IL NON PROFIT ITALIANO...LA STORIA DEL NON PROFIT ITALIANO • Il Terzo Settore è un oggetto di...
Transcript of IL NON PROFIT ITALIANO...LA STORIA DEL NON PROFIT ITALIANO • Il Terzo Settore è un oggetto di...
IL NON PROFIT ITALIANO
Gaia Peruzzi
Strategie di comunicazione per PA e non profit
DEFINIRE IL NON PROFIT
Dare una definizione univoca non è semplice, per diverse ragioni:
1) È un settore fortemente eterogeneo, comprendente realtà anche
molto diverse tra loro.
2) È un settore emergente all’interno del quale concorrono fattori di
diversa natura (sociale, economica e politica).
3) Manca un filone di ricerca focalizzato sul non profit, soprattutto
sulle sue politiche identitarie e culturali.
Pagina 2
IL NON PROFIT
• Il non profit è un mondo costituito da organizzazioni di iniziativa
privata, ma vocate all’interesse comune, molto diverse fra loro
per storia, dimensioni, tipo e modalità di intervento.
Pagina 3
GLI ELEMENTI DISTINTIVI DEL NON PROFIT
3 elementi comunemente riconosciuti come distintivi del non profit
1.Natura mista pubblico – privato.
enti senza fini di lucro
posizione terza, intermedia, tra pubblico e privato
2. Sono ispirate a criteri di partecipazione e di democrazia, di
solidarietà e di inclusione sociale.
in assemblea si vota per testa
3. La loro funzione si esplica in un’utilità sociale, un bene per la
collettività, che in genere consiste nella produzione di
servizi
Pagina 4
LA QUESTIONE DEL NOME
• L’assenza di parametri identificativi in grado di offrire una definizione
oggettiva e condivisa del non profit ha creato anche incertezza
rispetto al nome.
• Non for profit, Terzo Settore, economia civile, economia
sociale, volontariato sociale, associazionismo, cooperative,
imprese sociali, Onlus sono solo alcune delle etichette con le
quali si indica il mondo che stiamo indagando.
• Ciascuno di questi nomi indica il soggetto inquadrandolo da
una diversa prospettiva.
• Non profit e Terzo Settore i termini più accreditati. Al momento
pressoché equivalenti
Pagina 5
• Non profit e Terzo Settore sono i termini più accreditati. Al
momento pressoché equivalenti
• La definizione di Non Profit fonda il suo potere di identificazione
sull’indicazione dei requisiti sostanziali comuni alle organizzazioni:
il non avere il profitto come obiettivo
• Terzo Settore, invece, rimanda all’esistenza di uno spazio, un campo
di azione dove agiscono le aggregazioni formate dalla libera iniziativa
dei cittadini e impegnate in cause votate al bene comune
dimensione capacitante dell’associazionismo
Pagina 6
I SETTORI DI INTERVENTO DEL NON PROFIT
I settori di impiego sono numerosi, tra questi:
• l’assistenza e il servizio sociale;
• il primo soccorso e la prevenzione del rischio;
• la difesa e la valorizzazione dell’ambiente e del territorio;
• la donazione (sangue, organi ecc.);
• La cultura, lo sport, la ricreazione;
• la filantropia;
• la tutela dei nuovi e vecchi diritti;
• l’istruzione e la ricerca;
• la promozione della partecipazione alla vita politica e sociale.
Pagina 7
IL LAVORO DEL NON PROFIT
1. L’impegno volontario. Gli enti non profit si avvalgono del contributo di
volontari. La presenza di volontari costituisce l’anima più pregiata del
Settore. Essa varia da struttura a struttura - è determinante nelle
associazioni di volontariato.
2. La dimensione del servizio. Il comune denominatore delle attività del
non profit è il servizio, ovvero l’attenzione specifica e imprescindibile alla
soddisfazione del destinatario.
Il servizio viene inteso come risultanza del processo produttivo di un’organizzazione, e indica la
componente relazionale e interattiva che accompagna il passaggio dell’oggetto trasferito
dall’erogatore al beneficiario dell’intervento (Manoukian1998)
Il servizio rappresenta la dimensione comunicativa del prodotto. Il servizio, forte della sua
natura interattiva, presta attenzione al destinatario del prodotto erogato, dando linfa alla natura
relazionale del processo in atto.
Pagina 8
3. Il radicamento nel territorio. La mission dell’organizzazione ha
sempre un riferimento concreto in un bisogno contingente,
geograficamente e storicamente situato. Gli enti devono conoscere il
territorio, farsi riconoscere da questo, e sapervisi muovere
4. La dimensione operativa di rete. Le associazioni tendono a fare rete
– networking –, cioè costruire rapporti di collaborazione con altri enti.
Tali rapporti possono essere sviluppati su trame orizzontali o verticali.
5. Il patrimonio di conoscenze possedute. Le associazioni sono
depositi enormi di conoscenze specialistiche e avanzate. Dal punto di
vista comunicativo, questo suggerisce che una strategia di
accreditamento pubblico potrebbe essere quella di farsi fonti su
determinati temi.
Pagina 9
LE FONTI DI SOSTENTAMENTO DEL NON PROFIT
1. Investimenti di privati cittadini
people e fund raising
promozione e pubblicità sociale
donazioni
1. Stanziamenti di enti pubblici
in riduzione costante nell’ultimo decennio
Pagina 10
LA STORIA DEL NON PROFIT ITALIANO
• Il Terzo Settore è un oggetto di studio relativamente recente anche
per gli storici.
• La storia del non profit è la storia delle organizzazioni
impegnate a lottare contro i disagi sociali, in una posizione che,
sia essa di collaborazione o di competizione con l’apparato
pubblico, a questo risulta comunque sempre intrecciata, in un
rapporto di reciproca interdipendenza.
Pagina 11
LA STORIA DEL NON PROFIT
• Nello Stato Italiano della seconda metà dell’Ottocento, il mondo che
oggi definiremmo non profit si presentava come un panorama
eterogeneo di istituzioni cattoliche di assistenza, carità e
beneficenza (ospedali, orfanotrofi, scuole e biblioteche).
• Parallelamente vennero istituite, da patrioti e garibaldini, le
prime associazioni di volontariato laiche per il soccorso nelle
emergenze e il sostegno quotidiano all’indigenza.
Pagina 12
BREVE STORIA DEL NON PROFIT
• Nei primi anni del ‘900 continuarono a fiorire associazioni locali di
intervento sociale.
• Con il fascismo si aprì un periodo di ostilità nei confronti delle
associazioni di origine civile, in nome del totalitarismo statale.
• Con la fine della guerra, e la nascita della costituzione, nacquero i
presupposti per favorire lo strutturarsi del terzo settore: “vi erano dei
principi importanti, che hanno fornito una copertura
costituzionale significativa all’affermarsi della solidarietà
organizzata”.
Pagina 13
LA COSTITUZIONE E LA RINASCITA DEL NON PROFIT
• La solidarietà politica, economica e sociale è affermata come un
dovere inderogabile sin dall’apertura del documento, nell’Articolo 2.
• Nell’Articolo 4, troviamo un’esplicita valorizzazione dell’homo socius,
ovvero del cittadino che si impegna per il progresso “materiale o
spirituale” della collettività.
Pagina 14
LA COSTITUZIONE E LA RINASCITA DEL NON PROFIT
• Oltre che nei Principi fondamentali, la piena autonomia dei corpi
sociali intermedi è ribadita in diversi articoli della Prima parte della
Carta, mediante il riconoscimento della libertà di organizzazione e di
associazione, della cooperazione, dell’iniziativa e della disciplina
privatistiche.
• Nel nuovo contesto repubblicano rinascono molte associazioni
rese silenti nel periodo della dittatura fascista.
Pagina 15
DAGLI ANNI ‘70
• Se, fino agli anni ‘60 e ‘70, la solidarietà era intesa solo come
beneficienza, negli anni seguenti, l’imprinting politico delle
rivendicazioni operaie e sindacali instaurò un rimando esplicito ai
valori di giustizia, di mutuo soccorso, di prevenzione e di
partecipazione.
• Dagli anni ‘80 l’egemonia dello stato in rapporto al Welfare andò ad
infrangersi, producendo il passaggio dal welfare state al welfare
community.
Pagina 16
WELFARE COMMUNITY
• Lo Stato mantiene un ruolo importante come erogatore di servizi,
oltre a quello di regista. All’operato di questo si inseriscono nuovi
attori: le famiglie e, appunto, le nostre organizzazioni.
• Dagli anni ‘90 vennero istituite la maggior parte delle leggi che
permisero di istituzionalizzare gli enti di Terzo Settore in Italia.
Pagina 17
CONCLUDENDO L’EXCURSUS STORICO
• La storia del nostro paese è fortemente intrecciata con quella
del Terzo Settore.
• Negli anni si è sviluppata, parallelamente all’impegno sociale di
natura missionaria, anche un’azione laica.
• Il volontariato si è saputo trasformare in un processo organizzativo
strutturato e professionale, aumentando la propria efficacia.
• Il terzo settore è stato un indubbio motore di modernizzazione del
Paese.
Pagina 18
Dimensione e caratteristiche del Terzo Settore
• Secondo l’Istat, in Italia sono attive oltre 300mila istituzioni del
Terzo Settore, che costituiscono il 6,4% delle unità giuridico-
economiche presenti sul territorio nazionale.
• Gli addetti sono circa 700.000, circa il 3,4% dei dipendenti totali in
Italia.
• I volontari sono 4,5 milioni.
• Dal 2001 al 2011 il Terzo Settore ha avuto uno sviluppo del +28%,
volontari, dipendenti e lavoratori temporanei salgono
rispettivamente del 39%, del 43% e del 48%.
• I collaboratori esterni registrano addirittura un boom: +169%.
Pagina 19
TIRANDO LE SOMME
• Le statistiche riportano come il Terzo Settore rappresenti un motore
importante dell’economia italiana, ed una delle principali attività
produttive del paese.
• Il non profit italiano appare dinamico ed innovativo.
• Un rapporto sul valore economico del Terzo Settore ha
sottolineato “l’elevata qualità del capitale umano” ivi presente,
mostrando come quest’ultimo rappresenti un campo di
eccellenza del Paese.
Pagina 20
LE ORGANIZZAZIONI DEL NON PROFIT
In questa sede è sufficiente conoscere e distinguere i principali soggetti
che tradizionalmente abitano questo mondo:
• associazioni di volontariato,
• associazioni di promozione sociale,
• organizzazioni non governative,
• fondazioni,
• cooperative sociali,
• Onlus.
Pagina 21
ASSOCIAZIONISMO
• L’associazionismo è la forma di organizzazione tipica del Terzo
Settore: nel senso che quando si parla di solidarietà organizzata si
fa comunemente riferimento a un mondo costituito da associazioni.
• È garantito e promosso dalla stessa Costituzione come espressione
di partecipazione, solidarietà, pluralismo.
Pagina 22
LE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO
• La legge definisce il volontariato quel tipo di attività prestata in
modo personale, spontaneo e gratuito, per fini di solidarietà e
mai di lucro.
• L’azione del volontario si realizza tramite un’organizzazione, e che
il mancato ritorno economico è da intendersi come assenza di
compensi (ma non di rimborsi).
• Disciplinate dalla L. 266/1991, le organizzazioni di volontariato si
avvalgono in modo determinante e prevalente delle prestazioni
dei volontari.
• La legge impone poi alle organizzazioni di volontariato la
democraticità della struttura, ovvero l’elettività e la non
retribuzione delle cariche elettive, e la gratuità delle prestazioni
erogate
Pagina 23
CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO
• Si tratta di associazioni di associazioni istituite su base territoriale
con funzione di progettare e gestire servizi per sostenere e
qualificare le attività delle organizzazioni di volontariato, le quali
risultano al contempo fruitori e controllori di questi organi.
• I CSV attivi sono oltre 70, con più di 300 sportelli, offrendo servizi di
sportello, servizi di formazione, di comunicazione, sostegno alla
progettazione.
• I CSV hanno garantito la costruzione di indispensabili infrastrutture
per il non profit.
Pagina 24
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
• Disciplinate dalla L. 383/2000, la quale riconosce come associazioni
di promozione sociale tutte le associazioni che si sono costituite per
svolgere attività di utilità sociale, senza finalità di lucro. Esclude da
questo insieme tutte quelle associazioni che si propongono
come fine la tutela esclusiva degli interessi dei propri associati
(es. partiti politici) o associazioni con restrizioni riguardo
l’ingresso dei soci (club)
• Diverse aree di sovrapposizione con associazioni di volontariato:
mission di utilità sociale, rivolta a terzi; governance democratica;
tendenza a costituire reti (comitati, federazioni, associazioni di associazioni)
• Differenze da associazioni di volontariato: in ops quota di volontari
non discriminante; ops possono assumere e retribuire i soci.
Pagina 25
LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE: ONG
• Disciplinate dalla L. 125/2014, sono enti impegnati in attività di
cooperazione allo sviluppo, per la promozione della pace e della
giustizia, lo sradicamento delle diseguaglianze, l’affermazione dei
diritti e della parità di genere.
• Le Ong si avvalgono abitualmente di personale altamente
qualificato, capace di lavorare in contesti delicati.
• Le Ong sono protagoniste del sistema della cooperazione italiana,
con Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Pagina 26
LE FONDAZIONI
• Le fondazioni sono organismi senza fini di lucro, basati su un
patrimonio e orientati a fini di pubblica utilità.
• Differentemente dalle associazioni, dove gli associati incarnano la
forza dell’ente, nelle fondazioni è il patrimonio ad assumere
questo ruolo. Tale patrimonio è asservito ad una causa.
• Dal momento in cui entra in vigore lo statuto che ne formalizza la
nascita, la fondazione diviene un ente indipendente dalla volontà dei
fondatori, assoggettata soltanto alle regole stabilite nell’atto
costitutivo.
• Le fondazioni hanno un’organizzazione verticistica.
• Alcuni studiosi ritengono che rappresentino un prodotto tipico
italiano, anche se hanno caratteristiche diverse di Paese in Paese.
Pagina 27
• Due modelli prevalenti: fondazioni operative e fondazioni erogative.
• Le fondazioni di erogazione elargiscono i proventi derivanti
dall’amministrazione del proprio patrimonio a soggetti terzi, in genere
organizzazioni non profit altamente specializzate e accuratamente
selezionate, in grado di fornire competenze molto qualificate.
• Le fondazioni operative svolgono direttamente le attività necessarie
alle finalità statutarie, e sono il tipo prevalente in Italia.
Pagina 28
LE COOPERATIVE SOCIALI
• Anche le cooperative sociali nascono in Italia.
• Sono organizzazioni produttive che si caratterizzano per il fatto di
riunire in sé due dimensioni: economica e sociale.
• Operano per un mercato civile: per un mercato cioè che, pur
accettando le regole di base della produzione e del commercio, non
sia orientato esclusivamente all’accrescimento del profitto.
Pagina 29
LA LEGGE E LE COOPERATIVE SOCIALI
• La legge distingue due tipi di cooperative sociali.
• Le cooperative sociali di tipo A si occupano della gestione di
servizi socio-sanitari e educativi (es. Hospices).
• Le cooperative sociali di tipo B si adoperano per il reinserimento
lavorativo dei soggetti svantaggiati, operando nei settori
dell’agricoltura, dell’industria, del commercio.
Pagina 30
LE ONLUS
• Onlus è l’acronimo di Organizzazioni Non Lucrative di Utilità
Sociale. Etichetta introdotta dalla Legge 460/1997 sul riordino della
disciplina tributaria degli enti non commerciali e non orientati al
profitto, meglio nota come Legge Zamagni. Lo status giuridico di
Onlus, nel mentre impone ad un ente di devolvere gli utili derivanti
dalle attività dell’organizzazione nell’assolvimento delle proprie
finalità istituzionali, gli concede delle agevolazioni fiscali.
• La vastità e genericità del campo delle Onlus le addita come una
delle cause della natura confusa e fin troppo eterogenea del Terzo
Settore.
• D’altro canto, è anche grazie a questa etichetta che le
organizzazioni di Terzo settore sono emerse all’attenzione
pubblica come un attore sociale e politico rilevante.
Pagina 31
RETI NAZIONALI
• Chiunque voglia lavorare in questo campo necessita di
conoscere i maggiori network.
• Csvnet è il Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il
Volontariato. Lavora per rafforzare la collaborazione fra tutti i Csv
componenti, e per rappresentare il volontariato nelle sedi istituzionali
nazionali e internazionali
• Forum del Terzo Settore. La mission del Forum è politica: esso
partecipa a tavoli ministeriali e interministeriali, e a consultazioni con
gli organi istituzionali nelle singole regioni.
• Il Cnv, o Centro Nazionale per il Volontariato. Il suo impegno
principale consiste in studi, ricerche e attività di networking.
Pagina 32