Il razzismo è un peccato che non può essere …...Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 126 (48.450) Città del Vaticano giovedì 4 giugno 2020 . La preoccupazione di Francesco per i dolorosi disordini sociali negli Stati Uniti dopo la tragica morte di George Floyd Il razzismo è un peccato che non può essere tollerato Il Papa ricorda che con la violenza non si ottiene nulla e lancia un appello alla riconciliazione nazionale Il razzismo è un «peccato» che «non possiamo tollerare». Preoccu- pato per «i dolorosi disordini socia- li» che in questi giorni infiammano gli Stati Uniti dopo l’uccisione a Minneapolis dell’afroamericano George Floyd, Papa Francesco ha lanciato un monito contro ogni for- ma di discriminazione a sfondo raz- ziale. Ma ha anche condannato le manifestazioni di violenza, invitando tutti a intraprendere la strada della pacificazione. Rivolgendosi ai «cari fratelli e so- relle degli Stati Uniti» collegati at- traverso i mezzi di comunicazione con la Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano — dove mercole- dì mattina, 3 giugno, si è svolta l’udienza generale senza la presenza di fedeli, a causa della pandemia da covid-19 — il Pontefice ha esortato a non «chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione», che contraddice espressamente la pretesa di «difendere la sacralità di ogni vita umana». Al tempo stesso, ha aggiunto, «dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista. Nul- la si guadagna con la violenza e tan- to si perde». Francesco ha quindi voluto assi- curare la sua unione spirituale «alla Chiesa di Saint Paul e Minneapolis, e di tutti gli Stati Uniti, nel pregare per il riposo dell’anima di George Floyd e di tutti gli altri che hanno perso la vita a causa del peccato di razzismo», ma anche «per il confor- to delle famiglie e degli amici af- franti». Dal Pontefice, infine, l’au- spicio che si giunga presto alla «ri- conciliazione nazionale» nel Paese: auspicio affidato in modo particola- re alla Vergine di Guadalupe, «Ma- dre dell’America», affinché «interce- da per tutti coloro che lavorano per la pace e la giustizia». In precedenza, proseguendo nel ciclo di catechesi inaugurate il 6 maggio scorso, il Papa aveva parlato della preghiera di Abramo. Il quale, ha detto, è «l’uomo della Parola» perché «ascolta la voce di Dio e si fida» di Lui, mostrando così che «la vita del credente» deve «concepirsi come vocazione, cioè come chiama- ta, come luogo dove si realizza una promessa». come un Dio lontano, che può incu- tere terrore. Il Dio di Abramo di- venta il “mio Dio”, il Dio della mia storia personale, che guida i miei passi, che non mi abbandona; il Dio dei miei giorni, il compagno delle mie avventure; il Dio Provvidenza». Con la sua testimonianza Abramo «diventa familiare di Dio, capace anche di discutere con Lui, ma sem- pre fedele», fino «alla prova supre- ma», quando il Signore «gli chiede di sacrificare proprio il figlio Isac- co». Guardando a lui il cristiano im- para allora «a pregare con fede: ascoltare il Signore, camminare, dia- logare fino a discutere». Perché, ha ribadito Francesco, anche «discute- re» e «arrabbiarsi» con Dio può es- sere «una forma di preghiera»: solo un figlio, infatti «è capace di arrab- biarsi con il papà e poi re-incontrar- lo». Da qui l’invito conclusivo del Papa: «Impariamo da Abramo a pregare con fede, a dialogare, a di- scutere, ma sempre disposti ad acco- gliere la parola di Dio e a metterla in pratica. Con Dio, impariamo a parlare come un figlio con il suo pa- pà: ascoltarlo, rispondere, discute- re». PAGINA 8 I 60 anni dall’istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani Saccheggi e violenze in molte città e domani a Houston i funerali di Floyd Usa, non si placa la protesta Haftar e al-Serraj concordano la ripresa dei colloqui Spiragli di dialogo in Libia ALLINTERNO Per l’Unesco va ripensata la fruizione del patrimonio culturale Un museo su dieci rischia di non riaprire ANNA LISA ANTONUCCI A PAGINA 2 Il difficile rapporto con il contesto che ci circonda Più soli e più vulnerabili ALESSANDRO VERGNI A PAGINA 5 Il Jesuit refugee service statunitense sui richiedenti asilo Protezione e sostegno PAGINA 7 TRIPOLI, 3. Le parti in conflitto in Libia, ovvero il governo di accordo nazionale, guidato dal Fayez al-Ser- raj e le forze del generale Khalifa Haftar, hanno concordato di ripren- dere i colloqui per giungere ad un cessate il fuoco nel Paese. Lo ha re- so noto ieri la missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Un- smil) in una nota nella quale si af- ferma «che il ritorno delle due parti al dialogo è una risposta al deside- rio e alle chiamate della stragrande maggioranza dei libici che sono de- siderosi di tornare a una vita sicura e dignitosa il più rapidamente pos- sibile». Dato che in Libia si combatte ancora, l’Unsmil auspica anche che la ripresa delle trattative possa por- tare a «una tregua umanitaria», un passo importante nella direzione di un cessate il fuoco permanente e che permetterebbe alle autorità libi- che di concentrarsi sulla lotta al co- ronavirus. Ciò nonostante, la mis- sione Onu non ha ancora comuni- cato quando riprenderanno i collo- qui, limitandosi a precisare che essi si svolgeranno «in videoconferenza alla causa dell’emergenza coronavi- rus». L’Unsmil — si legge ancora nella nota — «accoglie con favore l’accettazione, da parte sia del go- verno di Accordo nazionale (guida- to da al-Serraj, ndr) sia dell’Eserci- to nazionale libico (le forze di Haf- tar, ndr), della ripresa dei colloqui per il cessate il fuoco e i relativi ac- cordi di sicurezza basati sul proget- to di accordo che la missione ha presentato alle parti durante i collo- qui Jmc (il Comitato congiunto mi- litare 5+5) il 23 febbraio 2020». La crisi libica sarà oggi al centro della missione del ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian in Italia. In agenda, un colloquio con il titolare della Farnesina Luigi Di Maio, preceduto da una visita alla sede della Protezione civile. Due giorni fa il presidente del Con- siglio italiano, Giuseppe Conte, ha avuto un colloquio telefonico con il generale Haftar. «Il presidente Conte ha ribadito l’ineludibilità della soluzione politica, il rifiuto di ogni opzione militare e la necessità di un immediato cessate il fuoco. Attenzione di Haftar al forte invito del presidente alla rapida ripresa del dialogo intra-libico» si legge in una nota di Palazzo Chigi. Da segnalare, oggi, la dichiara- zione del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusgolu, secondo cui «Haftar non può vincere la guerra in Libia» ma «non vuole una solu- zione politica». La Turchia sostiene il governo di al-Serraj. «Benedetto XV fu probabilmente, con Giovanni XXIII, il Papa più amato da mio nonno». In Papi di famiglia. Un secolo di servizio alla Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione del cardinale segreta- rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu- ni stralci, Giuseppe Dalla Torre ri- costruisce la biografia di una fa- miglia che ha attraversato al servi- zio della Santa Sede alcuni dei periodi più difficili della storia d’Italia. Dall’Azione cattolica a «L’Osservatore Romano» questa eredità resta particolarmente viva. PAGINE 4 E 5 WASHINGTON, 3. Saccheggi, violen- ti scontri, vetrine dei supermarket in frantumi, negozi devastati. È un’atmosfera di guerra quella che oggi si respira nelle grandi metro- poli americane, dove spesso risulta difficile distinguere tra dimostranti pacifici, gang locali e gruppi di provocatori. L’uccisione dell’afroa- mericano George Floyd a Minnea- polis da parte di un agente bianco ha scatenato un’ondata di indigna- zione e violenza inattesa e dai mol- teplici risvolti. A New York, in particolare a Manhattan, ci sono stati scontri tra la polizia ed i manifestanti ed alcu- ne persone sono state arrestate. Ci sono stati episodi di saccheggio in molti alcuni negozi, come riferisce la Cnn. Tensioni si sono registrate anche sul Manhattan Bridge, dove si era riunita una folla di dimo- stranti. La Fifht Avenue, luogo simbolo dello shopping nella Gran- de Mela, si è trasformata in un campo di battaglia. «Non tollerere- mo la violenza» ha detto il sindaco Bill de Blasio, annunciando che il coprifuoco sarà esteso a tutta la set- timana. Stesse scene a Los Angeles: mi- gliaia di persone si sono raccolte davanti alla residenza del sindaco, Eric Garcetti, per protestare. Il por- tavoce della polizia, Tony Im, ha reso noto che sono stati arrestati centinaia di dimostranti, in gran parte per aver violato il coprifuoco, a Hollywood, nel centro di Los Angeles, e nel quartiere di Han- cock Park, dove si trova la residen- za di Garcetti. Circa diecimila persone hanno protestato pacificamente a Portland e in molti sono scesi in piazza an- che dopo l’inizio del coprifuoco a Washington. La Casa Bianca resta blindata. Il Pentagono ha spostato 1.600 uomini nell’area in sostegno alle attività delle autorità locali. «Siamo indignati e sconvolti» ha detto il sindaco di Washington Muriel Bowser per il trattamento riservato ai manifestanti dalle forze di sicurezza davanti alla Casa Bian- ca. Contro la folla sono stati lancia- ti lacrimogeni e sparate pallottole di gomma per liberare la strada. «Le persone non stavano violando il coprifuoco, né provocando alcun attacco — ha detto Bowser — e sono state invece attaccate dalle autorità federali per sgomberare la strada per far passare il presidente». Molto diverso il tono del presi- dente Donald Trump, che ha reso omaggio alle forze dell’ordine e in particolare David Dorn, il capitano della polizia di St. Louis «ucciso da spregevoli saccheggiatori la scorsa notte» ha twittato. «Onoria- mo i nostri agenti di polizia, forse più di prima». Poi ha ribadito la sua linea: «La debolezza non batte- rà mai gli anarchici, i saccheggiato- ri o i criminali. Legge e ordine». Domani a Houston, in Texas, si celebrano i funerali di Floyd. Com’è noto, le due principali au- topsie, quella commissionata dalla famiglia e quella ufficiale, concor- dano: la morte dell’uomo è stata causata da soffocamento. Tuttavia, non c’è accordo sulle cause e que- sto potrebbe creare dubbi tra i giu- rati del processo e sulla gravità del reato (colposo o volontario). Intanto, Joe Biden, ex vice presi- dente e attuale candidato democra- tico alla Casa Bianca, ha annuncia- to che parteciperà alla cerimonia. Lo ha confermato anche il legale della famiglia Floyd, Ben Crump. Biden, che ha vinto le primarie in Pennsylvania e Rhode Island ed è ormai a un passo dalla nomination, ha lanciato durissime critiche al presidente Donald Trump. Que- st’ultimo è «più interessato al pote- re che ai principi» ha detto Biden. Trump «è più interessato agli inte- ressi della sua base che ai bisogni delle persone di cui dovrebbe occu- parsi. Il dovere della presidenza, però, è occuparsi di noi, non solo dei propri elettori e finanziatori, ma di tutti noi». Scorrendo le pagine della Bibbia si scopre come Abramo abbia vissu- to «la preghiera nella continua fe- deltà a quella Parola, che periodica- mente si affacciava lungo il suo cammino». In sostanza, ha sottoli- neato il Pontefice, nella sua vita «la fede si fa storia». Ed egli «con il suo esempio ci insegna questo cam- mino, questa strada sulla quale la fe- de si fa storia». Dio, infatti, «non è più visto solo nei fenomeni cosmici, Un secolo di servizio alla Santa Sede: la famiglia Dalla Torre Intervista a Carlo Petrini Ripartire da localismo e sicurezza affettiva MARCO GRIECO A PAGINA 3 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA di KURT KO CH N el giorno di Pentecoste di sessanta anni fa, il 5 giugno del 1960, il santo Papa Giovanni XXIII, con il motu proprio Superno Dei nutu, istituì il Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani e, il giorno successivo, nominò come suo presidente il gesuita tedesco Augustin Bea, rettore dell’Istituto Biblico, che era stato creato cardinale alla fine del 1959 e che, in seguito, venne descritto con il bellissimo appellativo di “car- dinale dell’unità”. Verso la fine del concilio, il cardinale Bea paragonò le origini e la fondazione del Segretariato con il granello di senape di cui parla il Vangelo, «tanto esse erano semplici e quasi insignificanti». Il gra- nello di senape, lo sappiamo, è il più piccolo dei semi, ma è destinato a una crescita abbondante. Saccheggi in un negozio a New York (Reuters) PAGINA 6

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 126 (48.450) Città del Vaticano giovedì 4 giugno 2020

.

La preoccupazione di Francesco per i dolorosi disordini sociali negli Stati Uniti dopo la tragica morte di George Floyd

Il razzismo è un peccatoche non può essere tollerato

Il Papa ricorda che con la violenza non si ottiene nulla e lancia un appello alla riconciliazione nazionale

Il razzismo è un «peccato» che«non possiamo tollerare». Preoccu-pato per «i dolorosi disordini socia-li» che in questi giorni infiammanogli Stati Uniti dopo l’uccisione aMinneapolis dell’a f ro a m e r i c a n oG e o rge Floyd, Papa Francesco halanciato un monito contro ogni for-ma di discriminazione a sfondo raz-ziale. Ma ha anche condannato lemanifestazioni di violenza, invitandotutti a intraprendere la strada dellapacificazione.

Rivolgendosi ai «cari fratelli e so-relle degli Stati Uniti» collegati at-traverso i mezzi di comunicazionecon la Biblioteca privata del Palazzoapostolico vaticano — dove mercole-dì mattina, 3 giugno, si è svoltal’udienza generale senza la presenzadi fedeli, a causa della pandemia dacovid-19 — il Pontefice ha esortato anon «chiudere gli occhi su qualsiasitipo di razzismo o di esclusione»,che contraddice espressamente lapretesa di «difendere la sacralità diogni vita umana». Al tempo stesso,ha aggiunto, «dobbiamo riconoscereche la violenza delle ultime notti èautodistruttiva e autolesionista. Nul-la si guadagna con la violenza e tan-to si perde».

Francesco ha quindi voluto assi-curare la sua unione spirituale «allaChiesa di Saint Paul e Minneapolis,e di tutti gli Stati Uniti, nel pregareper il riposo dell’anima di GeorgeFloyd e di tutti gli altri che hannoperso la vita a causa del peccato dirazzismo», ma anche «per il confor-to delle famiglie e degli amici af-franti». Dal Pontefice, infine, l’au-spicio che si giunga presto alla «ri-conciliazione nazionale» nel Paese:auspicio affidato in modo particola-re alla Vergine di Guadalupe, «Ma-dre dell’America», affinché «interce-da per tutti coloro che lavorano perla pace e la giustizia».

In precedenza, proseguendo nelciclo di catechesi inaugurate il 6maggio scorso, il Papa aveva parlatodella preghiera di Abramo. Il quale,ha detto, è «l’uomo della Parola»perché «ascolta la voce di Dio e sifida» di Lui, mostrando così che «lavita del credente» deve «concepirsicome vocazione, cioè come chiama-ta, come luogo dove si realizza unap ro m e s s a » .

come un Dio lontano, che può incu-tere terrore. Il Dio di Abramo di-venta il “mio Dio”, il Dio della miastoria personale, che guida i mieipassi, che non mi abbandona; il Diodei miei giorni, il compagno dellemie avventure; il Dio Provvidenza».

Con la sua testimonianza Abramo«diventa familiare di Dio, capaceanche di discutere con Lui, ma sem-pre fedele», fino «alla prova supre-ma», quando il Signore «gli chiededi sacrificare proprio il figlio Isac-co». Guardando a lui il cristiano im-para allora «a pregare con fede:ascoltare il Signore, camminare, dia-logare fino a discutere». Perché, haribadito Francesco, anche «discute-re» e «arrabbiarsi» con Dio può es-sere «una forma di preghiera»: soloun figlio, infatti «è capace di arrab-biarsi con il papà e poi re-incontrar-lo». Da qui l’invito conclusivo delPapa: «Impariamo da Abramo apregare con fede, a dialogare, a di-scutere, ma sempre disposti ad acco-gliere la parola di Dio e a metterlain pratica. Con Dio, impariamo aparlare come un figlio con il suo pa-pà: ascoltarlo, rispondere, discute-re » .

PAGINA 8

I 60 anni dall’istituzionedel Pontificio Consiglio per la promozione

dell’unità dei cristiani

Saccheggi e violenze in molte città e domani a Houston i funerali di Floyd

Usa, non si placa la protesta

Haftar e al-Serraj concordano la ripresa dei colloqui

Spiragli di dialogoin Libia

ALL’INTERNO

Per l’Unesco va ripensatala fruizione del patrimonioc u l t u ra l e

Un museo su diecirischia di non riaprire

ANNA LISA ANTONUCCI A PA G I N A 2

Il difficile rapportocon il contesto che ci circonda

Più solie più vulnerabili

ALESSANDRO VERGNI A PA G I N A 5

Il Jesuit refugee service statunitensesui richiedenti asilo

Protezione e sostegno

PAGINA 7

TRIPOLI, 3. Le parti in conflitto inLibia, ovvero il governo di accordonazionale, guidato dal Fayez al-Ser-raj e le forze del generale KhalifaHaftar, hanno concordato di ripren-dere i colloqui per giungere ad uncessate il fuoco nel Paese. Lo ha re-so noto ieri la missione di sostegnodelle Nazioni Unite in Libia (Un-smil) in una nota nella quale si af-ferma «che il ritorno delle due partial dialogo è una risposta al deside-rio e alle chiamate della stragrandemaggioranza dei libici che sono de-siderosi di tornare a una vita sicurae dignitosa il più rapidamente pos-sibile».

Dato che in Libia si combatteancora, l’Unsmil auspica anche chela ripresa delle trattative possa por-tare a «una tregua umanitaria», unpasso importante nella direzione diun cessate il fuoco permanente eche permetterebbe alle autorità libi-che di concentrarsi sulla lotta al co-ronavirus. Ciò nonostante, la mis-sione Onu non ha ancora comuni-cato quando riprenderanno i collo-qui, limitandosi a precisare che essisi svolgeranno «in videoconferenzaalla causa dell’emergenza coronavi-rus». L’Unsmil — si legge ancoranella nota — «accoglie con favorel’accettazione, da parte sia del go-verno di Accordo nazionale (guida-to da al-Serraj, ndr) sia dell’E s e rc i -to nazionale libico (le forze di Haf-tar, ndr), della ripresa dei colloquiper il cessate il fuoco e i relativi ac-cordi di sicurezza basati sul proget-to di accordo che la missione hapresentato alle parti durante i collo-qui Jmc (il Comitato congiunto mi-litare 5+5) il 23 febbraio 2020».

La crisi libica sarà oggi al centrodella missione del ministro degliEsteri francese Jean Yves Le Drianin Italia. In agenda, un colloquiocon il titolare della Farnesina LuigiDi Maio, preceduto da una visitaalla sede della Protezione civile.Due giorni fa il presidente del Con-siglio italiano, Giuseppe Conte, haavuto un colloquio telefonico con ilgenerale Haftar. «Il presidenteConte ha ribadito l’ineludibilitàdella soluzione politica, il rifiuto diogni opzione militare e la necessitàdi un immediato cessate il fuoco.Attenzione di Haftar al forte invitodel presidente alla rapida ripresa

del dialogo intra-libico» si legge inuna nota di Palazzo Chigi.

Da segnalare, oggi, la dichiara-zione del ministro degli esteri turco,Mevlut Cavusgolu, secondo cui«Haftar non può vincere la guerrain Libia» ma «non vuole una solu-zione politica». La Turchia sostieneil governo di al-Serraj.

«Benedetto XV fu probabilmente,con Giovanni XXIII, il Papa piùamato da mio nonno». In Papi difamiglia. Un secolo di servizio allaSanta Sede, del quale anticipiamola prefazione del cardinale segreta-rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu-ni stralci, Giuseppe Dalla Torre ri-costruisce la biografia di una fa-miglia che ha attraversato al servi-zio della Santa Sede alcuni deiperiodi più difficili della storiad’Italia. Dall’Azione cattolica a«L’Osservatore Romano» questaeredità resta particolarmente viva.

PAGINE 4 E 5

WASHINGTON, 3. Saccheggi, violen-ti scontri, vetrine dei supermarketin frantumi, negozi devastati. Èun’atmosfera di guerra quella cheoggi si respira nelle grandi metro-poli americane, dove spesso risultadifficile distinguere tra dimostrantipacifici, gang locali e gruppi diprovocatori. L’uccisione dell’a f ro a -mericano George Floyd a Minnea-polis da parte di un agente biancoha scatenato un’ondata di indigna-zione e violenza inattesa e dai mol-teplici risvolti.

A New York, in particolare aManhattan, ci sono stati scontri trala polizia ed i manifestanti ed alcu-ne persone sono state arrestate. Cisono stati episodi di saccheggio inmolti alcuni negozi, come riferiscela Cnn. Tensioni si sono registrateanche sul Manhattan Bridge, dovesi era riunita una folla di dimo-stranti. La Fifht Avenue, luogosimbolo dello shopping nella Gran-de Mela, si è trasformata in uncampo di battaglia. «Non tollerere-mo la violenza» ha detto il sindacoBill de Blasio, annunciando che ilcoprifuoco sarà esteso a tutta la set-timana.

Stesse scene a Los Angeles: mi-gliaia di persone si sono raccoltedavanti alla residenza del sindaco,Eric Garcetti, per protestare. Il por-tavoce della polizia, Tony Im, hareso noto che sono stati arrestaticentinaia di dimostranti, in granparte per aver violato il coprifuoco,a Hollywood, nel centro di LosAngeles, e nel quartiere di Han-cock Park, dove si trova la residen-za di Garcetti.

Circa diecimila persone hannoprotestato pacificamente a Portlande in molti sono scesi in piazza an-che dopo l’inizio del coprifuoco aWashington. La Casa Bianca restablindata. Il Pentagono ha spostato1.600 uomini nell’area in sostegnoalle attività delle autorità locali.«Siamo indignati e sconvolti» hadetto il sindaco di WashingtonMuriel Bowser per il trattamentoriservato ai manifestanti dalle forzedi sicurezza davanti alla Casa Bian-ca. Contro la folla sono stati lancia-ti lacrimogeni e sparate pallottoledi gomma per liberare la strada.«Le persone non stavano violandoil coprifuoco, né provocando alcunattacco — ha detto Bowser — e sonostate invece attaccate dalle autoritàfederali per sgomberare la stradaper far passare il presidente».

Molto diverso il tono del presi-dente Donald Trump, che ha resoomaggio alle forze dell’ordine e inparticolare David Dorn, il capitanodella polizia di St. Louis «uccisoda spregevoli saccheggiatori lascorsa notte» ha twittato. «Onoria-mo i nostri agenti di polizia, forse

più di prima». Poi ha ribadito lasua linea: «La debolezza non batte-rà mai gli anarchici, i saccheggiato-ri o i criminali. Legge e ordine».

Domani a Houston, in Texas, sicelebrano i funerali di Floyd.Com’è noto, le due principali au-topsie, quella commissionata dallafamiglia e quella ufficiale, concor-dano: la morte dell’uomo è statacausata da soffocamento. Tuttavia,non c’è accordo sulle cause e que-sto potrebbe creare dubbi tra i giu-rati del processo e sulla gravità delreato (colposo o volontario).

Intanto, Joe Biden, ex vice presi-dente e attuale candidato democra-tico alla Casa Bianca, ha annuncia-to che parteciperà alla cerimonia.Lo ha confermato anche il legaledella famiglia Floyd, Ben Crump.Biden, che ha vinto le primarie inPennsylvania e Rhode Island ed èormai a un passo dalla nomination,ha lanciato durissime critiche alpresidente Donald Trump. Que-st’ultimo è «più interessato al pote-re che ai principi» ha detto Biden.Trump «è più interessato agli inte-ressi della sua base che ai bisognidelle persone di cui dovrebbe occu-parsi. Il dovere della presidenza,però, è occuparsi di noi, non solodei propri elettori e finanziatori,ma di tutti noi».

Scorrendo le pagine della Bibbiasi scopre come Abramo abbia vissu-to «la preghiera nella continua fe-deltà a quella Parola, che periodica-mente si affacciava lungo il suocammino». In sostanza, ha sottoli-

neato il Pontefice, nella sua vita «lafede si fa storia». Ed egli «con ilsuo esempio ci insegna questo cam-mino, questa strada sulla quale la fe-de si fa storia». Dio, infatti, «non èpiù visto solo nei fenomeni cosmici,

Un secolo di servizio alla Santa Sede:la famiglia Dalla Torre

Intervista a Carlo Petrini

Ripartire da localismoe sicurezza affettiva

MARCO GRIECO A PA G I N A 3

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

di KURT KO CH

Nel giorno di Pentecoste di sessanta anni fa, il 5 giugno del 1960, ilsanto Papa Giovanni XXIII, con il motu proprio Superno Dei nutu,istituì il Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani e, il

giorno successivo, nominò come suo presidente il gesuita tedesco AugustinBea, rettore dell’Istituto Biblico, che era stato creato cardinale alla fine del1959 e che, in seguito, venne descritto con il bellissimo appellativo di “car-dinale dell’unità”. Verso la fine del concilio, il cardinale Bea paragonò leorigini e la fondazione del Segretariato con il granello di senape di cuiparla il Vangelo, «tanto esse erano semplici e quasi insignificanti». Il gra-nello di senape, lo sappiamo, è il più piccolo dei semi, ma è destinato auna crescita abbondante.

Saccheggi in un negozio a New York (Reuters)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 4 giugno 2020

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L’Unione Europea avverte che in mancanza di modifiche non si potrà accedere al piano economico

Recovery fund: niente soldisenza riforme

Per l’Unesco va ripensata la fruizione del patrimonio culturale

Un museo su diecirischia di non riaprire

BRUXELLES, 3. L’Unione europea haavvisato gli Stati membri che senzariforme non potranno accedere alRecovery fund, il progetto economi-co della Commissione Ue per aiuta-re a superare la forte recessione pro-vocata dalla pandemia di covid-19.

« Gli Stati che vogliono le risorsedal fondo dovranno presentare deipiani, nei quali dovranno far capirecon quali riforme intendano incenti-vare la crescita e rafforzare le loroeconomie contro le crisi», ha preci-sato il vicepresidente della Commis-sione Ue, Valdis Dombrovskis. «Senon ci sono le riforme, ovviamentenon ci saranno neppure i soldi. Que-sta è una conseguenza logica e cosìavviene in molti programmi euro-pei», ha spiegato, insistendo su inve-stimenti che «rendano le economiepiù digitali e più verdi».

«Nei fatti — ha aggiunto Dom-brovskis — le risorse verranno versatesoltanto quando determinati obietti-vi di riforma saranno raggiunti, o sa-ranno definite delle fasi di investi-mento. Complessivamente, le soglieburocratiche per il fondo non saran-no molto alte, ma dobbiamo comun-que assicurarci che i piani dei Go-verni effettivamente avviino le rifor-me necessarie». «E naturalmente —ha concluso — si tratta di investi-menti e riforme che rendano le eco-nomie più digitali e più verdi».

Sul Recovery fund — la cui appro-vazione è però ancora tutta da stabi-lire, data l’opposizione di Austria,Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Un-gheria e Repubblica Ceca — è inter-venuto anche il presidente del Parla-mento europeo, David Sassoli.

«Ciò che sarà deciso nelle prossi-me settimane avrà un impatto sullavita dei nostri popoli per i decenni avenire», ha detto. «Come rappresen-tante dell’unico organo eletto diret-tamente dai cittadini europei — haaggiunto Sassoli — il Parlamento eu-ropeo deve essere pienamente coin-volto nell’attuazione del piano di ri-presa. Stabiliremo le priorità in mo-do che il sostegno sia diretto dove èmaggiormente necessario e dove po-trà avere un impatto maggiore per icittadini europei».

«Dobbiamo fare in modo — ha af-fermato — di non lasciare un pesoalle prossime generazioni. Ora ab-biamo la possibilità di progettareuna nuova Europa: più equa, piùverde, più digitale e proiettata versoil futuro. Per realizzare queste ambi-zioni, abbiamo bisogno dei mezziadeguati». «L’Europa intera è statacolpita dalla crisi attuale. Questo è ilmomento di costruire un futuro so-stenibile», ha concluso il presidentedel Parlamento europeo.

E e dopo circa tre mesi — e ben33.500 morti — gli italiani sono com-pletamente liberi di muoversi nelPaese. Dalla mezzanotte, infatti, so-no stati riaperti i confini delle Re-gioni italiane. Il virus, però, non èsconfitto: a fronte, ieri di 55 ulteriorivittime (il dato è in calo ogni gior-no), si registra quasi un raddoppiodei contagi, da 178 a 318 casi. Sei sudieci in Lombardia, seguita da Pie-monte e Liguria. Otto le regionisenza nuovi malati.

«Ce l’abbiamo fatta col sacrificiodi tutti — ha annunciato il ministroper gli Affari istituzionali, FrancescoBoccia —. Ora è il momento dellaprotezione dell’economia e del lavo-ro». Nella prima mattinata di riaper-tura, da segnalare code a Messinaper gli imbarchi verso la Calabria.Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Eu, Bruxelles (Ansa)

di ANNA LISA ANTONUCCI

Un giretto alla National Gal-lery di Londra, dove si puòentrare gratis ogni qualvol-

ta si vuole, ci dà l’impressione chequel quadro che tanto amiamo siaun po' anche nostro. Una visita aiMusei vaticani per ammirare laCappella Sistina, ci permettel’esperienza unica di guardare lestesse meravigliose immagini su cuiha posato gli occhi Michelangelo.È questo il bello del museo, è lìper preservare l’arte e permettercidi fruirla quando ce ne viene vo-glia. E nel mondo non c’è che l’im-barazzo della scelta, di musei neesistono 95 mila, tra piccoli e gran-di, cresciuti del 60 per cento in soli8 anni. Ma la pandemia da covid-19 si è abbattuta anche sulle istitu-zioni museali che hanno chiuso nel90 per cento dei casi e la mancanzadi turisti e visitatori, secondo ilConsiglio internazionale dei musei,mette a serio rischio la riaperturadi almeno il 10 per cento di questeistituzioni. Molti sono stati in gra-do di reagire alla chiusura organiz-zando visite virtuali, promuovendoconferenze online, sviluppando at-tività sui social network, ma questarealtà ha riguardato i musei piùimportanti e non certo quelli inAfrica o nei piccoli stati insularidove solo il 5 per cento è riuscito aoffrire un servizio web.

Secondo uno studio Unesco ap-pena pubblicato è dunque l’istitu-zione museale il settore culturalepiù coinvolto nella recessione eco-nomica in cui la pandemia ci haprecipitato. «Le difficoltà di adat-tamento alla riduzione del numerodi visitatori, la distanza socialeall’interno dei musei e la garanziadella sicurezza del personale e delpubblico possono alterare profon-damente l’esperienza culturale. So-no necessarie decisioni a tutti i li-velli in questi tempi imprevedibili»ha dichiarato all’Unesco Sally Tal-lant, direttrice del Queens Museumdi New York.

Dunque fino a quando non cisarà un ritorno alla normalità, sidovranno trovare strategie diverseperché il museo possa continuare asvolgere «il suo ruolo vitale nellenostre società per la diffusione del-la cultura, dell’istruzione, dellacoesione sociale e del sostegnoall’economia creativa», ha afferma-to la direttrice dell’Unesco, AudreyAzoulay, insistendo «sull’imp ortan-za e urgenza di rafforzare le politi-che di sostegno per questo setto-re » .

Il rapporto Unesco sull’impattodella pandemia sui musei sottoli-nea come le popolazioni confinatehanno subito la perdita di elementiculturali fondamentali e della strut-turazione della loro vita quotidianasociale e individuale. Sono state85.000 le istituzioni museali in tut-to il mondo che hanno chiuso ibattenti durante la crisi e l’impattodi queste chiusure non è solo eco-

nomico, ma anche sociale. I musei,sottolinea l’Unesco, svolgono infat-ti un ruolo essenziale nelle nostresocietà: non solo preservano il no-stro patrimonio comune, ma forni-scono anche spazi che promuovonol’istruzione, l’ispirazione e il dialo-go.

Certo, la loro distribuzione nonè equa: il 65 per cento dei musei èin Nord America e in Europa occi-dentale, il 34 per cento è poi divisotra l’Europa orientale, l’AmericaLatina e gli Stati dell’A s i a - Pa c i f i c o ,ma solo lo 0,9 per cento in Africa elo 0,5 per cento nella regione degliStati arabi. In totale, 16 stati hannouna rete di oltre 1.000 musei, ovve-ro l’8 per cento del totale, mentreil 30 per cento degli Stati ha unarete da 1 a 10 musei, o nessun mu-seo.

Dunque nonostante le sfide po-ste dalla crisi senza precedenti chestiamo vivendo, molte istituzioniculturali e professionisti hannocontinuato a servire come fonte diresilienza e sostegno alle comunità,immaginando nuovi modi per for-nire accesso alla cultura e all’i s t ru -zione nel contesto delle misure dicontenimento. Ma ciò non è basta-to visto che in molte zone delmondo l’accesso a internet non èpossibile o particolarmente costoso,con conseguente disuguaglianzanelle risorse culturali.

Lo studio sottolinea infatti che ildivario digitale è ora più evidenteche mai. Sono milioni le persone,soprattutto nei paesi in via di svi-luppo, per le quali l’accesso allacultura attraverso mezzi digitali ri-mane fuori portata, il che ha resodifficile il lancio di musei virtuali ol’accesso alle collezioni online.Questa situazione è confermatadall’Unione internazionale delle te-lecomunicazioni, che attesta comela metà della popolazione mondia-le non ha accesso a internet.

Lo stesso vale per il divario digenere nella fruizione delle tecno-logie digitali, confermato dall’O csesecondo cui circa 327 milioni didonne in meno rispetto agli uominipossiedono uno smartphone e nonpossono accedere a internet. Se-condo l’Unesco dunque la portatadella crisi delle istituzioni culturali,compresi i musei, richiede un ap-proccio globale che riaffermi il ruo-lo centrale della cultura come mez-zo di resilienza e contribuisca ariattivare l’economia e l’ecosistemaculturale per un futuro migliore especiale per le generazioni che ver-ranno.

In questo contesto il ruolodell’Unesco è quello di sostenere isuoi Stati membri nel cercare solu-zioni adeguate perché, si spiega,probabilmente non c’è una rispostaunica e dato il contesto di ogni re-gione del mondo o anche di ognipaese, ogni museo dovrà fare lapropria valutazione e identificare lelezioni che gli permetteranno diadattarsi a una nuova realtà e anuove sfide.

La Cina smentisceuna ricostruzione

dell’Ap sui rapporticon l’O ms

PE C H I N O, 3. Il portavoce del mini-stero degli Esteri cinese, ZhaoLijian, ha seccamente smentito la ri-costruzione fornita dall’agenzia l’As-sociated Press circa i presunti ritardidi Pechino nell’informare l’O rganiz-zazione mondiale della sanità (Oms)sull’evoluzione dell’epidemia di Co-ronavirus. Il rappresentante cineseha nuovamente ribadito la tempesti-vità delle informazioni fornite dalsuo governo all’O ms.

Secondo l’Associated Press, inve-ce, notevoli sarebbero state le diffi-coltà e la frustrazione tra i ranghidell’Oms per i ritardi di Pechino neldare informazioni sul genoma e sullacapacità di diffusione del virus. L’in-chiesta dell’Ap sarebbe basata sulladocumentazione riservata dei verticidell’agenzia delle Nazioni Unite, re-centemente e a più riprese accusatadal presidente statunitense DonaldTrump di essere eccessivamente filo-cinese.

Dalle carte emergerebbe chel’agenzia dell’Onu è stata protagoni-sta di una paziente azione diploma-tica per tentare di ricevere maggiorecollaborazione dalla Cina e averequanto prima maggiori informazionisull’epidemia. Secondo l’Ap i fun-zionari dell’Oms avrebbero rivolto leproprie lamentele alla Cina, sottoli-neando che i ritardi avrebbero potu-to segnare in negativo la possibilitàdi una risposta efficace alla malattiae l’elaborazione di test, farmaci evaccini.

L’Oms continua a consigliare di non interrompere la quarantena nel Paese

Record giornaliero di morti in Brasile

Cimitero di Nossa Senhora Aparecida a Manaus, Brasile (Afp)

L’Ue auspica la ripresa del dialogotra Serbia e Kosovo

Settantacinque migranti in difficoltà in acque maltesiLa Tunisia sventa una serie di partenze verso l’Italia

BRASÍLIA, 3. In Brasile ieri sera si èregistrato un nuovo record di de-cessi giornalieri riconducibili al co-vid-19. Il ministero della Salute hareso noto che sono state 1.262 levittime nelle ultime 24 ore, portan-do il dato complessivo dei morti a31.199. Il precedente record di 1.188morti in 24 ore era datato 21 mag-gio. Il Paese, con i 28.936 nuovi ca-si diagnosticati di covid-19, ha rag-giunto un totale di 555.383. SanPaolo, lo stato più ricco e popolosodel paese, ha nuovamente battutoun record di morti (327) e casi(6.999) in 24 ore e con 7.994 mortitotali e 118.295 contagi si confermaquello più colpito dal virus.

Nel momento in cui alcuni Statistanno avviando una prima fase diriapertura e allentamento delle mi-sure restrittive, il Paese si confermail focolaio del coronavirus in Ame-rica Latina. È il secondo paese almondo con il maggior numero dicasi positivi, secondo solo agli StatiUniti, mentre appare quarto tra lenazioni con il maggior numero dimorti, dietro Usa, il Regno Unito el’Italia. Secondo gli analisti nel girodi pochi giorni potrebbe scalzarel’Italia — che ha ridotto significati-vamente la curva di morti e infezio-ni — al terzo posto di questa dram-matica graduatoria.

L’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) ha avvertito che lacurva di contaminazione del nuovovirus continua ad aumentare drasti-camente nelle Americhe e che è

troppo presto per interrompere laquarantena. L’intera regione lati-noamericana, al momento, si con-ferma epicentro mondiale dellapandemia.

Intanto in Venezuela il governodel presidente Nicolás Maduro e

l’opposizione guidata dal presiden-te dell’Assemblea nazionale JuanGuaidó hanno raggiunto un accor-do per far fronte alla diffusione delnuovo coronavirus in Venezuelacon l’assistenza della Pan AmericanHealth Organization (Paho).

BRUXELLES, 3. L’Unione europeaha auspicato la ripresa a breve deldialogo tra Serbia e Kosovo, inter-rotto da un anno e mezzo.

Lo ha fatto sapere il rappresen-tante speciale della Ue per il dialo-go sul Kosovo, Miroslav Lajčák,precisando di avere in programmal’organizzazione di incontro nego-ziale tra Belgrado e Pristina entrola fine di giugno. A darne notizia èl’agenzia di stampa serba Tanjug,che cita proprie fonti.

Lajčák ha confermato, al riguar-do, di avere l’appoggio di tutti iPaesi membri dell’Ue. Dopo unavideoconferenza, il rappresentantespeciale ha detto: «È stata una di-scussione molto incoraggiante sulmio mandato e sul cammino che èdavanti a noi».

Oggi il Parlamento kosovaro vo-terà con tutta probabilità la fiduciaal nuovo Governo guidato daAvdullah Hoti. La strada al nuovoEsecutivo è stata definitivamentespianata dal verdetto della Cortecostituzionale, che nei giorni scorsiha ritenuto legittimo il decreto colquale il presidente, Hashim Thaçi,ha conferito a Hoti l’incarico diformare il nuovo Governo. A rivol-gersi ai giudici dell’Alta corte erastato il premier uscente, AlbinKurti che, dopo essere stato sfidu-ciato in Parlamento il 25 marzoscorso, ha chiesto con forza nuoveelezioni, ritenendo incostituzionalela decisione di Thaçi di cercare unanuova maggioranza parlamentaresenza il ricorso al voto.

In Serbia, invece, si voterà per leparlamentari il 21 giugno.

LA VA L L E T TA , 3. In aumento il flus-so migratorio dal Mediterraneo ver-so l’Italia. Nei giorni scorsi 75 per-sone, partite dalla Libia, sono statesegnalate in difficoltà a bordo diun’imbarcazione di legno in acquemaltesi. A lanciare l’allarme è statoAlarm Phone in un tweet. Hannoviaggiato tutta la notte senza rice-vere soccorso quando erano nellazona Sar maltese, riferisce l’O ng.Dei migranti — spiega — si sonopersi i contatti ieri mattina, quandoavevano quasi raggiunto la zonaSar italiana, al largo di Lampedusa.

Varie fonti hanno riferito dell’arrivodi una barcone a Lampedusa concirca 75 persone a bordo, ha resonoto Alarm Phone, auspicando chesi tratti degli stessi migranti soprav-vissuti alla traversata. Tuttavia man-cano ancora le conferme ufficiali.

Nel frattempo si segnalano altrimini sbarchi a Lampedusa, mentrela Guardia costiera tunisina hasventato una serie di partenze versole coste italiane. Sono stati arrestatia Zahruni nove giovani della capi-tale pronti a raggiungere le isoleKerkennah per partecipare ad

un’operazione di emigrazione ille-gale. Lo ha reso noto il ministerodell’Interno di Tunisi, precisando diaver fermato anche l’autista. Prece-dentemente, le autorità avevanosventato un’altra partenza fermandonei governatorati di Tunisi e Arianatre connazionali. A Raqqada, nelgovernatorato di Kairouan, sonostate fermate 13 persone, mentre sistavano recando sui luoghi di par-tenza nel governatorato di Madhia.Bloccati nel governatorato di Sfaxaltri quattro tunisini. Tutti sono sta-ti denunciati alla magistratura.

Page 3: Il razzismo è un peccato che non può essere …...Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione del cardinale segreta-rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu-ni stralci, Giuseppe

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 4 giugno 2020 pagina 3

Borrell critica il progetto israeliano di annettere parti della Cisgiordania

L’Ue: evitare passi unilateraliin Vicino oriente

Va s t aop erazione

anti-Isin Iraq

BAGHDAD, 3. Il premier irachenoMustafa Kazimi si è recato ierinella contesa città petrolifera diKirkuk, a nord-est di Baghdad,per assistere a una vasta opera-zione militare contro il sedicentestato islamico (Is). Lo riferiscel’ufficio stampa dello Stato mag-giore dell’esercito iracheno a piùdi tre anni dall’annuncio dellasconfitta dell’Is in Iraq.

Negli ultimi mesi, sia in Iraqche in Siria, cellule dell’Is sonotornate a colpire con forza e ripe-tutamente le forze governative ele diverse milizie impegnate acontrastare l’organizzazione jiha-dista.

Il premier iracheno Kazimi, excapo dell’intelligence di Ba-ghdad, si è insediato da alcunesettimane a capo dell’esecutivo efinora ha improntato la sua poli-tica a rafforzare gli aspetti di si-curezza del paese.

L’ultimo attacco riconducibileall’Is è avvenuto pochi giorni fain Siria. L’organizzazione terrori-stica ha rivendicato l'uccisione dialmeno 4 tra militari governativisiriani e miliziani locali. L'attac-co, le cui circostanze sono stateconfermate da fonti locali siriane,è avvenuto nella regione Homs,nel distretto di Sukhna, vicino al-la valle dell'Eufrate, in un'area dacui l'Is non è mai stato veramen-te sconfitto. Tra le vittime ci so-no soldati governativi siriani emiliziani di tribù locali. Secondofonti dell’Is, sarebbe stato colpitoanche un veicolo governativo.

BRUXELLES, 3. «In questo momentocritico per la pace in Medio oriente,entrambe le parti devono evitarepassi unilaterali e riprendere il dia-logo». Così si è espresso ieri l’Altorappresentante Ue per la politicaestera e di sicurezza comune, JosepBorrell, al termine di un incontrotra i Paesi donatori. «È urgente cheIsraele eviti passi che porterebberoall’annessione di territori occupatipalestinesi» ha avvertito Borrell, fa-cendo riferimento al piano del go-verno israeliano di annettere unilate-ralmente parte dei territori palesti-nesi. «Possiamo e dobbiamo trovare

una strada per arrivare ad un nego-ziato efficace. L’Ue resta pronta afare tutto il possibile per assistere,facilitare e aiutare, in questo percor-so».

All’incontro hanno partecipato di-versi ministri di Paesi Ue. «Miglio-rare le condizioni dell’economia pa-lestinese significa investire nella pa-ce e nella stabilità, anche se oggipurtroppo si assiste a un deteriora-mento della situazione che potrebbemettere completamente in discussio-ne gli Accordi di Oslo» ha dichiara-to il vice ministro degli esteri italia-no, Marina Sereni intervenendo allavideo riunione.

Come detto, il nuovo governoNetanyahu ha intenzione di proce-dere all’annessione unilaterale diparte dei Territori palestinesi in li-nea con il piano elaborato dallaAmministrazione statunitense. IeriNetanyahu ha incontrato i rappre-sentanti dei coloni che si oppongo-no al piano statunitense, poiché es-

so ammetterebbe in linea di princi-pio la nascita di uno stato palestine-se. Il premier ha dichiarato che«Israele si trova di fronte a una op-portunità storica di applicare la pro-pria sovranità alla Giudea e Samaria(Territori palestinesi, ndr)». L’uffi-cio del premier ha poi fatto sapereche «i colloqui con gli americanistanno procedendo» facendo riferi-mento al comitato congiunto Usa-Israele che è al lavoro per mapparecon esattezza i confini della possibi-le annessione in programma ai pri-mi di luglio.

Pochi giorni fa Netanyahu haavuto un colloquio con il consigliereparticolare del presidente Trump,Jared Kushner. Lo ha riferito la te-levisione pubblica israeliana Kan se-condo cui al colloquio telefonicohanno partecipato anche l’assistentedi Trump per i negoziati internazio-nali Avi Berkovicz e l’a m b a s c i a t o restatunitense in Israele David Fried-man.

Per colloqui sulla nuova legge di sicurezza

Il capo esecutivo di Hong Konga Pechino

Ciclone Nisargain arrivo

a Mumbai

NEW DELHI, 3. È massima allerta inIndia per l’imminente arrivo del ci-clone Nisarga, a meno di due setti-mane dal violento impatto di Am-phan. Le autorità hanno fatto eva-cuare ieri gli abitanti della costa occi-dentale dello Stato del Maharashtra,in vista dell’arrivo di Nisarga, chedovrebbe colpire nelle prossime orela megalopoli di Mumbai. I residentidelle bidonville che si trovano inprossimità del mare sono stati invitatia rifugiarsi in luoghi sicuri. È un fat-to insolito che il ciclone colpiscaMaharashtra a giugno.

Nisarga, formatosi sul Mar Arabi-co, dovrebbe toccare terra nel norddello Stato con piogge intense e ven-ti fino a 120 km all’ora per poi spo-starsi verso nord-ovest, nello statodel Gujarat, dove più di 10.000 per-sone sono già state evacuate. Si te-mono forti inondazioni. L’allerta ros-sa riguarda anche la regione di Kon-kan e Goa.

Ieri, nell’India nord-orientale, unaslavina nella valle di Barak, nello sta-to dell’Assam, ha travolto un villag-gio, uccidendo almeno venti persone,metà delle quali erano bambini. Losmottamento è stata la conseguenzadi tre giorni di piogge premonsoni-che. Si teme che il numero delle vit-time possa aumentare.

Per ritrovare credibilità il vecchio continente deve dedicarsi a servire la persona umana nella sua dimensione culturale, etica e spirituale

L’Europa e la grande sfida della solidarietà

PE C H I N O, 3. Il capo esecutivo diHong Kong, Carrie Lam, è attesaoggi a Pechino per discutere con leautorità cinesi della contestata leggesulla sicurezza nazionale per l’ex co-lonia britannica, approvata dal Con-gresso nazionale del popolo cinquegiorni fa. Lo riferiscono i media lo-cali. La missione ha lo scopo di mi-gliorare il sistema legale e il mecca-nismo di attuazione della normativa,mettendo Lam nelle condizioni diriferire le sue opinioni al Governocentrale, si legge in una notadell’amministrazione di HongKo n g.

Prima di imbarcarsi sul volo perPechino, Lam ha affermato che nonc’è alcuna giustificazione per impor-re sanzioni a Hong Kong e ha accu-sato gli Usa di applicare un doppiostandard su come le rispettive Am-ministrazioni hanno risposto alleproteste. «Abbiamo visto più chiara-mente nelle recenti settimane i dop-pi standard che ci sono. Sapete checi sono rivolte negli Usa — ha dettoLam in conferenza stampa — e ve-diamo come i governi locali hannoreagito. Anche a Hong Kong, quan-do abbiamo avuto simili rivolte, ab-biamo visto quali posizioni lorohanno adottato allora».

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo

eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà essere la vita della genera-

zione che viene» (D. Bonhoeffer)

Intervista al sociologo e scrittore Carlo Petrini

Ripartire da localismoe sicurezza affettiva

di MARCO GRIECO

Figlio del dopoguerra, CarloPetrini ha vissuto l’era dellemacerie e della rinascita di un

intero Paese. Fondatore e presidentedi “Slow Food”, da trent’anni pro-muove un’idea di prossimità oppo-sta a un’economia che strozza gliorizzonti a prezzo di disuguaglianzeferoci. La pandemia ha ridotto ledistanze e ne ha generate altre. Ep-pure, la morte di migliaia di perso-ne ha reso vicino l’urlo di vite inapparenza lontane. In quest’amaraconsapevolezza che si fa contatto,sentire il mondo come un tutt’unopuò rappresentare l’occasione di ri-pensare alla comunità: un luogo direlazioni dove — per dirla come Pla-

tone — se soffre una mano è tutto ilcorpo a soffrirne.

Quale futuro ci attende dopo i mesiche abbiamo vissuto?

Personalmente, faccio fatica a ve-dere i frutti prossimi. È stato e saràun momento molto difficile per lepersone e le comunità e il futuro sa-rà incerto. Ma questa può esserel’occasione per reimpostare la nostraconvivenza. Una cosa è certa: peruscire da una situazione come que-sta, abbiamo bisogno di nuovi para-digmi, prestando attenzione al rap-porto con gli altri. Dovremmo ritor-nare a comprendere l’imp ortanzadella comunità e, quindi, a cambiarela nostra economia.

Da trent’anni lei s’impegna verso uncambiamento di paradigma dell’econo-mia. Oggi abbiamo smesso di pensarlacome bene comune?

Credo di sì. Dovremmo averechiaro che non è possibile ragionaresu un’economia basata sul profittosenza contrappeso etico. Il profittonon basta a valutare la salubritàeconomica: ci sono anche i beni co-muni, i beni relazionali e spero chequesti elementi avranno un ruolomolto più importante di quello pas-sato. Il concetto stesso di crisi, chestiamo vivendo, può essere un’op-p ortunità.

La salubrità dell’economia è alla basedella cultura contadina. Quanto è im-portante recuperare l’eredità dei nostrinonni per il futuro?

Credo sia essenziale. Penso a unaquestione portante come il degradoambientale. Una delle caratteristichedella società contadina era il rispet-to della terra. Noi, invece, abbiamopensato che le risorse della terra fos-sero infinite e l’abbiamo maltrattata.Ora siamo davanti a tre crisi: eco-nomica, climatica e pandemica. Nonc’è ombra di dubbio che quella cli-matica ci riserverà delle sorpreseeclatanti se non cambiamo atteggia-mento. Per questo, dobbiamo averechiara la situazione per cambiare ipresupposti di un’economia che uc-cide, come dice Papa Francesco.

Vengono in mente i racconti degli intel-lettuali del “Grand Tour” settecentesco.Nel suo viaggio in Campania, Goethescrive parole struggenti sul “Paese dovefioriscono i limoni”. In nome della glo-balizzazione abbiamo smesso di dare ilnome alla terra?

Sì, perché per molto tempo laglobalizzazione ha reso secondario

il nostro approccio all’economia lo-cale. Si pensava che questa fosse unripiego non in grado di portare va-lori alti. Oggi, invece, siamo piùconsapevoli che lì c’è una garanziache un’economia esclusivamenteplanetaria non avrà mai: la parteci-pazione delle persone. Senza questapartecipazione, l’economia non èutile, ma diventa un aspetto distinti-vo dell’ingiustizia: negli ultimi cin-quant’anni, la concentrazione dellaricchezza nelle mani di pochi è de-cuplicata! Per questo, credo sia op-portuno ripartire dalle economie lo-cali, quel localismo che rende parte-cipi le persone e le comunità. Il mioauspicio è che questa visione parte-cipativa delle persone possa svilup-parsi sempre di più e permettere diripensarci. Ci vuole, però, discerni-mento.

In che modo possiamo discernere?

Nella comunità c’è un elementoche per troppo tempo abbiamo con-siderato nullo, o quasi: la sicurezzaaffettiva. Se c’è affetto, l’uomo puòcambiare le cose. Quelli che ci at-tendono non saranno tempi facili,ma se basiamo le comunità su que-sta visione affettiva, potremo supe-rarli.

Lei ha vissuto il dopoguerra: è giustofare un parallelismo con la nostra era?

Le due situazioni storiche hannosimilitudini, ma anche caratteristichetotalmente diverse. Siamo in unostato di prostrazione più che diguerra, sulla quale dobbiamo mette-re in discussione dei concetti inamo-vibili e non discutibili. Se, come di-ce Papa Francesco, tutto è connessoe questo disastro pandemico è colle-gato a un deterioramento ambienta-le, allora siamo davanti a una situa-zione nuova che necessita una rifles-sione. Tutte le contraddizioni pre-senti prima sono ancora più laceran-ti oggi: la fame nel mondo, la disu-guaglianza, i diritti delle persone.

Quale ruolo avranno i giovani nellar i p re s a ?

Sarà fondamentale il loro appor-to, contro una logica che li esclude.La sorpresa di questi ultimi anni èche i giovani si sono mossi, hannodetto basta a logiche basate solo sulprofitto e hanno il coraggio di esi-gere risposte per il loro futuro. Ilmio auspicio per loro è che abbianoil coraggio di prendere il loro desti-no per le mani e metterlo in discus-sione, davanti a sé stessi e al mon-do.

di BERNARD ARDURA *

Settanta anni dopo il ben notoappello di Robert Schumandel 9 maggio 1950, gli europei

si trovano improvvisamente a con-frontarsi con domande essenzialisulla natura stessa dell’Unione euro-p ea.

Le istituzioni — ce l’insegna lastoria — come gli uomini, hanno bi-sogno periodicamente di interrogar-si sul loro modo di fare, di lavorare,e soprattutto sulla coerenza tra gliobiettivi assegnati e l’opera finorasvolta. La durata appare allora co-me uno dei criteri per valutare nonsoltanto la qualità del lavoro com-piuto, ma anche e soprattutto perverificare se, lungo gli anni, si sonomantenuti gli scopi prefissati allaistituzione e se il necessario adatta-mento ai cambiamenti epocali nonha provocato uno slittamento dei fi-ni e un’alterazione della natura stes-sa della istituzione.

Gli eventi che negli anni 1989-1990 hanno segnato la fine dell’im-pero sovietico, non soltanto hannomodificato profondamente il quadropolitico generale, mettendo fine allacosiddetta “guerra fredda”, ma an-cora hanno generato dei profondimutamenti nelle mentalità e nellec u l t u re .

La Comunità europea si è costi-tuita a prezzo di grandi sacrifici,compresa una rinuncia parziale allasovranità nazionale nella gestionedel carbone e dell’acciaio, per rag-giungere un obiettivo di grandeportata: creare uno spazio europeodi pace e di cooperazione fondatosulla condivisione di beni materialiessenziali per l’industria bellica ecosì trasformati in strumenti per su-gellare la pace e la riconciliazionetra popoli profondamente segnatidagli orrori della guerra. Questa pa-ce tanto desiderata nel secondo do-poguerra non si è costruita, secondole parole di Schuman, se non «consforzi creativi, proporzionali ai peri-coli che la minacciano».

Già nel 1950, si prevedevaun’apertura, un’accoglienza per gliStati desiderosi di unirsi al gruppofondatore della Comunità europea.Ma un principio venne, fin dall’ini-zio, stabilito chiaramente: «L’E u ro -pa non potrà farsi in una sola volta,né sarà costruita tutta insieme; essasorgerà da realizzazioni concreteche creino anzitutto una solidarietàdi fatto».

Nel corso degli ultimi settantaanni, l’Unione europea ha concepi-to e realizzato molti programmi chehanno contribuito certamente a po-tenziare le relazioni tra gli Statimembri ed essa è perfettamente riu-

scita a creare uno spazio europeo dipace e libertà, un successo di fronteall’allora blocco sovietico.

L’Unione si è costruita grazie auna solidarietà nel campo economi-co e industriale, e i suoi arteficihanno sempre inteso la sua compo-nente materiale come un mezzo alservizio di un ideale. Da una parte,scriveva Schuman, «la solidarietà diproduzione […] farà sì che unaqualsiasi guerra tra la Francia e laGermania diventi non solo impen-sabile, ma materialmente impossibi-le».

Così, lungo gli anni, l’Unione eu-ropea ha conosciuto un periodo digrande sviluppo, grazie in gran par-te a una politica comune basata sul-la condivisione di risorse che con-sentono di promuovere nuovi inve-stimenti, in particolare nella ricercae nelle nuove tecnologie, e di venireanche incontro a varie categorie so-ciali in difficoltà in seguito all’evo-luzione dei modi di vivere e deimercati. Questa azione, che si rivelaessenziale, è possibile grazie all’usodi sovvenzioni comunitarie alimen-tate dalla partecipazione finanziariadi tutti gli Stati membri.

Dopo la caduta del Muro di Ber-lino, l’allargamento dell’Unione fuanche uno strumento politico chepermise a numerosi Stati già com-presi nell’impero sovietico o sotto lasua diretta influenza, di scegliere

l’Unione europea, garante di libertàe di prosperità. Pace e riconciliazio-ne si sono realizzate anche grazie aquesti «allargamenti» dell’Unione,contribuendo alla stabilizzazionedelle regioni alla periferia degli Sta-ti membri da molto tempo, dalleRepubbliche Baltiche ai Balcani.

Invece, si deve riconoscere chepiù l’Unione si è estesa territorial-mente, più si è posta in vari Stati laquestione della propria identità.Ma, a nostro avviso, più inquietanteè il fatto che dopo gli accordi diMaastricht, il progetto Europa hasubito uno spostamento decisivo:l’Europa è diventata sempre più unaentità dotata di propria esistenza, diuna legittimità superiore a tutte lealtre e dotata di meccanismi istitu-zionali in grado di ricomporre tuttigli aspetti della vita dei cittadini eu-ropei. Come capita spesso alle isti-tuzioni, la struttura amministrativae legislativa dell’Unione è apparsaai cittadini sempre più lontana…come provano l’astensione che ca-ratterizza l’elezione dei deputati alParlamento europeo, o i voti negati-vi di Francia e Paesi Bassi in occa-sione del referendum sulla Costitu-zione dell’Unione europea. Glieventi di questi ultimi anni hannogenerato talvolta dei giudizi moltoseveri nei confronti dell’Unioneconsiderata un “nano politico”,mentre impone la sua autorità a

Stati, governi e cittadini sul pianoeconomico e amministrativo. Certo,la strada è ancora lunga, per giun-gere ad una politica internazionaleeurop ea.

Ora, lo scombussolamento gene-rale provocato dalla pandemia hasuscitato non pochi movimenti disolidarietà tra Stati talvolta moltolontani, geograficamente e ideologi-camente, e adesso, dopo più di duemesi che hanno messo in ginocchionon poche economie dei Paesi euro-pei, si presenta la grande sfida dellasolidarietà. Ancora una volta, tornaquesta convinzione di Robert Schu-man, ovvero creare «anzitutto unasolidarietà di fatto». Alcune recentiiniziative di Stati europei possonooffrire una nuova occasione di ren-dere più «visibili» gli obiettividell’Unione europea.

Ne siamo convinti, costruire l’Eu-ropa significa anzitutto mettere inpratica un progetto spirituale di fra-tellanza. Se l’Europa si dedica a ser-vire la persona umana, nella sua di-mensione culturale, etica e spiritua-le, i tre pilastri della politica euro-pea — economico, politico e umano— ritroveranno il loro indispensabilesignificato e l’Europa la sua credibi-lità.

* Pontificio Comitato di scienzestoriche

Page 4: Il razzismo è un peccato che non può essere …...Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione del cardinale segreta-rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu-ni stralci, Giuseppe

pagina 4 giovedì 4 giugno 2020 L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 4 giugno 2020 pagina 5

Dal Veneto a Roma

Autobiografia di una famiglia

Quell’impronta inconfondibile di apertura ai fatti del mondoLe indicazioni di Benedetto XV erano continue e precise e riguardavano non solo la linea editoriale ma anche la gestione della redazione e la qualità della carta

Con la direzione di Giuseppe Dalla Torresi inizia a guardare a «L’Osservatore Romano»come fonte non solo delle notizie ufficiali della Santa Sedema anche di informazioni di prima mano non disponibili altrimentie raccolte attraverso circuiti diversida quelli delle grandi agenzie di stampa internazionali

Tre generazioni

Un secolo di servizio alla Santa Sede: i Dalla Torre

Dalla copertina del libro: l’immagine (appartenente a una collezione privata)riproduce il bozzetto dell’affresco nel duomo di Treviso raffigurante Pio X e personaggi del suo pontificato

tra cui il Presidente dell’Unione Popolare Giuseppe Dalla Torre (il secondo a destra guardando il Papa)

«L’Osservatore Romano», 3 aprile 1960

Sono evocate sullo sfondo le immagini delle due guerre mondialidell’età del fascismo, della rinascita democraticadello sviluppo politico e sociale dell’ItaliaCome le vicende di una Chiesa in un primo tempo sulle difensivedavanti ad una modernità ostile che avanzae ad una secolarizzazione che mordetrova infine la forza di uscire dall’isolamentoE di riprendere un dialogo aperto costruttivo, solidale col mondo «L’Osservatore Romano», 3 giugno 1920

di PIETRO PAROLIN

Le pagine che seguono si pre-stano a varie letture. La prima,più evidente e immediata, èquella che si potrebbe definirecome l’«autobiografia di una

famiglia», scesa dal Veneto a Roma, doveha svolto per oltre un secolo, sia purecon differenti responsabilità e in differen-ti ambiti, un servizio alla Santa Sede.Uno è il soggetto narrante, ma in realtàtre sono i protagonisti di un’azione che si

svolge tra la fine del XIX secolo ed il pri-mo ventennio del XXI. Ad essi va aggiun-to un quarto, che viene prima di tutti, ilquale in qualche modo ha posto le basiper le vicende a venire. Si tratta di un

racconto, a tratti dai toni molto persona-li, che mette in evidenza il fattore idealeche tiene insieme le varie generazioni purnella diversità di tempo e di situazioni: ladevozione al Papato, che è nota distintiva

magini delle due guerre mondiali, dell’etàdel fascismo, della rinascita democratica,dello sviluppo politico e sociale dell’Ita-lia, come le vicende di una Chiesa chesulle difensive dinnanzi ad una moderni-tà ostile che avanza, dinnanzi ad una se-colarizzazione che morde, trova infine laforza di uscire dall’isolamento e di ri-prendere un dialogo aperto, costruttivo,solidale col mondo.

Più specificamente scorre sullo sfondodella narrazione un secolo di storia dellaSanta Sede, che dalle difficoltà interne edinternazionali che segnano gli ultimi de-cenni dell’Ottocento, ascende progressi-vamente ad un protagonismo prima sco-nosciuto grazie all’azione lungimirantedei Pontefici. Si tratta di Papi molto di-versi come origini, formazione, esperien-ze maturate, ma in definitiva tutti acco-munati dalla medesima preoccupazionedi traghettare la Chiesa — dopo gli arrestisubìti tra Settecento e Ottocento, dopo lepur comprensibili diffidenze nei confrontidelle res novae che il divenire della storiarecava con sé — nella modernità e, final-mente, nella post-modernità; una Chiesaamica del nuovo mondo che via viaemerge, di cui, insieme alle tristezze e al-le angosce, condivide — secondo il bellis-simo incipit della Costituzione conciliareGaudium et spes — le gioie e le speranze.

In questa rievocazione si affollano ipersonaggi che in primo piano, o sullosfondo, hanno avuto un ruolo nelle vi-cende che intessono più di un secolo. Maricorrono anche persone sconosciute, per-sone comuni, che però hanno costituito il

reticolo di rapporti nei quali i protagoni-sti della vicenda narrata si sono trovati inconcreto calati.

Un terzo livello di lettura introduce aduna migliore conoscenza della personali-tà, innanzitutto umana, per dir così piùrecondita, di coloro che sono stati via viachiamati a succedere all’apostolo Pietro.Sono narrati alcuni episodi che mettonoin evidenza i Papi nel loro privato, talora

zioni subìte ad opera della rivoluzionefrancese ed a seguito della epopea napo-leonica, di cui Pio XII costituisce l’e s t re -ma, inarrivabile traduzione, fino alla im-mediatezza e prossimità che segna la sta-gione aperta da san Giovanni XXIII e chegiunge sino a Papa Francesco.

Ma sopra di tutto c’è un fil rouge chelega l’intera narrazione e che unisce le di-

il divenire della esperienza cristiana nellamodernità; che costituisce davvero il di-scrimine fondamentale dell’essere dellaChiesa nel mondo, dopo la caduta deimodelli e delle esperienze che avevanosegnato i tempi dell’ancien régime.

L’idea che sorregge le esperienze diAzione cattolica forgia identità personali,affina sentimenti, induce ad una vita reli-giosa non intimistica, chiusa in sé, maaperta all’impegno attivo di evangelizza-zione e di promozione umana.

L’impegno dei cattolici democratici esociali che contraddistingue, a partire dalnord Europa, buona parte del secolo di-ciannovesimo, viene al tramonto di que-sto apprezzato, approvato, eretto a mo-dello e quindi sollecitato come obbiettivoda perseguire nel tempo da Leone XIII.In fondo la tesi soggiacente a tutta l’op e-ra che si presenta è che il magistero leo-niano si distende nel tempo, esercita ilsuo influsso per tutto il Novecento; unmagistero raccolto e rilanciato, con riferi-mento al nuovo emergente nel diveniredella storia, dal concilio Vaticano II con isuoi insegnamenti sulla Chiesa come po-polo di Dio che entra ad animare i popo-li di questa terra.

Riguardata sotto questa prospettiva lamemoria del passato — un passato per-sonale e familiare, qual è quello imme-diatamente evocato dal libro, ma unpassato di più ampie dimensioni che tra-luce dalle pagine dello stesso — può es-sere intesa come un buon punto di par-tenza in un momento, qual è l’attuale,che come ama dire Papa Francesco se-gna un passaggio epocale e richiede unaChiesa in uscita. Un momento che po-stula una ripresa, con rinnovato vigore ericco di fantasia novativa, dell’azione dellaicato nel mondo. È tempo di tornarealla scuola del Vaticano II; del resto, iconcili sono fatti non per i decenni, maper i tempi lunghi.

nella tempesta dei sentimenti, nelle emo-zioni che pure toccano la loro umanaesperienza, nel loro intimo, al di là dellafreddezza dei protocolli ufficiali, del di-stacco formale, dell’algore dei cerimonia-li, della lontananza che richiama allamente gli arcana imperii.

E nello scorrere del tempo si nota insostanza il mutare dell’immagine che ilPontificato offre di sé: da quella, quasidisincarnata che si afferma dopo le vessa-

versità personali, di tempo e di ambiti,dei protagonisti rievocati.

Il racconto sviluppato nelle pagine dellibro, infatti, vuole mettere in evidenza ilruolo avuto dall’impegno del laicato cat-tolico, ed in particolare di quel laicatoformato in seno all’Azione cattolica,nell’animazione della Chiesa e della so-cietà. Al di là delle varianti formule orga-nizzative e configurazioni giuridiche, èl’idea stessa di azione cattolica che marca

del cattolicesimo.Da questo punto di vista

la composizione non si al-lontana dai modelli dellamemorialistica, anche se latematica è singolare, comeparticolari sono personaggied ambienti. Si tratta di ri-cordi che toccano in sostan-za quel mondo vaticano,circondato da un alone diriservatezza, che esercitasempre nell’immaginario in-dividuale e collettivo ungrande fascino, suscitandopalpabile interesse e talorafantasiose ricostruzioni.

Ad un secondo livello dilettura il libro fa intravvede-re, per spunti e frammenti,il divenire della storia eccle-siastica e civile. Non è que-sta l’intenzione dell’a u t o re ,la cui attenzione si concen-tra sui protagonisti del volu-me e sul loro agire nel tem-po; ma inevitabilmente larievocazione di persone, fat-ti, ambienti, luoghi, si inse-risce all’interno di una cor-nice storica: non poteva nonessere così. Sono quindievocate, sullo sfondo, le im-

Più solie più vulnerabili

Il difficile rapporto con il contesto che ci circonda

di ALESSANDRO VERGNI

Nel suo saggio Bowling alone.The Collapse and Revival ofAmerican Community (2000)Robert D. Putnam, parlandodel capitale sociale, quell’in-

sieme cioè di risorse che ogni individuo èin grado di ottenere dalla sua rete di rela-zioni, afferma: «Creare il capitale socialenon è un compito semplice. Sarebbe faci-litato da una crisi nazionale palpabile, co-me la guerra o la depressione o il disastronaturale». Un lavoro pubblicato vent’annifa e che rappresenta oggi un utile puntodi osservazione per guardare a se stessi inquesto apparente non-movimento a cuisiamo obbligati.

Parole che riportano in luce un elemen-to per troppo tempo trascurato: la nostrarete relazionale, l’abito del quale, consape-voli o no, si riveste la nostra vita. L’uomoè un soggetto che vive in rapporto con ilcontesto umano che lo circonda. Ci vieneripetuto dai tempi di Aristotele che affer-mava che l’uomo è un animale sociale, enon sono mancati nel tempo, in tutti icampi del sapere, punti di richiamo suquesto. Un elemento, però, non molto va-lorizzato — in molti casi addirittura avver-sato — nell’età contemporanea, a causa delcostituirsi di un’idea di società che predili-ge un’impostazione della vita di tipo mo-nadico. L’uomo si trova spinto a una spa-smodica autoaffermazione con la conse-guenza che la presenza dell’altro finisceper costituire un ingombro più che una ri-sorsa. Lo dimostrano due fenomeni quoti-dianamente sotto gli occhi di tutti: il tassodi denatalità che corrode dall’interno lesocietà occidentali e la capacità sempreminore di lavorare insieme.

Nel primo caso, pur dovendo tener con-to di tanti fattori che incidono sul pro-gressivo invecchiamento della società,mancanza di lavoro — o surplus di lavoro,a seconda dei casi — condizioni di vitastressanti e altro, dobbiamo ammettere chein una traiettoria di autorealizzazione in-condizionata, in cui quello che conta è lagratificazione data dal proprio successo —a qualunque livello lo si persegua — il fat-to di prendersi cura di altri, magari piùdeboli, rappresenta un rallentamento nellacorsa. Pensiamo alle energie, non solo aquelle finanziarie, che occorrono per tiraresu dei figli o per accudire gli anziani, perdoversi confrontare con coniugi, compa-gni, ognuno declini secondo la propriacultura di riferimento, negli inevitabiliconflitti della quotidianità. Nel secondocaso, invece, osserviamo contesti lavorativii quali, pur organizzati e strutturati in mo-do sempre più funzionale, nascondono alloro interno un livello di incomunicabilitàprofondo. Chi lavora nella comunicazionedelle organizzazioni, di qualsiasi naturaesse siano, se ne rendo bene conto, per-ché, in certi contesti, dovendo comunicareil valore di quelle realtà, scarsamente siriesce a metterne in evidenza l’anima. Po-tremmo anzi dire che lo sviluppo talvoltaesasperato degli aspetti organizzativi costi-tuisca un primo livello per mettere l’unoal riparo dall’altro, un escamotage per de-legare al sistema una responsabilità che at-tiene invece alle persone che lo compon-gono e che non può essere elusa, un’appa-rente soluzione per cercare di eliminare inmodo definitivo la fatica di mettersi in

dialogo tra persone libere. Ecco allorache, in caso di insuccesso, più che cercaredi capire cosa non funzioni a livello distruttura, è opportuno porsi una domandapiù profonda: quale è lo stato delle rela-zioni tra le persone che compongono quelsistema?

In tanti altri ambiti possiamo vedere ladeclinazione di questo fenomeno e lo sta-to di disgregazione della società in tutti isuoi settori è evidente senza bisogno di es-sere qui approfondito. Da un punto di vi-sta socio-politico questo rappresenta unterreno molto insidioso. Gli uomini, quan-do sono soli, sono più vulnerabili e prividi quegli anticorpi necessari per fronteg-giare un potere che assume di volta in vol-ta forme diverse e impercettibili. Ad esem-pio, quella di un controllo attraverso uncomplicatissimo sistema burocratico chetiene occupate energie e risorse nel cercaredi rispondere ad adempimenti piuttostoche a profondere se stessi in processi crea-tivi e generativi, di contagio positivo diidee e di buone pratiche. Non è un casose i romani, che di gestione del poterequalcosa sapevano, avessero adottato co-me principio e modello di gestione per illoro dominio il divide et impera.

È allora opportuno rimettere al centro ilcapitale sociale e affrontare il tema in ma-niera non astratta. Smettere di invocare si-stemi sempre più perfetti, come profetiz-zava il poeta inglese T.S. Eliot nel suodramma Cori da «La rocca» già negli anniTrenta del secolo scorso — perfetti perchéin grado di sostituirsi alla libertà e alla re-sponsabilità personale attraverso la perfe-zione dei loro ingranaggi di funzionamen-to — ma rintracciare quella rete di rapportidi cui ognuno gode.

È necessario ripartire da un’idea di per-sona e non di individuo. Individuo è in-fatti un termine che fa riferimento al no-stro essere soggetti indivisibili, ma non di-ce molto di più; persona invece allude,per la sua etimologia, alla maschera delteatro, quindi allo spazio in cui agisconouomini e donne in dialogo tra loro e conil pubblico. Uno spazio che si nutre in-nanzitutto di rapporti. Il capitale socialerappresenta un punto focale per la crescitae lo sviluppo della società perché è unpunto essenziale per la crescita e lo svilup-po personale. La pandemia ha significatoun’ulteriore e durissima prova per i nostrirapporti. Costretti all’isolamento di questimesi, in molti pur nella nuova fase in cuistiamo un po’ per volta tornando ad unaquasi normalità, avvertono una strana in-quietudine, perché si sono scavati profon-di fossati tra le persone. Non possiamo es-sere ingenui e pensare che il distanzia-mento sociale abbia riguardato solo i cor-pi. Esso ha inciso profondamente anchesulle anime. Uscendo di casa dopo 3 mesie guardandoci allo specchio ci troviamoinevitabilmente un po’ fuori forma. Nonfermiamoci a quello e chiediamoci attenta-mente in che condizione si trova la nostrarete relazionale. Essa avrà sicuramente bi-sogno di tanta attenzione. Non tralascia-mo di prendercene cura.

Come lascia intravedere Putnam, lapandemia potrebbe essere la chiamata,speriamo non l’ultima, per ripensare alnostro capitale sociale in modo più vero.Siamo ancora in tempo per renderceneconto.

Edward Hopper, «Western Motel» (1957)

di GIUSEPPE DALLA TORRE

Benedetto XV fu probabilmente,con Giovanni XXIII, il Papapiù amato da mio nonno.Con lui ebbe sintonia nell’esi-genza di riorganizzare il mo-

vimento cattolico nel nostro Paese, con-vergenza di vedute nelle vicende dellapolitica italiana specie nei tormentati an-ni del dopoguerra, consonanza di orien-tamenti nell’impegno internazionale dellaSanta Sede, ma anche una grande fami-liarità. In questo senso non è senza signi-ficato che il Pontefice tenne a battesimoil suo quintogenito, nato nel 1918 e pur-troppo destinato a morire pochi anni do-po, nel 1925, avendo contratto la difterite.Si trattò di un fatto insolito per queitempi e mio nonno volle che il piccolonato fosse chiamato, ricordando i nomidel Papa, Giacomo Benedetto. Grazie alPontefice ligure quello di Benedetto èentrato — unendosi a quello di Giacomogià presente — nei nomi della famiglia, fi-no alla persona del Gran Maestrodell’Ordine di Malta.

Per quanto riguarda la riorganizzazio-ne del movimento cattolico, occorre ri-cordare che Giuseppe Dalla Torre fu con-fermato, sotto il suo pontificato, presi-dente dell’Unione popolare.

Negli anni che vanno dal 1914 al 1920,seguendo le direttive del Papa, si impe-gnò nelle riforme statutarie dell’Azionecattolica e nella sua riorganizzazione se-condo criteri più aderenti alle nuove esi-genze. Detta riorganizzazione previde tral’altro, per volontà dello stesso Pontefice,la istituzione di un organismo superioredi coordinamento delle varie organizza-zioni cattoliche, diretto a superare laframmentarietà che aveva segnato l’esp e-rienza precedente. Di tale organo, deno-minato Giunta direttiva dell’Azione cat-tolica, nel 1915 Dalla Torre fu nominatop re s i d e n t e .

L’impegno organizzativo e di anima-zione del sodalizio al vertice così comenelle sue articolazioni territoriali fu gran-de, faticoso ed assai assorbente. Mio pa-dre ricordava sempre che in quegli anni,peraltro fervidi di entusiasmo nonostantele molteplici difficoltà, mio nonno giravain treno — naturalmente in seconda clas-se, date le scarse risorse dell’asso ciazione

— per tutta Italia, e tornava in famiglia, aPadova, una volta al mese.

Nel corso di quei lunghi viaggi, che lotenevano lontano da casa, vedeva spessoil Papa in incontri assai semplici e schiet-ti. Questi si interessava non solo del la-voro associativo che andava svolgendo,ma anche della sua famiglia, dei figlioli,delle esigenze economiche di una realtàdomestica in crescita con delle entrateprecarie. Interveniva in vario modo. Ri-cordava il nonno che una volta, nei durianni di guerra (Padova, dove risiedevano,era praticamente al confine e fu anche

staurazione cristiana della società, al difuori e al di sopra dell’azione politica».Occorreva una chiarificazione di fondosulla missione dei fedeli laici; affioravasempre più l’esigenza, dopo i decenni diresistenza passiva che avevano caratteriz-zato l’atteggiamento dei cattolici italianicon il non expedit, di un impegno attivonel politico, ma ben distinto dall’attivitàapostolica. Del resto l’impegno nella for-mazione religiosa e nell’apostolato erastato chiaramente indicato nell’allo cuzio-ne natalizia del 1918 da Benedetto X V, eripreso nel 1919 quando, parlando alle

sotto la illuminata presidenza di VittorioBachelet, finito martire della sua testimo-nianza cristiana nell’impegno istituziona-le.

Con la chiarificazione seguente allescelte del 1919 l’associazione si preparò,pur non sapendo ciò che l’aspettava, adaffrontare il difficile incontro-scontro avenire con la dittatura fascista.

Dal punto di vista della politica italia-na, anche qui l’orientamento di GiuseppeDalla Torre fu assai vicino a quello diBenedetto X V, pure per quanto attiene alfavore per il sorgere e per l’affermarsi delPartito Popolare. E ciò nonostante l’opi-nione di Sturzo, il quale riteneva che ilpresidente della Giunta centrale del-l’Azione cattolica non fosse entusiastadella formazione del partito, «perché te-meva che esso portasse via i quadridell’Azione cattolica». Si tratta di unpensiero che per la verità non ha confer-me in quanto ho sentito in casa, nelle di-scussioni di mio nonno con mio padre econ superstiti protagonisti dell’esp erienzapopolare; egli in effetti nutrì una sinceracondivisione e fornì appoggio all’i m p re s asturziana, condividendo funditus — e quitorna l’insegnamento leoniano — il pro-getto politico-culturale di cui era espres-sione. D’altra parte, sul piano del fatto, èben comprensibile che il capo del movi-mento organizzato dei cattolici italianipotesse temere che la prima, straordinariacrescita delle strutture del nuovo partitoe delle sue rappresentanze nelle assem-blee elettive, rischiasse di andare a scapi-to del duro lavoro di formazione dellaclasse dirigente di un’Azione cattolica infase di profondo rinnovamento, portatoavanti proprio in quegli anni.

La consonanza di orientamenti nell’im-pegno internazionale della Santa Sede,che Benedetto XV promosse con forza so-prattutto dopo la fine della grande guer-ra, riorientando la politica estera vaticanain rapporto alle nuove realtà che si pre-sentavano nella geopolitica ridisegnatadal conflitto, apparve soprattutto conl’inizio della direzione de «L’O sservatoreRomano».

Al riguardo giova ricordare che nel1918 Benedetto XV lo aveva nominatopresidente del consiglio di amministrazio-ne del quotidiano vaticano, per il qualeaveva contestualmente provveduto ad au-

mentare il capitale sociale, ad assicurareuna allocazione più consona alla sua pro-mozione ed al suo potenziamento, a do-tarlo di una strumentazione più moderna,che lo emancipasse da dipendenze ester-ne per quanto atteneva alla parte tipogra-fica. Fu allora che «L’Osservatore Roma-no», grazie alle cure del presidente, passòda una sede ed una tipografia di terzi, apiazza di Spagna, ad una sede propria,con tipografia propria, nella romana viaEnnio Quirino Visconti, nell’immobiledove allora era il Pontificio Collegio La-tino-Americano.

Nell’impegno pontificio per il rafforza-mento del giornale, pare quasi intravve-dersi una previsione della funzione fon-damentale che questo avrebbe avuto, coni pontificati di Pio XI e di Pio XII, inun’età segnata dalle grandi dittatureideologiche, nel difendere la libertà ed idiritti della Santa Sede, nell’orientare alrispetto della dignità di ogni personaumana, nell’invitare tutte le potenze allapace.

Successivamente, il 1° luglio 1920, ilPapa lo aveva chiamato alla direzione delquotidiano: nomina che segnò la fine delsuo impegno diretto nelle responsabilitàdi governo dell’Azione cattolica, ma nonil suo impegno culturale a favore dellastessa. Il passaggio alla direzione delquotidiano vaticano fu certamente deter-minato dalla volontà del Papa di raffor-zarne la funzione, in una società nellaquale modi e mezzi di comunicazione so-ciale andavano mutando ed allargando;ma fu inteso anche per venire incontroalle familiari esigenze di Dalla Torre, chenegli impegni associativi non aveva assi-curata una posizione lavorativa certa estabile.

Proprio con le grandi aperture sulla vi-ta internazionale di Benedetto XV il gior-nale vaticano, da organo condizionato aguardare alla situazione romana ed italia-na dopo il fatidico 20 settembre 1870, di-viene sempre più non solo espressionedella politica internazionale vaticana, maanche rassegna dell’attività internaziona-le, svolta criticamente da una posizioneestranea e superiore rispetto alle diverseparti nazionali divise e contrapposte do-po la precaria Pace di Versailles. È allorache si inizia a guardare al giornale comefonte non solo delle notizie ufficiali della

Santa Sede, a cominciare da quelle pub-blicate nella tradizionale rubrica «NostreInformazioni», ma anche come fonte diinformazioni di prima mano, non dispo-nibili altrimenti, raccolte attraverso cir-cuiti diversi da quelli delle reti politico-diplomatiche degli Stati, o delle grandiagenzie di stampa internazionali; infor-mazioni raccolte, per esempio, attraversola fitta ed ineguagliabile rete che è datadalle molteplici strutture ecclesiasticheterritoriali, dalle opere di istituti religiosi,dalle realtà associative cattoliche e dai ca-nali personali con cui a livello planetariosi organizza e vive la Chiesa.

Si tratta di un passaggio che sprovin-cializza il quotidiano, gli dà quell’im-pronta inconfondibile di apertura ai fattidel mondo, che è tuttora una sua caratte-ristica e lo rende diverso da qualsiasi al-tro quotidiano italiano o straniero. È unpassaggio che avviene ad opera del nuo-vo direttore, con il diretto e quotidianointeressamento del Papa. Il quale legge,corregge, approva o meno gli articoli, edinvia di frequente biglietti autografi congiudizi sull’andamento del lavoro, daiquali traspare quanto egli tenga a questostrumento di comunicazione che ritieneimportante per la Santa Sede, tenuto an-che conto della condizione dei tempi.Come ricorda Dalla Torre nelle sue me-morie, le correzioni «giungevano subito.Una volta il giornale aveva segnalato pre-sente a una cerimonia a Bologna la si-gnora Augusta Nanni-Costa, che il Papaaveva voluto fra i partecipanti alla Giun-ta direttiva; aveva assegnato all’Americauna certa isoletta asiatica; aveva visto aun’altra cerimonia una nota personalità».E il Santo Padre: «La signora Nanni-Co-sta non era in quel giorno a Bologna;l’isola appartiene all’Asia; la personalità èmorta. Dunque L’Osservatore Romanodona l’ubiquità; trasporta da un conti-nente all’altro le terre; risuscita i morti».

Ogni mese, poi, giungeva in redazioneuna “pagella” di valutazione del giornalein tutti i suoi aspetti. Così ad esempioscriveva in una occasione: «Direzione =benissimo. Redazione = bene. Caratteri =deficienti. Carta = spesso male o malissi-mo». Che il Papa seguisse quotidiana-mente con attenzione il lavoro giornalisti-co ed i suoi prodotti è dimostrato dal bi-glietto inviato qualche giorno dopo: «Di-

rezione – buono. Carta – migliorata. Re-dazione – sufficiente». Dunque il miglio-ramento dell’aspetto materiale della pub-blicazione, nonostante le ristrettezze eco-nomiche de «L’Osservatore Romano», ri-flesso di quelle che ancora attraversava laSanta Sede, non era sfuggita ai piani altidel Palazzo apostolico.

Questi biglietti non di rado tradisconoi sentimenti affettuosi del Papa versoDalla Torre, espressi in un tono bonario,quasi scherzoso, confidenziale: «Saluti ebenedizioni – i saluti equivalgono a 30/30e lode. Le benedizioni sono più cospicueperché il marzo porta l’onomasticodell’egregio Direttore».

Un capitolo a parte della intesa tra idue riguarda l’Università cattolica del Sa-cro Cuore, per la cui fondazione miononno si impegnò con ardore, sostenen-do le iniziative di Agostino Gemelli, dicui fu molto amico. Quella intesa è suc-cintamente consegnata in una lapide afirma di mio nonno, apposta in uno deibei cortili della Cattolica a Milano, pres-so l’ingresso del Rettorato, dove, sotto lostemma del Pontefice, si può leggere:«Benedetto XV di questo Ateneo istituto-re munifico durante la prima guerramondiale pio sapiente profetico depre-cando la “inutile strage” proclamando leNazioni non muoiono all’arbitrio e allabrutalità della forza la supremazia del di-ritto e dell’amore eroicamente opponevaQuivi cresciute ai provvidi pensieri dellacultura e della civiltà cristiana le giovanigenerazioni ne ricordino il nome l’ap o-stolato la gloria».

Molti decenni dopo la morte di Bene-detto X V, mio nonno venne a percepiresempre più dolorosamente l’ingiustooblìo di quello che, non a caso, fu perlungo tempo indicato come il “Papa sco-nosciuto”. Avvertiva vivamente il contra-sto che, dopo la canonizzazione del purtanto amato Pio X nel 1954, si era venutoa verificare, quanto a memoria dei duePapi, nella cappella della Presentazionedella basilica vaticana. Da un lato glionori resi alle spoglie del Papa veneto,collocate e ben illuminate sotto l’altare inuna teca posta alla visione di tutti; spo-glie che il cardinale Nicola Canali, presi-dente del Governatorato dello Stato dellaCittà del Vaticano, aveva voluto guardateogni giorno da due gendarmi pontifici in

alta uniforme. Dall’altro lato il disadornoe disertato monumento funebre del Papagenovese, opera di Pietro Canonica, col-locato nella sinistra della stessa cappellaed ignorato dai più.

Perciò Dalla Torre riprese la voce chesu di lui aveva scritto per la Enciclopediacattolica e la fece stampare a proprie spe-se in una piccola pubblicazione, di cui sipremurava di depositare quotidianamenteun certo numero di copie alla base del

monumento funebre. Intendeva così of-frire un piccolo contributo alla conoscen-za di un grande Pontefice.

Un Pontefice che, come scrisse pro-prio in quella voce, era «tenacissimo ne-gli affetti»; era «soggiogante ed attraen-te insieme, incideva negli animi l’i m p re s -sione di una vigorosissima personalità,un ricordo commovente ed indelebile».Davvero un capolavoro di sottile auto-biografia.

provata da bombardamenti aerei), nelcorso di uno di quegli incontri il Papaebbe un gesto di grande affabilità e altempo stesso di intima familiarità: si alzòdalla sua poltrona, si diresse verso un ar-madio che si trovava nella sala, essendopiccolo di statura vi accostò una sediasulla quale salì e prese da sopra il mobileuna grande scatola di cioccolatini, dicen-do di portarli ai bambini come suo dono.

Impegnativo fu anche il lavoro di ride-finizione delle finalità e dei compitidell’Azione cattolica nel contesto dellamutata società, che conosceva frattanto ledilacerazioni della guerra e i nuovi trava-gli di coscienza dei cattolici italiani, inte-riormente divisi tra il loro senso di citta-dinanza, che li portava ad essere inter-ventisti, ed il loro sentire religioso, che liinduceva con Benedetto XV — il Papadell’«inutile strage» — ad essere controuna guerra fratricida tra popoli cristiani.

Dalla Torre dunque, che tenne unachiara linea di adesione ed appoggioall’orientamento pacifista del Pontefice,in quel torno di tempo si adoperò per ilri-orientamento dell’Azione cattolica «allapreparazione delle coscienze per la re-

Giunte diocesane d’Italia, aveva tenuto asottolineare la distinzione tra l’Azionecattolica e le «azioni di cattolici», svoltein nome proprio, senza coinvolgimentidella gerarchia, nell’ambito propriamentetemporale. Anche se, come si preoccupa-va di precisare Dalla Torre, in qualità dipresidente dell’Unione Popolare, al IIIConvegno nazionale delle Giunte dioce-sane nel marzo del 1919, «l’Azione catto-lica non può sempre prescindere dall’atti-vità politica, non può confondersi conquesta».

Con tale preoccupazione, mio nonnodette un contributo fondamentale alla af-fermazione di quella distinzione tra Azio-ne cattolica e partito politico di cattoliciche, proprio sotto la sua presidenza dellaGiunta direttiva, di cui Luigi Sturzo erasegretario, avvenne il 18 gennaio 1919 conla fondazione del Partito Popolare daparte del prete siciliano, con il noto ap-pello «A tutti gli uomini liberi e forti».Fu così che, in un certo senso, l’Azionecattolica fece la sua prima «scelta religio-sa»; l’altra, più nota e così esplicitamentedenominata, avrebbe avuto luogo moltopiù tardi, dopo il concilio Vaticano II,

Tre generazioni di una antica famigliaveneta, poi trasferitasi a Roma, hanno adiverso titolo lavorato al servizio dellaSanta Sede, potendo così avere rapportidi vicinanza, talora di familiarità, conotto Pontefici. In libreria dal 4 giugno,Papi di famiglia. Un secolo di servizio allaSanta Sede (Venezia, Marcianum Press,2020, pagine 168, euro 16, prefazione delcardinale segretario di Stato, PietroParolin) di Giuseppe Dalla Torre, narrada una prospettiva inusuale tali rapporti,dando modo di arricchire la conoscenza

dei diversi Papi anche in aspetti menoconosciuti della loro personalità. Tuttal’opera è tenuta insieme da un fil rougeche si dipana dalle aperture di LeoneXIII, che introduce la Chiesa nellamodernità e le cui indicazionimagisteriali costituiscono, in sostanza,ragione e spirito di un impegno diquattro generazioni di fedeli laicinell’animazione cristiana dell’o rd i n etemporale. Oltre alla prefazione,pubblichiamo uno stralcio dell’a u t o re .

Page 5: Il razzismo è un peccato che non può essere …...Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione del cardinale segreta-rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu-ni stralci, Giuseppe

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 4 giugno 2020

di KURT KO CH*

Nel giorno di Pentecoste di sessantaanni fa, il 5 giugno del 1960, il santoPapa Giovanni XXIII, con il motu

proprio Superno Dei nutu, istituì il Segreta-riato per la promozione dell’unità dei cristia-ni e, il giorno successivo, nominò come suopresidente il gesuita tedesco Augustin Bea,rettore dell’Istituto Biblico, che era statocreato cardinale alla fine del 1959 e che, inseguito, venne descritto con il bellissimo ap-pellativo di “cardinale dell’unità”. Verso lafine del concilio, il cardinale Bea paragonòle origini e la fondazione del Segretariatocon il granello di senape di cui parla il Van-gelo, «tanto esse erano semplici e quasi insi-gnificanti». Il granello di senape, lo sappia-mo, è il più piccolo dei semi, ma è destinatoa una crescita abbondante.

L’istituzione e la promozione pontificiadel Segretariato

Il primo impulso per l’istituzione del Se-gretariato venne dall’arcivescovo di Pader-born, monsignor Lorenz Jäger, convinto pio-niere dell’ecumenismo dopo la secondaguerra mondiale e fondatore del Johann-Adam-Möhler - Institut für Konfessions undDiasporakunde nel 1957. Papa GiovanniXXIII accolse tale iniziativa, perché corri-spondeva alla visione che aveva del concilioVaticano II, una visione che affiorò in lui inmaniera significativa durante la Settimana dipreghiera per l’unità dei cristiani. Le dueprincipali preoccupazioni che motivaronoPapa Giovanni XXIII a convocare il concilioerano infatti strettamente legate, vale a direil rinnovamento della Chiesa cattolica e il ri-pristino dell’unità dei cristiani. Il Ponteficeera convinto che, per rinnovare la Chiesacattolica, fosse essenziale riservare un ruoloprioritario all’opzione ecumenica.

Affinché questa visione potesse fornire unorientamento al concilio, due anni prima cheil concilio venisse convocato egli istituì il Se-gretariato con un intento preciso, come af-ferma il motu proprio: «Per mostrare in ma-niera speciale il nostro amore e la nostra be-nevolenza verso quelli che portano il nomedi cristiani, ma sono separati da questa SedeApostolica». Poco dopo l’istituzione, furononominati quindici consultori e dieci membri,tra cui il primo segretario, Johannes Wille-brands, che successe al cardinale Bea come

presidente dopo la sua morte nel 1968. Allaluce delle differenze di non scarso rilievoche esistono tra le Chiese ortodosse e leChiese e le comunità ecclesiali nate dalla Ri-forma, nel 1962 il Segretariato fu strutturatoin due sezioni, quella orientale e quella occi-dentale, tuttora attive.

Quanto Papa Giovanni XXIII avesse a cuo-re l’impegno ecumenico e, di conseguenza,quanto fortemente lui abbia promosso il Se-gretariato risulta evidente soprattutto in duedecisioni che prese. Poiché all’inizio il Se-gretariato, diversamente dalle commissionidel concilio, aveva una competenza limitataessendo un organo preconciliare, Papa Gio-vanni XXIII, nell’ottobre del 1962, gli conferìlo stesso status delle commissioni. Il Segre-tariato divenne così una Commissione i cuimembri non erano però eletti dal concilio,motivo per cui all’epoca tale decisione vennedefinita una “rivoluzione di palazzo”. La se-conda decisione con la quale Papa GiovanniXXIII mostrò una particolare fiducia nei con-fronti del Segretariato fu quella adottata nelnovembre del 1962, quando affidò il compitodi studiare ulteriormente lo Schema sullefonti della rivelazione, la cui discussioneaveva messo il concilio in grande difficoltà,a una commissione mista composta dallaCommissione teologica e dal Segretariato.

I frutti ecumenici nel concilioI primi compiti assegnati al Segretariato

furono inizialmente quelli di trasmettere l’in-vito di Papa Giovanni XXIII alle altre Chiesee comunità ecclesiali, di inviare osservatori alconcilio Vaticano II, e di prendersi cura diloro durante il concilio. Al Segretariato fuchiesto inoltre di preparare vari documenti edi presentarli al concilio. Tra questi, figura-no soprattutto il decreto sull’ecumenismoUnitatis redintegratio, la dichiarazione sullerelazioni della Chiesa con le religioni noncristiane Nostra aetate, la dichiarazione sullalibertà religiosa Dignitatis humanae e, redatta

in collaborazione con la Commissione teolo-gica, la costituzione dogmatica sulla rivela-zione divina Dei verbum.

Il lavoro del Segretariato in seno al conci-lio contribuì in modo significativo a mante-nere sveglia e ad approfondire la causa ecu-menica. Molti frutti erano già emersi alla fi-ne del concilio. Il 4 dicembre del 1965, PapaPaolo VI celebrò una liturgia della Parolanella basilica di San Paolo Fuori le Mura,alla quale presero parte i padri conciliari egli osservatori delle varie Chiese cristiane.Alla fine della liturgia, il Pontefice donò atutti gli osservatori una campanella di bron-zo e un diploma di partecipazione. Questoevento può essere considerato come il primoservizio ecumenico presieduto da un Papa a

San Paolo Fuori le Mura, un servizio che èdiventato il punto di partenza della bellatradizione instauratasi successivamente,quando ogni anno il Vescovo di Roma, nelgiorno della festa della conversione dell’ap o-stolo Paolo, conclude la Settimana di pre-ghiera per l’unità dei cristiani con la celebra-zione solenne dei vespri in presenza dei rap-presentanti delle varie Chiese e comunità ec-clesiali presenti a Roma.

Un evento ancora più incisivo ebbe luogoil 7 dicembre del 1965, quando in contempo-ranea nella basilica di San Pietro a Roma enella chiesa patriarcale di San Giorgio alPhanar a Costantinopoli, a nome dei duesommi rappresentanti delle due Chiese fuletta la dichiarazione comune con la quale ireciproci anathemata del 1054 venivano ri-mossi «dalla memoria e dal centro dellaChiesa» in modo che non potessero più rap-presentare «un ostacolo al riavvicinamentonell’amore». Avendo così affidato all’oblio itragici eventi del 1054 e avendo rimosso ilveleno della scomunica dall’organismo dellaChiesa, il 7 dicembre del 1965 è diventato ilpunto di partenza per la riconciliazione nellaChiesa tra Oriente e Occidente.

Questi due importanti eventi mostranoquanto avesse a cuore la causa ecumenicaanche il grande Papa conciliare, san PaoloVI. Fin dall’inizio della seconda sessione, nelsuo fondamentale discorso di apertura, eglisottolineò che il riavvicinamento ecumenicotra cristiani e Chiese separate era uno degliobiettivi centrali, ovvero il dramma spiritua-le, per il quale il concilio Vaticano II era sta-to convocato. Secondo questa visione di fon-do, Papa Paolo VI era convinto che gli sforziecumenici della Chiesa cattolica non potes-sero terminare con il concilio, ma che il con-cilio rappresentasse solo un inizio. Pertanto,con il suo motu proprio Finis Concilio del 3gennaio 1966, dichiarò il Segretariato per lapromozione dell’unità dei cristiani dicasteropermanente della Curia romana e confermòla sua struttura con la costituzione apostoli-

ca Regimini Ecclesiae universae del 15 agosto1967. Infine, con la costituzione apostolicaPastor Bonus del 28 giugno 1988, il nomedel Segretariato fu cambiato da Papa Gio-vanni Paolo II in Pontificio Consiglio per lapromozione dell’unità dei cristiani.

I compiti del SegretariatoSecondo tale costituzione, il Pontificio

Consiglio ha un duplice ruolo. Il primo èquello di promuovere l’autentico ecumeni-smo all’interno della Chiesa cattolica confor-memente alle linee guida stabilite nel decre-to conciliare Unitatis redintegratio. Con que-sto obiettivo in mente, tra il 1967 e il 1970 ilConsiglio ha messo a punto il Direttorioecumenico, che è stato in seguito rielaboratosulla base della promulgazione dei due nuo-vi codici giuridici, il Codex iuris canonici del1983 e il Codex canonum Ecclesiarum orienta-lium del 1990, per essere poi approvato daPapa Giovanni Paolo II il 25 marzo 1993 e ri-pubblicato. Il Direttorio si intende comeuna guida per l’attuazione dei principi e del-le norme sull’ecumenismo e per l’implemen-tazione pratica dell’obbligo ecumenico nellavita di tutti i giorni.

Come mostra il terzo capitolo, dedicatoalla «formazione all’ecumenismo nella Chie-sa cattolica», il Direttorio pone una forte en-fasi sulla formazione ecumenica di tutti ibattezzati: «Scopo della formazione ecume-nica è che tutti i cristiani siano animati dallospirito ecumenico, qualunque sia la loro par-ticolare missione e la loro specifica funzionenel mondo e nella società» (n. 58). Affinchéla Chiesa possa adempiere a questo compito,il Direttorio evidenzia soprattutto l’imp or-tanza della formazione ecumenica di coloroche saranno attivi nella pastorale. Per sottoli-neare ulteriormente questo compito, nel 1998il Pontificio Consiglio per la promozionedell’unità dei cristiani ha pubblicato un pro-prio documento intitolato La dimensione ecu-menica nella formazione di chi si dedica al mi-nistero pastorale.

Nelle Chiese locali, i principali responsa-bili della promozione dell’unità dei cristianisono i vescovi diocesani. Il Codex iuris cano-nici lo afferma parlando dell’obbligo ecume-nico del vescovo nel contesto della descrizio-ne del suo ministero pastorale (Can 383 § 3Cic, 1983). Il Codex canonum Ecclesiarumorientalium dedica al compito ecumenico uncapitolo intero, ricordando che la «sollecitu-dine di ristabilire l’unità» è particolarmenteraccomandata ai pastori della Chiesa (Can902-908 Cceo, 1990). Ciò mette in risalto ilfatto che il ministero pastorale del vescovo èessenzialmente un servizio all’unità, un’unitàche deve essere intesa in maniera più ampiarispetto all’unità della propria Chiesa, ab-bracciando anche i battezzati non cattolici.Al fine di aiutare i vescovi, in particolare co-loro che sono stati appena nominati, ad as-sumersi questa responsabilità, il PontificioConsiglio ha redatto un «Vademecum», chesarà pubblicato in autunno con la benedizio-ne di Papa Francesco.

Ancora più importanti dei documenti so-pra citati sono gli incontri che avvengonodirettamente con le varie Chiese e comunitàecclesiali cristiane. Collaborare con loro ecoltivare il dialogo della carità e della veritàè il secondo compito del Pontificio Consi-glio. Negli ultimi sessant’anni, i numerosiincontri, le varie conversazioni e lo scambiodi visite tra le Chiese e le comunità ecclesialihanno creato una rete di relazioni amichevo-li che formano una solida base per i dialoghiecumenici. Nel frattempo, il Pontificio Con-siglio ha allacciato e continua a condurre talidialoghi con quasi tutte le Chiese e le comu-nità ecclesiali cristiane: la Chiesa assiradell’Oriente e le Chiese ortodosse orientali,come i copti, gli armeni e i siriani, le Chieseortodosse della Tradizione bizantina, leChiese e le comunità ecclesiali nate dalla Ri-

La parabola ecumenicadel granello di senape

Nel 60° dell’istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani

forma come i luterani, i riformati, i battisti ei mennoniti, la Comunione anglicana mon-diale e il Consiglio metodista mondiale, i ve-terocattolici e le varie Chiese libere, le co-munità evangelicali e pentecostali, le qualihanno registrato una crescita sorprendentespecialmente nel XX secolo e all’inizio delXXI. È in corso inoltre un’ampia collabora-zione con il Consiglio ecumenico delle Chie-se a Ginevra.

Da questi dialoghi è stato possibile racco-gliere molti frutti positivi, come ha illustratoa esempio il cardinale Walter Kasper nel suolibro Harvesting the Fruits, pubblicato nel2009. Nonostante questi risultati positivi,non si può ignorare, però, che l’obiettivoreale del movimento ecumenico, vale a dire

il ripristino dell’unità della Chiesa, ovverodell’intera comunione ecclesiale, non è statoancora raggiunto. Anche a sessant’anni didistanza dall’istituzione del Pontificio Consi-glio, sorge la stessa domanda con la quale ilsanto Papa Giovanni Paolo II inizia il terzocapitolo della sua enciclica sull’imp egnoecumenico Ut unum sint, pubblicata venti-cinque anni fa, il 25 maggio 1995, ovvero ladomanda su quanto sia lungo il camminoche «ci separa ancora da quel giorno bene-detto in cui sarà raggiunta la piena unitànella fede e potremo concelebrare nella con-cordia la santa Eucaristica del Signore». Invista di questo obiettivo del movimento ecu-menico, i risultati raggiunti finora, per Gio-vanni Paolo II «non sono che una tappa, an-che se promettente e positiva» (n. 77).

Al servizio dei Papiimpegnati nell’ecumenismo

Si tratta dunque di procedere su questocammino con appassionata pazienza. Per ilPontificio Consiglio, ciò risulta facile soprat-tutto perché ha sempre potuto contare sulsostegno dei vari Pontefici, per conto deiquali assolve il proprio mandato. Difatti, idiversi Pontefici che si sono susseguiti dopoil concilio hanno portato avanti, promosso eapprofondito l’impegno ecumenico. Questoè particolarmente vero nel caso di Papa Gio-vanni Paolo II, fortemente convinto che ilterzo millennio avrebbe dovuto affrontare ilgrande compito di ripristinare l’unità dei cri-stiani andata persa nel corso dei secoli. Perlui, fu fondamentale evidenziare lo stretto le-game tra l’ecclesiologia conciliare e la codifi-cazione del diritto della Chiesa universaleanche nella prospettiva della responsabilitàecumenica della Chiesa cattolica. E nella suapionieristica enciclica Ut unum sint, osservòche la via ecumenica è la via della Chiesa edè «irreversibile» (3).

Nel suo pontificato, anche Papa Benedet-to XVI ha riconosciuto una speciale prioritàall’obiettivo ecumenico. Già nel suo primomessaggio dopo la sua elezione al sogliopontificio, egli ha dichiarato in maniera pro-grammatica che l’obbligo primario del suc-cessore di Pietro era quello «di lavorare sen-za risparmio di energie alla ricostituzionedella piena e visibile unità di tutti i seguacidi Cristo. Questa è la sua ambizione, questoil suo impellente dovere» (Primo messaggionella Missa pro Ecclesia del 20 aprile 2005).Ai suoi occhi, l’obiettivo ecumenico consistenel ricomporre l’unità della Chiesa come co-munità che vive nella fedeltà al Vangelo e al-la fede apostolica. L’ecumenismo è quindi, alivello profondo, una questione di fede e diunione di tutti i battezzati nella preghierasacerdotale del Signore, il quale prega chetutti siano una cosa sola.

Papa Francesco prosegue il cammino deldialogo ecumenico col proprio stile. Per lui èparticolarmente importante che i vari cristia-ni e le varie comunità ecclesiali progredisca-no insieme sulla via dell’unità e che insiemecamminino, preghino e collaborino. Egli èconvinto che l’unità cresce quando si cammi-na gli uni con gli altri e che fare insieme lastessa strada significa già vivere l’unità, co-me ha dimostrato ad esempio in manieraeloquente con l’incontro memorabile avutocon il patriarca Cirillo, capo della Chiesa or-todossa russa, nell’aeroporto dell’Avana aCuba, il 12 febbraio 2016, o con la sua parte-cipazione alla commemorazione comune del-la Riforma a Lund, in Svezia, il 31 ottobre2016. Anch’egli, nel primo discorso pronun-ciato dopo l’inizio del suo pontificato, haespresso la ferma volontà di proseguire ilcammino del dialogo ecumenico. In questocontesto, egli ha affermato: «Ringrazio sind’ora il Pontificio Consiglio per la promo-zione dell’unità dei cristiani, per l’aiuto checontinuerà a offrire, in mio nome, per questanobilissima causa» (20 marzo 2013).

Il Pontificio Consiglio, da parte sua, è ri-conoscente per l’espressione di questa grati-tudine, nella consapevolezza dell’obbligoche gli spetta di promuovere l’unità dei cri-stiani con tutte le sue forze e nella convin-zione che non ci sia assolutamente alternati-va all’ecumenismo. L’ecumenismo è indi-spensabile per la credibilità della fede cri-

stiana e per la missione della Chiesa nelmondo di oggi, e corrisponde alla volontàdel Signore, come ha chiaramente sottolinea-to Papa Francesco nella sua esortazione apo-stolica Evangelii gaudium: «Pertanto, l’imp e-gno per un’unità che faciliti l’accoglienza diGesù Cristo smette di essere mera diploma-zia o un adempimento forzato, per trasfor-marsi in una via imprescindibile dell’evange-lizzazione» (246).

Guardando indietro, a oltre sessant’annifa, il paragone fatto dal cardinale Bea tral’istituzione del Pontificio Consiglio e il gra-nello di senape si rivela calzante. Come ilgranello di senape, il Consiglio era piccoloal suo inizio, ma nel frattempo è cresciuto.Ciò che conta però in primo luogo non è lasua dimensione, ma il fatto che — come evi-denziano tutte le parabole della crescita neiVangeli — la crescita non è una conquistaumana, ma un dono di Dio. Il concilio Vati-cano II era giustamente convinto che il mo-vimento ecumenico fosse un frutto delloSpirito Santo. Pertanto, daremmo prova discarsa fede se non ci fidassimo dello SpiritoSanto e della sua capacità di portare a com-pimento — ovviamente nel momento e nelmodo in cui lui vorrà — ciò che ha avviatoin maniera così promettente. Ascoltarlo e se-guirlo è l’imperativo dell’ecumenismo ancheoggi.

Con questa fiducia, il Pontificio Consiglioper la promozione dell’unità dei cristianicomprende il sessantesimo anniversario dellasua istituzione come un obbligo: quello diproseguire il cammino ecumenico a nome enel mandato di Papa Francesco e al serviziodi tutta la Chiesa, affinché la preghiera delSignore possa compiersi in maniera semprepiù credibile: Ut unum sint.

*Cardinale presidentedel Pontificio Consiglio per la promozionedell’unità dei cristiani

«Il Cristo e l’abate Mena»detta anche “Icona dell’amicizia” (VII secolo)

Giovanni XXIII e il cardinale Bea con fratel Roger e fratel Max della comunità di Taizé Papa Francesco con il cardinale Koch

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 4 giugno 2020 pagina 7

Il Jesuit refugee service statunitense sui richiedenti asilo

P ro t e z i o n ee sostegno

WASHINGTON, 3. «Si stima che cen-tinaia, se non migliaia, di coloroche sono stati costretti al ritornonel proprio paese siano stati rapiti,abusati, o presi di mira da cartelli egruppi criminali organizzati»: alanciare l’allarme è il Jesuit refugeeservice (Jrs) negli Stati Uniti, chein un nuovo rapporto rileva quantole politiche migratorie adottate daWashington e Città del Messico —in particolare i Migrant protectionprotocols (Mpp) del 2019 — metta-no in pericolo la sicurezza dei ri-chiedenti asilo provenienti dal-l’America centrale, con gravi conse-guenze per la loro salute fisica epsicologica.

Il 20 marzo, in risposta alla pan-demia di covid-19, gli Stati Unitihanno messo in pratica le restrizio-ni di viaggio e di asilo lungo lafrontiera con il Messico. In conse-guenza tutti i migranti che arrivanoal confine senza un’adeguata docu-mentazione, compresi i richiedentiasilo e i bambini non accompagna-ti, vengono respinti. Sono stateugualmente sospese le udienze deltribunale per l’immigrazione per irichiedenti asilo già in attesa inMessico. Da quando è stato emessol’ordine, oltre ventimila migranti so-no stati espulsi senza la possibilitàdi presentare domanda di asilo o dialtre forme di protezione.

Gran parte del rapporto è dedi-cata agli effetti dei protocolli, notianche come “Restate in Messico”,che costringono i richiedenti asilo aritornare nel loro Paese in attesa diuna risposta da parte delle corti sta-tunitensi. Dall’avvio della campa-gna, nel gennaio del 2019, i proto-colli «hanno respinto più di 64.000persone mentre chiedevano sicurez-za negli Stati Uniti». Al loro ritor-no, deplora il Jrs, «vengono spessoprese di mira da bande e attivitàcriminali, bloccate senza risorse, esolo il sei per cento è in grado diavvalersi di assistenza legale». «Leprotezioni per le persone che fug-gono dalla violenza e arrivano ainostri confini sono iscritte nella no-stra legge e nei trattati firmati dalgoverno degli Stati Uniti. Per de-cenni, le persone in cerca di prote-

zione dalla violenza nelle loro terred’origine sono state in grado di en-trare nel nostro paese e presentareuna richiesta di asilo», ricorda ilservizio gesuita per i rifugiati, riba-dendo che «la stragrande maggio-ranza di loro non trae indebito van-taggio dal sistema, come attestatodal numero elevato di richiedentiasilo presenti alle udienze (circa il90 per cento) o che si conformanoagli obblighi del tribunale per l’im-migrazione quando hanno accessoalla rappresentanza legale». Ciono-nostante, viene sottolineato nel rap-porto, i protocolli hanno negato airichiedenti asilo il diritto alla prote-zione proprio mentre stanno affron-tando ulteriori difficoltà. Quelli chesono rientrati in Messico «vivonoin situazioni di pericolo e nell’in-certezza, continuano ad aspettare ledate del tribunale che devono esse-re riprogrammate a causa della pan-demia. In molti preferiscono abban-donare i loro sforzi per presentareuna richiesta di asilo negli StatiUniti, piuttosto che affrontare unasituazione di vagabondaggio pro-lungato e ulteriori pericoli, tra cuirapimenti, estorsioni, aggressionisessuali e crimini violenti». Il Jrs inMessico spiega di essere stato «te-stimone dell’impatto di questa poli-tica dannosa poiché i richiedentiasilo e i migranti si affidano all’assi-stenza di organizzazioni senza sco-po di lucro per soddisfare le loroesigenze di base e essere assistitinella loro ricerca di sicurezza». Tut-tavia, «non tutti possono essere as-sistiti da organismi come il Jrs emolti sono lasciati soli e vulnerabi-li». In risposta alla pandemia glo-bale, il Jesuit refugee service haadattato il suo programma di azio-ne continuando a servire i bisogno-si. Collaborando strettamente conle farmacie locali e i servizi di taxi,l’organizzazione si assicura che lefamiglie vulnerabili ricevano tuttol’aiuto di cui hanno bisogno, com-presi cibo, medicine e assistenzaper il noleggio di veicoli. Il teamlegale continua a preparare le do-mande di asilo e un gruppo di psi-cologi fornisce sostegno e confortotramite un centro di ascolto telefo-nico.

La risposta alla pandemia nella testimonianza di una suora missionaria a Manaus

Con fede e impegnoMA N AU S , 3. «In questo periodo dipandemia in cui abbiamo sospesotutte le attività pastorali, ci concen-triamo nell’azione caritativa collabo-rando con le Caritas diocesane eparrocchiali. Ci sono innumerevolisituazioni di carenza e necessità, fa-miglie allo stremo, c’è bisogno an-che di un supporto psicologico»:parole di suor Valeria Opreni, dellemissionarie dell’Immacolata, da 36anni in Brasile, dove la situazione,già resa complicata da innumerevoliproblemi, rischia di diventare ancorapiù drammatica se le autorità gover-native non riusciranno al più prestoad impedire il diffondersi del coro-navirus. A Manaus, capitale delloStato di Amazonas, lungo le rive delRio Negro, nel nord-ovest del Brasi-le, dove suor Valeria svolge la suaattività pastorale, la pandemia conti-nua a mietere vittime soprattutto trai più vulnerabili. Secondo i dati for-niti dalla John Hopkins University,il Brasile è il secondo Paese al mon-do più colpito dal covid-19. Ad og-gi, si registrano oltre 555.000 infetti,mentre i decessi sono 31.199.

A Manaus, la pandemia ha sor-preso tutti, in particolare i poveridelle grandi periferie e gli immigratiprovenienti da Haiti e più recente-mente dal Venezuela. Ha sorpresoanche le strutture sanitarie dello Sta-to e del comune inadeguate e impre-parate ad affrontare questa emergen-za sanitaria, mostrando così una fra-gilità strutturale. Ben 46 dei 63 rionidella città sono coinvolti nell’epide-mia con più di duecento positiviogni centomila abitanti: equivalentea circa il 25 per cento della popola-zione della capitale dello Statodell’Amazonas, il più grande delBrasile. Qui, la Chiesa cattolica èscesa in campo fin da subito a soste-gno di quanti vivono in condizionidifficili.

«Ora siamo all’apice del contagio— ha raccontato suor Valeria alla ri-vista «Popoli e Missione» — si regi-strano circa 65/70 decessi al giorno».La religiosa questa città l’ha vistacrescere con «un incremento annuodi circa 65.000 persone provenientidall’interno del Paese o da altri Sta-ti. Un flusso umano con conseguen-ze drammatiche per chi arrivava do-vendo vivere in situazioni degradan-ti e con tante altre tristi conseguen-ze». Suor Valeria vive i giorni deldolore di questa città dove il nume-ro dei morti è sottostimato, comeammette lo stesso sindaco ArthurVirgilio Neto, il quale ha dichiaratoche «qui come nel resto del Brasilec’è il triste fenomeno della segnala-zione di “morti per causa indetermi-nata”, è un assurdo».

Fino a qualche giorno fa, oltreseimila persone erano in isolamentodomiciliare, circa cinquecento rico-verati nei reparti speciali e meno diduecento in reparti di rianimazione.Molti attendono ancora i risultatidei test. «Anche il nostro arcivesco-vo, monsignor Leonardo UlrichSteiner — ha aggiunto la missionaria— ha allertato la popolazione affin-ché eviti di esporsi al contagio, ma

purtroppo chi abita nei quartieri piùpoveri e sovraffollati non ha la pos-sibilità di comprare grandi quantitàdi generi di prima necessità senzauscire di casa. Questa situazione siaggrava ancora di più per le nume-rosissime famiglie che vivono di la-voretti precari o pagati a giornata,perché la crisi del covid-19 è diventa-ta anche un disastro economico. Inogni caso — ha sottolineato la mis-sionaria dell’Immacolata — non esi-ste il minimo controllo da parte del-lo Stato o del comune e tutto è la-sciato alla responsabilità personale».

La pandemia di coronavirus si èaggiunta ai numerosi casi di malattietropicali come la dengue che, so-prattutto adesso, nella stagione dellepiogge, miete molte vittime. Ma lasituazione più grave riguarda i po-poli indigeni, basta pensare «allamancanza quasi totale di centri diassistenza medica e ospedali nell’im-mensa estensione delle regioni dellaforesta. Le reti sociali — spiega suorValeria — denunciano la presenzaabusiva in queste aree di migliaia dicercatori d’oro e pietre preziose, e didevastatori a scopo di profitto, cheespongono i popoli indigeni al con-tagio».

Secondo i dati più recenti dellaRete ecclesiale Panamazzonica (Re-pam) con la collaborazione dellaCoordinadora de las organizaciones

indigenas de la cuenca amazònica(Coica), nella regione, che si estendesu nove Stati del Sud America, ilcovid-19 ha colpito più di cinque-cento nativi appartenenti a 33 diffe-renti etnie e i morti sono oltre uncentinaio. Nel bilancio, con numeriche poco dicono della vastità delterritorio su cui sono sparse le co-munità, non sono compresi gli in-dios che abitano le periferie di cittàcome Manaus o Boa Vista che inquesto momento sono le città

dell’Amazonas brasiliana più colpite.Suor Valeria continua il suo impe-gno di missionaria tra le popolazio-ni di Manaus con maggiore vigore:«La gente vive la pandemia con sen-timenti che passano dall’affidamentoalla provvidenza di Dio alla pauradel contagio. L’ansia — conclude —si trasforma in angoscia profonda,mettendo a rischio la salute mentaledella persona e della società, aggre-dita da un virus sconosciuto che mi-naccia l’intera umanità».

Le Caritas di fronte all’emergenza sanitaria in Brasile

Tempo di solidarietàBRASÍLIA, 3. Nonostante le gravidifficoltà e le limitazioni causatedal diffondersi del coronavirus, leCaritas in America Latina, con ilsupporto di Caritas Internationalis,stanno cercando di soddisfare leesigenze della popolazione con di-versi progetti ed iniziative benefi-che volte a superare l’e m e rg e n z asanitaria.

In Brasile — il Paese della regio-ne più colpito dalla pandemia, conoltre 555.000 infetti, mentre le per-sone decedute sono 31.199 — la Ca-ritas nazionale ha reagito pronta-mente alla crisi fornendo in un so-lo mese alimenti e kit per la prote-zione e l’igiene personale a circacentomila persone. La distribuzio-ne degli aiuti è parte di “É Tempode Cuidar” (È tempo di prendersicura), una campagna promossa incollaborazione con la Conferenzaepiscopale brasiliana e con il soste-gno della fondazione Banco doBrasil che mira a rafforzare la soli-darietà in un periodo gravementesegnato dalla pandemia di corona-virus come quello l’attuale. Lacampagna è stata lanciata in cin-quantotto diocesi del Paese e inte-ressa centinaia di città. Il 60 percento di coloro che finora hannoricevuto gli aiuti è composto da di-soccupati e soprattutto da madri

single. Tra i beneficiari del proget-to anche molti migranti, rifugiati esenzatetto. Le famiglie hanno rice-vuto derrate alimentari contenentiriso, fagioli, zucchero, farina, pasta,latte, uova, olio e sardine. I pacchiinviati comprendono anche articoliper l'igiene personale come saponee candeggina per la pulizia. L’entecaritativo, inoltre, sta lavorandoper guidare le arcidiocesi, le dioce-si, le parrocchie e le comunità ri-guardo ai protocolli di sicurezza inmodo che le donazioni siano rice-vute e consegnate in modo appro-priato in questo momento di ri-schio di contagio da coronavirus.«Viviamo in un momento moltodifficile nel nostro Paese e nelmondo — ha sottolineato CarlosHumberto Campos, direttore diCaritas Brasile — un momento disofferenza. La nostra organizzazio-ne mira a valorizzare e salvare lavita». Ed è con questo sentimentoche l’ente caritativo ha deciso dipartecipare alla campagna d’emer-genza “È tempo di prendersi cu-ra”».

Per cercare di raggiungere e ga-rantire assistenza a tutti gli stratidella popolazione, in particolare ipiù vulnerabili, la Caritas sta lavo-rando con una vasta rete di solida-rietà che comprende volontari, par-rocchie, operatori pastorali, comu-nità e organizzazioni sociali.

La campagna “È tempo di pren-dersi cura” è stata lanciata a Pa-squa e il presidente della Conferen-za episcopale brasiliana, monsignorWalmor Oliveira de Azevedo, arci-vescovo di Belo Horizonte, haesortato in quell’occasione le perso-ne a sostenere l’iniziativa sottoli-neando che: «È tempo di ricostrui-re e aprire una nuova strada. Ètempo di vivere una nuova espe-rienza di solidarietà, di collaboraree aiutare i più bisognosi». Per ilpresule la solidarietà deve rappre-sentare «il sigillo di autenticità del-la vita dei veri cristiani, l’indisp en-sabile impegno dei cittadini, il pri-mo compito dei governanti, l’o cca-sione della conversione dei ricchi,l’unica nuova via per la pace e

l’equilibrio di cui il pianeta ha ur-gente bisogno».

Caritas Internationalis è in pri-ma linea contro il covid-19. Finorala l’organizzazione, che coordina illavoro delle Caritas nazionali, haaiutato circa dieci milioni di perso-ne in tutto il mondo fornendo ci-bo, articoli per la protezione perso-nale e organizzando campagne diinformazione e sensibilizzazione.

Messaggio dei vescovi delle Antille al termine dell’assemblea plenaria

Appello alla speranza†

Il Cardinale Prefetto della Congrega-zione per il Culto Divino e la Disci-plina dei Sacramenti, l’A rc i v e s c o v oSegretario e tutti gli Officiali parteci-pano al dolore che ha colpito PadrePierre Paul per la morte della mam-ma

MARIE - THÉRÈSEe nella fede in Cristo che ha sconfittola morte e ci ha donato la vita assicu-rano preghiera e vicinanza.

Lutto nell’episcopato

Monsignor Jacques Noyer, ve-scovo emerito d’Amiens, inFrancia, è morto martedì 2 giu-gno, all’età di 93 anni. Il com-pianto presule era nato a LeTouquet-Paris-Plage il 17 aprile1927 e aveva ricevuto l’o rd i n a -zione sacerdotale il 2 luglio1950. Eletto alla Chiesa residen-ziale di Amiens il 31 ottobre1987, aveva ricevuto l’o rd i n a z i o -ne episcopale il 13 dicembre suc-cessivo. Il 10 marzo 2003 avevarinunciato al governo pastoraledella diocesi. Le esequie sarannocelebrate, giovedì 11 giugno,nella cattedrale Notre-Damed’Amiens.

PORT OF SPA I N , 3. «Messaggio disperanza»: si intitola così la nota chela Conferenza episcopale delle Antil-le (Aec) ha diffuso nei giorni scorsi,dopo la sua sessantaquattresima as-semblea plenaria, svoltasi in formadigitale, attraverso la piattaformaZoom, a causa della pandemia dacoronavirus. E proprio alle conse-guenze dell’emergenza sanitaria èstata dedicata l’apertura del docu-mento che invita infatti a rifletteresulle «sfide» che ha dovuto affronta-re il popolo caraibico: «La perditadi posti di lavoro, specialmente do-po il crollo dell’industria turistica, lemisure di isolamento forzato nelleabitazioni per contrastare la diffusio-ne del virus e la chiusura delle chie-se in quanto riunirsi tra fedeli avreb-be potuto rappresentare un eventua-le pericolo».

I vescovi si dicono «profonda-mente consapevoli del tremendo im-patto che la pandemia ha avuto sututte le persone» nelle Antille.«Molte di loro — hanno scritto nelmessaggio — emotivamente e spiri-tualmente svuotate, hanno svelato laloro povertà, debolezza e vulnerabi-lità. Per tanti anni — prosegue ilmessaggio — abbiamo dovuto affron-tare numerose catastrofi. Ogni sta-

gione degli uragani è l'inizio di inun ciclo di ansietà, disastri e resilien-za». Rispondere a tali sfide richiededa parte del popolo caraibico «unavalutazione realistica di cosa è suc-cesso» e «un supporto reciproco»che ciascuno saprà dare «nella rico-struzione creativa delle infrastrutturee delle relazioni sociali. Dobbiamoconservare la certezza — ribadiscel’episcopato — che nella fede, nellasperanza e nell’amore anche questacrisi regionale e globale non ci di-struggerà, anzi ci offrirà un momen-to di grazia invitandoci a trovarenuove vie per far parte e vivere nellaChiesa di oggi. Siamo già stati testi-moni di esempi, tra coppie, famigliee comunità, di questo “nuovo mo-do” di essere Chiesa».

Un forte appello viene, poi, rivol-to dai vescovi a tutti i leader politicilocali, affinché cooperino uniti, sen-za cedere alla «tentazione meschinadi andare avanti ciascuno per la pro-pria strada» per chiedere aiuti ester-ni, perché «anche i principali bene-fattori sono stati duramente colpitidal covid-19. Non è soltanto il mo-mento di cercare delle bende per lenostre ferite», hanno affermato. Se-condo l’episcopato, è giunto «il mo-mento di cercare nel profondo delle

nostre coscienze e realizzarequell’unità che ci consente di supe-rare le grandi sfide insieme», e «ciòè vero soprattutto nell’ambito dellasicurezza alimentare. Noi possiamo edobbiamo essere autonomi» in que-sto settore, hanno ribadito i presuli,manifestando il loro sostegno a quel-le iniziative che mirano a «corregge-re le ingiustizie inerenti ai sistemiglobali».

L’Aec, inoltre, ha reso note quat-tro priorità di cura pastorale emersedall’assemblea plenaria: Chiesa do-mestica, disoccupati (soprattutto co-loro che hanno perso il lavoro a cau-sa della pandemia), ragazzi e giovaniadulti, e salvaguardia del creato.Priorità da portare avanti, prosegueil messaggio, nella sequela di quantoscritto da Papa Francesco nell’esorta-zione apostolica post-sinodale Queri-da Amazonia: «L’autentica scelta peri più poveri e dimenticati, mentre cispinge a liberarli dalla miseria mate-riale e a difendere i loro diritti, im-plica che proponiamo ad essi l’ami-cizia con il Signore che li promuovee dà loro dignità» (n. 63). Al con-tempo, in occasione del quinto anni-versario della pubblicazione dell’en-ciclica del Santo Padre Laudato si’sulla cura della casa comune, i ve-

scovi delle Antille hanno affermato:«Siamo profondamente consapevoliche Dio giudicherà la nostra leader-ship morale e spirituale in base allacura dei deboli e dei vulnerabili, alsenso di responsabilità nei confrontidel creato e alla nostra effettiva uni-tà di fronte alle difficoltà». Partico-lare apprezzamento è stato rivolto,infine, al mondo dei social mediache, in tempo di pandemia, è statoed è «uno strumento-chiave per tra-smettere messaggi di speranza». Isocial, infatti, hanno aiutato le fami-glie, le comunità, le imprese e gliamici a «mantenere i rapporti e acostruire comunità» in questa emer-genza sanitaria. L’auspicio dei presu-li, dunque, è che «l’ambiente digita-le sia usato per costruire collabora-zione, comunità e comunione», pre-stando particolare attenzione a «tro-vare il modo di includere anche co-loro che ne sono al di fuori. Questoè un momento di prova, non di di-sperazione — conclude il messaggioepiscopale — Dio è il nostro futuro».Di qui, l’affidamento alla VergineMaria, affinché attraverso la sua in-tercessione la Chiesa possa diventaresempre più «un appello alla speran-za».

Page 7: Il razzismo è un peccato che non può essere …...Santa Sede, del quale anticipiamo la prefazione del cardinale segreta-rio di Stato, Pietro Parolin, e alcu-ni stralci, Giuseppe

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 4 giugno 2020

All’udienza generale il Papa parla della preghiera di Abramo

Non bisogna aver pauradi discutere con Dio

Anche «discutere» e «arrabbiarsi» conDio può essere «una forma dipreghiera», perché «solo un figlio ècapace di arrabbiarsi con il papà e poire-incontrarlo». Lo ha detto PapaFrancesco all’udienza generale dimercoledì 3 giugno, svoltasi ancoranella Biblioteca privata del Palazzoapostolico Vaticano, senza la presenzadi fedeli, a causa della pandemia dacovid-19. Proseguendo nel ciclo dicatechesi iniziate il 6 maggio, ilPontefice ha incentrato la propriameditazione sulla preghiera di Abramo.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!C’è una voce che risuona all’i m p ro v -viso nella vita di Abramo. Una voceche lo invita a intraprendere uncammino che sa di assurdo: una vo-ce che lo sprona a sradicarsi dallasua patria, dalle radici della sua fa-miglia, per andare verso un futuronuovo, un futuro diverso. E tuttosulla base di una promessa, di cuibisogna solo fidarsi. E fidarsi di unapromessa non è facile, ci vuole co-raggio. E Abramo si fidò.

La Bibbia tace sul passato del pri-mo patriarca. La logica delle cose la-scia supporre che adorasse altre divi-nità; forse era un uomo sapiente,abituato a scrutare il cielo e le stelle.Il Signore, infatti, gli promette chela sua discendenza sarà numerosacome le stelle che punteggiano il cie-lo.

E Abramo parte. Ascolta la vocedi Dio e si fida della sua parola.Questo è importante: si fida dellaparola di Dio. E con questa sua par-tenza nasce un nuovo modo di con-cepire la relazione con Dio; è perquesto motivo che il patriarca Abra-mo è presente nelle grandi tradizionispirituali ebraica, cristiana e islamicacome il perfetto uomo di Dio, capa-ce di sottomettersi a Lui, anchequando la sua volontà si rivela ar-dua, se non addirittura incomprensi-bile.

Abramo è dunque l’uomo della Pa-ro l a . Quando Dio parla, l’uomo di-venta recettore di quella Parola e lasua vita il luogo in cui essa chiede diincarnarsi. Questa è una grande no-

vità nel cammino religioso dell’uo-mo: la vita del credente comincia aconcepirsi come vocazione, cioè co-me chiamata, come luogo dove sirealizza una promessa; ed egli simuove nel mondo non tanto sotto ilpeso di un enigma, ma con la forzadi quella promessa, che un giorno sirealizzerà. E Abramo credette allapromessa di Dio. Credette e andò,senza sapere dove andava — così di-ce la Lettera agli Ebrei (cfr. 11, 8).Ma si fidò.

Leggendo il libro della Genesi,scopriamo come Abramo visse lapreghiera nella continua fedeltà aquella Parola, che periodicamente siaffacciava lungo il suo cammino. Insintesi, possiamo dire che nella vitadi Abramo la fede si fa storia. La fe-de si fa storia. Anzi, Abramo, con lasua vita, con il suo esempio, ci inse-gna questo cammino, questa stradasulla quale la fede si fa storia. Dionon è più visto solo nei fenomenicosmici, come un Dio lontano, chepuò incutere terrore. Il Dio di Abra-mo diventa il “mio Dio”, il Dio del-la mia storia personale, che guida imiei passi, che non mi abbandona; ilDio dei miei giorni, il compagno

delle mie avventure; il Dio Provvi-denza. Io mi domando e vi doman-do: noi abbiamo questa esperienzadi Dio? Il “mio Dio”, il Dio che miaccompagna, il Dio della mia storiapersonale, il Dio che guida i mieipassi, che non mi abbandona, il Diodei miei giorni? Abbiamo questaesperienza? Pensiamoci un po’.

Questa esperienza di Abramo vie-ne testimoniata anche da uno dei te-sti più originali della storia della spi-ritualità: il Memoriale di Blaise Pa-scal. Esso comincia così: «Dio diAbramo, Dio di Isacco, Dio di Gia-cobbe, non dei filosofi e dei sapien-ti. Certezza, certezza. Sentimento.Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo».Questo memoriale, scritto su unapiccola pergamena, e trovato dopola sua morte cucito all’interno di unvestito del filosofo, esprime non unariflessione intellettuale che un uomosapiente come lui può concepire suDio, ma il senso vivo, sperimentato,della sua presenza. Pascal annotaperfino il momento preciso in cuisentì quella realtà, avendola final-mente incontrata: la sera del 23 no-vembre 1654. Non è il Dio astratto oil Dio cosmico, no. È il Dio di una

persona, di una chiamata, il Dio diAbramo, di Isacco, di Giacobbe, ilDio che è certezza, che è sentimen-to, che è gioia.

«La preghiera di Abramo si espri-me innanzitutto con azioni: uomodel silenzio, ad ogni tappa costruisceun altare al Signore» (Catechismo

della Chiesa Cattolica, 2570). Abramonon edifica un tempio, ma disseminail cammino di pietre che ricordano iltransito di Dio. Un Dio sorprenden-te, come quando gli fa visita nella fi-gura di tre ospiti, che lui e Sara ac-colgono con premura e che annun-ciano loro la nascita del figlio Isacco(cfr. Gen 18, 1-15). Abramo aveva

cent’anni, e sua moglie novanta, piùo meno. E credettero, si fidarono diDio. E Sara, sua moglie, concepì. Aquell’età! Questo è il Dio di Abra-mo, il nostro Dio, che ci accompa-gna.

Così Abramo diventa familiare diDio, capace anche di discutere conLui, ma sempre fedele. Parla conDio e discute. Fino alla prova supre-ma, quando Dio gli chiede di sacrifi-care proprio il figlio Isacco, il figliodella vecchiaia, l’unico erede. QuiAbramo vive la fede come un dram-ma, come un camminare a tentoninella notte, sotto un cielo questavolta privo di stelle. E tante voltesuccede anche a noi, di camminarenel buio, ma con la fede. Dio stessofermerà la mano di Abramo giàpronta a colpire, perché ha visto lasua disponibilità veramente totale(cfr. Gen 22,1-19).

Fratelli e sorelle, impariamo daAbramo, impariamo a pregare confede: ascoltare il Signore, cammina-re, dialogare fino a discutere. Nonabbiamo paura di discutere con Dio!Dirò anche una cosa che sembraun’eresia. Tante volte ho sentito gen-te che mi dice: “Sa, mi è successoquesto e mi sono arrabbiato conD io” — “Tu hai avuto il coraggio diarrabbiarti con Dio?” — “Sì, mi sonoarrabbiato” — “Ma questa è una for-ma di preghiera”. Perché solo un fi-glio è capace di arrabbiarsi con ilpapà e poi re-incontrarlo. Imparia-mo da Abramo a pregare con fede, adialogare, a discutere, ma sempre di-sposti ad accogliere la parola di Dioe a metterla in pratica. Con Dio, im-pariamo a parlare come un figliocon il suo papà: ascoltarlo, risponde-re, discutere. Ma trasparente, comeun figlio con il papà. Così ci insegnaAbramo a pregare. Grazie.

Nei saluti ai fedeli la preoccupazione per i dolorosi disordini sociali negli Stati Uniti dopo la tragica morte di George Floyd

Il razzismo è un peccato che non può essere tolleratoIl Pontefice ricorda che con la violenza non si ottiene nulla e lancia un appello alla riconciliazione nazionale

Saluto cordialmente i fedeli di lingua france-se. Entrando nel tempo liturgico ordinariosiamo chiamati, come Abramo, a camminareogni giorno alla presenza di Dio, ad ascoltare

la sua Parola, sempre pronti ad accoglierla e ametterla in pratica. Dio vi benedica.

Saluto i fedeli di lingua inglese collegati at-traverso i mezzi di comunicazione sociale.

Cari fratelli e sorelle degli Stati Uniti, se-guo con grande preoccupazione i dolorosi di-sordini sociali che stanno accadendo nella vo-stra Nazione in questi giorni, a seguito dellatragica morte del Signor George Floyd.

Cari amici, non possiamo tollerare né chiu-dere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo odi esclusione e pretendere di difendere la sa-cralità di ogni vita umana. Nello stesso tempodobbiamo riconoscere che “la violenza delleultime notti è autodistruttiva e autolesionista.Nulla si guadagna con la violenza e tanto sip erde”.

Oggi mi unisco alla Chiesa di Saint Paul eMinneapolis, e di tutti gli Stati Uniti, nel pre-gare per il riposo dell’anima di George Floyde di tutti gli altri che hanno perso la vita acausa del peccato di razzismo. Preghiamo peril conforto delle famiglie e degli amici affran-ti, e preghiamo per la riconciliazione naziona-le e la pace a cui aneliamo. Nostra Signora diGuadalupe, Madre dell’America, intercedaper tutti coloro che lavorano per la pace e lagiustizia nella vostra terra e nel mondo.

Dio benedica tutti voi e le vostre famiglie.

Rivolgo un saluto cordiale ai fedeli di lin-gua tedesca. La preghiera ci fa sentire cheDio è vicino a noi e ci guida. Accogliamo lasua parola con fede e gioia e mettiamola inpratica. Questo venerdì celebriamo la festa diSan Bonifacio, l’Apostolo della Germania;egli ci aiuti ad annunciare con la vita il Si-gnore, nostra salvezza e speranza.

Saludo cordialmente a los fieles de lenguaespañola que siguen esta catequesis a travésde los medios de comunicación social. Pida-mos al Señor que nos conceda aprender aorar con la misma fe de Abrahán, que seamosdóciles y disponibles a acoger su voluntad y aponerla en práctica, como hijos e hijas queconfían en su providencia paterna. Que Dioslos bendiga.

Rivolgo un cordiale saluto a voi, fedeli dilingua portoghese, incoraggiandovi a cercaree trovare Dio nella preghiera: così sperimente-rete la guida dello Spirito Santo che farà diciascuno di voi veri testimoni della fede cri-stiana nella società. Volentieri benedico voi ei vostri cari!

Saluto i fedeli di lingua araba che seguonoquesto incontro attraverso i mezzi di comuni-cazione sociale. Abramo era un uomo di pre-ghiera ed un amico di Dio, che costruiva unaltare al Signore ovunque si recasse. Nella suapreghiera era capace di discutere con Dio, re-stando però sempre fedele a Lui, anche nellaprova suprema, quando Dio gli chiese di sa-crificare il proprio figlio Isacco. Il Signore vibenedica tutti e vi protegga sempre da ognimale!

Saluto cordialmente i polacchi. In partico-lare esprimo la mia vicinanza ai giovani che siuniscono nella veglia di preghiera e di lodenell’ambito del XXIV Incontro dei GiovaniLednica 2000. Questa volta in pochi potran-

no radunarsi fisicamente accanto alle fontibattesimali della Polonia, ma tanti potrannoparteciparvi attraverso i mezzi di comunica-zione. Tutti ringraziate Dio per il dono delloSpirito Santo che anima l’entusiasmo della fe-de e rende testimoni della gioia di quanti cer-cano di vivere nella luce di Cristo risorto. Viaccompagni il patrono di questi incontri, SanGiovanni Paolo II, di cui quest’anno celebria-mo il centenario della nascita. Fate vostro ilsuo motto: «Totus tuus» e, come lui, vivete lagiovinezza affidandovi a Cristo e alla sua Ma-dre per proseguire con audacia verso gli oriz-zonti del futuro. Durante il vostro incontrofarete un gesto coraggioso: darete la benedi-zione ai vostri genitori. Fatelo come umile ge-sto d’amore e di gratitudine filiale per il donodella vita e della fede. Mi unisco nella pre-ghiera e vi chiedo: pregate anche per me. Diovi benedica!

Saluto i fedeli di lingua italiana. La vicinafesta della Santissima Trinità ci riconduce almistero della vita intima di Dio Uno e Trino,centro della fede cristiana e ci stimola a trova-re nell’amore di Dio il nostro conforto e lanostra pace interiore.

Rivolgo il mio pensiero agli anziani, ai gio-vani, ai malati e agli sposi novelli. Affidateviallo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vi-ta” e siate aperti al suo amore così potrete tra-sformare la vostra vita, le vostre famiglie e levostre comunità.

A tutti voi la mia benedizione!

Lettera per gli ottocento anni della sua vocazione francescana

La santa inquietudine di AntonioOttocento anni fa, a Coimbra, «il giovanecanonico regolare agostiniano Fernando,nativo di Lisbona, appreso del martirio dicinque Francescani, uccisi a motivo dellafede cristiana in Marocco il 16 gennaio diquello stesso anno, si decise a dare unasvolta alla propria vita». Lo ricorda PapaFrancesco in una lettera inviata al ministrogenerale dei Frati minori conventuali, pa-dre Carlos Alberto Trovarelli, in occasionedell’ottavo centenario della vocazione fran-cescana di sant’Antonio di Padova.

Nel testo, il Pontefice ripercorre breve-mente le tappe del percorso spirituale evocazionale di Antonio. Ricorda che il gio-vane portoghese «lasciò la sua terra e in-traprese un cammino, simbolo del proprioitinerario spirituale di conversione». Primasi recò in Marocco, «deciso a vivere corag-giosamente il Vangelo sulle orme dei mar-tiri francescani» uccisi in odio alla fede.

Dal nord Africa si ritrovò poi sulle costedella Sicilia a causa di un naufragio, «cosìcome accade oggi a tanti nostri fratelli esorelle». Dalla Sicilia, scrive il Papa, «ilprovvidenziale disegno di Dio lo spinseall’incontro con la figura di san Francescod’Assisi sulle strade dell’Italia e della Fran-cia». Infine, il trasferimento a Padova,«città che sempre sarà legata in modo par-ticolare al suo nome e che ne custodisce ilcorpo». L’auspicio del Pontefice è chequesta ricorrenza susciti — sp ecialmentenei figli spirituali di san Francesco e neidevoti di sant’Antonio sparsi in tutto ilmondo — «il desiderio di sperimentarne lastessa santa inquietudine che lo condussesulle strade del mondo per testimoniare,con la parola e le opere, l’amore di Dio».Il suo esempio di condivisione delle «diffi-coltà delle famiglie, dei poveri e disagiati»,come pure «la sua passione per la verità e

la giustizia, possano suscitare ancora oggiun generoso impegno di donazione di sé,nel segno della fraternità» si augura ilPontefice, che poi rivolge un pensiero par-ticolare ai giovani: questo santo «antico,ma così moderno e geniale nelle sue intui-zioni — scrive — possa essere per le nuovegenerazioni un modello da seguire per ren-dere fecondo il cammino di ciascuno».

Il Pontefice si unisce spiritualmente aquanti prenderanno parte alle diverse ini-ziative promosse per vivere nella preghierae nella carità l’ottavo centenario antoniano.Infine, rivolge a tutti l’augurio di poter ri-petere con sant’Antonio: «Vedo il mio Si-gnore!». È necessario infatti “vedere il Si-g n o re ” nel volto di ogni fratello e sorella,conclude la lettera, «offrendo a tutti con-solazione, speranza e possibilità di incon-tro con la Parola di Dio su cui ancorare lapropria vita».

Pietro Liberi, «Gloria di sant’Antonio» (1665)

Sieger Koder, «Abramo»

Il razzismo è un «peccato» che «non possiamo tollerare»: lo ha ribadito il Pontefice rivolgendosi aifedeli di lingua inglese al termine della catechesi, e manifestando la propria «grande preoccupazione»per le violente proteste che infiammano gli Stati Uniti dopo l’uccisionedi George Floyd. Di seguito i saluti del Papa ai vari gruppi che attraverso i media hanno seguitol’udienza, conclusasi con la recita del Padre nostro e la Benedizione apostolica.