IL NUOVO DIARIO DI ANNA FRANK Testo teatrale liberamente ... · JONAH Dai, che senza di me ti...

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IL NUOVO DIARIO DI ANNA FRANK Testo teatrale liberamente tratto (per gentile concessione rilasciatami dalla Guanda) dal romanzo “Prove per un incendio” di Shalom Auslander (Guanda, Milano, febbraio 2012) Personaggi Solomon Kugel, un ebreo di mezz’età Anna Frank, la martire del nazismo Will Rosebud, un vicino di casa Jonah Kugel, figlio di Solomon Elie Wiesel, scrittore ebreo Moses Shapiro, editore Marta Nussbaum, madre di Solomon Solomon Kugel è un ebreo problematico di circa 45 anni che si è appena trasferito nella provinciale Stockton lasciando la tumultuosa New York. E’ separato e vive con l’anziana e un po’ isterica madre Marta e il figlio 14enne Jonah. Lavora in un’agenzia di recupero crediti e cerca di inserirsi nel nuovo ambiente, riattando un’ampia ma obsoleta abitazione, quella che le sue magre finanze gli hanno consentito di affittare. Deve quadrare troppe situazioni insieme: l’arteriosclerosi della madre, l e tempeste ormonali del figlio, la conflittualità sul lavoro, l’invadenza del vicino Rosebud, ebreo come lui ed esageratamente gentile e mellifluo. Il cocktail della nuova situazione è

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IL NUOVO DIARIO DI ANNA FRANK

Testo teatrale liberamente tratto (per gentile concessione

rilasciatami dalla Guanda) dal romanzo “Prove per un incendio”

di Shalom Auslander (Guanda, Milano, febbraio 2012)

Personaggi

Solomon Kugel, un ebreo di mezz’età

Anna Frank, la martire del nazismo

Will Rosebud, un vicino di casa

Jonah Kugel, figlio di Solomon

Elie Wiesel, scrittore ebreo

Moses Shapiro, editore

Marta Nussbaum, madre di Solomon

Solomon Kugel è un ebreo problematico di circa 45 anni che si è

appena trasferito nella provinciale Stockton lasciando la

tumultuosa New York. E’ separato e vive con l’anziana e un po’

isterica madre Marta e il figlio 14enne Jonah. Lavora in

un’agenzia di recupero crediti e cerca di inserirsi nel nuovo

ambiente, riattando un’ampia ma obsoleta abitazione, quella che le

sue magre finanze gli hanno consentito di affittare. Deve quadrare

troppe situazioni insieme: l’arteriosclerosi della madre, le

tempeste ormonali del figlio, la conflittualità sul lavoro,

l’invadenza del vicino Rosebud, ebreo come lui ed esageratamente

gentile e mellifluo. Il cocktail della nuova situazione è

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difficilmente sopportabile: troppi problemi tutti insieme. I suoi

nervi stanno per cedere. Vediamo come.

PRIMA SCENA

SOLOMON Jonah dove sei? Possibile che devo sempre giocare a

nascondino con te? In questa casa a malapena mi oriento. Poi ti ci

metti pure tu…

JONAH E dai cercami. Inseguimi. Perdi un po’ di pancia. Papà,

non hai mai avuto una casa così grande. Goditela!

SOLOMON Sai, a volte rimpiango che tu non sia rimasto con tua

madre. Avreste fatto proprio una bella coppia voi due. E io….

JONAH Dai, che senza di me ti annoieresti. E quando mamma ti

ha lasciato quanti pianti che ti sei fatto! Io li ricordo tutti. Per una

settimana non sei uscito di casa. Ti lamenti ma da solo non ci sai

stare.

SOLOMON Sono cose che a un padre non si dicono (sorridendo).

Magari si pensano ma non si dicono. Io avevo altro rispetto per

mio padre. Già, ma tu che ne puoi sapere… neanche l’hai

conosciuto mio padre, altro secolo... che ne sai di quando

eravamo ebrei in fuga, in cerca di un mondo e di una terra? E alla

fine ce l’hanno data. Ma, dentro, non abbiamo trovato pace. E a te

rimane quello che abbiamo costruito, anche se non te ne frega

niente.

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JONAH Mi pare che hai sempre un motivo per essere solo e triste.

E dagli co ‘sto ebraismo, io mi sento americano. Ma arrangiati. Io

esco!

E sbatte la porta.

Solomon, bofonchiando, con il suo incedere un po’ curvo, da

uomo profondamente triste e contrito, sale le scale che cigolano.

La casa versa in uno stato di semi-abbandono.

Solomon guarda le casse piene di cose che chiederebbero solo di

essere sistemate (da giorni). Fissa gli oggetti come a cercare una

comunicazione personale con l’inanimato. Fa sì con la testa. E

continua a parlare come se Jonah fosse ancora nei paraggi, ma

disponibile, pacatamente, a non replicare, pia illusione.

SOLOMON Fai un figlio e ne ricavi questo: il nulla…Da un

rapporto né una consolazione né un aiuto. E non ti ricordi neanche

più perché l’hai fatto e quando l’hai fatto. E come è successo, già i

particolari tecnici che pure hanno la loro importanza… già, perché

poi la persona da cui è uscito non può neanche

testimoniare…chissà dov’è…

Guarda il vuoto, si rende conto di fantasticare, ma non ha perso un

salvifico umorismo di fondo. Le sue tergiversazioni sono interrotte

dal suono del campanello. Solomon accoglie con un moto di stizza

la segnalazione sonora. Avrebbe preferito continuare il proficuo

soliloquio. E sa già chi è. Rifà in senso inverso le scale e dopo un

minuto è in grado di aprire la porta.

SOLOMON Ah, ti aspettavo (lo dice con un’ironia che

l’interlocutore non è in grado di decrittare).

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WILL ROSEBUD Come va il nostro eroe? Fa progressi?

Comincia ad apprezzare la quieta vita di provincia?

SOLOMON Piano piano, troppe domande tutte insieme. Lo sai

che a New York per fare tante domande ci mettono una settimana?

E che lì gli ebrei sono molto più discreti. Mi stavo chiedendo che

fine avevi fatto. Una domanda la faccio io invece: mi daresti una

mano a sistemare di sopra?

WILL Non è una domanda, è troppo scontata, certo che ti aiuto.

Dai che ti faccio compagnia, saliamo insieme.

SOLOMON (rassegnato e un po’ scettico) Allora procediamo. Ma

stai attento a non inciampare.

WILL Piuttosto quando torni al lavoro? Sono sei giorni che ti sei

chiuso in casa ma non mi pare che migliori l’ordine della stessa!

SOLOMON Guarda, per il lavoro che c’è…comunque continui

con le domande, le spari a raffica. E la butti sempre sul personale.

Ti ho mai fatto domande io del tipo: “Perché ti sei sposato?

Perché non hai fatto figli? Cosa pensi dell’utilità della Bibbia? In

fin dei conti ci conosciamo solo da qualche settimana. Non

potresti andarci più leggero? Le tue domande sono retoriche e

letali. Te ne faccio una io a cui non saprai rispondere. Sai quanti

semi ha una melagrana? Beh, te lo dico io: secondo tradizione

613, quante sono le prescrizioni della Torah. Già ma tu sei uno dei

nuovi ebrei che preferiscono definirsi israeliti! E te ne faccio una

seconda più semplice, così tagliamo corto e te la ripeto, repetita

juvant: mi daresti una mano a sistemare di sopra?

Solomon inizia a scartabellare da una cassapanca voluminosa. Ma

non è dentro a uno schema di praticità. Prende in mano gli oggetti

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e li rimette nel baule come se fosse impossibile trovargli una

destinazione ma anche un senso. Will lo guarda perplesso e non

procede, aspettando indicazioni dal padrone di casa.

WILL Allora capo, che dobbiamo fare? Non mi pare che tu abbia

le idee molto chiare.

SOLOMON Purtroppo la chiarezza non è di questo mondo. E in

questo momento meno che meno dentro di me…so che più che

aiutarmi vuoi farmi compagnia e io ti assecondo. Tu non sai dove

mettere le mani ma neanche io. Del resto non ti ho chiesto io di

venire. Quindi quando vieni sei pregato di non destabilizzarmi

troppo.

Solomon si siede, incassa la testa tra le spalle. Parla tra sé e sé.

“Poteva anche capitarmi di peggio, che so io, un vicino con la

sindrome di Asperger o quella di Stoccolma...”.

SECONDA SCENA

Solomon sta facendo i…compiti a casa. La sua ditta per

concedergli il permesso per il trasloco gli ha affidato un po’ di

pratiche da assolvere a casa. Solomon sembra concentrato ma al

piano di sopra lo tormentano rumori che si fanno via via sempre

più insistenti. Solomon è pigro, sembrerebbe propenso ad

aspettare che cessino, da soli. Ma il rumore monta. Come se

volesse farsi notare o richiamare la sua attenzione. Più nolente che

volente, neghittosamente, Solomon risale le scale che scandiscono

la sua fatica quotidiana, ma anche la sua pena, e aguzza l’orecchio

nell’ascesa, mette le cinque dita all’altezza dell’orecchio destro.

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Ora che è al piano di sopra, localizza il rumore all’altezza di uno

sgabuzzino dove il precedente inquilino ha lasciato avanzi di

trasloco, pregandolo di rottamarglieli in un secondo tempo.

Solomon ha accettato l’incombenza. Il rumore si fa insistente, non

è un topo che si aggira tra scarti di magazzino ma, più

probabilmente, una mano umana che bussa e reclama attenzione.

Solomon è moderatamente curioso, ma anche un po’ impaurito, Il

coraggio non è la sua dote precipua. La voce non si rivela. Il

rumore discreto cessa, poi riprende senza logica. Solomon sa che,

se aprisse di botto la porta dello sgabuzzino, la paura potrebbe

folgorarlo e, di più, gli oggetti, soprattutto, presumibilmente,

elettrodomestici di terza mano, potrebbe travolgerlo, stipati come

sono fino all’inverosimile nello sgabuzzino. Quindi fa quello che

farebbero tutti quelli dotati di uno spiccato senso comune. Mette

timidamente l’occhio nella toppa approfittando dell’assenza di una

chiave.

SOLOMON Chi è, c’è qualcuno?

Più che un appello è un impercettibile sibilo che si augura di non

avere risposta alcuna.

VOCE IGNOTA E CAVERNOSA E PURE TREMOLANTE

Certo che c’è qualcuno.

Solomon ha un sobbalzo. Ha udito la voce umana ma non ha

messo a fuoco. Ora fa appello a tutto al suo sangue freddo e dalla

toppa cerca la panoramica visiva a 180 gradi almeno. E vede un

corpo informe, con la veste lacera, una carnagione bianca che

sembra provenire dall’aldilà. Una carnagione insalubre, inumana,

fuori da tutti gli standard di una possibile esistenza in vita.

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VOCE IGNOTA E CAVERNOSA Sono Anna Frank.

Solomon rilascia una risatina incredula e nervosa. “Non solo un

mezzo cadavere”- sembra pensare- “Ma anche demente”. Sorvola

sull’identità.

SOLOMON Ma che ci fai qui, come sei riuscita a sopravvivere? E

che bella sorpresa mi ha fatto il mio inquilino! Aspetta che ti

libero.

ANNA FRANK Bloccati, qui sto e qui rimango. Fanculo. Ferma

‘ste mani. Questa casa è mia. Non perché l’abbia comprata ma

perché qui il destino mi ha dato in sorte di rimanere.

SOLOMON Perché credi di essere Anna Frank? Anna Frank è

morta, un mito. E’ finita con la pubblicazione del famoso Diario.

Chi vuole sapere qualcosa di Anna Frank deve andare a

Amsterdam… al museo.

ANNA FRANK Si me l’hanno detto…poveri idioti. Falsità

dell’essere umano. Divinizzare un personaggio e chiuderlo dentro

un museo. Non sono un santino…mi manca solo il museo delle

cere, ma sono viva e vegeta. Dovrei chiedere i diritti d’autore.

Fanculo. Io sono l’unica Anna Frank legittimamente esistente al

mondo anche se mi hanno scoperto post mortem. Ma poi è stato

un boom, tutti devono riconoscerlo…persino fior di scrittori. E io

non ero una professionista. Mi sono fatta da me.

SOLOMON Senti, io non credo una parola di quello che dici ma

devi uscire da là dentro…

ANNA FRANK Prova ad aprire quella porta e ti denuncio. Alla

lobby ebraica magari. Che dici, da che parte staranno? Dalla tua o

da quella di Anna Frank? Miserabile ebreo, non ti darò fastidio.

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Ho bisogno di concentrazione per scrivere il mio secondo libro: “Il

nuovo diario di Anna Frank”. Già nel titolo è scritto il suo

successo. Lo sai che l’Unesco ha inserito il mio primo libro

nell’elenco delle “Memorie del mondo”. Hemingway e Garcia

Marquez non sono arrivati a tanto. E loro non scrivono più, io

continuo…

SOLOMON Ma come vivi, come respiri, cosa mangi in questa

topaia? E parlo di casa mia.

ANNA FRANK Un po’ d’ossigeno arriva. C’è un quintale di

miglio sufficiente a sfamare un kibbutz e c’è una fontanella per le

emergenze che mi disseta. Il mio stomachino è allenato al poco o

al nulla ormai da 50 anni. Si è talmente ristretto da farmi dubitare

che sia un organo. E non mi dispiace di averti conosciuto. Sono

vent’anni che non parlo con nessuno. Per risalire a un dialogo

devo ricordarmi di cinque inquilini fa. Gli ultimi erano

cattolici…tu capisci. Non ci poteva essere comunicazione… mi è

capitato anche un mormone, Faceva certi discorsi…immagino che

sia cambiato anche l’yiddish. Ma che succede là fuori?

SOLOMON Ti chiamo Anna, cosi ti rassereni…non c’è bisogno

che ti dica che fuori c’è una grande confusione. Non voglio dire

che si stava meglio prima. Quantunque…dicono che c’è una crisi

talmente grande e forte da risultare quasi una terza guerra

mondiale. Dove i morti strisciano. Cadaveri che raccogliamo non

per lo scoppio di una granata…

ANNA FRANK Quel poco che so mi basta. Per quello che mi

rimane da vivere. …che abbiamo vinto la guerra lo so pure se

l’ammasso degli alleati è stato informe e c’è stato bisogno di una

bomba atomica non so quanto utile in Giappone. So che la

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circoncisione va ancora forte…che siamo ancora divisi in falchi e

colombe, che non è necessariamente la divisione tra bene e male.

Che devo dire grazie persino ai russi se sono qui. Che a furia di

diventare troppo ortodossi noi ebrei abbiamo sciupato la creatività

che era innata perché se dobbiamo sempre pensare a cosa è giusto

e sbagliato nella religione…Però mi dicono che c’è uno che va

forte. Come si chiama: Woody Alien? E’ vero che ha venduto più

libri di me?

SOLOMON Allen cara. Davvero non sai niente del mondo degli

ultimi quaranta anni? Allen ha praticamente smesso di fare film,

replica le solite battute. Ora colleziona cartoline di città: Roma,

Barcellona, Parigi. E’ il Bignami del cinema. Devo crederti Anna

Frank? Mi sembra troppo grossa. Devo crederti?

ANNA FRANK Ma fai come ti pare. Io qui sto fino a che non

avrò finito il libro e avrò rivelato al mondo qualche altra novità.

Magari meno comoda del primo diario. Che l’editore ci ha messo

anche del suo per venderlo meglio…e tanti hanno provato a

metterci le mani, a impiastricciarlo. Stavolta spero che non

andranno avanti a forze di perizie calligrafiche e di esami da

laboratorio sulla mia biro. Male che vada tu potrai testimoniare

per me, no? Del resto tutto fa brodo. Ma come si fa a intitolare una

mia prima edizione “Il retrocasa”? Ti credo che per due anni non

se n’è venduta una copia! Poi, insisti insisti, l’Olocausto prendeva

forma, i nazisti andavano alla sbarra e io crescevo, si credeva a

quello che avevo scritto. Loro a processo e io rinascevo,

letteralmente. A qualcuno il dubbio restava ma il successo è uno

schiacciasassi, livella le incertezze e macina gli scettici. Finché

tirano fuori i diari segreti di Hitler e Mussolini si discute e si

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vende. Pure se loro stanno dall’altra parte. Tra autori di best seller

ci si intende…

Solomon scende frettolosamente le scale. Va prendere una copia

del “Diario di Anna Frank” che è uno dei pochi libri già sistemati

nella libreria della nuova casa, al piano di sotto. Risale, va

all’ultima di copertina del libro. Confronta la foto con quello che

ha visto nello sgabuzzino, sia pure dall’angolo visuale di una

toppa. E’ perplesso. Dalla ragazzina incupita della sua edizione a

questa vecchia rincagnata, malmessa e senz’età, il passo non è

breve.

SOLOMON Non dico che sei un’altra persona. Certo, gli anni

passano per tutti e tutte…

ANNA FRANK Non mi aspettavo complimenti da te, gastarbeiter

malnato. E’ per questo che ho pensato che la foto del mio nuovo

diario sarà la stessa. La gente deve capire che per me il tempo si è

fermato, non si è mai mosso. Si muovano gli altri con l’illusione

che le cose migliorino. Io ho fermato il tempo con quello choc.

SOLOMON Dunque (riprendendo in mano il libro) ora dovresti

avere 83 anni…non dico che te li porti bene che sarebbe una

bugia. Però, considerando la vita che hai fatto…

ANNA FRANK Ohi, io sto da trent’anni chiusa qui e ‘sto dannato

libro mi viene fuori con qualche difficoltà. Del resto che fretta

c’è? Lo finirò un minuto prima di morire.

TERZA SCENA

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Solomon è a colloquio con la madre, Marta Nussbaum che ha una

camera al piano di sotto. Ragionano.

SOLOMON Se te la dico così ti sembrerà troppo grossa.

MARTA NUSSBAUM Spara, è una vita che ascolto le tue

farneticazioni. La capacità di giudizio lasciala a me. Basta uno in

famiglia, anzi meglio una. Ah l’Olocausto, maledetti tedeschi, che

dio se li prenda in gloria! Quanto ho sofferto nei loro campi di

concentramento.

SOLOMON Ancora insisti, tu mi parli di Olocausto ma i campi di

concentramento li hai visti in foto. Ti ricordo che sei nata nel

1946. La guerra te l’hanno sparecchiata quando ancora non eri

nella pancia di tua madre. Quando sei nata hai trovato le cose

sistemate, fortunatamente per te. Comunque, per farla breve, al

piano di sopra abbiamo un’illustre ospite. Una che non dice di

essere Angelina Jolie, peccato per me, ma nientemeno che Anna

Frank.

MARTA Ah ah, (sonora risata) figlio che smentisce la madre. E

poi, riprendendosi e tornando all’argomento principale di

discussione.

MARTA E’ perché non dice di essere Golda Meir? In quanto a

bruttezza sarebbe una bella lotta. Israele ha bisogno di vecchi e

nuovi eroi.

SOLOMON Non posso escludere che sia lei… somiglia… Mi

racconta dei particolari che suonano veritieri. Sa di aver venduto

32 milioni di copie col suo libro. Pensa, scherza col fuoco e col

cinismo. Così, sotto traccia, mi ha aggiunto che con l’Olocausto

ha perso sei milioni di copie perché tanti sono gli ebrei che sono

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morti. E mi ha detto che i diritti d’autore attendono i suoi ignari

eredi in una compiacente banca svizzera. Mancava solo che mi

snocciolasse l’Iban. Mi ha detto che è sparita perché non se la

sentiva di gestire tutto quel successo, di rispondere alle domande

dei giornalisti etc...E che poi con la sparizione ci ha preso gusto.

Un po’ come il mostro di Loch Ness. Meno c’è, meglio è. Più è

assente, più ne senti la mancanza. E’ per questo che si è messa

fuori dal mondo. Non siamo ancora arrivati alla puntata del perché

sia finita proprio dentro la nostra storia in questo buco di mondo a

Stockton ma penso che ci arriveremo. Prima o poi…

MARTA Volevi essere al centro di qualcosa d’importante nella

tua vita. Ora ci sei, non per tuo merito magari ma…

SOLOMON Si mamma, ma ora come facciamo? E’ troppo grossa

per noi da gestire.

MARTA Beh, così sembra una scomodità assoluta. Ma solo i

piccoli uomini non sanno trasformare un disagio in

un’opportunità. Lascia che ci pensi un po’ mamma tua. E non dire

niente a Jonah, almeno per il momento.

QUARTA SCENA

Solomon compulsa il telefono servendosi di un’operatore (il

computer non fa per lui).

SOLOMON Si, scusi, vorrei il numero della Moses Shapiro

Enterprise. Si, non il numero privato, quello della ditta. Si, scrivo

0371 345678. Ok grazie, perfetto.

Tira un grosso sospiro prima di comporre il numero.

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SOLOMON Pronto, Moses Shapiro? Ah è la segretaria. No, non

voglio prendere appuntamento. Non mi conosce il signor Shapiro.

No, non devo proporre un libro. Non c’è bisogno che scriva una

mail. Mi basta dargli un’informazione. Semplice, semplice. Roba

di un minuto.

Di minuti ne aspetta due Solomon e gli sembrano un’eternità.

Shapiro al telefono da proprio l’idea di uno che non vuole perdere

tempo e neanche l’annuncio che alla cornetta c’è un ebreo come

lui, l’ignoto e sconosciuto Solomon Kugel, lo spinge a essere più

gentile. Ma semmai, “gentili” sono gli altri, i non ebrei.

SHAPIRO Dica signor Kugel ma dica velocemente.

SOLOMON Senta, ho una notizia non grossa: ENORME! E non si

meravigli perché già mi sono meravigliato abbastanza io.

SHAPIRO Dica dica, sono tutt’orecchi.

SOLOMON Beh, io vivo a Stockton. Lei non mi conosce e questo

poco conta. Ma mi trovo a ospitare in casa, come una clandestina,

nientemeno che Anna Frank.

Silenzio assoluto alla cornetta per trenta secondi

SHAPIRO (contrito) Ha le prove? Già tre volte mi hanno

segnalato un caso del genere negli ultimi dieci anni. L’America è

piena di mitomani, c’è chi si auto-denuncia per l’attentato alle

Torri Gemelle, figurarsi…

SOLOMON Le basta una carta d’identità ancorché

abbondantemente scaduta? C’è scritto che è nata a Francoforte sul

Meno il 12 giugno del 1929, l’anno di Wall Street. E,

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sensibilmente, non mi pare ancora morta…glielo dice uno che la

tiene a pensione completa e gratis.

SHAPIRO Senta, signor Kugel. E’ stato tanto cortese a

chiamarmi. Glielo dico una volta, una volta sola. Io e lei non ci

siamo mai parlati. Lei non ha mai fatto il numero del mio studio.

Lei neanche sa della mia esistenza. Anna Frank, come il mondo

sa, è morta nel 1945. In confidenza io posso anche crederle ma se

Anna Frank è viva io smetto di vendere una sola copia del suo

diario. Mi evapora il mito, mi si dissolve, peggio che se fosse

morta ad Auschwitz. Capisce, qui non è amore della verità ma

difesa di un baluardo che per noi ebrei è molto importante. Un

punto di riferimento esistenziale e storico, capisce….la nazione

andrebbe in crisi e la mia casa editrice in rovina. Ci lavorano 80

persone…lo capisce? 80 famiglie che contano su 80 stipendi. E su

Anna Frank. E’ lei che, idealmente, li nutre. Inevitabilmente,

inguaribilmente morta. E per sempre….Io passerei dei guai

giudiziari se si scoprisse il cadavere. Magari mi accuserebbero di

ricettazione di capolavoro, se non di occultamento di cadavere. E

poi ci pensa ai negazionisti? Riscriverebbero la storia del mondo.

Già abbiamo tanti nemici sparsi per il globo. Se non ci aiutiamo

un po’ tra noi! Mi capisce? Mi ha capito (urlando)? Voglio dirle

che non ci possiamo permettere di immaginare, solo immaginare,

una Anna Frank viva.

Sillabando aggiunge

SHAPIRO Non sta nell’ordine delle cose. Non del probabile. Dico

del possibile.

SOLOMON (mesto) Si, ho capito. Fin troppo ho capito. Però c’è

un risvolto non troppo positivo per lei. Se lei, realmente, non sa

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che Anna Frank è viva, non sa neanche che sta scrivendo un bis

del primo successo che si chiamerà “Il nuovo diario di Anna

Frank”. Dunque, quando questo secondo libro uscirà lei del primo,

presumibilmente, non riuscirà a venderne una sola copia. Capisce?

Pronto, pronto?

Solomon si rende conto che Shapiro ha attaccato la cornetta dopo

la sua ultima intimazione e nulla ha sentito di questa minaccia.

QUINTA SCENA

Solomon prende carta e penna. E scrive al Premio Nobel Elie

Wiesel di cui si è preventivamente procurato l’indirizzo. Scrive e

legge commentando ad alta voce

« Dietro di me sentii il solito uomo domandare:

- Dov'è dunque Dio?

E io sentivo in me una voce che gli rispondeva:

- Dov'è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca”

SOLOMON Grande Elie, come scrivi bene!

Caro dottor Wiesel,

io l’ho sempre ammirata e riconosciuta come uno dei dieci

(cancella) cinque personaggi dell’ebraismo più importanti nella

storia del mondo. Da qualche giorno mi trovo alle prese con un

problema per me apparentemente insuperabile e che quindi mi

pregio di porgere alla sua devota attenzione. Lei è scrittore, è

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saggio è Nobel, è tante cose che senza dubbio saprà indicarmi la

strada giusta per uscire dall’impasse. Lei, come me, vive negli

Stati Uniti e quindi, in un certo modo, è secolarizzato e uomo di

mondo e sa come comportarsi in casi del genere anche se, forse, a

lei un caso del genere non è mai capitato. Poi, se vogliamo trovare

altri elementi che facilitino la soluzione del caso potrei aggiungere

che lei è nato all’estero, come la de cuius ed è quasi suo coetaneo

perché nato nel 1928. Dunque, da tutti questi elementi che le ho

elencato (non voglio farla lunga, scusi se sono prolisso) avrà

capito che sto parlando di Anna Frank e non della riesumazione

della salma ma di una Anna Frank realmente esistente, domiciliata

malauguratamente (cancella) occasionalmente nella mia nuova

dimora di Stockton. Che fare? Il dubbio se l’è posto anche Lenin e

non so come l’abbia risolto. Io non sono Lenin ma ho bisogno di

spazzarlo via in pochi giorni o poche ore e non perché la suddetta

Frank non mi paga l’affitto (per quello varrebbe la supposta

solidarietà tra ebrei, quantunque..) ma perché non posso sentirmi

sulla testa la responsabilità di un popolo. Io me la sono trovata in

casa. Qualcuno lo prenderebbe come un onore. Io lo prendo come

un problema. Ne ho già tanti dei miei….Non le parlo della mia

vita. Di mio figlio Jonah, di mia madre Marta perché non voglio

annoiarla. Qualunque cosa avrà la bontà di suggerirmi sarà un

onesto e sincero dono del cielo. Se poi lei riterrà che, per il bene

del nostro popolo, la notizia debba rimanere segreta (come mi ha

suggerito un nostro correligionario di cui, per prudenza, non le

faccio il nome) io sono pronto a allinearmi a questo suo eventuale

illuminato intervento.

In fede, ringraziando anticipatamente solidale

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Solomon Kugel

SESTA SCENA

Al piano di sotto, Marta e Jonah attendono con pazienza che

Solomon scenda le scale dopo uno dei suoi fitti e confidenziali

colloqui con Anna Frank.

C’è un clima da consiglio di famiglia. Ma Solomon non sembra

proprio avere in mano il pallino della situazione

MARTA Solomon, io e Jonah abbiamo pensato di parlarti…

SOLOMON Ne sono lieto e mi preoccupo perché penso che

questo sia avvenuto solo un paio di volte nella vita in comune che

ci è stata data da vivere.

Marta e Jonah si guardano imbarazzati. Jonah fa segno a Marta di

proseguire.

MARTA Avremmo avuto un’idea…

SOLOMON Oh, mica vi sarete coalizzati contro di me?

MARTA Se ci è venuta un’idea è per il bene della famiglia vista la

situazione che si è venuta a creare…

SOLOMON Mamma, non ti eri raccomandata di essere discreta?

MARTA Ho dovuto dire tutto a Jonah. Ormai è grande. E poi

quando ti ho raccomandato di non dirgli niente è perché pensavo

di dirgli io tutto, essendo molto più adatta di te a dire certe cose…

SOLOMON Ti ringrazio per la fiducia, a prescindere. Comunque

mi pare che la situazione che si è venuta a creare, per usare

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l’espressione che tu usi, riguardi solo me. Come titolare della casa

e come, diciamo così, curatore della situazione stessa. Io parlo con

il nostro problema, io scrivo a personaggi che possano risolverci il

problema, io telefono ad altri nostri fratelli che possano sbrogliare

la situazione. Insomma mi do tanto da fare e spero che questo sia

riconosciuto dalla nostra piccola ma esuberante comunità.

MARTA. Già, ma non mi pare che la tua attività abbia prodotto

dei frutti…tu arrivi fino a un certo punto e poi ti fermi. Sei un

ebreo meditabondo, non un uomo d’azione risoluto.

SOLOMON Il tuo senso critico nei confronti della vita è

particolarmente sviluppato riguardo alle mie attività, da quando

sono nato, praticamente. Ti ringrazio mamma.

MARTA Beh, veniamo al punto. Se vuoi saperla tutta l’idea è

venuta a Jonah che è una mente brillante. Dato che abbiamo

questo personaggio in casa potremmo ricavarne una sorta di

rimborso spese. Che ne diresti se pubblicizzassimo l’evento?

Pensavamo a dei manifesti per annunciare la notizia agli abitanti

di Stockton. E, subito dopo, inaugurare delle visite a pagamento.

Chi vuole vedere Anna Frank ci paga cinque dollari e prego si

accomodi. Se lei poi, preparata, è appena un po’ gentile e risponde

a qualche domanda magari acchiappiamo qualche mancia. Lei si

potrebbe prendere un 20% dei nostri guadagni. Mi pare una

percentuale equa.

Solomon avvampa, le sue gote s’arrossano. Fa un grosso sospiro,

come nei momenti di maggiore tensione della sua vita. Poi

prorompe.

SOLOMON Voi siete completamente fuori di testa. Non

riconosco né mia madre né mio figlio. Tu Jonah ti fai troppe pippe

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e ora comincio a pensare realmente che incidano sul tuo sviluppo

neuro-vegetativo. Quanto a te mamma, l’arteriosclerosi, oltre a

alimentare la tua tendenziale avarizia, ti sta corrodendo, minando

la tua capacità di giudizio. Le tue sinapsi girano a vuoto. Abbiamo

in casa un mito che è anche una donna, una scrittrice, una

correligionaria, una…. (non gli viene la parola). Insomma, Anna

Frank, basta la parola, nome e cognome. Io sto pensando a un

modo nobile di uscirne e voi invece vi fate venire la grande idea di

una super-marchetta, chiedendo anche la complicità della

poveraccia. Non ho veramente parole. Proposta bocciata in un

millesimo di nano secondo.

MARTA Fai come ti pare ma il nostro consiglio era buono. Se dai

pubblicità alla sua esistenza in vita il problema, come dici tu, ti si

sgonfia in un amen. Invece di chiedere consigli ai luminari,

affidati a chi ha esperienza della vita, chi sa cos’è Goebbels e il

gas dei campi di concentramento. Vuoi procurare un futuro sereno

a tuo figlio Jonah? Vuoi tornare al lavoro? Vuoi liberarti in un

amen di Anna Frank? Dai retta a mamma tua. La pubblicità è

l’anima del commercio…arriveranno le sirene a portarla via. Dove

vuole lei…a Amsterdam a Tel Aviv…non credo che abbia più

parenti viventi… una telecamera a casa Kugel non ha mai rovinato

nessuno. Un pizzico di notorietà può aiutarti nella carriera. Poi

magari potrai scriverlo tu il libro: “Come ho ritrovato Anna

Frank”.

Solomon volge indignato le spalle alla madre, apre la porta di

casa, la sbatte e se ne va, indignato.

SETTIMA SCENA

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Solomon bussa a casa del vicino in cerca di lumi.

SOLOMON Ti posso chiedere un consiglio.

WILL Ma prego, a cosa debbo l’onore? E’ la prima volta che vieni

a casa mia.

SOLOMON Beh, spero che non sia l’ultima. Volevo chiederti un

consiglio. Un consiglio molto generale.

WILL Sentiamo.

SOLOMON Secondo te la Torah è in grado darci una direzione e

una risposta per tutti i casi difficili in cui ci imbattiamo nella vita?

WILL Caspita, che domandona. Ti stai proprio aprendo. Vedi che

la permanenza a Stockton comincia farti bene? Beh, provo a

rispondere, così a intuito. Sai non è che io sia così osservante fino

in fondo. Secondo me certi libri che sono stati scritti un mucchio

di secoli fa conservano la patina del tempo. Cioè valgono in un

senso molto relativo. Il loro scopo è formare un individuo che sia

in grado da sé per sé di dare delle risposte. Non è un jukebox che a

tutto risponde.

SOLOMON Si, è una risposta saggia. Anche io la penso così.

WILL Vedi, io mi illudo di ragionare fuori dagli schemi e dagli

integralismi. Posso immaginare che un ebreo che viva a contatto

coi palestinesi si senta assediato. E come ci sentiamo liberi noi che

siamo nella libera America! Dove si possono leggere ancora libri

dissacranti come quelli di Shalom Auslander e film politicamente

scorretti come quelli di Sacha Baron Cohen, il cognome più

universalmente ebreo che esista sulla faccia della terra. Peraltro

noi ebrei siamo i migliori detrattori di noi stessi ma fino a che la

critica rimane in famiglia. Che se ci offende e ci sfotte uno di

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un’altra religione ci incazziamo e quanto sappiamo essere

aggressivi! E che vuoi che all’ebreo di Tel Aviv la Torah dia una

risposta sulle norme della perfetta convivenza con i palestinesi?

Sarebbe onestamente pretendere troppo. E se anche fosse mi pare

che i risultati non si vedano. Con tutti i miei limiti forse faccio

prima io a darti una risposta consonante all’epoca in cui viviamo.

Beh, dunque vuoi aprirti, dirmi ‘sta cosa?

SOLOMON No, scusa non ti offendere ma mi fermo qua. Un

giorno ti spiegherò. Sappi solo che raccontarti tutto vorrebbe dire

metterti nel guai. Dunque un giorno mi sarai grato per il mio

silenzio.

WILL E sì un giorno, un giorno…siete tutti bravi a alimentare la

curiosità del vicino curioso per poi mollarlo in mezzo a una strada.

Vuoi un kirsch?

SOLOMON A quest’ora, sei matto?

WILL Questa tua venuta di oggi mi sembra tanto simile a un

coitus interruptus. Stuzzicare e poi sopire. ‘Sta cosa viene da

lontano, mi sa che è tattica molto ebraica…

SOLOMON No, guarda non c’è nessuna intenzione malevola. Ti

basterà sapere che ne sanno di meno i miei familiari. A loro non

ho chiesto un consiglio del genere. Se nomino la Torah a mia

madre Marta è capace di prodursi in una conferenza sulla teoria

dell’arianesimo. E poi da quella è capace di arrivare a una feroce

tirata contro Hitler.

WILL Quello che è fantastico è che siete una famiglia immersa

ancora nella seconda guerra mondiale. A parte tuo figlio Jonah che

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se ne frega. Io al 1943 non ci penso mai e non è solo una questione

anagrafica. In fondo a voi la guerra vi ha solo sfiorato…

SOLOMON Questo mi sembra un giudizio superficiale ma ne

parleremo un’altra volta. Diciamo che ti aspetto a casa mia

dopodomani per un’altra ripassata al fatidico trasloco?

WILL Agli ordini capo, per servirla. Dammi un colpo di telefono

e ci sarò.

OTTAVA SCENA

Solomon apre febbrilmente con un tagliacarte la raccomandata

veloce arrivata un minuto prima. Spera che le sue pene stiano

finalmente per finire. Legge ad alta voce per dare compiutezza alla

realtà che gli sfugge.

Gentile signor Kugel,

sono molto lieto che abbia pensato a me per questo problema così

intricato, per questa situazione sconvolgente che potrebbe

cambiarle la vita. Ho riflettuto a lungo su quanto mi sottopone e

non pensi che butti di getto questa risposta. Ho consultato il mio

rabbino di fiducia e ho anche parlato a lungo con un politico, mio

amico personale, il sottosegretario agli esteri, non so se lo

conosce. Anzitutto deve pensare in un contesto più grande. Questo

non è il problema personale della famiglia Kugel ma una faccenda

di Stato che investe le stesse competenze del Mossad e i delicati

equilibri della nostra comunità ebraica negli Stati Uniti, ben oltre i

confini della sua piccola Stockton. Anna Frank come lei sa è un

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simbolo di riconoscimento della nostra amata nazione ed è

un’icona che si è perpetuata per almeno quattro generazioni dalla

data ufficiale della sua morte (a questa punto scrivo presunta per

la massima fiducia nelle sue affermazioni e nel suo

riconoscimento) dal 1945 in avanti. Pensi cosa vuol dire: 67 anni

di fiducia e di pietà per questa martire del nazismo che, seppure

piegata (molto teoricamente) da una malattia apparentemente

banale, pagò tutte insieme le dure condizioni di vita di un campo

di concentramento. E’ come se nella vita di Anna Frank si

riconoscessero e si metabolizzassero tutte le privazioni di milioni

di persone. Se devo fare un paragone o, meglio, tanti paragoni, è

come Garibaldi per l’Italia, Simon Bolivar per il Venezuela, Che

Guevara per Cuba. Ora cosa penserebbe lei da italiano se le

facessero sapere che Garibaldi faceva il doppio gioco con lo Stato

della Chiesa, che Simon Bolivar con la rivoluzione curava degli

interessi personali e che Che Guevara non è mai andato veramente

d’accordo con Fidel Castro? Glielo dico io, semplicemente si

ridimensionerebbe il mito, lo metteremmo tra parentesi, ne

dubiteremmo nel profondo. Nella storia del mondo il revisionismo

ha avuto sempre questo intento distruttivo e centinaia di storici ci

si sono applicati con ferocia cercando di trovare il proprio posto al

sole. Vede, la mia missione è stata proprio esattamente contraria,

nello specifico, trovare pezzo a pezzo le prove dell’Olocausto e

mostrarle al mondo per consolidare l’enorme genocidio

consumato ai nostri danni. E’ per questo che mi hanno dato il

Nobel, non per altro, mi creda. E poi, una volta eretta questa

inconfondibile base di verità, ho faticato a tenerla in piedi perché

era come un punching ball su cui tutti si volevano esercitare. Da

rivoluzionario cercatore della verità sono diventato conservatore

della verità stessa. Perché, veda, nella storia certe volte vale la

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massima latina: quaeta non movere. Più banalmente con il

sottotitolo “per non andare incontro a guai peggiori”. Oggi il

nostro paese è minacciato dalla bomba atomica di vicini militaristi

e non ci possiamo permettere di rischiare di discutere una realtà

che si è fatta verità. Ci sono stati momenti della storia più

dialettici dove si potevano rimettere in gioco verità consacrate,

dogmi. Non sicuramente questo. Dunque la prego di non fare

alcuna rivelazione su quanto scoperto e di attendere che il governo

israeliano giunga a una ratio meditata sulla situazione. Nel

frattempo, stia tranquillo, avrà un riconoscimento economico per il

disturbo, questo almeno l’ho ottenuto per lei. Lei non deve trovare

la soluzione e preoccuparsi di niente. Lei sa che abbiamo dei

servizi segreti molto efficienti. Quando sarà il momento arriverà

da lei una squadra speciale che eliminerà il problema.

Con stima,

suo Elie Wiesel

Solomon ripete tre volte con pena “Eliminerà il problema,

eliminerà il problema. Eliminerà il problema?”.

NONA SCENA

Solomon corruga la fronte e rimette mano ai prospetti finanziari, i

virtuali compiti a casa.

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Bussano alla sua porta accostata

JONAH Padre, posso?

SOLOMON Si, vieni pure.

JONAH Hai deciso qualcosa per Anna Frank?

SOLOMON No, meno che meno. Sai come si dice? Poche idee e

pure confuse.

JONAH Senti, hai un minuto da dedicarmi?

SOLOMON Certo, siamo qui, ancorché molto imbarazzati.

JONAH Volevo dirti prima di tutto che io sono solidale con

quanto deciderai. Ho dato l’assenso a nonna più che altro per non

scontentarla. Mi sembra che avesse fissato dei prezzi troppo bassi.

SOLOMON E’ già qualcosa.

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JONAH E poi volevo chiederti…mi parli di Anna Frank. Io ho

provato a leggere il suo diario ma mi sono fermato alla terza

pagina. Puoi farmi un riassunto, un bignamino. Sai, non vorrei che

un giorno poi i miei amici, sapendo la situazione, mi facessero

delle domande…

SOLOMON Ah, vedo che il tuo è un interesse storico e umano

profondo…

JONAH Tu capisci. Che gli dico? Ce l’avevo in casa ma per me

era una perfetta estranea? Magari quando ti gira bene mi farai

avere un autografo.

SOLOMON Certo, è un caso umano il tuo.

JONAH Senti ma io e nonna Marta non le possiamo parlare?

SOLOMON No, meglio di no. Sai, è una specie di istrice. Voi

ragazzi direste “rompicoglioni”.

JONAH Sai, mi fa impressione che aveva due solo anni più di me

quando è morta. Io non penserei mai di scrivere un diario. Magari

un post su facebook, ma niente di lungo… ma per Israele cosa ha

fatto? Ha combattuto i nazisti? Ne ha ucciso qualcuno?

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SOLOMON Ma no, devi pensare a una ragazzetta timida

(allora…) che voleva difendersi dal nazismo e, ritrovandosi

scrittrice, ha fatto un grande affresco d’epoca, volontario e,

secondo me, in parte anche involontario. Sono quei libri che

crescono nell’immaginario popolare fino a esplodere a imperitura

fama.

JONAH Mi stai dicendo che di pratico Anna Frank non ha fatto

una mazza?

SOLOMON Eh, come ragioni…Non è un video game. La

letteratura ha radici profonde, che erompono quando meno te

l’aspetti. Quando poi il tema di fondo è l’Olocausto…con cui il

libro della Frank va a incastrarsi. E’ stato come fare bingo. E bada

bene che Anna, la sua morte presunta, non fu attribuita al

massacro diretto da parte dei nazisti ma dovuta ad un’epidemia di

tifo esantematico, una di quelle malattie che, se curate a New

York, ma anche ad Amsterdam, sarebbero costate solo una

scocciante convalescenza. Evidentemente invece in qualche modo

lei sarebbe riuscita a curarsi e a scamparla.

JONAH Ma ‘sto Olocausto è una specie di grande incendio?

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SOLOMON Ehi, neanche i nazisti l’avrebbero definito così. E’

l’uccisione e lo sterminio di milioni di persone. E tutte insieme. E’

quello che fa la forza e lo scandalo.

JONAH Eh, credo di aver capito. Una cosa come il Ku Klux

Klan?

SOLOMON Più grave Jonah, più grave… quantunque la comica

dissacrante Sarah Silverman abbia fatto quella famosa battuta al

vetriolo e cioè: “Se ci fossero stati i neri in Germania durante la

seconda guerra mondiale l’Olocausto non sarebbe successo. Non

agli ebrei almeno”. E’ una battuta, prendila per quello che vale.

Insomma è per farti capire che l’Olocausto è uno sterminio delle

minoranze nella ruota impazzita della storia. Che ti serva per la

vita: ebrei, zingari, più che altro rom, omosessuali, comunisti. Ma

si è visto anche comunisti che hanno ammazzato comunisti…si è

visto tutto nella storia.

DECIMA SCENA

Solomon bussa alla camera di Marta al piano di sotto e poi,

proditoriamente, entra, senza aspettare il “via libera”.

SOLOMON Mamma, che stai facendo?

MARTA Lo vedi no?

E indica col dito.

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Solomon ammira sconcertata una bacheca dove Marta ha allineato

una gran quantità di foto in bianco e nero. C’è sempre lei in primo

piano con un cerchietto rosso a puntualizzarne il viso. E la

sequenza è incredibile. Lei che scalcia Hitler, lei nel campo di

concentramento di Buchenwald. Lei con la bandiera rossa che

guida un carro armato che sta visibilmente entrando a Berlino. Lei

sottobraccio a Ben Gurion. E, in ordine di sequenza, lei che

stampa un bacetto sulla guancia di Anna Frank bambina.

SOLOMON (con voce alterata) Ma cos’è, il museo degli orrori?

MARTA Non sai quante cose si possono fare con il computer che

ti ostini a non usare. E con fotoshop soprattutto. Ho ricostruito un

po’ di storia attraverso i momenti salienti della mia vita.

SOLOMON Si, soprattutto quelli che non hai vissuto. Ma ti rendi

conto. Tu stai facendo involontariamente l’apologia del nazismo!

Hai come il complesso d’Edipo. Dove Edipo è la seconda guerra

mondiale che non hai vissuto. L’ideologia è una cosa, la vita

vissuta un’altra. Neanche tua madre è morta in un campo di

concentramento. Siamo ebrei trasferiti negli Stati Uniti da quattro

generazioni!

MARTA Tutti l’abbiamo vissuta la seconda guerra mondiale, sia

pure di rimbalzo. E io ne porto ancora i segni. Non l’abbiamo

vinta la guerra?

Alza la manica e fa vedere un tatuaggio, chiaramente di quelli fatti

con l’henné, che riporta il segno distintivo (con tanto di numero)

degli ebrei detenuti nei campi di concentramento.

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SOLOMON Questa è paranoia o schizofrenia, non so. Poi da

questo arrivi alla proposta di vendere Anna Frank come un

hamburger di McDonald’s….comunque volevo dirti che ora tiro le

somme. La incontro, le parlo e la finiamo con questa storia.

UNDICESIMA SCENA

Mentre sale verso il ripostiglio deciso a farla finita, Solomon

pensa che, in definitiva, Moses Shapiro doveva essere in combutta

con Anna Frank. Doveva averla occultata lui dopo aver pubblicato

il primo manoscritto, intimandole di rimanere al sicuro in una

soffitta. E ora si giocava la carta del secondo libro, mostrando a

Solomon un finto terrore per la scoperta dell’esistenza in vita della

sciagurata, per tenere fede al bluff. Per pubblicare il secondo libro

si sarebbe inventato il ritrovamento di un ulteriore misterioso

testo, miracolosamente ritrovato, e così avrebbe sbancato ogni

classifica di vendita. Sarebbe stato un botto superiore alla prima

uscita. Dunque Shapiro e Anna Frank si tenevano coperti e lui,

involontariamente, era chiamato a coprire il gioco. Davvero molto

scorretto!

SOLOMON Ciao Anna, tutto bene? Procedi?

ANNA FRANK Guarda un po’!

E gli mostra una piramide di fogli accatastati

ANNA FRANK Sono arrivata a pagina 322. Perlomeno di quelle

scritte a mano. Vado un po’ lenta così ma che vuoi per me il

tempo è una libera interpretazione della vita. Senti un po’, ho letto

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dalla prima all’ultima riga quel giornale che mi hai portato,

Haaretz. Ma davvero siamo diventati così? Ho gioito per la

liberazione del calciatore Mahmoud Sarsak. L’abbiamo arrestato

tre anni fa, non si sa perché, mentre andava in Cisgiordania a

raggiungere la nazionale di calcio palestinese. L’hanno messo

dentro per “detenzione amministrativa” che vuol dire tutto e

niente. Un po’ come la mia di detenzione…solo che la mia è

volontaria. Pare che sia stato decisivo il suo sciopero della fame

durato tre anni. Se mai si giocherà una partita di calcio tra Israele e

Palestina mi sa che questo avrà una gran voglia di farci un gol…E

senti cosa ha dichiarato al New York Times la figlia di un

sopravvissuto all’Olocausto residente a Tel Aviv: “Mi sento nella

Germania del 1933 o del 1936 perché leggo dei commenti

nausebondi sugli immigrati, un problema con cui il resto del

mondo fa i conti da tempo, con maggiore o minore

responsabilità”.

SOLOMON Non so se ti fa bene leggere certe cose.

ANNA FRANK Perché, vuoi che il mondo dopo il 1945 rimanga

quella bella cartolina che ci hanno lasciato i tedeschi?

SOLOMON Vedi, non voglio giustificarci. Ma noi abbiamo il

complesso dell’assedio. Ci sentiamo come se la guerra non fosse

finita. Dunque penso che la parte migliore di noi sia fuori di

Israele. E’ quella che si è evoluta, ha viaggiato, si è meticciata. Ha

sposato bianchi, neri, gialli, fuori dai precetti. Gli altri sono rimasti

confinati dietro un virtuale muro. Non voglio dire, ma una sorta di

campo di concentramento. Come te a Auschwitz.

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ANNA FRANK Bergen Belsen, ignorante. Ma ti ho detto che lì ho

conosciuto Shaul Ladany, un marciatore che si è fatto i Giochi

Olimpici e ha vissuto pure la tragedia di Monaco? ‘Sti fatti del

mondo mi sconvolgono, fanculo. Ora sono scandalizzati a Tel

Aviv perché per la corte di appello di Colonia la circoncisione di

un bambino è un reato da perseguire penalmente, una lesione

corporale che deve essere punita. Qualcuno dei nostri ha

dichiarato che è il peggior attentato alla nostra religione

dall’Olocausto in avanti. Mi pare un po’ grossa.

SOLOMON Meravigliati pure, è normalità. E il provvedimento

tocca pure i musulmani di Germania.

ANNA FRANK Poi ho letto di economia. C’è questa Merkel che

sa molto di Reichstag. Viene dalla Germania Orientale,

eufemisticamente giudicata Germania democratica. Non ti pare un

po’ Hitler quando dice che “l’Europa deve viaggiare al ritmo della

locomotiva-Germania?” Oh, ma tu non sarai mica tedesco? ‘Sto

cognome Kugel mi suona un po’ strano. E poi, scusa, questi si

sciacquano tutti la bocca con l’Europa unita. Ma poi leggo tutte

dichiarazioni di questo tipo: il primo ministro italiano che afferma:

“Non siamo la Grecia”. Gli irlandesi che rilanciano: “Non siamo

ridotti come la Spagna e il Portogallo”. E così via. Ma allora si

riprendessero la loro nazione e le loro monete nazionali! Ma di

quale Europa parlano? Ti dico l’ultima e poi taccio. Un irriverente

scrittore ebreo ne ha sparata una forte in un’intervista. Tieniti. Ha

detto:“Non c’è niente di comico nella Shoah. Comico è

l’ottimismo di chi spera che non succeda “mai più”, a patto che si

mantenga viva la paura- il ministero della paura- le armi in casa, le

bombe di Israele. In fondo il più ottimista era Hitler, a pensare che

bastasse sterminare gli ebrei per eliminare i mali della storia. Se

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scoprissi che aveva ragione sarei il primo a uccidermi”. Ma senti

un po’!

SOLOMON Guarda, ci vuole poco a creare la psicosi. Guarda i

nostri cugini americani dopo l’11 settembre! Ora per superare gli

sbarramenti e i controlli all’aeroporto di New York ti devi munire

di una pazienza superiore alla logica di quello a cui ti

sottopongono. Comunque, veniamo a noi…sarei curioso di sapere

di cosa parla il tuo nuovo diario.

ANNA FRANK Eh, quante ne vuoi sapere. Parla di una che si è

salvata dall’Olocausto e poi ha visto il mondo dal buco di una

serratura. E che ha capito come quel “mai più si ripeterà” era

falso. Perché la forza del mondo è ancora governata dalla violenza

e dalla sopraffazione, dall’odio di razza, dall’odio religioso, dalla

brama del petrolio, del potere. Questo in un’interpretazione

naturalmente molto libera. Dunque i nazisti di ieri sono i bancari

di oggi, gli investitori di borsa, i plutocrati. Poi parlo anche di altre

cosette che riguardano la nostra razza: ma tu lo sai che l’architetto

ebreo Kallenbach aveva quella che si definisce un’affettuosa

amicizia con il mahatma Gandhi? Ecco, anche queste cose

interessano il mio vasto pubblico.

SOLOMON Molto interessante. Anche tu ridotta al gossip? Ma te

ne devi andare. Tu sei una scrittrice e un punto di riferimento ma

io devo vivere. Ne farai un ulteriore gran libro ma io devo

campare e non all’ombra di un mito. Non posso dedicarmi a pieno

tempo a te. I tuoi grandi teorici protettori se ne fregano di te. Ho

chiamato il centro Simon Wiesenthal. Sai che hanno fatto quando

gli ho detto che avevo in casa una profuga che non era una

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rifugiata politica e che si chiamava Anna Frank? Hanno messo

giù. Un “clic” e fanculo. Per l’editore Shapiro sei morta (ma forse

finge). Elie Wiesel ha preso tempo e se pensa a te parla di

“eliminare il problema”. Chi usava un’espressione simile? Per la

mia famiglia sei vista come un possibile affare. Hai, ho, il nemico

anche in casa. E per me, che sono il più sensibile di tutti, sei solo

un fastidio. Dimostrerò al mondo che non ho più il complesso

dell’Olocausto. Dimostrerò con una semplice telefonata che siamo

tutti eguali, che un ebreo può cacciare un ebreo. Questa è vera

profonda, maiuscola democrazia.

VOCE FUORI CAMPO. Perlomeno questo può avvenire in un

grande e libero paese come gli Stati Uniti.

Compone il numero della Polizia. “Scusate, ho bisogno del vostro

aiuto. Mi trovo in casa una vecchia in stato di indigenza,

farneticante. Credo che abbia perso la memoria o che sia una

barbona vaniloquente, mitomane e un po’ megalomane, fate voi.

Mandate anche uno psichiatra. E, mi raccomando, venite in forze,

si magari anche con una camicia di forza. Potrebbe scalciare o

accusarvi di complottare contro l’ebraismo. Quante ho dovuto

sentirne io! Pensate, dice di essere Anna Frank. Esiste il reato di

“sottrazione d’identità?” Si, si sono a completa disposizione…