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UMBERTO SULPASSO con MASSIMO BUCCHI e altre metafore Prefazione di PIETRO FOLENA Guaraldi I L PRINCIPE SENZA TERRA ANDREA A. Guaraldi

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Umberto SUlpaSSocon

maSSimo bUcchi

e altre metaforePrefazione di

pietro Folena

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Dall’insostenibile leggerezza degli eredi GDA (Gran-de Dinastia Automobilistica) alla vocazione onirica di EROS (Ex Re Onnipotente Silvio); dall’ottusa pre-potenza della GST ( Grande Signora Tedesca) fino al GGDG (Grande Giallo del Delitto Greco), il tempo presente viene svelato dal duo Sulpasso-Bucchi con l’ar-guzia e il sorriso (o persino la risata!) che può accompa-gnare la tragedia di un mondo (iniquo). Un mondo che può essere cambiato, solo che il lettore prenda coscien-za di essere cittadino e non solo consumatore. Perché la critica dell’irragionevolezza di questo tempo richiede un’attitudine “libera” e disincantata, ma non cinica.Le quattro metafore narrative di Umberto Sulpasso nar-rano il ridicolo del potere in tutte le sue manifestazioni; le tavole fuori testo di Massimo Bucchi – che potranno essere “strappate” e inviate all’autore per una firma au-tografa – raccolgono lo humour visuale dei vari tasselli dell’affresco; Pietro Folena, da par suo, introduce alla lettura “politica” del quadro: e qui c’è poco da ridere...

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Il principe senza terra Andrea A.e altre metafore

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Una tavola fuori testo di Massimo Bucchi fra quelle incluse in questo volume potrà essere spedita in casa editrice all’indirizzo in calce

per la firma autografa dell’Autore, senza alcun addebito se non le spese postali. Basterà inviare la tavola prescelta con busta pre-affrancata o con voucher

di prenotazione del corriere. Le tavole firmate saranno rispedite a chi ne farà richiesta con cadenza bimestrale.

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Il prIncIpe senza terra

andrea a.e altre metafore

prefazione dipIetro Folena

Umberto Sulpassocon

Massimo Bucchi

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La sconfitta degli economisti è sotto gli occhi di tutti. La loro formazione “contabile” li ha portati in questi anni a sviluppare straordinarie capacità di indicare soluzioni contingenti e altrettanto straordinarie incapacità nel formulare previsioni attendibili. La crisi iniziata nel 2008 – in Occidente, dimentichiamo di dire, poiché altre parti del mondo sono cresciute a ritmi elevati – è stato l’esempio più lampante di questa schizofrenia. In Europa, dove vi è una folta schiera di economisti-contabili tra Bruxelles e Berlino, il caso della Grecia fa scuola, quando, in ragione dei diktat della troika è stato provocato il più grosso disastro sociale in tempo di pace, pur in un piccolo paese come quello ellenico. Più recentemente non ricordo di aver letto previsioni sulle dimensioni del crollo del prezzo del petrolio in atto, col senno di poi spiegato benissimo dalla stessa scienza economica (sovrapproduzione, diminuzione dei consumi da idrocarburi in Occidente, e così via). I filosofi, invece, azzeccano anche in questo tempo, magari sotto le mentite spoglie di riflessioni sociologiche, molte previsioni. Certamente: si fa

fatica sulla base del loro pensiero ad amministrare una nazione, una città, un condominio, una casa. Ma, da Edgard Morin a Noam Chomsky, da Paul Ricoeur a – perché no – Jorge Mario Bergoglio, da Zygmunt Bauman a Ulrich Beck, questi filosofi-sociologi-giuristi-predicatori offrono suggestioni e indicazioni sul senso di marcia della civiltà umana.Eppure, per quanto riguarda i grandi pensatori della storia, si fa fatica a iscriverli ad un esercito di specialisti in divisa. Di Carlo Marx, per esempio, si è parlato dell’economista, del filosofo e del politico. Se andiamo alla Bibbia, o al Corano, in questi testi è improprio leggere solo il fattore morale, o religioso: si tratta di veri e propri manuali dell’organizzazione sociale, “norme”, o “leggi” che regolano la convivenza.Qui è il punto: la parcellizzazione estrema del sapere è avversa alla conoscenza. Il sapiente ha bisogno dello specialismo, dell’approfondimento, della sua branca di studi e di ricerca: ma non sa nulla se non è capace di vedere le conseguenze. È come quello scacchista che pensando alle migliori strategie di attacco per vincere, si distrae

preFazIone

di Pietro Folena

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e subisce scacco matto. Stiamo all’origine delle parole. La “nomia” dell’“oikos” – la legge della casa, dei beni di famiglia, l’economia alle sue origini – ha bisogno prima di tutto di saper fare di conto, ma poi di produrre, nell’“oikos”, convivenza. Economia e convivenza non possono essere separati. Basterebbero i ragionieri – ma anche loro, dovendo “ragionare”, alla fine comprenderebbero che c’è bisogno di altro.Umberto Sulpasso è un intellettuale fuori dal coro. È, davvero, un “oikos-nomista”. Economista, quindi, ma filosofo, scrittore, pensatore, perché no, “politico”. Barese e californiano. Italiano e oramai un po’ indiano. Ha elaborato idee che c’entrano poco con quelle dei ragionieri del PIL, dei contabili dello spread, dei fotografi di numeri: dal Prodotto Nazionale (e Globale) Sapere a una visione dell’economia della conoscenza fuori dalla retorica della Microsoft o di Apple. Con lui abbiamo pensato – quando la politica italiana si divideva fra una sinistra neoliberista che inneggiava alla globalizzazione e l’ideologica critica no-global – una via nuova (chiamiamola una “quarta via”, visto i risultati catastrofici della terza), imperniata su una visione Know Global (Baldini, Castoldi, Dalai, 2003). Quella visione è stata fatta propria dal nuovo Governo brasiliano, guidato da Lula, con un grande evento a Brasilia a fine del 2003. E anche nel Parlamento italiano, su mia iniziativa, era stata proposta in quel periodo, sulla base di Know Global, la realizzazione di un’ Educational Credit Card. La fragilità della politica negli anni successivi non ha permesso di proseguire quelle sfide.Oggi però – con l’Italia che deve reinventarsi, e

con un rivolgimento pieno di speranze, ma nel quale è francamente difficile intravvedere un senso di marcia, un progetto per il futuro – queste riflessioni tornano di grande attualità. I racconti di Sulpasso sono un genere a sé,a metà tra la fanta-politica e la fanta-economia, raccontando il Teatro dell’Assurdo messo in scena dalle classi dirigenti del mondo in questi anni di crisi; e sono magistralmente illustrati da Massimo Bucchi, che interpreta, più di ogni commento scritto, il senso delle provocazioni di Sulpasso, e il ridicolo senza fondo nel quale piombano tanti potenti. Ci ricordano, Sulpasso e Bucchi, che anche gli uomini – e le poche donne – che si sentono onnipotenti, hanno gli stessi bisogni fisiologici, e molte turbe psicologiche, che le persone normali hanno. L’Operaio, in queste pagine, a proposito dello stress dei turni di lavoro, diventa il maestro di vita del Rampollo della grande famiglia di finanzieri – una volta di industriali.Oggi nelle migliori scuole di economia si studia di più filosofia, antropologia, sociologia. È già una buona notizia. Bisognerebbe proprio studiare, e conoscere la vita di questo tempo. Bisogna cioè imparare a mettere l’orecchio a terra per sentire i rumori del mondo. Pensare. Scrivere. Leggere. Non essere dogmatici. I racconti di Sulpasso e le illustrazioni di Bucchi sono un modo per reinterpretare questo tempo nuovo.

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a Sandro Bacci, raffinato Guru dell’editoria italiana

che ha fatto felici, e a volte inventato, autori di successo

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re sIlvIo e Il porcellum

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Sua Emittenza, ha un sogno per tutti.E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al Re.

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I sognI con Il porcellum

Quando Re Silvio andava a nanna aveva l’abitudine di usare cuscini soffici, altissimi, che gli permetteva-no di sprofondare immediatamente in sogni meravigliosi. Ciò che Re Silvio sognava non era di dominio pubblico, anche se la NSA aveva già un’ampia collezione dei suoi sogni. La NSA, la colossale organizza-zione spionistica tecnologica americana denunciata dall’agente CIA Eduard Snowden, che registra come è noto quotidianamente centinaia di milioni di telefonate, email, dati di credit card di governi, diplomatici e manager di tutto il mondo, dalle più insignificanti alla meno significanti, insomma non si lascia sfuggire nessun alito elettronico, aveva recentemente creato speciali team neuro-intercettativi per catturare i sogni da trasmettere alla grande piattaforma “NSA World Dreaming” orbitante intorno alla terra insieme alla luna. La piattaforma funzionava ormai a pieno ritmo, e raccoglieva, registrava, catalogava non solo i so-gni di uomini, donne e bambini, ma anche quelli di scimmie, scimpanzé, orango non si sa mai l’evoluzio-ne darwiniana avesse già imboccato una fase regressiva di cui a parere dell’Autore c’erano segni rivelatori sempre più illuminanti: vedi discorsi dei politici che proponevano una più aggressiva politica nucleare o affermazioni dei manager delle multinazionali che in nome della “economia uber alles” si sforzavano (con successo) di portare l’equilibrio ambientale al periodo mesozoico, nostalgicamente ricordato da molte specie viventi in quanto all’epoca il genere antropologico era, fortunatamente per loro, ancora assente.Si noti che la piattaforma “NSA World Dreaming” era stata messa in orbita stazionaria intorno alla luna perché anche in tempi di iPad e di trionfo dei social network, molti innamorati continuavano a coltivare l’abitudine di confidare a quell’astro celeste le loro pene o gioie d’amore e non allo strip tease tecnologico mondiale di facebook. Quelle confidenze, intercettate dalla NSA lungo il tragitto dall’interessato alla luna, venivano trasferite e collezionate sulla piattaforma e quando erano fatte da politici, erano oro per i servizi segreti di tutto il mondo, in una società in cui il sesso libero andava bene in TV ma non nel proprio letto.Date queste premesse, ovvio che sulla piattaforma “NSA World Dreaming”, ci fosse un’area speciale de-stinata a collezionare i sogni di Re Silvio.

necessItà strutturalI deI sognI dI re sIlvIo

ImmagInazIone prIvata e pubblIco potere

Talk show sui sogni di Re Silvio ancora non c’erano, anche se si potevano fare al proposito illazioni, ipotesi, congetture, basandosi sull’ampia materia informativa a disposizione. Ma anche in mancanza di sogni concludenti si poteva però essere certi che i sogni di Re Silvio, per farlo felice, dovevano avere una caratteristica: amalgamare pubblico e privato.

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umberto sulpasso

Desiderava la più assoluta libertà di bilancio per spostare a piacere i fondi delle proprie aziende anche in qualche isolotto lontano dagli occhi assassini del fisco (privato)? Si? E allora sognava di avere come ministro della giustizia Angelino Alfano onde fargli abolire il falso in bilancio(pubblico).Bramava un’igiene perfetta dei denti per sorridere meglio agli italiani a scopi elettorali (privato)? Si? E allora nel sogno faceva eleggere come consigliera regionale Nicole Minetti (pubblico).Si capisce che Angelino Alfano ministro della giustizia o Nicole Minetti consigliere regionale, erano solo voli onirici, sogni speciali che ovviamente non potevano avere attuazione pratica. Ma Re Silvio era felice quando, sia pure solo nel sogno, riusciva a realizzare quella felice commistione – governo privato e pubblica tv – che lui adorava. Quando ciò succedeva Re Silvio era certo che quella felicità onirica fosse merito dei suoi meravigliosi cuscini. È per questo motivo che aveva convocato, per una missione di riconoscenza, il Team speciale “motteggi & sberleffi” con l’incarico di trovare un nome adeguato per i suoi soffici cuscini che potesse tramandare in eterno la sua gratitudine per loro.

suggerImentI InadeguatI deI componentI del team

Fortuna che IntervIene la creatIvItà dI lele

Purtroppo però per Re Silvio, il team convocato non riusciva a produrre risultati brillanti. E si capisce. Di solito era convocato per asfaltare amici che erano passati su altre sponde, oppure per liquidare per tempo potenziali nemici emergenti. Qualificanti recenti esempi c’erano in tutti e due i casi. Fini, ad esempio, giusto per non far nomi (ma cognomi), era dato disperso per sempre a Montecarlo, condan-nato a catena perpetua con il cognato, il che secondo alcuni, era peggio di una unione imperitura con Casini, da lui avventatamente cercata pur non avendo un Messaggero per suocero. Matteo invece, per fare un nome (che ormai non ha bisogno di cognome), veniva elogiato pubblicamente in continua-zione per dare all’elettorato di sinistra l’impressione che fosse suo amico fidato, e alienargli i voti PD. Per queste missioni il Team “motteggi & sberleffi” era perfetto, inventava genialmente nomi e slogan coronati da clamorosi successi. Ma nel caso di specie, con grande delusione di Re Silvio, il nome cele-brativo dei cuscini non veniva fuori. E si poteva bene capire. Questa volta al team era stato affidato un compito di gratitudine, di ringraziamento, di riconoscenza: e nessuno dei membri era stato addestrato a tanto. Insomma mancava la pratica.Galliani fu il primo a deludere. Ispirato da riferimenti sportivi, propose di chiamare i cuscini “dream team”, ma Re Silvio fu atterrito all’idea di un nome che avrebbe potuto fargli sognare le gambe di Gullit o di Ancelotti, star del “Dream Team” che aveva furoreggiato in coppa campioni.I responsabili dei telegiornali fallirono in maniera ancor più clamorosa. Riuniti in seduta plenaria non trovarono niente di meglio che suggerire per i cuscini il nome “te lo do io il sogno”. Re Silvio fu

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re silvio e il porcellum

ovviamente terrorizzato dal pericolo di ritrovarsi un Grillo fra i cuscini1. E anche qui non se ne fece nulla. Per inciso, a quell’incontro era mancato all’appello Emilio Fede, risentito di essere stato rimos-so prima dei 115 anni compiuti. Emilio ancorché invitato come special guest in virtù del suo passato di successo nel team, non venne perché impegnato a registrare con il suo trainer conversazioni personali su Re Silvio e Dell’Utri da poter smentire non appena fosse riuscito a renderle pubbliche. Ma non avendo più a disposizione neppure un TG di minimo ascolto, il tentare di rendere pubbliche le sue conversazioni era faticoso e assorbiva ormai tutto il suo tempo.

l’ItalIcum, Il porcellum e la costItuzIone dI re sIlvIo

Insomma, gira e rigira, nulla di veramente indicativo era venuto fuori, fino al momento in cui non arrivò, last but not least, Lele Mora, e allora fiat lux come per incanto: i cuscini non potevano avere che un nome, Porcellum.Grande fu l’entusiasmo di Re Silvio al riconoscimento di un nome per i suoi cuscini che combinava in maniera esemplare il pubblico con il privato, ma l’entusiasmo si spense di lì a poco per l’inaspettato annuncio che la Cassazione aveva investito la Corte Costituzionale della verifica della costituzionalità del Porcellum. I supremi Giudici dello Stato, svegliati di soprassalto e, come spesso succede in casi di sveglia inaspettata e improvvisa, colti da raptus operativo, tempestivamente si accorsero, dopo solo tre elezioni di tranquillo sopore, dell’esistenza del Porcellum. Visto che ci avevano messo solo tre legislazioni per accorgersi che si votava con il Porcellum, nessuno avrebbe potuto lamentarsi se aves-sero impiegato altre tre legislazioni per studiarlo. Ma questo non fu il caso: i supremi Giudici vollero dare al popolo un esempio di celerità ed efficienza. Ci avevano messo otto anni e tre legislazioni per accorgersi della sua esistenza? Benissimo il dado era tratto: il Porcellum va abolito immediatamente! decretò la Suprema Corte.Risultato: la rilassatezza dei sogni di Re Silvio su quei cuscini fu duramente messa in pericolo. Il pri-vato, ok, c’era e resisteva, ma il pubblico rischiava di scomparire.Proprio in quei giorni sul tavolo di Re Silvio era arrivato l’invito del Primo Ministro Svelato di salire sull’Italicum, il treno speciale con cui Matteo Renzi si proponeva di riportare gli Italiani in Europa. “Svelato” era l’appellativo del nuovo Primo Ministro perché, così come di Berlinguer si diceva che giovanissimo si fosse iscritto alla direzione del partito comunista, di Matteo si poteva dire che dal primo comizio elettorale di Sindaco si era iscritto alla carica di Primo Ministro. Infatti per tenere

1. Te lo do io… era l’incipit dei titoli di una serie televisiva di grande successo dell’allora (le cattive lingue dicono anche ora) comico Beppe Grillo.

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umberto sulpasso

nascosta ai suoi concorrenti tale ambizione, Matteo aveva seguito la tecnica più efficace da sempre in politica: lo aveva subito e ripetutamente dichiarato. Ma poiché nessun politico in Italia prende seriamente in considerazione le dichiarazioni degli altri politici, nessuno di loro prestò la minima attenzione al fatto che Matteo dichiarasse di voler fare il Primo Ministro. Letta, per esempio, quando scoprì di essere stato sostituito, ne fu decisamente sorpreso. Felicemente sorpreso, occorre precisare. Letta era Presidente del Consiglio contro la sua volontà perché fra i vari inconvenienti collegati alla funzione, si trattava di un posto che gli imponeva frequentazioni continue con zio Gianni. Pranzo, cena. Cena, pranzo. Non c’era un minuto libero per governare. E poco lo consolavano gli inviti alla pazienza di zio Gianni, di sopportare con serenità questo incarico, da lui non voluto, perché tanto fra poco sarebbe stato licenziato, pardon, lasciato libero. E quando ciò successe il buon Enrico final-mente capì perché Matteo si era sacrificato a fare il sindaco per un po’ d’anni: il suo vero obiettivo era stato svelato (da cui il suo soprannome). Aveva dichiarato di voler fare il Primo ministro, e Primo Ministro era. Ma col raggiungimento di quell’obiettivo era stato anche “svelato” che Matteo, incre-dibile a dirsi, aveva anche il desiderio di governare. E qui non c’è dubbio che il proposito era dei più rivoluzionari.Mai, a memoria storica italiana, chi era stato eletto per governare si era proposto l’obiettivo di gover-nare, eccettuati i casi dell’immediato dopoguerra, dove peraltro governare per i politici italiani era impossibile perché lo facevano gli alleati. Ma una volta avuta una specie di libertà provvisoria, i suc-cessori di De Gaspari & co. concentrarono i loro sforzi su terreni diversi: compromettere, negoziare, patteggiare, mercanteggiare, trattare su tutto ovviamente, ma di governare o di fare vera opposizione, (si governa anche con l’opposizione), mai. L’ispirazione al non governo, strano a dirsi, veniva dalla Svizzera. Pareto, famoso economista svizzero del secolo AD (Ante Darwinomics)2, aveva dettato una volta per tutte il principio del non governo: una società migliora, lui affermava, quando TUTTI i membri migliorano, e una politica è da attuare, lui ribadiva, quando procura benefici a TUTTI. Ricet-ta perfetta della paralisi di governo permanente. Ovvio che Pareto avesse fatto scuola in Italia dove da tempo si seguiva il principio simmetrico: fare scontenti tutti per sgovernare.

essere d’accordo su tutto per rIuscIre a non Fare nIente

Matteo dunque, questo era ormai pacifico, non si accontentava di essere capo del governo, ma aveva anche voglia di governare, e quindi si propose subito di mettere a punto una riforma elettorale che gli permettesse di farlo.

2. Darwinomics, il Saggiatore, 2013.

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re silvio e il porcellum

Metaforicamente Matteo parlò di un treno, l’Italicum, da far partire per portare l’Italia in Europa dove, il principio di far governare chi è eletto per governare era sorprendentemente attuato. Il Primo Ministro “Svelato” visto che tutti dicevano di voler far partire quel treno, aveva chiesto a tutti di aiu-tarlo, e tutti si erano enfaticamente dichiarati entusiasti a farlo. Ma al momento di far partire il treno Matteo scoprì che i macigni che impedivano di varare la nuova legge elettorale si moltiplicavano. Dai e dai, Matteo si era stancato di aspettare e quindi aveva invitato Re Silvio a salire lui sull’Italicum.Maggioranza e opposizione insieme per far partire l’Italicum? In Europa era già successo.Era successo, giusto per fare un esempio, in Germania, dove due partiti che si erano odiati fino alle elezioni, e continuavano a farlo durante le campagne elettorali successive, a vittoria di nessuno dei due raggiunta, si erano seduti ad un tavolo per gestire i problemi che nessuno era in grado di gestire da solo. In Germania, gabinetto fifty-fifty, le tre Grand Coalition della Merkel avevano perfettamente funzionato. Era successo in Inghilterra dove i conservatori di David Cameron si erano alleati con i nemici giurati, i radicali liberali di Nick Clegg, per realizzare il primo governo di coalizione inglese dopo quello di Churchill dell’emergenza bellica. E in ambedue i casi, Merkel e Cameron si erano giustificati con i propri elettori proprio dichiarando che c’era una situazione di emergenza che richiedeva politiche speciali. Ma in Italia, che in fatto di emergenze non la cede a nessuno, se c’è qualcuno che cercava di fare un accordo con Re Silvio, questo qualcuno viene subito tacciato di inciuccista. Termine di cui l’assoluta mancanza di significato, era stato decisivo per il suo successo. E il sospetto è lecito che ciò succeda perché in Italia c’è un’emergenza che la vince su tutte, quella di non permettere di mettere in piedi un sistema elettorale che consenta a chi è eletto per governare di governare.Correva voce nei corridoi di Montecitorio: – Vuoi vedere che Matteo vuol davvero fare la riforma elettorale?.– Noooo!!! Il terrore cominciò a correre nei corridoi di Montecitorio. E le basse insinuazione trovarono una drammatica conferma nell’invito rivolto da Matteo a Re Silvio di riformare la Costituzione per far partire insieme l’Italicum. Guara

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Chi è il più bello del reame?

Guarald

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