Il nostro futuro: un progetto e non un destino

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Maura Franchi  Il nostro fut un progett non un dest L’inquietudine nel t di Facebook  Marzo 2011  ro: e ino mpo

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Maura Franchi Il nostro fut

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L’inquietudine nel t 

di Facebook  Marzo 2011

 

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Il nostro futuro: un progetto e non un destino -L’inquietudine nel tempo di Facebook 

L’idea della scelta accompagna il processo diindividualizzazione: l’individuo si libera dai vincoli ereditatie può fare di sé un “progetto” e non un destino. Nellasocietà odierna, ogni cosa è ricondotta alla nostraresponsabilità: la salute (e quindi l’alimentazione), il lavoro(è un nostro compito costruire le condizioni della nostraoccupabilità), le relazioni (sono l’esito della nostra capacitàdi costruirle).

Contenuti

Alcune domande 3

Il desiderio è mancanza 3

La scelta: un “progetto” e non un destino 4

L’errore: il principale veicolo di apprendimento 5

Il richiamo alla responsabilità 6

L’inquietudine si colora di valenze “inquietanti” 7

Rischio della con-fusione 8

Note sull’autore 9

Festa dell’Inquietudine – Inquietudine & Futuro 10

Immagine di Copertina da: alessandroguidi.net 

Tag: inquietudine e futuro, scelta, errore, responsabilità,inquietudine e facebook,

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Alcune domande 

Perennemente chiusi nelle cuffie dell’ipod, immersi nelleimmagini sullo schermo del pc, impegnati a garantire la

costante presenza in uno o più dei network a cuiapparteniamo, quale spazio resta all’ascolto della nostrainquietudine? Come cambia la nostra percezione di individuiunici in un tempo che, attraverso la socialità, tende aduniformare comportamenti e linguaggi?

Il desiderio è mancanza

Senza l’idea di individuo non esisterebbe il concetto didesiderio, un’idea che prende corpo via-via che la società silibera dal bisogno. Non ci sono desideri quando prevalgono ibisogni, non avere soddisfatto i bisogni elementari noncomporta inquietudine, ma solo sofferenza, disagio.

Desiderio e mancanza wwwrasigancom.blogspot.com

Non è solo la libertà dal bisogno

a consentire l’emergere deldesiderio, ma è anche l’idea chesia legittimo aspirare allafelicità. Solo ad un certo punto,nella storia, si afferma questaidea. Per lungo tempo la felicitàè stata rinviata ad una vita altra

da quella terrena.Il desiderio è per definizioneinquieto, perché si sposta dicontinuo verso altri obiettivi.

“Non sei mai contento” ci dicono da bambini o daadolescenti quando, di fronte ad un regalo, o ad unaconcessione, avanziamo altre richieste. Un commento in

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palese contraddizione rispetto alla regola del desiderio:quella di non essere mai pago.

Il desiderio è mancanza. Ed è, per sua natura, sganciato da

un oggetto specifico e da un obiettivo preciso, se così fosse,parleremmo di progetto, non di desiderio. Il desiderio sta trala mancanza e l’attesa, ma per questo è destinato a restareinappagato, nel senso che nel momento in cui vieneappagato si annulla. L’esito del desiderio appagato è solouna copia del desiderio che lo aveva innescato, in ogni casonessun desiderio appagato chiude e sazia l’atto deldesiderare.

Il desiderio indica un’apertura verso ciò che nonconosciamo, non abbiamo realizzato e talvolta nemmenosperimentato, per definizione implica inquietudine.

La scelta: un “progetto” e non un destino

La scelta è l’altro termine chiave che si associa alla libertàdi scegliere. L’idea della scelta accompagna il processo diindividualizzazione: l’individuo si libera dai vincoli ereditatie può fare di sé un “progetto” e non un destino.

Fonte: arthazone.com

Assumiamo che esista libertàdi scelta rispetto ai modi incui vogliamo condurre la vita,

ne siamo gelosi custodi. Lalibertà delle traiettorie divita si accompagna alsentimento dell’unicità diogni biografia.

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 Questa idea non è sempre stata presente ntempi antichi prevaleva l’idea di desticonvinzione che gli uomini fosser

autodeterminarsi.La scelta nella società attuale è in granconsumo e propone un’altra questione: l’ecLa quantità delle alternative a disposiziampliata che nessuno potrebbe affermare didi scegliere in modo razionale l’alternL’eccesso di scelta rischia di condurci asoddisfazione e ad una più accentuata inquiet

L’errore: il principale veicolo di apprendim

Emerge qui un’altra accezione del termine inderiva dalla possibilità di errore che si assoscelta, ma anche dalla sensazione di contindotta dall’eccesso.

L’errore è una dimensioneimplicita nel processo didecision making, anzil’errore è il principaleveicolo di apprendimento. Sipuò dire che gli esperti, in

qualunque campo, sonocoloro che hanno sbagliato dipiù.

L‘esercizio della verifica, la considerazioneesiti delle scelte compiute è undell’apprendimento. Ma un’eccessiva prverifica può produrre indeterminatezza.

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La libertà di scelta consente di trasformare (almeno inparte) un desiderio in progetto, ma ci espone al possibilesentimento del rimpianto.

Il richiamo alla Responsabilità

Qui entra in gioco un’altra parola chiave: responsabilità.Nella società odierna, ogni cosa è ricondotta alla nostraresponsabilità e la responsabilità ci espone alla colpa delfallimento. Viviamo immersi in un continuo bilancio di ciòche abbiamo o non abbiamo fatto.

Il richiamo alla responsabilità investe ogni ambito della vita:il lavoro è l’esito della capacità di costruire le condizionidella nostra occupabilità, la salute dipende dalla nostracapacità di seguire la “giusta” alimentazione ed è, quindi,anch’essa, una nostra scelta, le relazioni sono l’esito dellanostra capacità di costruirle e alimentarle.

Fonte: pinoytux.com

Facebook dice questo conassoluta evidenza. Cercare eottenere relazioni dipendeda noi, dalla capacità direndere attraente il nostroprofilo, dalla capacità diallestire la nostra vetrina

con immagini festose, ingrado di rendere noi stessioggetto di desiderio per glialtri.

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Le relazioni sono l’esito di un compito che dobbiamoeseguire con successo. Persino la felicità rientra nello stessoscenario: l’infelicità è il segno di un fallimento di cui siamo

chiamati a giustificarci. Lo dimostra il fatto che“giustifichiamo” con l’infelicità con il termine didepressione, riconducendo l’infelicità ad una malattia che larende “accettabile”.

L’inquietudine si colora di valenze “inquietanti”

L’inquietudine si colora di inadeguatezza, trovando, quindi,un’ulteriore accezione. Il tempo di internet ingenera l’ideache esista una risposta per ogni cosa e che il problema siasolo quello di cercarla. Se non troviamo la risposta è perchénon abbiamo saputo trovarla.

Abbiamo così l’impressione che l’inquietudine si colori divalenze via via più “inquietanti”: da desiderio mai pago –energia vitale, a rischio di errore a diffusa sensazione di

fallimento rispetto ad ogni risultato mancato che da dirittodiventa obbligo.

Curing the agitated restlessness and regret! 

Fonte: what-buddha-said.net

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Nel momento in cui la nostra vita è permanentemente messain vetrina, desiderio, individuo, scelta assumono uncarattere intrinsecamente relazionale. Il desiderio si

trasforma in desiderio mimetico, che scaturisce peridentificazione con la presunta felicità degli altri. Amiamociò che gli altri amano. Il principale desiderio è di esserericonosciuti, di essere visibili.

La libertà di scegliere si scontra con una infinita abbondanzache ci rende difficile attribuire una salienza alle alternative.Internet è l’emblema di un’informazione infinita: un’infinitasuperficie in cui tutte le risposte sono previste. Sonorisposte che restano, però, in attesa di domande.

Il nostro sguardo su di noi è filtrato dallo sguardo degli altri.Siamo esposti alle vite degli altri. Il successo ostentato dellevite degli altri – le foto delle vacanze, delle feste, i sorrisismaglianti ostentati, il gioco – alimentano la percezione diinadeguatezza per tutto ciò che resta al di sotto delleimmagini diffuse.

Rischio della con-fusione

Viviamo il rischio della con-fusione, l’assenza di confini tranoi e gli altri dalla cui presenza non ci allontaniamo mai.Come ritroviamo un po’ di silenzio rispetto alla perenneimmersione negli stimoli uditivi? Come ritroviamo un po’ di

vuoto per distinguere la mancanza e perché essa non siasaturata immediatamente di oggetti?

Come ritroviamo un po’ di solitudine per ascoltare la nostrainquietudine? Magari per soffrire in santa pace, come dicevaTroisi all’amico che cercava di consolarlo dalle penedell’abbandono nel film cult Credevo che fosse amore e

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invece era un calesse: “vai via, lasciamo solo, se ci sei tu midistrai, non soffro bene”.

Ovviamente questo non vuol essere un elogio della

sofferenza, né dell’isolamento, piuttosto l’invito a nonsmarrire il gusto per l’esercizio riflessivo che ci proietta“oltre” ciò che siamo e abbiamo ottenuto, verso altre sfide,o altre mete, che ci impedisce di identificarcicompletamente in un ruolo, in una posizione o in un gruppo.

Maura Franchi insegna Sociologia dei consumi eNeuromarketing all’Università di Parma.

Studia i comportamenti di consumo, preferenze estrategie di scelta, rivisitando le categoriesocioeconomiche alla luce delle neuroscienze.Attualmente si interessa dei network sociali e

della loro influenza sulle preferenze individuali.Tra le ultime pubblicazioni: Scelte economiche eneuroscienze. Razionalità, emozioni, relazioni,Carocci, 2009; Il cibo flessibile. Nuovicomportamenti di consumo, Carocci, 2009;Raccontare il consumo. Strumenti per l’analisi,Franco Angeli, 2008; Il senso del consumo, BrunoMondadori, 2007, Mobili alla meta. I giovani trauniversità e lavoro, Donzelli, 2005 

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