Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

328
ARA RACNE CNE Colture artificiali di piante medicinali Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale a cura di Alberto Pardossi Franco Tognoni Anna Mensuali

description

pianti medicinali

Transcript of Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Page 1: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

AARARACNECNEAARARACNECNE

Colture artificiali di piante medicinaliProduzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale

Il volume raccoglie gli atti del Workshop sulle Colture Artificiali di PianteMedicinali, che si è tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facoltà di Agraria diPisa. Il Workshop ha terminato il Progetto Produzione di metaboliti seconda-ri nelle piante medicinali in coltura artificiale (PROMEDICA), cofinanziatodal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (PRIN 2004) ecoordinato dal professore F. Tognoni del Dipartimento di Biologia delle pian-te agrarie di Pisa.

Alberto Pardossi è dal 1998 professore associato di Orticoltura e floricoltura, ruolo ricopertoinizialmente presso la Facoltà di Agraria di Milano e successivamente di Pisa. Autore di circa200 articoli a carattere scientifico o tecnico–divulgativo, Alberto Pardossi si occupa soprat-tutto di colture di serra.

Franco Tognoni è ordinario di Colture protette presso la Facoltà di Agraria di Pisa, di cui èstato anche Preside. Attualmente ricopre la carica di direttore del Dipartimento di Biologiadelle piante agrarie. È autore di un libro sulla coltivazione in serra e di centinaia di pubbli-cazioni scientifiche o a carattere tecnico–divulgativo.

Anna Mensuali è una ricercatrice della Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfeziona-mento Sant’Anna di Pisa. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le colture in vitro e laconservazione post–raccolta dei prodotti ortofloricoli e sono state oggetto di numerose pub-blicazioni su riviste internazionali.

AR

AC

NEeuro 19,00

39

ISBN 978-88-548-1245-1

STUD

IOBG

Colture artificiali di piante medicinali

Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di Alberto PardossiFranco TognoniAnna Mensuali

Colture artificiali di piante medicinali a cura di A

. Pardossi, F. Tognoni, A. M

ensuali

1245 copertina 23-07-2007 15:47 Pagina 1

Page 2: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

ISBN 978-88-548-1245-1

1245 copertina 23-07-2007 15:47 Pagina 1

Page 3: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

A0739

Page 4: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 5: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

ARACNE

Colture artificiali di piante medicinali

Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di Alberto PardossiFranco TognoniAnna Mensuali

Page 6: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Copyright © MMVIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1245–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio 2007

Page 7: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Indice Pagina Fulceri S. - Controllo di filiera e qualità delle piante medicinali e dei loro derivati.

……11

Pacifici S., Tozzini L., Maggini R., Pardossi A., Tognoni F. - La coltivazione idroponica delle piante medicinali: il caso dell’Echinacea angustifolia.

……21

Raimondi G.P., Cirillo F.C., Fogliano V., Maggio A. - Adattabilità dell’Echinacea angustifolia alla coltivazione fuori suolo e accumulo di molecole biofunzionali in risposta allo stress osmotico.

……37

Giorgi A., Licheri G.L., Cocucci M. - Influenza della nutrizione azotata sulla crescita e sul metabolismo secondario di Achillea millefolium L. ssp collina becker allevata in idroponica.

……47

Benvenuti S. - Dinamica della flora spontanea in colture medicinali gestite con sistemi colturali di tipo biologico.

……55

Angelini L., Tozzi S. - Le piante da indaco: produzione e controllo di qualità.

……69

Maffei M. e Bertea C.M. - Idrossilasi dei monoterpeni: aspetti biochimici, molecolari ed ecologici.

……85

Ferracane R., Graziani G., Fogliano V., Gallo M. - Estrazione, caratterizzazione e conservazione di estratti bioattivi da Echinacea angustifolia DC..

……97

Graziani G., Ferracane R., Gallo M., Ritieni A., Fogliano V. - Caratterizzazione chimica e determinazione dell’attività antiossidante degli estratti polifenolici di bardana (Arctium lappa L.).

…..111

Page 8: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

6

Nutricati E., Panzanaro S., De Bellis L. - Caratterizzazione di alcuni geni chiave per la produzione di metaboliti secondari in Passiflora incarnata ed Echinacea angustifolia.

..…119

Tommasi L., Negro C., Cerfeda T., De Bellis L., Miceli A. - Proprietà antiossidanti ed epato-protettive di Buglossoides purpurocaerulea (L.) Johnst.

…..131

Sgherri C., Pinzino C., Izzo R., Navari-Izzo F. - Potere antiossidativo in estratti lipofili ed acquosi di Salvia officinalis L.: vantaggi di analisi di "Electron Spin Resonance" (ESR) a confronto con i metodi tradizionali.

..…139

Ruffoni B. e Giovannini A. - Produzione di biomassa in vitro: induzione e scale-up.

…..147

Mensuali-Sodi A., Lucchesini M., Pacifici S., Maltinti S., Tognoni F. - Caratterizzazione del microambiente e suoi effetti sul mantenimento in vitro di Passiflora incarnata L..

…..165

Simeoni E., Fraccaroli M., Toffali K., Ceoldo S., Levi M. e Guzzo F. - Elicitazione di colture in vitro di Passiflora per la produzione di metaboliti secondari.

…..177

Lucchesini M., Mensuali-Sodi A., Pacifici S., Pipino L., Tognoni F. - Coltura in vitro mixotrofica ed autotrofica di Echinacea angustifolia DC..

…..185

Bertoli A., L. Luciardi, M. Lucchesini, A. Mensuali Sodi A., Pistelli L. - Metaboliti secondari da piante adulte micropropagate di Echinacea angustifolia DC..

…..197

Guidi L., Montanari M., Degl'innocenti E. - Attività di alcuni enzimi del metabolismo dei fenilpropanoidi in foglie di Passiflora incarnata L. coltivata in vivo o in vitro.

…..201

Page 9: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

7

Giovannini A., Mascarello C., Ruffoni B., Nostro A. - Caratterizzazione di piante di Helichrysum stoechas (L.) Moench rigenerate da hairy roots: architettura della pianta ed attività biologica.

…..209

Blando F., Albrizio M., Marti L., Caretto S., Merendino A., Villanova L., Mita G. - Colture in vitro di Artemisia annua L. per la produzione del composto antimalarico artemisinina.

…..225

Pace L., Pacioni G., Spano’ L., Marotti M., Grandi S, Piccaglia R. - Colture artificiali di piante medicinali: Artemisia petrosa subsp. eriantha (genepì appenninico).

…..233

Gardi T., Micheli M., Prosperi F., Sisani G., Saffiro G. - Tecniche di coltura in vitro per la propagazione e la conservazione di Lavandula angustifolia Miller.

…..241

Morone Fortunato I. e Avato P. - Micropropagazione e micorrizazione di Origanum vulgare L.: analisi istologica e chimica.

…..251

Sessione Poster

Asciuto A., Chironi S., Columba P., Crescimanno M., De Stefano V. - Situazione attuale e prospettive della domanda nel comparto delle officinali in Sicilia.

…..259

Camorani M. - Implicazioni biosintetiche ed allelopatiche dei principali flavonoidi di interesse fitoterapico.

…..271

Ferracane R., Graziani G., Gallo M., Fogliano V., Ritieni A. - Profilo metabolico dei composti bioattivi del cardo mariano (Silybum marianum (L.) Gaertn.).

…..279

Galati A., Migliore G., Scaffidi Saggio C. - La rivalutazione del frassino da manna come coltura officinale.

…..287

Page 10: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

8

Galluzzo N. - Analisi e prospettive della coltivazione di piante officinali in Italia: prime indicazioni economiche per le aziende agricole.

…..299

Piovan A., Filippini R., Caniato R. - Il destino metabolico di un substrato: disegno unico o percorsi diversi in vivo ed in vitro?

…..307

Curadi M., Graifenberg A., Lucchesini M., Pacifici S., Giorni I. - Sesquiterpeni amari in carciofo (Cynara scolymus L.) ottenuto per micropropagazione e per moltiplicazione vegetativa.

…..315

Page 11: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Prefazione

Negli ultimi anni il consumo di rimedi naturali è aumentato

sensibilmente, soprattutto nei Paesi sviluppati, e di conseguenza è cresciuto l'interesse verso l'identificazione e la produzione di principi attivi d’origine vegetale. Le tecniche agronomiche, d’altra parte, non sono state ancora ottimizzate per gran parte delle colture d’interesse farmaceutico; conseguentemente, il loro rendimento produttivo, sia quantitativo sia qualitativo, non è ancora soddisfacente. In tal senso, l’impiego di sistemi di coltura artificiale, quali l'idroponica e la coltura in vitro, potrebbe consentire numerosi vantaggi, soprattutto in termini di standardizzazione del processo produttivo, aumento della resa in principi attivi e miglioramento della qualità del materiale vegetale destinato alla lavorazione industriale.

Il Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie dell’Università di Pisa e la Scuola di Studi Universitari e Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, con il patrocinio della Società Orticola Italiana (SOI) ed in collaborazione con la rivista Erboristeria Domani, hanno organizzato un Workshop sulle“Colture Artificiali di Piante Medicinali”, che si è tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facoltà di Agraria di Pisa.

Il Workshop ha concluso il Progetto “Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale" (PROMEDICA), cofinanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (PRIN 2004) e coordinato dal Prof. F. Tognoni del Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie di Pisa.

Il programma prevedeva 23 relazioni, alcune a carattere generale tenute da esperti del settore, quali il Prof. Massimo Maffei (Università di Torino), il Dott. Sergio Fulceri (Aboca spa, San Sepolcro) e la Dott.ssa Barbara Ruffoni (CRA – Istituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo. Altri sette lavori sono stati presentati nella Sessione poster.

Page 12: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 13: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

11

Controllo di filiera e qualità delle piante medicinali e dei loro derivati

Fulceri S. Azienda. Aboca, Sansepolcro, Arezzo E-mail: [email protected]

Riassunto L’utilizzo delle piante medicinali nel comparto erboristico,

cosmetico e farmaceutico è aumentato grazie alla professionalità di aziende che hanno visto con sempre maggiore interesse lo studio e l’approfondimento delle sostanze attive presenti nei vegetali. Negli ultimi dieci anni, da tutto il mondo, sono state fatte valutazioni di tipo agronomico-produttivo, di trasformazione, d’estrazione supportate da prove farmacologiche di fitoderivati di vecchia e nuova generazione come non si era mai visto. Infatti, la valutazione del settore “Piante Medicinali” non può prescindere dall’analisi di filiera, o meglio delle filiere che caratterizzano questo complesso mondo produttivo, dall’area produttiva-agricola a quella tecnologica-estrattiva, fino ad arrivare alle problematiche di distribuzione e comunicazione. Difatti la funzionalità e la sicurezza dei prodotti finiti a base di derivati da piante medicinali è molto correlata con la qualità e le caratteristiche della materia prima utilizzata. Nell’ottica di una ricerca orientata a verificare la possibilità da parte delle piante medicinali di svolgere più vasti e complessi meccanismi fisiologici, è necessario approfondire la fisiologia e la chimica vegetale delle diverse specie oggetto di attenzione da parte di questo settore. Pertanto, studiare la produzione di metaboliti secondari delle piante medicinali è un nuovo scenario che può senz’altro garantire la scoperta di nuove molecole bioattive.

Page 14: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

12 Fulceri S.

Abstract

The use of medicinal plants in the herbal medicine, cosmetic and pharmaceutical fields has increased due to the expertise of firms which have looked with growing interest at the study of the active substances present in plants. In the last decade, from all over the world, evaluations have been made concerning agronomic and product aspects, processing and extraction, supported by pharmacological tests of old- and new generation phytoderivatives. As a matter of fact, the evaluation of the “medicinal plants” sector cannot be made without the production process analysis. Indeed the functionality and safety of the end products derived from medicinal plants is strongly related to the quality and characteristics of the starting materials. In view of a research aimed to verify the possibility by medicinal plants to undergo more extensive and more complex physiological mechanisms, an inspection of plant physiology and chemistry of the different species involved in this field is necessary. Therefore, studying the secondary metabolites production by medicinal plants is a new point of view which can definitely lead to the discovery of new bioactive molecules.

Introduzione La strada dell’utilizzo delle piante medicinali nel comparto

erboristico, cosmetico e farmaceutico è stata ormai intrapresa grazie alla professionalità di aziende che hanno messo in pratica le conoscenze di ricercatori e sperimentatori che hanno visto con sempre maggiore interesse lo studio e l’approfondimento delle sostanze attive presenti nei vegetali. Negli ultimi dieci anni, da tutto il mondo, sono state fatte valutazioni di tipo agronomico-produttivo, di trasformazione, d’estrazione supportate da prove farmacologiche di fitoderivati di vecchia e nuova generazione come non si era mai visto.

Anche il legislatore ha ritenuto assolutamente necessario adeguarsi alle nuove richieste del mercato e adesso le aziende produttrici di prodotti a base di piante medicinali rientrano nel novero d’officine autorizzate dal Ministero della Salute in ottemperanza alle indicazioni

Page 15: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La filiera delle piante medicinali 13

Comunitarie per la realizzazione di prodotti salutistici destinati al consumatore finale e li identifica, in funzione della loro presentazione, dose, via di somministrazione o applicazione, più specificatamente in prodotti aventi effetti nutrizionali, fisiologici, terapeutici e cosmetici.

In breve «che coadiuvano e favoriscono le fisiologiche funzioni dell’organismo». Analizzare il settore “Piante Medicinali” non può prescindere dall’analisi di filiera, o meglio delle filiere che caratterizzano questo complesso mondo produttivo, dall’area produttiva-agricola a quella tecnologica-estrattiva, fino ad arrivare alle problematiche di distribuzione e comunicazione.

Il mondo produttivo agricolo e quello di trasformazione Da un’indagine effettuata su Austria, Danimarca, Francia,

Germania, Grecia, Italia, Olanda, Svezia e Regno l’European Herbal Growers Association (2002) ha valutato che il numero complessivo d’addetti alla coltivazione ed alla raccolta di piante officinali sia stimabile in un valore di 10.139 unità, delle quali 2.126 solo in Italia. Le aziende, salvo limitate eccezioni, hanno prevalentemente carattere d’imprese familiari. Da un’indagine effettuata da ISAFA in Italia nel 1999 risulta che la superficie investita a piante officinali in Italia supera i 3.000 ettari. La regione che ha più della metà del suo territorio investita in piante officinali è la Calabria, dove la coltura più importante è quella del bergamotto. Le altre due regioni in cui la quota di terreno investita in officinali ha una certa importanza (10-50% del territorio) sono il Piemonte e la Toscana, segue la Sicilia con il 5-10% del territorio coltivato ad officinali. In altre nove regioni Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia, Marche, Umbria, Abruzzo, Puglia e Sardegna la superficie investita va dal 1 al 5% ed in altre sette, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli, Lazio, Molise, Campania e Basilicata la superficie investita in officinali è inferiore all’1% rispetto a quella calcolata. La schiacciante maggioranza delle aziende è rappresentata da imprese individuali (79%), mentre le società di vario tipo (cooperative, soc. agricole semplici, s.n.c., s.r.l.) sono meno del 20%, il 3% è rappresentato da aziende di Enti, Istituti agrari ed Associazioni. Si ritiene che le aziende che trasformano e producono

Page 16: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

14 Fulceri S.

prodotti erboristici ed integratori sono nel nostro Paese circa 1.200, per un totale di oltre 25.000 addetti. Oltre il 70% di tali aziende rientra nella definizione di PMI. Conferma tale stima il dato diffuso dal Ministero della Salute che l’anno scorso in applicazione di una circolare (circ. n. 3 del 18 luglio 2002), che ha inserito nel contesto della disciplina degli integratori alimentari i prodotti a base di erbe aventi funzionalità salutistica, ha ricevuto notifiche da parte di 1100 imprese. Il mercato erboristico in Europa nei canali Farmacia, Erboristeria e Grande distribuzione nel 2001, ha in termini di consumi un valore di circa 9.000 Milioni di euro, dei quali 650 circa riferibili all’Italia, 3.900 alla Germania, 2.350 alla Francia, 660 al Regno Unito, 340 alla Spagna, 200 al Belgio, 100 all’Austria e 800 agli altri paesi. Il consumo d’integratori in Europa nei canali Farmacia, Erboristeria e Grande Distribuzione nel 2000 è stimato in un valore di 15.800 Milioni di Euro, dei quali 1.000 sono riferiti al mercato Italiano, 3.500 alla Germania, 3.400 al Regno Unito, 3.000 alla Francia, 1.900 alla Scandinavia, 1.000 all’Austria, 500 all’Olanda e 1.000 negli altri paesi. In Europa sono presenti 15.200 punti vendita al dettaglio (erboristerie e health products shops, non farmacie) dei quali solo in Italia oltre 4.000, con 15-20 mila addetti, in Germania 3.000, in Spagna 3.000, in Francia 2.000, nel Regno Unito 2.000 e oltre un migliaio negli altri paesi.

Gli orientamenti per il futuro

Volendo puntare sulla Qualità dei prodotti a base di piante

medicinali da offrire al consumatore in termini di efficacia e sicurezza, dobbiamo assolutamente introdurre la proposta innovativa da parte del Parlamento Europeo di individuare i cosiddetti “Farmaci Vegetali Tradizionali” (Direttiva 2001/83/CE) in cui si parla della necessità di adottare gli opportuni standard di qualità, efficacia e sicurezza per i medicinali derivati da piante e per galenici di origine naturale. Con le ultime indicazioni è prevista una procedura speciale che consente di registrare in forma semplificata e dunque commercializzare i farmaci vegetali tradizionali senza l’obbligo di fornire informazioni e documenti relativi alle prove e alla sperimentazione comprovanti la

Page 17: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La filiera delle piante medicinali 15

loro sicurezza ed efficacia. A tali prodotti si applicano tuttavia le stesse prescrizioni in materia di fabbricazione e qualità del farmaco classico. La nuova direttiva si applica a sostanze e preparazioni diversi da alimenti e integratori: “con proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; somministrati all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo, che in virtù della loro composizione e del loro scopo, sono destinati ad essere utilizzati senza l’intervento di un medico; a fini diagnostici o di prescrizione o controllo del trattamento; somministrati solo in una determinata concentrazione; per uso orale, esterno e/o inalatorio; sotto forma di estratti,decotti, tinture, sciroppi, colliri”. Sono date al proposito le seguenti definizioni: 1. farmaco: sostanza o preparato che contiene come principi attivi

una o più sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in associazione ad uno o più preparati vegetali;

2. preparati vegetali: preparati ottenuti sottoponendo le sostanze vegetali a trattamenti quali estrazione, distillazione, spremitura, frazionamento, purificazione, concentrazione e fermentazione. In tale definizione rientrano anche sostanze vegetali triturate o polverizzate, tinture, estratti, oli essenziali, succhi ottenuti per spremitura ed essudati lavorati;

3. sostanze vegetali intendendosi come tali tutte le piante, le parti di piante, le alghe, i funghi e i licheni, interi, a pezzi o tagliati, in forma non trattata, di solito essiccata, ma talvolta anche allo stato fresco.

Obiettivi della direttiva una maggiore tutela della salute pubblica, istituendo un quadro giuridico speciale per i farmaci vegetali tradizionali, eliminando così qualunque differenza o incertezza circa lo status di questi prodotti attualmente esistenti nei vari Stati membri e consentendo di conseguenza la libera circolazione di questi prodotti nel mercato unico. Anche nella nuova direttiva è previsto un sistema a liste positive delle piante e la realizzazione di monografie a cura del Comitato farmaci tradizionali dell’EMEA (European Medicines Evaluation Agency). Per la registrazione devono essere fornite garanzie sulla sicurezza e la qualità attraverso la presentazione delle stesse informazioni e dei documenti necessari per una domanda di

Page 18: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

16 Fulceri S.

autorizzazione ai sensi del capo 1 del titolo III della Direttiva 2001/83/CE, tra cui i risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche e la documentazione bibliografica o certificazioni di esperti comprovanti l’impiego medico tradizionale del prodotto, oltre a una rassegna bibliografica dei dati riguardanti la sicurezza corredata di una perizia. La produzione deve avvenire in stabilimenti produzione idonei allo scopo.

La correlazione qualità materia prima / prodotto finito La funzionalità e la sicurezza dei prodotti finiti a base di derivati da

piante medicinali è fortemente correlata con la qualità e le caratteristiche della materia prima utilizzata. Non è difficile, infatti, incappare in partite di materia prima: la “droga”, poco adeguate con le richieste, che hanno la caratteristica di non essere determinate nella loro identità botanica e nel loro profilo chemiotipico. Altro problema è quello della disponibilità e del suo approvvigionamento regolare e costante nel tempo di partite trovate idonee, in modo da alimentare con successione ininterrotta la filiera, garantendo nel tempo la produzione e la disponibilità di un prodotto finito o di una linea di prodotti, standardizzati e stabili nella formulazione, nelle caratteristiche organolettiche, nonché nella funzionalità.

Tutti questi aspetti sono importanti per assicurare nel tempo la funzionalità del prodotto specialmente se è destinato a finalità di prevenzione o di supporto o di modificazione fisiologica dell’organismo o addirittura di cura.

Le caratteristiche delle materie prime, in sintesi, dipendono soprattutto da: determinazione botanica, caratterizzazione chemiotipica, caratterizzazione genetica, fattori ambientali, tecniche colturali, sistemi di estrazione. Determinazione della droga

Le droghe vegetali derivano da specie tassonomicamente ben

determinate delle quali sono state studiati e descritti i principi attivi e

Page 19: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La filiera delle piante medicinali 17

le proprietà. Il produttore deve essere sempre in grado di assicurare che la denominazione della droga e la specie da lui effettivamente coltivata coincidano, poiché specie strettamente affini possono differire in uno o più componenti farmacologicamente importanti. A tal fine è necessario che le specie siano botanicamente identificate con il binomio linneiano, nome generico e specifico, e ne sia indicata l’eventuale varietà o chemiotipo dove conosciuto.

La semente prodotta in azienda deve essere ottenuta in campi di selezione dove il controllo delle caratteristiche fenotipiche può essere fatto agevolmente ed eventuali fenomeni di mutazione rispetto al normotipo possono essere isolati o tenuti sotto osservazione in modo adeguato. I campi di conservazione e mantenimento del germoplasma di una specie allogama devono essere adeguatamente isolati per evitare incroci indesiderati.

Se l’approvvigionamento avviene presso ditte sementiere o vivaistiche, richiedere che la denominazione e l’origine del materiale siano certificati. In caso di reperimento in natura determinare le specie in modo rigoroso e indicare sempre la località di origine e la data di raccolta del materiale. In caso di semente di origine dubbia procedere alla determinazione, eventualmente, allestendo campi prova. E’ importante che esista una rintracciabilità fino all’origine del materiale di propagazione. Il materiale di partenza deve rispondere ai requisiti di purezza per evitare la presenza di specie strettamente affini.

Certificazione del materiale di propagazione - Il materiale di

propagazione gamico, fatte salve le disposizioni del regolamento, deve essere di provenienza biologica. In caso di irreperibilità sul mercato si può acquistare materiale convenzionale e propagarlo in campi di conversione aziendali prima di passare al pieno campo.

Sebbene questi obiettivi qualitativi in una droga possono essere raggiunti nelle fasi successive alla raccolta e al condizionamento del prodotto, già nella fase primaria possono essere rispettati dei criteri utili all’ottenimento di una buona materia prima.

Accorgimenti colturali - Una nutrizione ed un’irrigazione

equilibrata influenzano positivamente il contenuto di principi attivi. Biomassa e principio attivo sono in genere in rapporto inverso. Ove

Page 20: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

18 Fulceri S.

possibile utilizzare varietà selezionate ad alto tenore di principio attivo o chemiotipi specializzati. Attuare un costante lavoro di selezione genetica all’interno delle popolazioni aziendali in modo da conservare le popolazioni migliorate. Allo scopo allestire campi di selezione dedicati allo scopo. Nella raccolta è opportuno lasciare sul campo le parti della pianta che sono note non contenere tali principi.

Tempo balsamico - Per la maggior parte delle officinali è noto un

dato tempo balsamico ovvero il periodo in cui il valore quali-quantitativo del fitocomplesso risulta massimo; la pianta officinale dovrebbe essere raccolta nel tempo balsamico. E’ buona norma individuare fasi della fenologia della pianta (accestimento, levata, fioritura, fruttificazione) in relazione con la quantità di sostanza attiva presente. Ove possibile andrebbero costruite curve empiriche correlando parametri misurabili della fenologia della pianta (% di fioritura, altezza della pianta, diametro delle radici) e contenuto analitico del marker farmacologico. La modellizzazione se realizzata con accuratezza e tenendo conto anche della varietà e dell’andamento climatico dovrebbe essere in grado di indicare in modo preciso la fase critica per la raccolta.

Criteri di post-raccolta - Nelle fasi immediatamente successive alla

raccolta andrebbero rispettate le norme relative ai processi degradativi che interessano i tessuti vegetali, sia spontanei che indotti da saprofiti, essi possono interessare anche in modo specifico le sostanze attive. Il processo di essiccazione deve avvenire con modalità, tempi e temperature, che portino ad una rapida perdita di acqua con il minimo di alterazione dello spettro dei costituenti della pianta. Per ogni specie, e secondo la destinazione farmaceutica, occorre individuare combinazioni tempo-temperatura ottimali. Le piante ad alto contenuto di acqua dovrebbero essere cippate in modo da favorire la perdita di acqua in tempi brevi. Salvo questo caso le droghe vanno conservate sotto forma di piante o parti di piante il più possibile integre. I trattamenti termici antibatterici sulla droga grezza, devono essere effettuati con metodi e tecnologie standard, che non alterano le proprietà della droga (es.: sistemi ad iniezione di vapore saturo sottovuoto).

Page 21: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La filiera delle piante medicinali 19

Destinazione degli utilizzi della droga Un aspetto molto importante è l’esatta conoscenza della

destinazione d’uso, nei diversi prodotti, della droga di partenza; in base alla notevole biodiversità all’interno della stessa specie, che si traduce in una notevole “chemiodiversità” tra le diverse varietà ed ecotipi, si assiste alla possibilità di utilizzazione in diversi campi di applicazione. Ad esempio lo stesso iberico può essere utilizzato per uso liquoristico, erboristico e medicinale secondo le caratteristiche intrinseche della materia prima (aspetto quali-quantitativo delle componenti biochimiche della droga) e secondo i metodi di estrazione cui è sottoposta la materia prima essiccata o fresca.

Vediamo verso quali destinazioni possono essere diretti i prodotti a base di piante medicinali seguendo la più moderna nomenclatura su base europea: 1. Nutraceutici (Nutraceutical) neologismo acquisito dagli USA 2. Dietary supplements (Integratori Alimentari) 3. Functional Foods (Alimenti Funzionali) coadiuvanti le fisiologiche

funzioni dell’organismo 4. Herbal remedies 5. Herbal teas and infusion 6. Phytomedicines 7. Homeopathic drugs 8. Aromatherapy oils

Conclusioni Nell’ottica di una ricerca orientata a verificare la possibilità da

parte delle piante medicinali di svolgere più vasti e complessi meccanismi fisiologici, deve essere approfondita la fisiologia e la chimica vegetale delle diverse specie oggetto di attenzione da parte di questo settore. Appare quindi necessario investire in quelle tecnologie che riescono a studiare in modo capillare gli aspetti di chemiofisiologia del vegetale posto in condizioni specifiche e facilmente controllabili per definire la presenza di nuovi e non ancora studiati composti bioattivi.

Page 22: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

20 Fulceri S.

La ricerca moderna per il nuovo Millennio nel campo delle piante medicinali dovrà cimentarsi, infatti, su tre livelli distinti: 1. Assicurare la qualità dei fitopreparati e la loro standardizzazione. 2. La ricerca di nuovi composti bioattivi. 3. Le ricerche fitofarmacologiche di biologia molecolare e le ricerche

cliniche di farmacocinetica e di biodisponibilità. Studiare la produzione di metaboliti secondari delle piante

medicinali è un nuovo scenario che può senz’altro garantire la scoperta di nuove molecole bioattive.

Possiamo indicare che le problematiche patologiche che hanno più bisogno di nuove sostanze sono i tumori (terapeutico e preventivo), le malattie cardiovascolari (antiipertensivo, antiaterosclorotico, antiischemico, malattie del sistema nervoso centrale (terapeutico e preventivo per l’Alzheimer e Parkinson), malattie infettive (antivirale, antiparassitario, antifungino), malattie infiammatorie (antiasmatico, anticolitico, antineurodermatico, antipsoriatico). E’ il caso ad esempio della verifica di nuovi metaboliti secondari dall’acido betulinico riscontrati su Betulla sp. che si sono dimostrati attivi come antitumorali o dei sesquiterpenlattoni dell’Artemisia annua che si sono dimostrati attivi contro la malaria, oggi diventata resistente ai farmaci di natura sintetica.

Page 23: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

21

La coltivazione idroponica delle piante officinali: il caso dell’Echinacea angustifolia.

Pacifici S., Tozzini L., Maggini R., Pardossi A., Tognoni F. Dipartimento di Biologia Delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa E-mail: [email protected] Riassunto

La coltivazione in idroponica per piante medicinali potrebbe

rappresentare un efficiente sistema di coltura artificiale per la produzione standardizzata di materiale vegetale di alta qualità da cui estrarre molecole di interesse farmaceutico, in particolare per specie coltivate principalmente per la radice e che mostrano un lento sviluppo se coltivate in pieno campo, quali l’Echinacea angustifolia DC. In questo lavoro, l’E. angustifolia è stata coltivata in idroponica (floating raft system). Al termine del ciclo colturale (20 settimane dalla semina) le piante intere campionate sono state suddivise in radici, foglie e steli fiorali qualora presenti. Per ogni organo sono stati determinati i parametri di crescita e le concentrazioni dei principali derivati dell’acido caffeico (acido clorogenico, echinacoside, acido caffeico, cinarina, acido p-cumarico, acido ferulico e acido cicorico) tramite HPLC. Le piante hanno mostrato uno sviluppo veloce (69-142 g m-2 di radici essiccate a 50°C) e, considerando la brevità del ciclo, in un anno è possibile ottenere una biomassa essiccata 1.7-7.1 volte superiore a quella ottenuta in una coltivazione tradizionale (mediamente biennale o triennale) di pieno campo. Le concentrazioni dei metaboliti rilevati nelle radici secche sono risultate simili a quelle riportate in letteratura o ottenute dall’analisi di campioni commerciali, ma nelle piante cresciute in idroponica anche le foglie e gli steli fiorali si sono dimostrati ricchi di queste sostanze. In letteratura non sono presenti lavori che documentano l'applicazione del sistema idroponico alla coltivazione di E. angustifolia.

Page 24: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

22 Pacifici S. et al.

Abstract Hydroponic technology for the cultivation of medicinal plants

could be an efficient artificial cropping system for the standardized production of high-quality plant material for the extraction of pharmaceutical molecules, in particular for those species, such as Echinacea angustifolia DC, which are mainly cultivated for their roots and develop slowly in open field. In this work, E. angustifolia plants were grown in a hydroponic floating raft system. After the cultural cycle (20 weeks from sowing) the plants were sampled and subdivided in roots, leaves and, eventually, flower stems. For each organ the growth parameters were determined and HPLC analyses of the main caffeic acid derivatives (chlorogenic acid, echinacoside, caffeic acid, cynarine, p-coumaric acid, ferulic acid and cichoric acid) were performed. The plants presented a fast development (69-142 g m-2 of 50°C dried roots) and, considering the short cultivation cycle, the dry biomass production in one year could be 1.7-7.1 times higher as compared to a traditional 2-3 years-cycle open-field crop. The dry root metabolites concentrations were similar to those reported in the literature or obtained from analyses of commercial samples. Moreover, leaves and flower stems resulted rich in these substances as well. No work has been yet reported on the applicability of hydroponics to the cultivation of E. angustifolia.

Introduzione

Echinacea angustifolia DC

Data la crescente richiesta del mercato di prodotti medicinali

naturali, le piante officinali sempre più sono coltivate su scala commerciale; attualmente però la tecnica colturale non è sufficientemente ottimizzata per queste specie di nicchia (Briskin, 2000). Di conseguenza, la qualità dei prodotti e le rese delle colture spesso non sono soddisfacenti, in particolare per quanto riguarda specie prodotte su scala commerciale da tempi relativamente recenti quali l’E. angustifolia (Li, 1998). L’Echinacea spp. (dal greco

Page 25: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 23

Echinos = riccio per le brattee pungenti che caratterizzano il capolino) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteracee originaria dell’America Settentrionale (es. Li, 1998; Hill et al., 1996). Il genere Echinacea comprende nove specie ma solamente tre di queste (E. pallida, E. purpurea ed E. angustifolia) sono ritenute particolarmente nteressanti per le loro caratteristiche farmacologiche, nello specifico hanno proprietà immunostimolanti, antivirali e antibatteriche (es. Bauer e Wagner, 1991; Parnharm, 1996). I prodotti che contengono estratti di foglie, steli fiorali e, in particolare, radici di Echinacea spp. (es. Perry et al., 2001; Aiello, 2002), sono fra i rimedi medicinali di origine vegetale più ampiamente usati in Europa e nell’America del Nord (Qu et al. 2005). Le Echinacee appartenevano già alla tradizione medicinale dei nativi americani che, oltre a considerarla un’erba sacra, utilizzavano porzioni diverse della pianta e specie differenti secondo la tribù e della regione, per un’ampia gamma di malattie e disturbi sia interni che locali. Nello specifico E. angustifolia, il cui areale naturale si estende dalle zone meridionali del Saskatchewan e Manitoba (Canada) e dal Nord Dakota fino al Texas (Stati Uniti) (ISAFA), era utilizzata come agente curativo (disturbi oculari, punture di insetti, morsi di serpente, ferite superficiali, bruciature e scottature), agente antiinfettivo (parotiti, ghiandole ingrossate, raffreddore, tosse e febbre) e agente antidolorifico (mal di denti, di testa, di stomaco, lenitivo nelle bruciature). Con la conquista del Nuovo Mondo questa specie fu apprezzata anche dai colonizzatori, infatti la prima testimonianza dell’utilizzo dell’Echinacea come medicinale risale al 1762, come cura per le piaghe da sella dei cavalli. Nell’800 fu introdotta in Europa come pianta ornamentale e solo successivamente coltivata per le sue proprietà terapeutiche. Infatti, i primi preparati commerciali furono disponibili in Germania nel 1895. L’utilizzo di questa pianta è sempre aumentato nel tempo tanto che all’inizio del XX° secolo la tintura di Echinacea era annoverata tra i medicinali più venduti in America (Lloyd, 1904). Fino a 10-15 anni fa, la richiesta del mercato di questa specie era stata soddisfatta dalla raccolta delle piante spontanee, ma in seguito all'interesse crescente per le sue caratteristiche farmacologiche se ne è diffusa la coltivazione su scala commerciale, volta alla produzione di radici da cui ricavare preparati sia freschi che disidratati. L’apparato ipogeo della pianta è

Page 26: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

24 Pacifici S. et al.

caratterizzato da una radice fittonante, poco fascicolata e con scarso capillizio di colore bruno chiaro. La parte epigea della pianta è costituita da una rosetta basale di foglie da cui si originano gli steli fiorali, semplici o talvolta ramificati, generalmente tomentosi, che possono raggiungere l’altezza di 50 cm. Le foglie, più grandi e fornite di picciolo se costituiscono la rosetta basale oppure sessili e di dimensione più ridotta se inserite sullo stelo fiorale, sono di colore verde scuro, lunghe 10-15 cm e larghe 3-5 cm, lanceolate con margine intero, con 3-5 nervature e provviste di peli ispidi. Il nome della specie angustifolia deriva dal latino proprio per la forma stretta (angustus) delle foglie (folium). L’infiorescenza è un capolino di forma conica (da cui il nome volgare coneflower) di colore bianco, rosa o porporino. Il polline è di colore giallo intenso. Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 4-5 mm ed hanno un colore che va dal biancastro al bruno chiaro con pigmentazione marrone all’apice e 1000 “semi” pesano circa 3,5 grammi. La propagazione gamica è difficoltosa a causa del ridotto vigore e della scarsa germinazione del seme (Li, 1998; Macchia et al., 2001), per di più la coltura in pieno campo soffre per l’elevata competizione delle infestanti particolarmente nelle regioni mediterranee. Oltre che per via gamica, la propagazione può avvenire per via agamica per parte di cespi. Il ciclo biologico della pianta è caratterizzato da una fase di sviluppo vegetativo primaverile, da una fase riproduttiva estiva, con fioritura da giugno a luglio, e da un riposo vegetativo invernale preceduto dal disseccamento dell’apparato epigeo nel tardo autunno. L’E. angustifolia non mostra particolari esigenze pedoclimatiche e colturali, comunque predilige terreni moderatamente fertili, di medio impasto, o tendenzialmente sabbiosi con pH neutro o subacido. La pianta rifugge terreni asfittici, dove lo sviluppo radicale appare maggiormente stentato e la raccolta di questo organo è più difficoltosa. Inoltre, la concentrazione dei metaboliti nei tessuti vegetali è abbastanza variabile secondo la stagione di raccolta, la tecnica colturale ed il genotipo (specie, varietà ed ecotipo) (Aiello e Bezzi, 1999; Letchamo et al., 2002).

Page 27: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 25

Coltivazione fuori suolo dell’Echinacea angustifolia DC La coltura fuori suolo di specie medicinali, in particolare

l’idroponica, può fornire molti vantaggi, quali la normalizzazione del processo di produzione, un maggiore contenuto dei principi attivi e una migliore qualità della materia prima. Effettivamente, l’interesse per questo sistema di coltivazione è crescente (es. Dorais et al., 2001; Gontier et al., 2002; Zobayed e Saxena, 2004) e attualmente è particolarmente utilizzato per colture orticole di serra e per la produzione di piantine da vivaio. Se all’idroponica viene associato un rigoroso controllo climatico (ad esempio con l’utilizzo di serre, fitotroni, camere di crescita), è possibile amplificare i vantaggi di questo sistema di coltivazione artificiale: infatti con un’adeguata manipolazione delle condizioni di crescita il metabolismo secondario responsabile dell'accumulo dei principi attivi nei tessuti vegetali può essere regolato. In particolare il floating raft system è sempre più utilizzato come metodo di coltivazione per la produzione di specie a ciclo corto, coltivate in serra con alta densità d’impianto (investimenti fino a parecchie centinaia di piante per metro quadro di superficie coltivata) come ortaggi da foglia da taglio e prodotti pronti per l'uso (es. Nicola et al., 2005; Pardossi et al., 2006). Rispetto alla coltivazione tradizionale su terreno o ad altri tipi di coltivazioni fuori suolo, questa tecnica offre maggiori vantaggi: investimento e costi di esercizio relativamente bassi; veloce tasso di accrescimento della pianta; ciclo di produzione annuale; elevata qualità del prodotto finale, che risulta molto più pulito e più facile da essere preparato. Dorais et al. (2001) inoltre hanno segnalato alcuni risultati che indicano i vantaggi del floating raft system per la produzione sia di radici che di foglie di alcune piante medicinali, quali Achillea millefolium, Artemisia vulgaris, Inula helenium, Stellaria media, Taraxacum officinalis e Valeriana officinalis. In questo lavoro sono riportati i primi risultati di uno studio volto a valutare la possibilità di applicare il floating raft system anche a piante di E. angustifolia per l'estrazione dei metaboliti di interesse farmaceutico. Il valore medicinale dei tessuti vegetali dell’E. angustifolia è attribuito ai derivati dell’acido caffeico, ai flavonoidi ed ai polisaccaridi, specialmente per quanto riguarda la radice (es. Bauer e Wagner, 1991). Nel presente studio

Page 28: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

26 Pacifici S. et al.

l'attenzione è stata focalizzata sui derivati dell’acido caffeico: questi sono stati quantificati con HPLC nelle radici, nelle foglie e negli steli fiorali (qualora presenti) di piante sviluppate in idroponica e, a scopo di confronto, in radici secche di E. angustifolia e di E. purpurea reperite sul mercato. Materiali e metodi Materiale vegetale e ambiente di crescita

La prova è stata condotta in serra climatizzata da febbraio a giugno del 2006 presso il Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie dell'Università di Pisa. Gli esperimenti sono stati eseguiti su semenzali di 2 settimane di E. angustifolia DC, ottenuti dalla semina diretta di semi pre-trattati per rompere la dormienza, forniti da un'azienda internazionale (Gold Nugget Seed®, Jelitto Staudensamen GmbH, Schwarmstedt, Germany). La semina è stata effettuata all’inizio di febbraio su vassoi di polistirene alveolati contenenti plugs di lana di roccia con densità di 976 semi m-2 (di superficie di vassoio), questi successivamente sono stati collocati in una camera di crescita alla temperatura di 25°C, con intensità luminosa di 200 W m-2 (lampade a fluorescenza) e con fotoperiodo di 16 ore per permettere una migliore germinazione. Successivamente, i semenzali sono stati trasferiti in serra su bancale provvisto di impianto di nebulizzazione e dopo altre 3-4 settimane, quando le prime 2-3 foglie vere avevano raggiunto una lunghezza di circa 4-5 centimetri, le plantule sono state trapiantate in vassoi di polistirene alveolati idonei per il floating raft system e posti a galleggiare in vasche di plastica con un volume costante (300 L m-2) contenenti una soluzione nutritiva stagnante, costantemente aerata con aria compressa per mantenere un tenore di ossigeno superiore a 6-7 mg L-1. La densità di trapianto era di 122 piante m-2, espressa per unità di superficie dei vassoi di polistirene. La soluzione nutritiva, che veniva rinnovata con cadenza mensile, era stata preparata con acqua di rubinetto che conteneva fino a 5 mol m-3 di NaCl a cui erano aggiunti i seguenti elementi nutritivi: N 8.0 mol m-3 (NO3

-/NH4+ 1:1), P 1.0 mol

m-3, K 6.0 mol m-3, Ca 4.0 mol m-3, Mg 1.5 mol m-3, oltre i

Page 29: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 27

microelementi secondo le concentrazioni di Hoagland. La conduttività elettrica (EC) era 1.5-1.7 dS m-1. Il pH è stato mantenuto nell’intervallo 5.5-6.5 tramite aggiustamento con acido solforico. Caratterizzazione della pianta

La biomassa fresca e la sostanza secca sono state determinate su piante campionate 18 settimane dopo il trapianto. Ciascuna pianta è stata lavata in acqua deionizzata e tamponata con carta assorbente dopo aver rimosso dal colletto il substrato inerte di crescita (lana di roccia) ed è stata suddivisa nei vari organi. Gli steli fiorali, qualora presenti, sono stati suddivisi ulteriormente in foglie dello stelo e asse fiorale con capolino. I campioni sono stati essiccati in stufa a ventilazione forzata a 50 e a 75°C per effettuare le analisi e determinare il contenuto della sostanza secca rispettivamente. I campioni così trattati sono stati conservati in un essiccatore fino al momento della preparazione dell’estratto su cui effettuare l’analisi HPLC dei metaboliti prescelti. Per l’analisi chimica è stato applicato il protocollo riportato da Luo et al. (2003) con modifiche secondarie. Brevemente, a ciascun campione (costituito da 0.2 g di tessuto secco) polverizzato in mortaio, sono stati aggiunti 10.0 ml di solvente d'estrazione (MeOH/H2O 70:30 v/v). I campioni sono stati mantenuti in agitazione per 4 h su un agitatore orbitale, trasferiti a -20°C per tre giorni e successivamente centrifugati per 2 minuti a 2700 g. Il surnatante è stato filtrato su filtro da siringa con membrana in PTFE da 0.45 µm, del diametro di 2.5 centimetri, ed è stato sottoposto all’analisi cromatografica effettuata usando solventi per HPLC ed i seguenti standard chimicamente puri: echinacoside, cinarina, acido caftarico e acido cicorico (Phytolab GmbH, Vestenbergsgreuth, Germania); acido clorogenico, acido caffeico, acido ferulico, acido p-cumarico (Sigma-Aldrich, Milano, Italia). L'apparecchiatura analitica HPLC (Jasco, Tokyo, Giappone) era composta da una pompa quaternaria di gradiente a bassa pressione modello PU-2089 e da un rivelatore UV/Vis multicanale modello UV-2077. Le analisi sono state effettuate con una colonna Macherey-Nagel C18 250/4.6 Nucleosil® 100-5, munita di precolonna, usando come eluenti acetonitrile (A) e una soluzione acquosa di acido o-fosforico allo 0.1% (B). L'eluizione

Page 30: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

28 Pacifici S. et al.

in gradiente è stata programmata come segue: 0.0-0.4 minuti, B 95%; 0.4-0.5 minuti, B 95-85%; 0.5-10 minuti, B 85-80%; 10-20 minuti, B 80-60%; 20-21 minuti, B 60-5%; 21-25 minuti, B 5%; 25-26 minuti, B 5-95%; 26-30 minuti, B 95%.

Altre condizioni cromatografiche erano le seguenti: flusso 1 ml min-1, lunghezza d'onda 325 nm, volume di iniezione 20 µL, temperatura ambiente (29°C). I cromatogrammi inoltre sono stati registrati a 280, a 300 e a 350 nm. I derivati dell’acido caffeico sono stati identificati per confronto dei tempi di ritenzione con quelli di standard analitici e quantificati per integrazione dell’area dei picchi, sulla base di opportune rette di calibrazione. La riproducibilità della procedura analitica è stata verificata preventivamente determinando la variabilità intra-campione in aliquote diverse di un campione misto, costituito da 16 piante. Ciascuna analisi è stata eseguita in triplicato. Il coefficiente di variazione è stato inferiore al 10-15%. I dati riportati sono i valori medi (± deviazione standard) di 4 replicati, ciascuno costituito da una pianta.

Risultati e discussione L'emergenza è stata molto rapida, omogenea ed abbondante (76%).

La raccolta è avvenuta 20 settimane dopo la semina, e seppure le piante fossero coetanee, alcune erano in fase vegetativa (52%) ed altre già in fase riproduttiva (48%). Queste ultime, infatti, avevano sviluppato mediamente uno stelo fiorale, lungo circa 30 cm, su cui erano inserite sia le foglie sessili che il capolino in piena fioritura. Alla raccolta si osservava una densità di circa 93 piante m-2. In tabella 1 sono riassunti i valori di biomassa prodotta per entrambi gli stadi di sviluppo. La produzione della sostanza secca (DW) era significativamente più alta nelle piante raccolte allo stadio riproduttivo, circa 4 volte quella delle piante allo stadio vegetativo. La maggior parte di biomassa secca era costituita dalle foglie della rosetta o dalle infiorescenze per lo stadio vegetativo e riproduttivo rispettivamente. Tuttavia, la percentuale della sostanza secca era approssimativamente costante (14%), con il rapporto radice/parte

Page 31: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 29

aerea maggiore per la fase vegetativa (fase vegetativa 32 ± 13%; fase riproduttiva 12 ± 8%).

Tabella 1. Biomassa secca (g pianta-1) e rapporto tra sostanza secca (DW) e fresca (FW) determinati in piante di E. angustifolia allevate in un sistema di coltivazione fuori suolo (floating raft system). Densità di trapianto: 122 piante m-2; densità di raccolta 93.1 piante m-2; durata intero ciclo: 20 settimane. I valori riportati sono valori medi (± deviazione standard) per 4 repliche (ogni replica equivale ad un organo di una singola pianta). Fase vegetativa Fase riproduttiva Foglie 2.50 ± 1.33 1.47 ± 0.92 Foglie DW/FW 0.14 ± 0.02 0.12 ± 0.02 Stelo fiorale - 10.31 ± 4.30 Stelo fiorale DW/FW - 0.16 ± 0.03 Radici 0.74 ± 0.31 1.53 ± 1.42 Radici DW/FW 0.12 ± 0.02 0.13 ± 0.02 Biomassa totale 3.24 ± 1.59 13.32 ± 2.43 Radici/parte aerea 0.32 ± 0.13 0.12 ± 0.08

In letteratura sono riportate produzioni di biomassa molto variabili

per le piante coltivate in pieno campo in relazione alla fase di sviluppo (Aiello et al., 2002b) e ancor più all'età della pianta (Aiello, 2002; Aiello et al., 2002a; Li e Wardle, 2001). Le rese medie totali riportate variano tra 20 e 45 g DW pianta-1 (Bomme e Nast, 1998; Aiello et al., 2002a; Aiello et al., 2002b), di cui 5-10 g DW pianta-1 sono rappresentati dalle radici (es. Bomme e Nast, 1998; Aiello et al., 2002a; Aiello et al., 2002b). La percentuale di sostanza secca varia dal 22 al 28% per l’intera pianta e dal 30 al 40% per le radici (Aiello et al., 2002a; Aiello et al., 2002b). Quindi in una coltura tradizionale, considerando un investimento medio di 8 piante m-2, è possibile ottenere da 0.16 a 0.36 kg m-2 in tre anni di coltivazione, mentre nel

Page 32: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

30 Pacifici S. et al.

nostro esperimento, con un sistema di allevamento artificiale, è stato possibile ottenere in sole 20 settimane da 0.30 a 1.24 kg m-2 di biomassa secca totale. Determinazione dei metaboliti

Nei campioni analizzati solo quattro dei composti studiati erano

presenti in quantità significative in tutti gli organi (acido clorogenico, echinacoside, cinarina ed acido cicorico), mentre acido caffeico, acido p-cumarico e acido ferulico erano presenti solo nei capolini. Al contrario, sia questi tre composti sia l’acido caftarico non erano rilevabili negli altri organi o non erano accuratamente misurabili; infatti, se presenti, erano contenuti negli estratti in quantità inferiori a 1 mg L-1 (Tab. 2). Nelle piante campionate sono state osservate grandi differenze nel contenuto di principi attivi tra la parte ipogea e la parte epigea a parità di stadio fenologico: la concentrazione maggiore si osservava di solito nelle radici per tutti i metaboliti, in accordo con quanto riportato anche in letteratura (es. Kabganian et al., 2002). La concentrazione dei metaboliti in organi analoghi non risultava particolarmente influenzata dallo stadio fenologico della pianta ad eccezione dell’echinacoside. Non si osservavano variazioni statisticamente significative tra i metaboliti totali contenuti nelle foglie basali (2665 ± 499 µg g-1 DW in piante vegetative e 2249 ± 134 µg g-1

DW in piante fiorite) mentre si rilevavano differenze a carico delle radici (6757 ± 815 µg g-1 DW in piante vegetative e 4741 ± 727 µg g-1

DW in piante fiorite). In media si osservava una maggiore resa finale di metaboliti secondari in piante allo stadio riproduttivo in virtù della maggiore biomassa prodotta. L’intervallo di concentrazione rilevato per l’echinacoside era piuttosto ampio: 0.18-0.24% nella parte aerea e 0.22-0.41% nelle radici. Anche in letteratura è riportata un’ampia variabilità sia della radice (0.16-1.30%) che dell’apparato aereo (0.1-1.0%) di questo metabolita (Kabganian at al. 2002, Li e Wardle, 2001; Aiello, 2002). Un’eccezione è rappresentata dal lavoro di Berti et al. (2002) che hanno rilevato quantità di echinacoside nelle radici di E. angustifolia fino al 2.00%.

Page 33: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 31

Tabella 2. Concentrazione di alcuni metaboliti secondari (µg g-1DW) determinati in piante di E. angustifolia allevate in idroponica (floating system). I valori riportati sono valori medi (± deviazione standard) per 4 repliche (ogni replica equivale ad un organo di una singola pianta).

Metabolita Parte di pianta Fase vegetativa

Fase riproduttiva

Foglie n.d. 140 ± 54 Radici 414 ± 114 447 ± 49 Foglie su infiorescenza 111 ± 52

Acido Clorogenico

Stelo fiorale e capolino 125 ± 33 Foglie 2440 ± 494 1789 ± 111 Radici 4091 ± 620 2234 ± 595 Foglie su infiorescenza 2063 ± 159 Echinacoside

Stelo fiorale e capolino 1815 ± 306 Foglie n.d. n.d. Radici n.d. n.d. Foglie su infiorescenza n.d. Acido caffeico

Stelo fiorale e capolino 243 ± 55 Foglie 57 ± 29 n.d. Radici 1661 ± 463 1032 ± 290 Foglie su infiorescenza 56 ± 11 Cinarina

Stelo fiorale e capolino 485 ± 60 Foglie n.d. n.d. Radici n.d. n.d. Foglie su infiorescenza n.d.

Acido p-cumarico

Stelo fiorale e capolino 703 ± 156 Foglie n.d. n.d. Radici n.d. n.d. Foglie su infiorescenza n.d. Acido ferulico

Stelo fiorale e capolino 212 28 Foglie 167 ± 57 320 ± 52 Radici 592 ± 229 1028 ± 295 Foglie su infiorescenza 105 ± 36 Acido Cicorico

Stelo fiorale e capolino 876 ± 265 Foglie 2665 ± 499 2249 ± 134 Radici 6757 ± 815 4741 ± 727 Foglie dell’infiorescenza 2335 ± 171

Concentrazione totale dei metaboliti

rilevati Stelo fiorale e capolino 4460 ± 444

Page 34: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

32 Pacifici S. et al.

Anche tra i diversi organi si osserva un’ampia variabilità di concentrazioni, infatti, Kabganian et al. (2002) hanno rilevato che l’echinacoside nelle radici di piante coltivate in pieno campo era 17 volte più concentrato che nelle infiorescenze, e 13 volte più concentrato che nelle foglie.

Parimenti anche la cinarina era rilevata in quantità variabili (0-0.9%) nei differenti organi (Kabganian et al., 2002), mentre nel nostro esperimento questo metabolita variava da 0 a 0.17%. L’acido clorogenico rilevato nelle radici delle piante cresciute in idroponica raggiungeva la concentrazione massima dello 0.04%, mentre in letteratura sono state riscontrate concentrazioni fino a 0.17% (Li e Wardle, 2001, Pellati et al., 2005). Al contrario l’acido cicorico, che in letteratura è riportato solo in tracce nelle radici di E. angustifolia (Li e Wardle, 2001; Aiello, 2002, Pellati et al., 2005), nei nostri campioni era presente in quantità che variavano dallo 0.06 allo 0.10%. Le piante cresciute in idroponica sono state confrontate con tre campioni commerciali di radice di E. angustifolia ed uno di radici di E. purpurea considerando solo l’echinacoside e l’acido cicorico come marker della qualità dei tessuti, per la loro presenza rilevante in tutti i campioni. I risultati riportati in tabella 3 mostrano che l’echinacoside era il metabolita maggiormente presente anche se con un’ampia variabilità tra i campioni commerciali (0.14-0.76%).

Tabella 3. Contenuto di echinacoside, acido cicorico e metaboliti totali in radici reperibili in commercio di E. angustifolia (E.a. 1, 2, 3) e di E. purpurea (E.p.). Metabolita E.a. 1 E.a. 2 E.a. 3 E.p. Echinacoside 1429 ± 118 1610 ± 83 7627 ± 209 4382 ± 238 Ac. Cicorico 215 ± 86 263 ± 47 236 ± 4 292 ± 5

Page 35: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 33

Conclusioni Dal nostro esperimento è stato possibile ottenere quantità molto

elevate di biomassa di E. angustifolia coltivata in idroponica, la cui caratterizzazione chimica dei derivati dell’acido caffeico ne ha messo in evidenza la buona qualità dei tessuti, pur non essendo stato utilizzato un protocollo di estrazione precedentemente ottimizzato. Le rese hanno mostrato che questo sistema produttivo è più efficiente rispetto alla coltivazione tradizionale in pieno campo anche per questa specie. Durante questo studio non è stata fatta una valutazione economica della coltura fuori suolo dell’E. angustifolia, che può senza dubbio rappresentare il punto di partenza per lavori futuri. Infatti la potenzialità della coltivazione in floating raft system è data oltre che dall’elevata resa anche dalla brevità della durata di ogni ciclo. È possibile stimare infatti di poter effettuare almeno due cicli in un anno, mentre le piante coltivate in pieno campo vengono generalmente raccolte al secondo o terzo anno di età.

Poiché mediamente la concentrazione di metaboliti è risultata poco influenzata dallo stadio di sviluppo della pianta, la fase riproduttiva si è mostrata maggiormente efficiente in termini di biomassa prodotta. Dal momento che le piante passano dallo stadio vegetativo allo stadio riproduttivo in un breve periodo (pochi giorni) è preferibile attendere il picco massimo di fioritura per effettuare la raccolta.

Bibliografia 1. Aiello, N., Bezzi, A. 1999. La coltivazione delle echinacee

destinate alla fitoterapia. Erboristeria domani. 6: 57-68. 2. Aiello, N. 2002. Le echinacee coltivate per uso medicinale.

ISAFA comunicazioni di ricerca. 1: 5-13. 3. Aiello, N., Scartezzini, F., Vender, C., Albasini, A., 2002a.

Influenza della durata della coltura e dell’epoca della raccolta sulla resa e sulla qualità di specie diverse di echinacea (E. angustifolia DC. Var. angustifolia, E. pallida (Nutt.) Nutt. ed E. purpurea (L.) Moench). ISAFA comunicazioni di ricerca. 1: 15-28.

Page 36: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

34 Pacifici S. et al.

4. Aiello, N., Scartezzini, F., Vender, C., Albasini, A.,2002b. Resa e qualità delle radici di diverse provenienze di Echinacea angustifolia DC. Var. angustifolia. ISAFA comunicazioni di ricerca, 1, 37-43.

5. Bauer, R., Wagner, H. 1991. Echinacea species as potential immunostimulatory drugs. In H. Wagner and Farnsworth N.R., (Eds.), Economic and Medicinal Plant Resource, Vol. 5 Acadmic Press, London. pp. 253-321.

6. Berti, M., Wilckens, R., Fischer, S., Hevia, F. 2002. Effect of harvest season, nitrogen, phosphorus and potassium on root yield, echinacoside and alkylamides in Echinacea angustifolia L. in Chile. Acta Horticulturae 576: 303-10.

7. Bomme, U.J., Nast, D.B. 1998. Nährstoffentzung und ordnungsgemäße Düngung im Feldanbau von Heil- und Gewürzpflanzen. Zeitschrift für Arznei- & Gewürzpflanzen. 3: 82-90.

8. Briskin, D.P., 2000. Medicinal plants and phytomedicines. Linking plant biochemistry and physiology to human health. Plant Physiology. 124: 507-514.

9. Dorais, M., Papadopoulos, A. P., Luo, X., Leonhart, S., Gosselin, A., Pedneault, K., Angers, P., Gaudreau, L. 2001. Soilless greenhouse production of medicinal plants in North Eastern Canada. Acta Hort. 554:297-303.

10. Gontier, E., Clement, A., Tran, T.L.M., Gravot, A., Lievre, K., Guckert, A., Bourgaud, F. 2002. Hydroponic combined with natural or forced root permeabilization: a promising technique for plant secondary metabolite production. Plant Science.163(4): 723-732.

11. Hill, N., Stam, C., vanHaselen, R.A. 1996. The efficacy of prikweg R. gel in the treatment of insect bites: A double-blind, placebo controlled clinical trial. Pharmacy World Sci.18:35-41

12. Kabganian, R., Carrier, D.J., Rose, P.A., Abrams, S.R., Sokhansanj, S. 2002. Localization of ALKAMIDES, echinacoside and Cynarin with Echinacea angustfolia. Journal of Herbs, Spices & Medicinal Plants. 10(2): 73-81

13. ISAFA. Echinacee (Echinacea angustifolia DC. Var. angustifolia, E. palida Nutt., E purpurea (L.) Moench). Scheda tecnica a cura di

Page 37: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 35

Aiello N. e Bezzi A. http://www.pianteofficinali.org/main/Schede/Echinacee.pdf

14. Letchamo, W., Polydeonny, L.V., Gladisheva, N.O., Arnason, T.J., Livassy, J., Awang, D.V.C. 2002. Factors affecting Echinacea qualità. In Trends in new crops nd new uses. Janick J.and Whipkey A. (Eds.), ASHS Press, Alexandria, VA, pp. 514-521

15. Li, T.S.C., Wardle, D.A. 2001. Effects of root drying temperature and moisture content on the levels of active ingredients in Echinacea roots. Journal of Herbs, Spices & Medicinal Plants. 8(1): 15-22

16. Li, T.S.C. 1998. Echinacea cultivation and medicinal value. Hort technology 8:122-129

17. Li, T.S.C., Mazza, G. 1999. Correlations between leaf and soil mineral concentrations and ginsenoside contents in American Ginseng. HortScience. 34: 85-87.

18. Lloyd, J. U. 1904. History of Echinacea angustifolia. Pharm. Rev. 22(1): 1-14

19. Luo, X. B, Chen, B., Yao, S. Z., Zeng, J. G. 2003. Simultaneous analysis of caffeic acid derivatives and alkamides in roots and extracts of Echinacea purpurea by high-performance liquid chromatography - photodiode array detection - electrospray mass spectrometry. Journal of Chromatography A, 986: 73-81.

20. Macchia, M., Angelici, L.C., Ceccarini, L. 2001. Methods to overcome seed dormancy in Echinacea angustifolia DC. Scientia Horticulturae. 89:317-324.

21. Nicola, S., Hoeberechts, J., Fontana, E. 2005. Comparison between traditional and soilless culture systems to produce rocket (Eruca sativa) with low nitrate content. Acta Hort. (ISHS) 697:549-555

22. Pardossi, A., Malorgio F., Incrocci, L., Tognoni, F. 2006. Hydroponic technologies for greenhouse crops. In: Ramdane Dris (Ed.). Crops: quality, growth and biotechnology WFL Publisher Helsinky. pp. 360-378

23. Parnharm, M.J. 1996. Benefit-risk assessment of the squeezed sap of the purple coneflower (Echionacea purpurea) for long-term oral immunostimulation. Phitomedicine 3:95-102.

Page 38: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

36 Pacifici S. et al.

24. Pellati, F., Benvenuti, S., Melegari, M., Lasseigne, T. 2005. Variability in the composition of anti-oxidant compounds in Echinacea Species by HPLC. Phytochemical Analisis. 16: 77-85.

25. Perry, N.B., Burgess, E.J., Glennie, V.L. 2001. Echinacea standardization: analytical methods for phenolics compounds and typical levels in medicinal species. J. Agr. Food Chem. 49: 1702-1706

26. Qu, L., Chen, Y., Wang, X., Scalzo, R., Davis, M.J. 2005. Patteners of variation in alkamides and cichoric acid in roots and aboveground parts of Echinacea purpurea (L.) Moench. Hort Science 40(5):1239-1242.

27. Zobayed, S.M.A., Saxena P.K. 2004. Production of St. John’s wort plants under controlled environment for maximizing biomass and secondary metabolites. In Vitro Cell. Dev. Biol. Plant 40:108-114.

Page 39: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

37

Adattabilità dell’Echinacea angustifolia alla coltivazione in fuori-suolo ed accumulo di molecole biofunzionali in

risposta allo stress osmotico

Raimondi G.P.1, Cirillo F.C.1, Fogliano V.2, Maggio A.1

1 Dipartimento di Ingegneria Agraria ed Agronomia del Territorio, Università di Napoli Federico II, Portici, Napoli 2 Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università di Napoli Federico II, Portici, Napoli E-mail: [email protected]

Riassunto In questo studio abbiamo valutato l’adattabilità dell’Echinacea

angustifolia alla coltivazione in fuori-suolo e la possibilità di modulare l’espansione radicale e la sintesi di metaboliti ad alto valore aggiunto, attraverso l’imposizione di un moderato stress osmotico. Vengono inoltre riportati risultati preliminari sulla stima della tolleranza di questa specie allo stress osmotico tramite termografia ad infrarosso. Benché le condizioni di stress imposte non abbiano stimolato la crescita degli apparati radicali, hanno individuato risposte di adattamento a condizioni ipo- ed iper-osmotiche che potrebbero interferire con pathway di sintesi di molecole biofunzionali.

Abstract In this paper we report on the adaptability of Echinacea

angustifolia to soil-less cultivation. We specifically considered the advantages of soil-less systems for improving root growth and accumulation of functional metabolites upon exposure to a moderate and controlled osmotic stress. We also report preliminary results on the assessment of osmotic stress tolerance of this species using infrared thermo imaging analysis. Although we did not find stress

Page 40: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

38 Raimondi G. P. et al.

conditions able to stimulate root growth, we identified adaptation responses to iper- and ipo-osmotic conditions that may most likely interfere with metabolic pathways leading to the accumulation of bio-functional molecules.

Introduzione Nell’ambito delle piante officinali, si riconoscono al genere

Echinacea proprietà medicinali antinfiammatorie, immunostimolanti, cicatrizzanti, antivirali, antifungine ed antibatteriche. In virtù di queste caratteristiche, le preparazioni contenenti estratti di Echinacea sono tra le più vendute nel mondo. Le molecole di interesse farmaceutico estraibili da Echinacea si accumulano generalmente negli apparati radicali. La coltura dell’Echinacea si effettua tradizionalmente in pieno campo (Li, 1998), tuttavia la coltivazione in fuori suolo potrebbe aprire prospettive interessanti in relazione alla possibilità di ottenere un prodotto di qualità superiore sia dal punto di vista igienico sanitario che del contenuto in molecole biofunzionali. E’ stato documentato che un moderato stress idrico e/o salino tipicamente attiva una serie di risposte di adattamento nella pianta tra cui la biosintesi di metaboliti dello stress, molti dei quali presentano proprietà farmacologiche e biofunzionali, nonché variazioni del rapporto chioma/radice a favore di quest’ultima (De Pascale et al., 2001). In base a queste considerazioni, abbiamo valutato l’adattabilità dell’Echinacea angustifolia alla coltivazione in fuori-suolo e la possibilità di modulare sia l’espansione radicale che la sintesi di metaboliti ad alto valore aggiunto, attraverso l’imposizione di un moderato stress osmotico. Inoltre, per individuare margini di risposta allo stress entro cui l’induzione di vie biosintetiche di specifici metaboliti non penalizzasse eccessivamente la produzione di biomassa radicale, abbiamo caratterizzato, in via preliminare, la tolleranza di questa specie allo stress osmotico tramite termografia ad infrarosso.

Page 41: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 39

Materiali e Metodi

Condizioni colturali

L’effetto di un moderato stress osmotico sulla risposta produttiva e fisiologica di Echinacea angustifolia è stato valutato in due esperimenti indipendenti condotti nel campo sperimentale dell’Università di Napoli Federico II situato in Portici (40° 51’ N, 14° 34’E), in una serra coperta con rete ombreggiante al 60%. I semi di Echinacea angustifolia sono stati fatti germinare in substrato di sabbia e torba (1:1) in contenitori di polistirolo da un’azienda vivaistica specializzata che ha fornito le piantine allo stadio di 2 foglioline. perlite collocati in vasche di m 2.0 x 2.0 x 0.30 (50 vasi utili per vasca). Le piante sono state successivamente allevate in coltura idroponica a ciclo chiuso ad una densità di 25 piante m-2. La concentrazione di elementi nella soluzione nutritiva (mmol L-1) era: 13.5 NO3

-, 1.5 NH4+, 1.25 PO4

3-, 8.75,K+, 4.25 Ca2+, 2.0 Mg2+; 3.75

SO42- più microelementi. I trattamenti messi a confronto nei due

esperimenti sono stati: Esperimento I (sale): Testimone (T), 0.125% NaCl p/v (S1), 0.250% NaCl p/v (S2) ; Esperimento II (prolina): Testimone (T), 10 mmol prolina (P1); 20 mmol prolina (P2). I trattamenti sono stati imposti 3 settimane dopo il trapianto. Nell’Esperimento I, è stato aggiunto sale marino alla soluzione nutritiva, per cui le piante sono state esposte alle concentrazioni su indicate fino alla raccolta. Nell’esperimento II sono stati somministrati 0.150 L di una soluzione di prolina a ciascuna pianta, in 2 interventi distanziati di una settimana (25 luglio e 2 agosto). Per ciascun esperimento si è adottato un disegno sperimentale a blocchi randomizzati con due ripetizioni.

Rilievi fisiologici

Il 120 GDT) sono state effettuate tra le 11:00 e le 12:00 misure di conduttanza stomatica e potenziale idrico fogliare sulla foglia espansa più giovane di 6 piante per ciascun trattamento. Il potenziale idrico (Ψt) è stato misurato utilizzando uno psicrometro a punto di rugiada

Page 42: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

40 Raimondi G. P. et al.

(WP4, Decagon Devices, Washington). Il potenziale osmotico (Ψπ) è stato misurato su campioni di foglia congelati/scongelati ed il potenziale idrostatico (Ψp) come differenza tra Ψt e Ψπ assumendo il potenziale matriciale pari a zero. La resistenza stomatica è stata misurata utilizzando un porometro a diffusione (AP-4, Delta-T Devices, Cambridge). L’attività antiossidante ed il contenuto di fenoli totali sono stati determinati secondo quanto descritto rispettivamente in De Pascale et al., 2001 e Singleton e Rossi, 1965.

Rilievi biometrici Alla raccolta, avvenuta il 28 agosto (125 GDT) sono state misurate la biomassa totale, peso fresco e peso secco delle radici, superficie fogliare e numero di foglie. La superficie fogliare è stata determinata utilizzando il misuratore d’area fogliare Li-Cor 3000 (Li-Cor, Lincoln, NE-USA). Il peso secco di foglie e radici è stato determinato dopo disidratazione a 60 °C.

Imaging termico e visivo per il monitoraggio precoce dello stress.

Per verificare la possibilità di effettuare un monitoraggio precoce di sintomi di stress quale supporto all’individuazione di condizioni ottimali per l’induzione e l’accumulo di molecole biofunzionali, sono state effettuate misure con termocamera ad infrarossi (FLIR Systems) sia sulla coltura sottoposta a trattamento con prolina che a quella esposta a stress da NaCl. Tre piante per ciascun trattamento sono state monitorate in continuo dall’imposizione dello stress per una durata di 3 ore.

Risultati e discussione Il trattamento con prolina ha determinato una significativa

riduzione della resistenza stomatica (Fig. 1A). L’aumento della traspirazione in queste piante non ha comportato modifiche del loro

Page 43: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 41

potenziale idrico che è risultato simile nei trattamenti messi a confronto (Fig. 2A).

00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

2

0 10 20Prolina (mM)

Res

iste

nza

stom

atic

a (s

ec/c

m)

00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

2

0 0,125NaCl (%)

Resis

tenz

a st

omat

ica (s

ec/c

m)

a

a

b b

b

A

B

Figura 1. Resistenza stomatica in risposta al trattamento con prolina (A) e salino (B).

Page 44: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

42 Raimondi G. P. et al.

Tuttavia la maggiore apertura stomatica riscontrata nelle piante P1 e P2 non si è tradotta in un maggiore sviluppo generale delle piante.

-3,8-3,3-2,8-2,3-1,8-1,3-0,8-0,30,20,71,2

Prolina (mM)

Pote

nzia

le id

rico

(MPa

)

010

20

A

Ψt

Ψp

a a aa a a

a a a

-3,8-3,3-2,8-2,3-1,8-1,3-0,8-0,30,20,71,2

NaCl (%)

Pote

nzia

le id

rico

(MPa

)

00,1250,25

Ψt Ψπ

Ψp

a

c b a

bc

a b cB

Ψπ

Figura 2. Potenziale idrico in risposta al trattamento con prolina (A) e NaCl (B). Nell’ambito di Ψt,Ψπ e Ψp, lettere differenti indicano differenze significative per P<0.05.

I parametri biometrici sono risultati simili tra i trattamenti, ad

eccezione della percentuale di sostanza secca delle radici che è

Page 45: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 43

aumentata significativamente nelle piante irrigate con prolina (Tab. 1). L’irrigazione salina ha comportato un significativo aumento della resistenza stomatica (Fig. 1B) e l’insorgenza di sintomi di stress che si sono manifestati sia a livello di potenziale idrico fogliare (Fig. 2B) che di crescita generale della pianta.

Le piante di Echinacea hanno mostrato un’elevata sensibilità al trattamento con 0.250% NaCl, tale che non ci ha consentito di raccogliere un campione rappresentativo per le successive analisi.

Tabella 1. Risposta dei parametri biometrici al trattamento con prolina. Lettere differenti indicano differenze significative per P<0.05. Prolina (mM)

Foglie

(n)

Area fogliare (cm2)

PF foglie

(g)

PF radici

(g)

SS foglie (%)

SS radici

(%) 0 8.4 75.1 5.51 10.73 21.8 21.8 b 10 10.0 77.7 5.07 8.81 19.3 25.8 a 20 9.7 82.5 4.70 7.96 18.3 23.7 ab Relativamente alla concentrazione più bassa testata (0.125 %

NaCl), le piante hanno manifestato una significativa riduzione dello sviluppo della parte aerea e radicale e, tendenzialmente, un aumento della percentuale di sostanza secca delle radici (Tab. 2).

Tabella 2. Risposta dei parametri biometrici al trattamento salino (n.s.=non significativo; * significativo a P<0.05)

Foglie (n)

PF foglie (g)

PF radici (g)

SS foglie (%)

SS radici (%)

Controllo 8.6 5.40 10.34 18.0 20.1 0.125 % NaCl 9.1 4.70 7.45 20.0 21.2

n.s * * n.s. n.s. I valori di termografia (Fig. 3) sono risultati in generale in linea con

quelli di conduttanza stomatica ed hanno rivelato l’attendibilità di

Page 46: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

44 Raimondi G. P. et al.

questa strumentazione per un monitoraggio precoce di sintomi di stress.

Il trattamento con i due agenti osmotici considerati (prolina e NaCl) non si è tradotto in uno stimolo dello sviluppo radicale, tuttavia ha attivato risposte fisiologiche sintomatiche di un adattamento allo stress ipo- (prolina) ed iper- (NaCl) osmotico.

25

28

31

34

37

40

10.04 10.33 11.02 11.31 12.00 12.28 12.57 13.26

Tempo (h)

Tem

pera

tura

fogl

iare

(°C

)

T

S1

S2

3031323334353637383940

10.04 10.33 11.02 11.31 12.00 12.28 12.57 13.26

Tempo (h)

Tem

pera

tura

fogl

iare

(°C

)

T

P1P2

A

B

Figura 3. Temperatura fogliare in risposta al trattamento con NaCl (A) e prolina (B)

Page 47: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia 45

Risultati preliminari indicano che il trattamento con prolina ed un moderato stress salino possono aumentare l’attività antiossidante ed il contenuto di fenoli totali in radici di Echinacea (Tab. 3). Tabella 3. Fenoli totali ed attività antiossidante in risposta al trattamento con prolina e NaCl.

Fenoli totali (Folin) [mg ac. gallico/100g PF]

Att.antiossidante (ABTS) [mmoli trolox/100g PF]

T 34 0.42 S1 45 0.65 P1 41 0.61 P2 36 0.58

Bibliografia 1. De Pascale, S., Maggio, A., Fogliano, V., Ambrosino, P., Ritieni,

A. 2001. Irrigation with saline water improves carotenoids content and antioxidant activity of tomato (Lycopersicon lycopersicum L.). Journal of Horticulture Science and Biotechnology 76: 447-453.

2. Li, T.S.C. 1998. Echinacea: Cultivation and medicinal value. HortTechnology 8: 122–129.

3. Singleton, V.L., Rossi, V.A., 1965. Colorimetry of total phenolics with phospho-molybdic-phosphotungstic acid reagents. American J. Enol. Vitic. 16: 144-158.

Page 48: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 49: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

47

Influenza della nutrizione azotata sulla crescita e metabolismo secondario di Achillea millefolium ssp Collina

becker allevata in idroponica. Giorgi A., Licheri G.L. Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano, Milano. E-mail: [email protected] Riassunto

Gli studi sull’influenza della nutrizione minerale sul metabolismo secondario e la produzione di biomassa possono consentire di migliorare la resa quali-quantitativa delle colture officinali. E’ noto che la sintesi di metaboliti secondari è influenzata sia da fattori ambientali sia dalle tecniche agronomiche applicate nella coltivazione. A conferma di ciò, recenti studi su Achillea millefolium ssp. collina Becker allevata in differenti località alpine e con diversi sistemi agronomici mostrano significative variazioni concernenti la crescita e la composizione chimica (Blois, 1958). Inoltre, lavori sulla nutrizione minerale di Hypericum perforatum L. evidenziano una correlazione tra dosi crescenti di azoto e livelli di ipericina presenti nella droga (Briskin et al., 2000). Al fine di approfondire le relazioni esistenti tra nutrizione azotata, crescita e produzione di metaboliti secondari in Achillea millefolium L. ssp collina, sono state condotte prove sperimentali di coltivazione idroponica, utilizzando una soluzione nutritiva a differenti concentrazioni di azoto pari a 1 mM e 0.1 mM, in ambiente controllato (T 25°C, UR 60% e 18 h fotoperiodo). Le piante cresciute al livello di azoto minore, confrontate con il controllo, hanno mostrato accrescimenti dei germogli significativamente inferiori in termini di numero (-38%), peso fresco (-51% ), peso secco (-70%), oltre a presentare una riduzione del rapporto germogli/radici (-67%). Nessuna differenza significativa è emersa relativamente al contenuto in camazulene, uno dei parametri di riferimento della qualità della

Page 50: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

48 Giorgi A. e Licheri G. L.

droga. Contrariamente, i livelli di altre sostanze di origine terpenica, di fenoli e di attività antiossidante erano più elevati nelle piante allevate a livelli di azoto più bassi rispetto al controllo.

Abstract The studies on the effect of mineral nutrition on Herbs’ secondary

metabolism and yield could lead to an improvement of the production of these plants in industrialised countries, where high quality products are required. It is known that the synthesis of secondary chemicals is affected both by environmental and agronomic conditions. Yarrow cultivated in different climatic localities in Alpine areas with different agronomic techniques, showed significative differences concerning growth and chemicals composition (Blois, 1958). Furthermore, studies on mineral nutrition of H. perforatum showed the relationship between nitrogen supply and hypericin content (Briskin et al., 2000). To study the effect of nitrogen nutrition on Yarrow, we made a trial on Achillea millefolium L. ssp collina grown in nutritive solutions with different nitrogen (N) supplies, 1mM (Control) and 0.1mM (N0.1) in greenhouse (T 25°C, RH 60% and 18 h photoperiod). The plants grown on low level of N, compared to the ones grown on higher level, showed a significative decrease of number of shoots (-38%), fresh weight of shoots (-51% ), dry weight of shoots (-70%) and shoots/roots ratio (-67%). No differences emerged on content of chamazulene, one of the markers of quality of the drug. At the opposite the level of other terpenic substance, phenolics and antioxidant properties were higher in plant supplied with low N compared to the control. Introduzione

La crescita del mercato dei prodotti erboristici e salutistici derivati da piante officinali pone l’attenzione sulla possibilità di implementare la produzione nazionale di tali specie, soprattutto in aree marginali quali quelle collinari e montane, ricche di flora officinale spontanea e

Page 51: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium 49

caratterizzate da condizioni pedoclimatiche spesso favorevoli a produzioni competitive da un punto di vista qualitativo. In particolare, poiché la qualità di queste produzioni è condizionata dalla concentrazione dei principi attivi nella droga, lo studio dei fattori che modulano la sintesi e accumulo di tali sostanze è essenziale quando si cerca di migliorarne (incrementare o rendere costante) il contenuto.

Indagini in questo ambito si stanno conducendo nel progetto: “Sviluppo delle produzioni di erbe officinali di elevato valore qualitativo e salutistico nell’area alpina” (P.I.C. INTERREG III A Italia-Svizzera con misura di finanziamento “1.1: Sostegno allo sviluppo delle aree rurali”), il cui obiettivo è l’ individuazione delle strategie di miglioramento e sviluppo delle produzioni di piante officinali con metodi compatibili con l’ambiente, determinandone gli aspetti qualitativi sulla base di criteri tradizionali e innovativi.

Gli studi sull’influenza della nutrizione minerale sul metabolismo secondario e la produzione di biomassa possono consentire di migliorare la resa quali-quantitativa delle colture officinali. Gli elementi nutritivi, infatti, influenzano direttamente la crescita, lo sviluppo e il metabolismo delle piante. E’ noto che la sintesi di metaboliti secondari è influenzata sia da fattori ambientali sia dalle tecniche agronomiche applicate nella coltivazione. A conferma di ciò, recenti studi su Achillea millefolium ssp. collina Becker allevata in differenti località alpine e con diversi sistemi agronomici mostrano significative variazioni concernenti la crescita e la composizione chimica (Giorgi et al., 2005). Inoltre, lavori sulla nutrizione minerale di Hypericum perforatum L. evidenziano una correlazione tra dosi crescenti di azoto e livelli di ipericina presenti nella droga (Briskin et al., 2000).

In questo lavoro, al fine di indagare l’influenza della nutrizione azotata sulla produttività di Achillea millefolium L. ssp. collina Becker, è stato messo a punto un sistema di allevamento in coltura idroponica che ha consentito di porre a confronto crescita, sviluppo e produzione di metaboliti secondari in condizioni ottimali e in carenza azotata. Sono stati valutati i livelli dei terpeni caratterizzanti la qualità della droga derivante da questa specie e si è provveduto alla determinazione del contenuto di polifenoli e alla capacità

Page 52: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

50 Giorgi A. e Licheri G. L.

antiossidante degli estratti, informazioni queste ultime potenzialmente utili alla determinazione di ulteriori proprietà possedute da achillea. Materiali e metodi

Le piante di Achillea millefolium ssp collina Becker, ottenute mediante semina su cilindri di lana di roccia (Grodan), raggiunta un’altezza media di 15 cm e un numero di foglie medio pari a 4, sono state trasferite in serra (temperatura di 25°C, fotoperiodo di 18/6 luce/buio e U.R. del 60%). Dopo un periodo di adattamento di 10 giorni, sono state allestite prove preliminari di allevamento in idroponica somministrando una soluzione nutritiva (Tab. 1) la cui concentrazione azotata variava come segue: 1 mM (controllo); 0,1 mM (N0.1); 0,01 mM (N0.01), 0,001 mM (N0.001) e 0 mM (N0), al fine di individuare la condizione di carenza azotata che, pur influenzando la crescita della pianta, non ne compromettesse eccessivamente lo sviluppo. Si è dunque provveduto a porre a confronto la condizione di nutrizione azotata ottimale pari a 1 mM (controllo) con quella carente di azoto, pari a 0.1 mM (N0.1).

Dopo 90 giorni, si sono rilevati il numero, il peso fresco ed il peso secco dei germogli. Inoltre, campioni di germogli del peso 2-3 g essiccati a 35° C per 48 ore sono stati estratti con 10 ml di alcol etilico 96% per 4 giorni al buio ed alla temperatura di 10°C ed analizzati mediante gas cromatografia/massa per determinarne il contenuto in componenti terpeniche, con particolare riguardo a quelle presenti in quantità superiori al 2% riferito al totale delle medesime estraibili. Ancora, il contenuto di oleoresina dei germogli è stato ottenuto attraverso estrazione con cloruro di metilene (CH2Cl2) per 3 giorni al buio a temperatura ambiente e successiva essiccazione dell’estratto ottenuto fino a peso costante, i risultati sono espressi in % (p/p). La determinazione del livello dei polifenoli è stata effettuata su un campione costituito da circa 0.18 g di foglie fresche estratte con 5 mL di metanolo (MeOH) assoluto per 24 h a T ambiente al buio. L’estratto metanolico è stato filtrato (filtri da siringa 0.45µm) ed analizzato per il contenuto di fenoli totali e potere antiossidante. Il contenuto fenolico è stato determinato mediante saggio

Page 53: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium 51

spettrofotometrico che prevedeva l’utilizzo del reagente il Folin-Ciocalteau, l’acido gallico come fenolo di riferimento e la lettura dell’assorbanza a 765 nm (Singleton, V.L., et al 1965; Trouillas, P., et al 2003).La misurazione del potere antiossidante è stata realizzata mediante un saggio colorimetrico che prevede l’utilizzo del radicale libero stabile 2,2-diphenyl-1-picrylhydrazyl 2,2-difenil-1-picrilidrazile (DPPH) e la lettura dell’assorbanza a 517 nm. I risultati relativi al contenuto in fenoli sono espressi in mg/g di peso fresco, mentre quelli dell’attività antiossidante in termini di 1/IC50 dove l’IC50 è la quantità di estratto in grado di determinare una riduzione dell’assorbanza di una soluzione di DPPH (0.1 mg/mL) del 50%. (Hu Fenglin et al., 2003; Trouillas et al., 2003; Marco, 1968; Blois, 1958).

Tabella 1. Composizione soluzione nutritiva

Risultati e discussione

Lo stress da carenza d’azoto ha determinato significative variazioni nella produzione di biomassa e nel metabolismo secondario di

Elemento Sale Contenuto N Ca (NO3)2 1- 0.1 mM Ca CaSO4 0.6 mM P 0.15 mM K

K2HPO4 K2SO4 0.9 mM

Mg MgSO4 0.3 mM Fe Fe EDTA 14.0 µM B H3BO3 13.8 µM Mn MnSO4 2.7 µM Cu CuSO4 0.24 µM Zn ZnSO4 0.09 µM Mo Na2MoO4 0.03 µM

Page 54: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

52 Giorgi A. e Licheri G. L.

achillea. In particolare si sono rincontrati significativi decrementi di biomassa nel caso della tesi con minore livello di azoto rispetto al controllo in termini di numero dei germogli (-38%), peso fresco e peso secco dei germogli (-51% e -70% rispettivamente) e di rapporto germogli/radici (-67%). A fronte di un minore accrescimento, si osserva invece un incremento delle concentrazioni delle principali componenti terpeniche quali α+β pinene (+132%), sabinene (+195%), β- cariofillene (+84%) germacrene D (+83%), mentre il camazulene, il principio attivo caratterizzante la qualità della droga, non sembra subire significative variazioni, rappresentando mediamente il 18% sul totale delle componenti terpeniche analizzate (Fig. 1). Anche il livello di oleoresina non sembra variare significativamente in risposta ai diversi livelli di azoto disponibile mostrando un valore medio di 1,60 ± 0,18 g/100g di droga essiccata.

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

Te si

N1

N0.1

Figura 1. Livelli di camazulene (%) nella droga ottenuta da achillea allevata in condizioni di nutrizione azotata ottimali (N1= 1mM) e in carenza d’azoto (N0,1= 0,1mM).

Dalle analisi effettuate sul contenuto di fenoli totali nelle foglie

fresche di achillea emerge un significativo incremento di tali composti nelle piante allevate con la concentrazione più bassa di azoto (N0.1) rispetto al controllo (N1). In particolare il livello di fenoli in carenza d’azoto è pari a 8.9±0.1 mg/g equivalente ad un incremento del 100%

Page 55: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium 53

rispetto al valore di 4.2±0.7 riscontrato nel controllo. Inoltre, l’analisi dell’attività antiossidante espressa in termini di 1/IC50 mostra un valore significativamente superiore negli estratti provenienti dalle piante allevate in stress azotato (Fig. 2).

0,0

200,0

400,0

600,0

800,0

1000,0

1200,0

1400,0

1600,0

1800,0

Tesi

1/IC

50 +N

-N

Figura 2. Attività antiossidante dell’estratto di achillea allevata in condizioni ottimali (+N) e carenza d’azoto (-N).

Conclusioni

Dai risultati ottenuti emerge una buona capacità di adattamento di Achillea millefolium ssp. collina Becker alle condizioni di carenza azotata. La risposta della pianta ai bassi livelli di azoto non influenza il contenuto di camazulene, il principio attivo caratterizzante la qualità della droga in achillea. Tale informazione indica la possibilità di coltivare achillea in terreni relativamente poveri di azoto senza per questo influire sui principali parametri qualitativi, seppur a fronte di una resa inferiore. Da queste indagini inoltre si evidenzia come la disponibilità di azoto possa modificare sintesi e accumulo di metaboliti secondari di origine terpenica. Infatti, piante cresciute con

Page 56: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

54 Giorgi A. e Licheri G. L.

un ridotto livello di azoto contengono maggiori quantità di germacrene D, sabinene, cariofillene e α+β pinene. Quest’ultimo fenomeno accade anche nel caso delle sostanze di origine fenolica cui si accompagna un incremento di attività antiossidante dell’estratto, caratteristica potenzialmente interessante per la valorizzazione delle produzioni di piante officinali di elevato valore qualitativo e salutistico.

Bibliografia

1. Blois, MS. 1958. Antioxidant determination by use of a stable radical. Nature 4617: 1198-1200.

2. Briskin, D.P., Leroy, A., Gawienowski, M. 2000. Influence of nitrogen on the production of hypericins by St. John’s wort. Plant Physiology and Biochemistry 38: 413-420.

3. Giorgi, A., Bononi, M., Tateo F., Cocucci M. 2005. Yarrow (Achillea millefolium L.) growth at Different Altitudes in Central Italian Alps: Biomass Yield, Oil Content and Quality. Journal of Herbs, Spices & Medicinal Plants 3: 47-58.

4. Hu, F., Lu, R., Huang, B., Ming, L. 2004. Free radical scavenging actity of extracts prepared from fresh leaves of selected Chinese medicinal plants. Fitoterapia 75:14-23.

5. Marco G.J. 1968. A rapid method for evaluation of antioxidants. J. Am. Oil Chem. Soc. 45: 594-598.

6. Singleton V.L., Rossi J.A. 1965. Colorimetry of total phenolics with phosphomolybdicphosphotungstic acid reagents. Am. J. Enol. Vitic. 16: 144-158.

7. Trouillas P., Calliste C.A., Allais D.P., Simon A., Marfak A., Delage C., Duroux J.L. 2003 Antioxidant, anti-inflammatory and antiproliferative properties of sixteen water plant extracts used in the Limousin countryside as herbal teas. Food Chemistry 80: 399-407.

Page 57: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

55

Dinamica della flora spontanea in colture medicinali gestite con sistemi colturali di tipo biologico

Benvenuti S. Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Università di Pisa, Pisa. E-mail: [email protected]

Riassunto

Sono state effettuate alcune analisi floristiche allo scopo di valutare la dinamica di infestazione di malerbe in colture medicinali in modo da ottimizzare i metodi preventivi per il loro controllo. In particolare, l’obiettivo della sperimentazione è stato quello di stabilire le relazioni esistenti tra le agrotecniche utilizzate e la dinamica delle malerbe. Le prove sono state effettuate in Toscana ed Umbria (Azienda Aboca) dove sono state selezionate 12 colture che differivano fortemente tra loro in termini di gestione agronomica. Preliminarmente è stata effettuata la valutazione dei semi di malerbe presenti nel suolo in modo da verificarne la dinamica di emergenza nelle varie colture. Dopo la valutazione del tasso di emergenza, risultato intorno al 2,5% nelle diverse colture, sono state effettuate delle analisi sull’evoluzione floristica della vegetazione emersa in modo da poter stabilire eventuali relazioni con aspetti agronomici come frequenza di sfalcio della coltura e durata del relativo impianto. All’aumento della frequenza di sfalcio si è assistito ad una diminuzione delle specie in grado di disseminare prima di tale disturbo. Inoltre, tale elevata frequenza di sfalci tende ad aumentare la densità relativa delle graminacee e delle specie a ciclo perenne. E’ stata poi rilevata una certa associazione tra malerbe annuali con colture annuali e tra malerbe perenni con colture perenni. Infine è stata discussa l’importanza dell’implementazione delle conoscenze sulla biologia ed ecologia della flora infestante in quanto ritenute un importante “strumento” nel controllo delle malerbe in sistemi colturali gestiti con metodi “biologici”.

Page 58: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

56 Benvenuti S.

Abstract In order to predict weed dynamics in medicinal crops and

consequently to optimize the preventive methods for weed control in organic agriculture, floristic evaluations were carried out to investigate the relations among the adopted agrotechniques and the consequent weed dynamics. Experiments were carried out in Tuscany and Umbria (Aboca Farm) where 12 different medicinal crops were selected as a function of the respective different agrotechniques. A preliminary seedbank analysis was carried out to investigate the successive weed dynamics in each crop. After the evaluation of the seedbank emergence rate, approximately 2.5 % in the several crops, the evolution of the several phytocenoses were related to some agronomic parameters such as crop cutting frequency and duration of the crop agronomic cycle. At the increasing of the cutting frequency, the long-cycle weed species decreases. In addition, the cutting-frequency increases both grasses and perennial weeds. While annual crops are linked to annual weeds, perennial crops are linked even to perennial weeds. The implementation of the knowledge on weed biology and ecology is discussed and considered as an important “tool” for weed management in organic agricultural systems.

Introduzione La coltivazione in biologico di specie medicinali impone

l’accettazione del concetto di convivenza della coltura con le fitocenosi spontanee (Benvenuti e Macchia, 2003), la cui gestione agronomica risulta comunque essenziale per il raggiungimento di produzioni economicamente sostenibili sia sotto un profilo quantitativo che qualitativo (Maas, 1978). L’interferenza coltura-malerba, sia di tipo competitivo che allelopatico, tende infatti a determinare quel calo di resa che quasi sempre è aggravato dall’indesiderata presenza di residui di malerbe nel prodotto raccolto. Tale presenza, risulta talvolta di particolare dannosità quando essi conferiscano sgradevoli caratteristiche organolettiche al prodotto finito o persino tossicità nei casi in cui le impurezze derivano da

Page 59: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 57

piante tossiche o persino velenose. D’altra parte, la mancanza di metodi non-chimici risolutivi nel controllo dell’infestazione (Bond e Grundy, 2001), vista l’incompatibilità dell’erbicida chimico con i sistemi di coltivazione “biologica”, risulta particolarmente penalizzante. Ciò avviene soprattutto nel caso delle colture medicinali il cui grado di competitività nei confronti delle malerbe risulta solitamente scarso sia in specie di remoto (El-Masry et al., 1995) che di recente “addomesticamento” agronomico (Janke e Carey, 2004). Inoltre, la tipica gestione irrigua delle colture estive nei periodi nei quali la temperatura non risulta affatto limitante, porta ad elevati flussi di emergenza in campo in quanto gran parte della seedbank presente viene stimolata a germinare. Ne consegue che le infestanti risultano il prevalente fattore limitante nella riuscita agronomica delle colture medicinali gestite con metodi biologici. Quali sono quindi gli strumenti agronomici in grado di contrastare efficacemente la dinamica di infestazione? Viene spontaneo pensare subito ad i metodi “curativi” che, in effetti, sono tipicamente effettuati mediante sarchiature, localizzate negli spazi delle interfile, in modo da eliminare meccanicamente la vegetazione indesiderata. Tuttavia, non vengono in questo caso eliminate le malerbe che si sviluppano lungo i filari, che sono tra l’altro quelle che interferiscono maggiormente con la coltura; inoltre non tutte le colture medicinali hanno delle distanze di impianto tali da consentire questi interventi (Benvenuti et al., 2001). Conseguentemente, la mancanza di efficaci interventi di diserbo, impone obbligatoriamente, la necessità di massimizzare i metodi di controllo di tipo preventivo. Tra questi la tecnica della falsa semina risulta di crescente interesse (Benvenuti, 2003), soprattutto nel caso che essa venga “integrata” con altri metodi agronomici utili nel contrastare la dinamica di sviluppo delle malerbe. E’ per questo motivo che risultano di crescente interesse gli studi che hanno come obiettivo la conoscenza e prevedibilità dei fenomeni causa-effetto tra le tecniche agronomiche adottate e la dinamica di infestazione delle varie colture. In altre parole la conoscenza della biologia ed ecologia della flora spontanea può agevolare il compito di ottimizzare al meglio le pratiche agronomiche (avvicendamento, lavorazione del suolo, localizzazione degli input irrigui e nutrizionali, ecc.), in modo da ostacolarne al meglio la dinamica di sviluppo. In pratica, la

Page 60: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

58 Benvenuti S.

conoscenza delle caratteristiche eco-fisiologiche delle varie malerbe diviene uno strumento importante ed utilizzabile per il controllo dell’infestazione. Infatti, se da un lato ogni specie è contraddistinta da particolari adattamenti a situazioni di stress agronomico e/o ecologico essa nasconde quel “tallone di Achille” nella sua dinamica di sopravvivenza nell’agroecosistema, la cui scoperta assume un ruolo di cruciale importanza agronomica. Di particolare interesse risultano le strategie riproduttive sia in termini di germinazione dei semi che di epoche e modalità di disseminazione unitamente alla conoscenza delle potenzialità di propagazione agamica tipica delle specie a ciclo biologico poliennale. L’obiettivo della presente sperimentazione è stato quello di analizzare la dinamica di sviluppo delle fitocenosi infestanti in seguito all’adozione delle tecniche agronomiche connesse alla coltivazione di alcune delle più importanti colture medicinali.

Materiali e Metodi

La sperimentazione è stata effettuata durante il periodo 1998-2002

presso l’Azienda Aboca (43°36’N, 10°20’E), situata in parte in Toscana (Sansepolcro, AR) ed in parte in Umbria (Pistrino, PG), e specializzata nella produzione e trasformazione di colture medicinali con sistemi colturali di tipo biologico. In tale ambiente sono state scelte 12 diverse colture sia in funzione della loro importanza nel settore che per la loro diversificata gestione agronomica, sintetizzata nella tabella 1, in modo da poterne studiare gli effetti sulla dinamica delle fitocenosi spontanee. Su queste colture sono state effettuate delle indagini floristiche in vari periodi dell’anno mediante lanci randomizzati di un telaio metallico di dimensioni note (20 x 30 cm) all’interno del quale erano classificate ed enumerate le piante presenti. A tal fine, sono state delimitate delle parcelle (3 x 5 m) all’interno degli appezzamenti delle varie colture di estensione variabile dagli 0,3 ai 2 ha. Il criterio adottato nella scelta dell’ubicazione delle parcelle è stato quello della randomizzazione completa. Su tali aree, all’inizio della sperimentazione, erano stati preventivamente effettuate delle indagini sulla seedbank presente in modo da verificarne in seguito la relativa dinamica di evoluzione floristica.

Page 61: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 59

Tabella 1. Agrotecnica utilizzata nelle varie colture medicinali selezionate per la sperimentazione.

Agrotecnica Durata ciclo (anni)

Tipologia impianto

Densità impianto (p. m-2)

N. sfalci annuali

Irriga- zione

Grindelia robusta 3-4 Trapianto 4.5 1 Si

Eschsholzia californica 3-4 Semina 7.5 1 Si

Mentha piperita 3-4 Talea 4,5 4 Si

Cynara cardunculus 3-4 Talea 3.2 1 Si

Passiflora incarnata 3-4 Talea 3.8 2 Si

Echinacea pallida 3-4 Trapianto 4.0 1 Si

Filipendula ulmaria 3-4 Trapianto 4.0 1 Si

Marrubium vulgare 3-4 Trapianto 5.5 3 Si

Hypericum perforatum 3-4 Trapianto 9.5 2 Si

Melissa officinalis 3-4 Talea 4.5 3 Si

Matricaria chamomilla 1 Semina 35 1 No

Malva officinalis 1 Semina 25 3 Si

A tal fine sono state prelevate delle carote cilindriche (4 cm

diametro x 10 lunghezza) mediante una sonda metallica. Le tecniche di estrazione dei semi presenti sono state effettuate mediante una

Page 62: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

60 Benvenuti S.

procedura già utilizzata (Benvenuti, 2003). I dati sono stati poi espressi come densità relativa, come tasso di emergenza (plantule emerse/seedbank). Al fine di sintetizzare l’evoluzione floristica delle fitocenosi infestanti sono state effettuate delle regressioni lineari tra alcuni raggruppamenti floristici (specie perenni, graminacee, ecc.) ed alcuni aspetti dell’agrotecnica (frequenza sfalci, periodo del ciclo agronomico della coltura, ecc.). A completamento delle informazioni sulla dinamica delle malerbe presenti si è proceduto ad una stima visiva delle specie in grado di avere dato luogo a disseminazione prima delle operazioni di sfalcio in modo da verificare per quali specie tale operazione pisulta più penalizzante. I dati sono stati quindi sottoposti all’analisi della varianza (A.N.O.V.A.) previa trasformazione angolare nel caso di valori espressi come percentuale.

Risultati e discussione

La tabella 2 illustra uno schema riassuntivo della struttura botanica della seedbank rilevata nelle varie colture all’inizio della sperimentazione. Come si può osservare risultano predominanti le specie appartenenti alla famiglia botanica delle graminacee (15), delle brassicacee (8) e delle asteracee (5). Nel complesso sono state rilevate 81 specie appartenenti a 29 diverse famiglie botaniche. In termini di densità relativa, raggruppate secondo la ormai tradizionale classificazione di Raunkiaer (1934), risultano fortemente più diffuse le specie annuali (terofite, 78% di densità relativa) mentre solamente il 22% risulta in grado di superare vegetativamente l’annualità. Tra queste ultime prevale la categoria delle geofite (15%) come ad esempio Cynodon dactilon, Calystegia sepium, Convolvulus arvensis, Agropyron repens, Cyperus spp. ed Oxalis corniculata. Circa il 7% della seedbank è risultata, inoltre, formata da emicriptofite rappresentate soprattutto da Rumex crispus e da Lolium spp.

Risulta opportuno riportare che tra le sopra citate terofite risultano predominanti Amaranthus retroflexus, Chenopodium album e Portulaca oleracea. Questa seedbank quantitativamente intorno ai 40.000 semi m-2 (dati non mostrati) è risultata in grado di germinare ed emergere nella misura di circa il 2,5% nelle varie colture (Fig. 1).

Page 63: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 61

Tabella 2. Composizione botanica della seedbank rilevata all’inizio della sperimentazione.

Densità relativa % Famiglia

botanica Numero di

specie Terofite Emicriptofite Neofite Amarantacee 3 7 0 0 Apiacee 3 2 2 0 Asteracee 5 7 2 0 Boraginacee 3 2 < 1 0 Brassicacee 8 7 0 0 Caryofillacee 3 5 0 0 Chenopodiacee 1 4 0 0 Convolvolacee 3 3 0 3 Euforbiacee 2 2 0 0 Genzianacee 2 < 1 0 0 Geraniacee 2 2 0 0 Graminacee 15 18 0 8 Lamiacee 3 3 0 0 Malvacee 2 4 2 0 Oxalidacee 1 < 1 0 1 Papaveracee 3 3 0 0 Polygonacee 3 4 0 0 Portulacacee 1 5 0 0 Primulacee 2 2 0 0 Ranuncolacee 3 2 < 1 0 Rubiacee 2 < 1 0 0 Scrufulariacee 3 3 0 0 Solanacee 2 2 0 0 Verbenacee 1 < 1 < 1 0 Altre 5 < 1 0 3 Totale 81 78 7 15

Page 64: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

62 Benvenuti S.

Grindelia robusta

0123456789

10

Media 2.5%

Escholtzia californicaMentha piperita

Cynara cardunculusPassiflora incarnata

Echinacea pallidaFilipendula ulmaria

Marrubium vulgareHypericum perforatum

Melissa officinalis Malva sylvestris

Matricaria chamomilla

Colture

Flor

a em

ersa

/ See

dban

k (%

)

Figura 1. Tasso di emergenza della seedbank nelle varie colture espressa come % delle plantule emerse rispetto ai semi presenti. Le barre verticali = ± SE.

In pratica il 97,5% dei semi resta quiescente o dormiente nel suolo

a conferma che solamente una piccola porzione dei semi interrati nel suolo tende annualmente a germinare. Tale scalarità di germinazione è, infatti, una caratteristica della flora spontanea che in quanto assume una cruciale importanza nel consentire una continua ri-colonizzazione dell’agroecosistema in seguito a quei disturbi agronomici (ad esempio le lavorazioni del suolo) che tendono ad eliminare quasi completamente la vegetazione presente. Mentre i fattori di decadimento della seedbank sono costituiti prevalentemente dalla germinazione dei semi, i fattori di ingresso sono costituiti quasi unicamente dalla disseminazione delle piante presenti. L’eccezione a questa regola è dovuta all’accidentale introduzione di semi di malerbe presenti nella semente utilizzata come tipicamente accade nella coltura di Camomilla (osservazione personale), quasi sempre impiantata con semente “contaminata” da semi di papavero in quanto pressoché inseparabili dagli analogamente piccoli semi della coltura. Comunque, nonostante questa eccezione, è la frequenza di sfalcio della coltura che

Page 65: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 63

risulta fondamentale nel discriminare quantità e composizione botanica della flora disseminata. La figura 2 illustra la contrazione delle specie in grado di disseminare in funzione dell’incremento nella frequenza degli sfalci richiesti dalla coltura.

0 1 2 3 40

20

40

60

80

100

Sfalci annuali (n.)

Flor

a di

ssem

inan

te(%

risp

etto

al t

otal

e)

Figura 2. Relazione tra frequenza di sfalcio delle varie colture ed incidenza % delle specie in grado di avere effettuato disseminazione. Le barre verticali = ± SE.

Mentre un solo sfalcio annuo non determina alcuna di “pressione di selezione” nella dinamica di riproduzione gamica, l’aumento di tale frequenza risulta fortemente in grado di contrarre la gamma di specie in grado di completare il proprio ciclo biologico prima di tale disturbo agronomico. In questi casi risultano in progressivo aumento le specie caratterizzate da ciclo biologico breve come ad esempio le specie tipicamente “ruderali” come Amaranthus retroflexus, Chenopodium album e Lolium multiflorum. In altre parole, queste specie riescono a “rifornire” la riserva di semi del suolo prima che le operazioni di raccolta possano interrompere la loro formazione. Comunque, i maggiori incrementi, in termini di densità relativa (dati non mostrati) sono stati rilevati soprattutto per quelle specie che, oltre ad essere caratterizzate da un rapido passaggio alla fase riproduttiva manifestano anche un habitus di crescita di tipo prostrato, che tende a ridurne il loro danneggiamento avvantaggiandole così nelle interazioni

Page 66: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

64 Benvenuti S.

competitive con le altre specie presenti nella fitocenosi. In questi casi tendono, infatti, ad aumentare specie a sviluppo prostrato come ad esempio Anagallis arvensis e Portulaca oleracea.

Esprimendo l’evoluzione floristica in termini di densità relativa, raggruppando le varie specie sia in funzione della “perennanza” che della appartenenza alla famiglia botanica delle graminacee, emerge come l’aumento della frequenza di sfalcio abbia comportato l’aumento di entrambe queste categorie di malerbe (Fig. 3).

0 1 2 3 40

20

40

60

80

100

graminacee

specie perenni

Frequenza sfalcio (n.)

Den

sità

rela

tiva

%

Figura 3. Relazione tra frequenza di sfalcio delle varie colture e densità relativa (%) riferita alle specie perenni ed alle graminacee. Le barre verticali = ± SE.

Per quanto riguarda l’aumento delle specie perenni tale fenomeno

risulta assolutamente logico dal momento che molte di queste specie sono tradizionalmente definite “vivaci” proprio per il fatto che tendono a rivegetare rapidamente dopo le operazioni di raccolta. In altre parole, sono avvantaggiate quelle specie che, analogamente alla coltura, possono dar luogo ad una rapida crescita vegetativa mediante gemme quiescienti e/o dormienti presenti al di sotto dell’altezza di sfalcio. Risulta opportuno sottolineare che tale “pressione di

Page 67: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 65

selezione” verso alcune specie di malerbe (ad esempio Plantago lanceolata e Oxalis corniculata) è stato definito una sorta di “crop mimics” (Mooney e Cleland, 2001), in quanto vengono avvantaggiate proprio quelle specie che più assomigliano alla coltura nella dinamica di sopravivenza in seguito ai disturbi agronomici effettuati.

Analogamente, la maggiore incidenza di graminacee in seguito all’aumento della frequenza di sfalci, impliciti con la coltura, risulta dovuta alla posizione protetta dei meristemi di crescita di queste specie. Nelle graminacee, infatti, l’attività meristematica risulta localizzata nella porzione basale della pianta, all’ascella delle foglie, in aree non raggiunte dalle operazioni di sfalcio in quanto in prossimità del suolo.

Comunque, il dinamismo floristico delle fitocenosi spontanee risulta dipendere fortemente anche dalla durata del ciclo agronomico della coltura. Nella figura 4 sono riportate le variazioni della densità relativa delle varie malerbe, raggruppate secondo la classificazione floristica di Raunkiaer (1934), in funzione della durata del ciclo colturale.

0 1 2 3 40

20

40

60

80

100

terofiteemicriptofitegeofite

Anni dall'impianto della coltura (anni)

Den

sità

rela

tiva

(%)

Figura 4. Relazione tra durata del ciclo agronomico delle varie colture e densità relativa di terofite, emicriptofite e geofite.

Page 68: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

66 Benvenuti S.

Come si può osservare le specie annuali (terofite) costituiscono la quasi totalità della fitocenosi all’interno di specie annuali. Tuttavia, all’aumento della durata dell’impianto tendono ad aumentare le specie perenni sia a propagazione mediante gemme epigee (emicriptofite) che per bulbi o rizomi situati nel suolo (geofite). Tale analogia nelle caratteristiche biologiche della coltura e delle infestanti tende a confermare la validità della sopra citata teoria per la quale la “pressione agronomica” esercitata tende a selezionare nel tempo le specie più simili morfologicamente e/o fisiologicamente alla coltura (“crop mimics”). Comunque, ciò che più tende a favorire un’evoluzione floristica verso le specie perenni risulta essere la prolungata mancanza di quelle lavorazioni del suolo (impossibili da effettuare senza danneggiare la coltura), che tipicamente selezionano le specie annuali dal momento che il seme risulta la struttura botanica meglio in grado di mantenere la propria vitalità in seguito ai drastici disturbi meccanici effettuati con le lavorazioni. In altre parole, la mancata inversione degli orizzonti di suolo più superficiali tende a favorire la colonizzazione orizzontale delle specie in grado di superare i periodi più freddi. Tale occupazione della “nicchia ecologica” pone queste specie in condizioni di vantaggio competitivo rispetto a quelle specie che si propagano esclusivamente per seme. Infatti, mentre queste ultime sono caratterizzate da ritmi di crescita decisamente bassi, in funzione delle tipicamente limitate riserve energetiche dei semi, il risveglio vegetativo primaverile degli organi di propagazione agamica (rizomi, bulbi, stoloni, ecc.) avviene decisamente in modo più vigoroso in virtù dei maggiori livelli energetici di tali strutture. Del resto, questo dinamismo floristico in assenza di lavorazioni del suolo, già osservato in altre colture (Zanin et al., 1997), non è altro che una tipica transizione di una “successione secondaria” che tende ad evolvere verso quello stadio di climax, quasi sempre costituito prevalentemente, da specie perenni.

Conclusioni

La conoscenza della dinamica di evoluzione floristica in risposta alle strategie di gestione agronomica adottata, risulta di cruciale

Page 69: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali 67

importanza per il mantenimento nel tempo di una flora infestante al di sotto di livelli di dannosità economicamente accettabili. L’elevato numero di colture medicinali a ciclo perenne, rispetto a quelle a ciclo annuale, tende a favorire quelle specie perenni che risultano caratterizzate da elevata invasività proprio per l’elevato accumulo di riserve energetiche negli organi vegetativi. Tuttavia, il “tallone di Achille” di tale vegetazione è costituito dalle lavorazioni del suolo che tendono ad interrare tali strutture a profondità dalle quali sarà impossibile emergere. Conseguentemente, risulta di cruciale importanza agronomica sia l’effettuazione di profonde arature una volta ultimate le coltivazioni a ciclo poliennale che alternarle in avvicendamenti che prevedono il più possibile la presenza di quelle colture annuali con un annuale interramento della vegetazione infestante. Analogamente, il contrasto agronomico delle graminacee, favorite da elevate frequenze di sfalcio, sono contrastabili con l’adozione di quelle false semine che risultano efficaci soprattutto nei casi di specie caratterizzate, come solitamente accade in queste specie monocotiledoni, da semi scarsamente dormienti. In sintesi, la professionalità richiesta all’agronomo operante in colture medicinali coltivate in “biologico” necessita di una elevata professionalità in quanto risulta uno strumento indispensabile per conciliare la sostenibilità economica delle colture medicinali con la tutela della relativa qualità. Bibliografia 1. Benvenuti, S., Macchia, M. 2003. Weed community dynamics in

perennial medicinal crops of organic agricultural systems. Advanc. Hortic. Sci., 17: 207-214.

2. Benvenuti, S., Falorni, C., Simonelli, G., Macchia, M. 2001. Weed seed bank evaluation and dynamics in Matricaria Chamomilla grown with “Organic” agricultural systems. Proceedings ANPP Eighteen Columa Conference, Tolon 5-6 and 7th december 2001, 1: 245-254

Page 70: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

68 Benvenuti S.

3. Benvenuti, S., Macchia, M. 2006. Seed bank reduction after different stale seedbed techniques in organic agricultural systems, Italian Journal/Riv. Agron. 1: 11-21.

4. Bond, W., Grundy, A.C. 2001. Non-chemical weed management in organic farming systems. Weed Res. 41: 383-393.

5. El-Masry, M.H., Charles, D.J., Simon, J.E. 1995. Bentazoneand terbacil as postemergent herbicides for sweet basil and sweet majoram. J. Herb Spices Med. Plants, 3: 19-26.

6. Janke, R.R. and Carey, E.E. 2004. Evaluation of medicinal herbs species for kansas. Acta Hort. 629: 253-260.

7. Maas, G. 1978. Weed control in medicinal plants. Acta Hort. 73:323-330

8. Mooney, H.A. e Cleland, E.E. 2001. The evolutionary impact of invasive species. Proc. Nat. Acad. Sci. Unit. Stat. Amer. 98: 5446–51.

9. Raunkiaer, C. 1934. The life forms of the plant and statistical geography. Clarendon Press, Oxford, UK.

10. Zanin, G., Otto, S., Riello, L. e Borin, M. 1997. Ecological interpretation of weed flora dynamics under different tillage systems. Agric., Ecosys. Envir. 66: 177-188.

Page 71: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

69

Le piante da indaco: produzione e controllo di qualità Angelini L. G., Tozzi S., Nassi o Di Nasso N. Dip. Agronomia e Gestione dell'Agroecosistema, Pisa. E-mail: [email protected] Riassunto

Prima della scoperta dei coloranti di sintesi dai derivati dell’industria petrolchimica, tutti i coloranti erano di origine naturale e molti di essi erano ottenuti dalle piante. Dal Medioevo in poi, la coltivazione delle piante da indaco naturale, come il guado (Isatis tinctoria L.), l’estrazione del colorante e la tintura divennero un importante fattore economico in molti paesi europei, tra cui l’Italia. Alla fine del XIX secolo l’indaco di sintesi rimpiazzò gradualmente il prodotto di origine naturale nella tintura industriale, in virtù dei più bassi costi e di una migliore qualità. In seguito al rinnovato e crescente interesse verso i prodotti di origine naturale, la qualità del prodotto vegetale, soprattutto in termini di purezza, torna ad essere di cruciale importanza ai fini dell’eventuale impiego dell’indaco naturale nella tintura industriale. Per produrre indaco d’elevata qualità e con costi di produzione contenuti, anche per una specie come il guado, coltivata nel passato in diverse regioni italiane, si è reso necessario ammodernare le tecniche di coltivazione e di estrazione del colorante e definire sistemi di produzione efficienti e sostenibili. Nell’ambito di un progetto di ricerca e sviluppo finanziato dalla Commissione Europea (“Sustainable Production of Plant-derived Indigo – Spindigo”) sono state studiate tecniche di produzione sostenibili, dalla produzione agricola all’estrazione del colorante e al suo impiego nella tintura industriale. Questi studi hanno permesso di migliorare la resa e la qualità della produzione al fine di reintrodurre le colture da indaco naturale nei sistemi agricoli europei. In questo lavoro sono riportati i principali risultati ottenuti per Isatis tinctoria L. e Polygonum tinctorium Ait.

Page 72: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

70 Angelini L. G. et al.

Abstract

Prior to the synthesis of dyes from by-products of the petrochemical industry all colour was derived from natural sources, including plants. From the Middle Age on, the cultivation of indigo delivering plants, such as woad (Isatis tinctoria L.), and the further processing and dying became an important economic factor in Europe. When, at the end of the 19th century, synthetic indigo replaced natural indigo for large-scale dyeing, one of the reasons was that the synthetic product was not only cheaper but was consistently purer. Now with a renewed and increasing interest in the naturally sourced product, the purity of natural indigo becomes once again an important consideration in determining the extent to which the dyeing industry will actually take up the natural product. In order to produce plant material with the highest quality and the lowest production costs, a redefinition of the best management practices is necessary for indigo delivering crops, such as woad, which, although not new crop for Europe, was cultivated during Medieval times according to traditional practices that need updating. Within a European Commission-funded research and development project (Sustainable Production of Plant-derived Indigo - Spindigo), which aims to reintroduce indigo-yielding crops to European agriculture, sustainable and efficient crop production and indigo extraction methods, have been studied. The yield and quality in term of purity have been increased, to meet the demands of consumers for environmentally sound textiles and to improve the economic returns. In this paper some results obtained for woad and dyer’s knotweed are presented.

Introduzione

Nella tintura tessile con colori naturali, l’indaco riveste una posizione unica essendo il più importante colorante naturale blu (CI Vat Blue 1). L’ indaco naturale si ricava da numerose specie vegetali molto diversificate sia per caratteristiche botaniche e biologiche che per areale di origine. Le specie storicamente più importanti sono il guado (Isatis tinctoria L.), la persicaria dei tintori (Polygonum

Page 73: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 71

tinctorium Ait) e alcune specie appartenenti al genere Indigofera (Cardon, 2003; Balfour-Paul, 1998).

Il guado è stato coltivato in Europa per la produzione di indaco fino al XVII secolo, dopodiché a questo si è preferito, per la sua migliore resa e qualità, l’indaco ottenuto da alcune specie di Indigofera coltivate in India, Africa e altri paesi asiatici (Schmidt, 1997). In Cina e Giappone l’indaco prodotto da Polygonum tinctorium è stato utilizzato per millenni per la tintura tradizionale del sukumo (Torimoto, 1987; Balfour-Paul, 1998). Alla fine del XIX secolo, l’indaco di sintesi sostituì quasi completamente l’indaco naturale e già nel 1913 la produzione di indaco sintetico aveva superato 33.000 t (Schweppe, 1993). La produzione annuale d’indaco sintetico è stimata a 22.000 t di colorante (Schrott, 2001), su un mercato di 120.000 t/anno di coloranti sintetici prodotti (Essl, 1999; 2000 a,b). Il principale mercato dell’indaco sintetico è quello della tintura del filato di cotone per la produzione del tessuto denim impiegato principalmente nei jeans (si parla di cifre intorno a 109 paia di jeans l’anno).

Attualmente stiamo assistendo ad un rinnovato interesse per i coloranti di origine naturale come valida alternativa a quelli di sintesi nel settore tessile (Angelini, 1999; Gilbert, 2002; Cardon, 2003; Hartl e Vogl, 2003) oltre che in altri settori come quello della cosmesi, anche a seguito delle frequenti segnalazioni di tossicità (Anliker et al.,1988) e di dermatiti allergiche da contatto causate da numerosi coloranti sintetici (Francalanci et al., 1996).

A partire dagli anni ‘90, alcuni centri di ricerca hanno studiato la possibilità di reintrodurre piante da coloranti naturali tra cui anche quelle da indaco nei sistemi agricoli europei. Questo nuovo interesse scientifico si basa, non solo sulla necessità di trovare alternative sostenibili e non-tossiche alle tinture sintetiche, ma anche su un mercato crescente del tessile naturale ed ecologico e sulla possibilità di individuare nuove specie in grado di rappresentare un’alternativa economicamente conveniente alle attuali colture, alla luce dei recenti cambiamenti della politica agricola comunitaria.

A seguito della scomparsa della coltivazione delle piante da indaco naturale in Europa, le conoscenze relative alle tecniche di coltivazione e di produzione del colorante sono scarse e la ricerca ha

Page 74: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

72 Angelini L. G. et al.

solo recentemente affrontato lo studio dell’agrotecnica per migliorare la resa e la qualità e ridurre i costi della materia prima. Anche per specie come il guado, coltivato nel passato in diverse regioni italiane, si è reso necessario ammodernare le tecniche di coltivazione e di estrazione del colorante e definire sistemi di produzione efficienti e sostenibili, anche al fine di soddisfare le esigenze di un consumatore attento alla compatibilità ambientale dei prodotti tessili.

L’indaco

L’indaco appartiene al gruppo dei coloranti azotati di tipo alcoloide indolico. Nelle piante si ritrovano i precursori dell’indaco in forma solubile e completamente incolore. Sono state descritte due strutture: il glucoside indacano (indossil-β-D-glucoside) e l’estere isatano B (indossil-3-cheto-glucanato) (Gilbert et al., 2004). Oltre all’isatano B è stata evidenziata la presenza di un terzo precursore, l’isatano A (Oberthür et al., 2004 a, b) (Fig. 1).

L’indacano si trova come unico precursore in alcune specie del genere Indigofera così come nel Polygonum tinctorium Ait. Il guado contiene oltre ai precursori sopra citati, un quarto, l’isatano C, la cui struttura, tuttavia, non è stata ancora completamente definita (Maugard et al., 2001).

Nelle piante che contengono queste molecole nel momento in cui si verifica il danneggiamento delle pareti cellulari, si assiste all’idrolisi enzimatica dei precursori che porta alla liberazione di indossile, incolore.

Per formare l’indaco dai suoi precursori deve essere quindi rotto il legame glucosidico fra il gruppo indossilico e il glucosio e successivamente, due molecole di indossile si combinano producendo una molecola d’indaco, di colore blu, insolubile in acqua. Recenti studi hanno elaborato tecniche analitiche avvalendosi di metodologie di precisione, come l’analisi HPLC che in combinazione con particolari detector, è in grado di quantificare anche piccole quantità di composti, come è il caso dei precursori dell’indaco (Angelini et al., 2003).

Page 75: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 73

Figura 1. Derivati azotati indolici precursori dell’indaco.

L’indaco è classificato come colorante al tino, cioè per potersi

fissare sulla fibra deve essere prima solubilizzato per riduzione in ambiente alcalino e la fibra da colorare non richiede il trattamento preliminare con mordenti. L’ossidazione (per esempio all’aria) della fibra impregnata del colorante fa in seguito precipitare l’indaco stesso sulla fibra nella forma insolubile blu. L’indaco è quindi un colorante di superficie caratterizzato da un’elevata solidità alla luce e al lavaggio ma da una scarsa solidità allo sfregamento superficiale. Proprio questa caratteristica ha reso il tessuto denim tinto con indaco unico e famoso in tutto il mondo (Balfour-Paul,1998).

Le specie da indaco naturale, gli aspetti fitochimici e quelli agronomici

Le diverse specie da indaco, presentano i precursori ricordati precedentemente. In particolare, l’indacano si ritrova come precursore

Page 76: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

74 Angelini L. G. et al.

in specie appartenenti a differenti famiglie botaniche tra cui le Leguminosae, con il genere Indigofera (I. tinctoria L., I. arrecta Hochst, I. suffruticosa Miller), le Polygonaceae, con le specie Polygonum tinctorium Ait (persicaria dei tintori) e Polygonum indigotica, ed infine le Brassicaceae di cui fa parte Isatis tinctoria L. Quest’ultima specie è caratterizzata soprattutto dalla presenza di isatani come precursori dell’indaco e, in misura minore, dall’indacano (Gilbert et al., 2004; Campeol et al., 2006). Sono ugualmente utilizzate per la produzione di indaco alcune specie asiatiche appartenenti alle famiglie delle Apocynaceae (Wrightia tinctoria R. Braun), delle Acanthaceae (Strobilanthes cusia Nees).

Il guado è una specie erbacea biennale appartenente alla famiglia delle Cruciferae. La parte della pianta di interesse tintorio è costituita dalle foglie che possono essere raccolte più volte durante il primo anno. Nelle condizioni ambientali dell’Italia centrale sono state confrontate diverse popolazioni di guado che hanno mostrato considerevoli differenze morfologiche, fenologiche e produttive (Stoker, 1997; Gilbert et al., 2002; Angelini, 1997; Tozzi, 2005). Molti studi sono stati condotti in merito all’identificazione e quantificazione dei precursori dell’indaco in diverse condizioni ambientali (Maugard et al., 2001; Gilbert et al., 2004; Oberthür et al., 2004). La produzione di precursori, in particolare di Isatano B, è positivamente influenzata dalle alte temperature e dall’elevata radiazione fotosinteticamente attiva dell’areale Mediterraneo rispetto alle regioni del centro e nord Europa (Gilbert e Cooke, 2001; AA.VV., 2004; Tozzi et al., 2005). Indagini fitochimiche condotte recentemente hanno inoltre evidenziato una variabilità dovuta a fattori genetici nel contenuto dei precursori dell’indaco in diverse popolazioni di Isatis tinctoria le quali hanno presentato differenze significative nel contenuto di isatano B (da 1 a 2 g kg-1 di foglie fresche), indacano (0,3 a 0,7 g kg-1 di foglie fresche) oltre che di produzione di biomassa (da 11 a 22 t di foglie fresche per ettaro in ciascuna raccolta). Analogamente in un’altra specie appartenente al genere Isatis, Isatis indigotica Fort., le differenze significative tra le diverse accessioni si sono osservate nel contenuto di indacano (da 0,3 a 0,6 g kg-1) e nella resa in foglie fresche nelle singole raccolte (da 10 a 20 t ha-1). Quest’ultima specie presenta inoltre in tutte le accessioni

Page 77: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 75

contenuti di isatano B più elevati rispetto al guado (4,9 e 1,5 g kg rispettivamente) con un rapporto indacano:isatano B di 1:14 contro 1:5 di Isatis tinctoria (Angelini et al., in corso di pubblicazione).

Tra i fattori agronomici studiati, l’epoca di semina, che in Italia centrale può variare da marzo ad agosto, influenza in maniera significativa la resa in biomassa e in indaco (Angelini et al., 2005a). La possibilità di avere colture seminate in epoche diverse in primavera consente di avere raccolte scalari nel periodo estivo e pianificando il momento della raccolta, di avere a disposizione in maniera continua foglie fresche da cui estrarre l’indaco (Angelini et al., 2005a). L’azoto e l’acqua costituiscono due importanti input colturali il cui corretto impiego deve essere definito all’interno di un itinerario colturale sostenibile. Isatis tinctoria richiede elevati apporti di fertilizzante azotato al fine di garantire livelli produttivi adeguati (Tozzi, 2005), tuttavia deve essere attentamente valutata la tipologia del fertilizzante e la tecnica di distribuzione anche al fine di ridurre i rischi di lisciviazione dei nitrati. La disponibilità idrica è altrettanto importante per l’ottenimento di alte rese soprattutto nell’ambiente Mediterraneo dove la stagione estiva può essere caratterizzata da lunghi periodi di siccità. Prove condotte nel sud della Spagna e in Italia centrale hanno messo in evidenza la capacità di questa specie di tollerare condizioni irrigue sub ottimali mantenendo un adeguato livello produttivo (Sales et al., 2006; Campeol et al., 2006). Inoltre, lo stress idrico può innalzare la concentrazione di Isatano B all’interno delle foglie di guado (Campeol et al., 2006).

La persicaria dei tintori, è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Polygonaceae, che è stata coltivata su larga scala prima in Cina poi Giappone per la produzione di indaco naturale impiegato per millenni nella tradizionale tecnica tintoriale chiamata Aizome (Balfour-Paul, 1998; Cardon, 1990). L’indaco si origina dall’unico precursore indacano (indoxyl β -D-glucoside), un glucoside incolore che rappresenta il maggior metabolita secondario presente nei vacuoli delle cellule dei tessuti della foglia (Minami, 2001). E’ stato mostrato che la particolarità dell’estrazione dell’indaco da P. tinctorium consiste nel fatto che nelle foglie viene sintetizzato anche un enzima, la β- glucosidasi, presente nel citoplasma della cellula e che è

Page 78: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

76 Angelini L. G. et al.

altamente specifica per il legame glucosidico della molecola di indacano. La rapida idrolisi del precursore è quindi mediata dall’enzima che viene estratto insieme al precursore stesso (Minami, 2001; Angelini et al., 2003). La possibilità di introdurre in coltura questa specie è stata affrontata solo recentemente (Angelini et al., 2004; AA.VV., 2004). In Italia questa specie è stata coltivata presso il Centro Sperimentale del Dipartimento di Agronomia dell’Università di Pisa (S. Piero a Grado, 43°40’N; 10°19’E ) dove sono state effettuate una serie di prove in campo per valutare sia varietà diverse, che tecniche e modalità di impianto della coltura e esigenze nutrizionali e idriche, ed infine tecniche di raccolta in funzione della ottimizzazione della resa e qualità dell’indaco. E’ stato osservato come i fattori ambientali, in particolare l’intensità luminosa, le condizioni termiche e la disponibilità di acqua nel suolo svolgano un ruolo cruciale sulla resa e il contenuto di indacano (Tozzi, 2005; Campeol et al., 2006). Nelle prove effettuate in Italia centrale la specie si comporta come coltura a ciclo primaverile estivo con semina in aprile e raccolta da luglio ad ottobre. La lunghezza del ciclo dalla semina primaverile all’ultima raccolta in autunno, è compreso da 229-238 giorni dopo che le piante hanno accumulato circa 2000°C (Angelini et al., 2004). La specie ha mostrato una buona adattabilità alle condizioni pedoclimatiche con rese di foglie e di indacano superiori del 40% e del 50% rispettivamente a quelle registrate in Europa centrale da Biertümpfel e Vetter (1999). La resa relativa alla porzione epigeica fresca può variare da 82 a 120 t ha-1 in relazione al genotipo e alle condizioni di disponibilità di acqua durante le diverse stagioni di crescita. La percentuale di foglie fresche sulla biomassa totale oscilla dal 40 al 45% del peso con un contenuto di indacano da 11 a 20 g kg-1 di foglia fresca in relazione soprattutto alle condizioni ambientali come l’intensità della radiazione fotosinteticamente attiva (Angelini et al. 2003; AA.VV. 2004; Tozzi, 2005). Nell’ambiente pedoclimatico della Toscana litoranea la coltura seminata in primavera richiede un continuo rifornimento idrico durante l’estate, essendo la risposta produttiva fortemente influenzata dall’apporto di acqua. Sono state osservate infatti, riduzioni significative sia nella produzione di indaco che di biomassa epigeica passando dalla coltura ottimamente irrigata (alla quale era distribuito un volume di acqua pari al 100% del reintegro delle perdite per

Page 79: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 77

Evapotraspirazione Effettiva, ETE) a quelle con apporti irrigui inferiori al 40% del reintegro dell’ETE (Campeol et al., 2006). Per quanto riguarda il fabbisogno di azoto da parte della coltura questo è abbastanza elevato, anche se mostra oscillazioni ampie in relazione al livello produttivo, altrettanto variabile è il fabbisogno in potassio ed in fosforo (Tozzi, 2005). Estrazione dell’indaco e controllo di qualità

Gli studi relativi agli aspetti biochimici fino all’estrazione su larga scala dell’indaco hanno permesso di indagare le varie fasi dell’estrazione del colorante dalle piante fresche e capire le strategie migliori per ottimizzare il processo e, quindi, le rese. La ricerca condotta in questi anni ha tuttavia evidenziato che la resa in indaco da guado è molto inferiore rispetto a quella attesa in base alla quantificazione teorica in laboratorio dei precursori dell’indaco presenti negli estratti (Angelini et al., 2005b). La fase di estrazione su scala aziendale necessita di ulteriore ottimizzazione anche al fine d migliorare la purezza del prodotto finito, purtroppo ancora su livelli non soddisfacenti.

In natura, quando il tessuto fogliare viene danneggiato e esposto all’aria, i precursori dell’indaco vengono idrolizzati da enzimi specifici, producendo indaco all’interno della foglia. L’indaco non è solubile in acqua, quindi una volta formato nelle foglie è in pratica impossibile estrarlo. E’, quindi, necessario estrarre i precursori dai tessuti fogliari e convertirli successivamente in indaco avendo cura di eliminare l’azione enzimatica, oppure operare in condizioni di anaerobiosi. L’estrazione dell’indaco da entrambe le specie prevede una serie di fasi che iniziano con l’immersione in acqua delle foglie a una temperatura ottimale, per permettere l’estrazione dei precursori. L’indaco si forma quando l’indossile viene rilasciato dai precursori e la soluzione viene adeguatamente alcalinizzata (generalmente con Ca(OH)2 o KOH) e ossigenata. Nel guado, la quantità di indaco ottenibile in corrispondenza di ogni epoca di raccolta varia durante la stagione intorno ad un valore medio di 1,5 g per kg di foglie fresche, mentre nel P. tinctorium la resa di indaco è più alta mediamente

Page 80: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

78 Angelini L. G. et al.

intorno a 5 g per kg di foglie fresche (AA.VV., 2004). Mettendo in relazione questi valori con la produzione di biomassa possiamo concludere che è possibile raggiungere quantità stagionali di indaco teorico superiori a 100 kg ha-1 per il guado e di oltre 200 kg ha-1 per la persicaria. Tuttavia la resa effettiva è lontana da quella determinata attraverso l’analisi dei precursori o l’estrazione chimica dell’indaco in laboratorio, a causa di una serie di perdite durante le trasformazioni biochimiche dei precursori in indaco (Bechtold et al., 2002; Angelini et al., 2004; Angelini et al., 2005b).

Purezza dell’indaco

Il prodotto sintetico ha rapidamente rimpiazzato il prodotto naturale più economico ma soprattutto decisamente più puro, con valori di purezza sempre superiori al 90% (Perkin, 1900). La predominanza dell’uso del prodotto di sintesi ha fatto sì che nel tempo fosse prestata pochissima attenzione alle fasi chimiche e fisiche che caratterizzano il processo di estrazione da materiale vegetale, caratterizzato per sua natura da una purezza più bassa rispetto al prodotto ottenuto per sintesi chimica (Stoker et al.,1998; Garcia-Macia e John, 2004). Nel corso della sperimentazione condotta all’interno di un Progetto di ricerca e sviluppo Spindigo (www.spindigo.net) è stato messo a punto un metodo di laboratorio per analizzare l’indaco naturale, tenuto conto della sua scarsa solubilità oltre che in acqua, in numerosi solventi (Garcia-Macias e John, 2004; Tozzi, 2005). Nell’ambito di questa sperimentazione è stato dimostrato che la purezza dell’indaco naturale prodotto secondo il metodo precedentemente descritto, varia notevolmente da appena il 5% a valori intorno al 40% (AA.VV., 2004). Questi valori sono inferiori rispetto a quelli dell’indaco prodotto da Indigofera tinctoria nel XIX secolo che variavano da 20 al 90% (Perkin, 1900). Più recentemente Bechtold e collaboratori (2002) hanno presentato valori di purezza per l’indaco prodotto da Polygonum tinctorium che variavano da meno del 2% al 9,2% (determinato per via fotometrica).

E’ stato visto che la maggior parte delle impurità in campioni di indaco in polvere è rappresentata dal suolo la cui presenza può

Page 81: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 79

arrivare fino al 30% in peso del totale quando l’indaco puro raggiunge il 40% (John e Angelini, 2003). Pur essendo il suolo una entità complessa e variabile, quello che è stato dimostrato è che esiste una forte interazione tra il suolo e l’indaco, potendo stabilire quest’ultimo dei legami a ponte di idrogeno con le particelle del suolo. Anche la struttura cristallina dell’indaco (Süsse et al., 1988) e la sua capacità di creare dei legami chimici con la cellulosa durante la fase di tintura dimostra la propensione di questa molecola a formare legami ad idrogeno.

La produzione dell’indaco naturale il più puro possibile, richiesta da alcuni settori produttivi come quella della cosmesi, risulta quindi legata alla massima eliminazione di suolo e di altri contaminanti. Oltre ad un insieme di misure messe in atto per consentire di produrre un prodotto di elevata qualità con una elevata concentrazione di precursori e l’ottimizzazione della tecnica di estrazione (lavaggio, filtrazione dell’estratto, riduzione dei tempi di estrazione in acqua, ecc.), la possibilità di sviluppare la coltivazione senza suolo, in coltura idroponica può rappresentare una via tecnicamente ed economicamente interessante. Iniziative in questo senso sono state discusse ed elaborate nell’ambito del consorzio di ricerca del Progetto Spindigo su sollecitazione di un’azienda inglese (la Hydroponic Herbs Limited) interessata a proporre l’indaco naturale nel settore della cosmesi. Conclusioni

La produzione della materia tintoria e l’avvio di una filiera produttiva agro-industriale di indaco naturale interessa tuttavia, numerose problematiche in parte ancora irrisolte di tipo agronomico-produttivo (tecnica colturale, stagionalità delle produzioni, organizzazione aziendale, stoccaggio), ma soprattutto di tipo tecnologico (disponibilità di impianti di estrazione), di tipo economico-sociale (costo finale di produzione del colorante, interventi di sostegno per la realizzazione di impianti di trasformazione e/o estrazione, formazione degli operatori) ed infine di tipo ecologico e ambientale (logistica dei trasporti, bilanci agro-

Page 82: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

80 Angelini L. G. et al.

ambientali, gestione dei reflui, consumo di acqua e energia). In questo lavoro vengono riportati i principali risultati dell’attività sperimentale condotta in Italia dal gruppo di ricerca sui colori naturali operante presso il Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema di Pisa, nell’ambito di un percorso che va dall’agricoltura sostenibile, alla produzione di prodotti rinnovabili per l’industria. Lo studio è ancora agli inizi e richiede ulteriori approfondimenti nell’ambito di azioni di ricerca e di sviluppo a carattere interdisciplinare al fine di avviare una filiera sostenibile di produzione di indaco naturale nel nostro Paese.

Bibliografia

1. AA.VV. 2004. Sustainable Production of Plant Derived Indigo - Spindigo Final Report. Framework V Grant SPINDIGO QLK5-CT-2000-30962.

2. Angelini, L.G. 1997. Valutazione agronomica di Isatis tintoria L. durante un sessennio di prove condotte in Italia centrale. In “Il colore della natura. La riscoperta delle piante coloranti”, Venturi G. e Amaducci M.T. (Eds.), Edagricole, Bologna pp. 46-66.

3. Angelini, L.G. 1999. Dyeing plants in Italy. Proceeding Forum Färberpflanzen 1999, Gülzower Fachgespräche, FNR Editor, Gülzow, Germany pp. 209-220.

4. Angelini, L.G., Campeol, E., Tozzi, S., Gilbert, K. G., Cooke, D. T., John, P. 2003. A new HPLC-ELSD method to quantify indican in Polygonum tinctorium Ait. and to evaluate β-glucosidase hydrolysis of indican for indigo production. Biotechnol. Prog. 19: 1792-1797.

5. Angelini, L.G., Tozzi, S., Nassi o Di Nasso, N. 2004. Environmental factors affecting productivity, indican content and indigo yield in Polygonum tinctorium Ait., a subtropical crop grown under temperate conditions. J. Agr. Food Chem. 52 (25): 7541-7547.

6. Angelini, L., Tozzi, S., Nassi o Di Nasso, N. 2005a. Effect of different sowing dates on leaf yield and indigo production of woad (Isatis tinctoria L.) in the Mediterranean environment.

Page 83: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 81

Proceedings of 2005 Annual Meeting of the Association for the Advancement of Industrial Crops, Murcia Spain, 17-21 September 2005. M.J. Pascual-Villalobos (Ed.), pp. 535-545.

7. Angelini, L.G., John , P., Tozzi,S., Vandenburg, H. 2005b. Extraction of indigo from Isatis tinctoria L. and Polygonum tinctorium Ait as a basis for large-scale production. Proceedings of 2005 Annual Meeting of the Association for the Advancement of Industrial Crops, Murcia Spain, 17-21 September 2005. M.J. Pascual-Villalobos (Ed.), pp. 521-534.

8. Anliker, R., Durig, G., Steinle, D., Moriconi, E.J. 1988. List of colorant to be classified as toxic. J.S.D.C. 104: 99-100.

9. Balfour-Paul, J. 1998. Indigo. British Museum Press, London, UK, pp. 264.

10. Bechtold, T., Turcanu, A., Geissler, S., Ganglberger, E. 2002. Process balance and product quality in the production of natural indigo from Polygonum tnctorium Ait. applying low-technology methods. Bioresource Technology 81: 171-177.

11. Biertümpfel, A., Vetter, A. 1999. Züchterische Bearbeitung von Färberpflanzen. In “Gülzower Fachgespräche – Forum Färberpflanzen”. Fachagentur Nachwachsende Rohstoffe (Ed.), Gülzow. Germany pp. 94-105.

12. Campeol, E., Angelini, L.G., Tozzi, S., Bertolacci, M. 2006. Seasonal variation of indigo precursors in Isatis tinctoria L. and Polygonum tinctorium Ait. as affected by water deficit. Environmental and Experimental Botany 58: 223-233.

13. Cardon, D. 2003. Le monde des teintures naturelles. Belin (Ed.) (Paris), pp. 586.

14. Cardon, D., Du Chatenet, G. 1990. Du pays de Cocagne au pays des cow-boys : Le blues des plantes à indigo. In “Guide des Teintures Naturelles”. Delachaux et Niesté S.A., D. Perret (Eds.), Neuchatel-Paris pp.133-154.

15. Essl, H. 1999. Jeans – das blaue Phänomen (Teil 1). Texitilveredlung 34 (1/2): 26-31.

16. Essl, H. 2000a. Jeans – das blaue Phänomen (Teil 2). Texitilveredlung 35 (1/2): 23-27.

17. Essl, H. 2000b. Jeans – das blaue Phänomen (Teil 3). Texitilveredlung 35 (3/4): 27-30.

Page 84: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

82 Angelini L. G. et al.

18. Francalanci, S., Brusi, C., Giorgini, S., Acciai, M.C., Sertoli, A. 1996. Natural dyes in the prevention of non-occupational clothing contacts dermatitis: chemical and allergological study. Annali Italiani di Dermatologia Clinica e Sperimentale 50: 43-48.

19. Garcia-Macias, P., John, P. 2004. Formation of natural indigo derived from woad (Isatis tinctoria L.) in relation to product purity. J. Agric. food Chem. 52: 7891-7896.

20. Gilbert, K.G., Cooke, D. T. 2001. Dyes from plants: Past usage, present understanding and potential. Plant Growth Regulation 34: 57-69.

21. Gilbert, K.G., Maule, H.G., Rudolph, B., Lewis, M., Vandenburg, H., Sales, E., Tozzi, S., Cooke, D.T. 2004. Quantitative Analysis of Indigo and Indigo-Precursors in Leaves of Isatis spp. and Polygonum tinctorium. Biotechnology Progress 20: 1289-1292.

22. Gilbert, K.G., Garton, S., Karam, M.A., Arnold, G.M., Karp, A., Edwards, K.J., Cooke, D.T., Barker, J.H.A. 2002. A high degree of genetic diversity is revealed in Isatis spp. (dyer’s woad) by amplified fragment length polymorphism (AFLP). Theor. Appl. Genet. 104: 1150-1156.

23. Hartl, A, Vogl, C.R. 2003. The potential use of organically grown dye plants in the organic textile industry: experiences and results on cultivation and yields of Dyer’s Chamomile (Anthemis tinctoria L.), Dyer’s Knotweed (Polygonum tinctorium Ait.), and Weld (Reseda luteola L.). Journal of Sustainable Agriculture 23(2): 17-40.

24. John, P., Angelini, L.G. 2003 A new way of producing indigo. International South Europe Symposium IENICA Non-food crops: from agriculture to industry. Bologna, May 15-16, 2003.

25. Maugard, T., Enaud, E., Choisy, P., Legoy, M.D. 2001. Identification of an indigo precursor from leaves of Isatis tinctoria (Woad). Phytochemistry 58: 897-904.

26. Minami, Y. 2001. Indican metabolism in Polygonum tinctorium. Recent Res. Devel. Plant Biol.1:155-162.

27. Oberthür, C., Graf, H., Hamburger, M. 2004a. The content of indigo precursors in Isatis tinctoria leaves- A comparative study of selected accessions and post harvest treatments. Phytochemistry 65: 3261-3268.

Page 85: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Le piante da indaco 83

28. Oberthür, C., Schneider, B., Graf, H., Hamburger, M. 2004b. The elusive indigo precursors in woad (Isatis tinctoria L.) – identification of the major indigo precursor, isatan A, and a structure revision of isatan B. Chemistry Biodiversity 1: 174-182.

29. Perkin, F.M. 1900. The present condition of the indigo industry. Nature 63: 7-9.

30. Sales, E., Kanhonou, R., Baixauli, C., Giner, A., Cooke, D., Gilbert, K., Arrillaga, I., Segura, J., Ros, R. 2006. Sowing date, transplanting, plant density and nitrogen fertilization affect indigo production from Isatis species in a Mediterranean region of Spain. Industrial Crops and Products 23 (1): 29-39.

31. Schrott,W. 2001. Denim wieder im Blickpunkt der Textilindustrie. Melliand Textilber. 82:331.

32. Schweppe, H. 1993. Handbuch der Naturfarbstoffe: Vorkommen, Verwendung, Nachweis. Ecomed Verlagsges., Landsberg/Lech, Germany, pp. 282-303.

33. Stoker, K. G. 1997. The cultivation of woad (Isatis tinctoria) for production of natural indigo: agronomy, extraction and biochemical aspects. Ph.D. Thesis, University of Bristol, Faculty of Science, pp. 54-87.

34. Stoker, K. G., Cooke, D. T., Hill, D. J. 1998. An improved method for the large-scale processing of woad (Isatis tinctoria) for possible commercial production of woad indigo. J. Agric. Eng. Res. 71: 315-320.

35. Süsse, P., Steins, M., Kupcik, V. 1988. Indigo: crystal structure refinement based on synchrotron data. Zietschrift für Kristallographie 1844: 269-273.

36. Torimoto, N. 1987. An indigo plant as a teaching material. J. Chem. Educ. 64 (4): 332-334.

37. Tozzi, S., Lercari, B., Angelini, L.G. 2005. Light quality influences indigo precursors production and seed germination in Isatis tinctoria L. and Isatis indigotica Fort. Photochemistry and Photobiology 81 (4): 914-919.

38. Tozzi, S. 2005. Study of indigo and indigo precursors in indigo-yielding plants in a sustainable production system. Ph.D. Thesis, University of Pisa, Faculty of Agricultural Sciences, pp. 208.

Page 86: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 87: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 85

Monoterpeni: aspetti biochimici, molecolari ed ecologici

Maffei M.E. e Bertea C. M. Dipartimento di Biologia Vegetale e Centro di Eccellenza CEBIOVEM, Università di Torino, Torino E-mail: [email protected] Riassunto

Dal momento che i metaboliti secondari sembrano rappresentare, sempre più concretamente, uno strumento fondamentale del metabolismo per far fronte alle avversità che caratterizzano l’ambiente in cui vivono le piante, è fondamentale inquadrare i metaboliti secondari in un contesto metabolico e definirne la loro “dispensabilità” o “indispensabilità”. Oggi sappiamo che molti metaboliti secondari sono utilizzati nell’ecosistema come segnali chimici e quindi possono essere considerati come molecole “dispensabili” per la crescita e lo sviluppo ma “indispensabili” per la sopravvivenza delle specie. I monoterpeni rappresentano una classe importante di terpenoidi sia da un punto di vista ecologico che applicativo; infatti questi sono i costituenti principali, insieme ai sesquiterpeni, degli oli essenziali, riscontrabili soprattutto nelle Lamiaceae, Rutaceae, Umbelliferae, Compositae ed in numerose gimnosperme. Sono composti a basso peso molecolare, e fra le vie biosintetiche per la formazione di monoterpeni la più studiata è certamente quella del mentolo. Abstract

Since secondary metabolites seem to represent a fundamental metabolic tool to cope with the adversities of the plants living environment, it is essential to place secondary metabolites in a

Page 88: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

86 Maffei M.E. e Bertea C. M.

metabolic contest and to define their “dispensability” or “indispensability”. Today we know that a lot of secondary metabolites are used in the ecosystem as chemical signals and therefore can by considers as “dispensable” for growth and development but “indispensable” for the species survival. Monoterpenes represent an important class of therpenoids from both an ecologic and applicative point of view; in fact these are the main constituents, with sesquitherpenes, of essential oils found principally in Lamiaceae, Rutaceae, Umbelliferae, Compositae and in many gymnosperms. They are low molecular weight compounds and, among the biosynthetic paths for monoterpenes formation, the more studied is certainly the one for menthol. Introduzione

Oggi è pienamente accettata l’idea che i metaboliti secondari rappresentino uno strumento fondamentale del metabolismo per far fronte alle avversità che caratterizzano l’ambiente in cui vivono le piante. Il punto focale sull’inquadrare i metaboliti secondari in un contesto metabolico è definirne la loro “dispensabilità” o “indispensabilità”. La dispensabilità di queste molecole nei processi di crescita e sviluppo ha portato in passato a definirne una funzione di scarto, detossificazione, accumulo o eccesso di produzione in vie metaboliche primarie. Oggi sappiamo che molti metaboliti secondari sono utilizzati nell’ecosistema come segnali chimici. I metaboliti secondari possono quindi essere considerati come molecole che sono ‘dispensabili’ per la crescita e lo sviluppo ma ‘indispensabili’ per la sopravvivenza delle specie. Molte volte la differenza fra metabolismo primario e secondario si esprime meglio in termini funzionali più che strutturali, in quanto lo stesso composto può avere qualità sia di metabolita primario sia secondario (Maffei, 1999). La gran vastità di metaboliti secondari non è un fatto casuale, bensì è il frutto di un’armoniosa regolazione delle varie vie biogenetiche che sono perfettamente integrate nel metabolismo primario. Secondo numerosi autori appare evidente come le piante utilizzino poche vie metaboliche di base dalle quali divergono un’infinità di varianti che portano alle

Page 89: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 87

centinaia di migliaia di molecole . Secondo Bu’lock una delle possibili spiegazioni dell’origine dei metaboliti secondari può essere ricercata proprio nel metabolismo basale (Fig. 1).

Figura 1. Rappresentazione schematica dell'ipotesi di Bu'lock sull’origine dei metaboliti secondari. P=metabolita primario; S=metabolita secondario.

Alcuni composti intermedi di una via metabolica primaria possono

accumularsi, per cause metaboliche o sotto la pressione dell’ambiente. L’accumulo di un metabolita può creare seri problemi metabolici alla catena di “montaggio” che porta alla produzione del composto finale. A volte l’accumulo di un composto intermedio innesca una reazione di

Page 90: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

88 Maffei M.E. e Bertea C. M.

inibizione retroattiva che può agire su una trasformazione metabolica a monte o semplicemente il suo accumulo può essere inibitorio nei riguardi della reazione che lo precede o che lo ha formato. Così il processo metabolico rallenta, o si ferma, causando una serie di impedimenti che possono ripercuotersi su altre vie metaboliche. Se però il metabolita primario in eccesso è utilizzato da una via metabolica parallela allora la sua concentrazione diminuisce e vengono a meno gli impedimenti metabolici sopra descritti, il metabolismo primario quindi riprende la sua normale attività. Ma il problema descritto per il metabolita primario può ripetersi nelle reazioni della via metabolica parallela, ecco allora che occorrono numerose altre vie parallele capaci di “drenare” gli accumuli indesiderati (Maffei, 1999). Fra i metaboliti secondari presenti nel regno vegetale i terpenoidi sono senz’altro fra i composti più studiati, oltre ad essere i più antichi (Lange et al., 2000).

La biosintesi dei terpenoidi è basata sulla compartimentazione di due vie biosintetiche che portano alla produzione del composto base per la formazione dei terpenoidi, l’isopentenildifosfato (IPP). L’IPP è formato dalla via mevalonato (MVA)-dipendente e dalla via del metileritritolo-1-fosfato (MEP). La storia evolutiva degli enzimi coinvolti in queste due vie e la distribuzione filogenetica dei loro geni nei vari genomi indica che la via MVA sia attinente agli archeobatteri, che quella MEP sia attinente agli eubatteri e che gli eucarioti abbiano ereditato i geni per la biosintesi dell’IPP dai procarioti. Secondo questi presupposti vi sarebbe un collegamento logico nella localizzazione dei geni per la via MEP, confinati negli eucarioti con plastidi, a causa della derivazione endosimbiontica di questi organuli dagli ancestori cianobatterici. Tuttavia la mancanza di omologie fra geni vegetali e cianobatterici suggerisce che un ruolo importante sia stato svolto da un trasferimento laterale di geni fra gli eubatteri successivamente all’origine dei plastidi (Lange e Croteau, 1999). La figura 2 mostra la compartimentazione che esiste nella cellula vegetale fra le due vie MVA e MEP.

I monoterpeni rappresentano una classe importante di terpenoidi sia da un punto di vista ecologico sia applicativo. I monoterpeni sono i costituenti principali, insieme ai sesquiterpeni, degli oli essenziali, riscontrabili in numerose famiglie, ma soprattutto nelle Lamiaceae,

Page 91: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 89

Rutaceae, Umbelliferae, Compositae e in numerose gimnosperme. Si tratta di composti a basso peso molecolare che sono analizzabili con tecniche gas-cromatografiche previa estrazione in corrente di vapore, a seguito di congelamento dei tessuti con azoto liquido o con CO2 supercritica. Fra le vie biosintetiche per la formazione di monoterpeni la più studiata è certamente quella del mentolo.

Figura 2. Rappresentazione schematica della compartimentazione che esiste nella cellula vegetale fra la via dell'acido mevalonico (MVA) e quella del metileritritolo-1-fosfato (MEP) che porta alla sintesi dei terpenoidi.

Page 92: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

90 Maffei M.E. e Bertea C. M.

Questo monoterpene alcool si accumula insieme con altri composti simili nei tricomi ghiandolari del genere Mentha, ma è presente anche in altre specie come in alcune varietà di gerani profumati (Pelargonium). La biosintesi del mentolo inizia con la ciclizzazione del GPP per formare l’idrocarburo limonene. Sul limonene è inserito un gruppo OH per opera di una monoterpene idrossilasi citocromo P-450 dipendente che forma il trans-isopiperitenolo. L’ossidazione di questo composto produce isopiperitenone che è ridotto a cis-isopulegone. Una isomerasi trasforma il cis-isopulegone in pulegone, il precursore del mentone, del mentofurano e dell’isomentone. La riduzione del mentone da origine al mentolo. Alternativamente l’isopiperitenone può dare origine al piperitenone che può essere ridotto in piperitone oppure ossidato a piperitenone ossido. Un altro composto degno di nota è il carvone che si forma anch’esso per idrossilazione del limonene. Il primo passaggio consiste nella formazione di trans-carveolo che successivamente è ossidato a carvone. I gusti della menta sono apprezzati come gusto “peppermint” e gusto “spearmint”. Il primo è caratterizzato dalla presenza di monoterpeni quali mentolo, mentone, mentil acetato e mentofurano, mentre il gusto spearmint è dato prevalentemente dalla presenza di carvone e di carveolo. La diversa posizione del gruppo OH sul mentano impartisce un classico gusto ai due monoterpeni più famosi del mondo (Maffei, 1999; Gershenzon et al., 1989; Croteau et al., 1991). La figura 3 mostra i vari monoterpeni sintetizzati nel genere Mentha.

Le citocromo ossidasi P450 sono state caratterizzate da una moltitudine di specie vegetali ed animali e sono coinvolte in numerose vie metaboliche, comprese quelle relative alla produzione di sostanze volatili come i monoterpeni. Numerosi esempi di monoterpene P450 sono stati descritti, come nel caso della trasformazione del limonene in trans carveolo (Gershenzon et al., 1989) o del pulegone in metofurano (Bertea et al., 2001).

Un altro importante esempio è la trasformazione P450 dipedente del limonene nel composto trans isopiperitenolo, il precursore di tutti i terpenoidi para-mentanici della menta (Fig. 3).

Le citocromo P450 delle piante sono anche coinvolte nella detossificazione di xenobiotici e nella biosintesi e degradazione di

Page 93: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 91

composti importanti nelle interazioni pianta-insetto. Sono state caratterizzate circa 280 citocromo P450, circa 40 con funzione nota e oltre 190 con funzione ignota; 16 sono in corso di caratterizzazione, mentre di 24 si conosce solo la sequenza parziale (http://members.shaw.ca/P450sinPlants/Arabidopsis_Cytochrome_P450s.html).

Figura 3. Trasformazione P450-dipedente del limonane nel composto trans isopiperitenolo, precursore di tutti i terepnoidi para-mentanici della menta.

In generale, più di 30 terpenoide-sintasi vegetali sono state clonate

come cDNA, molti dei quali codificano per enzimi del metabolismo secondario. Poiché l’espressione dei geni delle terpene sintasi è altamente sovra-regolata in cellule specializzate come le cellule secretrici dei tricomi ghiandolari (per esempio nella menta) o limitata a determinati stadi di sviluppo o durante brevi e transienti periodi di risposta all’attacco di patogeni o erbivori, la maggior parte degli studi in biologia molecolare si è basata sull’arricchimento di tessuti vegetali per permettere un più efficace isolamento dell’mRNA. Bertea, Maffei e collaboratori hanno dimostrato come l’estrazione di tricomi permetta l’arricchimento di cellule secretrici per studi di tipo biochimico (Gershenzon et al., 1989) o biomolecolare (Bertea et al., 2003.; Bertea et al., 2001; Aharoni et al.; 2004).Per una revisione sulla biologia molecolare dei terpenoidi si consigliano le seguenti pubblicazioni (Tholl,. 2006; Hyatt e Croteau, 2005).

La dimostrazione del potere dei monoterpeni nel determinare e talvolta correggere la collocazione tassonomica è stata data da

Page 94: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

92 Maffei M.E. e Bertea C. M.

numerosi lavori scientifici. Per esempio la famiglia delle Pittosporaceae era classificata nel superordine Rosanae, ma un gran numero di specie appartenenti a questa famiglia contiene oli essenziali accumulati in canali resiniferi e tasche lisigene. Ciò non è riscontrabile nelle altre famiglie collocate nelle Rosanae, ma è invece comune in quelle appartenenti al superordine Aralianae, di cui fanno parte le famiglie Araliaceae e le Apiaceae (Maffei, 1999).

Nelle gimnosperme i generi più studiati da un punto di vista chemotassonomico sono nelle Pinaceae Pinus e Abies, nelle Cupressaceae Juniperus, Thuja e Cupressus e nelle Taxaceae Taxus. In particolare nel genere Juniperus i monoterpeni sono particolarmente utili a livello specifico e subspecifico. Nelle angiosperme una delle famiglie più studiate è quella delle Lamiaceae, seguita da quella delle Compositae, dove i monoterpeni si rivelano utili nella discriminazione a livello specifico di numerose specie. Sebbene i monoterpeni non siano presenti nelle foglie delle Leguminosae essi sono abbastanza frequenti nei fiori e fra questi i più comuni sono ocimene, mircene, limonene e linalolo, come nel genere Medicago. Gli iridoidi sono un gruppo di monoterpeni che rivestono una particolare importanza per studi chemotassonomici. Questi composti sono tipici di alcune delle principali famiglie fra cui: Valerianaceae, Dipsacaceae, Rubiaceae, Gentianaceae, Apocynaceae, Oleaceae, Lamiaceae ed Ericaceae. Questi composti sono limitati ai superordini Rutanae, Rosanae, Cornanae, Loasanae, Gentiananae,Lamianae ed Ericanae, indicando che la capacità di sintetizzare questi composti si è manifestata poche volte nella filogenesi dei vegetali (Maffei, 1999).

Fra i numerosi esempi di interazione pianta-insetto quello che più affascina è la produzione di sostanze vegetali che attraggono i predatori degli insetti che predano le piante, i cosiddetti predatori dei predatori. Le piante giocano un ruolo fondamentale nel difendersi dall’attacco di erbivori attraendo artropodi carnivori. Si è più volte notato che il danno subito da una pianta a seguito di attacco di erbivori provoca la produzione di metaboliti secondari che avvertono i nemici naturali sul luogo in cui trovare le loro prede (Huang et al., 2005; Aharoni et al., 2005). Queste molecole sono diverse da quelle prodotte a seguito di danno meccanico e la capacità del nemico naturale di

Page 95: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 93

riconoscerle e di identificarne la fonte di emissione determina la sua efficacia di predatore. Esistono delle differenze qualitative nell’emissione di queste sostanze che fanno si che il predatore possa distinguerle dal “rumore di fondo” di tutte le altre sostanze emesse; tale riconoscimento è inoltre specie specifico. È evidente quindi che tale tipo di interazione assume la caratteristica di interazione tritrofica: pianta-insetto-predatore carnivoro (Bruce et al., 2005). La novità di questa interazione sta nel fatto che fino a pochi anni fa si riteneva che le difese chimiche avessero un effetto diretto, in un’interazione di tipo bitrofico, con l’interazione tritrofica le difese delle piante assumono una nuova connotazione, di tipo indiretto. In termini evoluzionistici sono state le piante a evolvere la capacità di attrarre i predatori carnivori o sono stati questi ultimi a specializzarsi nel riconoscere le molecole emesse dalle piante a seguito dell’attacco degli erbivori? Occorre considerare che le piante normalmente rispondono agli erbivori producendo sostanze deterrenti, capaci cioè di scoraggiare l’insetto dal proseguire a cibarsi del vegetale (Pichersky et al., 2006). D’altra parte l’insetto stesso produce delle sostanze a seguito dell’atto di cibarsi di vegetali. Fortunatamente per le piante le sostanze da loro prodotte hanno la capacità di diffondere nell’ambiente più velocemente e a distanze maggiori rispetto a quelle prodotte dagli erbivori. Quindi i predatori carnivori percepiscono prima la molecola vegetale e quindi, una volta raggiunta la distanza adeguata, quella prodotto dall’erbivoro.

Esistono tre criteri di base perché un meccanismo di tale genere possa essere attuato: le molecole chimiche prodotte devono essere percepibili, distinguibili dalle altre e devono stimolare una reazione nel predatore carnivoro che le percepisce. Per esempio, la femmina del parassita Cotesia marginiventris non è attratta dall’odore emesso dalla larva di Spodoptera exigua che si sta cibando delle foglie di mais, ma dai composti volatili emessi dalla pianta. La pianta produce terpenoidi (fra i quali molti monoterpeni come l’ocimene) e composti indolici che attraggono il parassita carnivoro e il tempo durante il quale la pianta di mais è sotto l’attacco dell’erbivoro determina il tipo di sostanza chimica emessa, e quindi la capacità potenziale di attrarre la Cortesia (Lou e Baldwin, 2006). Dopo un’ora di attacco i composti emessi sono molecole volatili derivanti dall’azione di enzimi quali la

Page 96: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

94 Maffei M.E. e Bertea C. M.

lipossigenasi, acidi grassi, aldeidi e alcooli a basso peso molecolare. Dopo sei ore invece cominciano ad essere prodotti terpenoidi. Si è dimostrato sperimentalmente che la semplice abrasione o danneggiamento delle foglie provoca l’emissione di molecole volatili riconducibili a quelle indotte dopo un’ora di attacco di erbivori (Maffei, 1999). Queste molecole non hanno alcun effetto attrattivo sui predatori carnivori, che sono invece attratti dai terpenoidi, prodotti solo a seguito di attacco prolungato di erbivori. Il passaggio da situazione di danneggiamento meccanico a induzione alla produzione di terpenoidi è dato dall’interazione della saliva dell’erbivoro con i tessuti danneggiati.

I risultati ottenuti da questi studi indicano chiaramente che i metaboliti secondari emessi da piante sotto attacco di erbivori servono per attrarre i predatori carnivori, i nemici naturali degli erbivori. Due aspetti di questi segnali, la chiarezza e la sincronizzazione dei tempi, sono in perfetta armonia con la biologia dei predatori. Questo non vuol dire comunque che la produzione di terpenoidi volatili si sia evoluta esclusivamente sotto la pressione selettiva delle interazioni pianta-erbivoro e pianta-predatore carnivoro. È opinione comune che le difese indirette si siano evolute da quelle dirette , il vantaggio finale è di utilizzare la stessa via biosintetica e gli stessi composti per funzioni multiple, sia di richiamo, sia di controllo diretto del problema (con produzione di tossine) (Reddy e Guerrero 2004).

Tutte le informazioni che si possono ottenere da queste interazioni sono impiegabili per aumentare le difese chimiche delle piante coltivate, tramite un controllo biologico degli agenti infestanti (Halitschke e Baldwin, 2004). I predatori carnivori possono essere impiegati nel controllo degli erbivori così come le piante possono essere ingegnerizzate per produrre composti volatili di richiamo aumentando il potere attraente di queste molecole (Baldwin et al., 2006). Bibliografia 1. Aharoni,A., Giri,A.P., Verstappen,F.W.A., Bertea,C.M.,

Sevenier,R., Sun,Z.K., Jongsma,M.A., Schwab,W., and

Page 97: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Monoterpeni 95

Bouwmeester,H.J. 2004. Gain and loss of fruit flavor compounds produced by wild and cultivated strawberry species. Plant Cell 16: 3110-3131

2. Aharoni,A., Jongsma,M.A., and Bouwmeester,H.J. 2005. Volatile science? Metabolic engineering of terpenoids in plants. Trends in Plant Science 10: 594-602

3. Baldwin,I.T., Halitschke,R., Paschold,A., von Dahl,C.C., and Preston,C.A. 2006. Volatile signaling in plant-plant interactions: "Talking trees" in the genomics era. Science 311: 812-815

4. Bertea,C.M., Schalk,M., Karp,F., Maffei,M., and Croteau,R. 2001. Demonstration that menthofuran synthase of mint (Mentha) is a cytochrome P450 monooxygenase: Cloning, functional expression, and characterization of the responsible gene. Archives of Biochemistry and Biophysics 390: 279-286

5. Bertea,C., Schalk,M., Mau,C.J.D., Karp,F., Wildung,M.R., and Croteau,R. 2003. Molecular evaluation of a spearmint mutant altered in the expression of limonene hydroxylases that direct essential oil monoterpene biosynthesis. Phytochemistry 64: 1203-1211.

6. Bruce,T.J.A., Wadhams,L.J., and Woodcock,C.M. 2005. Insect host location: a volatile situation. Trends in Plant Science 10: 269-274.

7. Croteau,R., Karp,F., Wagschal,K.C., Satterwhite,D.M., Hyatt,D.C., and Skotland,C.B. 1991. Biochemical-Characterization of A Spearmint Mutant That Resembles Peppermint in Monoterpene Content. Plant Physiology 96: 744-752.

8. Gershenzon,J., Maffei,M., and Croteau,R. 1989. Biochemical and Histochemical Localization of Monoterpene Biosynthesis in the Glandular Trichomes of Spearmint (Mentha spicata). Plant Physiol 89: 1351-1357.

9. Halitschke,R. and Baldwin,I.T. 2004. Jasmonates and related compounds in plant-insect interactions. Journal of Plant Growth Regulation 23: 238-245.

10. Hyatt,D.C. and Croteau,R. 2005. Mutational analysis of a monoterpene synthase reaction: Altered catalysis through directed

Page 98: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

96 Maffei M.E. e Bertea C. M.

mutagenesis of (-)-pinene synthase from Abies grandis. Archives of Biochemistry and Biophysics 439: 222-233.

11. Huang, J., Schmelz, E.A., Alborn, H., Engelberth, J., and Tumlinson, J.H. 2005. Phytohormones mediate volatile emissions during the interaction of compatible and incompatible pathogens: The role of ethylene in Pseudomonas syringae infected tobacco. Journal of Chemical Ecology 31: 439-459

12. Lange,B.M. and Croteau,R. 1999. Isopentenyl diphosphate biosynthesis via a mevalonate-independent pathway: Isopentenyl monophosphate kinase catalyzes the terminal enzymatic step. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America 96: 13714-13719

13. Lange,B.M., Rujan,T., Martin,W., and Croteau,R. 2000. Isoprenoid biosynthesis: The evolution of two ancient and distinct pathways across genomes. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America 97: 13172-13177.

14. Lou,Y.G. and Baldwin,I.T. 2006. Silencing of a germin-like gene in Nicotiana attenuata improves performance of native herbivores. Plant Physiology 140: 1126-1136

15. Maffei,M. Metabolismo e prodotti secondari delle piante. 1999. Torino, UTET

16. Pichersky,E., Noel,J.P., and Dudareva,N. 2006. Biosynthesis of plant volatiles: Nature's diversity and ingenuity. Science 311: 808-811

17. Reddy,G.V.P. and Guerrero,A. 2004. Interactions of insect pheromones and plant semiochemicals. Trends in Plant Science 9: 253-261

18. Tholl,D. 2006. Terpene synthases and the regulation, diversity and biological roles of terpene metabolism. Current Opinion in Plant Biology 9: 297-304.

Page 99: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

97

Estrazione, caratterizzazione e conservazione di estratti bioattivi da Echinacea angustifolia DC.

Ferracane R., Graziani G., Fogliano V., Gallo M. Dipartimento di Scienza degli Alimenti, Università di Napoli “Federico II”, Portici, Napoli. E-mail: [email protected]

Riassunto Echinacea è una pianta officinale molto nota, usata soprattutto per

ridurre i sintomi e la durata delle malattie da raffreddamento. I principali composti bioattivi che sono stati isolati da Echinacea includono polisaccaridi, derivati dell’acido caffeico e componenti lipofilici (alchilammidi). Lo scopo di questo studio è stato il confronto fra due diversi metodi estrattivi (convenzionale ed innovativo con fluidi supercritici, SFE), la caratterizzazione degli estratti ottenuti e la loro stabilità nel tempo a 4°C. I diversi estratti sono stati analizzati inoltre per l’attività antiossidante, mediante un saggio spettrofotometrico (ABTS). In questo lavoro è anche riportata l'identificazione e la caratterizzazione dei composti fenolici e delle alchilammidi nelle radici di Echinacea angustifolia, mediante cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) con ionizzazione electrospray (ESI). I dati ottenuti dimostrano un maggiore contenuto di metaboliti antiossidanti negli estratti convenzionali rispetto a quelli supercritici. Questi ultimi estraggono selettivamente le componenti lipofile. Tutti gli estratti sono stabili a 4°C fino a tre mesi, cosa che facilita la commercializzazione di prodotti a base di Echinacea.

Page 100: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

98 Ferracane R. et al.

Astract

Echinacea is a popular herb used primarily to reduce the symptoms and duration of colds and flu-like illnesses.

The major active compounds isolated from Echinacea include polysaccharides, caffeic acid derivatives and alkylamides. The aim of this study was the comparison of two extractive methods (conventional and innovative with supercritical fluid, SFE), the chemical characterization of the extracts and the evaluation of their stability during storage at 4°C. The several extracts have been analyzed also for the antioxidant activity using ABTS spectrophotometric assay. In this work the identification and characterization of phenolic compounds and alkamides in Echinacea angustifolia roots by liquid chromatography coupled to mass spectrometry in tandem mode (LC/MS/MS) with electrospray ionization (ESI) was also reported. Results show that conventional extracts are richer in antioxidant metabolites than SFE extracts, which selectively contain the lipophilic components. All extracts are quite stable during storage at 4°C for three months, an interesting feature for the commercialization of Echianacea based products.

Introduzione L'Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteracee. Esistono

diverse specie del genere Echinacea, le più importanti sono: l'Echinacea purpurea, la angustifolia e la pallida. L’Echinacea angustifolia è una delle tre specie di Echinacea disponibile commercialmente ed ha un alto valore di mercato (Li, 1999; Davies, 1999); infatti, alla angustifolia viene in genere riconosciuto un più alto valore terapeutico, ma non esistono dati clinici a sostegno della sua presunta superiorità (Pepping, 1999). Evidenze provenienti da studi clinici, condotti su una popolazione ridotta di pazienti, suggeriscono che il trattamento con Echinacea può essere efficace nel trattamento precoce delle infezioni acute delle alte vie respiratorie (Barrett et al., 1999). I principali metaboliti bioattivi presenti nelle diverse specie di Echinacea sono composti polifenolici (acido caffeico, acido

Page 101: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 99

clorogenico, acido caftarico, echinacoside, acido cicorico, cinarina, naringenina), le alchilammidi (composti lipofili ad azione immunostimolate) (Bauer e Wagner, 1991) e polisaccaridi ad alto peso molecolare (arabinogalattani, fruttani e eteroxilani). Diversi studi hanno riportato l’analisi di alchilammidi nell’Echinacea (Lienert et al., 1998, Pietta et al., 1998). L’obiettivo dello studio è stato il confronto di differenti tecniche estrattive (tradizionali ed innovative), la caratterizzazione chimica degli estratti ottenuti, la valutazione della loro attività antiossidante e la valutazione della stabilità nel tempo. Lo studio ha previsto una caratterizzazione mediante spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) allo scopo di individuare tutti i metaboliti di interesse descritti in letteratura e di caratterizzare eventuali metaboliti non ancora identificati.

Materiali e metodi Materiali

I reagenti ed i solventi sono stati acquistati dalla Merck (Germania) e sono di grado analitico o HPLC. Le radici essiccate di Echinacea angustifolia sono state fornite da ERBA VITA s.a. Chiesanuova, Repubblica di San Marino. Gli standards usati per identificare i composti antiossidanti di Echinacea sono stati acquistati dalla Sigma (MI, Italia).

Estrazione Estrazione convenzionale dei campioni

3 g di radici liofilizzate sono stati estratti con tre diverse soluzioni

di 30 mL di metanolo, metanolo/acqua (70:30 v/v) e metanolo/acqua (70:30 v/v) acidificata con acido formico allo 0.1%. I tre campioni sono stati sonicati a temperatura ambiente per 30 minuti, centrifugati a 4000 rpm, a 4°C, filtrati con filtro di carta Whatman (Inghilterra) e quindi analizzati allo spettrometro di massa.

Page 102: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

100 Ferracane R. et al.

Estrazione dei campioni con metodo supercritico L’estrazione supercritica è stata eseguita utilizzando un sistema

Spe-ed SFE, modello 7020 / 690 bar Applied Separations, Allentown, PA, USA. 6 g di matrice vegetale sono stati estratti in un vessel di acciaio con un volume di 10 mL. L’estrazione è stata effettuata in tre differenti condizioni come riportato nello Schema 1 (Li Sun et al., 2002). In tutti gli esperimenti le valvole micrometriche sono state mantenute a temperatura di 65°C e il flusso del fluido supercritico è stato fissato a 1 L/min di gas.

SFE III Condizioni di estrazione Vessel: 10 mL Campione 6 g Temperatura: 45°C Flusso CO2: 1L/min (gas) Pressione: 200 bar Co-solvente: 5% metanolo Estrazione statica: 30 min Estrazione dinamica: 120 min

SFE II Condizioni di estrazione Vessel: 10 mL Campione 6 g Temperatura: 45°C Flusso CO2: 1L/min (gas) Pressione: 200 bar Estrazione statica: 30 min Estrazione dinamica: 120 min

SFE I Condizioni di estrazione Vessel: 10 mL Campione 6 g Temperatura: 45°C Flusso CO2: 1L/min (gas) Pressione: 90 bar Estrazione statica: 30 min Estrazione dinamica: 120 min

Schema 1

Prove di stabilità degli estratti

Tutti i diversi tipi si estratti sono stati portati a secco e conservati a

4°C per diversi tempi: 7 giorni (T1), 30 giorni (T2) e 90 giorni (T3) e successivamente analizzati sia per la caratterizzazione chimica che per la misura dell’attività antiossidante.

Page 103: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 101

Determinazione dell’attività antiossidante La misura dell’attività antiossidante dei diversi estratti è stata

valutata con un metodo spettrofotometrico basato sulla decolorazione di una soluzione contenente il catione radicalico ABTS·+ (acido 2,2’-azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonico)) ad opera dei principi antiossidanti riducenti utilizzando uno spettrofotometro UV/VIS Perkin Elmer Lambda 10. L’attività antiossidante sarà espressa in mmol equivalenti di Trolox. (Pellegrini et al., 2003)

Analisi LC/MS/MS

La separazione cromatografica è stata ottenuta usando un

apparecchio equipaggiato con due micropompe Serie 200 (Perkin Elmer, Canada), un rivelatore UV/VIS Serie 200 (Perkin Elmer, Shellton, USA) e una colonna Prodigy ODS3 100 Å, 250x4.6 mm, 5 µm (Phenomenex, CA, USA). Per l’analisi della componente polifenolica gli eluenti utilizzati sono stati: A acqua 0.2% acido formico; B CH3CN/MeOH (60:40 v/v). Il gradiente era il seguente: 20-30% B (6 min), 30-40% B (10 min), 40-50% B (5 min), 50-90% B (11 min) per poi tornare in 3 minuti alle condizioni iniziali, ad un flusso costante di 0.8 mL/min. L’analisi è stata eseguita ad una lunghezza d’onda di 280 nm. Il volume di iniezione era di 20 µL. I composti fenolici sono stati quantificati utilizzando una retta di calibrazione costruita nelle stesse condizioni con l’acido clorogenico nel range di concentrazioni 0,1-10 ppm. Le alchilammidi sono state analizzate utilizzando la stessa colonna cromatografica termostatata a 30°C ed eluite con acqua-0,1% acido formico (fase A) e acetonitrile-0,1% acido formico (fase B). Il gradiente di eulizione è stato il seguente: 10-19% B (9 min), 19-45% B (2 min), 45-80% B (29 min), 80-100% B (2 min) per poi tornare in 3 minuti alle condizioni iniziali, ad un flusso costante di 1 mL/min e ad una lunghezza d’onda di 254 nm. Le analisi di spettrometria di massa sono state eseguite utilizzando uno spettrometro di massa API 3000 triplo quadrupolo (Applied Biosystems, Canada) equipaggiato con una sorgente TurboIonspray. Le analisi della componente fenolica sono state eseguite in modalità degli ioni negativi in MRM (multiple reaction

Page 104: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

102 Ferracane R. et al.

monitoring) ad una temperatura di 400°C. Le analisi delle alchilammidi sono state eseguite nella modalità degli ioni positivi in (scansione nell’intervallo) 200-800 uma, ad una temperatura di 103 °C (Xu-Biao Luo et al., 2003).

Risultati e discussione In letteratura sono riportati numerosi lavori sull’estrazione dei

metaboliti bioattivi di Echinacea attraverso metodiche convenzionali mediante Soxhlet o macerazione con diversi solventi o miscele idroalcoliche (Bauer et al.., 1989; Bergeron et al., 2000; Stuart e Willis, 2000). L’estrazione in fase supercritica è largamente impiegata nell’estrazione di principi bioattivi lipofili a scopo farmaceutico, tuttavia è poco esplorata per i metaboliti di Echinacea (Sun et al., 2002). L’estrazione con fluidi supercritici presenta notevoli vantaggi nell’estrazione di composti naturali a partire da materiale vegetale. La CO2 in fase supercritica, in particolare, non è infiammabile, non è tossica, ha un basso costo, può essere facilmente rimossa dall’estratto attraverso decompressione e consente di ottenere estratti più selettivi. A tali vantaggi va aggiunto anche che la temperatura critica della CO2 è relativamente bassa e di conseguenza è irrilevante anche la decomposizione termica dei metaboliti bioattivi in fase estrattiva (Scalia et al., 1999). Nella tabella 1 sono riportate le rese totali per i differenti tipi di estratto.

Tabella 1. resa dei differenti tipi di estratto Estratto Resa Metanolo 6.6% Metanolo/acqua (70:30) 15.9% Metanolo/acqua (70:30) 0,1% ac. formico 19.0% SFE I 0.40% SFE II 0.25% SFE III 0.45%

Page 105: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 103

Dai dati riportati si osserva che si ottiene una resa molto maggiore con l’estrazione convenzionale ed in particolare con una soluzione idroalcolica metanolo/acqua (70:30, v/v) acidificata allo 0,1% con acido formico.

I composti polifenolici sono stati identificati in base al loro peso molecolare, al pattern di frammentazione e al confronto del loro tempo di ritenzione (tR) e spettro UV con quello degli standards. Nella tabella 2 sono riportati i composti polifenolici identificati, il tR, il peso molecolare e la frammentazione ottenuta.

Tabella 2. Composti fenolici identificati mediante spettrometria di massa

Composto Tempo di

ritenzione (min) [MH]-

m/z Frammenti

MS/MS m/z Caffeil diexoside 6.19 503 341; 179 Acido clorogenico 7.13 353 191 Echinacoside 8.03 7868 623 Acido caffeico 9.11 179 135 Luteolina-glicosil glucoronide

11.38 623 461

Cinarina 13.87-15.65 515 353; 191 Acido cicorico 13.73 473 311; 293;149

I composti a tR 6,19 min e 11,38 min, in base al peso molecolare

ed al pattern di frammentazione potrebbero essere identificati come caffeil diexoside e luteolina-glicosil glucoronide rispettivamente, pur non essendo in possesso degli standards. I dati ottenuti indicano la presenza di composti già noti per l’Echinacea angustifolia quali echinacoside, acido cicorico, cinarina, acido clorogenico e la presenza di composti non ancora riportati quali caffeil diexoside, acido caffeico e luteolina-glicosil glucoronide (Pellati et al., 2004).

Analogamente nella tabella 3 sono riportate le alchilammidi identificate ed alcuni composti (NI = non identificati) il cui

Page 106: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

104 Ferracane R. et al.

assorbimento UV a 254 nm e la ionizzazione sono tipiche delle alchilammidi, ma il peso molecolare non corrisponde ad alchilammidi già riportate in letteratura (Sun et al., 2002; Luo et al., 2003). Tabella 3. Alchilammidi identificate mediante spettrometria di massa

Picco tR m/z [MH]+

m/z [MNa]+

Composto

A 22.07 230 252 undeca-2E,4Z-diene-8,10-dynioc acid isobutilamide o undeca-2Z,4E-diene-8,10- dynioc acid isobutilamide

B 23.84 231 253 N.I. C 24.23 233 255 undeca-2Z-en -8,10-

dynioc acid isobutilamide D 24.23 244 266 dodeca-2Z,4E-diene-

8,10-diynoic acid isobutilamide

E 24.9 237 259 N.I. F 27.03 248 260 dodeca-2E,4E,8Z,10Z-

tetraenoic acid isobutilamide

G 27.25 239 261 N.I. H 29.33 286 308 N.I. I 31.9 e

32.11 241 263 N.I.

Nelle figure 1 e 2 sono riportati rispettivamente i cromatogrammi

TIC e UV della componente polifenolica e delle alchilammidi di un estratto convenzionale di radici di Echinacea angustifolia.

Page 107: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 105

Figura 1. Cromatogramma TIC ed UV a 280 nm della frazione polifenolica di un estratto MeOH/H2O di Echinacea angustifolia

B

A

C+D B

EF G H

I I

Figura 2. Cromatogramma TIC ed UV a 254 nm delle alchilammidi presenti in un estratto MeOH/H2O di Echinacea angustifolia

Page 108: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

106 Ferracane R. et al.

Nella tabella 4 è riportata la capacità estrattiva dei vari metodi utilizzati per i composti polifenolici, espressa come % di metabolita estratto, attribuendo il 100% al valore più elevato. I composti fenolici sono stati quantificati utilizzando la retta di taratura dell’acido clorogenico.

I risultati riportati in tabella dimostrano una migliore efficienza estrattiva della soluzione idroalcolica acidificata per tutti i derivati dell’acido caffeico a causa della polarità e della natura acida di questi composti. In tabella 4 sono riportati solo i dati relativi all’estratto SFE III in quanto in SFE I ed in SFE II non sono presenti composti fenolici. Tabella 4. Capacità estrattiva dei composti polifenolici dei diversi metodi utilizzati espressa in %

Estratto

Metanolo MeOH/H2O MeOH/H2O acidificato

SFE III

Ac. caffeico 66.64 96.36 100 61.64 Ac. cicorico 31.91 75.31 100 13.34 Cinarina 73.72 100 93.02 64.30 Ac. clorogenico 48.13 97.42 100 18.78 Caffeil-diexoside 99.11 99.70 100 98.52 Echinacoside 40.50 87.00 100 14.88 Luteolina glicosil-glucoronide 97.87 100 98.84 96.32

Nella tabella 5 è riportata la capacità estrattiva dei vari metodi per

le alchilammidi. In questo caso non essendo in possesso degli standards sono state confrontate le aree ottenute per ciascun composto nei vari metodi. I dati riportati in tabella 5 indicano che le alchilammidi risultano estratte con una maggiore efficienza

Page 109: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 107

utilizzando una soluzione metanolica data la loro natura lipofila. Confrontando la tabella 4 e la tabella 5 si osserva che l’estrazione supercritica risulta essere maggiormente selettiva in quanto gli estratti SFE I e SFE II contengono le alchilammidi ma non i polifenoli.

Gli estratti ottenuti sono stati analizzati anche per valutare la loro capacità antiossidante. Come descritto nella sezione dei materiali e metodi si è valutata la capacità riducente delle molecole antiossidanti presenti, attraverso la misura della decolorazione di una soluzione di cromogeno radicalico. Tabella 5. Capacità estrattiva delle alchilammidi dei diversi metodi utilizzati espressa in %.

L’attività antiossidante è stata espressa come µmoli trolox per 100

grammi di prodotto (Tab. 6). Dai dati ottenuti emerge una notevole attività antiossidante degli estratti convenzionali, in particolare della soluzione idroalcolica non acidificata. Questo dato probabilmente è dovuto al maggiore contenuto in alchilammidi dell’estratto idroalcolico non acidificato rispetto a quello acidificato. Il potere antiossidante degli estratti convenzionali è confrontabile con quello di alcune matrici vegetali (cavolo, carciofo, pomodoro) riportato in letteratura da Pellegrini et al. (2003).

Estratto picco A

picco B

picco C+D

picco E

picco F

picco G

picco H

picco I

SFE III 9.5 8.7 10.8 16.4 4.2 21.5 13.5 13.7 SFE II 8.6 5.9 11.3 8.0 11.0 7.3 14.2 7.8 SFE I 26.6 17.9 16.0 34.7 7.2 19.9 15.8 27.3 Metanolo 100 100 100 100 100 100 100 83.0 MeOH/H2O acidificato 69.3 56.6 34.5 67.9 34.0 83.0 65.2 90.0

MeOH/H2O 90.6 84.5 76.4 82.0 97.0 97.0 85.0 100

Page 110: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

108 Ferracane R. et al.

Le prove di conservazione sono state effettuate sui diversi tipi di estratti essiccati e conservati a 4°C per diversi tempi, come descritto nella sezione dei materiali e metodi. I risultati ottenuti, dimostrano che la componente bioattiva (polifenoli ed alchilammidi) dei diversi estratti di Echinacea non subisce sostanziali modificazioni durante il periodo di conservazione considerato.

La deviazione standard è stata calcolata su valori ottenuti da tre analisi (n=3) mediante analisi statistica effettuata con SPSS (ANOVA); non sono state riscontrate differenze statisticamente significative.

Tabella 6. Attività antiossidante dei diversi tipi di estratti. Tipo di estratto µmoli trolox/100g MeOH 93.791 MeOH/H2O (70:30) 108.592 MeOH/H2O (70:30) 0,1% ac.formico 69.403 SFE I 0.277 SFE II 0.248 SFE III 0.395

Conclusioni I risultati del seguente studio hanno permesso una caratterizzazione

mediante spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) di tutti i metaboliti di interesse descritti in letteratura e l’individuazione di metaboliti non ancora identificati.

Il confronto fra l’estrazione di radici di Echinacea angustifolia con due metodi diversi (convenzionale e con fluidi supercritici), ha permesso di concludere che l’estrazione convenzionale ed in particolare quella con soluzione idroalcolica metanolo/acqua (70:30, v/v) acidificata, presenta una resa maggiore, rispetto all’estrazione supercritica. Tuttavia le alchilammidi essendo di natura lipofila sono

Page 111: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia 109

estratte con maggiore efficienza utilizzando una soluzione metanolica. L’analisi dei dati dell’attività antiossidante dei vari estratti mostra una capacità antiossidante maggiore per gli estratti con soluzione idroalcolica non acidificata a causa della maggiore presenza di alchilammidi rispetto all’estratto acidificato. Infine, dalle prove di conservazione, effettuate sui diversi tipi di estratti, emerge che la componente bioattiva (polifenoli ed alchilammidi) non subisce sostanziali modificazioni. Questa osservazione è particolarmente interessante per la commercializzazione di prodotti a base di Echinacea che effettivamente possono avere una vita di scaffale relativamente lunga.

Bibliografia 1. Barrett, B., Vohmann, M., Calabrese, C. 1999. Echinacea for

upper respiratory infection. J. Fam. Pract. 48: 628-35. 2. Bauer, R., Wagner H. 1991. Echinacea species as potential

immunostimulatory drugs. In Economic and Medical Plant Research. Wagner H., Farnsworth N.R. (Eds.), Academic Press Ltd. San Diego, CA, vol. 5, pp 253-321.

3. Davies, J.R. 1999. Elements books Ltd. Boston, MA. Hobbs C. 1989. The Echinacea handbook. Eclectic Medical. Portland, OR.

4. Li, Sun, Karamatollah A. Rezaei, Feral Temelli, Buncha Ooraikul. 2002. Supercritical fluid extraction of alkylamides from Echinacea angustifolia. J. Agric. Food Chem. 50: 3947-3953.

5. Li, T.S.C. 1998. Cultivation and medicinal value. HortTechnology 8: 122-129.

6. Lienert, D., Anklam, E., Panne, U. 1998. Gas chromatography- mass spectra analysis of root of Echinacea species and classification by multivariate data analysis. Phytochemistry 9: 88-98.

7. Pellegrini, N., Del Rio, D., Colombi, B., Bianchi, M., Brighenti, F. 2003. Application of the 2,2'-Azinobis(3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonic acid) Radical Cation Assay to a Flow Injection System for the Evaluation of Antioxidant Activity of Some Pure Compounds and Beverages. J. Agric. Food Chem. 51(1): 260-264.

Page 112: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

110 Ferracane R. et al.

8. Pepping, J. 1999. Echinacea. Am J Health Syst Pharm. 56:121-2. 9. Pietta, P., Mauri, P., Bauer, R. 1998. MEKC analysis of different

Echinacea species. PlantaMed. 64: 649-652. 10. Scalia, S., Giuffreda, L., Pallado, P. 1999. Analytical and

preparative supercritical fluid extraction of chamomille flowers and its comparison with conventional methods. Journal of Pharmaceutical and Biomedical Analysis 21: 549-558.

11. Xu-Biao, L., Bo, C., Shou-Zhuo, Y., Jian-Guo, Z. 2003. Simultaneous analysis of caffeic acid derivatives and alkamides in root and extracts of Echinacea purpurea by high-performance liquid chromatography-photodiode array detection-elettrspray mass spectrometry. J. Chromatogr. A, 986: 73-81.

Page 113: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

111

Caratterizzazione chimica e determinazione dell’attività antiossidante degli estratti polifenolici di bardana

(Arctium lappa L.). Graziani G., Ferracane R., Gallo M., Ritieni A., Fogliano V. Dipartimento di scienza degli alimenti, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Portici, Napoli. E-mail: [email protected] Riassunto

Flavonoidi, acidi fenolici e lignani sono stati estratti dalle radici, dai semi e dalle foglie di bardana e caratterizzati mediante cromatografia liquida accoppiata ad uno spettrometro di massa tandem (LC/MS/MS) nella modalità degli ioni negativi. I composti predominanti degli estratti di bardana sono derivati dell’acido caffeilchinico e l’arctina, tuttavia sono stati individuati anche lignani (arctigenina, matairesinolo, arctignano E, lappaoli) e flavonoidi. Lo studio condotto ha consentito di ottenere il profilo metabolico ed il potere antiossidante delle diverse parti della pianta di bardana.

Abstract Flavonoids, phenolic acids and lignans were extracted from

burdock (Arctium lappa) roots, seeds and leaves and characterized by liquid chromatography coupled to ionspray mass spectrometry in tandem mode (LC/MS/MS) in negative mode. The predominant compounds of burdock extracts were caffeoylquinic acid derivatives and arctiin, furthermore several lignans (arctigenin, matairesinol, arctignan E, lappaols) and flavonoids were distinguished. Our experiment allowed to obtain the metabolic profile and antioxidant activity of different parts of burdock.

Page 114: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

112 Nutricati E. et al.

Introduzione E’ampiamente riportato nella letteratura scientifica internazionale

che la bardana (Arctium lappa), pianta asteracea molto diffusa e conosciuta soprattutto nella tradizione della medicina cinese, possiede innumerevoli effetti benefici. A parte gli effetti positivi riportati nei confronti dei disturbi cutanei, nella cura della gotta e nello stimolo delle difese del corpo umano è riportato per questa pianta un effetto depurativo collegato al fatto di avere proprietà diuretica e di essere un valido stimolatore della funzionalità biliare ed epatica, attività alle quali affianca un'interessante azione ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante (Spignoli et al, 1999). Diversi studi in vitro hanno dimostrato un effetto antinfiammatorio, antiossidante ed epatoprotettivo nei confronti di molti agenti tossici (Lin et al,. 1996).

I componenti del fitocomplesso responsabili di tali attività sono rappresentati dagli acidi caffeilchinici, composti polifenolici quali l’acido clorogenico, l’acido caffeico, l’acido isoclorogenico e dai lignani quali daucosterolo, arctigenina, arctiina, matairesinolo e lappaoli. E’ importante sottolineare che anche per gli acidi caffeilchinici, presenti in misura significativa nella bardana, è stata descritta una potente attività nei confronti di molti agenti epatotossici.

Gli estratti metanolici provenienti dai semi hanno dimostrato proprietà antitumorali nei confronti di cellule cancerogene della prostata, mentre l’arctina estratta dai semi ha dimostrato effetti protettivi nei confronti della carcinogenesi indotta in cellule mammarie, pancreatiche, intestinali in esperimenti condotti in vivo su femmine di ratti (Hirose et al, 2000).

Nelle foglie i principali costituenti bioattivi sono rappresenati dall’arctina, dall’arctigenina e dall’onopordopicrina, non sono presenti in letteratura studi capaci di evidenziare gli effetti degli estratti ottenuti a partire da foglie (Liu et al,.2005). Diversi studi riportano che le radici di bardana posseggono svariate attività farmaceutiche che includono l’attività antibatterica, antimutagena, antiossidante, epatoprotettiva ed antinfiammatoria tutte riconducibili all’azione radical scavenger dei principali costituenti bioattivi (Lin et al. 1996, Maruta et al.1995).

Page 115: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 113

Materiali e metodi

Reagenti

Tutti i solventi e i reattivi sono stati acquistati dalla Merck (Germania) ed hanno una purezza grado HPLC. Le radici, le foglie ed i semi di bardana provengono da agricoltura biologica. Essi provengono, in particolare da BIOPLANTA (MT, Italy), Rocca dei Fiori (BO, Italy) e dall’azienda agricola “Campovioletto” (MI, Italy). Gli standard utilizzati per l’identificazione dei composti antiossidanti della bardana: acido caffeico, acido clorogenico, quercetina, luteolina, quercetina-ramnoglucoside (rutina), luteolina glucoside, quercetina ramnoside (quercitrina), quercetina glucoside sono stati acquistati alla Sigma. L’acido dicaffeilchinico (cinarina) e l’acido dicaffeiltartarico (cicorico) sono stati acquistati alla ChromaDex (Laguna Hills, CA, USA). Tutti gli standard di lignani (arctiina, arctigenina, lappaolo A, lappaolo C, arctignano E e matairesinolo) sono stati purificati dagli estratti di semi di bardana attraverso l’utilizzo di un HPLC-UV/VIS alla lunghezza d’onda di 280 nm con le stesse condizioni cromatografiche descritte nella sezione LC/MS/MS. Le frazioni dei diversi composti sono state raccolte dall’HPLC, liofilizzate, successivamente risospese in metanolo ed utilizzate per le analisi LC/MS/MS. Estrazione dei campioni

3g di materiale vegetale essiccato ( radici, foglie e semi) sono state

estratte con 30 mL di una miscela metanolo/acqua (70:30 v/v) in un bagnetto ad ultrasuoni per 30 minuti a temperatura ambiente. Le miscele sono state successivamente centrifugate a 4000 rpm, filtrate con un filtro di carta Whatman (Inghilterra) e quindi utilizzati per le analisi LC/MS/MS. Analisi LC/MS/MS

Le separazioni cromatografiche sono state ottenute utilizzando un

HPLC equipaggiato con due micropompe serie 200 (Perkin Elmer,

Page 116: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

114 Nutricati E. et al.

Canada), un rivelatore UV/VIS serie 200 (Perkin Elmer, Shellton, USA) settato a 280nm ed una colonna Prodigy ODS3 100 Å (250x4.6 mm, particle size 5 µm) (Phenomenex, CA, USA). Le fasi eluenti erano costituite da : A acqua 0.2% acido formico; B CH3CN/MeOH (60:40 v/v). Il gradiente utilizzato era il seguente: 20-30% B (6 min), 30-40% B (10 min), 40-50% B (8 min), 50-90% B (8 min), 90-90% B (3 min), 90-20% B (3 min) ad un flusso costante di 0.8 mL/min. Un flusso di 0.2 mL/min veniva mandato nello spettrometro di massa. Il volume di iniezione era di 20 µL. Le analisi MS and MS/MS degli estratti di bardana sono state eseguite con uno spettrometro di massa API 3000 triplo quadrupolo (Applied Biosystems, Canada) equipaggiato con una sorgente TurboIonspray. L’acquisizione è stata effettuata nella modalità degli ioni negativi in MRM (multiple reaction monitoring). Misura dell’attività antiossidante

Per la misura dell’attività antiossidante è stato utilizzato un metodo riportato in letteratura (Pellegrini et al., 2003). Tale metodo si basa sull’utilizzo del cromogeno 2,2’-azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonato) che produce nella forma radicalica un assorbimento tipico a 734 nm. L’attività antiossidante è valutata come riduzione dell’assorbanza a 734 nm del catione radicalico dell’ABTS in presenza di molecole più affini per l’elettrone singoletto, ovvero di antiossidanti. L’attività antiossidante degli estratti è stata espressa come mmoli di trolox/100 g di campione utilizzando una retta di calibrazione costruita con il trolox (antiossidante lipofilo di riferimento).

Risultati e discussione I dati presenti in letteratura riportano che gli estratti di semi di

bardana sono particolarmente ricchi di lignani, un gruppo di metaboliti bioattivi formati dalla condensazione enzimatica di due o più unità fenilpropaniche. Poichè i lignani standard sono scarsamente disponibili in commercio sono stati purificati da un estratto di semi

Page 117: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 115

mediante un sistema HPLC impiegando le condizioni cromatografiche riportate nella sezione dei materiali e metodi. I lignani sono stati identificati in base al loro spettro UV ed al peso molecolare. Gli altri composti fitochimici, commercialmente disponibili, come l’acido clorogenico, la cinarina, l’acido caffeico, la luteolina, e la quercetina sono stati identificati in base al loro peso molecolare, al pattern di frammentazione, al tempo di ritenzione ed allo spettro UV in riferimento agli standard. Dopo la purificazione, i lignani standard sono stati risospesi in metanolo ed infusi direttamente in sorgente per ottenere spettri MS/MS con i pattern di frammentazione caratteristici, utilizzati successivamente nell’acquisizione MRM. Questo dato risulta particolarmente innovativo in quanto in letteratura non sono riportati esperimenti di spettrometria di massa tandem su questi lignani.

Nelle figure 1, 2 e 3 sono riportati i cromatogrammi TIC ed UV (λ=280 nm) relativi agli estratti idroalcolici di semi, foglie e radici di bardana.

Figura 1. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di semi di bardana.

Lappaolo A

Acido clorogenico

Acidocaffeico

cinarina

Lappaolo Carctina

Arctinano E

matairesinolo

Lappaolo F arctigenina

Page 118: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

116 Nutricati E. et al.

Figura 2. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di radici di bardana.

Figura 3. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di foglie di bardana.

Come si evince dai cromatogrammi gli estratti di semi sono quelli

più ricchi in lignani infatti è possibile notare la presenza di arctina e del suo aglicone arctigenina, dei lappaoli (A, C, F), dell’arctignano E e del matairesinolo.

arctina

Acido clorogenico

Acido caffeico

cinarina

quercetina ramnosidequercetina e luteolina

rutina

Acidoclorogenic Acido

caffeico cinarin quercitriquercetina e luteolina

Page 119: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 117

L’estratto di semi risulta essere anche particolarmente ricco di acidi dicaffeilchinici (acido clorogenico, caffeico, cinarina) e tracce di flavonoidi (quercetina e luteolina). Nell’estratto delle radici in accordo con quanto riportato in letteratura (Maruta et al., 1995) sono presenti derivati dell’acido caffeilchinico (acido clorogenico, acido caffeico e cinarina) ma anche flavonoidi semplici e glicosilati (quercetina, quercetina ramnoside e luteolina) non ancora descritti. Nell’estratto idroalcolico delle foglie sono presenti piccole quantità di aretina come già descritto in letteratura (Liu et al., 2005); sono stati identificati altri composti non riportati in letteratura come acido caffeico, acido clorogenico, cinarina, rutina, quercitrina, quercetina e luteolina. Gli estratti ottenuti caratterizzati mediante analisi LC/MS/MS sono stati analizzati anche per valutare l’attività antiossidante. A tal fine è stato utilizzato un metodo spettrofotometrico (Pellegrini et al., 2003) che si basa sulla decolorazione di una soluzione contenente un catione radicalico ad opera dell’azione riducente degli antiossidanti. Nella tabella 1 è riportata espressa come mmoli trolox/100 g di matrice secca. L’attività antiossidante dell’estratto dei semi è di gran lunga superiore rispetto a quella delle radici mentre risulta essere circa tripla rispetto a quella delle foglie. Da tale dato si può dedurre che l’elevata attività antiossidante dell’estratto dei semi è da attribuire alla componente lignanica di cui i semi sono particolarmente ricchi. Tabella 1. Attività antiossidante in diversi organi di bardana

Campione Attività antiossidante (mmoli trolox/100g) Radici 0.00163 Semi 0.06739

Foglie 0.02894 Conclusioni

Lo studio condotto ha consentito di ottenere una caratterizzazione

LC/MS/MS dei metaboliti bioattivi delle diverse parti (radici, foglie e semi) delle piante di bardana. Le indagini allo spettrometro di massa

Page 120: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

118 Nutricati E. et al.

hanno fornito informazioni utili riguardanti le frammentazioni dei lignani non ancora descritte in letteratura in quanto sono riportati solo spettri ESI-MS dell’arctina e dell’arctigenina (Liu et al., 2005). I cromatogrammi TIC-UV relativi ai diversi estratti dimostrano che gli estratti provenienti dai semi risultano essere quelli più ricchi in lignani i quali sono responsabili della notevole attività antiossidante di questi estratti. Bibliografia 1. Spignoli, G., Mercati, V., Boncompagni, E. 1999. Guida ai più

noti fitoterapici. Aboca, Poligraf, Sansepolcro (Ar) 2. Lin, C.C., Lu, J.M., Yang, J.J., Chuang, S.C., Ujiie, T. 1996. Anti-

inflammatory and radical scavenge effects of Arctium lappa. Am J Chin Med. 24(2):127-37

3. Hirose, M., Yamaguchi, T., Lin, C., Kimoto, N., Futakuchi, M., Kono, T., Nishibe, S., Shira,i T. 2000. Effects of arctiin on PhIP-induced mammary, colon and pancreatic carcinogenesis in female Sprague-Dawley rats and MeIQx-induced hepatocarcinogenesis in male F344 rats Cancer Letters 155 (1): 79-88(10),

4. Liu, S., Chen, K, Schliemann, W. 2005. Isolation and identification of arctiin and arctigenin in leaves of burdock (Arctium lappa L.) by polyamide column chromatography in combination with HPLC-ESI[sol ]MS Dieter Strack . Phytochemical analysis 16 (2): 86-89

5. Maruta, Y., Kawabata, J.,* e Niki, R.J., 1995. Antioxidative caffeoylquinic acid derivatives in the roots of Burdock (Arctium lappa L.). Agric. Food Chem., 43: 2592-2595

6. Pellegrini, N., Serafini, M., Colombi, B., Del Rio, D., Salvatore, S., Bianchi, M., Brighenti, F. 2003. Total antioxidant capacity of plant foods, beverages and oils consumed in italy assessed by three different in vitro assays. J. Nutr. 133:2812-2819

Page 121: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

119

Caratterizzazione di alcuni geni chiave per la produzione di metaboliti secondari in Passiflora incarnata ed Echinacea

angustifolia Nutricati E, Panzanaro S, De Bellis L. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università degli Studi di Lecce, Monteroni, Lecce E-mail: [email protected] Riassunto

L’enzima fenilalanina ammonio liasi (PAL; E.C. 4.3.1.5) è l’enzima che correla il metabolismo primario al metabolismo secondario dei fenilpropanoidi nelle piante (Hahlbrock e Scheel, 1989). PAL catalizza l’eliminazione non ossidativi di ammonio dall’aminoacido L-Phe dando origine all’acido transcinnamico, un precursore di numerosi composti fenilpropanoidi che svolgono diverse funzioni come supporto meccanico (lignine) (Whetten e Sederoff, 1995), come protettivo contro stress biotici e abiotici (Dixon e Paiva, 1995), come pigmenti quali le antocianine (Holton e Cornish, 1995). Grazie al suo ruolo chiave nel metabolismo dei fenilpropanoidi, e quindi nella produzione di metaboliti secondari, la PAL è uno degli enzimi più studiati. Un cDNA full length di 2384 nucleotidi codificante PAL, denominato PaPAL, è stato isolato da Passiflora incarnata, mentre un cDNA parziale di 1987 nucleotidi, denominato EcPAL è stato ottenuto da radici di Echinacea angustifolia. L’analisi di espressione dei due geni ha evidenziato che il gene PaPAL è espresso in giovani foglie ai primi stadi di sviluppo, mentre EcPAL è espresso solo nelle radici di piante coltivate in coltura idroponica. Tali risultati indicano che l’espressione dei geni PAL è altamente regolata dalle condizioni di coltivazione e dalla fase dello sviluppo della pianta

Page 122: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

120 Nutricati E. et al.

Abstract Phenylalanine ammonia lyase (PAL; E.C.4.3.1.5) is the gateway

from primary metabolism into the important secondary phenylpropanoid metabolism in plant. (Hahlbrock and Scheel, 1989). PAL catalyses the non oxidative elimination of ammonia from L-Phe to give trans-cinnamate, a precursor of numerous phenylpropanoid compounds that fulfil various essential functions as mechanical supports (lignins) (Whetten and Sederoff, 1995), as protectans against biotic and abiotic stress (Dixon and Paiva 1995), as pigments like the anthocyanins (Holton and Cornish, 1995). Because of its key role in secondary phenylpropanoid metabolism and secondary metabolites, PAL is one of the most extensively studied plant enzymes. A PAL gene, designed PaPAL was isolated from Passiflora incarnata with a full length cDNA of 2384 nucleotides; a partial cDNA of 1987 nucleotides, named EcPAL, was obtained from Echinacea angustifolia roots. The expression analysis of the two genes revealed that the PaPAL gene is expressed in young leaves at the first stage of development, whilst the EcPAL is expressed only in the roots of Echinacea plants cultivated in hydroponic cultivation. These results indicate that the expression of PAL genes is highly regulated by the culture conditions and the stage of development.

Introduzione

Le piante sono in grado di produrre migliaia numerosi composti

chimici, molti dei quali vengono utilizzati come composti medicinali. Nonostante che nel XX° secolo i notevoli progressi della chimica abbiano ridotto molto l’importanza e l’uso delle piante medicinali, nel corso degli anni novanta l’interesse per le piante medicinali è notevolmente cresciuto in tutti i paesi maggiormente industrializzati. Il successo dei principi attivi di origine vegetale è testimoniato dal fatto che alcune delle maggiori compagnie farmaceutiche americane hanno cominciato a produrre fitomedicine (Glaser, 1999). Molte sostanze un tempo estratte dalle piante hanno ceduto il passo a molecole di sintesi, a volte più efficaci e sicuramente più economiche

Page 123: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 121

da produrre. In altri casi, invece, il ritorno alle molecole naturali ha determinato una rivalutazione di alcuni principi attivi di sintesi, non più efficaci o con preoccupanti effetti collaterali. Recentemente, una serie di nuove molecole di derivazione vegetale è entrata nel mercato dei medicinali, suscitando l’interesse per nuove ricerche, sia di tipo chimico sia clinico. A fianco dell’industria farmaceutica, che estrae e purifica sostanze bioattive dalle piante, esiste una “credenza popolare”, meno standardizzata e controllata, che utilizza piante medicinali sotto forma di erbe, estratti, polveri per la cura di un gran numero di malattie.

Tra le numerose piante medicinali l’Echinacea è tra le più studiate per quanto riguarda la ricerca di molecole immunomodulanti. Il genere Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteraceae (o Compositae) ed è rappresentato tre specie principali: E. purpurea, E. angustifolia ed E. pallida. Echinacea angustifolia produce numerosi composti biologicamente attivi che hanno trovato il loro impiego sia nella medicina moderna sia tradizionale. Tali composti includono terpeni, alcani, ammidi, fenoli (Viles e Reese, 1996). Inoltre, studi compiuti sulle proprietà dei derivati dell’acido caffeico presenti nell’estratto di Echinacea (quali echinacoside, acido clorogenico, ecc.) hanno dimostrato che l’Echinacea è in grado di proteggere il collagene da stress di tipo ossidativo, rendendo utile l’impiego di estratti per il controllo dei danni che la pelle può subire in seguito di radiazioni nocive (UV-A, UV-B). Le potenzialità di questa pianta sono numerose, tanto che preparazioni a base di estratti da fiori, foglie, steli e radici di Echinacea sono ampiamente utilizzate per la prevenzione ed il trattamento del raffreddore (Flannery, 1999).

Un’altra pianta molto studiata ed il cui impiego nella medicina moderna è molto diversificato è la Passiflora. In vari Paesi estratti da foglie di Passiflora vengono utilizzati come sedativo, diuretico ed emetico. Le numerose proprietà del genere Passiflora derivano dalla presenza di alcaloidi, fenoli, flavonoidi, composti glicosilati e composti cianogeni. In particolare in Passiflora incarnata i flavonoidi rappresentano i fitocostituenti maggiormente presenti ed il loro maggiore accumulo è nelle foglie (Menghini et al., 1993).

La molecola di base per la costruzione delle diverse strutture fenoliche è un acido aromatico definito acido trans-cinnamico che

Page 124: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

122 Nutricati E. et al.

deriva dalla deamminazione dell’aminoacido fenilalanina, tramite l’azione dell’enzima fenilalanina ammonio liasi (PAL). L’acido trans-cinnamico ed il suo idrossi-derivato, definiti fenilpropani per la presenza di un gruppo propenico legato ad un anello aromatico, sono variamente sostituiti. Tra i fenilpropani più diffusi vi è l’acido cumarico, l’acido coniferico, i quali sono ridotti ad alcoli, i costituenti principali del polimero vegetale lignina.

Nonostante la loro importanza dal punto di vista applicativo, le piante medicinali non sono state studiate in maniera dettagliata dal punto di vista bio-molecolare, e quindi mancano informazioni relative alle sequenze genomiche.

Pertanto una caratterizzazione molecolare dei processi fisiologici che regolano la biosintesi di numerosi composti medicinali fornirebbe informazioni utili per un approccio biotecnologico con l’obiettivo di sviluppare colture artificiali e controllate per una produzione su larga scala di principi attivi.

Materiali e metodi

Ricerca ed analisi di sequenze gnomiche e di sequenze espresse

Per la ricerca di sequenze genomiche sono state utilizzate le banche dati TAIR (www.arabidopsis.org), NCBI (www.ncbi.nlm.nih.gov) ed EMBL (www.ebi.ac.uk). Per la ricerca delle sequenze è stato utilizzato il programma BLAST, ed il confronto tra sequenze nucleotidiche ed aminoacidiche è stato effettuato mediante il programma ClustalW disponibile presso il sito WEB European Bioinformatics Institute (www.ebi.ac.uk).

Materiale vegetale

Sono state utilizzate piantine di Passiflora incarnata ed Echinacea angustifolia coltivate su terriccio torboso e fatte crescere in un tunnel dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Lecce.

Page 125: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 123

Inoltre, sono state utilizzate piantine di Echinacea coltivate in idroponica in una camera di crescita alla temperatura di 25°C, con fotoperiodo di 16 ore.

RT-PCR e clonaggio dell’estremità 5’

L’RNA totale è stato estratto da tessuti vegetali utilizzando il sistema SV Total RNA Isolation System (Promega, Madison, WI, USA). L’RNA è stato separato mediante gel elettroforesi e colorato con etidio bromuro per confermare l’utilizzo di uguali quantità di campione.

Per la sintesi del cDNA l’RNA totale è stato denaturato mediante incubazione a 65°C per 5 minuti ed immediatamente posto in ghiaccio. La miscela di reazione (avente volume finale di 20 µl) conteneva 500 ng di RNA totale, 5 mM di DTT, 1 mM di dNTP mix, 2,5 µM di Oligo (dT)20, 40 U di RNAse OUT, cDNA Synthesis Buffer 1X e 15 U di ThermoScript reverse transcriptase (Invitrogen, Groningen, The Netherlands). La reazione è stata condotta incubando la miscela a 50°C per 30 minuti, e a 85°C per 5 minuti. Dopo l’aggiunta dell’RNAse H la reazione è stata incubata a 37°C per 20 minuti. Per la reazione di PCR, 2 µl del campione di cDNA è stato aggiunto ad una miscela contenente PCR Buffer 1X. 1,5 mM di MgCl2, 200 µM di dNTP mix, 1 µM di ciascun primer e 2 U di Platinum TaqDNA Polymerase (Invitrogen, Groningen, The Netherlands) fino ad un volume finale di 50 µl.

Le condizioni di amplificazione utilizzate sono state le seguenti: una prima denaturazione a 94°C per 5 minuti, seguita da 35 cicli, ognuno dei quali prevedeva la denaturazione a 94°C per 30 secondi, una fase di annealing a 60°C per 1 minuto, ed una fase di polimerizzazione a 72°C per 2 minuti, seguita da una fase finale a 72°C per 7 minuti.

La sequenza di interesse è stata amplificata utilizzando come stampo il DNA precedentemente sintetizzato a partire da RNA estratto da foglie di Passiflora incarnata e radici di Echinacea angustifolia utilizzando due serie di primer degenerati:

Page 126: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

124 Nutricati E. et al.

5’PAL: GG(AGCT) (AT) (GC) (AGCT) CA(CT) (CT)T (AGCT) GA (CT) GA(AG) GT(AGCT)AA (AG) (AC) G (AGCT) 3’PAL: (AG)CA (AGT)AT (AGCT)GG (AGCT)A(AG) (AGCT)GG (AGCT)GC (AGCT)CC (AG)TTCCA

I prodotti di PCR ottenuti sono stati successivamente clonati nel vettore PCR 2.1 TOPO e sequenziati. Sulla base del frammento PaPAL ottenuto sono stati poi selezionati dei primer gene- specifici per amplificare l’estremità 5’ del cDNA:

PALB: GTCCTACATTGCAGGTCTACTCACT PALC: TCAAGGTGGAGCTTGCAGAGTCT

L’amplificazione è stata realizzata utilizzando il kit First Choice TM

RLM-RACE kit (Ambion, Texas USA) secondo le istruzioni.

Analisi dell’espressione genica di PaPAL e EcPAL mediante RT-PCR

Reazioni di PCR sono state effettuate utilizzando coppie di primer gene-specifici per il gene PaPAL1 ed il clone parziale EcPAL1 utilizzando come stampo il cDNA sintetizzato a partire da RNA estratto rispettivamente da foglie di Passiflora incarnata e radici di Echinacea angustifolia. Per Passiflora sono stati utilizzati i primer F-PaPAL [ATGGAAACCATTAAGAATGG] e R-PaPAL R-PaPAL [GCTTAACTTCATCAAGAGACAACC] , mentre per Echinacea è stata utilizzata la coppia di primer F-EcPAL [TGGACGAGGTGAAGCGCATGGT] e R-EcPAL[ACATTGCTGTGAATAATTTGTCAA].

Per la reazione di PCR, 2 µl del campione di cDNA è stato aggiunto ad una miscela contenente PCR Buffer 1X, 1,5 mM di MgCl2, 200 µM di dNTP mix, 0,25 µM di ciascun primer e 2 U di Platinum TaqDNA Polymerase (Invitrogen, Groningen, The Netherlands) fino ad un volume finale di 50 µl. Le condizioni di amplificazione utilizzate sono state le seguenti: una prima denaturazione a 94°C per 5 minuti, seguita da 30 cicli, ognuno dei quali prevedeva la denaturazione a 94°C per 30 secondi, una fase di annealing a 57°C per 1 minuto, ed una fase di polimerizzazione a 72°C per 2 minuti, seguita da una fase finale a 72°C per 5 minuti.

Page 127: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 125

Risultati e discussione

Ricerca in banca di sequenze geniche PAL

Lo scopo del lavoro è la caratterizzazione di un gene chiave, la fenilalanina ammonio liasi (PAL) coinvolta nella via biosintetica dei fenilpropanoidi in specie quali Echinacea angustifolia e Passiflora incarnata. Data la scarsa disponibilità nelle banche dati (European Molecular Biology Organization, EMBO) di sequenze relative a tali specie la fase preliminare ha previsto una ricerca di geni PAL omologhi in Arabidopsis thaliana, organismo vegetale il cui genoma è stato completamente sequenziato. A tale fine, è stata condotta una ricerca nelle banche dati TAIR (http://www.arabidopsis.org), NCBI (http://www.ncbi.nml.nih.gov) ed EMBL (http://www.ebi.ac.uk). La ricerca ha rivelato in Arabidopsis l’esistenza di una famiglia costituita da 4 geni codificanti PAL (At2g37040, At3g53260, At5g04230, At3g10340). Al fine di richiedere cloni full-length, sono state analizzate le collezioni di EST/cDNA disponibili presso il Kazusa DNA Research Institute (http://www.kazusa.org.jp) e Salk Institute Genomic Analysis Laboratory (http://www.signal.salk.edu). Diversi cloni full-length sono stati individuati per i geni PAL1, PAL2, PAL4, alcuni dei quali sono stati ordinati all’Arabidopsis Biological Resource Center (ABRC). I cloni così individuati risultano utili quali sonde eterologhe per lo studio dell’espressione dei geni di interesse in Passiflora incarnata ed in Echinacea angustifolia.

Allo scopo di effettuare il clonaggio del gene codificante l’enzima fenilalanina ammonio liasi (PAL) in Passiflora incarnata ed Echinacea angustifolia, è stata effettuata una ricerca in database pubblici per sequenze aminoacidiche di PAL in altre specie vegetali, poiché per le specie oggetto di studio sono depositate pochissime sequenze geniche. Tale ricerca ha permesso di individuare numerose sequenze geniche codificanti PAL appartenenti a diverse specie vegetali, e sono state prese in considerazione le sequenze aminoacidiche dedotte che possedevano un’elevata identità (circa l’80%) con la sequenza aminoacidica di PAL1 di Arabidopsis thaliana (Fig. 1). Le sequenze aminoacidiche di PAL considerate appartengono

Page 128: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

126 Nutricati E. et al.

alle specie vegetali del genere Prunus, Glicine, Nicotiana, Daucus e Populus.

Figura 1. Confronto tra le sequenze aminoacidiche PAL di: Arabidopsis thaliana, Daucus, Glicine max, Populus, Prunus, Nicotiana. Le frecce indicano le regioni in corrispondenza delle quali sono stati individuati i primer degenerati 5’PAL e 3’PAL.

Tali sequenze sono state confrontate tra loro con l’ausilio del

programma ClustalW (www.ebi.ac.uk), al fine di individuare delle regioni conservate su cui individuare dei primer da utilizzare in reazioni di RT-PCR per ottenere un cDNA codificante PAL in Passiflora ed Echinacea.

Page 129: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 127

Il confronto ha evidenziato la mancanza di una regione conservata nella porzione N-terminale tra le diverse specie vegetali considerate, mentre la porzione C-terminale è risultata molto conservata. Pertanto, sulla base dell’omologia di sequenza sono stati individuati dei primer degenerati (Materiali e Metodi), denominati 5’PAL e 3’PAL. Il primer in posizione 5’ (5’PAL) è stato individuato in corrispondenza di una porzione di sequenza una quarantina di aminoacidi a valle della metionina iniziale, il primer in 3’(3’PAL) è stato individuato in corrispondenza della porzione finale della sequenza aminoacidica.

Da giovani foglie di Passiflora incarnata è stato estratto l’RNA totale da cui è stato sintetizzato successivamente il cDNA mediante trascrizione inversa, e tale cDNA è stato utilizzato come stampo per effettuare una PCR utilizzando i primer 5’PAL e 3’PAL. E’ stato ottenuto in questo modo un cDNA parziale di 2036 bp, denominato PaPAL. Il prodotto di PCR ottenuto è stato poi clonato nel vettore PCR 2.1 TOPO (Invitrogen, Groningen, The Netherlands) per il sequenziamento. Sulla base della sequenza ottenuta sono stati individuati due primer sequenza-specifici denominati PALB ed PALC per amplificare l’estremità 5’, utilizzando il sistema FirstChoce RLM RACE Kit (Ambion, Texas USA). E’ stato ottenuto un cDNA full length di 2384 bp. Tale cDNA codifica per una sequenza aminoacidica, PaPAL di 712 aminoacidi e peso molecolare calcolato di circa 75 kDa. L’allineamento multiplo della sequenza nucleotidica di PaPAL ottenuta con quelle di altri geni PAL ha evidenziato la massima identità (circa l’80%) di tale sequenza con quella di Populus tremuloides. Analogamente a Passiflora una reazione di RT-PCR è stata condotta su RNA estratto da radici di Echinacea angustifolia utilizzando i primer degenerati 5’PAL e 3’PAL, ed è stato ottenuto un cDNA parziale di 1987 bp, di cui è stato effettuato il sequenziamento.

Profilo di espressione di PaPAL ed EcPAL

Una volta ottenuto il cDNA full length PaPAL, è stata individuata una coppia di primer denominati F-PaPAL e R-PaPAL, per effettuare un’ analisi dell’espressione di tale gene a diversi stadi di sviluppo durante l’ontogenesi fogliare di Passiflora. Reazioni di RT-PCR sono state effettuate utilizzando RNA proveniente da foglie di piante di

Page 130: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

128 Nutricati E. et al.

Passiflora a 10, 20 e 30 giorni dalla comparsa delle foglie ed RNA proveniente da foglie di piante di circa 3 mesi. Come si evidenzia dalla figura 2, l’espressione del gene risulta massima dopo 10 dall’inizio dell’ontogenesi fogliare e subisce una lieve diminuzione dopo 20 e 30 giorni, mentre non si rileva alcun trascritto in foglie di circa 3 mesi.

Figura 2. A) Analisi dell’espressione mediante RT-PCR del gene PaPAL in foglie di Passiflora incarnata nel corso dell’ontogenesi fogliare. 1: 10 giorni dopo la comparsa delle foglie, 2: 20 giorni; 3: 30 giorni; 4: piantine di 3 mesi. B) L’RNA ribosomale sottoposto a corsa elettroforetica e colorato con etidio bromuro indica l’utilizzo di uguali quantità di RNA.

Una volta individuato un cDNA parziale di Echinacea angustifolia

codificante PAL (EcPAL), mancante solo di una porzione amino-terminale di circa 150 nucleotidi, sono stati selezionati dei primer gene-specifici per condurre esperimenti di RT-PCR. A tale scopo sono state effettuate reazioni di RT-PCR su RNA estratto da radici sia di piante di Echinacea fatte crescere in coltura idroponica o su un normale terriccio torboso in un tunnel presso l’Orto Botanico di Lecce. Come evidenziato in figura 3, è presente un trascritto relativo a EcPAL solo in radici di piante coltivate in idroponica e non in quelle fatte crescere in maniera tradizionale.

1 2 3 4

A)

Page 131: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia 129

1 2

A)

B)

Figura 3. A) Analisi dell’espressione mediante RT-PCR del gene EcPAL di Echinacea in radici di piante coltivate in coltura idroponica (1) e con il metodo tradizionale (2). B) L’RNA ribosomale sottoposto a corsa elettroforetica e colorato con etidio bromuro indica l’utilizzo di uguali quantità di RNA.

I risultati ottenuti suggeriscono che l’espressione dei geni PAL è

funzione dello stato fisiologico della pianta e dello stadio di sviluppo, in accordo con studi precedenti che hanno evidenziato come stress abiotici e biotici determinino un aumento dell’attività dell’enzima, come ad esempio nelle Leguminose, dove il virus del mosaico del tabacco induce l’attività della PAL, cui fa seguito un’induzione di fitoalessine antimicrobiche (Jones, 1984, Lambers et al., 1998)). L’identificazione di ulteriori sequenze PAL da Passiflora ed Echinacea permetterà di studiare le possibili funzioni della PAL in relazione ad una maggiore produzione di composti medicinali, probabilmente correlata alle condizioni ottimali di coltura, a particolari fasi di crescita e a specifici tessuti.

Page 132: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

130 Nutricati E. et al.

Bibliografia

1. Dixon, R.A.and Paiva, N.L. 1995. Stress-induced phenylpropanoid

metabolism. Plant Cell 7: 1085-1097. 2. Flannery, M.A., 1999. From rudbeckia to Echinacea: the

emergence of the purple cone flower in modern therapeutics. Pharm Hist. 41:52-59.

3. Glaser, V.1999. Billion-dollar market blossoms as botanical take root. Nat. Biotechnol. 17:17-18

4. Hahlbrock, K., Scheel D. 1989. Physiology and molecular biology of phenylpropanoid metabolism. Annu. Rev. Plant Physiol Plant Mol. Biol. 40:347-369

5. Holton, T.A., Cornish, E.C., 1995. Genetics and biochemistry of anthocyanins biosynthesis. Plant Cell 7:1071-1083.

6. Jones, D.H., 1984. Phenylalanine ammonia-lyase : regulation of its induction and role in plant development. Phytochemistry 23:1349-1359.

7. Lambers, H., Chapin, F.S., Pons, T.L. 1998. Plant Physiological Ecology, Sprinter Verlag, New York. pp.540.

8. Meneghini, A., Capuccella, M., Mercati, V., Mancini, L., Burata, M. 1993. Flavonoids contents in Passiflora spp. Pharmacology Research Communications 27, 13-14.

9. Viles, A.L., Reese, R.N. 1996. Allelophatic potential of Echinacea angustifolia D.C. Environmental and Experimental Botany 36(1): 39-45.

10. Whetten, R., Sederoff, R. 1995. Lignin biosynthesis. Plant Cell 7: 1001-1003.

Page 133: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

131

Proprietà antiossidanti ed epatoprotettive di Buglossoides purpurocaerulea (L.) I. M. Johnst.

Tommasi L., Negro C., Cerfeda A., De Bellis L., Miceli A. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università di Lecce, Monteroni, Lecce E-mail: [email protected]. Riassunto

La tradizione popolare di una piccola area del Sud Salento

(Ruggiano, LE) attribuisce alla Buglossoides purpureocaerulea proprietà curative delle malattie del fegato. In questo lavoro è riportata la valutazione della componente fenolica del decotto ottenuto da questa Boraginacea, la determinazione della sua attività antiossidante (AA) e gli effetti del decotto sulla crescita di culture cellulari di epatoma (HepG2). I dati hanno evidenziato che il decotto presenta una alta AA e che esso è in grado di proteggere le cellule HepG2 dagli effetti citotossici indotti dal H2O2 (valutazione eseguita mediante il test MTT). Tali proprietà sono attribuibili all’azione sinergica dei vari componenti che costituiscono il decotto.

Abstract

The decoction of Buglossoides purpureocaerulea is used in the folk medicine in same sites of the South Salento for its hepatoprotective properties. In this work, extracts of this plant prepared in accordance with traditional “recipe”, were characterized measuring the phenolics component and the antioxidant activity (AA). Moreover, it was evaluated the effects of B. purpureocaerulea decoction on induced cytotoxicity employing human liver derived HepG2 cells. Data showed that the decoction had an high AA and that it was able to protect HepG2 cells against H2O2 induced cytotoxicity (evaluated by MTT

Page 134: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

132 Tommasi L. et al.

assay). The antioxidant activity was probably due to the synergic effect of the decoction components.

Introduzione

Buglossoides purpureocaerulea (L.) I. M. Johnst. (Lithospermum purpureocaeruleum L.) è una pianta poco conosciuta, in uso presso una piccola comunità del Sud Salento e tradizionalmente nota per alcune sue proprietà “curative” così come altre specie della stessa famiglia. Le segnalazioni riferite all’impiego curativo di B. purpureocaerulea giungono da Ruggiano, piccola frazione di Salve (LE), dove viene coltivata la cosiddetta “erba di Santa Marina” (un unicum nell’area salentina) come elemento non secondario di una serie di pratiche rituali facenti capo al culto della Santa protettrice il cui santuario è, da sempre, meta di pellegrinaggio per gli infermi di itterizia o “male dell’arco” (Caloro, 1994; Minnone et al., 2003).

Questa ricerca è stata orientata alla caratterizzazione della componente polifenolica di B. purpureocaerulea, alla analisi dell’attività antiossidante degli estratti e ad una valutazione della loro possibile attività epatoprotettiva.

Materiali e metodi

Il materiale vegetale utilizzato è stato prelevato da porzioni aeree della pianta durante il periodo di fioritura negli anni 2004, 2005 e 2006 da colture in località Ruggiano (Salve, LE) e da piante cresciute spontaneamente presso il bosco Pianelle (Martina Franca, TA) ed è pertanto costituito da foglie, fusti e fiori essiccati in stufa termoventilata (40° per 24 ore) subito dopo la raccolta. Dal materiale vegetale finemente macinato sono stati ottenuti 4 differenti estratti: 1) Estratto tradizionale per decozione (Negro et al., 2005); 2) Estratto etanolico acidificato; 3) Estratto per macerazione in alcol etilico al 50% a pH 3 per 24 ore; 4) Estratto macerazione in acqua per 24 ore.

Sui diversi estratti ottenuti è stata determinata la quantità di fenoli totali (FT) e di orto-difenoli (ODF) rispettivamente mediante il

Page 135: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

B. purpurocaerulea 133

metodo di Folin e di Arnow (Baronetto, 1977). I valori ottenuti sono stati espressi in mg di acido rosmarinico equivalente/g di Peso Secco (P.S.). Inoltre, sono stato dosati l’acido rosmarinico (AR) e l’acido caffeico (AC) mediante metodo HPLC (Tommasi et. al., 2005). L’attività antiossidante è stata valutata con due test: protezione del β-carotene mediante il metodo di Marco (Miller, 1971) e quenching del radicale DPPH• (Brand-Williams et al., 1995; Bondet et. al., 1997).

I test biologici sono stati condotti utilizzando colture cellulari di cellule HepG2. Per valutare la citotossicità è stato utilizzato il test MTT (Mosmann, 1983). L’analisi statistica è stata eseguita mediante il test di Duncan (Duncan, 1955).

Risultati e discussione

La tabella 1 riporta la composizione in FT, ODF, AR e AC in estratti di B.porpureocaerulea ottenuti con diverse metodologie oltre a quella tradizionale.

Il decotto tradizionale ha un contenuto in FT pari a circa 69 mg/g di P.S. di cui più della metà sono ortodifenoli (43,2 mg/g P.S.). L’AR e l’AC sono invece rispettivamente pari a 8,1 e 1,3 mg/g P.S. I dati evidenziano che il processo di macerazione è il più efficace ai fini dell’estrazione dei composti polifenolici. Inoltre, analisi eseguite su decotti ottenuti da piante cresciute spontaneamente sia in ambienti soleggiati che in ambienti ombreggiati non hanno mostrato significative differenze di composizione fenolica.

L’AA dei diversi estratti, calcolata secondo il metodo di Marco (Fig. 1), evidenzia come il decotto, alle diverse concentrazioni testate, presenta attività antiossidante paragonabile a quella del butilidrossitoluene (BHT) e maggiore rispetto a quella della silimarina standard, una molecola con effetti epatoprotettivi estratta dal cardo mariano.

La capacità antiossidante del decotto è stata inoltre valutata attraverso il test quenching del radicale DPPH• (Tab. 2), facendo riferimento alle concentrazioni di AR e di ODF presenti nel campione, e comparando i valori ottenuti con quelli di diverse soluzioni standard.

Page 136: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

134 Tommasi L. et al.

Tabella 1. Quantità di fenoli totali (FT), orto-difenoli (ODF) valutati come acido rosmarinico equivalenti e contenuto in acido rosmarinico (AR) ed acido caffeico (AC) negli estratti analizzati di B. purpureocaerulea

FT

(mg/g P.S.)

ODF (mg/g P.S.)

AR (mg/g P.S.)

AC (mg/g P.S.)

Decotto tradizionale 68.9±6.4 43.2±7.2 8.1±2.1 1.3±0.8 Estratto etanolico 71.3±3.8 37.1±10.1 2.1±0.6 < L.Q. Macerazione in alcol etilico 100.1±6.7 52.8±3.6 9.3±1.9 2.1±0.7

Macerazione in acqua 84.6±5.1 24.2±2.1 11.4±2.8 3.4±1.1 L.Q. = Limite di quantificazione, pari a 0,1 mg/g P.S.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

AA

%

Dec

otto

Est

ratto

etan

olic

o

Mac

eraz

ione

in a

lcol

Mac

eraz

ione

in a

cqua

Sili

mar

ina

BH

T

20 ppm40 ppm60 ppm80 ppm

Figura 1. Attività antiossidante, espressa come percentuale di protezione del β-carotene, degli estratti ottenuti da B. purpureocaerulea, e degli standard di silimarina e BHT.

Page 137: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

B. purpurocaerulea 135

Tabella 2. Attività antiossidante percentuale (AA%), percentuale di distruzione del DPPH˙ (EC50, espressa come mg di antiossidante per g di DPPH˙), tempo necessario al raggiungimento di EC50 (TEC50, espresso in minuti) e potere antiradicalico (ARP=1/EC50x10−3) del decotto di B. purpureocaerulea. Nel confronto tra i diversi estratti, i campioni contrassegnati con lettere diverse sono statisticamente differenti (Test di Duncan).

Attività Antiossidante AA % EC50 TEC50 ARP

Decotto fresco* 55.5±2.6a 9.2±0.5 a 27.3±1.5 a 112.5±5.2 a

Decotto fresco° 5.4±0.3 b 112.5±5.6 b 0.7±0.4 b.c 8.9±0.5 b Silimarina 1.4±0.1 c 554.3±28.3 c 66.0±3.6 d 1.8± 0.1 c Ac. ferulico 2.8±0.2 d 218.7±11.6 d 8.1±0.5 e 4.6±0.3 d Ac. clorogenico 2.6±0.2 d 208.8±10.4 d 0.4 ±0.2 b 4.8±0.2 d * Valutazione riferita alla sola quantità di acido rosmarinico presente nel campione. ° Valutazione riferita alla quantità di ODF presenti nel campione.

Il decotto fresco, valutato rispetto alla sua componente

ortodifenolica, si rivelato un ottimo antiossidante con un potere antiradicalico (ARP) uguale a quello del BHT e con una velocità di azione TEC50 molto più rapida.

La valutazione dell’AA del decotto fresco rispetto al solo contenuto in acido rosmarinico ha permesso, invece, di mettere in evidenza che il potere antiossidante del decotto non può essere attribuito interamente e/o soltanto alla presenza AR né alla sola azione sinergica di AR e AC. Ciò ha trovato conferma nei test DPPH˙ di screening realizzati sulle frazioni del decotto separate e purificate mediante HPLC semipreparativa, che hanno evidenziato la presenza di numerose molecole antiossidanti.

Inoltre, prove di purificazione del decotto mediante estrazione liquido/liquido con diverse soluzioni di acetato di etile/etere di petrolio hanno permesso di ottenere un estratto purificato con notevole

Page 138: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

136 Tommasi L. et al.

AA, contenente fino al 54% di ODF, di cui oltre la metà rappresentati da AR e AC.

Saggi tossicologici mediante test MTT hanno evidenziato che il decotto, alle concentrazioni testate, non sembra avere effetti tossici sulle cellule HepG2, ma al contrario ne incrementa la velocità di moltiplicazione rispetto al controllo non trattato.

Tale effetto si manifesta anche trattando con il decotto cellule HepG2 preventivamente sottoposte ad azione dell’H2O2 (100 mM). La figura 2 in particolare mette in evidenza come concentrazioni dell’ordine di 1 µg/ml di mezzo di coltura riducono significativamente i danni cellulari causati dal perossido di idrogeno e contrazioni pari o superiori a 3 µg/ml inducono una variazione positiva della vitalità cellulare calcolata rispetto al controllo non trattato.

-40

-20

0

20

40

60

80

varia

zion

e %

risp

etto

al

cont

rollo

non

trat

tato

0 0,3 1 2 3 6 9 12 15

decotto (µg/ml)

Figura 2. Variazione percentuale di vitalità cellulare di cellule HepG2 trattate con H2O2 (100 mM) e successivamente incubate per 24 ore con diverse concentrazioni di decotto di B. purpureocaerulea valutata rispetto a un controllo non trattato.

Page 139: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

B. purpurocaerulea 137

Conclusioni

Le diverse prove di quantificazione e caratterizzazione della componente fenolica del decotto ottenuto da B. purpureocaerulea e dei suoi vari estratti e la conseguente valutazione dell’attività antiossidante e dell’attività biologica in “vitro” sembrano confermarne l’attività biologica attribuita, dalla “tradizione popolare”, alla pianta. In particolare, le possibili proprietà curative (epatoprotezione) che sembrano derivare all’assunzione giornaliera del decotto potrebbero essere dovute non tanto alla presenza di singoli componenti, quali acido rosmarinico ed acido caffeico, ma all’azione sinergica dei vari componenti. Infine, mediante test cellulari preliminari, è stato evidenziato che il decotto ottenuto da B. purpureocaerulea. sembra indurre un incremento della vitalità cellulare delle cellule HepG2 anche quando queste sono state preventivamente trattate con perossido di idrogeno.

Ringraziamenti

Si ringrazia il Laboratorio di Anatomia Comparata dell’Università di Lecce diretto dalla Prof.ssa Dini, ed in particolare la Dott.ssa Chionna, per l’indispensabile contributo nell’esecuzione dei test su cellule HepG2.

Bibliografia 1. Baronetto, L. 1977. “Polifenoli e tecnica enologica”. Ed agricole

(Eds.), Bologna, IT, pp. 111-119. 2. Bondet, V., Brand-Williams, W., Berset, C. 1997. Kinetics and

Mechanisms of Antioxidant Activity using the DPPH Free Radical Method. Lebensm.-Wiss. u.-Technol. 30: 609-615.

3. Brand-Williams, W., Cuvelie,r M.E., Berset, C. 1995. Use of a Free Radical Method to Evaluate Antioxidant Activity. Lebensm.-Wiss. u.-Technol. 28: 25-30.

Page 140: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

138 Tommasi L. et al.

4. Caloro, A. 1994. Santa Marina e il ‘male d’arco’. in “Annu Novu Salve vecchiu”; Vantaggio (Ed.), Salve, IT, pp.: 26-32.

5. Duncan, D.B. 1955. Multiple range and multiple F tests. Biometrics 11: 1-42.

6. Miller, H.E. 1971. A rapid method for the evaluation of antioxidants. JAOCS, 48: 594.

7. Mintone, F., Torsello, S. 2003. L’erba di Santa Marina, terapie magico religiose e medicina popolare nel culto di Santa Marina a Ruggiano (LE), Libears 2-3: 85-90.

8. Mosmann, T. 1983. Rapid colorimetric assay for cellular growth and survival: application to proliferation and cytotoxicity assays. J Immunol Methods 65: 55-63.

9. Negro, C., Miceli, A. 2005. Componente fenolica e valutazione dell’attività antiossidante in Buglossoides purpureocaerulea (L.) Jhonston extracts. 7° Convegno Nazionale sulla biodiversità. 30/03–2/04. Catania.

10. Tommasi, L., Negro, C., Cerfeda, A., De Bellis, L., Miceli, A. 2005. Phenolic content and antioxidant activity of Buglossoides purpureocaerulea (L.) Jhonston extracts. 7° Convegno FISV 22-25/09, Riva del Garda (TN), p. 205

Page 141: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

139

Potere antiossidativo in estratti lipofili ed acquosi di Salvia officinalis L.: vantaggi dell’analisi di “Electron Spin

Resonance” (ESR) a confronto con i metodi tradizionali Sgherri C.1, Pinzino C.2, Izzo R.1, Navari-Izzo F.1 1Dip. Chimica e Biotecnologie Agrarie, Università di Pisa, Pisa 2Istituto per i Processi Chimico-Fisici, C.N.R., Pisa E-mail: [email protected] Riassunto

I radicali sale di Fremy e DPPH sono stati utilizzati per la determinazione del potere antiradicalico con la tecnica ESR rispettivamente in estratti acquosi e lipidici di salvia. Le costanti cinetiche di decadimento dei due radicali erano 10 e 100 volte inferiori rispetto a quelle in presenza dell’estratto. I due radicali davano rispettivamente cinetiche di 1° e 2° ordine. Rispetto alla tecnica spettrofotometrica, che utilizza il radicale ABTS+, quella ESR risultava da 10 a 60 volte più sensibile.

Abstract Fremy’s salt and DPPH were employed to determine antiradical

power by ESR in aqueous and lipid extracts of sage, respectively. The decay rate constants of the two radicals were 10 and 100 times lower compared to those in the presence of extract. The two radicals gave 1st and 2nd order kinetics, respectively. In comparison with spectrophotometric technique, which uses ABTS+ radical, ESR technique was 10-60 times more sensitive.

Page 142: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

140 Sgherri C. et al.

Introduzione

Sia l’industria che la ricerca scientifica mostrano un interesse sempre più crescente nei confronti delle spezie e delle erbe aromatiche a causa della presenza di antiossidanti e per le loro proprietà antimicrobiche. Queste caratteristiche sono dovute alla presenza di molecole fitochimiche attive quali vitamine, flavonoidi, terpenoidi, carotenoidi, ecc. Grazie a questi nutrienti, le spezie e le erbe aromatiche sono considerate componenti essenziali per diete e terapie mediche dal momento che è stata dimostrata la loro capacità di ritardare sia l’invecchiamento che il deterioramento dei tessuti biologici dovuto alla formazione di specie reattive dell’ossigeno, ROS (Calucci et al., 2003). Queste ultime, infatti, sono prodotti normali del metabolismo aerobio e la loro produzione può risultare accelerata in presenza di condizioni stressanti che alterano i processi di trasporto elettronico cellulare (Sgherri et al., 1996). Dalla formazione di ROS si arriva, attraverso una serie di reazioni a catena, alla perossidazione lipidica che provoca danni alla componente lipidica delle membrane, alterandone la struttura e provocando danni cellulari (Navari-Izzo et al., 2000; Sgherri et al., 1996). L’importanza degli antiossidanti nel prevenire questi danni rende le spezie e le erbe aromatiche, di cui esse sono ricche, utili anche come agenti conservanti naturali dei cibi (Calucci et al., 2003).

Nelle cellule vegetali si possono distinguere fondamentalmente due tipi di antiossidanti: idrofili e lipofili. Tra i primi risultano di particolare importanza la Vitamina C (acido ascorbico) ed il Glutatione (GSH), tra i secondi la Vitamina E (tocoferolo) ed i carotenoidi.

Per la determinazione del potere antiossidativo di un estratto vegetale è consolidato l’uso di metodi che prevedono l’impiego di radicali liberi stabili. Solitamente questi radicali liberi sono colorati e ne viene seguita spettrofotometricamente la scomparsa, in presenza di un antiossidante (Pellegrini et al., 1999). Un radicale largamente impiegato a questo scopo è il catione radicalico ABTS+ [acido 2,2’-azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonico)].

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di determinare il potere antiradicalico di estratti di foglie di Salvia officinalis L. mettendo a

Page 143: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Potere antiossidativo in S. officinali 141

confronto il metodo spettrofotometrico che utilizza il radicale ABTS+ con la tecnica di “Electron Spin Resonance” (ESR) impiegando due radicali stabili di cui uno idrofilo, il sale di Fremy (nitrosodisulfonato di potassio), ed uno lipofilo, l’ 1,1-difenil-2-picrilidrazile (DPPH).

Materiali e Metodi

Foglie di salvia sono state polverizzate in mortaio con azoto liquido. L’estratto acquoso è stato ottenuto utilizzando acqua Millipore. L’estratto lipidico è stato ottenuto utilizzando una miscela di cloroformio/metanolo (2:1, v/v) e lavando l’estratto con KCl 0.88% (p/v). La determinazione con il radicale ABTS+ è avvenuta secondo Pellegrini et al. (1999). Le misure ESR sono state fatte con uno spettrometro Varian E112 (X-band) collegato ad un personal computer per mezzo di un sistema di acquisizione dati che utilizza un pacchetto software opportunamente predisposto per l’analisi e la simulazione degli spettri. Gli spettri sono stati acquisiti a 25°C in un capillare di quarzo di 1 mm di diametro inserito nella cavità dello spettrometro. I parametri ESR che sono stati usati sono: intensità delle microonde 10 mW, frequenza delle microonde 9.16 GHz, modulazione di frequenza 1 Gauss e campo magnetico centrale di 3265 Gauss. Nella miscela di incubazione il sale di Fremy risultava 0.5 mM mentre il DPPH 3.3 mM.

Risultati e discussione

Gli spettri ESR del DPPH e del sale di Fremy sono riportati in figura 1. Essi sono rispettivamente caratterizzati da 5 e 3 righe abbastanza strette rispetto ai tempi di acquisizione della riga, cosicché risultano adatti per la registrazione di cinetiche ad intervalli di tempo ravvicinati, cosa invece impossibile da fare con il radicale ABTS+ che presenta una riga di larghezza molto ampia.

Page 144: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

142 Sgherri C. et al.

3210 3232 3254 3276 3298 3320Gauss

DPPHSF

DPPH

SF

Figura 1. Spettri ESR del radicale DPPH (nero) e sale di Fremy (SF, rosso).

I radicali impiegati per le misure, seppur stabili, hanno una loro emivita decadendo spontaneamente nel tempo con una cinetica del 1° ordine (Fig. 2, 3) dovuta al disproporzionamento del radicale. In presenza degli antiossidanti estratti dalla salvia, la cinetica di decadimento del radicale sale di Fremy e DPPH, rispettivamente per l’estratto acquoso e lipidico, risultava di 1° e 2° ordine a seconda che nella miscela di incubazione la quantità di antiossidante fosse in eccesso o paragonabile al numero di molecole radicaliche. Il fatto che le cinetiche di decadimento in presenza degli estratti di salvia presentino una costante di velocità di 10 e 100 volte superiore rispettivamente per il sale di Fremy ed il DPPH a paragone della costante di velocità del decadimento del solo radicale, e che esse risultino di 1° o 2° ordine, fornisce garanzie riguardo la proporzionalità tra variazione di ampiezza ESR ad un determinato tempo e quantità di antiossidanti presenti. Infatti, quest’ultimo fatto indica che il radicale, sia esso sale di Fremy o DPPH, reagisce con l’antiossidante presente con una stechiometria 1:1.

Page 145: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Potere antiossidativo in S. officinali 143

Le foglie di salvia mostravano un potere antiradicalico molto spiccato sia dell’estratto acquoso che lipidico a paragone di altre piante medicinali molto importanti come l’Echinacea angustifolia DC. (dati non mostrati), nota per le sue proprietà immunostimolanti.

-335 532 1399 2266 3133 4000sec

0

440

880

1320

1760

2200

Am

piez

za E

PR

K = 0.000168 sec^(-1)

K = 0.001651 sec^(-1)

SFSF; Fitting 1° ord.SF + SalviaSF + Salvia; Fitting 1° ord.

Figura 2. Cinetiche di decadimento del radicale sale di Fremy (SF) in assenza ed in presenza di estratto acquoso di salvia.

-1000 3400 7800 12200 16600 21000Sec

0

320

640

960

1280

1600

Am

piez

za E

PR

K = 2.0588e-6 sec^(-1)

K = 2.4080e-4 sec^(-1) mol^(-1)

DPPHDPPH + SalviaDPPH; Fitting 1° Ord.DPPH + Salvia; Fitting 2° Ord.

Figura 3. Cinetiche di decadimento del radicale DPPH in assenza ed in presenza di estratto lipidico di salvia.

Page 146: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

144 Sgherri C. et al.

Infatti l’estratto acquoso della salvia aveva una capacità di ridurre radicali circa 6 volte superiore all’E. angustifolia mentre l’estratto lipidico mostrava un potere antiradicalico circa 40 volte superiore (Fig. 4). Questi dati sono in accordo con il fatto che la quantità di antiossidanti come la vitamina C risulta più alta in salvia rispetto ad altre spezie ed erbe aromatiche (Calucci et al., 2003). La tecnica ESR, rispetto a quella spettrofotometrica, permetteva di mostrare una capacità degli estratti di ridurre i radicali circa 60 e 10 volte superiore rispettivamente nel caso dell’estratto acquoso e lipidico. Oltre ad una minore sensibilità, con la tecnica spettrofotometrica si ottenevano variazioni nei rapporti del potere antiradicalico tra estratto acquoso e lipidico.

Il potere di riduzione dei radicali risultava infatti 4 volte superiore nell’estratto lipidico rispetto a quello acquoso mentre con la tecnica ESR il potere dei due estratti risultava equivalente (Fig. 4).

SF ABTS+0

100

200

300

400

500

0

2

4

6

8

10A

n° ra

dica

li SF

rido

tti (x

10

16)/g

s.f.

n° radicali AB

TS+ ridotti (x 10

16)/g s.f. DPPH ABTS+0

100

200

300

400

500B

n° ra

dica

li D

PPH

rido

tti (

x 10

16)/g

s.f. n° radicali A

BTS

+ridotti (x 10

16)/g s.f.

Figura 4. Potere antiradicalico dell’estratto acquoso (A) e lipidico (B) di salvia. SF, sale di Fremy.

In accordo con quanto trovato da noi e da Gardner et al. (1998) il radicale ABTS+ in fase acquosa potrebbe non misurare così efficientemente la capacità antiossidativa nel dominio lipidico delle cellule. Infatti il potenziale di riduzione degli antiossidanti può essere alterato dal solvente usato che cambia la polarità e quindi influenza i valori di pKa e le energie degli orbitali molecolari. Inoltre, i potenziali

Page 147: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Potere antiossidativo in S. officinali 145

di riduzione dei differenti radicali possono differire tra di loro influenzando il numero di gruppi idrossilici dei polifenoli suscettibili di ossidazione (Gardner et al., 1998). Conclusioni

Lo spettrometro ESR corredato di un idoneo sistema di acquisizione dati e di un pacchetto software predisposto per l’analisi e la simulazione degli spettri dà garanzie di certezza circa la misura del potere antiradicalico di estratti vegetali, permettendo di seguire la cinetica delle reazioni e la registrazione della eventuale formazione di altre specie radicaliche. Le misure ottenute con la tecnica ESR risultano più sensibili della tecnica spettrofotometrica e l’uso di specifici radicali idrofili e lipofili rispettivamente per l’estratto acquoso e lipidico sembra più idoneo di quello indiscriminato del radicale ABTS+.

Bibliografia 1. Calucci, L., Pinzino, C., Zandomeneghi, M., Capocchi, A.,

Ghiringhelli, S., Saviozzi, F., Tozzi, S., Galleschi, L. 2003. Effects of γ-irradiation on the free radical and antioxidant contents in nine aromatic herbs and spices. J. Agric. Food Chem. 51: 927-934.

2. Gardner, P.T., McPhail, D.B., Duthie, G.G. 1998. Electron Spin Resonance spectroscopic assessment of the antioxidant potential of teas in aqueous and organic media. J. Sci. Food Agric. 76: 257-262.

3. Navari-Izzo, F., Quartacci, M.F., Pinzino, C., Rascio, N., Vazzana, C., Sgherri, C.L.M. 2000. Protein dynamics in thylakoids of the desiccation-tolerant plant Boea hygroscopica during dehydration and rehydration. Plant Physiol. 124: 1427-1436.

4. Pellegrini, N., Re, R., Yang, M., Rice-Evans, C. 1999. Screening of dietary carotenoids and carotenoid-rich fruit extracts for antioxidant activities applying 2,2’-Azinobis (3-

Page 148: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

146 Sgherri C. et al.

ethylenebenzothiazoline-6-sulfonic acid) radical cation decolorization assay. Methods Enzymol. 299: 379-389.

5. Sgherri, C.L.M., Pinzino, C., Navari-Izzo, F. 1996. Sunflower seedlings subjected to increasing stress by water deficit: changes in superoxide production related to the composition of thylakoid membranes. Physiol. Plant. 96: 446-452

Page 149: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

147

Produzione di biomassa in vitro: induzione e scale-up Ruffoni B. e Giovannini A. CRA Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo E-mail: [email protected] Riassunto

L'uso di colture in vitro costituisce, per molti metaboliti secondari, una valida alternativa ai metodi tradizionali di coltivazione in campo di piante medicinali ed aromatiche ed ha consentito di superare numerosi inconvenienti relativi alla loro produzione in vivo. Infatti, la biomassa che si coltiva in vitro proviene da genotipi selezionati ed è possibile mettere a punto un protocollo ottimale e costante di produzione di sostanze attive che permette una programmazione produttiva. La produzione di massa vegetale in vitro può essere ottenuta attraverso la coltura intensiva di biomassa differenziata costituita da piantine complete, embrioni somatici, tessuti particolari quali radici, o hairy roots o attraverso la produzione di callo su substrato solido e di colture e sospensioni cellulari in substrato liquido (biomassa indifferenziata). In questo articolo unitamente ad una panoramica sulle tecniche di produzione in vitro sono considerate le strategie possibili per indurre ed ottenere uno sviluppo di materiale vegetale da utilizzare nei processi estrattivi. Abstract

In vitro multiplication of biomass is considered for several

substances of high value a valid alternative to the field cultivation and to the environment depletion. It is possible to produce a large amount of differentiated material such as entire plants, roots and hairy roots or induce dedifferentiation of plant organs up to the formation of cell and suspension cultures. In this paper, the in vitro techniques that can

Page 150: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

148 Ruffoni B. e Giovannini A.

be used to obtain sterile biomass are reported and explained. The optimisation of a repeatable protocol for the growing up of the biomass is the base for the extraction of suitable amount of secondary metabolites in a pre-competitive way first, and then, after an economical evaluation of the system, for the scale up for industrial production.

Introduzione

I metaboliti secondari delle piante rappresentano una categoria

numerosa ed eterogenea di sostanze naturali. Questi prodotti non partecipano ai processi essenziali per il mantenimento della pianta e vengono prodotti dalla pianta come difesa nei confronti di stress biotici ed abiotici. Le piante sono utilizzate da migliaia di anni come rimedio naturale in quanto producono diversi metaboliti secondari. Poiché molti di questi prodotti sono ottenuti per estrazione diretta da piante coltivate in campo o raccolte nel loro ambiente naturale, sono numerosi i fattori che possono modificarne la produzione. Coltivare piante in campo presenta grossi limiti, infatti, i metaboliti prodotti hanno un contenuto molto variabile, dato che la produzione è sotto l'influenza di diversi fattori ambientali come luce, temperatura, umidità e natura del terreno. Inoltre i membri di una determinata specie, a meno che non si tratti di individui altamente selezionati, non sono mai geneticamente omogenei. Queste differenze possono manifestarsi non solo in variazioni morfologiche ma anche nella qualità e quantità dei costituenti chimici.

Per l’estrazione di principi attivi da queste piante sono necessarie grosse quantità e ciò pone un problema ecologico grave. In alcuni casi, lo sfruttamento imprudente ha spinto alcune fonti naturali di metaboliti verso l’estinzione, questo è il caso di Dioscorea deltoidea del Messico e della Rawolfia serpentina dell'India. L'uso di colture in vitro costituisce una valida alternativa ai metodi tradizionali ed ha consentito di superare numerosi inconvenienti relativi alla produzione di metaboliti secondari da piante.

Page 151: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 149

La coltura in vitro

La coltura in vitro è un sistema di moltiplicazione vegetativa in condizioni controllate, in substrato artificiale, si basa sul principio della stimolazione ormonale dei meristemi preesistenti, è il sistema più efficace per clonare grossi numeri di piante (moltiplicazione massale).Essa è uno strumento importante anche per il risanamento delle piante da virosi o batteriosi, per la conservazione della biodiversità, per la fissazione di genotipi superiori, per la germinazione di semi recalcitranti, per la germinazione di embrioni provenienti da incroci interspecifici (embryo rescue).

Dal punto di vista della micropropagazione massale l’obiettivo è quindi la qualita’.

Per quanto riguarda le colture artificiali per la produzione di metaboliti secondari si parla di biomassa e si intende un insieme di materiale vegetale in fasi diverse di differenziamento prodotto al fine di ottimizzarne l’estrazione. In questo caso quindi l’obiettivo principale è la quantità.

La produzione di biomassa in vitro può essere ottenuta attraverso la coltura intensiva di piantine complete, di embrioni somatici, di tessuti particolari (radici, hairy roots) (Biomassa differenziata) o attraverso la produzione di callo su substrato solido e di colture e sospensioni cellulari in substrato liquido (Biomassa indifferenziata).

Biomassa differenziata – pianta intera

Il sistema più semplice di coltivazione in vitro di biomassa è senz’altro quello che prevede l’allevamento di piantine complete con alcuni accorgimenti che permettono una buona estrazione.

E’ senz’altro da preferire la coltura in substrato liquido poiché l’agar potrebbe rendere difficoltoso il processo di estrazione, quindi le piante si possono allevare in contenitori in agitazione per permettere l’aerazione dei tessuti. Per alcune specie la coltivazione in immersione è però dannosa in quanto si incorre nel fenomeno di iperidricità o vitrescenza. Tale fisiopatia interviene in seguito a stress di diverso tipo e comporta una malformazione dei tessuti che si presentano idropici, traslucidi e con un eccessivo accumulo di liquido e quindi

Page 152: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

150 Ruffoni B. e Giovannini A.

fisiologicamente inattivi. Questo fenomeno, dal punto di vista produttivo, diminuisce la resa in metaboliti su peso fresco del materiale in coltura.

Figura 1. Produzione di biomassa di iperico in immersione temporanea (sistema TIS).

Figura 2. Sistema RITA di immersione temporanea.

Page 153: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 151

Per ovviare a tale inconveniente le nuove tecniche di propagazione in vitro si avvalgono oggi di sistemi di immersione temporanea (denominati T.I.S.) (Fig. 1: contenitore TIS) che, garantendo la semi-automazione delle varie fasi di propagazione possono concorrere anche ad un incisivo risparmio dei costi di produzione. In questi contenitori la biomassa non è sempre immersa in liquido ma sospesa su di esso e viene in contatto con il nutrimento per alcuni minuti al giorno tale da garantirne una corretta crescita.

I contenitori più standardizzabili sono dei vasi trasparenti ed autoclavabili in polipropilene con capacità di 500 ml (RITA® - CIRAD, Francia); ogni contenitore può contenere sino a 200 ml di mezzo colturale che può essere inserito prima della sterilizzazione in autoclave per diminuire le manipolazioni e quindi il rischio di contaminazione. (Fig. 2: sistema RITA)

Ogni contenitore è collegato ad una pompa ad aria regolata da un temporizzatore. Durante l'immissione, l'aria, filtrata da un filtro a 0,22 nm, induce una pressione che spinge il liquido sino a raggiungere la biomassa adagiata su di un supporto alcuni centimetri più in alto. Durante l'aerazione il liquido gorgoglia attorno al materiale vegetale ed in seguito si deposita di nuovo sul fondo del contenitore.

La coltura in immersione temporanea, che viene utilizzata con buone rese qualitative anche per la micropropagazione di genotipi superiori di fruttiferi, piante orticole ed ornamentali, ha permesso di ottenere espianti molto più sviluppati in altezza e in peso che presentavano anche un apparato radicale ben sviluppato e connesso.

La valutazione del pH del liquido colturale mette in evidenza un primo decremento all'inizio della coltura e poi un livello sostanzialmente stazionario che indica che non è necessario effettuare un controllo attivo di tale parametro. Biomassa differenziata – hairy roots

La possibilità di trasferire geni in piante ha contribuito a numerosi

progressi nella biologia e nella genetica molecolare delle piante. Queste tecniche sono risultate essere uno strumento inestimabile per lo studio della biochimica e dell'espressione dei geni coinvolti nelle

Page 154: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

152 Ruffoni B. e Giovannini A.

vie metaboliche, per identificare gli intermedi e gli enzimi coinvolti nella biosintesi di metaboliti secondari.

Un’applicazione in rapido sviluppo consiste nell’utilizzare il sistema pianta come un’officina naturale per la produzione su vasta scala di composti di interesse farmaceutico.

Uno dei metodi più utilizzati in campo vegetale si basa sulla capacità dell'agente patogeno Agrobacterium (tumefaciens e rhizogenes), di trasferire una parte del proprio DNA nelle cellule vegetali. Il DNA trasferito induce le cellule infettate a produrre quantità elevate di ormoni vegetali, di conseguenza la pianta sviluppa nuovi tessuti (tumori), su cui l'Agrobacterium trova un ambiente ideale per nutrirsi. L’introduzione di materiale genetico di origine batterica (Agrobacterium) porta a linee cellulari a rapida crescita, geneticamente stabili per lunghi periodi e che portano talvolta ad un'incrementata sintesi di metaboliti secondari, queste cellule si organizzano nel caso di A. rhizogenes in ciuffi di radici (hairy roots) di facile coltivazione nelle condizioni di laboratorio. I geni rol del TL -DNA ed i geni del TR -DNA di alcuni ceppi interagiscono andando ad alterare il metabolismo delle cellule trasformate in vari modi che includono l’aumento della disponibilità di IAA nelle cellule delle piante, controllando quindi i livelli di citochinine e alterando la sensibilità cellulare alla disponibilità di auxine.

Colture di hairy roots mostrano un’incrementata sintesi di metaboliti secondari. La formazione di prodotti secondari in colture di radici trasformate riflette la capacità biosintetica della pianta dalla quale derivano, quindi in generale, le specie con alta produzione forniscono livelli di prodotti che possono essere raddoppiati e talvolta triplicati rispetto a quelli ritrovati in radici non modificate.

La capacità biosintetica di hairy roots è stabile durante le subcolture e dal punto di vista genetico esse conservano il numero di cromosomi della pianta d’origine.

Diversamente dalle colture di radici non trasformate, le quali necessitano di auxine per crescere, colture di hairy roots sono in gran parte auxina-indipendenti; esse mostrano una crescita veloce e un elevato livello di ramificazioni laterali in un mezzo senza auxina (Fig. 3). Inoltre, quando le auxine esogene vengono aggiunte ad una coltura di radici trasformate come ad esempio nel caso delle Solanacee, si

Page 155: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 153

sviluppa una massa intensa indifferenziata di radici con una perdita concomitante della loro capacità biosintetica .

Figura 3. Hairy roots di S. wagneriana.

Per incrementare la produzione di metaboliti secondari sono state adottate numerose strategie. Innanzitutto si può operare un programma di selezione delle hairy roots a più alta produttività, a tale scopo vi sono varie tecniche disponibili per realizzare uno screening sulla produzione di metaboliti. Il lavoro è agevolato quando il prodotto è intensamente colorato, in quanto la selezione può essere fatta semplicemente attraverso una valutazione visiva, mentre nel caso di composti non colorati si ricorre a tecniche analitiche cromatografiche e spettroscopiche (TLC, HPLC, NMR, Fluorescenza).

La composizione del mezzo di coltura deve essere stabilita per ogni singola coltura di hairy roots. Alcune colture di hairy roots sono facili da realizzare e relativamente stabili (è questo il caso di Datura e Nicotiana), mentre è più difficile per altri generi come Catharanthus e Cinchona. Numerosi sono i fattori che influiscono sulla crescita di radici trasformate come il pH, il fotoperiodo, la composizione del mezzo e la forza ionica, il tipo e la concentrazione dello zucchero. Quando sono definite le condizioni ottimali di crescita, le hairy roots di solito crescono più rapidamente delle radici normali.

In genere i mezzi utilizzati per la coltura di hairy roots sono del tipo Murashige and Skoog (1962), addizionati di vitamine Gamborg B5 (1968) senza ormoni e senza antibiotici. Alcuni fattori possono

Page 156: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

154 Ruffoni B. e Giovannini A.

essere modificati come ad esempio il contenuto di sali inorganici e vitamine, infatti, cambiando il rapporto ammonio/nitrato da 1/64 a 1/16 si è osservato un incremento nella sintesi di antociani in Euphorbia milii. Anche luce, pH e temperatura rivestono ruoli critici nella produzione di metaboliti secondari. Le basse temperature ad esempio provocano stadi di crescita inferiori nelle colture, ma inducono un maggior accumulo di metaboliti secondari. Un’altra strategia utilizzata molto frequentemente per aumentare la produzione di metaboliti secondari è l'uso della elicitazione.

Finora, colture di radici trasformate “hairy roots” sono state ottenute da più di 100 specie diverse. I prodotti ritrovati in colture di radici trasformate comprendono alcaloidi (alcaloidi indolici, isochinolinici, pirrolizidinici, chinolinici, quinolizidinici, tropanici, ecc), terpenoidi (monoterpeni, sesquiterpeni, diterpeni, triterpeni, steroidi, cardenolidi), flavonoidi, composti fenolici (cumarine, tannini), antrachinoni, chinoni, lignani, proteine, ecc (Tab. 1). Biomassa indifferenziata – colture cellulari

Per biomassa indifferenziata si intendono sia la coltura di callo (in substrato agarizzato) che la coltura o sospensione cellulare (in terreno liquido).

Dal punto di vista genetico le colture non organizzate possono mostrare instabilità cromosomica e cambiamenti nella ploidia.

Tale tessuto indifferenziato si può indurre con appositi trattamenti ormonali di frammenti di pianta (foglie, fusti) ottenibili sia da piante in vivo sia da piante coltivate in vitro. Queste ultime hanno il vantaggio di essere un materiale già asettico, mentre il materiale da vivo viene preventivamente sterilizzato con il rischio di perdere di vitalità. I trattamenti ormonali necessari per indurre differenziamento consistono in livelli di auxine diversi secondo la specie e a volte la varietà: acido naftalenacetico (NAA) o 2,4 diclorofenossiacetico (2,4-D) essi operano a livelli diversi della programmazione cellulare inducendo callogenesi e/o embriogenesi somatica.

Il materiale di provenienza risulta estremamente importante per l’induzione di tessuto indifferenziato: maggiore la giovanilità del tessuto di partenza, maggiore la possibilità di ottenere callo. Il callo

Page 157: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 155

più friabile si riesce facilmente a disgregare in sospensione cellulare che viene filtrata e sincronizzata.

Per caratterizzare e monitorare la crescita cellulare si usano sistemi diversi: il test al diacetato di fluoresceina permette di verificare la vitalità cellulare nel momento in cui le cellule trattate con una soluzione di diacetato lo trasformano in fluoresceina, visibile alla lampada UV. Il frequente controllo del PCV (Packed Cell Volume) a seguito di sedimentazione o centrifugazione, permette di valutare la crescita volumetrica della parte cellulare in relazione al volume totale della coltura.

La curva di crescita effettuata in condizioni di crescita in batch (senza rinnovo del liquido colturale) viene costruita con valori di peso fresco (Fig. 4) e di peso secco. Essa permette di valutare la velocità di crescita delle varie colture e di identificare il momento migliore per la sostituzione del substrato colturale o del trattamento con elicitori.La curva di crescita delle cellule vegetali ha lo stesso andamento delle curve di crescita batteriche (Fig. 4) nelle quali si riconoscono diverse fasi caratteristiche come la fase di LAG o latenza, una seconda fase di crescita esponenziale (logaritmic, LOG, phase), una terza fase di stasi (stationary phase) ed una quarta fase di senescenza (death phase). I campioni di materiale vegetale, analizzati a diversi stadi di crescita permettono di identificare la migliore fase di produzione dei metaboliti in studio.

Elicitazione Si può chiamare elicitazione tutto ciò che interferisce con il

metabolismo delle cellule vegetali inducendo una reazione, in genere difensiva. E’ stato infatti determinato che, a seguito di stimoli biotici e/o abiotici, che l’organismo riconosce come stress, vengono attivate delle linee metaboliche per la produzione di sostanze metaboliche che tendono a contrastare l’evento primario. Tale fenomeno è riscontrabile in organismi completi in vivo e in cellule e tessuti vegetali in vitro.

Gli elicitori possono essere appunto biotici quali acido jasmonico, idrolisato di caseina, cellulasi, macerozyme, estratto di lievito, estratti fungini, chitina, cioè sostanze chimiche che vengono riconosciute

Page 158: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

156 Ruffoni B. e Giovannini A.

come appartenenti ad organismi patogeni oppure abiotici come sostanze osmotiche (mannitolo), metalli pesanti (Ag), radiazioni luminose (UV), trattamenti termici che agiscono quindi come induttori fisici di stress. A queste sollecitazione le cellule reagiscono sia incrementando la quantità dei metaboliti secondari che sono già in grado di produrre, sia attivando altre vie metaboliche con conseguente produzione di una più vasta gamma di metaboliti.

Gli effetti dei trattamenti con elicitori possono essere visibili già nella fase di callo prodotto in terreno solido ma sono decisamente superiori se il contatto avviene in fase liquida (in vaso o in bioreattore) con sospensioni cellulari e/o con tessuti (hairy roots). Al fine di mettere a punto un protocollo produttivo è necessario individuare la fase di crescita cellulare più reattiva a determinati stimoli. Esempi efficaci di elicitazione sono riportati nei riferimenti bibliografici a fine testo. La biomassa vegetale può quindi, a seconda delle caratteristiche della specie e dei metaboliti che si vogliono ottenere, beneficiare di sistemi diversi di allevamento: coltura in substrato solido (in agar in gelrite o altro); coltura in substrato liquido (stazionaria o in agitazione); coltura in doppio strato (strato liquido adagiato su strato solido); coltura in immersione temporanea (contenitori RITA o altro); coltura in bioreattore.

0

100

200

300

400

500

600

0 8 16 24 32

days of culture

fresh

weigh

t(mg)

Figura 4. Curva di crescita di una coltura cellulare d’elicriso (sx) condotta senza la sostituzione del substrato colturale (coltura in batch) a confronto con una tipica curva di crescita batterica (dx).

Page 159: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 157

Tabella 1. Esempi di metaboliti secondari in colture di hairy roots.

Famiglia Specie Metabolita secondario

Riferimenti

Solanaceae Atropa belladonna Atropina, scopolamina

Yun et al. (1992); Hashimoto et al. (1993)

Solanaceae Hyoscyamus albus, muticus, niger, pusillus, mturcomanicus

Alcaloidi del tropano, hyoscyamina

Sauerwein et al. (1991); Knopp et al. (1988)

Solanaceae Nicotiana rustica, tabaccum, hesperis, cavicola, glauca, umbratica

Nicotina, anabasina, anatabina

Parr e Hamill (1987)

Apocynaceae Catharanthus roseus, tricophyllus

Serpentina, ajamalina, catharanthina, alcaloidi indolici

Parr et al. (1988)

Apocynaceae Rauwolfia serpentina

Reserpina Benjamin et al. (1994)

Boraginaceae Llithospermum erythrorhizon

Shikonina Shimomura et al. (1991b)

Campalunaceae Llobelia inflata Lobelina, poliacetileni

Ishimaru et al. (1991)

Leguminosae Cassia occidentalis, torosa, obtusifolia

Germichrysone, pinselina, antrachinone

Ko et al. (1995)

Leguminosae Astragalus boeticus, gummifer,hamosus, membranaceus, mongholicus

Polisaccaridi, triterpenoidi, astragalosidi, saponine

Ionkova et al. (1992); Ionkova e Alfermann (1990)

Leguminosae Glycyrrhiza uralensis, glabra

Glicirrizina, liquirizigenina, isoliquirizigenina

Toivonen e Rosenqvist (1995)

Araliaceae Panax ginseng Ginsengosidi Yoshikawa e Furuya (1987)

Rubiaceae Chincona ledgeriana

Chinina Hamill et al. (1989)

Page 160: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

158 Ruffoni B. e Giovannini A.

Bioreattori Il bioreattore è un opportuno sistema fisico/termico di

contenimento, dove si mantengono le cellule in coltura nelle condizioni ambientali più favorevoli alla crescita.

I modelli di bioreattore vanno da semplici recipienti che possono o meno funzionare anche da agitatori, fino a complessi sistemi asettici, regolati e integrati a vari livelli dagli input che giungono dall'unità centrale di un computer. Di base i bioreattori sono quindi di due tipi: 1. contenitori non asettici (es. per la fabbricazione della birra, per lo

smaltimento delle acque reflue) 2. contenitori asettici (es. produzione di metabolici secondari,

antibiotici, vitamine e polisaccaridi) (Fig. 5).

Figura 5. Schema dei parametri controllabili in un bioreattore.

Page 161: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 159

Le modalità principali con cui si coltivano le cellule all'interno di un bioreattore sono: 1. colture in batch (a sistema chiuso): si allevano le cellule in un

volume fisso di terreno liquido; mentre si sviluppa la crescita, le sostanze nutritive si consumano e i prodotti della crescita (biomassa, metaboliti) si accumulano; perciò, l'ambiente nutritivo all'interno del bioreattore è soggetto a continue variazioni, che a loro volta provocano cambiamenti nel metabolismo cellulare. Infine le cellule cessano di moltiplicarsi, in seguito all'esaurimento o alla scarsità del nutriente o dei nutrienti e all'accumulo delle sostanze tossiche di rifiuto, escrete dalle cellule stesse.

2. colture in fed batch: per fare aumentare la fase stazionaria si addiziona gradualmente il terreno, così da aumentare il volume della coltura

3. colture in perfusione: l'addizione di una certa quantità di terreno fresco e il prelievo di un ugual volume di terreno usato, privo di cellule; questo metodo viene applicato anche nelle colture di cellule animali

4. colture continue: si addiziona ad una coltura in batch, durante la fase di crescita esponenziale, una certa quantità di terreno fresco e si preleva un identico volume di terreno con cellule; si ottiene una crescita pressochè bilanciata, con scarse fluttuazioni nelle concentrazioni di nutrienti e di metaboliti, nel numero di cellule o nella quantità di biomassa. Lo scopo ultimo di ogni processo di fermentazione è assicurare

che ogni parte del sistema sia soggetto alle stesse condizioni: tutti i nutrienti, compreso l'O2, devono essere somministrati in modo che possano diffondere in ogni cellula, mentre deve essere possibile rimuovere i prodotti di rifiuto, come la CO2, e gli altri cataboliti escreti.

La concentrazione dei nutrienti deve mantenersi entro un preciso intervallo di variazione; i parametri ambientali devono trovarsi nel range ottimale per la determinata reazione biologica e tutti i reattanti devono essere immediatamente mescolati e distribuiti in modo uniforme.

Page 162: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

160 Ruffoni B. e Giovannini A.

L'operatività di un bioreattore viene ottimizzata se si rispettano i seguenti principi guida: il bioreattore deve essere progettato e costruito in modo da impedire l'ingresso di organismi contaminanti e, al tempo stesso, la fuoriuscita degli organismi produttori; l'ossigeno disciolto deve rimanere al di sopra del livello critico e la coltura deve essere costantemente agitata; i parametri ambientali, come temperatura, pH ecc., devono essere strettamente controllati, e tutti i componenti ben miscelati nell'intero volume della coltura.

La produttività in bireattore può dipendere da molti fattori quali: Il tipo di agitazione, i nutrienti utilizzati, i regolatori di crescita, il tipo aereazione e la concentrazione di ossigeno, gli elicitori, le fasi del ciclo cellulare, lo stadio della curva di crescita, all’aggiunta di resine per “estrarre” in continuo dalle cellule e dalle “hairy roots” i prodotti accumulati. Per questi casi sono riportati in bibliografia alcuni esempi. Le lavorazioni a valle

Si occupano di estrarre e purificare il prodotto finale desiderato. Queste lavorazioni dovrebbero rispettare sempre il criterio di ridurre al minimo la quantità di prodotto che va perduta. Le lavorazioni a valle rappresentano una voce che incide in misura rilevante sui costi complessivi dei bioprocessi, nonostante siano anche l'aspetto meno affascinante della biotecnologia. Qualunque miglioramento apportato a questa fase della produzione si risolverà in un aumento dell'efficienza complessiva dei bioprocessi e contribuirà a ridurne i costi.

La prima delle lavorazioni a valle è la separazione in fase liquida e fase solida della coltura contenuta nel bioreattore; quindi seguono la concentrazione e la purificazione del prodotto, che implicano di norma molteplici operazioni. I metodi effettivamente in uso o soltanto proposti comprendono tra gli altri: la distillazione, la centrifugazione, la filtrazione, l'ultrafiltrazione, l'estrazione con solventi, l'adsorbimento, la filtrazione con membrane selettive, l'osmosi inversa, la gel filtrazione, l'elettroforesi e la cromatografia di affinità.

Per essere adatti alla distribuzione commerciale, i prodotti finali dei processi di purificazione devono possedere un certo grado di stabilità.

Page 163: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 161

In generale, il mezzo migliore per conferire stabilità consiste in un processo di disidratazione, per ottenere il quale si può ricorrere a varie tecniche: l'essiccazione di liquidi nebulizzati (spray-drying), l'essiccazione a letto fluido o la liofilizzazione; il metodo prescelto dipende dal tipo di prodotto e dai costi.

Dopo la messa a punto di un protocollo efficiente a livello precompetitivo è possibile fare un’attenta analisi dei costi e dei ricavi che permette di decidere se passare allo scale-up produttivo. Per alcune specie tali valutazioni sono già state effettuate e vi sono impianti che producono biomassa per prodotti particolarmente pregiati è il caso ad esempio del tavolo prodotto da Taxus baccata, dei ginsenosidi prodotti da Panax ginseng e dei tanshinoni prodotti da Salvia milthiorriza. Bibliografia 1. Agostani, E., de Forchetti, S.M., Tigier, H.A. 2000. Peroxidases

from cell suspension cultures of Brassica napus. Biocell. 24(2): 133-8

2. Afreen, F., Zobayed, S.M., Kozai, T. 2002. Photoautotrophic culture of Coffea arabusta somatic embryosis: development of a bioreactor for large-scale plantlet conversion from cotyledonary embryos. Ann Bot (Lond). 90(1): 21-9

3. Bhau, B.S. 1998. Hairy roots culture and secondary metabolite production, in: Role of biothecnology in medicinal and aromatic plant, Khan, I.A., Khanum, A. (Eds.) Ukaaz Publications, Andhra Pradesh, India,. Vol. 2, p. 499.

4. Chen, H., Chena, F., Chiu, F.C., Lo, C.M. 2001. The effect of yeast elicitor on the growth and secondary metabolism of hairy root cultures of Salvia miltiorrhizza. Enzyme Microb Technol. 28 (1):100-105

5. Chen, F., Zhang, Y.L., Song, J.Y. 1997. Tanshinone production in Ti-transformed Salvia miltiorrhizza cell suspension cultures. J Biotechnol. 58 (3): 147-56

6. Cheng, H., Yu, L.J., Hu, Q.Y., Chen, S.C., Sun, Y.P. 2006. Establishment of callus and cell suspension cultures of Corydalis

Page 164: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

162 Ruffoni B. e Giovannini A.

saxicola Bunting, a rare medicinal plant. Z Naturfosch [C] 61 (3-4): 251-6

7. Dobbeleer, C.D., Cloutier, M., Fouilland, M., Legos, R., Jolicoeur, M. 2006. A high-rate perfusion bioreactor for plant cells. Biotechnol Bioeng.

8. Feria-Romeo, I., Lazo, E., Ponce-Noyola, T., Cerda-Garcia-Rojas, C.M., Ramos-Valdivia, A.C. 2005 Induced accumulation of oleanolic acid and ursolic acid in cell suspension cultures of Uncaria tormentosa.Biotechnol Lett. 27(12): 839-43.

9. George, E.F. 1993. Plant propagation by tissue culture. Exegetics Ltd. Publ, Frome, Somerset, UK

10. Hu, W.W., Yao, H., Zhong, J.J. 2001. Improvement of Panax notoginseng cell culture for productionof ginseng saponin and polysaccharide by high density cultivation in pneumatically agitated bioreactors. Biotechnol Prog. 17(5): 838-46.

11. Lamboursain, L., Jolicoeur, M. 2005. Critical influence of Eschscholzia californica cells nutritional state on secondary metabolite production. Biotechnol Bioeng. 91(7): 827-37

12. Lee, C.W., Shuler, M.L. 2000 The effect of inoculation density and conditioned medium on the production of ajmalicine and catharanthine from immobilize Catharantus roseus cells. Biotechnol Bioeng. 67(1): 61-71

13. Luna-Palencia, G.R., Cerda-Garcia-Rojas, C.M., Rodriguez-Monroy, M., Ramos-Valdivia, A.C. 2005. Influence of auxins and sucrose in monoterpenoid oxindole alkaloid production by Uncaria tormentosa cell suspension cultures. Biotechnol Prog. 21(1): 198-204.

14. Naill, M.C., Roberts, S.C. 2005. Cell cycle analysis of Taxus suspension cultures at the single cell level as an indicator of culture heterogeneity. Biotechnol Bioeng. 90(4): 491-500

15. Karting, T., Gobel, I., Heydel, B. 1996. Production of hypericin, pseudohypericin and flavonoids in cell cultures of various Hypericum species and their chemotype. Planta Med 62: 51-53.

16. Khosroushahi, A.Y., Valzadeh, M., Ghasempour, A., Khosrowshahli, M., Naghdibadi, H., Dadpour, M.R., Omidi, Y. 2006. Improved taxol production by combination of inducing

Page 165: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Produzione di biomassa in vitro 163

factors in suspension cell culture of Taxus baccata. Cell Biol int. 30 (3) : 262-9. Epub 2005 Dec 27

17. Jeong, J.H., Jung, S.J., Murthy, H.N., Yu, K.W., Paek, K.W., Moon, H.K., Choi, Y.E. 2005. Production of eletherosides in vitro regenerated embryos and plantlets of Eleutherococcus chiisanensis Biotechnol Lett. 27(10):701-4.

18. Palazon, J., Mallol, A., Eibl, R., Lettenbauer, C., Cupido, R.M., Pinol, M.T. 2003. Growth and ginsenoside production in hairy roots cultures of Panax ginseng using a novel bioreactor. Planta Med 69(4): 344-9

19. Phisalaphong, M., Linden, J.C. 1999. Kinetic studies of paclitaxel production by Taxus canadensis cultures in batch and semicontinuous with total cell recycle. Biotechnol Prog. 15(6): 1072-7.

20. Shahidi, F., Kolodziejczyk, P., Whitaker, J., Munguia, A.L., Fuller, G. 1999. Chemicals via higer plant bioengineering. In Advances in Experimental Medicine and Biology, vol 64, Kluver academic USA.

21. Shohael, A.M., Chakrabarty, D., Yu, K.W., Hahn, E.J., Paek, K.Y. 2005. Application of bioreactor system for large-scale production of Eleutherococcus sessiliflorus somatic embryos in an air-lift bioreactor and production of eleutherosides. J Biotechnol 120(2).228-36. Epub 2005 aug 10.

22. Tom, R., Jardin, B., Chavarie, C., Rho, D., Archambault, J. 1991. Effect of culture process on alkaloid production by Catharanthus roseus cells. II. Immobilized cultures. J Biotechnol (1-2).21-42.

23. Trung Thanh N, Niranjana Murthy H, Yu KW, Seung Jeong C, Hahn EJ, Paek KY. 2006. Effect of oxygen supply on cell growth and saponin production in bioreactor cultures of Panax ginseng. J. Plant Physiol. 163(12): 1337-1341

24. Washida, D., Shimomura, K., Takido, M., Kitanaka, S. 2004. Auxins affected ginsenoside production and growth of hairy roots in Panax hybrid. Biol Pharm Bull 27(5).657-60

25. Woo, S.S., Song, J.S., Lee, J.Y., In, D.S., Chung, H.J., Liu, J.R., Choi, D.W. 2004. Selection of high ginsenoside producing ginseng hairy root lines using targeted metabolic analysis. Phytochemistry. 65(20): 2751-61

Page 166: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

164 Ruffoni B. e Giovannini A.

26. Wu, W., Zheng, Y.L., Liu, F., Tan, G., Ren, H.Y., Zhang, W.C. 2004. Construction of fast propagation system of Houttuynia cordata new line Zhongguo Zhong Yao Za Zhi 29(1):24-8

27. Xu, H., Meng, A., Li, C., Deng, X., Yang, M., Zhou, Q., Huang, C., Xu, H. 2004. Effect of angustmycin on callus occurrence and proliferation of Panax notogingseng in vitro Zhong Yao Cai 27(1):1-3

28. Yan, Q., Hu, Z.D., Wu, J.Y. 2006. Sinergistic effects of biotic and abiotic elicitors on the productions of thashinones in Salvia miltiorhizza hairy root culture Zhongguo Zhong Yao Za Zhi 31(3):188-91

29. Yan, Q., Hu, Z., Tan, R.X., Wu, J. 2005. Efficient production and recovery of diterpenoid tanshinones in Salvia miltiorhizza hairy root cultures with in situ adsorption, elicitation and semi-continuous operation. J Biotechnol 119(9):416-24

30. Zhang, Z.Y., Zhong, J.J. 2004. Scale-up of centrifugal impeller bioreactor for hyperproduction of ginseng saponin and polysaccharide by high-density cultivation of Panax notoginseng cells Biotechnol Prog. 20(4):1076-81

Page 167: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

165

Caratterizzazione del microambiente e suoi effetti sul mantenimento in vitro di Passiflora incarnata l.

Mensuali-Sodi A. 1, Lucchesini M. 2, Pacifici S. 2, Maltinti S. 2, Tognoni F. 2 1 Scuola Superiore S.Anna, Pisa 2 Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa E-mail: [email protected] Riassunto

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di migliorare la qualità dei germogli di Passiflora incarnata L. propagati in vitro. Piantine appartenenti a questo genere, infatti, hanno mostrato difficoltà a crescere in ambienti con ridotti scambi d’aria. In precedenti lavori è stato definito il protocollo di micropropagazione di questa specie, ma durante la fase di moltiplicazione si manifestano evidenti sintomi di senescenza fogliare che compromettono seriamente l’esito della coltura stessa. Le prove sperimentali condotte sono state realizzate utilizzando espianti costituiti da porzioni nodali di germogli ascellari ottenuti da colture in attiva proliferazione. In tutti gli esperimenti è stato utilizzato un mezzo di moltiplicazione MS (Murashige e Skoog, 1962) modificato con l’aggiunta di kinetina (2mg L-1). Per verificare il ruolo dell’etilene nei processi osservati si è utilizzato SmartFreshSM (AgroFresh Inc. c/o Rohm & Haas Italia srl) in quantità sufficiente ad ottenere una concentrazione di 500 ppm di 1-MCP. Tre tipi di contenitore sono stati utilizzati: Ury® da 30 ml in policarbonato trasparente, Magenta® GA-7, 77 x 77 x 97 mm, Screw ® in policarbonato trasparente, 70 x 50 mm. La senescenza è stata principalmente correlata con le caratteristiche dei contenitori impiegati e con l’accumulo d'etilene al loro interno. Una marcata ripresa dei germogli è stata osservata a seguito del trattamento con 1-MCP nella seconda parte della coltura. I risultati ottenuti dimostrano la sensibilità

Page 168: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

166 Mensuali-Sodi A. et al.

della P.incarnata all’etilene e suggeriscono la possibilità di impiegare 1-MCP per inibire gli effetti deleteri dell’etilene nella coltura in vitro.

Abstract The work was conducted with the aim to improve the quality of in

vitro propagated shoots of the medicinal species Passiflora incarnata L. Plantlets belonging to this genus have difficulty to grow under in vitro condition with reduced gas exchanges. In our previous work a method for in vitro plantlet multiplication of P. incarnata L. was developed but during the active shoot proliferation, leaf senescence symptoms occurred impairing the successful outcome of the cultivation. P. incarnata shoots were cultured on a modified MS medium with Kinetin 2 mg L-1, agar 8 g L-1. Three different culture vessels were used: Ury vials (PBI, Milan, Italy) 30 ml; Screw (PBI, Milan, Italy) disposable 200 ml vessels; Magenta® GA-7 (Sigma Chemical Co., St. Louis, USA). To elucidate the role of ethylene in leaf senescence SmartFreshSM (AgroFresh Inc. c/o Rohm & Haas Italy srl) powder was used to provides the wished concentration of 1-MCP (500 ppm) in the internal headspace of the culture vessels. Chlorophyll a and b and total carotenoids were detected spectrophotometrically, ethylene was gas-cromatographycally determined. Leaf senescence was principally correlated with the characteristics of the vessels employed and with the accumulation of abiotic ethylene. A marked renewal of the shoots was observed when 1-MCP was given from the second half of the culture period. The results obtained demonstrate the sensitivity of P. incarnata to ethylene accumulation and suggest the possibility to employ 1-MCP to inhibit deleterious ethylene effects in in vitro culture.

Introduzione Durante gli ultimi anni l’interesse nella propagazione in vitro delle

piante medicinali è aumentato per diverse ragioni (Bajaj, 1998). Le tecniche di coltura in vitro rappresentano un'interessante alternativa

Page 169: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Passiflora incarnata 167

alla normale raccolta di specie selvatiche o alla propagazione tradizionale, poiché permettono una rapida propagazione clonale della specie d'interesse, il superamento della stagionalità della produzione di metaboliti secondari e la risoluzione del problema della variabilità legata alle condizioni meteorologiche e all’area geografica di crescita. Il genere Passiflora comprende un insieme variegato di piante rampicanti e legnose, fino ad ora sono state realizzate colture in vitro quasi esclusivamente per la P. edulis f. flavicarpa con lo scopo di aumentare la resistenza alle patologie cui è soggetta, oltre che ad un miglioramento della qualità organolettica del frutto edule che produce. La specie officinale oggetto del presente lavoro è la Passiflora incarnata L., originaria dell'America settentrionale e coltivata principalmente per la presenza nella droga, costituita da tutta la parte aerea della pianta, di flavonoidi quali vitexina, apigenina, schaftoside, crisina, ecc.; tali composti presentano attività ansiolitiche, sedative e spasmolitiche.

La P. incarnata può anche essere propagata per frammenti di radice o rizomi per talea di fusto, per margotta, propaggine ed innesto; poche sono, invece, le referenze bibliografiche relative alla coltura in vitro della P. incarnata, nonostante la sua importanza officinale. I lavori riguardano la coltura di protoplasti (Otoni et al., 1995) e l’ibridazione somatica di protoplasti tra P. incarnata e P. edulis f. flavicarpa (Otoni et al., 1995). Un protocollo di micropropagazione è stato messo a punto da Mingozzi et al. (2003). La micropropagazione potrebbe essere vantaggiosamente utilizzata per moltiplicare rapidamente genotipi ad alta produttività. Tuttavia l’esito della coltura stessa può essere pesantemente compromesso da fenomeni di senescenza fogliare che le plantule di questa specie sembrano evidenziare durante la coltivazione in vitro. Proprio questa difficoltà alla permanenza in vitro della P. incarnata ha indirizzato e focalizzato il nostro lavoro sul ruolo dell’etilene nella progressiva senescenza dei tessuti coltivati in vitro. Come noto, infatti, l’etilene è implicato in modo specifico nei processi di invecchiamento dei tessuti vegetali.

Page 170: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

168 Mensuali-Sodi A. et al.

Materiali e metodi Moltiplicazione ascellare

La P. incarnata utilizzata in questi esperimenti deriva da semenzali

di un anno allevati in serra. Le piante madri, necessarie per il prelievo degli espianti, sono state ripetutamente trattate, a cadenza bisettimanale, con un fungicida ad ampio spettro d’azione (Benomyl) alla concentrazione di 1g L-1. Gli espianti uninodali prelevati dalle piante madri, sono stati sterilizzati con ipoclorito di sodio (8% di cloro attivo) al 15% con l’aggiunta di poche gocce di Tween20 per 15 minuti e successivamente risciacquati per tre volte con acqua distillata sterile. E’ stato utilizzato un mezzo basale MS (Murashige e Skoog, 1962) e vitamine del mezzo B5 (Gamborg et al., 1968), glutatione ridotto GSH (300 mg L-1), acido morfolinetansulfonico MES (500 mg L-1), Difco Bacto Agar 8 g L-1, 20 g L-1di saccarosio. Il pH è stato aggiustato a 5.8 prima dell'autoclavazione a 120°C e 1 atm per 20min. Sia per la fase iniziale di induzione della proliferazione ascellare sia per le successive subculture sono stati aggiunti al substrato 2 mg L-1 di kinetina. Le colture sono state incubate in camera di crescita alla temperatura di 22±1 °C ed illuminati da tubi fluorescenti da 80 µM s-1

m-2 di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR).

Misure etilene I contenitori utilizzati per l’analisi dell’etilene sono stati dotati di

tappi forati per l’inserimento di un raccordo di acciaio tipo “Swagelok” sul quale è collocato un setto di caucciù. I campioni di aria sono sottoposti ad analisi gascromatografica (Mensuali et al., 1992).

Contenitori

I germogli di P. incarnata sono stati propagati in tre diversi tipi di

contenitore: contenitori Ury® da 30 ml in policarbonato trasparente (Pbi International, Milano) con un singolo espianto; contenitori Magenta® GA-7 (77 x 77 x 97 mm) (Sigma-Aldrich, USA) contenenti

Page 171: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Passiflora incarnata 169

9 espianti; contenitori Screw ® in policarbonato trasparente (70 x 50 mm) e tappo rosso non trasparente (Pbi International, Milano) con 5 espianti.

I numeri di scambi d’aria orari sono stati calcolati secondo quanto riportato in Lucchesini e Mensuali (2000). E’ stata inoltre valutata la produzione oraria di etilene in contenitori con il solo mezzo colturale.

Trattamenti con 1-MCP

Come inibitore di attività dell’etilene è stato utilizzato 1-MCP (prodotto commerciale al 3% di 1-MCP SmartFresh SM, AgroFresh Inc. c/o Rohm & Haas Italia srl). Si è messa a punto una procedura per saturare i vasi di coltura Ury utilizzando una quantità nota di polvere sufficiente ad ottenere una concentrazione di 500 ppm di 1-MCP all’interno dei contenitori. Sono stati effettuati trattamenti di 6 ore a cadenza settimanale fin dall’avvio della coltura o dopo 15 giorni di coltura.

Determinazione dei pigmenti

La variazione del contenuto di clorofilla e carotenoidi è stata condotta attraverso misure spettrofotometriche. I campioni di tessuto fresco sono stati estratti in etanolo al 95% (10:1 ml:g) a 4°C per tutta la notte e il contenuto in pigmenti (µg mg-1) è stato determinato secondo la metodologia Lichtenthaler (1987).

Risultati e discussione

La buona riuscita della fase di sterilizzazione degli espianti ha permesso un avvio ottimale della coltura asettica, senza alcun impedimento derivante da possibili contaminazioni batteriche o fungine. Grazie a questo è stato possibile avviare una serie di subcolture di P. incarnata sul mezzo di coltura contenente 2 mg L-1di kinetina in tubi Ury. Gli espianti utilizzati in questi esperimenti derivano da tre cicli di subcultura ognuno di 4 settimane effettuati in vasi Magenta. In tabella 1 sono riportati i valori dei parametri scelti

Page 172: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

170 Mensuali-Sodi A. et al.

per caratterizzare tre diversi tipi di contenitori. Da quanto riportato risulta che ogni singola pianta coltivata ha una diversa quantità d’aria a disposizione così come il grado di aerazione, determinato dagli scambi con l’esterno, è differenziato. Inoltre i risultati, ottenuti dalla determinazione di etilene in contenitori con il mezzo nutritivo ma senza piante, indicano che all’interno dei vasi è rilasciata una quantità di etilene che è significativamente correlata (r2= 0.81) con la quantità di substrato e quindi di agar utilizzato in ogni vaso. All’interno del vaso Magenta, che contiene 50 ml di mezzo, si libera una quantità di etilene di origine abiotica circa 10 volte superiore a quella che si evolve nel tubo Ury. Le differenze nel volume dei vasi e nel n° di scambi d’aria tuttavia fanno sì che la concentrazione di etilene nell’ambiente in cui le piante si sviluppano sia un terzo di quella misurata nel tubo Ury. Vari autori, in diverse pubblicazioni, hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza della produzione abiotica dell’etilene da parte dell’agar (Mensuali-Sodi et al, 1992; Leonhardt e Kandeler, 1987) e sul rilascio di composti fitotossici da parte di materiali plastici (Woltering,1990), comunemente impiegati nella realizzazione dei contenitori per la coltura in vitro (polipropilene, polivinilcloruro), che possano causare effetti negativi paragonabili a quelli dell’etilene.

Tabella 1. Caratteristiche dei contenitori utilizzati per la coltura in vitro di Passiflora incarnata L.

Contenitore

Volume (ml)

Mezzo (ml)

Aria/pianta (ml)

Scambi d’aria (n°/h)

Etilene (nl)

Etilene (pl/ml)

Ury 30 5 25 0.6 1.33 33.37

Screw 200 20 36 0.2 3.81 14.35

Magenta 575 50 58 0.8 10.80 11.42

Page 173: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Passiflora incarnata 171

I risultati (dati non mostrati) ottenuti a seguito di un ciclo di coltura di Passiflora incarnata L., coltivata in vitro durante la fase di moltiplicazione nei differenti contenitori presi in esame, mostrano che lo sviluppo di foglie evidenzia un leggero incremento soprattutto nei contenitori Magenta, mentre il numero di germogli totali rimane pressoché invariato durante il periodo di subcoltura, dimostrando quindi, per questo tipo di contenitori, una situazione più favorevole per lo sviluppo delle plantule (Lucchesini et al., 2000, Cournac et al., 1991).

Alla fine del periodo colturale (circa 3 settimane), le foglie cominciano, tuttavia, a presentare evidenti sintomi di invecchiamento fogliare. Questo fenomeno si manifesta con una diversa velocità e intensità secondo il contenitore utilizzato (Chanemougasoundharam et al., 2004). La concentrazione d'etilene durante la coltivazione delle plantule è più elevata all’interno dei tubi Ury (Fig. 1A), in queste condizioni colturali le plantule in proliferazione manifestano seri sintomi di senescenza (Fig.1B). Nei contenitori in cui il livello di etilene durante la coltivazione è più basso (Magenta) il fenomeno è attenuato. In varie specie vegetali è stato osservato che l’uso di contenitori che limitano gli scambi d’aria con l’esterno, causa l’accumulo di etilene a livelli tali da indurre, in specie sensibili come il garofano (Melé et al., 1982) e come la rosa (De Proft, 1987) sintomi analoghi a quelli tipici della senescenza. Relativamente ad altre specie appartenenti al genere Passiflora, è stato osservato, in lavori pregressi, una inibizione della capacità morfogenetica in relazione all’accumulo di etilene nel vaso di coltura (Faria e Segura, 1997). Oltre a variare il tipo di contenitore e modificare quindi le condizioni di aerazione della coltura, si è verificata la possibilità di contrastare la tendenza all’invecchiamento delle plantule di Passiflora utilizzando l’inibitore di attività dell’etilene 1-MCP. Nonostante sia già stata ampiamente dimostrata l’efficacia di questo composto, sono pochissimi i casi in cui si è studiata l’applicabilità alle colture in vitro e gli effetti sulla crescita e sulla differenziazione degli espianti (Arigita et al., 2003; Pereira-Netto, 2001). I trattamenti con 1-MCP hanno avuto un effetto positivo sulle foglie delle plantule che, a fine coltura, hanno mostrato un maggior contenuto di pigmenti (Fig.1C); ciò trova conferma nel noto effetto di questo fitoregolatore sulla degradazione dei pigmenti

Page 174: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

172 Mensuali-Sodi A. et al.

clorofilliani (Knee, 1991) Un effetto analogo è stato osservato in colture di Magnolia realizzate in contenitori a diverso grado d'ermeticità (De Proft et al., 1985) o in colture di Prunus avium cresciute in atmosfera modificata (Righetti, 1996). Una riduzione netta dei sintomi di senescenza è mostrata anche dal minor numero di foglie ingiallite ed ascisse rispetto al controllo (Fig.1D). Gli effetti più marcati dell’uso dell’inibitore si sono avuti, in particolare, quando il trattamento è stato realizzato nelle ultime due settimane di coltura quando nel controllo si manifestano più evidenti i sintomi di senescenza.

chl a chl b carotenoidi totali0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0contr

mcp15ggmcp

g m

g-1

10 15 20 250

25

50

75

100

125

periodo di coltura (giorni)

UryScrewMagenta

etile

ne (

pL m

l -1)

A

contr. MCP MCP 15 gg.012345678 gialle + absc.T 2verdi T2

verdi T4gialle + absc.T 4

D

n° fo

glie

Magenta Ury Screw012

3456

78 gialle + absc.T2

verdi T2gialle + absc.T4

verdi T4

n° fo

glie

B

Figura 1. Accumulo di etilene (A) ed evoluzione (T2=2 settimane di coltura; T4=4 settimane di coltura) del processo di senescenza fogliare (B) durante la coltura in vitro di Passiflora incarnata L. in diversi contenitori. Effetto del trattamento con 1-MCP, somministrato dall'inizio della coltura (MCP) o nella seconda parte (MCP 15gg), sul contenuto in pigmenti (C) e sull'evoluzione della senescenza fogliare (D) in plantule micropropagate in tubi Ury.

Page 175: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Passiflora incarnata 173

Conclusioni

In conclusione, la propagazione clonale di Passiflora incarnata L. può essere realizzata, partendo da espianti ascellari seguendo un protocollo specifico. I risultati di questo lavoro, dimostrano che il fenomeno di senescenza fogliare osservato in vitro può essere correlato con le diverse caratteristiche di aerazione dei contenitori e che è possibile migliorare le condizioni colturali modificando i livelli di etilene cui le plantule sono sottoposte. Le conoscenze acquisite sulle caratteristiche dei contenitori consentono la scelta del tipo più idoneo per la coltura che si vuole realizzare. Per la Passiflora incarnata il tipo ottimale è risultato il contenitore Magenta® GA-7, mentre i contenitori, Screw ® e Ury ®hanno accentuato il fenomeno di senescenza. Gli effetti negativi che sono stati attribuiti all’accumulo di etilene oltre che modificando gli scambi d’aria possono anche essere superati utilizzando sostanze che interferiscono nella attività dell’etilene, l’uso dell’inibitore di attività 1-MCP ha fornito risultati soddisfacenti. La recente affermazione di questo prodotto è legata soprattutto agli effetti benefici sulla durata post-raccolta di fiori, ortaggi e frutti climaterici ma il suo uso nelle colture in vitro non è stato ancora consolidato. Sulla base di questi risultati sembra quindi possibile ipotizzare un’applicabilità dell’1MCP anche per le specie vegetali coltivate in vitro che, come la Passiflora incarnata, presentano una evidente sensibilità all’etilene.

Bibliografia

1. Arigita, L., Sánchez Tamés, R., González, A. 2003. 1-Methylcyclopropene and ethylene as regulators of in vitro organogenesis in kiwi explants. Plant Growth Reg. 40: 59–64.

2. Bajaj, Y. P. S. 1998. Biotechnology for the improvement of medicinal plants. Acta Hort 457: 37-45.

3. Chanemougasoundharam, A., Sarkar, D., Pandey, S.K., Al-Biski, F., Helali, O., Minhas, J.S. 2004. Culture tube closure-type affects potato plantlets growth and chlorophyll contents. Biologia Plantarum 48 (1): 7-11.

Page 176: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

174 Mensuali-Sodi A. et al.

4. Cournac, L., Dimon, B., Carrier, P., Lohou, A. e Chagvardieff, P. 1991. Growth and photosynthetic characteristics of Solanum tuberosum plantlets cultivated in vitro in different conditions of aeration, sucrose supply, and CO2 enrichment.

5. De Proft, M.P., Van De Broek, G., De Greef, J.A. 1987. Involvement of ethylene on senescence and vitrification of in vitro cultured miniroses. Acta Hortic. 212:217-222.

6. Faria, J.L.C., Segura, J. 1997. In vitro control of adventitious bud differentiation by inorganic medium components and silver thiosulfate in explants of Passiflora edulis f. flavicarpa. In vitro Cell. Dev. Biol.-Plant 33: 209-212.

7. Gamborg, O.L., Miller, R.A., Ojima, K. 1968. Nutrient requirements of suspension cultures of soybean root cells. Exp. Cell Res. 50: 151-158.

8. Knee, M. 1991. Role of ethylene in chlorophyll degradation in radish cotyledons. Journal of Plant Growth Regulators 10: 157-162.

9. Leonhardt, W., Kandeler, R. 1987. Ethylene accumulation in culture vessels. A reason for vitrification. Acta Hortic. 212:223-227.

10. Lichtenthaler, H.K. 1987. Chlorophylls and carotenoids: pigments of photosynthetic biomembranes. - Methods Enzymol. 148: 350-383.

11. Lucchesini, M., Mensuali-Sodi, A. 2000. Effects of vessel permeability to gas exchanges on the in vitro plantlets of Myrtus communis L.. Agr. Mediter. 130: 78-84.

12. Melè, E., Messeguer, J., Camprubì, P. 1982. Effect of ethylene on carnation explants grown in sealed vessels. Proc. 5th Intl. Cong. Plant Tissue and Cell Culture 69-70.

13. Mensuali-Sodi, A., Panizza, M., Rognoni, F. 1992. Quantification of ethylene losses in different container-seal systems and comparision of biotic and abiotic contributions to ethylene accumulation in cultured tissues. Physiologia Plantarum 84: 472-476.

14. Mingozzi, M., Lucchesini, M., Mensuali-Sodi, A. 2003. La propagazione in vitro della Passiflora incarnata. Colture Protette 9: 139144.

Page 177: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Passiflora incarnata 175

15. Murashige, T., Sgoog, F. 1962. A revised medium for rapid growth and bioassay with tobacco tissue culture. Physiol. Plant . 15: 473-479.

16. Otoni, W.C., Blackhall, N.W., d’Utra Vaz, F.B., Casali, V.W., Davey, M.R., Power, J.B. 1995. Somatic hybridization of the Passiflora species, P. edulis f. flavicarpa Deg. And P. incarnata L. Journal of Experimental Botany 46 (288): 777-785.

17. Otoni, W.C., Casali, V.W. D., Cecon, P.R., Maria, J., Davey, M.R., Power, J.B. 1995. Influence of the antibiotic cefotaxime on the culture of mesophyll-derived protoplast of Passiflora incarnata L. Revista Ceres 42(243): 507-515, 18 ref.

18. Pereira-Netto, A.B. 2001. Effect of inhibitors of ethylene biosynthesis and signal transduction pathway on the multiplication of in vitro-grown Hancornia speciosa. Plant Cell, Tissue and Organ Culture 66: 1-7.

19. Righetti, B. 1996. Chlorophyll, ethylene and biomass determination in Prunus avium cv. Victoria cultivated in vitro under different atmospheric conditions. Journal of Horticultural Science 71(2): 249-255.

20. Woltering, E.J. 1990. Phytotoxic component in polypropylene tissue culture containers. Scientia Horticulturae 44: 335-340.

Page 178: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 179: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Passiflora spp. 177

Elicitazione di colture in vitro di Passiflora per la produzione di metaboliti secondari

Simeoni E., Fraccaroli M., Toffali K., Ceoldo S., Levi M. e Guzzo F. Dip. Scientifico e Tecnologico, Università di Verona, Verona. E-mail: [email protected] Riassunto

In linee cellulari di P. garckei l’elicitazione con estratto di lievito 0,5 mg/ml stimola una rapida produzione di NO e di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e una successiva produzione di specifici metaboliti (in particolare, derivati dell’acido cumarico e caffeico). Anche particolari combinazioni di concentrazioni di donatori di NO e di perossido d’idrogeno stimolano la produzione di specifici metaboliti secondari, che sono in corso di determinazione.

Abstract

In suspension cultures of P. garckei treatment with 0,5 mg/ml yet extract induces a rapid production of NO and reactive oxygen species (ROS) and at later time the production of specific metabolites (in particular coumaric and caffeic acid derivatives). Also simultaneous treatments with particular concentrations of NO and hydrogen peroxide donors resulted in production of specific metabolites which are in course of determination.

Introduzione

La produzione di principi attivi da cellule in coltura in vitro

presenta diversi indubbi vantaggi rispetto all’estrazione dalle piante (ad es. assenza di stagionalità e quindi continuità di produzione;

Page 180: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

178 Simenoni E. et al.

assenza di patogeni e contaminanti; semplificazione delle procedure di purificazione; sistemi di produzione GMP). Il costo di produzione è tuttavia elevato. Un abbassamento dei costi di produzione può essere ottenuto in vario modo, ad es.mediante selezione di linee stabilizzate con buona crescita e produttività, ottimizzazione delle condizioni di coltura, applicazione di condizioni stressanti o d’elicitori

Gli elicitori sono fattori biotici o abiotici in grado di indurre nelle cellule bersaglio risposte morfologiche, fisiologiche e biochimiche, quali l’accumulo di fitoalessine (Zhao et al., 2005). Essi mimano l’attacco di un patogeno, scatenando nelle cellule le opportune risposte.

L’evento d’elicitazione inizia con la percezione dello stimolo, che porta all’attivazione d’effettori, quali canali ionici, proteine leganti GTP, proteine chinasi ecc. La successiva trasduzione del segnale può essere considerata come una rete a componenti multipli, in cui sono coinvolte varie vie, che funzionano in parallelo o in sequenza, e culminano nelle diverse risposte, compresa la produzione di metaboliti secondari (Zhao et al., 2005). La comprensione di questo complesso insieme di meccanismi scatenati dall’evento d’elicitazione è di vitale importanza per ottimizzare l’eventuale produzione industriale.

A questo scopo il nostro gruppo sta affrontando lo studio dell’insieme di risposte scatenate dagli eventi d’elicitazione in cellule di Passiflora in coltura in vitro, a partire dall’applicazione dello stimolo fino alla produzione dei metaboliti secondari. Materiali e metodi

Linee cellulari in sospensione di Passiflora garckei sono mantenute

in mezzo B5 addizionato con 2,4-D 2 mg/l, cambiando il mezzo ogni 14 giorni, con un inoculo del 4% (peso fresco/volume di coltura). Per gli esperimenti d’elicitazione è stato preparato un inoculo del 10%, e dopo 24 ore dal cambio di terreno le colture sono state trattate con un estratto di lievito commerciale (DIFCO), ad una concentrazione di 0,5 mg/ml di coltura.

La produzione d’ossido nitrico (NO: insieme di specie reattive del monossido d’azoto, comprendenti la forma radicale NO., il catione

Page 181: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Passiflora spp. 179

NO+ e l’anione NO-) e di specie reattive dell’ossigeno (ROS) è stata determinata con metodo fluorimetrico in micropiastre, incubando per 60 min il terreno di coltura condizionato (ovvero nel quale sono state cresciute le cellule trattate e di controllo) rispettivamente con diaminofluoresceina 2-diacetato (DAF-DA) alla concentrazione finale di 14 µM per NO e 2’,7’ diclorofluoresceina diacetato (DCFH-DA) per i ROS. Per ogni campione sono stati fatti 5 replicati. Come controllo negativo è stato utilizzato un terreno condizionato da cellule non elicitate, come controlli positivi un terreno trattato con il donatore d’ossido nitrico SNP (sodio nitro prusside) per NO e uno con il sistema glucosio/glucosio ossidasi in grado di generare perossido d’idrogeno per i ROS. Questo metodo si è dimostrato affidabile, pur in assenza delle esterasi cellulari necessarie per la rimozione dell’acetato, probabilmente perchè la piccola frazione di DAF e DCFH liberi presenti nel preparato commerciale (nel caso del DCFH da noi verificato sperimentalmente mediante LC-MS in infusione diretta) è sufficiente per la determinazione di NO e ROS nelle nostre condizioni.

Per la determinazione dei metaboliti secondari, le cellule trattate e di controllo sono state prelevate dopo 24, 48 e 96 ore dall’inizio del trattamento, e i metaboliti sono stati estratti con metanolo (4 ml/g di cellule, peso fresco), per 30’ in ghiaccio. I residui cellulari sono stati quindi eliminati mediante centrifugazione. L’analisi HPLC-DA degli estratti metanolici è stata condotta utilizzando una colonna C18 in fase inversa di 250x4,6 mm. I due solventi utilizzati per le analisi cromatografiche sono: A) 5 % di acetonitrile, 10 % di acido ortofosforico e 1 % di acido acetico in acqua.; B) metanolo 100%. Gli spettri di assorbanza delle molecole eluite, da 190 a 600 nm di lunghezza d’onda, sono stati confrontati con gli spettri di una libreria di standard commerciali comprendente diversi flavonoidi, acidi idrossicinnamici ed idrossibenzoici e loro derivati, alcaloidi.

Per studiare l’effetto dei ROS e dell’ossido nitrico sulla produzione di metaboliti secondari, le cellule sono state trattate con i donatori di NO e perossido di idrogeno SNP e glucosio/glucosio ossidasi, a diverse concentrazioni, singolarmente e in combinazione. Le cellule trattate sono state raccolte ed analizzate dopo 24 ore. La vitalità

Page 182: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

180 Simenoni E. et al.

cellulare è stata determinata al microscopio dopo colorazione con FDA (diacetato di fluoresceina). Risultati e discussione

Il primo evento scatenato dall’aggiunta dell’elicitore in cellule in

coltura in sospensione di P. garckei è l’alcalinizzazione del mezzo di coltura, la quale inizia dopo 30 secondi dalla somministrazione dell’estratto di lievito (Fig. 1).

5.855.9

5.956

6.056.1

6.156.2

6.256.3

6.356.4

0.00.00 0.43.12 1.26.24 2.09.36 2.52.48

tempo (h)

pH

Figura 1. pH del mezzo di una coltura di P.garckei durante le fasi precoci di un evento di elicitazione con estratti di lievito. Entro 30 secondi dall’aggiunta dell’elicitore (freccia) si osserva un aumento del pH del mezzo.

Tale alcalinizzazione, descritta da molti autori, dipende probabilmente dalla depolarizzazione della membrana plasmatica delle cellule, seguita da efflusso di ioni K+ dal citoplasma ed influsso nel citoplasma di ioni Ca++ e ioni H+ provenienti dal terreno di coltura, con conseguente acidificazione del citoplasma (Boller, 1995). La precocissima acidificazione del citoplasma così generata è considerata

Page 183: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Passiflora spp. 181

essenziale per la trasduzione del segnale che porterà in seguito al cosiddetto “burst” ossidativo (Sakano, 2001). All’alcalinizzazione del mezzo di coltura segue una rapida produzione di NO e di ROS (Fig. 2), che decresce dopo i 30 minuti fino a raggiungere dopo 24 ore livelli comparabili con quelli del controllo.

a0

500010000150002000025000300003500040000

30 min 1h 4h 24h

controllotrattato

b0

100000200000300000400000500000600000700000800000900000

30 min 1h 4h 24h

controllotrattato

a0

500010000150002000025000300003500040000

30 min 1h 4h 24h

controllotrattato

b0

100000200000300000400000500000600000700000800000900000

30 min 1h 4h 24h

controllotrattato

Figura 2. Produzione di NO (a) e ROS (b) in colture di P.garckei controllo e elicitate con estratto di lievito.

L’analisi cromatografica di estratti metanolici di cellule elicitate e di controllo, a tempi diversi dall’inizio del trattamento, mostra l’elicitazione di alcuni picchi, che compaiono o aumentano sensibilmente (Fig. 3). L’accumulo dei metaboliti è massimo dopo 24 ore di elicitazione, ma anche dopo 96 ore il livello è superiore a quello del controllo. Analisi preliminari degli spettri di assorbimento e mediante LC-MS mostrano che fra le molecole elicitate vi sono derivati dell’acido cumarico e caffeico.

Il trattamento simultaneo delle cellule con donatori di NO e perossido di idrogeno a concentrazioni 0.1875-0.75 mM di SNP e 0.00625-0.025 U/ml di glucosio ossidasi elicita l’accumulo di alcuni metaboliti secondari in corso di determinazione, indicando che la contemporanea produzione di NO e ROS a livelli controllati è in grado di attivare vie del metabolismo secondario.

L’ossido nitrico è coinvolto nelle piante nella risposta ipersensibile che segue un attacco da parte di un patogeno, e si ritiene che abbia un ruolo nell’attivazione di numerosi geni coinvolti nei processi di difesa, quali i geni che codificano per la fenilalanina ammonio liasi (PAL) e per la chalcone sintasi (CH) (Zaninotto et al., 2006), due enzimi

Page 184: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

182 Simenoni E. et al.

chiave del metabolismo secondario. La produzione di ROS determina il cosiddetto “burst” ossidativo: le specie reattive dell’ossigeno possono essere direttamente tossiche per i patogeni e sono coinvolte in importanti eventi di difesa quali il rafforzamento della parete e la produzione della molecola-segnale acido salicilico (Zaninotto et al., 2006). Inoltre, durante l’attacco da parte di un patogeno, le vie che coinvolgono l’NO e i ROS interagirebbero, ad esempio nell’induzione della risposta ipersensibile (Zaninotto et al., 2006).

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

3

a

b

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

Minutes4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

mA

U

0

200

400

mA

U

0

200

400

3

a

b

Figura 3. Profili cromatografici di estratti metanolici da cellule di P.garckei controllo (a) ed elicitate con estratto di lievito (b), 24 ore dopo l’inizio del trattamento.

Conclusioni

Questi dati, seppure preliminari, indicano la possibilità di

incrementare la produttività di specifici metaboliti secondari in colture in vitro di Passiflora. Esperimenti analoghi in corso nel nostro laboratorio su colture di altre specie di Passiflora e con altri elicitori, e prime analisi mediante NMR, confermano questa possibilità. La

Page 185: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Passiflora spp. 183

maggiore semplicità del profilo metabolico delle colture in vitro rispetto alla pianta e la crescita in condizioni controllate che consentono di confrontare controlli e trattati le rende anche un materiale adatto per uno studio dei processi di elicitazione con un approccio di systems biology. Bibliografia 1. Boller, T. 1995. Chemoperception of microbial signals in plant

cells. Annu Rev Plant Physiol Mol Biol. 46: 189-214 2. Sakano, K. 2001. Metabolic regulation of pH in plant cells: role of

cytoplasmic pH in defence reaction and secondary metabolism. Int Rev Cytol. 206: 1-44

3. Zaninotto, F., La Camera, S., Polverari, A., Delledonne, M. 2006. Cross talk between reactive nitrogen and oxygen species during the htpersensitive disease resistance response. Plant Physiol. 141: 379-383

4. Zhao, J., Davis, L.C., Verpoort, R. 2005. Elicitor signal transduction leading to production of plant secondary metabolites. Biotech Adv. 23: 283-333

Page 186: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 187: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 185

Coltura in vitro mixotrofica ed autotrofica di Echinacea angustifolia D. C.

Lucchesini M.1, Mensuali-Sodi A.2, Pacifici S.1, Pipino L.1, Tognoni F.1 1Dip Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa. 2Scuola Superiore S.Anna , Pisa. E-mail: [email protected] Riassunto

Lo scopo di questa ricerca è stato quello di studiare l’adattabilità alla coltivazione in vitro di Echinacea angustifolia D. C. a partire da piante adulte. Nel presente lavoro viene descritto, un protocollo per l’induzione di germogli avventizi da sezioni di stelo fiorale di E. angustifolia, mediante un substrato minerale agarizzato con 0,6 mg L-1 di BA. Durante la fase di moltiplicazione sono stati alternati più mezzi di coltura per migliorare la qualità dei germogli. La radicazione in vitro è stata conseguita ponendo i germogli di E. angustifolia in filtri di cellulosa imbevuti con mezzo minerale LS a mezza forza addizionato con 1 mg L-1 IBA senza l’aggiunta di saccarosio. Per facilitare il raggiungimento di attività fotosintetica in vitro (autotrofia), la coltura è stata provvista di un sistema per la ventilazione forzata. Il 70 % circa delle plantule emette le radici entro la terza settimana di coltura. Il protocollo qui descritto costituisce un metodo alternativo all’utilizzo di semenzali in quanto consente di ottenere in breve tempo un numero cospicuo di plantule clonate di E. angustifolia provenienti da piante adulte selezionate. Abstract

The growth of Echinacea angustifolia DC. in vitro using adult tissues was studied. The regeneration of shoots was obtained from

Page 188: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

186 Lucchesini M. et al.

sections of flower stalk of open field E. angustifolia adult plants. The shoot regeneration rate was optimized directly from the flowering stalk of E. angustifolia cultivated in the light on a agarized medium supplemented with 0.6 mg L-1 6-benzilamminopurine. The consequent shoot multiplication protocol was established using in sequence different media within the same proliferation phase to improve shoot quality. The rooting phase was established from E. angustifolia shoots placed into cellulose plugs soaked with LS/2 medium without sucrose added with 1 mg L-1 IBA. This system was provided with a forced ventilation by bubbling air at the liquid medium level. The achievement of the autotrophic growth permit to obtain almost 70 % of rooted plantlets. This protocol could be performed as alternative to E. angustifolia plants cultivated by seeds and furnished a reproducing method to propagate in vitro E. angustifolia plantlets from adult selected plants.

Introduzione

La necessità di garantire al mercato farmaceutico un

approvvigionamento costante di composti chimici naturali ad attività comprovata provenienti da piante medicinali, ha fatto sì che nascesse un vivo interesse per la propagazione vegetativa di specie officinali. In questo ambito, le tecniche di micropropagazione e di colture di tessuti in vitro permettono una rapida propagazione clonale di piante selezionate per le loro caratteristiche fitofarmaceutiche e una produzione standardizzata dei principi attivi. In particolare, la selezione clonale di piante ad elevata variabilità fenotipica come nel caso dell’Echinacea spp., e dell’Echinacea angustifolia D.C., è indispensabile per migliorare le caratteristiche sia agronomiche sia farmaceutiche. In questo contesto la propagazione in vitro di E. angustifolia permette la standardizzazione delle produzioni dei principi attivi e, in alcuni casi, può garantire al raccolto delle produzioni di metaboliti secondari più elevate rispetto alla coltivazione di piante provenienti da seme, che mantengono una notevole variabilità produttiva anche in termini di metaboliti secondari. E. purpurea rappresenta la specie più studiata per quanto

Page 189: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 187

riguarda la messa a punto dei protocolli di propagazione in vitro. In questa specie sono state ottenute sia la rigenerazione di germogli a partire da espianti di semenzali (Coker e Camper, 2000; Choffee et al., 2000a) sia l’organogenesi da callo originato da tessuti fogliari adulti (Koroch et al., 2002) nonché l’embriogenesi somatica da piccioli ottenuti da semenzali di due mesi (Choffee et al., 2000b). Poiché gli unici lavori svolti sulla rigenerazione di plantule di E. angustifolia, sono basati sull’utilizzo di semi o semenzali (Harbage, 2001; Lakhsmanan et al., 2002) da impiegare come fonte di materiale per gli espianti di partenza, lo scopo della presente ricerca è stato quello di studiare l’adattabilità alla coltivazione in vitro di E. angustifolia a partire da piante adulte. Infatti, solo l’uso di piante madri adulte può consentire una propagazione clonale efficiente e può garantire la moltiplicazione di piante selezionate per l’alto valore farmaceutico. Inoltre, i pochi lavori svolti su questa specie hanno rivelato che E. angustifolia è una specie recalcitrante per quanto riguarda la capacità rizogenetica in vitro e che l’uso dei fitoregolatori durante questa fase è piuttosto contraddittorio (Harbage, 2001; Lakhsmanan et al., 2002; Lata et al., 2004). Quindi, in questo lavoro sperimentale, si è focalizzata l’attenzione sulla possibilità di mettere a punto un valido protocollo soprattutto per la fase di radicazione di E. angustifolia che permetta di ottenere un numero elevato di plantule radicate da avviare nella fase di produzione in vivo.

Materiali e metodi

Piante adulte coltivate in serra sono state sottoposte, prima del

prelievo degli espianti, a trattamenti ripetuti ogni cinque giorni con Bavistin®, alla concentrazione di 1 g L-1 allo scopo di limitare il più possibile l’inquinamento dei tessuti durante la prima fase della coltivazione in vitro (fase zero della micropropagazione; Debergh e Maene, 1981).Gli steli fiorali, prelevati dalle piante adulte e ridotti in porzioni di circa 10 cm, sono stati sottoposti ad un lavaggio preliminare in acqua corrente per 16 ore; successivamente sono stati sterilizzati per 15 minuti con una soluzione di ipoclorito di sodio (8% di cloro attivo) al 15% e alcune gocce di Tween 20®. Dopo tre lavaggi

Page 190: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

188 Lucchesini M. et al.

con acqua distillata sterile, gli steli sono stati suddivisi in dischetti dello spessore di 1-2 mm. In ciascuna capsula Petri (ø 5 cm) sono stati posizionati 5 espianti utilizzando in totale 50 piastre.

Durante le prove di induzione è stato utilizzato un mezzo LS (Linsmaier e Skoog, 1965), addizionato di vitamine di Gamborg B5 (Gamborg et al., 1968), saccarosio 20 g L-1, glutatione ridotto come antiossidante (GSH) 300 mg L-1, PPM® 3 ml L-1 (Plant Preservative Mixture, Plant Cell Technology Inc., U.S.A., un biocida-biostatico ad ampio spettro) ed agar 7 g L-1. Come fitoregolatore è stata utilizzata BA (6-benzilamminopurina) alla dose di 0,6 mg L-1; il pH a 5,8 è stato aggiustato prima del’autoclavazione. Le piastre sono state posizionate in camera di crescita a 25 ± 1°C con 16 ore di fotoperiodo (80 µM s-1

m-2). I rilevamenti sono stati effettuati al termine (quarta settimana) della prima e seconda subcoltura. I germogli ottenuti dalle prove di induzione sono stati trasferiti in tubi monouso da 30 ml (1 espianto/tubo, 20 tubi) sul mezzo di moltiplicazione LS addizionato di vitamine di Gamborg (B5), contenente saccarosio 20 g L-1, GSH 300 mg L-1, PPM® 3 ml L-1, BA 0,25 mg L-1ed agar 7 g L-1. I rilevamenti sono stati effettuati alla quarta settimana di coltura. Per la successiva fase di proliferazione i germogli sono stati posti per una subcoltura su un mezzo di allungamento costituito dal substrato minerale di LS a metà concentrazione, privo di vitamine e di ormoni, contenente saccarosio 15 g L-1, carbone attivo 5 g L-1e agar 7 g L-1poi sono stati trasferirti, per tutta la fase di moltiplicazione, sul mezzo basale utilizzato per la fase d’induzione con l’aggiunta di 0. 5 mg L-1 di BA.

Durante la fase di radicazione sono stati effettuati diversi esperimenti volti a stabilire la condizione fisico-chimica dell’ambiente colturale maggiormente idonea nel garantire un’elevata percentuale di radicazione. Le prove sono state condotte impiegando il mezzo minerale di LS ridotto a mezza forza non agarizzato e privo di saccarosio. 1. Induzione di radici tramite pre-trattamento ormonale dei germogli

provenienti dalla fase di proliferazione posti successivamente su sostegno artificiale. L’induzione è stata effettuata al buio per 24h utilizzando il mezzo minerale basale con l’aggiunta di 20 mg L-1

acido indol-3-acetico (IAA) e 20 mg L-1 di acido -naftaleneacetico

Page 191: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 189

(NAA). Successivamente gli espianti sono stati disposti (9 espianti/ vaso, 4 vasi) in Magenta Box (Sigma, Milano).

2. Induzione di radici diretta su sostegno artificiale: germogli provenienti dalla fase di proliferazione sono stati posti in Magenta (9 espianti/ vaso, 4 vasi). Al mezzo di coltura basale veniva aggiunto acido Indol-3-butirico IBA (1 mg L-1).

Le due prove sono state effettuate usando vasi dotati di tappi con filtro per la ventilazione. La condizione colturale più convenzionale, in cui lo scambio di aria all’interno dei vasi era passivo (ventilazione passiva: no floating), è stata paragonata a quella in cui l’aria, in uscita da una pompa da acquario e convogliata per mezzo di tubi di silicone, veniva ultrafiltrata per mezzo di filtri Minisart con porosità da 0.22 µm e fatta gorgogliare direttamente nel mezzo liquido sul fondo dei vasi (ventilazione forzata: floating).

Gli espianti di entrambe le prove sono stati inseriti in filtri di cellulosa Sorbarods (Baumgartner Papiers, Svizzera) imbevuti di mezzo liquido privo di saccarosio disposti su sostegni LifeRaft Membrane raft (Sigma,Milano) (Fig. 1).

Figura 1. Germogli di E. angustifolia posti in un vaso Magenta nel sistema aerato “Floating” (sinistra) e particolare dei filtri di cellulosa “Sorbarords” (destra).

Page 192: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

190 Lucchesini M. et al.

I risultati riferiti alla % di rigenerazione e al numero e lunghezza di

germogli per espianto sono stati espressi come medie ± errore standard durante le prove di induzione edi proliferazione. Durante le prove di radicazione le medie (± e.s.) riferite alla % di radicazione, % di sopravvivenza, numero e lunghezza delle radici per espianto, sono state analizzate per mezzo dell’analisi della varianza a due vie e comparati con il test di Bonferroni (GraphPad Software, Inc. versione 4, 1999-2003). Le medie riferite ai valori percentuali sono state trasformate in valori angolari prima dell’analisi statistica.

Risultati e discussione

La fase di condizionamento delle piante madri di E. angustifolia,

attuata allo scopo di contrastare l’inquinamento degli espianti, si è dimostrata indispensabile per ottenere un numero sufficiente di piastre (40%) del tutto esenti da contaminazione. In effetti, è stato proprio l’elevato livello di contaminazione microbica che caratterizza la pianta adulta, a costringere vari Autori (Harbage, 2001; Lakshmanan et al., 2002; Lata et al., 2004) a svolgere le ricerche sulla coltura in vitro di Echinacea a partire da tessuti di semenzali germinati in vitro.

Durante la fase di induzione, si è osservata la produzione di callo verde e compatto nel 100 % delle sezioni di stelo fiorale. I calli hanno dato luogo a organogenesi di germogli che, alla fine della seconda subcoltura, hanno mantenuto la capacità rigenerativa (Tab. 1).

I calli ottenuti da espianti di stelo fiorale, hanno mostrato una buona resa in numero di germogli per espianto dimostrando di possedere un elevato potenziale morfogenetico, anche se inferiore rispetto a quella riportata da Choffe et al. (2000) e Koroch et al. (2002) per E. purpurea. La fase successiva di proliferazione sul mezzo basale con l’aggiunta di 0.25 mg L-1 di BA, ha determinato un progressivo aumento della produzione di germogli ma con un graduale deterioramento della cultura che assumeva sempre più le caratteristiche della vitrescenza. E’ stato necessario effettuare un passaggio dei germogli nel medesimo mezzo basale con l’aggiunta del solo carbone attivo per ottenere nuovamente una buona qualità della

Page 193: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 191

coltura che successivamente continua a proliferare sul mezzo basale con 0.5 mgL-1 di BA senza più mostrare segni di iperidricità. Poiché, come suggerito da Lakshmanan et al. (2002), la causa principale della iperidricità nella coltura in vitro di E. angustifolia può essere indotta dall’impiego di BA nel mezzo di coltura, è stato introdotto un passaggio intermedio su carbone attivo, che riduce gli effetti negativi dei fitoregolatori (Debergh e Maene, 1981); ciò ha permesso di ottenere germogli di qualità senza perdita della capacità proliferativa (Tab. 1).

Tabella 1. Effetto delle fasi della proliferazione sulla resa in numero di germogli per espianto, lunghezza dei germogli, quantità e qualità del callo originato da sezioni di stelo fiorale di E. angustifolia durante la fase di induzione e moltiplicazione. I dati sono presentati come medie ± errore standard. CA= intervallo della fase di moltiplicazione in carbone attivo.

Fasi della proliferazione N°

germogli per espianto

Lunghezza (cm)

Quantità di callo

Qualità del callo

Subcoltura I 2.67±0.33 0.67±0.20 +++ verde, comp. Induzione

Subcultura II 3.00±0.58 0.73±0.15 +++ verde, comp.

Moltiplic. I 2.36±0.40 1.31±0.14 +/++ iperidrico, friabile

CA 1.10±0.06 1.63±0.25 + verde, compatto

Moltiplicazione

Moltiplic. II 1.77±0.79 1.66±0.39 + basale, verde

Per quanto riguarda la fase di radicazione, gli esperimenti

precedentemente condotti su terreni agarizzati (dati non mostrati) non hanno prodotto alcun risultato, inibendo completamente il processo rizogenetico. Poiché alcuni Autori (Lakshmanan et al., 2002), hanno osservato che la moderata presenza di auxine nel mezzo di coltura può inibire la radicazione dei germogli. E. angustifolia, mentre altri

Page 194: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

192 Lucchesini M. et al.

(Harbage, 2001) affermano che, per E. angustifolia a differenza di E. purpurea, non è possibile la radicazione in mezzi privi di questi fitoregolatori, si è voluto indagare se una presenza temporanea di auxine (esperimento a) e la messa in coltura in condizioni in grado di indurre autotrofia, potessero portare beneficio alla fase di radicazione (Lucchesini et al., 2001; Lucchesini et al., 2006). L’autotrofia è stata indotta impiegando un mezzo privo di saccarosio fornendo una maggiore aerazione al sistema colturale garantita sia dall’impiego di filtri di cellulosa per il sostegno delle plantule sia dai maggiori scambi di aria nello spazio di testa dei vasi. I risultati riassunti nella figura 2 mostrano che la presenza della ventilazione forzata (floating) determina una maggiore produzione di germogli radicati e che la presenza di IBA nel mezzo di coltura migliora ulteriormente tale percentuale.

0

20

40

60

80

100

***

survival %

0

20

40

60

80

100IAA-NAA 24hIBA***

***root

ing

%

float no float0

3

6

9

12*

radi

ci/e

spia

nto

float no float0.0

2.5

5.0

7.5***

cm

Figura 2. Effetto dei diversi tipi di ventilazione all’interno dei vasi (float e no float) e dei diversi trattamenti ormonali (immersione temporanea:IAA-NAA per 24 ore oppure Iba nel mezzo di coltura) durante la fase di radicazione in vitro di E. angustifolia. I valori sono espressi come medie ± errore standard (n=9); ANOVA test * P≤ 0.05, **P≤ 0.01, ***P≤0.001.

Page 195: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 193

Per quanto riguarda la sopravvivenza, la condizione più aerata consente di ottenere un maggior numero di plantule vitali e radicate a prescindere dal tipo di fitoregolatore impiegato: l’incremento degli scambi d’aria all’interno dei vasi di coltura evita che si verifichino gli accumuli di umidità e di etilene che influenzano negativamente le colture in vitro (Jackson et al. 1991, Kozai 1991).

Il numero e la lunghezza delle radici decresce in presenza del trattamento con maggiore aerazione mentre l’assenza di ventilazione forzata fa risaltare l’effetto del trattamento ormonale. La condizione fisica del microambiente determinata dalla ventilazione forzata (Buddendorf-Joosten e Woltering, 1994; Solárová e Pospíšilová 1997) e un substrato con ridotta concentrazione di sali minerali e senza saccarosio (Lata et al., 2004; Koroch et al., 2003), conducono le plantule di E. angustifolia verso l’acquisizione di autotrofia consentendo alle colture sia di migliorare la crescita grazie all’incremento dell’attività fotosintetica ma anche di raggiungere una media del 70% di radicazione. Inoltre l’uso di sostegni artificiali quali i filtri di cellulosa ha contribuito ulteriormente allo sviluppo autotrofia poiché permettono una maggiore aerazione anche a livello del substrato (Afreen-Zobayed et al. 2000, Kirdmanee et al., 1995).

Conclusioni

In base ai risultati di questo lavoro, è stato possibile mettere a punto per la prima volta un metodo per la propagazione in vitro di E. angustifolia da pianta adulta. Il metodo più efficiente e innovativo per ottenere il maggior numero di piante radicate è stato quello di allestire la coltura sterile di plantule di E. angustifolia in un sistema areato molto simile al floating dell’idroponica realizzato in miniatura. Il metodo per propagare in vitro E. angustifolia consente in breve tempo di ottenere un numero elevato di piante di qualità da immettere sul mercato e da utilizzare per l’estrazione di principi attivi standardizzati.

Page 196: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

194 Lucchesini M. et al.

Bibliografia 1. Afreen-Zobayed, F., Zobaied, S.M.A., Kubota, C., Kozai, T.,

Hasegava, O. 2000. A combination of vermiculite and paper pulp supporting material for the photoautotrophic micropropagation of sweet potato. Plant Science 157: 225-231.

2. Choffe, K.L., Murch, S.J., Saxena, P.K. 2000. Regeneration of Echinacea purpurea: Induction of root organogenesis from hypocotyl and cotyledon explants. Plant Cell Tiss. Org. Cult. 62: 227-234.

3. Choffe, K.L., Victor, J.M.R., Murch, S.J., Saxena, P.K. 2000. In vitro regeneration of Echinacea purpurea L.: direct somatic embryogenesis and indirect shoot organogenesis in petiole culture. In vitro Cell. Dev. Biol. Plant. 36: 30-36.

4. Coker, P.S., Camper, N.D. 2000. In vitro culture of Echinacea purpurea L. J. of Herbs, Spices and Medicinal Plants. 7 (4): 1-7

5. Debergh, P.C., Maene, L.J. 1981. A scheme for commercial propagation of ornamental plants by tissue culture. Sci. Hortic. 14, 335-345.

6. Gamborg, O.L., Miller, R.A., Ojima, K. 1968. Nutrient requirements of suspension cultures of soybean root cells. Experimental Cell Research, 50: 151-158

7. Harbage, J.F. 2001. Micropropagation of Echinacea angustifolia, E. pallida and E. purpurea from stem and seed explants. HortScience, 36: 360-364.

8. Jackson, M.B., Abbott, A.J., Belcher, A.R., Hall, K.C., Butler, R., Cameron, J.1991. Ventilation in plant tissue culture and effects of poor aeration on ethylene and carbon dioxide accumulation, oxygen depletion and explants development. Ann. Bot. 67: 229–237.

9. Kirdmanee, C., Kitaya, Y., Kozai, T. 1995. Effects of CO2 enrichment and supporting material in vitro on photoautotrophic growth of Eucalyptus plantlets in vitro and ex vitro. In vitro cell. Develop. Biol. Plant. 31: 144-149.

Page 197: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia 195

10. Koroch, A., Juliani, H.R., Kapteyn, J., Simon, J.E. 2002. In vitro regeneration of Echinacea purpurea from leaf explants. Plant Cell Tiss. Org. Cult. 69: 79-83;

11. Koroch, A.R., Kateyn, J., Juliani, H.R., Simon, J.E. 2003. In vitro regeneration of Echinacea pallida from leaf explants. In vitro Cell. Dev. Biol. 39: 415-418.

12. Kozai, T. 1991. Autotrophic micropropagation. In “Biotechnology in Agriculture and Forestry: High Tech and Micropropagation ”, Bajaj Y.P.S. (ed.), Springer-Verlag, Berlin Heidelberg, Germany, I vol. pp 313-343.

13. Lakshmanan, P., Danesh, M., Taji 2001. Production of four commercially cultivated Echinacea species by different methods of in vitro regeneration. Journal of Horticultural Science & Biotechnology 77: 158-163.

14. Lata, H., Bedir, E., Moraes, R.M. 2004. Mass propagation of Echinacea angustifolia: A Protocol Refinement using Shoot Encapsulation and Temporary Immersion Liquid System. ISHS Acta Hort. 629: 409-414.

15. Linsmaier, E.M., Skoog, F. 1965. Organic growth factor requirement of tobacco tissue culture. Physiol. Plant. 18: 100-127.

16. Buddendorf Joosten, J.M.C., Woltering, E.J. 1994. In: “Physiology, Growth and Development of Plants in Culture”, Lumsden, P.J., Nicholas JR Davies, W.J. (eds.), Kluwer Academic Publishers, Dordrecht, Germany, pp.165-190.

17. Lucchesini, M., Mensuali-Sodi, A., Massai, R., Gucci, R. 2001. Development of autotrophy and tolerance to acclimatization of myrtle (Myrtus communis L.) transplants cultured in vitro under different conditions. Biologia Plantarum 44:167-174.

18. Lucchesini, M., Monteforti, G., Mensuali Sodi, A., Serra, G. 2006. Leaf ultrastructure, photosynthetic rate and growth of myrtle plantlets under different in vitro culture conditions. Biologia plantarum 50: 161-168.

19. Solárová, J., Pospíšilová, J. 1997. Effects of carbon dioxide enrichment during in vitro cultivation and acclimation to ex vitro conditions. Biol. Plant. 39: 23-30.

Page 198: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 199: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Metaboliti secondari da piante micropropagate di E. angustifolia 197

Metaboliti secondari da piante adulte micropropagate di Echinacea angustifolia L.

A. Bertoli1, L. Luciardi1, M. Lucchesini2, A. Mensuali Sodi3 L. Pistelli1, 1Dip. Chimica Bioorganica e Biofarmacia, Università di Pisa, Pisa 2Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa 3Scuola Superiore di Studi e Perfezionamento Sant’Anna, Pisa E-mail: [email protected] Riassunto

L’analisi quali-quantitativa mediante LC-DAD-ESI-MS su estratti metanolici di colture di Echinacea angustifolia e di piante cresciute in serra ha messo in evidenza la presenza di derivati caffeolchinici comunemente considerati marker della pianta spontanea, quali gli acidi caffeico, cicorico, clorogenico, caftarico e echinacoside. Particolare attenzione è stata dedicata anche alla classe di composti nota come alchilammidi, considerando come marker rappresentativo il composto isobutilamide dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoico. Le alchilammidi sono metaboliti secondari rappresentativi del genere Echinacea e sembrano avere un ruolo rilevante nella determinazione delle proprietà farmacologiche riconosciute all’Echinacea.

Abstract The metabolite production in Echinacea angustifolia shoots and

greennhouse three month-old plants was performed both on the n-hexanic and methanolic extracts. Caffeolquinic acid derivatives (chlorogenic, caffeic, caftaric, cichoric acids and echinacoside) and dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoic acid isobuthylamide, chosen as representative for the alkamides, were considered as markers for the quali-quantitative LC-DAD-ESI-MS analyses. The alkamides are

Page 200: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

198 Bertoli A. et al.

considered important for the biological activities of Echinacea angustifolia extracts.

Introduzione L’impulso registrato negli ultimi anni verso il consumo di rimedi a

base di estratti naturali ha portato ad una crescente richiesta da parte dell’industria del settore di materiale vegetale grezzo e di estratti standardizzati. Soddisfare tale esigenza per specie di origine extraeuropea come Echinacea non è cosa semplice, in quanto risulta ancora difficile trovare sul mercato materiale di propagazione certificato.

Le piante appartenenti al genere Echinacea sono note per problematiche relative alla loro germinazione, che rappresenta la prima importante tappa da superare per procedere nella loro propagazione sia in vitro che in vivo. Oltre a ciò, occorre tenere presente che l’utilizzazione di tale materiale vegetale come materia prima per l’industria di trasformazione, è possibile solo se viene garantita una produzione adeguata di principi attivi o metaboliti secondari caratteristici. (Bauer et al., 1989; Bauer et al., 1991; Bauer et al.,1988).

Metaboliti secondari estratti da germogli micropropagati di E. angustifiolia

Questo studio è stato effettuato su tessuti di piante micropropagate,

derivanti da steli fiorali, e campioni di Echiancea angustifolia ottenuti da semenzali di 4 mesi cresciuti in serra. Il materiale vegetale è stato estratto mediante macerazione con solventi a polarità crescente in successione. Gli estratti ottenuti sono stati analizzati mediante LC-DAD-ESI-MS per valutare la produzione in metaboliti secondari caratteristici (Bauer et al., 1989; Bauer et al., 1991; Bauer et al.,1988). Derivati caffeolchinici quali acido clorogenico, caffeico, caftarico, cicorico, echinacoside e una composto di tipo alcammidico (isobutilammide dell’ acido dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoico) sono

Page 201: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Metaboliti secondari da piante micropropagate di E. angustifolia 199

stati scelti come markers per le analisi quali-quantitative degli estratti. (Fig.1) .

Figura 1. Formula di struttura dei composti utilizzati come markers nell’analisi LC-MS-ESI-DAD.

Il composto di tipo alcammidico utilizzato come markers è stato precedente isolato dall’estratto esanico di E. purpurea var. redcone e identificato mediante analisi NMR e spettrometria di massa. Tale composto è stato utilizzato come standard di riferimento dopo avere accertato un grado di purezza pari al 98% mediante analisi HPLC-DAD-ESI-MS.

Page 202: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

200 Bertoli A. et al.

Sono state evidenziate importanti differenze nella produzione sia dell’alcammide considerata che dei derivati caffeolchinici e sono state messe in relazione con lo stadio di crescita dei campione analizzati. Infatti una significativa produzione del composto alkammide (6) è stata rilevata nei campioni di germogli di E. angustifolia prelevati nella fase di induzione della coltura in vitro rispetto a quelle successive (sia in vitro che in vivo dopo tre mesi di adattamento in serra). I derivati caffeolchinici, in particolare acido clorogenico, cicorico e echinacoside sono risultati tipici metaboliti dei germogli di E. angustifolia durante la fase di sviluppo nel mezzo di coltura.

Le differenze quali-quantitative osservate nella produzione dei metaboliti considerati in questo studio potranno essere utilizzate per la selezione di materiale vegetale ottenuto da colture di E. angustifolia. Bibliografia 1. Bauer, R., Remiger, P., Wagner, H., 1989. Alkamides from the

roots of Echinacea angustifolia”, Phytochemistry, vol. 28, n. 2: 505-508.

2. Bauer, R., Remiger, P., Wagner, H. 1988. Alkamides from the roots of Echinacea purpurea. Phytochemistry, Vol. 27, No. 7: 2339-2342.

3. Bauer, R., Wagner, H., 1991. Echinacea species as potential immunostimulatory drugs, in: Farnsworth, N. R. and Wagner, H. (Eds.), Economic and medicinal plant research, 5. New York, NY: Academic Press, pp. 253-321.

Page 203: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

201

Attività di alcuni enzimi del metabolismo dei fenilpropanoidi in foglie di Passiflora incarnata L.

coltivata in vivo o in vitro Guidi L., Montanari M., Degl’Innocenti E. Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie, Università di Pisa E-mail: [email protected] Riassunto.

Nel lavoro vengono studiate le attività di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dei fenilpropanoidi, come la scichimato deidrogenasi (SKDH), la fenilalanina ammonio liasi (PAL) e la calcone isomerasi (CHI) in tessuti fogliari di piante di P. incarnata coltivate in vaso o in vitro. Nelle piante allevate in vaso l’età della foglia determinava variazioni significative nell’attività della PAL e CHI, con valori elevati nelle foglie completamente espanse. Anche nelle piante coltivate in vitro sono state evidenziate differenze in relazione alla tecnica di coltivazione: le piante in eterotrofia presentavano valori di attività di PAL, SKDH e CHI più elevati rispetto a quelle coltivate in autotrofia.

Abstract In leaf tissues of Passiflora incarnata grown in pots and in vitro,

the activities of some enzymes involved in phenylpropanoid pathway, as schikimate dehydrogenase (SKDH), phenylalanine ammonia lyase (PAL) and chalcone isomerase (CHI) has been studied. In plants grown in pots significant differences in the activities of PAL and CHI has been found, being highest when leaves were completely expanded. Also in plants grown in vitro has been recorded differences linked to the substrate utilized. In fact, when plants were

Page 204: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

202 Guidi L. et al.

grown with sucrose as carbon source, PAL, SKDH and CHI showed values higher in comparison with plants grown in autotrophia Introduzione

Un farmaco è definito un composto chimico in grado di prevenire o curare le malattie ed in base a ciò la probabilità di trovare nelle piante costituenti chimici che possiedono queste proprietà è elevata; d’altra parte, le piante sono state utilizzate nella prevenzione o cura delle malattie per centinaia di anni sino all’avvento della medicina moderna. Gli organismi vegetali sono, infatti, in grado di sintetizzare un gran numero di composti chimici in ragione del fatto che sono sessili e debbono evolvere una vasta gamma di meccanismi di adattamento nei confronti dell’ambiente in cui vivono. I metaboliti secondari sono, infatti, i composti chimici che svolgono un ruolo chiave nelle interazioni delle piante con l’ambiente che le circonda. In questo senso l’adattamento biochimico, in grado di operare a diversi livelli dei processi metabolici, compreso il metabolismo secondario, è il principale responsabile della biodiversità chimica delle piante.

Passiflora incarnata L. (fiore della passione) è impiegata da secoli in tutto il mondo per il trattamento dell’ansia e dell’insonnia ed anche nel trattamento contro l’epilessia, gli spasmi muscolari e malattie simili. Studi fitochimici hanno evidenziato la presenza di vari flavonoidi, composti glicosidici, alcaloidi dell’armalo ed il maltolo (derivato γ-benzopiranico) (Dhawan et al., 2004). In realtà scarsa è letteratura riguardante gli aspetti biochimici coinvolti nella sintesi di queste sostanze.

L’impiego delle piante medicinali aveva subito un rapido declino nei paesi occidentali dopo l’avvento della chimica di sintesi, anche se era ancora una pratica diffusissima nei paesi del terzo mondo. Negli ultimi anni la situazione è nuovamente cambiata e l’impiego dei prodotti medicinali vegetali è cresciuto in modo stupefacente (Giachetti e Monti, 2005). Ciò ha determinato una proliferazione delle ricerche riguardanti l’impiego di estratti vegetali in medicina e l’uso di particolari biotecnologie per la coltivazione delle piante in

Page 205: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Attività enzimatica in Passiflora incarnata 203

modo tale da incrementare la produzione di costituenti fitochimici (Vanisree et al., 2004). A questo fine le tecniche in vitro rappresentano certamente un nuovo approccio biotecnologico che può permettere la produzione, anche a livello industriale, di metaboliti secondari. La micropropagazione di specie vegetali permette, infatti, una rapida propagazione clonale di piante selezionate per le caratteristiche dei loro principi attivi (Harbage, 2001).

In questa ottica si inserisce questo studio che era finalizzato alla analisi dell’attività di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dei fenilpropanoidi in piante di Passiflora incarnata coltivate in vivo o in vitro. Materiali e metodi

Tutte le prove sperimentali sono state condotte presso il

Dipartimento di Biologia delle Piante Agraria dell’Università di Pisa. Coltivazione in vaso: semi di P. incarnata, gentilmente concessi da

ABOCA S.p.A. (Sansepolcro, AR), sono stati posti a germinare in cella di crescita a 25°C. Circa un mese dopo la germinazione, le piantine sono state trapiantate in vaso con una miscela di terriccio e perlite (50/50;p/p), trasferite in serra e sottoposte a nebulizzazione e fertirrigazione. Nella primavera le piante erano nuovamente rinvasate e trasferite all’aperto sotto un ombrario e quotidianamente irrigate. Le prove sono state condotte nel periodo agosto-ottobre 2005.

Coltivazione in vitro: per la fase del prelievo, sterilizzazione e messa in coltura degli espianti si seguiva il metodo riportato da Mingozzi et al. (2003). Il mezzo di coltura utilizzato per la coltivazione delle piante in vitro era costituito da: mezzo basale LS (Linsmeier e Skoog, 1965), 300 mg L-1 glutatione, 8 g L-1 Agar (Difco Bacto). La concentrazione di saccarosio nel mezzo variava in funzione delle condizioni di auto- o eterotrofia che si volevano indurre, ed in particolare 0 e 30 g L-1. Sulle foglie di P. incarnata coltivata in vivo o in vitro è stata quindi determinata l’attività specifica degli enzimi scichimato deidrogenasi (SKDH), fenilalanina ammonio liasi (PAL), cinnamil alcool deidrogenasi (CAD) e calcone isomerasi che catalizzano importanti

Page 206: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

204 Guidi L. et al.

steps del metabolismo dei fenilpropanoidi. L’attività degli enzimi SKDH e CAD è stata determinato seguendo i metodi riportati in Guidi et al. (2005); per l’enzima PAL l’estrazione e la determinazione erano eseguite secondo il metodo di Degl’Innocenti et al. (2005). L’enzima CHI è stata determinata secondo il metodo di Fofana et al. (2002) con piccole modifiche.

I dati sono stati quindi sottoposti ad analisi della varianza ad una via e le medie erano confrontate mediante il test della DMS0.05 (Differenze Minima Significativa). La fonte di variabilità era rappresentata nell’allevamento in vivo dai giorni di coltivazione. I dati provenienti dalle piante coltivate in vitro in due substrati diversi, sono stati sottoposti al test del t di Student.

Risultati e discussione

I dati delle attività specifiche degli enzimi SKDH, PAL, CAD e

CHI determinate sulle foglie delle piante di P. incarnata coltivata in vitro sono riportati in tabella 1. I dati si riferiscono ai diversi tipi di coltura artificiale: 0 (autotrofia) e 30 (eterotrofia) corrispondono alle concentrazioni di saccarosio (g L-1) presenti nel mezzo di coltura.

Le piante coltivate in vitro in coltura autotrofa presentavano nei tessuti fogliari della P. incarnata un valore significativamente più basso dell’attività della SKDH rispetto a quelli delle piante coltivate in eterotrofia. In considerazione del fatto che l’attività di questo enzima è determinante per la sintesi degli aminoacidi aromatici fenilalanina, tirosina e triptofano, possiamo supporre che la minore attività registrata nelle piante coltivate in autotrofia sia connessa ad una minore necessità che queste piante hanno di amminoacidi per la sintesi delle proteine.

D’altra parte l’attività catalitica della PAL era significativamente più elevata nelle piante coltivate in autotrofia e ciò potrebbe indicare che nei tessuti di queste piante c’è una maggiore diversione del metabolismo dello scichimato verso la produzione di metaboliti secondari tra cui fenoli semplici. Come è ben noto la P. incarnata è un importante pianta medicinale che presenta elevati contenuti in flavonoidi nei tessuti fogliari (Menghini et al., 1993). La formazione della struttura di base per la sintesi dei flavonoidi prevede una serie di

Page 207: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Attività enzimatica in Passiflora incarnata 205

reazioni fra le quali quella catalizzata dalla calcone isomerasi. Questo enzima opera la ciclizzazione dell’anello eterociclico centrale del 4,2’.4’,6’-tetraidrossicalcone e determina la sintesi della naringenina e la ciclizzazione del 4,2’,4’-triidrossicalcone nel composto 7,4’-diidrossiflavanone, substrato per la sintesi degli isoflavonoidi. L’attività di questo enzima era significativamente più alta nelle piante coltivate in eterotrofia ad indicare quindi che, tra le due modalità di coltivazione in vitro, quest’ultima sembra essere più idonea alla produzione ed accumulo di metaboliti secondari. Non si sono invece rilevate differenze nell’attività della CAD, l’enzima coinvolto nelle sintesi dei composti di base della lignina, tra i tessuti delle piante coltivate in auto- o eterotrofia. Tabella 1. Attività specifica di diversi enzimi (per mg di proteine) in foglie di Passiflora incarnata coltivata in vitro. I dati rappresentano la media di 3 repliche ± SD. Nell’ultima colonna viene riportata la significatività della differenza tra i valori nei due mezzi di coltura a seguito del test del t di Student (***: P < 0.001; **: P<0.01; NS: P>0.05). Coltura

autotrofa Coltura

eterotrofa P

SKDH (µmoli NADP+ min-1 mg-1) 2.07 ± 0.002

8.21 ± 0.031

***

CAD (nmoli coniferaldeide min-1 mg-1) 0.46 ± 0.005

0.42 ± 0.012

NS

PAL (moli trans-cinnammico min-1 mg-1) 0.92 ± 0.001

0.29 ± 0.003

**

CHI (∆ABS min-1 mg-1) 1.10 ± 0.027

1.73 ± 0.022

**

Nella tabella 2, sono riportate le attività specifiche degli enzimi del

metabolismo dei fenilpropanoidi determinate in foglie di P. incarnata allevate in vaso. Le analisi sono state condotte in tempi diversi durante il processo di espansione della foglia. Il momento 0 corrispondeva al

Page 208: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

206 Guidi L. et al.

momento in cui la foglia aveva raggiunto un’area di almeno 10 cm2. I prelievi successivi sono stati effettuati ad una cadenza di 10 giorni l’uno dall’altro e sino a quando la foglia non aveva raggiunto la sua completa espansione.

L’attività della SKDH non variava durante l’ontogenesi fogliare, mentre l’attività della PAL aumentava significativamente sino alla completa espansione. L’enzima PAL non è certamente l’enzima che sintetizza flavonoidi e, ad oggi, non sono note correlazioni tra la sua attività e l’accumulo di flavonoidi. Tuttavia, l’attività della PAL determina la sintesi dell’acido cinnamico che rappresenta il precursore della maggior parte dei fenilpropanoidi, flavonoidi compresi. Questo dato è corroborato anche dai risultati ottenuti dalla determinazione dell’attività dell’enzima CHI che presenta un andamento, nel tempo, abbastanza simile a quello dell’enzima PAL e caratterizzato da un significativo aumento dell’attività al momento della completa espansione della foglia. Tabella 2. Attività specifica (per mg di proteine) di diversi enzimi in foglie di Passiflora incarnata coltivata in vaso durante l’ontogenesi fogliare. I dati rappresentano la media di 3 repliche ± SD. Per ciascun parametro medie con lettere uguali non sono significativamente diverse per P = 0.05.

Espansione fogliare (giorni) 0 10 20 30 SKDH (µmoli NADPmin-1mg-1)

1.43 ± 0.02 a

1.67 ± 0.06 a

1.06 ± 0.03 a

1.42 ± 0.05 a

PAL (moli trans-cinnammico min-1

mg-1)

0.88 ± 0.10 bc

0.59 ± 0.03 c

1.05 ± 0.03 b

1.76 ± 0.04 a

CAD (nmoli coniferaldeide min-1 mg-1 prot.)

0.42 ± 0.01 a

0.18 ± 0.01 b

0.30 ± 0.01 ab

0.17 ± 0.01 b

CHI (∆ABS min-1 mg-1)

0.54 ± 0.03 b

0.26 ± 0.08 b

0.45 ± 0.07 b

12.42 ± 4.85 A

Page 209: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Attività enzimatica in Passiflora incarnata 207

Abbastanza complesso appariva l’andamento dell’enzima CAD, caratterizzato da una significativa riduzione durante le prime fasi di espansione della foglia (10 giorni) e, quindi, un incremento al 20 giorno; tuttavia, il valore dell’attività della CAD alla fine della sperimentazione presentava valori significativamente più bassi. Conclusioni

Scopo del presente lavoro era la valutazione di due tecniche di coltivazione di P. incarnata mediante la stima dell’attività di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dei flavonoidi, importanti costituenti fitochimici di questa specie. I risultati ottenuti con la tecnica della coltivazione in vitro hanno evidenziato differenze significative in funzione del substrato di coltivazione con una notevole riduzione dell’attività di importanti enzimi, come la PAL e la CHI, nei tessuti fogliari delle piante cresciute in autotrofia.

Anche nelle foglie delle piante allevate in vaso sono state registrate differenze legate essenzialmente allo sviluppo della foglia, con i valori più alti dell’attività specifica della PAL e CHI rilevati al momento della completa espansione fogliare.

I risultati ottenuti rappresentano solo una piccola parte di una tematica più ampia che riguarda la valutazione delle vie biosintetiche dei metaboliti secondari di interesse farmacologico e l’influenza che le tecniche di coltivazione possono avere sulla loro stimolazione o repressione. Questo primo approccio è stato tuttavia utile perché ci ha permesso di evidenziare come i substrati utilizzati nella tecnica in vitro o lo stadio di sviluppo della foglia delle piante allevate in vaso influenzino significativamente l’attività di importanti enzimi coinvolti nella sintesi dei flavonoidi, quali la PAL e la CHI:

Ringraziamenti

Questo lavoro è stato svolto grazie ad un contributo MIUR (Progetto Nazionale), Roma.

Page 210: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

208 Guidi L. et al.

Bibliografia 1. Dhawan, K., Dhawan, S., Sharma, A. 2004. Passiflora: a review

update. J. Ethnopharmacol. 94: 1-23. 2. Degl’Innocenti, E., Guidi, L., Pardossi, A., Tognoni, F. 2005.

Biochemical study of leaf browning in minimally processed leaves of lettuce (Lactuca sativa var. acephala). J. Agric. Food Chem. 53: 9980-9984.

3. Fofana, B., McNally, D.J., Labbè, C., Boulanger, R., Benhamou, N., Séguin, A., Bèlanger, R.R. 2002. Malsana-induced resistance in powdery mildew-infected cucumber plants correlates with the induction of chalcone synthase and chalcone isomerase. Physiol. Molec. Plant Path. 61: 121-132.

4. Harbage, J.F. 2001. Micropropagation of Echinacea angustifolia, E. pallida, and E. purpurea from stem and seed explants Hortsci. 36: 360-364.

5. Giachetti, D., Monti, L. 2005. Piante medicinali in fitoterapia. Ann. Ist. Super. Sanità 41: 17-22.

6. Guidi, L., Degl’Innocenti, E., Genovesi, S., Soldatini, G.F. 2005. Photosyntehtic process and activities of enzymes involved in the phenylpropanoid pathway in resistant and sensitive genotypes of Lycopersicon esculentum L. exposed to ozone. Plant Sci. 168: 153-160

7. Linsmeier, E.M., Skoog, F. 1965. Organic growth factor requirements of tobacco tissue cultures. Physiol. Plant. 18: 100–127.

8. Menghini, A., Capuccella, M., Mercati, V., Mancini, L., Burata, M. 1993. Flavonoids content in Passiflora spp. Pharmacol. Res. Comm. 27: 13-14.

9. Mingozzi, M., Lucchesini, M., Mensuali-Sodi, A. 2003. La propagazione in vitro della Passiflora incarnata. Colture Protette 9: 139-144.

10. Vanisree, M., Lee, C.-Y., Lo, S-F., Nalawade, S.M., Lin, C.Y., Tsay, H.S. 2004. Studies on the production of some important secondary metabolites from medicinal plants by plant tissue cultures. Bot. Bull. Acad. Sin. 45: 1-22.

Page 211: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

209

Caratterizzazione di piante di H. stoechas (L.) Moench rigenerate da hairy roots: architettura della pianta ed attività

biologica

Giovannini A.1, Mascarello C. 1, Pipino L. 1, Ruffoni B1, Nostro A. 2 1 CRA Istituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo, Sanremo E-mail: [email protected] 2 Dipartimento Farmaco-Biologico, Sezione Microbiologia, Facoltà di Farmacia, Università di Messina, Villaggio Annunziata, Messina E-mail: [email protected] Riassunto

Il ceppo selvatico di Agrobacterium rhizogenes (ATCC 15834) è stato utilizzato per indurre hairy roots in un clone di Helichrysum stoechas micropropagato. Le hairy roots sono state isolate e coltivate in vitro su un substrato privo di fitoregolatori. Le piante rigenerate da quattro linee (B,E,M ed N), originate da eventi indipendenti di trasformazione, sono state ulteriormente propagate ed infine ambientate in serra. Dalle piante ambientate delle quattro linee transgeniche e dal controllo non trasformato sono state effettuate talee per le prove agronomiche di confronto varietale svolte nel 2005 e nel 2006. Sono stati raccolti i seguenti dati: altezza e diametro della pianta, numero e lunghezza delle branche principali, diametro e numero totale di infiorescenze, struttura del corimbo, data dell'avvenuta fioritura. I semi derivati da libera impollinazione del 2005 sono stati raccolti e seminati. Sulla progenie è stata effettuata un'analisi genetica per vedere la segregazione del gene rolC di A. rhizogenes e sulle piante sono state rilevate alcune caratteristiche morfologiche. I capolini di ogni genotipo sono stati essiccati ed estratti in etanolo. L’attività antimicrobica di tali estratti è stata valutata nei confronti di batteri Gram negativi, Gram positivi e miceti mediante test di diffusione e valutazione della minima concentrazione inibente (MIC). L'analisi statistica dei dati ha messo in evidenza

Page 212: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

210 Giovannini A. et al.

differenze significative per quanto riguarda l'architettura della pianta e delle infiorescenze fra le linee rigenerate da hairy roots ed il controllo, mentre l'attività antibatterica degli estratti dei capolini non è stata modificata.

Abstract

Agrobacterium rhizogenes 15834 wild type strain was effective to

induce hairy roots in one Helichrysum stoechas (fam. Asteraceae) micropropagated plant clone. Shoots developed spontaneously from hairy roots on hormone-free medium, in light conditions. T-DNA rolC gene was detected by PCR analysis in four hairy root-regenerated plant lines (B, E, M and N), originated from independent transformation events. About twenty rooted plants deriving from each of the hairy root lines and from the control were acclimatized in the greenhouse. Untransformed plants were used as the source of control. After one year of in vivo culture, several cuttings were obtained and they were cultivated into a cold greenhouse for agronomic trials in 2005 and 2006. H. stoechas hairy root-regenerated plants showed a more compact plant habit. Plant height and plant diameter were significantly reduced as compared to the control. The number of primary branches was not affected was not affected in all the lines; moreover, primary branch length was significantly reduced in the hairy root-regenerated plant lines as compared to the control. The capitulum number per corymb was not affected in line E and M, but was slightly increased in line N, as compared to the control. On the other hand the corymb branch length was significantly reduced in all the lines. Inflorescence extracts were used for disc diffusion tests against three Gram negative and five Gram positive bacteria and against three mycetes. The MIC (Minimum Inhibitory Concentration) of the extract was also determined. The antibacterial activity of the transgenic lines was not affected. There were not significantly differences among the E, N and M lines and the control H. stoechas samples. All samples were not effective against the mycetes.

Page 213: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 211

Introduzione L’Helichrysum stoechas (L.) Moench è una specie officinale

aromatica appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Il nome elicriso o “sole d’oro” ha origine da due vocaboli greci helios=sole e chrysos=oro, facendo allusione all’aspetto raggiato dei capolini ed al colore giallo. H. stoechas è una pianta perenne arbustiva alta fino a 15 cm, con fusti ramificati formanti un denso cuscino basale. Le foglie sono vellutate lanose di forma lanceolata. I capolini sono riuniti in 5-10 corimbi con squame involucranti esterne glabre, i fiori sono piccoli numerosi, circa 20 per ogni capolino, tubulosi i più esterni femminili, gli altri ermafroditi. Il frutto è un achenio ovale allungato, alla cui sommità è inserito un pappo. La pianta è termofila diffusa nell’area mediterranea fino ad un’altitudine di 600-800 m slm, predilige gli ambienti aridi e ben protetti dal freddo, gli incolti le pietraie e le scarpate dell’entroterra costiero. La fioritura avviene da maggio a settembre. L’elicriso ha sempre suscitato venerazione ed è stato investito di mitici significati essendo legato al culto del sole e simbolo di eternità. I capolini, dal colore giallo-dorato che si conserva con il tempo, sono utilizzati nella preparazione di mazzi secchi, dando l’illusione di non appassire.

La pianta è usata per curare le più varie malattie fin dall’antichità, grazie alle molteplici proprietà medicinali: antinfiammatorie, cutanee, connettivali; anticoagulanti, antiflebitiche; depurative e drenanti epatiche; anticatarrali; mucolitiche; cicatrizzanti; antipsoriasiche; antieczematose; spasmolitiche; antibatteriche; antiallergiche in malattie di origine allergica e autoimmune, in campo sia veterinario sia umano; stimolanti gastrici e pancreatiche. La droga è costituita dai corimbi di capolini raccolti prima della fioritura completa. L’azione antibatterica è svolta dall’olio essenziale (0,05%), in particolare da terpeni tipo pinene e geraniolo. L’azione spasmolitica è data da pirenoderivati, quella antitossica del fegato da kaempferolo e quercitina. L’azione antiossidante è messa in relazione con le sostanze quali flavonoidi (fra i quali le elicrisine A e B, diastomeri al C2 della naningenina 5-O-glucoside) con azione protettiva dai danni cellulari.

La pianta è utilizzata in preparati cosmetici ad azione addolcente, protettiva, elasticizzate ed antiarrossamento (Pelle, 1999 e 2000).

Page 214: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

212 Giovannini A. et al.

Il gruppo di lavoro, afferente alla sezione di Propagazione dell’Istituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo (CRA), in collaborazione con le Università di Pisa e Messina, da alcuni anni si è posto l’obiettivo di mettere a punto protocolli efficienti per l’ottenimento di hairy roots in specie ornamentali, aromatiche e medicinali al fine di costituire “colture artificiali” da cui estrarre i principi attivi propri della specie in esame. Il materiale vegetale di partenza è costituito da piante selezionate e coltivate in vitro. Le colture di hairy roots, indotte dal batterio del terreno Gram-negativo Agrobacterium rhizogenes, rappresentano un tessuto a rapida crescita, con un elevato potenziale biosintetico da sfruttare per la produzione di metaboliti in ambiente controllato (Saito et al., 1992). Le hairy roots non necessitano di fitoregolatori per la crescita, sono geneticamente stabili e possono attivare vie biosintetiche per la produzione di principi attivi, la cui sintesi non è limitata alle sole radici; inoltre, in alcune specie, rigenerano spontaneamente piante intere, con alterate caratteristiche morfologiche e biochimiche (Giri e Narasu, 2000).

Materiali e metodi Frammenti di foglie e radici, di un clone di H. stoechas (L.)

Moench, proveniente dall’Orto Botanico di Siena, micropropagato (CL7), sono stati utilizzati nei diversi esperimenti di trasformazione. E’ stata effettuata una co-coltivazione dei tessuti vegetali, delicatamente “feriti” con la lama da bisturi, con una coltura batterica di A. rhizogenes ceppo ATCC 15834, diluita in acqua distillata sterile (0.1 O.D. a 550 nm), per 20 minuti ed una successiva coltura dei tessuti infettati su un substrato solido per tre giorni. Il substrato di coltura utilizzato è costituito da sali e vitamine MS (Murashige e Skoog, 1962), 30 gl¯¹ saccarosio, pH 5.7, addizionato con 8 gl¯¹ di agar. Dopo tre giorni al substrato sono stati aggiunti 100 mgl¯¹ del batteriostatico Cefotaxime. La percentuale di frammenti che sviluppano radici è stata calcolata a 30 e 60 giorni dalla co-coltivazione. Lo screening delle radici putative trasformate è stato effettuato sul DNA genomico totale, mediante amplificazione di un frammento del gene rolC di A. rhizogenes, situato sul T-DNA e

Page 215: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 213

quindi trasferito nel genoma delle piante. L’eventuale contaminazione batterica è stata verificata amplificando un frammento del gene batterico virC1, che non viene trasferito (Giovannini et al., 2005). Diverse linee di hairy roots, provenienti ognuna da un unico evento di trasformazione, sono state allevate in vitro sul substrato privo di fitoregolatori alla luce, al fine di indurre la rigenerazione di germogli. Le piante rigenerate da quattro linee di hairy roots (B, E, M ed N) sono state ulteriormente propagate in vitro ed infine ambientate in serra. Dalle piante ambientate delle quattro linee transgeniche e dal controllo non trasformato (CL7) sono state effettuate talee per le prove agronomiche di confronto varietale svolte nel 2005 (Amoretti et al., 2005) e nel 2006 (Giovannini et al., 2006). Nel 2005 la prova sperimentale è stata allestita con le piante di tre linee transgeniche (E, M ed N) ed il controllo in 4 blocchi con 12 vasi (diametro 14 cm) per blocco ed una pianta per vaso. Dalla fine di aprile sono stati raccolti i seguenti dati: altezza della pianta, numero e lunghezza delle branche principali, data di emissione del primo capolino fiorito, numero di infiorescenze. Il flusso di fioritura è stato seguito contando il numero di capolini in antesi per pianta fino a fine fioritura. La lunghezza del ramo principale del corimbo è stata misurata in 30 infiorescenze per ogni genotipo ed il numero di capolini per corimbo è stato anche valutato. I semi derivati da libera impollinazione sono stati raccolti e seminati in serra. Sulla progenie è stata effettuata un'analisi genetica per vedere la segregazione del gene rolC di A. rhizogenes e sulle piantine di tre mesi sono state rilevate alcune caratteristiche morfologiche: altezza della pianta, numero e lunghezza delle branche. Nel 2006 la prova sperimentale è stata allestita con le piante di quattro linee transgeniche (B, E, M e N) ed il controllo in 4 blocchi randomizzati con 16 vasi (diametro 14 cm) per blocco ed una pianta per vaso. I seguenti dati sono stati raccolti per ogni vaso: altezza e diametro della pianta, numero e lunghezza delle branche principali, numero e diametro delle infiorescenze. I dati sono stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA). Il confronto fra le medie è stato effettuato utilizzando il test di Student-Newman-Keuls (P ≤ 0.05). Le infiorescenze di H. stoechas, raccolte a fine fioritura nella prova agronomica 2005, sono state essiccate ed estratte con etanolo (95%) nel rapporto 1:10 a temperatura ambiente per 48 ore. L’attività

Page 216: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

214 Giovannini A. et al.

antimicrobica di tali estratti è stata valutata nei confronti di batteri Gram negativi, Gram positivi e miceti mediante test di diffusione e rilievo della minima concentrazione inibente (MIC). Piastre Petri, contenenti l’adatto terreno agarizzato, sono state seminate per strisciamento con brodocolture overnight, portate ad una concentrazione pari a 5 × 107 cfu/ml, e, nel caso di A. niger e F. oxysporum, con una sospensione di spore standardizzata al 70% di trasmittanza a 530 nm. Sulla superficie dei terreni inoculati sono stati adagiati dischi di carta da filtro (6 mm di diametro) successivamente impregnati con 20 µl di estratto. Le piastre così preparate sono state incubate a 37°C e 30°C per 18-24 ore e 2-3 giorni rispettivamente per batteri e miceti. Tutte le prove sono state effettuate in doppio e l’attività antimicrobica è stata espressa come media dei diametri di inibizione (mm) prodotti dagli estratti.

La minima concentrazione inibente (MIC) è stata determinata mediante il metodo della diluizione in agar secondo le linee guida NCCLS, usando un inoculatore multipoint che dispensa 1 µl di sospensione batterica (5 X 107 cfu/ml). La concentrazione finale degli estratti nel terreno era compresa tra 4000 e 3,9 µg/ml. Le piastre sono state incubate a 37°C e 30°C per 18-24 ore e 2-3 giorni rispettivamente per batteri e miceti. La MIC è stata definita come la più bassa concentrazione di estratto che inibiva visibilmente la crescita.

Risultati e discussione

Le piante di H. stoechas rigenerate da hairy roots coltivate in vaso hanno sviluppato un comportamento compatto. L’altezza della pianta ed il diametro sono risultati ridotti in entrambe le prove (Fig.1), la lunghezza delle branche principali era significativamente inferiore al controllo, mentre il numero di branche per pianta è aumentato solo nella linea M nella prova 2005, nelle altre linee non è stato modificato (Fig.2).

Page 217: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 215

aaab

ba

bc

010

2 03 04 050

Ge no t ip i d i H. s t o e c has ne l la

p ro va a g ro no mic a

altezzapiantadiametro

a

cb b b

b

c

a a b b

05

10152 02 53 03 54 04 55 0

Ge n o t i p i d i H. s t o e c h a s n e l l a

p r o v a a g r o n o m i c a

altezzapiantadiametro

Figura 1. Architettura della pianta in vaso di H. stoechas controllo e delle linee di piante rigenerate da hairy roots nelle prove di confronto agronomico 2005 e 2006. L’altezza della pianta ed il diametro sono stati misurati nei diversi genotipi. Lettere diverse corrispondono a dati statisticamente significativi.

Nella prova agronomica del 2006, il numero di infiorescenze per

pianta non è risultato statisticamente significativo fra i diversi genotipi (controllo: 55,13a; linea B: 48,07a; linea E: 48,07a; linea M: 51,38a; linea N: 54,19a). L’architettura dell’infiorescenza è risultata più compatta, con la lunghezza del ramo principale del corimbo significativamente inferiore al controllo (Fig.3) ed il numero di capolini per corimbo significativamente superiore nella linea N (24%) rispetto al controllo (Fig.4).

Nella prova agronomica del 2005 le linee E ed N hanno cominciato a fiorire dopo 192 giorni dall’invasatura (otto giorni prima del controllo) e la linea M è andata in fioritura 20 giorni dopo il controllo (Fig.5).

Il gene di A. rhizogenes rolC è stato trasmesso alla progenie della linea E derivata da libera impollinazione: quattro genotipi su otto analizzati sono risultati positivi all’amplificazione del gene. Alcune delle caratteristiche morfologiche modificate (riduzione dell’altezza della pianta e della lunghezza delle branche) sono state riscontrate anche nella progenie rolC positiva (Tab.1). L’attività antimicrobica delle piante rigenerate da hairy roots (linee E, M ed N) non è risultata statisticamente diversa dal controllo (Tab.2 e 3). Tutti i campioni sono

Page 218: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

216 Giovannini A. et al.

risultati sempre attivi nei confronti dei batteri Gram positivi, mentre nei confronti dei batteri Gram negativi e dei miceti hanno mostrato una scarsa o nulla attività.

aab

b abc

ab

a

05

101520253035

contro

llo

linea

E

linea

Mlin

ea N

Genotipi di H. stoechas nella prova agronomica 2005

num e ro d ibra nc he

lung he zzade llebra nc he(c m )

aaaaa

c

a b b b

0

5

10

15

20

25

30

contro

llo

linea

Blin

ea E

linea

Mlin

ea N

Genotipi di H. stoechas nella prova agronomica 2006

nume ro dibra nc he

lung he zzade llebra nc he(c m)

Figura 2. Architettura della pianta in vaso di H. stoechas controllo e delle linee di piante rigenerate da hairy roots nelle prove di confronto agronomico 2005 e 2006. Il numero di branche principali per pianta e la lunghezza delle branche, dei diversi genotipi, sono riportati nei grafici. Lettere diverse corrispondono a dati statisticamente significativi.

Page 219: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 217

aaa

b

0

0.5

1

1.5

2

2.5

controllo linea E linea M linea N

H. stoechas genotipi

ram

o pr

inci

pale

cor

imbi

(cm

)

Figura 3. Architettura delle infiorescenze di H. stoechas controllo e di tre linee di piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova di confronto agronomico 2005. La lunghezza media del ramo principale dei corimbi è riportata nel grafico. Lettere diverse corrispondono a dati statisticamente significativi.

aab

a

b

0

10

20

30

40

50

controllo linea E linea M linea N

H. stoechas genotipi

capo

lini (

num

ero)

Figura 4. Architettura delle infiorescenze di H. stoechas controllo e di tre linee di piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova di confronto agronomico 2005. Il numero medio di capolini per corimbo è riportato nel grafico per ogni genotipo. Lettere diverse corrispondono a dati statisticamente significativi.

Page 220: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

218 Giovannini A. et al.

0

5

10

15

2 0

2 5

3 0

3 5

4 0

4 5

170 175 18 0 18 5 19 0 19 5 2 0 0 2 0 5 2 10 2 15 2 2 0 2 2 5 2 3 0 2 3 5 2 4 0

g io rni d a l l ' inv as a t ura

c o nt ro llo

l ine a E

l ine a M

line a N

Figura 5. Flusso di fioritura di H. stoechas controllo e di tre linee di piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova di confronto agronomico 2005. Il numero di infiorescenze in antesi per pianta è stato calcolato settimanalmente per ogni genotipo. I giorni dall’invasatura delle talee radicate sono riportati in ascissa. Tabella 1. Segregazione del gene rolC di A. rhizogenes nella progenie di H. stoechas (8 genotipi) derivata da libera impollinazione della linea E. Alcune caratteristiche morfologiche sono state valutate nelle piante di tre mesi, coltivate in vaso in serra.

Branche principali Progenie

linea E Amplificazione del gene rol C

Altezza pianta (cm)

N. lunghezza (cm)

E / 1 + 9.0 17 5.75 E / 2 + 7.5 19 2.95 E / 3 - 27.5 14 8.10 E / 4 - 16.0 7 9.21 E / 5 + 12.5 18 3.95 E / 6 + 7.5 9 3.71 E / 7 - 17.5 17 9.80 E / 8 + 15.5 14 7.75

Page 221: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 219

Tabella 2. Attività antimicrobica degli estratti di H. stoechas saggiata mediante test di diffusione. I dati sono riportati come medie dei diametri (mm) degli aloni di inibizione ± deviazione standard.

Campioni Organismi

(aloni di inibizione mm) Controllo Linea E Linea M Linea N

Batteri Gram negativi Escherichia coli ATCC 25922

7.3±1.1 6.6±0.5 7±1 6.6±0.5

Pseudomonas aeruginosa ATCC 9027

6.6±1.1 8.3±1.5 6 7.0±1.0

Salmonella typhi O901 6.6±1.1 8.3±1.7 6 7.6±1.5 Batteri Gram positivi Bacillus subtilis ATCC 6633 27.6±2.1 27.6±2.1 27.6±3.6 27.0±2.6 Listeria monocytogenes ATCC 7644

26.0±3.6 27.6±3.0 24.3±2.1 26.6±2.8

Staphylococcus aureus ATCC 6538P

28.6±3.7 27.3±5.8 27.6±3.8 28.0±5.2

Staphylococcus epidermitis ATCC 12228

30.3±4.1 32.0±5.3 33.3±1.5 31.6±3.5

Streptococcus mutans ATCC 35668

33.6±4.7 31.6±1.5 30.6±1.5 32.3±2.1

Miceti Candida albicans ATCC 10231

- - - -

Aspergillus niger ATCC 16404

- - - -

Fusarium oxysporum w.t. - - - - Alone di inibizione inferiore a 6 mm

Page 222: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

220 Giovannini A. et al.

Tabella 3. Attività antimicrobica degli estratti di H. stoechas saggiata mediante rilievo della concentrazione minima inibente (MIC).

Organismi Campioni MIC (µg/ml) Controllo Linea

F Linea

M Linea

N Batteri Gram Negativi Escherichia coli ATCC 25922

>4000 >4000 >4000 >4000

Pseudomonas aeruginosa ATCC 9027

>4000 4000 >4000 >4000

Salmonella typhi O901 >4000 4000 >4000 4000 Batteri Gram positive Bacillus subtilis ATCC 6633

15.62 31.25 15.62 31.25

Listeria monocytogenes ATCC 7644

15.62 15.62-31.25

15.62 15.62-31.25

Staphylococcus aureus ATCC 6538P

31.25-62.50 31.25-62.50

31.25 62.50

Staphylococcus epidermidis ATCC 12228

31.25 31.25 15.62 31.25-62.50

Streptococcus mutans ATCC 35668

7.81-15.62 7.81 7.81 7.81

Miceti Candida albicans ATCC 10231

>4000 >4000 >4000 >4000

Aspergillus niger ATCC 16404

>4000 >4000 >4000 >4000

Fusarium oxysporum w.t. >4000 >4000 >4000 >4000 Conclusioni

In accordo con i risultati riportati in altre specie da Christey (2001), l’induzione di hairy roots utilizzando un ceppo selvatico di A. rhizogenes si è dimostrato un valido strumento per ottenere piante

Page 223: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 221

“artificiali” di H. stoechas con alterate caratteristiche morfologiche. Le piante rigenerate da hairy roots, coltivate in vaso, hanno manifestato una struttura compatta con l’altezza della pianta e la lunghezza delle branche notevolmente ridotta (fino al 50%). Il numero di infiorescenze non è aumentato significativamente in tutte le linee e l’anticipo della fioritura è stato riscontrato in una sola linea nella prova agronomica del 2005. L’architettura delle infiorescenze è risultata più compatta (Fig.6) con la lunghezza delle branche principali dei corimbi notevolmente ridotta (fino al 43% rispetto al controllo).

Figura 6. Architettura delle infiorescenze nei genotipi di H. stoechas. Le frecce indicano i capolini e le branche principali dei corimbi nel controllo.

L’aspetto del vaso fiorito è stato migliorato. I fiori delle linee transgeniche sono risultati fertili e nella linea E è stato possibile verificare la segregazione dei caratteri nella progenie derivata da libera impollinazione. Gli estratti dei capolini delle piante

Controllo

Linea E Linea M Linea N

Page 224: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

222 Giovannini A. et al.

transgeniche hanno mantenuto l’attività antibatterica nei confronti dei batteri Gram positivi, osservata nel controllo non trasformato. Le piante di H. stoechas rigenerate da hairy roots rappresentano un valido strumento di studio per la produzione e l’estrazione dei principi attivi della specie.

Ringraziamenti

Si ringraziano i signori Pasquale Casella e Sergio Ariano per

l’allevamento e la propagazione delle piante in vivo. Il lavoro svolto è stato finanziato dal CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura) nell’ambito del Progetto “Tecniche avanzate di propagazione di materiali vegetali biosinteticamente attivi”.

Bibliografia 1. Pelle, B. 1999. Elicriso, una regina del mediterraneo. Erboristeria

Domani, Novembre: 44-51. 2. Pelle, B. 2000. Elicriso. Erboristeria Domani, Dicembre: 52-53. 3. Saito, K., Yamazaki, M., e Murakoshi, I. 1992. Transgenic

medicinal plants: Agrobacterium-mediated foreign gene transfer and production of secondary metabolites. Journal of Natural Products. 55(2): 149-162.

4. Giri, A. e Narasu, M.L. 2000. Transgenic hairy roots: recent trends and applications. Biotechnology Advances, 18: 1-22.

5. Murashige, T. e Skoog, F. 1962. A revised medium for rapid growth and bioassays with tabacco tissue cultures. Physiol. Plant., 15: 473-497.

6. Giovannini, A., Amoretti, M., Principato, C., Savona, M., Mascarello, C., Ruffoni, B. 2005. Piante come biofabbriche: le colture di hairy roots per la produzione di principi attivi. Informatore Botanico Italiano, 37(1 parte B): 724-725.

7. Amoretti, M., Mascarello, C., Ruffoni, B., Burchi, G., Giovannini, A. 2005. Characterization of Helichrysum stoechas hairy root-

Page 225: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Hairy roots in Helychrysum stoechas 223

regenerated plants. Proceedings of the XLIX Italian Society of Agricultural Genetics Annual Congress, Potenza, Italy – 12/15 September ISBN 88-900622-6-6.

8. Giovannini, A., Mascarello, C., Ruffoni, B., Burchi, G., Cannatelli, M.A., Nostro, A. 2006. Assessment of ornamental value and antibacterial activity in plants regenerated from wild type hairy roots. Book of Abstracts XXII International Eucarpia Symposium Section Ornamentals, Sanremo 11-15 September.

9. Christey, M.C. 2001. Use of Ri-mediated transformation for production of transgenic plants. In Vitro Cellular & Developmental Biology-Plant 37: 687-700.

10. National Committee for Clinical Laboratory Standard (NCCLS) 2000. Methods for dilution antimicrobial susceptibility tests for bacteria that grow aerobically. Approved standard M7 - A5. National Committee for Clinical Laboratory Standard, Wayne, PA.

Page 226: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

224

Colture in vitro di Artemisia annua L. per la produzione del composto antimalarico artemisinina

Blando F.1, Albrizio M.1, Marti L.1, Caretto S.1, Merendino A. 2, Villanova L.2, Mita G.1 1 CNR – Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Lecce, 2 LACHIFARMA S.r.l., Zollino,Lecce. E-mail: [email protected] Riassunto

Artemisia annua L. è una pianta aromatica erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Asteraceae, endemica della Cina, ma ormai naturalizzata in Europa ed America. E’ oggi coltivata in diversi paesi asiatici per l’estrazione di un composto chiamato artemisinina che risulta molto efficace nel combattere la malaria. L’artemisinina chimicamente è un sesquiterpene lattone caratterizzato da un ponte endoperossidico, al quale viene riconosciuta l’attività antimalarica. Lo scopo delle nostre ricerche è quello di mettere a punto colture in vitro di Artemisia annua L. per la produzione di artemisinina. Sono stati indotti calli da porzioni di foglie incubate al buio in vari mezzi di coltura, tutti con base minerale MS. E’ stato utilizzato un “Broad Spectrum” di combinazioni ormonali utilizzando l’NAA o il 2,4-D come auxine, in combinazione con la citochinina 6-BAP. Ad ogni subcultura è stata effettuata la valutazione quali-quantitativa del callo prodotto, in modo da identificare le condizioni ottimali per l’allestimento di sospensioni cellulari dai calli ottenuti. Inoltre colture di germogli sono state utilizzate per esperimenti di micropropagazione su mezzo MS addizionato di 6-BAP (0.5mg/L) e NAA (0.05 mg/L). L’insorgenza di vitrescenza è stata contrastata abbassando la dose dell’auxina a 0.01 mg/L ed aumentando quella dell’agar da 7 a 8 g/L. La valutazione del contenuto di artemisinina nelle foglie di piante in vivo ha rivelato valori di 0.8-0.9% (rispetto al peso secco), mentre nelle piantine in vitro i valori risultano circa 10 volte più bassi (0.07-

Page 227: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Artemisia annua 225

0.08%); nei calli non è stata ritrovata presenza di artemisinina. I risultati preliminari finora ottenuti indicano che il sistema in vitro deve essere migliorato, e per questo pensiamo di utilizzare alcuni precursori della biosintesi del metabolita o di manipolare i parametri fisici e chimici per aumentarne la biosintesi.

Abstract Artemisia annua L. is an aromatic annual herb which has been

used in Chinese medicine for centuries in the treatment of fevers. However, the plant now grows wild in many other countries in Europe and America. There is a great interest in this plant due to its ability to synthesize and accumulate a variety of secondary metabolites which are biologically active compounds. Among them, artemisinin, an endoperoxide sesquiterpene lactone, is an antimalarial drug effective against multidrug resistant strains of Plasmodium, the malarial parasite. At present, the major production of artemisinin for pharmacological uses is obtained by extraction and purification from field grown plants, although with quite variable yields. The highest artemisinin content has been found in leaves and flowering buds of the plant, and it is influenced by several environmental factors. As a result, the supply of artemisinin is far from enough in the international market. On the other hand, the chemical synthesis has not proved to be commercially feasible. Efforts are needed in order to enhance the production of artemisinin in plants or, alternatively, to exploit cell and tissue culture technology, which has not been fully explored in this species.The aim of this work is the establishment of cell and tissue cultures of Artemisia annua L. for the in vitro production of artemisinin. Axenic leaf discs were incubated in the dark on various media in order to induce callus cultures. A broad spectrum experimental design using MS basal medium supplemented with 49 combinations of NAA or 2,4D with 6-BAP at different concentrations was carried out. Quantitative and qualitative evaluations of callus proliferation were performed in several subcultures allowing to identify the most suitable conditions for the establishment of cell suspensions. Starting from axenic meristem tips it was also possible to

Page 228: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

226 Blando F. et al.

obtain shoot cultures which were micropropagated on MS basal medium supplemented with 6-BAP (0.5 mg/L) and NAA (0.01 mg/L). This result was obtained when the optimal medium composition able to reduce the occurrence of vitrification was identified, by lowering auxin and increasing agar concentration. The analysis of artemisinin revealed that the concentration in the in vivo plants was 0.8-0.9% DW, instead in the in vitro plants it was 10fold lower; no artemisinin was detected in calli. The preliminary results indicate that the in vitro system need to be improved, using for example feeding experiments or working on physical and chemical factors in order to induce artemisinin biosynthesis.

Introduzione Artemisia annua L. è una pianta aromatica erbacea annuale

appartenente alla famiglia delle Asteraceae, endemica delle steppe della zona nord della regione mongola cinese, a 1000-1500 m slm, ma ormai cresce naturalizzata in Europa ed America. E’ oggi coltivata su larga scala come “crop plant” in Cina, Vietnam, Turchia, Iran, Afganistan ed Australia. Ricerche cinesi degli anni ’70 sull’utilizzo di questa pianta nella medicina tradizionale hanno evidenziato che essa produce, tra i molti metaboliti secondari, un composto chiamato artemisinina (qinghaosu, QHS, nome originale cinese) che ha mostrato una elevata attività antimalarica in diverse migliaia di pazienti, inclusi i casi di ceppi di Plasmodium falciparum (l’agente responsabile della malaria) resistenti al chinino (Klayman, 1985). L’artemisinina chimicamente è un sesquiterpene lattone caratterizzato da un ponte endoperossidico, con una formula unica fra i composti antimalarici, mancando l’anello eterociclico contenente azoto, tipico dei medicinali contro la malaria. Ciò rende l’artemisinina un farmaco estremamente importante poiché scevro da episodi di farmaco-resistenza.

Finora i farmaci a base di artemisinina sono prodotti attraverso l’estrazione e purificazione del metabolita da piante coltivate in pieno campo, nonostante ciò comporti una notevole variabilità delle produzioni dovuta a molteplici fattori ambientali, di fase di sviluppo e di ecotipo. Anche per queste ragioni la produzione mondiale è

Page 229: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Artemisia annua 227

insufficiente rispetto alle esigenze del mercato, considerando anche che l’artemisinina e i suoi derivati rappresentano la parte preponderante del trattamento contro la malaria in Africa secondo i protocolli del WHO (Shetty, 2004). A ciò si aggiunga che la sintesi chimica risulta complicata, con bassa efficienza ed alti costi (Liu et al., 2005). Per questo motivo, la comunità scientifica internazionale sta portando avanti ricerche per aumentare la produzione in vivo ed, alternativamente, per mettere a punto una produzione biotecnologica in vitro, che finora non è stata completamente esplorata. Inoltre, gruppi di ricerca di elevato livello, finanziati da importanti fondazioni, come la “Bill and Melinda Gates Foundation”, stanno portando avanti ricerche per clonare tutti i geni della via biosintetica, al fine di ingegnerizzare batteri o lieviti, rivelando l’importanza e l’attualità della ricerca. D’altro canto altri gruppi di ricerca stanno cercando di ottenere piante di Artemisia con aumentata capacità di sintesi di artemisinina.

Lo scopo delle nostre ricerche è quello di mettere a punto un sistema di calli e tessuti di Artemisia annua L. per la produzione in vitro di artemisinina.

Materiali e Metodi Foglie prelevate da una pianta adulta, coltivata in vaso, sono state

lavate abbondantemente in acqua e Tween 20, in agitazione, e successivamente sterilizzate utilizzando ipoclorito di sodio commerciale diluito al 20%, seguito da 3 risciacqui in acqua sterile. Le foglie sono state grossolanamente tagliuzzate e messe in coltura in piastre Petri contenenti un mezzo a base minerale e vitamine MS addizionato di NAA (0.5 mg/L) e 6-BAP (0.05 mg/L). Il pH del mezzo è stato regolato a 5.7 ed è stato aggiunto agar (Plant Agar, Duchefa) alla dose di 7 g/L. Il mezzo è stato poi sterilizzato in autoclave a 121°C per 20 min.

Utilizzando i germogli sterili che si sono sviluppati dalla suddetta coltura, è stata allestita una coltura di germogli (micropropagazione) su mezzo MS addizionato di 6-BAP (0.5mg/L) e NAA (0.05 mg/L). Porzioni di foglia prelevate da plantule in vivo ottenute da semi di

Page 230: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

228 Blando F. et al.

origine greca, sono state sterilizzate come sopra e successivamente sono state incubate al buio in vari mezzi di coltura, tutti con base minerale MS, al fine di indurre la produzione di callo. E’ stato identificato un “Broad Spectrum” di combinazioni ormonali utilizzando l’NAA o il 2,4-D come auxine, in combinazione con la citochinina 6-BAP. Ad ogni subcultura è stata effettuata la valutazione quali-quantitativa del callo prodotto, in modo da identificare le condizioni ottimali per l’allestimento di sospensioni cellulari dai calli ottenuti. Foglie prelevate da piante in vivo (prima della fioritura), germogli micropropagati e calli alla terza subcultura, sono state liofilizzati e sottoposti ad estrazione con esano per la valutazione del contenuto di artemisinina, secondo il protocollo riportato da Christen e Veuthey (2001).

Risultati e discusione

Micropropagazione

Dalle foglie tagliuzzate, dopo un mese circa di subcultura, si sono differenziate piccole formazioni verdi di callo duro, ma si sono anche formati (per differenziamento di apici pre-esistenti) piccoli germogli che si sono sviluppati rapidamente (Fig. 1).

Figura 1. Piantina micropropagata di A. annua L.

Page 231: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Artemisia annua 229

Tali germogli sono stati prelevati e subcoltivati su un mezzo che favorisse la proliferazione. In breve tempo, è stata allestita una coltura sterile di piantine di A. annua, che hanno mostrato un tasso medio di proliferazione di 1:3. Si sono verificati casi di vitrescenza per cui si è pensato di affrontare il problema diminuendo la dose dell’auxina (da 0.05 a 0.01 di NAA) ed aumentando la dose dell’agar (da 7 a 8 g/L).

Induzione di callo

Dalle porzioni di foglie prelevate dalle plantule in vivo, incubate sui diversi mezzi del “Broad Spectrum”, si sono formati, dopo circa un mese di subcultura, piccole formazioni di callo con aspetto, colore e consistenza diversa a seconda della composizione ormonale del mezzo. I calli, di aspetto duro o friabile, presentavano un colore variabile compreso tra bianco, marrone chiaro e verdino. Inoltre, nei mezzi contenenti basse concentrazioni di 2,4D (da 0 a 1 mg/L) e alte concentrazioni di BAP (da 0.1 a 0.2 mg/L), è stata osservata la formazione di radici ricche di peli radicali; al contrario, nei mezzi contenenti elevate concentrazioni di NAA (da 0.41 a 1.67 mg/L) e di BAP (0.2 mg/L), è stata osservata la neo-formazione di germogli (organogenesi diretta).

Valutazione del contenuto di artemisinina

Nella tabella 1 è riportato il contenuto di artemisinina delle foglie prelevate dalla pianta in vivo, che è stata utilizzata come fonte di espianti per indurre la coltura in vitro, quello dei germogli coltivati in vitro, mentre nei calli non è stata rilevata la presenza del metabolita.

Tabella 1. Contenuto di artemisinina del materiale in vivo ed in vitro. Origine % artemisinina (DW) Pianta in vivo 0.8-0.9 Pianta in vitro 0.05-0.07 Calli N.D.

Page 232: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

230 Blando F. et al.

Molti tentativi sono stati fatti negli anni passati al fine di produrre l’artemisinina per via biotecnologica, data la difficoltà di far fronte alle richieste del mercato con la produzione di campo. Le quantità di artemisinina richieste dal mercato risultano, infatti, sempre crescenti, date le esigenze dei paesi africani più colpiti dalla malaria, dove si stanno sviluppando ceppi di P. falciparum resistenti alle terapie convenzionali, e dove la terapia combinata con l’artemisinina (ACT) risulta la più efficace.

La biosintesi dell’artemisinina è stata studiata in germogli in vitro (Whipkey et al., 1992; Woerdenbag et al., 1993; Liu et al., 2003), nelle “hairy roots” (Weathers et al., 1994, 2004; Paniego e Giulietti, 1996), nei calli e nelle sospensioni cellulari (Nair et al., 1986; Tawfiq et al., 1989). In germogli micropropagati, Whipkey et al. (1992) hanno trovato valori di artemisinina di 0.04-0.07% (DW), mentre Woerdenbag et al. (1993) riportano valori di 0.088±0.041% (DW), tutti comunque paragonabili a quelli ritrovati nelle nostre colture in vitro. In un lavoro di Liu et al (2003) è riportata una metodologia di coltivazione di germogli in mezzo liquido che permette di produrre 26.7 mg/L di artemisinina dopo 30 giorni di coltura, con una metodica che può essere sviluppata e migliorata con l’utilizzo di bioreattori.

Per quanto riguarda le colture di callo, già Paniego e Giulietti (1994) indicavano le migliori condizioni per l’ottenimento del callo (MS sali e vitamine, 2,4-D 4.5 µM e NAA 5.4 µM) ma non rilevavano la presenza di artemisinina (come riportiamo anche noi nelle nostre colture di callo), mentre in strutture organizzate (germogli rigenerati dai calli) si ritrovava solo in tracce. Sembra infatti che un certo grado di differenziamento delle colture di tessuti sia un prerequisito per la sintesi di artemisinina, dato che a livello della pianta in vivo l’artemisinina è sequestrata nei tricomi ghiandolari dei fiori e delle foglie. La produzione di artemisinina da colture cellulari in sospensione, in un ambiente perfettamente controllato nei parametri fisici e chimici (bioreattore) e in cui il metabolita può essere secreto nel mezzo liquido e recuperato agevolmente, è il fine del lavoro che abbiamo iniziato. Sono in corso tentativi per indurre la produzione di artemisinina in colture cellulari, modificando i fattori ambientali chimici e fisici o fornendo precursori della biosintesi del metabolita.

Page 233: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture in vitro di Artemisia annua 231

L’interesse per tale composto è così grande a livello mondiale che alcuni gruppi hanno lavorato per l’identificazione degli enzimi ancora sconosciuti della via biosintetica (Bertea et al., 2005). Ricercatori americani hanno utilizzato tecniche di ingegneria genetica sul lievito Saccaromyces cerevisiae cercando di modificare la via biosintetica che porta alla produzione di acido artemisinico, dal quale poi, attraverso una semi-sintesi, si ottiene l’artemisinina (Ro et al., 2006).

Questo approccio è sicuramente molto promettente, ma fino ad ora ha permesso di ottenere la biosintesi solo di alcuni precursori dell’artemisinina, ma non l’artemisinina stessa. E’ importante pertanto lavorare su più fronti per mettere a punto metodi di produzione efficaci e in grado di soddisfare la grande richiesta mondiale di artemisinina. Bibliografia 1. Bertea, C.M., Freije, J.R., Van der Woude, H., Verstappen, F.W.,

Perk, L., Marquez, V., De Kraker, J.W., Posthumus, M.A., Jansen, B.J.M., De Groot, A.E., Franssen, M.C.R., Bouwmeester, H.J. 2005. Identification of intermediates and enzymes involved in the early steps of artemisinin biosynthesis in artemisia annua. Planta Med. 71: 40-47.

2. Christen, P., Veuthey, J.L. 2001. New trends in extraction, identification and quantification of artemisinin and its derivatives. Current Medicinal Chemistry 8: 1827-1839.

3. Klayman, D.L 1985. Qinghaosu (Artemisinin): an antimalarial drug from China. Science 228: 1049-1055.

4. Liu, C.Z., Guo, C., Wang, Y., Ouyang, F. 2003. Factors influencing artemisinin production from shoot cultures of Artemisia annua L. World Journal of Microbiology & Biotechnology 19: 535-538.

5. Liu, Y., Wang, H., Ye, H.C., Li, G.F. 2005. Advances in the plant isoprenoid biosynthesis pathway and its metabolic engineerig. J Integr Plant Biol 47: 769-782.

Page 234: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

232 Blando F. et al.

6. Nair, M.S.R., Acton, N., Klayman, D.L. 1986. Production of artemisinin in tissue cultures of Artemisia annua. J.Nat. Prod. 49 : 504-507.

7. Paniego, N.B., Giulietti, A.M. 1994. Artemisia annua L.: dedifferentiated and differentiated cultures. Plant, Cell, Tissue and Organ Culture, 36: 163-168.

8. Paniego, N.B., Giulietti, A.M. 1996. Artemisinin production by Artemisia annua L.- transformed organ cultures. Enzyme Microb Technol 18: 526-530.

9. Ro, D.K., Paradise, E.M., Ouellet, M., Fisher, K. J., Newman, K.L., Ndungu, J.M., Ho, K.A., Eachus, R.A., Ham, T.S., Kirby, J., Chang, M.C.Y., Withers, S.T., Shiba, Y., Sarpong, R., Keasling, J.D. 2006. Production of the antimalarial drug precursor artemisinic acid in the engineered yeast. Nature 440: 940-943.

10. Shetty, P. 2004. Global fund switches to artemisinin. Lancet Infect Dis 4: 477.

11. Weathers, P.J., Cheethan, R.D., Follansbee, E., Theoth, K. 1994. Artemisinin production by transformed roots of Artemisia annua L. Biotechnol Lett 16: 1281-1286.

12. Weathers, P.J., DeJesus-Gonzalez, L., Kim, Y.J 2004. Alteration of biomass and artemisinin production in Artemisia annua hairy roots by media sterilization method and sugar. Plant Cell Rep 23: 414-418.

13. Whipkey, A., Simon, J., Charles, D.J., Janick, J. 1992. In vitro production of artemisinin from Artemisia annua L. Journal of herbs, spices and med. plants 1: 15-25.

14. Woerdenbag, H.J., Luers, J.F.J., Uden, W., Pras N., Malingré, T.M., Alfermann, A.W. 1993. Production of the new antimalarial drug artemisinin in shoot cultures of Artemisia annua L. Plant, Cell, Tissue and Organ Culture 32(2): 247-257.

15. Tawfiq, N.K., Anderson, L.A., Roberts, M.F., Phillipson, J..D., Bray, D.H., Warhust, D.C. 1989. Antiplasmodial activity of Artemisia annua plant cell cultures. Plant Cell Rep 7: 425-428.

Page 235: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

233

Colture artificiali di piante medicinali: Artemisia petrosa subsp. eriantha (genepì appenninico)

Pace L.1, Pacioni G.1, Spano’ L.2, Marotti M.3, Grandi S.3, Piccaglia R.3 1Dip. Scienze Ambientali, Università dell’Aquila 2Dip. Biologia di Base ed Applicata, Università dell’Aquila 3 Dip. Scienze e Tecnologie Agroambientali, Università di Bologna E-mail: [email protected] Riassunto

Il genepì appenninico (Artemisia petrosa subsp. eriantha) è una pianta endemica e rara che vive in ambienti rocciosi situati sopra i 2200 m nell’Appennino Centrale. E’ di grande interesse medicinale ma poiché riveste un importante ruolo ecologico, è una specie protetta e non può essere raccolta. La sua propagazione in vitro consentirebbe di garantirne la conservazione e di ottenere piante dalle quali ricavare i principi attivi. Nel nostro lavoro, le piante raccolte in natura sono state moltiplicate in vitro e successivamente trapiantate in terreno. Nelle diverse fasi di coltivazione, gli oli essenziali, ottenuti dal materiale vegetale, sono stati caratterizzati mediante GC/MS. Tutti gli oli evidenziano elevate quantità di tujoni che aumentano con lo sviluppo delle piante anche se con valori più contenuti rispetto a quelli delle piante spontanee. Le plantule micropropagate in vitro si differenziano dalle altre per la produzione di oli particolarmente ricchi di sesquiterpeni. Abstract

Artemisia petrosa subsp. eriantha (Genepì) is a central Apennines’ endemic, lives in rock crevices and on gravel slopes, at altitudes above 2200 m. Genepì has great medical importance, but, since it has

Page 236: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

234 Pace L. et al.

a relevant ecological role, it is protected by an Italian Regional Law and cannot be harvested. In vitro propagation could allow the preservation of the plant and could be a way to obtain regenerated plants, from which drug can be collected. In our work the plants, collected in nature, have been multiplied using classical in vitro culture techniques, and then transplanted in ground. Essential oils obtained from regenerated plants, have been characterized using gas chromatography and mass spectrometry. All the oils exhibit a high quantity of tujoni, which increase during plant development, but with a minor trend with respect to plants in nature. In vitro propagated plants are different from plants in nature since they produce oils particularly reach in sesquiterpeni.

Introduzione Artemisia petrosa (Baumg.) Jan. ex DC. subsp. eriantha (Ten.)

Giac. e Pignatti, è un endemismo centroappenninico che vive su pendii calcarei esposti a nord compiendo il proprio ciclo annuale riproduttivo in luglio-agosto quando le temperature medie sono superiori a 5 - 7,5°C (TAMMARO,1975). Fu descritta per la prima volta (1830) da MICHELE TENORE (1780-1861), insigne studioso della Flora del Regno di Napoli che la raccolse sulle montagne dell’Abruzzo. Appartenente alla famiglia delle Asteraceae è una camefita suffrutticosa di color argenteo ed odore aromatico, alta circa 10 cm con foglie profondamente divise, laciniate, riunite in rosetta basale. I fiori sono raggruppati in capolini dorati con involucro a brattee vellutate, i frutti sono acheni schiacciati. Le piante più riparate hanno un asse fiorale più alto, mentre quelle più esposte ai gelidi venti sviluppano un asse fiorale di minore dimensione. Questa entità si rinviene a gruppi di 3-5 individui, la sua distribuzione sulle montagne abruzzesi riguarda il Gran Sasso (Monte Corvo, Corno Grande, Monte Portella, Sella di Monte Aquila, Pizzo Intermesoli, Costone); altre stazioni risultano per la Majella, Monti Sibillini, Alpi Marittime.

I capolini di questa pianta sono utilizzati per la produzione artigianale di liquori pregiati (vini liquorosi, vermuth, centerbe) digestivi ed efficaci contro il mal di montagna. La raccolta, a volte

Page 237: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture artificiali di Artemisia petrosa 235

esagerata, di questa entità, ne minaccia la sua sopravvivenza ed, infatti, è protetta dalla Legge Regionale n. 47 del 11/09/1979 (CONTI et al., 1992).

La nostra ricerca ha avuto come obiettivi l’ottenimento di piantine di genepì da micropropagazione in vitro (PACE et al. 2004), poi confrontate per la resa e la composizione di oli essenziali con piante raccolte sul Gran Sasso.

L’impianto è stato effettuato utilizzando germogli sterili ottenuti da semi che per la loro morfologia sono in grado di sopportare in modo migliore le soluzioni sterilizzanti (etanolo 70% per 3 min., varechina 40% per 30 min., lavaggi con acqua sterile). La percentuale di germinazione dei semi dopo circa 4 settimane in terreno Murashige and Skoog (MS) con aggiunta di: 1% agar, 3 % saccarosio, a pH 5.8, in Phytatray II (Sigma) incubati a 24°C al buio è stata del 100% circa. I germogli sterili sono stati indotti a calli dai quali sono stati ottenuti shoots, poi successivamente reimpiantati per la produzione di singole piantine.

Le tabelle 1, 2 e 3 riportano i diversi substrati (T) saggiati durante le varie fasi della coltivazione. Tabella 1. Ormoni utilizzati per indurre la formazione del callo (T1 e T2) e/o la formazione di shoots (T3, T4, T5 e T6) in MS + 1% agar, 3 % saccarosio, a pH 5.8, a 24°C con un fotoperiodo di 12 hr di luce. T1 T2 T3 T4 T5 T6

BAP mg/l 0.5 0.4 1 2 3

2,4 D mg/l 1

NAA mg/l 0.3 0.1 0.1

Il terreno di coltura agarizzato, impiegato per la micropropagazione

delle piante in vitro, ha soddisfatto le richieste nutrizionali

Page 238: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

236 Pace L. et al.

(avvicinandole alle condizioni in natura), con l’aggiunta di CaCO3 (500mg/l). Il terreno migliore per la formazione del callo è risultato T1, mentre per la rigenerazione dei germogli i terreni T3 e T5. Il terreno T5 ha portato ad una rapida ed uniforme moltiplicazione di germogli; sono stati ottenuti circa 30/50 shoots/callo. Per lo sviluppo delle radici si è reso necessario l’aggiunta di auxine; i terreni migliori sono stati T11 e T12. Tabella 2. Ormoni utilizzati per lo sviluppo delle radici in MS + 1% agar, 3% saccarosio, a pH 5.8, a 24°C , (T7 = MS ½). T7 T8 T9 T10 T11 T12

NAA mg/l 0.5

IAA mg/l 0.1

IBA mg/l 1 0.1

CaCO3 mg/l 500 500 500 500 Tabella 3. Risultati della formazione di callo (T1 e T2) e di shoots (T3, T4, T5 e T6) dagli espianti di cotiledoni di A. petrosa, a diversi intervalli di tempo, valutati con esame visivo da scarso (+/-) ad ottimo (+ + +). Giorni 15 30 45 60 T1 +++ +++ Subcoltura T 2 +++ +++ +++ +++ T3 ++ +++ Subcoltura T4 - - - - T5 + + ++ ++ T6 - - - -

Page 239: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture artificiali di Artemisia petrosa 237

Le piantine sono state quindi trasferite sul terreno Quoirin & Lepoivre che ne ha facilitato lo sviluppo. Per effettuare il trapianto dalle Phytatray, le Artemisie sono state accuratamente lavate (per eliminare il gel) e messe in vasetti di plastica (diametro 10 cm) contenenti 50% di torba e 50% di sabbia, precedentemente sterilizzati in autoclave. Per due giorni sono state lasciate in cella di germinazione, poi poste in cella climatizzata a 12-20°C (con 12 ore di fotoperiodo) per due mesi. Successivamente sono state trasferite in serra fredda, e dopo cinque giorni, trapiantate in vasi più grandi (diametro 16 cm) contenenti una parte di sabbia e tre di torba, lasciate ancora qualche giorno in serra fredda e poi portate all’aperto.

Durante la formazione e la crescita delle piantine di genepì sono stati effettuati prelievi delle parti aeree in tre diversi stadi di sviluppo: plantula, pianta di 1 anno in fase vegetativa, pianta di 2 anni in fase di fioritura.

Gli oli essenziali, ottenuti dal materiale vegetale fresco per distillazione in corrente di vapore, sono stati caratterizzati mediante gas cromatografia/spettrometria di massa e sono stati confrontati con quelli ottenuti da piante spontanee raccolte sul Gran Sasso nel 2001 e nel 2006 (Tab.4).

L’Artemisia, risulta essere una pianta a tujone (Bellomaria et al.,1981) che è un monoterpene biciclico con azione farmacologica del tutto simile alla canfora e con effetti tossici ad elevate concentrazioni. Tutti gli oli da noi analizzati hanno evidenziato elevate quantità di tujoni con una predominanza del cis-tujone rispetto al trans e, in particolare, nelle piante ottenute da micropropagazione, il contenuto di questi composti incrementa nel tempo passando dal 43% delle plantule al 59% delle piante in fioritura. Tali valori sono inferiori a quelli rilevati nelle piante spontanee (72-87%) ma comunque interessanti per l’uso liquoristico. Anche le rese degli oli sono più basse nelle piante da micropropagazione rispetto a quelle spontanee.

Page 240: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

238 Pace L. et al.

Tabella 4. Composizione dell’olio essenziale del Genepì nelle diverse fasi di coltivazione.

Componenti Tipo di pianta

pianta

spontanea 2001

plantule micropropag.

2004-2005

pianta adulta micropropag. '05 (campetto)

piante adulte micropropag. '06 (in vaso)

Pianta spontanea

2006 alfa-tujene Tr tr tr Tr Tr

alfa-pinene 0.14 0.03 0.16 0.27 0.35

Canfene Tr 0.07 tr Tr Tr

Sabinene 1.46 0.12 0.40 1.64 2.77

beta-pinene 0.32 0.13 0.57 1.78 0.83

Mircene 0.17 0.04 0.18 Tr 0.27

alfa-terpinene 0.12 tr 0.10 0.17 0.18

Para-cimene 0.08 0.10 0.15 0.22 0.19

Limonane 0.07 0.03 0.09 Tr 0.06

eucaliptolo 0.22 0.11 0.12 0.38 0.30 Gamma-terpinene 0.22 0.10 0.20 0.35 0.49

Terpinolene Tr tr 0.07 Tr 0.08

Cis-tujone 78.33 29.99 33.85 42.82 52.22

trans-tujone 8.92 13.33 13.82 16.82 19.72

Canfora 0.35 1.83 1.17 1.53 0.31

terpinen-4-olo 0.29 0.32 0.45 0.65 1.02

alfa-terpineolo Tr 0.11 tr Tr Tr Beta-cariofillene 0.12 0.15 0.23 0.10 Tr

resa in olio % 0.33 tr 0.12 0.21 0.52

Page 241: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture artificiali di Artemisia petrosa 239

Conclusioni

Le analisi degli oli essenziali hanno dunque evidenziato che il contenuto di tujoni si mantiene elevato in tutte le fasi di sviluppo delle piante in coltura artificiale, anche se con valori più contenuti rispetto a quelli delle piante spontanee. Tali differenze risultano meno marcate nel confronto tra le piante adulte micropropagate raccolte nel 2006 e quelle raccolte in natura nell’estate dello stesso anno, mentre il contenuto di canfora risulta sempre più elevato nelle piante micropropagate. La micropropagazione in vitro risulta, quindi, essere una tecnica importante sia per ottenere materiale vegetale da cui poter estrarre oli essenziali sia come mezzo per la salvaguardia di una specie in pericolo di estinzione. Ringraziamenti Ricerca in parte supportata dalla L. R. 9 Aprile 1997, n°35. “Tutela della Biodiversità vegetale e la gestione dei giardini ed orti botanici” Regione Abruzzo. Bibliografia 1. Bellomaria, B., Valentini, G., Spinosi P. 1981. L’olio essenziale

di Artemisia petrosa ssp. eriantha del Gran Sasso d’Italia. Inform.Bot.Ital. 13: 143-149.

2. Conti, F., Manzi, A., Pedrotti, F., 1992. Libro Rosso delle piante d’Italia, Tipar Poligrafica Editrice, Roma, WWF, Italia, pp. 15-22.

3. Pace, L., Pacioni, G:, Spanò, L. 2004. In vitro propagation of Artemisia petrosa subsp. eriantha: potential for the preservation of an endangered species. Plant Biosystems 138 (3): 291-294.

4. Tammaro, F., 1975. Il genepì (Artemisia petrosa (Baumg.) Jan ex DC. ssp. eriantha (Ten.) Giac. e Pignatti) sul Gran Sasso d’Italia. Omaggio al Gran Sasso, C.A.I. sez. dell’Aquila, Arti Grafiche Tamari, Bologna, Italia, pp:113-119.

Page 242: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 243: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia 241

Tecniche di coltura in vitro per la propagazione e la conservazione di Lavandula angustifolia Miller

Gardi T. 1, Micheli M. 1, Prosperi F.1, Sisani G.1, Saffiro G. 2 1Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Perugia, Perugia 2I.T.A.S. “Augusto Ciuffelli, Todi, Perugia E-mail: [email protected]; [email protected].

Riassunto

Un genotipo di lavanda, autoctono della Regione Umbria, è stato stabilizzato in vitro ed impiegato in una prova di proliferazione (Prova I), ponendo a confronto quattro differenti substrati. Con la Prova II è stata saggiata l’attitudine rizogena di tre diverse tipologie di espianti. La sperimentazione, infine, ha consentito di studiare in via preliminare, la possibilità di incapsulare in alginato di sodio microtalee uninodali di lavanda (Prova III).

Abstract

A native Umbria Region (Italy) genotype of lavandin was micropropagated. The established shoots were proliferated comparing four different media (Exp. I). The experiment II was conducted in order to evaluate the rooting ability of three different types of explants. Interesting results were obtained from the experiment III, conducted with the objective to study the possibility to use the vitro-derived microcuttings of lavandin for encapsulation.

Page 244: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

242 Gardi T. et al.

Introduzione

Le piante appartenenti al genere Lavandula, importanti sia per uso ornamentale che erboristico e medicinale, sono diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo, ma si trovano anche sulle coste atlantiche che beneficiano degli effetti della Corrente del Golfo. In Italia sono presenti quattro specie autoctone ed una specie coltivata (Lavandula dentata L.) d’origine medio orientale; tra le specie ad uso officinale, si annovera anche la Lavandula angustifolia Miller (lavanda vera o comune). La propagazione si realizza da talee ottenute da ramoscelli lignificati prelevati in estate avanzata, anche se l’attitudine rizogena delle specie appartenenti al genere Lavandula risulta abbastanza limitata (Dias et al., 2002). Alcune tecniche di coltura in vitro potrebbero essere impiegate per superare tali problematiche (Echeverrigaray et al., 2005), consentendo di conseguire produzioni certe dal punto di vista genetico e sanitario e di disporre di strumenti innovativi per la conservazione ex situ di germoplasma vegetale. In tal senso, il presente lavoro ha perseguito l’obiettivo di verificare la possibilità di micropropagare (Prova I e II) un genotipo di lavanda comune autoctono della Regione Umbria, utilizzato per la rinaturalizzazione di alcune aree dell’Isola Polvese del lago Trasimeno (Perugia) e di verificare la possibilità di applicare a questa specie la tecnologia dell’incapsulamento, che consiste nel rivestire propaguli unipolari (microtalee) di una matrice nutritiva di alginato di sodio (Prova III). Poiché questa tecnologia consente di coniugare alcuni vantaggi della moltiplicazione in vitro (elevata efficienza produttiva, omogeneità del materiale, rapidità del ciclo di propagazione) con la facilità di manipolazione, la possibilità di stoccaggio e la semplificazione nel trasporto, tipiche dei semi gamici (Micheli et al., 2003), le capsule ottenute potrebbero, rappresentare un innovativo strumento nell’attività di laboratori coinvolti in programmi di conservazione del germoplasma e per lo scambio di materiale vegetale.

Page 245: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia 243

Materiali e Metodi Materiale vegetale e condizioni di coltura.

Per l’avvio della sperimentazione è stato impiegato materiale precedentemente stabilizzato, a partire da porzioni uninodali (di 6-7 mm di lunghezza) prelevate da germogli in piena attività vegetativa e, successivamente, private delle foglie. Queste sono state sottoposte ad un primo lavaggio in una soluzione di acido ascorbico (200 mg l-1) e acido citrico (200 mg l-1) per 30 minuti. Successivamente, gli espianti sono stati mantenuti in immersione per 5 minuti in una soluzione sterilizzante a base di ipoclorito di sodio (2% di cloro attivo) e di cloruro di mercurio (0.35‰), addizionata di Tween 20 (1 ml l-1); infine, tutto il materiale vegetale è stato sottoposto a lavaggio in acqua distillata sterile per 4 volte (i primi due risciacqui di 10 minuti e gli altri di pochi secondi).

Per l’avvio della coltura asettica gli espianti sono stati posizionati verticalmente in tubi di vetro (150 x 25 mm), contenenti ciascuno 20 ml di un substrato costituito dai sali di MS (Murashige e Skoog, 1962) a metà concentrazione, inositolo (100 mg l-1), saccarosio (2.5%) e agar (0.7%). Tutte le operazioni connesse con la sperimentazione sono state eseguite in asepsi e tutti i substrati sono stati sterilizzati in autoclave a 115° per 20 minuti. Le colture sono state mantenute in camera di crescita per 40 giorni a 22±2°C, con fotoperiodo di 16 ore di luce e intensità luminosa pari 40 µmol m-2s-1. I valori dei parametri rilevati al termine delle prove sono stati sottoposti ad analisi statistica e la significatività saggiata mediante il test di Duncan. Prova I.

E’ stato saggiato l’effetto di quattro formulazioni nutritive (Tab. 1) sulla proliferazione di espianti di circa 10 mm di lunghezza, isolati dalle colture stabilizzate in vitro. A tal fine, ciascuno di essi è stato posizionato in un tubo di vetro contenente 10 ml di substrato agarizzato, per un totale di 25 tubi per tesi.

Dopo 40 giorni di permanenza in camera di crescita, il materiale proliferato al termine di ciascuna delle tre subcolture previste è stato

Page 246: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

244 Gardi T. et al.

sottoposto ai seguenti rilievi: vitalità (espianti che si mostravano verdi), numero di germogli proliferati da ciascun espianto, lunghezza dei germogli proliferati, numero di nodi prodotti da ciascun espianto, callo prodotto alla base delle masse proliferate.

Tabella 1. Prova I: Composizione dei substrati impiegati.

Componente Substrato A B C D Macroelementi MS MS MS MS Microelementi MS MS MS MS Inositolo 100 mg l-1 100 mg l-1 100 mg l-1 100 mg l-1 BAP 1.50 mg l-1 0.50 mg l-1 0.15 mg l-1 0.50 mg l-1 GA3 1.50 mg l-1 5.00 mg l-1 -- -- IBA 0.50 mg l-1 -- -- 0.50 mg l-1 IAA -- 5.00 mg l-1 -- -- Adenina solfato -- -- -- 0.8 mg l-1 Saccarosio 2.5 % 3.0 % 2.0 % 3.0 % Carbone attivo 0.5 % -- -- -- Agar 0.7 % 0.7 % 0.7 % 0.6 % pH 5.6 5.6 5.8 5.8 B: George, 1996; C: Dias et al., 2002; D : Echeverrigaray et al., 2005

Prova II.

Con questa prova si è inteso valutare l’attitudine rizogena di tre diverse tipologie di espianti, prelevati dal materiale proliferato sul substrato D durante la precedente Prova I (Tab. 1) e rappresentati da: porzioni uninodali dotate di gemma apicale e di 10-12 mm di lunghezza(AP); porzioni uninodali, dotate di gemme ascellari e di

Page 247: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia 245

lunghezza pari a 10-12 mm (AS); cespi basali di 8-10 mm di lunghezza, prelevati alla base delle masse proliferate (CB). Tutti gli espianti sono stati posizionati verticalmente in vasi di vetro (da 500 ml di volume) contenenti ciascuno 100 ml di un unico substrato, costituito dalla formulazione A (Tab. 1), addizionata, però, di una minore concentrazione di BAP (0.5 mg l-1) e di adenina solfato (0.8 mg l-1).

Sono stati impiegati 4 vasi (repliche) per ciascuna tesi, contenenti ciascuno 10 espianti e tutto il materiale è stato mantenuto in camera di crescita per 40 giorni, al termine dei quali sono stati rilevati i seguenti parametri (oltre a quelli di cui alla prova precedente): radicazione, numero di radici prodotte e lunghezza delle radici. Prova III.

Per studiare l’effetto dell’incapsulamento sull’attività vegetativa di propaguli unipolari di lavanda comune, dai germogli proliferati nel substrato D (Tab. 1) sono state prelevate microtalee uninodali di 3-4 mm di lunghezza provviste di gemme ascellari e private delle foglie.

Successivamente, si è proceduto ad incapsulare una parte delle microtalee, ricorrendo al protocollo descritto da Micheli et al. (2002).

La componente nutritiva delle capsule (endosperma artificiale) era rappresentata dal substrato D, a metà concentrazione e arricchito di 50 g l-1 di saccarosio. Le altre microtalee, invece, non sono state incapsulate (controllo).

In seguito, tutti i propaguli sono stati seminati in vasi di vetro da 200 ml (6 per tesi), contenenti ciascuno 4 microtalee/capsule e 30 ml del substrato agarizzato, costituito dalla componente minerale MS, addizionata di saccarosio (30 g l-1), con pH=5.6.

Dopo 30 giorni di permanenza delle colture in camera di crescita, sono stati effettuati i seguenti rilievi: vitalità, ripresa (propaguli che avevano prodotto almeno 1 germoglio di lunghezza > 2 mm), numero di germogli prodotti, lunghezza dei germogli e numero di nodi prodotti.

Page 248: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

246 Gardi T. et al.

Risultati e discussione

Prova I.

Al termine delle tre subcolture, le formulazioni poste a confronto hanno indotto risposte differenziate. Dall’analisi dei dati, tutti gli espianti sono risultati vitali, ad eccezione di quelli posti sul substrato B (58.9%). Il substrato D ha indotto lo sviluppo del numero di germogli significativamente più elevato (4.4) rispetto a C (2.1) e A (1,4), mentre in B è stato registrato lo sviluppo di un solo germoglio. Per quanto riguarda la lunghezza dei germogli, il dato più elevato è stato riscontrato nei tubi contenenti il substrato A (43.9 mm), anche se statisticamente uguale a quanto registrato nella tesi che prevedeva l’uso del substrato C (37.9 mm), ma che mostrava di indurre diffusi fenomeni di necrosi degli apici vegetativi. Significativamente inferiori sono stati i valori riscontrati nelle altre tesi, pari a 21.4 mm (D) e 7.1 mm (B). Il rilievo del numero di nodi prodotti risulta molto importante, in quanto il valore corrispondente, considerata la tendenza di questo genotipo ad allungare l’asse vegetativo principale a scapito dell’accestimento, potrebbe rappresentare il coefficiente di moltiplicazione; il dato più elevato è stato riscontrato nei germogli proliferati sul substrato A (4,6) statisticamente superiore a 2,3 (C e D) e a quanto registrato in B (1,4). Soltanto nel caso dei germogli proliferati su C (69,5%) e su D (100,0%) si sono sviluppate piccole masse callose, di peso compreso tra 1 e 100 mg. Infine, sporadici casi di radicazione (circa 30,0%) sono stati registrati solo nella tesi C. Prova II

Ai fini della radicazione, la minore concentrazione di BAP

contenuta nel substrato sembra aver esaltato l’effetto dell’auxina (IBA), che ha indotto attività rizogena degli espianti. In particolare, come riportato in tabella 2, i cespi basali (CB) hanno radicato nel 90.0% dei casi, facendo riscontrare anche la quantità di radici significativamente più elevata (8.8) e di maggiore lunghezza (22.3 mm). Risultati sostanzialmente inferiori per tutti i parametri sono stati

Page 249: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia 247

registrati nel caso degli espianti apicali (AP) ed ascellari (AS), che non hanno mostrato differenze significative tra loro (Tab. 2). Durante la fase di radicazione, gli espianti hanno mostrato anche una certa attività proliferativa (dati non riportati). Particolarmente interessante appare quanto riscontrato nel caso dei cespi basali che hanno fatto registrare la produzione di 5.8 germogli, mediamente superiore anche al miglior dato ottenuto nella precedente prova di proliferazione, lasciando intravedere la possibilità di poter impiegare un unico substrato idoneo ad indurre sviluppo di germogli e di radici e, quindi, di ridurre i costi della propagazione in vitro di questo genotipo. Tabella 2. Prova II: Attività rizogena delle tre tipologie di espianto.

Tipologia di espianti Radicazione Radici Lunghezza Radici

(%) (n) (mm)

AP 53.3 b 3.4 b 16.0 b

AS 45.0 b 4.1 b 16.0 b

CB 90.0 a 8.8 a 22.3 a

I valori di ciascuna colonna seguiti da una lettera diversa sono diversi secondo il test di Duncan (α<0,05). Prova III

Dall’esame dei dati raccolti, emerge che la matrice nutritiva (endosperma artificiale) ha contribuito a mantenere molto elevata la vitalità delle le microtalee incapsulate (100%), in confronto al 75.0% dei propaguli seminati senza incapsulamento. Anche in termini di ripresa sono emerse differenze significative, risultando pari a 80.0% nel caso delle capsule (Fig. 1) e a 55.0% per le microtalee nude. Per

Page 250: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

248 Gardi T. et al.

quanto riguarda lo sviluppo dei germogli, invece, non sono emerse differenze significative tra la tesi controllo e quella che prevedeva l’incapsulamento, sia in termini di numero di germogli prodotti (rispettivamente pari a 1.2 e 1.0), sia come lunghezza (4.4 e 4.9) che in base al numero di nodi (1.0 e1.4). In generale, l’incapsulamento non sembra compromettere la vitalità e la ripresa delle microtalee di lavanda comune.

Figura 1. Prova III: Microtalea incapsulata di lavanda comune all’inizio della ripresa.

Conclusioni

I risultati della sperimentazione hanno mostrato la possibilità di micropropagare ed incapsulare il genotipo di lavanda studiato. In particolare, in opportune condizioni colturali è stata registrata una soddisfacente attività vegetativa e, soprattutto, rizogena dei germogli vitro-derivati. Per quanto riguarda l’incapsulamento, la presenza della matrice di alginato non sembra aver limitato la vitalità e la ripresa

Page 251: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia 249

delle microtalee, anche se si ritengono necessari ulteriori studi per ottimizzare il protocollo. Di fatto, i dati raccolti, seppure preliminari, lasciano intravedere la possibilità di impiegare con successo queste tecniche, sia in funzione di eventuali programmi di conservazione ex situ che per la diffusione e lo scambio di germoplasma di particolare interesse agronomico e/o biologico. Bibliografia 1. Dias, M.C., Almeida, R., Romano, A. 2002. Rapid clonal

multiplication of Lavandula viridis L’Hér through in vitro axillary shoot proliferation. Plant Cell Tissue and Organ Culture 68: 99-102.

2. Echeverrigaray, S., Basso, R., Andrade, L.B. 2005. Micropropagation of Lavandula dentata from axillary buds of field-grown adult plants. Biologia Plantarum 49(3): 439-442.

3. Gorge, E.F. 1996. Plant Propagation by Tissue Culture, Exegetics Ltd, Edington, Wilts, England, pp 937-954.

4. Micheli, M., Gardi, T., Standardi, A., 2003. La tecnologia dell’incapsulamento per la diffusione e/o la conservazione di materiale vivaistico. Italus Hortus 10(4): 259-262.

5. Micheli, M., Pellegrino, S., Piccioni, E., Standardi, A. 2002. Effects of double encapsulation and coating on synthetic seed conversion in M.26 apple rootstock. J. Microencapsulation, 19(3) :347-356.

6. Murashige, T., Skoog, F., 1962. A revised medium for rapid growth and biossay with tobacco tissue culture. Physiol. Plant. 15: 473–497.

Page 252: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 253: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare 251

Micropropagazione e micorrizazione di Origanum vulgare L.: analisi istologica e chimica

Morone Fortunato I. 1, Avato P.2 1 Dip Scienze delle Produzioni Vegetali , Università di Bari, Bari 2 Dip. Farmaco-Chimico, Università di Bari, Bari E-mail: [email protected] Riassunto

Nel presente lavoro sono descritti i risultati ottenuti dall’analisi degli olii essenziali e delle strutture ghiandolari di cloni a differente stadio fisiologico di O. vulgare rigenerato in vitro. Viene inoltre commentato l’effetto del trattamento con micorriza sull’accrescimento e sulla produzione dei metaboliti secondari nelle piante rigenerate.

Abstract Results from the histological and chemical analysis of in vitro

regenerated clones of O. vulgare at different stages of growth are presented here. Morphological variations and chemical profile of the essential oils in response to arbuscular mycorrhizal symbiosis have been also investigated.

Introduzione

Origanum vulgare L., Lamiaceae, è una pianta erbacea perenne largamente diffusa nell’area mediterranea. Il genere include 10 sezioni botaniche: O. vulgare, viene classificato nella sezione Origanum che comprende sottospecie particolarmente ricche in olii essenziali la cui composizione individua diversi chemiotipi.

Page 254: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

252 Morone Fortunato I. e Avato P.

La secrezione di tali olii è associata alla presenza sulle parti aeree di strutture ghiandolari morfologicamente differenti, tricomi peltati e capitati, la cui densità nelle piante aromatiche è generalmente associata con la quantità di metaboliti prodotti (Skoula et al., 2002, Bosabalidis e Kokkini, 1997).

L’applicazione di metodi biotecnologici, per aumentare la sintesi di principi attivi nell’origano, appare piuttosto limitata nonostante la sua importanza economica come spezia aromatica e pianta officinale. Studi precedenti sulla produzione in vitro di olii essenziali in Origanum hanno riguardato esclusivamente O. bastetanum e O. vulgare ssp virens (Socorro, 1998; Alves-Pereira e Fernandes-Ferreira, 1998). Inoltre, nonostante sia noto che la simbiosi micorrizica induca cambiamenti nel modello di sviluppo fisiologico e metabolico delle piante micropropagate (Morone-Fortunato et al., 2005; Gianinazzi et al.,1990; Ravolanirina et al., 1989), al meglio della nostra conoscenza, non risulta eseguita alcuna ricerca sull’influenza di tale simbiosi sulla produttività metabolica in Origanum.

Nel presente lavoro sono descritti i risultati ottenuti dall’analisi degli olii essenziali e delle strutture ghiandolari di cloni rigenerati in vitro di O. vulgare ssp hirtum (Morone-Fortunato et al., 2006) a differente stadio fisiologico (in vitro:VS; in campo, fase riproduttiva:VFB; ); il testimone è costituito da campioni prelevati dalla pianta madre (S: piantina, fase vegetativa, MP: pianta, fase riproduttiva).

Viene inoltre commentato l’effetto del trattamento con micorriza sull’accrescimento delle piante rigenerate (piante inoculate: Myc+; controllo: Myc-) e sulla produzione di essenze.

Le piante micropropagate già dalle prime fasi di accrescimento in vitro (VS) presentano le strutture ghiandolari tipiche della specie (peli ghiandolari “capitati” e “peltati”). Inoltre, lo studio della densità ghiandolare dei tricomi “peltati” evidenzia chiaramente l’ elevata omogeneità del campione micropropagato.

Concordemente a quanto riportato in letteratura per altre specie (Morone-Fortunato et al., 2005; Gribaudo et al.;1996), l’effetto della simbiosi micorrizica modifica il modello di crescita delle piante micropropagate di origano determinando incrementi dei parametri

Page 255: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare 253

morfologici. Le piantine micropropagate inoculate (VF Myc+) alla fine dell’ambientamento presentavano infatti un più vigoroso accrescimento rispetto al controllo (Myc-) (Tab. 1).

Tabella 1. Effetto della simbiosi micorrizica sui parametri morfologici di piantine di origano (VF).

N Media Min Max SD SE Area

(mm2) 10 2343.650 2286.600 2628.900 123.2421 38.972

6 Pfe(g) 10 116.632 98.800 137.320 18.8267 5.9535 Pfi (g) 10 40.357 31.170 53.640 9.8035 3.1001 Pse(g) 10 46.884 41.600 59.130 7.0213 2.2203

Test

Psi (g) 10 24.841 18.460 33.110 6.7629 2.1386

Area (mm2)

10 4114.80 2857.50 4343.40 508.31 160.74

Pfe(g) 10 169.307 138.580 175.280 12.9979 4.1103 Pfi (g) 10 99.957 66.950 104.950 12.1884 3.8543 Pse(g) 10 71.248 57.300 74.080 6.0968 1.9280

Myc

+

Psi (g) 10 59.804 33.360 63.290 9.4198 2.9788

L’effetto della micorrizazione risulta evidente anche sulla

morfologia dell’infiorescenza. L’infiorescenza delle piante micorrizate si presenta con numero di spicastri (SP) e di spighe (SPG) maggiori (SP =32.4 ± 2.4; SPG = 21.2 ± 1.6) rispetto al testimone non micorrizato (SP = 21.5 ± 0.4; SPG = 19.0 ± 0.8).

Inoltre le piante micorrizate, hanno una maggiore densità ghiandolare (VFB Myc+= 6.1 ± 0.05 ghiandole/mm2) rispetto ai campioni Myc-. In particolare, nel confronto fra VFB e MP, le piante VFB Myc+ mostrano una più alta densità radicale su entrambe le superfici della foglia (Fig. 1).

Page 256: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

254 Morone Fortunato I. e Avato P.

Media; Whisker: Media-SD, Media+SD

MP VFB VFB+

sup inf

0

1

2

3

4

5

6 g

h/m

m 2

Figura 1. Effetto della simbiosi micorrizica sulla densità ghiandolare della superficie superiore (sup) ed inferiore (inf) della foglia.

In contrasto con le osservazioni morfologiche, la produzione e

composizione percentuali degli olii essenziali non risultano significativamente influenzate dal trattamento con micorriza (Tab. 2 e Fig. 2).

Tabella 2. Effetto della simbiosi micorrizica sulla produzione (%) di olii essenziali.

S VFB

Myc- Myc+ VS MP

Myc- Myc+

0.23 0.22 0.87 1.40 1.59 1.90

Page 257: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare 255

Le produzioni percentuali degli olii essenziali pur non risultando significativamente differenti fra loro, mostrano un trend positivo, nell’ambito dello stesso stadio fisiologico, al passare dal testimone al micropropagato non micorrizato, e infine al micropropagato micorrizato (Tab. 2, Fig. 2).

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

%

Myc- Myc+ Myc- Myc+

VS S VFB MP

p-Cimene gamma-Terpinene Carvacrolo

Figura 2. Effetto della simbiosi micorrizica sulla quantità (%) dei principali componenti degli olii essenziali.

L’analisi chimica degli olii essenziali estratti dai diversi campioni di origano oggetto di studio, ha dimostrato che il loro profilo compositivo è significativamente omogeneo anche fra le differenti fasi fisiologiche. Il componente prevalente è rappresentato, in tutti i casi, da carvacrolo (90-80%). In generale, si nota una maggiore ricchezza di costituenti negli olii essenziali di piante micropropagate raccolte ad un anno di ambientamento (VFB), che tendono ad avere una composizione in metaboliti secondari simile a quello della pianta

Page 258: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

256 Morone Fortunato I. e Avato P.

madre (Fig. 2) con un range più ampio di terpenoidi oltre al carvacrolo.

Conclusioni

In conclusione i nostri risultati indicano oltre alla omogeneità del clone micropropagato, l’importanza dell’inoculazione con micorriza durante la fase di ambientamento.

A conferma della sua influenza sulla crescita delle piante micropropagate (Gupta et al., 2002; Ravolanirina et al., 1989; Morone-Fortunato et al., 2005), variazioni positive sono state osservate nelle piante rigenerate di origano in risposta al trattamento. La maggiore facilità con cui le piante micorrizate si adattano alle condizioni della serra di ambientamento, si evidenziano in particolare nel differente accrescimento fra le piante inoculate ed il controllo (Tab. 1),

Il profilo chimico delle piante di O. vulgare ssp. hirtum da noi micropropagate, riproduce quello della MP che è caratterizzato da carvacrolo come maggior componente volatile (Fig. 2). La variazione del profilo chimico con l’età della pianta, evidenzia come il passaggio da vitro determini un ringiovanimento del materiale che ripercorre le tappe della piantina da seme come già evidenziato in letteratura per Salvia officinalis (Avato et al., 2005; Morone-Fortunato et al., 2006).

Inoltre l’analisi istologica dei nostri campioni mostra chiaramente che la densità dei peli ghiandolari ”peltati”, deputati alla produzione delle essenze, delle piante micropropagate e micorrizate (VFB Myc+) raggiunge e supera i valori della pianta madre (MP) (Fig. 1).

Similmente la produzione di olio essenziale nelle piante micropropagate (VFB) è quantitativamente uguale o migliore della produzione della pianta madre (MP). Ciò evidenzia l’alta qualità del materiale ottenuto con questa tecnologia e la sua possibile utilizzazione come una vantaggiosa sorgente di metaboliti secondari(Tab. 2).

Page 259: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare 257

Bibliografia 1. Alves-Pereira, I.M.S., Fernandes-Ferreira, M. 1998. Essential oils

and hydrocarbons from leaves and calli of Origanum vulgare ssp. virens. Phytochemistry 48 : 795-799

2. Avato, P., Morone-Fortunato, I., Ruta, C., D’Elia, R. 2005. Glandular hairs and essential oils in micropropagated plants of Salvia officinalis L.. Plant Sci. 169: 29-36.

3. Bosabalidis, A.M., Kokkini, S. 1997. Infraspecific variation of leaf anatomy in Origanum vulgare grown wild in Greece. Bot. J. Linn. Soc. 123: 353-362.

4. Gianinazzi, S., Trouvelot, A., Gianinazzi-Pearson, V. 1990. Role and use of mycorrhizas in horticultural crop production. Adv. Hort. Sci. 4: 25-30.

5. Gribaudo, R., Zanetti, R., Morte, E., Previati, A., Schubert, A. 1996. Development of mycorrhizal infection in in vitro and in vivo-formed roots of woody fruit plant. Agronomie 16: 621-624.

6. Gupta, M.L., Prasad, A., Ram, M., Kumar S. 2002. Effect of the vesicular-arbuscular mycorrhizal (VAM) fungus Glomus fasciculatum on the essential oil yield related characters and nutrient acquisition in the crops of different cultivars of menthol mint (Mentha arvensis) under field conditions. Biores. Technol. 81: 77-79.

7. Morone-Fortunato, I., Ruta, C., Castrignanò, A., Saccardo, F. 2005. The effect of mychorrizal symbiosis on the development of micropropagated artichokes. Sci. Horticul.106: 472 -483.

8. Morone-Fortunato, I., Avato, P., Ruta, C. 2006. Glandular hairs and essential oils in micropropagated plants of Origanum vulgare L. Acta. Hort., in press.

9. Morone Fortunato, I., Ruta, C, Avato, P. 2006. Bioactive metabolites of sage: in vivo and in vitro production, in: J.A. Teixeira da Silva, Floriculture, Ornamental and Plant Biotechnology: Advances and Topical Issues – Health, important secondary metabolites, herbs, medicinal and aromatic ornamental plants, vol. IV, (Eds), Global Science Books, London, UK, pp. 482-490.

Page 260: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

258 Morone Fortunato I. e Avato P.

10. Ravolanirina, F., Blal, B., Gianinazzi, S., Gianinazzi-Pearson, V. 1989. Mise au point d’une methode rapide d’endomycorrhization de vitroplant. Fruit. 44:165-170.

11. Socorro, O., Tárrega, I., Rivas, F. 1998. Essential oils from wild and micropropagated plants of Origanum bastetanum. Phytochemistry 48:1347-1349.

12. Skoula, M., Harborne, J.B. 2002. The taxonomy and chemistry of Origanum, in: S.E. Kintzios, Medicinal and aromatic plants-Industrial profiles, Oregano. The genera Origanum and Lippia, vol. 25, (Eds.),Taylor and Francis, London, pp. 67-108

Page 261: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

259

Situazione attuale e prospettive della domanda nel comparto delle officinali in Sicilia

Asciuto A., Chironi S., Columba P., Crescimanno M., De Stefano V. Dip. Economia dei Sistemi Agro-Forestali, Università di Palermo, Palermo E-mail: [email protected] Riassunto

Il presente studio è il risultato preliminare del progetto di ricerca in itinere “potenzialità di sviluppo del comparto delle piante officinali coltivate con metodo biologico in Sicilia”, finalizzato a fronteggiare la carenza di informazioni inerenti aspetti strutturali ed economici sul comparto in Sicilia e valutare le potenzialità di sviluppo della coltivazione di piante officinali, tenendo conto dei punti di forza e di debolezza di un comparto ancora poco esplorato e che risulta marginale rispetto ad altre realtà agricole isolane.

Abstract

The present paper illustrates the preliminary results of the research project in progress “Development potential of the officinal plants sector cultivated with organic method in Sicily”. The aim of this study is to provide some structural and economic insights on the officinal plants sector in Sicily and to assess the potentialities of development in the cultivation of officinal plants, taking into account strengths and weaknesses of a still little explored economic activity which is marginal with reference to other Sicilian agricultural sector.

Page 262: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

260 Asciuto A. et al.

Introduzione

Negli ultimi anni il comparto delle piante officinali è stato oggetto di una crescente attenzione legata non soltanto ad un aumento della domanda di prodotti erboristici, ma anche all’interesse che è sorto in ambito comunitario per il ruolo di diversificazione dell’agricoltura che queste colture possono svolgere ed in particolar modo nelle aree marginali.

L’Italia vanta antiche tradizioni nel comparto delle officinali e fino ai primi anni ’50 poteva considerarsi tra i maggiori produttori ed esportatori europei; nel tempo, però, l’interesse, e di conseguenza la produzione, sono andati via via scemando, tanto che, quello delle officinali è divenuto oggi un comparto marginale tra le produzioni agricole. Anche se in forma ridotta per l’esiguità delle superfici investite, nel settore agricolo la coltura delle erbe officinali può essere di valido aiuto al miglioramento ambientale per la riduzione di sostanze inquinanti e il miglioramento delle condizioni sanitarie del terreno, considerando che è quasi sempre realizzata con metodo biologico. Da una parte, quindi, l’utilizzo nell’industria farmaceutica, erboristica ed alimentare, dall’altra la potenziale compatibilità con le problematiche ambientali, attribuiscono a questo settore un ruolo di significativa importanza e per alcune regioni potrebbe rappresentare una vera e propria nicchia di prodotti; ma di contro, ben poco si conosce dell’effettiva consistenza e delle sue possibilità di sviluppo e non ultimo il ruolo economico che può avere nell’ambito di un’azienda agraria.

Tutte queste considerazioni e, specialmente, il legame con il settore biologico, che sembra esistere e che, in ogni caso, andrebbe rafforzato, stanno alla base di un progetto di ricerca in itinere, volto a conoscere, a livello della regione Sicilia, gli aspetti principali di questo settore, incentrando l’analisi sulle piante officinali coltivate con metodi biologici. Il progetto “Potenzialità di sviluppo del comparto delle piante officinali coltivate con metodo biologico in Sicilia” si sta svolgendo nell’ambito di una convenzione tra il Consorzio di Ricerca Bioevoluzione Sicilia (BES) ed il Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro Forestali (ESAF) dell’Università di Palermo. L’obiettivo è quello di sopperire alla carenza di informazioni inerenti aspetti

Page 263: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture officinali in Sicilia 261

strutturali ed economici sul comparto delle officinali in Sicilia e valutarne le potenzialità di sviluppo, tenendo conto dei punti di forza e di debolezza di un comparto ancora poco esplorato e che risulta marginale rispetto ad altre realtà agricole isolane.

Materiali e Metodi

Prima di cominciare con una disamina del comparto delle piante officinali occorre, però, sottolineare come esista una sostanziale carenza di dati statistici relativi alla loro produzione e commercializzazione. L’ISTAT, ad esempio, fornisce un dato in cui vengono raggruppate sotto la stessa voce le “piante aromatiche, medicinali e da condimento”. Altre informazioni possono essere estrapolate dalla FIPPO, dall’ISAFA, dal SINAB, sebbene si tratti di dati generici che non scendono nel dettaglio regionale o provinciale, classificandole sotto la voce di “erbe aromatiche e medicinali”. Da questa carenza di fonti precise ed ufficiali risultano quindi evidenti le difficoltà nel reperimento di informazioni più precise. Anche a livello di regolamentazione sia nazionale che comunitaria vi sono delle carenze, poiché, in generale, a livello comunitario il comparto non è tra quelli maggiormente attenzionati. Altri Stati concedono aiuti ai produttori, come ad esempio, in Francia per i produttori di lavanda. Attualmente in Italia vige ancora la legge che risale al 1931 (n.99 del 6 gennaio 1931) “Disciplina, raccolta e commercio delle piante officinali” ed il relativo regolamento applicativo n. 772 del 1932; col passare degli anni si sono susseguite diverse circolari e più che altro per regolamentarne il commercio.

Lo studio è strutturato in due parti: nella prima è stata analizzata la situazione produttiva in Sicilia sulla base dei dati ufficiali (con il limite prima descritto); nella seconda si è proceduto dapprima alla costruzione del database degli operatori delle quattro categorie di attività (farmaceutica, erboristica, cosmetica e alimentare) e poi alle rilevazioni dirette degli stessi. Una nota particolare deve essere fatta con riguardo alle difficoltà incontrate nella definizione delle caratteristiche principali della struttura produttiva, sia a causa della carenza di informazioni sistematiche, relative alla produzione di questi

Page 264: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

262 Asciuto A. et al.

settori, sia per la loro stessa natura. Questa ha, infatti, posto qualche problema di delimitazione settoriale, perché spesso le aziende operano in più settori e coprono diversi stadi di produzione lungo la filiera produttiva, che va dalla coltivazione delle specie officinali alla commercializzazione di prodotti finiti. Dall’analisi del database della Camera di Commercio, ossia di tutte le ditte attive nel Registro delle imprese, l’individuazione delle aziende di lavorazione e/o trasformazione è risultata alquanto difficile, poiché i codici ISTAT delle attività economiche (Ateco) non individuano direttamente tali tipologie di imprese. Pertanto dall’interrogazione del database della Camera di commercio mediante keyword “officinali” si è individuato un primo elenco di aziende, successivamente scremato mediante accertamento telefonico sull’attività effettivamente svolta dalle stesse. Parallelamente sono state individuate quelle ditte di lavorazione e/o trasformazione iscritte in annuari di riviste specializzate di settore ed in elenchi di associazioni di categoria. Una volta, quindi, definito l’universo di riferimento, l’attenzione si è spostata sullo strumento da utilizzare per la rilevazione dei dati; si è scelto di utilizzare un questionario predisposto ad hoc, considerato il problema della delimitazione settoriale delle imprese (sia in senso orizzontale, che verticale), che è stato somministrato per via fax previo avviso telefonico.

La produzione La Sicilia dispone di una straordinaria varietà di specie officinali,

ma a queste non corrisponde alcuna specifica tradizione produttiva, sia a livello di coltivazione che della successiva trasformazione industriale. La regione, come superfici investite, è una delle più significative a livello nazionale, risultando al quarto posto dietro la Calabria, importante per le sue produzioni di bergamotto, il Piemonte e la Toscana (ISAFA, 1999). Le aziende dedite alla coltivazione di officinali sono per lo più imprese individuali e di dimensioni piuttosto modeste. Dal 5° Censimento dell’agricoltura (2000) sono state ottenute informazioni sul numero di aziende produttrici con la relativa superficie utilizzata e sulla loro localizzazione, distinte per zona

Page 265: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture officinali in Sicilia 263

altimetrica e per ampiezza aziendale. Nel complesso in Sicilia alla voce “Piante aromatiche medicinali e da condimento” sono state censite 1.598 aziende con una superficie utilizzata dalle colture pari a 240.70 ettari (Tab. 1). La quasi totalità delle aziende (1.571) è concentrata nelle zone collinari della regione, così come la superficie utilizzata (95% circa ).

Tabella 1. Piante aromatiche, medicinali e da condimento in Sicilia. Fonte: ISTAT, 5° Censimento Generale dell’Agricoltura.

Caratteristica prevalente delle aziende che coltivano le officinali è una superficie aziendale piuttosto ridotta: la maggior parte (68%) rientra, infatti, in una classe di superficie agricola utilizzata (SAU) inferiore all’ettaro, e le restanti appartengono alle classi comprese tra 1 e 5 ettari. La situazione cambia, invece, a livello di superficie totale aziendale dove la maggiore concentrazione si ha nella classe di superficie compresa tra 2 e 5 ettari. Più della metà delle aziende regionali (65.3%) è concentrata in provincia di Messina cui, però, non corrisponde il primato in termini di superficie investita dalle colture officinali, che invece, spetta alla provincia di Trapani con poco più di 130 ettari, pari al 54% dell’intera superficie regionale. Modesta è la presenza delle officinali nelle altre province, tra le quali spiccano come numero di aziende Ragusa, Caltanissetta e Palermo rispettivamente con 10 ed 8 aziende le ultime due province; del tutto assenti risultano nelle province di Enna e Siracusa (Tab.2).

Zone Altimetriche Aziende N. Sup. Ha

Montagna 18 10.49 Collina 1.571 227.19 Pianura 9 3.02

Totale 1.598 240.70

Page 266: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

264 Asciuto A. et al.

Tabella 2. Distribuzione provinciale delle erbe officinali in Sicilia.

Come accennato in premessa, il limite nella disponibilità di dati statistici relativi al comparto delle officinali non consente di fornire delle indicazioni più precise circa le superfici e le produzioni regionali per singole specie. Uno studio condotto dall’ISAFA nel 1999, indica che le specie maggiormente presenti nella regione sono circa una ventina; tra queste spicca come importanza, sia produttiva sia economica, il frassino da manna che occupa l’88% dell’intera superficie utilizzata a piante aromatiche, a cui segue una irrisoria percentuale (5% circa) ad origano (Tab. 3). In Sicilia esistono diverse leggi regionali a favore della manna, ma in generale non esistono leggi specifiche per l’attività di raccolta delle piante officinali ad eccezione delle specie che si ritrovano nelle aree definite come parchi o riserve per le quali esiste una legge regionale risalente al 1981 (LR N. 98/81).

Aziende Superficie Province

N. % Ha % Palermo 8 0.5 2.33 1 Trapani 522 32.7 130.32 54.1 Agrigento 4 0.3 15.02 6.2 Caltanissetta 8 0.5 2.11 0.9 Enna - - - - Ragusa 10 0.6 4.95 2.1 Siracusa - - - - Catania 3 0.2 2.06 0.9 Messina 1.043 65.3 84.01 34.9

Totale 1.598 100.0 240.80 100.0

Page 267: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture officinali in Sicilia 265

In tempi più recenti l’amministrazione regionale ha cercato di stimolare l’interesse degli imprenditori verso tale comparto, prevedendone il sostegno con contributi a fondo perduto nell’ambito di una specifica misura del POR (Mis. 4.06, “Irrobustimento delle filiere agricole e zootecniche”). Attraverso il PSR invece, sono stati previsti degli investimenti per il potenziamento del comparto in diverse fasi della filiera - produzione, commercializzazione e trasformazione - attraverso la concessione di un aiuto ad ettaro variabile in relazione alla tipologia colturale (piante aromatiche ed officinali annuali o pluriennali) e all’individuazione di aree preferenziali. Tabella 3. Specie officinali coltivate in Sicilia

Superficie Specie Ha % Manna 200.0 88.0 Origano 11.1 4.8 Fiore di arancio 7.2 3.1 Fieno greco 2.6 1.2 Coriandolo 2.0 0.9 Psillio 0.8 0.04 Calendula 0.7 0.03 Cardo santo 0.3 0.01 Timo 0.3 0.01 Salvia 0.3 0.01 Rosmarino 0.3 0.01 Eucalipto 0.3 0.01 Equiseto 0.1 0.004 Melissa 0.1 0.004 Borragine 0.1 0.004 Finocchio 0.1 0.004 Malva 0.1 0.004 Maggiorana 0.1 0.004 Altre piante 0.7 0.03

Totale 227.2 100.0 Fonte: ISAFA

Page 268: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

266 Asciuto A. et al.

La domanda: indagine sulle imprese di lavorazione e trasformazione

Dalla nostra indagine, volta a rilevare la consistenza e le caratteristiche delle imprese di lavorazione e/o trasformazione in Sicilia, è emerso un comparto rappresentato da un numero limitato di aziende, soprattutto a carattere artigianale e con gestione familiare (Tab. 4 e 5). Tabella 4. Imprese di lavorazione e/o trasformazione

Aziende N. % Universo imprese di lavorazione e/o trasformazione (escluse erboristerie, farmacie e imprese liquoristiche.

24 72,7

Imprese escluse dall’universo (cessate, in liquidazione, irreperibili) 9 27,3

Totale imprese 33 100

Tabella 5. Imprese classificate per attività prevalente

Eccezione è fatta per il comparto farmaceutico, rappresentato da 3

imprese ubicate nella provincia di Catania, delle quali due dotate di

Attività prevalente

N. imprese

N. occupati

N.occupati/ N. imprese

Cosmesi naturale 2 24 12 Erboristica 7 32 5 Alimentare 12 34 3 Farmaceutica 3 1.129 376

Totale 24 1.219 51

Page 269: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture officinali in Sicilia 267

stabilimento produttivo e centro di ricerca in Sicilia (un’impresa ha solo il centro amministrativo), che offrono occupazione a 1.129 addetti, di cui 33 nella ricerca (Farmindustria, 2005).

Di seguito l’indagine si concentra sulle restanti tre categorie di imprese per attività prevalente (alimentare, erboristica, cosmetica). I dati della tabella 5 evidenziano che il 50% delle imprese svolge la propria attività principale nel comparto alimentare, nel quale risulta tuttavia anche il minor numero di occupati per impresa. La maggior parte di tali imprese è di piccola dimensione, impiega manodopera avventizia per le attività colturali e svolge semplici operazioni di lavorazione finalizzate alla realizzazione di erbe aromatiche per condimenti. Sette imprese dell’universo di riferimento svolgono attività mista.

La classificazione per classi di fatturato conferma la ridotta dimensione economica delle imprese, soprattutto nell’alimentare: più della metà, quasi esclusivamente quelle dell’alimentare, presentano un fatturato inferiore a 100 mila euro. Per tali ditte la realizzazione di prodotti officinali spesso è un’attività integrativa, di contro alle altre tipologie di imprese che tendono ad acquisire connotati industriali. Le specie botaniche di maggiore interesse per le imprese dell’alimentare sono l’origano e, in minor misura, il rosmarino, la malva, la melissa, la menta, la salvia, il timo e così via per le restanti erbe aromatiche utilizzate in cucina. Numerose sono anche le specie utilizzate per l’erboristica e la cosmesi, delle quali in termini quantitativi risultano predominanti i prodotti degli agrumi e la manna.

Le differenze tra le tre categorie di imprese sono sostanziali nell’ambito dell’approvvigionamento delle materie prime e dell’acquisto di derivati (Tab. 6). Infatti, nell’alimentare è preponderante la produzione propria, nell’erboristica invece l’approvvigionamento all’esterno e nella cosmesi fondamentale è l’acquisto di derivati (soprattutto oli essenziali).

Nel complesso le piante acquistate dalle tre categorie di imprese provengono per un ammontare di 56,2 q.li dalla Sicilia, per 99,1 q.li dal resto d’Italia e per 65.5 q.li dall’estero. Gli acquisti di derivati, invece, provengono soprattutto dalla Sicilia (318.0 q.li), una piccola parte dal resto d’Italia (26.8 q.li) ed una quota marginale dall’estero (3.0 q.li).

Page 270: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

268 Asciuto A. et al.

Tabella 6. Approvvigionamento di materia prima e acquisto di derivati nelle imprese rilevate (valori medi per impresa)

Approvvigionamento materia prima (q.li in secco) Attività

prevalente Raccolta dello

spontaneo

Produzione coltivata

Acquisti di piante

Acquisti di derivati

(q.li)

Cosmesi naturale 64.8 20.0 35.4 132.6

Erboristica 3.0 10.0 16.4 11.4 Alimentare 9.2 10.6 2.9 0.3

I prodotti della lavorazione e/o trasformazione delle piante officinali

seguono diversi canali di distribuzione: nell’alimentare il 57% sono venduti a grossisti/importatori, mentre il restante 43% ai supermercati, ai negozi specializzati e direttamente al consumatore (soprattutto attraverso fiere). Le imprese classificate per attività prevalente “erboristica” commercializzano il 54% del prodotto alle erboristerie, il 29% alle industrie di trasformazione, il 14% ai grossisti/importatori, il 2% alle farmacie ed il restante 1% ad “altri”. Anche i cosmetici naturali seguono vari canali distributivi: il 35% sono commercializzati ai grossisti, il 20% alle erboristerie, il 20% ai negozi di oggettistica, il 15% all’industria ed il 10% alle farmacie.

Durante l’indagine, inoltre, è stato chiesto agli intervistati di ponderare le strategie per migliorare il posizionamento dei prodotti, dalle cui risposte è risultato prioritario “entrare in nuovi segmenti di mercato” e “migliorare la qualità”, in secondo luogo “entrare in nuovi canali distributivi” e “migliorare la selezione”, poca importanza invece è stato attribuito ad “ampliare la gamma” ed “eliminare dal paniere i prodotti più deboli”. Nonostante la maggior parte degli operatori intervistati ritengano molto importante la valorizzazione e la promozione dei loro prodotti, pochi investono in marketing e

Page 271: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Colture officinali in Sicilia 269

pubblicità: solo quattro imprese svolgono studi di marketing per collocare il prodotto, delle quali tre predispongono piani di marketing e soltanto una impiega un addetto al marketing. Premesso che in genere gli investimenti nella comunicazione pubblicitaria sono abbastanza limitati, ed in alcuni casi nulli, le forme di comunicazione utilizzate maggiormente sono le fiere del settore (37%), la pubblicità in riviste e giornali (35%), il sito internet (25%) e la pubblicità nei network locali (3%).

Le prospettive del comparto Nel quadro delle produzioni agricole siciliane l’incidenza delle

officinali risulta alquanto marginale, sia per la mancanza di una tradizione produttiva, tranne che per la manna, sia per la mancanza di un’adeguata regolamentazione del comparto che per la concorrenza dei paesi terzi. La regione risente particolarmente della concorrenza dei paesi del Maghreb e del Medio Oriente, le cui produzioni risultano altamente competitive in termini di prezzo conseguentemente ai costi di produzione estremamente bassi, contrariamente a quanto avviene in Sicilia, ed in Italia, dove lo stesso costo ha un peso notevole nel quadro generale delle spese. Tuttavia è illusorio pensare di risolvere il problema della competitività attraverso la riduzione dei costi di produzione, al contrario è necessario puntare sul fattore qualità. E’ evidente che l’adozione di sistemi di certificazione, riconosciuti tanto a livello comunitario quanto nazionale, può consentire di differenziare le produzioni regionali da quelle provenienti da paesi terzi ed in particolare offrire maggiori garanzie sia agli utilizzatori intermedi di tali specie (industria alimentare e farmaceutica) che ai consumatori. Altro fattore che ostacola la crescita del comparto, come detto prima, è dato dall’inadeguatezza della normativa in materia.

Accanto a questi fattori, che in qualche modo limitano lo sviluppo del comparto, ve ne sono degli altri, quali la crescente domanda (conseguentemente al maggior fabbisogno interno e all’aumento del numero di erboristerie), la diffusione di comparti innovativi dell’industria tradizionale e la vocazionalità del territorio, che creano condizioni favorevoli di mercato.

Page 272: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

270 Asciuto A. et al.

Un aspetto di grande considerazione, che costituisce indubbiamente un punto di forza del comparto in esame, è relativo all’ampia diffusione, tra i produttori di erbe officinali, di tecniche di coltivazione biologiche. In effetti, il ricorso a metodi di produzione biologici (Reg.CE 2092/91) offre dei vantaggi, in particolare per quanto concerne gli aspetti ambientali, ma soprattutto, può essere interessante per la possibilità, per i produttori, di migliorare gli standard qualitativi e, quindi, valorizzare le produzioni che si presentano sul mercato come prodotti certificati. Sulla base delle precedenti considerazioni sarebbe auspicabile, attraverso specifiche azioni, indurre la completa conversione delle superfici convenzionali.

Dati ed informazioni più particolareggiate sul comparto delle officinali in Sicilia, saranno riportati in una futura pubblicazione. Ringraziamenti Il lavoro è frutto di una comune collaborazione fra gli autori. Tuttavia, Maria Crescimanno ha coordinato lo studio ed ha curato la stesura del capitolo 1, Antonio Asciuto ha redatto il capitolo 2, Stefania Chironi ha scritto il capitolo 3, Vincenzo De Stefano ha redatto il capitolo 4, mentre il capitolo 5 si deve a Pietro Columba. Bibliografia 1. Farmindustria 2005. Indagine conoscitiva sulla localizzazione

regionale delle unità locali delle imprese farmaceutiche. Rapporto 2005, pp.2-22.

2. ISAFA 1999. Consistenza e caratteristiche delle piante officinali coltivate in Sicilia.

3. ISTAT 2000. Quinto Censimento generale dell’agricoltura. 4. Leto, C., Carruba A. 1990. Piante officinali: molta confusione,

carenze legislative e scarsa produzione. L’informatore agrario 5/90: 53-57

Page 273: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

271

Implicazioni biosintetiche ed allelopatiche dei principali flavonoidi di interesse terapeutico.

Camorani M. Farmacia Berni - Progetti Informazione Salute, Scandiano (RE) E-mail: [email protected] Riassunto

La struttura dei flavonoidi, basata su uno scheletro C6-C3-C6, deriva da vie biosintetiche, la cui conoscenza è fondamentale per comprendere le proprietà di tutti i sottogruppi di questa vasta classe di composti. Le implicazioni allelopatiche dei flavonoidi coinvolgono le loro azioni sui fattori di crescita, sulla membrana cellulare, sulla produzione di ATP e sull’assorbimento di nutrienti. Abstract

The structure of flavonoids, based on a C6-C3-C6 skeleton, derives from biosynthetical ways, whose knowledge is fundamental in order to understand the properties of all the subgroups of this wide compound class. The allelopatic implications of these compounds could be recognized in actions on growth factors, on the cellular membrane, on ATP-production and on the nourishing absorption.

Introduzione

I flavonoidi rappresentano la classe numericamente più consistente dei composti fenolici presenti nelle piante, con più di 5000 molecole identificate complessivamente.

Sebbene un cospicuo numero di sostanze fenoliche sia stato ritrovato in organismi animali, la presenza di una frazione fenolica è

Page 274: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

272 Camorani M.

una caratteristica peculiare dei tessuti vegetali, peraltro determinante sulle proprietà della specie nel suo insieme.

Figura 1. Struttura chimica di base dei flavonoidi

La struttura chimica di questi composti, presenti in tutte le parti

della pianta, é basata su uno scheletro di 15 atomi di carbonio (C6-C3-C6, 2-fenil-benzopirone) con un anello cromonico (A) legato ad un secondo anello aromatico (B) in posizione 2, 3 o 4. I vari sottogruppi di flavonoidi vengono classificati in base allo stato di ossidazione dell’anello eterociclico ed alla posizione dell’anello B. Dalla catechina, appartenente ai flavanoli, si originano, attraverso vari stadi di condensazione, i tannini, un'altra classe importante di composti fenolici. La sintesi dei flavonoidi è frutto dell’incrocio fra due importantissime vie di reazioni metaboliche: la via dell’acido scichimico e la via dell’acetil-CoA. Ottenuto da un prodotto della glicolisi, l’acido scichimico ha fra i suoi derivati due amminoacidi, la fenilalanina e la tiroxina; queste molecole subiscono il distacco di un gruppo ammonio, tramite un meccanismo enzimatico critico, anche per il possibile rischio d’accumulo di questo ione; si ottengono così acido trans-cinnamico dalla fenilalanina e acido trans-p-cumarico dalla tiroxina. A partire dall’acetil-CoA, molecola chiave delle vie metaboliche animali e vegetali, si forma, attraverso una carbossilazione, il malonil-CoA.

Page 275: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flavonoidi 273

L’enzima chiave nell’incrocio fra i prodotti di queste due vie è la calcone sintasi (CHS); questo, infatti, catalizza la condensazione in più stadi di tre molecole di malonil-CoA (anello A), con il p-cumaroil-CoA (anello B), con conseguente formazione di un 4,2’,4’,6’ tetraidrossi-calcone. Tabella 1. Classificazione chimica dei principali sottogruppi di flavonoidi

Sottogruppo

Esempi Caratteristiche strutturali

Flavanoni

naringenina, eriodictiolo, liquiritigetina

anello B in posizione 2 legame singolo in 2-3 =O in 4

Flavanoli

catechina, epicatechina

anello B in posizione 2 legame singolo in 2-3 -OH in 3

Flavoni

apigenina, luteolina, diosmina vitexina* (*glicoside)

anello B in posizione 2 doppio legame in 2-3 =O in 4

Flavonoli

quercetina, kempferolo, myricetina, rutina* (*glicoside)

anello B in posizione 2 doppio legame in 2-3 =O in 4; -OH in 3;

Antocianidine (Antocianine *)

delfinina, apigeninidina, luteolinidina (*glicoside)

anello B in posizione 2 insaturazione aromatica completa; -OH in 3

Isoflavonoidi

genisteina, daidzeina, gliciteina

anello B in posizione 3

La struttura di base da cui si originano tutti i flavonoidi si forma in

seguito ad una conversione stereospecifica del calcone a 2S-flavanone, tramite catalisi dell’enzima calcone isomerasi (CHI). Diversi studi indicano l’espressione di questo enzima, come lo step limitante per la biosintesi, in molti tessuti delle piante; quindi, i relativi geni sono

Page 276: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

274 Camorani M.

considerati elementi chiave per le ricerche nel campo della biogenetica sulle possibilità d’aumento della produzione di flavonoidi in colture artificiali.Le modificazioni dello scheletro base hanno un’ampia gamma di possibilità: in generale reazioni di idrossilazione, glicosilazione, acilazione sono importanti nel conferire caratteristiche di stabilità ed idrofilicità alle molecole, mentre reazioni di metilazione e prenilazione, conferiscono ai flavonoidi caratteristiche di lipofilia ed attività antimicrobica.

Fra i fattori determinanti sulla quantità effettiva di flavonoidi presente in una specie vegetale, c’è senz’altro, in primo luogo, il dinamico sistema metabolico dei fenoli; in esso, infatti, sintesi e degradazione sono in funzione dello stato fisiologico, della stagione e delle condizioni pedoclimatiche dell’ambiente.

Il “turn-over” dei fenoli è basato sostanzialmente su tre tipi di reazione:

1) reazioni di interconversione, in cui la molecola funge da intermedio biosintetico;

2) reazioni di coniugazione (glicosilazione gruppi fenolici o carboni in posizione 6 o 8 anello aromatico A), fondamentale per aumento solubilità, protezione gruppi funzionali con possibile tossicità per elementi citoplasmatici e compartimentalizzazione cellulare (inglobamento in vescicole dal reticolo endoplasmatico e accumulo nel vacuolo o eventuale secrezione);

3) reazioni cataboliche-ossidative, basate sull’aggiunta di gruppi ossidrili in posizione 2 e 3, seguita da ulteriori ossidazioni con rottura dell’anello centrale e successive polimerizzazioni degli acidi benzoici derivati, che avvengono sulla parete cellulare e sul sistema delle membrane; questi tipi di reazioni chimiche consentono la degradazione di alcuni metaboliti, senza formazione o accumulo di altri, un aspetto di notevole rilevanza ad esempio nel campo delle colture in vitro o idroponiche.

Da considerare tuttavia, il possibile accumulo e la successiva polimerizzazione di chinoni, come risultato di ulteriori ossidazioni in vie enzimatiche parallele; il rischio di questo fenomeno può essere

Page 277: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flavonoidi 275

evitabile con l’aggiunta nell’ambiente di coltura di sostanze riducenti, per esempio acido ascorbico.

Da un punto di vista evolutivo, l’effetto induttore delle radiazioni solari ultraviolette su questo metabolismo, non può non essere riconducibile, fra le varie ipotesi, alle proprietà protettive ed antiossidanti tipiche dei composti flavonoidici. Questo si traduce anche in una localizzazione preferenziale nelle parti aeree (foglie, sommità fiorite, ecc…) delle piante.

Tra i tanti ruoli fisiologi ed ecologici ricoperti dalla classe dei flavonoidi in natura (come pigmenti, antiossidanti, antibatterici, antifungini, ecc...) questa trattazione prenderà in esame esclusivamente quelli inerenti allo studio e all’applicazione di colture artificiali di piante officinali.

Innanzi tutto si tratta di sostanze che esercitano il loro effetto a concentrazioni micromolari, ed è quindi chiaro che si debbano sempre tenere in considerazione in ogni ambito di coltivazione, studio o impiego delle specie vegetali di appartenenza.

Un aspetto rilevante, ad esempio, è senz’altro il ruolo nella regolazione dell’attività dell’auxina (acido indolacetico), cioè il più importante fattore di crescita ormonale delle piante; è stato, infatti, sperimentalmente dimostrato che molti flavonoidi, tra cui quercetina, kempferolo ed apigenina (presenti ad esempio in Ruta graveolens, Passiflora incarnata, Betulla pendula, ecc…) inibiscono il trasporto dell’auxina, non per competizione diretta, ma legandosi allo stesso recettore del NPA (acido naftilftalamico). Questa proprietà si associa alla capacità di inibire l’enzima che degrada specificamente questo ormone (acido indolacetico ossidasi), creando effettivamente i presupposti per un’attività regolatrice ad ampio spettro di possibilità, con influenze sulla distensione cellulare, sulla differenziazione del tessuto vascolare, sul turn-over delle foglie e sull’accrescimento dei frutti.

Particolarmente interessanti sono le possibili azioni dei flavonoidi sulla parete cellulare che, durante la distensione del vacuolo che contribuisce all’accrescimento del tessuto, necessita di maggiore elasticità e minor contenuto di cellulosa; infatti, alcuni precursori di questa classe di composti, come l’acido ferulico e l’acido cumarico,

Page 278: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

276 Camorani M.

sono stati rilevati in pareti cellulari primarie isolate da colture cellulari di piante in fase di rapido accrescimento.

Queste due molecole sono in grado di formare legami, tramite l’esterificazione dei loro gruppi carbossilici, con residui di galattosio ed arabinosio della matrice polisaccaridica; l’accoppiamento ossidativo, catalizzato da perossidasi, di questi residui fenolici porta alla formazione di legami incrociati tra catene adiacenti della matrice polisaccaridica, legami che influenzano notevolmente le caratteristiche di solubilità ed estendibilità della parete cellulare.

Un interessante motivo di studio potrebbe essere la possibilità per i flavonoidi di contrastare, grazie a queste proprietà, l’accumulo di etilene tipico delle colture artificiali, ed in particolare di quelle del genere Passiflora; nelle piante il gas etilene agisce principalmente come ormone della senescenza e dei processi degenerativi.

Tutti i meccanismi citati, riguardanti alcuni dei ruoli fisiologi dei flavonoidi, entrano in gioco in quell’insieme di interazioni biochimiche tra diverse specie vegetali, che prende il nome di allelopatia. Comunemente questo termine viene riferito agli effetti nocivi di una specie di pianta superiore, il donatore, su di un’altra, il recettore, effetti che si manifestano come riduzione di efficienza nella germinazione e nella crescita e che rappresentano un aspetto della competizione tra le specie.

Le interazioni allelopatiche sono determinate dal rilascio nell’ambiente circostante (volatilizzazione, dilavamento, essudazione dalla pianta viva, caduta di frutti e semi) da parte del donatore, di metaboliti secondari fitotossici (sostanze allelochimiche), i quali, per esercitare la loro azione, debbono accumularsi nel suolo in quantità sufficiente e debbono avere sufficiente stabilità per tutto il tempo necessario per manifestare la loro efficacia.

Questo insieme di variabili di difficile previsione, unito all’enorme ampiezza della classe dei composti in oggetto, impediscono molto spesso, di ottenere conclusioni soddisfacenti riguardo al ruolo di allelochimici dei flavonoidi.

Come avviene per tante altre sostanze, questi composti vengono rilasciati dalla pianta nella forma glicosilata protettiva, per poi essere idrolizzati nella forma libera ad attività completa; nel contesto di colture in vitro, in cui si lavora in ambiente asettico, viene meno la

Page 279: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Flavonoidi 277

necessità per la pianta di impiegare i flavonoidi nella difesa da batteri, funghi o insetti, e quindi si potrebbe indagare se l’aumento della disponibilità di questi composti in forma libera, possa risultare un aspetto di utile considerazione. Attualmente, gli studi più recenti hanno dimostrato in modo diffuso, che un certo numero di sostanze fenoliche, tra cui i flavonoidi, quando sono rilasciate da foglie e radici in forma libera nell’ambiente circostante, possono avere un effetto inibitorio sia sulla germinazione dei semi, sia sul processo di crescita delle piante presenti nello stesso ambiente; esistono casi in cui questa azione si verifica perfino sulla pianta stessa che li ha prodotti, in condizioni di espianto in ambienti chiusi o caratterizzate da elevata densità di specie vegetali, come autoinibizione protettiva.

Tra i vari meccanismi implicati in questi fenomeni, oltre alla regolazione dell’auxina, è stata studiata anche la possibilità per i flavonoidi, di agire come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa e quindi ridurre la produzione di ATP.

Per quanto riguarda la composizione dell’ambiente di coltura, i flavonoidi possono inoltre influenzare l’assorbimento di ferro, alluminio, manganese, legandoli al posto del fosfato, che di conseguenza risulta più disponibile in forma libera. La prevalenza di carica negativa, oltre che per i siti di assorbimento anionico, può esercitare la sua azione anche sul campo elettrico trasmembrana, che regola il trasporto attivo di nutrienti nelle cellule delle radici; il passaggio nel citoplasma, infatti, sarebbe inibito tramite un meccanismo di depolarizzazione.

Conclusioni I flavonoidi sono tra i metaboliti secondari più diffusi tra le specie

vegetali, e le proprietà descritte mettono in evidenza ancor più il significato evolutivo di queste sostanze.

La biosintesi di questi composti è nelle piante un processo ampiamente controllato e regolato a livello cellulare, per garantire la piena funzione della forma attiva, senza possibilità di danno per il tessuto di origine. Gli unici fenomeni di accumulo su cui si potrebbe

Page 280: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

278 Camorani M.

indagare, riguardano lo ione ammonio nelle prime vie biosintetiche e i derivati chinonici nel catabolismo ossidativo.

Il ruolo di allelochimici dei flavonoidi è caratterizzato prevalentemente dall’azione inibitoria sulla germinazione e sulla crescita di piante presenti nello stesso ambiente, che si realizza tramite vari meccanismi, comuni per lo più a tutta questa ampia classe di composti.

Nell’ambito delle tecniche di coltivazione artificiali, risulta importante anche il controllo dell’influenza dei flavonoidi sulla composizione del mezzo di coltura, con particolare attenzione ai nutrienti assorbiti mediante siti anionici o trasporto attivo transmembrana. Bibliografia 1. Gregory, D.,Driebe, M., Whitham, T.G. 1998. Indirect interactions

mediated by chanching plant chemistry: beaver browsing benefits beetles, Ecology, 79.

2. Lin, L.J., Peiser, G., Ying, B.P., Mathias, K., Karasina, F., Wang, Z., Itatani, J., Green, L., Hwang, Y.S., 1995. Ientification of plant growth inhibitori principles in Ailanthus altissima and Castela tortuosa. J. Agric. Food Chem., 43(6): 1708-1711.

3. Torssell, K.B.G. 1997. A mechanistic, biosynthetic and ecological approach, apotekarsociteten, Natural Product Chemestry.

Page 281: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

279

Profilo metabolico dei composti bioattivi del cardo mariano (Silybum marianum (L.) Gaertn.)

Ferracane R., Graziani G., Gallo M., Fogliano V., Ritieni A. Dipartimento di Scienza degli Alimenti. Università di Napoli “Federico II”, Portici, Napoli. E-mail: [email protected] Riassunto

Il Silybum marianum (L.) Gaertn. (Asteraceae) è largamente utilizzato per il trattamento delle malattie del fegato. La componente bioattiva di questa pianta è rappresentata dal complesso della silimarina (una miscela di flavolignani noti) e una frazione chimicamente non caratterizzata, contenente per la maggior parte composti polifenolici. Lo scopo di questo studio è stato l’ottenimento del profilo metabolico di questa pianta mediante cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) con ionizzazione electrospray (ESI) a la caratterizzazione dei composti polifenolici non ancora noti. Abstract

Silybum marianum (L.) Gaertn. (Asteraceae) is largely used to treat liver disorders. The bioactive component of this plant is silymarin (a mixture of note flavolignans) and a chemically undefined fraction containing mostly polyphenolic compounds. The aim of this study was to obtain the metabolic profile of this plant using liquid chromatography coupled to mass spectrometry in tandem mode (LC/MS/MS) with electrospray ionization (ESI) and the characterization of unknown phenolic compounds .

Page 282: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

280 Ferracane R. et al.

Introduzione Il cardo mariano (Silybum marianum L. Gaertn. ) è una pianta della

famiglia delle Asteracee utilizzata nella medicina popolare da più di 2000 anni principalmente per il trattamento delle malattie epatiche (epatiti, ittero, cirrosi) e per proteggere il fegato dall’avvelenamento causato da tossine, agenti chimici e dall’alcol (Morazzoni e Bombardelli, 1995).

La componente bioattiva di questa pianta è rappresentata dalla silimarina, contenente flavolignani (70-80 %), e una frazione chimica non completamente caratterizzata costituita per la maggior parte da polifenoli (20-30%). Il più abbondante flavolignano è la silibina, presente in due forme isomeriche: silibina A (SBA) e silibina B (SBB). Sono anche presenti l’isosilibina A (ISBA), l’isosilibina B (ISBB), la silicristina (SC), la silidianina (SD) e il flavonoide taxifolina (Šimánek et al., 2000; Křen e Walterová, 2005).

Recentemente la silimarina sta ricevendo attenzione non solo per i suoi effetti epatoprotettivi ed antiossidanti, ma anche per l’attività antitumorale, ipocolesterolemica, neuroprotettiva e cardioprotettiva (Křen e Walterová, 2005).

L’analisi del complesso delle silimarine nel cardo mariano è generalmente eseguita con l’utilizzo di metodiche di analisi HPLC e cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa (LC/MS) (Ding et al., 2000; Zhao e Chen B, 2005). Il primo obiettivo di questo lavoro è stato la messa a punto di un metodo di analisi della componente bioattiva utilizzando la spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS). E’ stata anche caratterizzata la componente polifenolica non ancora identificata, evidenziando la presenza di alcuni composti non ancora riportati in letteratura.

Oltre all’estrazione convenzionale con l’utilizzo di una soluzione metanolica come riportato in letteratura (Zhao e Chen B, 2005), sono state anche valutati tre estratti supercritici ottenuti con l’utilizzo della CO2 allo stato supercritico.

Page 283: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sylibum marianum 281

Materiali e metodi

Materiali I reagenti ed i solventi sono stati acquistati dalla Merck (Germania)

e sono di grado analitico o HPLC. Gli standard di acido caffeico, acido clorogenico, apigenina. e taxifolina sono stati forniti dalla Sigma ( Milano, Italia). L’acido dicaffeilchinico (cinarina) e l’acido dicaffeiltartarico (ac.cicorico) sono stati acquistati alla ChromaDex (Laguna Hills, CA, USA). I frutti essiccati taglio filtro di Silybum marianum da agricoltura biologica sono stati forniti da Bioplanta (Irsina, Matera).

Estrazione Estrazione convenzionale dei campioni

3 g di campione sono stati estratti con 30 mL di metanolo. Il campione è stato posto in un bagno ad ultrasuoni a temperatura ambiente per 30 minuti, centrifugato a 4000 rpm, a 4°C, filtrato con carta da filtro Whatman (Inghilterra) e quindi analizzato.

Estrazione dei campioni con fluidi supercritici

L’estrazione supercritica è stata eseguita utilizzando un sistema Spe-ed SFE, modello 7020 / 690 bar Applied Separations, Allentown, PA, USA. 34 g di campione sono stati estratti in un vessel di acciaio con un volume di 50 mL. Stati ottenuti tre differenti estratti : SFE I a pressione di 90 bar, SFE II a pressione di 200 bar, SFE III a pressione di 200 bar e con l’utilizzo di metanolo come co-solvente. Nelle tre estrazioni la temperatura è stata fissata a 45°C e il flusso del fluido supercritico è stato fissato a 1 L/min di gas.

Page 284: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

282 Ferracane R. et al.

Determinazione dell’attività antiossidante La misura dell’attività antiossidante è stata determinata mediante il

metodo dell’ABTS utilizzando uno spettrofotometro UV/VIS Perkin Elmer Lambda 10 (Pellegrini et al., 2003).

Analisi LC/MS/MS

La separazione cromatografica è stata ottenuta usando due

micropompe Serie 200 (Perkin Elmer, Canada), un rivelatore UV/VIS Serie 200 (Perkin Elmer, Shellton, USA) e una colonna Prodigy ODS3 100 Å, 250x4.6 mm, 5 µm (Phenomenex, CA, USA). Sono state usate le seguenti fasi: A acqua 0.2% acido formico; B CH3CN/MeOH (60:40 v/v). Il gradiente era il seguente: 20-30% B (6 min), 30-40% B (10 min), 40-50% B (5 min), 50-90% B (11 min) per poi tornare in 3 minuti alle condizioni iniziali, ad un flusso costante di 0.8 mL/min. Le analisi di spettrometria di massa sono state eseguite utilizzando uno spettrometro di massa API 3000 triplo quadrupolo (Applied Biosystems, Canada) equipaggiato con una sorgente TurboIonspray ad una temperatura di 400 °C. Le analisi per ottenere informazioni sui metaboliti presenti sono state eseguite in IDA (information dependent acquisition) nel range 50-1100 amu nella modalità degli ioni positivi. Una volta identificati i metaboliti sono stati analizzati in MRM (multiple reaction monitoring) .

Risultati e discussione Informazioni preliminari sui composti polifenolici presenti sono

state ottenute utilizzando l’IDA, un tipo di analisi che fornisce contemporaneamente un’acquisizione in scan con informazioni sul peso molecolare dei metaboliti presenti e uno spettro MS/MS degli ioni estratti. I metaboliti sono poi stati identificati in base al loro peso molecolare, al pattern di frammentazione e al confronto del loro tempo di ritenzione (tR) e spettro UV a 280 nm con quello degli standards (per l’acido caffeico, acido clorogenico, acido cicorico, cinarina, apigenina e taxifolina). Le silimarine sono state identificate in base al

Page 285: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sylibum marianum 283

rapporto massa carica (m/z), alla frammentazione caratteristica (Kim et al, 2003) e l’assorbimento UV. Nella tabella 1 sono riportati i composti polifenolici identificati, il tR, il peso molecolare e la frammentazione ottenuta. Dai dati ottenuti emerge sia la presenza di composti già noti per il cardo mariano come il complesso delle silimarine, ma anche di composti non ancora riportati come l’acido caffeico, l’acido clorogenico, la cinarina, l’acido cicorico e l’apigenina. Al tempo di ritenzione di 15.58 min, in IDA, si osserva un picco con peso molecolare e frammentazione caratteristici della catechina, anche se il tR non corrisponde né a quello della catechina, né a quello dell’epicatechina. Tabella 1. Composti fenolici identificati.

Composto tR (min)

[MH]- m/z

frammenti MS/MS m/z

Acido clorogenico 7.47 353 191 Acido caffeico 10.16 179 135 Taxifolina 15.20 303 285; 217;179 Cinarina 15.00 515 353; 191 Catechina 15.58 289 245 Acido cicorico 17.11 473 311; 293;149 Silicristina (SC) 19.69 481 463; 453; 437; 301 Silidianina (SD) 20.61 481 463; 453; 437; 301 Silibina A (SBA) 25.01 481 463; 453; 437; 301 Silibina B (SBB) 25.22 481 463; 453; 437; 301 Isosilibina (ISBA+ ISBB) 26.39 481 463; 453; 437; 301 Apigenina 27.00 269 151

Page 286: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

284 Ferracane R. et al.

Questo dato da indagare ulteriormente fa ipotizzare la presenza di un composto appartenente alla famiglia delle catechine.

L’estrazione con fluidi supercritici (SFE) presenta diversi vantaggi: fornisce estratti più selettivi rispetto a quelli convenzionali, più stabili e non è tossica. Non sono ancora riportati dati in letteratura sull’utilizzo di tale metodica per l’estrazione dei componenti bioattivi del cardo mariano. Dai dati ottenuti risulta che l’estratto più ricco della componente bioattiva è quello metabolico.

Per quanto riguarda gli estratti supercritici, l’estratto SFE I e SFE II presentano solo tracce di alcuni polifenoli (principalmente silimarine e acido clorogenico), mentre l’estratto SFE III, ottenuto in presenza del co-solvente, è il più ricco anche se il suo contenuto di fenoli totali è circa 20 volte inferiore a quello dell’estratto metanolico. Nella tabella 2 è riportata la capacità estrattiva dei due metodi per i vari metaboliti, espressa come % di metabolita estratto, attribuendo il 100% al valore più elevato. Infine è stata valutata l’attività antiossidante degli estratti ottenuti utilizzando il saggio dell’ABTS che misura l’intensità della decolorazione di una soluzione di cromogeno radicalico da parte dei metaboliti antiossidanti. L’attività antiossidante è stata espressa come µmoli trolox per 100 grammi di prodotto (Tab. 3). Dai dati ottenuti emerge un’elevata attività antiossidante dell’estratto metanolico, notevolmente superiore a quella degli estratti supercritici, in accordo con i dati ottenuti dall’estrazione. Tabella 2. Capacità estrattiva dei composti fenolici dei diversi metodi utilizzati espressa in % Metabolita Estratto metanolico Estratto SFE III Acido caffeico 100 25.30 Acido clorogenico 100 0.20 Cinarina 100 0.45 Acido cicorico 100 5.40 Taxifolina 100 6.30

Page 287: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sylibum marianum 285

Apigenina 100 15.40 Silibina A+B 100 1.60 Isosilibina A+B 100 12.40 Silicristina 100 0.70 Silidianina 100 1.98 Polifenoli totali 100 4.80

Tabella 3: Attività antiossidante dei diversi tipi di estratti Tipo di estratto µmoli trolox/100g MeOH 148.3 SFE I 6.6 SFE II 3.8 SFE III 35.7 Conclusioni

I risultati di questo studio hanno consentito un’analisi di

spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) dei componenti bioattivi del Silybum marianum e la caratterizzazione di alcuni metaboliti (acido caffeico, acido clorogenico, acido cicorico, cinarina e apigenina) non ancora identificati. Il confronto fra l’estrazione convenzionale e quella supercritica ha evidenziato che solo nell’estratto supercritico ottenuto con l’utilizzo di co-solvente sono presenti i composti polifenolici d’interesse, ma in quantità molto inferiori all’estratto metanolico (circa venti volte di meno). Questi dati sono confermati anche dal potere antiossidante dei vari estratti, che risulta essere molto più elevato per l’estratto convenzionale.

Page 288: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

286 Ferracane R. et al.

Bibliografia 1. Morazzoni, P., Bombardelli, E. 1995. Silybum marianum

(Carduus marianus). Fitoterapia 64:3-42. 2. Šimánek, V., Křen, V., Ulrichová, J., Vičar, J., Cvak, L. 2000.

Silymarin: What is in the name? Hepatology 32: 442-443. 3. Křen, V., Walterová, D. 2005. Silybin and Silymarin – New

effects and applications Biomed. Papers 149 (1): 29-41. 4. Ding. T., Tian. S., Zhang. Z., Gu. D., Chen. Y., Shi. Y., Sun, Z.

2000. Determination of active component in silymarin by RP-LC and LC/MS. Journal of Pharmaceutical and Biomedical Analysis 26: 155-161.

5. Zhao, Y., Chen, B. 2005. Simultaneous determination of abietane-type diterpenes, flavolignans and phenolic compounds in compound preparations of Sylibum marianum and Salvia miltiorrhiza by HPLC-DAD-ESI MS. Journal of Pharmaceutical and Biomedical Analysis 38: 564-570.

6. Pellegrini, N., Del Rio, D., Colombi, B., Bianchi, M., Brighenti, F. 2003. Application of the 2,2'-Azinobis(3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonic acid) Radical Cation Assay to a Flow Injection System for the Evaluation of Antioxidant Activity of Some Pure Compounds and Beverages. J. Agric. Food Chem. 51(1): 260-264.

7. Kim, N., Graf, T., Sparacino, C., Wani, M, Wall, M. 2003. Complete isolation and characterization of silybins and isosilybins from milk thistle (Sylibum marianum). Org. Biomol. Chem.1: 1684-1689.

Page 289: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

287

La rivalutazione della frassinicoltura per la produzione di manna come prodotto officinale

Galati A., Migliore G., Scaffidi Saggio C. Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro-Forestali, Università degli Studi di Palermo, Palermo Riassunto

La produzione di manna da frassino oggi sopravvive in una ristretta

area del comprensorio madonita nei comuni di Pollina e Castelbuono in provincia di Palermo. Si tratta di un prodotto naturale, estratto per incisione da due specie di frassino, fraxinus ornus e Fraxinus augustifolia, ed utilizzato fin dall’antichità per le sue molteplici proprietà officinali. Da alcuni decenni la frassinicoltura da manna sta attraversando una profonda crisi correlata al mancato ricambio generazionale, ad un’offerta insufficiente a soddisfare la domanda del mercato rivolta quasi esclusivamente verso le produzioni di qualità ed a una scarsa attenzione da parte dell’Amministrazione pubblica verso un comparto che presenta molteplici peculiarità positive. Infatti, al di la del ruolo paesaggistico del frassino, emerge l’importanza del suo prodotto, la manna, per le sue utilizzazioni in campo farmaceutico, alimentare e cosmetico, settori questi che lasciano intravedere buone possibilità per il rilancio della coltura. Il presente lavoro vuole fornire un contributo al riconoscimento del ruolo che il comparto frassinicolo potrebbe svolgere nelle aree attuali di produzione al fine da impedire la completa estinzione di una coltura e del suo prodotto di estremo valore paesaggistico, economico e antropico unico nel contesto mondiale.

Page 290: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

288 Galati A. et al.

Abstract

Manna production still exists in a limited area of “Madonie” mountain, around the villages of Pollina and Castelbuono in the province of Palermo. Manna is a natural product, obtained from harvest of two different species of Ash Tree, Fraxinus ornus and Fraxinus angustifolia, by incision of their stems. It has been utilised for centuries for its various officinal properties. In the last decades Manna Ash Tree cultivation has been going through a deep crisis, due to a lack of generation replacement, to a supply which is inadequate to satisfy the demand of a market deeply oriented to quality production and, in the end, due to a lack of attention by public administration. Nevertheless, the cultivation of the Manna Ash Tree ought to be preserved because of its environmental significance: the activity is a barrier against territorial and landscape deterioration in the “Madonie”. But putting aside this important role played by this tree in the “Madonie” environment, the importance of its product is apparent for its uses in medicinal, food and cosmetic fields. The demand of Manna for several uses in these sectors indicates potentially good perspectives for an economic revival of the cultivation. This paper aims to provide a contribution to the recognition of the role which this sector might play in the Madonie area in avoiding the loss of a unique woodland heritage as to landscape, economic and human value. Introduzione

La frassinicoltura da manna è oggi localizzata in un ristretto areale

del comprensorio madonita nei territori di Pollina e Castelbuono in provincia di Palermo che rimangono custodi di un patrimonio naturalistico di inestimabile valore, unico al mondo.

La superficie interessata dalla coltivazione del frassino ha evidenziato nel secolo scorso un processo di progressiva regressione legata principalmente all’immissione sul mercato della mannite sintetica che ha determinato una brusca caduta del prezzo della manna

Page 291: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltura del frassino per la produzione della manna 289

da frassino ed una sostanziale contrazione della superficie che oggi risulta di circa 250 ettari prevalentemente abbandonati.

Obiettivo del presente lavoro è quello di fornire un contributo concreto al riconoscimento del ruolo multifunzionale della coltivazione del frassino da manna nelle aree tradizionali di produzione al fine di impedire l’estinzione di una coltura e del suo prodotto che per anni ha rappresentato una importante fonte di sostentamento per numerose famiglie contadine oltre ad avere un indiscutibile ruolo paesaggistico e di salvaguardia del territorio. L’attività del Consorzio tra i produttori di manna

Al fine di potenziare il comparto della frassinicoltura da manna nel

1957 è stato istituito1 il Consorzio obbligatorio tra i produttori di manna del territorio della Regione Siciliana2, i cui fini erano anzitutto quello di equilibrare l’offerta con la domanda del mercato provvedendo alla collocazione del prodotto presso l’industria di trasformazione quindi, promuovere la manna ed i suoi derivati, l’innovazione delle tecniche di coltivazione e di raccolta per il miglioramento qualitativo delle produzioni ed il potenziamento dell’industria di trasformazione.

Nel 2004 sono stati conferiti al Consorzio circa 84 quintali di manna dei quali il 44,4% è “manna lavorazione tipo Pollina”, il 34,6% “manna drogheria”, il 19,9% “manna lavorazione tipo Castelbuono” e l’1,1% è “manna tipo Cannolo”, quest’ultima costituisce la parte qualitativamente più pregiata. Un’analisi temporale evidenzia un andamento altalenante dei quantitativi ammassati e dei rispettivi conferitori; dal 1958, anno successivo all’istituzione del Consorzio, al 1962 gli ammassi regrediscono passando da 2.936,7 quintali a 16,3 quintali con una conseguente riduzione del numero di soci conferitori che passa 984 a 20, dinamica, questa, legata in primo luogo ai pesanti flussi migratori che determinarono l’abbandono dei frassineti nelle

1 L.R. n.43 del 1957 2 Il Consorzio con L.R. n.4 del 16 aprile del 2003 è stato incorporato all’Ente di Sviluppo Agricolo che è subentrato nelle funzioni e nei rapporti.

Page 292: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

290 Galati A. et al.

zone meno produttive, ma anche ad un’inversione delle tendenze del mercato che vide la flessione della domanda di manna da frassino e l’incremento di quella sintetica che spuntava prezzi più appetibili sul mercato. Nel periodo 1964-70 la situazione sembra migliorare e la quantità ammassata passa da 118,4 quintali a 2.519,8 quintali. A partire dagli anni ’70 il comparto comincia ad attraversare una profonda crisi che ha comportato una riduzione tanto dei quantitativi ammassati che del numero di operatori che nel 2004 risultavano 64; un numero, questo, destinato a contrarsi ulteriormente nei prossimi anni a causa del mancato ricambio generazionale.

Il dato degli ammassi fornito dal Consorzio non è, tuttavia, da ritenere significativo dell’effettiva produzione raccolta difatti la parte della produzione più pregiata qualitativamente (cannolo) viene venduta direttamente dai produttori sul libero mercato in grado di offrire prezzi più elevati rispetto a quelli liquidati per lo stesso prodotto dal Consorzio, di conseguenza a quest’ultimo perviene la parte meno pregiata che trova utilizzazione quasi esclusivamente nell’industria per la produzione di mannite. Negli anni più recenti se gli ammassi sono lievemente cresciuti le vendite del Consorzio sono andate progressivamente diminuendo determinando cospicue giacenze di prodotto in magazzino; tuttavia, un debole segnale di ripresa si può osservare già a partire dal 2000 dovuta forse ad una maggiore attenzione prestata dai consumatori verso gli alimenti naturali biologici.

Al fine di incentivare l’ammasso il Consorzio liquida ai soci una prezzo di anticipazione che viene stabilito annualmente con Decreto dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana che risulta differente per ciascuna delle categorie merceologiche. Nel 2005 con Decreto del 26 ottobre il prezzo di conferimento della manna risulta: 1. manna frassino cannolo 22,0 €/Kg; 2. manna frassino drogheria 13,0 €/Kg; 3. manna frassino lavorazione Pollina 11,0 €/Kg; 4. manna frassino lavorazione Castelbuono 10,0 €/Kg.

Nel corso degli anni il prezzo di conferimento è progressivamente cresciuto rispetto al 2004 si osserva un incremento del 22,2% del prezzo di conferimento per la manna cannolo, dell’11,1% della manna

Page 293: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltura del frassino per la produzione della manna 291

lavorazione tipo Castelbuono, del 4,7% della manna lavorazione tipo Pollina e del 4,0% della manna drogheria evidenziando un crescente interesse dell’amministrazione pubblica verso un comparto dalle forti potenzialità. Inoltre, al fine di incentivare la produzione e l’ammasso presso il Consorzio viene concesso un ulteriore premio di 1,03 €3 per Kg di manna ammassato.

Un prodotto unico al mondo e le sue molteplici proprietà

La manna fuoriesce dalle incisioni praticate sul Frassino, si tratta di un essudato zuccherino costituito principalmente da mannite, acidi organici, acqua, glucosio, levulosio, mucillagini, resine e composti azotati; una composizione qualitativa e quantitativa molto complessa fortemente influenzata dalla zona di provenienza, dall’esposizione, dalle caratteristiche chimico fisiche del terreno, dall’età delle piante e dall’andamento stagionale.

Il prodotto ottenuto viene classificato in quattro categorie merceologiche in relazione alla modalità di raccolta e alla presenza più o meno marcata di impurità: 1. La manna tipo cannolo si forma dal gocciolamento della linfa

lungo la corteccia assumendo un aspetto stalattitiforme. Si tratta della parte più pregiata in quanto risulta quasi totalmente priva di impurità. Negli anni è stato messo a punto un sistema che prevede l’uso da un filo di nylon legato ad una piccola lamina d’acciaio posta sotto l’incisione, esso permette la raccolta ogni due giorni a differenza del metodo tradizionale che avveniva settimanalmente e consente inoltre di ottenere dei cannoli più lunghi quasi totalmente privi di impurità;

2. La manna da frassino “drogheria” (impurità 2%, umidità 7%); 3. La manna da frassino “lavorazione tipo Pollina” (impurità 3%,

umidità 7%); 4. La manna da frassino “lavorazione tipo Castelbuono” (impurità

4%, umidità 7%).

3Art.18 L.R. 24/86.

Page 294: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

292 Galati A. et al.

Fin dai tempi più remoti la manna del frassino ha trovato ampia utilizzazione in campo farmaceutico per le sue proprietà officinali che vengono di seguito sinteticamente riportate; la manna sotto forma di decotto, infuso o in polvere diviene un lassativo benefico che, a differenza di altri prodotti che possiedono le medesime proprietà non irrita la mucosa intestinale. Non va dimenticata la sua azione antirachitica, la capacità di combatte l’insorgere di gastrite e gastroenterite in quanto non determina irritazioni. E’ decongestionante, calmante delle bronchiti croniche, faringiti, laringiti e tonsilliti. Usata nella cosmesi per la capacità di rendere la pelle liscia e morbida. Le foglie sotto forma di decotto, infuso o sciroppo possiedono un effetto antireumatico, antigottoso, diuretico e purgativo, capacita che possiedono anche i semi e i frutti. Anche la corteccia del fusto e della radice possiedono delle qualità, la prima sotto forma di decotto o in polvere è un febbrifugo, mentre la seconda di purgativo sotto forma di decotto. Una fonte di reddito alternativa: il caso di un’azienda leader

Ai fini dell’analisi strutturale e della gestione economica è stata

effettuata un’indagine diretta su un’azienda frassinicola leader nel comparto ricadente nel Comune di Pollina, in provincia di Palermo; si tratta di un’impresa coltivatrice, estesa poco più di mezzo ettaro, che adotta il metodo di raccolta innovativo che le consente di ottenere un prodotto qualitativamente superiore a quello ottenuto tradizionalmente e che le ha permesso di conquistare non solo il mercato nazionale ma anche due importanti mercati esteri, quali quello giapponese e tedesco. La produzione unitaria risulta approssimativamente di 350 Kg di manna, per il 50% costituita dal cannolo, per il 36% dalla manna drogheria e per il restante 9% dalla manna lavorazione tipo Pollina. Quest’ultima rappresenta la parte più ricca di impurità e viene destinata al Consorzio, mentre la parte più pregiata qualitativamente viene confezionata in pacchettini da 50 grammi, direttamente in azienda, e venduta ai consumatori, presso un proprio punto vendita, oltre che ai dettaglianti.

Page 295: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltura del frassino per la produzione della manna 293

Il primo indicatore economico calcolato è la Produzione Lorda Vendibile che, per l’azienda rilevata, risulta superiore a 22,6 mila euro, la quota più rilevante proviene dalla vendita della manna tipo cannolo ai dettaglianti, 42% della PLV, il 37% dalla manna tipo cannolo venduta direttamente ai consumatori, il 18% è manna in sorte, mentre soltanto il 3% deriva dal prezzo di anticipazione concesso dal Consorzio.

Per poter determinare il margine lordo aziendale si è proceduto al calcolo dei costi impliciti ed espliciti, direttamente legati alle pratiche colturali del frassineto, suddividendo gli stessi in quattro categorie: spese varie, quote, salari e imposte. Tra le spese varie rientrano l’ acquisto di carburante e lubrificante, etichette, sacchetti e occhielli in ottone e le spese per la spedizione. Complessivamente i costi unitari ammontano a 6,5 mila euro così distribuiti percentualmente: 67% salari, 14% spese varie, 12% imposte e 7% quote. I dati disponibili hanno, così, consentito di determinare il margine lordo aziendale che è risultato di 16,1 mila euro. E’ da sottolineare che il risultato non si riferisce ad un’azienda che rientra nell’ordinarietà la stessa, tuttavia, può costituire un imput per i giovani imprenditori affinché gli stessi tendano a rivitalizzare una coltura che presenta oltre che un grande valore naturalistico anche uno spiccato valore economico. Programmi comunitari e regionali per il potenziamento del ruolo paesaggistico del Frassino da Manna

Il frassino da manna rimane oggi a testimoniare come il rapporto

tra cultura e natura abbia negli anni non solo soddisfatto la necessità del produrre e di tutelare le risorse ambientali, ma abbia determinato, per la coincidenza di utilità e bellezza, la capacità di rappresentare la memoria, la storia, l’identità di una collettività.

Il paesaggio siciliano è principalmente caratterizzato, anche in termini di superficie, dal paesaggio agrario in parte formato dalla componente delle colture tradizionali4, tra cui il frassino per la produzione della manna. 4 Cappero, nocciolo, pistacchio, mandorlo, carrubo e frassino da manna.

Page 296: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

294 Galati A. et al.

Questo paesaggio è però da alcuni anni soggetto a degrado, abbandono, modificazione e in taluni casi cancellazione.

Da qualche tempo, inoltre, si è diffusa una maggiore sensibilità anche a livello comunitario, soprattutto a partire dalla Convenzione Europea del Paesaggio che guarda con maggiore attenzione ai beni ambientali e culturali e quindi esemplarmente al paesaggio; ma anche la politica agricola europea ha guardato con crescente attenzione ai paesaggi agrari tradizionali come esito dell’incontro tra storia e cultura locale, promuovendo nuova attenzione verso la conservazione dello spazio rurale attraverso la sua rivitalizzazione.

In modo particolare, relativamente alla regione Siciliana, alcune azioni del PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2000-2006 includono il paesaggio tra i valori da tutelare; sono state attivate specifiche misure ed azioni tra cui, l’azione F3 “Ricomposizione e/o mantenimento del paesaggio agrario tradizionale, di spazi naturali e seminaturali” che consente di salvaguardare gli elementi caratteristici del paesaggio agrario e di mantenere le colture tradizionali difendendole anche dagli incendi la cui diffusione è favorita dall’abbandono delle cure colturali.

Al Frassino da manna, oltre che dalle politiche paesaggistiche ed agricole, particolare attenzione viene anche data dal Piano Territoriale del Parco Naturale delle Madonie, nel quale all’art. 25, vengono tutelate le «attività agricole tradizionali e incentivate le azioni conservazionali degli agricoltori a favore di un equilibrato rapporto con le risorse ambientali e della tutela del paesaggio, e dispone provvidenze per attività ecocompatibili tese al miglioramento del reddito e della produttività di cui ai punti seguenti».

In attuazione del disposto del 9° e 10° comma dell'Art. 7 L.R. 98/81 e successive integrazioni, inoltre, il Piano territoriale ha individuato nel Parco Naturale Regionale alcuni areali da privilegiare per la promozione della messa in valore delle risorse locali, con particolare riguardo alla salvaguardia del paesaggio che in queste aree è affidata soprattutto al mantenimento dei soprassuoli, fra cui in particolare la coltura del frassino da manna (comuni di Castelbuono e Pollina).

Page 297: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltura del frassino per la produzione della manna 295

Punti di forza e di criticità della frassinicoltura Lo studio realizzato ha consentito di delineare il quadro del

comparto della frassinicultura da manna oggi ricadente in un ristretto lembo del territorio madonita, evidenziando le peculiarità positive e le principali problematiche, aspetti sui quali intervenire per impedire la perdita di una coltura, e del suo prodotto, di estremo valore naturalistico, economico e antropico, unica nel contesto mondiale.

Tra i principali problemi che affliggono il comparto, il primo ed il più importante, riguarda la forte senilizzazione dei produttori, dovuta al mancato ricambio generazionale. I giovani hanno infatti mostrato uno scarso interesse verso tale coltura determinando negli anni l’abbandono di una quota rilevante delle superfici vocate ma soprattutto delle tradizionali tecniche di coltivazione e di raccolta.

Altro aspetto riguarda le problematiche connesse alla commercializzazione. La domanda del mercato è crescente ma solo per i prodotti di qualità, questo dovrebbe indurre la gran parte dei produttori ad adottare tecniche di raccolta innovative in grado di fornire un prodotto quanto più possibile privo di impurità che troverebbe più facilmente nuovi mercati di sbocco.

Il contributo del Consorzio, che avrebbe dovuto essere fondamentale per il rilancio della coltura, e per superare le profonde crisi del mercato, si è limitato quasi esclusivamente, anche per le esigue risorse finanziarie a disposizione, alla concentrazione del prodotto, tralasciando altri aspetti di vitale importanza per il comparto, quali la valorizzazione e la promozione.

A fronte di queste problematiche la frassinicoltura da manna presenta molteplici peculiarità positive. Anzitutto si caratterizza per un elevato valore naturalistico e paesaggistico, trovando ampia diffusione per la risoluzione dei problemi di dissesto idrogeologico. Il suo prodotto, la manna, trova ampia utilizzazione in campo alimentare, farmaceutico e cosmetico, settori, questi, che lasciano intravedere ampie possibilità per il rilancio della coltura, anche in considerazione dei cambiamenti delle preferenze dei consumatori che si sono indirizzate verso le produzioni naturali di qualità.

Se fino a qualche decennio fà la coltivazione del frassino non poteva di certo considerarsi autonoma economicamente fornendo solo

Page 298: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

296 Galati A. et al.

dei redditi integrativi, l’analisi realizzata in questo studio su un’impresa leader nel comparto, dimostra come la produzione di manna può risultare economicamente valida a condizione che gli imprenditori si indirizzeranno verso l’ottenimento di prodotti di qualità per i quali, come già detto, sussiste una forte domanda. Conclusioni

L’analisi del comparto ha evidenziato come la frassinicoltura da

manna risponde integralmente alle esigenze di un’agricoltura multifunzionale in quanto coniuga agli aspetti produttivi quelli immateriali legati al paesaggio, alle attività culturali, ricreative ed ambientali. Da diversi anni, infatti, il concetto di multifunzionalià dell’agricoltura ha trovato ampio spazio nelle politiche volte allo sviluppo dei sistemi economici locali, con la riforma della politica agricola comune del 2003 è cresciuto l’interesse verso le zone rurali, la stessa politica di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 è indirizzata verso la diversificazione dell’economia rurale, il miglioramento della competitività dell’attività agricola e silvicola, l’ambiente e il paesaggio rurale.

Le linee di azione da seguire sono diverse. Innanzitutto, si dovrebbe puntare verso il miglioramento qualitativo delle produzioni, in modo da rispondere alle esigenze dei consumatori sempre più attenti agli aspetti salutistici; la formazione professionale dei giovani imprenditori diviene condizione necessaria per impedire l’oblio delle tradizionali tecniche di coltivazione e di raccolta. Si dovrebbe valorizzare e promuovere la manna e le sue proprietà officinali, ancora poco conosciute. La creazione di un distretto agro-alimentare di qualità per la manna è auspicabile trattandosi di un prodotto strettamente legato al territorio, tipico e significativamente importante non solo nel contesto regionale ma soprattutto mondiale. Queste sono solo alcune delle direttrici da seguire per assicurare il rilancio della frassinicoltura da manna nelle Madonie, è evidente che non è sufficiente l’impegno dei singoli imprenditori ma diviene necessario un intervento tangibile dell’Amministrazione pubblica.

Page 299: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltura del frassino per la produzione della manna 297

Ringraziamenti

Questo lavoro è realizzato con fondi del Consorzio di Ricerca Bioevoluzione Sicilia (BES) nell’ambito di una convenzione stipulata con il Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Palermo. Il contributo individuale degli autori può essere così enucleato: Antonino Galati ha redatto i paragrafi 1, 2 e 6; Giuseppina Migliore ha redatto il paragrafo 5; Cesare Scaffidi Saggio ha redatto i paragrafi 3 e 4. Le considerazioni conclusive sono state redatte congiuntamente dagli autori.

Bibliografia 1. Cane, A. 1989. Indagine sull’area colturale, sul patrimonio arboreo

e sugli aspetti produttivi della frassinicoltura maronita. Sviluppo Agricolo, anno XXIII 2: 37-48

2. Crescimanno, F.G., Dazzi, C., Fatta del Bosco, G., 1991. Aspetti agro-ecologici della frassinicoltura da manna in Sicilia: l’albero ed il suo ambiente. Arti grafiche Siciliane (Ed.) Palermo, Italia.

3. Crescimanno, M., Di Marco, S. 2003. La frassinicoltura da manna : una risorsa naturale della Sicilia per lo sviluppo locale integrato delle Madonie. Sicilia Foreste. Anno X, 35/36: 50-55.

4. Manzella, S. 2005. La manna del frassino delle Madonie, una dolcezza poco conosciuta. Vita in campagna 5: 74-75.

5. Oieni, S. 1953. Il Frassino da manna in Sicilia. Rivista Monti e Boschi. Edagricole.113-123.

6. Regione Siciliana, Assessorato Agricoltura e Foreste. Piano di sviluppo rurale Regione - Zona geografica obiettivo 1.

7. Regione Siciliana, Assessorato Agricoltura e Foreste. Programma Operativo Regionale Sicilia 2000-2006.

Page 300: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

298

Analisi e prospettive della coltivazione di piante officinali in Italia. Prime indicazioni economiche per le aziende agricole Galluzzo N. Dipartimento di Scienze degli alimenti-Unità di ricerca in Economia agro-alimentare-Università degli studi di Teramo, Teramo E-mail: [email protected] Riassunto

Il presente lavoro, dopo aver definito l’evoluzione della superficie coltivata a piante officinali in Italia, in particolare con metodiche biologiche, si è incentrata sull’analisi della redditività derivante dall’applicazione delle azioni previste dal Piano di Sviluppo Rurale, evidenziando in un’azienda agricola, l’impatto dell’introduzione di erbe officinali e delle misure di sostegno.

Abstract

The present research, after having defined evolution of cultivated surface with officinal plants in Italy, in particular through the use of organic methods ,it is concentrated on earning performance analysis that is earned by application of the actions financed by Rural Development Plan, underlining in a farm, object of study, the impact of introduction of officinal plants cultivation and of back-up measures.

Introduzione

La coltivazione delle colture officinali, delle erbe medicinali ed aromatiche ha avuto, in Italia, dall’anno duemila, un notevole incremento, sia come superficie coltivata sia come numerosità di aziende agricole coinvolte (Sinab, 2006). La coltivazione di queste

Page 301: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltivazione di piante officinali in Italia 299

colture richiede, necessariamente, un limitato impiego di fitofarmaci e per questo ha risentito positivamente dello sviluppo e dell’affermazione, in Italia, dell’agricoltura biologica. Molte aziende, infatti, in una prospettiva di migliorare la redditività aziendale, di ampliare il portafoglio dei prodotti offerti e di recuperare superfici agricole a rischio marginalizzazione, hanno cercato di riconvertire la gestione aziendale convenzionale in biologica, introducendo e/o sostituendo, in misura limitata, nuove colture, quali quelle medicinali ed officinali che, purtroppo, si collocano in mercati di nicchia. La presente analisi, in base ai dati rilevati, ha, tra i suoi obiettivi, quello di poter descrivere l’evoluzione che si è registrata, in pochi anni, nella coltivazione di colture di piante officinali in Italia ed, in particolare, nel settore biologico, verificando l’esistenza di una correlazione tra l’incremento della superficie coltivata con colture biologiche e quella coltivata con colture officinali ed, infine, evidenziare in un caso-studio relativo alla convenienza economica delle colture di piante officinali, il ruolo dei finanziamenti erogati dall’Unione europea, per incentivare queste coltivazioni, e quali criticità le imprese agricole devono affrontare per essere competitive sul mercato.

Evoluzione della coltura biologica in Italia e degli impieghi di colture officinali

L’agricoltura biologica ha manifestato in Italia i maggiori livelli di crescita anche se, in questi ultimi anni, in seguito alle modifiche intervenute, in sede di Politica agricola comune, si è registrata una significativa contrazione della superficie coltivata che, tuttavia conferma l’Italia in posizione leader (Tab. 1).

L’analisi dei dati ha evidenziato come l’incidenza della coltivazione di piante officinali sulla superficie totale complessivamente coltivata a regime biologico è inferiore all’1% e, dopo una forte crescita fatta registrare nel 2003, risulta essersi stabilizzata (Fig. 1); i dati disponibili, inoltre, hanno confermato la stretta correlazione positiva che esiste tra Superficie agricola utilizzabile (Sau) coltivata a biologico e la diffusione di colture officinali (r 0.68) ed una correlazione negativa tra Sau in conversione

Page 302: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

300 Galluzzo N.

e la superficie coltivata con piante officinali (r -0.42). L’analisi ha evidenziato come la Sau coltivata con piante officinali, ricorrendo a metodiche biologiche, ha avuto una crescita incostante e fortemente condizionata da elementi esogeni. Tabella 1. Evoluzione della superficie coltivata con piante officinali in Italia e superficie biologica. Anno

Superficie coltivata

con piante officinali

(ha)

Incidenza SAU piante

officinali/Sau biologica totale (%)

SAU biologica in conversione

(ha)

SAU coltivata in biologico

(ha)

1996 222 0.10 - 334.175 2000 1.924 0.18 538.299 502.078 2001 1.538 0.12 513.382 724.258 2002 1.896 0.16 421.701 746.511 2003 3.779 0.36 300.141 751.860 2004 1.689 0.18 246.318 708.043 2005 2.300 0.21 337.910 729.192 Fonte: elaborazioni su dati www.sinab.it

In Italia i dati disponibili hanno evidenziato una forte crescita dei

consumi di medicine alternative e di strutture di vendite specializzate quali le erboristerie con significative conseguenze a livello economico ed occupazionale (Sana, 2005). L’analisi dei dati Istat, attraverso l’aggregato Ateco, inoltre, ha evidenziato un consistente incremento dell’export di prodotti farmaceutici e di prodotti chimici e botanici per uso medicinale dal 1992 al 2006, cui ha corrisposto un indice di fatturato nazionale connesso, sostanzialmente stabile, confermando una correlazione positiva tra le due variabili considerate (Fig. 2).

Page 303: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltivazione di piante officinali in Italia 301

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

4.000

In conversione Biologico Totale

2000 20012002 20032004 2005

Figura 1. Superficie agricola utilizzabile biologica ed in conversione di piante officinali in Italia (Fonte: www.sinab.it)

01-JAN-00 30-JAN-03 01-MAR-06

400 600 800 1000 1200

export totale

50,0

100,0

150,0

indi

ce fa

ttura

to n

azio

nale

indice fatturato nazionale = 56,87 + 0,07 * exporttotaleR-Square = 0,27

Figura 2. Correlazione tra fatturato e export nell’attività manifatturiera di prodotti chimici e botanici per uso medicinale (Fonte: elaborazioni su dati www.con.istat.it)

Page 304: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

302 Galluzzo N.

Analisi economica aziendale e prospettive L’Unione Europea attraverso i Piani di Sviluppo Rurali (PSR),

redatti dalle diverse regioni italiane, ha inteso incentivare, nel periodo programmatorio 2000-2006, la possibilità di riconvertire le produzioni agricole aziendali, attraverso misure specifiche finalizzate alla introduzione di coltivazioni di piante officinali e/o alla riconversione colturale. L’area interna dell’Appennino centrale presenta una molteplicità di strutture poderali di limitate dimensioni e che si collocano in zone nelle quali le erbe officinali e medicinali possono essere coltivate, recuperando superfici aziendali a rischio marginalizzazione, diversificando le produzioni, e generando un elevato effetto imitativo nelle comunità rurali vicine.

L’analisi economica condotta si è incentrata su alcuni parametri molto interessanti ed indicativi, quali la Produzione lorda vendibile, il Reddito netto, il Return on Sale ed il Return on Investiment (Plv, Rn, ROS, ROI); questi ultimi due indici servono per esprimere un giudizio sulla convenienza nell’introduzione di piante officinali ed alla sua coltivazione in azienda. Il caso-studio è costituito da un’azienda di dimensioni inferiori ai 5 ettari, con un ordinamento colturale misto, caratterizzato da coltivazioni arboree e da ampie superfici prative, le quali sono state, ex post, parzialmente, riconvertite alla coltivazione di piante officinali con un livello di redditività aziendale, prima della riconversione colturale, inferiore ai 20.000 euro. L’introduzione delle coltivazioni di piante officinali ha consentito di incrementare i livelli di Plv del 160% e del Reddito netto dell’80% anche se, all’incremento della redditività aziendale, ha fatto seguito, come era lecito attendersi, un incremento dei costi, imputabili a maggiori oneri per la meccanizzazione delle operazioni colturali ed alla scelta di una metodica produttiva biologica che richiede maggiori interventi sulle colture e per la raccolta. Tuttavia, i dati più interessanti sono stati il ROS che si è collocato al valore di 0.89, indice di un buon riscontro in termini di vendite, ed il ROI che si è collocato ad 1,30, rispetto alla situazione ex ante, durante la quale si erano osservati valori inferiori all’unità.

Per poter esprimere un giudizio di convenienza, utilizzando i parametri Plv, Rn, ROS e ROI, ed evidenziare le strategie aziendali

Page 305: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltivazione di piante officinali in Italia 303

migliori da seguire, da parte di un’azienda che intenda introdurre nel proprio ordinamento colturale piante officinali, sono state eseguite diverse simulazioni, tenendo conto di una diversa incidenza dei costi, connessa alle differenti tecniche colturali impiegate, fermo restando, l’attuazione della metodica produttiva biologica, ed all’impiego di manodopera extra aziendale, per la raccolta.

In tutte le simulazioni effettuate, rispetto alla situazione ex ante (Tab. 2), è stato osservato un incremento dei valori di Plv ed un aumento dell’incidenza dei costi in funzione dei diversi livelli di meccanizzazione aziendale impiegata e dell’acquisizione all’esterno di servizi e di strumenti operativi (contoterzismo); le simulazioni A e D, che hanno tenuto conto delle voci analitiche di spesa rilevate con un ricorso esclusivo, per le operazioni colturali, al parco macchine aziendale, hanno fatto rilevare i maggiori risultati in termini di Rn, ROS e ROI. Allorché si proceduto ad una stima delle voci di costo dirette ed indirette, per operazioni colturali e servizi extra aziendali (simulazioni B e C), si sono avuti risultati economici inferiori, con una maggiore incidenza delle spese varie nei noli passivi sostenuti, i quali non compensano la riduzione delle quote sul capitale agrario aziendale presente.

Tabella 2. Analisi della redditività e confronti con altre simulazioni per ettaro.

Simulazioni ex post Parametri Ex

ante A B C D Plv met. biologico (€) 3.550 24.000 24.000 24.000 24.000 Rn met. biologico (€) 782 21.650 14.150 14.450 20.736 ROS met. biologico - 1.02 0.65 0.67 0.97 ROI met. Biologico - 1.22 0.78 0.80 1.16

La disamina dei parametri economici di alcune erbe officinali

considerate (Fig. 3) ha evidenziato come la menta ed il basilico riuscirebbero a garantire una redditività significativa, anche se, nell’area di studio tali colture troverebbero delle difficoltà di

Page 306: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

304 Galluzzo N.

collocazione sul mercato, obbligando l’imprenditore a scegliere altre essenze che hanno una migliore collocabilità sul mercato (lavanda, salvia e rosmarino).

0

20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

120.000

140.000

160.000

180.000

Artemisia Basilico Camomilla Lavandavera

M enta Rosmarino Salvia

Plv Costi RN

Figura 3. Indicatori economici significativi di alcune piante officinali coltivate con metodi biologici. Conclusioni

L’analisi ha evidenziato le buone opportunità economiche offerte

dalla coltivazione di piante officinali per incrementare la redditività aziendale, cui dovrà essere associata una preparazione adeguata del personale ed una modifica radicale del parco macchine, della fitotecnica ed agrotecnica. Le prospettive economiche appaiono abbastanza interessanti per quelle imprese che già presentano un ordinamento colturale caratterizzato dalle coltivazioni di fiori e/o di altre erbacee in pieno campo o in serra, purché si riesca ad avere una produzione superiore a 4,43 q/ha di prodotto fresco. Le erbe officinali consentono di realizzare quegli obiettivi previsti dall’Unione europea,

Page 307: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

La coltivazione di piante officinali in Italia 305

finalizzati a salvaguardare lo spazio rurale e rendere le aziende agricole strutture di presidio e di salvaguardia del territorio, capaci di garantire la multifunzionalità. Per il prossimo periodo programmatorio 2007-2013, sarebbe opportuno che i PSR consentano il finanziamento di interventi specifici di miglioramento fondiario e di riconversione produttiva, il che potrà avvenire solo attraverso una sensibilizzazione, verso tutti i soggetti della filiera, sulle opportunità offerte dalla coltivazione delle piante officinali e da un’adeguata conoscenza e certezza degli sbocchi commerciali, mediante la sottoscrizione di precise intese e contratti di filiera tra produttori e distributori/trasformatori. L’accorciamento della filiera, necessario per contenere i costi produttivi, consentire un più facile accesso al mercato ed una maggiore coesione e scambio reciproco delle informazioni tra tutti i soggetti coinvolti, è rappresentato dal commercio elettronico e dalla diffusione di Internet che, ancora, stenta ad affermarsi nelle aziende che coltivano piante officinali. Dall’analisi, infatti è emerso come solo il 3% delle imprese registrate ed attive, secondo dati Infoimpresa, utilizza il collegamento ad Internet, confermando quanto rilevato per altre produzioni biologiche (Galluzzo, 2005). Tuttavia dai dati è emerso come in Italia su 1.042 imprese del settore delle piante medicinali e officinali, solo 13 ricorrono all’e-commerce, per vendere i loro prodotti; queste aziende si collocano, a macchia di leopardo, in 8 province, prevalentemente, nel centro (2 aziende) e nell’Italia settentrionale (6 aziende). Bibliografia 1. Galluzzo, N., 2005. Analisi economica e georeferenziata delle

nuove opportunità di commercializzazione dell’olio extra vergine biologico. In ”L’agricoltura biologica fuori dalla nicchia Le nuove sfide”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, pp. 1-14.

2. www.sinab.it link biostatistiche, rilevazione 8 agosto 2006. 3. www.sana.it link cartella stampa, 2005, rilevazione 11 luglio

2006.

Page 308: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

306

Il destino metabolico di un substrato: disegno unico o percorsi diversi in vivo ed in vitro?

Piovan A., Filippini R., Caniato R. Dipartimento di Biologia, Università di Padova, Padova E-mail: [email protected] Riassunto

Nell’ambito di una ricerca intesa a verificare attività enzimatiche in colture cellulari di Catharanthus roseus (L.) G. Don, è stata presa in considerazione una serie di substrati di natura flavonoidica con diversi patterns di ossidrilazione. E’ noto dalla letteratura che in vivo, nella via biosintetica dei flavonoidi, i flavoni derivano dai flavanoni e questi ultimi dai calconi (1, 2). I risultati da noi ottenuti indicano, invece, che le colture cellulari di C. roseus sono in grado di biotrasformare i flavonoidi in modo diverso. Infatti in vitro calconi (1-4) e flavoni (5) vengono ridotti a livello del doppio legame in C2-C3; inoltre, quando è presente un gruppo ossidrilico in posizione 2’ non si ha formazione dei rispettivi flavanoni e il flavanone non viene trasformato in flavone. Ciò suggerisce che il trasporto intracellulare può giocare un ruolo importante nel destino metabolico di sostanze esogene in colture cellulari. Abstract

A glucosyltransferase from Catharanthus roseus cell suspension cultures was shown to be able to catalyze the glucosylation of several flavonoids with different hydroxylation patterns. The position of the hydroxyl group in ring A appeared to be not critical for the glucosylation, by contrast, the presence of a glucosyl moiety in 2’ or 4’ inhibited the further glucosylation. Moreover, the suspended cells were able to hydrogenate the C2-C3 double bond of chalcones and

Page 309: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro 307

flavones, the reduced biotransformation products being in turn glucosylated. These results emphasize that whereas the literature data on the biosynthetic pathways of flavonoid classes report that flavone arises from flavanone and flavanone from chalcone, in this case the biotransformation patterns are different. These results suggest that the cell-type intracellular transport may play an important role in the metabolic lot of xenobiotic compounds added to cell suspensions.

Introduzione Le colture di cellule vegetali sono un ottimo sistema biologico per

studiare la funzione e la specificità di enzimi, e un prezioso materiale di partenza per la loro purificazione.

Abbiamo considerato le glicosiltransferasi (GT), una classe interessante di enzimi da studiare per le loro diverse applicazioni. Le GT, infatti, sono oggetto di diversi studi per possibili applicazioni industriali, soprattutto nel settore agroalimentare. Un esempio è la possibilità di sovraesprimere in piante transgeniche GT specifiche per glicosilare erbicidi o loro metaboliti al fine di aumentare la capacità di detossificazione di tali piante, mettendo a punto un sistema "green liver" per le coltivazioni. Va inoltre considerata anche la possibilità di promuovere processi di biotrasformazione di precursori, in alternativa alla sintesi chimica, per l'ottenimento di prodotti di particolare importanza e utilità. Alcuni esempi rappresentativi riguardano diverse categorie di farmaci la cui glicosilazione porta in molti casi non solo al miglioramento delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche ma anche a sostanziali incrementi dell'attività (Keegstra e Raikhel, 2001)

Generalmente una specifica attività enzimatica viene determinata in una coltura cellulare attraverso specifici saggi. Nel caso delle glicosiltransferasi l’attività GTasica è stata valutata in base alla glucosilazione della scopoletina e formazione di scopolina.

E’ noto dalla letteratura che le GT non hanno una specificità assoluta per il substrato e possono essere regiospecifiche e regioselettive per lo zucchero accettore (Canel et al., 2000).

Page 310: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

308 Piovan A et al.

E’ stata quindi studiata la specificità di substrato in riferimento al substrato accettore. A tale scopo sono stati presi in considerazione composti di natura flavonoidica con diverso pattern di idrossilazione. In particolare sono stati utilizzati: 2’-idrossi-calcone (1); 4’-idrossi-calcone (2); 2’-4’-diidrossi-4-metossi-calcone (3); 2’-4’-dimetossi-calcone (4); 5,7-diidrossiflavone (5) e 5,7-diidrossi-flavanone (6) questi ultimi appartenenti ad una classe di composti, i flavonoidi, che hanno un significativo coinvolgimento in vari aspetti della biologia delle piante e che per le loro potenzialità terapeutiche sono un target importante da indagare.

Lo studio è stato effettuato aggiungendo gli agliconi direttamente alle colture cellulari in quanto i composti in esame presentavano scarsa solubilità in acqua e nei solventi organici polari compatibili con l’attività enzimatica.

Materiali e metodi

Sono state utilizzate colture in sospensione di Catharanthus roseus (L.) G. Don, linea cellulare AR-74, mantenuta in mezzo liquido Murashige e Skoog privo di ormoni su agitatore rotante (110giri/min) in camera fitotronica a 25°C, con fotoperiodo di 12 ore (1000 lux) (Piovan et al., 2000).

Ciascun precursore utilizzato (50 mg) è stato solubilizzato in metanolo (2 mL) e aggiunto alla sospensione cellulare (ca. 8 g di cellule in 150 mL di mezzo) all’inizio del ciclo di crescita. Campioni sono stati prelevati dopo 5 e 10 giorni di incubazione. Le cellule sono state separate dal mezzo mediante filtrazione e estratte con acqua/metanolo (50:50) in sonicatore a temperatura ambiente. I campioni sono stati analizzati mediante TLC e HPLC. I prodotti di biotrasformazione sono stati purificati mediante TLC e identificati in base agli spettri UV, NMR e MS.

Page 311: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro 309

Risultati e discussione

Le analisi hanno rilevato che tutti i prodotti di biotrasformazione sono presenti negli estratti cellulari e che non vengono escreti nei mezzi.

Il risultato più interessante si riferisce al fatto che tutti i precursori sono stati completamente biotrasformati per dare non solo composti glucosilati (1a, 2a, 3a/3b, 5a/5b) (Tab. 1), ma anche prodotti di riduzione del doppio legame C2-C3 (diidrocalconi 1b, 2b, 3c e 4a per i calconi, flavanone 5c per il flavone) ed i rispettivi glucosil derivati (1b, 2b, 3d/3e, 5d/5e) (Tab. 2, 3 e 4).

I prodotti di biotrasformazione sono stati identificati mediante spettroscopia UV, NMR e MS. E’ stato così possibile mettere in evidenza che: 1. i glucosidi presentano spettri UV e 1H NMR simili a quelli dei

corrispondenti agliconi, ma sono più polari e insolubili in CHCl3 ; 2. il sito della glucosilazione è stabilito dall’assenza di shift

batocromico negli spettri UV dopo aggiunta di NaOAc (2c, 3b, 3d, 5a, 5d) o AlCl3 (1c, 3b, 3e, 5b, 5e);

3. i diidrocalconi ed i flavanoni presentano spettri UV e 1H NMR molto diversi da quelli dei precursori e i picchi molecolari nello spettro di massa risultano 2 mu più alti di quelli dei corrispondenti precursori;

4. i dati spettrali e di Rf del flavanone 5c sono sovrapponibili a quelli del precursore 6.

La presenza dei prodotti glucosilati è stata confermata anche dall’idrolisi enzimatica degli estratti idrometanolici. E’ risultato così che tutti i prodotti scompaiono e compaiono i precursori originali o i loro corrispondenti prodotti ridotti.

Riguardo ai calconi i dati riportati in tabella 1 mostrano come: 1. la glucosilazione può avvenire sia in 2’ (substrato1) che in 4’

(substrato 2); 2. quando sono presenti due gruppi ossidrilici (substrato 3), si

ottengono solo prodotti mono-glucosilati (3a/3b) (Tab. 1). Analogamente, il flavone 5 e il flavanone 6, che presentano due

ossidrili in 5 e 7, danno solo la coppia di regioisomeri 5a/5b e 5d/5e (Tab. 5), rispettivamente. Risultati analoghi sono stati ottenuti per i

Page 312: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

310 Piovan A et al.

diidrocalconi. Questi dati mettono in evidenza che mentre in letteratura, per la via biosintetica dei flavonoidi, è riportato che il flavone deriva dal flavanone e il flavanone deriva dal calcone (Martens e Mithofer, 2005), in questo caso la sequenza di biotrasformazioni risulta diversa.

Infatti tutti i calconi (1-4) e il flavone 5 vengono ridotti in corrispondenza del doppio legame C2-C3; quando è presente un gruppo ossidrilico in posizione 2’ (substrati 1 e 3) non avviene la formazione dei rispettivi flavanoni; il flavanone 6 non da il flavone (Tab. 4).

Va sottolineato che dopo dieci giorni di incubazione, negli estratti è stata riscontrata la presenza soltanto di derivati glucosilati; viene quindi confermato che la glucosilazione dei composti ridotti è l’ultimo step nel processo di formazione dei prodotti 3d/3e e 5d/5e.

Tabella 1. Glucosilazione di calconi con differente pattern di ossidrilazione nell’anello A.

Cellule in toto Substrato Prodotto

1

A

OOH

B

Glu-O 1aO

2O

HO

RO

R R'Glu H 3aH Glu 3b OOR'

OCH3

3OOH

OCH3

HO

Glu-O

2aO

Page 313: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro 311

Tabella 2. Altre reazioni di biotrasformazione dei composti 1, 2, e 3.

Cellule in toto Substrato Prodotto

OOH 1 RO

RHGlu

1b1c

O

2O

HO

RH 2bGlu 2cO

RO

3OOH

OCH3

HO

R R'H H 3cGlu H 3dH Glu 3e

OOR'

OCH3

RO

Tabella 3. Biotransformazione del calcone 4 privo di ossidrili liberi

Cellule in toto Substrato Prodotto

4OOCH3

OCH3

4aOOCH3

OCH3

Page 314: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

312 Piovan A et al.

Tabella 4. Ulteriori reazioni di biotrasformazione dei composti 5 e 6

Cellule in toto Substrato Prodotto

5

O

OH

HO

O R R'H H 5cGlu H 5dH Glu 5e

O

OR'

RO

O

Tabella 5. Glucosilazione del flavone 5 e del flavanone 6

Cellule in toto Substrato Prodotto

5

O

OH

HO

O

RO

R R'Glu H 5aH Glu 5b

O

OR' O

O

OH

HO

O 6 = 5c

5d

5e

Conclusioni Dati di letteratura (Blume et al., 1979) suggeriscono che il

complesso degli enzimi coinvolti nella biosintesi dei flavonoidi sia associato alle membrane e in particolare a quelle del reticolo endoplasmatico. Nel caso in cui vengano introdotte in colture cellulari, sostanze esogene, come nel caso da noi illustrato, il destino metabolico può risultare completamente diverso. Dai dati preliminari in nostro possesso l’ enzima glucosiltransferasi presente nelle colture cellulari da noi esaminate, potrebbe essere localizzato a livello di parete. Questo spiegherebbe perché il processo di glucosilazione

Page 315: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro 313

risulta nei nostri esperimenti assai rapido. Come già è stato sottolineato questo processo può essere visto come un meccanismo di difesa da parte delle cellule che non riconoscendo il composto come utile al proprio metabolismo, lo rendono più solubile e quindi più facilmente trasferibile all’interno del vacuolo. Questa ipotesi può essere supportata dal fatto che non troviamo i prodotti glucosilati escreti nel mezzo di coltura, bensì all’interno delle cellule. Se in vivo la via biosintetica, prevede il passaggio dei flavanoni a flavoni ad opera degli enzimi FNSI o FNSII, più comune, localizzati a livello di ER (Martens e Mithofer, 2005), la formazione in vitro dei prodotti esogeni ridotti, sarebbe invece il risultato dell’attività di una idrogenasi, localizzata a livello di citoplasma. Bibliografia 1. Keegstra, K, Raikhel, N. 2001. Plant glycosyltransferases. Current

Opinion in Plant Biology, 4: 219-224. 2. Canel, C., Moraes, RM, Dayan, F.E., Ferriera, D. 2000.

Podophyllotoxin. Phytochemistry 54: 115. 3. Piovan, A., Filippini, R., Caniato, R., Dalla Vecchia, F., Innocenti,

G., Cappelletti, E.M., Puricelli, L. 2000. Somatic embryogenesis and indole alkaloid production in Catharanthus roseus. Plant Biosyst. 134: 179-184.

4. Martens, S., Mithofer, A. 2005. Flavones and flavone synthases. Phytochemistry. 66: 2399-2407.

5. Blume, D.E., Jaworski, J.C., McClure, J.W. 1979. Uridinediphosphate-glucose: Isovitexin 7-O-glucosyltransferase from barley protoplasts: Subcellular localization. Planta 199-202.

Page 316: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

314

Sesquiterpeni amari in carciofo (Cynara scolymus L.) ottenuto per micropropagazione e per moltiplicazione

vegetativa

Curadi M.1, Graifenberg A.1, Lucchesini L.1, Pacifici S.1, Giorni I.2

1 Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa 2 Dip. Scienze Farmaceutiche, Università di Pisa, Pisa E-mail: [email protected] Riassunto

La cinaropicrina è un sesquiterpene amaro importante per la qualità del prodotto fresco e degli estratti fogliari del carciofo. Il contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina in piante della varietà “Grato 1“ ottenute in vitro è stato confrontato con quello di piante propagate per carducci. I risultati hanno evidenziato un elevato contenuto di sostanze amare (6.8÷9.6% s.s.), una riduzione del 29% nelle foglie delle piante micropropagate rispetto alle altre.

Abstract

Cynaropicrin is a bitter sesquiterpene important for the quality of artichoke heads and leaf extracts. Artichoke plants “Grato 1“ obtained in vitro and by radical offshoots have been compared for their bitter content expressed as cynaropicrin (% d.w.). Results have shown a high bitter content (6.8÷9.6%), and a reduction of 29% in the leaves of the micropropagated plants.

Introduzione Il carciofo (Cynara scolymus L.) è una Asteracea poliennale

ampiamente coltivata nel Bacino Mediterraneo, e l‘Italia è il

Page 317: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sesquiterpeni amari in carciofo 315

principale produttore nel mondo (FAOSTAT data, 2006). Gli estratti fogliari sono impiegati sia per la preparazione industriale di prodotti farmaceutici ed erboristici standardizzati, ricchi di sostanze polifenoliche antiossidanti (Gebhardt, 1997; Wang et al., 2003; Curadi et al., 2005), sia per l‘estrazione industriale di sostanze amare. Il caratteristico sapore amaro del carciofo è dovuto al contenuto di sesquiterpeni lattonici. Fra questi, la cinaropicrina è quantitativamente preponderante (Schneider e Thiele, 1974; Fritsche et al., 2002; Cravotto et al., 2005), ed oltre ad essere reponsabile di circa l‘80% dell‘amarezza totale degli estratti fogliari del carciofo, possiede attività antilipidemiche e anticancerogene (Cho et al., 2004). Nonostante le sostanze amare presenti negli alimenti di origine vegetale siano spesso eliminate mediante processi industriali o selezione genetica (Drewnowski e Gomez-Carneros, 2000), nel carciofo un certo grado di amarezza è richiesto dal consumatore.

La cinaropicrina è importante per la qualità organolettica del prodotto edule fresco e per la qualità tecnologica degli estratti fogliari usati nella preparazione industriale di liquori amari. Il contenuto di cinaropicrina in C. scolymus L. può variare in dipendenza del genotipo, dello stadio del ciclo, dell‘organo considerato e delle condizioni ambientali di crescita (Schneider e Thiele, 1974; Fritsche et al., 2002; Foster et al., 2006).

Nonostante la propagazione del carciofo avvenga tradizionalmente per via vegetativa utilizzando i germogli radicali (carducci), negli ultimi anni si è andata sviluppando la propagazione in vitro; a tale scopo l‘impiego di varietà tardive sembra offrire un maggiore potenziale di radicazione rispetto alle varietà precoci (Tavazza et al., 2004).

Considerando la carenza di informazioni in letteratura, soprattutto riferite alle varietà italiane di carciofo, lo scopo del presente studio è stato la determinazione, in piante propagate vegetativamente mediante carducci (C) e in piante ottenute per micropropagazione (M), del contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina nelle foglie e nei capolini della varietà tardiva di carciofo “Grato 1“.

Page 318: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

316 Curadi M. et al.

Materiali e metodi

Le piante di carciofo della varietà “Grato1“ ottenute per carducci (C) e per micropropagazione (M) sono state coltivate in campo presso il Centro Sperimentale di Orticoltura del Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, a S.Piero a Grado (Pisa). Le piantine micropropagate, ottenute da colture apicali, sono state trapiantate in campo il 5 Ottobre 2004, a fila singola, con distanze di 90 cm sulla fila. Sia per M che per C, 9 foglie basali sviluppate (giovani) e 9 capolini secondari a maturità sono stati campionati a random il 27 Maggio 2005. I campioni (foglie, brattee interne ed esterne) sono stati ottenuti in 3 replicazioni (n=3), ognuna formata da 3 foglie o 3 capolini provenienti da piante diverse. Dopo essiccamento a 60°C per 8 gg, il materiale è stato finemente macinato e trasferito in contenitori di plastica con tappo. Le sostanze amare del carciofo sono state determinate tramite una forma modificata del metodo alcalimetrico descritto da Schneider e Thiele (1974), confermato recentemente tramite HPLC-DAD (Fritsche et al., 2002). 5 g p.s. di campione macinato, purificati in Soxhlet per 8 ore con 250 ml di etere di petrolio 40°-70°, sono stati estratti in Soxhlet per 30 ore con 250 ml di toluene. L‘estratto è stato ridotto a 80 ml con Rotavapor, e sottoposto a 3 partizioni con 30 ml di NaOH 2%. La fase organica è stata filtrata, e il volume portato a 100 ml. 15 ml di estratto sono stati miscelati con 15 ml di NaOH 0.02N e agitati a 45°C per 5-6 min; in queste condizioni, la cinaropicrina è trasformata nella forma salina idrosolubile. Dopo raffreddamento e separazione delle fasi, 10 ml di fase acquosa sono stati titolati con HCl 0.02N usando fenolftaleina come indicatore. Dato che 1 ml NaOH=6.92 mg di cinaropicrina (Schneider e Thiele, 1974), è stato infine calcolato il contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina (% s.s.). I dati ottenuti (Tab. 1) sono stati sottoposti ad analisi ANOVA, e le medie sono state confrontate mediante test di Duncan (P≤0.05).

Page 319: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sesquiterpeni amari in carciofo 317

Risultati e discussione I dati riportati in tabella 1 mostrano la variabilità del contenuto di

sostanze amare nelle foglie giovani della varietà “Grato 1“. Il massimo contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina è stato osservato nelle foglie giovani delle piante C (9.633% s.s.).

In tutti i tessuti analizzati, la quantità di sostanze amare è risultata inferiore nelle piante ottenute in vitro (Fig.1). La riduzione (%) del contenuto amaro nelle foglie, nelle brattee interne ed esterne in M, rispetto a C, è risultata rispettivamente 29.13%, 7.41% e 6.28%.

Indipendentemente dal metodo di propagazione impiegato, le foglie giovani di “Grato 1“ mostrano un contenuto di sostanze amare maggiore rispetto ai valori disponibili in letteratura, riferiti ad altre varietà di C. scolymus (Schneider e Thiele, 1974) o ad estratti commerciali (Fritsche et al., 2002). Questo fatto può essere dovuto, oltre che alle differenze varietali, anche alle condizioni ambientali nei diversi siti di coltivazione, come già osservato in Cichorium intybus L. (Foster et al., 2006).

Tabella 1. Contenuto di sostanze amare espresso come

cinaropicrina in foglie giovani e in capolini (brattee interne ed esterne) di piante di carciofo var. “Grato 1“ ottenute per carducci (C) e per micropropagazione (M). Le medie (media ± E.S.; n=3) seguite dalle stesse lettere non differiscono significativamente le une dalle altre (P≤0.05)

Sostanze amare espresse come

cinaropicrina (% s.s.) * Grato 1 C – Foglie 9.633±0.238 a Grato 1 M – Foglie 6.827±0.047 c Grato 1 C – Brattee interne 7.603±0.213 b Grato 1 M – Brattee interne 7.040±0.131 bc Grato 1 RS – Brattee esterne 7.487±0.220 b Grato 1 M – Brattee esterne 7.017±0.217 bc

Page 320: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

318 Curadi M. et al.

I dati indicano una consistente quantità di sostanze amare nelle

parti eduli e nelle brattee esterne dei capolini, ossia un diverso pattern di distribuzione da quello riportato da Schneider e Thiele (1974). Anche se la distribuzione della cinaropicrina all‘interno dei tessuti del capolino non ha evidenziato differenze significative fra brattee esterne ed interne sia in M che in C (Tab.1), il contenuto medio per l‘intero capolino è risultato lievemente maggiore nelle piante C (7.54% s.s.) rispetto a quello delle piante M (7.02% s.s.).

I risultati lasciano ipotizzare che le condizioni di crescita durante le fasi della micropropagazione possano interferire con il metabolismo secondario delle plantule determinando un’alterazione dei livelli endogeni delle sostanze amare.

0123456789

10

sost

anze

am

are

espr

esse

com

e ci

naro

picr

ina

(% s

.s.)

Foglie Brattee esterne Brattee interne

CM

Figura 1. Differenze nel contenuto di sostanze amare in piante di carciofo var. “Grato 1“ ottenute per carducci (C) e in vitro (M).

Page 321: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Sesquiterpeni amari in carciofo 319

31Conclusioni Lo studio dei sesquiterpeni amari del carciofo offre interessanti

prospettive sia per i riflessi sulla qualità nutrizionale e organolettica, sia sul piano farmacologico, considerate le molteplici attività biologiche possedute da questo gruppo di sostanze. E‘ necessaria ulteriore sperimentazione al fine di definire metodologie di quantificazione alternative a maggiore risoluzione. Le differenze quantitative trovate in questa indagine preliminare nelle foglie di piante di carciofo ottenuto in vitro e per propagazione vegetativa ci invitano ad approfondire lo studio del contenuto in cinaropicrina in differenti varietà italiane di carciofo, al fine di caratterizzare varietà ad elevato profilo qualitativo. Ringraziamenti

La presente ricerca è stata condotta con il supporto finanziario del MIPAF. Grazie al Dott. Michele Leonardi per l‘assistenza tecnica. Bibliografia 1. Cho, J.Y., Kim, A.R., Jung, J.H., Chun, T., Rhee, M.H., Yoo, E.S.

2004. Cytotoxic and pro-apoptotic activities of cynaropicrin, a sesquiterpene lactone, on the viability of leukocyte cancer cell lines. Eur. J. Pharmacol. 492: 85-94.

2. Cravotto, G., Nano, G.M., Binello, A., Spagliardi, P., Seu, G. 2005. Chemical and biological modification of cynaropicrin and grosheimin: a structure-bitterness relatioship study. J. Sci. Food. Agric. 85: 1757-1764.

3. Curadi, M., Picciarelli, P., Lorenzi, R., Graifenberg, A., Ceccarelli, N. 2005. Antioxidant activity and phenolic compounds in the edible parts of early and late Italian artichoke (Cynara scolymus L.) varieties. It. J. Food Sci. 1 (17): 33-44.

Page 322: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

320 Curadi M. et al.

4. Drewnowski, A., Gomez-Carneros, C. 2000. Bitter taste, phytonutrients, and the consumer: a review. Am. J. Clin. Nutr. 72 (6): 1424-1435.

5. FAOSTAT data, 2006. URL http://faostat.data.org. 6. Foster, J.G., Clapham, W.M., Belesky, D.P., Labreveux, M., Hall,

M.H., Sanderson, M.A. 2006. Influence of cultivation site on sesquiterpene lactone composition of forage chicory (Cichorium intybus L.). J. Agr. Food Chem. 54: 1772-1778.

7. Fritsche, J., Beindorff, C.M., Dachtler, M., Zhang, H., Lammers, J.G. 2002. Isolation, characterisation and determination of minor artichoke (Cynara scolymus L.) leaf extract compounds. Eur. Food Res. Technol. 215: 149-157.

8. Gebhardt, R. 1997. Antioxidative and protective properties of extracts from leaves of the artichoke (Cynara scolymus L.) against hydroperoxide-induced oxidative stress in cultured rat hepatocytes. Toxicol. Appl. Pharmacol. 144 (2): 279-286.

9. Schneider, G., Thiele, K. 1974. Eigenschaften und Bestimmung des Artischocken-Bitterstoffes Cynaropicrin. Planta Med. 25: 150-157.

10. Schneider, G., Thiele, K. 1974. Die Verteilung des Bitterstoffes Cynaropicrin in der Artischocke. Planta Med. 26: 174-183

11. Tavazza, R., Papacchioli, V., Ancora, G. 2004. An improved medium for in vitro propagation of globe artichoke (Cynara scolymus L.) cv. “Spinoso sardo”. Acta Hort. 660: 91-97.

12. Wang, M., Simon, J.E., Aviles, I.F., He, K., Zheng, Q., Tadmor, Y. 2003. Analysis of antioxidative phenolic compounds in artichoke (Cynara scolymus L.). J. Sci. Food. Agric. 51: 601-608.

Page 323: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 324: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali
Page 325: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

Area 08 – Ingegneria civile e Architettura

Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su

www.aracneeditrice.it

Page 326: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

Finito di stampare nel mese di luglio del 2007dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)

per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma

CARTE: Copertina: Digit Linen 270 g/m2, Interno: Usomano bianco Selena 80 g/m2; ALLESTIMENTO: Legatura a filo di refe / brossura.

Page 327: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

ISBN 978-88-548-1245-1

1245 copertina 23-07-2007 15:47 Pagina 1

Page 328: Colture Artificiali Di Pianti Medicinali

AARARACNECNEAARARACNECNE

Colture artificiali di piante medicinaliProduzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale

Il volume raccoglie gli atti del Workshop sulle Colture Artificiali di PianteMedicinali, che si è tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facoltà di Agraria diPisa. Il Workshop ha terminato il Progetto Produzione di metaboliti seconda-ri nelle piante medicinali in coltura artificiale (PROMEDICA), cofinanziatodal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (PRIN 2004) ecoordinato dal professore F. Tognoni del Dipartimento di Biologia delle pian-te agrarie di Pisa.

Alberto Pardossi è dal 1998 professore associato di Orticoltura e floricoltura, ruolo ricopertoinizialmente presso la Facoltà di Agraria di Milano e successivamente di Pisa. Autore di circa200 articoli a carattere scientifico o tecnico–divulgativo, Alberto Pardossi si occupa soprat-tutto di colture di serra.

Franco Tognoni è ordinario di Colture protette presso la Facoltà di Agraria di Pisa, di cui èstato anche Preside. Attualmente ricopre la carica di direttore del Dipartimento di Biologiadelle piante agrarie. È autore di un libro sulla coltivazione in serra e di centinaia di pubbli-cazioni scientifiche o a carattere tecnico–divulgativo.

Anna Mensuali è una ricercatrice della Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfeziona-mento Sant’Anna di Pisa. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le colture in vitro e laconservazione post–raccolta dei prodotti ortofloricoli e sono state oggetto di numerose pub-blicazioni su riviste internazionali.

AR

AC

NEeuro 19,00

39

ISBN 978-88-548-1245-1

STUD

IOBG

Colture artificiali di piante medicinali

Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di Alberto PardossiFranco TognoniAnna Mensuali

Colture artificiali di piante medicinali a cura di A

. Pardossi, F. Tognoni, A. M

ensuali1245 copertina 23-07-2007 15:47 Pagina 1