinciale.

Il confronto tra la mediazione e l’istituto dell’accertamento con adesione porta alle seguenti

considerazioni.

1. Si tratta di due istituti differenti e autonomi, entrambi applicabili in quanto un istituto non

esclude l’altro: l’adesione si verifica in una fase antecedente al contenzioso e può arrestarsi

con un accordo stragiudiziale; il reclamo, seppur beneficiando, come nell’adesione,

dell’eventuale definizione transattiva stragiudiziale, può, effettivamente, essere considerato

l’anticamera della fase processuale.

2. L’istituto dell’adesione prevede il riesame da parte dell’Ufficio della pretesa erariale.

Qualora la pretesa sia rideterminata in maniera parziale, per la restante somma non

concordata, il contribuente può decidere di proporre ricorso. A seguito dell’introduzione

dell’istituto del reclamo, dal primo aprile 2012, in tutti i casi in cui dovesse prospettarsi una

fattispecie analoga, al ricorrere dei presupposti (atto emesso dall’agenzia delle entrate e

soglia fino ad un massimo di 20.000,00 euro), sarà obbligatorio proporre un reclamo

preventivo alla fase giudiziale.

3. La differenza tra i due istituti, seppur ambedue con natura premiale, riguarda

l’individuazione della controparte. In entrambi i casi, si tratta dell’Ufficio dell’Agenzia delle

Entrate, anche se, nel caso di reclamo, sarà un Ufficio diverso da quello che ha emesso

l’atto, a valutare la fattispecie.

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4. Nell’accertamento con adesione il contribuente non presenta all’Ufficio la documentazione

completa a riprova dell’infondatezza della domanda erariale, in quanto si precluderebbe, in

una fase successiva, gli aspetti della difesa prospettabili in un ricorso di cui dovrà decidere

un giudice. Nel reclamo invece, il contenuto del reclamo dovrà essere identico a quello del

ricorso, a pena d’inammissibilità, mettendo in chiaro così la tesi difensiva del contribuente.

In definitiva, a parte i casi in cui l’Ufficio è tenuto ad una preventiva convocazione del contribuente

(procedimenti relativi agli studi di settore, normativa antielusiva e nuovi accertamenti sintetici), il

reclamo si inserisce tra l’esito negativo di un accertamento con adesione e la costituzione in

giudizio dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale.

Il rapporto tra il reclamo e l’accertamento esecutivo

L’art. 29 del Decreto Sviluppo n. 78 del 31.05.2010, convertito con modificazioni dalla Legge 30

luglio 2010, n. 122, introduce importanti novità per quanto concerne l’accertamento esecutivo che

è entrato in vigore dal 1° ottobre 2011 e riguarda esclusivamente gli avvisi di accertamento emessi

dall’Agenzia delle Entrate in materia di imposte sui redditi, Irap e Iva nonché i provvedimenti di

irrogazione delle sanzioni.

La novità principale del nuovo accertamento consiste nel fatto che il provvedimento intima

La funzione del nuovo istituto è quella di contrastare, mediante l’intimazione di pagamento

contenuta nell’avviso di accertamento, il fenomeno dell’evasione dalla riscossione. L'innovazione

normativa si traduce sostanzialmente nell'accelerazione dei tempi della riscossione (parziale o

totale) delle somme accertate, richiedendo gli importi richiesti a titolo di imposta, sanzioni e

interessi, entro 60 giorni (in caso di presentazione dell’istanza di adesione, il termine rimane

sospeso per ulteriori 90 giorni).

il

destinatario affinché esegua il pagamento delle somme pretese entro il termine di presentazione

del ricorso (60 giorni), ovvero, nel caso di impugnazione dell’atto impositivo, le somme dovute a

titolo provvisorio ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/73. Ai fini dell'esecuzione, quindi, non è più necessaria la notifica della cartella di pagamento.

Decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, se il contribuente non paga, l'Ufficio acquista

titolo per delegare l'Agente della Riscossione a procedere.

In presenza di ricorso innanzi alla CTP, la richiesta corrisponde alla metà delle imposte pretese; in

presenza però di un pericolo per la riscossione, può essere richiesto l'importo integrale, con la

possibilità per il concessionario di procedere a esecuzione forzata sulla base dell'avviso di

accertamento.

In sintesi, secondo la normativa in vigore:

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- l'accertamento deve contenere l'avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il

pagamento, la riscossione delle somme richieste sarà affidata all’Agente per la

Riscossione;

- in caso di fondato pericolo per la riscossione, le somme potranno essere affidate all’Agente

per la Riscossione, prima dei termini di cui all'art. 29 del D.L. n. 78/2010, lettere a) e b);

- l'atto successivo rispetto all'avviso di accertamento è costituito dal pignoramento, che deve

essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo

a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo;

- a seguito dell'affidamento del credito ad Equitalia, il contribuente può chiedere la dilazione

delle somme dovute.

Per esempio. Il contribuente, prima della scadenza del ricorso, tenta l’adesione con l’Ufficio, al 59°

giorno dalla notifica dell’accertamento. Pertanto, ai 59 giorni a seguito della ricezione dell’atto, se

ne dovranno aggiungere altri 90, previsti dall’adesione, che sospendono gli effetti e i termini

dell’accertamento.

Il contribuente non raggiunge un accordo con l’Ufficio e decide di proporre ricorso – precisiamo

che in questo caso ha soltanto un giorno utile per la proposizione del reclamo (ovviamente dando

per certa la sussistenza dei requisiti per la proposizione dello stesso) – e, proponendo reclamo,

tenta ulteriormente di addivenire ad un accordo o all’annullamento dell’atto notificatogli.

Aggiungeremo, così, ulteriori 90 giorni, trascorsi i quali, il reclamo produrrà gli stessi effetti del

ricorso (costituzione nei 30 giorni successivi mediante deposito del fascicolo).

A questo punto, il contribuente, già alla presentazione del reclamo, avrà dovuto adempiere al

pagamento di una parte delle imposte (in quanto dopo i 60 giorni dalla notifica l’atto diventa

esecutivo), come indicato nell’atto di accertamento (ricordiamo a tal proposito che le sanzioni non

possono essere chieste prima della sentenza di primo grado); infatti, il 61° giorno dopo la notifica

dell’atto, le suddette somme vengono affidate all’Agente della Riscossione che, tuttavia, non potrà

– stante la normativa vigente – procedere ad esecuzione forzata prima dei 180 giorni da quando

riceve in carico il provvedimento (e quindi avremo: 60 giorni per l’esecutività, 90 giorni per

l’adesione, ulteriori 90 giorni per il reclamo, 30 giorni per l’affidamento, 180 giorni per l’inizio

dell’esecuzione).

Ricordiamo che la sospensione di 180 giorni, prevista prima dell’inizio della riscossione, opera ex

lege, ovvero senza che sia richiesto al contribuente alcun adempimento.

A tal proposito, è possibile, ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs 546/92, in pendenza di ricorso, richiedere

alla Commissione provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questo

possa derivare un danno grave e irreparabile. La sospensiva è richiesta con un’istanza contestuale

o successiva al ricorso, che interrompe gli effetti dell’atto fino alla pubblicazione della sentenza di

primo grado. La L. n. 106/2011, ha introdotto all’art. 47 del D.Lgs. 546/92 il comma 5-bis, il quale

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prevede che i giudici devono pronunciarsi sull’istanza di sospensione entro 180 giorni dalla data di

presentazione dell’istanza.

Il tutto si traduce in 450 giorni prima del primo atto esecutivo (il pignoramento), con il pagamento di

una parte delle imposte. Senza considerare poi, il termine di sospensione feriale, con il quale i

giorni diventerebbero 496, quindi oltre un anno e mezzo.

Fatta salva, ovviamente, la possibilità per l’Agente della Riscossione di procedere alla richiesta di

misure cautelari, al ricorrere delle situazioni di pericolo per la riscossione. Infatti, le misure cautelari costituiscono una possibilità, per l'Amministrazione, di tutelare il credito erariale in

presenza di una situazione di pericolo per la riscossione.

Il reclamo e la cartella di pagamento

Un caso particolare è rappresentato dalle controversie relative alle cartelle di pagamento. In tali liti,

il contribuente può impugnare sia il ruolo (atto emesso dall’Agenzia delle Entrate) che la cartella di

pagamento (atto proprio dell’Agente della Riscossione).

Possiamo distinguere i seguenti casi:

1. il contribuente solleva contestazioni attinenti esclusivamente i vizi propri della cartella di

pagamento. La controparte in giudizio è l’Agente per la Riscossione. Tale controversia non

può essere oggetto di mediazione;

2. il contribuente impugna la cartella di pagamento sollevando vizi riconducibili solo all’attività

dell’Agenzia delle Entrate. La controparte in giudizio è l’Agenzia delle Entrate. È

necessario, in questo caso, esperire la conciliazione.

Assai problematico si rivela il coordinamento tra il reclamo e il ricorso contro le cartelle di

pagamento quando il contribuente intenda censurare sia il ruolo che la cartella di pagamento.

L’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti nella circ. n. 9/E/2012 che, in certe ipotesi, non

possono risultare soddisfacenti, specie sino a quando non saranno emanate specifiche direttive di

Equitalia e non vi sarà un consolidato orientamento giurisprudenziale in merito.

Potrebbe accadere che il contribuente notifichi il ricorso all’Agente della Riscossione contro il ruolo,

o il ricorso contro il ruolo e la cartella (cioè sollevando vizi imputabili sia all’Ufficio che all’Agente

della Riscossione). Tale condotta, processualmente scorretta, non causa, nelle situazioni

“ordinarie”, alcuna inammissibilità, posto che, come rilevato nella circ. Agenzia delle Entrate

19.3.2012 n. 9/E, Equitalia è obbligata a chiamare in causa l’ente creditore (cfr. Cass. SS.UU.

25.7.2007 n. 16412).

Tuttavia, come chiarito nella suddetta circolare, l’Agenzia delle Entrate, nelle controdeduzioni,

eccepisce immediatamente l’inammissibilità del ricorso per difetto di reclamo. In questa situazione,

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l’inammissibilità sussiste, non perché il contribuente ha erroneamente chiamato in causa Equitalia,

ma in quanto, così facendo, è stata omessa la presentazione del reclamo.

Proseguendo l’analisi, il ruolo è definitivo e il ricorso potrà essere accolto solo per i restanti vizi

relativi alla cartella. La conseguenza è che, nonostante l’annullamento, la cartella può essere ri-

notificata priva del vizio invalidante se sono ancora pendenti i termini ex art. 25 del D.P.R. 602/73.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il contribuente che intende contestare il ruolo e la cartella potrà:

- in primo luogo prevedere l’avvio della fase di mediazione nei confronti dell’Agenzia senza

notificare il ricorso all’Agente della Riscossione. In tale ipotesi, trova applicazione il

procedimento di reclamo. Se la mediazione dovesse chiudersi negativamente, il

contribuente potrà valutare l’eventuale prosecuzione del contenzioso;

- in secondo luogo notificare il ricorso all’Agente della Riscossione e contestualmente

avviare la fase di mediazione con l’Agenzia delle Entrate.

In entrambe le ipotesi, quindi, l’Agenzia delle Entrate afferma che trova applicazione il

procedimento di mediazione in relazione alle contestazioni riguardanti l’Agenzia delle Entrate. Solo

l’eventuale esito negativo della mediazione, porrà il contribuente nella condizione di proseguire il

contenzioso.

Prosegue l’Agenzia sostenendo che il contribuente, sia con riferimento al ruolo che alla cartella,

deve costituirsi in giudizio non entro il termine di cui all’art. 22 del D.Lgs 546/1992 (30 giorni dalla

data di notifica del ricorso) ma entro il termine di cui all’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 (30 giorni

dal decorso dei 90 giorni dalla notifica del reclamo o del suo esito). Sempre secondo l’Agenzia, la

formulazione della norma non consentirebbe di sdoppiare gli adempimenti processuali inerenti

un’unica controversia. In caso contrario si verificherebbe l’inammissibile conseguenza di una

costituzione in giudizio circoscritta alla parte del ricorso riguardante l’Agente della Riscossione.

La posizione dell’Agenzia è fortemente criticata da alcuni autori che sottolineano la mancanza di

direttive da parte di Equitalia al riguardo. Viene inoltre precisato che ruolo e cartella sono atti

distinti e autonomi. Il fatto di notificare il ricorso all’Agente della Riscossione con i termini di cui

all’art. 17-bis può comportare il rischio di incorrere in costituzione in giudizio tardiva riguardo ai vizi

della cartella.

Un comportamento cautelativo e consigliabile potrebbe consistere nel notificare il ricorso ad

Equitalia e il reclamo all’Agenzia delle Entrate.

Analizziamo i casi possibili:

- il reclamo ha esito positivo. Il ruolo viene meno. Il ricorso contro la cartella dovrebbe essere

dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere. La cartella è valida solo se

permane il ruolo. Cessando quest’ultimo, il ricorso contro la cartella di pagamento perde

rilevanza giuridica. Le somme derivanti dall’accordo verranno versate secondo le modalità

stabilite dall’art. 48 del D.Lgs. 546/92;

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- il reclamo ha esito negativo. Il ricorso contro la cartella viene accolto sulla sola base di vizi

imputabili all’Agente della Riscossione. In tal caso Equitalia può ri-notificare la cartella

sanando il vizio che ha causato l’annullamento giudiziale, entro i termini decadenziali, in

quanto solo in tal modo la pretesa potrà essere azionata;

- un’ulteriore soluzione: il giudice investito del ricorso contro la cartella di pagamento

sospende il processo in attesa della definizione del procedimento di reclamo contro il ruolo.

In tal caso, se il reclamo avesse esito negativo, questo si convertirebbe in ricorso, quindi il

giudice, sussistendo i presupposti di cui all’art. 29 del D.Lgs. 546/92, potrebbe disporre la

riunione dei due ricorsi e procedere all’esame della causa, a questo punto esaminando sia

le censure imputabili all’Ufficio che ad Equitalia.

Data la delicatezza della questione, è importante fornire un esempio.

Nel mese di aprile 2013 un contribuente riceve una cartella di pagamento da liquidazione

automatica per il periodo d’imposta 2008. La liquidazione automatica appare infondata per via del

fatto che non sono stati attribuiti crediti d’imposta in realtà spettanti.

Anche la cartella di pagamento presenta vizi propri, in quanto non è stato rispettato il termine di cui

all’art. 25 del D.P.R. 602/973. Il termine ultimo per notificare la cartella sarebbe dovuto essere il

31/12/2012.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il contribuente deve procedere con la notifica del ricorso/reclamo

sia alla Direzione che ha emanato l’atto che all’Agente per la Riscossione. In caso di esito

negativo, prosegue l’Agenzia, il contribuente deposita il ricorso nei confronti di entrambi gli enti. Il

rischio, secondo alcuni autori, sarebbe che in assenza di chiarimenti e direttive, l’avvocato di

Equitalia, nelle controdeduzioni, potrebbe eccepire l’inammissibilità del ricorso in quanto la

costituzione in giudizio sarebbe dovuta avvenire entro 30 giorni dalla notifica dell’atto di

reclamo/ricorso, considerato che la cartella di pagamento è un atto distinto dal ruolo, non

reclamabile, a cui si applica l’art. 22 del D.Lgs. 546/1992 e non l’art. 17- bis dello stesso decreto.

Secondo altri autori, il contribuente farebbe bene a presentare:

- atto di reclamo alla Direzione che ha emanato il provvedimento;

- ordinario ricorso nei confronti di Equitalia per censurare la questione dei termini,

costituendosi in giudizio tempestivamente.

Il contribuente, in sede di giudizio contro Equitalia, chiede al giudice di sospendere il processo (ex

art. 27 del D.Lgs. 546/1992), in attesa che si concluda il procedimento amministrativo.

Nel caso in cui il procedimento di reclamo si dovesse concludere negativamente, il contribuente

provvede a costituirsi in giudizio depositando in Commissione Tributaria Provinciale il ricorso

contro la Direzione che ha emanato l’atto e, contestualmente, chiede la riunione (ex art. 43 del

D.Lgs. 546/1992) dei due atti contestati (ruolo e cartella di pagamento).

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In questo modo, i due processi (ruolo e cartella) sarebbero riuniti e non vi sarebbero problemi di

coordinamento.

Un ultimo commento:

- la tesi dell’Agenzia, in assenza di altri chiarimenti e direttive, può comportare, in teoria,

l’inammissibilità del ricorso contro la cartella;

- altri autori, in alternativa alla tesi dell’Agenzia delle Entrate, assumono una posizione di

prudenza. La posizione di questi potrebbe solo incontrare una dichiarazione di

improcedibilità di giudizio da parte del giudice tributario ove lo stesso giudice ritenesse che

la cartella di pagamento debba soggiacere ai termini di cui all’art. 17-bis del D.Lgs.

546/1992.

I dubbi sulla costituzionalità del reclamo

L’istituto del reclamo e della mediazione presenta non poche perplessità e problematiche

interpretative, oltre che applicative.

Vediamo in particolare, con riferimento ad alcune singole fattispecie, quali potrebbero essere gli

interrogativi, ad oggi ancora in attesa di risposta.

Alcuni autori hanno evidenziato diversi e concorrenti profili di incostituzionalità, in relazione agli

artt. 3 (principio di uguaglianza e ragionevolezza), 24 (diritto di difesa) e 111 (giusto processo)

della Costituzione repubblicana.

Violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.). Un profilo di illegittimità costituzionale è ravvisabile

al comma 2 dell’art. 17-bis citato, laddove la presentazione del reclamo si sostanzia in una

condizione di ammissibilità del ricorso, andando a precludere, in caso di mancata presentazione

dell’istanza, qualsivoglia attività giudiziale. L’art. 24, primo comma, Cost., difatti, prevede che “tutti

possono agire in giudizio in difesa dei propri diritti e interessi legittimi”. Si tratta del c.d. “diritto di azione” per il quale il Costituente ha previsto un espresso riconoscimento costituzionale allo

scopo di impedire che un qualsivoglia legislatore potesse o comunque possa privare, in maniera

arbitraria, alcune posizioni giuridiche soggettive.

È proprio il carattere obbligatorio della procedura di reclamo a suscitare notevoli dubbi sulla legittimità costituzionale, costituendo una notevole differenza rispetto agli altri istituti

deflativi delle liti presenti nel sistema tributario. L’art. 17-bis, al comma 2, stabilisce che “la

presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso. L’inammissibilità è rilevabile

d’Ufficio in ogni stato e grado del giudizio.”

La circolare n. 9/E chiarisce che “la previsione normativa della possibilità, per l’Agenzia delle

Entrate, di esaminare preventivamente le doglianze che il contribuente intende proporre innanzi al

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Giudice tributario risponde ad esigenze riconosciute come costituzionalmente rilevanti. In proposito

si ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il legislatore può ritenere

opportuno, nell’interesse dello stesso ricorrente, che la fase giudiziaria sia preceduta da un esame

della potenziale controversia in sede amministrativa, oltre che allo scopo di realizzare la giustizia

nell’ambito della pubblica Amministrazione, anche per evitare lunghe e dispendiose procedure

giudiziarie, che potrebbero compromettere la funzionalità del servizio.”(Corte Costituzionale,

sentenze n. 93 del 26 luglio 1979 e n. 15 de 18 gennaio 1991).

La dottrina tributaria ha evidenziato che l’obbligatorietà del reclamo condiziona l’immediato avvio

dell’azione giudiziaria da parte del contribuente. Si citano alcuni precedenti giurisprudenziali della

Corte Costituzionale che legittimano il differimento della proponibilità dell’azione giudiziaria “solo se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia” (cfr.

sentenze n. 360 del 27 luglio 1994 e n. 56 del 24 febbraio 1995). Allo stato attuale, la dottrina è

concorde nel ritenere che nel caso del reclamo non ricorrano quelle esigenze di ordine generale e

superiori finalità di giustizia. Di conseguenza, il differimento dell’azione giudiziaria a causa del

reclamo costituirebbe una lesione del diritto di difesa in capo al contribuente costituzionalmente

rilevante.

Parallelamente, appare opportuno evidenziare che, nessun istituto giurisdizionale attualmente in

vigore prevede una sanzione così grave ed invalidante a seguito del mancato esperimento della

fase amministrativa. È del tutto ingiustificato, oltre che illegittimo, precludere la possibilità di difesa

sic et simpliciter, soprattutto in una fase così delicata come quella che precede l’instaurazione di

un eventuale giudizio a fronte di un accertamento ancora da valutare.

Un riferimento utile è rinvenibile in materia di diritto del lavoro. L’art. 443 c.p.c. prevede che “Se è

normativamente prevista una procedura amministrativa di conciliazione, essa deve essere esperita

prima dell’introduzione del giudizio a pena di improcedibilità di quest’ultimo. Il Giudice adito, in

quest’ultimo caso, rilevato l’omesso esperimento della fase procedimentale per la composizione

amministrativa, dichiara l’improcedibilità della domanda, sospendendo il giudizio e fissando

all’attore un termine di sessanta giorni per la presentazione del ricorso amministrativo.”

Alla luce di quanto appena espresso, ma soprattutto con riferimento alla giurisprudenza della Corte

Costituzionale, il profilo invalidante dell’inammissibilità del ricorso in assenza di reclamo appare del

tutto illegittimo e incostituzionale.

Ne deriva, una totale incertezza della tutela giurisdizionale del contribuente, atteso che, allo stesso

verrebbe preclusa la facoltà di adire la competente autorità giudiziaria, in ossequio ai principi

sanciti dalla Costituzione.

Violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.). Il principio

costituzionale di uguaglianza e ragionevolezza risulta violato in relazione al comma 10, dell’art. 17-

bis cit., dedicato al regime delle spese. Tale comma, non prevedendo alcuna disciplina in merito

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alle spese relative al procedimento di reclamo quando il giudizio non si svolge perché il reclamo è

accolto o la mediazione va a buon fine, lede il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della

Costituzione. È stato rilevato, infatti, che l’attivazione della procedura di reclamo comporta

necessariamente dei costi per il contribuente, che deve remunerare la prestazione professionale

resa per l’assistenza tecnica di cui usufruisce, analogamente a quanto avrebbe dovuto anticipare

per la proposizione diretta del ricorso. L’Amministrazione, invece, beneficia, per l’anticipato

annullamento dell’atto, del risparmio delle spese di giudizio.

Violazione del diritto ad un giusto processo (art. 111 Cost.). Infine, un ulteriore profilo

d’incostituzionalità dell’art. 17-bis cit. è ravvisabile anche nel mancato coordinamento con il

procedimento di accertamento con adesione. Ciò in quanto tale mancato coordinamento rischia di

dilatare eccessivamente i tempi di introduzione del giudizio tributario, con conseguente

incostituzionalità della norma per violazione del principio sul giusto processo di cui all’art. 111

Cost. Difatti, se il contribuente attiva il procedimento di accertamento con adesione, considerando

anche la possibile sospensione dei termini feriali, fra la notificazione dell'atto impugnabile e il

radicamento del giudizio dinanzi al Giudice tributario possono trascorrere circa 9 mesi e mezzo.

Infatti, ai 60 giorni per la proposizione del ricorso si aggiungono i 90 giorni per il procedimento di

accertamento con adesione, i 46 giorni della sospensione feriale e i 90 giorni per il procedimento di

reclamo e mediazione (si ottengono ben 286 giorni). Risultato, questo, che non è conforme

all'aspettativa - riconosciuta e tutelata dall'art. 111 Cost. - di vedere definita in tempi ragionevoli la

controversia. Pertanto, in ragione di quanto enunciato, non si può fare a meno di osservare che, se

profili di illegittimità costituzionale sono stati rilevati anche in merito all'art. 5, primo comma, del

D.Lgs. n. 28/2010 (in tal senso Corte Cost., del 24/10/2012, n. 272), relativo alla mediazione

obbligatoria civilistica, che detta una disciplina meno gravosa, in cui non è prevista la definitiva

perdita del diritto di azione a seguito del mancato esperimento della procedura obbligatoria di

mediazione, a maggior ragione profili d’incostituzionalità devono essere ravvisati nella disciplina

tributaria, ove, come osservato, il mancato reclamo preventivo è causa di inammissibilità

insanabile del ricorso, rilevabile d'Ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Conclusioni

Il presente lavoro ha voluto fornire un contributo all’analisi del nuovo istituto giuridico del reclamo,

evidenziando allo stesso tempo i profili di criticità e incertezza relativi all’applicazione.

L’intento del Legislatore è ispirato al raggiungimento di un bonario componimento delle

controversie in atto, ma è del tutto evidente che il conseguimento degli obiettivi preposti dipenda

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dalle parti in causa (contribuente e amministrazione finanziaria), che dovranno interagire tenendo

conto dei principi generali di collaborazione, buona fede, correttezza e ragionevolezza.

1. Alcuni autori sottolineano a più riprese che, sebbene il reclamo abbia una positiva e

importante funzione di conciliazione tra le parti, sarebbe stato opportuno, anziché introdurre

un nuovo istituto deflativo, rivedere quelli già esistenti. In particolare, se l’obiettivo è quello

di deflazionare il contenzioso, piuttosto che introdurre un’istanza obbligatoria prima del

ricorso, sarebbe stato meglio rivedere la fase che porta all’emissione dell’atto di

accertamento, che spesso presenta lacune e non tiene conto delle norme contenute nello

statuto del contribuente.

2. Altro aspetto a cui sarebbe necessario porre rimedio è la possibilità per l’amministrazione di

attivare la fase della riscossione nonché esperire le misure cautelari e conservative. Al

riguardo, sarebbe opportuno un intervento legislativo che inibisca la fase della riscossione

in pendenza di reclamo.

3. Più volte è stato evidenziato che la procedura del reclamo e della mediazione non si svolge

davanti ad un organo terzo, bensì è affidata alla medesima Direzione Regionale o

Provinciale che ha emanato l’atto (differisce esclusivamente l’Ufficio interno), con la

conseguenza che quest’ultima ricopre il doppio ruolo di mediatore e parte del

procedimento. Al riguardo viene suggerito di affidare il ruolo di organo terzo ad esercitare la

mediazione tributaria alla figura del Garante del contribuente, figura già presente del

panorama tributario, che avrebbe il compito di garantire imparzialità e terzietà nella fase

conciliativa tra l’Ufficio e il contribuente.

4. La formulazione dell’oggetto della domanda, nei casi di reclamo, fa scaturire come primo

effetto quello della non proponibilità dell’impugnazione relativamente a ciò che non è stato

contestato in sede di reclamo. Ciò significa che, se nel reclamo si insiste esclusivamente

per il parziale annullamento dell’atto, nell’eventuale successiva fase giurisdizionale non

potrà essere formulata una diversa domanda di annullamento. L’immodificabilità

dell’oggetto della domanda resta un aspetto critico, evidenziato da più parti, con profili di

incostituzionalità legati alla lesione del diritto di difesa.

5. È stato osservato, poi, che la fase amministrativa, svolgendosi a ricorso già presentato e

quasi implicitamente anche a documenti e prove portate a conoscenza dal contribuente,

comporta una piena conoscenza da parte dell’Ufficio della strategia difensiva che il

ricorrente svilupperà nel processo, alterando così l’equilibrio in tema di parità di armi

processuali tra le parti.

6. Il mancato coordinamento tra il reclamo e la disciplina dell’accertamento con adesione

resta un rilevo su cui sarebbe importante intervenire. I legami tra l’istanza di reclamo e

l’accertamento con adesione richiesto dopo la notifica dell’avviso di accertamento appaiono

problematici. In teoria, i due procedimenti coesistono, perché l’accertamento con adesione

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precede il ricorso, sospendendo i termini per proporlo per 90 giorni. Fallito il tentativo di

accertamento con adesione ci si chiede che senso abbia esperire successivamente il

reclamo e la mediazione. È sì vero che il reclamo e la mediazione sono affidati, come visto,

ad una ripartizione interna dell’Ufficio diversa da quella che ha curato l’adozione dell’atto

impugnato, ma l’immediata successione delle due fasi appare davvero singolare, atteso

che l’Ufficio è sempre il medesimo.

Sembra, dunque, che il mancato coordinamento tra il reclamo e l’accertamento con adesione

abbia portato ad un’irrazionale duplicazione di opportunità di definizione stragiudiziale della

controversia. Inoltre, la mancanza di un adeguato coordinamento tra i due istituti rischia

un’irragionevole dilatazione dei tempi di introduzione del giudizio, facendo anche affiorare dubbi di

illiceità costituzionale, in violazione del principio della ragionevole durata del processo (art. 111

Cost.).

Basta pensare che, se il contribuente attiva il procedimento di accertamento con adesione,

considerando anche la possibile sospensione dei termini feriali, fra la notificazione dell’atto

impugnabile ed il radicamento del giudizio dinanzi al giudice tributario possono trascorrere circa 9

mesi e mezzo.

Tale risultato non è conforme all’aspettativa di vedere definita in tempi ragionevoli la controversia

anche in virtù del modesto valore delle liti che ne formano oggetto.

Inoltre, la mancanza di qualunque coordinamento fra il reclamo e l’esecutività dell’accertamento

pone un serio pregiudizio sulla possibilità che il nuovo istituto possa ottenere il successo atteso.

Infatti, la presentazione dell’istanza di reclamo non determina la sospensione dell’esecutività

dell’accertamento, motivo per il quale l’Amministrazione finanziaria durante il suo espletamento

può riscuotere le somme oggetto dell’atto sottoposto a reclamo.

Vi sarà bisogno, quindi, di un intervento normativo che espliciti la sospensione dell’obbligo di

pagamento delle pretese impositive e sanzionatorie e l’inibizione delle iniziative cautelari e

conservative finché è in corso il procedimento di reclamo, così come previsto per l’accertamento

con adesione.

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Decreto legislativo del 31 dicembre 1992 n. 546 -Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30dicembre 1991, n 413.

Pubblicato in  Gazzetta Ufficiale  n. 9  del 13 gennaio 1993

-Articolo 17 bis

Il reclamo e la mediazione.

In vigore dal 6 luglio 2011

Nota: Ai sensi dell'art. 39, comma 11 decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 le disposizioni del presente articolo siapplicano con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1 aprile 2012.

1. Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate,chi intende proporre ricorso e' tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed e'esclusa la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48.

2. La presentazione del reclamo e' condizione di ammissibilita' del ricorso. L'inammissibilita' e' rilevabile d'ufficio inogni stato e grado del giudizio.

3. Il valore di cui al comma 1 e' determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12.

4. Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all'articolo 47-bis.

5. Il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l'atto, le qualiprovvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l'istruttoria degli attireclamabili.

6. Per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell'articolo 22,in quanto compatibili.

7. Il reclamo puo' contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazionedell'ammontare della pretesa.

8. L'organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all'annullamento totale o parziale dell'atto, ne'l'eventuale proposta di mediazione, formula d'ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all'eventualeincertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilita' della pretesa e al principio di economicita'dell'azione amministrativa. Si applicano le disposizioni dell'articolo 48, in quanto compatibili.

9. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l'accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusala mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predettadata. Se l'Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimentodel diniego. In caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell'atto diaccoglimento parziale.

10. Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente e' condannata a rimborsare, in aggiunta alle spesedi giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimentodisciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, lacommissione tributaria, puo' compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giustimotivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la propostadi mediazione.

      

Decreto legislativo del 31 dicembre 1992 n. 546 -

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CIRCOLARE N.9/E

Via Giorgione, 159 – 00147 Roma - Tel. 06.5054.5708 – 5416 – 5417 – 5560 Fax 06.5054.5555

e-mail: [email protected]

Roma, 19 marzo 2012

Alle Direzioni regionali

Alle Direzioni provinciali

Ai Centri operativi

e, p. c., Al Ministero dell’economia e

delle finanze Dipartimento delle finanze

All’Avvocatura generale dello

Stato Al Comando generale della

Guardia di finanza Al Consiglio di presidenza della

giustizia tributaria Alle Direzioni centrali Agli Uffici centrali di staff LORO SEDI Prot. n. 2012/43182 All.: 1 OGGETTO: Mediazione tributaria – Chiarimenti e istruzioni operative

Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso

______________

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INDICE

PREMESSA .......................................................................................................... 5

1. L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL NUOVO ISTITUTO ................. 9

1.1 La tipologia di atto impugnato ............................................................. 10

1.1.1 Gli atti non riconducibili all’attività dell’Agenzia delle entrate ... 13

1.1.2 Gli atti di recupero degli aiuti di Stato illegittimi .......................... 14

1.2 L’Agenzia delle entrate quale parte del giudizio ................................. 15

1.3 Il valore della controversia ................................................................... 17

1.3.1 La rettifica delle perdite ................................................................. 19

1.3.2 Le controversie di valore indeterminabile ..................................... 22

1.4 I contributi previdenziali e assistenziali ............................................... 23

1.5 L’entrata in vigore ................................................................................ 23

2. L’ISTANZA DI MEDIAZIONE ................................................................ 24

2.1 La legittimazione a presentare l’istanza .............................................. 26

2.2 Il litisconsorzio necessario.................................................................... 26

2.3 I coobbligati ........................................................................................... 28

2.4 Il contenuto dell’istanza ....................................................................... 28

2.5 L’imposta di bollo e il contributo unificato ......................................... 32

2.6 Gli atti e i documenti da allegare all’istanza ....................................... 33

2.7 Le notificazioni ..................................................................................... 35

2.8 L’Ufficio dell’Agenzia a cui presentare l’istanza ................................ 36

2.9 I termini di presentazione ..................................................................... 38

3. GLI EFFETTI DELLA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA ............ 40

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3.1 Gli effetti sostanziali della presentazione dell’istanza ......................... 40

3.2 Gli effetti processuali della presentazione dell’istanza ....................... 41

4. LA SOSPENSIONE DELLA RISCOSSIONE ......................................... 42

5. LA TRATTAZIONE DELL’ISTANZA ................................................... 44

5.1 La struttura competente ........................................................................ 45

5.2 L’esame preliminare dell’istanza ......................................................... 45

5.3 L’accoglimento dell’istanza .................................................................. 48

5.4 La valutazione della mediazione .......................................................... 49

5.4.1 L’incertezza della questione controversa ....................................... 50

5.4.2 Il grado di sostenibilità della pretesa ............................................ 52

5.4.3 Il principio di economicità dell’azione amministrativa ................. 53

5.5 La limitazione della responsabilità ...................................................... 53

6. L’ACCORDO DI MEDIAZIONE ............................................................. 54

6.1 Il contraddittorio con il contribuente ................................................... 55

6.2 La riduzione delle sanzioni in caso di mediazione .............................. 57

6.3 Le modalità di conclusione dell’accordo ............................................. 59

6.4 La sottoscrizione della mediazione ....................................................... 60

7. IL PERFEZIONAMENTO DELLA MEDIAZIONE.............................. 62

7.1 Le modalità di versamento delle somme dovute .................................. 63

7.2 Gli effetti del perfezionamento della mediazione ................................ 64

8. IL DINIEGO ALL’ISTANZA ................................................................... 65

9. LA NOTIFICA DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO DI

MEDIAZIONE.................................................................................................... 66

10. L’INSTAURAZIONE DEL GIUDIZIO ................................................... 68

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10.1 La costituzione in giudizio del contribuente ........................................ 68

10.1.1 La costituzione in giudizio del contribuente a seguito di

impugnazione di atti emessi dall’Agente della riscossione .......................... 71

10.1.2 La costituzione in giudizio del contribuente a seguito di

impugnazione cumulativa ............................................................................. 72

10.1.3 La costituzione in giudizio del contribuente in caso di mancato

pagamento delle somme dovute a seguito della mediazione ........................ 73

10.2 La costituzione in giudizio dell’Ufficio ................................................ 73

10.3 Lo svolgimento successivo della controversia e la disciplina delle

spese di giudizio ................................................................................................ 74

ALLEGATO

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5

PREMESSA

L’articolo 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,

con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha inserito nel decreto

legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17-bis, rubricato “Il reclamo e la

mediazione”.

Tale disposizione ha introdotto, per le controversie di valore non superiore

a ventimila euro, relative ad atti dell’Agenzia delle entrate, notificati a decorrere

dal 1° aprile 2012, un rimedio da esperire in via preliminare ogni qualvolta si

intenda presentare un ricorso, pena l’inammissibilità dello stesso.

Si tratta di uno strumento deflativo del contenzioso, con il quale si prevede

la presentazione obbligatoria di un’istanza1 che anticipa il contenuto del ricorso,

nel senso che con essa il contribuente chiede l’annullamento totale o parziale

dell’atto sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che intenderebbe portare

all’attenzione della Commissione tributaria provinciale nella eventuale fase

giurisdizionale.

E’ in facoltà del contribuente inserire nell’istanza anche una proposta di

mediazione.

Il nuovo istituto – nella presente circolare convenzionalmente denominato

mediazione tributaria2 - non determina, dunque, un più gravoso esercizio

dell’azione in giudizio per il contribuente, dal momento che, come meglio si

specificherà in seguito, in caso di mancata conclusione positiva della fase

amministrativa della mediazione, la norma considera l’azione giudiziaria già

esercitata, richiedendo al contribuente, per l’attivazione del contenzioso,

1 Nella presente circolare, per brevità, l’atto che deve notificare il contribuente è denominato semplicemente anche solo “istanza”. 2 O anche procedimento di mediazione o solo mediazione.

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esclusivamente l’ordinario onere della costituzione in giudizio innanzi alla

Commissione tributaria provinciale.

Peraltro, la previsione normativa della possibilità, per l’Agenzia delle

entrate, di esaminare preventivamente le doglianze che il contribuente intende

proporre innanzi al Giudice tributario risponde ad esigenze riconosciute come

costituzionalmente rilevanti.

In proposito si ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte

costituzionale, il legislatore può ritenere opportuno, nell’interesse dello stesso

ricorrente, che la fase giudiziaria sia preceduta da un esame della potenziale

controversia in sede amministrativa, oltre che allo scopo di realizzare la giustizia

nell’ambito della pubblica Amministrazione, anche per evitare lunghe e

dispendiose procedure giudiziarie, che potrebbero compromettere la funzionalità

del servizio (cfr., tra le altre, Corte costituzionale, 26 luglio 1979, n. 93 e 18

gennaio 1991, n. 15).

La deflazione del contenzioso – che costituisce un obiettivo primario per

l’Agenzia delle entrate (cfr. circolare n. 22/E del 26 maggio 2011) - viene in tal

caso perseguita in fase amministrativa, prima della eventuale instaurazione del

giudizio.

Proprio per tale motivo, la procedura di mediazione deve ritenersi

sostanzialmente finalizzata a evitare il “rinvio” ai giudici tributari delle

contestazioni che possono essere risolte in sede amministrativa, attraverso un

esame volto ad anticipare l’esito ragionevolmente atteso del giudizio, tenuto

conto della situazione di fatto e di diritto sottesa alla singola fattispecie.

Considerata la ratio della normativa in esame, che “introduce un efficace

rimedio amministrativo per deflazionare il contenzioso relativo ad atti di valore

non elevato emessi dall’Agenzia delle entrate”3, la mediazione tributaria rende

3 Cfr. relazione al disegno di legge di conversione del DL n. 98 del 2011.

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difficilmente giustificabile l’instaurazione del contenzioso in presenza di istanze

fondate e concretamente mediabili.

È, quindi, presumibile, oltre che fortemente auspicabile, che gli esiti della

nuova attività amministrativa possano offrire rilevanti contributi al fine sia di

diminuire il numero dei giudizi tributari instaurati sia di contribuire a sviluppare

la tax compliance.

In ogni caso, il nuovo istituto offre ai contribuenti l’opportunità di

rappresentare sollecitamente, in dialogo con l’Ufficio4, le proprie ragioni e di

difendersi in sede amministrativa, evitando gli oneri e l’alea del giudizio.

Esso consente, sia ai contribuenti sia all’Agenzia delle entrate, di

affrontare le vicende tributarie secondo una logica tendente alla sistematica

affermazione di soluzioni legittime e trasparenti, rimuovendo eventuali vizi

dell’atto amministrativo.

In sintesi, il nuovo istituto è potenzialmente idoneo non solo a migliorare i

rapporti tra i contribuenti e l’Amministrazione finanziaria, ma anche a

contribuire positivamente alla realizzazione degli obiettivi di qualità perseguiti

dall’Agenzia delle entrate.

Circa i tratti distintivi che caratterizzano la mediazione rispetto agli altri

istituti deflativi del contenzioso, tra i quali l’autotutela e l’accertamento con

adesione, si pone in rilievo il carattere obbligatorio del nuovo istituto per gli atti

di valore non superiore a ventimila euro, che, da un lato, fa obbligo al

contribuente che intenda adire il Giudice di presentare preventivamente l’istanza

all’Ufficio e, dall’altro lato, impone all’Ufficio di esaminare sistematicamente

l’istanza del contribuente e di riscontrarla in maniera espressa.

4 Nella presente circolare, per brevità, per Ufficio si intende l’Ufficio legale, che per le Direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate è previsto dal comma 3 dell’articolo 5 del regolamento di amministrazione (reperibile sul sito Internet www.agenziaentrate.gov.it) come modificato dalla delibera del Comitato di gestione del 29 dicembre 2011, n. 51.

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Con specifico riferimento all’accertamento con adesione, si osserva,

altresì, che la mediazione non è limitata agli avvisi di accertamento, ma attiene a

tutti gli atti impugnabili provenienti dall’attività dell’Agenzia delle entrate,

compresi i dinieghi di rimborso e le iscrizioni a ruolo, indirizzando il riesame

dell’atto impugnato alla luce dei motivi del ricorso - che possono essere diversi

dalle questioni trattate in sede di accertamento con adesione5 - nonché degli

orientamenti della giurisprudenza.

Inoltre, nel procedimento di mediazione, le valutazioni dell’Ufficio in

merito all’istanza proposta dal contribuente devono fondarsi, per espressa

disposizione del comma 8 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, su tre

criteri specifici, consistenti nella “eventuale incertezza delle questioni

controverse”, nel “grado di sostenibilità della pretesa” e nel “principio di

economicità dell’azione amministrativa” (cfr. punto 5.4).

Il procedimento di mediazione avvia una nuova fase amministrativa, i cui

esiti si differenziano anche ai fini del trattamento sanzionatorio, ove si consideri

che a seguito dell’accordo di mediazione compete il beneficio della riduzione

delle sanzioni al quaranta per cento e non, invece, la più elevata riduzione

spettante, ad esempio, a seguito di acquiescenza all’accertamento; il beneficio

della riduzione a un terzo delle sanzioni in applicazione dell’articolo 15 del

decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, consegue, infatti, esclusivamente al

pagamento delle somme dovute per acquiescenza all’accertamento “entro il

termine per la proposizione del ricorso” (cfr. punto 6.2).

Va anche evidenziato che il procedimento di mediazione si svolge su di un

piano di sostanziale parità fra contribuente e Ufficio, peraltro in una situazione in

cui entrambi hanno manifestato e documentato in maniera completa e definitiva

le proprie posizioni.

5 In quanto legati, ad esempio, alla regolarità della notifica oppure ai vizi di motivazione dell’atto (cfr. punto 6.1).

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Non è prospettabile, in definitiva, una sovrapposizione tra i predetti istituti

deflativi, atteso che il procedimento di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546

del 1992 è “proiettato” sul processo tributario e induce il contribuente e l’Ufficio

– anche attraverso il rilevato carattere di obbligatorietà – ad anticipare l’esito

dell’eventuale giudizio e, quindi, a porre in essere ogni determinazione idonea ad

evitare l’instaurazione di un processo dall’esito negativo e, comunque, incerto.

Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, il nuovo

istituto è alternativo alla conciliazione giudiziale prevista dall’articolo 48 del

D.Lgs. n. 546 del 1992. In base al comma 1 dell’articolo 17-bis del medesimo

decreto, infatti, nelle controversie instaurate a seguito di rigetto dell’istanza

ovvero di mancata conclusione della mediazione, “è esclusa la conciliazione

giudiziale di cui all’articolo 48”.

Pertanto, la mediazione, sebbene riferita alla fase amministrativa,

sostituisce la conciliazione, assorbendone la funzione.

Al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, in allegato alla

presente circolare si propone un fac-simile di istanza, evidenziando che rimane

ovviamente ferma la possibilità di utilizzare schemi diversi, purché redatti in

conformità al contenuto della normativa di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n.

546 del 1992.

1. L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL NUOVO ISTITUTO

La mediazione tributaria è istituto diverso dalla mediazione disciplinata

dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 286, che opera relativamente alla

6 Il D.Lgs. n. 28 del 2010 riguarda “Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”. L’articolo 60 della legge n. 69 del 2009 ha delegato il Governo ad adottare “uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”, attenendosi ad alcuni principi e criteri direttivi, tra i quali “a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia”.

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“conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti

disponibili” (articolo 2 del medesimo D.Lgs. n. 28 del 2010).

In ambito tributario – ove peraltro vige il principio della indisponibilità dei

diritti - la mediazione applicabile è unicamente quella prevista dall’articolo 17-

bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui “Per le controversie di valore non

superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi

intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo

le disposizioni seguenti …”.

Il legislatore ha, quindi, individuato, sulla base di specifici criteri, una

tipologia di controversie, in relazione alle quali il ricorso deve essere preceduto

da una fase preliminare di carattere amministrativo.

Nella specie, i criteri individuati dalla norma attengono:

• alla tipologia di atto impugnato;

• alla parte resistente nell’eventuale giudizio;

• al valore della controversia.

La contestuale sussistenza dei requisiti sopra indicati impone a chi intenda

proporre ricorso di esperire preventivamente e obbligatoriamente la procedura di

mediazione.

Come più ampiamente si osserverà in seguito, la norma stabilisce una

stretta connessione tra la proposizione del ricorso e l’istanza di mediazione, per

effetto della quale è necessaria una sostanziale coincidenza tra quest’ultima e il

contenuto del ricorso, così come individuato dagli articoli 18 e seguenti del

D.Lgs. n. 546 del 1992.

1.1 La tipologia di atto impugnato

Il comma 1 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 dispone

l’applicazione del nuovo istituto alle controversie aventi ad oggetto gli “atti

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emessi dall’Agenzia delle entrate”. Il successivo comma 6 stabilisce che “Per il

procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12, 18, 19, 20, 21 e

al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili”.

Dal combinato disposto delle norme sopra citate emerge che il

contribuente deve esperire la fase amministrativa ogni qual volta intenda

impugnare uno degli atti individuati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 19927,

emesso dall’Agenzia delle entrate, e il valore della controversia non sia superiore

a ventimila euro.

Ne deriva che sono oggetto di mediazione le controversie relative a:

• avviso di accertamento;

• avviso di liquidazione;

• provvedimento che irroga le sanzioni;

• ruolo;

• rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni

pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti;

• diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di

definizione agevolata di rapporti tributari;

7 Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, sono atti impugnabili innanzi alle commissioni tributarie:

“a) l’avviso di accertamento del tributo; b) l’avviso di liquidazione del tributo; c) il provvedimento che irroga le sanzioni; d) il ruolo e la cartella di pagamento; e) l’avviso di mora; e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 3; g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri

accessori non dovuti; h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti

tributari; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle

commissioni tributarie.”

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• ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la

legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni

tributarie.

Si ritiene, in particolare, oggetto di mediazione anche il rifiuto tacito della

restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti,

sulla base delle seguenti considerazioni.

Come sopra ricordato, ai sensi del comma 6 dell’articolo 17-bis del D.Lgs.

n. 546 del 1992, al “procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli

12, 18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili”.

Tra gli atti impugnabili, l’articolo 19, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 546

del 1992 espressamente include il rifiuto tacito alla restituzione di tributi,

sanzioni, interessi o altri accessori. Pertanto, in applicazione del combinato

disposto dei commi 1 e 6 dell’articolo 17-bis, la fase della mediazione va esperita

anche in relazione al rifiuto tacito di rimborso.

Si ritiene che una diversa interpretazione non risulti, in ogni caso,

giustificabile, tenuto conto che tra le ipotesi di diniego espresso e tacito di

rimborso si determinerebbe una disparità di trattamento, tanto più evidente

laddove si consideri che le modalità di esercizio dell’azione giudiziaria da parte

del contribuente verrebbero a essere “decise”, di fatto, dall’Agenzia delle entrate,

a seconda che quest’ultima si determini, o meno, a denegare il rimborso con un

provvedimento espresso.

Va, inoltre, considerato che la previsione della possibilità di impugnazione

anche in presenza di diniego tacito alla restituzione è ricollegabile alla volontà del

legislatore di garantire al contribuente la tutela giurisdizionale dei suoi diritti

anche in caso di inerzia da parte dell’Amministrazione.

Appare quindi conforme a tale “ratio” estendere anche alle predette ipotesi

la possibilità per il contribuente di concludere la mediazione, evitando

l’instaurazione di un giudizio.

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Si ritiene, infine, che trovi applicazione al procedimento di mediazione

anche il disposto dell’articolo 19, comma 3 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in base al

quale “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati

precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a

quest’ultimo”.

Ciò comporta che il contribuente, qualora intenda impugnare, con il

ricorso, anche un atto presupposto adottato dall’Agenzia delle entrate, del quale

affermi la mancata precedente notificazione, è tenuto ad osservare

preliminarmente la disciplina introdotta dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del

1992 e, quindi, a presentare l’istanza di mediazione.

1.1.1 Gli atti non riconducibili all’attività dell’Agenzia delle entrate

Non sono, invece, oggetto di mediazione le controversie concernenti gli

altri atti elencati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, i quali, pur essendo

impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, non sono emessi dall’Agenzia

delle entrate e, di norma, non sono riconducibili all’attività della stessa.

Si tratta, più precisamente, dei seguenti atti:

• cartella di pagamento 8(cfr. punto 1.2);

• avviso di mora di cui alla lett. e) dell’articolo 19, comma 1 del

D.Lgs. n. 546 del 1992; peraltro, tale atto è stato soppresso e

sostituito dall’avviso di intimazione di cui all’articolo 50, comma 2,

del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.

602;

8 Nella presente per cartella di pagamento si intende solo l’atto riferibile all’attività dell’Agente della riscossione, con esclusione quindi del ruolo a cui si riferisce.

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• iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del DPR

n. 602 del 1973, prevista dalla lett. e-bis) del medesimo articolo 19,

comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992;

• fermo di beni mobili registrati, di cui all’articolo 86 del DPR n. 602

del 1973, elencato sub lett. e-ter) dell’articolo 19, comma 1;

• atti relativi alle operazioni catastali, indicate nell’articolo 2, comma

3, del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Resta inteso, tuttavia, che, nel caso in cui eccepisca la mancata notifica di

un atto presupposto riconducibile all’attività dell’Agenzia delle entrate, il

contribuente è comunque obbligato a presentare preliminarmente l’istanza di

mediazione.

1.1.2 Gli atti di recupero degli aiuti di Stato illegittimi

Il comma 4 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 statuisce che

“Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all’articolo 47-bis”.

Il legislatore ha, quindi, escluso espressamente dalla mediazione le

controversie concernenti il recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili, in

esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea, ai sensi

dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo

1999.

Pertanto, sono escluse dalla mediazione tutte le controversie aventi ad

oggetto il recupero degli aiuti di Stato illegittimi, indipendentemente dalla

tipologia di atto inerente al caso di specie (ad esempio, atto di recupero, avviso di

accertamento, cartella di pagamento), nonché i relativi interessi e sanzioni.

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1.2 L’Agenzia delle entrate quale parte del giudizio

Il comma 1 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 trova

applicazione limitatamente alle controversie concernenti atti emessi dall’Agenzia

delle entrate.

Di conseguenza, tra i requisiti posti dalla norma in commento vi è la

legittimazione processuale passiva dell’Agenzia delle entrate nell’eventuale,

successivo processo.

Al riguardo occorre precisare quanto segue, con particolare riferimento

alle controversie relative agli atti emessi dall’Agente della riscossione, quale, ad

esempio, la cartella di pagamento che, come ricordato nei precedenti punti, di

norma non rientra tra gli atti per i quali l’articolo 17-bis prevede la fase di

mediazione:

a) se il contribuente solleva contestazioni attinenti esclusivamente a vizi

propri della cartella di pagamento - quali, ad esempio, le eccezioni relative alla

ritualità della notifica – la controversia non può essere oggetto di mediazione;

b) nel caso in cui impugni la cartella di pagamento sollevando vizi

riconducibili solo all’attività dell’Agenzia delle entrate e la relativa controversia

sia di valore non superiore a ventimila euro, il contribuente deve

preventivamente esperire il procedimento di mediazione;

c) qualora il contribuente, in sede di impugnazione della cartella di

pagamento, formuli eccezioni relative sia all’attività svolta dall’Agenzia sia a

quella dell’Agente della riscossione, si possono verificare le seguenti ipotesi:

c.1) Il contribuente notifica il ricorso solo all’Agente della riscossione

In questo caso, l’Agente della riscossione ha l’onere di chiamare in causa

l’Agenzia delle entrate, considerato che, ai sensi dell’articolo 39 del

decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, “Il concessionario, nelle liti

promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o

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la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore

interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.

Intervenendo in giudizio, la Direzione9 eccepisce, limitatamente alle

contestazioni sollevate in relazione all’attività dell’Agenzia,

l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 2, del

D.Lgs. n. 546 del 1992, in base al quale “La presentazione del reclamo

(i.e. istanza di mediazione) è condizione di ammissibilità del ricorso.

L’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio”.

In subordine, la stessa Direzione si difende nel merito, mentre l’Agente

della riscossione svolge la propria difesa per quanto concerne i vizi propri

della cartella di pagamento, riconducibili quindi alla propria attività, non

operando rispetto a questi la previsione di inammissibilità di cui

all’articolo 17-bis, comma 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992;

c.2) Il contribuente avvia la fase di mediazione nei confronti dell’Agenzia,

senza notificare il ricorso all’Agente della riscossione

In tale ipotesi, trova applicazione l’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del

1992, in relazione alle contestazioni riguardanti l’Agenzia delle entrate.

Come sarà più diffusamente chiarito, in ipotesi di mancata conclusione

favorevole della mediazione, il contribuente potrà valutare l’eventuale

prosecuzione del contenzioso, mediante la costituzione in giudizio nei

termini individuati dal combinato disposto dell’articolo 17-bis, comma 9,

e dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992;

c.3) Il contribuente notifica il ricorso all’Agente della riscossione e

contestualmente avvia la fase di mediazione con l’Agenzia delle entrate

Anche in tal caso trova applicazione il procedimento di cui all’articolo 17-

bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. punto 10.1.1).

9 Per brevità, nella presente circolare per Direzioni si intendono le Direzioni provinciali e regionali e il Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate legittimati passivamente in giudizio.

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Si ricorda, infine, che, come precisato al punto 1.1.2, l’articolo 17-bis non

trova applicazione né con riferimento alle controversie aventi ad oggetto atti di

recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con l’ordinamento comunitario

né a quelle inerenti alle relative cartelle di pagamento, emesse per la riscossione

delle somme dovute, anche se negli eventuali giudizi dovessero essere sollevati

vizi attinenti all’iscrizione a ruolo e, come tali, riconducibili all’attività

dell’Agenzia delle entrate.

In proposito si ribadisce che “il termine “atto volto al recupero” si intende

riferito a tutti gli atti o provvedimenti emessi al fine del recupero di un aiuto di

Stato dichiarato illegittimo, comprendendovi, quindi, anche gli atti tipici della

fase di riscossione rientranti nella giurisdizione delle Commissioni tributarie”

(cfr. punto 2 della circolare n. 42/E del 29 aprile 2008).

1.3 Il valore della controversia

Il nuovo istituto trova applicazione con riferimento alle controversie di

valore non superiore a ventimila euro.

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, il

valore della controversia “è determinato secondo le disposizioni di cui al comma

5 dell’articolo 12”.

Nella specie, il secondo periodo del predetto articolo 12, comma 5, del

D.Lgs. n. 546 del 1992 dispone che “Per valore della lite si intende l'importo del

tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto

impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di

sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”.

Nell’individuare i requisiti per l’applicazione della mediazione, occorre

tenere conto che il processo tributario – sebbene rivolto al c.d. accertamento

sostanziale del rapporto controverso – è comunque strutturato secondo le regole

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proprie del processo impugnatorio (cfr. ex plurimis, Cass., SS. UU., 18 gennaio

2007, n. 1054; più recentemente, Cass., 13 marzo 2009, n. 6129).

Pertanto, il valore della controversia va determinato con riferimento a

ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal

contribuente con il ricorso, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni

irrogate. In caso di atto di irrogazione delle sanzioni ovvero di impugnazione

delle sole sanzioni, il valore della controversia è invece costituito dalla somma

delle sanzioni contestate10.

Da ciò deriva che:

• qualora un atto si riferisca a più tributi (per esempio, Irpef e Irap

ovvero imposta di registro, ipotecaria e catastale) il valore deve

essere calcolato con riferimento al totale delle imposte che hanno

formato oggetto di contestazione da parte del contribuente;

• in presenza di impugnazione cumulativa avverso una pluralità di

atti11, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l’atto

impositivo oggetto dell’istanza di mediazione e le contestazioni

formulate dal contribuente, richiesto dall’articolo 19 del D.Lgs. n.

546 del 1992, impone di individuare il valore della lite con

10 Cfr. circolare n. 98/E del 23 aprile 1996. 11 Sull’ammissibilità del ricorso cumulativo, cfr., tra le altre, Cass. 29 marzo 2011, n. 7157 e n. 7159, secondo cui la “cumulabilità è prevista dall’art. 104 c.p.c., cfr. Cass. nn. 7359/02 e 19666/04, giurisprudenza che va confermata anche alla luce dei principi di cui all’art. 111 Cost., giovando alla speditezza della giurisdizione la riunione delle cause”. Si segnala, inoltre, che secondo la giurisprudenza di legittimità è ammesso il ricorso cumulativo, anche avverso più sentenze, al verificarsi, tuttavia, di alcune precise condizioni. In particolare, “secondo le Sezioni unite di questa Corte,il ricorso cumulativo contro una pluralità di sentenze emesse in materia tributaria,anche se formalmente distinte perché relative a differenti annualità, è ammissibile quando la soluzione, per tutte le sentenze, dipenda da identiche questioni di diritto comuni a tutte le cause, in modo da dar vita ad un giudicato rilevabile d'ufficio in tutte le controversie relative al medesimo rapporto d'imposta (Cass. S.U. 13916/2006; 3692/2009, in parte motiva), tale ammissibilità, come si è detto,nella fattispecie non ricorre, riguardando le sentenze, cumulativamente impugnate, anni d'imposta e tributi differenti, rispetto ai quali vengono conseguentemente proposti quesiti di diritto che non sono comuni a tutte le controversie. Non sussistendo dunque, ancorché tutte le sentenze risultino pronunciate fra le stesse parti, né identità del Collegio giudicante, né identità di struttura argomentativa, in relazione ad anni d'imposta e a tributi in parte differenti (Cass. 19950/2005; 1542/2007), né soprattutto la prospettazione e la soluzione di identiche questioni di diritto, non ricorrono i presupposti di ammissibilità del ricorso in oggetto” (Cass. 30 giugno 2010, n. 15582)

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19

riferimento a ciascun atto impugnato con il ricorso cumulativo. Ne

consegue che, in relazione agli atti aventi un valore non superiore a

ventimila euro, il contribuente è tenuto ad osservare in ogni caso la

procedura prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Relativamente alle controversie aventi ad oggetto il rifiuto espresso o

tacito alla restituzione di tributi, il valore della controversia va invece

determinato tenendo conto dell’importo del tributo richiesto a rimborso, al netto

degli accessori.

Nel caso in cui l’istanza di rimborso riguardi più periodi d’imposta, occorre

fare riferimento al singolo rapporto tributario sottostante al singolo periodo

d’imposta. Pertanto, in tali ipotesi il valore della lite è dato dall’importo del

tributo richiesto a rimborso per singolo periodo di imposta.

Ad esempio, se con una determinata istanza si richiede il rimborso di

tributi afferenti a più periodi d’imposta e per uno solo di essi l’importo richiesto

a rimborso non supera i ventimila euro, per quest’ultimo il contribuente deve

presentare istanza di mediazione prima della eventuale instaurazione del

giudizio.

1.3.1 La rettifica delle perdite

In ipotesi di avviso di accertamento che si limiti a ridurre o ad azzerare la

perdita dichiarata (senza accertamento di un reddito), il valore12 è determinato

sulla base della sola imposta “virtuale”, che si ottiene applicando le aliquote

vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante

dalla differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o riportabile e quella

accertata.

12 Cfr. circolare 18 dicembre 1996, n. 291/E, a commento dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992.

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20

Qualora, a seguito della rettifica della perdita, l’avviso di accertamento

rechi anche un imponibile o, comunque, un’imposta dovuta, il valore è, invece,

dato dall’importo risultante dalla somma dell’imposta “virtuale”, come prima

calcolata, e dell’imposta commisurata al reddito accertato.

In caso di accertamento che rettifica in aumento l’imposta dovuta da

persona fisica che aveva utilizzato una perdita d’impresa per ridurre altri redditi,

il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e dalla imposta

“virtuale” relativa alla eventuale parte di perdita riportabile.

Per una più puntuale comprensione delle modalità di calcolo del valore

della lite in caso di rettifica di perdite, si riportano i seguenti esempi:

A) Avviso di accertamento con riduzione della perdita dichiarata nel 2008

da una società di capitali:

Perdita

dichiarata

Perdita

accertata

Differenza Valore della lite

- 50.000 - 10.000 40.000 11.00013

B) Avviso di accertamento con recupero della perdita dichiarata nel 2008

da una società di capitali ed individuazione di reddito imponibile:

Perdita Reddito

imponibile

Imposta Valore della lite

Dichiarato - 50.000 0 0

Accertato 0 10.000 2.75014 16.50015

13 Pari all’imposta calcolata sulla differenza con l’aliquota proporzionale del 27,5% applicabile a decorrere dal periodo d’imposta 2008 per effetto delle modifiche apportate all’articolo 77 del TUIR dalla legge 27 dicembre 2007, n. 244.

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21

C) Avviso di accertamento con recupero della perdita dichiarata nel 2010

da una persona fisica con altri redditi compensabili (“orizzontalmente”) ed

individuazione di reddito imponibile:

Perdita Altri redditi compensabili

Reddito complessivo

Reddito imponibile

Imposta Valore della lite

Dichiarato -

10.000

20.000 10.000 10.000 2.300

Accertato 0 20.000 20.000 20.000 4.800 2.50016

D) Avviso di accertamento con recupero della perdita non riportabile

dichiarata nel 2010 da una persona fisica con altri redditi compensabili

(“orizzontalmente”) ed individuazione di reddito imponibile:

Perdita Altri

redditi

Reddito

complessivo

Reddito

imponibile

Imposta Valore

della lite

Dichiarato -

30.000

10.000 -20.000 0 0

Accertato 0 10.000 10.000 10.000 2.30017 2.30018

14 Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota proporzionale del 27,5% applicabile a decorrere dal periodo d’imposta 2008 per effetto delle modifiche apportate all’articolo 77 del TUIR dalla legge n. 244 del 2007. 15 Pari alla somma dell’imposta “virtuale” (27,5% di 50.000 euro) e della maggiore imposta accertata (2.750 euro). 16 Il valore della lite sarà dato dalla maggiore imposta accertata (4.800-2.300). 17 Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota per scaglioni prevista per l’anno d’imposta 2010. 18 Il valore della lite sarà dato dalla sola maggiore imposta accertata in quanto una parte di perdita (pari a 20.000) non è stata utilizzata e non è riportabile nelle successive annualità.

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22

E) Avviso di accertamento con recupero della perdita riportabile dichiarata

nel 2010 da una persona fisica con altri redditi compensabili ed individuazione di

reddito imponibile:

Perdita Altri

redditi

Reddito

complessivo

Reddito

imponibile

Imposta Valore

della lite

Dichiarato -

30.000

10.000 019 0 0

Accertato 0 10.000 10.000 10.000 2.30020 7.72021

1.3.2 Le controversie di valore indeterminabile

Poiché l’articolo 17-bis richiede che la controversia sia contraddistinta da

un valore espressamente individuato, restano escluse dalla fase di mediazione le

fattispecie di valore indeterminabile, quali, ad esempio, quelle relative ai

provvedimenti di diniego di iscrizione e di cancellazione dall’Anagrafe unica

delle Onlus oppure quelle concernenti esclusivamente la spettanza di

un’agevolazione.

Di contro, il contribuente deve esperire la fase della mediazione qualora

oggetto di contestazione sia non solo il diniego o la revoca dell’agevolazione ma

anche il tributo o il maggior tributo accertato contestualmente con il

provvedimento impugnato e/o le relative sanzioni irrogate con il medesimo atto.

In tal caso, infatti, il valore della controversia è individuabile nel tributo o

maggior tributo accertato, al netto dei relativi interessi e sanzioni.

19 La parte di perdita (20.000) non compensata nell’anno è riportabile 20 Pari all’imposta calcolata sul reddito imponibile accertato con l’aliquota per scaglioni prevista per l’anno d’imposta 2010. 21 Pari all’imposta “virtuale” calcolata con le aliquote per scaglioni previste per l’anno d’imposta 2010 sulla somma dell’ammontare del recupero della perdita riportabile (20.000) e dell’imponibile accertato (10.000).

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23

1.4 I contributi previdenziali e assistenziali

La mediazione produce effetti anche sui contributi previdenziali e

assistenziali, in quanto la loro base imponibile è riconducibile a quella delle

imposte sui redditi. Si tratta, in particolare, dei casi in cui la mediazione riguardi

avvisi di accertamento o iscrizioni a ruolo conseguenti a liquidazione o controllo

formale delle dichiarazioni.

In tal caso, il valore della lite va, ovviamente, determinato al netto dei

contributi accertati.

L’atto di mediazione deve quindi indicare anche i contributi ricalcolati

sulla base del reddito imponibile determinato nell’atto stesso.

1.5 L’entrata in vigore

Ai sensi del comma 11 dell’articolo 39 del DL n. 98 del 2011, il nuovo

istituto trova applicazione con riferimento “agli atti suscettibili di reclamo

notificati a decorrere dal 1° aprile 2012”.

Per atti notificati dal 1° aprile 2012 si intendono gli atti ricevuti dal

contribuente a decorrere da tale data22.

22 Più precisamente rileva la data in cui la notifica si perfeziona per il notificatario. Nel caso di atto notificato a mezzo posta anteriormente al 1° aprile 2012, ma ricevuto dal contribuente successivamente a tale data, il nuovo istituto risulta applicabile, con la conseguenza che l’eventuale giudizio innanzi alla Commissione tributaria provinciale non può essere proposto direttamente, dovendosi avviare in via preventiva il procedimento di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992. In proposito si rappresenta che il terzo comma dell’articolo 149 c.p.c., aggiunto dal comma 1 dell’articolo 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263, stabilisce che “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna … all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”. Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, con sentenza 26 novembre 2002, n. 477, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del previgente testo dell’articolo 149 c.p.c. e dell’articolo 4, terzo comma, della legge 20 novembre 2002, n. 890, nella parte in cui prevedevano che la notificazione si perfezionasse, “per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna all’ufficiale giudiziario”. Sulla base della giurisprudenza di legittimità successivamente formatasi, si ritiene che “la distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il notificante e il destinatario può essere invocata quando si tratti di far discendere conseguenze negative per il notificante, non dipendenti dalla sua volontà ma non quando la norma preveda che un termine debba decorrere o un altro adempimento debba essere compiuto dal tempo dell’avvenuta notifica, essendo in tali casi necessario avere riguardo alla effettiva ricezione dell’atto (Cass. 10837/2007)” (Cass. 25 ottobre 2011, n. 22084).

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24

In merito alle controversie aventi ad oggetto il rifiuto tacito alla

restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti

occorre precisare quanto segue.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, “Il

ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’articolo 19, comma 1,

lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di

restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino

a quando il diritto alla restituzione non è prescritto”.

In altri termini, nelle ipotesi di rifiuto tacito, il ricorso giurisdizionale non

può essere proposto prima del decorso di novanta giorni dalla data di

presentazione della domanda di restituzione.

In osservanza del disposto normativo sopra richiamato, la nuova

procedura di mediazione trova applicazione con riferimento alle fattispecie di

rifiuto tacito per le quali, alla data del 1° aprile 2012, non siano decorsi novanta

giorni dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso.

Per converso, l’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 non si applica

alle controversie riguardanti i rifiuti taciti per i quali, alla data del 31 marzo

2012, sia già decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della

relativa istanza.

2. L’ISTANZA DI MEDIAZIONE

Con l’istanza proposta ai sensi dell’articolo 17-bis in commento, il

contribuente – oltre a sottoporre in via preventiva alla competente struttura

dell’Agenzia delle entrate i motivi per i quali intende chiedere al Giudice

tributario l’annullamento, totale o parziale, dell’atto – può anche formulare una Ulteriore fondamento a sostegno della predetta interpretazione è offerto dalla formulazione dello stesso articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che al comma 1 impone di avviare il procedimento di mediazione a “chi intende proporre ricorso”, ossia a chi ha ricevuto la notifica dell’atto che ritiene illegittimo o infondato.

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motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione

dell’ammontare della pretesa (articolo 17-bis, commi 1 e 7 del D.Lgs. n. 546 del

1992).

Il nuovo istituto produce, pertanto, due effetti:

- da una parte, svolge una funzione pre-processuale di “chiamata in

giudizio dell’Agenzia”;

- dall’altra, avvia una fase amministrativa nel corso della quale il

contribuente e la stessa Agenzia delle entrate possono giungere a una

rideterminazione della pretesa tributaria ovvero dell’importo chiesto a rimborso.

Va, infatti, osservato che la notifica dell’istanza determina la data a partire

dalla quale decorre un termine dilatorio per l’instaurazione della controversia.

Durante il decorso di tale termine – individuato in novanta giorni dal

primo periodo del comma 9 dell’articolo 17-bis – si svolge una fase

amministrativa di esame preliminare della controversia il cui scopo è quello di

consentire, all’Agenzia delle entrate e al contribuente, di verificare se sussistono i

presupposti per una risoluzione stragiudiziale della lite.

In considerazione della funzione pre-processuale del nuovo istituto, si

giustifica l’applicabilità delle norme del decreto legislativo sul processo

tributario disciplinanti la proposizione del ricorso, stante la tendenziale identità di

funzioni tra istanza di mediazione e ricorso.

Per espressa previsione normativa, al procedimento si applicano, in quanto

compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 12, 18, 19, 20, 21 e al comma 4

dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (articolo 17-bis, comma 6), nonché,

con riferimento alla fase di vera e propria mediazione, l’articolo 48 del medesimo

decreto (articolo 17-bis, comma 8).

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2.1 La legittimazione a presentare l’istanza

In ragione dello stretto nesso tra l’istanza di mediazione e il ricorso

giurisdizionale, vi è perfetta coincidenza tra la legittimazione processuale attiva

nel giudizio tributario e la legittimazione a presentare l’istanza di cui all’articolo

17-bis.

Pertanto, sebbene non espressamente richiamate dalla norma in

commento, si ritengono applicabili al nuovo istituto le disposizioni di cui agli

articoli 10 e 11 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per quanto concerne, in particolare,

l’individuazione della legitimatio ad causam, vale a dire della capacità di essere

parte nel processo tributario, e della legitimatio ad processum, che consiste

nell’attitudine del soggetto che ha la titolarità dell’azione a proporre la domanda

e a compiere validamente gli atti processuali.

Ciò comporta che l’istanza può essere alternativamente presentata:

- dal contribuente che ha la capacità di stare in giudizio, sia direttamente

sia a mezzo di procuratore generale o speciale; la procura va conferita con atto

pubblico o per scrittura privata autenticata;

- dal rappresentante legale del contribuente che non ha la capacità di stare

in giudizio.

- dal difensore, nelle controversie di valore pari o superiore a 2.582,28

euro.

2.2 Il litisconsorzio necessario

Sono mediabili anche le liti concernenti controlli ai fini delle imposte sui

redditi di società di persone e dei soci, con riferimento alle quali, in giudizio, si

configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

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Nella fase di mediazione i rapporti vanno considerati autonomi e

indipendenti23. Ciò significa che la società può concludere la mediazione

autonomamente rispetto ai soci.

A loro volta i soci:

� possono concludere la mediazione tenendo conto di quella conclusa

dalla società;

� possono concludere autonomamente la mediazione in relazione al

proprio rapporto anche se la società non ha mediato in ordine al

proprio;

� possono costituirsi in giudizio dopo aver infruttuosamente esperito la

fase amministrativa della mediazione relativa al proprio reddito;

� possono presentare direttamente ricorso al Giudice tributario se il

valore della lite relativa ai loro redditi è superiore a ventimila euro.

Se lo stesso Ufficio è competente sia per la società che per soci, gestisce e

conclude i procedimenti di mediazione in modo coordinato nei confronti di tutti

gli istanti.

Invece, se l’Ufficio competente nei confronti della società non è

competente nei confronti di uno o più soci, ciascun Ufficio gestisce la

mediazione relativamente agli atti di propria competenza24, con le precisazioni

che seguono. L’Ufficio che riceve un’istanza relativa al reddito di partecipazione

del socio deve coordinarsi con quello competente in ordine alla società, a

23 Cfr. Cass. 11 aprile 2011, n. 8168, in cui si chiarisce, con riferimento alla conciliazione, cui rinvia l’articolo 17-bis, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, che “è da rilevare che… gran parte della giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene) ha ripetutamente avuto modo di evidenziare che i soci delle società di persone sono titolari di una soggettività tributaria autonoma rispetto a quella della società e le vicende del loro accertamento restano insensibili alle determinazioni che la società autonomamente assuma in relazione all’accertamento che la riguardi”. 24Se, in caso di esito negativo del procedimento, i soci o la società instaurano il giudizio, valgono le ordinarie regole processuali relative alla competenza del giudice previamente adito e del litisconsorzio necessario (cfr. Cass., SS.UU., 4 giugno 2008, n. 14815). Si precisa che il litisconsorzio non si estende ai soci o alla società la cui posizione è stata definita in sede di procedimento di mediazione.

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prescindere dalla presentazione di un’eventuale istanza da parte della società. Se

il rapporto con la società è già definito, la posizione del socio deve essere trattata

tenendo conto della definizione concernente la società. In altri termini,

l’eventuale annullamento totale o parziale o la mediazione sulla pretesa

riguardante la società produce effetti sui rapporti riguardanti i soci, anche se non

mediano o non rientrano nell’ambito di applicazione della mediazione. In questo

caso le sanzioni calcolate sul reddito rideterminato devono essere irrogate per

intero, in quanto non è applicabile la riduzione al 40% disposta dall’articolo 48

del D.lgs. n. 546 del 1992.

2.3 I coobbligati

Anche le liti nelle quali sono coinvolti più soggetti legati ex lege da un

vincolo di solidarietà sono mediabili.

In tal caso, l’Ufficio – ove lo ritenga necessario od opportuno - gestisce e

conclude i procedimenti di mediazione in modo coordinato nei confronti di tutti i

coobbligati che abbiano o che potrebbero presentare l’istanza.

Ad evidenza, tale accorgimento tende ad evitare l’eventuale instaurazione

di giudizi da parte di ciascuno dei coobbligati.

La mediazione perfezionata con uno o più dei coobbligati estingue

l’obbligazione tributaria per tutti gli altri.

2.4 Il contenuto dell’istanza

Come illustrato in premessa, l’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992

ha istituito, nell’ambito del giudizio tributario, una fase amministrativa pre-

processuale, avente la funzione di consentire un preliminare esame della

fondatezza dei motivi del ricorso e di verificare altresì la possibilità di evitare,

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mediante il raggiungimento di un accordo di mediazione, lunghe e dispendiose

procedure giudiziarie.

Il procedimento è introdotto da una specifica istanza, formulata dal

contribuente nei confronti dell’Agenzia e motivata sulla base di elementi di fatto

e di diritto che devono coincidere con i motivi di impugnazione proposti nel

ricorso.

È in ragione di tale coincidenza che, a seguito dell’inutile decorso della

fase di mediazione, l’istanza può produrre gli effetti del ricorso giurisdizionale.

Ciò comporta, peraltro, che:

- i motivi esposti nell’istanza devono coincidere integralmente con quelli

del ricorso, a pena di inammissibilità; sotto tale profilo va ribadito che, in

applicazione del comma 2 dell’articolo 17-bis, è inammissibile il motivo di

ricorso, proposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale, per il quale

non sia stata preventivamente esperita la procedura di mediazione. Né è

consentito integrare (successivamente all’introduzione del giudizio) i motivi del

ricorso. Invero, ai sensi del comma 2 dell’articolo 24 del D.Lgs. n. 546 del 1992,

l’integrazione dei motivi di ricorso è ammessa esclusivamente quando “resa

necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o

per ordine della commissione”;

- il ricorso depositato nella segreteria della Commissione tributaria

provinciale deve essere conforme a quello consegnato o spedito alla Direzione

con l’istanza di mediazione, a pena di inammissibilità dello stesso25.

Tanto premesso, per individuare il contenuto dell’istanza, occorre fare

riferimento ai commi 6 e 7 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Le norme recate dai predetti commi prevedono, rispettivamente, che al

procedimento in esame si applicano, tra le altre, le disposizioni disciplinanti il 25 Come chiarito con circolare n. 98/E del 23 aprile 1996, sono, tra l’altro, elementi essenziali del ricorso l’atto impugnato, l’oggetto della domanda e i motivi del ricorso (cfr. articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992).

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ricorso di cui all’articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto compatibili, e

che l’istanza introduttiva dello stesso “può contenere una motivata proposta di

mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa”.

Per effetto delle norme sopra richiamate, si ritiene che nell’istanza vadano

indicati:

1) la Direzione nei cui confronti è avviato il procedimento amministrativo

in esame, cui spetta la legittimazione in giudizio ai sensi dell’articolo 10 del

D.Lgs. n. 546 del 1992, ossia alla struttura “che ha emanato l’atto impugnato o

non ha emanato l’atto richiesto”;

2) il contribuente e il suo legale rappresentante, la relativa residenza o

sede legale o il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il

codice fiscale e l’eventuale indirizzo di posta elettronica certificata (PEC)26;

3) l’atto impugnato e l’oggetto dell’istanza;

4) i motivi.

Nell’istanza può essere formulata una motivata proposta di mediazione,

completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Nell’istanza va indicato anche il domicilio presso il quale il contribuente

intende ricevere le comunicazioni relative al procedimento, quali, ad esempio,

l’accoglimento dell’istanza o il diniego. In assenza di elezione di domicilio, le

comunicazioni sono effettuate presso la residenza o la sede legale del

contribuente.

La segnalazione di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) - così

come l’eventuale indicazione di altri recapiti, ad esempio telefonici e di posta

elettronica ordinaria – assume particolare rilievo ai fini del proficuo svolgimento

della fase di mediazione, in quanto consente un rapido scambio di

comunicazioni, anche informali, tra l’Ufficio e il contribuente.

26 Per quanto riguarda le sanzioni previste in caso di mancata indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, cfr. punto 4.2 della circolare 1/DF del 21 settembre 2011.

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Ciò vale soprattutto con riferimento alle comunicazioni

endoprocedimentali utili per addivenire a un possibile accordo di mediazione, per

le quali si ritiene non sussistano esigenze di particolare garanzia di conoscenza

legale.

Nell’istanza il contribuente dovrà indicare, altresì, il valore della

controversia che – come è noto – va determinato al fine di stabilire

l’obbligatorietà della fase di mediazione.

Si reputa ammissibile la redazione di un’unica istanza allo scopo di

avviare il procedimento di mediazione con riguardo a più atti impugnabili, in

modo speculare alla redazione di un ricorso cumulativo.

In tal caso, tuttavia, si instaurano – per ciascuno degli atti impugnati –

separati procedimenti, non trovando applicazione l’articolo 29 del D.Lgs. n. 546

del 1992, che disciplina la riunione dei giudizi.

Considerato che l’istanza proposta dal contribuente ai sensi dell’articolo

17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 sostanzialmente anticipa i contenuti del

ricorso, dovendo peraltro recare gli stessi elementi di quest’ultimo, si ritiene

necessario riportare nella stessa istanza il contenuto integrale del (potenziale)

ricorso (cfr. fac-simile di istanza in allegato).

Nella medesima istanza, l’eventuale proposta motivata di mediazione

potrà, invece, essere formulata in forma libera.

In calce all’istanza potrà infine essere richiesta la sospensione della

riscossione, come più diffusamente illustrato al punto 4.

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2.5 L’imposta di bollo e il contributo unificato

Il nuovo articolo 927 del testo unico delle disposizioni legislative e

regolamentari in materia di spese di giustizia28 ha esteso l’applicazione del

contributo unificato al processo tributario, in sostituzione dell’imposta di bollo29.

L’articolo 18, comma 1, secondo periodo del medesimo testo unico

stabilisce che “L’imposta di bollo non si applica altresì agli atti e provvedimenti

… nel processo tributario, soggetti al contributo unificato”.

Nella circolare n. 1/DF del 21 settembre 2011, concernente l’introduzione

del contributo unificato nel processo tributario, il Ministero dell’economia e

delle finanze ha precisato, al punto 2.1, che è “dovuto il contributo unificato per

i seguenti atti:

h) reclamo con o senza proposta di mediazione di cui al comma 1 dell’art. 17-

bis, aggiunto al D.Lgs. n. 546/1992 dall’art. 39, comma 9, del decreto legge n.

98/2011, nelle controversie di valore non superiore a ventimila euro, al

momento del deposito nella Segreteria della Commissione tributaria provinciale,

decorso il termine di 90 giorni previsto dal citato comma 9 o il termine più breve

nel caso di rigetto o di accoglimento parziale del reclamo stesso;”.

Al punto 3 la medesima circolare chiarisce che “l’obbligo di pagamento

del contributo insorge al momento del deposito del reclamo nella Segreteria

della Commissione tributaria provinciale”.

Di contro, al punto 2.2 della circolare n. 1/DF del 2011 si afferma che il

contributo unificato non è dovuto per il “reclamo con o senza proposta di

mediazione di cui al comma 1 dell’art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/1992 nelle

controversie di valore non superiore a ventimila euro, al momento della sua

27 L’articolo 9 è stato rettificato dall’articolo 37, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 28 Il testo unico è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. 29 Per effetto della citata modifica, il citato articolo 9 statuisce che “È dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, … nel processo tributario, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 …”.

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presentazione alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale dell’Agenzia

delle Entrate che ha emanato l’atto ai sensi del comma 5 dell’art. 17-bis del

D.Lgs. n. 546 /1992”.

In breve, il contributo unificato risulta dovuto soltanto nell’ipotesi in cui il

contribuente, all’esito infruttuoso del procedimento di mediazione, depositi il

ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale.

L’istanza presentata all’Ufficio non è assoggettabile all’imposta di bollo.

Tra gli atti esenti di cui all’articolo 5 della tabella allegata al decreto del

Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, devono ritenersi compresi,

infatti, l’istanza e gli atti prodotti nell’ambito del procedimento di mediazione,

tra i quali anche l’eventuale procura conferita al rappresentante o al difensore.

Tale conclusione è conforme alle indicazioni fornite con risoluzione n.

13/E del 9 febbraio 2011, che ha affermato l’esenzione dall’imposta di bollo, tra

l’altro, di “tutti quegli atti e documenti che sono prodotti nell’ambito di

procedimenti che attengono all’applicazione di leggi tributarie.”.

2.6 Gli atti e i documenti da allegare all’istanza

La procedura di mediazione è sostanzialmente finalizzata a valutare le

concrete possibilità di evitare il contenzioso.

Sussiste quindi l’esigenza, per l’Ufficio, di effettuare un preliminare

esame dei motivi di impugnazione dell’atto nonché dei documenti che l’istante

intende produrre in giudizio perché ritenuti idonei a dimostrare la fondatezza del

ricorso.

A tal fine, in virtù dell’espresso rinvio disposto dal comma 6 dell’articolo

17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, trova applicazione l’articolo 22, comma 4, del

medesimo decreto, secondo cui “Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti

al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l'originale o la

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fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in

originale o fotocopia”.

In base al combinato disposto delle norme sopra richiamate, all’istanza

predisposta nei termini illustrati nel precedente punto 2.4, il contribuente allega:

- copia dell’atto impugnato;

- copia di tutti i documenti che, in caso di esito negativo del procedimento

di mediazione e di eventuale costituzione in giudizio, il contribuente

intenderebbe allegare al ricorso e depositare presso la segreteria della

Commissione tributaria provinciale, con il proprio fascicolo di causa, per provare

in giudizio la fondatezza delle eccezioni sollevate avverso l’atto impugnato.

È evidente come il testuale richiamo all’applicabilità del comma 4

dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 realizza le condizioni necessarie

acché il nuovo istituto, attraverso la disamina delle medesime eccezioni e dei

medesimi atti che si intende sottoporre al Giudice, possa risultare funzionale

all’obiettivo di anticipare l’esito del giudizio in sede amministrativa e di evitare il

ricorso alla fase giurisdizionale.

L’allegazione dei citati documenti ha altresì la funzione di consentire

all’Agenzia di procedere con immediatezza alla valutazione dell’istanza.

Si ritiene, in ogni caso, che la mancata allegazione di atti o documenti già

in possesso dell’Ufficio non costituisca motivo di rigetto dell’istanza.

Di contro, la mancata allegazione di atti o documenti non in possesso

dell’Ufficio potrebbe rendere l’istanza incompleta (e non conforme quindi al

ricorso, completo di allegati, eventualmente depositato in Commissione al

termine del procedimento), allorché tali atti o documenti siano dimostrativi di

fatti rilevanti ai fini della compiuta e corretta disamina delle ragioni addotte dal

contribuente.

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In definitiva, la necessità dell’allegazione dei documenti all’istanza trova

ragione nella sostanziale considerazione che il procedimento di mediazione è

volto ad evitare l’instaurazione del giudizio. Potendo quindi l’obbligatorio

procedimento di mediazione estinguere la controversia, non si può fare a meno di

produrre già in tale fase i documenti indicati nell’istanza, proprio perché il

deposito del fascicolo completo nella segreteria della Commissione tributaria

provinciale può avvenire solo se fallisce il tentativo di mediazione.

Alla Direzione va pertanto notificata l’istanza completa dei documenti che

il contribuente intende eventualmente depositare insieme al ricorso.

Come sottolineato in precedenza, se l’istanza è corredata dai suddetti

documenti, l’Ufficio è posto in grado di conoscere tutti i profili di legittimità dei

quali verrebbe a conoscenza il Giudice a seguito del deposito effettuato dal

contribuente.

2.7 Le notificazioni

Tra le disposizioni applicabili al procedimento di mediazione, il comma 6

dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 richiama anche l’articolo 20 dello

stesso decreto, il quale, al comma 1, stabilisce che “Il ricorso è proposto

mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16”.

Ne consegue che per la notificazione dell’istanza trovano applicazione le

disposizioni di cui all’articolo 16, commi 2 e 3 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per il

quale “le notificazioni sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti

del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’art. 17.

“Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del

servizio postale mediante spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato

con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai

quali possa desumersi il contenuto dell'atto, ovvero all'ufficio del Ministero

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delle finanze ed all'ente locale mediante consegna dell'atto all'impiegato addetto

che ne rilascia ricevuta sulla copia”.

Pertanto, la notifica dell’istanza nei confronti dell’Ufficio che ha emanato

l’atto deve essere effettuata secondo una delle seguenti modalità30:

• a mezzo di ufficiale giudiziario, con le modalità previste

dall’articolo 137 e seguenti del codice di procedura civile;

• mediante consegna diretta all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate,

che ne rilascia ricevuta;

• direttamente a mezzo del servizio postale, mediante spedizione

dell’istanza in plico senza busta raccomandato con avviso di

ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai

quali possa desumersi il contenuto dell’atto.

Si ricorda infine che, nelle ipotesi di spedizione a mezzo del servizio

postale, la notificazione dell’istanza, al pari della notificazione del ricorso, si

considera effettuata – ai fini del computo del termine di sessanta giorni utile per

l’impugnazione dell’atto - alla data di spedizione tramite servizio postale della

medesima istanza e non a quella di ricezione da parte della Direzione (cfr.

articolo 16, comma 5, del D.Lgs. n. 546 del 1992).

2.8 L’Ufficio dell’Agenzia a cui presentare l’istanza

Ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 5 del D.Lgs. n. 546 del 1992, “il

reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che

ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed

autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”.

30 Come più ampiamente chiarito al punto 9, in attesa dell’emanazione del regolamento previsto dall’articolo 39, comma 8, lettera d), del DL n. 98 del 2011, nel processo tributario non è ammessa la notifica del ricorso tramite posta elettronica certificata (PEC).

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Dato il nesso che sussiste tra l’articolo 17-bis e il ricorso giurisdizionale,

deve ritenersi che trova applicazione nel procedimento in esame l’articolo 10 del

D.Lgs. n. 546 del 1992, sebbene non espressamente richiamato.

Tale norma dispone che è parte nel processo tributario (e quindi

competente a ricevere l’istanza di mediazione) l’Ufficio che ha emanato l’atto

impugnato o non ha emanato l’atto richiesto “ovvero, se l’ufficio è un centro di

servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto

o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di

Amministrazione di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.

300, nell'ambito della dotazione organica prevista a legislazione vigente e anche

mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell’Agenzia”,

l’Ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.

Dal combinato-disposto delle norme sopra richiamate consegue che

l’istanza di mediazione va presentata alla Direzione che ha emanato l’atto

impugnato o non ha emanato l’atto richiesto.

In relazione agli atti emanati dal Centro operativo di Pescara occorre fare

riferimento alle previsioni contenute nel regolamento di amministrazione

dell’Agenzia delle entrate, al fine di individuare la struttura territoriale

dell’Agenzia cui spettano le attribuzioni sul rapporto tributario controverso.

Il comma 10 dell’articolo 5 del regolamento di amministrazione stabilisce

che i Centri operativi “Curano inoltre, con competenza su tutto o parte del

territorio nazionale, le attività di controllo e di accertamento di cui all’articolo

28 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 luglio 2010, n. 122. Conseguentemente, per il contenzioso relativo agli

atti emessi nello svolgimento delle attività di cui al periodo precedente è

competente la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha

sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso e il

predetto ufficio è, altresì, parte nel processo dinnanzi alle Commissioni

tributarie. Per il contenzioso che deriva dallo svolgimento di tutte le altre attività

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attribuite ai centri operativi resta ferma la competenza della Commissione

tributaria provinciale nella cui circoscrizione hanno sede i centri e questi ultimi

sono parte nel processo innanzi alle Commissioni tributarie”.

In sostanza, per effetto della disposizione da ultimo citata:

- per il contenzioso relativo agli atti emessi dal Centro operativo di

Pescara nello svolgimento delle attività di controllo e di accertamento di cui

all’articolo 28 del DL n. 78 del 2010, è parte nel processo innanzi alle

Commissioni tributarie (e quindi competente a ricevere l’istanza di mediazione)

la Direzione alla quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso;

- di contro, per il contenzioso che deriva dallo svolgimento di tutte le altre

attività attribuite al Centro operativo di Pescara, è esso parte nel processo innanzi

alle Commissioni tributarie.

Individuata in tal modo la legitimatio ad causam del Centro operativo di

Pescara, si ritiene configurabile la medesima differenziazione in ordine alla

legittimazione passiva a ricevere l’istanza di mediazione.

Pertanto:

- nel caso di impugnazione di atto emesso dal Centro operativo di Pescara

nello svolgimento delle attività di controllo e di accertamento di cui all’articolo

28 del DL n. 78 del 2010, l’istanza va notificata alla Direzione cui spettano le

attribuzioni sul tributo controverso;

- di contro, nel caso di impugnazione di altri atti emessi dal Centro

operativo di Pescara, l’istanza va notificata direttamente a quest’ultimo.

2.9 I termini di presentazione

Ai sensi del comma 6 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, al

“procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12, 18, 19, 20, 21 e

al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili”.

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Da ciò deriva che l’istanza va notificata:

- a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notificazione

dell’atto che il contribuente intende impugnare;

- nel caso di rifiuto tacito opposto a una domanda di rimborso, l’istanza

può essere proposta dopo il novantesimo giorno dalla domanda di rimborso

presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il

diritto alla restituzione non è prescritto (cfr. articolo 21, comma 2 del D.Lgs. n.

546 del 1992).

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 19 giugno

1997, n. 218, in caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione il

termine per la proposizione dell’eventuale, successiva istanza di mediazione è

sospeso per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione da parte del

contribuente dell’istanza di accertamento con adesione.

Al termine di proposizione dell’istanza di mediazione si applicano inoltre

le disposizioni sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, di

cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742, stante lo stretto nesso tra la presentazione

dell’istanza e la proposizione del ricorso giurisdizionale, nonché il richiamo

espresso all’applicabilità dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, contenuto –

come si è detto – nel comma 6 dell’articolo 17-bis in argomento.

La sospensione di diritto dal 1° agosto al 15 settembre non trova, invece,

applicazione nel corso della procedura di mediazione vera e propria, di cui ai

commi 7 e seguenti del citato articolo 17-bis, che deve pertanto concludersi

comunque nel termine di novanta giorni, trattandosi di una fase amministrativa e

non processuale.

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3. GLI EFFETTI DELLA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA

Gli effetti conseguenti alla presentazione dell’istanza di mediazione

possono essere correttamente enucleati sulla falsariga degli effetti prodotti dal

ricorso giurisdizionale, considerata la stretta connessione funzionale tra la fase

amministrativa pre-processuale e quella propriamente giurisdizionale innanzi alle

Commissioni tributarie.

L’atto introduttivo di un giudizio produce in genere:

- sia effetti sostanziali [si pensi alle conseguenze sul regime della

decadenza (articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992) e della prescrizione del diritto

(articolo 2945 c.c.)];

- sia effetti processuali (litispendenza31, c.d. perpetuatio iurisdictionis32).

Avendo presenti i predetti effetti, è utile richiamare quelli dell’istanza di

mediazione.

3.1 Gli effetti sostanziali della presentazione dell’istanza

La notifica dell’istanza di mediazione alla Direzione produce innanzitutto

l’effetto (sostanziale) di interrompere il decorso del termine di decadenza per

l’impugnazione dell’atto.

Ed invero la “chiamata in giudizio” ossia il momento in cui il contribuente

comunica all’Amministrazione resistente, attraverso la notifica del ricorso, la

propria intenzione di adire il Giudice si realizza, relativamente alle controversie

cui si applica l’articolo 17-bis, con la notifica dell’istanza di mediazione alla

competente Direzione.

31 Si ricorda che, per effetto della litispendenza, si determina la carenza di potere del giudice successivamente adito a pronunciarsi sul merito della domanda già proposta davanti ad altro giudice (articolo 39 c.p.c.). 32 Per effetto di tale istituto, sono irrilevanti, rispetto alla determinazione del giudice fornito di giurisdizione e di competenza, i mutamenti della legge vigente e dello stato di fatto successivi al momento della proposizione della domanda (articolo 5 c.p.c.).

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La “costituzione in giudizio”, con cui si chiede al Giudice l’annullamento

dell’atto impugnato, instaurando l’effettivo rapporto processuale, si ha, invece,

con il deposito presso la segreteria della Commissione tributaria del medesimo

ricorso che ha costituito parte integrante dell’istanza.

Ciò in quanto il comma 6 dell’articolo 17-bis stabilisce che al

procedimento del reclamo si applicano, tra l’altro, gli articoli 18 (“Il ricorso”), 19

(“Atti impugnabili e oggetto del ricorso”), 20 (“Proposizione del ricorso”) e 21

(“Termine per la proposizione del ricorso”) del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Nelle controversie tributarie per le quali non è prevista la procedura di cui

all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, la “chiamata in giudizio” è

regolata dai citati articoli 18, 19, 20 e 21 del medesimo decreto, i quali

disciplinano appunto le modalità di presentazione del ricorso, sia in relazione al

suo contenuto sia in riferimento ai tempi (60 giorni) e alle modalità (notifica) per

la presentazione dello stesso alla competente Direzione.

La costituzione in giudizio, ovvero la presentazione del ricorso al Giudice,

è invece disciplinata dagli articoli 22 e seguenti.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, è incontestabile che gli

effetti sostanziali del ricorso vanno ricondotti al momento della notifica

dell’istanza.

3.2 Gli effetti processuali della presentazione dell’istanza

Il comma 9 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che

“Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del

reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli

effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta

data. Se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i

predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento

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parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di

accoglimento parziale”.

Per espresso disposto normativo, quindi, l’istanza proposta ai sensi

dell’articolo 17-bis produce gli effetti del ricorso, con la conseguenza che la

notificazione dell’istanza equivale alla notificazione del ricorso (effetto di

“chiamata in giudizio”) e che il termine di trenta giorni, stabilito dall’articolo 22

del D.Lgs. n. 546 del 1992 per instaurare la controversia innanzi alla

Commissione tributaria provinciale mediante il deposito del ricorso (effetto “di

costituzione in giudizio”) va calcolato a partire dal giorno successivo:

- a quello di compimento dei novanta giorni dal ricevimento dell’istanza

da parte della Direzione, senza che sia stato notificato il provvedimento di

accoglimento della stessa ovvero senza che sia stato formalizzato l’accordo di

mediazione;

- a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’Ufficio

respinge l’istanza prima del decorso dei predetti novanta giorni;

- a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’Ufficio,

prima del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.

Nel caso in cui il contribuente riceva comunicazione del provvedimento

dopo la scadenza del novantesimo giorno, il termine di trenta giorni per la

costituzione in giudizio decorre comunque dal giorno successivo a quello di

compimento dei novanta giorni.

4. LA SOSPENSIONE DELLA RISCOSSIONE

La presentazione dell’istanza, così come la proposizione del ricorso

giurisdizionale, non comporta la sospensione automatica dell’esecuzione

dell’atto impugnato.

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Si evidenzia, inoltre, che la sospensione giudiziale dell’esecuzione ai sensi

dell’articolo 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992 può essere richiesta alla Commissione

tributaria provinciale solo in pendenza di controversia giurisdizionale e che,

quindi, l’istanza di sospensione giudiziale non può essere proposta prima della

conclusione della fase di mediazione.

In ogni caso, ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 1-bis del decreto-

legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito con modificazioni dalla legge 30

novembre 1994, n. 656, “Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma

1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli

effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”.

Stante la funzione cui è preordinato il procedimento di mediazione, si

ritiene possibile e opportuno, al fine di garantire un’adeguata tutela del

contribuente, estendere l’applicabilità del citato articolo 2-quater, comma 1-bis

del DL n. 564 del 1994 alle fattispecie in esame.

In altri termini, anche nell’ambito del procedimento amministrativo

disciplinato dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, per sua natura

funzionale al riesame ed eventuale rideterminazione della pretesa, il contribuente

può chiedere la sospensione degli effetti dell’atto.

Quando le eccezioni sollevate nell’istanza non appaiono infondate, la

Direzione può dunque concedere, su istanza formulata contestualmente all’atto

introduttivo del procedimento di mediazione, ovvero separatamente, la formale

sospensione, in tutto o in parte, dell’esecuzione dell’atto in presenza del

richiamato presupposto.

Si precisa che il periodo di sospensione degli effetti dell’atto non può

comunque protrarsi oltre il tempo necessario alla conclusione della fase di

mediazione.

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All’eventuale esito negativo del procedimento di mediazione consegue

ovviamente l’iscrizione a ruolo o l’affidamento del carico all’Agente della

riscossione e l’immediata revoca della sospensione precedentemente concessa.

Resta ferma la possibilità di avvalersi delle norme in materia di

riscossione straordinaria [in particolare, articoli 29, comma 1, lettera c), del

decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge

30 luglio 2010, n. 122, e 15-bis del DPR n. 602 del 1973].

5. LA TRATTAZIONE DELL’ISTANZA

Come già chiarito, la fase amministrativa introdotta dall’istanza consente

all’Ufficio di esaminare preventivamente la controversia, al fine di verificare se

sia possibile evitare il giudizio, anche attraverso la conclusione di un accordo di

mediazione.

A tal fine, successivamente alla presentazione dell’istanza, l’Ufficio

procede secondo le modalità di seguito sinteticamente illustrate:

1. in primo luogo, è necessario esaminare se sussistono i presupposti e

i requisiti fissati dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 per

la presentazione dell’istanza (cfr. punto 2.4);

2. occorre quindi verificare la fondatezza dei motivi in base ai quali

l’istante contesta l’atto impugnato, chiedendone l’annullamento

totale o parziale ovvero chiedendo la rideterminazione della

pretesa;

3. se non sussistono i presupposti per un annullamento dell’atto

impugnato, l’Ufficio valuta la proposta di mediazione

eventualmente formulata dal contribuente;

4. in assenza di proposta formulata dal contribuente, l’Ufficio valuta

comunque la possibilità di pervenire a un accordo di mediazione; a

tal fine, se del caso dopo aver invitato il contribuente al

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contraddittorio, può formulare – se ne ravvisa i presupposti - una

motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione

della pretesa, ai sensi del comma 8 dell’articolo 17-bis;

5. qualora non si ravvisino i presupposti per la conclusione di una

mediazione previa rideterminazione della pretesa, l’Ufficio formula

una proposta di mediazione che consenta al contribuente di

accettare l’intero importo del tributo, accertato con l’atto

impugnato, al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione

delle sanzioni irrogate (cfr. punto 6.2);

6. in tutti gli altri casi, l’Ufficio provvede al diniego.

5.1 La struttura competente

A norma dell’articolo 17-bis, comma 5 del D.Lgs. n. 546 del 1992 “Il

reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che

ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed

autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”.

Al riguardo, le “strutture diverse ed autonome da quelle che curano

l’istruttoria degli atti reclamabili” sono gli Uffici legali delle Direzioni

provinciali, nonché le analoghe strutture delle Direzioni regionali e del Centro

operativo di Pescara per i procedimenti di competenza di quest’ultimo.

5.2 L’esame preliminare dell’istanza

L’Ufficio in via preventiva verifica che l’istanza contenga tutti gli

elementi necessari ai fini della sua trattazione (cfr. punto 2.4).

In ragione della sostanziale coincidenza tra il contenuto dell’istanza e

dell’eventuale ricorso, nell’esaminare la stessa l’Ufficio valuta la configurabilità

di motivi di inammissibilità del ricorso giurisdizionale ai sensi dell’articolo 18

del D.Lgs. n. 546 del 1992.

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Occorre peraltro far presente che i profili di inammissibilità del ricorso,

ove riferiti all’istanza di mediazione in esame, assumono una rilevanza diversa,

da valutare in relazione alla natura amministrativa del procedimento cui essa dà

impulso e si inserisce, improntato a minor rigore formale.

In tal senso, è di ostacolo alla trattazione dell’istanza, in aggiunta alla

tardiva presentazione della stessa, solo la carenza di quei requisiti, individuabili

caso per caso, che impediscono di attribuire l’istanza al contribuente (esempio,

mancanza di sottoscrizione) ovvero che non consentono di individuarne

l’oggetto.

Nei predetti casi l’Ufficio rigetterà l’istanza per assoluta inammissibilità.

Ciò determinerà anche l’inammissibilità del ricorso eventualmente proposto

senza che possa considerarsi assolto l’onere di attivare la fase di mediazione.

Al di fuori delle fattispecie appena individuate, l’istanza può essere

comunque ammessa alla trattazione e quindi costituire valido impulso di un

procedimento che – come si è detto – deve risultare funzionale a soluzioni

legittime che l’Ufficio dovrà affermare anche indipendentemente dal contenuto

dell’istanza.

L’assenza di una motivata proposta di mediazione da parte del

contribuente, prevista in via eventuale, non costituisce motivo di rigetto

dell’istanza.

Anche nei casi di palese inammissibilità l’istanza può comunque essere

trattata come una richiesta di autotutela.

Resta inteso che, configurandosi un motivo di inammissibilità del ricorso

ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (ad esempio, sottoscrizione

del ricorso-istanza - di valore pari o superiore a 2.582,28 euro - da parte del

contribuente anziché del difensore ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 18 del

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D.Lgs. n. 546 del 199233), il contribuente interessato a prevenire la pronuncia

giurisdizionale di inammissibilità, può porvi rimedio contestualmente o – se

ammesso - anche dopo la costituzione in giudizio.

Si evidenzia che ove l’istanza sia improponibile in quanto la controversia

non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del

1992, i termini di costituzione in giudizio si computano nei modi ordinari previsti

dall’articolo 22 del medesimo decreto.

L’istanza è improponibile, ad esempio, in caso di impugnazioni:

� di valore superiore a ventimila euro;

� di valore indeterminabile;

� riguardanti attività dell’Agente della riscossione;

� riguardanti atti non impugnabili;

� di atti in cui non è legittimata passivamente l’Agenzia delle entrate;

� di atti notificati prima del 1° aprile 2012;

� di rifiuti taciti di rimborso con riferimento ai quali alla data del 1°

aprile 2012 siano già decorsi novanta giorni dalla presentazione della

domanda di rimborso;

� riguardanti recupero di aiuti di Stato;

33 Secondo l’indirizzo consolidato della Corte di cassazione, qualora il ricorso giurisdizionale sia proposto senza la necessaria assistenza tecnica, è fatto obbligo al Giudice di invitare le parti a munirsi di idonea assistenza, derivando l’inammissibilità dall’inottemperanza di detto ordine (ex plurimis, Cass. 13 ottobre 2010, n. 21139; 9 gennaio 2009, n. 246; 9 ottobre 2009, n. 21459; n. 11549 del 9 maggio 2008; n. 3051 dell’8 febbraio 2008; n. 1210 del 20 gennaio 2005). In tal modo, la Suprema Corte ha aderito all’orientamento manifestato con sentenza 13 giugno 2000, n. 189, della Corte costituzionale, che – nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992 – ha statuito che l’inammissibilità del ricorso proposto personalmente “scatta – per scelta del legislatore tutt’altro che irragionevole – solo a seguito di ordine ineseguito nei termini fissati e non per il semplice fatto della mancata sottoscrizione da parte di un professionista abilitato”. Si evidenzia, inoltre, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “la mancata emanazione dell’invito sopraindicato (vale a dire l’invito del giudice a munirsi di assistenza tecnica, n.d.r.) può essere rilevata solo dalla parte di cui sia stato leso il diritto ad essere adeguatamente assistita; non è nulla la sentenza che accolga il ricorso del contribuente senza rilevare il difetto di rappresentanza del contribuente e la parte pubblica non ha un interesse giuridicamente tutelato a rilevarne l’irregolarità” (citata Cass. n. 3051 del 2008).

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� di provvedimenti emessi ai sensi dell’articolo 21 (“Sanzioni

accessorie”) del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;

� riguardanti istanze di cui all’articolo 22 (“Ipoteca e sequestro

conservativo”) del D.Lgs. n. 472 del 1997,

� del diniego della chiusura delle liti fiscali “minori” pendenti prevista

dall’articolo 39, comma 12 del DL n. 98 del 2011 34.

5.3 L’accoglimento dell’istanza

Ove le motivazioni dell’istanza giustifichino l’annullamento dell’atto in

via di autotutela, l’Ufficio porta a conoscenza del contribuente il provvedimento

di accoglimento dell’istanza.

Allo stesso modo l’Ufficio accoglie l’istanza del contribuente quando

ritiene che i presupposti del rimborso richiesto siano sussistenti.

L’accoglimento dell’istanza volta all’ottenimento del rimborso

conseguente all’annullamento dell’atto o al riconoscimento del diritto al rimborso

determina senz’altro il venir meno dell’interesse ad agire in giudizio e rende,

pertanto, inammissibile l’eventuale ricorso giurisdizionale.

Ciò è confermato dal comma 9 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del

1992, secondo cui la produzione degli effetti del ricorso si verifica nel solo caso

in cui la mediazione non si sia conclusa positivamente35.

34 Ai sensi dell’articolo 16, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, applicabile alla definizione agevolata di cui si tratta in virtù dello stesso articolo 39, comma 12, del DL n. 98 del 2011, il diniego di definizione della lite fiscale pendente può essere impugnato “dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite”. Al riguardo, la Corte di cassazione ha statuito che “quando la lite è, come nella specie, in corso, la richiesta di condono si inserisce in essa come fatto estintivo della controversia, per cui appare logico che, come dispone la L. 289 del 2002, art. 16, il giudice della lite sia anche il giudice del condono, inserendosi la relativa richiesta, in via incidentale, in un processo già iniziato, quale causa di cessazione della materia del contendere (cass. 5092/2005)” (Cass. 23 aprile 2007, n. 9607; cfr. anche Cass. 28 luglio 2006, n. 17213, e 10 ottobre 2008, n. 24910). 35 L’articolo 17-bis, comma 9, del D.Lgs. n. 546 del 1992 dispone che “Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l'accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso.”

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Eventuali controversie successivamente instaurate, nonostante

l’accoglimento dell’istanza avente ad oggetto una richiesta di rimborso, rientrano

nella giurisdizione del giudice ordinario.36

5.4 La valutazione della mediazione

Accertata l’ammissibilità dell’istanza e verificata l’impossibilità di

procedere a un annullamento dell’atto impugnato, l’Ufficio valuta attentamente,

anche in assenza di proposta formulata dal contribuente, la sussistenza dei

seguenti presupposti per la mediazione, individuati dal comma 8 dell’articolo 17-

bis:

1) incertezza delle questioni controverse;

2) grado di sostenibilità della pretesa;

3) principio di economicità dell’azione amministrativa.

Al riguardo si ribadisce che la finalità del procedimento di mediazione è

quella di consentire un esame preventivo della controversia, al fine di evitare un

inutile e dispendioso contenzioso e di realizzare la giusta imposizione.

Conseguentemente, in sede di valutazione della sussistenza dei requisiti

per procedere alla mediazione, l’Ufficio tiene conto del grado di sostenibilità o

rating della controversia.

Tale valutazione preventiva deve essere condotta con l’intento di

addivenire alla mediazione ogniqualvolta, in previsione di una sentenza di primo

grado sfavorevole o parzialmente sfavorevole, non siano ravvisabili i presupposti

per la prosecuzione in appello del contenzioso.

36 Cfr. Cass., SS.UU., 23 settembre 2010, n. 20077; cfr., ex plurimis, Cass., SS.UU., 16 giugno 2010, n. 14499, 15 ottobre 2009, n. 21893, 8 luglio 2008, n. 24774, 13 settembre 2005, n. 18120, 22 luglio 2002, n. 10725.

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In definitiva, le valutazioni assunte dall’Ufficio rappresentano le linee di

indirizzo per la coerente gestione non solo della mediazione, ma anche

dell’eventuale successiva fase del contenzioso.

Per la corretta e trasparente valutazione del grado di sostenibilità della

(eventuale) controversia l’Ufficio si avvale degli strumenti ricognitivi dell’esito

della controversia e, in particolare, del calcolo del rating della controversia37.

5.4.1 L’incertezza della questione controversa

Nel sistema giuridico italiano non trova applicazione il “precedente

giurisprudenziale”, ovvero il principio di common law in base al quale una

sentenza può esplicare effetti anche su soggetti che non sono stati parti del

giudizio. Infatti, ai sensi dell’articolo 2909 c.c. “L’accertamento contenuto nella

sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o

aventi causa”.

Conseguentemente è possibile ritenere che in via di principio, ogni

questione giuridica proposta nell’ambito di un processo è “incerta” fino al

momento in cui non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato che

definitivamente “accerti” la questione giuridica controversa.

Occorre tuttavia rilevare che, a seguito delle modifiche introdotte

dall’articolo 47, comma 1, lettera a) della legge 18 giugno 2009, n. 69, l’articolo

360-bis, primo comma, n. 1), c.p.c. attualmente dispone che “Il ricorso è

inammissibile:

“1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in

modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre

elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;”.

37 Cfr. circolare n. 22/E del 2011.

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In altri termini, il legislatore ha previsto l’inammissibilità del ricorso per

cassazione quando la questione giuridica con esso sollevata sia difforme dalla

giurisprudenza della Suprema Corte e i motivi di impugnazione proposti

dall’istante non prospettano sufficienti elementi per ritenere possibile un

mutamento di posizione interpretativa da parte della Cassazione 38.

Ne consegue che, attualmente, è possibile ritenere che anche in relazione a

questioni di diritto sia individuabile una “certezza”, rappresentata dalla presenza

di un orientamento consolidato della Corte di cassazione, tale da indurre a

ritenere che un eventuale ricorso per cassazione potrebbe effettivamente essere

dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte.

Orbene, nell’eventualità che la posizione assunta nell’atto impugnato

contrasti con siffatto orientamento giurisprudenziale si rende opportuno favorire

un accordo di mediazione, sulla base dell’eventuale proposta formulata dal

contribuente o, diversamente, elaborata dall’Ufficio.

In assenza di prassi amministrativa e di pronunce della Suprema Corte, la

proposta di mediazione sulla questione giuridica può essere motivata sulla base

della presenza di un orientamento delle Commissioni tributarie, favorevole alle

posizioni espresse dal contribuente, se del caso tenuto conto altresì degli altri due

criteri della sostenibilità della pretesa in giudizio e dell’economicità dell’azione

amministrativa.

Come infatti già chiarito precedentemente, l’Ufficio procede con la fase di

vera e propria mediazione ogniqualvolta, in caso di possibile esito sfavorevole o

parzialmente sfavorevole del contenzioso, non siano ravvisabili i presupposti per

38 Va peraltro segnalato che con sentenza 6 settembre 2010, n. 19051, le sezioni unite hanno ritenuto che “Il ricorso scrutinato ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1 cod. proc. civ. deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile, se la sentenza impugnata si presenta conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengono prospettati argomenti per modificarla, posto che anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata”.

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la prosecuzione in appello della controversia. Per converso, ciò comporta che la

pretesa ritenuta sostenibile va difesa in ogni stato e grado del giudizio.

È il caso di precisare che, in adesione a preminenti esigenze di uniformità

e imparzialità del comportamento degli Uffici, è esclusa la possibilità di mediare

in relazione a questioni risolte in via amministrativa con apposito documento di

prassi, cui gli Uffici devono necessariamente attenersi anche nella gestione delle

relative controversie, a nulla rilevando l’eventuale contrario orientamento della

giurisprudenza cui l’Amministrazione non abbia ancora prestato adesione.

5.4.2 Il grado di sostenibilità della pretesa

Tale criterio appare funzionale alla necessità che, nella trattazione della

mediazione, l’Ufficio esamini le questioni di fatto basandosi sostanzialmente sul

grado di sostenibilità della prova in giudizio della pretesa tributaria e sulla

fondatezza degli elementi addotti dall’istante.

Si ritiene in particolare che la scarsa sostenibilità della pretesa sia

sufficiente a motivare la mediazione su questioni di fatto.

Al riguardo, le valutazioni di opportunità, evidenziate nel precedente

punto sotto il profilo delle questioni di diritto risolte dalla Cassazione, vanno

estese alla giurisprudenza di merito relativamente alle questioni di fatto sollevate

nell’istanza di mediazione.

In sintesi, la proponibilità dell’accordo di mediazione è direttamente

correlata, soprattutto per le questioni di fatto, al prevedibile esito sfavorevole del

giudizio di merito.

Va ulteriormente precisato che la giurisprudenza da prendere in

considerazione è essenzialmente quella della Commissione tributaria provinciale

e della Commissione tributaria regionale nelle cui circoscrizioni ha sede la

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Direzione, a condizione che sia condivisa o, nella negativa, a condizione che non

possa essere utilmente contrastata con ricorso per cassazione.

5.4.3 Il principio di economicità dell’azione amministrativa

Ai sensi dell’articolo 1, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241,

“L’attività amministrativa … è retta da criteri di economicità, di efficacia, di

imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”.

Il principio di economicità va, quindi, inteso non solo come necessità di

ottimizzazione economica delle risorse, ma altresì come ottimizzazione dei

procedimenti, vale a dire come impegno a non gravare il procedimento

amministrativo di oneri inutili e dispendiosi, cercando di realizzare una rapida ed

efficiente conclusione della propria attività amministrativa, nel rispetto degli altri

principi di legalità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza.

Si tratta di criterio che sostanzialmente accompagna i precedenti, in

quanto individua, in special modo a fronte di una scarsa sostenibilità della

controversia, l’opportunità di procedere alla mediazione della pretesa tributaria.

In tale valutazione va considerato anche il rischio di soccombenza nelle

spese di lite.

5.5 La limitazione della responsabilità

L’articolo 39, comma 10 del DL n. 98 del 2011 dispone che “Ai

rappresentanti dell’ente che concludono la mediazione o accolgono il reclamo si

applicano le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 7, del decreto-legge 31

maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.

122”.

Nella specie, l’articolo 29, comma 7, secondo periodo del DL n. 78 del

2010 prevede che “Con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai

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fini della definizione del contesto mediante gli istituti previsti dall’articolo 182-

ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal decreto legislativo 19 giugno

1997, n. 218, e dall’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,

la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n.

20, è limitata alle ipotesi di dolo” 39.

Per effetto del combinato disposto delle norme da ultimo citate consegue

che, con esclusivo riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini

delle conclusioni tratte a seguito dell’esame delle istanze di cui all’articolo 17-bis

del D.Lgs. n. 546 del 1992, la responsabilità dei funzionari, in sede di

giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, è limitata ai

fatti e alle omissioni commessi con dolo.

6. L’ACCORDO DI MEDIAZIONE

Effettuate le valutazioni in ordine all’istanza di mediazione secondo le

modalità indicate al precedente punto 5, l’Ufficio, qualora ritenga sussistenti i

presupposti per la mediazione, procede sulla base delle seguenti modalità:

1) se l’istanza presentata dal contribuente contiene altresì una motivata

proposta di mediazione completa della rideterminazione dell’ammontare della

pretesa, che presenti i presupposti per l’accoglimento integrale, lo stesso Ufficio

può invitare il contribuente a sottoscrivere il relativo accordo di mediazione nel

modo che risulti più celere ed efficace, senza bisogno di particolari formalità;

2) in mancanza di proposta formulata nell’istanza, l’Ufficio, quando

opportuno, comunica una propria proposta motivata di mediazione, completa

39 Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi”.

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della rideterminazione della pretesa tributaria, recante, in calce, il nominativo e i

recapiti del funzionario incaricato, al fine di consentire all’istante di contattare in

modo celere l’Ufficio, sia per la sottoscrizione dell’accordo, qualora intenda

integralmente aderirvi, sia per avviare un contraddittorio sulla proposta di

mediazione;

3) negli altri casi in cui ritenga possibile esperire la mediazione, l’Ufficio

invita il contribuente al contraddittorio.

Stante la marcata finalità deflativa dell’istituto in esame, si ritiene che la

conclusione di una mediazione parziale possa intervenire esclusivamente in casi

eccezionali, in presenza di specifiche e motivate ragioni.

In altre parole, la conclusione della mediazione, in armonia con la ratio

del nuovo istituto, deve condurre, di norma, alla definizione del rapporto,

evitando l’attivazione della fase giurisdizionale.

6.1 Il contraddittorio con il contribuente

Nell’ipotesi richiamata sub 3) al punto precedente, valutata

favorevolmente la possibilità di una mediazione, l’Ufficio invita il contribuente

al contraddittorio, quando non reputi possibile e/o opportuno formulare

immediatamente una motivata proposta di rideterminazione della pretesa.

Non sono richieste forme particolari per l’invito, che può essere

comunicato al contribuente anche tramite posta elettronica ordinaria 40.

Nelle ipotesi in cui, precedentemente alla notifica dell’istanza, sia stata

inutilmente esperita la procedura di accertamento con adesione di cui al decreto

legislativo 19 giugno 1997, n. 218, è opportuno che l’Ufficio valuti tutti gli

elementi utili per la mediazione, risultanti dagli atti acquisiti, inclusa l’eventuale

proposta di definizione formulata in fase di accertamento con adesione.

40 Si ritiene che l’invito al contraddittorio debba contenere, oltre all’indicazione della data e del luogo della comparizione, il chiaro e specifico riferimento all’istanza.

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Ciò al fine di valutare se, in fase di mediazione, emergano condizioni tali

da ritenere possibile il raggiungimento di un accordo.

Va, infatti, osservato che, in fase di mediazione, l’Ufficio andrà ad

effettuare la propria analisi in particolare sulla base di elementi non noti,

sopravvenuti o comunque non presi in considerazione quando è stato esperito il

tentativo di definizione di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997.

Tra gli elementi oggetto di analisi possono assumere particolare rilevanza:

- i motivi del ricorso, con i quali il contribuente espone in dettaglio i vizi

formali e sostanziali che potrebbe eccepire in sede contenziosa41;

- l’eventuale indicazione di documenti non disponibili o non esibiti dal

contribuente in fase di accertamento con adesione (nei casi ovviamente in cui non

sia preclusa l’esibizione);

- la formazione di un orientamento della Corte di cassazione ovvero della

giurisprudenza di merito locale, contrario o favorevole alle posizioni

dell’Agenzia.

Tali profili, del resto, possono risultare determinanti anche per il

contribuente, che, in sede di mediazione, potrebbe decidere di aderire alla

proposta (non accolta in sede di accertamento) a seguito della sopravvenuta

conoscenza degli elementi sopra richiamati ovvero in considerazione dei motivi

dell’eventuale rigetto dell’istanza prospettati dall’Ufficio, che anticipano la linea

di difesa dell’Amministrazione nell’eventuale fase contenziosa.

L’esito del contraddittorio – che si svolge possibilmente nell’ambito di un

solo incontro – viene descritto in un apposito verbale.

41 Si pensi ai vizi che possono riflettersi sull’obbligo della motivazione, sulla regolarità formale del procedimento di accertamento o sulla ritualità della notificazione dell’atto, che siano contestati per la prima volta in sede contenziosa.

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Al contraddittorio il contribuente può partecipare personalmente oppure

conferire procura al proprio difensore (cfr. punti 3.1 e 6.2), fatti salvi i casi in cui

il contribuente intenda parteciparvi personalmente.

Il verbale di contraddittorio deve essere sottoscritto, da un lato, dal

contribuente o dal difensore munito di procura e, dall’altro, dal dirigente o dal

funzionario incaricato del contraddittorio.

Qualora il contribuente non si presenti al contraddittorio, il dirigente o

funzionario incaricato annota la “mancata presentazione” dello stesso

sull’originale dell’invito al contraddittorio.

6.2 La riduzione delle sanzioni in caso di mediazione

Ai sensi del comma 8, ultimo periodo dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n.

546 del 1992, alla fase di mediazione “Si applicano le disposizioni dell’articolo

48, in quanto compatibili”.

Ciò comporta, tra l’altro, che, in conformità a quanto previsto dal comma

6 del citato articolo 48, in caso di avvenuta mediazione, le sanzioni

amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento delle somme

irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla mediazione. In

ogni caso la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore al quaranta per cento

dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

Nel procedimento attivato con la presentazione dell’istanza di mediazione

non si applica l’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

In altri termini, a seguito della notifica di un avviso di accertamento o di

liquidazione, il contribuente, entro il termine per la proposizione del ricorso, può

alternativamente aderire all’atto, ottenendo la riduzione a un terzo42 della

42 La riduzione delle sanzioni è pari ad un sesto nell’ipotesi in cui l’atto nei confronti del quale viene prestata acquiescenza non è stato preceduto dall’invito di cui all’articolo 5 o di cui all’articolo 11 del

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sanzione, ovvero formulare istanza di accertamento con adesione o, infine,

decidere di impugnare l’atto. In tale ultima ipotesi, se si tratta di fattispecie di

valore non superiore a ventimila euro, determinato ai sensi dell’articolo 12 del

D.Lgs. n. 546 del 1992, il contribuente è obbligato ad avviare il procedimento di

mediazione.

In modo speculare a quanto previsto per la conciliazione giudiziale nella

circolare del 18 dicembre 1996, n. 291/E43, si ritiene che, qualora non vi siano

margini per la riduzione della pretesa, l’Ufficio – ancorché non obbligato - è

legittimato a concludere un accordo di mediazione che confermi integralmente il

tributo contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio della

riduzione delle sanzioni irrogate.

Per converso, non vi è spazio per un accordo confermativo della pretesa

tributaria qualora la conseguente riduzione delle sanzioni sia più elevata di

quanto consentito per effetto di acquiescenza in una fase amministrativa

antecedente a quella della mediazione. Ciò si verifica, ad esempio, nell’ipotesi di

iscrizione a ruolo a seguito di controllo ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto

del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.44

Al di fuori delle predette fattispecie che – come detto – impediscono di

norma la formulazione di un accordo di mediazione, l’Ufficio comunica al

contribuente una proposta di mediazione nella quale, dopo aver esposto in modo

D.Lgs. n. 218 del 1997 né dal processo verbale a cui era possibile aderire ai sensi dell’articolo 5-bis del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997. 43 Nella circolare n. 291/E del 1996 è stata affermata la legittimità di “un accordo conciliativo nei casi in cui il ricorrente accetti l’intero importo della maggiore imposta accertata al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione delle sanzioni irrogate”, precisando che “in simili fattispecie la valutazione dell’opportunità di conciliare sia da esaminare caso per caso. 44 L’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, prevede, al comma 1, che nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi dell’articolo 36-ter del DPR n. 600 del 1973 si applica la sanzione pari al 30 per cento. In ordine a tale sanzione, l’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, dispone che le somme dovute a seguito dei controlli formali effettuati a norma dell’articolo 36-ter del DPR n. 600 del 1973 “possono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4 del predetto art. 36-ter … . In tal caso l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ai due terzi”. Pertanto, il pagamento entro 30 giorni dalla comunicazione di irregolarità comporterebbe una sanzione pari al 20 per cento, mentre la riduzione conseguente alla mediazione sull’iscrizione a ruolo comporterebbe una sanzione pari al 12 per cento.

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completo e dettagliato le ragioni, di fatto e di diritto, in base alle quali non è

possibile procedere a una rideterminazione della pretesa tributaria, illustra la

possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni al quaranta per cento, in

caso di conclusione di accordo di mediazione con accettazione dell’intero

importo del tributo richiesto con l’atto impugnato.

L’Ufficio informa inoltre il contribuente che, in assenza di un’adesione

alla proposta di mediazione, nei termini in essa indicati, si procederà a difendere

gli interessi erariali in ogni grado di giudizio, insistendo nella richiesta di

condanna alle spese di giudizio e del procedimento di mediazione.

6.3 Le modalità di conclusione dell’accordo

La conclusione dell’accordo di mediazione individua il momento a partire

dal quale decorre il termine per effettuare il pagamento che realizza il

perfezionamento della mediazione.

Di norma l’accordo si conclude al momento della sottoscrizione, da parte

dell’Ufficio e del contribuente45, di un atto contenente, tra l’altro, l’indicazione

specifica degli importi risultanti dalla mediazione (tributo, interessi, sanzioni) e

le modalità di versamento degli stessi (comprese le modalità di rateizzazione

delle somme dovute).

La sottoscrizione può avvenire contestualmente ovvero in momenti

diversi. In quest’ultimo caso, per la data di conclusione dell’accordo occorre fare

riferimento al momento dell’ultima sottoscrizione.

L’accordo può anche concludersi mediante sottoscrizione per accettazione

della proposta di mediazione formulata da una delle parti, quando dalla proposta

risulti in modo specifico e univoco il contenuto dell’accordo, con particolare

riferimento alla determinazione delle somme dovute e alle modalità di

versamento delle stesse. 45 Per l’individuazione del soggetto legittimato alla firma, cfr. il successivo punto 7.4.

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In tali ipotesi, l’adesione deve esprimere la chiara e univoca

determinazione di aderire integralmente al contenuto della proposta.

Conseguentemente, non è configurabile la conclusione della mediazione

quando l’adesione contenga elementi ulteriori rispetto a quanto indicato nella

proposta.

Nel caso di adesione alla proposta di una delle parti, il termine di venti

giorni per l’effettuazione del versamento delle somme dovute decorre:

- dalla spedizione dell’atto di adesione da parte del contribuente che l’ha

sottoscritto, quando la proposta sia stata formulata dall’Ufficio;

- dal ricevimento dell’atto di adesione dell’Ufficio, se la proposta era

contenuta nell’istanza di mediazione presentata dal contribuente.

Una volta conclusa con la sottoscrizione, la mediazione si perfeziona con

il pagamento delle somme dovute (cfr. punto 7).

6.4 La sottoscrizione della mediazione

L’accordo di mediazione deve essere firmato dal Direttore provinciale o

regionale ovvero da un suo delegato.

Al riguardo è necessario evidenziare che, ai sensi del comma 5

dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, la trattazione dell’istanza di

mediazione deve essere effettuata da “apposite strutture diverse ed autonome da

quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”, individuate negli Uffici

legali delle Direzioni provinciali e regionali.

Ne deriva l’esigenza che, in caso di delega rilasciata dal Direttore, il

soggetto delegato appartenga all’Ufficio legale.

Per quanto concerne il contribuente, al fine di individuare il soggetto

legittimato a sottoscrivere l’accordo, occorre tener conto di quanto segue.

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Nella fase, prettamente amministrativa, della mediazione, il contribuente e

l’Ufficio – attraverso un meditato confronto delle reciproche posizioni - possono

giungere a rideterminare la pretesa tributaria, fermo il rispetto dei criteri e limiti

posti dalla norma.

A tal fine, il contribuente ha la facoltà di conferire una procura speciale46,

relativamente alla rappresentanza nella fase di mediazione e alla stipula

dell’eventuale accordo finale raggiunto.

Nel caso in cui il contribuente si avvalga dell’assistenza tecnica di un

difensore, il potere di concludere la mediazione può essere previsto nell’ambito

della procura alle liti rilasciata dal contribuente o in un atto separato (v. schema

allegato).

È infatti ammesso, ai soli fini della mediazione, anche il conferimento di

una procura speciale ai sensi dell’articolo 63 del decreto del Presidente della

Repubblica 29 settembre 1973, n. 60047, che disciplina la rappresentanza e

l’assistenza dei contribuenti presso gli uffici finanziari.

Resta ovviamente fermo il potere del contribuente di sottoscrivere

personalmente l’accordo di mediazione.

46 Ai sensi dell’articolo 1392 c.c., la procura “non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere”. Non è quindi ammessa una procura orale alla mediazione. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1396 c.c., “Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto. “Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall'interessato non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate”. 47 Nell’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, il predetto articolo 63 del DPR n. 600 del 1973 reca, infatti, una disposizione di carattere generale, in quanto, “pur dettando norme con espresso riferimento alla materia dei tributi erariali diretti”, risulta “però, autorevolmente ravvisato suscettibile di applicazione in tutti gli altri settori del diritto tributario nei quali non risulti data una diversa, specifica disciplina - e tra questi non vi è quello concernente l'imposta di registro” (Cass. 10 dicembre 1993, n. 12154).

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7. IL PERFEZIONAMENTO DELLA MEDIAZIONE

La procedura di mediazione si perfeziona con il versamento dell’intero

importo dovuto, ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale, effettuato

entro venti giorni dalla conclusione dell’accordo di mediazione.

Per effetto del rinvio disposto dal comma 8 dell’articolo 17-bis, devono,

infatti, ritenersi applicabili alla mediazione le disposizioni dell’articolo 48 del

D.Lgs. n. 546 del 1992, disciplinanti il perfezionamento della conciliazione

giudiziale 48.

In particolare, l’accordo di mediazione costituisce titolo per la riscossione

delle somme dovute mediante versamento diretto ovvero - in caso di omesso

versamento alle scadenze – per l’iscrizione a ruolo, in applicazione del comma 3

dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992 49.

Il pagamento va effettuato, anche tramite compensazione ai sensi

dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, mediante modello

F24, utilizzando appositi codici tributo, istituiti con distinta risoluzione.

Il pagamento delle somme dovute può essere effettuato anche mediante

scomputo di quanto eventualmente già versato dal contribuente in esecuzione

dell’atto impugnato.

Nell’atto di mediazione, dalle somme dovute vanno scomputate quelle

eventualmente già pagate in esecuzione dell’atto impugnato.

Nel caso di accordo avente ad oggetto il rifiuto espresso o tacito di un

rimborso, la mediazione si perfeziona con la conclusione del relativo accordo.

48 Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la conciliazione si perfeziona con il versamento dell’intero importo dovuto o della prima rata entro venti giorni dalla data dell’udienza in cui è stato raggiunto l’accordo tra le parti ed è stato redatto il processo verbale. In caso di conciliazione c.d. “fuori udienza”, i 20 giorni decorrono dalla data di comunicazione del decreto del Presidente della Commissione tributaria che ha dichiarato l’estinzione del giudizio. 49 Si ricorda che ai sensi del citato articolo 48, comma 3, “Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto …”.

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7.1 Le modalità di versamento delle somme dovute

In applicazione dell’articolo 48, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, il

versamento delle somme dovute a seguito dell’accordo di mediazione può

avvenire “in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo ovvero in un

massimo di dodici rate trimestrali, se le somme dovute superano i 50.000 euro”.

Di fatto, trattandosi di potenziali controversie di valore non superiore a

ventimila euro, non sono ammesse più di otto rate. Si precisa che l’importo

rilevante ai fini della rateizzazione è quello riferito a ciascun atto oggetto di

mediazione e non quello (anche superiore a 50.000 euro) complessivamente

dovuto in base a un accordo che abbia ad oggetto una pluralità di atti, ciascuno di

valore non superiore a ventimila euro, eventualmente impugnati con un unico

reclamo.

A seguito del mancato pagamento anche di una sola delle rate successive

alla prima, è applicabile quanto previsto dal comma 3-bis dell’articolo 48 del

D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui “In caso di mancato pagamento anche di

una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata

successiva, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede

all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui

all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata in

misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo”.

Pertanto, il mancato pagamento determina la decadenza dal beneficio

della rateazione, con iscrizione a ruolo dell’intero importo residuo e di una

sanzione pari al sessanta per cento delle somme ancora dovute.

Anche in caso di avviso di accertamento c.d. “esecutivo”, adottato ai sensi

dell’articolo 29 del DL n. 78 del 2010, le rate successive alla prima, dovute e non

versate, sono riscosse mediante iscrizione a ruolo.

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Qualora le somme versate siano lievemente inferiori a quelle dovute per

un errore del contribuente50 che, anche oltre il termine di legge, abbia

successivamente sanato l’errore, l’Ufficio valuta l’opportunità di ritenere valido

il pagamento, tenendo conto dell’intento deflativo dell’istituto e dei principi di

economicità, nonché di conservazione dell’atto amministrativo.

Le stesse valutazioni possono essere effettuate nel caso di lieve ritardo nel

versamento da parte del contribuente o di altre minime irregolarità.

7.2 Gli effetti del perfezionamento della mediazione

A seguito del perfezionamento della mediazione, la pretesa tributaria

viene definitivamente rideterminata nella misura fissata dall’accordo di

mediazione e il rapporto giuridico tributario, sottostante all’atto impugnato, si

intende definito e non ulteriormente contestabile.

In altri termini, con il versamento di tutte le somme dovute, la pretesa

tributaria risulta integralmente soddisfatta.

Nelle ipotesi di versamento rateale, l’atto originariamente impugnato

perde efficacia a seguito del pagamento della prima rata. A fronte del mancato

pagamento di una delle rate successive, l’Ufficio procede alla riscossione delle

somme dovute, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dall’accordo di

mediazione.

In considerazione della definitività del rapporto tributario, intervenuta per

effetto del perfezionamento della mediazione, la cartella di pagamento, emessa in

caso di mancato versamento di una delle rate successive alla prima, può essere

impugnata solo per vizi propri.

50 Sulla scusabilità dell’errore cfr. la circolare n. 48/E del 24 ottobre 2011, punto 14.

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A seguito del perfezionamento, la mediazione non è impugnabile in

quanto viene meno l’interesse ad agire in giudizio: l’eventuale ricorso sarebbe

inammissibile.

In assenza del versamento integrale delle somme dovute, ovvero della

prima rata in caso di pagamento rateale, la mediazione non si perfeziona e l’atto

originario, avverso il quale il contribuente ha proposto l’istanza, continua a

produrre effetti. Conseguentemente, il contribuente può decidere di:

- agire in giudizio, costituendosi in giudizio ai sensi dell’articolo 22 del

D.Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. successivo punto 10.1);

- desistere dal contenzioso; in tal caso, decorso il termine di cui all’articolo

22 del D.Lgs. n. 546 del 1992, l’atto oggetto di istanza diviene definitivo e

l’Ufficio procede alla conseguente riscossione.

8. IL DINIEGO ALL’ISTANZA

Nel termine di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza, l’Ufficio porta

il provvedimento di diniego a conoscenza del contribuente.

Il diniego deve essere opposto in assenza dei presupposti per procedere

all’annullamento dell’atto o per concludere la mediazione.

Alla sottoscrizione del diniego si provvede secondo le stesse modalità di

cui al punto 6.4.

Nel diniego vanno esposte in modo completo e dettagliato le ragioni, di

fatto e di diritto, poste a fondamento della pretesa tributaria, avendo presente che

il contenuto del provvedimento di diniego, in caso di successiva costituzione in

giudizio da parte del contribuente, varrà come atto di controdeduzioni.

Vanno altresì descritte le attività svolte nel corso del procedimento di

mediazione, sia al fine di chiedere la condanna del contribuente al pagamento

delle somme di cui al comma 10 dell’articolo 17-bis, sia allo scopo di illustrare al

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giudice i motivi in base ai quali si è ritenuto di disattendere l’eventuale proposta

di mediazione formulata dal contribuente.

Anche il diniego non è impugnabile, essendo tutelato il contribuente dalla

facoltà di costituirsi in giudizio mediante il deposito del ricorso. Nel giudizio

eventualmente instaurato dal contribuente, avente ad oggetto l’atto rientrante

nell’ambito di applicazione dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, verrà

altresì esaminato il corretto espletamento del procedimento di mediazione, anche

ai fini della liquidazione delle spese ai sensi del comma 10 dello stesso articolo

17-bis.

9. LA NOTIFICA DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO DI

MEDIAZIONE

Gli atti emessi in esito al procedimento amministrativo di mediazione, che

– come si è detto – non sono impugnabili, possono essere portati a conoscenza

del contribuente nella forma della notificazione prevista per gli atti tributari di

cui all’articolo 60 del DPR n. 600 del 1973 oppure – come è preferibile –

utilizzando la posta elettronica certificata (PEC), che ne assicura la conoscenza

certa e in tempo reale.

Invero, la notifica tramite PEC degli atti amministrativi è prevista in via

generale dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice

dell’Amministrazione digitale, di seguito CAD).

Più precisamente, le notifiche relative anche al procedimento di

mediazione possono essere effettuate tramite PEC in virtù del combinato

disposto degli articoli 6 e 48 del CAD.

La “trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata

ai sensi del comma 1 (ossia tramite PEC, n.d.r.), equivale, salvo che la legge

disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta” (articolo 48,

comma 2, del CAD).

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In base all’articolo 6, comma 1, del CAD, “Per le comunicazioni di cui

all'articolo 48, comma 1, con i soggetti che hanno preventivamente dichiarato il

proprio indirizzo ai sensi della vigente normativa tecnica, le pubbliche

amministrazioni utilizzano la posta elettronica certificata. La dichiarazione

dell'indirizzo vincola solo il dichiarante e rappresenta espressa accettazione

dell'invio, tramite posta elettronica certificata, da parte delle pubbliche

amministrazioni, degli atti e dei provvedimenti che lo riguardano”.

Si ricorda che dal 6 luglio 201151 nel ricorso alla Commissione tributaria

provinciale deve essere obbligatoriamente dichiarato l’indirizzo di PEC, ai sensi

degli articoli 16, comma 1-bis52, e 18, comma 2, lettera b)53, del D.Lgs. n. 546

del 1992. Qualora tale obbligo non sia osservato da parte del difensore è prevista

la sanzione della maggiorazione del contributo unificato della metà54.

In attesa dell’emanazione del regolamento previsto dall’articolo 39,

comma 8, lettera d), del DL n. 98 del 201155, gli atti del processo tributario, ivi

compreso il ricorso e l’istanza di mediazione (che del ricorso assolve le

funzioni), non possono essere ancora notificati tramite PEC. Ne è conferma la

previsione dell’articolo 16, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica

11 febbraio 2005, n. 68 (“Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della

posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003,

n. 3”), secondo cui “Le disposizioni di cui al presente regolamento non si

applicano all'uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel

51 Data di entrata in vigore del DL n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011. 52 Inserito dall’articolo 39, comma 8, lett. a), n. 2), del predetto DL n. 98 del 2011. 53 Come modificata dall'art. 2, comma 35-quater, lett. a), decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. 54 Ai sensi dell’articolo 13, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese giustizia, di cui al DPR n. 115 del 2002, comma inserito dall’articolo 37, comma 6, lettera q), del D.L. n. 98 del 2011, e modificato dall'articolo 2, comma 35-bis, lettera b), del D.L. n. 138 del 2011. 55 Secondo cui “con regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, emanato entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il DIgitPA e il Garante per la protezione dei dati personali, sono introdotte disposizioni per il più generale adeguamento del processo tributario alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni”.

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processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel

processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali

restano ferme le specifiche disposizioni normative”.56

Tale divieto non riguarda, ad evidenza, la notifica da parte dell’Ufficio

mediante PEC degli atti inerenti al procedimento di mediazione, che attengono

ad una fase amministrativa antecedente al processo tributario.

Per esigenza di speditezza e celerità del procedimento amministrativo di

mediazione, il provvedimento di accoglimento o il diniego dell’istanza potrà

essere più sollecitamente portato a conoscenza del contribuente avvalendosi dei

recapiti di posta elettronica ordinaria o fax indicati dall’istante.

10. L’INSTAURAZIONE DEL GIUDIZIO

10.1 La costituzione in giudizio del contribuente

Il comma 9 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che

“Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l'accoglimento del

reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli

effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta

data. Se l'Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i

predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento

parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell'atto di

accoglimento parziale”.

56 Vd. articolo 48, commi 1 e 2, del CAD, che, come appena ricordato, non si applica al processo tributario. I primi due commi dell’articolo 48 del CAD recitano: “1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA. 2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta”.

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Come già anticipato57, il termine di trenta giorni per la costituzione in

giudizio del ricorrente, contemplato dall’articolo 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992,

inizia a decorrere dal giorno successivo:

- a quello di compimento dei novanta giorni dal ricevimento dell’istanza

da parte della Direzione, qualora non sia stato notificato il provvedimento di

accoglimento della stessa ovvero non sia stato formalizzato l’accordo di

mediazione;

- a quello di notificazione del provvedimento con il quale l’Ufficio

respinge l’istanza prima del decorso dei predetti novanta giorni;58

- a quello di notificazione del provvedimento con il quale l’Ufficio, prima

del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.

Con riferimento alla prima delle tre ipotesi sopra elencate, si ribadisce che

il termine dei novanta giorni utili per la trattazione dell’istanza (cui non è

applicabile – come evidenziato al punto 2.9 – la sospensione feriale dal 1° agosto

al 15 settembre, di cui alla legge n. 742 del 1969 riguardante i termini delle

attività processuali) decorre dalla data di ricevimento dell’istanza stessa da parte

dell’Ufficio.

Il deposito del ricorso presso la Segreteria della Commissione tributaria

provinciale (con cui il contribuente si costituisce in giudizio, non avendo ottenuto

un provvedimento di accoglimento né avendo concluso la mediazione nei

novanta giorni), a sua volta, deve avvenire entro il termine perentorio di trenta

giorni stabilito dall’articolo 22, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, cui si

applica la richiamata sospensione feriale trattandosi di termine relativo a un atto

processuale, qual è l’atto di costituzione in giudizio.

57 Punto 4.2. 58 Ai fini della tempestiva costituzione in giudizio occorre fare riferimento alla data di compimento dei novanta giorni in tutti i casi in cui alla predetta data, per qualsiasi motivo, la risposta dell’Ufficio non sia pervenuta a conoscenza del contribuente, ancorché sottoscritta, in ipotesi, entro i predetti novanta giorni.

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A titolo di esempio, si pensi a un’istanza di mediazione spedita dal

contribuente con raccomandata a/r del 5 giugno 2012 e ricevuta dall’Ufficio in

data 7 giugno 2012.

In tal caso, il termine di novanta giorni per la trattazione dell’istanza

decorre dal 7 giugno 2012 e, stante l’inapplicabilità della sospensione feriale,

viene a scadenza il 5 settembre 2012.

Di contro, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del

contribuente/ricorrente decorre dal 16 settembre 2012, proprio in virtù della

operatività della sospensione feriale con riferimento ai termini che regolano gli

adempimenti di natura processuale.

In definitiva, qualora il termine di novanta giorni previsto dal comma 9

dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 venga a cadere nel periodo tra il

1° agosto e il 15 settembre, il termine di trenta giorni per la costituzione in

giudizio decorre a partire dal 16 settembre.

Parimenti, nel caso che il diniego o l’accoglimento parziale dell’istanza

siano portati a conoscenza del contribuente nel periodo di sospensione feriale, il

predetto termine decorre dal 16 settembre.

Come già indicato, il ricorso depositato presso la Segreteria della

Commissione tributaria provinciale deve essere conforme a quello consegnato o

spedito con l’istanza di mediazione.

Se l’atto depositato presso la segreteria del Giudice non è conforme a

quello consegnato o spedito all’Ufficio con l’istanza di mediazione, il ricorso è

inammissibile.

Resta ovviamente ferma la possibilità per il ricorrente di depositare,

successivamente alla costituzione in giudizio, documenti e memorie, anche

integrative, ai sensi degli articoli 24 e 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992.

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La costituzione in giudizio del contribuente realizza il presupposto per il

versamento del contributo unificato. Come precisato al punto 2.5, la circolare del

Ministero dell’economia e delle finanze n. 1/DF del 21 settembre 2011 ha

chiarito che “per le controversie di valore non superiore a ventimila euro,

disciplinate dall’art. 17-bis del D. Lgs. n. 546/1992, introdotto dall’art. 39,

comma 9, del decreto legge n. 98/2011, nel quale l’ammissibilità del ricorso è

condizionata all’obbligo di presentazione del reclamo con o senza proposta di

mediazione, il soggetto obbligato è colui che propone il reclamo”. Nel medesimo

documento viene precisato che “Resta inteso che l’obbligo di pagamento del

contributo insorge al momento del deposito del reclamo nella Segreteria della

Commissione tributaria provinciale”.

10.1.1 La costituzione in giudizio del contribuente a seguito di impugnazione di

atti emessi dall’Agente della riscossione

Al punto 1.2 sono state inquadrate le ipotesi riferibili alle controversie

aventi ad oggetto atti emessi dall’Agente della riscossione, quali le cartelle di

pagamento.

In particolare, è stato evidenziato che il contribuente, se solleva eccezioni

concernenti sia l’attività svolta dall’Agenzia delle entrate sia quella dell’Agente

della riscossione, notificando il ricorso ad entrambi, è tenuto comunque a

presentare l’istanza prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Anche in tal caso il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio

decorre, ai sensi del comma 9 dell’articolo 17-bis in esame, dal giorno successivo

alla scadenza di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero dal giorno

successivo alla data di comunicazione del provvedimento di rigetto dell’istanza o

dell’atto con il quale l’Agenzia, prima del decorso di novanta giorni, accoglie

parzialmente l’istanza.

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Si ritiene, infatti, che la formulazione e la ratio della norma non

consentano di sdoppiare gli adempimenti processuali inerenti ad un’unica

controversia.

In caso contrario, si verificherebbe l’inammissibile conseguenza di una

costituzione in giudizio circoscritta alla parte del ricorso riguardante l’Agente

della riscossione, effettuata entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza,

vale a dire quando il termine di novanta giorni per l’esame dell’istanza stessa,

limitatamente all’attività dell’Agenzia, è ancora pendente.

Peraltro, siffatta conseguenza sarebbe ulteriormente inammissibile con

riguardo alle controversie in cui il contribuente impugni, oltre alla cartella di

pagamento, anche l’avviso di accertamento, assumendo che quest’ultimo non gli

sia stato notificato ovvero sollevi vizi inerenti sia al ruolo sia alla cartella.

In tali fattispecie, la eventuale conclusione positiva del procedimento di

mediazione con l’Agenzia delle entrate farebbe venir meno l’intera controversia

e, dunque, l’interesse del contribuente alla costituzione in giudizio.

Una rinuncia successiva al procedimento giurisdizionale ormai già avviato

risulterebbe, oltretutto, ben più onerosa e, come tale, contraria ai principi di

economia amministrativa e processuale, nonché alla funzione dell’istituto

deflativo in questione.

10.1.2 La costituzione in giudizio del contribuente a seguito di impugnazione

cumulativa

Al punto 1.3 si è chiarito che, a fronte dell’impugnazione cumulativa

proposta avverso una pluralità di atti, il valore della lite va individuato con

riferimento a ciascun atto impugnato con il medesimo ricorso. Ne deriva che, per

gli atti di valore non superiore a ventimila euro, il contribuente è tenuto ad

osservare il procedimento di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

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73

Anche nelle ipotesi di cui si tratta, il termine di trenta giorni per la

costituzione in giudizio (tramite deposito dell’unico ricorso che impugna la

pluralità di atti) decorre, ai sensi del comma 9 dell’articolo 17-bis in esame, dal

giorno successivo alla scadenza di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza

ovvero dal giorno successivo alla data di comunicazione del provvedimento di

rigetto dell’istanza o dell’atto con il quale l’Agenzia, prima del decorso di

novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.

10.1.3 La costituzione in giudizio del contribuente in caso di mancato pagamento

delle somme dovute a seguito della mediazione

Al punto 7.2 si è chiarito che, in assenza di versamento integrale delle

somme dovute ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale, la

mediazione non si perfeziona e l’atto originario continua a produrre effetti, con la

conseguenza che il contribuente può decidere se incardinare il giudizio,

depositando il ricorso presso l’Organo giurisdizionale.

In tale situazione, tenuto conto dell’impianto sistematico della normativa

in esame, si ritiene che il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente

decorra dal giorno successivo al compimento dei novanta giorni previsti dal

comma 9 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

10.2 La costituzione in giudizio dell’Ufficio

Verificata la costituzione in giudizio del contribuente, l’Ufficio procede a

sua volta a costituirsi in giudizio, richiamando il contenuto dell’atto di diniego.

Analogamente a quanto illustrato ai precedenti punti in merito al deposito

del ricorso da parte del contribuente, il termine di sessanta giorni previsto

dall’articolo 23 del D.Lgs. n. 546 del 1992 per la costituzione in giudizio del

resistente decorre, a seconda dei casi, dal giorno successivo alla scadenza di

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novanta giorni dal ricevimento dell’istanza oppure dal giorno successivo alla data

di notificazione del provvedimento di diniego o di accoglimento parziale

dell’istanza prima del decorso dei novanta giorni.

Trattandosi di adempimento processuale, anche il termine (ordinatorio e

non perentorio) per la costituzione in giudizio del resistente è soggetto alla

sospensione feriale contemplata dalla legge n. 742 del 1969. Pertanto, se il

termine di novanta giorni previsto dal comma 9 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n.

546 del 1992 scade nel periodo tra il 1° agosto e il 15 settembre, il termine di

sessanta giorni per la costituzione in giudizio dell’Ufficio decorre dal 16

settembre.

A fronte dell’eventuale mancato svolgimento preventivo della fase

amministrativa della mediazione, l’inammissibilità del ricorso, ancorché

“rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio”(articolo 17-bis, comma 2

del D.Lgs. n. 546 del 1992), sarà sempre eccepita dall’Ufficio nelle proprie

controdeduzioni e coltivata in ogni grado di giudizio.

10.3 Lo svolgimento successivo della controversia e la disciplina delle spese

di giudizio

Successivamente alla costituzione in giudizio delle parti, la Commissione

tributaria provinciale procede all’esame della controversia secondo le

disposizioni del decreto legislativo n. 546 del 1992, tenendo conto, ovviamente,

del procedimento di mediazione e delle vicende che l’hanno caratterizzato.

A mero titolo esemplificativo, per le controversie rientranti nell’ambito di

applicazione dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, il Presidente della

Commissione tributaria, nell’effettuare l’esame preliminare del ricorso di cui

all’articolo 27 del medesimo D.Lgs. n. 546, ovviamente terrà conto, ai fini della

tempestività del ricorso stesso, della data di notifica dell’istanza.

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Come già sottolineato in premessa, nelle controversie in esame “è esclusa

la conciliazione giudiziale di cui all’articolo 48” (articolo 17-bis, comma 1).

La speciale disciplina della condanna della parte soccombente alle spese

del giudizio e della mediazione, di cui al comma 10 dell’articolo 17-bis del

D.Lgs. n. 546 del 1992, costituisce, infine, un efficace deterrente a sottovalutare

la funzione deflativa del contenzioso assolta dal procedimento di mediazione.

La disposizione da ultimo citata prevede che “la parte soccombente è

condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al

50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del

procedimento disciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie,

fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, può

compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono

giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la

parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione”.

Ne consegue che, in sede di pronuncia della sentenza conclusiva del

giudizio, la Commissione tributaria provinciale:

- condanna la parte soccombente a versare all’altra parte una somma a

titolo di rimborso delle spese del procedimento di mediazione, normativamente

fissata nel cinquanta per cento delle spese di giudizio; dal momento che il comma

10 dell’articolo 17-bis precisa che tale somma è “in aggiunta alle spese di

giudizio”, la condanna al rimborso non trova applicazione nei casi di

compensazione delle spese di lite;

- fuori dei casi di soccombenza reciproca, i Giudici possono compensare,

parzialmente o per intero, le spese di lite solo se ricorrono giusti motivi, da

indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza; i “giusti motivi” vanno

peraltro individuati nelle ragioni che hanno indotto l’Ufficio a rigettare l’istanza

di mediazione del contribuente.

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76

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi

enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle

Direzioni dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA Attilio Befera

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Allegato alla circolare del ..., n. /E

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI …

RICORSO CON ISTANZA

ai sensi dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92

proposto dal Sig. ____________________________________________

(riportare dati identificativi, domicilio fiscale, C.F., PEC, difensore

eventualmente nominato con relativi C.F. e PEC, domicilio eletto, ecc.)

contro

Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale/Regionale di _______,

con sede in __________________, in persona del Direttore pro tempore,

in relazione

a … (avviso di accertamento, iscrizione a ruolo, diniego di rimborso, ecc.)

n. ___________ notificato in data __/__/___, emesso dall’Agenzia

delle Entrate – Direzione Provinciale/Regionale di __________

per far valere i fatti, i motivi e le richieste di seguito riportati

FATTO

__________________________________________________________

__________________________________________________________

MOTIVI

__________________________________________________________

__________________________________________________________

Per tutti questi motivi,

CHIEDE

a codesta Commissione tributaria provinciale, di voler ____________

Si dichiara che il valore della presente lite, ai fini del contributo

Procura speciale(eventuale) Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento, in ogni sua fase, stato e grado, _____________, con ogni facoltà di legge, incluse quelle di proporre reclamo e di mediare ai sensi dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92, trattare, comporre, conciliare, transigere, rinunciare agli atti e accettare rinunzie, farsi sostituire. Eleggo domicilio, anche per le notificazioni relative al procedimento di reclamo e mediazione, presso __________. Luogo e data

È autentica

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78

unificato di cui al DPR n. 115/02, è di _______ euro.

Luogo e data_____________

Firma

_____________________________

****

ISTANZA

ai sensi dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92

Il contribuente, Sig. _______, come prima rappresentato, sulla base

dei fatti e dei motivi sopra evidenziati

CHIEDE

che l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale/Regionale di

__________, in alternativa al deposito del ricorso che precede presso

la Commissione tributaria provinciale, accolga in via amministrativa

le richieste nel medesimo ricorso formulate.

Valore ai fini dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92: _________ euro.

[segue parte eventuale]

Formula altresì proposta di mediazione fondata sui seguenti

MOTIVI

1)________________________________________________________

__________________________________________________________

2)_______________________________________________________

__________________________________________________________

Per quanto motivato, la pretesa verrebbe ad essere così rideterminata:

Imposta: euro ______________;

Interessi: euro ______________;

Sanzioni: euro ______________;

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Via Giorgione, 159 – 00147 Roma - Tel. 06.5054. 2755 - Fax 06. 5076.3351

e-mail: [email protected]

Roma, 11 giugno 2012

OGGETTO: Programmazione gestione della mediazione e del contenzioso tributario – Anno 2012 – Indirizzi operativi

Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso

______________

Settore Governo del Contenzioso

Ufficio Programmazione e Consuntivazione

CIRCOLARE N.22/E

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2

INDICE

Premessa ................................................................................................................3

1. Riduzione del contenzioso ............................................................................4

1.1. Strumenti deflativi del contenzioso .......................................................5

1.1.1. Definizione liti “minori” ..........................................................................5

1.2. Rafforzamento della pretesa tributaria................................................7

1.3. Riduzione della durata dei giudizi ........................................................8

2. Novità .............................................................................................................9

2.1. Assistenza nelle transazioni fiscali ........................................................9

2.2. Accertamento “esecutivo”......................................................................9

2.3. Processo tributario telematico.............................................................10

3. Budget di produzione e indicatori di azione..............................................11

3.1. Obiettivi di budget ................................................................................11

3.1.1. Esame istanze di mediazione..................................................................12

3.2. Indicatori di azione...............................................................................14

3.2.1. Partecipazione udienze CTC..................................................................16

3.2.2. Esecuzione iscrizione a ruolo entro 120 giorni......................................16

4. Organo consultivo interno (OCI)...............................................................17

5. Progetto “Qualità del contenzioso tributario” .........................................18

6. Indirizzo, assistenza e controllo delle Direzioni regionali .......................18

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3

Premessa

Con circolare 20 maggio 2010, n. 26/E, sono stati definiti gli indirizzi

operativi per il 2010 in materia di gestione del contenzioso.

Con circolare 26 maggio 2011, n. 22/E, ne sono stati integrati i contenuti

per il 2011 precisando che “Al fine di assicurare continuità all’azione di difesa

degli interessi erariali, la presente circolare resta valida anche successivamente

all’anno in corso, fino a modifica o sostituzione”.

Con nota del 6 ottobre 2011, prot. n. 2011/144781, della Direzione

centrale amministrazione pianificazione e controllo (d’ora innanzi, DCAPeC) è

stato avviato il ciclo di budget per il 2012.

La medesima Direzione, con nota del 10 novembre 2011, prot. n.

2011/162548, ha fornito le indicazioni operative inerenti al processo di

programmazione per il 2012 1.

Con note del 21 novembre 2011, prot. n. 2011/16690, e del 23 novembre

2011, prot. n. 2011/169984, a cui si rinvia, la scrivente ha fornito indicazioni per

la programmazione della gestione del contenzioso per il 2012.

Con nota del 19 dicembre 2011, prot. n. 2011/180923, della DCAPeC, è

stato individuato il budget di produzione provvisorio per il 2012.

Con direttiva 22 febbraio 2012, n. 7, la scrivente ha delineato gli indirizzi

operativi provvisori per la programmazione della gestione del contenzioso del

2012.

Con nota del 12 aprile 2012, prot. n. 2012/51513, della DCAPeC, è stato

infine assegnato ai Direttori regionali il budget di produzione per il 2012.

Ciò riepilogato, va innanzitutto evidenziato che l’anno in corso, in virtù

delle recenti modifiche normative, porterà ad un mutamento di notevole portata

1 Allegato n. 1 alla nota del 10 novembre 2011, prot. n. 2011/162548, linee guida per la programmazione 2012, processo “Difendere gli atti impugnati”, reperibile nella Intranet (pAge)>Gestione Uffici>Pianificazione e controllo>Pianificazione> Budget 2012.

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nell’approccio e nella gestione della eventuale fase contenziosa; l’avvio della

mediazione obbligatoria per le controversie di valore non superiore a 20.000

euro, la connessa modifica organizzativa, la chiusura delle liti minori e le

lavorazioni conseguenti nonché le altre innovazioni di cui si dirà nel prosieguo

richiederanno, infatti, un impegno straordinario per garantire un abbrivio

adeguato alle tante novità.

Soltanto garantendo siffatto impegno sarà possibile conseguire i risultati

attesi ed assicurare per il futuro una gestione più oculata e al contempo agevole

del contenzioso giudiziario, scevro di quelle liti che non meritano di essere

iniziate o proseguite.

La presente circolare, tenendo conto anche dell’Atto di indirizzo 2012-

2014 e della Convenzione triennale con il Ministro dell’economia e delle finanze

2011-20132, definisce e riepiloga in modo sistematico i contenuti del programma

per la gestione del contenzioso tributario per l’anno 2012.

1. Riduzione del contenzioso

La riduzione del contenzioso costituisce obiettivo prioritario dell’Agenzia

cui deve essere finalizzata tutta l’attività svolta presso gli Uffici 3.

Tale obiettivo si persegue attraverso il miglioramento della sostenibilità

della pretesa tributaria, determinato dal sistematico ed efficace esame delle

istanze di mediazione e dal miglioramento delle difese in giudizio, nonché

dall’utilizzo delle esperienze maturate in sede di procedimenti di mediazione e

giurisdizionali ai fini del miglioramento del livello di legittimità e fondatezza

degli atti impugnabili. Le esperienze del contenzioso sono, infatti, destinate a

costituire significativi standard di legittimità e di efficacia cui andranno adeguati

gli atti da notificare.

2 Non è stata ancora stipulata la nuova Convenzione. 3 Per brevità, nella presente per Uffici si intendono le Direzioni regionali e provinciali e il Centro operativo di Pescara.

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L’agire su questi due fronti consente di migliorare gli indici di vittoria

(determinati dagli esiti delle controversie), sviluppare la tax compliance e

incentivare l’adesione agli strumenti deflativi del contenzioso.

1.1. Strumenti deflativi del contenzioso

Nell’ottica della riduzione del contenzioso, fondamentale è l’incremento

del ricorso agli strumenti deflativi del contenzioso, che consentono di prevenire

l’instaurarsi di controversie, ovvero di definire le liti già sorte con l’Agenzia,

senza necessità di avviare o proseguire un contenzioso 4.

In tale ambito si innestano l’istituto della mediazione5 e la definizione

delle liti “minori” 6.

1.1.1. Definizione liti “minori”

La definizione delle liti “minori”7 consentiva, fino al 2 aprile scorso, per le

liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle

4 L’importanza del ricorso agli strumenti deflativi del contenzioso è evidenziata anche nella Convenzione triennale con il Ministro dell’economia e delle finanze per gli esercizi 2011-2013, allegato n. 2, pag. 6, in cui si legge: “L’azione dell’Agenzia continuerà ad essere prioritariamente orientata verso la diminuzione del contenzioso, attraverso il pieno utilizzo degli strumenti deflativi”. 5 Nell’Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2012-2014 del Ministro dell’economia e delle finanze fra i punti per il miglioramento dell’efficacia dell’attività di prevenzione e contrasto all’evasione al fine del recupero della base imponibile non dichiarata rientra la“diminuzione della conflittualità nei rapporti con i contribuenti mediante un attento esame preventivo della sostenibilità delle controversie e assicurando ulteriore impulso agli istituti deflativi del contenzioso grazie al nuovo istituto della mediazione, introdotto dall’art. 39, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98”. Per la mediazione si vedano, fra le altre, la circolare 19 marzo 2012, n. 9/E, e le direttive 29 marzo 2012, n. 29, e 7 marzo 2012, n. 16. 6 Per la gestione delle domande di definizioni liti fiscali “minori” è stata attivata una nuova applicazione informatica DeLFi (Definizioni Liti Fiscali), in argomento si vedano le direttive 11 maggio 2012, n. 42, e 22 febbraio 2012, n. 8. 7 Prevista dall’art. 39, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2012, n. 216 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14. In argomento si vedano le circolari 15 marzo 2012, n. 7/E, e 24 ottobre 2011, n. 48/E, la risoluzione 23 novembre 2011, n. 107/E, le direttive 15 febbraio 2012, n. 5, 25 novembre 2011, n. 108, 3 novembre 2011, n. 96, 6 settembre 2011, n. 81, 29 luglio 2011, n. 76. In merito alla modifica relativa alla proroga dei termini per la definizione liti minori si vedano anche le direttive 29 marzo 2012, n. 28, e 6 marzo 2012, n. 14.

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6

entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011, la definizione a domanda del

soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio 8.

In proposito è richiesto agli Uffici legali lo svolgimento di attività

straordinarie nel corso del 2012.

In particolare, gli Uffici sono chiamati:

a) alla lavorazione e liquidazione delle domande ricevute;

b) alla sospensione della riscossione e agli sgravi conseguenti;

c) alla predisposizione e trasmissione alle Commissioni tributarie e alla

Corte di Cassazione degli elenchi delle controversie per le quali è stata

presentata la domanda di definizione (attività da completare entro il 30

giugno 2012);

d) alle comunicazioni ai Contribuenti relative agli “errori scusabili”;

e) alla predisposizione, notifica e deposito dei dinieghi della definizione

(attività da completare entro il 30 settembre 2012);

f) alla predisposizione e deposito delle comunicazioni di regolarità della

domanda, con relativa richiesta di estinzione del giudizio per

cessazione della materia del contendere (attività da completare entro il

30 settembre 2012);

g) all’esame dei provvedimenti giurisdizionali di estinzione.

L’attento e puntuale adempimento di tutte queste attività consente di

chiudere definitivamente numerosi contenziosi ed evitare l’insorgere di nuove

controversie relative alla corretta applicazione della definizione.

8 Cfr. circolare n. 48/E del 2011.

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1.2. Rafforzamento della pretesa tributaria

L’Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale

per gli anni 2012-20149 (di seguito, Atto di indirizzo 2012-2014), prevede, in

tema di contenzioso tributario, che le Agenzie fiscali “garantiranno il

rafforzamento della difesa in giudizio degli interessi erariali, con particolare

riferimento alle controversie a elevata rilevanza giuridica ed economica” 10.

Tale rafforzamento avviene “attraverso lo sviluppo delle professionalità,

il potenziamento degli strumenti di monitoraggio e analisi del contenzioso e la

sistematica partecipazione alle pubbliche udienze in rappresentanza

dell’Amministrazione”.

Il miglioramento della sostenibilità in giudizio della pretesa tributaria,

quale premessa logica per la riduzione dei volumi di contenzioso, richiede in

primo luogo il tempestivo e sistematico svolgimento degli adempimenti richiesti

dalle norme sulla mediazione e processuali e quindi l’efficace presidio del

procedimento di mediazione e del processo tributario.

Tale presidio può essere assicurato tramite azioni diverse ma tra loro

connesse ed interdipendenti quali:

� la tempestiva conclusione di tutti i procedimenti di mediazione con un

atto che assicuri la “giusta imposizione” ed eviti la soccombenza in

giudizio;

� in riferimento ai contenziosi non assoggettati al procedimento di

mediazione, la valutazione, prima della predisposizione delle

controdeduzioni in primo grado, previo esame dei motivi del ricorso, del

grado o rating di sostenibilità della controversia11, al fine di verificare, in

9 Reperibile nella Intranet (pAge)>Gestione uffici>Pianificazione e Controllo>Pianificazione. 10 Tale previsione era già contenuta nella Convenzione triennale con il Ministro dell’economia e delle finanze per gli esercizi 2011-2013. 11 Sull’argomento cfr. le direttive 22 marzo 2011, n. 31, 20 aprile 2010, n. 63, 9 febbraio 2010, n. 15, e la nota del 15 marzo 2010, prot. n. 2010/43122.

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8

particolare, l’eventuale esistenza dei presupposti per l’autotutela o la

conciliazione giudiziale, totali o parziali;

� l’esercizio dell’autotutela tutte le volte che ne ricorrono i presupposti,

escludendo di resistere indebitamente in giudizio 12;

� l’esperimento della conciliazione giudiziale tutte le volte in cui appaia

possibile e probabile;

� l’applicazione sistematica delle direttive di abbandono;

� la valutazione attenta delle probabilità di accoglimento dell’appello o

del ricorso per cassazione 13.

1.3. Riduzione della durata dei giudizi

L’art. 37 del D.L. n. 98 del 201114 ha introdotto disposizioni per

l’efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie 15.

12 Sull’argomento si veda, da ultimo, la direttiva 28 maggio 2012, n. 48. 13 Nella nota del 20 febbraio 2012, prot. n. 2012/21516, il Direttore dell’Agenzia ha evidenziato le criticità emerse dalla relazione svolta dal primo Presidente della Corte di Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, relative ai giudizi pendenti innanzi alla Suprema Corte in cui è parte l’Amministrazione finanziaria, evidenziando la necessità di esaminare con maggior attenzione la sostenibilità della pretesa erariale, sia in sede di formulazione dell’eventuale richiesta di ricorso per cassazione, sia in sede di valutazione dell’opportunità di proseguire i giudizi già instaurati. Con la direttiva 6 marzo 2012, n. 15, sono state inoltre fornite ulteriori indicazioni sull’attività di monitoraggio sull’applicazione delle strategie difensive. Si vedano anche le direttive 27 marzo 2012, n. 26, 21 marzo 2012, n. 21, 28 ottobre 2011, n. 95, 30 marzo 2011, n. 38, 22 settembre 2010, n. 119, 4 agosto 2010, n. 11, 20 luglio 2010, n. 71, 18 giugno 2010, n. 93. 14 Il comma 1 della citata norma prevede, tra l’altro, che “I capi degli uffici giudiziari… entro il 31 gennaio di ogni anno redigono un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti” (di seguito, per brevità, programma) e che, con detto programma, il capo dell’ufficio giudiziario “determina: a) gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso; b) gli obiettivi di rendimento dell’ufficio…, l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonché della natura e del valore della stessa”. Il successivo comma 3 prevede che, in sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e seguenti, il programma di cui al comma 1 “viene adottato entro il 31 ottobre 2011 e vengono indicati gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti… tributari concretamente raggiungibili entro il 31 dicembre 2012…”. 15 Con la delibera del 27 luglio 2011, n. 1628, del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria sono state fornite indicazioni volte ad assicurare la tempestiva redazione del programma per la gestione dei procedimenti tributari pendenti.

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L’intervento normativo offre un’occasione di cooperazione con le

Commissioni tributarie al fine del raggiungimento dell’obiettivo della riduzione

del contenzioso pendente, in termini di smaltimento dell’arretrato e di

diminuzione dei tempi medi di ciascun grado di giudizio. L’eccessiva durata dei

giudizi può, infatti, causare danni agli interessi erariali dovuti ai ritardi e alle

difficoltà nella riscossione dei tributi accertati.

Per le iniziative in concreto da svolgere al riguardo si rinvia a quanto

indicato nella direttiva 23 marzo 2012, n. 24.

2. Novità

2.1. Assistenza nelle transazioni fiscali

In base al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 29 marzo 2012,

prot. n. 2012/48780 16, gli Uffici legali prestano al Direttore l’assistenza legale

necessaria per i rapporti con l’Avvocatura dello Stato e gli adempimenti

processuali relativi alla transazione fiscale, ferma restando l’attribuzione della

stessa all’Area riscossione delle Direzione provinciale e all’Ufficio riscossione

della Direzione regionale 17.

2.2. Accertamento “esecutivo”

L’art. 29 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 7818, ha previsto19 che

l’avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, IRAP ed IVA contenga

16 Reperibile nella Intranet (pAge)>Home>Atti e Delibere>Anno 2012. 17 Secondo quanto previsto nel documento “Organizzazione interna delle Direzioni Regionali e delle Direzioni provinciali di Trento e Bolzano”, aggiornato al 1° aprile 2012, ufficio così denominato per le regioni Campania, Emilia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Per le regioni Abruzzo, Calabria, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sardegna, Umbria, denominato “Ufficio Accertamento e Riscossione”. Infine si precisa che la gestione delle transazioni fiscali è affidata per la Direzione regionale della Valle d’Aosta all’Ufficio del Direttore regionale e per le Direzioni provinciali di Trento e Bolzano all’Ufficio del Direttore provinciale. 18 Convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dall’art. 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 19 A decorrere dal 1° ottobre 2011, per i periodi d’imposta 2007 e successivi.

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anche l’intimazione di pagamento diretto entro 60 giorni, non essendo così più

necessaria la notifica della cartella di pagamento.

Ciò comporta nuovi adempimenti a carico degli Uffici legali, in

particolare per quando riguarda la predisposizione dell’intimazione di pagamento

in esecuzione di sentenze o in caso di omesso versamento di rate, diversa dalla

prima, dovute per mediazione o conciliazione giudiziale.

Sull’argomento si rinvia alla direttiva 29 maggio 2012, n. 51.

2.3. Processo tributario telematico

E’ stato recentemente pubblicato il Decreto direttoriale20 che abilita le

Segreterie delle Commissioni tributarie provinciali e regionali ad inviare le

comunicazioni relative alla fissazione dell’udienza ed al deposito del dispositivo

tramite la posta elettronica certificata (di seguito, PEC).

Tale novità riguarda inizialmente le sole comunicazioni inviate dalle

Segreterie delle Commissioni delle Regioni Friuli Venezia Giulia ed Umbria, a

far data dal 15 maggio 2012, e relative ai ricorsi notificati a decorrere dal 7 luglio

2011.

E’ già prevista l’estensione progressiva a tutto il territorio nazionale e la

possibilità di richiedere l’invio tramite PEC delle comunicazioni relative anche ai

ricorsi notificati in data antecedente.

Gli Uffici sono, dunque, chiamati a far uso della PEC e adottare, quindi,

tutte le misure organizzative e gestionali necessarie per affrontare questa

importante innovazione.

20 Decreto del Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze 26 aprile 2012, n. 7425, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2012, n. 102. Il Decreto è stato emanato in attuazione dell’art. 39, comma 8, lettera b), D.L. n. 98 del 2011, che prevede che con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono stabilite le regole tecniche per consentire l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle procedure di comunicazione di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché individuate le Commissioni tributarie nelle quali trovano gradualmente applicazione.

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Tale novità costituisce il primo passo verso la realizzazione del processo

tributario telematico, che potrebbe essere avviato, almeno in via sperimentale, già

nel corso del 2012, a seguito di emanazione del Decreto ministeriale di

attuazione 21.

3. Budget di produzione e indicatori di azione

3.1. Obiettivi di budget

Per il 2012 sono stati confermati gli obiettivi di budget del 2011 ed è stato

aggiunto il nuovo indicatore “Esame istanze di mediazione” per monitorare lo

stato di lavorazione da parte degli Uffici delle istanze di mediazione.

Inoltre, conformemente a quanto stabilito nella Convenzione triennale con

il Ministro dell’economia e delle finanze 2011-2013, è stato innalzato da 5.000 a

10.000 euro il valore della controversia rilevante per le udienze pubbliche delle

Commissioni tributarie provinciali (di seguito, CTP) e regionali (di seguito,

CTR) a cui l’Agenzia deve garantire la partecipazione.

Pertanto gli obiettivi di budget assegnati per il 2012 in materia di

contenzioso sono (fra parentesi vengono indicate la natura dell’obiettivo e la

percentuale attesa di conseguimento):

� esame delle istanze di mediazione notificate a partire dal 2 aprile 2012

(indicatore soglia; 90%);

� percentuale di costituzioni in giudizio in CTP sui ricorsi notificati dai

contribuenti dal 1° novembre 2011 al 31 ottobre 2012 (indicatore soglia;

98%);

� percentuale di costituzioni in giudizio in CTR sugli appelli notificati dai

contribuenti dal 1° novembre 2011 al 31 ottobre 2012 (indicatore soglia;

98%);

21 Art. 39, comma 8, lettera d), del D.L. n. 98 del 2011.

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� percentuale di partecipazione alle udienze pubbliche in CTP e CTR, al

netto di quelle a cui non si è partecipato per rinvio, cessazione della

materia del contendere o altre ipotesi di estinzione del giudizio, relative a

controversie di valore superiore o uguale a 10.000 euro rispetto al totale

(indicatore soglia; 98%);

� indice di vittoria numerico, che misura la percentuale di pronunce

favorevoli, in tutto o in parte all’Agenzia, delle CTP e CTR e della

Cassazione, in relazione al numero totale di pronunce divenute definitive

nell'anno (obiettivo di qualità; i target sono stati assegnati alle singole

Direzioni regionali, con nota della DCAPeC prot. n. 2012/51513 del 2012,

e, successivamente, dai Direttori regionali alle Direzioni provinciali);

� indice di vittoria per valore, che misura la percentuale dell'importo deciso

a favore dell’Agenzia in relazione all’importo complessivo oggetto di

decisioni divenute definitive nell’anno delle CTP e CTR e della

Cassazione (obiettivo di qualità; i target sono stati assegnati alle singole

Direzioni regionali, con nota della DCAPeC prot. n. 2012/51513 del 2012,

e, successivamente, dai Direttori regionali alle Direzioni provinciali).

Gli “indicatori soglia” sono indici che non dovrebbero mai scendere al di

sotto di un certo livello considerato di allarme, perché relativi ad attività

obbligatorie, la cui omissione può avere conseguenze pregiudizievoli per

l’Ufficio; da qui la necessità di fissare una soglia in generale non inferiore al

98%, rigida anche in considerazione dal fatto che si tratta di indicatori rilevanti

per la vigente Convenzione triennale con il Ministro dell’economia e delle

finanze.

3.1.1. Esame istanze di mediazione

In conseguenza dell’introduzione della mediazione tributaria obbligatoria

per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro è stato previsto, con la

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citata nota del 21 novembre 2011, il nuovo indicatore “Esame istanze di

mediazione”.

Tale indicatore, per il quale è stata prudenzialmente stabilita una soglia

minima del 90%, mira a garantire l’esame sistematico ed “effettivo” delle istanze

di mediazione e la tempestiva conclusione del procedimento mediante accordo di

mediazione o notificazione di provvedimento di accoglimento o di rigetto.

È misurato dal numero delle istanze di mediazione esaminate

tempestivamente, ovvero entro 90 giorni dalla proposizione, rispetto al numero

delle istanze di mediazione presentate dai Contribuenti.

Per la valutazione della tempestività, il termine iniziale è individuato dalla

data di notifica dell’istanza da parte del Contribuente22, mentre per

l’individuazione della data di conclusione occorre far riferimento all’esito del

procedimento di mediazione:

• in caso di accordo mediazione, rileva la data di sottoscrizione23

dell’accordo, non incidendo sull’obiettivo il perfezionamento della

mediazione, che dipende dai successivi adempimenti posti in capo

al Contribuente;

• in caso di accoglimento o di diniego dell’istanza, la data rilevante

ai fini dell’obiettivo è la data di notifica o comunicazione del

relativo atto.

Si ricorda che, come già esposto nella circolare n. 9/E del 2012, non trova

applicazione la sospensione di diritto dal 1° agosto al 15 settembre ai fini del

computo del termine di 90 giorni per concludere il procedimento di mediazione

22 Più precisamente data di ricevimento dell’istanza da parte dell’Ufficio. 23 In merito alle modalità di conclusione dell’accordo di mediazione si rinvia a quanto previsto al punto 6.3 della circolare n. 9/E del 2012; in merito alla sottoscrizione dell’accordo di mediazione si rinvia a quanto previsto al punto 6.4 della citata circolare ed al punto 5 della direttiva n. 29 del 2012. Per la gestione del procedimento di mediazione si vedano le direttive 4 maggio 2012, n.41, e 3 maggio 2012, n. 40.

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“che deve pertanto concludersi comunque nel termine di novanta giorni,

trattandosi di una fase amministrativa e non processuale.”

Ai fini del tempestivo esame non saranno prese in considerazione le

istanze improponibili 24.

Resta inteso che, attraverso la gestione corretta e responsabile delle istanze

di mediazione, gli Uffici punteranno sulla riduzione dei volumi del contenzioso,

rispetto alla quale l’obiettivo di budget in esame assume rilevanza chiaramente

strumentale.

3.2. Indicatori di azione

Per quanto riguarda gli indicatori di azione, la programmazione per il

2012, come già anticipato nella direttiva n. 7 del 2012, prevede alcune novità:

o conferma dell’indicatore25 “Acquisizione al sistema informativo della

«Situazione resa definitiva»”, volto a monitorare la sistematica e sollecita

esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali definitivi;

o riformulazione dell’indicatore “Partecipazione alle udienze della

Commissione tributaria centrale”;

Di seguito vengono riepilogati tutti gli indicatori; fra parentesi è riportata

la percentuale attesa di conseguimento. Si precisa che sono tutti “indicatori

soglia”.

� Costituzioni in giudizio tempestive in CTP e CTR sui ricorsi notificati dai

contribuenti dal 1° novembre 2011 al 31 ottobre 2012 (95%);

� partecipazione alle udienze in Commissione tributaria centrale (di seguito,

CTC), al netto di quelle a cui non si è partecipato per rinvio, cessazione

della materia del contendere o altre ipotesi di estinzione del giudizio,

24 Per l’individuazione delle istanze improponibili si rinvia al punto 5.2 della circolare n. 9/E del 2012 e al punto 4.3.1 della direttiva n. 29 del 2012. 25 Sperimentale per il 2011.

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relative a controversie di valore superiore o uguale a 10.000 euro

(comprese quelle di valore indeterminato) rispetto al totale (98%);

� invio delle richieste di ricorso per cassazione all’Avvocatura generale

dello Stato nei termini previsti dal protocollo d’intesa (98%);

� invio delle richieste di controricorso in cassazione ed eventuale ricorso

incidentale all’Avvocatura generale dello Stato entro 20 giorni dalla data

in cui è avvenuta la prima notifica del ricorso per cassazione (98%);

� acquisizione al sistema informativo dei ricorsi in CTP e in CTR entro 30

giorni dalla data di notifica. Per i ricorsi per cassazione proposti dal

contribuente il predetto termine è di 15 giorni (99%);

� acquisizione al sistema informativo delle decisioni26 di CTP, CTR e CTC

entro 30 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione del

dispositivo (99%);

� acquisizione al sistema informativo dei decreti di cui all’art. 27 del d.lgs.

n. 546 del 1992 entro 20 giorni dalla data di ricevimento (99%);

� acquisizione al sistema informativo della data e del numero di protocollo

degli atti di acquiescenza27 relativi a sentenze di CTP, CTR e CTC

totalmente o parzialmente sfavorevoli all’Agenzia; tale adempimento va

espletato entro 30 giorni dalla data di protocollazione dell’atto di

acquiescenza (99%);

� esecuzione entro 120 giorni dalla data in cui si verifica il relativo

presupposto dell’iscrizione a ruolo conseguente ad avvisi di accertamento

imposte dirette ed IVA oggetto di giudizio davanti a CTP e CTR (93%);

26 Incluse le ordinanze della Commissione tributaria centrale che dichiarano la tardività del ricorso ai sensi dell’art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636. 27 Ovviamente protocollati e sottoscritti prima della scadenza del termine di impugnazione.

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� acquisizione al sistema informativo della “Situazione resa definitiva”

entro 150 giorni dalla definitiva conclusione del giudizio in qualunque

stato e grado (95%).

3.2.1. Partecipazione udienze CTC

L’indicatore relativo alla partecipazione alle udienze presso la CTC28 è

stato riformulato in modo analogo a quanto previsto per la partecipazione alle

udienze pubbliche presso le CTP e CTR.

L’attuale indicatore29 quindi è rappresentato dalla percentuale di

partecipazione alle udienze in CTC al netto di quelle a cui non si è partecipato

per rinvio, cessazione della materia del contendere o altre ipotesi di estinzione

del giudizio, relative a controversie di valore economico in contestazione

superiore o uguale a 10.000 euro o indeterminato (98%).

Si ribadisce, pertanto, l’invito - già anticipato nella direttiva n. 7 del 2012

- rivolto agli Uffici a verificare, al momento della ricezione dell’avviso di

trattazione da parte della CTC, l’esattezza del valore economico in contestazione

della controversia risultante in Iter del contenzioso tributario30 e alle Direzioni

regionali a svolgere una specifica attività di controllo.

3.2.2. Esecuzione iscrizione a ruolo entro 120 giorni

L’indicatore monitora lo stato dell’esecuzione dell’iscrizione a ruolo

conseguente ad avvisi di accertamento imposte dirette, IRAP ed IVA oggetto di

giudizio davanti a CTP e CTR e ne prevede il compimento entro 120 giorni dalla

28 Si ricorda che l’art. 29, comma 16-decies, del D.L. n. 216 del 2011, ha previsto il differimento al 31 dicembre 2013 del termine fissato dall’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, per l’esaurimento dell’attività della Commissione tributaria centrale, originariamente fissato al 31 dicembre 2012. 29 Sostitutivo di quello di cui alla circolare n. 26/E del 2010, così formulato: “Partecipazione alle udienze in CTC, al netto di quelle a cui non si è partecipato per rinvio, cessazione della materia del contendere o altre ipotesi di estinzione del giudizio (60%)”. 30 Rettificandolo se errato ovvero inserendolo se non indicato.

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data in cui si verifica uno dei presupposti dell’iscrizione a ruolo a titolo

provvisorio o definitivo; a titolo esemplificativo:

� la notifica del ricorso del contribuente in Commissione tributaria

provinciale;

� il ricevimento del dispositivo della pronuncia favorevole o

parzialmente favorevole delle Commissioni tributarie 31;

� il passaggio in giudicato della pronuncia favorevole o parzialmente

favorevole.

Si ricorda che gli accertamenti “esecutivi” non rilevano per l’indicatore in

esame, in quanto per gli stessi non va fatta iscrizione a ruolo, ma, eventualmente,

l’affidamento del carico all’Agente della riscossione 32.

In particolare non rientreranno più nella base di calcolo dell’indicatore i

ricorsi riguardanti atti emessi dal 1° ottobre 2011 relativi ai periodi d’imposta

successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007.

4. Organo consultivo interno (OCI)

L’Organo consultivo interno (d’ora innanzi, OCI) è istituito e attivo presso

ciascuna Direzione provinciale, con funzioni consultive e di supporto.

Ciascun Direttore ne stabilisce la composizione, provvede a convocarlo e

presiederlo, anche per mezzo di un suo delegato.

L’OCI deve essere convocato allorquando è necessario:

� supportare le decisioni più delicate nella valutazione del rating di

sostenibilità delle controversie 33;

31 Rientra nel presupposto anche il ricevimento della comunicazione del decreto di inammissibilità del ricorso o di estinzione del processo. In caso di mancato ricevimento della comunicazione, i 120 giorni decorrono dalla data di deposito. 32 Art. 29 del D.L. n. 78 del 2010. 33 Sulla scheda di rating si vedano le direttive 22 marzo 2011, n. 31 e 9 febbraio 2010, n. 15.

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� rendere pareri in sede di istruttoria delle istanze di mediazione 34.

In considerazione della modifica organizzativa di cui al provvedimento del

Direttore dell’Agenzia del 29 marzo 2012, prot. n. 2012/48780, che ha posto gli

Uffici legali alle dirette dipendenze del Direttore regionale e provinciale, le

funzioni di collegamento e coordinamento fra gli addetti al contenzioso e gli

addetti alla predisposizione degli atti impugnati, già svolte dall’OCI, rientrano

ora tra le attribuzioni proprie del Direttore provinciale che, mediante

disposizioni di servizio, provvederà a diffondere le esperienze del contenzioso tra

le articolazioni interne addette all’istruttoria degli atti impugnabili.

5. Progetto “Qualità del contenzioso tributario”

Si conferma la prosecuzione del progetto “Qualità del contenzioso

tributario”, avviato il 1° aprile 2008, con l’obiettivo di aumentare gli esiti

favorevoli delle controversie di maggior valore economico.

Il compito della Direzione regionale è essenzialmente quello di migliorare

l’azione difensiva svolta dagli Uffici mediante un controllo mirato e preventivo

sulla correttezza e tempestività degli adempimenti processuali nonché sulla

qualità degli atti difensivi relativi ad un campione significativo di controversie 35.

6. Indirizzo, assistenza e controllo delle Direzioni regionali

L’Atto di indirizzo 2012-2014 prevede fra i punti per il miglioramento

dell’efficacia dell’attività di prevenzione e contrasto all’evasione dell’Agenzia

delle entrate, al fine del recupero della base imponibile non dichiarata, il

34 Con la direttiva n. 29 del 2012, a cui si rinvia, è stata prevista l’individuazione ad opera dei Direttori delle fattispecie al ricorrere delle quali occorre acquisire il parere non vincolante dell’OCI. In particolare, al punto 4.2 vengono individuate alcune ipotesi esemplificative in cui è opportuno prevedere detto parere. 35 Si richiamano le direttive 31 marzo 2011, n. 40, 23 novembre 2010, n. 142, 19 maggio 2010, n. 81, 16 marzo 2010, n. 39, 8 marzo 2010, n. 31.

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“ rafforzamento delle funzioni di indirizzo, coordinamento e analisi del rischio di

soccombenza svolte dalle strutture di vertice in materia di contenzioso”.

Tali funzioni, di competenza in parte anche delle Direzioni regionali,

costituiscono, infatti, un inderogabile presidio di conoscenza nonché di uniforme

e corretta gestione del contenzioso tributario.

Con la direttiva 1° aprile 2011, n. 4136 sono stati definiti i contenuti e le

prerogative delle funzioni di indirizzo, assistenza e controllo di competenza delle

Direzioni regionali, assicurando maggiore sistematicità ai diversi interventi

succedutisi nel corso del tempo 37..L’attività di controllo delineata con la predetta

direttiva, se correttamente e tempestivamente attuata, consente di governare i

fenomeni del contenzioso.

Al fine della maggiore proficuità di tali attività risulta particolarmente

importante il corretto e tempestivo inserimento dei dati, e il costante e puntuale

aggiornamento della base informativa automatizzata del contenzioso, da

assicurasi mediante l’utilizzo sistematico, completo e tempestivo delle

applicazioni informatiche, il cui corretto impiego, oltre a costituire un

insostituibile e obbligatorio strumento di ausilio alla gestione dei singoli giudizi,

consente anche di disporre di una banca dati del contenzioso attendibile, in

funzione, fra l’altro, delle attività di programmazione, consuntivazione,

monitoraggio ed analisi della complessiva gestione del contenzioso 38.

Pertanto le Direzioni regionali continuano a svolgere l’attività di indirizzo

assistenza e controllo facendo principalmente riferimento alla detta direttiva n. 41

del 2011; inoltre provvedono a:

36 Oggetto di successive modifiche ed integrazioni mediante le direttive 14 settembre 2011, n. 83, e 18 maggio 2011, n. 49, nonché con la nota del 29 novembre 2011, prot. n. 154210. 37 In particolare quelli contenuti nella direttiva n. 142 del 2010. 38 Vd. circolare n. 26/E del 2010. Si veda al riguardo anche direttiva 18 gennaio 2011, n. 4.

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� sensibilizzare, ove fosse necessario, gli Uffici a porre particolare cura e

attenzione nello svolgimento dell’attività di acquisizione e

aggiornamento dei dati secondo le indicazioni più volte fornite 39;

� monitorare e analizzare il livello progressivo di conseguimento dei

risultati e, in caso di scostamenti rispetto a quelli attesi, comunicare

tempestivamente i motivi che li hanno generati e le iniziative

intraprese per fronteggiare il fenomeno, come disposto dalla predetta

nota della DCAPeC prot. n. 2012/51513 del 2012 40;

� dare puntuale attuazione agli indirizzi contenuti nella presente

direttiva41 e ne applicheranno puntualmente le istruzioni.

Gli Uffici forniranno altresì alla scrivente la collaborazione necessaria per

l’elaborazione e sperimentazione sul campo delle iniziative da realizzare, con

particolare riferimento alle funzionalità informatiche.

Al fine di assicurare continuità all’azione di difesa degli interessi erariali,

la presente circolare resta valida anche successivamente all’anno in corso, fino a

modifica o sostituzione.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi

enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle

Direzioni provinciali dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

39 In tema di aggiornamento e gestione dei dati da inserire o inseriti a sistema si vedano, fra l’altro, le direttive 15 febbraio 2012, n. 5, 16 novembre 2011, n. 102, 22 luglio 2010, n. 108, 18 gennaio 2011, n. 4. 40 Nello specifico la citata nota prevede che “Nel caso in cui, in corso di gestione, le SS.LL. dovessero ravvisare scostamenti al di fuori dell’intervallo di confidenza o, nel caso della produzione relativa all’area ASM2, scostamenti rispetto all’obiettivo programmato, dovranno tempestivamente comunicare alla scrivente i motivi che li hanno generati e le iniziative intraprese per fronteggiare il fenomeno”. 41 Ai sensi del comma 3 dell’art. 4 e del comma 6 dell’art. 5 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia.

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CIRCOLARE N. 25/E

Roma, 19 giugno 2012

Direzione Centrale Normativa

OGGETTO: Risposte a quesiti posti dalla stampa specializzata

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10.2 Accertamento con adesione e mediazione fiscale obbligatoria

Domanda

Come, nel prossimo futuro, si pensa di regolare, a livello operativo, mancando sul

punto una chiara presa di posizione del legislatore, le relazioni tra accertamento con

adesione e la c.d. mediazione fiscale obbligatoria?

Risposta

L’articolo 39, comma 9 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con

modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha inserito nel decreto legislativo

31 dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17-bis, concernente l’istituto della mediazione.

Tale disposizione ha introdotto, per le controversie tributarie di valore non superiore

a ventimila euro, uno strumento deflativo del contenzioso, il quale è preordinato ad

anticipare, in pratica, con una determinazione amministrativa, l’esito

ragionevolmente atteso del giudizio, evitando così un “rinvio” ai Giudici tributari

delle contestazioni che possono essere risolte in sede amministrativa.

La ratio del nuovo istituto è quella di prevedere sistematicamente un contraddittorio

col contribuente prima dell’instaurazione del contenzioso, al fine di verificare

sempre in via preventiva la possibilità di definire la lite potenziale senza le

lungaggini e gli oneri del contenzioso giurisdizionale.

Nella fase obbligatoria di mediazione l’Agenzia è tenuta ad esaminare l’istanza del

contribuente e ad assumere, al riguardo, una motivata decisione di accoglimento o

rigetto dell’istanza ovvero a formulare una proposta di mediazione.

In definitiva, il procedimento amministrativo di mediazione consente al contribuente

e all’Agenzia di illustrarsi le reciproche ragioni prima di incardinare la lite; e se le

ragioni di una delle parti sono fondate e non vengono ragionevolmente accolte

dall’altra, è prevedibile ed auspicabile che il Giudice tributario la condanni sempre

alla rifusione sia delle spese di lite sia delle spese del procedimento di mediazione,

forfetizzate dal legislatore nel 50% delle spese di lite, oltre ovviamente alle altre

possibili conseguenze negative della soccombenza in una lite temeraria.

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In estrema sintesi, la mediazione è una parentesi di 90 giorni di riesame e

ponderazione per entrambe le parti, parentesi che si dispiega fra due termini

processuali, quello di 60 giorni per notificare il ricorso all’Agenzia e quello

successivo di 30 giorni che ha il ricorrente per depositare in Commissione tributaria

il medesimo ricorso.

La mediazione ha un ambito di applicazione più ampio e in parte diverso rispetto

all’accertamento con adesione e agli altri istituti deflattivi del contenzioso,

considerato, in particolare, che:

non riguarda solo gli accertamenti, ma tutti gli atti impugnabili, compresi i dinieghi

di rimborso;

obbliga l’Agenzia ad esaminare e rispondere sistematicamente alle contestazioni del

contribuente prima che lo stesso si rivolga al giudice;

la decisione che l’Agenzia deve adottare sull’istanza del contribuente si fonda, per

espressa previsione normativa, sul grado di sostenibilità della pretesa, sull’incertezza

della questione controversa e sul principio di economicità dell’azione

amministrativa.

La mediazione rappresenta infine una grande opportunità per ridurre ulteriormente il

contenzioso tributario in misura consistente, con evidenti benefici per tutti ed in

allineamento con gli altri Paesi europei, presso i quali i rinvii alla fase

giurisdizionale sono molto meno frequenti.

Tale sfidante obiettivo verrà raggiunto se nella fase di mediazione le Aree legali

dell’Agenzia e i difensori dei contribuenti si comporteranno applicando

concretamente i principi di collaborazione, buona fede, correttezza e ragionevolezza.

10.3 Recupero spese legali

Domanda

Nell’ipotesi in cui l’amministrazione, con sentenza passata in giudicato, venga

condannata alle spese di giudizio le quali, di norma, prevedono anche il pagamento

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dell’IVA e della quota prevista per la cassa previdenziale, il difensore della parte

privata può procedere direttamente a richiedere all’amministrazione tali somme,

eventualmente dietro autorizzazione del contribuente ricorrente, atteso che l’istituto

della distrazione (articolo 93 c.p.c.) di fatto non viene applicato nel contenzioso

tributario?

La problematica è particolarmente sentita soprattutto nelle ipotesi in cui il ricorrente

non sia nella possibilità di emettere fattura all’amministrazione (soggetto estinto,

contribuente non titolare di partita IVA, ecc.)

Risposta

L’articolo 15 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (di seguito, per

brevità, decreto), prevede al comma 1 che “la parte soccombente è condannata a

rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”. Ai sensi del

successivo articolo 69, le spese del giudizio sono esigibili dall’Ente impositore o

dall’Agente della riscossione solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che

le ha liquidate.

Nessuna disposizione del decreto precisa se il destinatario del pagamento sia la parte

vittoriosa o il suo difensore. Conseguentemente, per effetto del rinvio di cui

all’articolo 1 del decreto, trovano applicazione le norme del codice di procedura

civile compatibili con il medesimo decreto.

Per effetto di tale rinvio, la parte soccombente deve corrispondere le spese alla cui

rifusione è stata condannata direttamente al difensore della parte vittoriosa, anziché

a quest’ultima, solo se ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’articolo 93

(“Distrazione delle spese”) c.p.c., il cui primo comma dispone che “Il difensore con

procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese,

distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che

dichiara di avere anticipate”. Il secondo comma aggiunge che “Finché il difensore

non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al

giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del

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provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli

onorari e le spese”.

L’applicabilità dell’articolo 93 c.p.c. al processo tributario è stata riconosciuta dalla

Cassazione.1

1Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, si richiama la prassi in materia ed in particolare la circolare

del 6 dicembre 1994, n. 203/E, contenente chiarimenti in ordine al trattamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA delle spese di giudizio a favore del legale distrattario della parte vittoriosa, e la risoluzione del 24 luglio 1998, n. 91/E, contenente chiarimenti in ordine al pagamento dell’IVA sui predetti compensi.

* * *

Le Direzioni Regionali vigileranno affinché le istruzioni e i principi enunciati con la

presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli

Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

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Comunica in ogni caso la sua disponibilità a valutare in

contraddittorio la mediazione della controversia.

Per l’invito al contraddittorio, le comunicazioni e le notificazioni

relative al presente procedimento, si indicano uno o più dei seguenti

recapiti:

- via ______________, città____________,

- PEC:______________________________,

- telefono ___________________________,

- fax _______________________________,

- posta elettronica ordinaria: ___________.

Si allegano i seguenti documenti, richiamati nel ricorso:

1) __________

2) __________

3) __________

Luogo e data______________

Firma

_____________________________

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CIRCOLARE N. 33 /E

Roma, 3 agosto 2012

OGGETTO: Mediazione tributaria – Risposte a quesiti

Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso

______________

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INDICE

PREMESSA ..........................................................................................................3

1. PROVVEDIMENTI DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI ........ ......3

1.1 Applicabilità della mediazione a provvedimenti concernenti

esclusivamente le sanzioni.................................................................................3

1.2 Sanzioni in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni.....6

1.3 Sanzione per mancata emissione della ricevuta o dello scontrino

fiscale 7

1.4 Provvedimenti di irrogazione sanzioni per omessi o tardivi versamenti

a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione.................................8

2. RAPPORTI INTERCORRENTI TRA LA MEDIAZIONE

TRIBUTARIA E LA DEFINIZIONE AGEVOLATA DI CUI

ALL’ARTICOLO 16, COMMA 3, E ALL’ARTICOLO 17, COMMA 2,

DEL D.LGS. N. 472 DEL 1997..........................................................................10

3. RIDUZIONE DELLE SANZIONI IN CASO DI MEDIAZIONE ..... ....13

3.1 Proposta di mediazione confermativa della pretesa tributaria ...........13

3.2 Tassatività della riduzione al 40 per cento...........................................14

3.3 Modalità di applicazione della riduzione al 40 per cento....................14

3.4 Cumulo giuridico..................................................................................18

4. MEDIAZIONE TRIBUTARIA E ACQUIESCENZA ............... .............20

5. AUTOTUTELA PARZIALE.....................................................................22

5.1 Autotutela intervenuta prima dell’impugnazione avverso atto di valore

superiore a 20.000 euro...................................................................................22

5.2 Autotutela intervenuta dopo l’impugnazione avverso atto di valore

superiore a 20.000 euro...................................................................................23

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6. DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA CONTROVERSIA IN

CASO DI ACCERTAMENTO NEI CONFRONTI DEI SOGGETTI

ADERENTI AL CONSOLIDATO NAZIONALE .................. ........................23

PREMESSA

Con circolare n. 9/E del 19 marzo 2012 sono stati forniti chiarimenti e

indicazioni operative in ordine al nuovo istituto deflativo della mediazione

tributaria, previsto dall’articolo 17-bis1 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,

n. 546.

Con la presente circolare si forniscono ulteriori chiarimenti in risposta ad

alcuni quesiti recentemente pervenuti.

1. PROVVEDIMENTI DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI

1.1 Applicabilità della mediazione a provvedimenti concernenti

esclusivamente le sanzioni

D. Si chiede di conoscere se, in caso di impugnazione di provvedimento

concernente esclusivamente l’irrogazione di sanzioni tributarie, di valore non

superiore a 20.000 euro2, debba essere presentata istanza di mediazione e, in caso

1 L’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 è stato introdotto dall’articolo 39, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e trova applicazione con riferimento agli atti notificati a decorrere dal 1° aprile 2012 (per la decorrenza, cfr. il punto 1.5 della circolare n. 9/E del 2012). 2 Al punto 1.3 della circolare n. 9/E del 2012 si sottolinea che “Ai sensi del comma 3 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, il valore della controversia <<è determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12>>”. Pertanto, nel caso di controversie relative esclusivamente all’irrogazione di sanzioni, il valore è costituito dall’importo relativo a queste ultime.

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affermativo, quali siano le corrette modalità di rideterminazione delle somme

dovute in esito all’eventuale accordo di mediazione.

R. Al punto 1.1 della circolare n. 9/E del 2012 si è chiarito che, fermo

restando il limite di valore fino a 20.000 euro, la presentazione dell’istanza di

mediazione tributaria è obbligatoria ogni qual volta il contribuente intenda

impugnare uno degli atti individuati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992,

inclusi, quindi, i provvedimenti di irrogazione di sanzioni tributarie.

Conseguentemente, il contribuente che intende proporre ricorso avverso

un provvedimento di sola irrogazione di sanzione tributaria, di valore non

superiore a 20.000 euro, emesso dall’Agenzia delle entrate, è tenuto

preliminarmente a presentare istanza di mediazione tributaria.

Successivamente alla presentazione dell’istanza, l’Ufficio verifica la

fondatezza dei motivi in base ai quali si contesta l’atto impugnato, provvedendo

all’annullamento totale o parziale dell’atto in via di autotutela, se sussistono

profili di illegittimità della sanzione. Nell’eventualità che la sanzione sia stata

irrogata in misura superiore al minimo edittale, l’Ufficio valuta se sussistono i

presupposti per procedere alla rideterminazione del suo ammontare, secondo le

indicazioni fornite al punto 5 della circolare n. 9/E del 2012.

In caso di accordo di mediazione che comporti la rideterminazione

dell’ammontare della sanzione ovvero la conferma integrale della sanzione

accertata (in ipotesi perché il contribuente si è reso conto della probabile

soccombenza in giudizio), si ritiene possa trovare applicazione il comma 83,

3 Ai sensi del comma 8 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, “L'organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all'annullamento totale o parziale dell'atto, né l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa. Si applicano le disposizioni dell'articolo 48, in quanto compatibili”.

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ultimo periodo, dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che rinvia alle

disposizioni di cui al comma 6 dell’articolo 48 del medesimo D.Lgs. n. 5464.

Ne consegue che, in caso di definizione dell’atto in sede di mediazione, le

sanzioni si applicano nella misura del 40 per cento, fermo restando che in ogni

caso la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore al 40 per cento dei

minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

Ad esempio, nel caso di irrogazione di sanzione ai sensi del comma 1

dell’articolo 85 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, per omessa,

incompleta o inesatta indicazione nel modello della dichiarazione di dati rilevanti

per l’individuazione del contribuente, il contribuente, che in sede di mediazione

si convince dell’opportunità di accettare la sanzione irrogata dall’Ufficio, potrà

beneficiare della riduzione della sanzione al 40 per cento.

Al riguardo, si osserva che tale conclusione, seppure non immediatamente

rinvenibile dal tenore letterale dell’articolo 48, comma 6, citato – che

sembrerebbe riferire la riduzione delle sanzioni al 40 per cento solo per le

sanzioni collegate al tributo oggetto di conciliazione – è coerente con il sistema

di definizione degli atti impositivi complessivamente delineato dal legislatore.

Come per gli altri atti impositivi, infatti, anche per i provvedimenti di

irrogazione sanzioni il legislatore ha previsto la possibilità di definizione

mediante acquiescenza, con il beneficio della riduzione delle somme dovute; in

particolare, gli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18

4 L’articolo 48, comma 6 del D.Lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che “In caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40 per cento delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore al 40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”. 5 Ai sensi dell’articolo 8, comma 1, primo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997, “Fuori dei casi previsti negli articoli 1, 2 e 5, se la dichiarazione ai fini delle imposte dirette o dell’imposta sul valore aggiunto compresa quella periodica non è redatta in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze ovvero in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e, se diverso da persona fisica, del suo rappresentante, nonché per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli, si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni”.

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dicembre 1997, n. 472, prevedono la possibilità di definire gli atti di

contestazione delle sanzioni beneficiando della riduzione della sanzione a un

terzo.

Allo stesso modo di quanto avviene per gli altri atti impositivi, si deve

ritenere, quindi, ammissibile consentire la definizione delle sanzioni anche nella

successiva fase contenziosa, in sede di mediazione o di conciliazione giudiziale.

Peraltro, la riduzione di cui può beneficiare il contribuente in sede di

mediazione e di conciliazione giudiziale è stabilita dal legislatore in misura

inferiore a quella spettante in caso di mancata impugnazione dell’atto (ad es., in

caso di impugnazione di un atto di irrogazione sanzioni per 1.200 euro, la

definizione di cui agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 prevede una

riduzione a un terzo, corrispondente a 400 euro, mentre in caso di mediazione si

applica la riduzione al 40 per cento, corrispondente a 480 euro).

1.2 Sanzioni in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni

D. I provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, applicabili ai c.d.

intermediari per le violazioni di cui agli articoli 7-bis6 e 397 del decreto

legislativo 9 luglio 1997, n. 241, rientrano tra gli atti per i quali opera la

mediazione tributaria?

6 L’articolo 7-bis del D.Lgs. n. 241 del 1997 prevede che “In caso di tardiva od omessa trasmissione delle dichiarazioni da parte dei soggetti indicati nel comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 (soggetti incaricati della presentazione delle dichiarazioni in via telematica, n.d.r.), a carico dei medesimi si applica la sanzione amministrativa da lire un milione a lire dieci milioni”. 7 L’articolo 39 del D.Lgs. n. 241 del 1997 stabilisce che “ai soggetti indicati nell’articolo 35 (responsabili dei centri di assistenza fiscale, n.d.r.) che rilasciano il visto di conformità, ovvero l’asseverazione, infedele si applica la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582”; “ al professionista che rilascia una certificazione tributaria di cui all’articolo 36 (certificazione tributaria, n.d.r.) infedele, si applica la sanzione amministrativa da euro 516 ad euro 5.165”; “ in caso di inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 37, commi 2 e 4 (obblighi dei sostituti che prestano assistenza fiscale, n.d.r.), ai sostituti di imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.582”.

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R. Sì. Come chiarito con circolari n. 52/E del 27 settembre 2007 e n. 11/E

del 19 febbraio 2008, tali sanzioni hanno natura amministrativo-tributaria.

Conseguentemente, chi intende proporre ricorso avverso un provvedimento di

irrogazione delle sanzioni in esame, notificato in data successiva al 1° aprile

2012 e di valore non superiore a 20.000 euro, deve preventivamente notificare

l’istanza prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Analogamente a quanto esposto al punto 1.1, l’Ufficio verifica la

sussistenza dei presupposti di illegittimità per un eventuale annullamento totale o

parziale in via di autotutela ovvero per rideterminare la sanzione in sede di

accordo di mediazione. In tal caso, la sanzione irrogata è ridotta al 40 per cento.

1.3 Sanzione per mancata emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale

D. Si chiede di conoscere se la mediazione tributaria operi anche in

relazione alla sanzione con cui viene disposta la sospensione della licenza o

dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, a norma dell’articolo 12, comma 2,

del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 4718.

R. Le controversie sulla sanzione di cui all’articolo 12, comma 2, del

D.Lgs. n. 471 del 1997 devono ritenersi escluse dalla mediazione tributaria, in

quanto sono caratterizzate da valore indeterminabile.

8 L’articolo 12, comma 2, del D.Lgs. n. 471 del 1997 dispone che “Qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. In deroga all’articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi”.

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Al riguardo vanno ribaditi i chiarimenti di cui al punto 1.3.2 della

circolare n. 9/E del 2012, ove si sottolinea che “Poiché l’articolo 17-bis richiede

che la controversia sia contraddistinta da un valore espressamente individuato,

restano escluse dalla fase di mediazione le fattispecie di valore

indeterminabile”.

Pertanto, sebbene tale sanzione sia irrogata dall’Agenzia delle entrate,

nelle relative controversie difetta il requisito del valore non superiore a 20.000

euro, richiesto dall’articolo 17–bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

1.4 Provvedimenti di irrogazione sanzioni per omessi o tardivi versamenti a

seguito di controllo automatizzato della dichiarazione

D. Si chiede di chiarire se la mediazione tributaria sia applicabile con

riferimento all’impugnazione di un’iscrizione a ruolo effettuata per omesso o

tardivo versamento emerso a seguito di controllo automatizzato della

dichiarazione, previsto dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della

Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

R. Nel caso in cui, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione

ai sensi dell’articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973, emerga un omesso

versamento, l’Ufficio recupera il tributo non versato e irroga una sanzione pari al

30 per cento, in applicazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 18

dicembre 1997, n. 4629, e dell’articolo 13, comma 1, ultimo periodo, del decreto

legislativo 18 dicembre 1997, n. 47110.

9 Il comma 1 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997 prevede che “Le somme che, a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo”. 10 In particolare, l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 dispone che la sanzione del 30 per cento dell’importo non versato si applica anche “nei casi di liquidazione della

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La medesima sanzione del 30 per cento si applica nell’ipotesi in cui il

controllo automatizzato evidenzi un tardivo versamento.

In base al comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, è

riconosciuta la riduzione a un terzo delle sanzioni amministrative “se il

contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute … entro

trenta giorni dal ricevimento della comunicazione11, prevista dai commi 3 dei

predetti articoli 36-bis (del DPR n. 600 del 1973, n.d.r.) e 54-bis (del DPR n. 633

del 1972, n.d.r.), ovvero della comunicazione definitiva contenente la

rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei

chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta”.

Pertanto, se si effettua il pagamento entro 30 giorni dal ricevimento della

comunicazione, la sanzione di omesso versamento viene ridotta al 10 per cento.

La stessa riduzione al 10 per cento viene riconosciuta nel caso in cui il

contribuente – per il quale è stato riscontrato un tardivo versamento - provveda al

pagamento (in questo caso della sola sanzione) entro 30 giorni dal ricevimento

della comunicazione di irregolarità.

In assenza di pagamento l’Ufficio procede all’iscrizione a ruolo, che può

essere impugnata con ricorso alla Commissione tributaria provinciale.

In tale ipotesi, se il valore della controversia non è superiore a 20.000

euro, il contribuente è tenuto a presentare preliminarmente istanza di mediazione

ai sensi dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

In proposito si richiamano i chiarimenti forniti al punto 6.2 della circolare

n. 9/E del 2012 in cui si è affermato che “qualora non vi siano margini per la

riduzione della pretesa, l’Ufficio – ancorchè non obbligato – è legittimato a

concludere un accordo di mediazione che confermi integralmente il tributo

maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” 11 Si tratta della cosiddetta comunicazione di irregolarità.

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10

contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio della riduzione delle

sanzioni irrogate”.

Nei casi indicati nel quesito, pertanto, è consentito definire un accordo di

mediazione che preveda, contestualmente al versamento del tributo omesso, il

pagamento della relativa sanzione in misura ridotta al 12 per cento dell’imposta

non versata (pari al 40 per cento del 30 per cento previsto dalla norma).

Allo stesso modo si può addivenire a un accordo di mediazione per

definire un tardivo versamento tramite pagamento della relativa sanzione ridotta

al 40 per cento.

2. RAPPORTI INTERCORRENTI TRA LA MEDIAZIONE

TRIBUTARIA E LA DEFINIZIONE AGEVOLATA DI CUI

ALL’ARTICOLO 16, COMMA 3, E ALL’ARTICOLO 17, COMMA 2,

DEL D.LGS. N. 472 DEL 1997

D. Si chiede di precisare i rapporti intercorrenti tra la mediazione

tributaria e la definizione agevolata delle sanzioni, con riduzione a un terzo,

prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997.

R. Si premette che la sanzione tributaria può essere irrogata tramite “atto

di contestazione” 12 ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997, ovvero,

12 Nella circolare n. 180/E del 10 luglio 1998 si evidenzia che “Il procedimento in esame deve essere obbligatoriamente utilizzato per l’irrogazione delle sanzioni relative a violazioni non incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (c.d. violazioni formali), mentre può essere facoltativamente utilizzato per le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono (che possono anche essere inflitte direttamente con l’atto di accertamento o di rettifica ai sensi dell'art. 17, comma 1) e per le sanzioni relative agli omessi e ritardati versamenti (che possono anche essere irrogate mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 17, comma 3, e che, in ogni caso, non sono definibili in via agevolata)”.

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nel caso di sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, “con atto contestuale

all’avviso di accertamento o di rettifica” 13.

Con riferimento a entrambi i procedimenti di irrogazione, è ammessa la

possibilità di definire la sanzione con il pagamento, entro il termine previsto per

la proposizione del ricorso, “di un importo pari ad un terzo della sanzione

irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le

violazioni più gravi relative a ciascun tributo” (comma 3 dell’articolo 16 e

comma 2 dell’articolo 17 citati).

In conformità alle disposizioni recate dall’ultimo periodo del comma 3

dell’articolo 1714 del D.Lgs. n. 472 del 1997, la predetta definizione agevolata è

sempre esclusa per le sanzioni riguardanti l’omesso o ritardato pagamento del

tributo, indipendentemente dal procedimento di irrogazione utilizzato15.

Limitatamente all’atto di contestazione notificato a norma dell’articolo 16,

il comma 4 del medesimo articolo stabilisce che “Se non addivengono a

definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido possono”,

entro il termine per la proposizione del ricorso, “produrre deduzioni difensive. In

mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione,

impugnabile ai sensi dell’articolo 18”.

Pertanto, a seguito di una sanzione irrogata con atto di contestazione,

l’autore della violazione (o il coobbligato) può alternativamente, entro il termine

per ricorrere:

13 Al riguardo, nella citata circolare n. 180/E del 1998 si chiarisce che “L’irrogazione immediata é consentita per le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono (comma 1) e per le sanzioni riguardanti l’omesso o ritardato pagamento dei tributi (comma 3)”. In ordine alle sanzioni collegate al tributo si ricorda che l’attuale testo dell’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997 (come modificato dall’articolo 23, comma 29, lett. b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) ha reso obbligatoria, a decorrere dal 1° ottobre 2011, l’irrogazione “con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica”. 14 L’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 statuisce che alle sanzioni di omesso o ritardato versamento “in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell’articolo 16, comma 3”. 15 Come evidenziato al punto 1.4, la riduzione della sanzione per omesso o tardivo versamento dei tributi è disciplinata dall’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462 del 1997.

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1. definire la sanzione con il pagamento nella misura ridotta a un terzo;

2. presentare deduzioni difensive; in tale ipotesi, a norma del comma 7 dello

stesso articolo 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997, l’Ufficio, nel termine di un

anno dalla presentazione delle predette deduzioni, “ irroga, se del caso, le

sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni

medesime”;

3. impugnare immediatamente l’atto innanzi alla Commissione tributaria

provinciale.

Qualora opti per l’impugnazione immediata dell’atto di contestazione

ovvero per l’impugnazione del provvedimento di irrogazione notificato

dall’Ufficio successivamente alle deduzioni difensive e il valore della

controversia non superi i 20.000 euro, sussiste l’obbligo di presentare l’istanza di

mediazione prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.

In ordine alle sanzioni irrogate contestualmente all’avviso di accertamento

o di rettifica ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, l’autore della

violazione può alternativamente, entro il termine per ricorrere:

1. definire la sanzione con il pagamento nella misura ridotta a un terzo;

2. impugnare il provvedimento.

Ovviamente, la definizione della sanzione non impedisce l’impugnazione

dell’atto impositivo relativamente al tributo e/o agli interessi. In tale ipotesi, se il

valore della controversia non supera 20.000 euro16, il contribuente è tenuto a

presentare obbligatoriamente l’istanza prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n.

546 del 1992.

In sintesi, entro il termine per la proposizione del ricorso, il contribuente

può definire la sanzione con la riduzione a un terzo, ai sensi del comma 2

16 Se l’impugnazione è riferita al tributo e agli interessi, il valore va determinato unicamente con riguardo al tributo, senza considerare gli interessi. Viceversa, se l’impugnazione riguarda soltanto gli interessi, il valore della controversia è costituito dall’importo di questi ultimi.

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dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, e impugnare il tributo e/o gli

interessi, previa presentazione dell’istanza di mediazione.

Come già anticipato, stante l’espresso divieto contenuto nell’ultimo

periodo del comma 3 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, la definizione

agevolata delle sanzioni in esame per omesso o tardivo versamento non è

consentita neppure in sede di mediazione, tenuto conto di quanto precisato al

punto 6.2 della circolare n. 9/E del 2012 circa l’impossibilità di un accordo in cui

la “riduzione delle sanzioni sia più elevata di quanto consentito per effetto di

acquiescenza in una fase amministrativa antecedente a quella della mediazione”.

Resta inteso che, in ordine alle controversie di cui si tratta, di valore non

superiore a 20.000 euro, il contribuente è comunque tenuto a presentare l’istanza

ex articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che va, pertanto, esaminata

dall’Ufficio al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per l’annullamento

totale o parziale della sanzione17.

3. RIDUZIONE DELLE SANZIONI IN CASO DI MEDIAZIONE

3.1 Proposta di mediazione confermativa della pretesa tributaria

D. Al punto 6.2 della circolare n. 9/E del 19 marzo 2012 si prevede la

possibilità di un accordo confermativo della pretesa tributaria, con applicazione

del beneficio della riduzione delle sanzioni al 40 per cento. Si chiede se l’Ufficio

sia tenuto a formulare al contribuente una proposta di mediazione avente tale

contenuto.

17 Ad esempio, perché il versamento è stato integralmente effettuato nei termini o perché la sanzione è stata erroneamente calcolata in misura superiore al 30 per cento del tributo.

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14

R. La formulazione di una proposta di mediazione per il pagamento

integrale del tributo, con beneficio della riduzione delle sanzioni, costituisce una

facoltà e non un obbligo per l’Ufficio.

Si ribadisce, tuttavia, che l’Ufficio non è legittimato a proporre un accordo

di mediazione confermativo della pretesa tributaria, con il beneficio della

riduzione delle sanzioni, ogniqualvolta la conseguente riduzione delle sanzioni

sia più elevata di quanto consentito per effetto di acquiescenza in una fase

amministrativa antecedente a quella della mediazione (cfr. punto 6.2 della

circolare n. 9/E del 201218).

3.2 Tassatività della riduzione al 40 per cento

D. La riduzione della sanzione al 40 per cento, che opera a seguito di

mediazione tributaria, è tassativa oppure, in casi particolari, l’Ufficio può

proporre l’applicazione di una minore riduzione?

R. Se in sede di mediazione la sanzione accertata viene confermata oppure

rideterminata (ove sia stata accertata in misura superiore al minimo edittale), in

nessun caso è ammessa l’applicazione di una riduzione diversa (rispetto a quella

al 40 per cento) della sanzione rispettivamente confermata o rideterminata.

3.3 Modalità di applicazione della riduzione al 40 per cento

D. Si ipotizzi un avviso di accertamento con il quale si procede al

recupero del tributo e alla contestuale irrogazione della sanzione nella misura

massima edittale, pari, ad esempio, al 200 per cento dell’imposta accertata.

18 Al punto 6.2 della circolare n. 9/E del 2012 si precisa, a titolo di esempio, che la situazione in base alla quale va escluso un accordo di mediazione confermativo della pretesa, con riduzione della sanzione al 40 per cento, ricorre “nell’ipotesi di iscrizione a ruolo a seguito di controllo ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.

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15

Si chiede di conoscere quale sia, nella predetta ipotesi, la corretta modalità

di applicazione del beneficio della riduzione della sanzione al 40 per cento, in

caso di conclusione di un accordo di mediazione.

Si chiedono, infine, chiarimenti sulle concrete modalità di determinazione

delle somme dovute in caso di accordo di mediazione avente ad oggetto un

provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie in misura superiore al

minimo edittale.

R. A seguito della presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17-bis del

D.Lgs. n. 546, l’Ufficio deve preliminarmente verificare se sussistono i

presupposti di legge per procedere all’annullamento dell’atto impugnato.

Tale valutazione viene effettuata sia nelle ipotesi in cui l’istanza ha ad

oggetto un atto impositivo con contestuale irrogazione di sanzioni, sia quando il

contribuente intende proporre ricorso avverso un provvedimento di sola

irrogazione sanzioni.

In sede di mediazione, per quanto concerne in particolare la sanzione,

l’Ufficio può verificare l’esistenza dei presupposti per procedere a una

rideterminazione della misura della sanzione irrogata, riducendola ad esempio al

minimo edittale.

In tal caso, per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, il

beneficio della riduzione al 40 per cento trova applicazione con riferimento alla

sanzione così rideterminata.

A migliore illustrazione di quanto sopra chiarito, si formulano i seguenti

esempi.

ESEMPIO 1 – Rideterminazione del tributo e della sanzione

Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con

sanzione irrogata per 2.000 euro (massimo edittale del 200 per cento)

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16

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la

possibilità di rideterminare il tributo da 1.000 a 500 euro e di ridurre la misura

della sanzione irrogata al minimo edittale, vale a dire al 100 per cento.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute

dal contribuente risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 500 euro

- a titolo di sanzione: 200 euro (sanzione al 100 per cento del tributo: 500

euro; applicazione del beneficio della riduzione al 40 per cento della sanzione:

200 euro)

ESEMPIO 2 – Rideterminazione del solo tributo

Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con

sanzione irrogata per 2.000 euro (massimo edittale del 200 per cento)

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la

possibilità di rideterminare il tributo da 1.000 a 500 euro. Di contro, non ritiene

di ridurre la misura della sanzione irrogata, che, quindi, resta pari al 200 per

cento dell’importo del tributo.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute

dal contribuente risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 500 euro

- a titolo di sanzione: 400 euro (sanzione al 200 per cento del tributo: 1000

euro; applicazione del beneficio della riduzione al 40 per cento della sanzione:

400 euro)

ESEMPIO 3 – Rideterminazione della sola sanzione

Avviso di accertamento di maggiore imposta pari a 1.000 euro, con

sanzione irrogata per 2.000 euro (massimo edittale del 200 per cento)

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17

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio non rileva la

sussistenza dei presupposti per procedere a una rideterminazione del tributo. Di

contro, ritiene possibile ridurre la misura della sanzione irrogata al minimo

edittale, vale a dire al 100 per cento.

Per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, le somme dovute

dal contribuente risultano essere le seguenti:

- a titolo di tributo: 1000 euro

- a titolo di sanzione: 400 euro (sanzione al 100 per cento del tributo: 1000

euro; applicazione del beneficio della riduzione al 40 per cento della sanzione:

400 euro)

ESEMPIO 4 – Rideterminazione della sanzione in relazione a un

provvedimento concernente la sola irrogazione della sanzione

Provvedimento di irrogazione di sanzione tributaria, emanato ai sensi

dell’articolo 8, comma 1, primo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997, in misura

pari al massimo edittale (2.066 euro).

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio rileva la

possibilità di ridurre la misura della sanzione irrogata al minimo edittale, vale a

dire a 258 euro.

Per effetto della conclusione della mediazione, le somme dovute dal

contribuente risultano essere pari a 103 euro, corrispondente al 40 per cento di

258 euro.

ESEMPIO 5 - Provvedimento di sola irrogazione della sanzione e

mancanza dei presupposti per la rideterminazione

Provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie, emanato ai sensi

dell’articolo 8, comma 1, primo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997, in misura

pari al massimo edittale (2.066 euro).

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18

In sede di istruttoria dell’istanza di mediazione, l’Ufficio non ritiene

possibile ridurre la misura della sanzione irrogata.

In caso di conclusione della mediazione, le somme dovute dal

contribuente risultano essere pari a 826 euro, corrispondente al 40 per cento di

2.066 euro.

3.4 Cumulo giuridico

D. Si chiede di conoscere le modalità di rideterminazione della sanzione in

sede di mediazione, nel caso in cui con l’atto impugnato sia stato applicato il

cumulo giuridico previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997.

R. L’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che “E’ punito con la

sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un

quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse

disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più

azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”.

Inoltre, come previsto dal comma 7 del medesimo articolo 12, “la

sanzione non può essere comunque superiore a quella risultante dal cumulo delle

sanzioni previste per le singole violazioni”, vale a dire al cumulo materiale

(somma aritmetica) delle sanzioni stabilite per ciascuna violazione.

ESEMPIO 1

Si supponga che, in applicazione della normativa sanzionatoria, sia stata

irrogata una sanzione di 1.500 euro, risultante dal cumulo giuridico relativo a tre

violazioni comportanti, rispettivamente, il recupero di un tributo di 1.000 euro

(cioè un tributo complessivo di 3.000 euro) e l’applicazione di una sanzione di

1.000 euro per ciascuna violazione.

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19

A seguito dell’istanza di mediazione presentata dal contribuente, l’Ufficio

ridetermina il tributo dovuto in relazione ad una sola delle tre violazioni,

portandolo a 500 euro.

In tal caso, atteso che l’applicazione del cumulo giuridico richiede

comunque che l’aumento tra il minimo e il massimo previsti dall’articolo 12 sia

operato sulla sanzione di entità più elevata, l’importo base sul quale applicare il

predetto aumento rimane pari a 1.000 euro.

L’Ufficio potrà eventualmente ridimensionare in maniera ulteriore

l’aumento della sanzione più elevata19, qualora dal procedimento di mediazione

emergano elementi di rivalutazione della condotta posta in essere dal

contribuente.

Sulla sanzione derivante dal cumulo giuridico così descritto, la

conclusione dell’accordo di mediazione determina la riduzione della stessa al 40

per cento.

Alla medesima conclusione si perviene qualora – nell’esempio sopra

prospettato – l’Ufficio annulli in autotutela una delle tre violazioni, con il venir

meno del tributo (1.000 euro) e della sanzione (1.000 euro) relativi.

ESEMPIO 2

Si supponga l’emanazione di un atto concernente il recupero del tributo –

di differente importo - dovuto a seguito di tre violazioni, per ciascuna delle quali

differisce anche la somma relativa alla sanzione applicabile in base alla legge.

Si può ipotizzare che, in ordine a ognuna delle tre violazioni, il tributo

ammonti, rispettivamente, a 1.000 euro, a 2.000 euro e a 3.000 euro, che le tre

sanzioni riconducibili a tali violazioni siano di importo pari a quello del tributo e

che l’applicazione del cumulo giuridico abbia dato luogo all’irrogazione di una

sanzione pari a 4.500 euro.

19 Ovviamente, rispettando in ogni caso la soglia minima di aumento stabilita dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997.

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Se l’Ufficio annulla in autotutela il recupero del tributo di 3.000 euro, la

sanzione va nuovamente quantificata tenendo conto dei criteri stabiliti

dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997.

In tal caso l’Ufficio applicherà l’aumento ai fini del cumulo giuridico sulla

sanzione corrispondente a 2.000 euro e, qualora sia concluso accordo di

mediazione, sulla somma così ottenuta opererà la riduzione al 40 per cento.

4. MEDIAZIONE TRIBUTARIA E ACQUIESCENZA

D. In data 2 aprile 2012, un contribuente riceve la notifica di un avviso di

accertamento con il quale si richiede il pagamento di un’imposta pari a 16.000

euro, oltre a interessi e sanzioni.

Esaminato l’avviso di accertamento, il 10 aprile 2012 il contribuente

presenta istanza di autotutela.

In data 14 maggio 2012, effettua il versamento del tributo e delle sanzioni

nella misura ridotta individuata ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19

giugno 1997, n. 218.

In data 15 maggio 2012, non avendo ricevuto comunicazioni in merito alla

richiesta di autotutela, a mero titolo cautelativo notifica istanza di mediazione

tributaria al competente Ufficio.

Successivamente alla notifica dell’istanza di mediazione l’Ufficio

provvede all’annullamento parziale dell’atto (con accoglimento parziale

dell’istanza di autotutela ovvero in accoglimento dell’istanza di mediazione).

Come va trattata, in questa ipotesi, l’istanza di mediazione tributaria?

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R. L’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997 prevede una riduzione20 delle

sanzioni irrogate “se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di

accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con

adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso,

le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione”.

Ne consegue che, per ottenere la riduzione delle sanzioni in esame, il

contribuente deve, in particolare,:

- rinunciare ad impugnare l’atto;

- provvedere a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le

somme complessivamente dovute, tenendo conto della riduzione delle sanzioni.

In considerazione di ciò, al punto 6.2 della circolare n. 9/E del 19 marzo

2012 si è precisato che “Nel procedimento attivato con la presentazione

dell’istanza di mediazione non si applica l’articolo 15 del decreto legislativo 19

giugno 1997, n. 218”.

Ferma restando la validità in linea generale di quanto sopra affermato, si

ritiene tuttavia che, nel caso di specie, avendo il contribuente effettuato il

pagamento prima della notifica dell’istanza di mediazione, l’Ufficio attribuisce

efficacia alla definizione operata dal contribuente ai sensi dell’articolo 15 del

D.Lgs. n. 218 del 1997.

20 Ai sensi dell’articolo 15, comma 1 del D.Lgs. n. 218 del 1997, in caso di mancata impugnazione dell’avviso di accertamento o di liquidazione, sono ridotte a un terzo le sanzioni irrogate “per le violazioni indicate nell’articolo 2, comma 5, del presente decreto, nell’articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e nell’articolo 50 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346”. In caso di avviso di accertamento o di liquidazione non preceduto dall’invito a comparire, previsto dagli articoli 5 e 11 del medesimo decreto, le sanzioni sono ulteriormente ridotte a un sesto (articolo 15, comma 2-bis del D.Lgs. n. 218). Anche in tali ipotesi, tuttavia, la riduzione resta fissata a un terzo se il contribuente non ha prestato adesione ai sensi dell’articolo 5-bis del predetto D.Lgs. n. 218, vale a dire “ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che consentano l'emissione di accertamenti parziali previsti dall'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” (ultimo periodo del comma 2-bis dell’articolo 15 citato).

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Si osserva, invero, che costituisce condizione imprescindibile per

l’operatività della definizione prevista dall’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997

il versamento delle somme dovute effettuato dal contribuente prima della notifica

del ricorso (nella specie, prima della notifica dell’istanza di mediazione), il cui

termine è fissato dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992 in “sessanta giorni

dalla data di notificazione dell’atto impugnato”. 21

5. AUTOTUTELA PARZIALE

5.1 Autotutela intervenuta prima dell’impugnazione avverso atto di valore

superiore a 20.000 euro

D. Si consideri l’ipotesi della notifica di un atto, emesso dall’Agenzia

delle entrate e rientrante nell’elenco di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del

1992, di valore complessivo - determinato ai sensi delle disposizioni di cui

all’articolo 12, comma 5, del predetto decreto - superiore a 20.000 euro. Nel caso

in cui intervenga un provvedimento di autotutela parziale in pendenza dei termini

di proposizione del ricorso, per effetto del quale la controversia risulti di valore

non superiore a 20.000 euro, il contribuente che intenda proporre ricorso è tenuto

a notificare preventivamente l’istanza di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546

del 1992?

R. Sì, il contribuente è comunque tenuto a presentare l’istanza di

mediazione, considerato che il valore della controversia (al momento

dell’impugnazione) non è superiore a 20.000 euro.

21 Come chiarito con circolare n. 235/E dell’8 agosto 1997, “nei termini per la proposizione del ricorso deve essere considerata la sospensione feriale, dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742”.

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23

5.2 Autotutela intervenuta dopo l’impugnazione avverso atto di valore

superiore a 20.000 euro

D. Si consideri l’ipotesi della notifica di un atto, emesso dall’Agenzia

delle entrate e rientrante nell’elenco di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del

1992 e che il valore della relativa controversia risulti superiore a 20.000 euro.

Nel caso in cui, successivamente alla notifica del ricorso giurisdizionale ma

prima del deposito di quest’ultimo nella segreteria della Commissione tributaria

provinciale, intervenga un provvedimento di autotutela parziale che riduce la

pretesa tributaria a un valore non superiore a 20.000 euro, è applicabile l’articolo

17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992?

R. No, l’articolo 17-bis non è applicabile, atteso che il valore della

controversia al momento dell’impugnazione è superiore alla soglia individuata

dal comma 1 dello stesso articolo 17-bis. Alla controversia in esame possono,

ovviamente, trovare applicazione le disposizioni in tema di conciliazione

giudiziale.

6. DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA CONTROVERSIA IN

CASO DI ACCERTAMENTO NEI CONFRONTI DEI SOGGETTI

ADERENTI AL CONSOLIDATO NAZIONALE

D. Nell’ipotesi in cui venga emesso un atto unico nei confronti dei

soggetti aderenti al consolidato nazionale, ai sensi dell’articolo 40-bis del DPR n.

600 del 1973, come deve essere determinato il valore della controversia qualora

la consolidante presenti il modello IPEC ai fini dello scomputo delle perdite del

consolidato, successivamente alla notifica dell’atto unico?

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R. Come chiarito al punto 1.3.1 della circolare n. 9/E del 2012, il valore

della controversia deve essere determinato sull’imposta accertata, senza tenere in

considerazioni eventuali utilizzi di perdite. In ipotesi di avviso di accertamento

che si limiti a ridurre o ad azzerare la perdita dichiarata, il valore della

controversia è determinato sulla base dell’imposta “virtuale”, che si ottiene

applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento

all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o

riportabile e quella accertata.

Qualora, a seguito della rettifica della perdita, l’avviso di accertamento

rechi anche un imponibile o, comunque, un’imposta dovuta, il valore è, invece,

dato dall’importo risultante dalla somma dell’imposta “virtuale”, come prima

calcolata, e dell’imposta commisurata al reddito accertato.

I menzionati criteri di determinazione del valore della controversia

trovano applicazione anche nel caso in cui sia notificato un atto unico di

accertamento nei confronti di soggetti aderenti alla fiscal unit; in linea generale,

quindi, il valore della controversia è determinato dall’importo del tributo

accertato, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate.

Qualora la consolidante si avvalga della facoltà, prevista dall’articolo 40-

bis del DPR n. 600 del 1973, di “chiedere che siano computate in diminuzione

dei maggiori imponibili derivanti dalle rettifiche … le perdite di periodo del

consolidato non utilizzate”, presentando l’apposito modello IPEC “entro il

termine di proposizione del ricorso”, il maggior imponibile accertato risulterà, a

seguito del ricalcolo effettuato dall’Ufficio, diminuito o azzerato con le perdite

del consolidato non utilizzate. In tale fattispecie, il valore della controversia deve

essere determinato con riferimento all’imposta accertata nell’atto unico

originario. Infatti, applicando i criteri esposti nella circolare n. 9/E del 2012, sulla

perdita scomputata dovrebbe essere calcolata l’“imposta virtuale” (cui andrebbe

sommata l’eventuale imposta rideterminata a seguito del ricalcolo) ottenendo

esattamente l’importo accertato con l’atto unico originario.

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CIRCOLARE N. 49/T

Roma, 28 dicembre 2012

OGGETTO: Mediazione tributaria – Atti emessi dagli Uffici Provinciali -

Territorio dell’Agenzia

Direzione Centrale Pubblicità Immobiliare e Affari Legali

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Premessa

L’articolo 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 981, come noto,

ha inserito nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17-bis il

quale prevede che per le controversie di valore non superiore a ventimila euro,

relative ad atti emanati dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è

tenuto preliminarmente a presentare reclamo, a pena di inammissibilità del ricorso

stesso.

Con tale reclamo, in sintesi, si instaura una fase preliminare, finalizzata

all’esame, in sede amministrativa, della potenziale controversia, che potrà essere

risolta nel dialogo fra il contribuente e l’Ufficio, tenuto conto della situazione di

fatto e di diritto sottesa alla singola fattispecie ed evitando gli oneri e l’alea del

giudizio.

Si tratta, dunque, di uno strumento deflativo del contenzioso, nel cui contesto

è facoltà del contribuente formulare anche una proposta di mediazione, ragion per

cui l’istituto disciplinato dall’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992

viene convenzionalmente denominato “mediazione tributaria”.

Con le circolari n. 9/E del 19 marzo 2012 e n. 33/E del 3 agosto 2012 sono

stati forniti una serie di chiarimenti di carattere generale e di indicazioni operative

in ordine al nuovo istituto deflativo in esame.

Con la presente circolare, si forniscono alcune ulteriori precisazioni con

specifico riferimento agli atti emessi dagli Uffici Provinciali – Territorio

dell’Agenzia.

Si evidenzia, infatti, che, per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 23-

quater del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, inserito dalla legge di conversione 7

agosto 2012, n. 135, a decorrere dal 1° dicembre 2012 l’Agenzia del territorio è

stata incorporata nell’Agenzia delle entrate, che dalla predetta data esercita le

funzioni e i compiti facenti capo all’Ente incorporato, ivi compresi i relativi rapporti

giuridici attivi e passivi, anche processuali.

��Convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.�

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1. L’ambito di applicazione dell’istituto della mediazione tributaria agli atti

emessi dagli Uffici Provinciali - Territorio

Si ricorda, innanzitutto, che la procedura di mediazione, che si instaura

mediante presentazione di un’istanza di reclamo, è da esperire obbligatoriamente in

presenza dei requisiti previsti dall’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del

1992.

Rientrano dunque nell’ambito di applicabilità dell’istituto tutti gli atti

elencati nell’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, purché emanati dall’Agenzia

delle entrate e di valore non superiore a ventimila euro.

Per quanto concerne, nello specifico, gli atti degli Uffici Provinciali –

Territorio, sono oggetto di mediazione, in particolare, le controversie relative a:

- avviso di accertamento del tributo;

- avviso di liquidazione del tributo;

- provvedimento che irroga le sanzioni;

- ruolo;

- rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e

interessi o altri accessori non dovuti;

- diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione

agevolata di rapporti tributari;

- ogni altro atto per il quale la legge prevede l’autonoma impugnabilità.

Devono invece ritenersi esclusi dalla fase di mediazione tributaria i ricorsi

con cui si impugnano gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2,

comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto tali atti, anche se emessi dagli

Uffici Provinciali – Territorio dell’Agenzia e previsti dall’articolo 19, comma 1,

lettera f), del suddetto decreto legislativo, sono caratterizzati da un “valore” non

determinabile ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 3.

Si ricorda, infatti, che, il citato comma 3 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n.

546 del 1992, prevede che il valore delle controversie alle quali si applica la

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mediazione “… è determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5

dell’articolo 12” del medesimo decreto legislativo.

Per valore, dunque, deve intendersi “l’importo del tributo al netto degli

interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di

controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è

costituito dalla somma di queste”.

Al riguardo, vanno pertanto ribaditi i chiarimenti forniti al punto 1.3.2 della

circolare 19 marzo 2012, n. 9/E, ove si sottolinea che “poiché l’art. 17-bis richiede

che la controversia sia contraddistinta da un valore espressamente individuato,

restano escluse dalla fase di mediazione le fattispecie di valore indeterminabile”.

Sul tema, si evidenzia anche che la circolare del Dipartimento delle Finanze

n. 1/DF del 21 settembre 2011 – in tema di introduzione del contributo unificato nel

processo tributario – ha precisato che “le controversie inerenti le operazioni

catastali … si configurano di valore indeterminabile”.

Di contro, il contribuente deve esperire la fase della mediazione qualora

oggetto di contestazione sia non solo la rendita attribuita, ma anche il tributo

liquidato e/o i relativi accessori ovvero le sanzioni irrogate con il medesimo atto.

Si pensi, a titolo esemplificativo, al ricorso con il quale il contribuente

impugna l’atto di attribuzione della rendita presunta di cui all’articolo 19, comma

10, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 782, al fine di contestare i correlati tributi

speciali catastali, relativi accessori e sanzioni.

Non possono formare oggetto di mediazione tributaria, invece, i ricorsi con

cui, con l’impugnazione dell’avviso di liquidazione o di accertamento emesso dal

Comune, si contesti anche la rendita catastale. Relativamente alle contestazioni in

ordine ai tributi richiesti dall’Ente Locale, infatti, difetta il requisito della

riconducibilità dell’atto impositivo alle attività dell’Agenzia delle Entrate. Per

quanto riguarda le contestazioni in merito alla rendita, le stesse, come detto, si

� Convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122.

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configurano come di valore indeterminabile e dunque alle stesse non trova

comunque applicazione l’istituto in esame.

2. L’entrata in vigore e l’operatività dell’istituto della mediazione tributaria

Ai sensi dell’articolo 39, comma 11, del decreto legge n. 98 del 2011,

l’istituto della mediazione trova applicazione con riferimento agli atti suscettibili di

reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.

In merito all’operatività di tale istituto con riferimento alle controversie nelle

quali sono attualmente legittimati passivi gli Uffici Provinciali – Territorio

dell’Agenzia, in forza delle disposizioni di cui al citato articolo 23-quater del

decreto legge n. 95 del 2012, occorre operare una distinzione.

Per quanto concerne gli atti emessi dagli Uffici provinciali dell’Agenzia del

territorio fino al 30 novembre 2012, ancorché notificati dopo il 1° dicembre 2012, si

precisa che gli stessi non sono soggetti a mediazione.

Tali atti, infatti, non erano “suscettibili di reclamo” alla predetta data del 30

novembre 2012.

Per gli atti emessi dagli Uffici Provinciali – Territorio dal 1° dicembre 2012,

data a decorrere della quale l’Agenzia del territorio è stata incorporata nell’Agenzia

delle entrate, le disposizioni di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992

risultano invece applicabili, in presenza degli altri requisiti previsti dalla norma.

Per quanto concerne, il rifiuto tacito alla restituzione di tributi, la mediazione

troverà applicazione con riferimento alle fattispecie per le quali alla data del 1°

dicembre 2012 non siano decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della

istanza di rimborso, in quanto con il decorso di tale termine si forma il silenzio-

rifiuto che consente al contribuente di proporre ricorso giurisdizionale, ai sensi

dell’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Per converso, l’istituto della mediazione non è applicabile alle controversie

riguardanti i rifiuti taciti per i quali alla data del 30 novembre 2012 sia già decorso

il termine di novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza.

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3. L’Ufficio competente

Ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 546 del 1992, “il

reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha

emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed

autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”.

In caso di atti suscettibili di reclamo emanati dall’Ufficio Provinciale-

Territorio, l’istanza deve essere notificata a quest’ultimo.

Infatti, dato il nesso che sussiste tra l’articolo 17-bis e il ricorso

giurisdizionale, nel procedimento in esame deve ritenersi applicabile, sebbene non

espressamente richiamato, l’articolo 10 del D.Lgs. n. 546 del 1992 ove dispone che

è parte nel processo tributario (e quindi competente a ricevere l’istanza di

mediazione) “l’ufficio … che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto

richiesto”.

Al fine della trattazione delle istanze, le “strutture diverse ed autonome” da

quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili sono individuate nell’ambito

delle strutture di staff, alle dirette dipendenze del Direttore dell’Ufficio Provinciale-

Territorio.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

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-

RISOLUZIONE N.37/E

Roma, 19 aprile 2012

OGGETTO: Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24, delle somme dovute per i tributi derivanti dagli atti oggetto del reclamo e della mediazione di cui all’articolo 17 bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546

L’articolo 39, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con

modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto al decreto legislativo 31

dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17 bis recante la disciplina del reclamo e della mediazione,

prevedendone, al comma 11, l’applicazione “con riferimento agli atti suscettibili di reclamo

notificati a decorrere dal 1° aprile 2012”.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 17 bis del citato decreto legislativo 31

dicembre 1992, n. 546, prevede che “Per le controversie di valore non superiore a ventimila

euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso e'

tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed e' esclusa

la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48”.

Con circolare del 19 marzo 2012, n. 9/E sono stati forniti i chiarimenti e le istruzioni

operative del nuovo istituto in parola, precisando, tra l’altro, che “La procedura di

mediazione si perfeziona con il versamento dell’intero importo dovuto, ovvero della prima

rata in caso di pagamento rateale, effettuato entro venti giorni dalla conclusione

dell’accordo di mediazione. … Il pagamento va effettuato, anche tramite compensazione ai

sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, mediante modello F24,

utilizzando appositi codici tributo, … ”.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 marzo 2012 sono

state estese, in attuazione dell’articolo 2 del decreto del Ministro dell’economia e delle

finanze 8 novembre 2011, le modalità di versamento di cui all’articolo 17 del decreto

legislativo 9 luglio 1997, n. 241, all’ imposta di bollo, all’imposta di registro, all’imposta

sulle successioni e donazioni, all’imposta ipotecaria, all’imposta catastale, all’imposta

sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale su contratti di locazione finanziaria di

Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti

____________

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immobili, alla tassa ipotecaria e alla tassa sulle concessioni governative, limitatamente, tra

l’altro, all’istituto del reclamo e della mediazione.

Per consentire il versamento delle somme dovute a seguito del reclamo e della

mediazione, con le modalità di cui al citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997,

n. 241, si istituiscono i seguenti codici tributo da esporre nella sezione “Erario”

esclusivamente in corrispondenza degli “Importi a debito versati”, per i quali si riportano

anche le modalità di compilazione degli altri campi del modello di pagamento F24:

Codice

ufficio Codice atto

Codice

tributo

Denominazione codice

tributo

Rateazione/Regione/Prov/mese

riferimento

Anno di

riferimento

COMPILARE COMPILARE 9950

IRPEF e relativi interessi –

reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9951

IRES e relativi interessi -

reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9952

Altre imposte dirette e

sostitutive e relativi

interessi - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9953

Iva e relativi interessi -

reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9954

Sanzioni dovute relative ai

tributi erariali - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9955

IRAP e relativi interessi -

reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

CODICE REGIONE(tabella T0 -

codici delle Regioni e delle

Province autonome)

AAAA

COMPILARE COMPILARE 9956

Sanzioni dovute relative

all'IRAP - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

CODICE REGIONE(tabella T0 -

codici delle Regioni e delle

Province autonome)

AAAA

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Codice

ufficio Codice atto

Codice

tributo

Denominazione codice

tributo

Rateazione/Regione/Prov/mese

riferimento

Anno di

riferimento

COMPILARE COMPILARE 9957

Addizionale regionale

all'IRPEF e relativi interessi

- reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

CODICE REGIONE(tabella T0 -

codici delle Regioni e delle

Province autonome)

AAAA

COMPILARE COMPILARE 9958

Sanzioni dovute relative

all'addizionale regionale

all'IRPEF - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

CODICE REGIONE(tabella T0 -

codici delle Regioni e delle

Province autonome)

AAAA

COMPILARE COMPILARE 9959

Addizionale comunale

all'IRPEF e relativi interessi

- reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

CODICE ENTE LOCALE (tabella

T1-codici degli enti locali) AAAA

COMPILARE COMPILARE 9960

Sanzioni dovute relative

all'addizionale comunale

all'IRPEF - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

CODICE ENTE LOCALE (tabella

T1-codici degli enti locali) AAAA

COMPILARE COMPILARE 9961

Imposta di bollo e relativi

interessi – reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9962

Imposta di registro e

relativi interessi – reclamo

e mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9963

Imposta sulle successioni e

donazioni e relativi

interessi – reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9964

Imposta ipotecaria e

relativi interessi - reclamo

e mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9965

Imposta catastale e relativi

interessi - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

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Codice

ufficio Codice atto

Codice

tributo

Denominazione codice

tributo

Rateazione/Regione/Prov/mese

riferimento

Anno di

riferimento

COMPILARE COMPILARE 9966

Imposta sostitutiva delle

imposte ipotecaria e

catastale sui contratti di

locazione finanziaria di

immobili e relativi interessi

- reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9967

Tassa ipotecaria e relativi

interessi- reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9968

Tasse sulle concessioni

governative e relativi

interessi - reclamo e

mediazione di cui all’art.

17-bis d.lgs. 546/1992

NON COMPILARE AAAA

COMPILARE COMPILARE 9969

Sanzioni dovute relative ad

altri tributi erariali indiretti

– reclamo e mediazione di

cui all’art. 17-bis d.lgs.

546/1992;

NON COMPILARE AAAA

Si precisa che i campi “codice ufficio”, “ codice atto”, “ codice tributo” e “anno di

riferimento” sono valorizzati con le informazioni riportate nell’atto di mediazione.

Si precisa che per il versamento delle eventuali spese di notifica si utilizza il codice

tributo 9400.

IL DIRETTORE CENTRALE

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25

***

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi

enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle

Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA