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IL PROGRAMMA DEL LABORATORIO

Il programma non offre semplicemente una serie di regole di studio,

ma tiene conto delle caratteristiche individuali , attraverso un questionario standardizzato e

l’analisi degli stili cognitivi,

e dei vissuti dell’allievo,

sviluppa inoltre nello stesso

un atteggiamento metacognitivo

nei confronti dello studio.

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LE AREE ESAMINATE

1. Organizzazione del lavoro individuale

2. Elaborazione attiva del materiale

3. Stile cognitivo globale/analitico

4. Stile cognitivo verbale/visuale

5. Autovalutazione

6. Preparazione a una prova

7. Sensibilità metacognitiva

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L’APPRENDIMENTO

A P P R E N D I M E N T O

I N C I D E N T A L E

Il soggetto è esposto

a determinate esperienze

il cui scopo primario

non è

quello di generare

un apprendimento

e tuttavia ci si trova

ad aver imparato

cose nuove.

A P P R E N D I M E N T O

I N T E N Z I O N A L E

Il soggetto si impegna

deliberatamente

per imparare cose

che non conosce.

fondamentale ma non sufficiente,

perché dipende da fattori casuali

produce conoscenze puntuali

e altamente organizzate

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LA RICERCA

Esiste un vasto corpus d’indagini sui processi di studio (Hartley, 1998).

Queste indagini hanno affrontato le seguenti tematiche:

- il rapporto fra studio e contesto sociale

- le differenze di genere

- la relazione con gli stili cognitivi

- le implicazioni del contesto

- le abitudini di studio

- le idee che lo studente sviluppa sullo studio

- il ruolo di specifiche strategie

- l’atteggiamento metacognitivo-motivazionale (De Beni e Moè, 2000)

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LE METODOLOGIE (CORNOLDI, 1995)

A N A L I S I D I T I P O E V O L U T I V O

H A R T L E Y , 1 9 9 8

I bambini piccoli

possiedono un repertorio

di strategie di studio

più limitato

di quello a disposizione

di ragazzi più grandi.

A N A L I S I D E G L I S T I L I C O G N I T I V I

S C H N E I D E R E P R E S S L E Y , 1 9 8 9

Progrediscono le modalità

di elaborazione dell’informazione

di uno studente fra i 7 e i 18 anni:

qualità di elaborazione,

memoria di lavoro, sistematicità,

coerenza,

trasferimento strategie conosciute

di studio a situazioni nuove,

aumento livello metacognitivo

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LE SPERIMENTAZIONI (KIEWRA, 1991)

Numerose prove sperimentali dimostrano

i sofisticati sistemi cognitivi dei ragazzi e le loro potenzialità

nell’utilizzo di un buon metodo di studio.

A queste prove si aggiungono le osservazioni comuni

della capacità di apprendimento delle cose

che veramente interessano.

La questione dunque non è tanto quella di insegnare al ragazzo un metodo

che egli totalmente non possiede,

ma insegnarli ad adattarlo e applicarlo

nei casi in cui tenderebbe a non servirsene,

casi che purtroppo riguardano la quasi totalità della sua attività scolastica.

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L’INTERVENTO

E’ importante

che la scuola si impegni

a sviluppare

la capacità d’imparare degli studenti.

Fino a oggi la scuola ha incontrato qualche difficoltà a farlo,

non tanto perché non ne riconoscesse l’esigenza,

quanto perché non era previsto uno spazio istituzionale a questo scopo.

Qui e ora lo spazio istituzionale adeguato esiste

e con la collaborazione di tutti i docenti si potrebbe garantire il successo

a studenti potenzialmente capaci.

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I PROGRAMMI SUL METODO DI STUDIO

1. Strategie di elaborazione dell’informazione e di

memorizzazione (Craik e Lockhart, 1972 distinzione

fra elaborazione profonda e superficiale del materiale)

2. Mnemotecniche (Higbee, 2001)

3. Strategie utilizzate tipicamente nell’attività scolastica

(Hartley, 1998)

4. Metodi strutturati di studio (Robinson, 1961)

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STRUMENTI UTILI

A T T I V I T A ’ A S C U O L A

C O R N O L D I 1 9 8 6

Preparazione di una relazione scritta

Preparazione all’esame

Lavoro in biblioteca

Ascolto della lezione

Prendere appunti

Esposizione orale

Abilità di lavoro sul testo

Ripasso e farsi domande

Rielaborazione profonda e personale

Gestione del tempo

M E T O D O P Q 4 R

R O B I N S O N E T H O M A S 1 9 6 1

Preview

Questions

Read

Reflect

Recite

Review

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LE PROBLEMATICHE: LA PRIMA

La scarsa propensione dei ragazzi ad usare un metodo di studio che pure hanno

appreso. Anche studenti apparentemente molto motivati, con il passare del tempo,

finiscono per abbandonare queste tecniche, spesso (anche se non necessariamente)

perdendo le conoscenze acquisite durante il corso.

Non basta conoscere un metodo per utilizzarlo, dal momento che possono mancare

agli studenti

- una pratica sufficiente

- la consapevolezza della sua utilità

- la motivazione

- la voglia di impegnarsi

- il riconoscimento di quando e come il metodo vada usato.

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LE PROBLEMATICHE: LA SECONDA

Il peso aggiuntivo che talvolta comporta il far

riferimento ad un metodo di studio.

Metodi eccessivamente complicati o strutturati e

con i quali il ragazzo non abbia acquisito

sufficiente pratica (e ce ne vuole veramente

molta, perché le operazioni richieste siano

rese automatiche) possono addirittura

diventare controproducenti.

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LE PROBLEMATICHE: LA TERZA

Il pericolo dell’eccessiva rigidità che un metodo organizzato

necessariamente comporta. Talvolta l’esecuzione di tutte le operazioni

previste dal metodo può risultare macchinosa. Altre volte il compito di

studio implicitamente richiede di svolgerne solo alcune, evitando una

pedissequa applicazione del metodo.

Un ragazzo che abbia ben acquisito un metodo di studio può essere portato

ad applicarlo a tutti i contesti, senza tener conto della specificità di ogni

singola situazione.

Difficilmente un metodo di studio è sufficientemente flessibile per essere

utilmente applicato alla maggior parte dei materiali proposti (se non a

tutti): in caso contrario non sarebbe metodo.

Un metodo ha un a carattere generale e non può tener conto delle

caratteristiche specifiche dei soggetti che apprendono.

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UN APPROCCIO NUOVO

Rifiuta l’insegnamento di un metodo strutturato valido per tutte le stagioni

ma cerca

di rendere lo studente più sensibile ai propri problemi di studio (metacognizione)

di predisporlo adeguatamente alla richiesta di studiare un certo contenuto

di permettergli di possedere un repertorio adeguato di strategie integrabili

o alternative (strategie d’apprendimento e di studio)

di aiutarlo a mostrare un atteggiamento positivo e motivato

verso il contesto scolastico e lo studio (atteggiamento verso la scuola e lo studio)

di invitarlo a tener conto delle modalità particolari

con cui egli affronta un compito d’apprendimento (cioè dei suoi stili cognitivi)

e a meglio adattarle ai compiti che incontrerà nella sua vita di studente.

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IL PRINCIPIO GENERALE

Un soggetto che esercita un controllo attivo

sul suo processo di apprendimento

impara meglio e di più di un soggetto passivo;

una maggiore elaborazione produce

generalmente

una memorizzazione migliore.

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IL SECONDO PRINCIPIO

Un’informazione sarà facilmente recuperata

dalla memoria,

quando necessario,

se nel momento in cui la memorizziamo,

includiamo il riferimento agli indizi

che ne permetteranno un agevole recupero.

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DECALOGO PER INSEGNARE UNA STRATEGIA

1. Fornire una spiegazione dettagliata

2. Insegnarla fornendo un esempio concreto, offrendosi come un modello da imitare d’individuo che usa la strategia (modeling)

3. Ripetere bene le prime due fasi

4. Ottenere dagli alunni osservazioni e commenti

5. Porre l’accento sul controllo che la strategia permette di operare sul processo di apprendimento

Schneider, 1989

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DECALOGO PER INSEGNARE UNA STRATEGIA

6. Rinforzare il soggetto dopo che ha mostrato di usarla

appropriatamente

7. Invitare il soggetto ad automonitorarsi, cioè a osservarsi e a

tenersi sotto controllo mentre impara a usare una strategia e

quando si trova nei contesti in cui sarebbe opportuno

8. Operare un confronto tra i risultati ottenuti usando la strategia e

quelli conseguiti con il sistema tradizionale precedentemente usato

9. Incoraggiare il ragazzo a generalizzare la strategia ad altri

contesti

10. Insegnare l’uso in materie e con materiali diversi e in contesti

differenti

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LE DIFFERENZE INDIVIDUALI:

GLI STILI COGNITIVI L’importanza di considerare le differenze individuali è per l’ambito educativo

indiscutibile. Solo così il metodo d’insegnamento può tener conto meglio delle

modalità con cui il ragazzo apprende, valorizzare certe sue inclinazioni e

adattarle a contesti e situazioni nei quali quelle inclinazioni potrebbero causare

difficoltà consistenti.

Ogni soggetto dispone di un proprio stile cognitivo, evidenziando una tendenza

costante e stabile nel tempo a usare una determinata classe di strategie.

Ma se è bene valorizzare lo stile cognitivo di un individuo, d’altra parte è bene che

egli possa incontrare in ambito scolastico richieste non congeniali al suo stile, in

modo che risulti stimolato, con le opportune sollecitazioni, ad acquisire una

maggiore consapevolezza delle sue caratteristiche e ad utilizzare, quando è

necessario, strategie che , pur essendo alla sua portata, non usa.

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GLI STILI COGNITIVI

1. Stile sistematico/intuitivo

2. Stile globale/analitico

3. Stile impulsivo/riflessivo

4. Stile verbale/visuale

5. Pensiero convergente/divergente

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METACOGNIZIONE E STUDIO

La metacognizione è una specie di grande contenitore in cui vengono

raccolte tutte le operazioni cognitive sovraordinate alle operazioni

cognitive esecutive con la funzione di coordinarle, guidarle, indurre alla

riflessione.

L’atteggiamento metacognitivo si riferisce alla propensione a riflettere sul

proprio funzionamento mentale e allo sviluppo di alcune idee di fondo

sul funzionamento mentale.

Lo sviluppo di conoscenza metacognitiva è un requisito fondamentale per

una buona utilizzazione delle risorse cognitive individuali.

Occorre impostare ‘metacognitivamente’ tutto l’insegnamento e quindi

avviare programmi sistematici.

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PROGRAMMI METACOGNITIVI SISTEMATICI

Cornoldi e Caponi, Memoria e metacognizione, 1991

De Beni e Pazzaglia, Lettura e metacognizione, 1991

De Beni et al., Guida allo studio del testo di storia, 1993

De Beni et al., Imparare a studiare la geografia, 1995

Cornoldi et al.,Matematica e metacognizione, 1995

Cornoldi et al., Impulsività e autocontrollo, 1996

Cornoldi et al., Il bambino metatelevisivo, 1999

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OBIETTIVI

1. Avviare l’allievo al controllo della capacità di mantenimento

dell’attenzione, potenziando la concentrazione

2. Guidare l’allievo alla selezionare degli aspetti principali durante la

lettura di un testo

3. Sviluppare nell’allievo la capacità di autovalutazione, giungendo a

valutare correttamente le sue prestazioni.

4. Sollecitare l’allievo ad utilizzare adeguate strategie di

preparazione a una prova

5. Potenziare nell’allievo una sensibilità metacognitiva

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L’AMBIENTE E LA RELAZIONE EDUCATIVA

Esiste una chiara relazione fra l’ambiente scolastico (la classe) e

l’effettivo grado di apprendimento: si lavora più volentieri e

meglio dove ci si trova a proprio agio (D. MacAulay, 1990).

Gli insegnanti preferiti sono caldi, amichevoli, disponibili ad aiutare,

comunicativi ma, al tempo stesso, ordinati, in grado di motivare e

di controllare il comportamento in classe (Lewin).

Lewin distingue tre climi fondamentali di classe: autoritario,

democratico, lassista. Il clima ‘democratico’, che generalmente

ottiene gli effetti migliori, è spesso legato a un’impostazione

cooperativa, piuttosto che competitiva, dell’insegnamento.

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L’ANSIA SCOLASTICA: CAROL DWECK

Dweck e Leggett (1988) hanno mostrato la relazione fra

disposizione attribuzionale e vissuti emotivi e ansia. Gli studiosi

avevano distinto fra ragazzi che credono che l’intelligenza sia

un’entità (teoria di entità) fissa e quelli che credono che

l’intelligenza sia malleabile (e credono nel ruolo dell’impegno). I

soggetti con una teoria di entità si pongono più spesso obiettivi

di prestazione (vogliono dimostrare quello che valgono) piuttosto

che di effettivo apprendimento. Inoltre quando percepiscono in

loro una scarsa abilità, sviluppano ansia, evitamento delle prove,

bassa persistenza nel compito.

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L’ANSIA DA ESAME: SARASON E TYRON

Spesso ragazzi che possiedono buone abilità di studio si bloccano al

momento della prova e forniscono risultati molto modesti.

Al momento dell’esame il ragazzo è bloccato nel recupero delle

informazioni rilevanti dall’affiorare di altri pensieri e associazioni

(molti dei quali riferiti al timore di sbagliare) che gli impediscono

di ritrovare le informazioni corrette che pure conosce.

Molti ragazzi ansiosi sono avvantaggiati da test a scelta multipla ove

il problema del recupero (ma non quello della decisione

ovviamente) è ridotto al minimo.

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L’ANSIA DA ESAME: NAVEH-BENJAMIN, 1991

Una parte dei ragazzi ansiosi in realtà non sanno studiare e

conseguentemente sono ansiosi perché consapevoli di conoscere la

materia in modo inadeguato.

Sono stati individuati soggetti ansiosi che codificavano l’informazione in

maniera poco significativa (codifica poco profonda), erano incapaci di

selezionare gli aspetti principali e organizzavano gerarchicamente il

materiale di studio in maniera inadeguata.

Si invita ad integrare l’insegnamento di un metodo di studio ben strutturato

e la riduzione dell’ansia. Insegnando un metodo di studio ben

strutturato da un lato e imparando a studiare dall’altro, viene sviluppata

la capacità di autoregolazione e autocontrollo che possono avere effetti

benefici anche sulla gestione dell’ansia.

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IL RUOLO DELLA SCUOLA

Appare sempre più urgente organizzare modalità appropriate per veicolare informazioni importanti come, per esempio, quelle riguardanti le sostanze stupefacenti, che rappresentano un’attrattiva rischiosissima per le giovani generazioni.

Troppo spesso infatti la scuola adotta metodi e canali comunicativi finalizzati prevalentemente a dissuadere dalle condotte rischiose, promuovendo invece quelle considerate sane e virtuose. Ciò tuttavia non produce gli effetti desiderati, perché la comunicazione avviene sempre in senso unilaterale dall’adulto (il docente o l’esperto) all’adolescente (lo studente).

Si tratta quindi di pensare a forme di elaborazione più adeguate, efficaci e coinvolgenti.

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IL RUOLO DELL’INSEGNANTE

A questo punto

l’insegnante avverte l’esigenza

di adottare modalità educative e strategie formative

per incentivare

più adeguati livelli motivazionali tra gli studenti

il coinvolgimento

la partecipazione alla vita scolastica

il senso di appartenenza

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BIBLIOGRAFIA

Cornoldi Cesare, Metacognizione e apprendimento, Il Mulino Editore,

Bologna, 1995

Cornoldi Cesare, Memoria e metacognizione, Erickson editore, Trento, 1991

Cornoldi Cesare, De Beni Rossana, Gruppo MT, Imparare a studiare2,

Erickson editore, Trento, 2001

De Beni e Moè, Motivazione e apprendimento, Il Mulino Editore, Bologna,

2000

Dweck Carol, Teorie del Sé, Erickson Editore, Trento, 2000

Lewin, Il bambino nell’ambiente sociale, La Nuova Italia Editore, Firenze,

1963

Mariani Ulisse e Schiralli Rosanna, Costruire il benessere personale in

classe, Erickson editore, Trento, 2002