IL QUARTO 1 (2014/15) - GIORNALE DI ISTITUTO DEL LICEO BERTOLUCCI - dicembre 2014

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Dicembre 2014 Pagina 1 IL QUARTO” IL QUARTO” E’ PRODOTTO E’ PRODOTTO DALLA REDAZIONE CROS- DALLA REDAZIONE CROS- SMEDIAL DEL LICEO BER- SMEDIAL DEL LICEO BER- TOLUCCI DI PARMA TOLUCCI DI PARMA COORDINAMENTO COORDINAMENTO ROBERTA CAMPANINI, ROBERTA CAMPANINI, SILVIA FONTANA SILVIA FONTANA DIRETTORE RESPONSABILE DIRETTORE RESPONSABILE ALUISI TOSOLINI ALUISI TOSOLINI SPECIALE classi PRIME IL Bertolucci è... Il Bertolucci è... una squadra di atleti che si allenano ogni giorno per la cultura e che assieme ai loro coaches sono pronti a dare il calcio d'inizio. Ester Il Bertolucci è... un liceo coinvolgente e pieno di spirito di iniziativa. Ascolta le esigenze di ognuno di noi e ne fa tesoro, cerca di far senti- re a proprio agio tutti gli stu- denti e insegna molte materie interessanti. Matilde Il Bertolucci è... una scuola impegnativa dove per avere il massimo bisogna dare il massimo. Giacomo Il Bertolucci è... come una seconda famiglia in cui ci si conosce fra le diverse classi e i professori non solo ti insegnano le materie ma anche a vivere al di fuori della scuola. Letizia Il Bertolucci è... una scuola avanzata, tecnologica, che tiene molto ai suoi alunni. È come una famiglia che vuole garantire loro un futuro. Federica Il Bertolucci è... un luogo vivace in cui crescere insie- me aspettando di diventare uomini e donne fiduciosi di poter conseguire un futuro brillante. Elena Driiin!!! La mia sveglia suona, è ora di alzarsi! Sono le 8.00 ed è il 15 Settem- bre: oggi inizio una nuova scuola, il Liceo scientifico Attilio Bertolucci. Così alle 8:02 sono in piedi. Mi stirac- chio, sbadiglio, mi strofino gli occhi e mi "fiondo" in bagno per prepararmi ed essere in splendida forma per il mio primo giorno di liceo. Si parte, destinazione Bertolucci! Arrivato in via Toscana, mi immergo tra la "marea" di ragazzi cercando, con gli occhi sbarrati, i miei amici. Trovati! “Ragazzi allora...gasati"?! Questa voce venuta da una bocca sor- ridente fa capolino nei miei pensieri e mi riporta di fianco al "baretto" di "Ciccio il Paninaro". Ma proprio su questa stessa domanda finisce la no- stra conversazione: il preside richia- ma tutti all'ordine sotto la scalinata dell'ingresso principale della scuola. Pensate, il preside vuole chiamare uno ad uno tutti noi ragazzi che com- poniamo le classi che vanno dalla 1A alla 1E, sportivo compreso. Devo am- mettere però che questo gesto è molto significativo: è come se il preside vo- lesse conoscerci tutti, uno per uno. Così arriva anche il mio momento! Devo confessarlo, ho un po' di paura, penso: "E adesso, se inciampo e cado sulle scale o se qualcuno mi spinge e mi fa cadere... che figura farò?!" " La scalinata è stata superata senza pro- blemi signor capitano" Dicono le mie difese al comandante e capitano cer- vello: ora faccio parte del Bertolucci! Questa scuola è molto giovane (ha appena sette anni) e, come tutte le novità, riserva delle sorprese: una di queste è essere all'avanguardia. La struttura di questo liceo è ad "L", pro- prio come quella di casa mia. Spero proprio che per cinque anni stare qui dentro sarà come vivere nella mia bella casa ad "L" dove tutti si conosco- no e tutti stanno bene insieme. Giovanni Maghenzani 1E IL MIO PRIMO GIORNO DI SCUOLA

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Giornalino di istitutio realizzato dalla Cross medial unit del Liceo Attilio Bertolucci di Parma. Redazione coordinata dalle docenti Silvia Fontana e Roberta Campanini.

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Dicembre 2014

Pagina 1

““IL QUARTO” IL QUARTO” E’ PRODOTTO E’ PRODOTTO

DALLA REDAZIONE CROS-DALLA REDAZIONE CROS-

SMEDIAL DEL LICEO BER-SMEDIAL DEL LICEO BER-

TOLUCCI DI PARMATOLUCCI DI PARMA

COORDINAMENTO COORDINAMENTO

ROBERTA CAMPANINI, ROBERTA CAMPANINI,

SILVIA FONTANA SILVIA FONTANA

DIRETTORE RESPONSABILEDIRETTORE RESPONSABILE

ALUISI TOSOLINIALUISI TOSOLINI

SPECIALE classi PRIME

IL Bertolucci è...

Il Bertolucci è...

una squadra di atleti che si allenano

ogni giorno per la cultura e che assieme

ai loro coaches sono pronti a dare il

calcio d'inizio.

Ester

Il Bertolucci è...

un liceo coinvolgente e pieno di spirito di iniziativa. Ascolta le esigenze di ognuno di noi e ne fa tesoro, cerca di far senti-re a proprio agio tutti gli stu-denti e insegna molte materie interessanti. Matilde

Il Bertolucci è...

una scuola impegnativa dove

per avere il massimo bisogna

dare il massimo.

Giacomo

Il Bertolucci è...

come una seconda famiglia in cui ci si conosce fra le diverse classi e i professori

non solo ti insegnano le materie ma anche a vivere al di fuori della scuola. Letizia

Il Bertolucci è...

una scuola avanzata, tecnologica, che

tiene molto ai suoi alunni. È come

una famiglia che vuole garantire loro

un futuro.

Federica

Il Bertolucci è...

un luogo vivace in cui crescere insie-

me aspettando di diventare uomini e

donne fiduciosi di poter conseguire un

futuro brillante.

Elena

Driiin!!! La mia sveglia suona, è ora di

alzarsi! Sono le 8.00 ed è il 15 Settem-

bre: oggi inizio una nuova scuola, il

Liceo scientifico Attilio Bertolucci.

Così alle 8:02 sono in piedi. Mi stirac-

chio, sbadiglio, mi strofino gli occhi e

mi "fiondo" in bagno per prepararmi

ed essere in splendida forma per il

mio primo giorno di liceo.

Si parte, destinazione Bertolucci!

Arrivato in via Toscana, mi immergo

tra la "marea" di ragazzi cercando,

con gli occhi sbarrati, i miei amici.

Trovati! “Ragazzi allora...gasati"?!

Questa voce venuta da una bocca sor-

ridente fa capolino nei miei pensieri e

mi riporta di fianco al "baretto" di

"Ciccio il Paninaro". Ma proprio su

questa stessa domanda finisce la no-

stra conversazione: il preside richia-

ma tutti all'ordine sotto la scalinata

dell'ingresso principale della scuola.

Pensate, il preside vuole chiamare

uno ad uno tutti noi ragazzi che com-

poniamo le classi che vanno dalla 1A

alla 1E, sportivo compreso. Devo am-

mettere però che questo gesto è molto

significativo: è come se il preside vo-

lesse conoscerci tutti, uno per uno.

Così arriva anche il mio momento!

Devo confessarlo, ho un po' di paura,

penso: "E adesso, se inciampo e cado

sulle scale o se qualcuno mi spinge e

mi fa cadere... che figura farò?!" " La

scalinata è stata superata senza pro-

blemi signor capitano" Dicono le mie

difese al comandante e capitano cer-

vello: ora faccio parte del Bertolucci!

Questa scuola è molto giovane (ha

appena sette anni) e, come tutte le

novità, riserva delle sorprese: una di

queste è essere all'avanguardia. La

struttura di questo liceo è ad "L", pro-

prio come quella di casa mia. Spero

proprio che per cinque anni stare qui

dentro sarà come vivere nella mia

bella casa ad "L" dove tutti si conosco-

no e tutti stanno bene insieme.

Giovanni Maghenzani 1E

IL MIO PRIMO GIORNO DI SCUOLA

SPECIALE CLASSI PRIMESPECIALE CLASSI PRIME

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GITA DI ACCOGLIENZA AL MUSE DI TRENTO

I giorni 2 e 3 ottobre 2014, le classi prime del liceo Attilio Bertolucci si sono recate in pullman a Trento per visitare il Museo delle Scienze Naturali "MUSE". Arrivati a destinazione, ci siamo recati direttamente all'in-terno del museo, dove una guida ci ha mostrato tutto il complesso, a partire dalla "cima della montagna", identifi-cata così perchè il museo è stato realizzato dal celeberrimo architetto Renzo Piano con una sezione che ha forma di un rilievo montuoso. La struttura è divisa in diversi livelli in modo che gli animali tassidermizzati, posizionati su piani trasparenti appesi al soffitto, corrispondano alle diverse fasce climatiche nelle quali vivono. L'area che si estende al piano terra ospita diversi scheletri e fossili, tra i quali salta subito all'occhio quello di un vero cucciolo di balena, mentre nei piani più alti si trovano gli uccelli e animali che vivono sulle vette delle montagne. Alcuni gruppi hanno avuto la possibilità di svolgere an-che attività di tipo scientifico, fra cui esperimenti di fisi-ca. Dopo una mattinata passata all'insegna dell'arricchi-mento culturale all'interno del museo, ci siamo diretti in un parco pubblico situato nel quartiere nei pressi del Mu-se, dove abbiamo pranzato. Consumato il pasto, ci siamo diretti verso il centro della città, dove abbiamo visitato la bellissima piazza Duomo. La nostra prima gita è stata davvero soddisfacente, al di sopra le nostre aspettative, ed è stata un'esperienza che sicuramente ci ha aiutato a legare e socializzare all'interno del nostri nuovi gruppi classe.

P. Ventrice, V. Berti, F. Marchesi, M. Grossi, D. Cattani 1A

VERSIONE UFFICIALE

Quella mattina del 2 ottobre, quando i nostri genitori

ci sono venuti a svegliare al solito orario, ci siamo

preparati in un lampo, ricordandoci che era il giorno

della gita. Pieni di esplosiva energia, siamo arrivati

a scuola per affrontare quella che, secondo

l’immaginario degli alunni, sarebbe stata la parte più

coinvolgente della gita: il PULLMAN. Dopo tre ore

di schiamazzi ed urla, siamo arrivati a Trento e ci

siamo subito diretti verso il Museo delle Scienze Na-

turali.

Finita la visita - e la lunga e faticosa salita per le

scale - ci siamo diretti all’esterno, dove ci attendeva-

no un meraviglioso giardino costellato di punti risto-

ro e un parco giochi con una simpatica carrucola

trasporta-persone che è stata teatro di spettacolari

esibizioni da circo, purtroppo non gradite ai vigilan-

tes trentini della zona.

Terminato il momento di “gioco”, ci siamo diretti

verso il centro di Trento, un’ amabile città dove ab-

biamo degustato miriadi di leccornie, assaporando i

differenti aromi tipici trentini.

Finito il momento di pausa, ci siamo diretti di nuovo

nel quartiere residenziale, dove ci attendeva il pul-

lman che ci avrebbe accompagnato a Parma. E dopo

tre ore di viaggio, le più intense e ricche di emozioni,

siamo arrivati a scuola. Lì i nostri genitori ci hanno

prelevato e i soliti ritardatari sono stati in compagnia

della prof. Fontana.

Marco Grossi, Davide Cattani 1A

THE BACKSTAGE

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GLI ANGELI DEL FANGO

Lunedì 13 ottobre 2104, ore 16:00, il fiume Ba-

ganza di Parma straripa. Una pioggia inces-

sante si abbatte su Parma per due giorni inte-

ri. Il risultato? Allagamenti in diversi quartie-

ri, fra cui quelli di via Montanara e di via Po.

Auto dilaniate dalla potenza dell’acqua, strade

trasformate in piccoli fiumi, dove il fango si

stanzia e crea blocchi durissimi da togliere,

abitazioni distrutte dove gli abitanti hanno

perso tutto. Spesa complessiva: cento milioni

di euro. La responsabilità adesso ricade sul

comune la cui colpa sembra quella di non aver

fatto manutenzione adeguata nei fiumi, di non

aver liberato il letto del torrente da vari tron-

chi d’albero o addirittura da container. Col passare

dei giorni, i problemi creati dall’alluvione vengono

“a galla”. Moltissime persone si mobilitano per da-

re una mano, cercando di togliere più fango possi-

bile dalle cantine di alcune case oppure di ripulire

le strade intasate dal fango. Ecco che giovedì 16 la

classe prima E ha un’ottima idea: andare ad aiuta-

re le persone in difficoltà, perché vedere nostri con-

cittadini che non possiedono più niente ci tocca e ci

fer isce profondamente . Quind i , con

l’autorizzazione del preside e dei professori, ci or-

ganizziamo per fare quest’esperienza di volontaria-

to. Il ritrovo è al parcheggio del supermercato Co-

op in via Montanara il giorno 17 alle 8:30. Ad a-

spettarci, i volontari della protezione civile che ci

avrebbero accompagnato nei vari punti in cui do-

vevamo agire. Una volta arrivati, tutti muniti di

badili e abbigliamento adeguato, ci incamminiamo

verso il Centro Sportivo Lauro Grossi. Ad atten-

derci, uno scenario inquietante. Il campo centrale

è irriconoscibile, dapprima un prato bello, verde su

cui praticare sport, adesso un campo di fango e ac-

qua, totalmente impraticabile, e la pista d’atletica

scomparsa sotto un velo di melma. Il nostro compi-

to è quello di ripulire un viale interamente ricoper-

to da circa venti centimetri di fanghiglia. Ecco che

cinquantaquattro braccia impiegano circa un’ora e

mezza per completare interamente il compito. Il

passo successivo è quello di far ritornare pratica-

bile il campo da calcetto in erba sintetica. Questo

tipo di lavoro è molto più faticoso dell’altro e ri-

chiede un recupero di energia: verso l’ora di pranzo

ci rechiamo in un posto appositamente allestito

per la distribuzione del cibo ai volontari. Qui tro-

viamo immediatamente moltissimi altri ragazzi,

questo ci fa capire che la città è più unita che mai,

e quando c’è bisogno di aiuto ognuno è pronto a

dare una mano. Dopo aver ricaricato le nostre e-

nergie, torniamo ancora al Centro sportivo per da-

re l’ultimo aiuto prima di tornare a casa. Ormai si

sono fatte già le 17.00 ed è ora di andare via. Tor-

nati al punto di raccolta, i nostri genitori notano

subito le condizioni dei nostri vestiti; siamo rico-

perti di fango dai piedi fino al collo, ma la loro rea-

zione non è affatto negativa, anzi. Alla sera, men-

tre sfinito mi riposo sul divano, penso a quello

che io e tutti i miei fantastici compagni abbiamo

fatto per la nostra città, a come ci siamo sentiti nel

fare volontariato, a come è bello aiutare le persone

e sentirsi un angelo del fango.

Davide Fantuzzi 1^E

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SCUOLA E TECNOLOGIE SCUOLA E TECNOLOGIE

Facebook, Twitter e altri social media

sono spazi di condivisione che permet-

tono di coltivare amicizie, affetti e la

propria rete professionale.

Ancora molti ragazzi non si rendono

conto dei pericoli che si possono incon-

trare usando i social network.

Sono luoghi virtuali, ma siccome attra-

verso di essi interagiamo con persone che conosciamo

nella vita “reale”, spesso li avvertiamo come piccole

comunità e addirittura come diari personali.

Non ce ne rendiamo conto ma, a poco a poco, potrem-

mo fornire a potenziali malintenzionati dettagli su dove

abitiamo, sui nostri spostamenti abituali, sui nostri pen-

sieri. Informazioni, foto, video non rimangono a dispo-

sizione dei nostri famigliari e dei nostri amici più stret-

ti. Tanti episodi di cronaca relativi al cyberbullismo

attraverso la rete ce lo possono confermare.

In verità non c‟è più distinzione tra vita reale e vita on-

line, perché quello che scriviamo e le immagini che

pubblichiamo sui social network hanno quasi sempre

un riflesso diretto sulla vita di tutti i giorni.

Se offendo qualcuno attraverso WhatsApp, provoco in

lui una ferita vera; se qualcuno pubblica una mia foto

imbarazzante, il giorno dopo devo guardare negli occhi

delle persone reali che hanno visto di me cose che non

mi faceva piacere rendere pubbliche. Una foto che vie-

ne pubblicata da una persona, non si sa che strada pos-

sa prendere, potrebbe arrivare dove chi la pubblica non

desidera. Ecco perché dobbiamo tutelarci fin da subito:

il primo passo è condividere cose di cui un domani non

ci si debba vergognare, che possono essere urlate al

mondo senza paura. Il secondo

passo è affidare contenuti perso-

nali solo a coloro di cui ci si può

fidare. Non bisogna quindi fon-

dare la comunicazione solo su

questi social che sono solo una

delle tante forme per entrare in

relazione con gli altri.

Anna Nadotti 1E

Quante volte al giorno noi tutti accediamo

ai nostri account nei vari social network?

Innumerevoli volte.

Ma quanti di noi conoscono i problemi ed

i pericoli cui possiamo andare incontro?

Parlarne in classe è stato molto utile: ci ha

aperto gli occhi su un mondo che credeva-

mo di conoscere meglio degli adulti. Molti

ragazzi, esperti nell‟uso di Facebook, pensano di essere al

sicuro, di non correre alcun pericolo. Spesso cadono inve-

ce nel tranello della finta sensazione di libertà che questi

servizi offrono: tutti i pensieri sono più liberi di uscire, se

si è dietro ad uno schermo. Credono di essere al sicuro,

coperti dalla rete e dal mondo digitale dove tutto è per-

messo: diffamare, offendere, postare foto (magari pure

imbarazzanti), scrivere commenti sgradevoli ecc… ficcan-

dosi così in situazioni spiacevoli, con conseguenze inim-

maginabili. Ci sono delle regole che vanno rispettate, per

non pagarne personalmente le conseguenze. Un‟altra

trappola nella quale rischiano di cadere i giovani utenti

più fragili e inesperti è quella di accettare richieste di ami-

cizia da parte di sconosciuti. Anche qui molti ragazzi (e

bambini!) cominciano a dire che sono attenti, che non ac-

cettano “caramelle” dagli sconosciuti e tantomeno ci chat-

tano; ma non è così! Tantissimi ragazzi su Facebook accet-

tano amicizie di chiunque, gareggiando con gli amici reali

per vedere chi ne ha di più! Su Facebook gli “amici” pos-

sono vedere qualunque cosa sul tuo profilo, comprese le

tue informazioni; chattando potranno avere anche le in-

formazioni più personali, come numero di cellulare e do-

ve si abita. E‟ successo molte volte che numerose persone

siano scomparse, dopo aver chattato con dei profili finti

su Facebook, rivelando informazio-

ni personali, e ci sono stati molti

altri casi di ricatti dei quali non

vorrei parlare.

IL MIO CONSIGLIO INFINE è:

usate i social networks con mode-

razione e non pubblicate mai infor-

mazioni personali, specie non di-

vulgatele a sconosciuti, anche se li

avete trovati simpatici in chat.

Tommaso Bruschi 1E

SOCIAL PRIVACY

Come tutelarsi nell’era dei

social network

A LEZIONE DI SOCIAL PRIVACY

Pagina 5

Non arrivo a dire che il mio

telefono sia la mia vita (anzi

non ne è neanche una parte), ma devo ammettere

che contiene una buona parte dei miei ricordi.

Tutte le foto che mi fanno ricordare una vacanza,

un viaggio, un uscita in compagnia, tutti i selfie, al-

cune foto scattate addirittura negli spogliatoi dopo

una bella vittoria (naturalmente senza nulla di com-

promettente).

Tutte le canzoni, spesso criticate dai miei amici perché trop-

po „‟tamarre‟‟, ma anche apprezzate dai più „‟tamarri‟‟, di-

ciamo quelli come me.

I messaggi però hanno quel qualcosa in più e sono di gran

lunga la funzione del cellulare che mi evoca più ricordi e a

cui sono affezionato. Non ne ho mai cancellato uno da quan-

do ho questo telefono, quindi da quasi un anno e, sparse tra

messaggi „‟normali‟‟ e Whatsapp, ci sono tutte le battute, le

litigate, le bugie, le frasi dolci che ho ricevuto e scritto in

tutto questo tempo, e che hanno reso il mio telefono come

un album dei ricordi, formato da frasi, foto e messaggi voca-

li che si rinnova e si completa ogni giorno. Sono molto affe-

zionato a questo telefono, anche se spesso mi fa “sclerare”

dato che si blocca ogni 3x2 e la batteria ci ha ormai lasciati

da parecchio, e sono sicuro che, quando lo dovrò cambiare,

anche se con un telefono migliore, sarà un piccolo trauma.

Federico Gandini 1A

Il mio cellulare è la mia

connessione “wireless”

con il mondo, senza di “lui”, senza wi-fi o

connessione dati mi sentirei isolata, come in

un‟isola sperduta...Un film horror in pratica!

Ok, forse ho un po‟ esagerato, ma effettiva-

mente…Cosa farei senza il mio cellulare?

Niente o quasi: non potendomi sentire con le

amiche, non potremmo metterci d‟accordo per uscire,

non potrei ascoltare la musica o essere informata su

quello che succede nel resto del mondo; riflettendoci

bene non potrei neanche fare una torta perché...dove

potrei trovare la ricetta? L‟unica cosa che dovrei e riu-

scirei a fare anche senza il cellulare sono i compiti, per

quelli, del resto e purtroppo, non ci sono scuse.

Il mio cellulare, anche se ha qualche difetto, come la

ragnatela di venature sullo schermo procuratogli da

una caduta, è il mio complementare, è il mio sguardo su

quelle cose che non potrei vedere ad occhio nudo, ma è

anche lo sguardo che poso su me stessa: con la sua tele-

camera interna mi permette di osservarmi e di spec-

chiarmi, con le sue note mi permette di appuntare i miei

pensieri. Quindi, se da una parte il mio cellulare Nokia

Lumia 720 è il mio complementare, il mondo che mi

circonda, dall‟altra è anche il mio mondo, i miei pensie-

ri, le mie foto, i miei messaggi. In poche parole il mio

cellulare è il secondo cuore pulsante della mia vita.

Sara Giordani 1E

CELLULARE I love You CELLULARE I love You

VISTO DA LEI VISTO DA LUI

In fondo è come un essere In fondo è come un essere

umano: anche lui ha una umano: anche lui ha una

memoria memoria Cristiano MoriCristiano Mori

Gli studenti finlandesi occupano una delle migliori posizioni in relazione all‟apprendimento, soprattutto grazie alla didattica del „saper fare‟, imparando a risolvere problemi attraverso il lavoro di gruppo, con un grande utilizzo di stru-menti tecnologici.

Qui al Bertolucci (non in Finlandia!) i prof ci invitano a condividere files, a creare documenti a più mani, a utilizzare le presen-tazioni di Google per illustrare ai compagni i risultati di una ricerca: in questo modo le conoscenze, applicate per la realizza-zioni dei nostri lavori, si consolidano e le competenze si sviluppano. Le prime settimane di scuola ci sono servite per imparare a utilizzare queste tecnologie quasi del tutto sconosciute. Ma - state tranquilli - dopo poco tempo tutto ciò è diventato quasi una “routine”. Ora vi racconterò in breve la mia esperienza. A me piace fortemente la tecnologia, quindi, quando ho sentito nominare queste applicazioni (Drive, Classroom…), ho subito drizzato le orecchie e ho cercato di capire di che cosa si stesse parlando, poiché non ne ero a conoscenza. Dopo qualche prova effettuata sia a scuola sia a casa, mi sembrava di avere capito, poi, esercitandomi ancora, sono riuscito a prendere dimestichezza con il programma e le apps. Attraverso Google Drive è possi-bile scambiare documenti che l‟insegnante utilizza in classe, condividere files e foto con i compagni e i prof, mettere ricerche fatte a casa in modo che, una volta a scuola, non ci si deve ricordare di portare la chiavetta USB, ma con un semplice click è possibile vedere le diapositive della vostra presentazione. Inoltre con una sotto-applicazione di Drive è possibile creare una presentazione più funzionale e utile: infatti è possibile mettere in comunicazione più persone contemporaneamente. Dal pro-prio computer di casa si comunica istantaneamente con i componenti del gruppo attraverso un sistema interno di messaggisti-ca: questo comporta grandi vantaggi perché, se a un compagno non soddisfa particolarmente un colore o una parte della pre-sentazione, è libero di poterlo cambiare senza aspettare che i compagni gli passino il file per poi modificarlo. Tutto avviene in totale condivisione! Inoltre, attraverso Classroom, nuovissima applicazione di Google, i docenti possono assegnare compiti o attività riguardanti un argomento comune a tutti gli studenti della classe, come può essere un tema, una mappa concettuale o una ricerca; quindi, anziché lavorare sul cartaceo, si scrive a computer e, attraverso questa app, lo si “consegna” all‟insegnante, che poi lo rispedisce corretto. Ragazzi, questa scuola è veramente 2.0!

Matteo Bella 1E

2.0 DRIVE E CLASSROOM. Quando la tecnologia si coniuga col saper fare

INTERVISTA INTERVISTA AI NUOVI AI NUOVI RAPPRESENTANTI DI ISTITUTORAPPRESENTANTI DI ISTITUTO

Pagina 6

Quest'anno, al Bertolucci, per le elezioni dei rappresentanti di istituto, si sono proposte due liste: “LiStandUp” e “LiStruzzi”, entrambe con buoni propositi ed ottime idee. “LiStruzzi”, lista composta da Lorenzo Pignotti (5^D), Guido Car-ra (5^D), Giammarco Canzian (5^E), Virginia Cavallotti (3^E) ed Emma Riccio (5^M), ha puntato sul divertimento e sul “portafoglio” degli studenti promettendo, oltre al ballo di fine anno, una giornata bianca della durata di ben due giorni che per motivi di regolamento non si è rivelata fattibile. I ragazzi hanno inoltre proposto un mercatino dei libri usati interno alla scuola, in modo che non solo gli studenti più giovani avessero l‟opportunità di risparmiare sull‟acquisto dei libri, ma anche quelli più grandi potessero recuperare in parte i soldi spesi per acquistare i loro. “LiStandUp”, lista formata da Manuel Piazza

(5^B), Nicola Brignoli (5^E), Davide Pinetti (5^E),Camillo Imbim-bo (5^E) e Carolina Bertazzoni (4^ Mus.), ha puntato invece sulla valorizzazione del Bertolucci, non come edificio in cui trascorrere ore, ma come un posto dove stare insieme per apprendere e non solo. Tra le loro proposte appaiono la merenda solidale e corsi di recupero tenuti dagli studenti per gli studenti. Hanno puntato soprattutto su idee semplici e realizzabili, tra le quali le assemblee “open space”, in cui poter affrontare più tematiche proposte du-rante una singola mattinata. A seguito della votazione sono stati eletti: Nicola Brignoli, Camillo Imbimbo, Guido Carra e Manuel Piazza. Per farveli conoscere meglio, abbiamo pensato di intervi-starli. Ecco le risposte alle nostre domande.

F. Borri, A. Ricci 2D

Stranieri, sono considerati i cittadini di altri paesi.

Stranieri, sono considerati i turisti che affollano piazza San Marco a Venezia.

Stranieri, sono considerati i ragazzi arabi che frequentano le scuole italiane.

Difficile è pensare a come una sola parola possa assumere così diverse sfumature, passando da una semplice definizio-ne ad un termine quasi dispregiativo che riconduce più pret-tamente all‟aggettivo strano, simbolo di qualcosa di inconsu-eto, singolare, che provoca perplessità. Questa sembra esse-re la natura umana. Ogni persona è spaventata o refrattaria all‟apertura verso ciò che è diverso, verso ciò a cui non è abi-tuata. In questo “strano” gioco di ruoli, dove una persona è la parte comunitaria mentre l‟altra è quella straniera, non viene mai presa, però, la posizione di coloro che “interpretano”, appunto, gli stranieri. Raramente qualcuno si pone domande sulle loro storie, sulle loro abitudini e sulle loro vite. Sono persone come tutti, ma spesso sono conside-rate più come un disturbo, sia che siano turisti giapponesi o immigrati libici. Scalpore ha destato un articolo del Corriere della Sera dove veniva riportata la notizia che il Ministro de-gli Esteri inglese rifiutava di dare un contributo alla causa europea dell‟operazione Frontex Plus per il soccorso dei mi-granti: “Soccorrendo gli immigrati nordafricani li si incorag-gia ad intraprendere la traversata”. Sembrerebbe strano ma è così, le persone talvolta sono considerate al più come og-

getti.

Tante cifre appaiono sui giornali, molte ripor-tano il numero di tunisini che nella not-te sono morti affogati nei pressi delle coste di Lampedusa o altre parlano dei caduti nei combattimenti a Kobane. Nu-meri, numeri, numeri. Può essere letta come una banalità, ma questo è un argomento che non andrebbe taciuto mai, perché è questo uno dei maggiori problemi del XXI secolo: la conce-zione dello straniero. E‟ per questo motivo che si sta facendo in modo di dare vita ad iniziative volte alla sensibilizzazione, soprattutto dei giovani, in merito alla questione dell‟integrazione. Un esempio è stato lo spettacolo teatrale La terra delle donne e degli uomini integri tenutosi nel Teatro Due di Parma, dove ragazzi adolescenti hanno ricostruito, con grande partecipazione, storie e avventure di un gruppo di migranti rivoluzionari che, in seguito a varie vicissitudini, riuscirono a riconciliarsi con i propri inseguitori rendendosi conto di condividere gli stessi ideali. La società non è statica, sta provando a cambiare, sta provando a guardare oltre le differenze in cerca di un punto di contatto: il primo passo perché ciò avvenga, è considerare se stessi in primis come stranieri di un unico grande paese, cosicché chiunque si trovi realmente nelle condizioni di estraneo possa riuscire ad esse-re meglio integrato ed accolto in una comunità composta da suoi eguali. Camillo Imbimbo 5E

OPERA MIGRANTE La terra delle donne e degli uomini integriOPERA MIGRANTE La terra delle donne e degli uomini integri

Ciao, ragazzi! Mi chiamo Su, ho 16 anni e vengo da Smirne,

bellissima città della Turchia; sono exchange student nella 3°B

della nostra scuola, il Bertolucci.(scusatemi se io sbaglio in

italiano!) Sono arrivata in Italia circa tre mesi fa per un anno:

per più di sette mesi starò insieme a voi. Mi molto piace

conoscere gente nuova: se volete parlare con me, la mia ri-

sposta sarà

sempre sì! Ho

scelto di venire

in Italia soprat-

tutto perchè mi

piace molto la

lingua . Per di

più in Turchia

esiste la fama

del fascino del

ragazzo italiano

, ma fino ad ora

non ho trovato

conferma di ciò....In questi giorni ho incontrato gli studenti

di 1°E che mi hanno fatto tante domande per conoscere me-

glio sia me che il mio paese.

CHE IMPRESSIONE TI HA FATTO L’ITALIA? È STATO DIFFICILE ADATTARSI ALLA VITA ITALIANA? Prima di arrivare in Italia, pensavo che Italia e Turchia non

potevano essere molto diverse, perché non sono Paesi molto

lontani, ma quando ho iniziato a vivere „da italiana‟ per me

è stato uno choc. La vita di ogni giorno è molto diversa da

quella nella mia città: Izmir (in italiano Smirne), la città più

moderna della Turchia., è sul mare ed è molto turistica (le

attrazioni più famose sono Efeso e la casa della Madonna). Il clima è mite

e sempre caldo. Quando sono arrivata qua, ho scoperto che gli italiani

sono molto amichevoli e mi sono trovata molto bene con loro.

COM’E’ LA VITA IN FAMIGLIA E NELLA SOCIETA’?In Turchia la

famiglia non è così importante come in Italia: per esempio, lo scorso anno

ho visto più la mia migliore amica che non mia mamma! Ci confidiamo

più con gli amici che con la famiglia e ci baciamo e abbracciamo di più di

quanto non succeda in Italia. Se le persone devono dirti qualcosa, lo dico-

no a te, non alla tua famiglia: lo stesso vale ad esempio per i professori.

Noi prendiamo sempre l‟aperitivo con gli amici e la cena non è molto

importante né è importante farla con la famiglia. Noi ceniamo fra le 5 e le

6. In Italia ho molta fame perché si cena alle 9! In Turchia non c’è grande

differenza fra i giorni feriali e il fine settimana: si esce sempre!

CHE DIFFERENZA C’E’ TRA LA SCUOLA ITALIANA E QUELLA

TURCA? La scuola in Turchia è molto diversa rispetto all‟Italia. È diver-

tente: si possono scegliere le materie e con i prof c‟è una relazione più

famigliare, come con mamma e papà. Abbiamo 5 intervalli, 4 brevi e uno

lungo (un‟ora) per il pranzo. Le lezioni finiscono alle 2.30 o 3 del pome-

riggio a seconda della scuola. Alla fine delle lezioni noi andiamo fuori per

giocare, fare sport, vedere gli amici, andare al cinema (non ci sono compi-

ti!). Sabato e domenica non si va a scuola e il venerdì si finisce alle 11.

QUAL E’ IL TUO RAPPORTO CON LA RELIGIONE? A Smirne, come

in tutta la Turchia, la religione prevalente è quella musulmana, ma ci so-

no anche molti ebrei. Io sono musulmana, ma non sono molto osservante.

Non uso l‟hijab, che da noi non è obbligatorio, come nel mondo arabo. I

musulmani turchi osservano regole meno rigide, sia per l‟abbigliamento

che per il cibo e l‟alcol. Di solito non si mangia maiale, ma è possibile tro-

varlo. Io in Italia lo mangio: mi piace molto il prosciutto!

L’incontro con Su, exchange student

Gli affetti sono un tema importante nella poesia di Attilio Bertolucci, il poeta-critico letterario e cinemato-grafico di Parma cui è intitolata la nostra scuola. Per la moglie, come in questo caso, per i figli, il fratello, gli amici. E proprio in questi mesi la città celebra la famiglia Bertolucci con una serie di iniziative che dimostrano la ricchezza degli interessi culturali di Attilio e dei figli Giuseppe e Bernardo. Sono inoltre stati appena pubblicati gli Atti della giornata di studi tenutasi presso l’Università degli Studi nel 2011 in occasione dei cento anni della nascita del poeta.

L’evento forse più significativo delle celebrazioni di “Parma per Bernardo Bertolucci”, sarà il conferimento al regista, vincitore di più Oscar, della laurea honoris causa in “Storia e critica delle arti e dello spettacolo” il 16 di-cembre presso il Teatro Regio, in concomitanza con l’apertura dell’anno accademico e alla presenza del Mini-

stro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini. Ci sarà anche una rappresentanza del Liceo Bertolucci, sempre fiero di ricordare attraverso il suo nome la bellezza della poesia.

Lucetta Dodi

Giovedì 22 ottobre

Docenti e studenti classi quinte al cinema Astra di Parma

Siamo a Recanati, il conte Monaldo Leopardi e la moglie

Adelaide Antici hanno avuto tre figli: Carlo, Paolina e

Giacomo. È proprio quest‟ultimo il prediletto del padre,

che fin dai primi anni nota in lui i segni di un‟intelligenza

fuori dal comune. Una madre dura e bigotta, un padre

severo e conservatore che condanna i propri figli ad una

vita di “studio matto e disperatissimo” nella biblioteca di

famiglia.

Il film è diviso idealmente in tre parti: la prima a Recana-

ti, in cui Martone racconta la gioventù e i primi dolori del

giovane Leopardi. È evidente, in questa parte,

un‟analogia con l‟ “Amadeus” di Milos Forman, il possi-

bile accostamento di Giacomo con il giovane Mozart e di

Monaldo con il padre del sommo compositore. La secon-

da parte può essere identificata, dopo un salto temporale,

con l‟approdo a Firenze. Qui conoscerà il grande amico

Antonio Ranieri e Fanny, una giovane aristocratica della

quale si invaghisce. Dal punto di vista letterario, letto so-

prattutto in un‟ottica politica, verrà emarginato. La terza

ed ultima parte sarà a Napoli, dove concluderà, ormai

debole e malato, la sua opera letteraria. È proprio

quest‟ultima la parte più ispirata, in cui esce definitiva-

mente la personalità del poeta che compie un vero e pro-

prio viaggio dantesco negli inferi, con la discesa nelle

grotte dove lavorano le prostitute con la loro carnalità e la

loro immoralità. È raro trovare un film autobiografico

così fedele alla realtà e in grado di farci percepire la gran-

dezza e l‟immortalità di un poeta fuori dal suo tempo. Un

poeta interpretato alla perfezione da Elio Germano che

conferma di essere uno dei migliori attori italiani contem-

poranei. Se vogliamo trovare un difetto è probabilmente

l‟eccessivo assolo leopardiano in cui la caratterizzazione e

la personalità dei personaggi secondari si perdono. “Il

giovane favoloso” è un film carico di cultura, in cui Mar-

tone inserisce citazioni e richiami alla poesia leopardiana,

come la siepe attorno a cui, all‟inizio della pellicola, gioca-

no i fratelli Leopardi, quella stessa siepe “che da tanta

parte dell‟ultimo orizzonte, il guardo esclude”.

Nicola Brignoli 5E

Domenica 2 novembre 2014

Studenti e insegnanti al

Piccolo Teatro Strehler di Milano

Ragione e follia. Realtà e finzione.

Sono queste le maschere che Piran-

dello fa indossare al cast di Franco

Branciaroli. Un perfetto Enrico IV

che ci incanta con la sua pungente ironia. L'alta tragedia è ac-

compagnata da una sottile e ricercata comicità. Lo spettacolo è

incentrato su una costante oscillazione tra opposti: una cupa sce-

nografia con brandelli di stoffa polverosa, cavalli bardati in stile

medievale, tele proiettate e buffi carrelli veicolo. La rappresenta-

zione si apre con l'ingresso in scena di Matilde, di suo marito Bel-

credi, della figlia Frida e del Dottore. Questi, dopo aver incontrato

e analizzato la situazione di Enrico, pensano di ottenere la sua

guarigione ricreando l'ambientazione e la situazione di vent'anni

prima quando una caduta da cavallo durante una festa in masche-

ra gli aveva provocato la pazzia. In questa prima parte una spiaz-

zante non presenza di Branciaroli è compensata da una splendida

performance di Matilde. Lo spettacolo vero e proprio inizia con il

lungo monologo finale di Enrico IV che rivela ai suoi servi di esse-

re tornato lucido da tempo, ma di aver continuato a fingersi pazzo.

Una ragionata pazzia che lo sottrae ad una realtà che non gli si

addice. Una magia il rapporto che si viene a creare tra Branciaroli

e il palcoscenico: profonde sono le riflessioni che egli compie sulla

vita e sulla realtà degli uomini. Il finale lascia a bocca aperta:

dopo aver ucciso Belcredi in uno scatto d'ira, Enrico IV viene inco-

ronato nuovamente. Una corona di follia che dovrà tenere per tut-

ta la vita.

Anna Macaluso, Barbara Maracchini, Nicole Miodini (3°E)

Parma onora la Parma onora la

famiglia famiglia Bertolucci Bertolucci

Il giovane FavolosoIl giovane Favoloso

Coglierò per te

l’ultima rosa del

giardino,

la rosa bianca che

fiorisce

nelle prime nebbie.

CINEMA TEATRO POESIA CINEMA TEATRO POESIA

Il folle sigillo di Enrico IVIl folle sigillo di Enrico IV

Giovedì 13 novembre la classe 1°A - come poi tutte le altre prime- , invece di passare la solita giornata a scuola, ha fat-to lezione alla Biblioteca Civica di Parma. All'interno della biblioteca si trovano vari tipi di documenti, libri ma anche DVD, CD, videogiochi ed altri materiali ordinati in sezioni. Una zona particolare della biblioteca, dedicata ai giovani, è la Tana dell'Orso. All'interno di essa le cooperative “Aurora Domus” e “Teatro Nuovo” si occupano di diversi progetti per ragazzi, come i laboratori di fotografia e scenografia, ma organizzano anche corsi di recupero e piccoli gruppi studio per i compiti. Dopo avere visitato i vari ambienti della biblioteca, siamo stati condotti al piano superiore, in una sala conferenze dove un simpatico bibliotecario ci ha illustrato l‟OPAC, il sistema online bibliotecario parmense, nel quale è stato cre-ato un catalogo web per prenotare testi e sapere in quale biblioteca della provincia si possono prendere in prestito. Uno strumento molto importante creato recentemente sono gli audiolibri riservati a coloro che sono DSA o hanno biso-gno di cure particolari.

La biblioteca è un servizio a cui tutti possono accedere gra-tuitamente, nasce come luogo di conservazione dei testi an-tichi o più importanti, successivamente è diventata un luo-go di svago. La biblioteca Civica cerca di interessare e coin-volgere soprattutto i giovani studenti che hanno bisogno di prendere in prestito qualunque tipo di volume aiutati dai bibliotecari la cui parola d‟ordine è: ”io ti aiuto, ma non mi metto a giudicare le tue scelte e i tuoi gusti”. Alla fine della mattinata, siamo tutti usciti con il nostro libro in mano.

V. Berti, F.Marchesi, M.Grossi, D.Cattani, P.Ventrice, 1A

LA CASA DEI LETTORI

L’OCCHIO CRITICO SU… Le Rane di Aristofane - Teatro Due

Il Teatro? Sì, con la T maiuscola, opera artistica estremamente coinvolgente e

importante : salviamola dall’invasione di forme di evasione frivole e disimpegna-

te. Perciò bisogna insegnare ai giovani, il futuro della società, ad ammirarlo e

comprenderlo, come sta accadendo ad alcuni classi terze del Bertolucci.

Rocco Pelosi 3°A

Dinamico, mordace,

decisamente all'altezza del testo originale di Aristofane. Sembra

così lungo il salto tra noi e la Grecia del V secolo a.C., ma in real-

tà le tematiche messe in scena da Aristofane sono profondamente

e (purtroppo) così attuali: una società, di ieri e di oggi, in cui la

cultura è posta in secondo piano, quando invece è proprio

l’elemento fondamentale per risollevare le sorti della comunità.

Luca Cantoni 3 A

Un classico della commedia greca proposto dagli attori di Teatro Due in modo divertente, scorrevole e attuale: una messa in scena ricca di battute con molti riferimenti alla contemporaneità che suscita interesse e risate. Un teatro moderno, adatto anche ad un pubblico di ragazzi. Non manca anche l’interazione col pubblico che diventa parte-cipe della commedia stessa. Quest’esperienza è stata sicuramente utile a coinvolgere i giovani e ad appassio-narli al mondo del teatro. Francesco Feher 3°A

Nonostante sia uno spettacolo molto antico (405 a.C.),

la reinterpretazione operata dagli attori è riuscita ad

attualizzare la vicenda al punto di renderla piacevole

anche per noi ragazzi, oggi non molto appassionati al

genere teatrale, anche grazie al coinvolgimento diretto

del pubblico, per esempio distribuendo delle schede

per votare Eschilo o Euripide. Chiara Morini 3°D

Eschilo ed Euripide incarnano due mentalità opposte, il primo la

“vecchia guardia”, attenta ai problemi dello Stato e della comunità; il

secondo le nuove generazioni critiche, esuberanti e anticonformiste.

Le trovate sceniche rispecchiano la volontà di stupire il pubblico:

Caronte utilizza una bara come traghetto e le frasi dei poeti sono pal-

loncini che, a seconda del loro contenuto, si innalzano verso la gloria

o ricadono nell‟oblio. Tuttavia è il finale la vera sorpresa dello spetta-

colo: in seguito al giudizio di Dioniso, che vede in vantaggio Eschilo,

come in un reality vengono letti i giudizi del pubblico riguardo ai

due tragediografi. Il monotono conteggio viene però fermato da una

voce fuori campo che comincia una lunga serie di citazioni di autori

teatrali moderni. I loro pensieri si elevano all‟immortalità, mentre si

oscurano sempre più i due tragediografi che fino a quel momento

erano l‟anima dello spettacolo. Il lato creativo ed emotivo e la perso-

nalità che contraddistingue ogni artista, e lo rende unico e inimitabi-

le, è il mezzo attraverso cui l‟uomo si eleva ogni volta ad un gradino

più alto dell‟esistenza. Alessandro Contini 3°D

È il teatro che fa invecchiare o sono i vecchi che invecchiano

il teatro?

Odio il cittadino che è lento nel giovare alla patria e veloce

a danneggiarla, utile a sé stesso, rovinoso per la città.

Come si può dunque salvare una città che non sa distingue-

re il bene dal male?

Liberiamoci di quei cittadini di basso valore che un tempo

non avremmo preso neanche per far ridere gli stolti.

Evitiamo, in tempo di crisi, di chiuderci con arroganza.

(da Le Rane di Aristofane)

131 giorni rinchiuso in una stanza, al buio. Lontano dalla sua vita e dalla sua fami-glia. Si chiama Marco Val-

lisa, rapito in Libia il 5 luglio e rilasciato il 13 novembre 2014. Durante il suo periodo di assenza, a Roveleto di Ca-deo, nel Piacentino, è sulla bocca di tutti,: la gente spera che torni al più presto, perché il vuoto lasciato dalla sua distanza è troppo grande e doloroso. Le persone, ormai, sono così coinvolte emotivamente che Marco diventa “il fratello di tutti”. Quando, nel cuore della notte tra il 12 e il 13 novembre, i telegiornali annunciano: “Liberato tecnico italiano Marco Vallisa rapito in Libia lo scorso 5 luglio”, per i famigliari e i conoscenti è la fine di un incubo durato fin troppo, la luce in quel mare di oscurità. Significative le prime parole della moglie, riportate nell‟intervista al quotidiano piacentino Libertà : “Ciò che più mi infastidisce, è come qualcun altro (n.d.r. i rapitori) pos-sa influenzare la tua esistenza a tal punto di sentirsi autorizzato a decidere per te ”. Noi siamo troppo abituati a considerare come scontati molti dei nostri diritti e delle nostre fortune, innanzi tutto la libertà. A tal proposito, le parole dello stesso Marco Vallisa, che ho avuto l' onore di intervistare, possono aiu-tarci a riflettere. Qual è stato il sentimento che ha prevalso in te, in questi 4-5 mesi? A parte l‟ odio, perché non riesci ad odiare queste persone di cui hai solo compassione e pietà, ho passato delle vere “montagne russe” di sentimenti. Qual è stato invece il pensiero prevalente che ti ha tenuto attaccato alla realtà? Bisogna rimanere lucidi per sopportare la realtà, e per questo ho sperimentato diversi modi di pensare: all‟ inizio ho pensato alla famiglia e i bambini, poi mi sono accorto di aggiungere sofferenza alla sofferenza, pensare a loro mi faceva stare male; quindi, per conservare della mia lucidi-tà, ho messo da parte questo tipo di pensieri e ho iniziato a tenere la mente impegnata con altri argomenti: amici, lavoro, progetti, altri parenti...tutte cose importanti ma che non ti fanno soffrire quanto il pensiero della famiglia. Non avendo niente da fare, passavo le giornate pensando. Ero chiuso in uno stanzino, al buio e il più delle volte legato. Sentivo pe-rò gli echi della guerra e della mo-schea lì vicina: mi regolavo sull‟ ora del giorno in base alle ai rumori delle preghiere, che sono 5 distri-buite sulla giornata. Come affronti oggi il quotidiano? Cerco di ritornare alla normalità, anche se nel primo periodo sono stato (e lo sono tuttora) impegnato

con visite, intervi-ste, deposizioni. Però la differenza sostanziale sta nel fatto che apprezzo di più ogni cosa, anche quelle, magari insignificanti, della routine, alle qua-li prima non davo molto valore. Sei d’ accordo sul fatto che se ad un uomo sono tolti i suoi diritti fondamentali, nel momento in cui li riacquista realizza davvero la loro importanza? Si, dà loro il giusto valore, e non dà per scontato nulla. Si impara anche ad ascoltare gli altri. Anche le banalità assu-mono un valore che prima non avevano. In generale cam-bia l‟ approccio con la vita quotidiana, la si assapora di più. E questa esperienza mi ha insegnato molto, perché sono stati quattro mesi di meditazione. L‟ importante è non dimenticare quello che ho imparato. A livello materiale e psicologico quali sono state le cose che ti sono mancate di più? A livello psicologico, la famiglia. A livello materiale, il rituale mattutino del cappuccino e della brioche. Che insegnamenti trai dalla tua esperienza? A livello personale, ho imparato a guardare il mondo sot-to un altro aspetto, un‟ altra luce. In più ho imparato mol-to della realtà islamica: ho visto che c‟è una parte del mondo che vive in un modo totalmente diverso dal no-stro, in senso negativo. Ho imparato che spesso loro inter-pretano male la loro religione, quindi sono sfruttati da personaggi con una mentalità chiusa e crudele che utilizza la religione come pretesto per radunare persone e conse-guire scopi personali del tutto distorti. La maggior parte della popolazione non è istruita. Infatti la chiave di molti problemi secondo me è l‟ istruzione, a partire dalle generazioni future. D‟altra parte il mondo occidentale ha fatto la sua parte nelle guerre e nella situazione dell‟ O-riente. Il nostro egoismo, o comunque di coloro che hanno interessi nel portare avanti guerre e nel mantenere l‟ igno-ranza di massa, è una delle cause della situazione attuale. Però, ribadisco, sono dell‟ idea che l‟ istruzione sia la chia-ve di tutto. Vuoi lasciare un messaggio ai lettori del giornalino? C‟è tanto da dire: quello che vorrei, è che la nostra civiltà conoscesse meglio il mondo islamico per non avere pre-giudizi sulla base delle informazioni superficiali che ci giungono. Sono ottimista riguardo al fatto che, a lungo

termine, la mentalità chiusa di queste persone scomparirà e che la civiltà avrà la meglio, favorita dall‟ istruzione. Marco, il fratello di tutti, è mio zio. Lara Piemontese 2^D

LIBERATO MARCO VALLISA, PRIGIONIERO IN LIBIALIBERATO MARCO VALLISA, PRIGIONIERO IN LIBIA

E' tutto vero. La nazionale italiana di calcio, campione del mondo otto anni, fa, e' divenuta una squadra mediocre. La „rosa‟ e' vecchia: il calcio italiano preferisce prendere giocatori stranieri inutili, piuttosto che puntare sui giovani, come fanno tutte le altre nazionali. Noi stiamo investendo molto poco nel settore giovanile: presidenti che non tirano fuori i soldi, come Thohir, e presidenti che non hanno sol-di, come Ghirardi. Secondo un sondaggio de La Gazzetta Dello Sport, l'Italia si trova 31(!)su 52 paesi europei nel lan-ciare i giovani in Serie A. Un esempio e' l'Inter che, dopo aver vinto la Next Gen Series (competizione europea riser-vata al settore giovanile) nel 2012, ha portato solamente 5 giocatori in A fino ad oggi; mentre l'Ajax, finalista, ha lan-ciato in Eredivisie quasi tutti i giocatori di quella rosa, con risultati molto elevati. In questo periodo l'Italia sta vivendo un‟ involuzione simile alla Germania negli anni 2000: campionato mediocre, nazio-nale vecchia, giocatori non adatti e stadi non all‟avanguardia. La squadra tedesca e' riuscita a migliorare grazie all'organizzazione del mondiale 2006 e al settore gio-vanile, tant'é che questa estate ha vinto il mondiale con ben 8 giocatori nati sopra il 1990, veri fenomeni (Andre' Schur-rle, Julian Draxler, Toni Kroos, Mario Gotze), molti dei qua-li giocano in squadre come il Real Madrid o il Bayer Mona-co. In Italia, purtroppo, siamo rimasti agli anni 90' e, di conse-guenza, gli allenatori e i presidenti devono avere il coraggio di valorizzare e lanciare i giovani in palcoscenici importanti per evitare di avere una nazionale cotta (le ultime partite dimostrano che non riusciamo a giocare senza il „vecchio‟ Pirlo) Anche il nostro caro Tavecchio, presidente FIGC, che continua a cadere in gaffes mostruose, dovrebbe cambiare la politica del calcio: obbligare le societa' a promuovere al-meno 8 giocatori dal vivaio in prima squadra, per tornare a competere. E per tornare a vincere. Federico Manara 2°D

IL CALCIO… IL CALCIO… nel pallone nel pallone

Ha un nome femminile che richiama l‟antico Egitto e la comprensione dei geroglifici: è il nome di un satellite-sonda dell‟Agenzia Spaziale Europea (ESA) che sta svolgendo una lunga missione spaziale, iniziata nel 2004. L‟obiettivo finale sarà quello di “tradurre” in maggiori conoscenze scientifiche la vita di una cometa. Sfruttan-do l‟energia gravitazionale di diversi pianeti, Rosetta ha già compiuto un viaggio degno di Ulisse: il primo sorvolo della Terra nel marzo del 2005; nel 2007 vicina a Marte, poi di nuovo intorno alla Terra; sorvola poi l‟anno successivo l‟asteroide “2867 Šteins”, compie un terzo passaggio sulla Terra nel 2009 e sorvola anche nel 2010 l'asteroide “21 Lutetia” Si iberna infine nello spazio profondo, fra il Luglio 2011 e il Gennaio 2014. Ed ecco che Rosetta si fa di nuovo viva, avvicinandosi e mappando la cometa de-nominata “67P/Churyumov-Gerasimenko” nel corso di quest‟anno. Seguirà poi la cometa nella sua orbita intorno al Sole fino a dicembre 2015. Una parte impor-tante di Rosetta, il suo “lander”, è la sonda che è atter-rata sulla “testa” della cometa. Sarà proprio la prima sonda al mondo a poter assistere in diretta allo svilup-po della “chioma” di una cometa. Nelle immagini scattate dalla sonda il 20 novembre scorso, è apparso il 'volto umano' della cometa; sembra quasi di poter cogliere un profilo umano: naso, occhi, bocca, mento, collo e persino 'basettoni' e capelli pare-vano distinguersi nelle fotografie. Si intravede anche la chioma che comincia a formarsi: sono ben visibili i get-ti di gas e le polveri emessi dal „collo‟. Cosa mai avrà pensato il piccolo oggetto astrale “67P/Churyumov - Gerasimenko” al vedere atterrare su di sé uno straniero? Rosetta potrebbe essere proprio Il Piccolo Principe del „pianeta con la coda‟! Chissà cosa potranno dirsi o quali sensazioni scambiarsi...Da oggi Rosetta e la cometa sono un’anima sola. G. Maghenzani M. Bergenti T. Bruschi 1°E

Rosetta:

Il “Piccolo Principe’ del futuro.

Pagina 12

HUMORHUMOR

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Discorso tra due fidanzati. Lei – Tesoro che

cosa ne pensi della nostra relazione?- Lui -

Conta le stelle nel cielo…- Lei – Wow è infinita! – Lui – È tempo perso!

”Ciao come stai?” ”tt bn grz t cm st” “Ti ho chiesto

come stai, non il codice fiscale”

Ho chiamato il mio cane

Ciak e quando lo

chiamo…. Ciak

si gira

Cos’hanno in comune un pugile e una

lavatrice? La lavatrice lava e il pugile

stende.

LOGITEST

Perchè in latino la “T” non si

pronuncia? LA-TI- NO

PENA PER TRISTANO?

Un filtro d‟amore aveva fatto innamorare

Tristano e la bella e bionda Isotta. Ma la

ragazza era promessa sposa dello zio di

Tristano e così al ragazzo non restò che

trovarsi un‟altra Isotta, questa volta dalle bianche mani.

Tristano si annoiava troppo passando il tempo con Isotta dalle bianche mani e

così fu colto dalla sindrome dell‟avventura, molto comune a quei tempi. Pur-

troppo in uno scontro con una creatura maligna Tristano restò ferito: egli sape-

va che solo Isotta, quella bionda, avrebbe potuto salvarlo. Così chiese a Isotta

dalle bianche mani di inviare subito una missiva. Isotta la bionda vorrebbe imbar-

carsi immediatamente, ma le previsioni meteo annunciano un‟ondata di mal-

tempo.

Riuscirà a raggiungere il suo amato ormai con un piede e tre quarti nella fossa?

Solo Isotta dalle bianche mani, astuta bugiarda, conosce l’esito del viaggio. Tri-

stano, in pena per l‟amata, vuole sapere dove sia la sua Isotta e si rivolge a

Isotta dalle bianche mani e dalla lingua malparliera. La donna, non provando

alcuna pena, gli porge un enigma: tre lettere, scritte di suo pugno. Solo una

mostra come stanno veramente le cose. A Tristano è concessa una sola busta e

su ognuna vi è un‟iscrizione. Al massimo una di queste iscrizioni è vera.

Dopo aver individuato la lettera corretta, ricordando che è stata scritta dalle

bianche mani di Isotta, determina dove si trova Isotta la bionda.

La soluzione nel prossimo numero del Quarto.

(contenuto teorico tratto da Qual è il titolo di questo libro?, R. Smullyan e riadattato da Luca Cantoni)

A: L’esito vero è

scritto qui. B: L’esito vero non è

scritto qui.

C: L’esito vero non è

scritto in A.

Contenuto di A

Isotta è viva e

vegeta. Sta

arrivando.

Contenuto di B

Isotta non è arriva-

ta: è morta durante

il

viaggio.

Contenuto di C

Isotta non è nem-

meno

partita.