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Ottobre 2005 Volume 5 Numero 4 Trends in Medicine 265 Rassegna Il piede diabetico infetto Le infezioni del piede sono un problema clinico frequente nel paziente diabetico e sono associate ad un elevato rischio di amputazione e a grave morbilità. Il trattamento ottimale richiede un approccio multidiscipli- nare, con adeguata conoscenza dei meccanismi fisiopatologici di fondo e procedure diagnostiche complesse. Il trattamento delle lesioni e la modificazione dei fattori di rischio sono importanti. Al trattamento empirico dovrebbe sempre seguire la somministrazione mirata di antibiotici sulla base dell’esame colturale. The infected diabetic foot Summary Infections of the foot is a common problem in diabetic patients and is associated with high risk of amputation and significant morbidity. Optimal management requires a multidisciplinary approach, thorough knowledge of the pathophysiology involved and complex diagnostic procedures. Wound management and modification of host risk factors are important for a successful outcome. Empirical antibiotic administration should be fol- lowed by culture-guided therapy. Cavani E, Candelori A. The infected diabetic foot. Trends Med 2005; 5(4):265-279. © 2005 Pharma Project Group srl Enrico Cavani 1 , Alfiero Candelori 2 1 Modulo di Alta Specializzazione di “Prevenzione e Cura del Piede Diabetico” Istituto di Clinica Medica A.O. “S. Maria” - Terni 2 U.O. Medicina Generale Ospedale - Amelia (TR) Key words: infection(s) diabetes foot complication(s) Enrico Cavani Modulo di Alta Specializzazione di “Prevenzione e Cura del Piede Diabetico” Istituto di Clinica Medica Azienda Ospedaliera “S. Maria” Via Tristano di Joannuccio 05100 Terni I l piede diabetico è una delle principali complicanze croni- che del diabete mellito e colpi- sce circa il 15% dei diabetici durante il decorso della malat- tia 1,2 . Le lesioni che lo caratte- rizzano, a parte quelle preulce- rative, sono le ulcerazioni: que- ste possono essere distinte in neuropatiche, ischemiche e neu- roischemiche a seconda del meccanismo patogenetico pre- valente. Le ulcere possono di- venire sede di sovrapposizione infettiva 3 . Le infezioni del piede sono una causa comune di disa- bilità e morte nella popolazione diabetica e costituiscono un im- portante problema di sanità pubblica, con elevato impatto economico: sono infatti la cau- sa più importante di ospedaliz- zazione dei pazienti diabetici, essendo responsabili del 20% dei ricoveri totali, con una du- rata media della degenza di ol- tre un mese 4-7 . Inoltre, sebbene le superinfezioni non siano cau- sa diretta di ulcerazione, sicura- mente giocano un ruolo fonda- mentale nella loro evoluzione costituendo, soprattutto quando associate ad arteriopatia perife- rica, il principale determinante delle amputazioni degli arti in- feriori 8 . Si stima che oltre il 50% di tutte le amputazioni non traumatiche degli arti inferiori eseguite an- nualmente venga effettuato su pazienti diabetici 9 . I costi, esclu- dendo la riabilitazione, ammon- tano negli USA ad oltre 500 mi- lioni di dollari all’anno 10,11 . For- tunatamente, l’adozione di tera- pie precoci, mirate ed aggressi- ve è in grado di curare una per- centuale significativa di piedi diabetici infetti, scongiurando il rischio di amputazione 12 . Scopo del presente lavoro è quello di esaminare i meccanismi patoge-

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Ottobre 2005 Volume 5 Numero 4 Trends in Medicine 265

Rassegna

Il piede diabetico infetto

Le infezioni del piede sono un problema clinico frequente nel paziente diabetico e sono associate ad unelevato rischio di amputazione e a grave morbilità. Il trattamento ottimale richiede un approccio multidiscipli-nare, con adeguata conoscenza dei meccanismi fisiopatologici di fondo e procedure diagnostiche complesse.Il trattamento delle lesioni e la modificazione dei fattori di rischio sono importanti. Al trattamento empiricodovrebbe sempre seguire la somministrazione mirata di antibiotici sulla base dell’esame colturale.

The infected diabetic foot

SummaryInfections of the foot is a common problem in diabetic patients and is associated with high risk of amputationand significant morbidity. Optimal management requires a multidisciplinary approach, thorough knowledgeof the pathophysiology involved and complex diagnostic procedures. Wound management and modificationof host risk factors are important for a successful outcome. Empirical antibiotic administration should be fol-lowed by culture-guided therapy.

Cavani E, Candelori A. The infected diabetic foot. Trends Med 2005; 5(4):265-279.© 2005 Pharma Project Group srl

Enrico Cavani1,Alfiero Candelori2

1Modulo di Alta Specializzazione di“Prevenzione e Cura del Piede Diabetico”Istituto di Clinica MedicaA.O. “S. Maria” - Terni2U.O. Medicina Generale Ospedale -Amelia (TR)

Key words:infection(s)diabetesfootcomplication(s)

Enrico CavaniModulo di Alta Specializzazione di“Prevenzione e Cura del PiedeDiabetico”Istituto di Clinica MedicaAzienda Ospedaliera “S. Maria”Via Tristano di Joannuccio05100 Terni

Il piede diabetico è una delleprincipali complicanze croni-

che del diabete mellito e colpi-sce circa il 15% dei diabeticidurante il decorso della malat-tia1,2. Le lesioni che lo caratte-rizzano, a parte quelle preulce-rative, sono le ulcerazioni: que-ste possono essere distinte inneuropatiche, ischemiche e neu-roischemiche a seconda delmeccanismo patogenetico pre-valente. Le ulcere possono di-venire sede di sovrapposizioneinfettiva3. Le infezioni del piedesono una causa comune di disa-bilità e morte nella popolazionediabetica e costituiscono un im-portante problema di sanitàpubblica, con elevato impattoeconomico: sono infatti la cau-sa più importante di ospedaliz-zazione dei pazienti diabetici,essendo responsabili del 20%dei ricoveri totali, con una du-rata media della degenza di ol-

tre un mese4-7. Inoltre, sebbenele superinfezioni non siano cau-sa diretta di ulcerazione, sicura-mente giocano un ruolo fonda-mentale nella loro evoluzionecostituendo, soprattutto quandoassociate ad arteriopatia perife-rica, il principale determinantedelle amputazioni degli arti in-feriori8.Si stima che oltre il 50% di tuttele amputazioni non traumatichedegli arti inferiori eseguite an-nualmente venga effettuato supazienti diabetici9. I costi, esclu-dendo la riabilitazione, ammon-tano negli USA ad oltre 500 mi-lioni di dollari all’anno10,11. For-tunatamente, l’adozione di tera-pie precoci, mirate ed aggressi-ve è in grado di curare una per-centuale significativa di piedidiabetici infetti, scongiurando ilrischio di amputazione12. Scopodel presente lavoro è quello diesaminare i meccanismi patoge-

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E. Cavani, A. Candelori

netici, le peculiarità microbiolo-giche e le più attuali modalità digestione delle infezioni del pie-de diabetico.

Fisiopatologia

I diabetici hanno un rischiomaggiore rispetto alla popola-zione generale di sviluppareun’infezione del piede e, quan-do ciò si verifica, essa risulta piùsevera e difficile da trattare ri-spetto ai non diabetici. Ciò di-pende da sottostanti alterazionifisiopatologiche predisponenti,rappresentate essenzialmente datre fattori13:• neuropatia• vasculopatia• ridotta resistenza alle infezio-

ni.

Questa triade di fattori rende ilpiede del diabetico “a rischio”per la comparsa di ulcerazioni esuccessivamente di infezioni e,sebbene non tutte le infezionidel piede siano la conseguenzadella colonizzazione battericadelle ulcere, questa sequenza dieventi è sicuramente la via piùcomune verso sepsi severe del-le estremità inferiori. Per megliocompredere la patogenesi e lediverse modalità di estrinseca-zione clinica delle infezioni nelpiede diabetico devono ancheessere considerate alcune carat-teristiche anatomiche peculiaridi questa struttura.

Neuropatia perifericaLa neuropatia periferica interes-sante le fibre motorie, sensitiveed autonomiche, si osserva inoltre il 55% dei diabetici dopocirca 15 anni dall’esordio dellamalattia e la sua incidenza cre-sce con la durata della stessa14.La neuropatia è considerata ilmaggior fattore predisponenteper le ulcerazioni del piede, es-sendo presente nella maggioran-

za dei pazienti con questo tipodi lesioni12,13.La neuropatia sensoriale distalesi caratterizza per la tipica distri-buzione “a guanto e calzettone”:questa può andare da una im-percettibile perdita della sensi-bilità tattile, vibratoria o dolori-fica fino alla completa anestesiadel piede e della parte inferioredelle gambe3,15,16. L’assenza deldolore e la perdita della sensibi-lità termica predispone l’insen-sibile paziente alla formazionedi ulcere in conseguenza di trau-matismi anche minimi che pas-sano misconosciuti. In questomodo, continuando a cammina-re sul piede malato e privato deifisiologici meccanismi di difesa,è possibile che si sviluppi insi-diosamente una sovrapposizio-ne infettiva.Alla neuropatia sensoriale si af-fianca frequentemente la neuro-patia motoria, che contribuiscea sovvertire in maniera spessograve la struttura osteo-artico-lare e muscolare del piede (atro-fia o paresi muscolare, sviluppodi dita a martello o ad artiglio,graduale sublussazione dorsaledelle dita con dislocazione plan-tare delle teste metatarsali) rea-lizzandosi, in questo modo, ano-male posture ed alterazioni del-l’appoggio plantare che, a lorovolta, provocano abnormi sol-lecitazioni meccaniche e presso-rie in zone ristrette del piede,come le teste metatarsali17,18. Lapresenza di sollecitazioni abnor-mi e costanti di tali zone con-duce alla formazione di callosi-tà e successivamente ad ulcera-zioni (figura 1).La neuropatia autonomica fre-quentemente presente nel pa-ziente diabetico interviene ridu-cendo la sudorazione e determi-nando alterazioni del microcir-colo. L’anidrosi cutanea rende lapelle secca e particolarmentepredisposta alle fissurazioni, con

successiva possibilità di ulcera-zioni ed eventualmente di so-vrapposizioni infettive. Le mo-difiche del microcircolo consi-stono essenzialmente nella dila-tazione delle arteriole periferichee nell’apertura di shunt artero-venosi con conseguente notevo-le aumento del flusso sanguignolocale (piede caldo), aumento

Figura 1. Evoluzione delle lesionicutanee nel paziente diabetico.la presenza di sollecitazionicutanee abnormi su aree di de-formità è condizione essenzialeper la formazione di successivelesioni.

1: formazione del callo

2: emorragia subcutanea

3: lesioni della cute

4: infezione profonda del piedecon possibile osteomielite

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Il piede diabetico infetto

della temperatura, alterazionedelle normale funzione termo-regolatrice e riduzione del flus-so ematico nel letto capillaredeputato al trofismo cutaneo edosseo, con conseguente ridottaperfusione e successiva poten-ziale formazione di ulcerazionicutanee e/o fratture patologi-che, fino eventualmente allacomparsa del piede di Charcot18.

Vasculopatia perifericaL’insufficienza arteriosa checonsegue all’arteriopatia perife-rica gioca un ruolo fondamen-tale nel determinismo delle le-sioni che caratterizzano il piedediabetico. Le lesioni che con-traddistinguono la vasculopatiadiabetica sono l’aterosclerosi, lasclerosi della media e la micro-angiopatia. Nei diabetici l’atero-sclerosi è circa 20 volte più fre-quente rispetto ai non diabetici;è evidente approssimativamen-te nel 10% dei pazienti già almomento della diagnosi e la suaprevalenza raggiunge il 30%dopo una durata di malattia di25 anni19. Le lesioni anatomo-patologiche sono sovrapponibilia quelle dei non diabetici anchese vi sono alcune differenze:l’aterosclerosi diabetica ha unesordio più giovanile, colpisce inegual misura maschi e femmi-ne, è di solito bilaterale e multi-segmentale; le lesioni hannoevoluzione più rapida e tendo-no ad essere più distali, interes-sando prevalentemente le arte-rie della gamba20 ma, come se-gnalato da più Autori, con ri-sparmio delle arterie proprie delpiede21.L’aterosclerosi provoca ische-mia restringendo ed ostruendole arterie. Va inoltre consideratanei diabetici una forma partico-lare di ischemia tissutale corre-lata all’iperglicemia che aumen-ta la suscettibilità tissutale allelesioni e probabilmente contri-

buisce allo sviluppo delle infe-zioni. Studi in vivo ed in vitrodimostrano infatti una riduzio-ne dell’utilizzazione dell’ossige-no tissutale durante episodi acutidi iperglicemia. Questo è dovu-to all’utilizzo preferenziale delglucosio attraverso la via del sor-bitolo piuttosto che attraversola via glicolitica, risultandoneuna ridotta utilizzazione mito-condriale di piruvato ed una di-minuita produzione di energia.Questo processo è stato deno-minato “pseudoipossia indottadall’iperglicemia” e contribuiscea spiegare perché nei diabeticiin insufficiente controllo glico-metabolico, si ha un maggiordanno tissutale rispetto ai nondiabetici anche dopo episodiischemici relativamente lievi22.Da qui la necessità nei pazienticon piede diabetico infetto ditrattamenti ipoglicemizzanti in-tensivi che, come specificatosuccessivamente, svolgono unruolo essenziale sia per la effi-cienza dei sistemi di difesa im-munitaria che per quella del mi-crocircolo.La sclerosi della media (sclerosidi Monkeberg) è una calcifica-zione della tonaca media che ir-rigidisce il vaso senza ridurne illume arterioso. Tuttavia talecondizione ne influenza signifi-cativamente l’adattabilità endo-teliale, per esempio attraverso lamancata vasodilatazione in cor-so di infezione. La ridotta rispo-sta vasodilatatoria rende parti-colarmente insidiosa una corret-ta valutazione diagnostica, cosìcome a tutti noto, interferendonel calcolo dell’indice di Winsor.La microangiopatia, evidenzia-bile anche nel 23% dei soggettiaterosclerotici non diabetici23, èstata considerata in passato cru-ciale nella patogenesi delle ulce-re del piede diabetico. Consistein un ispessimento della mem-brana basale e nel rigonfiamen-

to endoteliale dei capillari, manon provoca ostruzione; pertan-to il suo ruolo come causa pri-maria di lesione cutanea è statoattualmente ridimensionato, purriconoscendo l’importanza del-la funzione svolta dalle anoma-lie capillari che possono influen-zare la reazione vasomotoria el’evoluzione delle lesioni20.Stabilito quindi che l’interessa-mento del microcircolo non si-gnifica necessariamente circoloostruito, dobbiamo segnalarecome l’iperglicemia possa esse-re responsabile di alterazionenell’apertura degli shunt artero-venosi per disfunzione dei mu-scoli precapillari, con conse-guente anossia stagnante distret-tuale.

Alterazioni immunitarieAlterazioni del sistema immuni-tario ed associati difetti leucoci-tari sono stati invocati per spie-gare la maggiore suscettibilitàalle infezioni dei diabetici. Lachemiotassi, la fagocitosi e lafunzione battericida dei neutro-fili sono ridotte soprattutto neipazienti con marcata iperglice-mia o peggio con chetoacidosi24-

26. Ciò è confermato dall’osser-vazione che la correzione del-l’iperglicemia migliora i test dibatteriocidia27. Pertanto i diabe-tici tollerano male le infezioni,queste influenzano negativa-mente il controllo metabolico e,a sua volta, il diabete scompen-sato influenza negativamente larisposta dell’ospite alle infezio-ni.

Condizioni localiLa struttura anatomica del pie-de condiziona di per sé l’evolu-zione di un processo infettivoche in esso compare. In effettise consideriamo l’anatomia fun-zionale del piede possiamo di-stinguere tre compartimentianatomici inespansibili: media-

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E. Cavani, A. Candelori

le, centrale e laterale. Ciò fa siche l’edema infiammatorio checaratterizza ogni fase del proces-so flogistico sia causa, per effet-to meccanico, di una compres-sione delle strutture vitali delpiede (vasi, nervi, muscoli e ten-dini). Ma non solo, l’inespansi-bilità compartimentale causal’estensione prossimale del pro-cesso infiammatorio lungo lefasce tendinee e muscolari finoalla caviglia e, successivamente,verso la gamba, in quanto l’ede-ma infiammatorio e le secrezio-ni non hanno spazio di accogli-mento. Si creano così le condi-zioni per lo sviluppo di fascitinecrotizzanti e sindromi com-partimentali da ischemia criticaper compressione vascolare pe-riferica.Un altro aspetto da consideraredell’anatomia del piede è che lacircolazione a livello delle ditaè, come noto, di tipo terminale:pertanto pur in presenza di uncircolo efficiente, un’eventualeinfezione a carico di un dito può,per fenomeni vasculitici, causar-ne la gangrena (“sindrome delledita blu”). Infine va considera-to come la conformazione delpiede faccia sì che varie struttu-re (cute, ossa, vasi, nervi, tendi-ni) siano strettamente collegate.Ben si capisce quindi, come unprocesso infiammatorio a par-tenza dalla cute possa rapida-

mente coinvolgere le strutturecontigue e, come la pratica cli-nica quotidiana insegna, da unabanale ulcerazione si possa svi-luppare una osteomielite o unaartrite settica.

MicrobiologiaIn condizioni normali la cutedell’uomo è colonizzata da nu-merosi microorganismi com-mensali senza che si verifichi al-cun processo patologico. Anchele soluzioni di continuo dellacute sono colonizzate da unaflora batterica mista senza chequesto determini un processoinfiammatorio. E’ solo quandoun ceppo batterico diventa pa-togeno che l’evento infettivo sirealizza28. Pertanto l’infezione èdefinita dalla presenza di segnie sintomi locali (arrossamento,dolore, tumefazione, aumentodel termotatto, gemizio puru-lento dalle lesioni ecc.) o siste-mici (malessere generale, febbre,scompenso glico-metabolico,leucocitosi, ipersedimetria, ecc.)piuttosto che microbiologica-mente, poiché la colonizzazio-ne microbica delle ulcere del pie-de è un fatto pressochè costan-te.Nelle infezioni del piede diabe-tico ulteriori problemi sono rap-presentati dal fatto che spesso isegni locali sono meno severi diquanto ci si aspetterebbe, e non

sempre compare febbre o leuco-citosi8,29. Da tutto quanto dettoderivano due considerazioni fon-damentali: la semplice presenzadi microorganismi nelle lesioninon significa di per sé infezione,mentre la presenza di certi ger-mi patogeni come lo Stafilococ-co aureo e determinati ceppi diStreptococco è fortemente indi-cativa di infezione anche in man-canza di segni clinici certi30. Leinfezioni superficiali, analoga-mente a quanto si verifica nellapopolazione non diabetica, ten-dono ad essere monomicrobi-che e sono generalmente soste-nute dallo S. aureus e da Strep-tococchi di gruppo A e B. Nel-lo studio di Goldestein, le infe-zioni erano provocate nel 75%dei casi da S. aureus e con minorfrequenza da Streptococchi, maanche Enterobacteriaceae, En-terococchi ed anaerobi interve-nivano con una frequenza signi-ficativa. Questi dati sono staticonfermati da altri Autori, ben-ché la prevalenza dei singoli pa-togeni sia ampiamente correla-ta alle modalità di raccolta delcampione. In tabella 1 sono ri-portate le percentuali dei varipatogeni isolate in differenti stu-di clinici (tabella 1).I pazienti precedentemente trat-tati con antibiotici ospitano conmaggiore probabilità ceppi diStaphylococcus aureus meticillino-

Tabella 1. Prevalenza dei principali patogeni isolati in differenti studi clinici. La sommatoria dei varipatogeni è sempre superiore a 100 poiché più specie sono isolate contemporaneamente. (Dati da FrykbergRG et al 199621).

Patogeno Autore (n°pazienti)

Gibbons (100) Scher (65) Garyson (96) Leichter (55)

S. aureus 54 35,4 56 27,3Stafilococchi coag- 32 27 12,5 40Enterococcus spp. 32 — 29 29P. mirabilis 22 55,8 7,3 12,4P. aeruginosa 14 23,1 7,3 9,1Bacteroides spp. 67 84,6 31 9,1

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Il piede diabetico infetto

Il ritardato invio del pa-ziente verso i Centri per lacura del piede diabetico siassocia a maggior rischiodi complicanze settiche e diamputazioni.

resistenti (MRSA), enterococchie Pseudomonas aeruginosa mameno frequentemente Entero-bacteriaceae ed anaerobi. Que-ste osservazioni suggerisconoche la prevalenza delle infezioniprovocate da MRSA ed entero-cocchi può aumentare in con-seguenza di un precedente trat-tamento antibiotico; in partico-lare è stata evidenziata una rela-zione tra l’uso prolungato di ci-profloxacina e la prevalenza diinfezioni sostenute daMRSA32,33.Nei pazienti diabetici le infezio-ni dei tessuti profondi, quelleche complicano lesioni cronicheo che si associano ad un piedeischemico o con un’area necro-tica sono sostenute nel 70-80%dei casi da flora microbica mi-sta34,35. Come per le infezionisuperficiali, anche in quelle pro-fonde Staphylococcus aureus, spes-so meticillino resistenti, e Strep-tococchi sono patogeni frequen-ti. Nelle infezioni miste severedei tessuti molli si ritrovano an-che Proteus spp., Klebsiella spp. edEscherichia Coli. A dispetto dellasua ubiquità e delle attenzioniche riceve, Pseudomonas aerugino-sa non è frequentemente coin-volto, essendo isolato solo nel10-20% delle colture21,35, men-tre un ruolo più significativo èsvolto da Proteus mirabilis chepuò essere isolato in oltre il 50%delle infezioni35-37. Gli anaerobi,in quasi tutti i casi, si ritrovanosoltanto in presenza di aerobi36,37

e nei casi più gravi possono pro-

vocare sepsi generalizzate. Tradi essi Peptostreptococcus spp. eBacteroides spp. sono i più fre-quenti. B. fragilis è frequente-mente in causa nelle osteomie-liti croniche7,36. Il sinergismobatterico può essere un impor-tante determinante di patogeni-cità per B. fragilis giacchè è statodimostrato un incremento dellasua attività in presenza di ente-rococchi38.Si può pertanto concludere chela specie batterica responsabilein un’infezione superficiale ri-spetto a quella responsabile inun’infezione profonda può es-sere in qualche misura prevista,e ciò ha fondamentali implica-zioni pratiche per l’uso empiri-co ma ragionato degli antibioti-ci in attesa del risultato degli esa-mi colturali.

Classificazione e qua-dri clinici

Lo sviluppo di una infezionepuò seguire una lesione inavver-tita in un piede diabetico neu-ro-ischemico o essere la seque-la di un’ulcerazione di vecchiadata. La soluzione di continuoconsente l’ingresso di microor-ganismi che proliferano favoritidalla compromessa risposta im-munitaria dell’ospite39. In pre-senza di insufficienza vascolare,l’infezione progredisce rapida-mente e può trasformarsi in unaemergenza medica in quanto,come vedremo in seguito, l’in-fezione peggiora l’ischemia. Tra-gicamente, la gravità della con-dizione spesso sfugge al pazien-te, finché si arriva ad uno stadioclinico troppo avanzato per sal-vare il piede da una amputazio-ne. Allo stesso modo, la sotto-valutazione della severità dell’in-fezione e della sottostante ische-mia da parte dei medici che han-no in cura il paziente può rap-presentare un’ulteriore causa di

morbilità per il ritardato inviodel soggetto verso Centri spe-cializzati; il ritardato invio ver-so i Centri per la cura del piedediabetico è infatti gravato da unrischio di amputazione sensibil-mente maggiore rispetto ad unavalutazione più adeguata e tem-pestiva.Poiché i segni sistemici di infe-zione sono spesso assenti, mo-desti, o tardivi e poiché anche imarcatori di laboratorio relativialla flogosi spesso non sono diaiuto nella corretta valutazionedella condizione di urgenza me-dica, tutte le infezioni devonoessere trattate aggressivamenteper prevenire la loro estensioneprossimale, la gangrena e la se-psi39,40.La classificazione delle infezio-ni del piede in termini di severi-tà, profondità dell’interessamen-to, caratteristiche cliniche, loca-lizzazione anatomica o eziolo-gia può spesso facilitare ed in-dirizzare il trattamento. Diversesono le modalità classificativeproposte tra cui quella di Wa-gner, largamente condivisa, cheidentifica 6 categorie di lesioniprogressivamente ingravescentidal grado 0 al grado 5 secondol’interessamento dei diversi pia-ni tissutali, la localizzazione to-pografica e l’eventuale presen-za di infezione (tabella 2)41.Questo tipo di classificazioneconsente di inquadrare clinica-mente la lesione, orientare gliaccertamenti diagnostici ed in-dirizzare il trattamento. Tan eFile classificano le infezioni delpiede diabetico in superficiali eprofonde, suddividendo questeultime in sottocategorie in basealla regione anatomica interes-sata42. Questo semplice approc-cio ha il pregio di indirizzareprontamente verso un correttotrattamento: le infezioni profon-de sono quelle più gravi e richie-dono sempre l’ospedalizzazione

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mentre i pazienti con infezionisuperficiali possono essere trat-tati ambulatorialmente. AltriAutori hanno utilizzato lo stes-so approccio, ma suddividonole infezioni in lievi, moderate osevere come guida per una ap-propriata terapia antibiotica eper i trattamenti ad essa asso-ciati4,25.In accordo con Karchmer40 eGibbons39 preferiamo distin-guere semplicemente le infezio-ni del piede diabetico in duegruppi:• infezioni minacciose per l’ar-

to• infezioni non minacciose.

Infezioni non minaccioseper l’artoLe infezioni non minacciose perl’arto, di eziologia sia battericache micotica, spesso combinatecon un’ulcerazione, sono tipica-mente superficiali ed accompa-gnate da una cellulite circostan-te <2 cm di diametro, senza evi-denza di interessamento osseood articolare. In questi casi,l’eventuale dubbio diagnostico

Tabella 2. Classificazione delle infezioni del piede diabetico secondo Wagner. (Da Wagner FW 198241).

Stadiazione Reperti/Quadro clinico

Grado 0 Cute intatta; possibili deformità ossee, callosità e/o lesioni preulcerativeGrado I Ulcere localizzate superficialiGrado IIA Ulcere profonde, con coinvolgimento di tendini, legamenti ed articolazioniGrado IIB Come IIA più infezione e celluliteGrado IIIA Ascesso profondo più celluliteGrado IIIB Osteomielite più celluliteGrado IV Gangrena interessante le dita e la piantaGrado V Gangrena interessante l’intero piede

di interessamento osseo puòessere fugato esclusivamenteattraverso l’uso della scintigra-fia con leucociti marcati con111Indio (111I). I pazienti nonmostrano abitualmente segni ditossicità sistemica e conseguen-temente possono essere pru-dentemente gestiti in regimeambulatoriale40. Chiaramente, aseconda delle strutture anatomi-che coinvolte, nelle infezionisuperficiali possono essere iden-tificate svariate condizioni infet-tive: l’onicomicosi, la perioni-chia, la tinea pedis e l’ulcera di1° grado di Wagner.E’ bene ribadire che ogni infe-zione non minacciosa per l’ar-to, sia essa di natura battericache micotica, se non adeguata-mente trattata può rapidamentediffondere ai tessuti molli pro-fondi e divenire minacciosa perl’arto e per la vita.

Infezioni minacciose perl’artoLe infezioni minacciose per l’ar-to richiedono l’immediata ospe-dalizzazione a causa dell’estesointeressamento locale e per ilfrequente coinvolgimento dellecondizioni generali. Questo sicaratterizza non solo per la pre-senza di febbre, ma anche perlo scompenso metabolico conspiccata tendenza alla chetosi39.La febbre purtroppo non è sem-pre predittore sensibile di seve-rità della situazione, giacché

temperature >37,7°C sono pre-senti soltanto in circa il 35% deipazienti con infezioni minaccio-se per l’arto40-43. La reazione cel-lulitica si estende per più di 2 cm,sono presenti linfangite ed ede-ma, può esservi batteriemia e leulcerazioni associate dovrebbe-ro essere sondate in profonditàfino all’osso, all’articolazione oai compartimenti profondi. Gliascessi profondi, le gangrene, lafascite necrotizzante ed altriquadri specifici di infezioni se-vere del piede sono incluse inquesto gruppo.Le infezioni dei tessuti molliprofondi sono comuni nei dia-betici con vasculopatia periferi-ca e possono divenire minaccio-se per la vita (figura 2). Consi-derando che sono spesso pro-

Le infezioni del piede dia-betico si caratterizzano perla rapida evoluzione versoforme particolarmente se-vere se non adeguatamen-te trattate.

Figura 2. Infezione superficialedel piede.

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Il piede diabetico infetto

vocate ed associate alla presen-za di microorganismi producen-ti gas, la diagnosi differenzialedovrebbe sempre includere leinfezioni più gravi del sottocu-taneo e particolarmente le infe-zioni miste dei tessuti molli pro-fondi, la fascite necrotizzante ela gangrena gassosa (figura 3).Le infezioni miste dei tessutimolli e la gangrena gassosa pos-sono essere distinte in base allecaratteristiche cliniche: le primeevidenziano abbondante pre-senza di gas alla radiografia o allatomografia computerizzatamentre nella gangrena gassosa,che è relativamente infrequentenei diabetici, la produzione digas è minore44. La gangrena gas-sosa, conosciuta anche comemionecrosi da clostridi, è unapatologia tossino-mediata. Ilpaziente diventa acutamentesofferente, la febbre è bassa oassente e l’area gangrenosa èusualmente soffice e pallida.D’altro canto, nelle infezionimiste dei tessuti molli l’area èsoffice ma non pallida. Inoltre,nella gangrena gassosa vi sonoflittene a contenuto fluido diodore dolciastro mentre il con-tenuto fluido delle bolle delleinfezioni miste risulta di odoredisgustoso e fetido. La gangre-na gassosa è associata al rapidoabbassamento dei valori del-

l’emoglobina, evento provocatodalla rapida (poche ore) emolisiintravascolare mediata dalle tos-sine dei clostridi. I granulocitineutrofili sono pochi e nell’es-sudato della lesione prevalgonoi bacilli Gram positivi. La gan-grena gassosa coinvolge semprei tessuti muscolari. Al contrario,nelle infezioni miste dei tessutimolli profondi non sono abi-tualmente coinvolti i muscoli, ipolimorfonucleati sono abbon-danti e possono essere isolatipatogeni multipli, sia aerobi cheanaerobi45.Tra le infezioni dei tessuti pro-fondi, la fascite necrotizzante èla complicanza più minacciosaper la vita, con una percentualedi mortalità ancora oggi pari acirca il 30%46. La fascia superfi-ciale e quella profonda vengo-no coinvolte dal processo infet-tivo, con trombosi dei vasi sot-tocutanei e conseguente gangre-na dei tessuti sottostanti. La fa-scite necrotizzante è associataalla presenza di picchi febbrili ea dolore nella sede di infezio-ne47,48. Essa è ben diagnosticatain modo non invasivo con latomografia computerizzata.L’osteomielite dovrebbe esseresempre sospettata in ogni dia-betico che sviluppi un’infezio-ne severa del piede ed in quellicon ulcere profonde penetranti

refrattarie al trattamento anti-biotico proprio perchè espres-sione di una sottostante osteo-mielite cronica.

Valutazione diagnostica

Esame obiettivoL’infiammazione è un processodinamico che, come già segna-lato nel I secolo d.C. da AuloCornelio Celso nel suo libro DeArtibus, è caratterizzato da quat-to segni clinici fondamentali piùla compromissione funzionale:1. rubor (rossore): il fenomeno

iniziale dipende dalla vasodi-latazione, che provoca ipere-mia attiva, mantenuta dal ri-tardato ritorno venoso che èa sua volta responsabile del-l’iperemia passiva, la conse-guenza ultima dell’ostruzionedelle vie di deflusso del san-gue;

2. calor (aumento di temperatu-ra): dipende sia dall’incre-mento del contenuto emati-co che dalla aumentata pro-duzione di calore per dannomitocondriale delle cellulecoinvolte dal processo in-fiammatorio;

3. tumor (gonfiore): dipendeessenzialmente dall’aumenta-ta permeabilità capillare checausa la fuoriuscita della quo-

Figura 3. Gangrena limitata a porzioni di dita o del piede (A, B). In (C) gangrena estesa a tutto il piede.

A B C

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ta sierosa del sangue;4. dolor (dolore): è conseguen-

za della stimolazione nervo-sa da parte di sostanze algo-gene liberate durante il pro-cesso infiammatorio sugli al-gorecettori;

5. functio laesa (compromissio-ne funzionale): è la perditadella capacità funzionale.

Anche il piede diabetico infettonon sfugge, seppur con pecu-liarità proprie, a queste fonda-mentali regole semeiologiche el’esame obiettivo rimane pertan-to fondamentale. Infatti, comeè esperienza comune di chi trat-ta quotidianamente questi pa-zienti, è spesso la sola osserva-zione clinica a permetterci diporre diagnosi di infezione acarico di un compartimento delpiede. In verità i tradizionalimezzi diagnostici (esami emato-chimici, esami colturali, radio-grafie) spesso non sono prati-cabili (immaginiamo un pazien-te anziano allettato a domicilio)o quanto meno non sono ripe-tibili così frequentemente comeimporrebbe l’evoluzione clinicadi una lesione ulcerata ed infet-ta del piede. E’ altresì vero chequesti interventi di primo livel-lo non sempre sono diagnosti-ci, specie nelle fasi iniziali di unprocesso osteomielitico, né èipotizzabile prevedere, per tuttii pazienti con piede diabeticoinfetto, un iter diagnostico com-prendente indagini molto sofi-sticate e costose (scintigrafia conleucociti marcati, TC, RM). Neconsegue che le indagini ad ele-vata tecnologia ed a maggiorcosto devono essere riservatequando esista un dubbio dia-gnostico non altrimenti risolvi-bile o quando l’obiettività clini-ca lo richieda. Per quanto riguar-da la semeiologia del piede dia-betico infetto, come accennatoprecedentemente, vanno consi-

derate delle peculiarità propriedi questa patologia che potreb-bero essere fonte di grossolanierrori diagnostici ed in partico-lare:a) il rossore può essere non

evidente, o appena accenna-to, per la eventuale presen-za di vasculopatia perifericao di linfedema, indotto dal-la concomitante neuropatia;

b) l’eventuale presenza di neu-ropatia autonomica condi-ziona l’apertura di shunt ar-terovenosi che sono causadi aumentata temperaturadel piede, che quindi nonnecessariamente ha una ge-nesi infiammatoria;

c) il linfedema da neuropatiapuò giustificare di per sél’edema periferico; nondobbiamo dimenticare co-munque che spesso coesisteuna miocardiopatia diabeti-ca con scompenso cardiacocongestizio ed edema dastasi;

d) è esperienza quotidiana cheanche pazienti con esposi-zione del piano osseo nonabbiano dolore;

e) il deficit funzionale è di dif-ficile interpretazione in que-

sti soggetti, spesso moltoanziani, per la coesistenza difenomeni artrosici e dege-nerativi favoriti dalla osteo-penia diabetica.

Fatte queste premesse semeio-logiche dobbiamo ricordarequali sono gli interventi diagno-stici di primo e di secondo livel-lo necessari nella valutazione delpiede diabetico infetto.

RadiologiaCome ricordato la radiografiadel piede non è certamente unesame proponibile dal punto divista diagnostico in acuto inquanto è esperienza comunel’evidenza clinica di ulcere conesposizione del piano osseo,con radiografie, dei segmentiossei interessati negative. Vice-versa questa tecnica di imagingpuò risultare positiva, dopoquindici giorni ed oltre dal mo-mento della diagnosi, soltantoquando si è creata una signifi-cativa erosione della corticaleossea. Non è superfluo sottoli-neare quindi come la diagnosidi osteomielite acuta deve esse-re posta il più delle volte con uncriterio clinico-osservazionale:

Figura 4. Edema dei tessuti molli (A). In B si rileva contemporaneapresenza di osteomielite.

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l’osso che si vede o si tocca conlo specillo è espressione clinicadi osteomielite. In alcuni casituttavia la radiologia convenzio-nale si dimostra di una certa uti-lità sin dalle prime fasi, peresempio per rivelare la presen-za di gas nei tessuti o, peggioancora, di corpi estranei acci-dentalmente penetrati negli stes-si nonchè dell’edema dei tessutimolli (figura 4).

Scintigrafia con leucocitimarcatiQuando la diagnosi di osteomie-lite non può essere posta consicurezza, per esempio in pre-senza di lesioni neuropatiche,coesistenza di sclerosi ossea,sublussazioni o neuroartropatia,è utile la scintigrafia con leuco-citi marcati (99 mTC HMPAO)nelle tre fasi vascolare, pull ema-tico e statica, associata ad unascintigrafia osseea trifasica peraumentare la sensibilità dellametodica49,50. La presenza dineuroartropatia diabetica vasempre esclusa, per evitare falsipositivi, specialmente nelle piùrare osteomieliti del retropiede51.A tal riguardo non è superfluoricordare che le osteomieliti in-teressano per il 90% dei casil’avampiede.La maggioranza delle esperien-ze degli Autori anglosassonisono state effettuate con 111In-dio-leucociti, ma il radiofarma-co tecneziato da noi utilizzatooffre un considerevole vantag-

gio in termini di statistica di con-teggio e quindi di qualità delleimmagini (figura 5). La marca-tura dei leucociti viene da noieffettuata secondo il protocollodi Hammersmith modificato. Lamodifica sostanziale al protocol-lo consiste nell’effettuare il pro-cesso di sedimentazione in 50 ccdi sangue invece dei classici 100cc ottenendo, in ogni caso, lamarcatura di un sufficiente nu-mero di leucociti. Vengono ac-quisite in tutti i pazienti median-te gamma camera GE millenium(collimatore LEHR) una scan-sione dinamica, indicativa dellafase vascolare (2 sec/frame x 2min), e delle scansioni dinami-che dopo 30 min, 3 h e 24 h dallasomministrazione del traccian-te. I 99 mTc-HMPAO leucociti,che mantengono intatta la capa-cità di migrazione verso i siti diinfezione, sono così in grado didifferenziare il coinvolgimentoosseo rispetto ad una flogosi deitessuti molli. Esiste il rischio difalse negatività se nel frattempoè stata attuata antibioticoterapia.Un’ulteriore possibilità di valu-tazione deponente per una neu-roartropatia diabetica e non vi-ceversa per una osteomielite, èla distribuzione multifocale ebilaterale dell’osteopatia neuro-patica diabetica che la differen-zia, ovviamente, dall’osteomie-lite distrettuale. La scintigrafiacon leucociti marcati con 111I hauna sensibilità solo lievementeminore rispetto all’impiego di

leucociti marcati con 99mTC, mauna specificità sensibilmentemaggiore (tabella 3).

Tomografia assiale com-puterizzataLa Tomografia Assiale Compu-terizzata (TAC) è nel piede dia-betico infetto limitata da artefat-ti e condizionata dalla ridottarisoluzione del contrasto pro-pria della metodica, non permet-tendo, pertanto, in molti casi didifferenziare le alterazioni neu-roartropatiche da quelle osteo-mielitiche. Utile, viceversa, il suouso nella diagnosi non invasivadi fascite necrotizzante comedetto precedentemente44; puòessere utile, inoltre, per studiareadeguatamente la corticale del-l’osso e quando è indispensabi-le effettuare, metodica abbastan-

Figura 5. Scintigrafia conleucociti marcati.

Tabella 3. Comparazione fra varie tecniche di diagnostica per immagine nella diagnosi di osteomielitein pazienti con piede diabetico. (Dati da Lipsky 199752).

Tecnica Sensibilità (%) Specificità (%) PPV (%) VPN (%)

Radiografia 60 66 74-87 72-85Scansione con 99mTc 86 45 43-87 nd111I leucociti 89 78 75-85 79-100RM 99 83 70-100 87-98

VPP=Valore predittivo positivo; VPN=Valore predittivo negativo

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za rara, una biopsia ossea gui-data.

Risonanza magneticaLa Risonanza Magnetica (RM)rappresenta la tecnica più recen-te per la valutazione delle infe-zioni muscolo scheletriche. LaRM ha ottima sensibilità e spe-cificità e può essere utile nelladiagnosi di osteomielite e nellaprecisa individuazione degliascessi che complicano le infe-zioni gravi del piede diabetico.Le scansioni del midollo osseocon una ridotta intensità di se-gnale nelle immagini di T1 evi-denziano l’edema midollare, cheappare scuro, mentre il grasso,povero d’acqua, appare lucente(figura 6); in T2 l’aumentata in-tensità causa l’inversione dellacaratteristica delle immagini,confermate anche nella sequen-za STIR (Short Tau InversionRecovery). Queste modificazio-ni però possono essere presentianche in corso di fratture e diartropatia di Charcot, e quindioccorre, anche in questo caso,saper porre una corretta indica-zione diagnostica53,54. Certo èche la risonanza è una metodicadi eccellenza nell’individuarecavità ascessuali insospettate oscarsamente definite.

Terapia antibiotica

La gestione del paziente con pie-de diabetico infetto comportauna serie di considerazioni e va-lutazioni preliminari non usualiin altri processi infettivi e diret-tamente connesse alla malattiadi fondo. In realtà fra le altera-zioni metaboliche di base ed ilprocesso infettivo non esisteuna relazione di causa-effetto,ma piuttosto una relazione biu-nivoca, nella quale l’infezione èfavorita dal quadro dismetabo-lico ed è a sua volta causa di ul-teriore squilibrio metabolico, in

un circolo vizioso che deve es-sere prontamente interrotto conterapie idonee che prescindonodal solo trattamento antibiotico.E’ bene ribadire in primo luogoche i valori glicemici devono, incorso di infezione, adeguarsi aiparametri che si perseguono neltrattamento ipoglicemizzanteintensivo e cioè a valori prepran-diali di glicemia <140 mg/dL epost-prandiali <180 mg/dL.Tali target terapeutici devono es-sere ottenuti anche in pazientiin trattamento ipoglicemizzan-te orale con un transitorio uti-lizzo di terapia insulinica. Amargine di queste considerazio-ni preliminari devono inoltreesser ricordati i seguenti punti:a) anche l’eventuale presenza

di ipercolesterolemia edipertrigliceridemia, coneventuale associata iperuri-cemia, deve essere adegua-tamente trattata;

b) differenziare sempre le in-fezioni non minacciose daquelle minacciose per l’artoin quanto, per le prime si di-spone di un bagaglio tera-peutico utilizzabile in regi-me domiciliare; viceversa,per le seconde, più impegna-tive, ci si dovrà avvalere diantiobiotico-terapia spessoeffettuata con più farmaci, inregime di ricovero ospeda-liero e da continuarsi spes-so per lunghi periodi;

c) il trattamento antibiotico,anche se impostato in modoempirico, dovrà sempre es-sere dettato da uno schemaragionato, in rapporto sia al-l’agente infettante presuntosia ad altre valutazioni (pre-cedenti cicli antibiotici, età,compenso metabolico ecc);dopo la prima fase di tera-pia empirica dovranno se-guire, specie nelle infezioniminacciose per l’arto, l’iso-lamento colturale ed i testdi sensibilità;

d) “l’antibiotico ideale” do-vrebbe assicurare una co-pertura ad ampio spettro,raggiungere un’adeguataconcentrazione tessutale edessere relativamente nontossico;

e) il ridotto apporto vascolarecondiziona il raggiungimen-to di adeguate concentrazio-ni tessutali del chemiotera-pico;

f) S. aureus rimane il microrga-nismo più frequentementeisolato;

g) l’osteomielite, spesso seque-la di un’infezione cutanea opiù raramente verificatasiper via ematogena, deve es-sere differenziata nelle for-me acuta e cronica;

h) il trattamento chirurgico,comprendente anche la ri-mozione di tessuto osseonecrotico, può essere neces-

Figura 6. Reperto RM di pressocchè completo riassorbimento dellafalange basale dell’alluce, da processo osteomielitico.A B

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sario per ottenere l’eradi-cazione completa dell’infe-zione

i) spesso un’infezione nontrattabile, o poco responsi-va, è espressione di un pie-de diabetico ischemico, peril quale è necessario primadi tutto un intervento di ri-vascolarizzazione;

j) nella scelta del trattamentoantibiotico andranno atten-tamente valutate le varieclassi di farmaci, tenendoconto non solo dell’attivitàantibiotica ma anche delprofilo farmacocinetico,con particolare riferimentoalle vie di eliminazione (po-tenziale nefrotossicità), alleinterferenze con altri farma-ci eventualmente assunti(cumarinici, teofillinici, ecc)ed ai rischi connessi conl’età e specifiche condizionicliniche del paziente (valvu-lopatie, aritmie, ecc);

k) spesso le patologie a caricodel piede interessano sog-getti anziani e quindi an-dranno attentamente valuta-ti in questi pazienti due fat-tori: 1) la meiopragia dei variorgani ed apparati che è pro-pria dell’anziano, con con-seguenti alterazioni della ci-netica dei farmaci e maggio-ri rischi di danni iatrogeni;2) i peculiari aspetti etiopa-togenetici delle infezionidell’anziano che condizio-nano scelte terapeutichecomplesse e specifiche;

l) la terapia antibiotica, crean-do una alterazione della flo-ra saprofitica normale favo-risce, a livello del piede, losvilupparsi di flora micoti-ca, che peraltro potrebbeessere già concomitante;

m) l’infezione micotica rappre-senta per l’interessamentocutaneo e degli annessi un-gueali un pabulum per una

sovrapposta infezione damicrorganismi batterici epertanto andrà adeguata-mente trattata.

Fatte queste doverose premes-se, le scelte terapeutiche devo-no essere predisposte in rappor-to alla gravità del quadro clini-co.

Infezioni non minaccioseper l’artoVa sottolineato che per questipazienti è doveroso porre innan-zitutto diagnosi di vasculo- oneuropatia periferica; ciò al finedi intraprendere un corretto iterdiagnostico etiopatogeneticocon conseguente adeguato pro-getto terapeutico. La maggiorparte delle infezioni non minac-ciose per l’arto ha, come già det-to in precedenza, una eziologiamonomicrobica e sono di soli-to sostenute da S. aureus o dastreptococchi. La via di sommi-nistrazione sarà preferenzial-mente quella orale, stando sem-pre attenti ad evitare che l’assun-zione in posizione supina, a di-giuno e senza acqua, o di far-maci con pH molto acido, pos-sa scatenare esofagiti e/o ulce-re esofagee. E’ inoltre essenzia-le porre attenzione, sin dalle pri-me fasi, a fenomeni di intolle-ranza gastrica, che possonomanifestarsi con epigastralgia,nausea e vomito, o ad episodi dimalassorbimento (steatorrea ediarrea).Il trattamento di prima sceltadeve privilegiare l’uso di farma-ci sicuri sotto il profilo della tol-lerabilità e dell’efficacia: associa-zione amoxicillina-acido clavu-lanico, cefalosporine di primagenerazione (cefalexina), macro-lidi (claritromicina, azitromicina)in caso di allergia alle b-lattami-ne (tabella 4). Nel caso si optiper l’impiego di cotrimoxazolo,va ricordata soprattutto nei trat-

tamenti prolungati, la potenzia-le tossicità ematologica e, piùraramente, la nefrotossicità. Inquesto gruppo di infezioni alcu-ne volte gli esami colturali rive-lano la presenza di flora micro-bica mista. La nostra esperien-za ci porta ad utilizzare in que-sti casi anche cefalosporine b-lattamasi resistenti di più recen-te sintesi (cefixime, cefuroxime-axetile, cefpodoxima), fluorochi-nolonici (ciprofloxacina, levo-floxacina).Nei pazienti che necessitano diun trattamento parenterale sidimostra maneggevole, in regi-me domiciliare (monosommini-strazione giornaliera), il ceftria-xone. Impostata la terapia anti-biotica, è prassi obbligatoria ri-controllare il paziente dopo 48ore per verificarne l’efficacia edeventualmente procedere a ra-pide rivalutazioni del quadro cli-nico e delle scelte terapeutiche,comprendenti anche una even-tuale ospedalizzazione. E’ indi-spensabile che in questi casi,specie di fronte a lesioni ulcera-tive, si adottino tutti i sistemi perscaricare l’ipercarico podalicopresente (plantari, calzature,eventuale riposo a letto). Le ul-cere vanno trattate con débride-ment, che è una procedura cheinfluenza sicuramente una evo-luzione più favorevole del qua-dro clinico. Qualora il tratta-mento antibiotico risulti effica-ce andrà protratto per almeno15 giorni.

La gestione del pazientecon piede diabetico infettodeve essere multidiscipli-nare: il compenso metabo-lico, il ripristino della per-fusione e la “messa a ripo-so” dell’arto sono misureessenziali.

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Infezioni micoticheNel contesto delle infezioni nonminacciose per l’arto è dovero-so ricordare brevemente anchele infezioni micotiche superficia-li (cute ed annessi). Queste rap-presentano una patologia speci-fica delle infezioni del piede dia-betico, ma d’altro canto posso-no costituire un pabulum persovrapposte infezioni batteri-che. Senza addentrarci nelle piùfini discussioni sui fattori di ri-schio e sull’eziologia delle infe-zioni micotiche da Candida spp.,dermatofiti e muffe occorre sot-tolineare che nella popolazionediabetica circa il 25% dei sog-getti presenta positività colturaleper onicomicosi55; questa per-centuale si eleva ulteriormentenei diabetici anziani, così comedimostrato da noi e da altri Au-tori56,57. In presenza di positivi-tà colturale per Candida, derma-tofiti o muffe deve essere instau-rato un adeguato trattamentoantimicotico aggiuntivo. In que-sti casi risulta utile l’impiego di

molecole sicure e con schemi disomministrazione che non con-dizionino negativamente lacompliance. Nelle onicomicosiper esempio, il trattamento ri-sulta particolarmente lungo,fino a completa sostituzionedella lamina. In questi casi, lanostra esperienza ci porta a pre-ferire l’utilizzo, seppur con ledovute precauzioni, di itracona-zolo in trattamento intermitten-te (“pulse therapy”). In tabella5 è riportato un classico sche-ma di terapia intermittente conitraconazolo.

Infezioni minacciose perl’artoIn questi casi è imperativo valu-tare l’eventuale presenza di va-sculopatia, in quanto la presen-za di infezione aggrava il fabbi-sogno di ossigeno e quindi puòfar precipitare l’ischemia laten-te in ischemia critica franca, ren-dendo a volte drammatica l’evo-luzione di una infezione del pie-de inizialmente banale. Pertan-

Tabella 4. Antibioticoterapia empirica del piede diabetico infetto. La suddivisione in infezioni a rischio enon a rischio per l’arto si dimostra utile per pianificare sia l’intensità del trattamento sia il setting (domi-cilio o ospedale).

Arto non a rischio (terapia orale)

Prima scelta

Amoxiclavulanico (1g b.i.d.)Cefalexina (2 g b.i.d.)Ceftriaxone (2 g u.i.d.im)Ciprofloxacina (500 mg b.i.d.)Levofloxacina (250 mg b.i.d.)

±Clindamicina (200 mg tid)1

Seconda scelta(intolleranza b-lattamine)

AzitromicinaClaritromicinaCotrimoxazolo (960 mg b.i.d.)

±Clindamicina (200 mg t.i.d.)1

1= sospetto per anaerobi

to è nostra esperienza in attesadi completamento dell’iter dia-gnostico, anche con esame an-giografico, favorire la perfusio-ne tessutale mediante l’uso diiloprost, propionil-carnitina, sta-tine e PUFA w-3.Le infezioni minacciose per l’ar-to sono quasi sempre polimicro-biche con frequentemente pre-senza di anaerobi e, pertanto,occorre premettere alcune con-siderazioni: 1) il paziente va sem-pre ospedalizzato; 2) la diagno-stica vascolare va rapidamenteeseguita; 3) lo scarico della le-sione ulcerativa va rapidamenteeffettuato con soletta e calzatu-ra, mai con apparecchio gessa-to; 4) il riposo a letto è obbliga-torio; 5) va rapidamente rag-giunto l’equilibrio glicometabo-lico; 6) va rapidamente raggiun-to l’equilibrio idroelettroliticocon corretta idratazione del pa-ziente; 7) la presenza di doloreva contrastata con l’uso di anal-gesici maggiori e non con FANSche potrebbero, per la concomi-

Arto a rischio (terapia iv)

Imipenem Teicoplanina/linezolidMeropenem Metronidazolo

Ciprofloxacina Teicoplanina/linezolidLevofloxacina Clindamicina

Ciprofloxacina MeropenemLevofloxacina Metronidazolo

Cefotaxime Teicoplanina/linezolidClindamicina

Ticarcillina/ac. clavulanicoAmpicillina/sulbactam Ciprofloxacina/levofloxacinaPiperacillina/tazobactam Metronidazolo

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tante terapia con ACEinibitorio antibiotici potenzialmente ne-frotossici, far precipitare unanefropatia incipiente fino a quelmomento silente; 8) valutarel’eventuale presenza di valvulo-patie cardiache per il potenzialerischio di endocardite; 9) con-trastare l’eventuale quadro set-tico con sostegno emodinami-co in quanto l’ipotensione chelo accompagna può aggravarel’ischemia; 10) la scelta della viadi somministrazione della che-mioterapia antibiotica deve es-sere quella endovenosa, in quan-to permette una corretta impo-stazione dei tempi e dei dosaggidi somministrazione; 11) il dé-bridement chirurgico delle lesio-ni appare in questo gruppo dipatologie particolarmente indi-cato anche per una maggiorepossibilità diagnostica di ricer-ca dell’agente causale; 12) l’even-tuale interessamento osseo im-pone un trattamento antibioti-co utilizzante chemioterapici adelettivo tropismo osseo che,scelti in base alla loro minoretossicità, dovranno essere con-tinuati nel trattamento domici-liare per 2-3 mesi dal momentodella diagnosi; 13) è bene ricor-

dare che quadri clinici come lafascite necrotizzante sono fre-quenti nei pazienti diabetici de-fedati; 14) non è oggetto di que-sta trattazione, ma è esperienzaanche degli Autori, che nelle in-fezioni minacciose per l’artopossa essere utile l’ossigenote-rapia iperbarica (OTI), preferi-bilmente a 2,8 ATA58.Il protocollo terapeutico ripor-tato in tabella 4 prevede, in rap-porto all’eziologia polimicrobi-ca ed alla gravità del quadro cli-nico, l’utilizzo di più antibioticiattivi sia sui Gram-positivi (tei-coplanina o linezolid) che suiGram-negativi (b-lattamine ofluorochinoloni) e sugli anaero-bi (clindamicina o metronidazo-lo). Il protocollo di antibiotico-terapia adottato nella nostraStruttura prevede, sulla scortadelle indicazioni di altri Autorio di specifiche Linee Guida, ilcontemporaneo utilizzo di tremolecole, in modo da aversi unacopertura garantita nei confron-ti di tutti i potenziali patogenicoinvolti in attesa dell’accerta-mento colturale.Le proposte terapeutiche sopraesposte andranno valutate sullascorta delle indicazioni fornitedall’antibiogramma, ma occor-re precisare che una scelta ragio-nata anche se empirica, va sem-pre difesa e praticata se effica-ce. Quando la scelta terapeuticaè condizionata dall’antibiogram-ma, l’indicazione terapeutica siavvarrà del chemioterapicomeno tossico, più selettivo e conmaggior attività valutata in base

alla MIC. La presenza di Pseudo-monas, come già accennato nelcorso della presente rassegna,non è evento frequente ma puòevolvere in modo rapidamentefatale. In questo caso, agli sche-mi terapeutici già proposti, con-sigliamo di aggiungere un ami-noglicoside o preferire lo sche-ma comprendente la ticarcillinao il meropenem. In tale occasio-ne appare opportuno utilizzareun protocollo terapeutico cheescluda l’uso contemporaneodella teicoplanina, per il suo po-tenziale effetto nefrotossico chesi sommerebbe a quello del-l’aminoglicoside. In questi casil’aggiunta di linezolid appare piùprudente.Nelle infezioni gravi da Grampositivi può essere consigliabileanche l’uso di linezolid o di qui-nupristin/ dalfopristin. La tera-pia della eventuale osteomielitedeve avvalersi inizialmente difarmaci antistafilococcici, so-prattutto di quelli con efficacecinetica per il tessuto osseo: lin-cosamidi, ma soprattutto teico-planina o flurochinolonici. Perquesti ultimi esiste il vantaggiodi un possibile trattamento se-quenziale parenterale-orale(switch therapy). La durata deltrattamento deve essere, comesi diceva, prolungata per alme-no 60 giorni. Per le infezionipolimicromiche dei tessuti molliil trattamento antibiotico, in-staurato preferibilmente per viaendovenosa, dovrà essere con-tinuato per almeno 15 giorni,come schema polichemioterapi-

Nelle infezioni minaccioseper l’arto il trattamentoantibiotico empirico devecoprire tutti i possibili pa-togeni, compresi gli anae-robi e deve esserne ripetu-tamente valutata l’effica-cia.

Tabella 5. Terapia sistemica dell’onicomicosi. La terapia pulsata consente un sensibile risparmiofarmacologico, a tutto beneficio della compliance e della minor incidenza di reazioni avverse.

Terapia continuativa Terapia pulsata

Itraconazolo Itraconazolo200 mg/die x 12 settimane 200 mg b.i.d. x 1 settimana/mese x 3-4 mesi

Terbinafina250 mg/die x 12 settimane

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E. Cavani, A. Candelori

co e sequenzialmente continua-to a nostro avviso per altri 15giorni con un solo farmaco traquelli efficaci individuati dall’an-tibiogramma. Le indagini coltu-rali effettuate per rendere mira-to fin dall’inizio il trattamentoantibiotico andranno ripetute sela terapia instaurata risultasseinefficace.

Conclusioni

Le infezioni del piede diabeticorappresentano una frequenteevenienza gravata da elevati co-sti sociali e sanitari. Le infezionipossono essere tanto gravi darendere necessaria l’amputazio-ne dell’arto o da mettere in pe-ricolo la vita stessa del paziente.L’ospedalizzazione e l’interven-to di più figure professionali è

conditio sine qua non per gesti-re in modo efficace questa te-mibile complicanza. L’interven-to terapeutico deve essere rivol-to sia a contrastare il processoinfettivo sia al riequilibrio delquadro glico- metabolico. Lafrequente e concomitante vascu-lopatia diabetica necessita di unaadeguata valutazione e di even-tuale terapia di rivascolarizzazio-ne, sia endovascolare che tradi-zionale e, nei casi in cui ciò nonè possibile, con la somministra-zione di iloprost e di propionil-carnitina. Il débridement e leprocedure chirurgiche, anche diamputazioni minori, nonchèl’utilizzo di ortesi rappresenta-no elementi essenziali nella curae nella prevenzione delle poten-ziali osteomieliti. Queste ultime,gravate da elevata morbilità,

sono ad alto rischio di recidivae cronicizzazione e pertanto laloro stabilizzazione prevede untrattamento antibiotico ragiona-to, complesso e di lunga durata.L’età anziana dei pazienti impo-ne la scelta di antibioticoterapieche non interferiscano sulle po-literapie croniche già in atto. Laterapia iperbarica rappresentanei pazienti vasculopatici diabe-tici un’arma che andrebbe, ovepossibile, utilizzata e mai nega-ta. L’implementazione delle Li-nee Guida relative all’educazio-ne del paziente con piede dia-betico, così come indicato nelladichiarazione di Saint Vincent,permetterebbe una prevenzionemigliore delle ulcerazioni e quin-di delle infezioni se fossero at-tuate corrette norme di igiene edi scelta delle calzature. TiM

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