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CollanaQUADERNI IN GALLERIA

numero tredici

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Il pudore della felicitàIl pudore della felicità

Anna Madia | Alessandra Rosini

a cura di Giacomo Maria Prati e Chiara Canali

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Mostra a cura diGiacomo Maria Prati e Chiara Canali

Coordinamento mostraChiara Canali

Allestimento luciLorenzo Leddi, Volume

GraphicsDonato PancrazioEros, Adr2000

AssicurazioniAXA Agenzia Mattavelli di Cantù

WebFrancesco Contewww.ilpudoredellafelicita.org

Promozione e organizzazioneIl leone e la rosawww.illeoneelarosa.org

Commissario straordinarioPresidenteRodolfo Masto

Direttore ScientificoGiancarlo Abba

Con il patrocinio di

Main Sponsor

Sponsor tecnici

Il pudore della felicitàAnna Madia | Alessandra RosiniMilano, Istituto dei Ciechi 19 giugno – 4 luglio 2008

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autoriz-zazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. L’editore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile rintracciare.

© 2008 Galleria196 - © 2008 Gli autori per i testi - © 2008 Gli artisti per le opere

Coordinamento editorialeChiara Canali

TestiGiacomo Maria PratiChiara Canali

Grafica ed impaginazioneFrancesca Di Stefano

In copertinaAlessandra Rosini - Theoria HumanitatisAnna Madia - Camera Picta

Catalogo a cura di

Galleria 196Via dei Coronari, 194 - 00186 RomaTel. +39 06 6892472Cell. +39 338 [email protected]

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to», o forse come auspicio, «chel’operare sia di sollievo anche nelletenebre».È passato del tempo da quandol’Istituto decise di adottare questo sim-bolo, ma il suo motto è ancora di gran-de attualità ed interpreta appieno lesperanze dei ciechi che con orgoglio-sa fierezza non intendono nascondere i

loro talenti, ma senza sconti voglionoconfrontarsi con il mondo, diventandomagari testimoni di luce.

Presidente Rodolfo Masto

L’Istituto dei Ciechi di Milano

L’Istituto dei Ciechi di Milano è una isti-tuzione storica della città, che offre aidisabili visivi molteplici servizi educativie formativi. Nella prestigiosa sede divia Vivaio, oltre che nelle precedenti,hanno vissuto e studiato migliaia dinon vedenti: alcuni sono diventatifamosi, altri hanno condotto una vitanormale, ma per tutti l’Istituto è statostrumento di riscatto.La storia dell’Istituto dei Ciechi diMilano è storia dei milanesi che lohanno fortemente sostenuto fin dalleorigini; i l suo fondatore fu MicheleBarozzi (1975 – 1867) che nel 1840gettò le basi di quello che dovevadiventare uno dei punti di riferimentodella tif lo-pedagogiaitaliana ede u r o p e a( d i s c i p l i n ache studiale temati-che del-l’educazio-ne e dell’in-t e g r a z i o n edei nonv e d e n t i ) .La lungimi-ranza delsuo fonda-tore hafatto sì che,fin dalle

prime fasi, questa Istituzione non sioccupasse solo del ricovero e dell’ordi-naria assistenza ai ciechi ma anchedello sviluppo di progetti miranti all’in-serimento sociale.All’interno dello storico palazzo di viaVivaio, il visitatore rimane sorpreso difronte al notevole patrimonio artisticoe architettonico, che comprendeimportanti opere della storia dell’artelombarda otto-novecentesca e unavastissima quadreria di ritratti, spec-chio eloquente del ruolo che l’Istitutoha avuto nella storia della beneficenzamilanese.Nell’atrio principale, al centro delpavimento in mosaico lombardo, cam-peggia il simbolo dell’ Istituto, lo stessoche si ritrova rappresentato sul soffittodella scala monumentale e, circonda-

to di stucchi, nel sorprendente sof-fitto di sala Stoppani. All’interno diun ovale di oro zecchino, un fondoblu cosparso di stelle color oro rap-presenta la notte, il buio. Tre linguedi fuoco gialle e rosse che raffigu-rano il sapere guizzano in primopiano, illuminando una ruota chesimboleggia il lavoro e uno spartitoche ricorda il proverbiale amoredei ciechi per la musica e per l’ar-te. Lo stemma si completa con l’im-magine di un libro aperto, simbolouniversale della conoscenza.L’emblema è attraversato da uncartiglio con il motto In tenebrisopera solacium, che i latinisti tradu-cono: «nel buio il lavoro è confor-

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legittimazione. C’è un vuoto linguistico e rap-presentativo che la pittura può simbolica-mente colmare. Evaporata l’egemoniadella parola, può risorgere il predominiovaloristico dell’immaginePossiamo registrare un rapporto di propor-zionalità inversa fra svuotamento del sensodel pudore fisico e potenziamento delpudore riferito ai mondi interiori, sempre piùavvolti da un enigmaticità individualegeneralizzata. I due pudori si estremizzano,centrifugamente e centripetamente, gene-rando un nuovo fascino sottile e interiore. Ilpudore della felicità genera una nuovasacralità degli affetti e dei sogni, fatta disilenzi, volti e posture, che resta intatta emisteriosa pur attraverso le più forti passionie la più sensuale fisicità.Gli sguardi poeticamente obliosi delle giova-ni donne colti da Anna Madia, sguardi cheammaliano con una manias emozionale frasensualità e sentimentalità, i volti assorti edenigmatici di Alessandra Rosini, ci parlano diun sottile filo che conduce ad un varco, aduna possibilità che resta aperta, ad una vivi-bile seppur misteriosa serenità. Più si satural’immaginario con la reificazione delle rap-presentazioni più si generano nuovi mondidelicatissimi di sensazioni sottili e sensibilitàspirituali, che da una parte urgono di rivelar-si cercando linguaggi come il colore e la pit-tura per lasciare allusioni e segnali, dall’altrasi autoconservano felicemente nel loroincanto insolubile. La serenità infatti si puòconquistare con la disciplina e la volontà ma

la “felicità” è segno di una magia imprevedi-bile, di una potenzialità ineffabile di cui sfug-gono i termini di origine e destinazione, di unmito che si autofonda. Una volta proferitaquella fatidica parola essa stessa quasi ciinfastidisce, in quanto coinvolge e implica unsenso totalizzante di unità, coinvolge il valoreassoluto della vita e delle sue rappresenta-zioni verso il quale restiamo impreparati ebalbettanti. Un mistero verginale, suscettibilee delicatissimo, sacro in quanto invitante mapure pericoloso, si agita dentro questa evo-cazione. Come un gioiello prezioso si conser-va in un adeguata custodia, e non solo si“usa” indossandolo, ma ancor di più si con-templa e si vive affettivamente e simbolica-mente, così il mithos vivo e perenne della feli-cità richiede l’ occultamento di veli estetici eun silenzioso rispetto. Ecco perché la pitturafigurativa contemporanea, nel forte ritornodel ritratto iconologico e situazionistico,archetipo senza copie né calco, riesce conparticolare efficacia e suggestività a farsi vei-colo di questa intrigante dimensione esisten-ziale in cui siamo immersi. AdditritturaMonique Selz parla di una “dittatura della tra-sparenza” e della conseguente rivalutazionedel pudore, in particolare il pudore mentale einteriore, quale luogo della libertà e dello svi-luppo umano, mentre la psicoanalisi parlaaddirittura di “pudore del pudore” ed ne esi-ste perfino una definizione nominale precisa:“ereutofobia” che in certi casi potrebbe esse-re segnale di “psiconevrosi ossessiva”, ma lastessa psichiatria lo rivalorizza pure quale

Il coraggio di una parola

Dio mio, ci vuole così poco per essere felicipoiché la felicità è dell’idea

mentre l’infelicità è della vita

“I bei momenti” Enzo Siciliano

Felicità: mai parola fu più ambigua e sco-moda, abusata e obliata, esaltata dalle uto-pie e dalle fedi e gestita con imbarazzo egoffaggine da una ragione che non riescea razionalizzarla! I greci la chiamavano:edudaimonìa. Nella civiltà di Roma invecela scomoda parola riemerge curiosamentepiù quale quale aggettivo che comesostantivo: “Campania felix” ad esempio;quasi una sinonimo di “victrix”. IlCristianesimo convertì l’elitario e statutario“felix” in “laetus” instaurando nella prassiuna nuova concezione rivoluzionaria: la“gioia”, momento sorgivo e assoluto, condi-visione quotidiana di più piani dell’essere,senso di totalità e pienezza nella semplicità.La “tempesta romantica” ottocentescaesaltò dapprima l’ebbrezza dello scatenarsidegli elementi e delle passioni per poi lan-guire inaugurando il primo sentimentalismodi massa, simulacro dell’idea di felicità. DalWerter al coro del brindisi della Traviata edalla Traviata si declina fino al culto tacitodell’osteria. Dall’eudaimonia all’utopia equindi all’insensibilità cinica del conformi-smo psico-reattivo.

Oggi, crollata ogni idea ”sistemica-colletti-va-organica” di felicità e svanita ogni cor-rente culturale trainante e generativa dinuove accezioni-maschere del “pensierosulla felicità”, assistiamo con stupore al dif-fondersi di un nuovo pudore, pericoloso eaffascinante nel contempo: “il pudore dellafelicità”, la ritrosia generale cioè ad esprime-re e gestire l’emozionalità e sensibilità interio-re più profonda, degno controaltare del-l’esibizionismo retorico dei “fantasmi del sen-timento” programmato e imposto dai massmedia e dal cinema.Oggi nel contempo il mito del XXI secolopotrebbe tornare ad essere la bellezza. Noncerto negli e per gli stereotipi commercialideificanti della quale sono parodia di consu-mo, ma proprio per la potenza dell’arte ingenerale, e della pittura in particolare, amanifestare ciò di cui la parola ha perso

Berlino III acrilico su tavola, 70x100 cm 2006

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Dolore blu, distacco bianco,rosso emozione

Mezzo di comunicazione per eccellenzacon cui si esprime da sempre la pittura è l’al-fabeto del colore. Il colore, come la musica,si serve di una scorciatoia per raggiungere inostri sensi e suscitare le nostre emozioni. Ilpittore, come afferma l’artista-scienziatoBridget Riley, “ha a che fare con due sistemiben distinti di colore: il colore percepito e ilcolore pittorico. Entrambi saranno presenti,e il lavoro dell’artista dipende dall’enfasiche egli pone prima sull’uno e poi sull’altro”.Questa consapevolezza può trasformarsi inuna scelta di esclusione tanto da condizio-nare tutto il lavoro di un artista, come peresempio nel caso dell’opera di Yves Kleinche apre a un periodo “monocromo” in cuiogni sua opera è composta da una solaintensa tinta. Nel 1957 Klein aveva lanciato ilsuo manifesto “Proclamazione di un’epocablu” che presentava undici quadri dipinticon una nuova sfumatura di blu vibrante,dove il colore diventa molto di più di unmezzo fisico attraverso cui gli artisti costrui-scono le loro immagini. Così era già acca-duto a proposito dei periodi “blu” e “rosa” diPicasso e della predilezione dei carmininell’Atelier rosso di Matisse o ancora nellapotenza coloristica dei fauve.Nella pittura figurativa si fa strada l’idea cheil compito del pittore non sia più quello dirappresentare fedelmente la natura, macon la liberazione della corrispondenza

naturalistica tra realtà e rappresentazione,la scelta del colore da parte degli artisti sibasa sull’osservazione interiore, sul sentimen-to e sulle sensazioni.Questo processo di riabilitazione emotivadel colore si può riscontrare nel lavoro delledue artiste qui presentate: Anna Madia e

segno di una connessione costruttiva.Esisterebbe un nesso intimo e ancestrale frasenso del pudore e una conoscenza profon-da di sé e della vita. A questo esito “schizofre-nico” ha portato il culto di massa delle pulsio-ni e degli atteggiamenti: repressione dellasentimentalità come di un corpo invisibile chenon si vuole lasciare reificare e banalizzare, euna nuova “paura di arrossire”, segno diimperdonabile “debolezza”, e non più segnodi vita. Alla fine del litorale novecentescodella dissacrazione e della demitizzazionescopriamo quindi una preziosa baia inesplora-ta dove emerge delicatamente il mithos origi-nario, anzi l’aspettativa di una nuova mitolo-gia dell’anima, ancora senza nome ma fertile

di immagini, il senso della compresenzasenza tempo dell’età dell’oro, della fanciul-lezza eterna dell’anima, che ora scivolaquale possibilità di vita intima e individualefutura. Il regno tirannico della riproducibilitànon può che obliarsi nel segno enigmaticodell’attimo di luce che oltrepassa le opposi-zioni nominali. Saturno ritorna! Che sia estasiirrazionale, che sia un esplosione effimera,che se ne parli quali conquista esoterica, gli“eroici furori” di Giordano Bruno, quale attin-gere cioè ad uno status che esiste indipen-dente da chi lo vive, che si presenti colora-ta-mascherata dai classici “assoluti derivati”quali “amore” “benessere” “ebbrezza” “fol-lia”, comunque la felicità permane qualepostulato implicito di ogni tensione ideale edi ogni animazione e configurazione esteti-ca, anche quando ne risulta dialetticamen-te negata, obliata o contestata.Ecco quindi il peso culturale specifico di que-sto evento: dall’ambigua ritrosia dell’abisso afarsi parola ad un nuovo ambiguo coraggioche vive di immagini! Un nuovo eden di sensiinteriori in cui non si cade ma si fluttua, dovelo sguardo penetra dolcemente universi nelsuo assoluto abbandono. Siamo invitati adaccostarci, in punta di piedi, in una stanzatiepida e sorprendente, viva, che fa cambia-re pelle all’anima e scioglie i ricordi nel pre-sente del sogno accarezzato. Anna Madia eAlessandra Rosini ci iniziano al nuovo fascino-so e intrigante “pudore della felicità”.

Giacomo Maria Prati

Bunny acrilico su tavola 110x160 cm 2006

Twin 3 olio su tela e plexiglass 110x100x10 cm 2007

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estatiche e sensuali.La poetica di Anna Madia si dispone sullenote del rosso emozione delineando il ritrattodi una joune fille in tutte le sue sfaccettature:se ne mettono alla luce le malinconie e le tri-stezze fugaci, le lacerazioni interiori, i luoghi ei tempi del disagio adolescenziale, le speran-ze e i dubbi, le permanenti esitazioni, i rossorie tremori infantili che si dipingono sui voltidelle fanciulle. Qui non è più il ritratto auto-nomo che condiziona la scena, come nellaRosini, bensì la visione frammentata deltaglio fotografico e del montaggio cinema-tografico, che ricompone le tessere del realein un racconto in cui l’immobilità precede ilcontrappunto dell’azione.In una cornice in cui alcuni oggetti come illetto, il cuscino, il diario, il soprammobile, lospecchio svolgono una funzione quasi tea-trale, le protagoniste della Madia sono crea-ture appassionate e immature, figure mitolo-giche trasposte nel reale come prototipimitologici. Il rosso, dominante coloristicadelle sue opere, in questo caso si ricollegaalla passionalità delle eroine personificatenei ritratti, che compiono gesti estremi esignificativi, come Ophelia nella vasca dabagno, come Alice prima di cadere nelbuco del coniglio, come Penelope chetesse la tela per esorcizzare paura a attesa.Riprendendo l’esempio iniziale del cinemadi Kiéslowski, incentrato sulla poetica dellasperanza che scaturisce da un viaggio a tretappe, l’opera delle due artiste parte dallasperanza che sia ancora possibile comuni-

care le proprie emozioni più intime e segre-te a partire da un alfabeto espressivo che sicostruisce sui tre colori del blu, del bianco edel rosso. Una grammatica tangibile, chepur non riducendo la tela a monocromo,mantiene una vocazione narrativa che rien-tra nel codice linguistico della nuova figura-zione italiana e lo sviluppa con una proprie-tà dei mezzi tecnici che risente sia delleinfluenze di chi pratica ancora il ritratto inItalia sia degli influssi della pittura internazio-nale di Lucian Freud, Jenny Seville e CecileBrown. Entrambe usano la pittura come sefosse il meccanismo per la costruzione diporzioni emozionali, in cui ogni figura sicostruisce dalla sovrapposizione di pennel-late ocra, cremisi, magenta e vermiglione.Attraverso la loro stessa natura pittorica ecoloristica, questi ritratti riflettono le emozionie le sensazioni del loro specifico soggetto, edi quello soltanto.

Chiara Canali

Brano tratto dal romanzoLa mania per l’alfabetodi Marco Candida - Sironi Editore

Prende il telecomando dal comodino, sistende sul letto, usa il telecomando. il televi-sore si accende: compaiono le immagini.Michele, è una cosa che non fa spesso, alzail volume del televisore. sul canale dove pas-

Alessandra Rosini. Osservando i loro lavori, aldi là delle affinità tematiche riscontrabilinella scelta di raffigurare l’intimità di unmondo femminile chiuso nella propriadimensione solipstica, balza subito all’oc-chio la persistenza nell’uso di alcune tinteche ritornano con continuità nella composi-zione delle artiste: i toni caldi del rosa, delmagenta, del rosso nelle tele della Madia;quelli del blu cobalto, del bianco livido e delbruno cremisi nei ritratti della Rosini. Unospettro cromatico che in realtà si racchiudeattorno a tre colori, scelti in chiave simboli-ca: blu, bianco e rosso.Questa trilogia, che richiama quella cine-matografica di Kiéslowski e Piesiewicz in FilmBlu, Film Bianco, Film Rosso, può essere inter-

pretata come una sorta di viaggio metafo-rico delle artiste alla ricerca di una propriaidentità stilistica ed espressiva.Un processo di conoscenza che si compiecome viaggio attraverso il dolore e la tristez-za dei volti blu e azzurri di Alessandra Rosini,che si rivelano allo spettatore nello sguardoimmobile e perso nel vuoto di questedonne, sole e abbandonate in una dram-matica ricerca di sé attraverso il tunneldella solitudine.I Family portrait, i ritratti di famiglia i cui mem-bri sono dati l’uno dentro l’altro, anzichél’uno accanto all’altro, come si trattasse diuna radiografia sovriampressa a sottolineareil legame intimo dell’unione fisica, lascianoqui il posto a ritratti singoli, individuali, cheproclamano la loro corporeità non più trami-te le sovrapposizioni chiaroscurali e le vela-ture di colore, bensì attraverso le estroflessio-ni tattili che legano in un unico gesto la vistae il tatto. Il dipinto diventa realmente e total-mente “visibile” solo quando viene toccato,sfiorato, dalla mano di chi guarda.Dal senso di dolore si trapassa in un limbo didistacco fisico e interiore, esemplificato neiritratti monocromi bianchi della Rosini in cuile teste riverse verso l’alto, gli occhi semi-aperti, le bocche socchiuse sono in attesa diuna svolta, di un cambiamento spirituale,che si compie nell’atto finale dei Tactilepaintings dove il ritratto riconquista la suadimensione tridimensionale attraverso i siste-mi paralleli del vuoto d’amore-ricercad’amore per le figure brune dipinte in pose

Family portrait mother & doughter 4olio su tela, 100x100 cm 2008

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donna roteano in senso orario e poi antiora-rio cinque gambe di donna disposte a spira-le con ai piedi tacchi rossi. Michele cambiacanale. su una rete a pagamento c’è unapellicola che ha anche in viaccaesse nelmobiletto della sala e che ha visto moltevolte. il film si chiama True Romance. in que-sta sequenza un uomo (che è il padre delprotagonista del film, che, come Michelericorda, si chiama Clarence) scende dallasua automobile grigio scura targata 674 TUEe dal posto accanto a quello di guida il suocane Rock scappa via abbaiando mentrel’uomo, il padre di Clarence, (un signorevestito da poliziotto) lo richiama senza suc-cesso. mentre passa il treno fischiando, ilpadre di Clarence entra nella roulotte bian-ca e azzurra dove abita, fa un passo, e allasua destra la canna di una pistola gli scendeall’altezza del collo. subito dopo da sinistraun pugno al naso lo fa crollare a terra. nell’in-quadratura successiva c’è un signore con icapelli tutti tirati indietro, vestito con un com-pleto scuro e la cravatta, seduto davanti alpadre di Clarence. anche il padre diClarence sta seduto e una riga di sangue gliparte dall’occhio sinistro e gli attraversa ilviso. alle spalle del signore con il completoscuro, vicino alla parete, in prossimità dellaporta della roulotte, ci sono altri due uominicon lo stesso completo scuro e con gliocchiali da sole. l’uomo seduto davanti alpadre di Clarence gli dice: ”lei sa chi sono?”.ha il tono pacato. l’uomo risponde: ”rinuncioa indovinare. me lo dica lei”. l’uomo gli dice:

”io sono l’anticristo e oggi mi sento moltovendicativo. potrà dire agli angeli di nonavere mai visto il Male ben personificatocome lo ha visto sulla faccia dell’uomo chel’ha uccisa”. il signore con il completo scurosi chiama Vincent Coccotti e, come dice, èl’avvocato di Blue Rou Boy. dice al padre diClarence di volergli fare qualche domanda.si alza, si toglie il soprabito e chiede al padredi Clarence se vuole una sigaretta. l’uomodice che no. poi dice a Vincent Coccotti dinon avere visto Clarence. allora VincentCoccotti si abbassa, alza il pugno sinistro,dice: ”questo lo vedi?” e colpisce l’uomo.poi gli porge un fazzoletto per pulirsi il sangueche gli cola dal naso. Vincent Coccotti spie-ga la situazione al padre di Clarence. glidice che i vicini gli hanno detto di aver vistouna Cadillac rossa parcheggiata davantialla sua roulotte. poi gli rende noto di quelche hanno fatto Clarence e Alabama (laprotagonista femminile del film) (Clarence eAlabama hanno rubato una valigia piena dipacchetti di cocaina al pappone diAlabama) e aggiunge che l’avrebberoanche fatta franca se “suo figlio, testa dicazzo com’è, non avesse lasciato la suapatente in mano al morto”. poi chiede alpadre di Clarence dove sono andatiClarence e Alabama. l’uomo gli rispondeche non gliel’hanno detto e poi gli dice: ”sicalmi un momento e mi stia a sentire… - sipulisce il naso e dice – io non vedevoClarence da tre anni. si è rifatto vivo ieri conuna ragazza, dicendomi che si era sposato.

sano solo clip di musica c’è un video musica-le dei Tre Allegri Ragazzi Morti. il video è pro-prio agli inizi. in basso a destra Michele leggeil titolo della canzone: Pazzatoio. poi osservail video. sullo sfondo al centro di una spiralecolorata che sta roteando in senso orario – lasequenza precisa dei colori è: nero, rosso,bianco –, in rapida successione si ingrandi-scono via via il disegno del muso di una scim-mia e le sagome di due dei tre AllegriRagazzi Morti: gli occhi della scimmia con-tengono la stessa spirale colorata dello sfon-do, e la spirale negli occhi rotea in senso ora-rio quando la spirale sullo sfondo rotea insenso antiorario e in senso antiorario quandola spirale sullo sfondo in senso orario. i dueallegri ragazzi – che indossano mascherine ateschietto – producendosi in una danza tri-bale, saltellano prima sul piede destro solle-vando l’avambraccio sinistro all’altezza dellespalle e la coscia sinistra all’altezza delleanche, poi sull’altro piede sollevando l’altroavambraccio e l’altra coscia. dentro gliocchi della scimmia, che si ingrandisconovia via fino ad arrivare in primo piano, al cen-tro della spirale colorata compare il batteri-sta dei tre allegri ragazzi morti che sta bat-tendo sui tamburi. lo sfondo cambia: le spira-li colorate si riempiono delle sagome bian-che delle mascherine a teschietto. ruota losfondo, poi lo sfondo si ferma, e comincia aruotare il batterista, con i due tamburi bian-chi, di trecentosessanta gradi, poi di nuovocambia lo sfondo, spariscono le spirali, resta-no le mascherine tutte in fila, su tutto lo sfon-

do, e adesso non sono più bianche ma verdi,rosse, blu, con sfumature elettriche. oltre alsuono dei tamburi si sente l’arpeggio di unaccordo – solo qualche nota pizzicata con ilplettro su una chitarra elettrica appenadistorta. un accordo interrompe il suono uni-forme dei tamburi. al centro dello schermocompare l’immagine di una donna ritagliatada una rivista con una maglia nera, con unascollatura a V, le gambe aperte e sulla testa– a prima impressione sembra la falda di uncappello – una lingua che esce e rientra dauna bocca. tra le gambe della donna,senza le mutandine, c’è il batterista, stavoltacon la faccia mascherata a favore dell’in-quadratura, minuscolo, mentre batte suitamburi e rotea in senso orario. dietro la

La rossa olio su tela, 40x40 cm 2004

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//ovviamente// si vincono //un sacco dipremi//. //ovviamente// la famosa presenta-trice gira per lo studio quasi senza vestiti.//ovviamente// tutto è //fantastico//, //lus-suosissimo//, //favoloso//. //ovviamente//,anzi, //naturalmente//. Michele cambiacanale. c’è una fotografia della famosaattrice prima e dopo una serie di interventi dichirurgia estetica. forse la famosa attrice,pensa Michele, avrebbe bisogno di interven-ti di chirurgia etica. c’è una freccia blu cheindica la taglia del suo seno – una seconda– e poi una freccetta rossa che indica lanuova taglia – una quarta //naturalmente//,come direbbe la famosa presentatrice.Michele cambia canale. c’è la bella intervi-statrice che porge il microfono alla bellissimastellina, e questa che parla, e dice dove èstata in vacanza, e dice che è stata nel lussoe nel sogno, e dice che con il suo nuovocompagno ha trovato //la felicità//. a que-sta parola l’intervistatrice sembra andare intilt per un momento, come se dentro fossefatta di fili, viti, bulloni, e quella parola avessemandato tutto in cortocircuito – come sefosse un dato che non potesse venire accet-tato oppure un dato senza senso. anche labellissima attrice dopo che ha pronunciato//felicità// si è subito coretta con //conten-tezza//, ma ormai sembrava che queste dueparole facessero fare dei contatti strani con ifili dei circuiti interni, e la bella intervistatrice sivolta verso la telecamera e… Michele cam-bia canale. in basso a destra del suo televi-sore cinquanta pollici vede scorrere il display

dei numeri del canale. tiene premuto il tastodel telecomando che fa scorrere i canali inautomatico. Michele lo fa spesso. osserva leimmagini per un secondo, a volte mezzosecondo. pensa che anche le immaginisono come i suoi pensieri – la sua irrequietu-dine davanti ai suoi pensieri – la sua indeci-sione – la sua incapacità di scegliere.Michele sente un: “Matthew!”. un: “quattro-mila euro!”. un: “garantendo”. un: “incredibi-le”. un: “zaaang!”. un: “magnificamente”.un: “il prossimo”. un: “dannato aggeggio”.

voleva un po’ di… di liquidi per andare inluna di miele. mi ha chiesto di prestargli cin-quecento dollari. naturalmente non gli hodetto di no e così gli ho firmato un assegno.poi abbiamo fatto colazione insieme. questoè tutto quello che so di lui. ci creda o no. nongli è venuto in mente di dirmi dove andavae a me non è venuto in mente di chiederglie-lo”. Vincent Coccotti fa un cenno ad altridue uomini alle spalle del padre di Clarencee uno dei due si china e versa un po’ di whi-sky su un taglio nel palmo della mano sinistradel padre di Clarence. l’uomo lancia un urlo.uno degli uomini alle spalle di VincentCoccotti lancia al padre di Clarence unasalvietta bianca. Vincent Coccotti torna asedersi, guarda l’uomo e gli dice che i sicilia-ni sono dei gran bugiardi e che lui è un sici-liano e per questo conosce tutti i trucchi permentire. ci sono diciassette modi di mentire,anche se le donne arrivano fino a venti, mase si conosce il trucco basta guardare gliocchi e si batte anche la macchina dellaverità. ora l’uomo sta facendo il gioco del“dire e del non dire” e per non dire niente stadicendo tutto. l’uomo chiede una delle siga-rette che aveva rifiutato agli inizi. poi per dueminuti gli racconta tutta una storia sui sicilianie Vincent Coccotti scoppia a ridere e si alzae gli da un bacio sulla guancia e sempreridendo si avvicina a uno degli uomini allesue spalle e si fa dare la pistola e sempre conil sorriso sulle labbra spara alla testa delpadre di Clarence. tre colpi. VincentCoccotti dice:”è dall’84 – e spara un altro

colpo – che non uccidevo nessuno… - espara altri tre colpi – poi – dice – vengo acasa di questo commediante per scopriredov’è quello stronzo di suo figlio e devo subi-re gli insulti di questo figlio di puttana. que-sta… famiglia del cazzo l’anniento”. intantouno degli uomini alle sue spalle trova attac-cato allo sportello del frigorifero il bigliettocon l’indirizzo e il numero di telefono dellapersona che ospita Clarence: CLARENCE INLA DICK RICTHIE 12127 WEST ARDMORE HOL-LYWOOD, CA. Michele cambia canale. lafamosa presentatrice si muove lungo lo stu-dio televisivo. ha due semicerchi neri sotto gliocchi – si vedono bene nonostante il trucco.con le braccia disegna nell’aria semicerchi elinee. con le dita circolini. ha due anelli moltovistosi agli anulari. parla veloce. pronuncia le‘e’ larghe, le ‘o’ larghe, le ‘a’ larghissime –Michele non vede oggetti uscire dalla suabocca perché la famosa presentatrice nonsta in carne e ossa davanti a lui, ma è insca-tolata in una immagine. la famosa presenta-trice usa con molta disinvoltura le parole//naturalmente// e //ovviamente// come sefosse naturale //passare la linea// a qualcu-no, naturale avere un microfono appuntatotra i seni, naturale che avere una telecame-ra davanti a lei, cavi, elettricità, collegamen-ti col satellite, e come se ci fossero delle coseovvie che la famosa presentatrice pronun-cia e dei concetti ovvi che la famosa pre-sentatrice trasmette, e che ci fossero cose econcetti, che la famosa presentatrice dice etrasmette, che ovvi, invece, non sono.

Family portrait mother, son & doughter 1olio su tela, 100x100 cm 2008

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Anna Madia e Alessandra Rosini, “Camera Picta” e “Theoria huma-nitatis”: il fuoco dell’emozionalità e il logos del ragionamento, il trion-fo del colore simbolicizzante e coagulante e la centralità dellaforma strutturante e analizzante, l’epos dell’incanto lirico e l’iconi-cità ipnoticamente dominata. Una doppia personale di due sug-gestive pittrici ricche di profonda narratività e di appassionatapadronanza del linguaggio pittorico. Un evento doppio, quasi ternariocon i l tema di s intes i del t i to lo comune. Artiste estremamentedifferenti, quasi complementari, ma entrambe sintetizzanti un com-plesso equilibrio fra ricchezza immaginativa e ideativa, istintoespressivo e lucido controllo della composizione.

CAMERA PICTA E THEORIA HUMANITATIS

Anna Madia e Alessandra Rosini,nitatis”: il fuoco dell’emozionalità efo del colore simbolicizzante eforma strutturante e analizzante,cità ipnoticamente dominata.gestive pittrici ricche di profondapadronanza del linguaggio pittorico.con il tema di sintesi del titolodifferenti, quasi complementari,plesso equil ibrio fra ricchezzaespressivo e lucido controllo

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ANNA MADIA - CAMERA PICTA

Anna Madia realizza veramente una rinascimentale “Camera Picta”, quasi commit-tente di se stessa nella propria Opera, cioè un ambiente intimo e unico che svela tuttala personalità del proprio immaginario interiore. Fanciulle solitarie perse nei loro pensie-ri carichi di sogni e affetti, sguardi indecifrabili e magici, stanze dense di segni e di sim-bolica sottile corporeità. I visi poi appaiono più nitidi e più catalizzanti rispetto alla fasci-nosa “aura” in cui sono immersi (di cui non sai se ne sono emanazione o matrici gene-rative) in cui il cuore pittorico si libra più selvatico e sfuggente, più fisico e teso. Una pit-tura di respiro e di assorto silenzio che ci dona apparizioni femminili intessute di unadisposizione interiore così raccolta e intima da sembrare quasi contemplativa. Nonsiamo invitati ad entrare in questa Camera affettiva: già ci troviamo in essa involti e cene stupiamo, e non vorremmo più farne a meno, stentiamo ad uscirne! Una lentezzasorniona, maliziosa e candidamente ingenua nel contempo, ci attrae e ci indugia neimorbidi dettagli dei volti, castamente seduttivi, mentalmente ammalianti, mentre lamente riposa nelle semplificazioni dei corpi e degli elementi descrittivi. Ma nulla sem-bra veramente descrittivo quanto illustrativo di mondi tanto semplici e tersi quanto tre-mendamente profondi e misteriosi. Pittura di silenzio, di gesto coloristico e di ritmo musi-cale, dove la sospensione del tempo si fa sfocatura contemplativa e la discrezioneinteriore timbro espressivo. Un mistero che desidera restare tale nel suo delicato svelar-si, un sogno sincero che palpita di vita propria.

Giacomo Maria Prati

Il tappeto volante acrilico su tavola 24x24 cm 2007

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Il gioco di Penelope acrilico su tavola 90x80 cm 2007 Alla finestra acrilico su tavola 65x90 cm 2008

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Autoritratto con il cappuccio acrilico su tavola 55x50 cm 2008 Studio di Ofelia acrilico su tavola 50x45 cm 2008

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Chiara acrilico su tavola 35x35 cm 2008 Christiane acrilico su tavola 80x80 cm 2008

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Figura acrilico su tavola 32x32 cm 2007 Gitana acrilico su tavola 90x100 cm 2008

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In the maybe world acrilico su tavola 80x120 cm 2007 La favola di Biancaneve acrilico su tavola 100x150 cm 2008

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L’attrice acrilico su tavola 70x100 cm 2005 Leda acrilico su tavola 100x150 cm 2008

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Movie frame III acrilico su tavola 32x65 cm 200?

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Pilar acrilico su tavola 90x100 cm 2008 Scary world theory acrilico su tavola 55x82 cm 2007

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Sybil vane acrilico su tavola 180x100 cm 2007

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ALESSANDRA ROSINI - TEORIA HUMANITATIS

Alessandra Rosini ci espone una successione (theoria) di umanità pensose, enigmati-che, sensuali, asettiche, timidamente impositive. Oggi nella pittura contemporanea siparla spesso di “icone” della modernità o della postmodernità o di “icone neopop”ma si tratta quasi sempre di un abuso di terminologia dovuto ad una moda definitoria,la quale, come tutte le mode, appare semplicistica, riduttiva e superficiale. Per leopere di Alessandra Rosini invece il nome di “icona” appare appropriato. L’iconicità diun opera infatti non è data solamente dalla staticità e centralità delle figura, nè dallasola profondità dello sguardo, ma dalla viva tensione fra tre fattori: “immagine”, “irra-diazione” di senso, e “somiglianza” con un “arche-typos” o, nella caotica ricombina-zione attuale delle categorie, con almeno l’idea di un “typos” o modello. Questaespressività ternaria è presente in Alessandra, anche nelle suggestive ed innovativeopere tattili: l’intensa narratività della visione, l’efficacia emblematica, come autorive-lativa, dell’immagine manifestata, e l’idea di un misteriosa unicità e unità originaria dacui promana l’opera quale uno dei racconti possibili, vero e impositivo in quanto attua-le e discorsivo. Nello specifico le sue opere tattili si arricchiscono di un nuovo valoreaggiunto: il plurilinguismo. La molteplicità dei codici espressivi non è solamente datadall’acuta idea di coniugare il braille con la pittura ma, più profondamente, dalla sine-stesia vivace fra la struttura dei visi e il dialogo con e della posizione delle estroflessio-ni. Siamo di fronte ad una “logica di posizione” come negli scacchi. La più varia e enig-matica successione di anime flirta con un linguaggio braille che si fa anche metalin-guaggio, rete di codici segreti, i quali velano e ri-velano quella ricca e intima umanitàa cui invitano e attraggono. Opere “formative” e non solo performative: realizzate nontanto per stupire quanto per veicolare un valore etico inscindibile dalla bellezza este-tica della sua espressività. Un dolce e poetico sussurro che attraversa il nostro solipsi-smo e ci risveglia con il linguaggio vivo e vivificante di chi fisicamente non vede.Perfettamente lucida si rivela Alessandra nella sua poetica: il “tangibile” quale elo-quente simbolo, quale via di ritorno alla realtà dell’umano: ciò che noi che crediamodi vedere stiamo perdendo nel nostre colpevole autismo. La magia della pittura qualevelo per custodire il prezioso pudore della felicità, per aprire gli occhi dell’anima algusto della bellezza del mistero del vivere.

Giacomo Maria Prati Respiro selfportrait olio su tela 100x100 cm 2006

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Family portrait brother & sister 1 olio su tela 100x100 cm 2008 Family portrait grandmother & granddoughter 1 olio su tela 150x150 cm 2008

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Family portrait mother & doughter olio su tela 100x100 cm 2008 Family portrait mother & son 1 olio su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 1 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 2 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008 Tactile paintings 3 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 4 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008 Tactile paintings 5 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 6 olio e gesso su tela 150x150 cm 2008 Tactile paintings 7 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 8 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008 Tactile paintings 9 olio e gesso su tela 100x100 cm 2008

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Tactile paintings 10 olio e gesso su tela 150x180 cm 2008 Tactile paintings 11 olio e gesso su tela 150x150 cm 2008

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Tactile paintings writing olio e gesso su tela 70x100 cm 2008 Tactile paintings writing 2 olio e gesso su tela 70x100 cm 2008

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ANNA MADIA è nata a Torino nel 1976. Vive e lavora a Torino.

Premi e riconoscimenti2008 Finalista Premio Renaissance, a cura di Sharpcut, Italian Cultural Institute, Londra2007 Finalista BP Portrait Award, National Portrait Gallery, Londra

Premio Michetti, Fondazione Michetti, Francavilla a Mare2006 Finalista Premio Cairo Communication, Palazzo della Permanente, Milano2005 Premio Morlotti, segnalazione della giuria, Imbersago (LC)

6° Concorso La Fenice et Des Artistes, Fenice Hotels, Venezia2004 Premio Italian Factory per la giovane pittura italiana, finalista al premio con segnalazione

di Vittorio Sgarbi, Superstudiopiù, Milano4° Premio Nazionale di pittura e scultura Città di Novara, prima classificata sezione arte giovane,La Riseria, Comune di NovaraPremio Castrati, finalista al concorso, Pavarolo (TO)

Mostre personali2007 Aspettando la donna, Galleria Magenta 52, Vimercate (MI). Testo critico di Martina Corgnati2006 Anna Madia. Opere, Palazzo del Collegio, Asti. Testo critico di Giulio Lucente2005 Attraverso lo specchio, Anna Madia, Matteo Confalonieri e Maria Castronovo – Galleria Magenta 52,

Vimercate (MI). Testi critici di Dario Casalini e Marco MeneguzzoDescrizioni, Anna Madia e Barbara Bonfilio – Galleria Wunderkammer, Torino.A cura di Pino Mantovani

2003 S/Oggetti, Anna Madia e Tina Sgrò, Galleria Magenta52, Milano

Mostre collettive2008 Aqua e altre storie… , Galleria Wunderkammer, Torino

Figurati!, Officina delle arti, Reggio Emilia, a cura di Pittura Italiana2007 Preview of BP Portrait Award 2007, National Portrait Gallery, London; Laing Art Gallery,

Newcastle upon Tyne; National Gallery of Scotland, EdimburgoMade in Italy, Promenade Gallery, Valona, AlbaniaGemine Muse 2007, Asti, TorinoNuovi pittori della realtà, PAC, Padiglione Arte Contemporanea, Milano. A cura di Maurizio SciaccalugaFigurati! – collettiva – Galleria Pittura Italiana – MilanoDov’è la mia Barbie?. La ricerca dell’infanzia perduta, Sala dell’Annunciata, Pavia

2006 Album dei ricordi, Galleria Pittura Italiana , Milano. Testo critico Chiara CanaliMulhouse006, Accademie Europee in mostra, Mulhouse, Francia Human@art, CAF, Le Ciminiere, Catania.A cura di Lucio BarberaPer strada e dentro casa, Galleria Studio Vivo di Chiara Vivolo e Hotel delle Arti, Cremona.Testo critico di Emma Gravagnuolo

2005 Giovani talenti delle Accademie delle Belle Arti italiane, Galleria Previtali, Milano.A cura di Alessandra RedaelliBrain Storming, Galleria Montrasio Arte, Milano. A cura di Renato Galbusera

2004 Nuova figurazione, Master Olofsgarden, Svartmangatan, StoccolmaFabbrica Contemporanea, Fondazione Amleto Bretoni, Saluzzo (CN)

2003 Portraits, pretesto d’indagine,Galleria Magenta52, MilanoCorpi, Galleria Wunderkammer, Torino. Testo critico di Giuseppe Biasutti

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ALESSANDRA ROSINI è nata a Roma nel 1979. Vive e lavora a Roma.

CollaborazioniAnnina Nosei gallery, New YorkIl Polittico, RomaReartuno Studio, BresciaLe Tele Tolte, Calcata (VT)

Mostre personali2008 Progetto Invito D’Accesso. Tactile paintings, Cassine (AL). Testo in catalogo Giacomo Maria Prati2006 Trasparenze, Le Tele Tolte, Calcata (VT)2005 Introspezione figurativa, Roma2004 Interludio, Roma2004 Introspezione figurativa, Roma

Mostre collettive2008 ArtecontemporaneamodernaRoma, Galleria Le Tele Tolte, Roma2007 ArtVerona, Galleria Reartunostudio, Verona2007 Notturni Dannunziani, Vittoriale degli Italiani. Curatore Marcello Riccioni, testo critico di Marcello Riccioni2007 Bologna Art First, Annina Nosei Gallery (NY), Bologna2006 Natività, Museo Venanzo Crocetti. Curatore Elisabetta Palmioli, testo critico Mehran Zelli2006 Donnarte, Associazione Romacaputmundi. Curatore e direttore artistico Massimo Riposati2006 Galleria Le Tele Tolte, Calcata (VT)2006 Plot art Europa, Museo Castello Colonna di Genazzano (RM)2005 [email protected], Fondazione Carlo Molineris, Lugano, Svizzera. Curatore Massimo Lupoli,

critico Gianluca Marziani

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