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1 DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI Relazione per il Corso di Laurea Magistrale in “Giurisprudenza” IL NEGAZIONISMO Cattedra Diritto Penale Progredito STUDENTI Marta Belzoino e Marika Lattanzi Prof. Carlo Sotis Viterbo, 30 marzo 2017

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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI,

STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI

Relazione per il Corso di Laurea Magistrale in

“Giurisprudenza”

IL NEGAZIONISMO

Cattedra

Diritto Penale Progredito

STUDENTI Marta Belzoino e Marika Lattanzi

Prof. Carlo Sotis

Viterbo, 30 marzo 2017

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INDICE

1. Negazionismo: il fenomeno storico pag. 3

1.1 Il concetto di negazionismo pag. 3

1.2 Cenni storici pag. 4

2. Tra negazionismo originario e negazionismo derivato pag. 5

2.1 Le legislazioni nazionali pag. 5 2.1.1 Ordinamento francese pag. 7 2.1.2 Ordinamento tedesco pag. 8

2.2 Il momento di svolta: la Decisione Quadro 2008/913/GAI pag. 10 2.2.1 L’adattamento degli Stati Membri pag. 11

3. La risposta italiana alla Decisione Quadro 2008/913/GAI pag. 13

3.1 Evoluzione normativa pag. 13

3.2 Legge 16 giugno 2016, n° 115 pag. 15

4. Gli assi di tensione del reato di negazionismo pag. 16

4.1 Primo asse: il bilanciamento del bene giuridico tutelato con pag. 16 la libertà d’espressione

4.2 Secondo asse: il rapporto tra diritto penale e tutela della pag. 19 Memoria

5. Bibliografia pag. 21

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1. Negazionismo: il fenomeno storico

1.1 Il concetto di negazionismo Il primo ad usare il termine “negazionismo” fu lo storico francese Henri Rousso nella seconda metà degli

anni ’80 del secolo scorso1. Per comprendere a fondo il negazionismo è necessario prima di tutto chiarire il

significato di revisionismo, del quale esso viene considerato una “degenerazione”2. Il revisionismo è la

tendenza a rivedere le opinioni e i fatti storici per l'acquisizione di nuove conoscenze, allo scopo di

reinterpretare e riscrivere la storia. Ogni storiografo, e più in generale ogni ricercatore, non può che essere un

revisionista in quanto la sua attività consiste nel cercare nuovi modelli e nuove acquisizioni per raccontare

«come sono andate effettivamente le cose3». Il negazionismo, invece, è una forma estrema di revisionismo,

che si spinge fino a minimizzare o negare determinati fatti storici. Nasce più propriamente nell'ambito

giornalistico per indicare in modo sbrigativo e negativo una corrente del revisionismo storiografico che si

proponeva di dimostrare la non veridicità della Shoah4. Si possono individuare due filoni di negazionismo.

Uno "in senso lato" che, pur non negando l'effettiva eliminazione degli Ebrei, tende a ridistribuire le colpe,

attribuendo ad Hitler delle responsabilità limitate. L'altro "in senso stretto" che nega l'esistenza della Shoah e

rimette in discussione tutti i fatti e le prove alla base della sua ricostruzione storica5.

Matteo Caputo ne “La menzogna di Auschwitz”, le “verità del diritto penale. La criminalizzazione del c.d.

negazionismo tra ordine pubblico, dignità e senso di umanità”, ripropone i vari passaggi logici della

costruzione negazionista: 1) spostare l'onere della prova al gruppo avversario; 2) attaccare i punti deboli e gli

errori altrui; 3) generalizzare l'imputazione dell'errore, attribuendo all'avversario una serie di errori a partire

da una singola incongruenza; 4) decontestualizzare le affermazioni altrui; 5) concentrarsi su ciò che non è

noto; 6) equiparare lo sterminio ad altri delitti commessi dagli Alleati, ad esempio Dresda o la bomba

atomica o ancora l'internamento dei civili americani di origine giapponese nei campi istituiti dall'USA

durante la guerra6.

Oggi con il termine negazionismo non ci riferiamo più solo alla Shoah, ma anche ad una serie di altri

stermini e crimini contro l'umanità di grave entità, ad esempio il genocidio degli Armeni ad opera del

governo turco nel 1915 o l'Holomodor (meglio noto come genocidio ucraino)7; fino a ricoprire, in tempi

recentissimi, altre discipline (si parla, ad esempio, di negazionismo ambientale o climatico8).

                                                                                                                         1   Così E. FRONZA, intervento alla Scuola Normale di Pisa “Negazionismo tra diritto e storia”, 27 gennaio 2017. https://youtu.be/62lnb3CBrls 2  E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. XIII. 3 Ivi, p. XIII. 4 M. CAPUTO, La “menzogna di Auschwitz”, le “verità del diritto penale. La criminalizzazione del c.d. negazionismo tra ordine pubblico, dignità e senso di umanità”, in Diritto Penale Contemporaneo, 7 gennaio 2014, p. 6. 5 Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. XV  6  M. CAPUTO, La “menzogna di Auschwitz”, cit., p. 5. 7 Ivi, p. XVI  8   Per tale si intende la negazione delle cause e della natura del riscaldamento globale, escludendo il diretto coinvolgimento dell’uomo. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/25/clima-ed-ecosistemi-dal-negazionismo-a-una-visione-consapevole/171496/.

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1.2 Cenni storici Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, fu istituito a Norimberga uno dei più importanti

Tribunali Militari Internazionali per perseguire penalmente i leader delle forze armate e dell’economia del

governo nazista accusati di crimini di guerra; oltre a ciò i Processi di Norimberga portarono alla luce crimini

contro l’umanità e di genocidio, come ad esempio l’Olocausto, grazie alle prove meticolosamente raccolte e

ricostruite dagli Alleati9. Fu proprio durante questi anni che si cominciò a parlare di negazionismo come

disconoscimento della Shoah. Tuttavia è solo a partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso che si

assiste ad un importante sviluppo delle tesi e delle strategie negazioniste, complice di ciò “la maggiore

distanza temporale con la Seconda Guerra Mondiale che cominciava a mettere in secondo piano le

generazioni che avevano avuto diretta esperienza degli eventi”10. Uno dei primi centri di divulgazione delle

tesi negazioniste fu l’Institute for Historical Review (IHS) fondato negli Stati Uniti nel 1978 dall’avvocato

Willis Carto, noto per la sua repulsione verso gli Ebrei11. L’HIS formulò i principi base del negazionismo: 1)

la soluzione finale (Endlosung) consistette nell’emigrazione degli ebrei e non nello sterminio; 2) non vi

furono camere a gas come mezzo di eliminazione; 3) la maggior parte degli Ebrei scomparsi emigrarono in

URSS o in USA; 4) i pochi Ebrei giustiziati erano dei criminali sovversivi; 5) la comunità ebraica ostacola

chiunque voglia fare ricerche sui fatti accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale per paura che venga

scoperta la verità; 6) l’onere della prova incombe sugli “stermizionalisti12”; 7) le contraddizioni presenti nei

calcoli demografici ufficiali del tempo dimostrano la falsità di quanto asserito dagli storici13. In questi anni

molti scrittori o saggisti, alcuni dei quali ad oggi ancora in vita, hanno divulgato il Negazionismo attraverso

le loro opere. Maurice Bardèche nonostante minimizzasse le morti nei lager, senza negarle, era fermamente

convinto che fosse stato il popolo ebraico a volere la guerra e che le atrocità commesse dal governo nazista

fossero pari a quelle degli Alleati (es. Dresda, Hiroshima e Nagasaki…14). Paul Rassinier pubblicò “Le

Mensonge d’Ulysse” in cui mise in dubbio la veridicità dell’Olocausto asserendo che fosse “la più tragica e

macabra impostura di tutti i tempi15” e che i racconti delle camere a gas fossero eccessivi ed esagerati,

nonostante egli stesso avesse provato gli orrori dei campi di concentramento quando fu deportato prima nel

                                                                                                                         9 Durante la Germania nazista il progetto di sterminio ebraico era trattato come segreto di Stato, pertanto era consuetudine fare in modo di lasciare il minor numero possibile di prove documentali scritte; ne dà prova un discorso segreto che il Comandante del Reich Heinrich Himmler tenne ai generali delle SS a Posen nel 1943. (https://www.youtube.com/watch?v=DACNmys-unE). Tale atteggiamento può essere considerato come una prima forma di Negazionismo. 10 E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. XVII. 11 Cfr. Institute for Historical Review in https://it.wikipedia.org/wiki/Institute_for_Historical_Review. 12 Termine utilizzato per indicare gli esponenti della storiografia ufficiale. Così in M. CAPUTO, La “menzogna di Auschwitz”, le “verità del diritto penale. La criminalizzazione del c.d. negazionismo tra ordine pubblico, dignità e senso di umanità”, in Diritto Penale Contemporaneo, 7 gennaio 2014. 13 M. CAPUTO, La “menzogna di Auschwitz”, le “verità del diritto penale. La criminalizzazione del c.d. negazionismo tra ordine pubblico, dignità e senso di umanità”, in Diritto Penale Contemporaneo, 7 gennaio 2014, p. 5  14  C. VERCELLI, Negazionismo: storia di una menzogna, in Restelli Storia http://restellistoria.altervista.org/pagine-di-storia/giorno-della-memoria/negazionismo-storia-di-una-menzogna/  15  Dichiarazione di Paul Rassinier citata in C. VERCELLI, “Negazionismo: storia di una menzogna”, in Restelli Storia.  

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campo di Buchenwald poi in quello di Mittelbau-Dora16. David Irving che, nel suo saggio “Hitler’s War”,

negò l’esistenza della Shoah in base all’assenza di documenti firmati direttamente da Hitler o dai

Comandanti delle SS17. Robert Faurisson nei suoi articoli, ad esempio in “Le problème des chambres à gas”,

mise ripetutamente in discussione l'esistenza delle camere a gas, così come la preordinazione nello sterminio

ebraico18. L’italiano Carlo Mattogno considerava i lager come semplici luoghi di transito per persone

socialmente pericolose e l'Olocausto come uno stratagemma propagandistico, nato da cellule residenziali

ebraiche alla fine della guerra e corroborato dagli Alleati grazie ai processi di Norimberga19.

Proprio la radicalità delle tesi negazioniste, sviluppatesi in questi anni, porta la comunità scientifica a

separare l'epiteto di "storici revisionisti" da questi autori20. Le critiche che sono state mosse nei confronti dei

Negazionisti sono molte dure; accusati di stravolgere gli eventi a loro piacimento per sostenere le loro tesi,

privando così la Storia della sua logica21. “I valori si invertono, il vero si confonde con il falso, la realtà con

la finzione”, creando un universo parallelo in cui la storia non viene semplicemente riletta, ma negata22.

1. Tra negazionismo originario e negazionismo derivato

2.1 Le legislazioni nazionali

A causa della diffusione sempre più ampia del fenomeno in esame, molti paesi hanno deciso di ricorrere allo

strumento penale per contrastare tali comportamenti pericolosi. I legislatori nazionali hanno dunque creato

una figura delittuosa autonoma, distinta dalla fattispecie di apologia o di istigazione alla discriminazione

razziale23. Oggi il reato di negazionismo è previsto in 20 dei 28 paesi membri dell’Unione Europea24.

Nonostante questa comune spinta alla criminalizzazione si possono riscontrare numerose differenze

relativamente alla collocazione della figura criminosa, alle condotte punibili, all'oggetto della negazione e,

non ultimo per importanza, all'individuazione del bene giuridico protetto. Con riferimento al primo punto vi

sono paesi, come la Germania, che hanno preferito collocare la fattispecie all'interno del codice penale; altri,

come la Francia, che hanno preferito inserirla in una legge extra codicem. In merito alle condotte punibili,

nonostante l'eterogeneità delle varie formulazioni normative, spesso ricorre l'uso dei verbi “negare”,

“giustificare” e “minimizzare”25. Il legislatore ha cercato di rendere più chiaro l'ambito di applicazione della

                                                                                                                         16 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Rassinier, introduzione. 17 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/David_Irving, par 1, Negazionismo. 18 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Faurisson, par. 1, Vita e carriera. 19 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Mattogno, par. 2, Tesi. 20 Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. XVII.  21  Ivi, p. XVIII.  22 Ivi, p. XIX.  23  Prima della creazione di un'apposita fattispecie penale, le manifestazioni più gravi di negazionismo era punite o con la pena prevista per il reato di apologia o con quella prevista per il reato di discriminazione razziale. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 15-16.  24  E. FRONZA, Criminalizzazione del dissenso o tutela del consenso. Profili Critici del negazionismo come reato, in Rivista italiana di diritto penale e procedura penale, Giuffrè Editore, Milano, anno LIX Fasc. 2-2016, p. 1017.  25  In merito alle condotte prese in considerazione è bene chiarirne il significato. Negare implica contestare l'esistenza di un preciso avvenimento (ad esempio chi contesta la preordinazione dello sterminio ebraico da parte del regime nazionalsocialista). “Giustificare” vuol dire porre un evento come non evitabile, scagionando gli autori del fatto dalla

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norma, concentrandosi sul punire solo alcune delle condotte che potrebbero incorrere nel reato di

negazionismo, per non invadere eccessivamente la libertà d'espressione (principio garantito dalle Carte

Costituzionali26). Per quanto riguarda l'oggetto delle condotte materiali, questo viene spesso limitato da

alcuni ordinamenti al genocidio ebraico, implicando che le affermazioni riguardanti altri genocidi o crimini

contro l'umanità non possono essere punite; altri ordinamenti estendono l'area applicativa della norma al di là

dell'Olocausto, ricomprendendo quindi altri genocidi o crimini al fine di tutelarne la memoria27. Anche il

bene giuridico protetto varia in base alla collocazione del reato nei vari ordinamenti. In Germania, ad

esempio, il bene da tutelare viene individuato nell'ordine pubblico; in Francia nella dignità umana. Per

concludere va ricordato che, poiché il negazionismo è un reato d'opinione28, il legislatore ha cercato di

delimitare l'ambito applicativo della norma tramite l'introduzione di clausole limitative, facendo riferimento,

ad esempio, all'idoneità del comportamento a turbare la pace pubblica o alle norme contenute nello Statuto

del Tribunale di Norimberga29. Il reato originario di negazionismo punisce l'attacco alla memoria comune, in

cui la Shoah assume un ruolo fondamentale, come abbiamo potuto vedere dalla ricostruzione storica. Oggi il

reato di negazionismo può essere considerato un paradigma della proliferazione dei reati d'opinione. La

criminalizzazione dei reati di pensiero è tutt'altro che storicizzata, continua a riprodursi nelle forme del

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   colpa (ad esempio chi considera la Shoah come un'inevitabile conseguenza dell'internamento di milioni di persone, in condizioni precarie d'igiene e salute, nella seconda metà del conflitto). “Minimizzare” implica, invece, ridurre l'importanza o la gravità di un fatto (ad esempio chi asserisce che la Shoah è stato uno dei tanti massacri perpetrati durante la seconda guerra mondiale, togliendole quindi quel carattere di unicità). Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 18-19.  26  Art. 5.1 della Legge Fondamentale (Grundgesetz): “Ognuno ha diritto di esprimere e diffondere liberamente le sue opinioni con parole, scritti e immagini, e di informarsi, senza essere impedito, da fonti accessibili a tutti. Sono garantite la libertà di stampa e d'informazione mediante la radio ed il cinematografo. Non si può stabilire alcuna censura” (“Jeder hat das Recht, seine Meinung in Wort, Schrift und Bild frei zu äußern und zu verbreiten und sich aus allgemein zugänglichen Quellen ungehindert zu unterrichten. Die Pressefreiheit und die Freiheit der Berichterstattung durch Rundfunk und Film werden gewährleistet. Eine Zensur findet nicht stat.”) https://www.bundestag.de/grundgesetz. Art. 11 della Costituzione francese (Constitution): “La libera manifestazione del pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’Uomo; ogni Cittadino può pertanto parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di detta libertà nei casi previsti dalla Legge.” (“La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre à l'abus de cette liberté dans les cas déterminés par la Loi.”) http://www.consiglioveneto.it/crvportal/BancheDati/costituzioni/fr/zFrancia_sin.pdf. Art. 20.1 della Costituzione spagnola: «Si riconoscono e tutelano i diritti: a) ad esprimere e diffondere liberamente il  pensiero, le idee e le opinioni per mezzo della parola, degli scritti o con qualunque altro mezzo di riproduzione.” (“Se reconocen y protegen los derechos: a) A expresar y difundir libremente los pensamientos, ideas y opiniones mediante la palabra, el escrito o cualquier otro medio de reproducción.”) http://host.uniroma3.it/progetti/cedir/cedir/Lex-doc/Sp_cost.pdf Art. 21.1 della Costituzione italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”  27  Si fa in tal caso riferimento a paesi balcanici, come l'Ungheria, i quali estendono la tutela anche contro quei crimini contro l'umanità perpetrati dal regime comunista. Ad esempio l'Holomodor (carestia del 1932-33) è considerata da molti storici una forma di genocidio eseguito dal regime sovietico per piegare la resistenza ucraina. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. 20  28   Espressione comunemente usata per indicare una categoria di reati che comprende alcuni dei delitti contro la personalità dello Stato, con particolare riferimento ai reati di propaganda e apologia sovversiva, nonché di vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali. Tale denominazione deriva dalla circostanza che la condotta consiste nella manifestazione di un’opinione aggressiva dell’altrui sfera morale, ovvero non rispettosa dei parametri costituzionali previsti in tema di libertà di pensiero. http://www.treccani.it/enciclopedia/reati-di-opinione/  29 Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. 21

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terrorismo internazionale30, della discriminazione e del razzismo. In questo senso il negazionismo si pone

come ponte tra la tutela penale della memoria e la legislazione penale anticipatoria e securitaria post 11

settembre31.

2.1.1 Ordinamento francese

La Francia è stato il primo paese europeo ad introdurre, dai primi anni '90 del secolo scorso, una politica

legislativa di tutela della memoria. Il legislatore francese si è servito, a tal scopo, sia della forma

commemorativa, con il riconoscimento solenne attraverso la legge di genocidi ed altri tragici eventi (come

nelle Loi Mémorielles32), sia degli "imperativi di memoria" con l'introduzione vera e propria della fattispecie

di negazionismo. Le Loi Mémorielles, al contrario delle altre, non prevedono la sanzione penale, il legislatore

è chiamato semplicemente a definire ed inquadrare i fatti del passato, dandogli il valore di evento storico e

delimitando, in questo modo, anche l'ambito di applicazione delle norme che tutelano la memoria. Diversa è

invece la tutela della memoria attraverso lo strumento penale, con la conseguente criminalizzazione delle

condotte di negazione della Shoah o di altri crimini contro l'umanità. Per ostacolare la diffusione di tali idee,

che avevano raccolto numerosi consensi, il legislatore francese intervenne sanzionando la negazione della

Shoah, in virtù di quanto previsto dall'articolo 11 della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino

del 178933, attraverso l'introduzione, nella Legge sulla libertà di stampa del 29 luglio 1881, della figura

delittuosa che reprimeva la pubblica istigazione alla discriminazione, all'odio o alla violenza, la diffamazione

o l'ingiuria, in ragione dell'appartenenza ad una etnia o ad una razza. Tra il 1977 e il 1990 sono state

apportate numerose modifiche nel codice penale tra cui l'incriminazione di nuove forme e motivi di

discriminazione legati al sesso, origine, stato di salute, handicap. Tale contesto normativo viene

ulteriormente arricchito con la pubblicazione della Loi Gayssot mirante a reprimere ogni atto di violenza

razzista, antisemita e xenofoba34. Si tratta di un passo molto importante, in quanto per la prima volta si

prevedeva esplicitamente la repressione delle asserzioni negazioniste, attraverso una fattispecie autonoma

che non ricadesse nel reato di diffamazione razziale. L'art 9 della Loi Gayssot35 prevede, infatti,

l'introduzione, nella Legge sulla libertà di stampa del 1881, dell'art. 24 bis rubricato “Contestation de crimes

                                                                                                                         30  Va segnalata la Circolare del Ministero della Giustizia del 12 gennaio 2015 in cui si definiva l'apologia di terrorismo come quel comportamento che consiste nel presentare o commentare atti di terrorismo con giudizi moralmente positivi. Si ricorda inoltre che in Francia dopo gli attentati del 7 e del 9 Gennaio molti sono stati gli incriminati per aver compiuto esternazioni di approvazione rispetto a quanto accaduto. Cfr. E. FRONZA, Criminalizzazione del dissenso o tutela del consenso. Profili critici del negazionismo come reato, in Rivista italiana di diritto penale e procedura penale, Giuffrè Editore, Milano, Anno LIX Fasc. 2-2016  31  Ivi, p. 1022.  32 Il concetto di Loi Mémorielles è utilizzato per designare un insieme di leggi francesi, di natura eterogenea, accumunate dalla scelta di intervenire a sacralizzare eventi significativi del passato. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. 43. 33  Ivi, p. 45.  34  E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 46-48.  35  L'art. 9 della Loi Gayssot stabilisce che: " Seront punis (...) cuex qui auront contesté l'existence d'un ou plusieurs crimes contre l'hmanitè tels qu'ils sont définis par l'article 6 du Statut du Tribunal Militaire International annexe a l'Accorde de Londres du 8 aout 1945 et qui ont été commis soit par les membres d'une organisation déclarée criminelle en application de l'article 9 du dis Statut, soit par une personne coupable de tels crimes par une jurisdiction francaise ou internationale". E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p.47  

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contre l'humanité”, secondo cui saranno puniti, con l'ammenda fino a 45.000 euro o con la reclusione fino ad

un anno, coloro che contestano, con le modalità previste dall'art. 23 della stessa legge36, i crimini contro

l'umanità definiti dall'art. 6 dello Statuto del Tribunale Militare Internazionale37 o dall'Accordo di Londra del

1945, commessi dai membri di un'organizzazione dichiarata criminale o da un individuo che sia stato

dichiarato colpevole da una giurisdizione nazionale o internazionale. La figura delittuosa del 24 bis è

concepita solo come negazione del genocidio nazista in base a quanto sancito dal Tribunale di Norimberga o

da una giurisdizione francese o internazionale; il giudicato diventa quindi l'elemento essenziale e costitutivo

del reato. Nonostante tale interpretazione si noti però che, già nella rubrica dell'art. 24 bis si parla di crimes

contre l'humanité, una nozione la cui estensione era molto più ampia della sola Shoah, già al tempo del

provvedimento stesso, e che quindi poneva dei problemi riguardo all'allargamento della norma a

ricomprendere altri crimini. A tal proposito si può menzionare il processo allo storico Bernard Lewis,

accusato di contestazione di crimini contro l'umanità (in base al menzionato art. 24 bis) per aver negato

l'esistenza del genocidio armeno. In quell'occasione il Tribunal correctionel aveva dichiarato le accuse

irricevibili, in quanto il delitto di negazionismo si poteva configurare solo in riferimento ai crimini contro

l'umanità commessi durante la Seconda Guerra Mondiale38.

2.2.2 Ordinamento tedesco

La Germania è stata uno dei primi paesi europei ad introdurre nel codice penale la fattispecie autonoma in

materia di negazionismo, che punisce la cosiddetta Auschwitzlüge39 (o menzogna di Auschwitz). Prima della

fattispecie di reato autonoma, chi esprimeva opinioni in pubblico poteva essere punito con la pena prevista

per il reato di ingiuria, per quello di offesa alla memoria dei defunti o di istigazione all'odio razziale, ma le

caratteristiche strutturali delle fattispecie prevedevano la realizzazione del fatto attraverso delle modalità                                                                                                                          36  L'art 23 della Legge del 1881 elenca quali mezzi di diffusione il discorso in luoghi o riunioni pubbliche, gli scritti, i disegni, gli emblemi, le immagini, i quadri venduti o distrutti, messi in vendita o esposti in luoghi pubblici. Ivi, p. 48  37  Art. 6 TMI: «Il Tribunale istituito in base all'Accordo menzionato nel precedente articolo 1 per il giudizio e la punizione dei grandi criminali di guerra dei paesi europei dell'Asse sarà competente a giudicare e punire tutti coloro che, agendo per conto dei Paesi Europei dell'Asse, avranno commesso sia individualmente, sia quali membri di una organizzazione, uno dei delitti seguenti. Gli atti sotto menzionati, o uno qualunque di essi, costituiscono crimini sottoposti alla giurisdizione del Tribunale e comportano una responsabilità individuale: a) Crimini contro la pace: vale a dire la progettazione, la preparazione, lo scatenamento e la continuazione di una guerra d'aggressione, o d'una guerra in violazione di trattati, assicurazioni o accordi internazionali, ovvero la partecipazione a un piano concertato o a un complotto per commettere una delle precedenti azioni; b) Crimini di guerra: vale a dire la violazione delle leggi e degli usi di guerra. Queste violazioni includono, senza esserne limitate, l'assassinio; il maltrattamento o la deportazione per lavori forzati, o per qualsiasi altro scopo, delle popolazioni civili dei territori occupati o che vi si trovano; l'assassinio o il maltrattamento di prigionieri di guerra o di naufraghi; l'esecuzione di ostaggi; il saccheggio di  beni pubblici o privati; la distruzione ingiustificata di città e di villaggi, ovvero le devastazioni non giustificate da esigenze d'ordine militare; c) Crimini contro l'umanità: vale a dire l'assassino, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione e qualsiasi altro atto inumano commesso ai danni di una qualsiasi popolazione civile, prima e durante la guerra, ovvero le persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, quando tali atti o persecuzioni - abbiano costituito o meno una violazione del diritto interno del Paese dove sono state perpetrate - siano state commesse nell'esecuzione di uno dei crimini rientranti nella competenza del Tribunale, o in connessione con uno di siffatti crimini. I dirigenti, gli organizzatori, gli istigatori o i complici che abbiano preso parte alla elaborazione o all'esecuzione di un piano concertato o di un'intesa criminosa per commettere uno qualunque dei crimini sopra definiti, sono responsabili di tutti gli atti compiuti da parte di qualsiasi persona in esecuzione di tale piano.» http://unipdcentrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Patto-di-Londra-e-Statuto-del-Tribunale-internazionale-militare-di-Norimberga-1945/170  38  Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 49-50  39  E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p.

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9    

tassativamente previste, che non sempre sussistevano nelle ipotesi di negazione o minimizzazione della

Shoah40. Con la Legge del 28 Aprile 1994 il legislatore ha modificato la disposizione contenuta nel codice

penale al § 130 StGB (Strafgesetzbuch), rubricato “Istigazione all'odio razziale”, introducendo il terzo

comma, secondo cui può essere punito, con pena detentiva fino a cinque anni, "chi pubblicamente o in una

riunione, approva, nega o minimizza le azioni commesse durante il periodo nazionalsocialista contemplate

dal § 6 codice penale internazionale”41. L'ampliamento delle condotte punibili, fino alla minimizzazione, è

stato bilanciato con la previsione di tre correttivi volti a limitare la sfera di applicabilità della norma, per non

contrastare la libertà di espressione. Innanzitutto solo gli atti criminosi commessi durante il regime

nazionalsocialista possono essere oggetto delle condotte previste dal comma 3 del § 130 StGB (il codice

penale). Per tali si intendono non solo il genocidio ebraico perpetrato dallo Stato, ma anche azioni commesse

contro singole vittime, se aggredite in quanto appartenenti ad uno specifico gruppo, secondo quanto richiesto

dall'art 6 dallo Statuto della Corte penale internazionale. Non sono invece ricomprese altre condotte

criminose, come le sterilizzazioni forzate operate dai nazisti verso i disabili (Euthanasieaktionem), poiché le

vittime non rientrano all'interno di un gruppo nazionale, razziale, religioso o etnico, così come stabilito dal §

6 VStGB42. In secondo luogo, la pubblicità della condotta, ovvero che opinioni negazioniste siano espresse

pubblicamente o davanti ad una assemblea, anche ristretta. Ed infine l'idoneità a turbare la pace pubblica, per

tale intendendosi la condizione di pubblica sicurezza43. Nonostante l'ordine pubblico è il bene fondamentale

tutelato dalla norma, non basta la sua offesa per l'applicazione del comma 3 dell'art.130 StGB, ma tale dovrà

essere integrata dall'offesa diretta alla dignità umana, che costituisce il profilo essenziale costitutivo del reato

di istigazione all'odio razziale (§ 130 StGB44).

                                                                                                                         40  Ivi, pp. 30-34.  41  § 130.3 Volksverhetzung (Istigazione all'odio razziale). Mit Freiheitsstrafe bis zu fünf Jahren oder mit Geldstrafe wird bestraft, wer eine unter der Herrschaft des Nationalsozialismus begangene Handlung der in § 6 Abs. 1 des Völkerstrafgesetzbuches bezeichneten Art in einer Weise, die geeignet ist, den öffentlichen Frieden zu stören, öffentlich oder in einer Versammlung billigt, leugnet oder verharmlost. https://dejure.org/gesetze/StGB/130.html 42  Völkerstrafgesetzbuch. Codice penale internazionale tedesco, entrato in vigore il 30 giugno 2002. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, cit. nota n. 83, p. 32.  43  Cfr. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp.36-40  44  Non è chiaro se il concetto di dignità umana debba riferirsi alla popolazione o ad un gruppo sociale più ristretto. Nel primo caso il bene giuridico sarà da individuarsi nella pretesa di rispetto delle persone perite durante l'Olocausto, quelle sopravvissute ed i relativi parenti; nel secondo caso l'oggetto della dignità umana sarà molto più lato, fino a ricomprendere il diritto dell'individuo a non veder svilita la propria personalità per l'appartenenza ad un gruppo o ad una etnia. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, Giuffrè editore, Milano, 2012, p. 39.  

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2.2 Il momento di svolta: la Decisione Quadro 2008/913/GAI

Avendo molti stati dell’Unione annesso alle loro legislazioni nazionali norme in materia di negazionismo,

nel novembre 2008 si assiste all’emanazione da parte del Consiglio d’Europa di una Decisione Quadro45, la

2008/913/GAI46. Questa decisione assume un’importanza rilevante per vari motivi che qui tratteremo.

In primo luogo, lo scopo che si propone tale atto è quello di garantire, all’interno degli Stati membri, un

livello minimo di sanzioni penali efficaci e proporzionate per i reati a stampo razzista e xenofobo. Ciò a cui

l’Unione Europea si appella è il principio di sussidiarietà47, poiché ritiene che gli Stati da soli non siano in

grado di realizzare sufficientemente l’obbiettivo48.

L’Unione è intenzionata ad “armonizzare” il diritto penale in questo senso per permettere agli stati di

combattere i reati sopra citati attraverso una più efficace cooperazione giudiziaria a livello sovranazionale49.

In secondo luogo è chiara la dettatura dell’art.1 comma 1, lettere C e D quando afferma: “Ciascuno Stato

membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili: […]

c) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro

l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale

internazionale,…, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto ad istigare alla violenza o

all’odio….”. d) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti dall’articolo 6

dello Statuto del Tribunale militare Internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, …,

quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto ad istigare alla violenza o all’odio...”.

Questo inciso rappresenta un momento di svolta nell’ambito del reato di negazionismo: contemplando

anche la punibilità dei crimini definiti dallo statuto della Corte penale internazionale e dello statuto del TMI,

si ampliano i margini di rilevanza penale del negazionismo poiché si sancisce non solo la perseguibilità di

espressioni riguardanti la Shoah, ma anche quelle con riferimento ad altri crimini internazionali50.

Ecco che si passa da una figura di negazionismo detta “originaria”, in quanto ha come riferimento

esclusivamente il tema dell’Olocausto, ad una figura “derivata” perché assumono medesima importanza

anche altre tipologie di crimini, attuali o appartenenti ad un passato più recente51.

                                                                                                                         45  Utilizzata per ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Essa può essere proposta su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro e deve essere adottata all’unanimità. Vincola gli Stati per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi da impiegare a tal fine.  46  Sigla di “Giustizia e Affari Interni”.  47 Cfr. art. 5 par. 3 TUE, “In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obbiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”.  48  Vedi Decisione Quadro 2008/913/GAI, par.13.  49  Ivi, par.12.  50  E. FRONZA, L’introduzione dell’aggravante di negazionismo, p. 158, in “Diritto Penale e Processo”, 02/2017  51  Ivi, p. 158, in “Diritto Penale e Processo”, 02/2017.  

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Inoltre, appare chiaro in questo articolo il richiamo alla capacità istigatoria. Le condotte sancite nelle lettere

C e D sono punibili quando queste cadono in una istigazione atta a mettere in pericolo il bene tutelato: è

pertanto necessario che le dichiarazioni siano idonee a provocare pericoli tangibili.

Altro elemento di importante riflessione, che poi riprenderemo meglio più avanti, riguarda il campo di

applicazione della punibilità dei reati sanciti nel comma 1. Si afferma che tali reati possono considerarsi

punibili solo se accertati da un organo giudicante nazionale e/o da un tribunale internazionale o

esclusivamente da un tribunale internazionale52. Il connubio tra quanto appena detto e la fattispecie derivata

di negazionismo, come vedremo, porrà dei limiti in capo ai giudici in quanto prendendo in considerazione

solo quei crimini definiti da organi giurisdizionali potrebbe comportare la creazione di una criminalizzazione

selettiva53. Detta in maniera diversa, l’accertamento del giudice diventerebbe il momento di costruzione

della memoria da tutelare54.

2.2.1 L’adattamento degli Stati membri L’articolo 10 comma 1 della Decisione Quadro poneva il 28 novembre 2010 come termine per la sua

attuazione, ma non tutti hanno ottemperato (ad oggi lo hanno fatto 21 Stati su 2855).

Tenendo conto che le norme della Decisione Quadro permettono agli Stati di attuare solo le “misure

necessarie”56, è pacifico che sussistano differenze fra gli Stati che hanno adottato il testo europeo. Ma

vediamo alcuni casi.

Nel 2009 in Lettonia fu rettificato il codice penale57, decretando una pena non inferiore a cinque anni di

reclusione per la negazione o la giustificazione di crimini di genocidio, di guerra e contro l’umanità (qui i

crimini comunisti non vengono menzionati, ma vanno considerati inclusi nella formulazione generale).

La Slovacchia nella stesso anno adottò l’articolo 429a del codice penale, che presentava una fattispecie

similare a quella della Lettonia.

Nel 2010 l’Ungheria adottò la Decisione Quadro con l’art. 269/C del codice penale, il quale puniva con tre

anni di reclusione chiunque offendeva pubblicamente la dignità delle vittime dell’Olocausto, o ne negava la

realtà o la metteva in dubbio o la minimizzava. Poco tempo dopo e con il cambio del Primo Ministro, la

menzione “Olocausto” venne sostituita da quella dei genocidi e degli altri crimini contro l’umanità commessi

dai regimi comunisti.

                                                                                                                         52  Cfr. art.1, comma 4 della Decisione Quadro 2008/913/GAI: “all’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale.”.  53  E. FRONZA, “Il negazionismo come reato”, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p.75.  54  Ivi, p.73.  55  Cfr. E. FRONZA, “L’introduzione dell’aggravante di negazionismo”, in Diritto penale e processo, 2/2017, p. 156.  56  Cfr. Decisione Quadro 2008/913/GAI.  57  Art. 74, adottato dal Parlamento il 1 luglio 2009.  

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Sempre nel 2010, la Lituania approvò l’art. 170 del codice penale, il quale menziona espressamente i crimini

comunisti e presenta sia una pena pecuniaria sia la reclusione fino a due anni per apologia, negazione e

minimizzazione grossolana di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra accertati dall’UE, da

tribunali lituani o da tribunali internazionali. In questo Stato le condotte in questione sono perseguibili solo

se offensive o se disturbano l’ordine pubblico.

Nel 2011 la Bulgaria adottò diversi emendamenti al codice penale58, fra cui l’articolo 419a che presentava

condotte e punizioni identiche a quanto sancito nella Decisione Quadro.

Nello stesso anno, la Germania adottò sia la Decisione Quadro sia l’Additional Protocol to the Convention

on cybercrime59, aggiungendo gli individui fra le vittime previste dall’articolo 130 comma 1 (articolo che

riguarda solo l’Olocausto) dello Strafgesetzbuch60, mentre prima erano previsti solo i gruppi di persone. Gli

altri crimini previsti dalla Decisione Quadro non sono stati aggiunti, poiché già compresi dell’articolo 140

dello Strafgesetzbuch che punisce con pena pecuniaria o la reclusione fino a tre anni la pubblica apologia di

crimini che vanno dallo stupro all’alto tradimento, dalla falsificazione di monete fino ai crimini di guerra e

contro l’umanità.

Altri Stati, come Romania e Portogallo, ritengono che la loro normativa contro il negazionismo copra già la

richiesta della Decisione Quadro, quindi hanno deciso di non provvedere ad alcun cambiamento.

Interessante è la situazione del Regno Unito, il quale continua con la sua legislazione antirazzista,

rifiutandosi di annoverarvi le condotte criminose previste dalla Decisione Quadro; nel 2007 la House of

Lords espresse la sua perplessità circa il sintagma “minimizzazione grossolana”, considerandola troppo

imprecisa e convenendo problematica anche la punizione della negazione dell’Olocausto poiché lesiva della

libertà di espressione.

Irlanda, Svezia, Danimarca e i Paesi Bassi non hanno apportato alcuna modifica del codice penale,

annunciando tale decisione nella dichiarazione allegata alla Decisione Quadro.

Nel 2011 la Finlandia adottò la Decisione Quadro limitandosi ad indurire la punizione delle condotte razziste

e discriminatorie, ma senza inserire il reato di negazionismo.

Nel 2012, invece, la Spagna ha iniziato una riforma del codice penale che prevede l’adozione della Decisione

Quadro con un articolo che punisce la negazione, l’apologia e la minimizzazione grave di genocidi, crimini

contro l’umanità e crimini di guerra giudicati dal Tribunale di Norimberga, dalla Corte penale o da altri

tribunali internazionali, a condizione che tali condotte presentino razzismo o discriminazione ovvero che

promuovano clima di violenza, odio e ostilità61.

Anche l’Italia ha preso posizione a riguardo, ma di questo parleremo nel prossimo capitolo.

                                                                                                                         58State Gazette n. 33/26.04.2011. Emendamenti entrati in vigore il 27 maggio 2011.  59   Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici (“Convenzione di Budapest”), 28 gennaio 2003.  60  Dal tedesco: Codice Penale.  61  Ministero di Giustizia, Anteproyecto de ley organica por la que se modifica la ley organica 10/1995 del codigo penal, 16 luglio 2012.  

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3. La risposta italiana alla Decisione Quadro 2008/913/GAI

3.1 Evoluzione normativa

Come si è adeguata l’Italia alla richiesta del Consiglio d’Europa? Prima di rispondere, è necessaria una

premessa sui processi normativi hanno condotto, nel 2016, all’introduzione del negazionismo come

aggravante. Il primo tentativo italiano a riguardo risale a 10 anni fa, nel 2007, quando l’allora Ministro di

Giustizia, Clemente Mastella, presentò una proposta di legge con la quale punire chi negasse l’esistenza

dell’Olocausto. In un articolo pubblicato su “LA STAMPA” del 19/01/2007, il Guardasigilli affermava “È

mia intenzione e credo di tutto il governo, presentare un disegno di legge che determini come forma di reato

il negazionismo di ciò che è stato l'Olocausto, affinché alcune cose non siano ostaggio di false memorie.”62

Il d.d.l. in questione doveva essere presentato in questi termini il 27 gennaio 2007 nella ricorrenza del Giorno

della Memoria, ma così non accadde. Quando i mass media divulgarono l’intenzione del Ministro, un gruppo

di storici si riunì per la sottoscrizione di un documento da esporre al Consiglio dei Ministri con lo scopo di

impedire la criminalizzazione del negazionismo63. Conseguenza di ciò fu che il d.d.l. fu comunque

presentato, ma senza parlare in modo esplicito di “negazionismo” o di “revisionismo”. Il disegno di legge,

che fu presentato al Senato nel successivo 5 luglio 2007, presentava la denominazione di “Norme in materia di sensibilizzazione e repressione della discriminazione razziale, per l’orientamento sessuale e l’identità di

genere”, limitandosi a ripristinare, seppur lievemente, l’articolo 3.1 lettere a) e b)64 della legge 13 ottobre

1975, n° 654 (modificato dall’art. 1 del decreto Mancino del 199365 e in seguito dall’art. 13 della legge 24

                                                                                                                         62   Cfr. articolo online del giornale “LA STAMPA”, 19 gennaio 2007. http://www.lastampa.it/2007/01/19/italia/politica/mastella-un-ddl-contro-il-negazionismo-bdavbY1PM5uFT4JcLBbqkO/pagina.html. 63  Cfr. Dichiarazione della società italiana per lo studio della storia contemporanea (SISSCO), gennaio 2007. Secondo gli storici una soluzione basata sulla minaccia della legge, sarebbe particolarmente pericolosa per una serie di motivi: 1) si offrirebbe ai negazionisti la possibilità di ergersi da difensori della libertà d’espressione, le cui posizioni ci si rifiuterebbe di contestare e smontare sanzionandole penalmente; 2) si stabilirebbe una verità di Stato in fatto di passato storico, che rischierebbe di delegittimare quella stessa verità storica, invece di ottenere il risultato opposto sperato. Ogni verità imposta dall’autorità statale non può che minare la fiducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ricerca storiografica e intellettuale; 3) si accentuerebbe l’idea, assai discussa anche tra gli storici, della “unicità della Shoah”, non in quanto evento singolare, ma in quanto incommensurabile e non confrontabile con ogni altro evento storico, ponendolo di fatto al di fuori della storia o al vertice di una presunta classifica dei mali assoluti del mondo contemporaneo. 64  Cfr. legge 13 ottobre 1975, n°654 all’art. 3.1 lettere a) e b) :” Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.” 65   Cfr. legge 25 giugno 1993, n°205 all’art. 1 :” Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.”  

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febbraio 2006, n°8566) nel suo primo articolo67. Un secondo tentativo fu promosso dalla senatrice Silvana

Amati nell’ottobre 2012 (5 anni dopo l’emanazione della Decisione Quadro), con l’intenzione di modificare

l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n° 654, e che prevedeva la punibilità del negazionismo di crimini

contro l’umanità, crimini di genocidio e crimini di guerra68. La proposta di legge fu sottoscritta da 97

senatori, ma non arrivò mai ad esamina a causa della fine della XVI Legislatura qualche mese dopo. Anni

dopo la senatrice Amati ripresentò il d.d.l. sopracitato che però fu approvato dal Senato l’11 febbraio 2015

con la dicitura “Modifiche all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e

repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli

6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, e modifica all'articolo 414 del codice penale 414 del

codice penale69”. Il suddetto articolo avrebbe dovuto presentare il dettato “la pena di cui al comma 1 n°1 si

applica a chiunque nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio o contro l’umanità”. La proposta di

legge così approvata passò alla Camera dei Deputati che la accolse a sua volta il 13 ottobre dello stesso anno

ma eliminando la parte riguardante la modifica all’articolo 414 c.p.. Il d.d.l. tornò al Senato, il quale avallò la

proposta dell’altra Camera (siamo al 3 maggio 2016). Il disegno di legge passò nuovamente alla Camera dei

Deputati, la quale, l’8 giugno 2016, approvò il progetto definitivamente rendendolo quindi idoneo a

convertirsi in legge70. Siamo giunti ad un momento di svolta: il 16 giugno 2016, il Capo dello Stato,

attraverso la “promulgazione” ordinò la pubblicazione e l’osservanza della nuova legge, la quale venne

pubblicata in Gazzetta Ufficiale il successivo 28 giugno ed entrò ufficialmente in vigore il 13 luglio 2016.

Stiamo parlando della Legge 16 giugno 2016, n°115, che ha introdotto il negazionismo come aggravante.

                                                                                                                         66  Cfr. legge 24 febbraio 2006, n° 85 all’art.13 :” All’articolo 3, comma 1, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la lettera a) è sostituita dalla seguente: a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) alla lettera b), la parola: «incita» è sostituita dalla seguente: «istiga».”  67   Cfr. d.d.l. Mastella, 5 luglio 2007. Così l’art.1 : ”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.”  68  Cfr. d.d.l. n° 3511, 8 ottobre 2012. Così l’art.1 : ”All’articolo 3, comma 1, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente: b-bis) con la reclusione fino a tre anni chiunque, con comportamenti idonei a turbare l’ordine pubblico o che costituiscano minaccia, offesa o ingiuria, fa apologia dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, e dei crimini definiti dall’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945, ovvero nega la realtà, la dimensione o il carattere genocida degli stessi”.  69  Crf. Codice Penale, Libro II “Dei delitti in particolare”, Titolo V “Dei delitti contro l’ordine pubblico”, art. 414 “Istigazione a delinquere”.  70 Cfr. Iter legislativo della legge 16 giugno 2016, n°115 sul sito http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/39351.htm.

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3.2 Legge 16 giugno 2016, n°115 Art. 1 L. 16 giugno 2016, n. 115.

1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n°65471, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è

aggiunto il seguente: 3 bis. Si applica la pena della reclusione da due a sei annise la propaganda ovvero

l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto

o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini

di guerra, come definiti dagli articoli 6,7,8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi

della legge 12 luglio 1999, n° 23272.

Con la L. 16 giugno 2016, n.115 l'Italia si è conformata alla Decisione Quadro del 2008, prevedendo la

punizione delle espressioni negazioniste. Mentre, come abbiamo visto, gran parte degli Stati europei hanno

introdotto una fattispecie autonoma, l'Italia ha optato per la punizione del reato di negazionismo tramite una

circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale. La circostanza si inserisce, con l'introduzione del

comma 3 bis, nell'articolo 3 della legge n. 654 del 197573, che incrimina chi “propaganda” idee fondate sulla

superiorità razziale, e chi “istiga” ed “incita” a commettere reati fondati sulla discriminazione razziale,

etnica, religiosa. Ciò comporta che potranno essere punite solo le condotte negazioniste realizzate in un

contesto discriminatorio74. Un primo nodo problematico riguarda la fisionomia penale propria

dell'aggravante. I reati circostanziati si trovano in un rapporto di specialità rispetto alla figura del reato

semplice, pertanto non ampliano l'area dei comportamenti punibili. In sede processuale questo comporta che

la circostanza entra nella valutazione del giudice solo dopo l'accertamento del reato principale, incidendo

esclusivamente sulla sanzione. Tra l'altro, il legislatore non ha ancora previsto una deroga al bilanciamento in

caso di concorso eterogeneo di circostanze75, quindi se questo si verificasse la circostanza in esame potrebbe

                                                                                                                         71 Cfr. Legge 13 ottobre 1975, nelle sue modificazioni, agli artt. 1 e 3. Art. 1:” Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966”. Art. 3 :”1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 2. …; 3. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni”.  72 Legge 12 luglio 1999, n°232, “Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale”. 73 La legge n. 654 del 1975 ratifica la Convenzione Internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale firmata a New York il 7 marzo 1966. A.S. SCOTTO ROMANO, Osservazioni critiche sul nuovo "reato" di negazionismo, in Diritto Penale contemporaneo, 3/2016, pp. 282-283 74 E. FRONZA, L'introduzione dell'aggravante del negazionismo, in Diritto penale e processo, 2/2017, pp. 160-163 75 Si ha concorso eterogeneo di circostanze quando un reato è caratterizzato da due o più circostanze, alcune aggravanti altre attenuanti. In questa situazione il legislatore deve operare il bilanciamento delle circostanze in giudizio, come previsto dall'art. 69 del c.p.

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essere totalmente o parzialmente abolita (secondo quanto previsto dall'art. 69 del c.p.)76. Ulteriori criticità si

riscontrano con le condotte punibili. L’Italia si distacca dall’orientamento della Decisione Quadro, in quanto

tipizza esclusivamente il comportamento di “negare”, senza alcun riferimento alla “minimizzazione

grossolana” o alla “giustificazione”; fermo restando che tali condotte possono essere facilmente ricondotte

alla “negazione”, poiché difficilmente distinguibili. Inoltre non si richiede che la condotta negazionista sia

posta in essere “pubblicamente”, questo perché, nei lavori preparatori della legge, si è ritenuto che ciò

avrebbe comportato un’eccessiva limitazione della libertà di espressione77. Tra l'altro il comma 3 bis riprende

solo in parte il modello del negazionismo “derivato” contenuto nella Decisione Quadro. Questo rinvia ad un

evento storico (la Shoah) e ad una fattispecie giuridica (tutti i crimini internazionali “come definiti dallo

Statuto della Corte Penale Internazionale all' 6, 7 e 8”). Ciò comporta che, se, in un contesto discriminatorio,

si va a negare l’esistenza della Shoah, tale condotta sarà punita in base ad un criterio meramente fattuale;

mentre se si va a negare un altro fatto storico (come il genocidio armeno), sempre con fini discriminatori,

tale condotta può essere punita solo se il giudice è in grado di ricondurla agli art. 6, 7 e 8 dello Statuto di

Roma78. In linea con la Decisione Quadro del 2008 il legislatore italiano introduce una clausola limitativa

consistente nel procurare un “concreto pericolo di diffusione”79. Dalla condotta deve derivare un reale, e non

un potenziale, pericolo di diffusione. Tuttavia, dal momento che ci troviamo davanti ad un evento di

pericolo, fisiologicamente ipotetico, spetterà al giudice verificarne l'effettività80.

4. Gli assi di tensione del reato di negazionismo

4.1 Primo asse: Il bilanciamento del bene giuridico tutelato con la libertà d'espressione La tensione principale del reato di negazionismo riguarda il rapporto tra l'interesse tutelato e la libertà di

espressione. Come precedentemente anticipato, la libertà di espressione rappresenta una pietra miliare nelle

democrazie europee. Dall'analisi di alcuni casi giurisprudenziali risulta che tale diritto non è assoluto ma,

anzi, è soggetto ad una serie di limiti, in quanto suscettibile di essere bilanciato con altri beni ed interessi in

gioco nelle diverse situazioni. La sentenza della Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassung, BVG) del

13 aprile 1994 stabilisce la costituzionalità di quei provvedimenti legislativi che limitano la libertà

d'opinione81. Per il suo ragionamento il BVG distingue tra fatto ed opinione. Entrambi sono meritevoli di

tutela, ma in misura diversa. L'opinione è la relazione soggettiva tra l'individuo e il contenuto della sua                                                                                                                          76 E. FRONZA, L'introduzione dell'aggravante del negazionismo, cit., pp. 164-165 77 Ivi, p. 159 78 Ivi, pp.160-161 79 Art. 3 comma 3 bis l. 654 del 1975, modificata dalla l. 115 del 2016 80 E. FRONZA, L'introduzione dell'aggravante del negazionismo, cit., pp. 163-164 81 Nel caso di specie le autorità amministrative tedesche avevano imposto delle limitazioni alla libertà d'espressione in occasione di una conferenza, organizzata dal Partito nazionalsocialista tedesco, sulle responsabilità tedesche nella Seconda Guerra Mondiale. Alla conferenza avrebbe dovuto partecipare anche David Irving, quindi era inevitabile che il discorso sarebbe sfociato nella negazione della Shoah o discorsi simili. È importante sottolineare che la decisione in questione è stata presa prima che il legislatore tedesco introducesse la fattispecie autonoma del reato di negazionismo ( § 130 co. 3 StGB). E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., pp. 90-91

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affermazione, ed è totalmente tutelata dalla Legge Fondamentale tedesca. Il fatto rappresenta, invece, una

relazione oggettiva tra l'affermazione e la realtà; l'asserzione del fatto è costituzionalmente garantita solo

nella misura in cui idonea a fondare un presupposto per la formazione di un'opinione82. La Corte prosegue

poi ribadendo l'importanza della ponderazione e affermando che se i fatti affermati sono falsi, la libertà

d'espressione è posposta alla tutela della personalità. Le asserzioni negazioniste non costituiscono, secondo il

BVG, manifestazione di pensiero, ma asserzione di un fatto, la cui falsità è ampiamente dimostrata dalla

storia. Di diverso avviso è, invece, il Conseil Constitutionnel francese83. Con sentenza del 28 febbraio 2012 il

Conseil ha sottolineato il carattere fondante della libertà d'espressione per uno stato democratico, ricordando

che le eventuali limitazioni di tale diritto devono essere “necessarie”, “adeguate” e “proporzionate” rispetto

allo scopo perseguito84. Asserisce, inoltre, che la libertà di espressione sarebbe evidentemente compromessa

nel caso in cui si punisse la contestazione dell'esistenza di crimini riconosciuti dallo stesso legislatore

nazionale. Discorso a parte va fatto per la Loi Gayssot. Tale non sarebbe incostituzionale perché il

riconoscimento della Shoah come genocidio proviene dai tribunali internazionali e non dal parlamento

francese85. Altro caso meritevole di essere esaminato è Perinçek c. Svizzera davanti alla Corte EDU86. Il

ricorrente è un uomo politico turco che, partecipando ad una conferenza in Svizzera, aveva negato che il

massacro compiuto dal governo Turco contro gli Armeni potesse qualificarsi come genocidio e che tale fosse

solo una definizione data dagli Stati imperialisti occidentali e dalla Russia zarista87. Per le sue affermazioni è

stato condannato ad una pena pecuniaria88, ma Perinçek ricorre alla Corte EDU per la presunta violazione

dell'art. 10 della CEDU, sulla libertà d'espressione89. Tale articolo è suddiviso in due parti. La prima parte

                                                                                                                         82 Nel caso in cui le asserzioni dei fatti non possano contribuire alla formazione di un'opinione, perché imprecise o scientificamente false, non saranno più tutelate costituzionalmente. E.FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., p.93 83 Il Conseil Costitutionnel è un'istituzione francese paragonabile alla nostra Corte Costituzionale per le funzioni che svolge. 84 Con la sentenza del 28 febbraio 2012 il Conseil Constitutionnel ha dichiarato l'incostituzionalità della legge n. 642 del 2012, la quale reprimeva la contestazione dell'esistenza di genocidi riconosciuti dalla legge. E.FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., p.96 85 Ivi, pp. 96-102 86 Vedi Corte eur. dir. uomo, Grande camera, sent. 15 ottobre 2015, Perinçek c. Svizzera, ric. n. 27510/08. 87 In seguito a queste affermazioni, l'associazione "Svizzera-Armenia" denuncia Perinçek, aprendo quindi un procedimento penale contro quest'ultimo. Le autorità elvetiche lo condannano al pagamento di una pecuniaria per la violazione dell'art. 261 bis co.4 («è punito chi pubblicamente nega, minimizza grossolanamente o giustifica un genocidio o un altro crimine contro l'umanità»), giustificando la loro decisione sulla base del fatto che il genocidio armeno è un fatto storico riconosciuto come realmente accaduto dalla legislazione svizzera. Cfr. Libertà di espressione e dignità delle vittime in un caso di negazionismo del genocidio armeno: si pronuncia la Grande Camera della Corte EDU, estratto della sent. 15 ottobre 2015, Perinçek c. Svizzera ric. n. 27510/08. 88  Cfr. art. 261 bis, codice penale svizzero:” Chiunque incita pubblicamente all’odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione; chiunque propaga pubblicamente un’ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente i membri di una razza, etnia o religione; chiunque, nel medesimo intento, organizza o incoraggia azioni di propaganda o vi partecipa; chiunque, pubblicamente, mediante parole, scritti,  immagini, gesti, vie di fatto o in modo comunque lesivo della dignità umana, discredita o discrimina una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione o, per le medesime ragioni, disconosce, minimizza grossolanamente o cerca di giustificare il genocidio o altri crimini contro l’umanità; chiunque rifiuta ad una persona o a un gruppo di persone, per la loro razza, etnia o religione, un servizio da lui offerto e destinato al pubblico, è punito con una pena detentiva fino a tre anni o con una pena pecuniaria”. Articolo introdotto dall’art.1 della LF del 18 giugno 1993, in vigore dal 1° gennaio 1995 (RU 1994 2887; FF 1992 III 217).    89 Art. 10 CEDU. 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di

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“santifica” la libertà di espressione; la seconda ne stabilisce le limitazioni in presenza di: 1) previsione

legislativa precisa nel suo contenuto precettivo e sanzionatorio; 2) perseguimento di uno o più scopi indicati

nell'articolo stesso ( sicurezza nazionale, integrità territoriale, protezione del segreto di Stato, difesa

dell'ordine e prevenzione di delitti, protezione della reputazione altrui, protezione della salute); 3) requisito

della necessità in una società democratica. La Corte non ha riscontrato problemi per i primi due punti,

considerando che la fattispecie svizzera che punisce il reato di negazionismo è sufficientemente precisa (art.

261 bis co. 4 del codice penale svizzero) e che la limitazione alla libertà d'espressione sia giustificata dalla

finalità di proteggere gli altrui diritti, tra cui la dignità delle vittime del genocidio. In merito al terzo punto la

Corte fa un'operazione di bilanciamento degli interessi in gioco (libertà di espressione c. diritto alla dignità)

molto dettagliata, prendendo in considerazione: 1) la natura delle dichiarazioni, le asserzioni non possono

essere considerate incitanti all'odio o alla violenza, consistendo in critiche rivolte agli Stati imperialisti

occidentali e alla Russia zarista; 2) il contesto in cui avvengono le affermazioni, la Svizzera non è

geograficamente collegata con il genocidio armeno (requisito della territorialità)90; 3) la proporzionalità della

limitazione, nel caso di specie la Corte considera la condanna (anche se pecuniaria) sproporzionata rispetto

alle dichiarazioni espresse. Sulla base di tali considerazioni la Corte non ha considerato integrato l'ultimo

requisito della necessità della limitazione in una società democratica; asserendo, sempre limitatamente a

questo caso, la prevalenza della libertà di espressione sul diritto alla dignità91. Per non limitare

eccessivamente la libertà di espressione e, allo stesso tempo, garantire una tutela adeguata all'interesse in

questione (sia esso ordine pubblico, dignità umana, protezione della reputazione o buon costume) la

Decisione Quadro (sopra esaminata) ha obbligato gli Stati all'utilizzo di clausole limitative, tra cui la capacità

dell'affermazione a mettere in pericolo il bene tutelato e la clausola di offensività92.

4.2 Secondo asse: il rapporto tra diritto penale e tutela della memoria L'analisi della legislazione e della giurisprudenza evidenzia un profondo collegamento tra il diritto penale, il

processo penale e la storia. Sempre più assiduamente il diritto penale diviene uno strumento per difendere il

rispetto di un passato che non deve essere dimenticato; il processo penale diventa, non solo un luogo dove

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive. 2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario. http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf 90 La Corte ritiene che sarebbe stato diverso se il ricorso fosse proposto da uno Stato direttamente collegato geograficamente e storicamente con il genocidio ebraico; in questo caso sarebbe soddisfatto il requisito della territorialità. Cfr. Libertà di espressione e dignità delle vittime in un caso di negazionismo del genocidio armeno: si pronuncia la Grande Camera della Corte EDU, estratto della sent. 15 ottobre 2015, Perinçek c. Svizzera ric. n. 27510/08. 91 Cfr. Libertà di espressione e dignità delle vittime in un caso di negazionismo del genocidio armeno: si pronuncia la Grande Camera della Corte EDU, estratto della sent. 15 ottobre 2015, Perinçek c. Svizzera ric. n. 27510/08. 92 Per clausola di offensività si intende la concreta messa in pericolo dell'interesse tutelato dalla norma. Cfr. Decisione Quadro 2008/913/GAI.

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raccogliere prove, ma anche un luogo in cui ricostruire una verità storica93. La ricostruzione dei fatti assume

un ruolo primario, come in tutti quei processi che hanno ad oggetto una grave violazione dei diritti umani,

con il rischio di confondere l'accertamento giudiziario con quello storico94. Il primo ha lo scopo di

determinare la responsabilità penale delle persone; il secondo tende, invece, a ricostruire i fatti, le ragioni e le

dinamiche di un dato evento. L'organo giurisdizionale si trasformerebbe in una “fabbrica della memoria”95.

Perché si assiste ad un utilizzo, sempre più ampio, del processo penale? La ragione è alquanto semplice. Lo

strumento penale è autorevole e fa ordine nella complessità, riconoscendo i fatti ed inquadrandoli come

crimini. La sentenza passata in giudicato irrigidisce gli eventi, dando una verità che non può più essere messa

in discussione96. Uno degli aspetti sicuramente più importanti del reato di negazionismo è la sua natura

simbolica97. In base a ciò, le norme penali non sono tenute a contrastare il fenomeno in esame, quanto a

rassicurare l'opinione pubblica. Il legislatore penale interviene con finalità simboliche per ricomporre

un'identità collettiva, proteggendo la memoria comune98 e sancendone l'importanza attraverso la norma e la

pena. Il consenso sociale per quanto vasto ed importante, non può però di per sé legittimare la

criminalizzazione delle condotte negazioniste; tale deve essere integrato con l'utilità, la necessità e la

proporzionalità dell'intervento penale, come previsto dal principio di ultima ratio99. Quindi, seguendo la

domanda pena proveniente dall'opinione pubblica, quando sono offesi dei valori universalmente riconosciuti,

si rischia di limitare eccessivamente quella libertà di espressione protetta a livello costituzionale. La

legislazione e lo strumento penale, quando intervengono a tutelare una verità storica, intervenendo sul piano

                                                                                                                         93 Si sottolinea che oltre alla soluzione penale, che preveda l'applicazione della pena, vi è un'ulteriore opzione da poter scegliere; è il caso delle cd. leggi di memoria. Questi provvedimenti introducono nel calendario nazionale od internazionale le "giornate della memoria", che sollecitano i cittadini a ricordare. L'Italia, ad esempio, con la L. 211/2000 ha introdotto nel calendario nazionale la " Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", il 27 Gennaio. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., 2012, pp. 6-7 94 Il processo penale e quello storico hanno delle caratteristiche peculiari. Il primo è fondato sul principio del contraddittorio come fondamento di una decisione giusta, sul principio del in dubio pro reo, sul principio della ragionevole durata del processo e del ne bis in idem. Il secondo, invece, è più malleabile; ammette di ritornare sulle interpretazioni già date e di utilizzare prove anche ottenute in modo illecito. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., pp. 155-156 95 Ivi, cit., p. 153 96 Ivi,pp. 150-157 97 Il diritto penale simbolico è chiamato a dare una risposta ad un fenomeno che turba e allarma l'opinione pubblica, garantendo alla società sicurezza e rassicurazione. Il terreno penale diventa un luogo in cui si perseguitano fini politici, andando oltre i fini specifici della tutela penale. Questo potrebbe presentare un pericolo per i principi generali del diritto penale. Tuttavia è necessario sottolineare che il diritto penale è fisiologicamente formato da una natura simbolica. Come afferma Matteo Caputo negare del tutto una dimensione simbolica alle norme incriminatrici, significherebbe negare al precetto penale la funzione generalpreventiva di orientamento culturale, attraverso norme sociali. «Quando il diritto penale diventa eminentemente simbolico dalla fisiologia si scivola nella patologia», con la conseguente messa in discussione dei principi fondamentali del diritto penale, tra cui il principio di offensività. E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., pp. 157-159. M. CAPUTO, "la menzogna di Auschwitz", in Diritto Penale Contemporaneo, 7 gennaio 2014, p.27. C. SOTIS, La società punitiva. Populismo, diritto penale simbolico e ruolo del penalista, in Diritto Penale Contemporaneo, 21 dicembre 2016, cit., p. 15 98 Gli assiomi dei nuovi sistemi democratici, venutisi a creare dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, sono fondati sul diretto rifiuto delle atrocità che avevano caratterizzato il conflitto. Negare tali fatti atroci vuol dire mettere in dubbio quel mondo etico-politico venutosi a creare dopo il Conflitto e mettere in discussione i valori fondamentali delle democrazie europee E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., 2012, p. 167 99 E. FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., pp. 158-161

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dei valori condivisi, rischiano di reprimere pensieri, piuttosto che azioni.100 Sulla base delle considerazioni

fatte, con riguardo al problema della limitazione della libertà di espressione e al rapporto tra norma penale e

tutela della memoria, in dottrina si sono formate due correnti di pensiero contrastanti. Vi è chi, come Matteo

Caputo, è a favore di un'autonoma norma incriminatrice per punire eventuali condotte negazioniste, purché

tali siano precisamente e tassativamente indicate101. Altri invece, come Domenico Pulitanò, che sono contrari

alla criminalizzazione del negazionismo per ragioni legate ai limiti razionali del diritto penale. Una eventuale

criminalizzazione porterebbe alla violazione del principio di ultima ratio e di offensività102.

                                                                                                                         100 Ivi, p. 163 101 M. CAPUTO, "La menzogna di Auschwitz", in Diritto Penale Contemporaneo, 7 gennaio 2014, p. 49 102 Così D. PULITANÒ in M. CAPUTO, “La menzogna di Auschwitz”, cit., p. 26.

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