IL PROFETA GEREMIA: SPERARE IN UN TEMPO DI CRISI · nel libro dei Salmi), sosteneva la necessità...

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1 IL PROFETA GEREMIA: SPERARE IN UN TEMPO DI CRISI Patrizio Rota Scalabrini

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ILPROFETAGEREMIA:

SPERAREINUNTEMPODICRISI

PatrizioRotaScalabrini

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ILMANDORLOFIORITO 1.Ilcontestostoricodellavicendadelprofeta

Il profeta colui che parla a nome del Dio della bert [alleanza], di un Dio che compie il suo progetto nella storia umana. allora necessario e decisivo capire il presente del profeta, il contesto storico nel quale egli opera, le coordinate sociali, culturali e religiose della sua epoca. Orbene, ricostruire in modo soddisfacente le coordinate storiche della vita di Geremia non cosa molto agevole poich bisogna intrecciare dati che dobbiamo evincere dal testo biblico di Geremia, frutto di molte riletture successive del messaggio originario, con elementi daltre fonti bibliche ed extrabibliche, le quali in parte confermano i dati della Bibbia, ma altre volte appaiono discordanti. La scelta di una lettura dei dati influenza anche la lettura del messaggio del profeta, poich collocare una pagina profetica in un determinato contesto storico concretamente attuare anche un'interpretazione su di essa, operare una scelta e una presa di posizione sul senso della parola del profeta.

1.1.Situazioneinternaedinternazionale

Lintroduzione del libro (Ger 1,1-3) inquadra l'attivit del profeta tra il 627 (anno tredicesimo del regno di Giosia) e la caduta di Gerusalemme (587 o 586). In realt, la sua attivit profetica continuer ancora per alcuni anni, ma questo periodo certamente quello in cui gli interventi del profeta sono stati pi frequenti. La situazione storica si caratterizza per un profondo influsso che gli avvenimenti internazionali esercitano sul piccolo regno di Giuda in questo periodo molto turbolento.

Lepoca di Geremia segnata pertanto da due fatti, il primo dei quali la delusione e il grave scandalo per la fede di Giuda rappresentato dalla morte prematura del giusto Giosia, il re jahvista riformatore (2Re 23,29-30), ucciso in uno scontro con Necao, faraone d'Egitto. Non si comprende se ci sia accaduto per un malinteso tra i due eserciti, sfociato poi in un regolamento di conti o per una cattiva interpretazione del quadro internazionale da parte di Giosia, desideroso di ingraziarsi il re di Babilonia, che era ormai la nuova potenza della Mezzaluna fertile. Il fatto della morte di Giosia poneva tutta una serie di domande che richiedevano una difficile interpretazione teologica.

Il secondo fattore il progressivo imporsi della potenza di Babilonia con Nabucodonosor. Se il rapido declino dell'Assiria aveva permesso a Giuda di scrollarsi di dosso il giogo assiro con il pesante tributo che aveva pesato sul popolo, da Acaz fino a Manasse, questo fatto non significava ancora una reale emancipazione politica, in quanto era soltanto un cambio di padrone. La caduta di Ninive nel 612 permetteva

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infatti a Babilonia di estendere il proprio influsso sulle zone un tempo soggette agli Assiri e nel 605 la vittoria a Carchemis sull'Egitto assicurava la supremazia babilonese nel Medio Oriente, fino alla conquista persiana del 539.

In questa situazione di crisi nazionale ed internazionale si formano due tendenze o "partiti".

La tendenzanazionalistica, basandosi sulle promesse alla casa di Davide con Natan e poi con gli oracoli di Isaia, e sulle promesse divine a Gerusalemme (cf i canti di Sion nel libro dei Salmi), sosteneva la necessit della ribellione e della resistenza armata contro Babilonia, la quale non aveva tardato ad imporre il tributo al regno di Giuda, come a tutti gli altri Stati vicini.

Ci silludeva dell'aiuto, garantito dalle alleanze, da parte dell'Egitto e dell'Assiria. Ma tali potenze ormai non bastavano pi neppure a se stesse. Il prevalere di questa tendenza filo-nazionalista porter alla catastrofe Giuda e Gerusalemme. Si andr incontro alla distruzione totale della citt santa e del Tempio, allo smantellamento dello Stato, a ripetute deportazioni delle persone pi capaci, e all'esilio dell'intera classe dirigente e dei ceti benestanti.

L'altro partito o tendenza, che si potrebbe denominare filobabilonese o collaborazionista, sosteneva la necessit di riconoscere la potenza e la sovranit di Babilonia e di sottomettersi ad essa come stato dipendente e tributario.

1.2.LaposizionediGeremia

In questa confusa situazione opera Geremia, l'uomo di Anatt, un villaggio a 6 Km a nord-est di Gerusalemme. Questa sua provenienza "provinciale" sar uno dei fattori che far s che il profeta non sia mai un uomo della corte, ma un uomo pi vicino al popolo della campagna, con le sue sofferenze e le sue diffidenze verso la propaganda dell'ideologia regale.

Inoltre, Geremia era di stirpe sacerdotale cio discendente della famiglia sacerdotale di Ebjtr, esiliata ad Anatt (1Re 2,26ss) dall'altra famiglia sacerdotale, quella Sadocita, che da quel momento aveva intrecciato il suo destino con quello della corte.

La tensione tra le due famiglie sacerdotali in parte coincideva anche con due diverse interpretazioni della storia della salvezza: la famiglia vincente, di dq, era portavoce delle tematiche dell'elezione di Sion, del Tempio e della dinastia, mentre quella di Ebjtr era portatrice delle tradizioni del Nord, pi legate al tema del popolo e al grande santuario di Silo, che Geremia pi volte ricorder nella sua predicazione.

Questa collocazione storica ci fa comprendere meglio la dura presa di posizione del profeta proprio nei confronti della linea politica della corte, sostenuta anche da motivazioni teologiche.

Geremia diventer sempre pi un illustre rappresentante della tendenza "filobabilonese" minoritaria, inascoltata ed osteggiata dalla corte e dal clero. Egli, contro i fanatici ed illusi sostenitori dell'ideologia regale davidica, si preoccupa maggiormente del destino effettivo del popolo piuttosto che dei privilegi "teologici" della monarchia, molto pi attenta al proprio particolare che al bene e all'interesse generale della collettivit (Ger 22,13-23).

Per conseguenza, considerando valore supremo l'esistenza di Israele come popolo, tema caro alle tradizioni del Nord, e riconoscendo l'effettivo distacco della dinastia

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dagli interessi reali del popolo, Geremia disposto a rinunciare quasi totalmente alle speranze messianiche, donde la diversit non soltanto di tono, ma anche di contenuto tra le attese entusiastiche e utopiche di Isaia e la profezia sconfortata di Geremia.

In questa scelta di Geremia si manifesta il dilemma drammatico del tempo: il valore supremo era rappresentato dalla continuit di una struttura statale autonoma che garantiva lindipendenza, oppure dalla continuit e sopravvivenza della comunit civile, a prezzo della perdita di ogni libert politica?

Dopo avere relativizzato il legame JHWH-dinastia davidica, Geremia dissolve anche un altro legame che costituiva un dogma fondamentale della teologia della classe sacerdotale, la quale rappresentava una componente imprescindibile dell'lite gerosolimitana (corte/ clero), e precisamente il legame JHWH - Tempio. Tale legame, gi saldissimo dal tempo di Salomone, si era ulteriormente rafforzato dopo la riforma del culto da parte del re Giosia, che aveva soppresso ogni altro santuario jahwista e pagano a favore dell'unicit del Tempio di Gerusalemme. Questo rapporto tra JHWH ed il Tempio ritenuto indissolubile: una sua perdita significherebbe il definitivo e drammatico rifiuto di Israele da parte di Dio. Ecco la terribile seriet della critica di Geremia contro il Tempio (Ger 7 e 26). Tutte queste prese di posizione del profeta contro istituzioni, considerate indispensabili alla esistenza di Giuda, suscitano contro di lui reazioni violente che lo portano a bastonature, al carcere, alla condanna a morte (non eseguita), al rogo pubblico dei suoi scritti, ritenuti "eretici" (cf Ger 35-38).

Le persecuzioni contro Geremia, nel loro aspetto esteriore, sono state descritte dal segretario di Geremia, Bark, mentre il riflesso interno di questi contrasti e le sofferenze intime del profeta sono narrati da Geremia stesso in testi famosi, noti come "confessioni di Geremia".

1.3.LefasidellapredicazionediGeremia

Per quanto riguarda le fasi della predicazione del profeta gi i versetti dell'introduzione (cf Ger 1,1-3) ci permettono di delineare momenti particolari sotto Giosia, sotto Ioiakm e sotto Sedeca. L'attivit dopo la caduta di Gerusalemme non contemplata nell'introduzione.

Sotto Giosia avviene la vocazione del profeta, comunemente datata nel 627. In altre parole, la sua vocazione coincide con la data di quella riforma giosiana che tanta importanza ha per lAT. verosimile che Geremia sia stato toccato da questa riforma che si ricollegava a temi cari alla teologia del Nord. Secondo alcuni autori, il riserbo che il profeta mantiene a proposito di tale riforma dovuto al fatto che egli ne era uno dei principali fautori; altri studiosi, invece, attribuiscono il silenzio sulla riforma ad un certo scettico distacco nei suoi confronti da parte del profeta. La vicinanza teologica e letteraria tra vari testi di Geremia e i passi deuteronomici, per, ci fa propendere per la prima posizione.

La seconda fase della predicazione sotto Ioiakm: dalla morte di Giosia (609 a.C.) alla prima deportazione a Babilonia nel 597. un periodo molto confuso, caratterizzato prima dalla disillusione seguita alla morte di Giosia e dall'allontanamento del successore Ioacz, sgradito a Faraone, poi dalla presa del potere da parte del fratello Eliakm, sostenuto dagli Egiziani che gli cambiano il nome

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in Ioiakm. Geremia sar in aperta opposizione alla politica del monarca filoegiziano e, perci, dovr soffrire molto in questo scontro aperto con la "casa di Davide", che egli critica senza mezzi termini come un casato ormai decaduto (Ger 23).

questo il tempo anche delle grandi dispute sul Tempio e sulle false sicurezze riposte in esso. La classe dirigente prende ad odiare il profeta e questo furore omicida si scatena ancora pi violentemente quando la caduta dell'Egitto a Carchemis scredita irrimediabilmente la politica filoegiziana della corte.

A Geremia impedito l'accesso al Tempio e per questo detta i suoi oracoli a Bark, il quale poi dovr leggere in pubblico le profezie scritte, piene di minacce e di inviti al ravvedimento. La reazione violenta non si fa attendere, cos che Geremia e Bark sono costretti a sottrarsi con la fuga al linciaggio. Il re Ioiakm morir prima della resa della citt a Babilonia e il figlio Ioiakn regner al posto del padre soltanto pochi mesi, prima di venire deposto dai vincitori. Gli eventi danno cos ragione alla predicazione di Geremia. In questo periodo vanno verosimilmente collocati i brani conosciuti come "confessioni", testi di splendida autobiografia spirituale, nei quali il profeta riversa il caleidoscopio di emozioni che agitano il suo cuore di fronte alle gravi prove della sua missione profetica.

La terza fase di predicazione avviene sotto Sedeca. Nabucodonosor, dopo la conquista di Gerusalemme, aveva posto sul trono Mattana al quale aveva, in segno di sovranit, imposto il nome di Sedeca.

In un certo senso la promessa davidica non sembrava essere venuta meno, perch la continuit della dinastia era salvaguardata. Costui era figlio di Giosia e nato dalla medesima madre di Ioacz, il re deposto dagli Egiziani. Per un attimo il suo avvento sembr rianimare le speranze di un re giusto e legittimo che camminasse sulle vie del padre. Ma egli si rivel di carattere debole e incerto. Quando scoppiarono dei tumulti a Babilonia, in Giuda il partito nazionalista pens che fosse giunto il momento di scrollarsi di dosso il giogo babilonese e Sedeca, mostrando scarso acume politico e personalit influenzabile, si lasci guidare da questo movimento per timore di perdere il potere. Gli inviti di Geremia a non opporsi a Babilonia rimasero inascoltati e cos il regno di Giuda dovette soccombere davanti all'assedio babilonese che, con la caduta di Gerusalemme, decret la fine del regno del Sud. Eppure la predicazione di Geremia in questo periodo ha una tonalit insolita, perch sostanzialmente annunzia gi la speranza.

La valutazione di Geremia sull'esilio del 597 e sulla sua portata teologica un fatto abbastanza discusso dagli esegeti. Quale riflessione svolse il profeta sull'influsso e sulle conseguenze degli avvenimenti del 597? A nostro avviso, lanno 597 costituisce una svolta decisiva per il profeta, con cambio di prospettiva nella sua predicazione.

Secondo Geremia il 597 rappresenta da una parte il compimento delle profezie di giudizio terribile, che egli aveva annunciato contro la popolazione di Giuda, contro la citt di Gerusalemme e contro il governo di Gerusalemme, cio contro la dinastia davidica, quindi contro linsieme di Giuda e delle sue istituzioni. Dallaltra il profeta, facendo parte della popolazione non deportata ma rimasta in Giuda, sperimenta questo fatto innegabile e cio che la sottomissione, l'accettazione e il riconoscimento del governo babilonese hanno come frutto e quale effetto la possibilit di vivere.

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Ed ecco allora che, a partire da questo momento, nella prospettiva di Geremia il giudizio compiuto e comincia il tempo di una forma particolare dobbedienza, che si riassume in questo comando: sottomettetevi e vivrete. Quindi l'accettazione e il riconoscimento dell'impero di Nabucodonosor, al quale Dio stesso, secondo Geremia, ha sottoposto ogni vivente, diventano una condizione di vita.

In questa prospettiva rientra anche la missiva che Geremia spedisce agli esuli, deportati in Babilonia, perch non silludano in un repentino cambiamento della situazione internazionale e anzi si preparino a vivere a lungo nel paese del loro esilio (Ger 29).

A questo proposito, emerge la differenza fondamentale tra Geremia ed Ezechiele. una differenza strettamente legata alla situazione personale: Ezechiele appartiene al gruppo dei primi deportati, Geremia appartiene al resto della popolazione che vive nella terra di Giuda. Se per Ezechiele il 597 solo l'inizio dei giudizi, per Geremia invece il giudizio finale! una differenza di valutazione che si avvicina ad una vera e propria opposizione di vedute. La diversa prospettiva presente nel gruppo deportato in Babilonia era condivisa non soltanto da loro, ma anche da alcuni profeti e da alcuni uomini dell'ambiente di corte in Giudea.

La convinzione di Geremia stesso e di un certo ambiente di scribi - che sar poi all'origine della narrazione di Ger 36-43 (se si prescinde da aggiunte e rimaneggiamenti successivi) sui momenti decisivi della vita del profeta e della vita della citt, della popolazione di Giuda - che il 597 abbia significato il giudizio di Dio, oltre il quale pu aprirsi, non per il merito del popolo, ma unicamente per la via della grazia, il tempo della speranza.

I mesi dell'assedio furono tremendi per tutti, ma ancora pi per Geremia, che venne imprigionato, accusato di alto tradimento e disfattismo. I tentativi di far tacere la parola del profeta risultarono, per, vani e, alla fine, l'unica parola vera apparve essere proprio e soltanto la sua: per questo il re cercher di consultarlo in segreto per comprendere cosa stesse succedendo, senza per incorrere nelle ire dei cortigiani, che imponevano la loro politica a questo re fantoccio.

Dopo la caduta della citt il profeta venne per un certo periodo protetto dai babilonesi, ma non si dissoci dalla solidariet con il suo popolo: per questo lo troviamo tra i deportati che venivano avviati verso Babilonia nel campo di smistamento di Rama (Ger 40). La sua liberazione garantisce al profeta pochi anni di libert.

Si prepara il periodo pi duro della vita di Geremia, che predica la sottomissione a Godola, anche se costui rappresenta un'interruzione della linea dinastica. Per Geremia la cosa pi importante la sopravvivenza del popolo e dell'alleanza. Cos il popolo dei rimasti nella terra dovr subire, a causa dell'assassinio di Godola, un'altra deportazione. Alcuni gruppi cercheranno di salvaguardare la loro libert di fronte ad eventuali ritorsioni babilonesi, riparando in Egitto, contro la parola di Geremia, che pure viene trascinato in Egitto come ostaggio dei suoi fratelli ebrei. In questo periodo il profeta leva ancora la propria voce, ma i suoi interventi sono certamente meno numerosi ed incisivi di quelli della sua precedente attivit a Gerusalemme.

Qui la figura di Geremia diventa sempre pi quella di un "anti-Mos" o meglio di un nuovo Mos chiamato a tornare al punto zero della storia della salvezza!

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2.Lavocazionedelprofeta(Ger1,4-18)

2.1.Unraccontoparadigmatico

Leggiamo ora la narrazione della vocazione profetica di Geremia, paradigma dell'essenza della vocazione profetica in genere e del munus profetico che il NT riconosce ad ogni discepolo di Cristo.

La sorgente prima della funzione profetica la vocazione, cio la chiamata diretta da parte di Dio su colui che sar profeta. Il tema ovviamente oltrepassa l'area profetica e riguarda molti altri personaggi.

Lo studio del racconto della vocazione del profeta ci far incontrare i motivi portanti dell'intero libro: la signoria della Parola di Dio; l'incredulit dei destinatari sui quali si compir, di conseguenza, il giudizio (sradicare); un futuro disponibile esclusivamente per l'intervento di Dio (edificare); il profeta come procuratore universale; la sofferenza del profeta.

Letti isolatamente, i racconti della vocazione dei vari profeti sembrano avere valore quasi meramente aneddotico, ma bisogna sapere andare oltre le apparenze. Come accade comunemente per molti credenti, lesperienza personale ci attesta dei momenti particolari che segnano una svolta decisiva nel corso della nostra esistenza; ora, questi fatti all'esterno possono sembrare aneddotici, ma diventano determinanti per la coscienza di chi li vive, perch in essi l'individuo legge l'intervento esplicito e normativo di Dio nei suoi confronti. Basti questa osservazione per comprendere come necessario andare oltre l'aspetto contingente, particolaristico delle varie vocazioni profetiche.

2.2.CaratteristicheletterariediGer1

Il capitolo sulla chiamata di Geremia dal punto di vista letterario una composizione molto stilizzata che ha per la funzione di portico dell'intero libro di Geremia, ed apre sul contenuto del libro e della missione del profeta come un tragico sradicare ed un inatteso costruire. La struttura del capitolo tripartita:

vv. 4-10: racconto di vocazione vv. 11-16: una sintesi della parola profetica in due visioni: il mandorlo e la caldaia vv. 17-19: riconferma della vocazione con l'invio in missione

I vv. 11-16 sono due oracoli abilmente inseriti dal redattore ad illustrare il messaggio. Consistono in due visioni simboliche, rispettivamente interpretate. Il primo giocato sulla paronomasia possibile a comprendersi solo in ebraico.

Seguendo un genere, a noi gi noto da Am 7-8, sinizia con la contemplazione di un oggetto, poich la parola del Signore un evento che passa attraverso le realt concrete.

Dopo tre mattine, finalmente, guardando il ramo di un mandorlo (qd) Geremia capisce che l'atteggiamento del Signore nei riguardi del suo popolo quello di vigilare (qd). La funzione di questa visione quindi di suggerire a Geremia la divina potenza che opera nascostamente dietro la sua parola, quella che il profeta dovr trasmettere. Il mandorlo rifiorito evoca indubbiamente la continuit della storia che la Parola mette

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in moto, anche quando a volte nell'ottica umana questa storia sembra arrestarsi e perdersi.

La seconda visione quella di una caldaia pronta per essere rovesciata verso Nord; il simbolismo evidente se si pensa che le invasioni militari per Israele potevano venire unicamente dal Nord o dal Sud e in quel tempo in particolare dal Nord. Purtroppo gli abitanti di Gerusalemme non comprendono che si sta preparando una minaccia gigantesca appunto dal Nord, dalla potenza di Babilonia che stava ingigantendosi in quegli anni. Ed questa prospettiva sconvolgente che Geremia dovr annunciare, restando per inascoltato. Il motivo della catastrofe da Geremia ravvisato nell'abbandono del vero Dio per il servizio agli idoli (v. 16). In definitiva, la visione della caldaia annuncia il contenuto di quella parola che Geremia dovr trasmettere. Egli dovr, per cos dire, capovolgere i motivi principali della tradizione di Sion, poich JHWH stesso chiama" non la citt eletta, ma le nazioni contro di essa!

I vv. 17-19 sono una ripresa della vocazione sotto il profilo della missione intesa come duro lavoro, come impegno di lotta e di fatica. Essi hanno la funzione di incoraggiare il profeta. Sar una missione che scatener l'opposizione degli avversari e dei destinatari; l'animo timido e sensibile di Geremia ne quasi sconvolto ed ecco che allora interviene di nuovo la promessa divina a rincuorarlo: il profeta, grazie al soccorso di Dio, sar come una citt inespugnabile, come un muro invalicabile, una colonna irremovibile.

2.3.Strutturasemanticadeltesto

Cercare la struttura semantica del testo significa cercare di capire cosa il testo dice, ossia rintracciare il suo contenuto attraverso il rilievo delle linee di significato che lo attraversano. Si tratta cos di delineare l'ossatura, l'impalcatura del testo e le sue principali articolazioni. Il racconto della vocazione mostra tre elementi di struttura semantica (sintetizzo qui i suggerimenti del biblista P. Bovati):

a) la parola; b) il gioco dei soggetti; c) la tensione tra particolarit e totalit.

2.3.1.LaParolaIl tema della parola appare insistentemente nella formalit del dialogo tra JHWH e

Geremia all'interno dello schema narrativo di tutto il capitolo. rilevante la radice mr(dire). Notevole rilievo assume poi la radice dbr(parola),

come sostantivo e come verbo. Tutti e due sono detti sia di Dio che di Geremia. La radice dbr occupa quasi la totalit del testo; da notare solamente che il sostantivo dbr non si applica mai a Geremia. Semanticamente collegati alla parola sono i termini nb [profeta] (v. 5) e peh [bocca] (v. 9, due volte). Soltanto due persone parlano: Dio e Geremia; soltanto Dio per che prende l'iniziativa ed Lui il primo a parlare, come pure Lui a comandare a Geremia di parlare. Ma che cosa vuole dire parlare? Cosa poi significa che il profeta l'uomodellaParola?

Parlando l'uomo si espone come soggetto e contemporaneamente pone l'altro a cui parla come soggetto. la Parola, infatti, la rivelazione della relazione tra i due soggetti dotati di libert e non solamente di visibilit. La parola ci che consente la

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distinzione tra i soggetti nell'unit della relazione. Possiamo dire che, in contrasto con la visione dualistica e concettualistica del mondo greco, il mondo ebraico sviluppa piuttosto un'antropologia della relazione dove l'uomo pone se stesso nella misura in cui entra in comunicazione, nella misura in cui parla con l'altro. Ora, la Bibbia afferma che Dio parla, anzi il soggetto parlante per eccellenza. Dio, come appare anche nel nostro racconto della vocazione di Geremia, non quindi presentato tanto come essere capace di intelligenza, come un essere spirituale, ma come Colui che capace di relazione, la cui intenzionalit quella di stabilire con l'uomo, sua creatura, un'unit senza confusione, senza possedere il suo interlocutore, senza inglobarlo in s. lintenzionalit di Dio, la sua volont, ci che lo spinge a parlare. Dio parla perch vuole la comunione e parla rivelando cos se stesso. In questo senso il parlare di Dio non pu essere che originario, primigenio. Egli non pu che parlare per primo.

Si rivela all'essere umano, perch la persona diventi capace di entrare in comunione con Lui; questo implicitamente affermato nel v. 5 dove l'essere-fatto-uomo di Geremia preceduto dalla volont di Dio di costituire Geremia come l'uomo della Parola. Si noti che uomodellaParola non vuole dire che Geremia sar uomo della Parola solo quando parla, ma che egli parla in quanto chiamato a parlare, in quanto comandato a parlare, e che questa chiamata ad essere portavoce di Dio lo struttura fin nell'intimo. Egli deve dire tutto e soltanto ci che gli comandato. Destino della Parola e destino del profeta devono procedere insieme, anche se la Parola lo precede e non soccomber con il fallimento del portavoce.

2.3.2.IlgiocodeisoggettiIn un'analisi semantica del testo di Geremia appare chiaro il gioco dei soggetti.

Nella prima parte abbiamo il soggetto "io" di Dio, con il soggetto "tu" di Geremia (vv. 5-10. 17-19). Nella sezione centrale il gioco tra la relazione io-io del profeta (vv. 11-12) ed io (profeta) - loro dei destinatari (vv. 13-15). Il loro, nell'ultima parte, si rivolge con azioni contro il tudi Geremia.

In definitiva, appare subito il Dio che parla al profeta e costui essenzialmente definito nella relazione che egli instaura con Dio, con la sua origine; in secondo luogo egli definito in relazione ai destinatari della sua missione.

La relazione fondante quella di Dio con il profeta: fondante perch Dio il fondamento dell'esistenza del profeta e della sua azione. Tale relazione invisibile (all'inizio: Dio ha costituito il profeta prima che esistesse; alla fine: Dio promette di essere con lui al momento della morte).

La mediazione visibile (storica) di questo rapporto nella Parola: se il profeta mantiene ferma la sua relazione alla parola interiore di Dio, facendola propria nella parresa della proclamazione, egli davvero soggetto, persona.

Questa relazione tra Dio e il profeta per tutti gli altri: Israele, le nazioni, i re. La qualit del profeta si rivela dunque nel rapporto con coloro ai quali inviato; infatti, in questo rapporto profeta-gente si gioca il comando, la volont di Dio, la sua intenzionalit: l'essere presente di Dio presso il popolo proprio nell'essere presente del profeta.

La relazione tra il profeta e gli altri sempre mediata dalla Parola ricevuta. Se il profeta non parla agli altri con la Parola di Dio cessa dessere profeta. L'atto con cui viene meno alla propria missione, si configurerebbe come fuga, come negazione anche

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del rapporto con gli altri, oltre che con Dio. La solidariet con gli uomini appare come il tratto essenziale della profezia (ossia della rivelazione di Dio).

2.3.3.Ilcontrasto"totalit-parzialit"Il terzo asse semantico dato dalla totalit. Il lemma kol [tutto] ricorre nove volte:

v. 7, due volte; v. 14; v. 15, tre volte; vv. 16.17.18. Il senso della totalit riguarda il messaggio che deve essere proposto integralmente a tutti i suoi destinatari; ma il senso della totalit riguarda anche la vita del profeta, il cui asse temporale totalmente assunto dalla missione profetica, e pure la totalit di valenza della missione (distruggereededificare). Questa totalit entra in tensione interna con la particolarit che si esprime nell'individualit di Geremia, nella singolarit sconcertante della sua vicenda di sofferenza e fallimenti. Questa parzialit diventa particolarmente evidente nella minaccia di morte che lo sovrasta ed profetizzata cos anche sulla citt di Gerusalemme

In tal modo, se la totalit segno di Dio, essa si rivela per nella parzialit, umiliandosi nel "piccolo". Ma questa sua iniziativa; se la parzialit a pretendere di contenere Dio, allora perversione, come si dar per il caso della monarchia e della sua pretesa di contare a priori sulla promessa davidica, o per il popolo nei confronti dell'istituto dell'alleanza. Scrive P. Bovati: "La particolarit del profeta poi inserita nel contrasto con la totalit della missione. La particolarit del profeta evidente nella sottolineatura del tema della morte che minacciata per Geremia e preannunziata come la fine della citt di Gerusalemme. Totale invece il segno divino di cui per Geremia deve farsi segno. Questo rendersi presente del segno divino nella parzialit e nella particolarit del profeta non pu che essere un umiliarsi di questo Dio. La parzialit , per, pervertita quando pretende di contenere e di esaurire il divino come nel caso del Tempio!" 1.

Nell'insignificanza della vita di Geremia passer questa comunicazione che Dio fa di s; essa avverr attraverso la passione del profeta e del rotolo torturato e bruciato, perch nulla possa pensare di poter contenere Dio, ma ne sia esclusivamente un segno e un umile rimando.

La morte del profeta, anticipata gi nel suo fallimento storico, denuncia l'universale idolatria, il tentativo di cosificare Dio, ed insieme annuncia un dono: d'altra parte, proprio attraverso la sua morte, la sua vita diventa una vita offerta a tutti. Geremia davvero figura eminente di Ges Cristo!

2.4.Chiamata,lotta

Ci dedichiamo ora ad una breve lectiocursivadel nostro brano. Nella vocazione di Geremia appare un aspetto importante: il profeta si sente chiamato e consacrato fin dal seno di sua madre. Questo significa che tutto l'arco della sua esistenza appartiene ormai a Dio. Il tema ha uno sviluppo nella tradizione biblica: Is 49,1.5 (il servo di JHWH); Lc 1,15.41 (il Battista), Paolo (At 22,14; Gal 1,15). detto anche di tutti i credenti (Ef 1,4; Gv 17,24).

La struttura del testo segue da vicino altri racconti di vocazione negli elementi principali: v. 5 l'incarico dato al profeta (cf Gdc 6,14; Es 3,10); v. 6 obiezione (cf Gdc 1P. BOVATI,PerchilSignoreviharigettati:Ger1-6,dispense del PIB, Roma 1982-1983, 39.

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6,15; Es 3,11); vv. 7-8 rassicurazione (cf Gdc 6,16; Es 3,12a); v. 9 segno di conferma (cf Gdc 6,17ss.; Es 3,12b); v. 10 riconferma della missione.

Ci soffermiamo qui sul v. 5. In esso si chiarisce la relazione tra Geremia e JHWH. Si usa il verbo jar [plasmare]. La sua nascita sotto il segno della signoria di JHWH sulla creazione, su tutto, sulla storia stessa come dice l'impiego del medesimo verbo in Ger 18 per il vasaio. Quindi la "chiamata" (qui non c' il termine!) un entrare di JHWH, come Signore della creazione e della storia, a formare Geremia come suo strumento, atto a plasmare la storia secondo i suoi piani, o meglio ancora secondo la sua promessa. Questo linguaggio usa lo schema temporale per affermare che la storia interamente sottoposta al volere benefico di Dio. Se Dio si rivela in un momento, nondimeno il suo amore eterno! Una prima conseguenza che l'essere profeta non qualit accessoria dell'esistenza dell'uomo, ma una dimensione essenziale dell'esistenza. Si plasmati da Dio nel corpo ed eletti alla profezia per plasmare la storia secondo il suo volere: questa la verit di un uomo, la sua intima natura, la sua struttura, cos che venire meno alla propria vocazione una contraddizione presente nello stesso essere (cf Ger 20,9; 1Cor 9,16).

Il secondo verbo usato jda[conoscere]. La conoscenza di JHWH sul profeta un abissale progetto damore, che ci richiama alla mente il testo di Rm 8,29-30. L'altro verbo usato qda [consacrare]: esso esprime la vicenda di Geremia come un atto di consacrazione. Alla luce della totalit del libro si vede uno sviluppo della vicenda di Geremia che entrer nella sfera intima di Dio in quanto trascendente e santo, proprio attraverso il martirio, nell'accettazione della sofferenza estrema, sopportata per fedelt alla Parola. Geremia diventa il portaparola di Dio e la sua esistenza nella carne una presenza del Dio totalmente altro.

Infine, l'ultimo verbo ntan [dare, porre]: ti ho posto profeta delle nazioni. un'interpretazione della missione del profeta pi fedele alla teologia che alla cronaca, poich presuppone la dispersione dIsraele tra le nazioni.

In definitiva, nella vocazione del profeta, Dio si manifesta in un certo momento della sua vicenda esistenziale, ma il suo intervento appare inatteso, impreparato, improvviso, non frutto di un agire umano e non risultato di una lenta preparazione della coscienza del profeta. Questo modo di parlare della vocazione necessario, se si vuole far capire agli altri qualcosa dell'assoluto di Dio, della sua sovrana libert. Il profeta di Anatt non fa semplicemente risalire la sua vocazione ad un momento della sua esistenza personale, sia pur remoto, ma va al tempo anteriore alla sua nascita e addirittura ad una scelta divina anteriore ad ogni suo principiare umano. Non si deve, per, considerare questo un privilegio di Geremia, perch la medesima cosa viene affermata pi tardi dal NT anche per Ges di Nazaret, per il Battista, per Paolo ed vero di ogni profeta e in ultima analisi di ogni credente che vive secondo Dio.

Se Geremia si sente chiamato e consacrato fin dal seno di sua madre, consapevole di come tutto l'arco della sua esistenza appartenga ormai a Dio, ne risulta che lintera vita del profeta l'appropriarsi della vocazione, l'assunzione, sempre pi cosciente, della verit costitutiva del suo essere, cos da adeguare l'assenso volontario e amoroso al disegno di predilezione divina.

Risposi: "Ahim, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perch sono giovane". Il chiamato ha paura e cerca di fuggire. Questa paura si manifesta sotto forma di obiezioni fatte a Colui che chiama; tali riserve si mascherano con la parvenza di un

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discorso di ragionevolezza umana (Ger 1,6; cf Es 3,11; Gdc 6,15). Si deve riconoscere che gli argomenti sollevati come obiezione sono nella sostanza legittimi e perfino doverosi. Non si deve, per, vedere in queste obiezioni del chiamato un riflesso di buon senso, dumilt, o di pusillanimit, ma la resistenza che l'uomo prova ad entrare in un cammino misterioso di dolore, di fallimento per obbedienza alla Parola ricevuta. Il voler sfuggire alla naturale condizione di debolezza e dinadeguatezza sintomo della paura in atto; paura non dovuta a codardia, ma a desiderio che la missione ricevuta non fallisca, perch il fallimento dellinviato sembra comportare la sconfitta del messaggio. L'uomo deve accettare invece questo paradosso e imparare a confidare non in se stesso, ma solo nel Signore: Nondire:Sono giovane.Tuandrai da tutticoloroacuitimander...Nonaverpauradifrontealoro,.

2.5.Promessa

io sono con te per salvarti (v. 19). La nostra pericope, come ogni racconto di vocazione, racchiude una promessa. Dio, quando ordina al profeta di parlare, assicura anche la sua protezione, il suo aiuto. Cos nella vocazione di Geremia Dio non nega che vi sar guerra, che il corpo del profeta sar minacciato; anzi il Signore stesso che chiaramente prospetta al chiamato questo destino. Soltanto promette: Iosonoconte.Se la frase Io sonocon te tra quelle pi ripetute in tutte le pagine bibliche, non va banalizzata, ma deve essere colta nel suo sapore originario, poich uno sviluppo della rivelazione del Nome.

In questa frase non c' dunque una semplice assicurazione, come potrebbe esservi in una promessa umana dassistenza, ma anche l'indicazione dellimprevedibilit della modalit di questa Presenza soccorritrice al fianco del chiamato.

Ritorna cos il tema della promessa, abbozzato gi all'inizio, nell'immagine del seno materno: il Dio che plasma fin dal grembo materno Colui che si afferma presente nel travaglio e nell'agonia dell'esistenza del profeta. Si rende necessario credere; infatti, se si vince per fede la paura di morire, non si potr non portare vittoria; se invece si teme, per mancanza di fede, si condannati a uninvincibile paura. Ogni vocazione un ordine, una missione e pu assumerla soltanto chi si fida veramente di Dio. L'importante che il chiamato abbia a fianco Dio e non una propria idea su come Dio gli sar vicino o la speranza di trovare un proprio modo di assicurarsi la protezione divina.

3.SaggiodiletturadellapredicazionediGeremia(Ger2,1-2,37)

Proponiamo qui la lettura del primo capitolo della prima raccolta di oracoli del libro profetico di Geremia (Ger 2,1-4,3), sia perch in poche pagine si trovano in nuce molti dei temi che vengono poi ripresi nel corso del libro, sia perch questa prima raccolta un esempio, poeticamente mirabile, della posizione di Geremia in ordine al tema della situazione di peccato del popolo di Dio e allannuncio della possibilit di un suo cambiamento, per iniziativa dell'indefettibile amore divino.

Si tratta, infatti, di una sezione letteraria omogenea che raggruppa quasi tutti i temi della predicazione del profeta e svolge una funzione prolettica rispetto alla collezione di oracoli dei discorsi di Ger 2-25 e persino dell'intero libro. probabile che alcuni

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elementi di questa raccolta siano del primo periodo dell'attivit profetica di Geremia. Gi qui si hanno le prime avvisaglie del pessimismo antropologico geremiano e l'intuizione che, se la conversione si render possibile, sar unicamente perch Dio si porr come protagonista del "ritorno" del popolo. Tema centrale di questi capitoli , infatti, l'infedelt del popolo a JHWH, a motivo dell'idolatria, che per il profeta la radice dogni perversione religiosa e morale. Ma il riconoscimento dell'infedelt porter a due certezze tra loro in tensione: da una parte il ritorno impossibile per il popolo, dall'altra l'iniziativa divina di perdonare e di convertire il cuore di Israele.

3.1.Ladenunciadeltradimento/apostasia(2,1-13)

La requisitoria profetica si apre secondo il TM2 (non la LXX) con un oracolo (vv. 1-9) dove viene ripetuto ben 3 volte che si tratta della parola del Signore; ci conferisce solennit a questo inizio della predicazione, come viene ribadito anche da quel va'egridaagliorecchidiGerusalemme,dicendo....

Geremia comincia con un oracolo ricco di pathos, dove si annuncia l'allontanamento di Israele e la sua ingratitudine verso le benemerenze di JHWH nei riguardi del suo popolo, che egli prese come sposa e consacr a s, ma anche il ricordo divino che la dichiarazione di un amore mai venuto meno. da questo amore che scaturiranno le domande pressanti del v.5: Quale ingiustizia trovarono inme i vostripadri?; oppure del v. 11: Unpopolohacambiatoisuoidi?; o ancora del v. 14: Israeleforseunoschiavoonatoservoincasa?. Colpiscono le espressioni lapidarie del profeta: Ocieli,siateneesterrefatti;inorriditiespaventati. (v. 12)

grande l'abilit letteraria del profeta (o del redattore) che intreccia il suo parlare con quello di Dio e con gli interventi del popolo; il tutto espresso in forma assai vivida e carica di intensit emotiva. Il primo oracolo non una sorta di captatiobenevolentiae del profeta che riferisce la parola di Dio in prima persona: zkartlk[mi ricordo di te], ma l'affermazione di una certezza fondamentale che deve dare luce a tutto il resto.

Se nel credo di Israele il ricordare la confessione delle azioni salvifiche di Dio verso di lui, qui Dio che si "ricorda" del popolo. Per esprimere questo "di te" vi in ebraico una forma, detta lamed dativale, che insinua un senso di nostalgia, un rammentare un tempo ideale che si affaccia alla mente in modo trasognato. In italiano dovremmo tradurre con un continuo a ricordarmi di te". Anche il metro poetico usato quello della qnh, del lamento, che contribuisce a creare un'atmosfera di nostalgia.

Al verbo del "ricordare" seguono gli oggetti del ricordo; ma se tali cose sembrano passate (per il fatto stesso che si ricordano), il dativo "di te" come uno spiraglio di luce: Dio ha nostalgia di qualcosa che passato, ma non del tutto. Si parla di esed [fedelt, bont, benevolenza], impiegando un vocabolo colmo di significato che indica un agire verso una persona con cui si ha una relazione speciale, 2 Il TM [Testo Masoretico] il testo della Bibbia ebraica che stato stabilito dai grammatici ebrei [masoreti] di Palestina e di Babilonia dal VI allVIII secolo. Essi hanno vocalizzato il testo ebraico trasmesso come testo consonantico e vi hanno applicato i teamim, segni non vocalici che, aggiunti alle consonanti originali del testo biblico vocalizzato, hanno un valore di segmentazione del periodo, di intonazione della lettura e di "note" di cantillazione e quindi forniscono una serie di connotazioni interpretative.

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fatta di fedelt, benevolenza, dedizione. esed qui in parallelo con ahbh, cio amore: suggerito l'incontro amoroso tra sposo e sposa e la relazione daffetto tra i due. Il tempo ricordato quello della giovinezza e del fidanzamento, di un amore fresco, primaverile, quasi ingenuo. Questo tempo motivo di nostalgia per il "cammino" insieme con la sposa: esso espresso con un infinito al femminile, perch Israele visto come la sposa (non ancora nominata!). L'andare insieme una delle immagini nuziali per eccellenza!

Ma si deve notare che l'espressione entrata anche nel linguaggio religioso, ed indica una sequela docile ed obbediente di Dio. qui evidente la dipendenza del nostro testo da Os 2-3 e dalla sua tematica del tempo del deserto come quello della relazione d'amore. Con queste parole il profeta, evocando la nostalgia di Dio per il tempo passato, vuole suscitare nel popolo il desiderio di tornare a quel tempo, di convertirsi al Signore. Inoltre chiaro che questa prima parola di Dio costituisce una luce di speranza anche durante le aspre requisitorie che il profeta pronuncer: JHWH3 non ha mai smesso di pensare e di amare il suo popolo peccatore e su questo amore di Dio si potr ricostruire.

Al v. 3 appare una nuova immagine per illustrare la relazione tra JHWH ed Israele. Israele era sacro, cosa riservata a Dio, interdetta all'uso profano. La santit dIsraele qui l'essere la primizia del suo raccolto, ossia di ci che entra nella casa come il vino, l'olio, il grano. Primizia (rt) indica qui non tanto il primo in ordine di tempo, ma la qualit speciale (ad es. il nostro olio di prima spremitura) di un prodotto, che per questo veniva portato al Tempio e offerto nella gioia della festa. L'immagine evoca perci qualcosa di festoso, il tempo gioioso del qr(raccolta). Israele dunque per Dio una primizia, perch l'elezione ha fatto di lui il frutto pi prezioso dell'umanit.

E proprio come i doni offerti a Dio, Israele era intangibile, perch Dio stesso era la sua custodia. Tale affermazione far problema, poich nel corso della predicazione il profeta Geremia annunzier un tragico prevalere dei popoli (Babilonia) sul popolo di Dio ed una sua consegna nelle mani di Nabucodonosor. Ma proprio questo primo oracolo, se ben compreso, fa capire che tale consegna ad altri popoli non sar definitiva.

Ci si rivolge poi solennemente alle trib del Signore, proponendo un inquietante oracolo in cui Dio si domanda quale torto abbia mai fatto ad Israele per essere trattato in tal modo. Lo sguardo rivolto per un momento al passato, in cui Dio non ravvisa alcuna motivazione plausibile per spiegare la separazione tra Lui e gli Israeliti; le conseguenze di questa infedelt sono che, avendo seguito idoli vani, che sono soltanto alito, cose vuote e inconsistenti, Israele caduto nell'inconsistenza. Si noti il verbo denominativo hbl che deriva da hebel; inoltre, va rimarcato che la voce verbale costituisce qui l'ultimo stico e ha cos due accenti, per cui tale verbo, a causa del metro, deve essere letto in modo molto enfatico! "Essere ridotti a vanit" qui si riferisce anzitutto alla distruzione del regno dIsraele da parte dell'Assiria, ma chiara anche la

3 Le due tradizioni ebraica e cristiana si trovano d'accordo nel non pronunciare il nome di Dio JHWH. L'uso di sostituirlo con altri titoli risale almeno al III secolo a.C. La traduzione greca, detta dei LXX, iniziata in quel tempo, ha infatti tradotto le "quattro lettere sacre" conKrios Signore. Ancora oggi in sinagoga JHWH sostituito con dnaj Signore, con ha-m (o ema ) il Nome,o con altri titoli, a seconda dei contesti.

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portata universale dell'affermazione: l'idolatria porta l'uomo all'inconsistenza, a un vuoto esistenziale incolmabile. L'inseguire il vuoto e il nulla conduce inesorabilmente a diventare nulla.

Nei vv. 6-9 Dio prova di non avere dato al suo popolo occasione dapostasia, ma di averlo piuttosto beneficato largamente, con la liberazione dall'Egitto, la guida attraverso il deserto, il dono della terra buona. La contaminazione della terra da parte dei padri si accompagna al peccato dei responsabili dIsraele, studiosi della Legge, sacerdoti, profeti.

I sacerdoti qui si occupano del culto senza cercare veramente Dio, impegnati in un ritualismo privo di vera trascendenza, allo stesso modo dei dottori della Legge, che si perdono nei meandri delle norme, avulsi da una vera ricerca della volont di Dio; anche i profeti da custodi dell'alleanza si sono mutati in portavoce di idoli vani ed inefficaci. In sintesi, i mediatori di Dio si sono accomunati al peccato del popolo, tradendo il proprio compito di mediazione della Parola. Essi non aiutano il popolo a capire che la sua vita non come quella che Dio si aspetta, e che, anzi, in tale agire concreto non c' posto per Dio.

Si passa poi dal peccato dei padri a quello della generazione presente (figli) e al rb [accusa processuale] divino con loro.

Questo significa che la critica che il profeta sta portando all'idolatria, non deve es-sere intesa come protesta contro un momento di particolare corruzione, ma come un messaggio perennemente attuale anche per il lettore.

Il peccato nei vv. 10-13 appare come insensatezza. Il brano ricorda Isaia, che paragonava il popolo ad animali senza ragione (Is 1,3) anteponendo questi a Israele, incapace di correzione n per amore n per forza; qui Geremia mette avanti al popolo di Dio popoli senza rivelazione, come Cipro (Kittijjm)e Qedr (Oriente e Occidente). La gloria del Signore presente ed efficace, anche se non rappresentabile con immagini, si contrappone alla vanit degli idoli; ma Israele peccando ha fatto uno "scambio" (cf Rm 1,23 e Sal 106,20), preferendo il "vuoto" alla gloria di Dio.

Il v. 13 raggiunge un vertice dalta liricit: davanti ai testimoni notarili dell'alleanza ecco la rappresentazione plastica dello "scambio": acqua sorgente con acqua mefitica e stagnante. Dio come acqua di sorgente perenne, non discontinua e sporca come quella dei torrenti (Ger 15,18; Gb 6,15). Ma questa acqua viva, sorgiva, non disponibile all'uomo se non nella fede, nella ricerca sincera di Dio: non compatibile con lo scavarsi cisterne screpolate, che non tengono acqua, ma solamente un po' di liquido fangoso. Tali cisterne sono segno concreto dell'idolatria, del ripiegamento peccaminoso delluomo su esperienze che non possono alleviare la sua sete, perch solo in Dio la fonte di acqua viva (Sal 36,10).

Queste cisterne fatiscenti, preferite alla fontana di acqua sorgente, sono anche un simbolo della stupidit del peccato, che l'abbandono di una gioia stabile e certa per gioie illusorie e fugaci. Ma soprattutto la metafora, che contrappone l'unica fonte con le tante cisterne, suggerisce l'idea del peccato come infedelt (sul simbolo erotico del pozzo/fonte cf Pr 5,15ss; Ct 4,15).

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3.2.Lalibertmisconosciuta

I vv. 14-19 presentano un oracolo assai bello, anche se un po' oscurato da alcune inserzioni. L'oracolo originario composto da un'interrogazione (vv. 14-15), da una risposta di Geremia (vv. 17-19) e da una conclusione (v. 20). Aggiunte successive dovrebbero essere i vv. 16 e 18.

L'idea di fondo espressa l'affermazione del dono divino della libert ad Israele, dono incompatibile con lo stato di servit a cui lo hanno invece ridotto gli idoli. La risposta di Geremia sottolinea che l'abbandono di Dio da parte del peccatore espone questi alla malizia del proprio peccato, e ci gi castigo. Il peccatore, avendo lasciato Dio, piombato nella nullit, nell'inconsistenza.

La conclusione dell'oracolo unesortazione a ravvisare i frutti amari del peccato; necessario riconoscere concretamente nella propria esperienza la desolazione conseguente all'abbandono di Dio e al fatto di non essere andati a Lui in modo "trepidante", mossi dal "timore" di Dio. Il profeta enuncia qui un profondo concetto teologico di peccato: la malizia stessa punizione che l'uomo porta in s, perch chi si allontana da Dio va inevitabilmente verso lhebele perci alla fine la sua anima vuota o piena soltanto di fastidiosa malvagit. Le ultime parole (lett. ilnonesserevenutiameneltimore) sono un invito alla conversione, che sar il tema dell'intero cap. 3. Il popolo riconoscer davvero la signoria di JHWH quando non andr alla ricerca di protezione in potenze e assicurazioni umane.

Dal punto di vista teologico, notiamo la formulazione della relazione "peccato-castigo" quale relazione di causalit, di rapporto consequenziale. Ma si badi che per Geremia, e per i profeti in genere, non Dio che interviene a punire, ma il peccato che comporta come sua conseguenza intrinseca il fallimento, se per castigo sintende l'esperienza della mancanza, del male, del "non bene". Pi che una punizione divina piuttosto lesperienza di un male che, come tale, non voluto da Dio, ma deriva dalla rottura dell'alleanza. Geremia esprime chiaramente questo pensiero in 2,19: la tuastessamalvagitticastigaeletueribellionitipuniscono.

3.3.Ilfascinoperversodegliidoli(2,21-29)

Il castigo del tradimento sta nello scegliersi come padroni potenze che asserviscono il popolo, il quale invece ha rifiutato il servizio al Signore, proprio come una bestia o uno schiavo (v. 20).

Nei vv. 21-22 dopo l'immagine dell'animale ribelle, che viene applicata al culto idolatrico verso i Baalm, si trova un'altra stupenda immagine che rimanda ad Is 5,1-7. La "vite bastarda" vite non coltivata, non innestata, oppure sono i talli che escono sotto l'innesto: chiara l'idea di una divina delusione nei confronti di Israele, di un'amarezza di JHWH che vede tradita la fedelt all'alleanza, e scopre disatteso e misconosciuto il proprio amore.

Il peccato ormai cos congenito, intimo alla vita del popolo, che non pu pi essere paragonato ad una macchia che si possa lavare, sia pure con detersivi energici; questo peccato potr essere tolto unicamente con un cambiamento radicale della natura del peccatore! Ecco che allora, con due immagini taglienti, si stigmatizza la condotta istintiva, irragionevole del peccato dell'idolatria che affascina il popolo come

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l'istinto sessuale guida le bestie (cammella, asina). Ma, a rendere il confronto pi pesante, interviene l'annotazione sul fatto che queste bestie non sono sempre mosse dall'estro, mentre Israele sembra sempre affascinato, ammaliato dall'attrattiva degli idoli.

L'ironia diventa quasi sarcasmo ed infine dichiarazione perentoria del tradimento di Israele, del suo adulterio, del suo amore lascivo per gli idoli (v. 25). Forse per, con questo viaggio che il profeta sconsiglia - perrisparmiareisandali/evitarelaseteardente - si allude ai viaggi compiuti per contrarre alleanze politiche con gli stranieri, per contare sui loro improbabili aiuti pi che sul soccorso dell'Onnipotente.

Ma probabilmente Israele e i suoi capi cercano delle scusanti, tentano di negare i fatti loro imputati: dovrebbero ritenersi come ladri e delinquenti colti in flagrante delitto e quindi arrossire di vergogna, invece di rivendicare un'improbabile innocenza. Cos, a differenza di un ladro che, colto in flagrante, prova vergogna, il popolo e i suoi capi non si vergognano del loro peccato, ma tentano un'autodifesa ipocrita.

Al v. 27 si presentano di nuovo i culti idolatrici di fertilit con il fallo di legno (, in ebraico maschile) e con delle pietre cave, simbolo dell'organo femminile (eben in ebraico femminile); l'idolatria giunge dunque fino alla perversione gravissima di dichiarare gli idoli fonte della propria esistenza, fondamento originario della vita (tuseimiopadre,miamadre!).

Ma negli idoli non ci pu essere salvezza! Per questo, nel momento della difficolt, il popolo torna con suppliche "interessate" a Dio, l'Unico che lo pu salvare. L'invocazione non , per, sincera e quindi rimane senza efficacia, poich mancato il riconoscimento delle proprie colpe, che indispensabile al perdono.

3.4.Ilpuntodinonritorno(2,30-37)

In questi versetti, con il tono della persuasione, si tenta di fare uscire il popolo dall'illusione di poter fare a meno di Dio o di cercare Dio altrove, in qualcosa che non Dio. Gi nei versetti precedenti si denunciava la resistenza del popolo e dei suoi capi a provare vergogna per i propri peccati; il profeta cercava allora, con parodia feroce, di toglierli dal sentimento di falsa innocenza in cui erano attestati (vv. 23-28).

Ora la polemica contro le illusioni dell'idolatria, dell'avere cercato protezione presso gli di stranieri nei loro santuari, giunge fino a smascherare la pretesa pi grave: quella di ritenersi innocenti e in grado di sconfiggere da soli il peccato: Tuprotesti:Iosonoinnocente,percilasuairasiallontanatadame.Ecco,iotichiamoingiudizio,perchhaidetto:Nonhopeccato! (v. 35).

questo un atteggiamento di prostituzione, che potr essere vinto esclusivamente quando il popolo capir dove sta la vera protezione e che solo JHWH capace di proteggere e ridare fecondit, attraverso il suo perdono. Israele e Giuda invece cercano libert lontano dal Signore.

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4. Unaltra modalit di comunicazione profetica: le azionisimboliche

Geremia condivide con vari altri profeti dell'AT la presenza di azioni simboliche4, cio di atti profetici che il profeta compie, mosso da Dio, come momento del suo messaggio al popolo. Come interpretare questi gesti profetici? Alcuni esegeti (ad es., G. Fohrer) intendono gli atti simbolici dei profeti come atti sostanzialmente vicini alla magia, ma in realt l'intenzione degli atti magici e delle azioni profetiche diametralmente opposta.

La magia uno sforzo dell'uomo di assoggettare le forze della natura, di sottometterle ai propri desideri e ha in se stessa la propria efficacia; lo scopo ultimo dell'azione magica di manipolare gli di, le forze divine o demoniache, o semplicemente altri esseri umani (cf 1Re 17,21; Gen 30,37-43; Nm 5,21-28).

Al contrario, il profeta ha coscienza di agire non di iniziativa propria, ma di Dio; sottomesso ad essa e all'efficacia reale della sua azione; questo non per le ragioni di unefficacia intrinseca, come nel caso della magia, ma soltanto perch la parola di Dio che legittima la sua azione e le d forza: soltanto l'ordine di Dio che d efficacia a questazione profetica.

L'azione profetica "mima" l'azione di un Dio che in dialogo con il popolo attraverso il suo profeta. Nell'azione del profeta si anticipa concretamente ci che Dio far per gli interlocutori e per il profeta stesso. L'azione profetica, a differenza dell'a-zione magica, impegna la responsabilit della libert dell'interlocutore, e d'altra parte annuncia e proclama la solidariet, la partecipazione attuale e gratuita di Dio con il suo popolo, il suo pathos.

E, come Dio totalmente impegnato in questo rapporto, cos il profeta totalmente impegnato nella sua azione, che diventa appello alla libert del destinatario. Proprio perch destinate ultimamente al dialogo con il popolo, le azioni simboliche hanno carattere pubblico e si compiono davanti a testimoni in una via, in una piazza, nel cortile di una prigione, in un negozio ecc...

Le azioni del profeta sono un linguaggio per un tempo di crisi. Costituiscono un invito a non fondarsi su false sicurezze, a non appoggiarsi a pseudovalori. Sta qui la ragione per la quale molte azioni simboliche mettono in scena il rovesciamento delle certezze, il rovinoso finire delle istituzioni e della vita regolare del popolo. Poich il profeta rimane inascoltato, ed anzi il suo messaggio a volte ha l'effetto contrario di rinforzare atteggiamenti reattivi, le azioni simboliche diventano una risorsa estrema per tenere aperto il dialogo e funzionano come parabole che interpellano gli spettatori e li coinvolgono non solamente con l'udito, ma anche con la vista. D'altra parte, quando tutto sembra finito e la crisi divenuta catastrofe, le azioni simboliche vengono invece ad annunciare una speranza inattesa che unicamente l'intervento di Dio rende possibile. Proprio perch linguaggio per un tempo di crisi, le azioni profetiche hanno il carattere di una comunicazione analogica che va controcorrente e che non consiste tanto nella stranezza di alcuni gesti, ma nel fatto che sono fortemente critiche verso determinate situazioni in cui tali gesti vengono posti. Sono critiche verso le circostanze 4Cf ancheR. BLANCHET[etalii],Unprophteentempsdecrise:Jrmie.Dossierpourl'animationbiblique, Labor et Fides, Genve 1985, 107-147.

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del momento, ma soprattutto verso il modo con cui determinate situazioni e realt vengono lette ed interpretate. In tale interpretazione, che va contro l'opinione corrente, sta il loro carattere straordinario, provocatorio, sovversivo e rasentante talora l'assurdo.

Un altro aspetto delle azioni profetiche va qui rilevato. Esse non sono soltanto un modo di esprimere un concetto e un canale per il dialogo, ma sono anche atti che danno realmente inizio a ci che esse significano. Come la parola profetica, esse sono "Parola efficace". Le azioni simboliche indicano precisamente che la parola di JHWH, affidata al profeta, non una mera espressione verbale, ma potenza in azione. Davanti a Dio gi in atto il processo che realizza quanto significato dall'azione simbolica del profeta.

4.1.LeazionisimbolicheinGeremia

In Geremia abbondano le cosiddette azioni simboliche:

Ger 13: segno della cintura Ger 16: il celibato Ger 18: il vasaio Ger 19: segno del vaso Ger 27: segno del giogo Ger 32: segno della compera del campo Ger 51,59ss: segno del rotolo

Le azioni simboliche seguono una forma letteraria abbastanza standardizzata. Vi un ordine divino di eseguire l'azione (Ger 19,1-2; 13,1; 16,1; 32,1; 27,2; 51,59), cui segue il racconto dell'esecuzione del comando (Ger 13,2; 32,8-9); quasi sempre si conclude con una parola che spiega il significato dell'atto (Ger 19,10-11; 13,9-11; 27,4-8; 32,14-15).

La prima azione simbolica quella di Ger 13,1-11: vi appare il tema dell'obbedienza e della disponibilit del profeta, del carattere decisivo dell'azione profetica e della Parola legata ad essa. Si noti ancora la povert del segno e l'importanza della Parola legata ad esso. In queste azioni simboliche c' continuamente il passaggio da una cosa normalissima a qualcosa che interviene a cambiare la vita degli ascoltatori.

L'azione simbolica della cintura di lino vuole mostrare in atto il giudizio sul popolo che non ha aderito (dbaq) in sincerit a JHWH. Il verbo dbaq appare spesso nella letteratura deuteronomica per indicare l'atteggiamento di fedelt piena al Signore, il legame che deve esistere tra il popolo e il suo Dio, simile all'aderire di un uomo alla sua donna (cf Gen 2,24).

L'azione si sviluppa in tre momenti e si conclude con un oracolo contro il popolo. In un primo momento il profeta compera e si mette ai fianchi una cintura di lino, che stoffa nobile e di uso cultuale, per indicare quello che deve essere Israele per Dio. Segue l'ordine di togliersi la cintura e di seppellirla a Nord, verso l'Eufrate. Il terzo momento il rinvenimento della cintura ormai tutta marcita e inutilizzabile.

L'oracolo conclusivo spiega il senso dell'azione con un linguaggio assai vicino a quello del Deuteronomio. Come la cintura si corrotta non improvvisamente ma nel tempo, cos la corrosione dellalleanza tra Dio e il popolo non stata repentina, ma il

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risultato di un lungo logorarsi del rapporto, dell'ostinata perseveranza di Israele a seguire altri di. Israele invece di essere la gloria e il vanto di JHWH presso le genti, lo ha infamato con le sue ribellioni e con la sua idolatria; si badi all'insistenza del testo biblico sul possessivo usato da Dio verso il popolo, possessivo che sottolinea dolorosamente il rapporto stabilito nel Patto e disatteso da Israele. L'esilio del popolo , infatti, in un certo senso anche una sconfitta di JHWH di fronte agli di pagani.

da rilevare come il profeta sia impegnato a fondo in tale azione profetica, cos come lo sar nelle altre. Per obbedire agli ordini ricevuti deve spendere denaro, tempo e forze, deve pagare di persona con la pazienza e la perseveranza. Tutto questo fa parte della fedelt alla Parola ricevuta.

In Ger 18-19 troviamo lazione simbolica del vasaio, per indicare la libert di Dio e lefficacia irresistibile della sua Parola (Ger 18,1-12). L'azione simbolica vera e propria si ha in Ger 19,1ss. un'azione che suscita curiosit o ilarit, ma la parola che orienta la curiosit verso qualcosa di determinante e che richiede un'immediata decisione. Il Signore ordina al profeta di comprare una brocca di terracotta e di andare con testimoni qualificati alla porta dei Cocci: la brocca infranta significher l'immane castigo che l'idolatria trasciner sul popolo.

Questo gesto davvero un annuncio per un tempo di crisi che si avvia verso la catastrofe e che l'azione profetica vuole scongiurare, rendendola evidente ai propri interlocutori. Il luogo in cui il gesto profetico si compie - la valle di Ben-Innm - altres una denuncia dell'idolatria, che era giunta a favorire l'infamia dei sacrifici umani al Tfet. Geremia aggrava poi il suo atto di denuncia delle false sicurezze con un discorso tenuto al Tempio che gli causa l'arresto e una serie di sevizie da parte del "commissario di polizia" del Tempio stesso.

In Ger 27 il giogo portato dal profeta simbolo della schiavit che Babilonia imporr agli avversari.

In Ger 32, attraverso un gesto che sembra insensato, Dio d nuova speranza, mentre si in una situazione disastrosa. Il gesto tanto pi significativo se collocato nel contesto della predicazione di speranza dei cc. 30-33.

In Ger 51,59ss il profeta annuncia un evento che non si realizza pienamente nell'immediato. Vi una discrepanza tra parola di Dio e immaginazione del profeta. La Parola trascende la capacit del profeta di comprenderla o di vederla realizzata. In questo rotolo di sventure che cadranno su Babilonia sta significata anche la certezza della speranza di Israele, fondata sulla futura ineluttabile fine dei suoi nemici.

4.2.Ilcelibatodelprofeta(Ger16)

In generale, le azioni simboliche investono la corporeit del profeta, ma non tutta la sua biografia. Diverso il caso del celibato profetico di Geremia. In Osea con il matrimonio ed ora in Geremia con il celibato profetico abbiamo, pi che un'azione simbolica - che si svolge in una determinata situazione comunque transitoria -, unopzione che coincide con la stessa condizione esistenziale del profeta, alla quale lo ha chiamato la parola di Dio. Questazione simbolica dunque un particolare che coinvolge non solo un gesto del profeta, ma tutta la sua vita, facendone un segno (Ger 16,1ss.).

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Geremia viene invitato a scoprire nella propria esistenza la presenza di JHWH. Questo vuole dire che Geremia non un profeta al servizio del Signore unicamente con l'oracolo, con la sua bocca, ma con la sua vita: la vita intera che ha funzione oracolare. Detto in altre parole, l'umanit del profeta diventa luogo della rivelazione di Dio: elemento dal punto di vista teologico di grande importanza e premessa per una rilettura cristologica dell'AT! Cos nella vocazione Geremia non dice di essere divenuto profeta, ma di aver scoperto che l'essere profeta costituisce l'essenza stessa della sua persona. La natura profetica la vera e totalizzante identit della persona di Geremia.

Se nelle "azioni simboliche" o "pantomime profetiche" il profeta svolgeva un compito, rappresentava delle scene, pur non prendendovi ovviamente le responsabilit, ora non si tratta pi soltanto di rappresentare qualcosa, ma di vivere nella propria vita la Parola.

Non dimentichiamo che, nel corso del libro, Geremia ha gi sperimentato la solitudine, lemarginazione impostagli dalle trame ordite contro di lui, dalle persecuzioni, dal disprezzo dei suoi stessi connazionali. Questo era gi evidente nella prima e nella seconda confessione (cf 11,18-12,6; Ger 15,17): Nonmi sono sedutoperdivertirmi nelle compagnie di gente scherzosa,ma spinto dalla tuamano sedevo solitarioperchmi avevi riempito di sdegno. Inoltre, vi era stata gi la proibizione divina di intercedere e la sofferenza conseguente del profeta, nata dalla sua sincera passione per i concittadini i quali lo ripagano con loro durezza, che giunge fino a perseguitarlo, a volerne la morte.

Ma adesso egli chiamato a far penetrare ancora pi in profondit l'esperienza di tale solitudine: se prima il soffrire poteva, in qualche modo, essere un dolore che lo arricchiva, ora egli deve accettare una solitudine totale, personale, anche anagrafica. Il profeta costretto persino a fare il lutto dei propri sentimenti! Cos, il sensibile e delicato Geremia, pieno daffetto per la sua terra e di partecipazione per la tragedia del suo popolo, come costretto a reprimere ogni lacrima e ogni gesto di solidariet, diventando insensibile come il bronzo, duro come la pietra. Amore e dolore gli sono vietati perch la sua stessa carne riveli il silenzio e lesilio di Dio, che lascia abbacinati e storditi. Di qui la sua solitudine anagrafica, totale: sul piano personale e sociale!

Ma veniamo un attimo al nostro testo, specie Ger 16,1-9 che il cuore narrativo, mentre i vv. 10-10-13 mostrano la motivazione teologica di tutta questa tragedia con un linguaggio tratto dal Deuteronomio.

A Geremia non viene richiesto solo il celibato, ma anche l'astensione dai riti funebri (vv. 5-7) e dalla partecipazione alle feste (vv. 8-9). Il ritirarsi di Geremia da questi momenti fondamentali della vita sociale e civile, deve diventare parabola del ritirarsi di JHWH dal proprio popolo e dello sfaldarsi della comunione allinterno del popolo stesso. E, come in questi riti sociali l'uomo mostra la propria solidariet ed amicizia con gli altri, cos il sottrarsi ad essi diventa dichiarazione di una rottura dei rapporti amicali, figura provocante dell'allontanarsi di JHWH, che toglie anche i doni dell'alleanza (cf Os 2,10ss; in Os 2,21 sono i doni che lo sposo porta alla sposa come dote per il nuovo rapporto di alleanza matrimoniale).

Merita che si approfondisca ancora un momento il significato del celibato di Geremia. Il profeta deve diventare parabola di un Dio, che sembra ritirarsi dal suo popolo, staccandosene drasticamente: in realt un distanziarsi per amore, per la

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salvezza. Cos, pi profondamente, lo stesso profeta, pur non potendo vivere esteriormente la solidariet con il popolo, in realt la raddoppier.

Si deve sottolineare che lo stato di celibato era cos abnorme nella cultura biblica che non c'era neppure il vocabolo corrispondente al nostro "celibe", sicch Geremia costretto ad esprimere questa situazione, ricorrendo a una simbologia matrimoniale in negativo: il non prendere moglie e non avere figli n figlie. A Geremia viene chiesto di andare contro la dualit sessuale - che fa parte del carattere antropologico sessuale dell'uomo biblico - e di rinunciare a una cifra simbolica tanto alta da divenire metafora per antonomasia della relazione di alleanza di Dio con il suo popolo. Gli inoltre chiesto di rinunciare alla procreazione, cio al segno per eccellenza della benedizione, della promessa.

Essendo vero che, durante le catastrofi, chi non ha figli e non ha moglie soffre meno di chi ha il cuore lacerato per laffetto verso di loro, si potrebbe pensare che, con questo celibato, Dio voglia risparmiare un dolore a Geremia; ma non cos, perch il vissuto del profeta sar quello di una dolorosa e a volte insopportabile solitudine.

Il celibato di Geremia esplicitamente connesso con il ministero profetico e si pu leggere perci in senso anche positivo. Infatti, nell'ora fatale della catastrofe, per Geremia il celibato deve costituire una parola di Dio per il popolo, unespressione di questa fedelt alla parola di Dio che irrevocabile. Il valore positivo del celibato di Geremia sta nel ricordare, come vita solitaria, proprio l'imminenza del Signore; inoltre il segno di questo coinvolgimento totale della sua vita con la Parola di cui portatore. In un certo senso, sia pure al limite, si pu vedere nel celibato di Geremia quel taglio escatologico che verr particolarmente messo in evidenza nel NT.

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II

QUALECURAPERILCUOREMALATO? 1.Il"cuore"qualecifradiunantropologiaunitaria

La visione antropologica di Geremia, rispetto alle restanti concezioni attestate nei

testi biblici, non particolarmente originale, almeno per quanto attiene alla struttura dell'umano e dei suoi elementi costituitivi. In ogni caso fondamentale, per intendere il suo messaggio, la sua concezione del "cuore". Se il problema radicale di Geremia sar discernere la qualit del cuore del popolo di Dio e dell'uomo in generale, anche la speranza non potr che configurarsi come un cuore nuovo, circonciso, come una "nuova creazione" dell'uomo.

Lb e lbb, in senso traslato indicano sia i sentimenti dell'uomo (e anche la loro sede), sia la conoscenza delle capacit di discernimento, e sia infine la libera volont e i progetti (cf, ad es., Ger 22,17). Il "cuore" abbraccia tutte le dimensioni dell'esistenza umana, proprio in quanto umana, che coincidono con l'uomo stesso e la sua relazione con Dio.

Quindi una sostanziale caratteristica che si pu rilevare dall'uso biblico, condiviso in tutto da Geremia, che, a differenza delle nostre lingue, il concetto di cuorenel mondo biblico si riferisce sia all'affettivit che all'emotivit ed, insieme e primariamente, indica l'attivit intellettuale decisionale e di discernimento. Si pu comprendere, dunque, che, quando il discorso biblico parla del cuore, non intende laffettivit e lemotivit, ma piuttosto un'intelligenza che si lascia interpellare e che si muove attraverso la volont ed il corpo. Ne consegue che il cuore anche la fonte del ricordo, della memoria, il centro della progettualit e delle scelte decisive. quindi il cuore il centro della coscienza morale e della decisione di fede, detta anche "cuore aperto", come purtroppo anche della decisione della non-fede, detta anche "cuore indurito".

2.Unaprogressivaradicalizzazionedelpessimismoantropologico

2.1.AppoggioinizialeallariformadiGiosia

Crediamo che i testi geremiani, se letti con la metodologia storico-critica, ci permettano anche di ricostruire una certa evoluzione del suo pensiero, che si mosse in direzione di un "pessimismo antropologico" sempre pi accentuato.

Forse durante il primo periodo della sua predicazione si alline agli sforzi di attuazione della riforma di Giosia, con la centralizzazione del culto in Gerusalemme (cf i temi della teologia deuteronomistica: un unico Dio, un solo popolo, un solo santuario).

Ma quale fu l'atteggiamento di Geremia nei confronti di questa riforma? Non abbiamo nei testi indicazioni sufficienti per dire chiaramente se Geremia l'abbia appoggiata sul piano politico, tuttavia sembra di poter rilevare una certa concordanza

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di fondo, nei temi e nei fini della sua predicazione, con la riforma giosiana: la polemica contro l'idolatria, la necessit di una purificazione dagli idoli, l'invito a una rinnovata fedelt a Dio e all'alleanza.

La prima fase della predicazione di Geremia costituita, infatti, di ammonimenti e rb[requisitoria di alleanza], in cui predomina il linguaggio familiare, attraverso il quale il profeta vuole far presenti i sentimenti di Dio (Ger 3), di cui egli si fa interprete.

Altro motivo di questo primo periodo l'invito alla conversione e alcune parole di speranza, che si possono collegare forse agli entusiasmi per l'opera di Giosia, che tenta di espandere il regno, riportando il tempo splendido di Davide. Troviamo in alcune parole di Geremia l'eco di tali progetti e delle speranze da essi suscitate circa il rimpatrio dei deportati del Nord per rifare un unico popolo nella terra dei Padri.

2.2.ConstatazionedelfallimentodellariformadiGiosia

Gi nella predicazione pi antica, Geremia si avvicina al vero problema: la riforma del cuore. Questo suppone che diventi chiaro il fallimento sostanziale della riforma giosiana e delle istituzioni politiche e religiose di Giuda e Israele.

Pi radicalmente la constatazione del fallimento della riforma giosiana il riconoscere che l'Alleanza del Sinai a pezzi e che ormai tardi per potere riparare una realt che sta per crollare sotto i colpi del peccato: Moltegentipasserannovicinoaquesta citt e si chiederanno: Perch ilSignore ha trattato in questomodo una citt cosgrande? E risponderanno: Perch hanno abbandonato l'alleanza del Signore, loroDio,hannoadoratoeservitoaltridei (Ger 22,8-9).

Il passo presenta formule di chiaro sapore deuteronomista e pertanto la metodologia storico-critica tende ad attribuirlo ai redattori deuteronomisti. Esplicita, per, un pensiero sottinteso a tutte le denunce di Geremia sul fallimento delle varie istituzioni e di una vita religiosa non condotta nella pratica della giustizia sociale (cf il richiamo alla giustizia sociale fatto con le espressioni tipiche della Trh in Ger 22,1ss; Es 22,20-21; 23,9).

Il popolo si dunque dimenticato dell'esodo e del patto e ne ha smarrito un autentico ricordo (Ger 11,1-8): Maledetto l'uomo che non ascolta le parole di questaalleanza,cheioimposiaivostripadriquandolifeciusciredallaterrad'Egitto,dalcrogiolodiferro,dicendo:Ascoltatelamiavoceedeseguitequantovicomando;alloravoisareteilmiopopoloeiosarilvostroDio (Ger 11,3-5).

In questo processo di dimenticanza nei riguardi del Signore, che ha portato il popolo ad essere tutto una piaga (8,22; 14,17), sono coinvolti tutti. Sono tutti colpevoli dal pi piccolo al pi grande: Perch dal piccolo al grande tutti commettono frode; dalprofeta al sacerdote tutti praticano lamenzogna (Ger 6,13; cf 8,10). Questa defezione generalizzata dall'alleanza coincide con il fallimento delle istituzioni, in quanto istituzioni che devono permettere a Giuda e a quanto rimane di Israele di vivere come popolo di Dio. Geremia presenta allora una lista daccusati pi completa e diversificata che ogni altro libro profetico: re, dignitari, sacerdoti, profeti, sapienti, popolino.

Passiamo ora in rassegna questa lista di denunce di fallimento.

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2.2.1.FallimentodellamonarchiaGeremia annuncia il fallimentodellafiguradelreedellamonarchiadavidica, in quanto

non sono stati modello dordine e giustizia, ma soltanto di sperpero e di oppressione politica ed economica.

Il giudizio negativo sulla monarchia non solamente un giudizio politico contro lazione oppressiva perseguita da precisi regnanti (cf Ger 22,13-19 contro Ioiakm; contro Conia in Ger 22,24-30), ma ha un valore teologico in quanto valuta come inefficace un'istituzione che, nella teologia del Sud, aveva assunto un valore quasi sacramentale.

Per quanto riguarda poi il giudizio sulla politica seguita dalla corte, Geremia, che dovette confrontarsi con molti re, fu sempre portavoce delle esigenze di Dio e della fede, ma risult comunque un profeta periferico ed ininfluente rispetto alla maggioranza del popolo ed alla corte nel suo insieme, salvo alcune eccezioni.

Vano fu il tentativo ripetuto di far prevalere la saggezza politica rispetto agli egoismi (cf l'alleanza tradita del cap. 34; contro la corruzione: Ger 5,21.28) e ai progetti ambiziosi (cf il palazzo di Ioiakm il quale, oltre a tutto, aveva gi imposto la pesante tassa da destinare al protettore Necao: 2Re 23,35).

La politica delle alleanze perseguita da questo monarca fu condannata da Geremia come una fede negli uomini pi nel soccorso divino (Ger 2,18.36) e come una sorta di divinizzazione del potere, non meno pericolosa dellidolatria cultuale. Essa, infatti, genera un falso culto (Ger 7,26) e una smodata fiducia nelle ricchezze e nelle risorse umane.

Daltra parte egli dovr constatare incessantemente che la sua predicazione rimane inascoltata perch essa conta su Dio soltanto: tale principio sembra infatti agli occhi dei pi come irresponsabile ed ingenuo. Geremia non politico, ma nondimeno, per il suo distacco dalle passioni politiche e dalla sete di potere, conserva una grande lungimiranza e un acuto discernimento dei tempi. la saggezza della fede ci che permette di restare lucidi e di non cadere nelle illusioni e nelle passioni del potere (Ger 17,5-13).

Egli cercava di mantenere vivo il sogno deuteronomico di una societ giusta e fraterna che vivesse nell'obbedienza alla volont di Dio.

2.2.2.FallimentodelprogettodiunasocietfraternaEgli dovette constatare anche il fallimento della fraternit (Ger 9,1ss). Israele non

un popolo di fratelli, ma di traditori. Geremia mette sotto accusa, oltre che il re, anche il popolo di Dio. Questo crollo dell'ideale deuteronomista della fratellanza di Israele e dell'unit del popolo non significher rinunciare definitivamente ad esso, ma piuttosto affidarlo solamente all'intervento di Dio.

Il profeta non pensa affatto ad un nuovo stato o ad una restaurazione monarchica, ma ad una comunit che solo Dio potr radunare con pastori costituiti da Lui e non voluti dagli uomini, come era successo in 1Sam 8, per i quali c' il duro giudizio di Ger 23,1-2. Il sogno di un popolo fraterno non deve essere ridotto ad un piano puramente spirituale o morale, e nemmeno ad una restaurazione politica del Regno. Piuttosto sar

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l'instaurarsi di una societ nuova, senza che alcuna istituzione o persona possa presentarsi come il salvatore5.

Analizziamo ora, a modo di esempio, un passo concernente il tema della conoscenza di Dio e della giustizia sociale (Ger 9,1-8).

Come stile e come tema risulta abbastanza vicino agli oracoli del poema sul nemico del Nord (4,5-6,30): in particolare l'oracolo di giudizio del v. 8 si ritrova puntualmente in Ger 5,9.29. Il nostro passo costituito da un oracolo di JHWH, comunicato da Geremia in discorso diretto. una commistione di accuse contro il popolo e di annuncio del giudizio: il tutto introdotto dal genere del compianto. Il profeta vorrebbe fuggire di fronte al compito che gli dato da JHWH e di fronte allo scoraggiamento che lo ha preso vedendo l'infedelt del popolo. Il nostro testo presenta la situazione religiosa del popolo come totalmente degradata e ci che pi impressiona che non esiste pi un'ultima opportunit per cercare di accogliere il perdono divino.

Ma vediamo adesso pi da vicino il testo in questione. L'introduzione del v.1a richiama in parte le confessioni, dove il profeta ci fa conoscere la sua disperazione, la sua rivolta: anche qui ci fa conoscere il suo scoraggiamento.

sfiduciato a causa del popolo, della sua profonda perversit, e non vorrebbe avere pi nulla a che fare con esso. Non una reazione di tipo teologico, ma passionale, che non deriva da una sorta di freddezza nei confronti del popolo di Dio ma, al contrario, proprio da un profondo attaccamento.

Il sentimento del profeta quindi d corpo al sentimento del Signore stesso, d espressione al pathos di Dio. L'oracolo di JHWH, che Geremia riporta in discorso diretto, d la spiegazione di questo avvilimento del profeta.

Si inizia con unaccusa globale: sono tuttiadulteri ! Evidentemente questo termine non riguarda soltanto l'infedelt coniugale, ma un'allusione a tutti quegli atteggiamenti che sono segnati dallinfedelt ai comandamenti di JHWH, il quale intrattiene con il suo popolo una relazione di tipo sponsale. Ai vv. 2ss si precisa in che cosa il popolo sia veramente colpevole: ciascuno preso dalla frenesia di imporsi, di diventare sempre pi potente. E, per giungere a questo potere il pi rapidamente possibile, si ricorre alla menzogna anzich alla verit, cio a quella sincerit nei rapporti sociali voluta da Dio come momento essenziale nella costruzione di una comunit sociale fraterna.

I delitti commessi da Israele sono collegati gli uni agli altri e hanno in comune l'uso menzognero della parola umana. La lingua quindi utilizzata come un arco teso, pronto a scoccare la freccia della calunnia, della menzogna, della falsa testimonianza. Nella seconda parte del v. 2 troviamo una successiva accusa che si giustappone alla prima: la "non-conoscenza di JHWH".

la mancanza di una veracit nei rapporti sociali che trascina con s anche l'assenza di una giusta relazione con Dio e quindi una non-conoscenza di Lui. Al v. 3 viene mostrata la gravit della situazione: coloro che si fanno del male e che si scagliano queste parole menzognere non sono degli stranieri ma dei vicini, anzi dei fratelli, in quanto sono "figli di Israele". 5Il brano sui pastori di Ger 23,1-8 uno dei pochi testi messianici del profeta e uno dei rari momenti di luce che squarciano la sua esperienza drammatica. Molti commentatori vi vedono una glossa dovuta alla redazione finale. Il suo senso teologico chiaro: affermare la fedelt di Dio alle sue promesse (2Sam 7,11ss; cf Ger 30,9) ma sempre in vista della sopravvivenza del popolo.

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Questa relazione da prossimo a prossimo, da parente a parente, dunque interrotta dalla lotta per la supremazia, per il potere.

Il male talmente grave che paradossalmente il profeta invita non tanto a ristabilire l'armonia fraterna quanto a provare una sfiducia generalizzata, cio a dubitare del fratello. Questo non certamente lo scopo del profeta, ma una messa in guardia di fronte alla gravit della situazione. Tale ammonimento di fronte alla fiducia riposta nel fratello serve ad introdurre una spiegazione sull'uso mortifero della lingua nella parola umana.

comunque chiara l'affermazione: la profondit del male tale e la perversione cos radicata che il popolo di Dio non pi capace di tornare a Lui, di convertirsi, e rifiuta di conoscere il Signore. Ecco, rifiuta di conoscere il Signore in quanto rifiuta di accogliere le sue esigenze, promulgate al Sinai, che riguardano in gran parte la vita fraterna, la vita sociale.

Al v. 6 viene introdotta la sentenza del Signore; essa richiama l'attivit del saggiatore di metalli, che, dopo un esame attento del materiale - cio del minerale da raffinare -, lo passa nel crogiolo, per liberarlo dalle impurit. Cos il giudizio divino sar la sua misura divina che permetter di lavorare, di plasmare la massa corrotta del popolo e di preparare un futuro nuovo. L'unica chance possibile quindi l'attuarsi del giudizio! La seriet dell'affermazione del giudizio porta Geremia a ribadire l'accusa sviluppata precedentemente nel v. 7. La seconda parte del versetto sottolinea il carattere sociale di questi misfatti di Israele. E cos il giudizio si conclude al v. 8 con l'oracolo di giudizio propriamente detto, espresso sotto la forma di una domanda retorica per sottolineare come Dio, a malincuore, sia ormai risoluto a castigare il suo popolo indurito, onde manifestargli la propria autorit, visto che questa l'unica soluzione rimasta.

2.2.3.IlfallimentodellaLeggeGeremia constata anche il fallimento della Legge per l'abuso, per l'interpretazione

falsa dei maestri della Legge (cf Ger 8,8-9: la Legge stata tradita), ma ancora pi per la non-osservanza da parte del popolo intero, che si limita a volte ad unosservanza puramente esteriore, senza circoncidersi davvero il cuore (cf Ger 4,4). La predicazione di Geremia, come quella di altri profeti, denuncia la differenza esistente tra la Legge, quale intesa da Dio, e l'uso e la comprensione pratica che gli uomini ne fanno. Quasi scoraggiato da questo profondo divario, Geremia rinuncia al sogno di una legge "giusta" non perch il suo sia un rifiuto della Legge, ma perch ritiene che, per una vera armonia tra giustizia e legge, sia necessaria una sana libert dell'uomo.

In questo Geremia richiama la predicazione degli altri profeti sulla giustizia sociale; infatti, esclusivamente la pratica della giustizia sociale coincider con il conoscere Dio (Ger 4,22; 5,4-5; 9,1-9; 22,13-17; cf soprattutto Os 4,2). Ma Geremia, ad un certo punto, smette quasi di denunciare situazioni di ingiustizia, non perch non auspichi pi una comunit giusta, ma perch la Legge stessa pare impotente ad assicurare questa possibilit.

Il fallimento della Legge porta ad una non-conoscenza di Dio, che Geremia denunzia come male radicale. Forse l'oracolo che esprime meglio questa denunzia, formulato in linguaggio sapienziale, quello di Ger 9,23 dove avere intelligenza

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conoscere JHWH, quel Signore che fa germogliare sulla terra la sua misericordia, il diritto e la giustizia.

Geremia riprende quindi la linea della predicazione di Osea e ne ribadisce i medesimi principi, con un insistito richiamo alla fedelt dell'alleanza mosaica, che sembra a Geremia, anche se non vi una formulazione esplicita in questo senso, essere risultata fallimentare, inefficace poich non ha dato i frutti sperati.

Geremia perviene ad una constatazione completamente negativa, poich riconosce che il popolo stolto come un bambino che non riflette, che senza intelligenza e non conosce il suo Dio (Ger 4,22). L'accusa di questa ignoranza nei confronti di Dio - e di conseguenza del fallimento dell'alleanza sinaitica - viene formulata nei termini dell'abbandono del Signore da parte del popolo, della "dimenticanza di JHWH". Questa non-conoscenza alla radice di tutte le lamentele particolari che gli oracoli di Geremia annunciano e che riguardano l'ambito del culto, della vita sociale, e, in particolare, della giustizia. Certamente il tema della conoscenzadiDio ha una grande importanza nel libro di Geremia, dato che Dio a sua volta Colui che ha una conoscenza intima del cuore dell'uomo (cf Ger 17,9ss.; 18,23; 48,30). Il profeta stesso si giudica, infatti, come conosciuto da Dio in modo tutto particolare (Ger 1,5; 12,3).

Se la conoscenza di Dio collegata al quadro dell'alleanza promulgata al Sinai non pu essere allora semplicemente una sorta ditinerario intellettuale o mistico, ma piuttosto deve essere un atteggiamento di vita concreta.

Analizzando le varie menzioni della conoscenza di JHWH in Geremia, si deve constatare che molte di esse rimandano alla giustizia sociale, pi che al culto. Gli esempi pi significativi riguardano il re Ioiakm, Ger 22,13-19, e Ger 9,1-8 per le relazioni sociali tra pari a pari; ugualmente impressionante l'inutile appello divino a cercare in tutta Gerusalemme almeno un uomo che difenda il diritto e cerchi di essere fedele (Ger 5,1). Geremia deve allora riconoscere che n il popolino, n i notabili conoscono il cammino di JHWH, il diritto del loro Dio (Ger 5,4ss.).

"Conoscere Dio" in realt accogliere le esigenze del Dio che si rivelato al Sinai e vuole essere conosciuto come il Dio che raccoglie un popolo, secondo un progetto di solidariet, e gli dona un progetto di societ giusta e fraterna. C' una sorta dequivalenza per Geremia tra conoscere JHWH e riconoscere la sua volont di giustizia in ogni circostanza.

Conoscere JHWH non allora semplicemente ricordare alcuni fatti del passato, le tradizioni sulle opere meravigliose nella storia e sulla Legge del Signore, ma soprattutto impegnarsi nei processi concreti vitali di conversione e di rinnovamento che passano attraverso la ricerca della giustizia.

Positivamente, Geremia ricorder che il padre di Ioiakm, il re Giosia, conosceva davvero JHWH, perch faceva trionfare la causa dell'umile, del povero (Ger 22,15ss).

Quindi la constatazione di Geremia risulta molto amara: Stolto ilmiopopolo:nonmi conoscono, sono figli insipienti, senza intelligenza; sono espertinel fare ilmale,manonsannocompiere ilbene (Ger 4,22). Egli deplora il rifiuto ostinato, incomprensibile, di accettare il richiamo di JHWH - che d l'ultima possibilit di decidersi - non comprendendo la gravit della situazione (Ger 8,4-7).

Geremia dunque, al pari della teologia deuteronomista, legge nel rifiuto di conoscereJHWH un rifiuto sostanziale delle esigenze dell'alleanza: in ci sarebbe la causa della fine del regno di Giuda sotto i colpi dei Babilonesi, i quali sono lo strumento del

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giudizio del Dio d'Israele contro il proprio popolo infedele (Ger 5,5ss.; 9,5-8; 34,17-22).

La restaurazione del popolo non potr quindi darsi se non attraverso l'offerta di una conoscenza di Dio, che passi attraverso la conoscenza delle sue esigenze, ed in particolare della giustizia. Questa conoscenza di Dio, intesa in senso concreto, caratterizzer il tempo della nuova alleanza (Ger 31,34).

2.2.4.FallimentodelprofetismoGeremia constata anche il fallimento del profetismo: Non ascoltate le parole dei

profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno vaneggiare, vi annunciano fantasie del lorocuore,non quantovienedalla boccadelSignore (Ger 23,9ss; cf anche Ger 14,14ss). Il paese pullula di profeti che si sono autocostituiti e che ai malvagi potenti augurano fortuna e agli ostinati dicono: Non vi coglier alcuna sventura!. Essi, circondati di rispetto, abusano della credulit popolare e della dabbenaggine dei tanti stupidi che si