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LETTERA PASTORALE AI FRATELLI ASSOCIATI AL DIO DELLA STORIA Il nostro itinerario formativo Fratel Álvaro Rodríguez Echeverría, FSC Superiore Generale 25 dicembre 2006

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LETTERA PASTORALE AI FRATELLI

ASSOCIATI AL DIO DELLA STORIAIl nostro itinerario formativo

Fratel Álvaro Rodríguez Echeverría, FSC Superiore Generale25 dicembre 2006

25 dicembre 2006Natività del Signore

Rendo sempre grazie a Dio ricordandomi di te nellemie preghiere, perché sento parlare della tua caritàper gli altri e della fede che hai nel Signore Gesù everso tutti i santi. La tua partecipazione alla fede

diventi efficace per la conoscenza di tutto il bene chesi fa tra voi per Cristo! (Filem 1, 4-6).

Carissimi Fratelli:

Una volta ancora la Natività ci riunisce attorno al SignoreGesù fattosi bambino per amor nostro. Una volta ancoraabbiamo la fortuna di manifestare il nostro profondo amoreper lui e per tutti i ragazzi e giovani, nei cui volti la fede cipermette di scoprire il volto di Gesù. L’invito che Paolo faa Filemone lo dobbiamo far nostro. E’ un invito a vivereuna fede attiva nella pratica dell’amore; una fede che ci per-metta di scoprire tutto ciò che possiamo fare per coloro cheil Signore ci ha affidato. Una fede che, senza dubbio, deveportarci a vivere il nostro itinerario formativo come unachiamata a vivere un processo mai concluso, per risponde-re ogni giorno con maggiore efficacia al piano salvifico diDio. Di questo Dio della storia, rivelato in Gesù Cristo, chevuole che tutti gli uomini siano salvi e arrivino alla conoscen-za della verità (1Tm 2,4).

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Che il Signore, in questo Natale e lungo l’Anno 2007, au-menti il nostro amore e la nostra fede, visto che nella suabontà ha voluto fare di noi dei ministri di Cristo e ammini-stratori dei misteri di Dio (1Cor 4,1). A tutti auguro un fe-lice Natale e che l’anno 2007, anno del nostro 44º Capito-lo Generale, sia veramente per ognuno, per l’Istituto e perla missione lasalliana, un tempo favorevole, giorno di salvez-za (1Cor 6,2).

Alla fine di questo anno, come in altre occasioni, vorrei fareun breve riassunto dei fatti che, a livello personale o di Isti-tuto, mi sembrano essere più rilevanti e che voglio condivi-dere in ordine cronologico. E, nello stesso tempo, renderegrazie al Signore che ci ha permesso di vivere esperienzetanto arricchenti e cariche di speranza.

Visita alla ARLEP

Dal 13 gennaio al 24 febbraio ho avuto la gioia di visitare,assieme a Fratel Juan Pablo, le sette Province della RegioneARLEP (Regione Lasalliana di Spagna e Portogallo). Du-rante poco più di sei settimane abbiamo percorso la variatageografia spagnola e del Portogallo lasalliano.

Sono molti i motivi di ringraziamento a Dio, perché conti-nua ad agire attraverso La Salle in favore di molti ragazzi egiovani. Perché molti adulti condividono in diversi modi lanostra spiritualità e la nostra missione. Nello stesso tempo,in una società che ha subito un cambiamento sociale tantorapido, non mancano sfide e preoccupazioni. Rendo graziea Dio particolarmente per gli incontri che ho avuto pratica-

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mente con tutti i Fratelli, riuniti in gruppi per settori. Conloro ho potuto condividere la Lettera Pastorale del 2005.

E’ una Regione molto ben organizzata, che può contare sumolte commissioni e gruppi di lavoro e, particolarmente, suuna Conferenza dei Visitatori molto attiva e intraprenden-te. In questo periodo sta procedendo in un processo di con-vergenza verso una nuova struttura che si sta disegnandocon una partecipazione molto ampia di Fratelli e Laici. Siai Consigli di Provincia che i Consigli della Missione Edu-cativa Lasalliana, che funzionano in ogni Provincia e con iquali ci siamo potuti incontrare, sono di alta qualità e rea-lizzano un eccellente lavoro.

Hanno richiamato la mia attenzione, in tutte le Province, iprogrammi di insegnamento tecnico, detti di garanzia so-ciale o altri rivolti ad aiutare giovani in difficultà; comeanche un certo numero di esperienze, alcune molto recen-ti, per aiutare emigranti, ragazzi di strada, giovani con in-successo scolastico... Alcune di queste iniziative sono similialle scuole San Miguel degli Stati Uniti, con la differenzache non funzionano indipendentemente, ma in una strut-tura scolastica già esistente.

Le Province hanno fatto passi molto decisi verso la missio-ne condivisa e l’associazione. In questo senso il CEL perFratelli e Laici, che funziona già da molti anni, è un mo-dello eccellente di formazione insieme. Ogni Provincia,nello stesso tempo, sta vivendo diverse esperienze in questocampo. Mi è molto piaciuto vedere come nelle équipes didirezione e in altri gruppi di lavoro, a cui partecipano Fra-

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telli e Laici, la preoccupazione non è orientata esclusiva-mente al campo della missione, ma si va creando una veracomunità in cui ogni persona è tenuta in conto e valorizza-ta nel suo essere individuale e si stabiliscono legami di ami-cizia e di interesse mutuo. Ho avuto la fortuna di poter par-tecipare in varie Province all’atto di associazione da parte digruppi di Laici in momenti altamente commoventi.

Proprio la comunità mi sembra il valore più curato e a cui sidà più importanza. Così, qua e lá, stanno sorgendo comu-nità cristiane lasalliane, con diversi modelli e varia intensità,però con una finalità molto chiara di vivere insieme e in as-sociazione la spiritualità e la missione. Qui, come nelle altreRegioni dell’Istituto, la sfida è che l’organizzazione e l’im-prenditorialità non mettano in secondo piano lo spirito e lamistica, propri di una comunità educativa lasalliana.

L’aspetto pastorale è stato sempre molto curato nellaARLEP. I cambiamenti attuali della gioventù non mancanodi creare una certa perplessità e incertezza, però va predo-minando la ricerca di nuove forme che rispondano meglioalla realtà di oggi. Gli incontri che abbiamo avuto congruppi di alunni, con altri gruppi di giovani, con professo-ri e incaricati di pastorale, sostengono la speranza e sono uninvito ad aver fiducia nei giovani e a non aver paura di ac-compagnarli nella crescita della loro fede. Il servizio realiz-zato durante gli ultimi cinquanta anni dall’Istituto di Scien-ze Catechistiche San Pio X ha lasciato profonda traccia edha permesso un impegno di evangelizzazione straordinarioda parte di Fratelli e Laici.

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Durante l’anno ho avuto l’opportunità di partecipare adaltre due attività. A Tarragona mi è stato chiesto di darel’Annuncio della Settimana Santa, come un omaggio alcentenario del Collegio. Occasione in cui ho potuto costa-tare lo spirito religioso e lasalliano di un buon numero di exalunni, alcuni delle ultime generazioni, il che non è semprefacile. E durante il mese di luglio, all’Escorial, ho parteci-pato ad un incontro regionale sulla nostra Vita di Comuni-tà. Questo tipo di incontri, che si ripetono ogni anno conun tema specifico durante l’estate, è un eccellente mezzo diformazione permanente per i Fratelli di tutte le Province.

Non posso dimenticare la visita realizzata al Postulantato eallo Scolasticato di Valladolid e quella al Noviziato Europeodi Madrid. I giovani che vivono queste tappe di formazio-ne ci offrono una grande speranza, come gli altri Fratelligiovani in comunità, ai quali si unisce un buon numero digiovani laici che animano la pastorale e che appartengono aqualcuna delle comunità cristiane lasalliane, e che sono ani-mati da una profonda spiritualità e hanno una capacità diimpegno apostolico straordinaria.

Incontro Signum Fidei

Quando nel 1994, essendo io Vicario Generale, mi chieseroqualche parola di introduzione allo Stile di Vita che era statoriformulato con la partecipazione dei Signum Fidei delmondo, dissi che la vita è una realtà dinamica sempre apertaall’imprevisto di Dio, alla creatività dell’uomo, al movimentodello Spirito e all’itinerario unico, inedito, irripetibile di ognipersona. Tracciare la strada camminando è una delle più ap-

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passionanti avventure umane e spirituali. Debbo riconoscereche il movimento Signum Fidei ha rappresentato un antici-po della bella realtà che oggi stiamo costruendo Fratelli eLaici, associati per il servizio dei poveri e per rispondere allenecessità dei giovani in una missione condivisa.

Dal 20 marzo al 2 aprile si è tenuto nella nostra Casa Ge-neralizia un incontro internazionale dei Signum Fidei, co-ordinato da Fratel Victor Franco, Consigliere Generale e as-sessore della fraternità. E’ stato un momento molto ricco divalutazione di un movimento presente oggi in 29 paesi e,soprattutto, un momento di proiezione sul futuro, con la fi-nalità che il movimento sia preso sempre più in mano daglistessi membri laici che lo costituiscono.

Durante questi giorni abbiamo potuto costatare con gran-de soddisfazione che le caratteristiche che l’ultimo Capito-lo Generale segnalava come distintivo di ogni autentica as-sociazione lasallana, sono ben presenti nella fraternità Si-gnum Fidei. La fede che li muove a mantenere sempre vivala passione e l’amore per Cristo, avendo come nucleo gene-ratore della loro esperienza il Vangelo, letto e vissuto allaluce della spiritualità lasalliana. Lo zelo ardente che li aprealle necessità dei loro fartelli e delle loro sorelle, che si tra-duce in una passione per l’umanità, soprattutto per quellache soffre e che cerca un senso per la vita. La fraternità cheli spinge a rafforzare una spiritualità di comunione, a stabi-lire comunità di fede di riferimento, a creare vincoli diunione con l’Istituto attraverso la Provincia e con gli altrigruppi che si vanno sviluppando all’interno della FamigliaLasalliana.

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Il compito principale dell’assemblea è stato quello di ap-provare il nuovo Stile di Vita, che speriamo possa darenuova vitalità e forza a questo movimento associativo lasal-liano.

Visita alla Provincia di Luanga e al settore diDjibuti

Alla fine di aprile e inizio di maggio ho realizzato una visi-ta, molto puntuale, alla Provincia Charles Luanga che rag-gruppa tutti i settori anglofoni d’Africa, in occasione dellanomina, per la prima volta in questa giovane Provincia, diun Fratello africano come Visitatore. Oltre a condividerecon i novizi e scolastici, ho potuto partecipare al primoConsiglio di Provincia in questa nuova tappa. Il numero diFratelli giovani e in formazione ci indica che la priorità diquesta Provincia deve essere la formazione e, in particolare,la preparazione di formatori locali. Speriamo che così possaessere nei prossimi anni.

A seguire, ho visitato il settore di Djibuti che fa parte dellaProvincia di Francia, come continuazione della mia visita atale Provincia cominciata l’anno scorso con la visita a LaRéunion e alla Grecia. Sono stati tre giorni molto ricchi diesperienze. Attraversare un paese in cui eccezionalmente sipossono vedere alcuni pochi alberi e qualche pianta, mi hacolpito profondamente, visto che vengo da un paese tropi-cale… Scoprire, poi, che soltanto alcuni stranieri, tra cui inostri Fratelli, sono cristiani, non è stato meno strano. Però,ciò che voglio sottolineare è lo spirito dei nostri Fratelli, im-pegnati corpo e anima nella loro missione in un ambiente

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musulmano, in cui un gruppo di giovani poveri ha l’oppor-tunità di una formazione tecnica. E questi giovani rispon-dono con profonda gratitudine a quell’impegno e manife-stano rumorosamente la loro gioia con le danze tradiziona-li che non si stancano di eseguire. Mi ha impressionato lapreghiera della comunità. Nella piccola cappella, con leporte aperte, i nostri Fratelli assieme a due volontarie cheappartengono ad un altro gruppo, ogni giorno, con fedeltàammirabile, intonano l’ufficio liturgico che rappresentauna meravigliosa testimonianza della loro fede. E’ belloanche vedere l’unità che esiste, cominciando dal Vescovofrancescano, in questo piccolo gruppo di discepoli di Gesù.

Visita alla Provincia di Francia

La visita all’esagono, accompagnato successivamente daiFratelli Juan Pablo e Claude, ha avuto luogo dal 15 aprileal 12 maggio, a cui bisogna aggiungere l’incontro dell’in-tero Consiglio Generale con i Visitatori entranti e uscentidella Provincia, a Montebourg, ai piedi di Nostra Signoradella Stella.

Per il numero di Fratelli che la compongono, la Provinciadi Francia è la più grande dell’Istituto. Come tutti sappia-mo, la missione condivisa con i laici e la formazione di que-sti ultimi nello spirito e per la missione lasalliana hannoavuto negli ultimi anni uno sviluppo esemplare. La Provin-cia è stata anche flessibile per adattare le strutture educati-ve alle realtà mutevoli della società. Credo che sia da am-mirare il modo in cui viene attuata la tutelle dei centri edu-cativi, e la qualità e lo spirito lasalliano dei laici responsabi-

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li maggioritariamente di realizzarla, come anche di coloroche fanno parte di diversi consigli di animazione e delleéquipes lasalliane. Mi ha impressionato molto la testimo-nianza di un lasalliano che ha pronunciato il suo impegnodi associazione a Parmenie durante la mia visita e che, nellesue parole, ci ha presentato la sua esperienza di sentirsi abi-tato da Dio.

Come nella ARLEP e in altre Regioni dell’Istituto, a livellodi missione educativa lasalliana appare ben chiaro che ilgiovane è al centro del sistema educativo. Questo l’ho spe-rimentato in modo particolare in vari centri professionali.In uno di questi mi hanno mostrato con sano orgoglio unaraccolta di poesie composte dagli alunni che emana uma-nesimo. In molti centri, le diverse équipes di animazione odirezione si vanno trasformando in vere comunità di vita.Gli incontri con diversi gruppi di alunni e con le loropreoccupazioni, mi hanno fatto costatare ciò che avevo giàsperimentato in altre Regioni, cioè che, al di là di un seco-larismo imperante, i giovani continuano ad essere aperti altrascendente e alle inquietudini spirituali e di servizio. Con-servo un graditissimo ricordo dell’incontro con i piccolidella primaria di Francs-Bourgeois a Parigi e delle loro do-mande.

Personalmente apprezzo molto il lavoro realizzato nelcampo della pastorale giovanile, che oggi è animata daglistessi giovani. La mia partecipazione, assieme a Fratel JuanPablo, alla Pasqua giovanile di Parmenie è stata un’espe-rienza straordinaria di grande profondità spirituale. Assie-me alla pastorale giovanile che oggi raggiunge un nutrito

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numero di giovani, si sta dando speciale importanza a quel-la che hanno chiamato pastorale della scelta di vita, chevuole essere un aiuto a tutti i lasalliani nelle loro diverse vo-cazioni e promuovere particolarmente la vocazione di Fra-tello. E’ anche molto bello vedere tutti i Fratelli giovanifrancesi molto impegnati in questo campo.

Un’iniziativa molto interessante a livello comunitario sonoi cosidetti poli comunitari che permettono l’incontro divarie comunità per condividere qualche tema, le informa-zioni provinciali, la preghiera, e che permettono di non per-dere di vista la missione lasalliana che si realizza in quelleopere in cui la presenza dei Fratelli non è più possibile.

Un altro aspetto che voglio sottolineare a livello dei Fratel-li sono le nostre numerose Case per i Fratelli Anziani. Si-tuate strategicamente nella geografía francese perché i Fra-telli possano avere la possibilità di essere vicini alle loro ra-dici originarie, usufruiscono di strutture molto ben curatea livello di infermeria, eccellenti direttori e progetti per as-sicurare il loro buon funzionamento. Però, ed è la cosa piùimportante, c’è uno spirito eccellente tra i Fratelli. Gli uffi-ci liturgici sono ben curati e c’è un forte interesse per la so-cietà, la Chiesa e l’Istituto. E’ bello vedere i piccoli serviziche i Fratelli si prestano l’un l’altro.

150º anniversario dei Fratelli in Gran Bretagna

Nella bella e moderna cattedrale di Liverpool, in compa-gnia di Fratel Claude e di Fratel John Johnston, e dei Fra-telli rappresentanti della Provincia d’Irlanda e del Settore di

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Malta, il 3 luglio abbiamo avuto la conmemorazione dei150 anni dei Fratelli e dell’opera lasalliana in Gran Breta-gna, con una solenne celebrazione liturgica a cui hannopartecipato molti Fratelli e Insegnanti, alunni e altri mem-bri delle diverse comunità educative. Durante la mattinataho avuto l’opportunità di incontrarmi con i Fratelli dellaCasa degli Anziani St. Helens, in cui si erano dati appunta-mento molti altri Fratelli.

Fu il 1º agosto 1855 che nove Fratelli de La Salle aprironola loro prima scuola a Clapham, al sud di Londra; essa,dopo molti cambiamenti e difficoltà economiche, è diven-tata il St. Joseph´s College, Beulah Hill, che tuttora esiste.L’Eucaristia è stata molto ben preparata e i giovani vi hannoavuto una partecipazione molto attiva, con il coro, le danzee le letture. Alcuni Fratelli, cominciando dal Visitatore,hanno ricordato gli inizi della missione lasalliana e gli im-pegni che oggi siamo chiamati ad assumere per il bene deigiovani, senza dimenticare un invito molto esplicito a con-siderare la vocazione di Fratello. Hanno partecipato anche i9 giovani volontari del Centro di Ritiro di Saint Cassian´s,Kintbury, e i membri della Comunità LAMB (Missione La-salliana a Bristol), formata da Fratelli e Laici, che ha la re-sponsabilità della catechesi in varie scuole.

Simposio Internazionale dei Giovani Lasalliani

Come è già stato ampiamente comunicato attraverso la no-stra pagina Web, dal 25 al 30 luglio si è tenuto nella nostraCasa Generalizia il secondo Simposio Internazionale deiGiovani Lasalliani con il tema: “Missione: Possibile! Un sogno

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condiviso”. E’ stata una meravigliosa esperienza con la par-tecipazione di circa 150 giovani e tra loro 25 Fratelli, venu-ti da 30 paesi. Questo simposio è stato preparato dal Con-siglio Internazionale dei Giovani Lasalliani, accompagnatoda Fratel William Mann, Vicario Generale, e dalla Com-missione mista Italia-ARLEP, che hanno realizzato un ec-cellente lavoro.

La presentazione dei temi di riflessione, i momenti di pre-ghiera, prolungati e molto ben curati, la visita ad Assisi sulleorme di San Francesco, con una veglia notturna del gruppodavanti alla tomba del poverello, e specialmente la condivi-sione di alcune esperienze su ciò che i giovani già stanno fa-cendo nel campo della missione educativa lasalliana, parti-colarmente a servizio dei poveri, sono stati i momenti piùsignificativi del Simposio.

Tra le altre esperienze sono state presentate alcune moltosignificative dalle Filippine, Francia ed Australia… Eanche alcuni impegni concreti come la rete di scuole SanMiguel negli Stati Uniti, il movimento giovanile IndivisaManent e la scuola per la pace e la vita a La Reliquia, Vil-lavicencio, Colombia, il doposcuola di quartiere in Italia,il Centro per immigrati CINTRA a Barcellona, il lavorocon i rifugiati a Kartum, in Sudan, esperienze missionariein Egitto, o il volontariato lasalliano a El Salto, in Messi-co. Esperienze che si rivolgono ai poveri a partire da unalettura credente della realtà e che si vivono nel segno di unaforte esperienza di fraternità.

Come ho detto ai giovani l’ultimo giorno del Simposio, ciò

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che soprattutto mi aspetto che apportino alla Missione edu-cativa lasalliana è il fatto che, vivendo l’esperienza di unDio sempre vicino, diventino una comunità in camminocon un progetto di futuro. Che rendano possibile la mis-sione condividendo i loro sogni e che il Signore non spen-ga la loro sete, non plachi la loro fame, ma che li spinga allavita, perché altri, perché tutti, abbiano vita e vita abbon-dante. Sono fortemente convinto che possiamo aspettarcimolto dai nostri giovani e che il loro apporto alla missioneeducativa è indispensabile, per cui è importante che senta-no sempre più aperte le porte dell’associazione per il servi-zio educativo ed evangelizzatore dei poveri.

Unificazione delle Province di Europa Centralee Paesi Bassi

Dal 23 al 25 agosto abbiamo avuto a Denekamp, al norddell’Olanda vicino alla frontiera con la Germania, un in-contro con i Fratelli della Provincia dei Paesi Bassi e rap-presentanti della Provincia dell’Europa Centrale per cele-brare l’unificazione di queste due Province poiché, a parti-re dal 1º settembre, l’Olanda è divenuta un settore dellaProvincia dell’Europa Centrale. Posso dire che da partedelle due Province si è vissuto un processo esemplare, ca-ratterizzato da una grande apertura e fraternità.

Sono stati tre giorni molto belli e ben preparati di preghie-ra, riflessione e convivenza, per ricordare i 60 anni dellaProvincia dei Paesi Bassi. Per questo è stato presentato, conil suggestivo titolo: “Con fede e zelo”, un libro scritto dallastorica José Eijt, che raccoglie i principali eventi della vita

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della Provincia, redatto in due versioni: olandese e francese.

Due cose in particolare hanno attirato la mia attenzionenella sua lettura: il numero di congregazioni locali di Fra-telli insegnanti all’arrivo dei Fratelli nel 1908, che limitavail raggio di azione degli ultimi arrivati, senza contare il pro-blema dei diplomi olandesi richiesti per insegnare; questoportò i Fratelli a dedicarsi soprattutto a centri di accoglien-za attenti a giovani con problemi, che col cambio di politi-che sulla loro conduzione dovettero essere abbandonati. E,soprattutto, lo straordinario spirito missionario che ha por-tato molti Fratelli a svolgere la loro missione in MedioOriente, ad Aruba e nel Camerún.

Conferenza europea dei Visitatori

Ad Angers, dal 21 al 25 settembre, ha avuto luogo un’im-portante Conferenza dei Visitatori, importante perché visono stati approvati gli statuti che stabiliscono una sola Re-gione Europea Lasalliana (REL) che comprende le cinqueRegioni precedenti: ARLEP, Francia, REBIM, Europa Cen-trale e Italia e che ha lasciato la porta aperta per includereanche la Provincia del Medio Oriente, possibilmente dopola conclusione del prossimo Capitolo Generale. Il 1º no-vembre la REL ha cominciato il suo cammino. Un altropasso dell’Istituto nel processo di ristrutturazione in cuisiamo impegnati per assicurare una maggiore vitalità e unapiù effettiva viabilità, stando allo stesso tempo molto atten-ti agli elementi carismatici e profetici della nostra vocazio-ne di Fratelli, e non soltanto agli aspetti organizzativi.Come dissi ai Fratelli Visitatori in questa occasione, ciò che

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viviamo in Europa interessa tutto l’Istituto, perché è il frut-to della trasformazione socio-culturale che si sta registran-do qui e in altri paesi dell’emisfero Nord, a causa della tran-sizione tra il mondo postindustriale e la società dell’infor-matica, della comunicazione e delle nuove tecnologie.

Interessa tutti perché, a causa del fenomeno della globalizza-zione, ciò che oggi viviamo in Europa, senza dubbio si vivràdomani in altri continenti. Per questo la risposta che i Fra-telli europei danno, può essere nel futuro molto illuminan-te per il resto dell’Istituto. Si tratta di incarnare il carisma la-salliano nella nuova realtà che oggi si vive in Europa, senzaignorare il passato, senza condannare il presente, ma assu-mendo il positivo che offre ed essendo una forza controcul-turale di fronte ai valori che si oppongono alla persona e alVangelo. Si tratta, in una parola, di reinventare il futuro, conla forza di Dio e la nostra propria iniziativa.

Centenario di La Salle in Australia

In riferimento al loro centenario, i Fratelli della Provinciadi Australia-Nuova Zelanda-Papua Nuova Guinea hannoprogrammato un’Assemblea di quattro giorni, a cui hannopartecipato più di un centinaio di Fratelli per ricordare leloro radici e festeggiare i pionieri che resero possibile l’ini-zio dell’Istituto in questa regione australe del mondo.Credo che sia stata una maniera molto indovinata per ce-lebrare questo avvenimento; e insieme con il Fratello Con-sigliere Victor Franco ho avuto l’opportunità di parteci-parvi. Mi hanno molto impressionato la cura delle pre-ghiere, la fraternità contagiosa dei Fratelli e la serietà della

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preparazione e dell’incontro. Il tema centrale, in sintoniacon il prossimo Capitolo Generale, non poteva essere altroche “Essere Fratelli oggi”.

Essere Fratelli oggi non è una teoria; la cosa fondamentalenon è fare un documento o pensare che sia valido solo unmodello che dobbiamo imporre a tutti come un busto…Essere Fratelli oggi è un itinerario, indica un cammino, è ri-cerca e avventura, aprirsi allo sconosciuto, condividere ecercare insieme le piste che incontriamo in atteggiamentoumile e lasciandoci meravigliare da ciò che scopriamo… Iti-nerario che in chiave lasalliana ci propone le sfide che deb-bono spingerci e dare un nuovo incanto a ciò che significaessere Fratelli oggi:

• La freschezza della centralità di Gesù e del Vangelonelle nostre vite.

• Il grido straziante dell’umanesimo, perché siamo chia-mati ad essere il volto più umano della Chiesa e a darevita e difendere la vita.

• La forza della missione, per rispondere alla speranza deipoveri e porre i mezzi di salvezza alla portata dei gio-vani.

• La testimonianza della consacrazione, perché siamoabitati da Dio e dobbiamo essere sacramento della suapresenza.

• L’attrazione della spiritualità che dà senso e orienta-mento a ciò che facciamo, a ciò che viviamo, alle no-stre relazioni…

• E queste sfide incrociate dalla comunità, che è la nostraprima associazione, come asse trasversale e come il

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frutto più tipico del nostro itinerario lasalliano; che ciapre, a sua volta, all’associazione con tutti coloro chedesiderano vivere con noi il carisma lasalliano essendostrumenti di salvezza per i giovani.

Assemblea Internazionale della Missione Edu-cativa Lasalliana

Siccome riceverete molto presto il risultato finale dell’As-semblea, non penso di prolungarmi molto, ma solo di se-gnalare che coloro che abbiamo avuto la grazia di partecipa-re a questo incontro l’abbiamo vissuto come un momentode intensa gioia e di profonda speranza. Credo che tuttisiamo coscienti del fatto che si è trattato di un momento sto-rico, che ci permetterà di assicurare il futuro della missionelasalliana rispondendo alle necessità dei giovani, specialmen-te poveri, mediante il ministero di educazione umana e cri-stiana che il Signore, attraverso la Chiesa, ci ha affidato.

Come Assemblea internazionale, siamo stati testimoni dellaricchezza e varietà che viviamo nell’Istituto e delle sane ten-sioni che ci possono aiutare a camminare tenendo contodella diversità, senza perdere di vista l’unità. In questosenso, l’apporto e la condivisione delle diverse Regioni sonostati molto illuminanti, come anche la varietà di apostolatie delle creative risposte che Fratelli, Suore, Catechisti, Sa-cerdoti, Religiosi e Religiose di altre congregazioni e Laicidanno oggi alle necessità dei giovani e alle nuove povertà apartire dal carisma lasallano.

Il Signore ha fatto grandi cose per noi e siamo nella gioia

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(Salmo 125). Con queste parole voglio ringraziare, alla finedella nostra Assemblea, tutti coloro che vi hanno partecipa-to e tutti coloro che rappresentavano. Come ho detto loro:Sí. Veramente il Signore ha fatto, sta facendo, e ho la sicurez-za che continuerà a fare grandi cose per noi e attraverso di noi,e per questo siamo nella gioia. Non dobbiamo stancarci di ren-dere grazie al Signore che ci permette di partecipare dello stes-so carisma, della stessa missione, della stessa spiritualità. Inlungo e in largo nel mondo, nei cinque continenti la gloria diDio si manifesta attraverso la nostra debolezza nella vita dimolti ragazzi, giovani e adulti, attraverso la stella lasalliana.

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ASSOCIATI AL DIO DELLA STORIA

Il nostro itinerario formativo

Questa parola fu rivolta a Geremia da parte delSignore: “Prendi e scendi nella bottega del vasaio:là ti farò udire la mia parola”. Io sono sceso nellabottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando altornio. Ora, se si guastava il vaso che egli stava

modellando, come capita con la creta in mano alvasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso, come

ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta laparola del Signore: “Forse non potrei agire con

voi, casa di israele, come questo vasaio? Oracolodel Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del

vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa diIsraele” (Ger 18, 1-6).

Mi sembra difficile trovare una icona più espressiva di ciòche significa il nostro itinerario formativo. La cosa più im-portante è lasciare che Dio agisca in noi e realizzi in noi lasua volontà. Questo è il fine ultimo di ogni formazione. Esappiamo che la sua volontà è che tutte le potenzialità, gra-zie e doni che ci ha dato arrivino a realizzarsi pienamente eche li poniamo a servizio dell’umanità. Lasciare che Dio milavori, pormi nelle sue mani con fiducia, abbandonarmi alsuo amore, sentirmi come l’argilla nelle sue mani dal primogiorno del mio concepimento fino alla fine della mia vitaterrena, è un processo ininterrotto e un’avventura meravi-gliosa. E questo non significa passività da parte mia, perché

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all’azione di Dio debbo rispondere con una donazione to-tale e senza límiti la cui finalità non è altra che quella cheLui cresca e io diminuisca e che, in senso evangelico, ioperda la mia vita a favore di coloro che accompagnano ilmio cammino umano e di coloro che il Signore, nel suo mi-sterioso disegno di salvezza, mi ha affidato.

Però si tratta di un processo lento, con retrocessioni e avan-zamenti, che ha bisogno di maturare pazientemente. Ricor-do la mattina in cui trovai sulla corteccia di un albero un boz-zolo, nel momento in cui il baco rompeva i fili che lo avvolge-vano per trasformarsi in farfalla. Ho aspettato per un lungotratto, però tardava troppo e io avevo fretta. Infastidito, michinai e volli aiutarlo riscaldandolo con il fiato. L’involucro siaprì, il baco uscì strisciando, e non dimenticherò mai l’orroreche provai al vederlo… Invano. Una paziente maturazione eranecessaria in quel caso… Il mio soffio aveva forzato il vermi-cello a presentarsi fuori del bozzolo tutto raggrinzito, prima deltempo… Quel piccolo cadavere credo che sia il maggior pesoche grava sulla mia coscienza. Lo comprendo perfettamenteoggi: è peccato mortale forzare le leggi della natura. Non dob-biamo precipitarci, né spazientirci, ma seguire con intera fidu-cia il ritmo eterno (Kazanzakis).

Personalmente trovo questa parabola molto significativaperché mi sembra descrivere molto bene il senso più pro-fondo del tema che voglio condividere con voi quest’anno.Quello del nostro itinerario formativo. Il punto di parten-za è il carattere storico dell’essere umano che, non sola-mente vive nella storia, ma si realizza nella storia; il che si-gnifica che tutta la vita costituisce un processo di formazio-

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ne con alcuni ritmi diversi che dobbiamo rispettare. Il Diodella storia ha posto nelle nostre mani il nostro destino. Sitratta per questo di una formazione che si situa, a sua volta,in un contesto storico e personale.

Questo significa che dobbiamo tener conto, da una parte,del periodo di cambiamenti incessanti in cui viviamo nelnostro mondo globalizzato, il che esige una instancabileapertura di spirito e di cuore, come anche la necessità diesere aggiornati in un mondo che cambia con tanta rapidi-tà. E dall’altra, il fatto che ogni persona è un essere in dive-nire e, di conseguenza, mai può dare per terminato il pro-prio processo formativo. Già San Gregorio Magno definivala crescita spirituale come una transizione da un inizio a unaltro inizio, fino all’inizio senza fine della vita eterna. E Ben-jamín Franklin affermava: Il giorno della mia morte final-mente terminerò di nascere. In questo senso, mai potremoconsiderarci terminati o formati, ma dobbiamo sentircicome pellegrini sempre in cammino. Si tratta certamente diuna speranza che ci spinge a guardare avanti e a pianificarequalcosa per un domani incerto, radicati nella nostra fedeche ci spinge verso il futuro eterno di Dio. Si tratta in real-tà di interrogarci nella intimità profonda e in modo concretose lo spirito e il cuore hanno ancora in noi uno spazio suffi-ciente per l’innovazione e per un futuro che vada oltre il pre-sente (Karl Rahner).

La formazione, prima di essere iniziale o permanente, è unaformazione che potremmo chiamare integrale, che com-prende l’essere umano dalla nascita alla morte. Per questo,mi sembra più adeguato parlare di un itinerario formativo.

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Itinerario indica cammino, è ricerca e avventura, un aprirsiall’ignoto, in atteggiamento umile e lasciandosi meravigliareda ciò che si va scoprendo… E’ più importante che ogni per-sona consacrata sia formata alla libertà di imparare per tutta lavita, in ogni età e stagione, in ogni ambiente e contesto umano,da ogni persona e da ogni cultura, per lasciarsi istruire da qual-siasi frammento di verità e bellezza che trova attorno a sé. Masoprattutto dovrà imparare a farsi formare dalla vita di ognigiorno, dalla sua propria comunità e dai suoi fratelli e sorelle,dalle cose di sempre, ordinarie e straordinarie, dalla preghieracome dalla fatica apostolica, nella gioia e nella sofferenza, finoal momento della morte (Ripartire da Cristo, 15).

Come sappiamo molto bene, questo è stato il processo vis-suto dal nostro Fondatore, come lo troviamo nel Memoria-le sulle origini: Dio, che governa ogni cosa con sapienza e dol-cezza, e non è solito fare violenza alle inclinazioni degli uomi-ni, volendo impegnarmi a prendere interamente la cura dellescuole, lo fece in modo del tutto impercettibile e in moltotempo; in modo che un impegno mi portava ad un altro, senzaaverlo previsto fin dall’inizio (MSO 6).

Di conseguenza, più che fissarci su ciò che differenzia laformazione iniziale e la formazione permanente dobbiamoconcentrarci su ciò che le unifica. Non possono essere con-siderate come due tappe differenti, ma solamente come duemomenti di un unico processo. Come afferma Vita Conse-crata: La formazione iniziale, pertanto, deve incastonarsi nellaformazione permanente, creando nel soggetto la disponibilità alascirsi formare tutti i giorni della sua vita (VC 69).

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La Formazione è un processo integrale di tutta la vita checoinvolge tutta la persona. Possiamo segnalare, tra l’altro,alcuni aspetti di tale processo. Si tratta di un:

• processo di fede centrato sulla persona e interpellatodal contesto storico,

• processo che cerca una sistematizzazione delle tappeche devono condurre alla crescita personale e all’im-pegno per il Regno,

• processo integratore di tutte le dimensioni della perso-na e che, di conseguenza, deve essere: graduale, orga-nico, continuo, orientato e valutato constantemente eche accentua alcuni elementi secondo le tappe e si-tuazioni della persona,

• processo che ha nella comunità il luogo della lettura edell’esperienza del carisma,

• processo che parte dai valori propri, dalla situazione fa-miliare, sociale, culturale, e che quindi suppone unaccompagnamento personalizzato in atteggiamento didialogo e di rispetto,

• processo che scopre il compito dinamizzatore dei laici,dei giovani e dei poveri.

La formazione iniziale e la formazione permanente debbo-no essere sulla stessa lunghezza d’onda. Facendo il contra-rio, porteremmo i soggetti che iniziamo a vivere una realtàper la quale non sono stati formati; questo porta a frustra-zioni o delusioni. E’ molto importante, di conseguenza, chenelle Province si abbia un piano di formazione globale uni-ficato.

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Certamente, è inevitabile il fatto che ci sia sempre una certatensione tra formazione iniziale e formazione permanente.Da una parte, l’esistenza precede l’essenza, per cui sarà lavita nella comunità apostolica e la formazione permanenteche avviene al suo interno quella che farà nascere piena-mente le caratteristiche della consacrazione secondo il cari-sma lasalliano. Dall’altra, la prefigurazione dell’essenza puòdeterminare l’esistenza, e in questo senso è la formazioneiniziale quella che ispirerà un certo stile nel vivere la nostraconsacrazione a Dio, la nostra fraternità comunitaria e lanostra missione apostolica.

Però oggi troviamo un elemento nuovo che si è andato af-fermando negli ultimi anni con molta forza, la forza delloSpirito. Mi riferisco alla missione condivisa e all’associazio-ne. Oggi dobbiamo vedere la formazione in una prospetti-va plurale. Come afferma il benedettino latinoamericanoSimón Pedro Arnold, non sarà il momento di pensare unainiziazione con varie entrate alla spiritualità di una Congre-gazione, in cui si possa passare da una opzione di laico adun’altra di consacrato, vivendo ciò non ostante una comuneesperienza condivisa di famiglia? Molte congregazioni, oggi,esplorano queste vie armoniche e complementari. La sfida inquesta ricerca è la conformazione di una vera famiglia diuguali, solidali nella diversità delle loro specificità, con unastessa identità. Non bisogna cadere nella trappola di religiosi oreligiose di seconda categoria, o di terzi ordini “mendicantidelle briciole” della Congregazione. Si tratta di creare un veropopolo di Dio con tratti carismatici, dignità e compiti comunidentro forme di impegno diverso.

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Una spia filosofica

Oggi, come non mai, l’essere umano ha ampliato in modostraordinario l’orizzonte delle sue conoscenze, però, all’ap-parenza, quello che ha guadagnato in estensione, moltevolte l’ha perduto in profondità. La somma delle sue cono-scenze non gli dà una visione della totalità e, di fronte al-l’universo, sente spesso la vertigine del vuoto.

Di fronte a questa problematica sono apparsi molti messia-nismi come medicina salvatrice per questo animale malatoche è l’uomo, secondo l’espressione di Hegel. E l’uomo hacreduto di vedere la sua salvezza, più che in altri, nel cam-mino inebriante della scienza e della tecnica e, più recente-mente, nel mondo del virtuale. Però tanto la matematizza-zione, che opera mediante simboli astratti, come l’informa-tica, che lo fa mediante connessioni, sono incapaci di farscoprire all’uomo assetato di sapere e di relazione la realtàultima delle cose.

Se paragoniamo l’uomo del passato arcaico con l’uomo dioggi, sembra che l’esistenza di quello consisteva in alcuneforme tecniche rudimentali, che giravano attorno ad unapienezza nascosta che si esprimeva in molteplici miti; men-tre l’esistenza di quello di oggi viene ad essere tutto il con-trario: una tecnica perfetta e un lavoro opprimente, chemolte volte girano attorno al nulla.

Bergson si domanda a cosa sarebbe arrivata la civilizzazioneumana se il suo punto di partenza fosse stato lo psicologicoe non il físico; e ci dice che, probabilmente, il progresso

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non si sarebbe trasformato in un fine in se stesso, né avreb-be schiacciato l’uomo ma sarebbe al servizio della sua veralibertà. Secondo San Bonaventura l’uomo si trova in una si-tuazione intermedia tra Dio e le cose. Situata tra due estre-mi, l’anima si volge verso Dio e verso le cose. Il primo è lasapienza, il secondo la scienza. Le due dimensioni sono ne-cessarie per una piena realizzazione. L’impressione è chel’uomo attuale sembra preferire la civilizzazione alla cultu-ra; dominare la natura e progredire nel mondo rispetto aldominio di se stesso e a crescere nello spirito.

Pascal afferma che conosciamo la verità non solo con la ragionema anche col cuore... I principi sono sentiti, le conclusioni de-dotte... E’ il cuore che sente Dio e non la ragione. Ecco cosa è lafede: Dio sensibile al cuore e non alla ragione. D’altra parte pos-siamo dire che l’amore ci fa “sentire” la verità disponendo ilnostro spirito a sperimentarla con maggiore interiorità e piùfacilità. Potremmo dire che è una conoscenza gustata. SanTommaso ci dice che chi ama si riferisce all’oggetto amatocome a se stesso o come a qualcosa di suo. Nello stesso senso,Sant’Agostíno arriva a dire che siamo ciò che amiamo.

Per conoscere veramente non basta né l’intelligenza, con lasu struttura analítica che frena il movimento, né l’istinto,che è incosciente. Abbiamo bisogno di uno sguardo con-templativo, intuitivo, che ci collochi all’interno dell’ogget-to con una specie di simpatía che distrugge la barriera chesi interpone tra lui e noi. In un paesaggio dato, il geografo cimostrerà una determinata configurazione fisica, il militare un“campo” più o meno difficile da difendere, l’agronomo un tipodi “suolo” con le sue coltivazioni proprie; solo l’artista si sforza

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di affezionarsi al paesaggio stesso per recuperarne la fisonomiaoriginale e veramente unica; poiché al di là degli abbozziastratti che vi sovrappongono, a partire dai propri punti divista rispettivi, l’ingegnere, lo stratega, o il geografo, c’è anchequalcosa di inimitabile che fa sì che un paesaggio non somiglimai ad un altro, e sia assolutamente definito quando si èespressa la sua individualità (Yankelevich).

Oggi parliamo della centralità della persona. Certamente,oggi come ieri, l’essere umano non ha smesso di essere unmistero. Il nostro essere risulta paradossale. Sono molti glielementi che combattono al nostro interno. Come creaturesperimentiamo molteplici limitazioni; senza dubbio, le no-stre aspirazioni e i nostri desideri sono infiniti. Liberi, la no-stra libertà in un certo senso si distrugge da se stessa unavolta realizzata la scelta. Scegliere vuol dire rinunciare. D’al-tra parte, con San Paolo sperimentiamo che facciamo ciòche non vogliamo e manchiamo di fare ciò che vogliamo.Aperti agli altri, la nostra fame di amore è insaziabile e lanostra dedizione quasi sempre egoista. La nostra vita si pre-senta come lotta drammatica, in cui molte volte siamosconfitti. Superiori all’intero universo, con la nostra inte-riorità possiamo innalzarci dal visibile all’invisibile, o la-sciarci schiavizzare, come nuovi apprendisti stregoni, con leforze scatenate da noi stessi.

Questa descrizione mi sembra che corrisponda a ciò cheognuno di noi è e alle sfide che ci si presentano. Di fronteall’essere umano, mistero e paradosso, essere storico in con-tinua costruzione, dobbiamo situare la formazione comecammino, itinerario, come vocazione dal concepimento alla

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morte; come chiamata a raggiungere la statura dell’uomo per-fetto: Cristo (Ef 4, 13), coscienti del fatto che non siamo népura ragione, né pura luminosità, ma anche emozione, sen-timento, istinto, passione e desiderio. Di conseguenza, sitratta di una formazione integrale che ci faccia evitare ilvero pericolo anti-umanista: il pericolo dell’uomo macchi-na o il pericolo dell’uomo bestia. Una formazione che tengaconto della testa, del cuore, delle mani e dei piedi.

Il documento Vita Consecrata ci invita a vivere un processosimile quando afferma che il processo formativo non si ridu-ce alla fase iniziale, visto che, a causa della limitazioneumana, la persona consacrata non potrà mai supporre di avercompletato la gestazione di quell’uomo nuovo che sperimentadentro di sé, né di possedere in ogni circostanza della vita glistessi sentimenti di Cristo (VC 69). Normalmente, quandopensiamo alla formazione pensiamo all’intelletto. Per que-sto è significativo che il documento ci parli anche dei sen-timenti. I sentimenti esprimono la persona, le sue disposi-zioni interiori, il suo modo di vedere la vita, i desideri e lemotivazioni che la spingono all’azione. E’ a questo livello,quello del cuore in senso biblico, che deve soprattutto av-venire il nostro processo formativo. Come dice il gesuitacentroamericano Juan Hernández Pico: Nella nuova storiache comincia, affronteremo il mondo non solo con la scienzama anche con la sapienza, non solo strumentalmente ma ancheesteticamente, non solo a partire dalla ragione ma anche daisentimenti, non solo con fredda analisi mentale ma anche concalda intuizione cordiale, non solo con ferma volontà maanche con libera espressione della tenerezza.

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L’oggi della nostra formzione

Il nostro itinerario formativo, mentre ha come meta di as-sumere i sentimenti del Figlio (VC 69), ha anche comeobiettivo l’abilità di cercare e discernere i segni di Dio nellerealtà del mondo (VC 68).

Durante il Congresso sulla Vita Consacrata del novembre2004, uno dei gruppi di lavoro ha studiato il tema della setedel sacro e, tra le altre cose, ci ha detto che nel nostro mondosi adorano nuovi idoli che impediscono l’adorazione del Diounico e vero. Si globalizza - soprattutto nelle società opulente -una visione secolarista della realtà e ci troviamo avvolti in unmondo senza trascendenza, o sincretista, agnostico e funziona-lista (Sete del sacro). Il pericolo idolatrico non è solo unatentazione dei tempi biblici; continua ad essere presente nelmondo di oggi e a volte all’interno stesso della Chiesa edelle nostre comunità. Anche nella Chiesa e nella Vita Con-sacrata il secolarismo ambientale favorisce una deviazione ido-latrica che si esprime nel culto dei mezzi, dei potenti, delle isti-tuzioni, delle abitudini, dei riti, delle leggi, che rendono sem-pre più difficile la conversione all’unico assoluto e necessario ela passione per il Dio del Regno (Sete del sacro).

Stiamo vivendo, a livello culturale, un momento di transi-zione tra la parola e l’immagine. La sapienza oggi è sosti-tuita dall’eccellenza. Ciò che importa è saper fare bene le cosee farle bene. Dominare la ragione strumentale più che il sensodella vita. L’eroe non è più il Mosè anziano, a cui il popolo do-veva sostenere le braccia perché non smettesse la sua azione diintercessione, ma il ‘Rambo’ individuale, esperto in ogni tipo di

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arti marziali, capace di risolvere i problemi complessi a parti-re dal dominio della sua professione (José María Tojeira, S.J.).

In relazione con la formazione, il mondo moderno ci pre-senta una confusione tra vocazione e professione; questotocca il cuore stesso della nostra identità. La professione si-gnifica soprattutto competenza, efficienza, produttività, ri-conoscimento sociale. A causa dell’età, della malattia o dellapensione, la professione ha una fine, termina. La vocazione,al contrario, si fonda su un dono; è espressione di gratuità,aggiunge qualcosa in più, diffícile da descrivere, a ciò che lapersona fa e permane molto oltre le limitazioni dell’età,della salute o della pensione. Come ci dice Padre J. B. Li-banio, S.J.: Vocazione e professione non sono due cose separa-te, ma due dimensioni differenti dell’attività umana, con ca-ratteristiche specifiche. L’identità del religioso implica una re-lazione propria tra le due, e si sente minacciata quando la pro-fessione è posta al di sopra della vocazione. Questo linguaggioè familiare a noi Fratelli, visto che il nostro Fondatore ci in-vita a non fare differenza tra i doveri del proprio stato e lanostra salvezza, però ci invita pure con forza a fare di Dio edella sua chiamata l’assoluto delle nostre vite.

Uno dei pericoli che oggi corriamo è quello di ridurre laformazione all’aspetto professionale, lasciando da parte lacrescita vocazionale, che pure è la cosa più importante. Lodobbiamo tenere molto presente sia nei processi della for-mazione iniziale che in quelli della formazione permanen-te. Lo stesso Padre Libanio, nel suo intervento al Congres-so sulla Vita Consacrata, segnala un’altra caratteristica delnostro tempo. Se nel passato, come ripeteva spesso Paolo

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VI, il fare aveva soppiantato l’essere, oggi sempre più sem-bra che l’essere e l’avere siano stati sostituiti dall’apparire.Siamo nella società del marketing. L’apparenza dirige la vitadelle persone. Non importa né essere né avere, ma apparire,sembrare, anche se dietro resta un vuoto esistenziale e un pos-sesso illusorio dei beni. Credo che una domanda di baseprima di iniziare un programma di formazione sia quellasull’obiettivo ultimo del medesimo. Si tratta di crescerecome persona, come religioso, come educatore, come Fra-tello, o è solo un modo di possedere per controllare o sem-plicemente di apparire?

Benedetto XVI, nell’udienza ai Superiori/e e Vicari/e delledue Unioni, riconoscendo il fatto che la Vita Religiosa èoggi più evangelica, più ecclesiale e più apostolica, ci avver-tiva pure del fatto che la cultura secolarizzata è penetratanella mente e nel cuore di non pochi consacrati, che vedono inessa una forma di accesso alla modernità e di avvicinamento almondo contemporaneo. La conseguenza è che, assieme con unindubitabile impulso generoso, capace di testimonianza e didonazione totale, la Vita Consacrata sperimenta oggi l’insidiadella mediocrità, dell’imborghesimento e della mentalità con-sumista (Udienza del 22 maggio 2006).

Zygmunt Bauman, nel suo libro Amore liquido. La fragilitàdei legami umani, ci presenta con molto realismo alcune dellecaratteristiche del nostro mondo di oggi. A partire dall’amo-re e dalla sua differenza con il desiderio, ci descrive la realtàche facilmente oggi viviamo. Per l’amore ogni distanza, perquanto piccola sia, è sperimentata come insopportabile, per-ché lo specifico dell’amore è unire, fondere e identificare. Il

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desiderio, al contrario, è ansia di consumare. In realtà, piùche di desiderio, si dovrebbe parlare della voglia di. E la vo-glia di non può assicurare né la fedeltà né l’impegno, perchéciò che cerca è di moltiplicare esperienze di accordo a cui sirivolge la voglia. L’amore porta a relazioni personali stabili osolide, la voglia di porta a legami liquidi che facilmente sipossono chiudere o cambiare, dimenticare o moltiplicare, se-condo ciò che mi piace e senza guardarsi negli occhi.

Oggi si dà sempre più importanza a quelle che potremmochiamare relazioni a distanza o prossimità virtuali. Però,come dice Bauman, l’avvenimento della prossimità virtualerende i legami umani qualcosa allo stesso tempo più abituale esuperficiale, più intenso e più breve. Le connessioni sogliono es-sere troppo superficiali e brevi per arrivare ad essere un vinco-lo. A differenza delle relazioni umane… le connessioni si oc-cupano solo del motivo che le genera e lasciano i coinvolti al si-curo da straripamenti e li proteggono da ogni impegno chevada oltre il momento e il tema del messaggio inviato o letto.La conclusione a cui arriva Bauman è che oggi è più diffí-cile amare il prossimo, perché ogni volta creiamo più bar-riere e ci ingegnamo di comunicare tra noi a controllo re-moto; a questo bisognerebbe aggiungere che la cultura dellapaura che oggi viviamo ci fa proteggere e prendere le di-stanze da coloro che sono differenti.

Il film Crash, che ha vinto tre Oscar l’anno scorso, rafforzaciò che abbiamo detto. Mostra in modo naturale la discri-minazione razziale ed etnica, la sfiducia e la paura a relazio-narsi in una delle grandi città nordamericane. In essa, bian-chi, afro-americani, iraniani, coreani e latinoamericani, a

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causa di pregiudizi mutui, vivono difficilmente l’integrazio-ne e la tolleranza. Le loro vite si mescolano difficilmente, in24 ore, per mezzo di collisioni casuali. La seconda parte delfilm, segnata da vari passaggi che manifestano crepe nellasensibilità e negli atteggiamenti dei personaggi, apre unospiraglio alla speranza e sembra indicare un cammino diuscita da tanto dolore e incomprensione.

Anche qui, figli del nostro tempo, noi Fratelli possiamo la-sciarci dominare da queste influenze e optare per una for-mazione che le favorisca. Il Congresso sulla Vita Consacra-ta ci ha invitato a vivere una doppia passione, quella di Dioe quella dell’umanità. Passione vuol dire vicinanza, fuoco,impegno. Come Fratelli, siamo chiamati ad essere sacra-menti delle relazioni orizzontali in una società tentata sem-pre dal verticalismo e dalla ricerca del primo posto e in unmondo che, come abbiamo visto, favorisce le connessioni adistanza. Il nostro itinerario formativo ci deve rendere ca-paci di essere testimoni dell’amore incarnato per mezzo diuna spiritualità di comunione e per promuovere a livello dimissione un mondo più umano, in cui tutti possano sentir-si amati dal Padre e chiamati ad essere fratelli e sorelle. Lafraternità è il nostro cammino per andare a Dio e il migliormodo di esprimere l’amore ai nostri simili.

ALCUNE DIMENSIONI DEL NOSTRO ITINERA-RIO FORMATIVO

Il nostro itinerario formativo e la crescita per-sonale

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Mi sembra che la migliore icona biblica per comprendereciò che significa il nostro itinerario formativo a livello per-sonale sia il dialogo di Gesù con Nicodemo, quando lo in-vita a nascere di nuovo. In effetti, come già abbiamo visto,formarsi lungo tutta la vita significa nascere molte volte dinuovo. In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’al-to, non può vedere il regno di Dio. Gli disse Nicodemo: Comepuò un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare unaseconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? Gli risposeGesù: In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua eda Spirito, non può entrare nel regno di Dio… Non ti mera-vigliare se ti ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffiadove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e doveva: così è di chiunque è nato dallo Spirito (Gv 3, 3-8).

Tutto il capitolo 6 della Regola si basa su questa prospetti-va, e l’articolo 100 presenta la vita del Fratello come un iti-nerario segnato dalle chiamate di Dio: Il Fratello riconoscenella fede che la sua esistenza è un seguito di appelli di Dio edi risposte a questi appelli. Il nostro itinerario formativo è unprocesso sempre aperto. Tutto il contrario dal pensare chela formazione iniziale ci permetta di formarci per poi con-sumare il capitale e lasciarci vuoti.

Questo nascere di nuovo, questa risposta alle chiamate diDio, è un obiettivo essenziale della nostra formazione; è, infondo, lasciarci trasformare da Dio. Un compito certamen-te pieno di rischi, ma anche di promesse. Più che cono-scenze psicologiche presuppone la disponibilità a tornarenella nostra interiorità per ascoltare il Dio che sta con noi efare la stessa esperienza di sant’Agostino: io ti cercavo fuori e

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tu stavi dentro. Presuppone che ci dedichiamo con tutte leforze ad essere noi stessi. Compito che non possiamo realiz-zare con le sole nostre forze, ma che possiamo realizzare so-lamente con la grazia di Dio. Compito che non è evasione,ma impegno da dentro, più pacifico e sereno.

E’ un itinerario imprevedibile e personale. Però abbiamo trecertezze fondamentali che ci sostengono: l’amore incondi-zionato del Dio a cui ci siamo consacrati, la missione di ser-vizio ai fratelli e alle sorelle e l’appoggio fraterno della co-munità. Perciò il Fratello è invitato ad aprirsi alla presenzaquotidiana del Dio vivente, che egli scopre e vive nella sua mis-sione, nella sua consacrazione e nella sua comunità (R 100). Esu un piano più pratico, la Regola ci dice: I Superiori e le co-munità si impegnano a fornire a ogni Fratello le condizioni divita e i mezzi che gli permettono di continuare la sua forma-zione spirituale, teologica e professionale (R 101).

Tanto nelle lettere di Paolo che in quelle di Pietro c’è un’i-dea centrale che si ripete molte volte. Ognuno di noi è por-tatore di un dono, di un regalo di Dio per gli altri. Questodono, come i talenti della parabola, non può restare impro-duttivo. L’essenziale è far fruttificare questo seme, renderereale questa potenzialità, condividere questo dono. Questaè una delle finalità principali del nostro processo formativo.San Paolo ci parla della missione che Dio mi ha affidato (Gal2, 9); del dono che Dio mi ha concesso (1Cor 3, 10). E in re-lazione con gli altri afferma: Vorrei che tutti fossero come me;ma ciascuno ha il proprio dono da Dio (1Cor 7, 7); idea cheesprime anche nel parlarci della manifestazione dello Spiri-to in ognuno: A ciascuno è data una manifestazione partico-

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lare dello Spirito per l’utilità comune... Tutte queste cose è l’u-nico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a cia-scuno come vuole (1Cor 12, 7-11). E San Paolo invita Ti-moteo, e in lui ciascuno di noi, a ravvivare il dono di Dioche (gli) è stato conferito (2Tm 1, 6) e gli chiede di non ren-dere sterile il dono che (possiede) (1Tm 4, 14).

E San Pietro, in forma se vogliamo più chiara, afferma: Cia-scuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a serviziodegli altri, come buoni amministratori di una multiforme gra-zia di Dio (1P 4, 10). La domanda che dobbiamo porci è:quale è il mio dono e come debbo accrescerlo e condivider-lo? E, allo stesso tempo, fare nostra l’avvertenza di Paolo:Ciascuno sia attento come costruisce. Infatti nessuno può porreun fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è GesùCristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, ar-gento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascunosarà ben visibile (1Cor 3, 11-12). La cosa più meravigliosadi questo dono unico che Dio ci ha dato è che quanto piùlo condividiamo tanto più lo possediamo, in modo che lamiglior maniera di accrescerlo è di darlo senza misura.

Nelle meditazioni per le feste di San Pietro e San Paolo, ilFondatore fa una bella riflessione sul dono ricevuto da cia-scuno di loro e su come lo hanno fatto fruttificare. In Pie-tro vede una icona dello spirito di fede e in Paolo una iconadello spirito di zelo. Di fronte alla fede di Pietro ci chiede:possedete voi tale fede che sia capace di muovere il cuore dei vo-stri alunni ed ispirare loro lo spirito cristiano? Questo è il piùgrande miracolo che potete realizzare e quello che Dio vi chie-de, visto che è il fine del vostro ministero (MF 139, 3). E di

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fronte allo zelo di Paolo ci ricorda che è stato Dio che, col suopotere e per bontà molto particolare, (ci) ha chiamato per por-tare la conoscenza del Vangelo a coloro che ancora non l’hannoricevuto. Consideratevi, quindi, come ministri di Dio e com-pite gli obblighi del vostro ministero con tutto lo zelo possibilee come coloro che ne debbono rendere conto a lui (MF 140, 2).

A livello personale non possiamo ridurre la nostra forma-zione ai programmi che ci vengono offerti o di cui possia-mo usufruire, per quanta importanza essi possano avere. Illuogo privilegiato del nostro itinerario formativo si trova,soprattutto, nel quotidiano, in ogni giorno con i suoi mo-menti di preghiera personale e comunitaria, di Eucaristia eParola interiorizzata, con i suoi tempi di lettura e studio, diincontro con i Fratelli, con i giovani e con i poveri, di lavo-ro apostolico, di conoscenza della realtà… Cioè, a livellopiù di esperienze che di conoscenze.

Il nostro itinerario formativo e la vita fraterna incomunità

A livello comunitario il nostro itinerario formativo deveaiutarci a crescere come persone e come fratelli nel Signoree a offrire il dono unico che il Signore ci ha affidato e chenessuno può realizzare al posto nostro. Se manchiamo,avremo lasciato un vuoto nella nostra comunità e nelmondo. Allo stesso modo di san Paolo, quando parla dellaChiesa come Corpo mistico di Cristo, la formazione ci deveportare a scoprire, accrescere e portare il nostro dono aglialtri membri della comunità. E’ lo stesso invito che, inmodo molto bello, ci fa la nostra Regola: Lo Spirito di

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amore presente in ogni Fratello unisce la comunità. Animatida questo amore, i Fratelli costruiscono la comunità con ildono gioioso di se stessi al servizio degli altri (R 4, 49).

Per questo è importante pensare ad una comunità evangeli-ca che tiene conto, come lo sperimentarono il Fondatore ei primi Fratelli, del fatto che la donazione personale a Diola realizziamo nel seno della stessa comunità, in modo taleche il nostro impegno con Dio è mediato dai Fratelli concui pure ci impegnamo e ai quali anche ci consacriamo. Per-suasi del fatto che Gesù ci convoca alla sua sequela in co-munità per poter, a partire da essa, annunciare e costruire ilRegno nella storia dei ragazzi e giovani che educhiamo edevangelizziamo, attenti soprattutto a coloro che si trovanopiù lontani dalla salvezza.

Coscienti, anche, che la comunione raggiunta da una co-munità costituisce già la prima missione, in quanto testi-monia che l’utopia del Regno è realizzabile. La Dichiarazio-ne ci dice: Il Fratello rende esplicito il suo desiderio di lavora-re a favore degli uomini per la gloria di Dio, incorporandosi auna comunità, tutta impegnata a dare testimonianza dellapresenza del Regno, ad annunciarlo agli uomini, a cooperareper il suo avvento e progresso nel mondo (D 13, 3).

Il Padre gesuita José Antonio García, nel suo libro Hogar yTaller (Focolare e laboratorio), ci presenta quattro carismiindispensabili perché ogni comunità possa essere un picco-lo popolo di Dio impegnato a costruire il Regno di Dio ead esserne portatore. Ci dice che per mantenere la marcia eperché questa marcia sia creatrice è necessario il carisma del

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profeta, del cantore, del medico e del re. Questi differenti ca-rismi possono aiutarci a scoprire meglio il dono che ciascu-no di noi è chiamato a mettere a servizio della comunità, siaessa locale, provinciale, regionale o dell’Istituto intero.

IL PROFETA

Senza profeti non c’è cammino. Una comunità senza il ca-risma profetico perde la sua capacità di analizzare il presen-te e, soprattutto, di tendere utopicamente verso il futuro diDio. Il senso profetico è quello che fa dire alla Regola: De-dita al ministero apostolico dell’educazione, la comunità è con-sapevole che la missione è sempre da riscoprire. Essa contribui-sce perciò alla revisione degli obiettivi e dei metodi, in atteg-giamento di ricerca evangelica e di verifica del valore pastora-le della sua attività (R 51).

Ci potremmo chiedere: perché è tanto importante la profe-zia nella comunità? La comunità religiosa vuole essere per ilmondo una terapia di shock, una cura attraverso una scossache mira a porre allo scoperto la realtà di una società lonta-na da Dio, di ragazzi di cui non sono rispettati i diritti, digiovani che non trovano un senso per le loro vite, di unavita sempre più minacciata, di nuove povertà… Senza l’ele-mento profetico la comunità diventa amorfa, non sa esatta-mente perché vive, perde il suo orientamento e il sensodella missione, si accontenta di ripetere il passato.

Il Fondatore, nel meditare sul tema della comunità, ci pre-senta la necessità del carisma profetico in essa, particolar-mente con la sua opposizione allo spirito mondano. Benché

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alcune comunità siano poco regolari, Dio ha sempre servi fede-li che ne conservano lo spirito. Se ne riserva sempre alcuni che,come diceva a Elia, non si inginocchiano davanti a Baal; dif-fidano cioè dello spirito del mondo e osservano, meglio che pos-sono, le Regole e le pratiche della comunità (MD 77, 3). E nelcommentare le parole di San Paolo: Se piacessi agli uomini,non sarei più servitore di Cristo (Gal 1, 10), afferma: Secon-do Gesù Cristo e secondo San Paolo è una necessità che non ri-usciate a essere graditi agli uomini di mondo e che, anzi, siateodiati da loro. Non agite mai con l’intento di far loro piacere,perché il loro modo di pensare e di agire è completamente op-posto a quello che dovete avere voi (MD 75, 2).

IL CANTORE

Mentre siamo in cammino, mentre cerchiamo di modella-re la nostra storia personale e comunitaria e la storia delmondo secondo il Vangelo, vanno accadendo fatti ed avve-nimenti che meritano di essere cantati. E’ importante cap-tare i segni di vita, i semi del Regno già presenti nella no-stra storia, i valori positivi della nostra società e dei giovani.

Di fronte alla stanchezza e all’esperienza dell’enorme spro-porzione esistente tra gli sforzi investiti e i risultati ottenu-ti, abbiamo bisogno di scoprire l’opera di Dio che miste-riosamente germina. E’ importante non dimenticare il pro-verbio africano, che già conoscete: L’albero vecchio che sischianta fa più rumore della selva che cresce.

Qui entra in gioco il cantore. Quei Fratelli che hanno ca-pacità di captare e cantare la salvezza che già esiste tra noi

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in ogni forma di amicizia che cresce, di Regno che spunta,di pazienza che resiste, di carisma che si condivide, di fedeche cresce e matura, di nuove vocazioni che nascono, diservizio ai giovani più necessitati, di lotta per la giustizia,per la pace e l’ecologia... Il Regno di Dio è un orizzontesempre incompleto, però è anche presenza dentro e fuori lacomunità.

Questo talento è molto importante in una comunità poi-ché, come afferma Harvey Cox, la festa senza politica diven-ta insulsa, però la politica senza festa è pericolosa. Festeggiaree basta, non conoscendo il senso profondo di ciò che si ce-lebra, manca di senso e infantilizza. Vivere tesi verso il fu-turo attraverso un impegno radicale, senza godere di questosforzo e di ciò che va producendo, crea uomini duri, inca-paci di sorriso e di tenerezza.

Il carisma del cantore lo riscontriamo, in chiave lasalliana,nelle due ultime Meditazioni del Fundatore per il Tempodel Ritiro: Un’altra ricompensa che riceve già in questa vitachi lavora alla salvezza delle anime, è la consolazione di vede-re che i suoi alunni hanno servito bene Dio e che il suo lavoronon è stato inutile, ma che ha contribuito a salvare i ragazziche doveva istruire… In effetti è una grande gloria per voiistruire i vostri discepoli nelle verità del Vangelo, puramenteper amor di Dio. Questo pensiero faceva sì che il Dottore dellenazioni fosse sempre nella consolazione e che, secondo la suastessa testimonianza, sovrabbondava di gioia in mezzo a tantetribolazioni (MTR 207, 2; Cfr. 208, 3).

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IL MEDICO

In ogni gruppo umano ci sono malati. Anche nella comu-nità tutti, in maggiore o minor grado, portiamo ferite pro-fonde nella nostra anima. Una comunità che non ammettainfermi non è cristiana; però la questione è di vedere chipuò dar loro una mano. L’infermo non viene posto in cam-mino né dal profeta né dal cantore. Non è disponibile alcanto né, tanto meno, ad essere colpevolizzato ancor più daqualcuno. Ciò di cui ha bisogno è un medico che lo curi.

Tutti conosciamo questo tipo di Fratello, il cui apportoprincipale al gruppo consiste nel sapersi avvicinare silenzio-samente a ciascuno, intuire senza molte domande dove stala sua ferita e cercare di curarlo offrendogli grandi dosi difiducia in se stesso e nell’opera che Dio vuole realizzare at-traverso di lui. Si tratta di una presenza salvifica. La Regolaci invita a fare della nostra comunità un focolare e a rinno-vare ogni giorno l’esperienza dell’amicizia, della stima, dellafiducia e del rispetto reciproco (R 54) e di avere un’atten-zione speciale ai Fratelli giovani (ibid.) e ai Fratelli anziani,infermi, sfiduciati o provati, in modo che tutti si sentanosostenuti dalla carità di Cristo (R 56).

Il Fondatore descrive così questo carisma comunitario. Inquesto riescono facilmente le persone che hanno un naturaledolce e moderato. Si insinuano talmente nel cuore di coloro concui conversano e con cui trattano, che li guadagnano insensi-bilmente e ottengono da loro tutto ciò che desiderano (MD 65,2). E possiamo applicare con maggior ragione alla comuni-tà ciò che il Fondatore applica alla nostra relazione con i ra-

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gazzi: E’ necessario che consideriate l’obbligo che avete di gua-dagnare il loro cuore come uno dei principali mezzi per impe-gnarli a vivere cristianamente. Riflettete spesso che, se non viservite di questo mezzo, li allontanerete da Dio invece di por-tarli a Lui (MF 115, 3).

IL RE

Ci riferiamo al servizio dell’autorità o al ministero di ani-mazione. Come dice la Guida del Fratello Direttore: Fratel-lo tra i suoi Fratelli, il Direttore della comunità è cosciente chela sua missione è un vero ministero che Dio gli affida per esse-re al servizio della comunione dei suoi Fratelli, della crescita diognuno e dell’incremento del suo zelo apostolico (G.F.D., pag.8). Per questo il Fondatore ci dice: I superiori non hanno di-ritto di comandare se non perché parlano a nome di Gesù Cri-sto e come rappresentanti della sua persona. E non si deve ob-bedire loro se non perché, secondo l’espressione di San Paolo, la-vorano alla perfezione dei santi e all’edificazione del corpo diGesù Cristo che è nostro capo; il quale, con la sottomissione of-fertagli nei suoi ministri, ‘congiunge e unisce tutte le parti delsuo corpo con giusta proporzione per farne un unico corpo’(MD 72, 2).

Tale è il senso del Progetto Comunitario che, secondoquanto dice Fr. Jaume Pujol, partecipa più dell’ordine del“saper vivere” che del “saper fare”. Precisare il tempo dellepreghiere manca di senso se non ci formiamo nello spirito dipreghiera; precisare il lavoro apostolico manca di senso se mu-tuamente non facciamo discernimento sulle necessità dei gio-vani e sui mezzi per rispondervi; organizzare la vita interna

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della comunità manca di senso se non ci preoccupiamo di co-noscerci, accettarci, comprenderci, amarci, aiutarci (Fr. JoséPablo Basterrechea, Circ. 410, pag. 59).

Favorire questi aspetti spetta a tutti i Fratelli però, in modospeciale, al Fratello Direttore. Non per ragioni di ordine econtrollo, dato che la vita comunitaria si deve definire intermini di amicizia, ma precisamente per ragioni di carità.Si tratta di aiutare i membri del gruppo ad interiorizzare evivere i valori del Vangelo che li uniscono, quei valori invirtù dei quali abbiamo deciso di vivere insieme: uno spiri-to che ci anima, una missione che ci spinge. Perché questosia possibile la comunità deve tener presenti varie dimen-sioni, a cui il Fratello Direttore deve essere molto sensibilee verso cui accompagnare:

• Una dimensione umana di comprensione e amicizia re-ciproche.

• Una dimensione cristiana di compartecipazione nellafede.

• Una dimensione religiosa nell’appoggio alla nostra VitaConsacrata.

• Una dimensione lasalliana nell’esperienza del carisma.• Una dimensione apostolica nella programmazione e

nell’esecuzione del nostro ministero.• Una dimensione economica nella trasparenza e com-

partecipazione dei beni.

E’ importante prendere coscienza della complementarietàdei carismi, riconoscere il carisma degli altri, lasciarci rico-noscere nel nostro, e porli tutti a servizio della costruzione

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di una comunità che sia sacramento dell’amore di Dio inmezzo al mondo. Così renderemo realtà ciò che descrive ildocumento La Vita Fraterna in Comunità: La comunità re-ligiosa si cambia, allora, in un luogo in cui ogni giorno si ap-prende ad assumere quella mentalità rinnovata che permette divivere quotidianamente la comunione fraterna con la ricchez-za dei diversi doni e, allo stesso tempo, fa sì che questi doni con-vergano nella fraternità e nella corresponsabilità nel suo pro-getto apostolico (39).

Il nostro itinerario formativo e la Parola di Dio

La Parola di Dio letta, contemplata, studiata, vissuta è unodegli alimenti fondamentali del nostro itinerario formativolungo tutta la vita. Essa costituisce il cuore della vita spiri-tuale che, grazie al Vaticano II, la Vita Religiosa ha recupe-rato. Gesù apre gli occhi dei discepoli di Emmaus a partiredalla Scrittura, il suo messaggio programmatico a Nazaret siispira ad un testo di Isaia, e, ormai vicino alla morte, la suaconversazione con Mosè ed Elia sul Tabor fa riferimentoalla Legge e ai Profeti. Per questo San Paolo dirà al suo di-scepolo Timoteo: Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dioe utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giu-stizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato perogni opera buona (2Tm 3, 16-17).

La Scrittura è un dinamizzatore essenziale della nostra vita diFratelli, come ci dice la Regola: Per entrare e vivere nello spiri-to del loro Istituto, i Fratelli si nutrono continuamente della Pa-rola di Dio che studiano, meditano e condividono tra loro.Hanno un profondissimo rispetto per la Sacra Scrittura, special-

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mente per il Vangelo, loro ‘prima e principale Regola’ (R 6).

Vale la pena soffermarsi un poco su ciò che il Fondatore giàci proponeva nella Regola del 1718 e che ha dato origine al-l’attuale articolo 6 della Regola. I Fratelli di questa societàavranno profondissimo rispetto per la Sacra Scrittura; e, permanifestarlo, porteranno sempre con sé il Nuovo Testamento, enon passeranno nessun giorno senza leggerne qualche parte,con sentimento di fede, di rispetto e di venerazione verso le di-vine parole che contiene, considerandolo come la loro prima eprincipale Regola.

E’ interessante ricordare che nello studio realizzato dal Fra-tello francese Adrien Roche ci viene offerto il dato provvi-sorio del numero di volte che il Fondatore cita la Bibbia:899 volte cita il Vecchio Testamento e 3.972 il Nuovo, e al-l’interno di queste citazioni, 1.165 sono degli scritti paoli-ni, per cui è facile dedurre l’influenza che San Paolo haavuto sulla sua spiritualità e nella sua vita. Per questo, nonc’è da meravigliarsi che ci inviti spesso a conoscere e inte-riorizzare la Parola di Dio, come uno degli elementi più im-portanti della nostra formazione e dell’efficacia apostolicadel nostro ministero. Così ci dice, per esempio, nella medi-tazione per la festa di san Marco: Avete cura di istruirvi benenelle sante massime che sono contenute nel Vangelo di questoSanto e di meditarle spesso, per poterle ispirare a coloro di cuisiete incaricati? La vostra prima cura a loro riguardo deve es-sere di far possedere la dottrina dei santi Apostoli, di dar lorolo spirito di religione e di far praticare ciò che Gesù Cristo ciha lasciato nel santo Vangelo (MF 116, 2).

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Questa ricca eredità lasalliana si è trasformata in una tradi-zione che, lungi dal perdere la sua validità, prende maggio-re forza. Nella Dichiarazione ci veniva detto: La ricchezzadella Congregazione sono i Fratelli che la constituiscono; la suaefficacia apostolica dipende dalla preparazione dei suoi mem-bri. Si ponga, quindi, in atto tutto il necessario per permette-re loro di lavorare con fiducia e ottimismo. A questo fine, sicuri di facilitare la loro formazione biblica e teologica indi-spensabile alla loro missione (D 38, 5). Il Congresso sullaVita Religiosa, a sua volta, ci diceva che una seria forma-zione biblica può aiutarci ad affrontare criticamente i fon-damentalismi, gli spiritualismi e i devozionalismi che oggici minacciano.

La Parola di Dio ci introduce in una vera scuola di pre-ghiera. Pregare con la Parola è in primo luogo lasciare chemi penetri, è lasciarmi permeare da lei, accoglierla. Dio miparla e io lo ascolto con cuore aperto. Come Maria che con-servava tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2, 51). Mi guar-do nello specchio di questa Parola, paragono la mia vita conla Parola letta o ascoltata. Pregare con la Parola è lasciarsgorgare la mia preghiera. Pace, gioia, lode, gratitudine, do-lore, desiderio di cambiare: tutto ciò che sgorga dal miocuore lo dico al Signore in modo semplice e spontaneo. Pre-gare con la Parola vuol dire annunciarla. Sento che la Paro-la pregata non è solo per me, ma che la debbo condividere,che la debbo rendere vita. In questo senso l’anno liturgicoci offre un mezzo straordinario e quotidiano per la nostraformazione. In modo particolare, la persona consacrata impa-ra a lasciarsi plasmare dall’anno liturgico, alla cui scuola rivi-ve gradualmente in sé i misteri della vita del Figlio di Dio con

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i suoi stessi sentimenti, per ripartire da Cristo e dalla sua Pas-qua di morte e risurrezione ogni giorno della vita (Ripartireda Cristo, 15).

Uno dei pericoli che ci minacciano oggi con la diminuzio-ne del numero dei Fratelli è la tentazione, che è presente inmolte Province, di riservare per loro posti amministrativi odi direzione, o il fatto che certi Fratelli giovani pensino chel’obiettivo più importante della loro formazione accademi-ca sia di occupare tali posti. Continuare a dare la priorità aduna solida formazione biblica può favorire il fatto che moltiFratelli continuino ad essere attivamente impegnati nellacatechesi e nella pastorale, come desiderava il Fondatore.Voi siete stati posti da Dio per succedere ai santi Apostoli nel-l’esposizione della dottrina di Gesù Cristo e nell’affermazionedella sua santa legge nello spirito e nel cuore di coloro a cui l’in-segnate quando fate catechismo, che è la vostra principale fun-zione (MF 145, 3).

Per questo la Regola, raccogliendo questa intuizione dellenostre origini, ci dice: I Fratelli considerano il lavoro di evan-gelizzazione e di catechesi, mediante il quale collaborano allacrescita della fede dei battezzati e all’edificazione della comu-nità ecclesiale, come la loro “principale funzione”. Tale con-vinzione guida la loro formazione e la scelta dei compiti a cuisono destinati” (R. 15). Questo si applica pure ai Fratelli cheesercitano il loro ministero in mezzo ad altre religioni, per-ché sappiamo che il dialogo interreligioso e la formazioneumana constituiscono già uno straordinario mezzo di evan-gelizzazione.

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Il nostro itinerario formativo e il Fondatore

Dobbiamo vivere il nostro itinerario formativo alla luce del-l’itinerario del nostro Fondatore. Questo significa prima ditutto essere fedeli al suo spirito, alle sue intenzioni specifi-che e alle sue intuizioni spirituali e pedagogiche. Come ciha ripetuto tante volte Fr. Michel Sauvage, fedeltà non si-gnifica ripetere, né prendere il Fondatore come un idolo,un oracolo, un rifugio, una costrizione o un arsenale. Lodobbiamo sentire piuttosto come un ispiratore che ci invi-ta a vivere il suo carisma con la libertà dei figli di Dio e inrisposta alle necessità del nostro tempo.

Una delle preoccupazioni maggiori che ho a questo riguar-do è che durante la formazione iniziale, particolarmentedurante lo Scolasticato, a causa degli studi civili, non si diail tempo sufficiente ai giovani Fratelli per approfondire lenostre radici e fare uno studio serio ed esigente delle nostreorigini e della spiritualità lasalliana. E’ necessario fare unalettura esistenziale e impegnata che non separi gli scritti dal-l’itinerario del Fondatore e dei primi Fratelli, che integri lospirituale con il pedagogico e che ci permetta di illuminareil nostro itinerario alla luce di quello che lui ha percorso.

La Regola ci ricorda l’itinerario di fede vissuto dal Fonda-tore e ci invita ad entrare, sul suo esempio, in un processodi crescita umana, spirituale e apostolica lungo la nostravita. In risposta al piano di Dio su di lui, san Giovanni Bat-tista de La Salle ha fatto della sua vita un itinerario di cresci-ta costante nella fede e ha avuto cura di assicurare ai suoi di-scepoli un accompagnamento spirituale adeguato. Seguendo il

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suo esempio, i Fratelli sono invitati a inserirsi in un processo dicrescita umana, spirituale e apostolica per tutta la vita (R 81).

Come sappiamo, è importante leggere le Meditazioni che ciha lasciato il Fondatore in chiave autobiografica. A partireda questa lettura, possiamo comprendere meglio il suo iti-nerario e scoprire le sue intuizioni. Penso alla vita del Fon-datore quando ci invita ad abbandonarci alla provvidenza diDio, come l’uomo che si mette in mare senza vele né remi (MF134, 1). Esperienza di vita che Charles Péguy esprime conqueste parole: Per favore, siate come l’uomo che è in una barcasul fiume e che non rema costantemente, ma a volte si lasciaportare dalla corrente. La corrente di un Dio che guida la sto-ria degli uomini.

Per noi, san Giovanni Battista de La Salle è maestro di pre-ghiera. La Spiegazione del Metodo di Orazione e le Medi-tazioni del Tempo del Ritiro sono un tesoro di famiglia. Atempo e contro tempo il Fondatore ci invita ad essere uo-mini interiori, capaci di riconorcersi abitati dallo Spirito, ea scoprire questo stesso Spirito nei nostri Fratelli, nei ragaz-zi e giovani, nel mondo e nella Chiesa. Non c’è dubbio cheil Fondatore “continua ad ispirare e sostenere” (R 149) la no-stra vita di preghiera. Però, soprattutto, il Fondatore deveessere per noi un testimone, il cui itinerario spirituale diuomo di fede, avvinto da Dio e impegnato nella sua operadi salvezza, di contemplativo nell’azione, che riconosce lapresenza viva e attiva del Signore nella sua propria storia, diuomo sempre disponibile all’azione dello Spirito, sostiene ilnostro camminare per poter vivere “guidati da Dio, mossidal suo Spirito e con intenzione di piacergli” (R 6), attraverso

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il nostro ministero di educazione cristiana.

Un altro aspetto su cui insiste il Fondatore in riferimentoalla formazione dei Fratelli è quello della preparazione chedebbono avere per portare il Vangelo nel mondo dell’educa-zione. E’ un tema ricorrente in molte delle sue Meditazioni.Così, per esempio, ci dice: Avete l’obbligo, per il vostro stato,di anunciare tutti i giorni le verità del Vangelo. Praticate quel-le che sono abituali per tutti i cristiani, prima di insegnarle aglialtri… Ma siate sicuri che non le renderete efficaci per gli altri,se non nella misura in cui avranno prodotto effetto in voi. Fatein modo che sia così, senza tardare (MF 138, 3). Di conse-guenza, non si tratta di una conoscenza libresca, ma diun’autentica esperienza spirituale personale: Voi esercitate unministero che richiede molto zelo; ma questo zelo sarà poco utilese non produce il suo effetto; e non potrà produrlo se non saràfrutto dell’amore di Dio che è in voi (MF 171, 2).

Questo sarà possibile, ci dice, se vi applicate a ben conoscerela dottrina cristiana che dovete insegnare ai vostri alunni, e ainfondere in loro la pietà mediante i vostri salutari insegna-menti (MF 174, 1). E aggiunge che Dio si avvale delle lucinaturali e acquisite attraverso le scienze umane, per portare gliuomini fino a Lui (MF 175, 1). Il Fratello molte volte si vedeobbligato a sostituire i genitori; questo richiede una prepa-razione fuori del comune: Voi dovete istruire, talvolta, dei ra-gazzi che non conoscono Dio, perché sono stati educati da geni-tori che non lo conoscono neppure loro. Cercate di conoscerlotalmente bene, attraverso la lettura e la preghiera, da essere incondizione di farlo conoscere agli altri e di farlo amare da partedi tutti coloro a cui l’avrete fatto conoscere (MD 41, 3).

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E il Fondatore ci suggerisce mezzi molto concreti di forma-zione: Non potete ignorare nessuna di queste verità e non soloin generale; ma è molto importante che conosciate ciascuna diqueste verità in modo così esteso da farle comprendere chiara-mente e in dettaglio ai vostri discepoli (MTR 198, 1); doveteessere così pieni di Dio e infiammati di amore per la sua santalegge, in modo che le vostre parole abbiano il loro effetto sui vo-stri discepoli (MF 100, 2); di conseguenza, studiate il catechi-smo, leggete buoni libri, applicatevi con fervore alla preghierae, secondo lo spirito del vostro Istituto, mortificate lo spirito e isensi (MF 153, 1). E in quest’ultima Meditazione ci dà unavvertimento severo: Dovete istruirvi a fondo nelle verità permezzo dello studio, perché la vostra ignoranza sarebbe crimi-nale, visto che causerebbe l’ignoranza di coloro che vi sono af-fidati (MF 153, 1).

Già ritirato a Rouen, un anno prima della morte, nel 1718,il Fondatore manifesta l’importanza che attribuisce alla for-mazione iniziale nella tappa del Noviziato (che praticamen-te comprendeva tutta la preparazione del Fratello prima dientrare nella scuola poiché nel suo secondo anno si iniziavail futuro Fratello al lavoro pedagogico con esercizi pratici perla classe e il catechismo), con un richiamo di attenzione aFratel Barthélemy, allora già Superiore Generale: Vi scrivo,carissimo Fratello, molto meravigliato di vedere il vostro novi-ziato nello stato in cui è: due o tre novizi che non sono formatia niente, e che non osservano meglio le Regole che se fossero ap-pena entrati nella casa. Ci sono poi cinque postulanti, pienidelle loro passioni e che non hanno quasi nessun esempio. Sic-come il nuovo maestro dei novizi non è neppure lui formato peril suo compito, e non sa quasi ciò che deve fare, né ciò che i no-

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vizi debbono fare... Non credo di aver visto, almeno da un grannumero di anni, un noviziato simile nella comunità: e voi pen-sate con questo di aprire nuove istituzioni! (CI 4, 1-4).

Sappiamo, d’altra parte, l’importanza che dava ai Ritiri spi-rituali e alle Assemblee dei Fratelli, come mezzi privilegiatidi formazione, come anche all’accompagnamento persona-le di ogni Fratello per mezzo della risposta alla lettera chemensilmente gli inviava (cfr. Maillefer 82, CL 6).

Il nostro itinerario formativo, i giovani e i poveri

Una delle mete prioritarie del nostro itinerario formativo èla missione. Non ci formiamo, in primo luogo, per sentircirealizzati a livello personale, per crederci superiori agli altri,per vantare titoli e saperi o occupare posti di prestigio, eneppure si tratta di un esercizio narcisista, ma fondamen-talmente di un servizio. Sappiamo che la nostra fede, se-condo il Vangelo, non si misura in chiave di perfezione per-sonale ma in chiave di impegno (Mt 25). Tale deve essereanche la finalità ultima del nostro itinerario formativo,come ci chiede la Regola: i Fratelli sviluppano i talenti natu-rali e la competenza professionale per renderne beneficiari glialtri (R 32b).

La nostra missione, secondo la Regola, è di procurare un’e-ducazione umana e cristiana ai giovani, specialmente poveri(R 3). La nostra missione consiste nell’aiutare a mantenereviva la ricerca di soluzioni per le inquietudini esistenzialidei giovani che educhiamo. La nostra missione è di aiutaread acquisire un’adeguata gerarchia di valori che dia senso

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alla vita umana. La nostra missione deve favorire lo svilup-po dell’interiorità, dell’amore gratuito, dell’impegno gene-roso. La nostra missione è di far in modo che i giovani in-tegrino nella loro persona il razionale con l’emotivo; i sen-timenti e gli istinti, la volontà e la fragilità. La nostra mis-sione parte dai giovani poveri, verso cui dobbiamo essereparticolarmente sensibili, perché possano vivere con digni-tà; la nostra missione ci deve aprire gli occhi sulle nuove po-vertà per cercare risposte creative ed efficaci. La nostra mis-sione è portare il Vangelo in forma di annuncio e/o di dia-logo nel mondo della educazione.

Giovani e poveri debbono essere riferimento obbligato delnostro itinerario formativo. Essi, in certo modo, sono i no-stri fondatori, perché siamo nati per rispondere alle loro ne-cessità. Per loro dobbiamo rinnovare permanentemente lanostra missione educativa ed evangelizzatrice. Per loro dob-biamo favorire una formazione che ci permetta sia l’incul-turazione nei loro mondi, sia l’interculturalità nel loro ser-vizio.

I giovani sono una nuova notizia per il mondo, però dob-biamo chiederci come fare perché la Buona Notizia di Gesùsia buona notizia per loro, perché siano aperti al messaggiosalvifico che Dio offre loro attraverso la nostra mediazione.Il primo mezzo è conoscere e sentire empatia per il loromondo. Il sociologo uruguayano Ernesto Rodríguez, Diret-tore del Centro Latinoamericano sulla Gioventù, racco-mandava in una conferenza data nel 2004 all’Università deigesuiti di El Salvador, che oltre ad assistere a gruppi e semi-nari, a leggere articoli che siano prodotto di varie ricerche in

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relazione ai giovani o dipendere dalle informazioni più recen-ti sul tema della gioventù, è conveniente cominciare a vederecon atteggiamento positivo i programmi e i canali della televi-sione preferiti dai giovani e dalle giovani, assistere a eventi checoncentrano grandi quantità di giovani per capire cosa offronoo cosa propongono loro, ascoltare la musica che loro utilizzanoe rendersi conto di quali sono i messaggi che in questa vengonoproposti, leggere le poesie che scrivono… insomma, avvicinarsiamichevolmente al loro mondo per capire come sono e perchéagiscono in modo differente dalle persone adulte (Diakonía,luglio-settembre 2005).

In relazione ai poveri, la Regola ci segnala, ispirandosi alFondatore, come i poveri per i quali nacque l’Istituto deb-bono essere sempre presenti nei nostri progetti di formazio-ne. Nella linea del Fondatore, i Fratelli programmano il pro-prio sviluppo personale e comunitario, intellettuale e spiritua-le, alla luce di una conversione progressiva verso i poveri (R40b). La gravità della povertà crescente costituisce una sfidache interroga e interpella la nostra missione e di conse-guenza la nostra formazione. Per questo il 42º Capitolo Ge-nerale raccomandava ai Visitatori: Il Fratello Visitatore invi-ti i Fratelli che usufruiscono di un aggiornamento ad include-re in tale programma di formazione un’esperienza di inseri-mento in ambienti sfavoriti (Circ. 435, pag. 25). D’altraparte la Regola chiede ai responsabili delle Regioni e delleProvince di pianificare l’evoluzione delle opere in modo che sidia sempre maggiore ed effettiva priorità al servizio diretto deipoveri. Per tale ragione, tale piano include la previsione deimezzi per trovare o formare collaboratori che permettano didisporre di alcuni Fratelli per il servizio dei poveri (R 40a).

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Nel nostro itinerario formativo i poveri debbono essere inostri maestri. In primo luogo, perché in Gesù la salvezza siè rivelata come mistero di povertà e non possiamo capireGesù né il suo mistero se non a partire dai poveri, che sonoun luogo privilegiato della sua manifestazione. Dio si èespresso in Gesù nella cultura della povertà... E per capireGesù, l’universo dei poveri è il luogo privilegiato per contem-plarlo... Inoltre i poveri saranno i nostri maestri e formatorinella generosità con cui condividono, e nella frugalità e man-canza di sicurezza con cui vivono. Poi i poveri saranno per noi,come lo sono stati per Gesù, i destinatari privilegiati della no-stra missione (Benjamín González Buelta, S.J.).

Di conseguenza, la progressiva conversione ai poveri deve es-sere un criterio del nostro itinerario formativo. Questo devepermetterci di avere una visione critica della realtà, di ren-derci sensibili alle necessità e sofferenze dei poveri e op-pressi, di scoprire le radici della povertà, di promuovere lagiustizia, di prepararci a servirli (R 14). Coscienti che taleservizio suppone l’amore ma anche la competenza. Compe-tenza senza amore è come mani senza cuore, però amore senzacompetenza è come cuore senza mani (Calisto Vendrame,M.I. Camilliani). E attenti all’invito che ci rivolge la Rego-la, che chiede a ogni Fratello, spinto dallo zelo e nell’atteg-giamento di Cristo servo, di sforzarsi di migliorare costante-mente la professionalità, la qualità delle relazioni, la testimo-nianza della vita e il vigore della fede (R 21).

Senza neppure dimenticare che il Padre, qualunque sia lanostra età, ci spinge sempre a donarci e a offrire la vita perla salvezza del mondo, in una missione sempre rinnovata.

Perché, secondo la Regola, quando parla dei Fratelli che acausa dell’età o di altre limitazioni sono obbligati a dimi-nuire il ritmo della loro missione, anche allora, motivatidalla fede e dallo zelo, essi cercano una forma adattata del loroministero, come risposta a un nuovo appello di Dio. Sono allo-ra sostenuti dai Fratelli della comunità e dai Superiori nellascoperta e nell’attuazione di impegni apostolici adatti a loro erispondenti alla finalità dell’Istituto (R 16d).

Il nostro itinerario formativo e l’Associazione

Fratelli e Laici ci formiamo per condividere lo stesso mini-stero ecclesiale e insieme incarnare lo stesso carisma, ognu-no a partire dalla sua identità specifica. La formazione perla Missione condivisa deve essere prioritaria, tenendo contodello stile lasalliano di educazione: preferenza per i poveri,dimensione evangelizzatrice, protagonismo di chi si educa,spirito di fraternità, e unità esistenziale tra fede e vita. Il 42ºCapitolo Generale ci dice: La formazione iniziale e perma-nente dei Fratelli e Laici terrà conto della Missione condivisa,come anche di una teologia attualizzata del laicato e della VitaConsacrata, affinché tutti comprendano di che si tratta, ap-portino il proprio contributo e assumano vere responsabilità inrelazione diretta con la propria identità (Circ. 435, pag. 33).

E qualche anno prima del Capitolo del 1993, nella nostraRegola si rivolgeva una chiamata concreta a Fratelli e Laicia prendere sul serio il loro processo formativo in funzionedella comune missione: Per compiere meglio la loro missione,i Fratelli e i loro Collaboratori verificano e rinnovano il pro-getto educativo e si preoccupano della propria formazione per-

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manente (R 13d). Senza dubbio oggi questo linguaggio cipuò apparire inadeguato o almeno incompleto. Non solociascuno, ma insieme e aiutandosi reciprocamente. Oggiabbiamo centri di formazione permanente comuni per Fra-telli e Laici in alcune Regioni dell’Istituto e abbiamo tenu-to le due sessioni del CIL a livello internazionale per la for-mazione di Fratelli e Laici, richieste dal 43º Capitolo Ge-nerale: ambedue le esperienze con risultati eccellenti. A li-vello di formazione iniziale si aprono timidamente nuovipercorsi, che senza dubbio si svilupperanno progressiva-mente nel futuro.

E’ bello vedere questi gruppi, che rappresentano la diversi-tà della Regione o l’internazionalità dell’Istituto e della Fa-miglia Lasalliana, uniti in una stessa vocazione a vivere se-condo il carisma di san Giovanni Battista de La Salle, a par-tire dalla propria identità come Fratelli o come Laici. Sitratta di prendere coscienza del fatto che siamo, come dice-va il Fondatore nelle Meditazioni per il Tempo del Ritiro,cooperatori e ambasciatori di Cristo e della sua Chiesa, an-geli custodi dei nostri alunni... Si tratta di vivere la nostravocazione rispettiva come chiamata di Dio per costruire ilsuo Regno per mezzo dell’educazione umana e cristiana eispirandosi ai valori lasalliani. Si tratta di vivere un itinera-rio formativo che ci permetta di continuare ad essere gli unie gli altri strumenti di salvezza per i giovani, specialmentedi quelli che hanno più bisogno di noi.

Si tratta di scoprire negli avvenimenti e nelle persone, so-prattutto nei poveri, e illuminati dalla Parola, il piano salvi-fico di Dio, come il Fondatore, sempre attento a lasciarsi

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impressionare dalla realtà alla luce della fede. Questa espe-rienza la possono vivere, a partire dal proprio credo, altri la-salliani impegnati con noi nella costruzione di un mondopiù umano a partire dall’educazione.

Il 43º Capitolo Generale ci ha pure segnalato alcune tracceda seguire in relazione alla formazione permanente di Fra-telli e Laici. Per esempio, nella raccomandazione 4 si chie-deva che la formazione di Fratelli e Collaboratori fosse unapriorità dell’Istituto nei sette anni. E lo stesso Capitolo chie-deva ai responsabili dei piani di formazione lasalliana nel-l’Istituto di assicurare che questi offrano un’esperienza di in-serimento nell’ambito del servizio educativo dei poveri, che siasignificativa nella sua natura, durata e accompagnamento(Proposta 11, Circ. 447, pag. 19).

La formazione per l’associazione deve tener conto delle ra-dici antropologiche, giacché la persona umana è un esserein relazione e aperto alla comunione; delle radici biblicheche ci ricordano che siamo chiamati ad essere il popolo diDio, sempre in cammino; delle radici ecclesiologiche che cipermettono di vivere la fede come avventura comunitaria econdividere i carismi ricevuti dallo Spirito ed essere apertial dialogo ecumenico e interreligioso; delle radici lasallianeche alimentano la nostra spiritualità e la nostra missione.

E’ evidente che il futuro della missione lasalliana dipenderàin gran parte dalla formazione di coloro che l’hanno inmano. Uno dei ministeri più importanti del Fratello oggi èquello di essere memoria del carisma per gli altri membridella Famiglia Lasallana. E, nello stesso tempo, in atteggia-

mento umile dobbiamo essere aperti a ricevere le ricchezzeche i laici ci possono apportare, come dice il documentoVita Consecrata: Non è raro che la partecipazione dei laiciporti a scoprire insperate e feconde implicazioni di alcuniaspetti del carisma, suscitando un’interpretazione più spiritua-le, e spingendo a trovare valide indicazioni per nuovi dinami-smi apostolici (VC 55). Gli uni e gli altri dobbiamo sentirciricchi per dare e poveri per ricevere.

Mi sembra importante ricordare che il mondo che si creaattorno a un progetto educativo lasalliano non esiste solo infunzione della missione che realizza, ma tocca anche unambito di crescita personale, familiare e comunitaria. Equesto perché ogni centro lasalliano deve essere un luogo divita che permetta l’incontro con differenti gruppi, il con-fronto delle idee, il rinnovamento dell’esperienza familiare,la partecipazione liturgica e sacramentale, il dialogo interre-ligioso, la risposta alle inquietudini esistenziali attraversouna spiritualità condivisa. Tutti elementi che devono esserepresenti in un processo integrale di formazione.

Conclusione

Voi esercitate un compito che vi pone nell’obbligo di toccare icuori; non potrete farlo se non per mezzo dello Spirito di Dio.Pregatelo che vi conceda oggi la stessa grazia che ha concesso aisanti Apostoli e che, dopo avervi riempito del suo Spirito persantificarvi, ve lo doni anche per procurare la salvezza deglialtri (MD 43, 3).

Non possiamo dare ciò che non abbiamo. Questo testo del

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Fondatore per la festa di Pentecoste mi sembra uno dei piùbelli usciti dalla sua penna, per questo mi azzardo a ripeter-lo una volta di più. Bello e profondo. Ciò di cui si tratta èriempirci dello Spirito per poterlo trasmettere poi ai nostrialunni, alle persone a cui si rivolge il nostro ministero o aiFratelli che accompagnamo. Credo che questo sia il culmi-ne del nostro itinerario formativo: lasciare che lo Spiritoagisca in noi e sia nostro maestro spirituale. Si tratta, comedice la Regola, di essere fedeli anzitutto a Gesù Cristo, al suoVangelo e al suo Spirito (R 142).

Il nostro itinerario formativo ci invita a non fermarci, ad es-sere sempre aperti al cambiamento e a guardare verso il fu-turo. La nostra meta è escatologica. Il domenicano Felicísi-mo Martínez ha segnalato tre sintomi che possono manife-stare che siamo chiusi nel passato: la priorità data alla ripa-razione degli edifici, alla cura degli archivi, alla moltiplica-zione dei programmi e regolamenti. Oggi, la chiamata che cirivolge la Chiesa è molto differente. Ci invita a: riprodurrecon valore l’audacia, la creatività, e la santità dei (nostri) fon-datori... Però è anche la chiamata a cercare la competenza nelnostro lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propriamissione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuovesituazioni e alle diverse necessità, in piena docilità all’ispirazio-ne divina e al discernimento ecclesiale. Deve restare viva, poi,la convinzione che la garanzia di ogni rinnovamento che vuoleessere fedele all’ispirazione originaria consiste nella ricerca dellaconformazione sempre più piena al Signore (VC 37).

Il Padre Giacomo Bini, antico Ministro Generale dei Fran-cescani, esprimeva la stessa idea con queste parole che sono

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una sfida: Ordinariamente, un Istituto muore storicamentequando si abbarbica solo alla stabilità “archeologica” delleforme, lasciando soprattutto prevalere la logica della conserva-zione a scapito della logica della conversione. Così, in questomodo, la storia viene ad essere una solenne apologia e celebra-zione trionfale di un passato da raccontare. Tutto questo puòsoddisfare, però anche addormentare! Infatti, una “politicaconservatrice” arroccata in motivazioni storiche e atteggiamen-ti di un vago sapore romantico, è sempre distruttiva: non offrepossibilità di generare progetti vitali nuovi, né di creare dina-mismo e entusiasmo (Giacomo Bini, OFM).

E lo stesso Padre Bini, nella sua relazione al Capitolo Ge-nerale del 2003, proponeva ai francescani una specie di mo-ratoria per risituarsi nella storia di oggi e incarnare meglioil carisma originale. Le sue parole profetiche sono le se-guenti: Non possiamo continuare a lasciarci guidare dalla“sindrome di sopravvivenza” o dell’attivismo. Dobbiamo averela forza di fissare un “moratorium” più o meno lungo, indivi-dualmente o in fraternità, per riorientare la nostra vita, per“tornare al Padre” (Vida Religiosa, Madrid, vol. 100, quad.1, 2006). Personalmente, penso che nel nostro caso talemoratoria potrebbe essere lo straordinario esercizio di for-mazione che ci viene richiesto a livello di Istituto perchétutti riflettiamo, in vista del Capitolo Generale, su EssereFratelli oggi.

In uno degli edifici pubblici di San José, la capitale del miopaese, sono scolpite le parole di un poeta nazionale cheesprimono l’idea che mai l’oscurità è più forte di quando staper spuntare il giorno. Sono parole che forse suggeriscono

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ciò che più di una volta possiamo sperimentare. La recenteAssemblea internazionale della Missione Educativa e del-l’Associazione lasalliana e il 44º Capitolo Generale che è alleporte, sono senza dubbio una luce che può illuminare que-sto lento albeggiare che tutti desideriamo, e il nostro proprioitinerario formativo. Per questo vorrei terminare la mia let-tera con le parole di un altro poeta che vi invito a far nostre.

E’ tardi,però è la nostra ora.E’ tardi,però è tutto il tempoche abbiamo in manoper costruire il futuro. E’ tardi, però siamo noi questa ora tardiva. E’ tardi, però è l’alba, se insistiamo.

Mons. Casaldáliga

Fraternamente in De La Salle:

Fratel Álvaro Rodríguez EcheverríaSuperiore Generale

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